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I Quaderni della Ricerca
Il punto sulla prima prova scritta dell’Esame di Stato Perché è fondamentale insegnare a scrivere nella società complessa a cura di Paola Rocchi
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I Quaderni della Ricerca
Il punto sulla prima prova scritta dell’Esame di Stato Perché è fondamentale insegnare a scrivere nella società complessa a cura di Paola Rocchi
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Indice Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 1. La parola è la chiave fatata che apre ogni porta: le ragioni di un seminario . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9 di Flaminia Giorda
2. La prima prova dell’Esame di Stato dal 2018 a oggi . . . . . . . . 11 di Silvia Tatti
3. Il ruolo della scrittura nella formazione delle cittadine e dei cittadini del futuro . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15 di Paola Rocchi 3.1. Scrivere per pensare, pensare per scrivere . . . . . . . . . . . . . 15 3.2. Scritture liquide o liquidazione della scrittura? . . . . . . . . . . . 16 3.3. Saper scrivere come diritto e insegnare a scrivere come dovere . . 17 3.4. Quali scritture, quali spazi per scrivere? . . . . . . . . . . . . . . 19 3.5. L’ottalogo della scrittura come strumento di formazione civica . . 20 3.6. La scrittura come competenza chiave di cittadinanza . . . . . . . 21
4. La tipologia A: criteri di interrogazione del testo per comprendere, analizzare e interpretare . . . . . . . . . . . . 25
di Lucia Olini 4.1. Leggere per scrivere: una competenza da costruire. Una premessa necessaria e un capovolgimento di paradigma . . . 25 4.2. Cadere nella tana del coniglio. La lettura profonda tra vecchie e nuove testualità . . . . . . . . . 26 4.3. Linguaggio e pensiero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 28 4.4. Interrogare un testo: ragioni e strategie . . . . . . . . . . . . . . 30 4.5. Conclusione: il sapere crea sapere. Elogio della lentezza . . . . . . 34
5. Tipologia B. Criteri di interrogazione del testo per comprendere, analizzare e interpretare . . . . . . . . . . . . 37 di Cristina Nesi
6. Tipologia B. Come migliorare le tracce ministeriali con l’interdisciplinarità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 di Cristina Nesi
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Il punto sulla prima prova scritta dell’Esame di Stato
7. L’esperienza del testo letterario tra narrazione e argomentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63
di Luisa Mirone 7.1. Insegnare Lettere oggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 63 7.2. Quale spazio per l’argomentazione? . . . . . . . . . . . . . . . . 64 7.3. Contro le dicotomie . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 65 7.4. Il terzo spazio tra narrazione e argomentazione . . . . . . . . . . 65 7.5. Il rapporto con i modelli critici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 67 7.6. L’importanza dei modelli narrativi . . . . . . . . . . . . . . . . . 69
8. Insegnare ad argomentare: dal tema alla tipologia C . . . . . . . 71
di Luisa Mirone 8.1. Acquisizione degli strumenti: le linee programmatiche . . . . . . 71 8.2. Quale formazione al tema? . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 72 8.3. Una trasformazione antropologica della scrittura . . . . . . . . . 74 8.4. Due emergenze . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 75 8.5. Rimuovere gli ostacoli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 76 8.6. Dentro la tabella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 79
9. L’argomentazione nella prima prova: riflessioni e proposte per curricoli verticali alle superiori . . . . 83
di Marianna Villa 9.1. Un quadro ampio e complesso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85 9.2. Per un curricolo «a spirale» . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 90 9.3. Alcune direttrici . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 91 9.4. Schema di un curricolo verticale di scrittura argomentata . . . . 96
10. Valutare: un’impresa (im)possibile? . . . . . . . . . . . . . . . . 101
di Claudia Correggi 10.1. Valutare (ed essere valutati) stanca . . . . . . . . . . . . . . . 101 10.2. Valutare meglio, valutare tutti . . . . . . . . . . . . . . . . . . 103
11. Qualche riflessione e proposta sulle griglie di valutazione . . . 109
di Lucia Olini 11.1. Dal Documento di lavoro alle rubriche di valutazione . . . . . . . . 109 11.2. Il processo della valutazione: dalla valutazione formativa alla valutazione sommativa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 111 11.3. Livelli di competenza: i descrittori e i punteggi . . . . . . . . . 112
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a Luca Serianni, e alla sua idea dell’insegnare come scommessa sul futuro ad Anna Maria Bufo e Simona Di Bucci Felicetti, che non hanno mai smesso di onorare questa scommessa con rigore scientifico e tenace passione
Presentazione
Questo quaderno monografico sulla prima prova scritta dell’Esame di Stato è figlio, se così possiamo dire, della pandemia, che ha investito come uno tsunami stili di vita e di lavoro, abitudini e atteggiamenti, incidendo in profondità su tutti gli aspetti del vivere sociale. Tra questi, l’ambito della scuola in tutti i suoi gradi d’istruzione è tra i settori che più hanno risentito dei cambiamenti rapidissimi imposti dall’emergenza sanitaria, madre a sua volta anche di un’altra urgenza, questa volta di tipo educativo. Di tutti i mantra collettivi che ci hanno accompagnato durante la fase pandemica, uno dei più pervicaci ha riguardato proprio il mondo dell’istruzione, chiamato, per non dire incalzato, dall’esterno e dall’interno a interrogarsi su un prima e un dopo: su cosa buttare a mare della scuola tradizionale e cosa salvare dei lunghi mesi di didattica a distanza, a partire dalle opportunità e dalle risorse che docenti e discenti sono stati chiamati a esplorare e a mettere a frutto – talvolta convintamente, talaltra meno. Il triennio 2020-2022 ha imposto infatti cambiamenti in corsa a docenti, studentesse e studenti, compreso quello che ha ridisegnato – seppur in via provvisoria – il profilo dell’esame conclusivo della scuola secondaria di secondo grado, con l’effetto di interrompere la messa a sistema dell’impianto nato dalla riforma introdotta dal DL 62/2017 ed entrata in vigore nel 2018/2019. Nei due anni successivi, maturande e maturandi non hanno infatti sostenuto le prove scritte, quella di Italiano e quella di indirizzo, e solo nel 2021/22 è stato reintrodotto il primo dei due scritti, sia pur fra non poche polemiche e pubblici dibattiti. Di fatto, l’anno della ripartenza può dirsi a tutti gli effetti il 2022/23, e non solo perché ha azzerato le modifiche dovute all’emergenza sanitaria, ma anche e soprattutto perché ci ha ricondotti, tutte e tutti, a chiederci a che punto eravamo rimasti. Come sezione didattica dell’Associazione degli italianisti (Adi-sd), abbiamo avvertito con particolare urgenza la necessità di rilanciare la riflessione sulle competenze di scrittura dei giovani in uscita dalla scuola superiore e, parallelamente, anche quella sulle scelte didattiche implicate dalle tipologie testuali introdotte dalla Commissione Serianni, a cui era stata af-
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fidata la riforma della prima prova scritta. Il senso e le logiche che hanno guidato il gruppo di esperte ed esperti coordinati dal grande linguista, che tanto a cuore ha avuto nel suo lungo magistero le sorti della scuola italiana, saranno ricordate nei due interventi di apertura di questo Quaderno, firmati rispettivamente dalla dottoressa Flaminia Giorda, dirigente del MIM, a capo della struttura tecnica che predispone le proposte per le prove scritte, e dalla professoressa Silvia Tatti, docente di letteratura italiana alla Sapienza di Roma e attuale presidente dell’Associazione degli Italianisti, che di quella commissione ha fatto parte. E quindi alle loro riflessioni esperte si rinvia, mentre qualche parola ancora andrà spesa per spiegare la genesi degli articoli che questo volume offre al mondo della scuola. Tutti i contributi presentati costituiscono il naturale sviluppo del seminario nazionale Il punto sulla prima prova dell’Esame di Stato, tenutosi online il 15 dicembre 2022 e organizzato da Adi-sd. L’altissimo numero di iscritti e partecipanti tra i docenti di italiano è stato un segnale chiaro della natura nevralgica del tema proposto, che più volte è stato al centro di progetti e iniziative della nostra associazione. Del resto, come spesso accade nel sistema scolastico italiano, le riforme si fanno “a valle”, nella speranza che ciò obblighi a ripensare i curricoli in vista delle competenze richieste a studentesse e studenti per tagliare il traguardo finale. L’esperienza ci dice però che non si tratta di processi automatici, e che la riflessione, lo scambio di idee e la circolazione di “buone pratiche” sono essenziali per mettere in atto percorsi di consapevolezza e di trasformazione. Come si vedrà, infatti, anche se molti degli articoli sono pensati in relazione alle tre tipologie della prima prova, e al tema complesso della loro valutazione, essi coinvolgono temi e problemi trasversali alla didattica della scrittura e al ruolo centrale che dovrebbe occupare nella progettazione didattica. Basti pensare al rapporto tra narrazione e argomentazione e alla sinergia con la didattica della letteratura come palestra dialogica ed euristica di costruzione del senso, attraverso il confronto tra interpretazioni non estemporanee ma motivate. La scrittura è però anche un terreno formidabile in chiave trasversale: le competenze di scrittura sono infatti cruciali nella formazione dei giovani, trovano piena espressione nelle competenze chiave di cittadinanza, che innervano la filosofia della scuola italiana ed europea, e costituiscono uno strumento efficace per sperimentare una didattica che stimoli le ragazze e i ragazzi alla conoscenza di sé, all’auto-esplorazione e al confronto con la complessità, anche in prospettiva di auto-orientamento. Per questo, diventa strategica e non più rinviabile la definizione di un curricolo verticale di scrittura che ponga questa pratica al centro del sistema formativo, investendo di questo compito non più solo il docente di lingua italiana ma, in chiave trasversale e interdisciplinare, l’intero consiglio di classe. E in questa direzione c’è ancora molto da lavorare.
1. La parola è la chiave fatata che apre ogni porta: le ragioni di un seminario di Flaminia Giorda Coordinatrice struttura tecnica per gli Esami di Stato, MIM
Sono passati più di 6 anni dalla Lettera aperta “Contro il declino dell’italiano a scuola”, firmata da 600 docenti universitari (tra i quali il professor Giuseppe Valditara), che denunciava: «È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente». La situazione non sembra cambiata; direi anzi che, dal mio personale osservatorio di dirigente tecnico del Ministero dell’Istruzione e del Merito, registro anche nel mondo degli adulti una disabitudine alla lettura di testi di media lunghezza (e parlo anche soltanto della lettura attenta di una mail, il cui senso sembra sfuggire a taluni destinatari solo che il testo superi le 5 righe…) e una certa sciatteria nella scrittura. Eppure, è stato notato, oggi la maggior parte di noi scrive di continuo; o meglio, digita di continuo. La comunicazione tramite messaggistica istantanea, tuttavia, non solo ricorre a forme e modi della lingua parlata (sarebbe il male minore), ma elude le regole della scrittura “formale”, con grave danno di lessico, sintassi, punteggiatura, ortografia e grammatica, e spesso neppure si cura della coerenza logica del contenuto. Non sono poi sicura che tutto si possa dire in 140 o 280 caratteri; e se pure si potesse, ciò implicherebbe un dominio molto maggiore della lingua e non, come nei fatti accade, una tendenza alla superficialità. In questo scenario, la scuola è oggi, per la maggior parte dei giovani, il solo luogo che offra ancora la possibilità di sviluppare il piacere dello “scrivere bene”, il gusto di esprimersi “con parole precise” (come recita il titolo di un bel saggio di Gianrico Carofiglio); e la scuola secondaria assai più dell’università, dove in genere l’unico esercizio di scrittura cui sono chiamati gli studenti è quello della stesura della tesi di laurea. La prima prova scritta dell’Esame di Stato rimane così la prova regina, identitaria, del nostro ordinamento scolastico; una prova che può spaventare gli studenti, se arrivano a sostenerla senza una preparazione adeguata. Ma sulla scrittura vale davvero la pena di puntare, non nella prospettiva esclusiva dell’esame, ma in quella della vita. Dominare la scrittura nella madre-
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lingua è la competenza fondamentale per l’esercizio dei diritti e di una cittadinanza attiva. «Non è possibile pensare con chiarezza se non si è capaci di parlare e scrivere con chiarezza»: queste parole del filosofo John Searle, che aprono il libro di Carofiglio, ne richiamano alla mente molte altre. Il pensiero «non diviene chiaro finché non trova la parola», scriveva Hegel; «voler pensare senza le parole è un tentativo insensato». Ai docenti è quindi consegnato un compito fondamentale: guidare i loro studenti alla scoperta del potere della parola. Ai docenti tutti, non solo a quelli della madrelingua; perché l’apprendimento di ogni disciplina passa attraverso la cura del linguaggio. La parola è la chiave fatata che apre ogni porta. […] Un medico oggi quando parla con un ingegnere o con un avvocato discute da pari a pari. Ma questo non perché ne sappia quanto loro di ingegneria o di diritto. Parla da pari a pari perché ha in comune con loro il dominio della parola. Ebbene a questa parità si può portare l’operaio e il contadino senza che la società vada a rotoli. Ci sarà sempre l’operaio e l’ingegnere, non c’è rimedio. Ma questo non importa affatto che si perpetui l’ingiustizia di oggi per cui l’ingegnere debba essere più uomo dell’operaio (chiamo uomo chi è padrone della sua lingua). Questa non fa parte delle necessità professionali, ma delle necessità di vita di ogni uomo, dal primo all’ultimo che si vuol dir uomo.
Così scriveva don Milani in una sua lettera del 1956. In un mondo profondamente mutato nei quasi ottant’anni trascorsi da allora, l’assunto iniziale è, ancora e sempre, valido e vero: il dominio della parola è fondamentale non solo in termini di maggiore parità sociale, ma di pienezza dell’esistenza.
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2. La prima prova dell’Esame di Stato dal 2018 a oggi di Silvia Tatti
Il documento elaborato dalla commissione Serianni nel 2018 per la riforma della prima prova dell’Esame di Stato doveva risolvere la criticità e complessità di tracce che riproducevano tipologie testuali per lo più poco funzionali alla comunicazione reale. La necessità di rendere più efficace la prima prova si sommava alla volontà di valorizzare le tecniche argomentative dell’italiano scritto perché «qualsiasi disciplina scolastica, qualsiasi lavoro non meramente esecutivo e, più in generale, la consapevolezza critica che si deve presupporre in un cittadino maggiorenne, quale che sia il corso di studi frequentato, richiedono una padronanza del genere» (documento Commissione). Il gruppo di lavoro riunito dal compianto Luca Serianni poneva l’accento su alcuni degli obiettivi che la prova finale deve ricordare soprattutto ora che, per la prima volta dopo il 2019, l’esame è ripristinato nella sua interezza: la necessità dell’applicazione trasversale delle competenze di italiano per qualsiasi disciplina e soprattutto il riferimento alla consapevolezza critica che deve conseguire ogni cittadino maggiorenne pronto ad affrontare, dopo la scuola secondaria, ulteriori studi o la vita professionale. Se quindi poniamo come punti fermi che saper articolare un discorso scritto e sviluppare una consapevolezza critica sono elementi necessari per diventare cittadini consapevoli, restituiamo alla prima prova dell’Esame di Stato la sua funzione principale e la sottraiamo a essere considerata una mera formalità scolastica che rischia di essere solo il coronamento burocratico di un percorso di studi. E alla precedente si lega un’altra premessa concreta ma che rinvia a una questione essenziale, di metodo: la prima prova dell’Esame di Stato deve rimanere uguale per tutti gli ordini di scuole, perché se l’obiettivo è valutare competenze di cittadinanza, queste non si misurano sui programmi e sui percorsi di studio specifici; risultano dalle capacità che ogni singolo studente attiva per rispondere alle sollecitazioni in base al percorso svolto negli anni scolastici, alle conoscenze acquisite e alle competenze maturate. Lo studente che ha ricevuto una formazione più attenta ad alcuni aspetti linguistici, sto-
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rici, letterari risponderà utilizzando strumenti più complessi e più orientati verso questi aspetti; lo studente che ha seguito un percorso di studio diverso risponderà alle stesse domande utilizzando le competenze, che possono essere meno specifiche e comunque diverse, in suo possesso. Quello che è importante è che tutti possano esprimere le proprie potenzialità in base alle sollecitazioni ricevute e ai percorsi compiuti, confrontandosi in modo diverso con uno stesso quesito; perché quello che è indispensabile è appunto saper usare tecniche argomentative, espressive e critiche, anche in un grado diverso di complessità secondo la storia di ognuno. Ma tutti, studenti dei licei, degli istituti tecnici e professionali, devono poter essere messi in grado di affrontare, seppure a partire da percorsi diversi, le stesse prove, perché gli obiettivi che l’esame deve valutare sono in primo luogo obiettivi di cittadinanza, che tutti devono conseguire alla fine del percorso scolastico. Solo in questo modo la scuola può adempiere al suo compito di istituto democratico, essere «aperta a tutti» (art. 34 della Costituzione) e dare a tutti una formazione adeguata, mettendo ognuno nelle condizioni di trovare la sua strada e aspirare a collocarsi in modo responsabile all’interno della società. Se perdiamo questo obiettivo irrinunciabile in nome di una maggiore specializzazione e differenziazione professionalizzante dei percorsi; se concepiamo la scuola come un avviamento alla professione che rinunci a dare a tutti una formazione culturale necessaria per affinare una coscienza critica; se la scuola perde quella funzione di educazione alla cittadinanza che non è solo educazione civica ma sviluppo di coscienza critica, possiamo dire che la scuola ha fallito quelli che sono i suoi presupposti fondamentali. Proprio per questo l’attenzione verso la prima prova dell’Esame di Stato deve essere alta al massimo livello: perché il successo dell’Esame di Stato è una garanzia di una scuola che adempia al suo ruolo formativo, che costruisca un percorso all’interno del quale ogni studente può trovare la sua collocazione ed esprimere le sue potenzialità. Il problema che si pone è come costruire la prima prova per riuscire a soddisfare questi obiettivi fondamentali. I lavori del seminario organizzato dall’Adi-sd intendono proprio analizzare quali devono essere le caratteristiche delle tre tipologie testuali che compongono la prima prova e come devono essere costruite. Lascio quindi alle colleghe e ai colleghi dell’Adi-sd, che sperimentano con indubbia efficacia e altissima professionalità da molti anni percorsi di didattica della lingua e della letteratura, il compito di affrontare nello specifico le tre tipologie. Sottolineo solo un aspetto che ci riporta allo spirito della Commissione Serianni: l’obiettivo della prova è quello di valutare la capacità di comprensione dello studente e di elaborazione scritta di un pensiero critico. Un testo
2. La prima prova dell’Esame di Stato dal 2018 a oggi
letterario non deve necessariamente essere un testo conosciuto dagli studenti e nemmeno l’autore deve per forza essere già noto; l’importante è che lo studente comprenda come si costruisce un testo, quali sono le figure retoriche che ne compongono i significati, quali sono le strategie comunicative che ne determinano il grado di efficacia persuasiva e chiarezza logico espressiva; una volta decodificato un brano complesso come quello letterario, lo studente sarà in grado di comprendere qualsiasi testo, non solo scolastico, e di affrontare quindi con consapevolezza le sfide della vita reale. Allo stesso modo, per quanto riguarda la tipologia B, saper comprendere la tesi esposta in un brano, di qualsiasi natura e disciplina, e saper articolare una risposta efficace e coerente, sono competenze spendibili in ogni ambito della vita di un cittadino e che raffinano il pensiero critico offrendo strumenti funzionali a esprimersi. Infine, il confronto con questioni di attualità, nella tipologia C, deve consentire l’esposizione del proprio pensiero in modo ordinato e coerente, anche qui con lo scopo di riuscire a comunicare le proprie idee in qualsiasi contesto e situazione. Questi sono dunque gli aspetti che conferiscono centralità alla prima prova dell’Esame di Stato che, soprattutto dopo la riforma operata nel 2018, deve valutare non solo un percorso scolastico, ma l’acquisizione di una coscienza critica e di una capacità espressiva spendibili in tutti gli ambiti dell’esistenza personale e sociale. Una vera prova di maturità non solo dei giovani studenti, ma della scuola nel suo complesso.
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3. Il ruolo della scrittura nella formazione delle cittadine e dei cittadini del futuro di Paola Rocchi
3.1. Scrivere per pensare, pensare per scrivere In una nota pagina dell’ultimo romanzo di Leonardo Sciascia, Una storia semplice, – una di quelle pagine laterali dello scrittore siciliano, laterali e proprio per questo memorabili e illuminanti – si fronteggiano un uomo di legge che ha fatto carriera e il suo anziano professore di lettere. Alla provocazione del primo che, ricordando le sue insufficienze in italiano, dichiara: «Ma, come vede, non è poi stato un gran guaio: sono qui, procuratore della Repubblica», il professor Carmelo Franzò risponde «L’italiano non è l’italiano: è il ragionare», aggiungendo poi con pungente ironia «Con meno italiano, lei sarebbe forse ancora più in alto»1. Queste parole, al netto delle ovvie differenze di contesto, continuano a suonarci familiari e forse ancora più premonitrici lette ora, a distanza di tempo, quando a colpirci non è più soltanto il sarcasmo fulminante dell’amara conclusione, ma la constatazione che a essere in pericolo è proprio l’interdipendenza tra la padronanza linguistica e la tenuta logica del pensiero. La pratica della testualità scritta, con particolare riguardo alla scrittura espositivo-argomentativa, investe una serie di competenze complesse che non si esauriscono nell’uso meccanico della lingua e delle sue norme e/o convenzioni, ma implicano la comprensione, l’analisi, la sintesi, la coesione e la coerenza, le capacità di ideazione, pianificazione e organizzazione del pensiero, sostenute da processi interpretativi e valutativi. Su queste basi, come non dar ragione al professor Franzò quando associava l’insegnamento e l’apprendimento dell’italiano all’esercizio della logica e del pensiero critico? A rendere quel monito, se è possibile, allarmante e persino profetico, oggi ben più che alla fine del secolo scorso, sono le condizioni in cui siamo chiamati a operare come docenti, il contesto socio-antropologico in cui siamo immersi e, soprattutto, sono immersi studenti e studentesse. Le competenze
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L. Sciascia, Una storia semplice, Adelphi, Milano 1989, p. 44.
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linguistiche di base in ingresso nei vari gradi di istruzione tendono progressivamente a impoverirsi; l’interazione sociale avviene con modalità e attraverso canali che promuovono una comunicazione rapida ma frammentaria e molto semplificata. Se a questo si aggiungono i dati da sempre sconfortanti sulla diffusione della lettura nel nostro Paese (i più recenti dati ISTAT indicano un 60% di italiani che non legge neanche un libro all’anno; i dati 2022 OCSE-PIAAC rilevano che in Italia il 28% delle persone tra i 16 e i 65 anni non è in grado di comprendere testi complessi), il quadro che ci viene restituito vede nella scuola l’ultimo avamposto in cui ragazze e ragazzi sono chiamati a mettere in atto strategie di lettura profonda e di scrittura controllata e meditata. Se è vero, infatti, che le occasioni di scrittura oggi, rispetto a qualche decennio fa, sono sicuramente aumentate in virtù del ricorso costante, sia in forma attiva sia passiva, alla messaggistica e ai post sui social2, occorre chiedersi quale tipo di scrittura sia prevalente presso le generazioni più giovani e se queste pratiche siano in grado di influenzare positivamente la padronanza delle competenze connesse alla testualità.
3.2. Scritture liquide o liquidazione della scrittura? Il dibattito sulla questione ha visto nel tempo contrapporsi visioni diverse3, convergenti però su un punto: negli ultimi due decenni si è assistito a un fenomeno di desacralizzazione della scrittura legata ai nuovi media, che ha aumentato la tolleranza nei confronti di un uso poco controllato della lingua, tipico di scritture veloci e spontanee. Lo costatano diffusamente i docenti chiamati a leggere e valutare le prove scritte prodotte in ambito scolastico, caratterizzate da tratti linguistici che confluiscono sotto l’etichetta di “italiano neostandard” (Berruto)4 e che, in modo ancora più specifico, Giuseppe Antonelli annovera come tipici dell’e-
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Tra i vari possibili riferimenti, cito qui Gino Roncaglia e in particolare il suo Scritture digitali, in “Lettera internazionale” 98, 4° trimestre 2008, pp. 48-51; Giuseppe Antonelli, L’italiano nella società della comunicazione 2.0, il Mulino, Bologna 2016; S. Lubello (a cura di), Homo Scribens 2.0. Scritture ibride della modernità, Franco Cesati Editore, Firenze 2019; interessanti inoltre i contributi presenti sul portale Treccani ai link: https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/lingua_spedita/ mainSpeciale.html e https://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/speciali/reti/mainSpeciale.html. In una prima fase, coincidente grosso modo con quello che Raffaele Simone chiama il «paradigma digitale» (La terza fase, Laterza, Bari 2000), accanto alle voci più critiche, a partire da quella di Simone stesso, non è mancato chi, come il linguista Tullio De Mauro e il pedagogista Benedetto Vertecchi, ha salutato positivamente il ricorso crescente alla scrittura favorito dalle nuove tecnologie non vedendo in esse un pericolo per il nostro modo di scrivere. Idea accolta da Giuseppe Antonelli nella prima edizione di L’italiano nella società della comunicazione, il Mulino, Bologna 2007. G. Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Carocci, Roma 1987.
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italiano. È il caso di dire «la lingua batte dove il dente duole», per fare il verso a un noto proverbio e al titolo di una bella trasmissione radiofonica; e uno dei denti più malmessi, in questo caso, è proprio la capacità di pianificare e sviluppare ragionamenti coerenti nella progressione logica e organizzativa del discorso. Lo psicanalista Umberto Galimberti è ancora più radicale nella sua analisi, da cui evince l’esistenza in atto di una sorta di “involuzione” delle capacità ragionative, dallo stadio di pensiero “problematico” e complesso a un pensiero “binario”5. Se il panorama è questo, troppo semplicistica e soprattutto irrealistica risulterebbe però la messa al bando delle cosiddette “scritture liquide” o social; piuttosto, come avverte Marianna Villa nel contributo firmato per questo volume, sarà consigliabile, se non addirittura necessario, sottoporre la classe a un lavoro di analisi attenta di quei messaggi, al fine di comprenderne il funzionamento (o il dis-funzionamento) rispetto alla scrittura controllata, procedendo per confronto ma anche per trasformazione (trasporre un testo “spontaneo” in testo sorvegliato e viceversa)6. Lo scopo è quello non solo di notare le differenze di lessico, di forme grammaticali, di usi della punteggiatura e della sintassi, ma anche e soprattutto di far riflettere ragazze e ragazzi sulla tendenza diffusissima in questi scritti a bypassare i passaggi logici per arrivare subito all’opinione, che raramente viene sostenuta da argomentazioni, sentite perlopiù come un inutile fardello e un’insopportabile lungaggine.
3.3. Saper scrivere come diritto e insegnare a scrivere come dovere Queste poche, persino scontate, osservazioni ci consentono di ribadire come il tema non sia solo linguistico, ma leghi in un nodo indissolubile l’uso della lingua e le modalità del pensiero. Fermiamoci a riflettere per un momento: la tendenza diffusissima presso giovani e adolescenti, ma abituale ormai anche negli adulti, indipendentemente dal loro grado di istruzione e di capacità di lettura, di comunicare con messaggi WhatsApp, post su Facebook o storie di Instagram ha portato al dominio di “ipotesti”, accomunati dal tratto della frammentarietà dovuta non tanto alla brevità, quanto all’incompletezza7. Le-
5. 6. 7.
U. Galimberti, I miti del nostro tempo, Feltrinelli, Milano 2009. Una guida rapida in questa direzione è offerta dalla sociolinguista Vera Gheno. Il titolo dell’articolo è Lingua italiana, così si evolve sui social network (2018) ed è consultabile al link https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/lingua-italiana-cosi-evolve-sui-social-network/. Su questo cfr. ancora G. Antonelli, L’italiano nella società della comunicazione 2.0 cit., in particolare il capitolo Una lingua in evoluzione (2007-2016).
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gittimo chiedersi quanto la costante esposizione a questo tipo di comunicazione finisca per incidere sul pensiero fino a scardinarne alcune strutture profonde. La pervasività delle forme testuali non controllate dominanti nel web e nelle piattaforme social, accresciuta e moltiplicata dalla facilità d’accesso a questi mezzi, può indurre infatti gli scriventi a considerare quei modelli testuali esportabili in ambiti e circostanze che imporrebbero invece strategie più controllate. In altri termini, si sta producendo un particolare effetto-contagio dello “stile social”, che va ben al di là dell’uso di simboli grafici ed emoticon di vario tipo; esso va ad agire sulle strutture profonde del pensiero e della lingua. Di qui la rarefazione del periodare complesso; l’uso di una paratassi slabbrata, prodotto non di ricerca stilistica ma di scelte condizionate, se non addirittura obbligate, dalla mancanza di risorse logico-linguistiche; una progressione delle idee ottenuta per giustapposizione di frasi, con ellissi di connettivi o il ricorso a soluzioni semplificanti e improprie come l’uso passe-partout del dove, lo scambio frequente della causa per l’effetto e viceversa; l’invasione dei gerundi, utilizzati spesso senza attenzione ai rapporti grammaticali, al solo fine di aggirare un’articolazione ipotattica di cui non si riesce a controllare l’enunciazione. Ce lo dicono le rilevazioni e gli studi nazionali e internazionali, che sin dagli inizi del nuovo millennio hanno restituito la fotografia impietosa di un generale e progressivo calo delle competenze di lettura e scrittura. Ce lo hanno testimoniato Dario Corno e Luca Serianni che, alla fine del primo decennio degli anni Duemila, a margine di un’indagine condotta su un campione di compiti svolti negli Esami di Stato 2008/2009 e 2009/2010, individuavano nella competenza ideativa e in quella testuale le vere emergenze emerse da quelle prove. E, non a caso, entrambe le competenze sono strettamente connesse alla capacità di argomentare, una capacità complessa, certo, ma irrinunciabile non solo a scuola, ma soprattutto in quella dimensione sociale e civile di cui ragazze e ragazzi sono chiamati a far parte. Una capacità autenticamente trasversale e transdisciplinare, che va allenata tanto nella dimensione del discorso controllato orale che in quello scritto. Il panorama è destinato nei prossimi anni a complicarsi ulteriormente per effetto di chatbot ad accesso libero come ChatGPT, che sfrutta le potenzialità dell’intelligenza artificiale, tra gli altri possibili usi, per generare testi delle più varie tipologie e sui più disparati argomenti, molto simili a quelli che un essere umano produrrebbe in molto più tempo e con maggiore fatica. In questo caso, i rischi sono ancora maggiori se non si riuscirà a governare i processi e a intercettarne per tempo le possibili applicazioni didattiche. Le capacità adattive e l’utilizzo di algoritmi avanzati di apprendimento automatico consentono infatti all’AI di migliorare continuamente le sue prestazioni
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fornendo risposte sempre più coerenti e documentate, capaci di produrre testi che rispondono con efficacia alle richieste degli utenti. Non sfuggono certo le potenzialità di una simile tecnologia, ma un uso massivo e non consapevole da parte di adolescenti in piena formazione potrebbe generare rischi reali di impigrimento. Lo strumento infatti, può rappresentare una facile scorciatoia rispetto a compiti complessi – e la scrittura controllata è uno di questi – che sono però fondamentali per il conseguimento di una vera padronanza dei saperi e delle competenze. È anche su questo terreno che si misurerà l’efficacia dell’inclusione e del “successo formativo”, perché saper comprendere e saper produrre un’argomentazione non è un fatto meramente tecnico, da retori o peggio ancora da sofisti, ma è un fatto civico. Possiamo estendere alle abilità espositive e argomentative il monito lanciato da Tullio De Mauro, nell’ormai lontano 1977: «Una menomazione delle capacità verbali nella fase critica della […] maturazione significa, per un individuo, un deficit di tutte le sue capacità di successiva acquisizione culturale e di ulteriore partecipazione ai processi sociali più complessi»8. A distanza di più di quarant’anni, le parole del grande linguista risuonano ancora più valide e vere.
3.4. Quali scritture, quali spazi per scrivere? Gli interventi che compongono il presente Quaderno prendono le mosse dalla prima prova dell’Esame di Stato, ma hanno l’ambizione di estendere il loro raggio d’azione allo spazio e al tempo che dovrebbe essere dedicato al curricolo di scrittura nella scuola superiore, ben consapevoli che la questione va ripensata anche per i gradi precedenti. L’urgenza, da più parti sollecitata, di dare un carattere tecnico (o tecnicistico) alla scrittura praticata nella secondaria di secondo grado, di spingere il più possibile in direzione degli usi funzionali (dal curriculum personale, all’email fino alle lettere motivazionali) non è in sé infondata, ma può dar luogo a semplificazioni pericolose, che mettono in ombra il presupposto e la finalità essenziale della comunicazione scritta, che si estrinsecano nel saper esprimere in modo chiaro il proprio pensiero traducendolo in una organizzazione linguistica e testuale coerente e coesa. Oggi, a differenza di quanto accadeva negli ultimi decenni del secolo scorso, il problema non è l’inadeguatezza dei modelli scolastici di scrittura rispetto alle esigenze comunicative della società contemporanea. L’acceso di-
8.
T. De Mauro, Scuola e linguaggio, Editori Riuniti, Roma 1979, pp. 92-93.
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battito sul tema, per intenderci, appare ormai superato alla luce di un’emergenza ben più sostanziale, che non riguarda tanto le tipologie quanto le capacità ideativo-organizzative e la progressione tematico-informativa, sempre più deboli e frammentarie. Se non si affronta questo problema con la consapevolezza e gli strumenti adatti, la tecnicizzazione della scrittura in chiave professionalizzante rischia di restare un esercizio fine a sé stesso, basato sulla replicazione di schemi standardizzati nella logica delle “istruzioni per l’uso”. Se vogliamo che la scrittura, insieme alla lettura e ad altre abilità trasversali, contribuisca alla formazione delle cittadine e dei cittadini del domani, dobbiamo puntare su almeno due obiettivi: a scuola non basta più soltanto praticare scrittura, ma occorre perseguire il fine di una scrittura di qualità, “pensata” e “ragionata”, e quindi di una adeguata qualità della scrittura; vanno inoltre create le condizioni per un’effettiva collaborazione tra il docente di italiano e quelli di altri ambiti disciplinari per moltiplicare e diversificare le occasioni di scrittura sulla base di modelli “ben fatti” e opportunamente analizzati. A margine di quest’ultima considerazione, viene da chiedersi se questo diritto-dovere dell’apprendimento delle abilità di comunicazione orale e scritta non possa e non debba trovare anche nell’insegnamento dell’educazione civica (e in prospettiva anche dei moduli curricolari di orientamento) uno dei suoi possibili spazi di sviluppo, in virtù della trasversalità della progettazione e dell’azione didattica, e della centralità che l’espressione di sé e del proprio pensiero, il confronto dialettico delle opinioni nel rispetto delle posizioni dell’altro hanno nella formazione responsabile delle cittadine e dei cittadini.
3.5. L’ottalogo della scrittura come strumento di formazione civica Negli otto punti – qui scherzosamente chiamati l’ottalogo della scrittura come strumento trasversale di formazione civica – si proverà a sintetizzare perché “saper scrivere argomentando” è il ragionare – come diceva Sciascia – e soprattutto perché è un diritto-dovere di ogni ragazza e di ogni ragazzo.
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Scrivere - significa saper interrogare un tema e interrogarsi intorno a esso: perché entrare in dialogo con la realtà significa non subire passivamente le informazioni che arrivano dall’esterno; - significa saper problematizzare nel senso critico del termine, ovvero saper
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cogliere l’importanza di una questione e l’aspetto che la rende contendibile; significa avere il coraggio di fare scelte consapevoli e di maturare un’opinione: prendere posizione, insomma, dopo aver letto e aver pensato, e non sull’onda dell’emotività o peggio ancora del pregiudizio; significa documentarsi, acquisire informazioni certe e fondate, individuare esempi, attingere alla dimensione esperienziale, istituire rapporti logici e analogici, procedere dal particolare al generale e viceversa; in altri termini: “vaccinarsi” contro i luoghi comuni, gli stereotipi, le fake news; significa mettere in ordine e in gerarchia le argomentazioni, procedendo non in modo casuale o per puro elenco: un connettivo ben scelto, una paragrafazione efficace, una “mossa argomentativa” felice andranno valorizzati dal docente al pari di conoscenze estese e dell’assenza di errori grammaticali; perché dietro quelle scelte si avvertirà l’esistenza di una strategia tesa a risolvere un problema; significa vagliare i punti di forza e quelli di debolezza delle nostre posizioni nell’ottica di un esercizio del pensiero critico che non si rivolge solo alle posizioni altrui ma anche alle proprie; in poche parole: non siamo infallibili, e dobbiamo mettere in discussione continuamente le nostre idee; significa adottare il punto di vista degli altri e quindi entrare in una dimensione dialogica in cui l’altro non è la “controparte da demolire”, ma viene “preso sul serio”; perché solo riconoscendo legittimità e valore alle sue posizioni se ne possono discutere gli argomenti; significa immaginare la “battaglia delle idee” come luogo in cui il conflitto viene ricomposto attraverso la parola, che è alla base di una cultura della convivenza democratica.
3.6. La scrittura come competenza chiave di cittadinanza Nelle abilità di scrittura, in particolare in quelle che si attivano nella produzione di testi argomentativi, sono coinvolti dunque processi fondamentali per la crescita e la formazione degli adolescenti e dei giovani: «L’esercizio della scrittura, per un adolescente, diventa occasione di riordino del pensiero e di potenziamento della capacità logico-argomentativa: organizzare gerarchicamente i paragrafi e finalizzare consapevolmente la comunicazione diventa un esercizio estremamente formativo»9. Pervenire a una buona padronanza di questi strumenti non esaurisce il suo valore in «un grado maggiore
9.
D. Notarbartolo, Competenze testuali per la scuola, Carocci, Roma 2014, p. 36.
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o minore di abilità nel saper fare, ma comprende la consapevolezza critica di quali sono gli elementi rilevanti per la “qualità del prodotto” e qual è il loro ruolo nell’agire competente»10. A conferma di questo, basterà richiamare qui le otto competenze chiave europee, note anche come competenze chiave di cittadinanza. Elaborate lungo un percorso complesso che è partito nel 2006 per poi concludersi nel 201811, sono state recepite anche dalla normativa italiana in ambito scolastico12, che ha, a sua volta, individuato le otto competenze chiave di cittadinanza che ogni cittadino dovrebbe aver conseguito al termine dell’obbligo scolastico: imparare a imparare; progettare; comunicare; collaborare e partecipare; agire in modo autonomo e responsabile; risolvere problemi; individuare collegamenti e relazioni; acquisire e interpretare l’informazione. Si tratta di competenze trasversali, che implicano conoscenze e abilità non riconducibili a un unico asse culturale o a una singola disciplina. A questo punto, proviamo (nella figura 1, alla pagina successiva) a far dialogare le otto competenze chiave di cittadinanza con le otto abilità implicate nella scrittura argomentativa, identificate nel paragrafo 3.5. Come si potrà notare, è possibile individuare dei collegamenti interessanti tra i due piani, a dimostrazione che nella formazione civica che la scuola è chiamata a garantire alle generazioni presenti e future la scrittura in generale, e quella argomentativa in particolare, svolge un ruolo centrale, a cui non solo i docenti di italiano, ma tutti gli assi disciplinari dovrebbero contribuire. Ciascuna competenza potrà trovare una sua specifica funzione se riletta e applicata al processo di scrittura, che viene ad assumere pertanto una valenza imprescindibile nei processi formativi. La prima prova dell’Esame di Stato della scuola secondaria di secondo grado non è che la tappa finale, anche se non quella definitiva, di questi processi, che in essa trovano il banco di prova e la sintesi di una maturazione che non s’improvvisa, ma che va allenata nella scuola per esser poi portata fuori dalle aule come competenza per la vita.
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10. D. Notarbartolo, Competenze testuali per la scuola cit., p. 36. 11. Il testo di riferimento è la Raccomandazione relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente (con il suo Allegato Quadro di riferimento europeo), approvata dal Parlamento Europeo il 22 maggio del 2018. 12. In Italia tali competenze sono state recepite dal Decreto n. 139 del 22 agosto 2007, “Regolamento recante norme in materia di adempimento dell’obbligo di istruzione”.
3. Il ruolo della scrittura nella formazione delle cittadine e dei cittadini del futuro
COMPETENZE DI SCRITTURA ARGOMENTATIVA E COMPETENZE DI CITTADINANZA ANCHE IN CHIAVE DI DIDATTICA ORIENTATIVA COMPETENZE DI CITTADINANZA
COMPETENZE ARGOMENTATIVE
IMPARARE A IMPARARE
Interrogare un tema e interrogarsi intorno a esso Analizzare e riflettere criticamente sui propri errori
RISOLVERE PROBLEMI
Cogliere l’importanza di una questione e l’aspetto che la rende contendibile
AGIRE IN MODO AUTONOMO E RE- Fare scelte consapevoli, maturare un’opinione, SPONSABILE non sull’onda dell’emotività o del pregiudizio ACQUISIRE E INTERPRETARE IN- Acquisire informazioni e valutarne la fondatezza FORMAZIONI PROGETTARE
Pianificare strategie testuali
INDIVIDUARE COLLEGAMENTI E RE- Ordinare e gerarchizzare le argomentazioni LAZIONI COLLABORARE E PARTECIPARE
Mettersi nei panni altrui per confrontare e valutare le proprie posizioni
COMUNICARE
Usare la parola come luogo e strumento di composizione del conflitto
Fig. 1. Scrittura argomentativa e competenze di cittadinanza.
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39 QD RR IC E R7 3R O C CH IP RI M
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QUESTO VOLUME, SPROVVISTO DI TALLONCINO A FRONTE (O OPPORTUNAMENTE PUNZONATO O ALTRIMENTI CONTRASSEGNATO), È DA CONSIDERARSI COPIA DI SAGGIO - CAMPIONE GRATUITO, FUORI COMMERCIO (VENDITA E ALTRI ATTI DI DISPOSIZIONE VIETATI: ART. 21, L.D.A.). ESCLUSO DA I.V.A. (DPR 26-10-1972, N.633, ART. 2, 3° COMMA, LETT. D.). ESENTE DA DOCUMENTO DI TRASPORTO.
A PR OV A SC RI TT A ES AM E
Il punto sulla prima prova scritta dell’Esame di Stato Questo quaderno sulla prima prova scritta dell’Esame di Stato nasce dal seminario nazionale organizzato da Adi-sd e tenutosi online il 15 dicembre 2023. I contributi di cui si compone e che offriamo ai docenti in questo volumetto non rispondono solo all’esigenza di fare il punto sul triennio di attuazione della riforma della prima prova, ma si pongono l’obiettivo di riflettere sullo “stato di salute” in cui versano le competenze di scrittura espositivo-argomentativa prodotta sui banchi di scuola, spingendosi a guardare anche un po’ oltre. Il gruppo di studio e lavoro che li ha pensati e prodotti ha voluto, infatti, non teorizzare in astratto, ma “mettere le mani in pasta”, riflettere operando sulle tipologie attraverso modelli e pratiche di lettura, attività fondamentale per passare poi alle fasi di ideazione e produzione di testi “ben fatti”. Del resto, la scrittura è un terreno formidabile in chiave trasversale: le competenze di scrittura sono cruciali nella formazione dei giovani, trovano piena espressione nelle competenze chiave di cittadinanza, che innervano la filosofia della scuola italiana ed europea, e costituiscono uno strumento efficace per sperimentare una didattica che stimoli le ragazze e i ragazzi alla conoscenza di sé, all’analisi critica del reale (letterario e sociale) e al confronto con la complessità. Paola Rocchi è è docente di lingua e letteratura italiana nei licei ed è referente di Adi-sd Lazio. Da molti anni si occupa di formazione dei docenti attraverso seminari, webinar e articoli su riviste di didattica («La ricerca», «Griselda online»). È autrice con Corrado Bologna, per la casa editrice Lœscher, di un’edizione per la scuola dei Promessi sposi di Alessandro Manzoni, e di varie edizioni di manuali di letteratura per il triennio delle scuole superiori.
€ 8,90 3908 I L PUNTO SULLA PRIMA PROVA SCRITTA DELL’ESAME DI STATO