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IMPARARE DALLA
LETTERATURA
20 capitoli di letteratura + 50 schede di grammatica ELEMENTI CARATTERIZZANTI DI QUESTO VOLUME
SAPERI PER CONTARE
IMPARARE DALLA
LETTERATURA 20 capitoli di letteratura + 50 schede di grammatica
LETTERATURA
La struttura
20 capitoli di italiano: vere e proprie unità didattiche complete e autonome, articolate in due parti, la prima di Studio e la seconda di Testi e esercizi. L’esposizione chiara e sintetica e i brani di letteratura (romanzi, racconti, poesie e testi teatrali), adeguati alle esigenze e ai gusti di un lettore adulto, consentono di acquisire competenze linguistiche, esercitare le proprie capacità e applicare le conoscenze. 50 schede grammaticali: forniscono indicazioni utili a riflettere sull’uso della lingua italiana e a chiarire eventuali dubbi. Glossario: spiegazione dei termini tecnici del linguaggio letterario.
Simone Giusti
IMPARARE DALLA
I destinatari
Gli studenti italiani e stranieri dell’Istruzione degli Adulti per il biennio della Scuola secondaria di secondo grado. Gli studenti dei percorsi tradizionali, come sussidio didattico agile e integrabile ai testi di adozione. I lettori adulti, come strumento sintetico per l’educazione linguistica e letteraria.
30400 Giusti
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Espansioni online per docenti e studenti
In copertina: Lo studio del bibliofilo. © akif/Shutterstock.
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QUESTO VOLUME, SPROVVISTO DEL TALLONCINO A FRONTE (O OPPORTUNAMENTE PUNZONATO O ALTRIMENTI CONTRASSEGNATO), È DA CONSIDERARSI COPIA DI SAGGIO - CAMPIONE GRATUITO, FUORI COMMERCIO (VENDITA E ALTRI ATTI DI DISPOSIZIONE VIETATI: ART. 17, C. 2 L. 633/1941). ESENTE DA IVA (DPR 26.10.1972, N. 633, ART. 2, LETT. D). ESENTE DA DOCUMENTO DI TRASPORTO (DPR 26.10.1972, N. 633, ART. 74).
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Le caratteristiche fondamentali del testo poetico
t poesia e le potenzialità della lingua t La t L’aspetto sonoro della lingua t Le sillabe: il materiale da costruzione della poesia t L’aspetto visivo della lingua t Le tecniche della poesia t La lunghezza dei versi t Il ritmo t Suoni che si ripetono: rime e allitterazioni t La poesia e il linguaggio figurato t La lettura del testo poetico
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La poesia e le potenzialità della lingua La poesia è una particolare forma di scrittura capace di valorizzare tutte le potenzialità della lingua. Possiamo distinguere due diversi aspetti della lingua: l’aspetto “mentale”, cioè il significato delle parole; m l’aspetto “fisico”, cioè il suono e la forma delle parole. m
L’aspetto mentale risponde alla domanda «Che cosa significa questa parola?», mentre l’aspetto fisico risponde alla domanda «Quali segni e forme vedo o quali suoni sento?» Ad esempio, nella lingua italiana la parola casa ha il significato di “edificio adibito ad abitazione”, collegato a un’immagine che ciascuno di noi può ricostruire nella propria mente. La parola, tuttavia, ha anche un aspetto fisico (definito significante), che è dato dal suono e dalla forma delle sue lettere. Per queste sue caratteristiche, la lingua è uno strumento molto potente, capace non solo di dare un senso alle cose, alle azioni e alle idee, ma anche di giocare, suonare, disegnare con le parole e le frasi.
L’aspetto sonoro della lingua Le parole e le frasi sono delle catene di suoni pronunciati dalla voce umana. I suoni sono prodotti grazie all’apparato fonatorio, che funziona come uno strumento musicale ed è formato da vari organi del corpo umano: polmoni, laringe, corde vocali, faringe,
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lingua, denti, palato, labbra e naso. I suoni della lingua si distinguono in: v ocali, pronunciate quando l’aria proveniente dai polmoni passa attraverso le corde vocali senza incontrare ostacoli; m consonanti, prodotte quando il flusso d’aria incontra un ostacolo (lingua, labbra o palato). m
È normale che, dopo anni di esercizio, ci sembri facile utilizzare l’apparato fonatorio, come un pianista che suona con naturalezza, senza neanche guardare le mani o i tasti. Grazie alla poesia, però, possiamo sperimentare nuove potenzialità sonore di una lingua che ci sembra familiare.
Le sillabe: il materiale da costruzione della poesia La sillaba è quella parte della parola che è pronunciata con una sola emissione di voce e, quindi, è composta da almeno una vocale. Mentre infatti le vocali possono essere pronunciate anche da sole, le consonanti hanno sempre bisogno di appoggiarsi almeno a una vocale. In italiano non esiste una parola composta da una sola consonante, mentre esistono parole di una sola vocale (è, 3a persona dell’indicativo presente del verbo essere; e e o, congiunzioni; a, preposizione; i, articolo). Per la poesia e per il canto le sillabe sono fondamentali: in base alla quantità di sillabe e al loro suono si possono comporre testi che hanno un ritmo e una sonorità particolari. Le sillabe sono uno dei principali materiali da costruzione della poesia.
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L’aspetto visivo della lingua
Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie
(G. Ungaretti)
La poesia, per queste sue caratteristiche, può essere anche un’arte grafica, che assomiglia al disegno o alla pittura. Le parole, infatti, quando sono scritte sulla pagina bianca, tracciano un segno che può prendere forme diverse. Al confine tra poesia e arti visive troviamo il calligramma, un particolare tipo di poesia in cui la disposizione tipografica del testo produce una figura facilmente riconoscibile. Tour Eiffel, ad esempio, è un calligramma di Guillaume Apollinaire.
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Le tecniche della poesia Per riuscire a mettere a frutto le potenzialità della lingua, l’arte poetica utilizza da secoli tecniche particolari e specifiche. Innanzitutto, il testo poetico si distingue dal testo in prosa per la particolarità dell’andare a capo indipendentemente dal senso della frase, dalla sintassi e dalla punteggiatura. In questo modo ogni riga che compone il testo poetico diventa un’unità autonoma misurabile in base ad alcune regole. Questa unità autonoma prende il nome di verso. Da questa specificità del testo poetico nasce la possibilità di creare collegamenti o parallelismi tra un verso e l’altro in base al numero delle sillabe, al ritmo, alle allitterazioni, alle rime, come ora vedremo.
STUDIO
La scrittura fissa su una superficie (carta, pietra, legno ecc.) le parole della nostra lingua. Per fare questo ha bisogno di trasformare i suoni (che tecnicamente vengono definiti fonemi) in lettere (grafemi). Con le lettere si possono rappresentare i suoni e le parole. Le lettere dell’alfabeto italiano sono 21, a cui se ne aggiungono 5 prese in prestito da altre lingue. Le parole scritte, dunque, sono catene di lettere che si susseguono su una superficie. Le frasi sono a loro volta catene di parole. La poesia utilizza anche questo aspetto visivo della lingua. Le lettere, infatti, hanno una forma che le distingue dal bianco della pagina e che consente di creare immagini e, quindi, di trasmettere sensazioni visive che vanno al di là del significato delle parole e delle frasi. La scrittura in versi anche soltanto andando a capo riesce a ottenere un effetto diverso dalla scrittura in prosa. Leggi, ad esempio, il testo della poesia Soldati di Giuseppe Ungaretti: «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie». Osserva ora come il poeta ha disposto le parole:
La lunghezza dei versi Abbiamo visto che le sillabe sono uno dei principali materiali da costruzione della poesia. La durata, o lunghezza, del verso si misura in sillabe, e i nomi dei versi dipendono dal numero delle loro sillabe. Ad esempio, il verso settenario è composto da sette sillabe: Che
fan
no
le
cam
pa
ne
(G. Pascoli)
Il verso endecasillabo da undici: La don zel let
ta vien dal la cam pa gna (G. Leopardi)
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Per suddividere un verso in sillabe bisogna considerare che in poesia quasi sempre le vocali collocate alla fine e all’inizio di due parole si fondono in un’unica sillaba. Questo fenomeno prende il nome di sinalefe. settenario
L’al
be
ro a
cui
ten
vi
(G. Carducci)
endecasillabo
Voi ch’as col ta te in ri
de
me spar se il suo no (F. Petrarca)
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Le c aratteristiche fondamentali del testo poetico
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Nella poesia italiana si utilizzano principalmente versi che hanno un numero dispari di sillabe (detti imparisillabi): possono essere trisillabi, quinari, settenari, novenari ed endecasillabi. Invece i versi parisillabi più diffusi sono i senari, gli ottonari, i decasillabi e i dodecasillabi.
Il ritmo Per individuare il ritmo della poesia, per così dire il suo andamento musicale, occorre trovare nel verso le sillabe pronunciate con maggior intensità rispetto alle altre, cioè quelle che hanno un accento ritmico. Nella poesia come nella musica gli accenti ritmici producono effetti diversi: ad esempio, quando sono frequenti e regolari il ritmo può essere allegro, quasi da marcetta:
mente unito (un articolo o una preposizione e il suo nome, il nome e il suo attributo, il nome e il suo complemento di specificazione ecc.) risulta spezzato dalla fine del verso: Mossimi; e l’duca mio si mosse per li luoghi spediti per lungo la roccia
(Dante Alighieri)
Berretto pipa bastone, gli spenti oggetti di un ricordo
(V. Sereni)
questo reo tempo, e van con lui le torme delle cure onde meco egli si strugge
(U. Foscolo)
Ci può essere enjambement anche tra l’ultimo verso di una strofa e il primo verso della strofa successiva, come nel celebre sonetto A Zacinto di Ugo Foscolo, tra le due quartine: Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia, che te specchi nell’onde del greco mar da cui vergine nacque Venere, e fea quelle isole feconde col suo primo sorriso, onde non tacque le tue limpide nubi e le tue fronde l’inclito verso di colui che l’acque
Ondulava sul passo verginale ondulava la chioma musicale nello splendore del tiepido sole eran tre vergini e una grazia sola
L’enjambement crea una sfasatura tra il verso e la sintassi e provoca un’alterazione del ritmo, che può risultare di volta in volta più fluido o più frammentato; serve inoltre molto spesso a isolare e, quindi, a evidenziare le parole coinvolte (sia quella a fine verso, sia quella all’inizio del verso successivo).
Se invece gli accenti ritmici sono pochi o irregolari possono creare un ritmo lento e solenne:
Suoni che si ripetono: rime e allitterazioni
(D. Campana)
Ella sen va notando lenta lenta: rota e discende, ma non me n’accorgo se non ch’al viso e di sotto mi venta.
(Dante Alighieri)
I versi imparisillabi consentono una maggiore varietà di accenti ritmici; i versi parisillabi, invece, hanno accenti ritmici fissi, che determinano un andamento regolare, quasi cadenzato. Un’altra particolarità che contribuisce a determinare il ritmo di una poesia è l’enjambement, una parola francese che significa “scavalcamento” e indica il fenomeno che si produce quando un gruppo sintattico intima-
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Per il linguaggio poetico, la possibilità di combinare i suoni delle parole è una risorsa fondamentale per comunicare particolari emozioni o sensazioni ai lettori. I suoni possono essere ripetuti per formare un tessuto sonoro che rende il testo cantabile, memorizzabile oppure piacevole o divertente. La ripetizione degli stessi suoni in due o più parole vicine all’inizio o al loro interno si definisce allitterazione: Fresche come il fruscio che fan le foglie
(G. d’Annunzio)
di cicale dai calvi picchi
(E. Montale)
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Genova mia città intera. Geranio. Polveriera. Genova di ferro e aria, mia lavagna, arenaria.
(G. Caproni)
Quando non c’è rima (cioè i suoni non sono perfettamente uguali) possono essere identiche le consonanti (consonanza: pianto/venti) o le vocali (assonanza: pane/sale).
La poesia e il linguaggio figurato Per riuscire a esprimere emozioni, sentimenti e pensieri complessi nel giro di poche frasi, la poesia ricorre spesso a parole che sollecitano l’immaginazione del lettore, che è così invitato a esercitare la propria fantasia e a usare la lingua in maniera originale. Il linguaggio figurato è uno degli strumenti di cui dispone il poeta per creare immagini e significati nuovi. Tutti usiamo il linguaggio figurato. Ad esempio, quando diciamo a qualcuno «acqua in bocca», non stiamo usando le parole secondo il loro significato letterale, ma secondo un senso più complesso, che per essere compreso ha bisogno dell’immaginazione e della capacità di associare tra loro significati diversi. Per realizzare queste “deviazioni” linguistiche si usano le figure retoriche, particolari accorgimenti con cui si ottengono degli “effetti speciali”. La metafora è la figura retorica più usata e la più difficile da definire. La parola deriva dal verbo greco metaphérein, che significa “trasportare al di là”. Essa consiste nel trasferimento di significato tra parole che abitualmente non sono accostate perché non appartengono allo
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stesso campo semantico (➥ Glossario), cioè allo stesso insieme di significati. Per spiegare le metafore usate dai poeti non ci basta il dizionario, perché le parole sono usate in modo originale e il significato letterale viene modificato e arricchito in modo da dare origine, nella mente del lettore, a significati nuovi, più complessi. Ad esempio, nella poesia Meriggiare pallido e assorto di Eugenio Montale si legge il verso «il palpitare lontano di scaglie di mare». Il significato letterale di palpitare è “battere”, “pulsare”, e di solito si usa per il cuore. Le scaglie, inoltre, non sono una caratteristica del mare e fanno semmai pensare alle squame dei pesci, al loro colore cangiante sotto la luce del sole. Il «palpitare lontano di scaglie di mare», quindi, sembra voler rappresentare un’immagine del mare, visto da una certa distanza, come qualcosa di vivo, di pulsante.
La lettura del testo poetico Un grande poeta americano del secolo scorso, Ezra Pound, ha affermato che nella poesia le parole e le frasi hanno un “potenziale emotivo”, cioè una capacità di suscitare emozioni, più alto. Per leggere la poesia è quindi importante accostarsi al testo con pazienza, pronti a scoprire le molte sorprese che può riservare. Il testo poetico ha bisogno di essere osservato, perché anche gli spazi bianchi o la lunghezza dei versi hanno un significato o, addirittura, disegnano una figura. Il testo poetico ha bisogno di essere ascoltato, perché le vocali e le consonanti possono produrre suoni e ritmi in grado di farci provare emozioni. Il testo poetico, inoltre, deve essere compreso nel suo significato globale, complessivo, affinché le storie raccontate e i sentimenti espressi coinvolgano e appassionino.
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STUDIO
Quando due o più parole sono identiche a partire dall’ultima vocale accentata si ha una rima.
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Studio La poesia valorizza le potenzialità della lingua
aspetto mentale il significato
aspetto fisico il suono
attraverso delle
la forma
tecniche basate su figure retoriche
ad esempio
versificazione
metafora
ad esempio
ad esempio
combinazione di suoni
calligramma
ad esempio
endecasillabo
rima
Testi ed esercizi Le caratteristiche fondamentali del testo poetico
I suoni della poesia
Suoni in libertà
La parola nuda ed essenziale
Un canto funebre
Un ritratto in versi
Una preghiera alla maniera antica
Il tuono di Giovanni Pascoli
E lasciatemi divertire! di Aldo Palazzeschi
Fratelli di Giuseppe Ungaretti
Pianto per Ignazio di Federico García Lorca
Ritratto della mia bambina di Umberto Saba
Preghiera di Giorgio Caproni
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L e c a ratteristiche fondamentali del testo poetico
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disposizione delle parole sulla pagina
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I suoni della poesia
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Giovanni Pascoli
Il tuono In una notte tempestosa un tuono fa seguito a un lampo (nella raccolta Mirycae la lirica dal titolo Il lampo precede questa poesia). La descrizione del fenomeno naturale è però – come sempre in Giovanni Pascoli (1855-1912) – un espediente per comunicare simbolicamente qualcosa di intimo o universale.
E nella notte nera come il nulla, 123
Schema metrico: ballata di endecasillabi (la ripresa del v. 1 rima con l’ultimo verso) con schema X ABABBX.
TESTI ED ESERCIZI
5
a un tratto, col fragor d’arduo1 dirupo che frana, il tuono rimbombò di schianto: rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo, e tacque, e poi rimareggiò2 rinfranto3, e poi vanì4. Soave allora un canto s’udì di madre, e il moto di una culla.
G. Pascoli, Myricae, in Opere, a cura di G. Contini, Milano, Mondadori, 1974 1. arduo: scosceso, ripido. 2. rimareggiò: fece il rumore del mare in tempesta. 3. rinfranto: spezzato (continua la metafo-
ra dell’onda di un mare in tempesta che si spezza rifrangendosi su una scogliera). 4. vanì: svanì, si dissolse.
Il titolo della raccolta
Il misterioso titolo Myricae (“tamerici” in latino) viene dalla cultura classica di cui Pascoli era un profondo conoscitore. È un verso del poeta latino Virgilio che recita «arbusta iuvant humilesque myricae» («ci piacciono gli arbusti e le umili tamerici»). Pascoli condivide il pensiero di Virgilio: anche lui gradisce la poesia delle piccole cose, degli oggetti e dei paesaggi quotidiani. I componimenti delle Myricae sono tutti brevi, come a confermare anche nei pochi versi una scelta di semplicità.
lettura e comprensione 1 A che cosa è paragonato il rumore del tuono nei vv. 2-3? 2 Che cosa si ode dopo che il rumore è svanito del tutto (vv. 5-6)?
riflessione sulla lingua 3 Individua il soggetto della frase composta dai primi tre versi. 4 Nella poesia è presente, ripetuta due volte, una parola onomatopeica (➥ Glossario). Quale?
analisi e commento 5 Per creare effetti sonori, il poeta si serve di
allitterazioni. Ad esempio, nei vv. 2-3 («fragor d’arduo dirupo / che frana») l’allitterazione di fr e dr riproduce lo sgretolamento della frana. Cerca un altro esempio di uso dell’allitterazione all’interno del testo.
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6 L’immagine degli ultimi due versi
si contrappone alla rappresentazione degli elementi naturali della prima parte della poesia. Quale significato ha, secondo te, questo contrasto?
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Suoni in libertà
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Aldo Palazzeschi
E lasciatemi divertire! Con la raccolta L’incendiario, da cui è tratta la “canzonetta” E lasciatemi divertire! (1910), lo scrittore Aldo Palazzeschi (1885-1974) partecipa al Futurismo. Si tratta di un movimento d’avanguardia che inneggia alla “libertà della parola” e alla rottura con la letteratura della tradizione. Nella poesia che segue, il poeta si diverte facendo versi con suoni privi di significato e discute con i suoi lettori sul senso del fare poesia.
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L e c a ratteristiche fondamentali del testo poetico
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Tri, tri tri fru fru fru, ihu ihu, ihu, uhi uhi uhi! Il poeta si diverte, pazzamente, smisuratamente! Non lo state a insolentire, lasciatelo divertire poveretto, queste piccole corbellerie1 sono il suo diletto. Cucù rurù, rurù cucù, cuccuccurucù! Cosa sono queste indecenze, queste strofe bisbetiche2? Licenze, licenze, licenze poetiche3! Sono la mia passione. Farafarafarafa, Tarataratarata, Paraparaparapa, Laralaralarala! Sapete cosa sono? Sono robe avanzate, non sono grullerie4, sono la spazzatura delle altre poesie. Bubububu, Fufufufu, Friù! Friù! 1. corbellerie: sciocchezze. 2. bisbetiche: strampalate, strane. 3. licenze poetiche: libertà grammaticali o
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Schema metrico: 20 strofe, di varia lunghezza, di versi liberi. A strofe di suoni senza significato, si alternano strofe di senso compiuto, che utilizzano frequenti rime, baciate (pazzamente : smisuratamente) alternate (indecenze : licenze, bisbetiche : poetiche) o incrociate (nesso : fesso; prive : scrive).
stilistiche concesse ai poeti. 4. grullerie: termine toscano per “sciocchezze”.
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Ma se d’un qualunque nesso son prive, perché le scrive quel fesso? Bilobilobilobilobilo blum! Filofilofilofilofilo flum! Bilolù. Filolù. U. Non è vero che non voglion dire. Voglion dire qualcosa. Voglion dire... come quando uno si mette a cantare senza saper le parole. Una cosa molto volgare. Ebbene, così mi piace di fare. Aaaaa! Eeeee! Iiii! Ooooo! Uuuuu! A! E! I! O! U! Ma giovinotto, diteci un poco una cosa, non è la vostra una posa, di voler con così poco tenere alimentato un sì gran foco? Huisc... Huiusc... Sciu sciu sciu,
koku koku koku. Come si deve fare a capire? Avete delle belle pretese, sembra ormai che scriviate [in giapponese. 70
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Abi, alì, alarì. Riririri! Ri. Lasciate pure che si sbizzarrisca, anzi, è bene che non lo finisca. Il divertimento gli costerà caro, gli daranno del somaro. Labala Falala Falala... eppoi lala Lalala lalala. Certo è un azzardo un po’ forte scrivere delle cose così, che ci son professori, oggidì, a tutte le porte. Ahahahahahahah! Ahahahahahahah! Ahahahahahahah! Infine io ò5 pienamente ragione, i tempi sono molto cambiati, gli uomini non dimandano più nulla dai poeti, e lasciatemi divertire!
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TESTI ED ESERCIZI
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A. Palazzeschi, in Antologia della poesia italiana, a cura di C. Segre e C. Ossola, 5. Novecento, Torino, Einaudi-Gallimard, 1997
5. ò: ho; la grafia ò per la 1a persona dell’indicativo presente di avere è un vezzo tipicamente futurista.
Il titolo della raccolta
L’incendiario è anche il titolo di una poesia-manifesto contenuta nella raccolta. Si tratta, come E lasciatemi divertire!, di una poesia-dialogo in cui si rappresenta la seguente scena: in una piazza di paese è esposto in gabbia un incendiario; la folla lo guarda e fa commenti di condanna o, meno spesso, di timida compassione. Interviene a un certo punto un altro personaggio, il poeta: una voce fuori dal coro, che vede nell’incendiario un suo simile («ogni verso che scrivo è un incendio»), cioè afferma la potenziale carica distruttrice della parola poetica ma nello stesso tempo ne riconosce la debolezza e velleitarietà («povero incendiario mancato / incendiario da poesia»; «incendio non vero / è quello ch’io scrivo»).
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lettura e comprensione 1 Qual è la passione del poeta? 2 Per il poeta, le proprie parole non sono «grullerie» ma sono:
A. strofe bisbetiche. B. piccole corbellerie. C. la spazzatura delle altre poesie. D. frasi in giapponese. 3 Il poeta sostiene di aver ragione a scrivere così, perché: A. i tempi sono cambiati e gli uomini non domandano più niente ai poeti, tanto vale divertirsi. B. molte licenze sono concesse alla poesia, che non necessariamente deve avere senso. C. nessuno glielo può impedire. D. la folla ignorante comunque non lo capirebbe.
riflessione sulla lingua 4 Il poeta per rappresentare i suoni privi di significato usa le sillabe (ad esempio, tri, ihu, cu,
fa). Solo nella sesta strofa, dedicata alle vocali, sono rappresentati dei suoni. In questo caso non è possibile determinare la durata del verso. Per quale motivo?
analisi e commento insistente delle onomatopee (➥ Glossario). In una poesia che inneggia al divertimento, si fa una dissacrante parodia di quest’uso. Leggi i seguenti versi tratti da tre liriche pascoliane e sottolinea nella poesia di Palazzeschi le somiglianze parodiate.
5 Struttura dialogica
Nel testo si distinguono almeno due differenti voci: quella del poeta e quella del suo pubblico. Attribuisci a ciascuna voce i suoi versi. 6 Suoni dominanti I suoni privi di significato possono sembrare disposti a caso. In realtà, si può notare la tendenza a usare in ogni strofa dei suoni particolari e a ripetere le sillabe in un modo che imita il ritmo dei versi. Individua i suoni dominanti di ciascuna strofa. 7 Il gusto per la parodia Nella tradizione poetica di poco precedente a Palazzeschi (soprattutto in Pascoli e in d’Annunzio), c’è un uso
Le stelle lucevano rare tra mezzo alla nebbia di latte: sentivo il cullare del mare, sentivo un fru fru tra le fratte;
Poi cantava gracile e blando: «Anch’io anch’io chio chio chio chio chio...»
... Nei campi c’è un breve gre gre di ranelle.
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Le c aratteristiche fondamentali del testo poetico
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7 Il genere del nome: dal maschile al femminile
I nomi di persona e i nomi di animale hanno due generi, uno maschile e uno femminile. Possiamo passare dal nome maschile (quello indicato come forma principale sul dizionario) al nome femminile in vari modi.
Come facciamo a trasformare il genere, cioè a passare dal maschile al femminile?
LA FORMA Nomi che cambiano la desinenza (nomi mobili). Femminile
Maschile
Femminile
Maschile
Femminile
-o bambino impiegato gatto
Maschile
-a bambina impiegata gatta
-tore attore pittore scrittore
-trice attrice pittrice scrittrice
-a poeta duca
-essa poetessa duchessa
-e signore infermiere
-a signora infermiera
-e leone principe
-essa leonessa principessa
-o avvocato
-essa avvocatessa
Nomi con due forme completamente diverse (nomi indipendenti).
6|
m
padre
madre
fratello
sorella
toro
mucca
uomo
donna
genero
nuora
montone
pecora
marito
moglie
frate
suora
maiale
scrofa
m
Nomi con la stessa forma, nei quali si distingue il genere con l’articolo (nomi di genere comune).
il cantante
la cantante
il pediatra
la pediatra
un insegnante
un’insegnante
il nipote
la nipote
il dirigente
la dirigente
un artista
un’artista
m
329 Schede di grammatica
m
Nomi con la stessa forma, che vale per entrambi i sessi (nomi di genere promiscuo). Con questi nomi, se è proprio necessario distinguere il sesso, si dice il leopardo maschio e il leopardo femmina.
il leopardo
la marmotta
la balena
il topo
l’usignuolo
lo squalo
la volpe
l’oca
Attenzione Le cose non hanno sesso e quindi hanno un unico genere, o maschile o femminile. Però ci sono parole simili e di genere diverso (il colpo/la colpa): in questo caso si ha un falso cambiamento di genere, perché il significato cambia completamente.
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8 Il numero del nome Tutti i nomi hanno un numero grammaticale, cioè qualcosa che indica se sono singolari o plurali. L’elemento che indica il numero è la desinenza della parola.
Il numero di un nome è m s ingolare quando il nome indica una sola persona o una sola cosa:
Ci sono però parecchi nomi che non cambiano, cioè hanno il singolare e il plurale uguali; si chiamano nomi invariabili:
il fratello, il cane, la bambina, la matita...
il re / i re la città / le città il caffè / i caffè
m p lurale
quando il nome indica più di una persona o più di una cosa: i fratelli, i cani, le bambine, le matite...
6|
Schede di grammatica
330 Come si passa dal singolare al plurale di un nome? Dobbiamo guardare come finisce il nome, cioè dobbiamo considerare la sua desinenza. I nomi con la desinenza al plurale hanno la desinenza: al singolare:
Esempi
-a
-i se sono maschili -e se sono femminili
problema/problemi donna/donne
-o
-i
libro/libri
-e
-i
cane/cani
-i
-i
crisi/crisi analisi/analisi
-ca/-ga
-chi/-ghi se sono maschili -che/-ghe se sono femminili
collega/colleghi duca/duchi banca/banche cronaca/cronache
-co/-go
-chi/ghi se hanno l’accento sulla penultima sillaba
gioco/giochi elenco/elenchi
-ci/-gi se hanno l’accento sulla terzultima sillaba
sindaco/sindaci medico/medici
Casi particolari:
Eccezioni: amico/amici incarico/incarichi obbligo/obblighi profugo/profughi -loghi se sono cose
dialogo/dialoghi
-logi se sono persone
psicologo/psicologi
-ce/-ge se prima c’è una consonante
mancia/mance pioggia/piogge
-cie/-gie se prima c’è una vocale
valigia/valigie camicia/camicie
-cìa/-gìa
-cìe/-gìe
farmacia/farmacie bugia/bugie
-io
-i
figlio/figli bacio/baci
-ìo
-ii
zio/zii pendio/pendii
-logo -cia/-gia
Nomi irregolari
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uomo/uomini bue/buoi paio/paia dio/dei uovo/uova braccio/braccia
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9 La struttura del nome I nomi sono composti da parti che possiamo dividere e spiegare: m la radice è la parte della parola che esprime il suo significato; m la desinenza è la parte della parola che indica le sue caratteristiche grammaticali (genere e numero). Ad esempio, nei nomi casa
ragazzo
mare
libri
CAS
RAGAZZ
MAR
LIBR
sono le radici che ci fanno capire di che cosa parliamo, mentre
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A è la desinenza che ci indica che il nome casa è singolare femminile, O è la desinenza che ci indica che il nome ragazzo è singolare maschile, E è la desinenza che ci indica che il nome mare è singolare maschile, I è la desinenza che ci indica che il nome libri è plurale maschile. I nomi come questi (composti solo dalla radice e dalla desinenza) si chiamano nomi primitivi. Partendo da questi nomi fondamentali si formano tutti gli altri nomi. Ad esempio: a
è un nome primitivo;
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port
radice + desinenza
port
ier
e
radice + suffisso + desinenza
s
port ell
o
prefisso + radice + suffisso + desinenza
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sono nomi derivati, cioè nomi con prefissi e suffissi che li fanno diventare nomi nuovi con un altro significato. Il prefisso è un elemento che si mette prima della radice; il suffisso è un elemento che si mette dopo la radice.
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10 Gli aggettivi qualificativi Gli aggettivi qualificativi sono parole che servono a descrivere meglio il nome, spiegando le sue qualità e caratteristiche. Buono, cattivo, stupido, intelligente, giovane, vecchio sono aggettivi qualificativi.
Gli aggettivi qualificativi non solo descrivono, ma specificano meglio il nome, che da generico diventa più preciso: Devo stirare le camicie. (le camicie in generale) Devo stirare le camicie nuove. (solo quelle nuove e non quelle vecchie)
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Schede di grammatica
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Gli aggettivi (come gli articoli e come i nomi) possono essere singolari o plurali, maschili o femminili e devono sempre concordare con il nome al quale si riferiscono. Questo vuol dire che, se mettiamo insieme un articolo, un nome e un aggettivo, essi devono essere tutti e tre maschili, oppure tutti e tre femminili, e tutti e tre singolari o plurali.
Articolo
Nome
Aggettivo
Articolo
Nome
Aggettivo
il
ragazzo
simpatico
i
ragazzi
simpatici
maschile
maschile
maschile
maschile
maschile
maschile
singolare
singolare
singolare
plurale
plurale
plurale
Articolo
Nome
Aggettivo
Articolo
Nome
Aggettivo
la
ragazza
simpatica
le
ragazze
simpatiche
femminile
femminile
femminile
femminile
femminile
femminile
singolare
singolare
singolare
plurale
plurale
plurale
la forma Ci sono due gruppi di aggettivi che formano il femminile e il plurale in modo diverso. Aggettivi che al maschile singolare hanno la desinenza:
femminile singolare
maschile plurale
femminile plurale
-o
-a
-i
-e
nuovo
nuova
nuovi
nuove
-e
-e
-i
-i
intelligente
intelligente
intelligenti
intelligenti
L’uso
Attenzione L’aggettivo egoista ha un solo singolare (egoista), ma due plurali (egoisti al maschile ed egoiste al femminile): Quell’uomo è un vero egoista. Alice è un’egoista. Ma: Quegli uomini sono egoisti. Alice e Clara sono egoiste.
Quando un aggettivo non si riferisce a un nome solo, ma a due o più nomi si mette al m p lurale
maschile se i nomi sono maschili:
Un libro e un quaderno nuovi m p lurale femminile se i nomi sono femminili:
Una penna e una matita nuove m p lurale
maschile se i nomi sono uno maschile e uno femminile: Una penna e un libro nuovi
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11 I gradi dell’aggettivo Gli aggettivi qualificativi possono esprimere in modo generale com’è una persona o una cosa, ma anche precisare in quale misura e grado quella persona o quella cosa possiede una certa qualità.
Riguardo a una stessa casa possiamo dire: o aggettivo di grado positivo
Questa casa è più grande della casa di Rosi.
o aggettivo di grado comparativo
Questa casa è meno grande della mia.
o aggettivo di grado comparativo
Questa casa è grande come quella di papà.
o aggettivo di grado comparativo
Questa casa è la più grande del paese.
o aggettivo di grado superlativo
Questa casa è grandissima.
o aggettivo di grado superlativo
IL COMPARATIVO
IL superlativo
Il grado comparativo si usa quando si fa un paragone tra due elementi, che si chiamano primo e secondo termine di paragone.
Il superlativo può essere di due tipi,
m c omparativo di maggioranza, quando il primo termine di paragone (questa casa) possiede la qualità (grande) in misura maggiore rispetto al secondo termine (la casa di Rosi):
Questa casa è più grande della casa di Rosi.
m s uperlativo relativo, quando una persona o una cosa possiede una qualità al massimo o al minimo grado in rapporto a un gruppo di persone o di cose:
Questa pizza è la più buona di tutte. Oggi è il giorno più corto dell’anno.
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Il comparativo può essere di tre tipi,
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Salvatore è il meno simpatico tra gli amici di mio figlio.
m c omparativo di minoranza, quando il primo termine di paragone (questa casa) possiede la qualità (grande) in misura minore rispetto al secondo termine (la mia):
m s uperlativo assoluto, quando una persona o una cosa possiede una qualità al massimo grado e non facciamo il confronto con altri:
Questa casa è meno grande della mia.
Oggi è una giornata freddissima.
m c omparativo di uguaglianza, quando il primo termine di paragone (questa casa) possiede la qualità (grande) in misura uguale rispetto al secondo termine (quella di papà):
Questa casa è grande come quella di papà. Con il comparativo di maggioranza e minoranza il primo e il secondo termine sono collegati tra loro da m d i,
se paragoniamo due nomi o due pronomi: Emilia è più elegante di Adriana.
Schede di grammatica
Questa casa è grande.
Ugo era simpaticissimo. Il superlativo assoluto si forma in vari modi: m s ostituendo
alla desinenza dell’aggettivo di grado positivo la desinenza -issimo del grado superlativo: caro/carissimo; gentile/gentilissimo;
m m ettendo
davanti all’aggettivo di grado positivo gli avverbi molto, estremamente, immensamente, incredibilmente…: caro/ molto caro; gentile/incredibilmente gentile.
Io sono più paziente di te. m c he, se paragoniamo due verbi o due aggettivi:
Nuotare è più divertente che prendere il sole. Davide è più simpatico che bello.
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12 I pronomi Il pronome è una parola che si usa al posto di un nome per non ripeterlo e rendere la frase più semplice e scorrevole.
Una frase come Laura ha restituito a Piero i soldi; i soldi Piero aveva prestato a Laura. è complicata e poco chiara. Sostituendo i nomi in neretto con pronomi, diventa: Laura ha restituito a Piero i soldi che lui le aveva prestato. I pronomi possono sostituire non solo un nome, come nei casi visti finora, ma anche altre parole o addirittura delle frasi intere, m u n
La medicina mi sembrava cattiva, ma in realtà non lo è. m u n
altro pronome: Mangia questo, che è più buono.
m u n
I pronomi personali indicano le persone del discorso: m i o,
me, mi, noi, ci si riferiscono a chi parla o scrive;
m t u,
te, ti, voi, vi si riferiscono a chi ascolta o legge;
m e gli,
lui, esso, lo, gli, si, ella, lei, essa, la, le, essi, esse, loro, li si riferiscono alla persona o alla cosa di cui si parla o si scrive.
aggettivo:
verbo: Alberto ieri doveva studiare, ma non l’ha fatto.
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Schede di grammatica
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i pronomi personali
m u na
frase:
I bambini hanno sporcato dappertutto, e questo non va bene.
i pronomi personali soggetto I pronomi personali possono essere usati per indicare chi fa un’azione: in questo caso si chiamano pronomi personali soggetto. 1a persona singolare
io
2a persona singolare
tu
3a persona singolare 1 persona plurale a
Ci sono molti tipi di pronomi: personali, possessivi, dimostrativi, indefiniti, relativi, interrogativi.
2 persona plurale
{
a
3a persona plurale
{
maschile egli, lui, esso femminile ella, lei, essa noi voi maschile essi, loro femminile esse, loro
Attenzione: Nella 3a persona le forme egli/ella ed essi/esse, usate soprattutto in passato per indicare persone, sono oggi sostituite – nella lingua parlata – da lui, lei, loro.
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