Alla ricerca del Libro degli Oggetti Magici
Autori: la classe di scrittura creativa dell’Istituto Comprensivo “P. R. Giuliani” di Dolo (VE) A.S. 2015/16
Flagellus sorvolò i territori di Pumabianco. Era completamente innevato, vi si vedeva neve, neve e solo neve per tutto l’anno. Morbidi fiocchi scendevano lentamente e sfioravano i suoi pesanti guanti neri. Si abbassò di quota fino ad arrivare a pochi metri dal terreno. Lì i suoi occhi poterono ammirare una delle particolarità di Pumabianco: gli alberi semprebianchi le cui foglie non erano coperte di neve, ma proprio di colore bianco. Di fronte a lui, spostato un po’ sulla destra, svettava un faro argentato a forma di treccia. Le sue narici furono colpite da uno strano profumo di zucchero filato. “Non è qui”, disse digrignando i denti, “e se anche ci fosse come potrei vederlo in mezzo a questa bufera?”. Mano a mano che planava verso la costa, un altro odore prendeva possesso delle sue narici, un profumo dolce e caldo, di liquido e crema, che racchiudeva sensazioni di affetto e pensieri premurosi da mamma, e domeniche mattina pigre di sbadigli. Era l’odore di un latte particolare, quello che rimane sempre caldo prodotto dalle termopecore allevate dai pazienti pastori di Pumabianco, perfetto per risollevare il morale in un luogo tanto gelido e inospitale. Nel mare si gettava un candido fiume di latte che, a sua volta, scaturiva da un lago che aveva la consistenza morbida della panna. Flagellus si innalzò di alcuni metri con un volo nervoso per osservare dall’alto la valle concava di Pumabianco, circondata da solide, ripide montagne conosciute fin da tempi antichi come “Lo scudo”.
Sul fianco delle montagne che scendeva dolcemente verso il lago, sorgeva il centro abitato di Pumabianco, fatto di soli quattro palazzi composti da moltissimi piani e abitazioni costruite su piattaforme incastrate tra quei palazzi e il fianco della montagna. Al centro della valle c’era una statua di ghiaccio a forma di puma che, grazie a un particolare incantesimo, sembrava muoversi circospetta e aggraziata proprio come il felino che raffigurava. Poco lontano da lì sorgeva il teatro a forma di pianoforte, che tanto per cambiare era stato scolpito nel ghiaccio perenne della zona. Lì si erano esibite le leggende della Ice-Music: Dav-Ice Bowie, gli Ice d.c. e i K-Ice. Sulla cima del monte più alto dello Scudo, nel punto più freddo, sorgeva un castello di ghiaccio con le sue dodici torri completamente innevate da cui si godeva della vista di tutti i territori Pumabianco. Flagellus rabbrividì per un attimo fissandolo e si chiese: “Se l’avessero nascosto lì dentro? Non potrei certo andare lì, io. Dovrei servirmi di chi ormai non teme più il gelo. Peccato che io abbia solo un servo zombi e non dodici, uno per ogni torre. Almeno per ora…” aggiunse con la sua risata, più gelida del territorio che lo circondava. Allungò una mano scheletrica e strappò da un semprebianco uno dei suoi speciali frutti: una mela caramellata congelata che emanava riflessi d’argento. Gettò un’ultima occhiata alla “Sphera”, il ristorante più famoso della zona, poi scomparve tra le nuvole bianche diretto al secondo territorio che intendeva esplorare.
Bludelfino lo accolse con la sua tiepida luce azzurrina che sembrava particolarmente calda dopo un viaggio a Pumabianco. “Perché l’hanno nascosto? Perché?” gridò Flagellus. Voleva planare di nuovo verso il basso per distruggere qualcosa, ma vide solo due isolotti e atterrò sul primo che era costeggiato da un corallo enorme, giallo, pieno di piccole foglie a forma di tentacoli multicolori dai quali pendevano frutti creati da un laboratorio nascosto sott’acqua, tra le due isole, del quale Flagellus non conosceva l’esistenza. Flagellus provò a toccare il corallo per trasmettergli un incantesimo polverizzante; non si era accorto che era spugnoso e pieno di fori, così l’incantesimo lo oltrepassò rompendo un vetro. Flagellus si avvicinò attirato dal rumore di cristalli infranti, ma fu troppo imprudente e cadde in una botola. Scivolò in un tunnel stretto e lungo. Alla fine si ritrovò dentro una bolla di vetro e batté la testa. Per qualche istante si dimenticò del potere terribile che ancora scaturiva dalle sue mani: si mise a strillare e agitare le braccia emettendo ancora l’incantesimo distruttivo che per puro caso lo salvò da uno dei sistemi difensivi degli abitanti di Bludelfino: un attacco di piraña giganti. Dopo averli polverizzati scivolò di nuovo, cadde, e gli tornò la memoria. Consapevole di essere un mago che stava cercando qualcosa di importante uscì dalla prigione trabocchetto e continuò a esplorare, sempre più furioso, i fondali dell’isola di corallo. Trovò un iceberg collegato a una bolla. Al centro di questa
bolla c’era un’enorme stella marina rosa che girava su se stessa trasmettendo energia a tutto il territorio circostante. Sotto l’iceberg, Flagellus riuscì a scorgere una città segreta: era enorme, con un grande palazzo dalle cupole dorate a forma di cipolla di stile orientale. “Potrebbe essere lì dentro” ghignò l’essere malvagio. “Tornerò” promise a se stesso con voce tenebrosa. “Ma prima voglio dare un’occhiata dalle parti di Farfarosa dove il territorio è meno ostile e gli abitanti più ingenui. Magari avrò fortuna”.
Flagellus ammirò con i suoi occhi crudeli i magnifici prati fioriti di lavanda di color violaceo di Farfarosa. C’erano molte varietà di fiori, tutte colorate di diverse sfumature di violaceo. Vi erano inoltre molti alberi alti di salice in cui spuntavano banane. Flagellus vide l’edificio principale di quella terra, la Casa Mutaforma: da lontano sembrava cupa e spaventosa. In realtà, quando si avvicinò, diventò variopinta e fantasiosa. All’interno aveva enormi scalinate ricoperte di tappeti rossi. C’erano terrazze che si affacciavano sul meraviglioso paesaggio circostante dove le rocce, invece di essere dure, erano soffici come marshmallow. Con un potente incantesimo si
mise a sollevarle tutte per vedere cosa c’era sotto, ma trovò solo erba e terriccio. “Non è nemmeno qui!” si infuriò battendo un piede per terra.
I regni di Velenoscorpione lo accolsero con il calore torrido delle loro terre desertiche dove, di quando in quando, spuntavano solitarie oasi di alberi d’oro i cui frutti profumavano di peperoncino e cannella. Flagellus si diresse verso l’edificio principale, il grande palazzo di sabbia infuocata, un luogo indistruttibile dal quale provenivano minacciosi suoni di esplosioni. Flagellus però sapeva come accedervi senza pericolo e si diresse verso la cascata di lava bianca e nera dietro la quale ci si poteva infilare in una delle mille buche scavate dagli scorpioni bevitori di lava che l’avrebbero condotto dentro il castello. Dovette ricorrere ai suoi più potenti incantesimi diversivi per superare gli scorpioguardiani, che bevevano una pozione dall’odore disgustoso in grado di potenziare il loro veleno con la lava. Alcuni di loro erano più grandi del normale e usavano peperoncini del deserto per rendere ancora più bruciante il loro veleno.
Nonostante quello fosse il posto più inaccessibile dei Sei Regni, Flagellus si accorse di aver fatto una fatica inutile: ciò che cercava, che bramava con tutte le sue forze, non si trovava nemmeno lì. Si precipitò nelle terre di Rossofenice, con i loro tetti fatti di diamanti e la grande fontana a forma di fenice al centro della piazza che sputava lava incandescente dal becco. I suoi passi risuonarono sulla lava pietrificata e gelida del pavimento della piazza mentre si dirigeva verso una fila di case: avevano la forma di triangoli inclinati verso il basso e le finestre erano di rubino rosso con ricche decorazioni. La piazza era dentro un immenso castello che la racchiudeva come uno scrigno e la sovrastava con le sue altissime torri dai tetti a pagoda. All’esterno del castello si estendeva una fitta vegetazione brulicante di vita: alberi abitati da camaleonti che facevano cambiare colore alle loro foglie, piante che producevano caramelle e dolcetti. Ai margini della foresta si trovava, invisibile agli occhi malvagi di Flagellus, una casa ricavata da massi giganti e ricoperta di muschio camaleontico. Era la casa del guardiano di Rossofenice, Fen Fenicius che si attorcigliò un ciuffo della lunga barba rossa sospirando di sollievo.
“Non lo ha ancora trovato” pensò “ma questa fortuna non ci accompagnerà a lungo. La mia intuizione, cioè che avrebbe esplorato per ultimo il territorio di Arangatto si è rivelata corretta. Devo correre ai ripari: spostare immediatamente il Libro degli Oggetti Magici in uno dei territori in cui l’ha già cercato. Questo mi farà guadagnare un po’ di tempo. Ma non potremo giocare per sempre a nascondino. Devo trovare la persona in grado di salvare i Sei Regni. Al più presto”.
Ansioso, Fenicius si sedette sul suo divano rosso bordò. Era un divano particolare: bastava tirare una leva e sul bracciolo destro usciva uno Specchio Rispondino. Bastava fargli una domanda su qualcuno, schiacciare il rubino al centro ed eccoti risucchiato nelle profondità del morbido divano che ti porta nel posto in cui si trova la persona perfetta per quello che stai cercando.
Fen Fenicius tirò la leva, prese il suo meraviglioso specchio e gli chiese schiacciando il rubino: “Oh specchio, specchio che tutto sai, come mi tiro fuori dai guai?” Lo specchio gli mostrò il riflesso di un ragazzo magro, basso e con lentiggini. Portava l’apparecchio ai denti ma indossava anche dei begli occhiali molto alla moda con la montatura nera. Aveva piedi grossi e un aspetto semplice su cui spiccavano i capelli rossi, le braccia lunghe e la bocca grande. “Si chiama Mirion Mesh” disse lo specchio, “è serio, studioso, sportivo, fa da paciere quando gli altri litigano… proprio quello che fa per te. Ma attento perché è anche insicuro, goloso, solitario (non esce mai perché è allergico ai fiori e a Farfarosa ce ne sono molti), romantico, e un po’ sfortunato. Da solo non può aiutarti molto”. Mirion aveva un solo genitore, mangiava solo frutta e verdura ed era terrorizzato dagli animali. “Ah”, disse lo specchio “Quando vede un fiore sternutisce a causa della sua allergia e questo potrebbe creargli dei problemi. In compenso ama molto leggere, soprattutto libri di avventura e mistero. Questo potrebbe aiutarlo molto!” Grazie a una potente magia di trasporto, Mirion Mesh arrivò a casa di Fen Fenicius direttamente dalla sua umile dimora nel regno di Farfarosa, viaggiando a bordo di una nuvola di zucchero filato. Durante il viaggio sentiva il vento sfiorare il suo ciuffo di capelli rossi. All’improvvisò il vento si agitò e la nuvola cominciò ad accelerare, tanto da far cadere Mirion in casa di Fen Fenicius con un tonfo da cui uscì un po’ acciaccato. “Che ci faccio qui?” chiese.
“Tutto a suo tempo” rispose Fenicius. “Vuoi una tazza di rosanciata mentre io cerco… il resto della banda?”
Il vecchio mago tornò al suo potente oggetto magico e disse con voce alquanto disperata: “Specchio specchio, ascolta un minutino Devo trovare un’altra persona che mi dia un aiutino Se tutti noi vuoi salvare Dimmi dove lo posso trovare” La risposta fu immediata. Una voce cupa gli disse: “Dove nevica perennemente C’è una persona alquanto intelligente Alicia Aspirina ti aiuterà Perché ha grande intellettualità” Il vecchio saggio era molto sollevato: “Pumabianco! Pumabianco! Ecco dove si trova la grande salvatrice. Specchio specchio, fammela vedere!”feni Lo specchio gliela mostrò: era bella, bionda e davvero pallida. Quando girò il volto si videro due splendidi occhi rossi con delle striature bianche che secondo Fen Fenicius erano alquanto strani, truccati da una linea nera sottile che li faceva risaltare. Le sue guance e il suo naso erano un po’ rossi, forse per il freddo. Lo specchio disse: “Vecchio mago, lei è molto intelligente Ma è anche coraggiosa veramente?” “Non so” rispose Fenicius, “la metterò alla prova. Ora vado a Pumabianco proprio per questo”.
Una volta arrivato a Pumabianco, Fenicius con la magia aprì un crepaccio e portò da Farfarosa delle morbide nuvole di zucchero filato. Le mise nel
crepaccio e con un soffio di vento fece volare via dalle mani di Alicia il suo strumento musicale, uno splendido triangolo di ghiaccio che quando lo si suonava congelava tutto ciò che trovava attorno a sé (per questo non lo si poteva suonare in un teatro, cosa che faceva dispiacere Alicia che non poteva così mettere in mostra il suo talento). Il triangolò volò verso il burrone e Alicia non esitò un attimo a saltare tra le nuvole di zucchero filato per andarlo a prendere, anche se non sapeva quanto avrebbero potuto reggerla. Superata questa prova Fenicius portò anche lei nella casa di pietra e la fece sedere in compagnia di Mirion. “Che ci faccio qui?” chiese la ragazza. “Tutto a suo tempo” rispose Fenicius. “Vuoi una tazza di rosacola mentre io cerco… il resto della banda?”
Nel frattempo Flagellus era nel suo laboratorio. Appena si entrava si sentiva un odore di muffa e muschio marcio che dava un’impressione un po’ strana. Con la magia oscura Flagellus provò a creare il suo esercito con un incantesimo che aveva imparato quando era ancora un ragazzino: avrebbe clonato Sblorg Sblarglon il suo aiutante zombie! Mentre leggeva l’incantesimo però, un topo cadde di colpo sul libro e lo spaventò. Così gli fece scagliare l’incantesimo prima che finisse di pronunciarlo. Nel frattempo, l’aiutante che Flagellus voleva clonare, per sbaglio si era spostato e siccome dietro di lui c’era uno specchio, venne colpito alla schiena. Alla fine, invece che clonare uno zombie maschio, Flagellus creò una zombie femmina che chiamò Priscilla Piccirilla.
Era bassa, grassa, maniaca della pulizia e delle acconciature, con la vista perfetta ma l’udito “difettoso”, precisina, perfettina e saputella, tanto che Flagellus già non la sopportava più.
Fen Fenicius si domandò se sarebbero riusciti a sconfiggere Flagellus solo in tre. No, aveva bisogno di un’altra persona per procedere tutti insieme al salvataggio del Libro degli Oggetti Magici. Tornò al divano e al suo specchio magico e chiese: “Un aiuto per sconfiggere il Nemico dei Nemici È l’ultimo che chiedo… se tu me lo dici” Si trovò a poca distanza dalla sua casetta. Lo specchio lo aveva portato da Nick Nombleron. Era un ragazzino alto, lentigginoso, con capelli corti e neri, bello nonostante le orecchie grandi, con i suoi occhi azzurri e neri, i piedi piccoli e il naso a patata. In tutto il regno di Rossofenice era conosciuto per essere affettuoso, gentile, schizzinoso, socievole, credulone, goffo, simpatico, prudente, bizzarro, affidabile, misterioso, umile, rilassato e ospitale. Inoltre, sapeva trasformarsi in vari animali magici. “Che ci faccio qui?” chiese Nick. “Ora ve lo spiego mente mangiamo una bella fetta di torta margherosa!”
Fen Fenicius spiegò ai ragazzi che i Sei Regni erano in pericolo. La pace era minacciata da una creatura spregevole di nome Flagellus Fulminis. “Era un bravo inventore di oggetti magici una volta, ma quando ho rifiutato di approvare alcune sue invenzioni che erano molto cattive, distruttive e pericolose, si è infuriato. Ora ha deciso di impossessarsi del Libro degli Oggetti Magici, un testo molto potente. Se entrasse in suo possesso troverebbe tutti gli oggetti magici del regno e li userebbe per distruggerlo!” “Ma noi possiamo impedirlo?” chiesero i tre ragazzi in coro. “Sì. Il Libro degli Oggetti Magici l’ho nascosto ad Arangatto e andrò subito a recuperarlo prima che arrivi Flagellus. Voi dovrete portarlo oltre sei porte magiche in modo che lui non possa prenderlo mai più. Dietro ogni porta c’è una prova da superare: siete disposti ad affrontare queste prove per salvare il libro?” “Certo” dissero in coro i ragazzi. “Allora per prima cosa andate a prendere il libro”. Il mondo iniziò a girare vorticosamente.
Mirion, Nick e Alicia si trovavano davanti a una porta fatta di un materiale mischiato tra diamante e corindone, dai lati uscivano ed entravano chiodi molto pungenti ed era anche molto alta. Non aveva la maniglia però aveva la forma di una serratura gigante e per entrare non si spingeva ma bisognava risolvere un indovinello.
“Che cos’è quella cosa che, se ci sei non la fai, se non ci sei la fai?” “Ma è impossibile” disse Nick disperato. “Ma che dici! Se ci impegniamo ce la potremmo fare!” disse Alicia con il suo tono spazientito. E allora cominciarono a tentare di dare la risposta corretta. “La gioia!” esclamò Mirion. “Errato!” rispose la voce. “La felicità” rispose Nick. “Sbagliato!” rispose ancora quella voce. Arrivò notte fonda e i tre amici erano ancora lì davanti alla porta fino a quando Alicia rispose : “L’assenza!” “Esatto!” rispose la voce facendo aprire la porta. La stanza che apparve era molto lunga e un pezzo dell’ingresso aveva le pareti con degli alberi intrecciati che arrivavano fino al soffitto dando così forma ad una specie di portico e quando si camminava sotto di esso sembrava che i rami stessero per cadere. C’erano tante ossa e scheletri e si sentiva uno strano odore di qualcosa di antico e puzzolente. Avanzarono e dopo un po’ arrivarono al centro della camera. “È meglio che ci dividiamo per trovare il libro!” propose Alicia. “OK! Però quando qualcuno è in pericolo bisogna urlare aiuto” disse Mirion. I tre amici si divisero ma alcuni secondi dopo Nick urlò: “Ehi! Ragazzi venite a vedere cosa ho trovato!” Mirion e Alicia corsero da Nick e quando arrivarono si trovarono davanti a un drago di pietra. Aveva sette teste e quando gli si tagliava una testa ne spuntavano due; era alto 10 metri e dalla schiena spuntavano molte protuberanze. I denti erano velenosi e quindi
quando ci si feriva con uno di essi il veleno poteva uccidere. “Una bella prova!” disse Nick tremante dalla paura. “Già! Per fortuna che prima di partire Fenicius mi ha dato la sua spada di diamante!” disse un po' rallegrato Mirion. Cominciò a trafiggere il drago con la sua spada però non accadde nulla perché ora il drago aveva più teste e quindi era diventato più potente. Ad un certo punto Alicia notò che sul petto del drago c’era un diamante che sembrava dargli vita ed energia. “Hei Mirion, secondo me il diamante che il drago ha sul petto è il suo cuore!” urlò Alicia. “Ok Alicia! Ci penso io!” A quel punto Mirion lanciò la sua spada contro il cuore del drago che si spezzò in due disintegrando il drago con un esplosione. Infine i tre ragazzi corsero alla teca dove era contenuto il Libro degli Oggetti Magici e ritornarono al castello di Fenicius.
“Ben fatto” si complimentò il mago. “Ora inizia il vostro viaggio per portare il libro al sicuro e sarà ancora più difficile”. I tre amici si trovarono davanti ad una porta meravigliosa sulla quale erano rappresentate molte farfalle fucsia fluo. Il colore delle pareti era nero, in questo modo faceva risaltare la porta. Essa era fatta di velluto che emanava un odore da fragola; da dietro la porta proveniva un rumore che sembrava che una persona stesse tagliando della frutta su un tagliere di pietra con un coltello super affilato. La porta era orizzontale e quando i ragazzi si avvicinarono, si aprì. Loro si trovarono sospesi nell'aria orizzontalmente e come se fossero attirati da una calamita vennero trasportati oltre l'ingresso. Entrando in questa stanza
vennero capovolti: la testa era al posto dei piedi e i piedi al posto della testa. Dovettero superare una prova : attraversare un ponte e poi accendere un fuoco. Quando cercarono di accendere un fuoco non ce la fecero perché non avevano i fiammiferi. Allora fecero apparire una bacchetta magica e accesero il focolare. Superata la prima prova, si trovarono di fronte a un’altra porta, la seconda.
I tre amici si trovano di fronte ad una porta di legno. Era ad arco. Le travi che la componevano erano disposte in verticale e tenute unite da alcune travi orizzontali. C'erano scritti su di essa strani simboli e lettere, apparentemente senza significato. Sopra la trave orizzontale disposta più in alto c'era un piccolo foro coperto da una grata. Mirion, Nick e Alicia sbirciarono all'interno del foro ma non videro nulla, soltanto buio. Sentirono un leggero odore di bruciato. Il silenzio era interrotto soltanto dal gorgogliare di una strana sostanza che bolliva all'interno di un calderone in pietra accanto alla porta. Attorno e sopra alla porta c'erano enormi pietre bianche che formavano possenti mura. I tre provarono invano ad aprire la porta. Alicia pensò che con un incantesimo poteva scambiare il posto delle lettere in modo da formare una o più frasi. Allora disse: “MESCOLANTUM LETTERUS SU PORTANTEUS” Le lettere si spostarono formando una frase che Mirion lesse agli amici: Per aprirmi finite la pozione
che bolle nel calderone con ciò che trovate e l'intruglio su di me gettate Trovarono un'erba blu, una roccia rossa, una lisca di pesce argentea e uno smeraldo che Nick tentò di tenere per sé, ma gli altri glielo impedirono. Misero tutto nel calderone e gettarono l'intruglio grigio-verdastro e puzzolente sulla porta che si sciolse consentendo loro di passare. Subito dopo il loro passaggio la porta si ricostituì bloccandoli dentro la "stanza" successiva. L'odore di bruciato diventò più forte finché non si accese un fuoco blu che non produceva né luce né calore, ma soltanto la puzza di bruciato che avevano sentito prima. Una voce, di cui non videro la fonte, disse loro sibilando: “Se riuscite a prendere l'anello che si trova nel fuoco senza bruciarvi la prova sarà superata e una sorpresa in fondo alla stanza vi attenderà”. Alicia notò che c'erano delle lettere incise sull'anello ma erano rovesciate, quindi pensò che dovevano essere riflesse su uno specchio. Allora, di colpo, come spinta da una forza misteriosa, urlò: “Le lettere sull'anello sono capovolte e quindi il vero anello non si trova nel fuoco, ma sopra una sporgenza qui dentro!” “Giusto!” rispose la voce sibilante e una strana luce comparve dalla parte opposta a quella in cui erano venuti. Corsero a perdifiato finché non si trovarono davanti alla sorpresa: un'altra porta, la terza!
Stavano camminando vicino a un fiume ad un tratto si accorsero che nel fiume si trovava una porta fatta di legno con piccoli pezzi di pietra. Era molto grande. Mirion curioso si gettò in acqua e appena entrato si accorse che era circondato da molte ragnatele di colori diversi fra loro. Decise di fare un incantesimo che fece scomparire le ragnatele. Mirion iniziò a camminare seguito dai compagni e si trovarono di fronte un ragno gigante che aveva la coda di una tigre e il volto di un leone. Mirion iniziò a combattere contro il mostro usando un sacco di magie ma si accorse che non funzionavano. Allora Nick fece una magia che lo fece diventare un gigante facendo prendere paura al ragno. Mirion, uscito vittorioso dal duello, vide che in fondo si trovava un’altra porta la quarta e decise di entrare. Si trovò di nuovo di fronte a una porta, con gli amici al suo fianco. Mirion, Nick e Alicia stavano vagando nel deserto di Veleno Scorpione; ad un certo punto si trovarono davanti a delle mura di pietra e incuriositi si fermarono e le osservarono. Sentivano delle voci che provenivano da un lato delle mura. Mirion, Nick e Alicia si avvicinarono alle mura. Alicia appoggiò l'orecchio, Nick invece andò a un estremo delle mura e vide che dietro non cera nulla. Mirion toccò le mura e all'improvviso apparve una porta: era molto grande, sigillata, dava l'idea di una porta antica, era di legno e con molte serrature in ferro. Sulla porta c'era appeso un cartellino con su scritto: se questa porta vuoi aprire una canzone mi devi far sentire. Mirion vedendo il biglietto, cominciò a cantare molto stonato stordendo tutti quanti finché Nick e Alicia non lo fermarono e cominciarono a cantare loro; cantarono molto bene e così la porta si
aprì. Presi dal mistero di quella porta entrarono in quel mondo, e apparve un paesaggio incantato, però non riuscirono ad andare avanti perché i loro piedi si erano appiccicati allo zucchero filato che copriva il suolo. Con molta fatica riuscirono a proseguire finché arrivarono a un lago di cioccolato dove si abbuffarono. Dopo essersi riempiti la pancia di cioccolato vollero fare anche un tuffo nella cascata di miele che li portò alla porta successiva.
I tre amici trovarono una porta con una maniglia ma non sapevano come aprirla ed arrivare ad Arangatto. La porta era di metallo arrugginito, grigiomarroncino, ma ascoltando i rumori al di là di quell’uscio si sentì una voce e si chiesero cosa fosse stato. Risentendo la voce capirono che era la porta. Questa disse loro: “Per aprirmi dovete risolvere il seguente indovinello: mi dovete dire quali sono quelle cose che sono leggere come ali di farfalle che quando si chiudono non si vede niente e quando si aprono si vede il mondo”. “Domanda ardua, quale sarà mai la risposta?” Nick pensò di andare a cercare le scatole magiche nascoste in Velenoscorpione. Trovarono uno scorpione di nome Rachelus e gli chiesero: “Sai dove potremmo trovare le scatole magiche?” Egli rispose: “Sono lì in quella duna ma per averle dovrete sopportare il rumore assordante che producono”. Siccome i tre ragazzi erano molto furbi si tapparono le orecchie con la cera di una candela che si era portata via Alicia. Arrivati alle scatole i tre amici si misero in contatto con Fenicius.
“Ciao Fenicius siamo arrivati alla porta ma non riusciamo ad aprirla perché l’indovinello è troppo difficile ci puoi aiutare a dare la risposta?” chiesero i ragazzi parlando nelle scatole magiche. Spiegato l’indovinello a Fenicius egli rispose: “L’indovinello è molto semplice; la risposta è: le palpebre”. I tre ragazzi allora chiusero il contatto con Fenicius e si diressero verso la porta gridando tutti insieme la risposta corretta. La porta si aprì e dietro vi era un animale parlante con il corpo di fenice e la testa di drago. Ci fu una lunga battaglia e i tre amici subirono parecchie ferite senza però aver distrutto il drago. In un lato della stanza Mirion si accorse che c’erano i peperoncini super piccanti di Velenoscorpione; allora fece una scivolata lunghissima arrivando sul lato della stanza dove raccolse i peperoncini. “Prendi Nick!” gridò Mirion lanciando un peperoncino a Nick che a sua volta lo lanciò contro l’occhio del drago facendolo accecare. Infine Alicia, con la spada che gli aveva dato Fenicius, tagliò la testa al drago, uccidendolo. Superata anche questa prova, Mirion, Nick e Alicia si trovarono in una stanza fin troppo bianca. Alicia ci era abituata, in fondo veniva da Pumabianco dove tutto era sempre bianco. Non vedevano però una porta azzurrina di cui aveva loro parlato Fen. Alicia disse : “C’è una porta, è azzurra, ma è decisamente troppo piccola, non ci passeremo mai ! Che strano profumo, mi ricorda il mare. Io odio il mare e non chiedetemi perché, tanto non ve lo dirò mai e poi mai”. Alicia aprì la porta che era pesantissima, divenne pallida e si sedette sul pavimento candido. Ripeteva a
bassa voce “No, no” mentre si dondolava avanti e indietro. Gli altri non la notarono. Nick si affacciò dopo di lei e con voce squillante disse “Che bello! Il mare, wow, vorrei fare un tuffo ma non ci passeremo mai uffa!” Si sedettero tutti davanti alla porticina con aria demoralizzata e la fissarono: era blu e bianca, minuscola, fatta di legno. Ricordava quella delle fattorie. Sembrava così fragile e consumata… come se fosse stato il tempo a ridurla piccola com’era. A Nick si accese la lampadina in testa e disse: “Se mi trasformo in un’ape e volo dall’altra parte della porta, vedrò com’è la situazione e poi se potrò vi farò passare e magari ci faremo un tuffo!” La risposa di Alicia fu immediata: “Sì, ottima idea e pessima idea: io odio l’ acqua anzi ho paura ecco la verità e prima che vi mettiate a ridere non fatelo o ve ne pentirete!” Non servì: i due si misero a ridere come matti e Alicia corse via, sentendosi presa in giro. Mirion se ne pentì e le corse dietro. Tutto si faceva sempre più scuro ed era difficile vedere ma poi sentì un pianto e allora Mirion capì che era Alicia perché c’erano solo loro tre in quel posto. Mirion tentò di calmare Alicia dicendole: “Tutti hanno paura di qualcosa”. Allora Alicia si senti un po’ meglio e pensò che era una strega e quindi poteva volare. Corsero fino da Nick, ma non lo trovarono; forse era già volato dall’ altro lato. A un certo punto la porta, da piccola piccola divenne enorme e Mirion pensò che ci poteva passare anche uno yeti! Con un incantesimo la aprirono e volarono dall’altro lato. Intanto Nick si era già trasformato in
umano ma parlava con un po’ di bzzzzzzzz come un’ape. Disse: “Siete bzzzzzzzz arrivati finalmente!!!” Dopo un po’ l’effetto svanì e sembrava tutto tranquillo. Nick disse: “Non volete sapere come ho fatto?” ma qualcosa di terribile lo bloccò. Vide un enorme polipo nero con i denti da aracnide orribile! Riuscì a non urlare e insieme ad Alicia si voltò verso Mirion. Alicia con voce furba disse: “Mirion visto che, come tutti ben sappiamo, sei il più bravo, pensaci tu. Noi arretriamo un po’. Non per paura sai…” Miron si ritrovò solo a combattere contro quel mostro, ma gli bastò usare la logica: se era nero e viveva negli abissi odiava la luce, quindi un incantesimo luminoso sarebbe stato perfetto. Urlò: “Raggium Lux!” e quell’ essere tornò negli abissi. E volarono verso la porta successiva. I tre amici si trovarono davanti alla settima elegantissima porta di legno. Mirion conosceva quello stile, lo aveva appena studiato a scuola: era lo stile dell'epoca signorile. Tirarono il maniglione d'oro ad anello, ma nulla da fare. "Suoniamo il campanello!?" chiese Nick, ma Mirion e Alicia scossero la testa e insieme dissero: "Ma scherziamo? Non c'erano i campanelli nel Seicento!" Nick abbassò lo sguardo e trovò una piccola corda. La toccò, ma tolse subito la mano e tirò un piccolo urlo. Mirion si girò, e guardò l'amico, chiedendogli cos'era
successo. Nick rispose: "Ho toccato la corda, ma scottava, e mi prude persino il braccio!" Lo fecero alzare e gli fasciarono la mano. Alicia, concentratissima, urlò conto Nick dicendo: "Ma ti pare? Ti devi concentrare! Fenicius ci ha assegnato un compito e noi dobbiamo portarlo a termine! Dobbiamo riuscire ad aprire questa dannata porta!" La porta era molto alta, e con due rettangoli intagliati nel legno. C'era persino il numero civico: 32. "Ecciù!" Mirion starnutì. "Che hai?" chiese Nick: "Colpa della polvere, guarda qui quanta ce n'è!" rispose Mirion. In effetti, c'era parecchia polvere. "Dovete risolvere un indovinello" disse una voce profonda. "Chi sei?" chiesero, raggruppandosi in cerchio, al centro, guardando in alto. "Sono la porta." rispose la misteriosa voce. "Ma le porte non parlano!" disse con superiorità Alicia. "Io sì" rispose la porta. "Bene, qual è l'indovinello?" chiese Mirion "Qual è l'animale che cammina su quattro gambe, la mattina, due il pomeriggio e tre la sera?" Nick, che è sempre stato il re degli indovinelli, rispose senza problemi anche perché questo era un indovinello antico e famoso: "L'uomo! La mattina gattona, di pomeriggio è uomo, la sera è vecchio e utilizza il bastone!" Tutti rimasero a bocca aperta. La porta scricchiolò, e si aprì. Corsero all'interno della porta dove c'era questa specie di portale, di colore celeste chiaro. Profumava di arrosto, e si sentiva il
rumore di alcune voci. Tenendosi per mano, si buttarono nel "portale". "Come sono vestita?!" chiese Alicia. Aveva un lungo abito, largo e colorato. "Sembro una dama!" "Hei! Chi c'è qui?!" chiese una voce femminile. Nick e Mirion spinsero la ragazza fuori dalla piccola stanza. C’era una signora anziana, sembrava molto tranquilla. La dolce anziana entrò nella piccola stanza, e prese per le orecchie i due ragazzi. Disse:" è stato Fenicius a mandarvi qui?" chiese sottovoce: "Sì, come lo sai?" chiesero i ragazzi. "È una lunga storia, ma sto aspettando il libro!" Sbalorditi abbracciarono l'anziana e chiesero dove potevano metterlo. "Prendete quegli ombrelli, copritevi, e seguitemi" Passarono in una sala da pranzo affollata, dove c'erano arrosti che profumavano l'intero palazzo. Passarono in un lungo corridoio pieno di quadri, attraversarono lunghe cucine0 e arrivarono in una piccola camera da letto. "Questa è la mia stanza. Mettetelo dentro il piccolo scrigno e tornate da dove siete venuti, io devo tornare alla festa" I ragazzi salutarono l'anziana. Lo scrigno era chiuso a chiave, cercarono sulle mensole, sotto il letto, sotto il tappeto, dentro i cassetti e... finalmente sotto il cuscino! Ed ecco quella chiave piena di ghirigori in ottone; aprirono lo scrigno e vi misero dentro il libro. Corsero fino al portale, lo attraversarono e tornarono da Fenicius, che li accolse caloroso e felice. I ragazzi fecero delle facce tristi e gli dissero: “Ci dispiace Fen, abbiamo perso il Libro degli Oggetti Magici nelle sabbie di Velenoscorpione”.
“Furbacchioni! Io so che mi state facendo uno scherzo. Ho visto tutto quello che avete fatto nel mio specchio. E adesso guardate insieme a me quello che sta succedendo a Flagellus”. I ragazzi videro Flagellus superare le varie porte e arrivare nella casa profumata d’arrosto della vecchina. Flagellus riuscì persino ad arrivare allo scrigno dove era custodito il libro, ma la vecchietta arrivò, lo vide e lo prese a ombrellate fino a farlo quasi svenire. Flagellus disse: “Tutto qui quello che sai fare?” La vecchietta, che era la prozia di Fen Fenicius, gli rispose: “Io so fare così poco, ma ho una sorpresa per te!” Così dicendo sputò la sua dentiera assassina che inseguì il terrorizzato Flagellus per tutta la stanza e alla fine se lo mangiò. Tutti si misero a ridere. Non vedendolo anche i suoi aiutanti festeggiarono la sua scomparsa. Il regno era salvo.