L ITALIANO MERCOLEDI’ 25 NOVEMBRE 2009 - Anno III - Numero 214 QUOTIDIANO DELL’ITALIA NEL MONDO
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Italia 0,50 euro - Argentina 1 peso - Albania 10 lekë
Non smette mai di stupire l’ex terrorista il cui destino ora è più che mai nelle mani del presidente Lula. Dalla disperazione per la sentenza, ai nuovi strali al curaro lanciati con forza al nostro governo. Prime le lacrime e lo sciopero della fame di dieci giorni, ora la nuova provocazione: «Resterò qui in Brasile, Berlusconi ha altri problemi da risolvere» alla pag. 5
alla pag. 5
BATTISTI: CARA ITALIA VINCO IO QuiItalia
QuiArgentina
QuiArgentina
Tra Brasile e Argentina c’è intesa solo sulla politica estera: è ancora scontro su economia e commercio
Inizia oggi l’annunciata protesta di 48 ore degli insegnanti della provincia di Buenos Aires
alla pag. 4
Economia: il Ministro Tremonti fa una previsione ottimista per i prossimi 12 mesi. «Nel 2010 finalmente un pil positivo per l’Italia»
a pag. 2
QuiItalia L’Europa conferma Tajani a Commissario
alla pag. 5 Ue. La soddisfazione di Berlusconi.
Probabile il rinnovo dell’incarico per i trasporti
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Sport Totti: il ritorno in campo di un campione. I tre gol al Bari sono un colpo di spugna per i problemi della Roma di Ranieri alla pag. 6
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Crisi, lʼItalia vede la luce IL MINISTRO DELLʼECONOMIA FA UNA PREVISIONE OTTIMISTA PER I PROSSIMI 12 MESI E SPIEGA: “A FINE LEGISLATURA FAREMO ANCHE LA RIFORMA FISCALE”
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POLITICA ITALIANA
L’ITALIANO MERCOLEDI’ 25 NOVEMBRE 2009
"Può essere che il 2010 chiuda con un segno positivo o particolarmente positivo, +1%, o di più. Ma notiamo che non è un uno da sopra ma un uno da sotto". Lo ha detto il ministro dell'Economia, Giulio Tremonti, intervenendo all'assemblea annuale della Uir. Il ministro ha ricordato che nel 2008 "abbiamo perso un punto di pil, mentre nel 2009 si ridurrà di circa il 5%, non credo sia tempo di riflettere sulle virgole". Dunque, anche se il 2010 si prospetta migliore degli anni precedenti, l'economia del Paese resterà debole: "È un dato che parte dal basso, si risale dopo aver perso il 6% in due anni", ha spiegato Tremonti. "Faremo al termine della legislatura anche la riforma fiscale che sarà rivolta al lavoro e alla famiglia" ha quindi annunciato il ministro dell'Economia, precisando però che "la riforma fiscale sarà in una prospettiva lunga e con il vincolo del bilancio. Ne ho iniziato a parlare con il presidente del Consiglio e continuerò a farlo". "Sono un uomo all'antica, e preferisco discutere prima nel Consiglio dei ministri e poi in Parlamento” ha detto il ministro. Tremonti ha elencato gli interventi portati avanti dall'esecutivo durante i mesi di crisi: "Abbiamo fatto alcune
PDL
Tremonti: Nel 2010 un pil positivo
GIULIO TREMONTI
cose fondamentali che sono come l'aria, te ne accorgi solo quando ti manca. Abbiamo garantito tutti i servizi essenziali, dalla scuola alla sicurezza. E fare cose normali in un periodo non propriamente normale è già un qualcosa di straordinario". Tremonti ha anche ricordato che il governo ha finanziato "un imponente programma di opere pubbliche. C'è certo un problema di realizzazione ma non è un problema di finanziamento". "Abbiamo finanziato - ha continua-
to - un programma di piani regionali e tenuto in piedi il sistema della sanità. Infine, abbiamo spostato risorse sugli ammortizzatori sociali e lasciato aperto il canale del credito alle imprese. Non è detto che tutte le domande otterranno risposta ma nell'insieme - ha concluso - abbiamo fatto e continueremo a fare un lavoro positivo per il nostro Paese". Nella Finanziaria sarà inserita una norma molto forte sui costi delle province. "Il costo politico delle province è
200-300 milioni. In Finanziaria stiamo studiando una norma molto forte, malthusiana sugli assessori, i consiglieri comunali e provinciali, ma non andiamo a dire che se si aboliscono le province si risparmiano 8 miliardi di euro". Secondo Tremonti il federalismo va costruito in modo serio non facendo gli show. Le province "sono nella Costituzione - ha continuato - e non si possono eliminare. E io vengo da posti dove sono dei microcosmi completi".
Frattini: “La coalizione terrà fino alla fine” Governo e maggioranza vanno avanti e puntano a sfruttare i miglioramenti della situazione economica per dare un colpo d'ala alla loro azione, ma dall'opposizione si sottolineano le divisioni, che dovrebbero impedire il raggiungimento di risultati significativi. "Questa coalizione certamente terrà fino alla fine naturale della legislatura, perché su tutti i temi importanti il governo e i componenti della maggioranza votano con assoluta lealtà". Lo dice il ministro degli Esteri, Franco Frattini,che aggiunge: "Ci sono delle esternazioni individuali e Berlusconi ha ben chiarito che sarebbe meglio che si facessero nelle sedi di partito". Per il sottosegretario alla presidenza del consiglio, Gianni Letta: "Bisogna dare atto a Tremonti di aver tenuto salda la barra dei conti pubblici in un anno di tempesta tra marosi e pericoli che avrebbero potuto affondare il vascello. Lo ha fatto sopportando il peso e la responsabilità di scelte impopolari, interpretando
FRANCO FRATTINI
la politica del governo che è una politica di rigore. Tremonti lo ha saputo fare con sacrificio, guardando all'interesse superiore della nazione, in un momento in cui la crisi poteva davvero farci del male". Di "governo logorato", parla invece il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, che quindi dice: "Non credo in esiti clamorosi". In ogni caso non bisogna "mescolare il tema delle riforme con i problemi della giustizia". Esorta invece a "portare in discussione le riforme condivise: diminuzione dei parlamentari, superamento del bicameralismo, Senato federale". Per Bersani, dunque, il paese non merita di stare sui problemi di Berlusconi".
L’appello del Csm e del presidente del Senato
L’Idv aderisce alle ‘1000 piazze per l’alternativa’
Mancino e Schifani: “Sulla giustizia abbassare i toni”
Di Pietro apre al Pd “Sì all’iniziativa dell’11 e 12 dicembre”
"Dobbiamo tenere basso il livello dello scontro, eliminarlo è auspicabile, ma non sempre è possibile". Lo ha detto il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino. "C'è bisogno di dialogo - ha detto Mancino - qualcuno parla di confronto: perché si abbia c'è bisogno che qualcuno possa parlare e qualcuno ascolti. Il confronto - ha osservato il numero due di Palazzo dei Marescialli, alla presenza del guardasigilli Alfano - sia solo se vi sono proposte precise". Sulla giustizia "il clima è troppo teso, è troppo accentuato lo scontro". Lo ha detto il presidente del
Senato, Renato Schifani, a margine del primo seminario sulla Rai e il servizio pubblico organizzato dalla commissione di Vigilanza cui ha portato il proprio indirizzo di saluto in apertura dei lavori. Schifani ha premesso che non intendeva entrare nel merito di un provvedimento all'esame del Senato. "Vorrei fare un appello a tutte le parti in causa per abbassare i toni, abbassare la conflittualità, assumere atteggiamenti responsabili di proposte costruttive". Il presidente del Senato ha aggiunto: "Toccare la giustizia significa toccare gli
RENATO SCHIFANI
interessi dei cittadini, la loro sensibilità, il loro diritto ad aspirare a una giustizia serena, pacata e che non litiga al proprio interno e che esamini elementi di colpevolezza dei cittadini in un clima in un'aula tranquilla, dove ci sia una effettiva parità tra accusa e difesa".
"Il Pd apre alla manifestazione del 5 dicembre? È una notizia che, se vera, accogliamo con soddisfazione, consapevoli dell'importanza di stare uniti e fare fronte comune contro le politiche ad personam portate avanti dal Governo Berlusconi". Intanto, comunque, è Antonio Di Pietro ad 'aprire’ alla mobilitazione indetta dal partito di Bersani, annunciando che vi parteciperà anche l'Idv. "Tutti insieme possiamo farcela. Per questo - dice infatti Di Pietro - l'Italia dei Valori, l'11 e il 12 dicembre, prenderà parte all'iniziativa '1000 piazze
per l'alternativa’. In particolare, il 12 dicembre saremo nelle piazze di Palermo e Messina per manifestare contro un governo che non combatte la mafia ma, con la sua politica, piuttosto ostacola la magistratura e le forze dell'ordine che la combattono". "In queste e in tutte le altre piazze d'Italia mi auguro che le bandiere dell'Italia dei Valori e del Partito democratico tornino a sventolare insieme", dice il leader Idv che tiene a ricordare che "il 'No B. Day' dovrà essere una giornata di protesta civile, dove non ci saranno solo i partiti, ma
ANTONIO DI PIETRO
tantissimi cittadini e cittadine indignati per un governo che non lavora per il bene della collettività, ma per un solo uomo".
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ATTUALITA’
L’Europa conferma Tajani E’ stata accolta con soddisfazione dal mondo politico italiano la conferma di Antonio Tajani come commissario Ue. La nomina è stata confermata ufficialmente dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi con una lettera formale inviata al presidente della Commissione José Barroso e dovrà passare al vaglio dell’Europarlamento. “Ringrazio Berlusconi per la fiducia accordata” ha detto Tajani commentando la notizia della sua riconferma ed ha aggiunto: “Continuerò ad impegnarmi come vicepresidente della Commissione e cercherò di risolvere i problemi e rendere onore all'Italia”. Ancora non confermata, ma molto probabile, la riconferma anche delle competenze ai Trasporti e un allargamento delle deleghe che però, sottolinea Tafani è ancora prematuro confermare. “Prima Barroso dovrà avere il quadro di tutti i commissari indicati dai governi dei 27 - ne mancano ancora alcuni e poi si parlerà di competenze” ha spiegato. Congratulazioni a Tajani sono arrivate dai rappresentanti della maggioranza. Gianfranco Rotondi, ministro per l’Attuazione del Programma di Governo ha definito la riconferma di Tajani come “un atto di fiducia non solo del presidente Berlusconi ma anche motivo di orgoglio per l’Italia”. Per Tajani, sottolinea Rotondi, “parla l’eccellente
FIAT
Unione Europea BERLUSCONI COMUNICA A BARROSO IL RINNOVO DELL’INCARICO COME COMMISSARIO DELL’ITALIANO “CERCHERÒ DI RENDERE ONORE ALL’ITALIA” Scajola: “Folle far morire l’impianto di Termini Imerese”
CLAUDIO SCAJOLA
ANTONIO TAJANI
lavoro fatto”. Congratulazione anche dal ministro per i Rapporti con il Parlamento Elio Vito secondo cui la nomina a commissario europeo “è il giusto riconoscimento nei confronti di un politico che ha saputo rappresentare l’Italia con senso di responsabilità ed equilibrio istituzionale”. Altero Matteoli, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti auspica che “siano mantenute,anzi estese, le attuali deleghe ai trasporti per potere proseguire il lavoro in modo ancor più” nel suo lavoro “unanimemente apprezzato a livello europeo”. Congratulazioni a Tajani anche da parte
del presidente del Senato Renato Schifani, secondo cui “questo riconoscimento, segno tangibile del prezioso lavoro svolto in questi anni” premia “il personale operato” di Tajani e “il ruolo del nostro Paese nell'ambito europeo”. Il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi ha definito Tajani “un politico di esperienza consolidata” che “continuerà sulla strada intrapresa che permetterà all'Italia di svolgere, con sempre maggiore incisività, la sua parte determinante in Europa. A lui vanno i miei più sinceri auguri di buon lavoro”. Soddisfazione per la riconferma di Tafani alla
Commissione europea anche da parte della europarlamentare del Pd Debora Serracchiani che l’ha definita ''positiva e costruttiva'' esprimendo “apprezzamento per il fatto che a un componente italiano della Commissione rimanga affidato il fondamentale portafoglio dei trasporti, cui si potrebbero aggiungere altre importanti competenze''. La europarlamentare del Pd ha voluto sottolineare “l’atteggiamento di apertura e condivisione” mostrato da Tajani “anche nei confronti dei parlamentari del Pd”. “E questo è utile per tutto il Paese” ha detto Serracchiani.
''Sarebbe folle far morire un polo industriale come quello di Termini Imerese, su cui nel tempo sono stati fatti investimenti importanti e dove tutti mi dicono che la qualità del lavoro è molto buona''. Lo ha detto, nel corso della sua visita a fiera Big Five, il ministro per lo Sviluppo economico, Claudio Scajola, in merito alle discussioni relative allo stabilimento di Termini Imerese di Fiat. “Noi chiediamo a Fiat che venga aumentata la produzione industriale in Italia, dove immatricoliamo più auto di quante ne produciamo”, ha spiegato Scajola, aggiungendo però che “Fiat ritiene che 6 stabilimenti siano troppi e che Termini Imerese ha difficoltà oggettive: è troppo costoso produrre”. Il ministro ha ribadito che “tutto il
settore dell'auto deve essere ristrutturato profondamente, ma questo non significa che in Spagna si possa produrre quasi il doppio delle auto che si producono in Italia”. Anche di questo si parlerà nell'incontro fissato per il primo dicembre con l'amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne, dopo il quale “ci sarà un incontro con il presidente del consiglio e con le parti sociali per esaminare il piano Fiat. Ci stiamo preparando con un insieme di dati comparati con altri paesi, anche sul costo dell'auto”. “A Fiat - ha proseguito Scajola - chiediamo di aumentare la produzione in Italia dove si immatricolano più auto di quante ne vengono prodotte. In Spagna, ad esempio, ne vengono prodotte il doppio rispetto al nostro Paese".
E’ stata una dose letale, mascherata farmacologicamente per farla sembrare coca, a porre fine alla vita del pusher delle trans
Caso Marrazzo, Cafasso fu ucciso dall’eroina Fu una dose letale di eroina, “mascherata” farmacologicamente con una sostanza in modo che la facesse assomigliare al gusto alla cocaina, ad uccidere Gianguerino Cafasso, il pusher trovato morto il 12 settembre scorso a Roma all'hotel Romulus sulla Salaria. Più che droga tagliata male fu insomma l'eroina, fatale all'assunzione per un abituale consumatore di cocaina - secondo gli esperti e i farmacologi - ad uccidere “in pochi minuti”, Cafasso, rivela chi indaga sulla morte del pusher legato a Brenda e fornitore di stupefacenti per altri trans
nonché colui che tentò di commercializzare il video a luci rosse con Piero Marrazzo e Natalie. Il fascicolo sul decesso di “Rino” Cafasso, per ora rubricato secondo l'articolo 586 del codice penale, ossia morte o lesioni come conseguenza di altro delitto (nella fattispecie cessione di droga) potrebbe ben presto essere rubricato come omicidio volontario. Il procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, aspetta i risultati ufficiali e finali della consulenza tossicologica. Una prima risposta è giunta e rileva l'assunzione - fatale a Cafasso - di eroina. Il so-
GIANGUERINO CAFASSO
spetto degli investigatori è che chi ha fornito l'eroina sapesse degli effetti letali che avrebbe provocato. Sospetto appare l'atteggiamento di Jennifer, il trans fidanzata di Cafasso che era con lui in albergo al momento del droga party. Jennifer, al secolo Adriano Da Motta, ha spiegato agli inquirenti che non aveva assunto droga, che non le andava perchè aveva uno “strano sapore”. Intanto la procura attende i primi risultati sul pc trovato nell'appartamento di Brenda, il trans trovato morto in via Due Ponti 180 e le analisi chimiche sul trolley andato a fuoco.
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QUI ARGENTINA
L’ITALIANO MERCOLEDI’ 25 NOVEMBRE 2009
Sul fronte commerciale, che doveva essere al centro dell’ultimo incontro, i due capi di Stato Kirchner e Lula hanno fatto pochi passi avanti. L’arrivo nella regione latinoamericana della crisi economica mondiale ha portato i due Paesi a introdurre una serie di limitazioni alle importazioni di prodotti del Paese vicino, in una sorta di “botta e risposta” che sta provocando danni significativi allo scambio commerciale
Tra Brasile e Argentina c’è intesa solo sulla politica estera SALVATORE GIUFFRIDA
BAIRES - Si erano incontrati per cercare un’intesa che permettesse di risolvere i problemi che caratterizzano da qualche mesi gli scambi commerciali tra i due Paesi, ma al termine della riunione i capi di Stato di Brasile e Argentina Luiz Inacio Lula da Silva e Cristina Kirchner sembrano aver trovato una linea comune solo su temi di politica estera: nell’esprimere preoccupazione per l’accordo militare tra Colombia e Stati Uniti e nel anticipare l’intenzione di non riconoscere il voto in Honduras senza il ritorno al potere del presidente deposto Manuel Zelaya. In un documento firmato in maniera congiunta i due leader hanno chiesto che “gli accordi di cooperazione militare firmati da Paesi della regione, in particolare quelli che prevedono una presenza militare di Paesi non dell’America Latina siano accompagnati da garanzie formali del fatto che questi accordi non saranno utilizzati contro la sovranità, l’integrità territoriale, la sicurezza e la stabi-
lità dei Paesi sudamericani”. In un passaggio successivo del documento si sottolinea come “la presenza nella regione di basi militari di potenze extraregionali” sia “incompatibile con il principio del rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale degli Stati della regione”.
Per quanto riguarda la situazione honduregna la “presidenta” argentina e il suo collega brasiliano hanno annunciato che i loro Paesi non riconosceranno il risultato delle elezioni in Honduras se non si terranno dopo il ritorno del presidente deposto Manuel Zelaya
alla presidenza. Un’eventualità che sembra praticamente esclusa dopo l’annuncio da parte del governo de facto che il voto del Congresso sul futuro del capo di Stato si terrà dopo le elezioni del 29 novembre. Secondo Lula in questo caso “le elezioni sarebbero com-
promesse e rappresenterebbero un brutto precedente”. Sul fronte commerciale, che doveva essere al centro dell’incontro, i due capi di Stato hanno invece fatto pochi passi avanti. L’arrivo nella regione latinoamericana della crisi economica mondiale ha portato i due Paesi a
introdurre una serie di limitazioni alle importazioni di prodotti del Paese vicino, in una sorta di “botta e risposta” che sta provocando danni significativi allo scambio commerciale. L’ultima “mossa” è stata di Brasilia: contestando il mancato rispetto dei tempi previsti dal Wto sulla concessione delle licenze d’importazione non automatiche da parte di Buenos Aires , ha bloccato alla frontiera i camion argentini carichi di merci deperibili. Durante il discorso pubblico tenuto in maniera congiunta tra i due capi di Stato non sono mancate le punzecchiature: “Il protezionismo non è la soluzione giusta. Crea distorsioni difficili da annullare” ha detto Lula, “Non si può ignorare che c’è un socio maggioritario e uno minoritario” (il Brasile compra il 70 per cento delle esportazioni argentine) ha risposto Cristina, invitando il suolo omologo brasiliano a “guardare il quadro d’insieme”. Lula e Fernandez Kirchner torneranno a incontrarsi entro tre mesi e una riunione interministeriale si terrà almeno ogni 45 giorni.
Abu Mazen attacca Obama, Cristina Inizia oggi la protesta di 48 ore degli insegnanti della provincia di Buenos Aires lo appoggia: «Il governo Usa deve fare di più BUENOS AIRES - Chiedono con forza un aumento salariale e di bilancio maggiore per l’istruzione. Lo sciopero iniziato oggi, che durerà 48 ore, che affetta a milioni di bambini. I sindacati hanno avvertito che se non avranno un riscontro del Governo, si potrebbe decidere di non iniziare la scuola l'anno avvenire. “Lo sciopero di 48 ore in programma per oggi e mercoledì sarà schiacciante. Se il Governo continua a non dare una risposta alla richiesta del settore, gli insegnanti potrebbero decidere di non iniziare l'anno scolastico successivo”, ha dichiarato il Presidente della Federazione di Educatori Bonaerenses (FEB), Mirta Petrocini. Il Capo della FEB ha detto inoltre che “durante l’ultimo Congresso dell'istituzione, molti insegnanti avevano fatto presente che di continuare il rifiuto da parte delle autorità provinciali rispetto all’aumento salariale, questi potrebbero decidere di non avviare le classi nel 2010”. Da parte sua, il Segretario Generale di SUTEBA, Roberto Baradel, ha osservato che “il Governatore deve rispondere alle richieste sull’aumento del budget. Stiamo esigendo in maniera continua un aumento del bilancio per l'istruzione, oltre dare le pari opportunità per discutere dei salari. Ma abbiamo anche bisogno di aumentare il bilancio per ristrutturare e mantenere le scuole, per pagare agli insegnanti, per adempire alle politiche sociali, perché, se rimaniamo nella situazione attuale avremmo delle grandi difficoltà per garantire un ottimo funzionamento del sistema di istruzione per l’anno 2010". A questo proposito, il titolare di SUTEBA ha avvertito anche che “se non ci sarà alcuna risposta alle richieste degli insegnati e se quest'anno si conclude con il conflitto ancora latente, si inizierà l'anno scolastico 2010 allo stesso modo drammatico”. Lo sciopero di oggi, che si protrarrà per due giorni, è stato organizzato dagli insegnanti insieme alle associazioni bonaerenses raggruppate nel Frente Gremial, composto da SUTEBA, FEB, UDA, AMET e SADOP. Nel frattempo, gli insegnanti appartenenti all’UDOCBA che hanno iniziato già lo scorso venerdì uno sciopero di 72 ore si uniranno a quello di 48 ore negli stessi due giorni di protesta organizzato dal Frente Gremial.
per la pace tra Israele e Palestina»
BAIRES - Duro attacco di Abu Mazen a Barack Obama. Per il presidente dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp) il suo collega americano "non sta facendo niente in questo momento" per riavviare i colloqui di pace in Medio Oriente. In una intervista al quotidiano argentino "Clarin" Abu Mazen ha auspicato che Obama assuma un ruolo piu' costruttivo in futuro. I palestinesi "stanno aspettando che gli Usa premano su Israele affinche' rispetti le leggi internazionali", ha aggiunto. Abu Mazen si aspetta che Obama induca Israele a "bloccare gli insediamenti di coloni e ad accettare di ritornare ai confini del 1967". Anche il presidente argentino Cristina Kirchner dopo l'incontro con il collega dell'Anp ha esortato gli Usa a "fare di piu'" per ripristinare i negoziati israelo-palestinesi. "Non possiamo ignorare - ha spiegato in una conferenza stampa congiunta - il ruolo degli Stati Uniti in virtu' del loro peso particolare nel riportare Israele la tavolo dei negoziati".
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ITALIANI NEL MONDO
Non smette mai di stupire l’ex terrorista il cui destino ora è più che mai nelle mani del presidente Lula. Dalla disperazione per la sentenza ai nuovi strali al curaro al nostro governo
Battisti torna all’attacco: Italia vinco io Prime le lacrime e lo sciopero della fame ora la nuova provocazione: «Resterò qui in Brasile, Berlusconi ha altri problemi da risolvere» DALLA REDAZIONE
SAN PAOLO - Credo che rimarrò in Brasile". Cesare Battisti, nel carcere di Brasilia dove è in attesa della decisione del presidente Lula sulla sua eventuale estradizione, si racconta: "Francamente credo che Berlusconi non ha interesse in questa storia" ha aggiunto l’ex terrorista rosso, rispondendo a una domanda sull’eventuale posizione dell’Italia nel caso di una sua mancata estradizione. "Credo che rimarranno tranquilli, ma non alcuni ministri fascisti" ha aggiunto Battisti. Stop sciopero della fame L’ex terrorista ha messo fine ieri sera allo sciopero della fame che portava avanti da dieci giorni per protestare contro "la tardiva e ingiusta rappresaglia del governo italiano". Lo ha confermato il senatore brasiliano Josè Nery sul sito Folha online, citando un comunicato dell’ex terrorista dei Pac per il quale l’Italia ha richiesto l’estradizione dal Brasile. Nel comunicato, Battisti afferma di aver cessato lo sciopero della fame "liberamente e di sua spontanea volontà" e aggiunge di "avere fiducia nelle autorità brasiliane". Dopo che il Supremo tribunale federale brasiliano si è pronunciato a favore della sua estradizione, l’ultima parola spetta ora al presidente brasiliano Luiz Inacio Lula. Parla il medico del carcere Lo stato di salute di Battisti è "fragile" dopo lo sciopero della fame: lo ha reso noto un medico del carcere di Brasilia, che ha risposto negativamente alla richiesta di trasferimento di Battisti a Rio de Janeiro, dove deve comparire in un processo per uso di documenti falsi. Josè Souzo Flavio, medico della prigione di Papuda, ha precisato in un comunicato di aver sconsigliato il viaggio "per non aggravare le condizioni di salute" dell'ex terrorista. Il processo in programma a Rio de Janeiro è dovuto al fatto che, nel momento di entrare in Brasile, qualche anno fa, l’ex militante dei Proletari armati per il comunismo (Pac) aveva usato un passaporto falso. GASPARRI PROMUOVE APPELLO - Il presidente del gruppo Pdl al Senato, Maurizio Gasparri, annuncia che intende promuovere un appello per far rispettare la sentenza della Suprema Corte brasiliana favorevole all'estradizione in Italia di Cesare
Battisti. Le parole del terrorista Cesare Battisti - afferma Gasparrinon valgono nulla. L'Italia ha rispetto per le autorità brasiliane, ma chiede che anche le decisioni e le sentenze siano rispettate. "Sollecitiamo il rimpatrio di Battisti perché sconti la sua pena, come è giusto, in Italia. Domani io stesso promuoverò un appello da far sottoscrivere a parlamentari e rappresentanti delle istituzioni affinché vengano attuate le decisioni della Corte suprema brasiliana, che già si è espressa a favore dell'estradizione". GENRO “APRE” AL NUOVO ASILO - Il ministro della Giustizia brasiliano, Tarso Genro, ha dichiarato che «Battisti è libero di presentare nuovi fondamenti per una seconda richiesta di asilo politico in Brasile» spiegando che i suoi legali potrebbero formulare «nuova richiesta di asilo, sulla base delle recenti esternazioni di alcuni ministri italiani, che confermano che il caso è politico e che almeno una parte del governo italiano ha tutto l'interesse ad avere Battisti sul suo territorio». Frattanto l’ex militante ha sospeso lo sciopero della fame che stava portando avanti da 10 giorni, come «gesto di fiducia nei confronti del presidente Lula», secondo quanto ha dichiarato il senatore Eduardo Suplicy. UNA DECISIONE NON FACILE -
La decisione definitiva di Lula sul “caso Battisti” non sarà né facile né immediata. Nei giorni scorsi ci siamo chiesti se davvero il presidente brasiliano – dopo il voto del tribunale supremo che ha rimesso nelle sue mani il destino del terrorista italiano – rigetterà il pronunciamento del potere giudiziario (che ha chiesto l’estradizione), innescando una crisi interna e una micidiale crisi diplomatica con l’Italia. Per adesso Lula prende tempo ed è probabile che il rientro di Battisti sia posticipata nel 2010, se mai avverrà. A complicare la posizione del presidente carioca c’è il ministro della giustizia Genro, che a proposito del nostro Paese ha detto: “L’Italia non è nazista o fascista, ma si constata un aumento preoccupante del fascismo in una parte della popolazione italiana, anche in settori del governo". Dichiarazione che non è andata giù a Lula, visto che ora sarebbe un vero schiaffo se il Brasile negasse l’estradizione. Dobbiamo sforzarci, però, di interpretare in profondità il significato delle parole del ministro – lasciando stare, per un attimo, le vicende politiche interne al Brasile (Genro punta a smarcarsi politicamente da Lula per diventare governatore di uno degli stati del Paese) – e chiederci: perché il governo brasiliano ha concesso asilo a Battisti, e come mai
da quelle parti, e altrove, credono che in Italia ci sia di nuovo il fascismo? In Brasile, come in Francia, dove Battisti ha trascorso lunga parte della sua latitanza, è diffusa l’idea che il nostro Paese non abbia mai fatto definitivamente i conti con gli anni di piombo. Una visione coltivata anche capziosamente da ambienti del mondo politico, intellettuale e della storiografia italiana. Si tende a credere che personaggi come Battisti e il terrorismo comunista debbano essere inquadrati (e capiti?) solo e soltanto nel contesto delle “trame oscure” di quegli anni - fra stragismo nero, neofascismo e servizi segreti deviati, quando l'Italia era una “Democrazia bloccata” e i democristiani governi complici di questa "repressione anticomunista" (e il centrosinistra di Moro?!, e la Guerra Fredda?!). I processi, seguendo questa interpretazione, non avrebbero mai fatto luce su quel “periodo buio” in cui al PCI “fu impedito” di governare l’Italia, con la strategia della tensione. Se diamo credito a questo impianto ci spieghiamo anche perché Genro ritenga che Battisti non sarebbe al sicuro in Italia e che i nostri tribunali non saranno in grado di garantirgli un giusto processo. All'epoca i socialisti al governo in Francia accoglievano fraternamente i terroristi rossi come rifugiati politici, come fanno oggi quelli brasiliani, mentre noi li combattevamo. Forse non sono bastate le leggi speciali e l'antiterrorismo per sradicarli, visto che le esecuzioni brigatiste, i processi alle sigle del terrorismo comunista, le condanne, sono continuate. Come pure potrebbe essere utile fare qualche altro sforzo per ricordare con più onestà cosa furono l’Italicus o la strage alla Stazione di Bologna, al di là della retorica degli anniversari e delle belle parole sui familiari delle vittime del terrorismo (nero). Ma se Gladio aveva un senso, e ce l’aveva eccome, qualcuno dovrebbe spiegare a Genro che l'Italia, anche nei periodi più controversi della sua storia recente, non è mai stata un regime dei Colonnelli o il Cile di Pinochet.
Tarso Genro: ecco il ministro brasiliano “in guerra” con l’Italia SAN PAOLO - Il presidente brasiliano fa melina e si prepara a non concedere l’estradizione per Cesare Battisti, secondo fonti vicine al governo, nonostante il parere favorevole della Corte Suprema brasiliana. Il ministro della Giustizia, Tarso Genro, preferirebbe infatti mantenere l’ex terrorista dei Pac Cesare Battisti nel Paese "per motivi politici e umanitari" dato il "rafforzarsi del fascismo" in Italia. Genro contrario all'estradizione "L’Italia non è un Paese nazista o fascista, ma si constata un aumento preoccupante del fascismo in una parte della popolazione italiana, anche in settori del governo", ha spiegato Genro. La data per la decisione definitiva da parte del presidente Luiz Inacio Lula da Silva non è ancora stata fissata: occorrerà attendere quanto meno la pubblicazione della sentenza; nel frattempo i legali di Battisti - in attesa comunque di processo per falsificazione di documenti - chiederanno la scarcerazione per amnistia; in seconda battuta è probabile la richiesta di ammissione al regime di arresti domiciliari. La decisione di Lula Secondo Genro la decisione di Lula sarà "solitaria" e "sovrana", un "giudizio politico come dirigente della politica estera del Paese", con il solo vincolo di consultare l’Avvocatura Generale dello Stato. La sentenza ha suscitato polemiche anche all’interno della stessa Corte: il relatore, Cezar Peluso, ha ironicamente commentato al quotidiano a O Globo di non "essere all’altezza intellettualmente" di redigere una sentenza che accomuni da una parte il voto favorevole all’estradizione ma dall’altra la decisione di lasciare la questione nelle mani dell’esecutivo. La sentenza dovrebbe in effetti chiarire in particolare quale sia l’effettiva libertà di cui gode Lula: se cioè possa scegliere di ignorare del tutto il parere della Corte (e il trattato bilaterale in vigore con l’Italia) una volta che questa abbia stabilito che i reati di cui è accusato Battisti sono crimini comuni e non politici; oppure, se gli sia possibile negare l’estradizione solo sulla base di ulteriori considerazioni legali che prevalgano sul parere del massimo collegio giudicante. Lula si trova così di fronte al dilemma che avrebbe voluto evitare, a costo di vedersi privato del potere decisionale sull’estradizione affidato all’esecutivo: sfidare la sentenza della Corte innescando un conflitto istituzionale senza precedenti oppure smentire il proprio Ministro della Giustizia, fra i suoi principali collaboratori. Senza contare i rapporti con l’Italia, ragione per la quale i magistrati hanno deciso di lasciare al Presidente l’ultima parola...
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Unione Stampa Periodica Italiana
F.U.S.I.E.
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Il governo tratta con Hamas SECONDO IL MINISTRO DELLʼINTERNO ELIEZER “MOLTO VICINO LʼACCORDO SU UNO SCAMBIO DI PRIGIONIERI” PER RIAVERE IL SOLDATO RAPITO NEL 2006
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ESTERI
L’ITALIANO MERCOLEDI’ 25 NOVEMBRE 2009
Israele, stretta finale per Shalit Israele "è molto vicino a un accordo su uno scambio di prigionieri" con Hamas per ottenere la liberazione del caporale Gilad Shalit, rapito a Gaza nel 2006. Lo ha riferito il ministro dell'Industria, Ben Eliezer. "Ci sarà un alto prezzo da pagare", ha ammesso, "ma penso che il governo lo approverà, questo accordo dimostrerà a tutte le madri di Israele che non siamo disposti ad abbandonare un solo soldato". E "l'alto prezzo" sarebbero, secondo indiscrezioni, 1.0001.500 detenuti palestinesi rimessi in libertà: tra di loro 450 condannati per fatti di terrorismo e forse anche Marwan Barghuti, il leader di Fatah che sta scontando l'ergastolo in Israele per aver istigato le violenze della seconda Intifada. Il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, ha però nuovamente frenato ribadendo che qualsiasi intesa richiederà il via libera del governo e "un dibattito pubblico". "Non c'è accordo e non so se mai ve ne sarà uno, ma semmai vi sarà toccherà al governo pronunciarsi", ha affermato a margine di una visita al quartier generale della polizia israeliana. A gettare acqua sul fuoco anche il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, che in visita in Israele ha rifiutato di parlare dell'ipotesi, nonostante la Germania stia mediando tra Israele e
ISRAELE-HAMAS, TRATTATIVE PER SHALIT
Hamas: dopo l'incontro con il collega Avigdor Lieberman, Westerwelle ha detto di confidare che un accordo arrivi in tempi brevi, ma ha aggiunto che le indiscrezioni possono mettere a rischio l'esito positivo. Ma in Israele non si placano le polemiche. Un gruppo di famigliari di vittime del terrorismo ha chiesto all'Alta
Corte di Giustizia che obblighi il governo a rendere pubblici i particolari di ogni accordo fatto con Hamas. Molti israeliani ritengono che la liberazione di oltre un migliaio di detenuti palestinesi, molti in prigione per attentati terroristici, sia un prezzo troppo alto da pagare e che espone il Paese a un serio rischio per il futuro.
Secondo Netanyahu, la decisione è tra due poli: "Da un lato, il desiderio di prendersi cura dei nostri soldati e riportarli a casa, talvolta a costo di mettere vite in pericolo (un valore molto importante per il nostro popolo e nella tradizione ebraica); dall'altra evitare il rischio di incoraggiare sequestri futuri". Ma nonostante la cau-
tela, molti membri del governo e lo stesso presidente israeliano, Simon Peres, hanno assicurato che la liberazione di Shalit non è mai stata così vicina. E oggi una delegazione di Hamas, tra cui membri di spicco dell'organizzazione, si riuniscono al Cairo per tentare di chiudere l'accordo con i mediatori egiziani e tede-
Raccapriccianti resoconti dall’isola, dichiarato lo stato d’emergenza
Filippine, a Mandanao è strage vera Quasi 50 vittime, donne stuprate Raccapriccianti resoconti arrivano dall'isola di Mindanao, nel sud delle Filippine, teatro della strage più sanguinosa nella storia del Paese. Mentre il bilancio dei cadaveri recuperati sale di ora in ora emergono i dettagli del massacro. Le donne, che facevano parte del convoglio di circa 50 persone attaccato ieri, sono state “stuprate prima di essere uccise”, riferisce l'emittente GmaNews. I cadaveri, alcuni trovati in fosse comuni, appaiono crivellati dai colpi di arma da fuoco. Nelle prime immagini pubblicate dai media locali, si intravedono
i morti ancora adagiati nelle auto del convoglio. Nella strage avrebbero perso la vita almeno 36 giornalisti, si tratterebbe dell'episodio più grave nella storia del Paese ed internazionale. Al massacro sarebbero infatti sopravvissuti solo in quattro: ora sono “al sicuro”, ha detto il vicesindaco della città di Buluan, Esmael “Toto” Mangudadatu, che ha perso la moglie nella strage. Lunedì, l'esponente politico in corsa per il posto di governatore provinciale di Maguindanao, aveva rivelato di essere stato informato del rischio di met-
tere piede nel territorio controllato dai supporter del rivale Datu Andal Ampatuan, governatore uscente, indicati da più parti come i responsabili della strage. Per questo, Mangudadatu aveva deciso di inviare la moglie a Shariff Aguak, capitale della provincia e feudo degli uomini di Ampatuan, per presentare la documentazione necessaria per la candidatura. La donna era accompagnata da giornalisti e operatori tv, nella speranza che ciò avrebbe dissuaso eventuali minacce. Non foss'altro perché, fanno notare fonti vicine all'uo-
mo politico, il Corano vieta la violenza sulle donne. E Mindanao è la regione del Paese dove si registra la maggiore presenza di musulmani e dove è forte il conflitto tra l'esercito e le formazioni radicali islamiche. Intanto, il presidente filippino Gloria Arroyo ha decretato lo stato di emergenza in una parte del sud dell'arcipelago. La misura riguarda la provincia di Maguindanao ed altre due zone adiacenti, per un totale di oltre un milione e mezzo di abitanti. Arroyo ha ordinato a polizia ed esercito di dare la caccia ai responsabili della strage.
STRAGE NELLE FILIPPINE
schi. Poi, i componenti della delegazione che vivono in Siria faranno ritorno a Damasco per aggiornare sulle novità il capo del comitato politico, Khaled Meshal. E lo scambio avverrà, secondo il giornale di Hamas Al-Risalah, alla fine della festa islamica di Id ad-Adha, che comincia venerdì e termina lunedì.
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Il nuovo corso rosanero IL PRESIDENTE: “PER ME È UN GIORNO TRISTE” LʼALLENATORE: “NON SONO IL TIPO CHE DICE DI NO PERCHÉ HA PAURA DI UN MANGIALLENATORI” L’ITALIANO MERCOLEDI’ 25 NOVEMBRE 2009
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SPORT
Non c'è atmosfera di festa al Renzo Barbera per la presentazione del nuovo tecnico Delio Rossi, che sostituisce Walter Zenga esonerato dopo il pareggio con il Catania. Maurizio Zamparini stringe la mano del tecnico ma non intende rispondere a nessuna domanda. È scuro in volto, fa un monologo e se ne va. “Rossi non ha bisogno di credenziali. È un giorno triste perché ho dovuto esonerare Zenga - ha detto - Sono decisioni che adotto per il Palermo, sapendo accaparrarmi le ironie della stampa. L'organico è importante e i risultati non sono all'altezza, tutto qui. Le dichiarazioni su alcuni giovani rosanero non mi sono piaciute, hanno bisogno di tempo”. Ma Zenga non ne ha avuto, vorrebbe aggiungere qualcuno, ma non c'è spazio. Zamparini taglia corto. “Spero che questa sia la decisione giusta - ha concluso - e che si sia conclusa la mia carriera di mangiallenatori”. In effetti Delio Rossi non sembra preoccupato. “Ascolterò il presidente anche perché sarà sempre lui ad avere l'ultima parola - ha detto - ma sono stato chiamato per prendere decisioni e lo farò in autonomia. Il presidente ancora non lo conosco, ci ho parlato un po’ w mi sembra una persona entusiasta e molto innamorata della sua squadra. Sarò valutato in base ai risultati e sul gioco. Sono venuto qui con la mia professionalità. Penso solo a
SIENA
Rossi arriva a Palermo: “Non temo Zamparini” Malesani ci crede: “Possiamo salvarci”
DELIO ROSSI
lavorare. Non sono il tipo che non va a fare il suo mestiere solo perché il presidente ha la fama di mangiallenatori”. Rossi ha smentito contatti con la società in estate. “La prima chiamata è stata domenica sera - ha spiegato - quando il presidente mi ha chiesto se ero disposto ad allenare il Palermo. E sono qui per restarci. Non penso di essere un traghettatore, ho fatto sempre dei cicli importanti rimanendo diversi anni sulla stessa panchina”. Sarà anche per questo che Rossi ricorda il suo predecessore. “In questo momento il
mio pensiero va a Walter Zenga - ha ribadito - perché so quanto sia lacerante un esonero”. Di qualificazione in Champions e di obiettivi specifici, Rossi non ne vuole sentire parlare. “Sulle possibilità del Palermo ha sottolineato - per dare le valutazioni li devo vedere allenare questi ragazzi. Il presidente non mi ha chiesto niente di particolare, mi ha detto solo di dare un'anima a questa squadra ed è quello che cercherò di fare. Sosterrò i miei giocatori, soprattutto i giovani e spero che il pubblico faccia lo stesso”. Rossi ha confermato
di aver 'scelto’ Palermo. “Ho avuto una decina di offerte e le ho declinate ha detto - perché non sentivo la stessa passione che ho percepito qui. Mi deve scattare dentro qualcosa per accettare una proposta. Spero di essere all'altezza del aspettative della città e del presidente. Di sicuro non ho la bacchetta magica, ma credo in tre cose: lavoro, lavoro, lavoro”. Secondo i tifosi però “Delio Rossi non solo non mangerà il panettone a Palermo ma neanche la cuccia”, dolce tipico del 13 dicembre giorno di santa Lucia.
ALBERTO MALESANI
Una decina di tifosi ha rumorosamente contestato i dirigenti del Siena, fuori dalla sala stampa dello stadio “Franchi” durante la presentazione del nuovo tecnico Alberto Malesani, che ha preso il posto di Marco Baroni a sua volta subentrato a Marco Giampaolo. “La classifica è difficile ma niente è compromesso - ha detto il nuovo allenatore senese - per questo credo che in questo momento sia necessaria una tregua, per ripartire tutti insieme. Lo chiedo ai tifosi e una cosa
simile chiederò alla squadra: bisogna resettare quanto accaduto finora”. Dopo uno stop di un anno e mezzo, per Malesani è un ritorno atteso in serie A: “Mi mancava il campo - ha detto - e ho colto questa occasione perché sono veramente ottimista e convinto che ci possiamo salvare. Penso di poter dare ancora molto al calcio, e un po’ mi dispiace quando vengo ricordato solo per due o tre episodi eclatanti e non per quello che ho vinto e i grandi risultati che ho ottenuto”.
Il capitano della Juve: “Balotelli? Non si tratta di razzismo” Sorteggiati i gironi per il Campionato del mondo di volley
Cannavaro: “A Bordeaux Il Brasile e l’Olanda soltanto per vincere” per le azzurre di Barbolini “A Bordeaux andiamo per vincere. Vogliamo chiudere il discorso della qualificazione”. Fabio Cannavaro rivela lo stato d'animo della squadra prima di partire per la trasferta francese. Alla domanda su quale sia lo stato d'animo della Juventus in attesa di una eventuale sentenza del giudice sportivo, il difensore azzurro: “Siamo sereni e pensiamo solo al Bordeaux. Cori come quello di domenica li sento da anni, purtroppo,
FABIO CANNAVARO
ma non c'è razzismo. La società e la squadra sono intervenute nel modo giusto”. Sulla eventuale squa-
lifica di Maicon, Cannavaro infine taglia corto: “Non mi interessa. Se ha sbagliato, è giusto che paghi”.
Si è svolta a Tokyo la cerimonia di sorteggio del Campionato del Mondo femminile 2010. Le azzurre di Massimo Barbolini sono state inserite nella pool B (che si giocherà ad Hamamatsu) insieme al Brasile campione olimpico, all'Olanda battuta da Lo Bianco e compagne nella recente finale dell'Europeo a Lodz, la Repubblica Ceca, Portorico e Kenya. Da questo raggruppamento passano al secondo turno (portando-
si dietro i risultati degli scontri diretti) le prime quattro e s'incroceranno con le prime quattro della pool C (Stati Uniti, Cuba, Germania, Croazia, Kazakhistan e Thailandia). Dall'altra parte del tabellone pool A (Giappone, Serbia, Polonia, Perù, Algeria e Costarica) e Pool D (Russia, Cina, Corea del Sud, Turchia, Canada e Dominicana). Il ct tricolore Massimo Barbolini ha così commentato l'esito del sorteggio. "È un giro-
ne tosto come ci immaginavamo, abbinato per la seconda fase a un gruppo altrettanto difficile. Ma stiamo parlando di Campionato del Mondo e in quell'ambito di facile non c'è nulla. Sotto un certo punto di vista può essere anche un vantaggio, un girone difficile ed equilibrato ti obbliga ad entrare subito con la massima concentrazione, ma l'equilibrio può anche servire a recuperare eventuali piccoli passaggi a vuoto".
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CONTROCOPERTINA - SPORT
L’ITALIANO MERCOLEDI’ 25 NOVEMBRE 2009
Il ritorno di Totti è un colpo di spugna sui guai della Roma I tre gol al Bari e il rientro in campo dopo l’infortunio: il capitano è l’emblema dei giallorossi MARA DE GAETANO
ROMA - Francesco Totti: presente. È tornato, come sa, come può, come deve. Tre gol, ahimè, alla Bari che, fino a ieri pomeriggio, era la squadra più in forma del giro, tre gol potenti e prepotenti, roba fine del suo repertorio, tre gol che fanno numero, risultato, punti, cro-
naca e anche storia. Perché quello che fa Totti non è mai un asterisco, mai nota a margine. Che si tratti di un pollice in bocca, di uno sputo in faccia, di una barzelletta, di un cucchiaio, di una gamba ferita, di una moglie bellissima, di due figli dal nome improbabile, di una serie di irresistibili spot televisivi, di una romanità che gli
appartiene ormai più del Cupolone e di Trinità dei Monti. Tre gol sono un segnale che, come diceva Michel Platini, «chi sa sa e chi non sa non saprà mai». Totti sapeva, sa e saprà. Ho detto Platini apposta perché
per l’ex juventino vincitore di tre Palloni d’oro, Francesco Totti da anni è il miglior calciatore italiano e tra i migliori d’Europa anche se la sua visibilità continentale è stata ed è ancora limitata dai risultati della squadra di appartenenza. Se Totti avesse accettato le offerte di altri club, oggi sarebbe indiscutibilmen-
I numeri di un campione vero ROMA - Francesco Totti è tornato. Se ne sono accorti i diecimila pugliesi ieri all’Olimpico, se ne sono resi conto i tifosi della Sud, così come gli undici di Ventura, il portiere Gillet (4 reti subite in carriera dal numero 10 giallorosso) e, forse, anche Marcello Lippi. Dopo la prova da one man show di ieri pomeriggio Francesco ha portato a 187 le sue reti in serie A. Superato un bomber di razza come Gabriel Batistuta all’ottavo posto della classifica dei dieci marcatori più prolifici di sempre, ora il capitano punta il prossimo obiettivo: Giuseppe Signori, ad una rete di distanza. Poi sarà il turno di Baggio, quinto nella speciale competizione con 205 gol, Meazza, Altafini, Nordhal fino a raggiungere il leader Piola (con 274 reti). Dopo 45 giorni di inattività dovuta al recupero dell’infortunio subito nella partita contro il Napoli – con conseguente operazione –, sono bastati ventuno minuti a Totti Francesco, nato a Roma il 27 settembre 1976, per riproporre tutto il suo repertorio balistico contro la difesa meno battuta della Serie A. Assist, colpi di tacco, rigore, calcio di punizione ed un gioiello di sinistro dopo una coordinazione perfetta che solo i grandi campioni sanno fare. Colpi di genio ai quali è mancato solo il cucchiaio tanto caro al numero dieci giallorosso, ma siamo solo alla tredicesima di campionato e di tempo ce ne è ancora molto. I numeri del talento nato a Porta Metronia (quartiere San Giovanni) fanno venire i capogiro: 187 reti nel massimo campionato italiano in 426 match disputati (0.48 reti a partita), in media un gol ogni 91 minuti in 18 stagioni con la maglia con la lupa sul petto. Due le sue doppiette in 722 minuti giocati in questa stagione: Roma-Napoli e Roma-Fiorentina, gare concluse entrambe con la vittoria giallorossa. Due sono anche le triplette in carriera per il giocatore con il dieci sulle spalle e la fascia di capitano sul braccio: all’hat-trick di ieri pomeriggio vanno aggiunti i tre gol rifilati al Brescia di Carlo Mazzone durante la stagione 2002/03. Era il 29 settembre e la Roma uscì vincente dal Rigamonti per 3-2. Fosse stata la Premier League si sarebbe portato il pallone a casa. Nel campionato in corso, la squadra giallorossa è riuscita a trovare per 22 volte la strada per il gol, quarto miglior attacco dopo Inter, Juventus e Genoa. Ma di tutto il bottino di reti più un terzo lo ha segnato solo Francesco Totti; il capitano, infatti, ha siglato 9 reti in 8 giornate giocate – 5 reti su azione, 3 su rigore (contro Fiorentina, Palermo e Bari) ed uno su punizione, diciannove stagionali se si considerano le coppe in tredici match disputati – che hanno fruttato quattordici punti in campionato (tutti con Ranieri), per una media di 1,72 punti a gara (2 sconfitte, 4 vittorie e 2 pareggi). Dopo lo stop del giocatore più prolifico della storia giallorossa, la Roma aveva inanellato tre sconfitte consecutive (a San Siro contro il Milan, in casa contro il Livorno e in trasferta contro l’Udinese). Con il successo ottenuto sul Bologna e il pareggio nell’ultima partita prima della sosta contro l’Inter, il bottino della squadra di Ranieri, senza il suo uomo più rappresentativo, è di quattro punti in cinque partite, conquistati grazie ai 5 gol siglati. La Roma ha bisogno di Totti.
te il trequartista più celebrato da tutti i giornali e le televisioni europee, se giocasse quindi nel Manchester United, nel Real Madrid o nel ù Barcellona, per dire a caso, senza dover citare il Milan o la Juventus, la sua carriera sarebbe stata ricompensata da riconoscimenti personali e di club più significativi. Si dirà: tre gol al Bari sono una cosetta facile
facile. Ma fino alla scorsa settimana Totti era un’ipotesi e la Roma alla ricerca di se stessa, C l a u d i o Ranieri, che ha allenato gente di razza nelle ultime stagioni, tra Va l e n c i a , Chelsea e Juventus, ha ribadito che uno come Totti cambia la vita a chiunque, figuratevi a una squadra piena di guai come la Roma di quest’anno. Monumentale è l’aggettivo giusto per il capitano della Roma. Monumentale e infantile nelle sue posture dopo un gol, un dito in bocca e l’altra mano levata al cielo come un eroe sul piedistallo, lungo i Fori Imperiali. Due mesi fa sembrava la fine di un amore eterno, come la città: Totti aveva celebrato i due gol alla Fiorentina, lanciando la maglietta verso la Sud, qualche anima ribelle gli aveva restituito il dono. Il capitano saltò l’intervista come migliore in campo, delegò De Rossi, sembrava l’inizio della fine. Epilogo impossibile. Totti è Roma, non soltanto la Roma. Totti è quello che vediamo ma non sappiamo completa-
mente. Due segni della croce prima di andare in campo, la felicità di uno sguardo dei due figli, l’impegno non esibito nel sociale, due soli vocali nel suo tottilario «a-o», mille modi di giocare il pallone, di interno, d’esterno, di tacco, di forza, di stile non di eleganza, un filo di seta, una frusta di cuoio. Dice, nel suo ultimo carosello pubblicitario, che il dieci fa parte da sempre della sua vita. Spero che il prossimo anno serva a lui e ai tifosi italiani per recuperare un campione in nazionale. È il duemila e dieci o no? GLI ELOGI DEL MAESTRO ZEMAN - Zeman non ha mai nascosto la sua passione per Francesco Totti. E' stato uno dei suoi primi allenatori, lo ha forgiato e spedito in campo ai tempi della Roma. E per questo Zdenek è uno di quelli che lo conosce meglio. Fosse per il tecnico boemo, il Pupone avrebbe una corsia preferenziale d'accesso ai prossimi Mondiali: "Totti è l'unico fuoriclasse del calcio italiano - ha detto durante la premiazione del 'Radicchio d'oro' a Castelfranco Veneto - e non mi stupisco che a 33 anni giochi ancora così. Non serviva che segnasse tre goal al Bari per confermare che è un fuoriclasse". Addirittura l'unico. Solo Baggio è al suo livello: "Già, anche lui ha fatto vedere grandi cose in età avanzata nonostante gli infortuni. Ma Francesco era bravissimo già prima che arrivassi io, anche se non giocava con continuità perché era giovane". Un messaggio quindi a Lippi e a tutto calcio italiano: di talenti ce ne sono davvero pochi, perché non chiamarli? Anche se Zeman è il primo ad ammettere le responsabilità di un ct: "Un selezionatore forma la squadra secondo le proprie convinzioni". Fosse per lui, in Sud Africa andrebbero ventidue Totti...