BLOCK BAU

Page 1

BLOCK BAU ALLA RISCOPERTA DELLA TRADIZIONALE ARTE DELLA CARPENTERIA A BASSO COSTO


PREMESSA

L’origine del principio insediativo sta nel conoscere, nel formulare , nel modellare ed infine nel saper controllare a proprio piacimento e uso la materia che ci circonda. La scintilla, quel bagliore improvviso, quel collegamento fulmineo tra sinapsi che conosciamo con il nome di idea sta alla base del processo che ci permette di creare la specifica condizione di habitat in cui vivere fin dagli antipodi. Esemplare occasione per spiegare ciò che intendo è il film di Stanley Kubrick “2001:odissea nello spazio”, in particolare una delle scene iniziali del film, quella dell’ominide che capisce come usare l’osso di un animale, ovvero capisce come usare la materia. Da semplice oggetto inanimato, l’osso diviene arma di protezione o di conquista se aiutata dall’azione umana. Cosa siamo riusciti a fare con quello che ci circonda? Cosa possiamo fare ancora? Se un semplice osso può diventare un arma, un tronco di un albero se impiegato in un determinato modo, cosa può diventare? Sin dagli inizi l’uomo ha sviluppato tramite una sempre più grande e aperta abilità mentale un grande apparato di ricerca e innovazione chiamato tecnologia che gli ha permesso di vincere limiti sia fisici che temporali. Di sicuro il primo grande limite che l’uomo ha cercato e tutt’ora cerca di vincere è la sopravvivenza. sopravvivere, per natura, è la grande sfida dell’essere umano. Le sfide, i limiti, aiutano a crescere ed a migliorare le abilità e di conseguenza a migliorare la tecnologia, quindi a migliorare la condizione umana. Il gesto semplice di coprirsi il capo con qualcosa dalle intemperie sia con una grande foglia o con qualcosa di più robusto, come un intreccio di foglie, poco cambia, rimane il gesto della protezione, del riparo che è inequivocabile. Da questa semplice tecnica l’uomo ha sviluppato sempre nuovi modi per proteggersi. Passeranno ancora molti anni, ma la capanna, intesa come una struttura intrecciata di rami e paglia (creata a scopo protettivo per il nucleo familiare) arriverà, e da quel momento tutto sarà più logico, e tutto sarà più naturale. Siamo ancora nella preistoria, ma dalla prima capanna si sono fatti passi da gigante cominciando a capire come l’utilizzo di materiali più pesanti, quali tronchi o pietre al posto di rami o paglia, implichi una migliore resistenza e quindi una più duratura sopravvivenza. Successivamente l’uomo ha capito che insediarsi vuol dire anche scegliere un luogo adatto al vivere: vicinanza ad un fiume piuttosto che nell’arido e caldo deserto; costruire su un piano stabile piuttosto che su di uno scosceso e poco sicuro; costruire su un terreno sostanzialmente predisposto invece che


su di uno troppo morbido o troppo roccioso. Sicuramente le caratteristiche del territorio nel quale si voleva edificare hanno determinato la forma che doveva essere funzionale e doveva servire a seconda delle occasioni per avere la migliore soluzione di abitabilità. Ma a volte nonostante le situazioni non permettessero di costruire, e quindi di abitare, l’uomo ha sempre reputato questa cosa come una sfida, cercando di dimostrare che i limiti non esistono e che anzi sono solo autoimposti mostrando di avere grandi capacità adottando soluzioni costruttive straordinarie. Proprio in queste occasioni l’uomo ha dato il meglio di sé, migliorando ogni volta la tecnica al fine di garantire una sempre più longeva vita all’opera e quindi a sé stesso. È questo il caso della “semplice” capanna di legno che col passare dei secoli ha raggiunto un livello di efficienza che ancora oggi, nonostante l’avvento di materiali come mattone, acciaio e calcestruzzo, riscuote molto successo grazie all’uso e alla moda sempre più frequente, diventata famosa negli anni ‘60, della cosiddetta sostenibilità edilizia e della sostenibilità ambientale. Un particolare caso, risalente all’epoca della preistoria, è quello della tecnica costruttiva del BLOCK BAU, basata sull’uso di tronchi impilati gli uni sugli altri al fine di creare una struttura pesante, ma molto resistente, dove il particolare ingegno dell’uomo si è manifestato nella soluzione adottata per chiudere l’angolo tra le pareti perimetrali della capanna.

Perché chiudere l’angolo in quel particolare modo? La ragione si capisce tramite diversi fattori o cause come il contesto fisico, la tradizione, la forma ed il suo processo tipologico e il suo sviluppo tecnico.


IL TERRITORIO

Realtà naturale e cultura umana sono le due componenti del rapporto simbolico che sta alla base del concetto di territorio. Nel mondo, ed in particolare nel paesaggio alpino, questi due termini si assottigliano maggiormente quasi a confondersi poiché la connessione è molto forte, e la parola abitare fa da cardine tra esse. Nel libro la “Casa alpina in tronchi/blockbau. Varianti locali ed evoluzione tipologica” Mario Aspesi e Giancarlo Calladi scrivono: “L’assetto geografico condiziona il modo di abitare le valli da parte degli abitanti che tendono in generale a concepirle mentalmente e a viverle come sistemi relativamente “chiusi”, autonomi e autosufficienti: protette cioè su tre lati dai crinali e controllate, sul rimanente lato di immissione dalla pianura, da un centro urbano di maggiore importanza.” Una delle prime condizioni da tenere presente quando si progetta e si costruisce è la forma del territorio ovvero la morfologia, da ritenere come una sorta di “fase zero” che precede e condiziona appunto la scelta originaria. Questa fase zero è determinata da una condizione primitiva dell’uomo, ovvero la capacità di leggere un luogo e di costruire un’architettura per quel luogo, condizione che un architetto dovrebbe sempre tener presente. Passando poi ad analizzare la tipologia di terreno che caratterizza le case costruite in Block Bau, si identifica un modello del territorio alpino simbolizzato dalla struttura della valle poiché in essa si possono riconoscere tutte le tipologie di architettura alpina. La valle di cui stiamo parlando riassume in sé i caratteri del territorio alpino e la sua suddivisione in tre fasce altimetriche, che corrispondo a loro volta ad altrettanti habitat: il fondovalle, la mezzacosta e l’alta montagna. “Il fondovalle è la fascia dove il terreno offre la possibilità di coltivazione e quindi di insediamenti stanziali, la mezzacosta è invece la parte che offre dei veri e propri balconi naturali che si sono sedimentati negli anni, qui è dove la natura offre nelle sue varie forme


vegetali e minerali, offre all’alpigiano un’ampia disponibilità di materiali che sapientemente utilizzati, costruiscono la base di un’economia autarchica indissolubilmente legata al territorio e alle sue risorse: il bosco per il legname, il pascolo per l’allevamento e la produzione casearia, l’acqua corrente come elemento vitale e fonte energetica di forza motrice. Sono ovviamente i versanti con la migliore esposizione solare quelli più densamente abitati, non solo per ragioni climatiche ma anche per la maggiore resa dei terreni alle pratiche agro-pastorali. Alla base dell’economia tipica del mondo alpino vi è la capacità di adattamento alle condizioni climatiche e fisiche dei territori montani, utilizzati e gestiti in maniera accorta e sperimentata.” Le costruzioni nel fondovalle, per esempio, non dovevano sottrarre spazi all’agricoltura e quindi dovevano essere limitate al minimo indispensabile. Gli insediamenti erano perciò sempre frutto di scelte precise e attente. Le case infatti, non potevano essere disposte in ordine sparso, ma venivano concentrate in piccoli agglomerati, in aree aperte e soleggiate, defilate rispetto al centro della valle e possibilmente rialzate sui promontori laterali. Dal punto di vista della localizzazione, gli alpeggi occupano generalmente i brevi pianori di mezzacosta e i versanti di alta montagna oltre il limite degli alberi ad alto fusto. La loro distribuzione si distribuisce su tre livelli diversi di quota costituendo delle vere stazioni di sosta periodica lungo i percorsi di transumanza stagionale di chi transita e di chi abita la valle. Le case in legno e i villaggi accentrati, come si può notare da una qualsiasi cartina geografica o mappa, caratterizzano in genere le alte valli, al contrario quelle in pietra le basse valli dove predominano insediamenti più consistenti e case sparse. L’organizzazione territoriale delle valli determina perciò la disposizione degli insediamenti caratterizzando la qualità abitativa e le varie possibilità di crescita dei villaggi. I più importanti sono in genere nel fondovalle, circostanza questa che si verifica con maggiore regolarità nelle valli più interne in prossimità del crinale alpino. A volte però i nuclei abitati sono in posizione di mezza costa, soprattutto quando la sezione incassata della valle privilegia i versanti assolati e i villaggi tendono di conseguenza a disporsi su pianori più elevati rispetto alle quote dell’alveo fluviale. La morfologia insediativa dipende ovviamente dalla natura del terreno, che i singoli edifici occupano con parsimonia sulla base di secolare esperienza. Si possono cosi distinguere i centri compatti di fondovalle, con case di pietra e con tetti sporgenti per proteggere i vincoli dalla neve , da quelli invece di alta valle, in cui le case quasi sempre in legno sono separate per evitare il propagarsi degli incendi. In questi casi gli insediamenti tendono a disporsi linearmente lungo un solo asse viario.


LA TRADIZIONE

Anticamente abitare era un evento che nasceva nell’uomo dalla necessità di proteggere se stesso e la propria famiglia dalle variazioni climatiche. “La radice latina hab- del verbo avere, accomuna “abito”, “abitazione”, “habitat”, tre parole aventi in comune i concetti di “protezione” e di “proprietà”, applicati però a scale diverse: l’abito come rivestimento individuale del corpo, l’abitazione come involucro spaziale protettivo del nucleo familiare, l’habitat infine come riconoscimento del territorio di pertinenza di un determinato gruppo umano.” Tale riconoscimento è caratterizzato da quelli che comunemente vengono detti fattori climatici e ambientali, che definiscono la sfida ambientale e giocano un ruolo determinante sulla variabilità delle risposte abitative. Le forme “archetipe” dei ripari mostrano con chiarezza questo rapporto di dipendenza: parasole, parafuoco, paravento, parapioggia, il giaciglio rialzato da terra tramite rocce piatte impilate una sopra l’altra per proteggere dall’umidità, costituiscono dei veri e propri “prototipi” strutturali dell’abitazione. L’uomo ha sempre risposto alla sfida abitativa del sito, o locus, mettendo in atto accorgimenti tecnici che hanno consentito di realizzare con le materie prime esistenti recuperate in loco manufatti edilizi strutturalmente e formalmente coerenti e funzionalmente adatti alle proprie specifiche necessità socio-economiche. Fin dalle origini l’uomo ha usato per i primi ripari artificiali il legno, dal quale è riuscito a trarre intuitivamente i concetti di elasticità, linearità e compatibilità strutturale. Solo in seguito, cambiando la sua condizione da nomade a stanziale, ha cominciato ad utilizzare i tronchi per costruire edifici più ampi, più solidi e più duraturi, capaci di accogliere anche di giorno l’intero nucleo familiare. La diffusione della tecnica dei tronchi sovrapposti coincide geograficamente con la distribuzione delle foreste di conifere, le cui


essenze di alto fusto, come l’abete e il larice, costituiscono il materiale per eccellenza delle case alpine. La tecnica peculiare in tronchi sovrapposti è rimasta negli anni più o meno inalterata fino ai primi anni del secolo scorso, quando il disboscamento, la società di massa, il turismo e l’economia globale con i materiali e le tecniche moderne ne hanno in pratica decretato per cosi dire l’estensione tipologica, ovvero la fine. Nel suo sviluppo si ha un fase cruciale con l’uso dell’attrezzatura metallica per la sua lavorazione (in particolare della sega) poiché la squadratura dei tronchi divenne la regola costruttiva più utilizzata, contribuendo con ciò allo sviluppo della tecnica costruttiva stessa e quindi della casa alpina. I tronchi regolarizzati avevano in effetti una resa maggiore, poiché alleggerivano il carico delle strutture e aumentavano in definitiva lo spazio interno, potendo raggiungere “luci” maggiori che richiedevano in “mezzeria” apposite travi “rompi tratta” per contrastare l’inflessione del solaio. L’evoluzione della casa alpina, dal punto di vista dei materiali impiegati è perciò dovuta sia al miglioramento delle tecniche di lavorazione del legno che alla progressiva sostituzione delle sue parti costitutive originarie con altre in pietra. Ma le pareti di elevazione in tronchi sovrapposti costituiscono il dato visivo più eclatante della casa alpina. I tronchi prima ancora che sovrapposti sono incastrati alle estremità tramite intagli realizzati a circa 20-25 cm dalle testate. Il loro comportamento statico tende a mediare il sistema elastico dei telai con quello pesante delle murature, cosi da poter essere considerati dei veri e propri muri lignei di tronchi vincolati ai nodi, come le quattro pareti laterali di una scatola.


La tecnica, non è poi tanto mutata nel tempo, salvo che nella squadratura dei tronchi e nelle sagome degli incastri. In relazione dei quali, negli esempi più antichi, tronchi di dimensione analoga erano scavati a “sella” per consentire che ciascun elemento, nello sviluppo progressivo della costruzione, fosse allo stesso tempo portato e portante nei confronti degli elementi posti per metà sezione sfalsati nei lati contigui. Cosi facendo però il sistema risulta staticamente debole, poiché in caso di sollecitazioni anomale non impedisce ai tronchi di scorrere orizzontalmente. Per irrigidire maggiormente la struttura delle pareti in Blockbau, sono stati messi in atto degli accorgimenti di ancoraggio trasversale. Questa tecnica rappresenta la più diffusa espressione edilizia delle strutture lignee pesanti, cosi definite per l’impiego dei tronchi d’albero, la cui natura lineare porta a utilizzarli nelle costruzioni negli unici due modi possibili: o in verticale come pali infissi appaiati e giustapposti o, come nelle case alpine, sovrapposti orizzontalmente e incastrati agli angoli.

LA MORPHÉ DELLA CASA ALPINA E IL SUO PROCESSO TIPOLOGICO

“La forma è la risultante estetica di un edificio, che corre tutti gli organismi tipici dello spazio antropico, si progetta e si costruisce con un processo che mette in relazione i mezzi naturali con i fini dell’uomo.” In tal senso, in quanto prodotto di una determinata cultura, la forma di un edificio non può che essere tipica, poiché presente come concetto abitativo nelle menti di tutti i suoi abitanti, i quali, all’occorrenza, lo mettono in atto, realizzandolo in un luogo specifico della propria area culturale. Si tratta perciò di un processo ciclico di osservazione ed imitazione di


un determinato “tipo edilizio” storicamente operante. Si parla quindi di una determinata area culturale: le abitazioni tradizionali manifestano spiccate analogie, materiali, strutturali, funzionali e formali. La durezza della sfida ambientale e l’ottimizzazione tendenziale di un processo tipologico di lunga durata hanno però finito per esaurire storicamente i margini individuali di rinnovamento del loro linguaggio edilizio. Volendo ricostruire un percorso del processo tipologico della casa alpina si dovrebbe chiaramente partire dalle ragioni che hanno spinto gli abitanti a modificarla nell’involucro ovvero le sostituzioni materiali, le scelte tecniche (incremento dimensionale) o la stessa funzione (da abitazione a nuovi usi più congrui alle esigenze della vita di montagna). Ma perché usare come materiale proprio il legno? Il suo peso specifico è inferiore ai 500 kg/m³, contro, ad esempio, ai 2.000-2.500 del cemento armato e ai 7.800 dell'acciaio. È resistente, perché l'efficienza prestazionale del legno ai fini strutturali ha qualità simili a quelle dell'acciaio. L'efficienza prestazionale può essere definita come il rapporto tra il modulo di elasticità E ed un parametro di resistenza f (es. resistenza a compressione meccanica). Ma altresì il legno è: un ottimo isolante e fonoassorbente, mantiene un grado costante di umidità, ha limitate dispersioni di calore, è adattabile a qualunque clima, è un materiale naturale e rinnovabile , ha un bassissimo impatto ambientale, non rilascia sostanze nocive né durante il montaggio né durante l’utilizzo. Lo spessore è l’elemento determinante ai fini abitativi classici. Le pareti variano da 6 a 20 cm, e per spessori inferiori ai 14/16 cm non sono soddisfatti i requisiti termoacustici richiesti e si rende così necessario un ulteriore rivestimento. Queste caratteristiche proprie del materiale usato vanno a mischiarsi e a formare anche quelle di “composizione” presenti nelle case in legno Block-haus o Block Bau. Infatti esse dispongono di una notevole stabilità e rigidità d’insieme, rispondono bene alle sollecitazioni come nel caso di eventi sismici, hanno tempi di realizzazione brevi, hanno costi preventivabili con precisione e permettono una assoluta personalizzazione ed organizzazione degli spazi interni e delle rifiniture. La tecnica di assemblaggio, come ben sappiamo, è a secco minimizzando cosi i rischi di impatto sulla qualità dell’aria degli ambienti interni, salvo in qualche occasione dove vengono usate speciali colle con funzione sia isolante che di consolidamento strutturale. Si può dire quindi che un edificio costruito grazie alla tecnica del Block Bau è particolarmente adatto alla realizzazione di case a basso consumo energetico o di case passive, le cosiddette ad “impatto 0”. Nella progettazione e nella realizzazione bisogna tenere conto quindi delle caratteristiche del legno, che comprendono anche le sue caratteristiche di tenuta strutturale, i suoi movimenti di assestamento in fase di essicazione, il ritiro che deve essere prevenuto con adeguati accorgimenti costruttivi onde evitare danni futuri alla costruzione. Vari esempi nel territorio testimoniano la realizzazione di edifici alti anche 4-5 piani come


grandi baite di montagna o edifici multifunzionali. Il fatto di costruire ad incastro rende le case in Block Bau molto resistenti ai terremoti, in quanto il legno essendo un materiale molto deformabile alla forza di compressione grazie all’incastro risulta essere molto compatto e assorbente le forti pressioni causate dal sisma. Questi “muri massicci” in legno hanno anche, essendo il legno un buon isolante termico, buoni valori di coibentazione e di accumulo di energia, rendendo questo sistema di costruzione adatto sia per climi molto freddi che climi caldi. Uno standard di certificazione energetica in classe B è raggiungibile senza problemi come afferma la società per la licenza della qualità abitativa CASACLIMA.

TRA INNOVAZIONE E CONCORRENZA

Se il fascino ed il comfort del legno, la rapidità della costruzione, i relativi costi contenuti e le apprezzate qualità antisismiche hanno prodotto soluzioni costruttive ottimali e di grande valore socio-culturale lo si deve ad una richiesta sempre continua di questo tipo di costruzione edilizia.


La modernizzazione delle tecnologie edilizie, che nel secolo scorso vennero esportate dal Nord Europa verso gli Stati Uniti, ha favorito l’attività costruttiva garantendo un profondo rinnovamento e rendendo la realizzazione di edifici aventi struttura completamente in legno un effettivo prodotto industriale producendo in questo campo una vera e propria standardizzazione degli elementi costruttivi e quindi dell’intagliatura dei trochi nelle varie dimensioni. Tuttavia se il sistema Block Bau è da molti ritenuto la prima forma di costruzione complessa e solida in legno, il sistema “Platform Frame”, evoluzione del più noto “Balloon frame”, prevede invece un sistema costruttivo leggero caratterizzato da un’intelaiatura portante in legno, un isolamento termo-acustico interposto ed infine uno strato finale che funge da irrigidimento. Il Platform Frame, il sistema maggiormente utilizzato nel Nord America e in Scandinavia, consente di realizzare strutture solide e completamente autoportanti. Infatti la struttura del solaio, assemblata indipendentemente, crea una piattaforma sulla quale possono essere erette le partizioni interne, e il tutto completamente realizzato eseguito in cantiere. Anche questo sistema si distingue per essere una realizzazione solida e compatta, dotata di comfort abitativo ed ottime prestazioni in termini di durabilità ed isolamento. Anche in questo caso si possono costruire edifici limitatamente alti: procedendo per piani i telai del primo piano vengono fissati alla base e, successivamente, viene realizzato il primo solaio al quale verrà fissato il telaio del secondo piano e così via. Inoltre le pareti sono costituite da elementi assemblati di travi lamellari e pannelli in legno, rivestite da un isolamento termico esterno, mentre le fondazioni sono generalmente realizzate mediante platea in cemento armato, al contrario delle case classiche in Block Bau che utilizzano la pietra.


COME È STATA MIGLIORATA LA TECNICA DEL BLOCK BAU E PERCHÈ

Data la stabilità e l’efficienza dell’antica tecnica del Block-haus, questa non è mai stata abbandonata, anzi si è cercato di migliorarla. Il mercato internazionale dell’edilizia, ed in particolare quello italiano, si sta progressivamente aprendo alle strutture in legno nell’ottica di un costruire in maniera efficace ed efficiente in termini di isolamento termico, comfort abitativo ma anche sicuro nei confronti delle azioni sismiche. Questo sistema costruttivo ha quasi sempre soddisfatto parzialmente, ma sono un po’ di anni che ha preso piede una tecnica che riprendendo il tradizionale sistema costruttivo ne ha migliorato le sue stesse caratteristiche il Primolam. Quello che limitava il sistema Block Bau era la particolare disposizione delle travi che implicava la sollecitazione delle stesse per compressione perpendicolare alla fibratura, tipo di sollecitazione per la quale il legno ha valori molto bassi. Un'altra conseguenza di questa disposizione era il ritiro poco uniforme del legno parzialmente stagionato o l’andamento cangiante delle fibre nel corso del tempo essendo il legno molto sensibile alle forze con direzione trasversale comportava abbassamenti delle pareti anche nell’ordine di centimetri. Invece il sistema Primolam grazie alla conformazione delle travi a tre strati di lamelle incrociate permette di risolvere i due inconvenienti appena descritti, affidando il compito di resistenza dei carichi verticali all’anima centrale che ha le fibre disposte in direzione parallela al carico stesso. Inoltre se vi fosse la richiesta di costruire un solaio il vantaggio sarebbe ad esempio quello di ottenere una superficie “piena” e quindi con una notevole rigidezza, ottenendo facilmente la configurazione di piano rigido e riducendo così anche i fenomeni di vibrazione. Come accadeva con il Block Bau anche la facilità di messa in opera del sistema Primolam è la


stessa poiché i pannelli, di altezza e peso limitati, sono facilmente trasportabili anche in quei cantieri difficilmente accessibili. Ma un altro vantaggio, che va sicuramente a confrontarsi con il “vecchio sistema”, sta nelle ridotte dimensioni dei pannelli da sovrapporre, e la loro possibilità di immagazzinarli facilmente, ed essendo di dimensioni standard si possono recuperare i pezzi corti o danneggiati e sostituirli e/o riutilizzarli in altre occasioni. Inoltre le sezioni delle pareti risultano molto più sottili delle pareti in Block Bau, permettendo di costruire strutture leggere ma comunque estremamente stabili e resistenti ed in grado di garantire un elevato livello di sicurezza in caso di terremoto. Un ulteriore vantaggio, dato dalla leggerezza dei pannelli, è la possibilità di utilizzare questo sistema costruttivo per sopraelevazioni generalmente senza dover intervenire sulla struttura sottostante costruendo cosi edifici residenziali multipiano (anche di 4 piani). Mentre nelle strutture costruite con il Block Bau si lasciavano le travi/tronchi a vista anche per facilitare la manodopera, il sistema Primolam, sul piano estetico permette sia di lasciare il legno a vista nel lato esterno oppure di rivestirlo. Inoltre nel lato interno viene posto uno strato isolante per garantire il massimo livello di efficienza energetica alla struttura, e il tutto realizzato in un pannello unico.

CONCLUSIONI PARTENDO DALL’INIZIO Il risultato finale Lo scopo di questo saggio è stato dare una risposta alla domanda che chiudeva l’introduzione e cioè “Perché chiudere angolo in quel particolare modo?”. La risposta è stata data attraverso un’osservazione storico-filosofica attraversando poi i fattori di tempo, spazio, società, e tecnologia poiché credo che prima di qualsiasi “cosa materiale” sia nata l’idea della cosa e poi del materiale in sé. Se si parla di futuro si pensa a nuove idee, nuove tematiche, nuove tecniche, in poche parole lo si associa alla parola “nuovo”. Ma la storia della letteratura, dell’arte, della moda, dell’architettura ci hanno sempre insegnato che il futuro risiede nel passato, che il futuro è riscoprire, riconoscere i dettagli che prima non ci apparivano scorgevano. Il tempo ci insegna che la storia dell’uomo, come di qualsiasi altro elemento naturale è lineare: si nasce, si cresce, si vive e alla fine si muore. Ma quella dei modi, degli usi e dei costumi è ciclica, e poiché l’uomo anche se teso a guardare al futuro è costretto a voltarsi indietro per prendere ispirazione ma soprattutto distanza dagli errori fatti. Si è cercato in questo saggio di far capire come l’innovazione tecnologica applicata alla tradizione sia molto utile, sia perché giova all’ambiente (e alla tecnologia nata proprio per questo), ma anche per migliorare le condizioni dell’uomo e del luogo in cui esso vive (sia interno che esterno).


Bisogna essere consci del fatto che in un mondo dove la tecnologia informatica sta dilagando in ogni campo o settore, dai video simulatori ai nuovi videogiochi, ai videorender di architettura (strumenti efficaci), questo può risultare illusorio e anestetizzante. Partire dai principi della tradizione, che da sempre ha caratterizzato l’uomo, sembra l’orientamento più sicuro per le nuove esperienze tecnologiche . In un periodo come questo dove riecheggiano ”rimbombano” sempre di più parole come ecologia, ecologico, sostenibile, verde, biologico, ci si è accorti che si è parte di un mondo e non conquistatori o re. Cercare di utilizzare le risorse nel miglior modo possibile anche attraverso la tecnologia e limitare e indirizzare le conseguenze delle nostre azioni (utilizzare materiali biodegradabili o riutilizzabili diverse volte) vuol dire rafforzare la scelta di tecniche tradizionali come il Block Bau o Primolam.


BIBLIOGRAFIA -“Casa alpina in tronchi/blockbau. Varianti locali ed evoluzione tipologica”, Mario Aspesi e Giancarlo Calladi, Priuli&Verlucca, 2013 -“Trasformazioni. Storie di paesaggi contemporanei”, a cura di Michela De Poli e Guido Incerti, Lettera22 , 2013 -“Esplorazioni Spaziali”, Filippo Lambertucci, Quodlibet, 2013 -“Insediarsi e costruire. Osservazioni sul progetto della piccola casa”, Fabio Guarrera, Lettera22, 2013

SITOGRAFIA -www.risparmioenergetico.it -www.daiku.it/blockbau -www.dietrichs.com -www.evoluzionenellegno.com -www.woodlab.info.it -www.miniwatt.it/dossier/storiadell’architetturaclimaticadelmediterraneo


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.