Napoli - La Città, La Squadra, Gli Eventi - Numero 6 del 21 febbraio 2019

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La Città - La Squadra – Gli Eventi

numero 6 del 21 Febbraio 2019

TONI SERVILLO ED IL SUO TEATRO SERGIO PUTTINI

UNA STORIA VINCENTE

VINCENZO MONTEFUSCO ‘‘A ’’

ZZURRO INTENSO

SUSY MENNELLA

UN VOLTO UNA STORIA

ENRICO FEDELE

UNA VITA NEL CALCIO

FOTO DI FABIO ESPOSITO


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L’ EDITORIALE

La rivoluzione silenziosa di Ancelotti Servillo: il teatro, la società, i giovani Chagall in mostra nella nostra città di Giovanni Gaudiano

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n questo numero “Napoli” propone qualche variazione nella grafica e nei contenuti. Si cerca di migliorare, anche se il lavoro è solo all'inizio. Il nostro impegno di fatto somiglia, con le dovute differenze dettate dai due settori di appartenenza, a quello che vede impegnato Carlo Ancelotti dal suo arrivo a Napoli. Il tecnico emiliano ha avuto il merito, ricordiamolo per chi lo avesse dimenticato, di accettare una sfida complicata se si considera che lo stesso Sarri ebbe a dire, sul finire della scorsa stagione, che ripetere il record di 91 punti

sarebbe stato difficile. Qualcuno, invece, aveva pensato che lo stesso Napoli con qualche innesto, senza fare follie sul mercato, avrebbe potuto puntare al titolo già da quest'anno. Nessuno dice che i giocatori più importanti schierati lo scorso anno, in pr atica 11/12, avrebbero avuto un anno in più, un sicuro logorio e che Ancelotti non si sarebbe potuto affidare ad un modulo di gioco tanto diverso da quello adottato in tutta la sua lunga e vincente carriera. Il tecnico ha iniziato quindi il suo lavoro senza fare proclami, promesse e neanche parlando di cambiamento. Ha pian piano iniziato a costruire la sua squadra. L'addio di capitan Hamsik non è occasionale. Qualche altra partenza nella prossima estate non sarà solo per realizzare le classiche p l u s va l e n z e t a n t o c a r e a l Presidente. Il patto De Laurentiis – Ancelotti, pare ci sia stato, si basa su due precisi obiettivi: cambiare e rinnovare.

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A Zurigo nella gara d'andata, che dovrebbe aver sancito il passaggio agli ottavi di Europa League, i due processi hanno vissuto un momento di sintesi. All'uscita di Allan il centrocampo del Napoli, schierato con Fabian Ruiz, Diawara e Zielinski, sommava 67 anni contro quello dello scorso anno (Allan, Jorginho, Hamsik), che ne contava ben 83. Oggi il Napoli mostra qualche difficoltà in quella zona del campo, qualche incertezza che complica il lavoro della difesa anch'essa oggetto di ringiovanimento, basta pensare al portiere, ma fa capire come Ancelotti stia perseguendo la costruzione della sua squadra che dovrebbe, come confermato da De Laurentiis, vedere la luce durante il prossimo mercato e la p r o s s i m a e s t at e . B i s o g n a attendere, avere fiducia, sperando che comunque l'emiliano tiri fuori dal cilindro qualche buon e ricordevole risultato già in questa stagione.


Nel nostro lavoro di questo mese abbiamo avuto il piacere di poter ospitare con una lunga intervista Toni Servillo, un attore capace di confrontarsi con i suoi lavori senza timore ma con la convinzione che l'impegno e lo studio consentano di poter produrre risultati di rilievo. La sua ultima fatica teatrale ha lasciato il se gno. Ser villo durante l'intervista ci ha raccontato di sé ma non ha perso l'occasione per dare ai giovani d'oggi, con i quali gli piace lavor are, un consiglio fondamentale: “ Unitevi per lavorare insieme”. Sembra solo un consiglio, in realtà è un appello. Al Bellini dopo la

rappresentazione dell'Elvira e la proiezione del film di Massimiliano Pacifico prodotto da Teatri Uniti, di cui Servillo è il direttore artistico e Angelo Curti il presidente, l'attore, presentatosi al pubblico per rispondere alle domande, ha più volte ribadito come si viva nella società dell'apparire, dove imperano telefonini, social e programmi di cucina. Dove va la cultura? È vero, è un bene difficile da distruggere che però sta soffrendo come non mai. Dovremmo impegnarci tutti un po' di più per appoggiare chi lavor a nel campo e poi dovremmo richiedere che nei bilanci lo stato faccia qualche

‘‘Napoli’’ La città, la squadra e gli eventi Aut. Tribunale di Napoli n. 50 del 8/11/2018 Mensile a distribuzione Gratuita Numero 6 del 21 Febbraio 2019

sforzo maggiore e poi ancora che gli imprenditori di successo con grandi possibilità economico/finanziarie si ricordino del mitico Gaio Cilnio Mecenate, etrusco e consigliere di Augusto, per ripercorrere le str ade tr acciate da quel lungimir ante ed influente personaggio che incoraggiò, sostenne e protesse gli artisti della sua epoca. È tutto possibile, i cicli storici cari al nostro amico e compaesano Vico sono una realtà storica, solo che lo si voglia. A proposito a Napoli è arrivata un’importante mostra d e d i c at a a M a r c C h aga l l , andiamo tutti a vederla per far capire da che parte stiamo.

Consulenza Amministrativa: Francesco Marchionibus Stampa, Grafica e Pubblicità: Sport and Marketing Srl Progetto Grafico ed Impaginazione: Daniela Altruda Redazione: Lorenzo Gaudiano, Bruno Marchionibus Sede: Viale V. Lamberti - Trav. Spinelli Area Ex Saint Gobain - Caserta Collaboratori: Marco Boscia, Marina Topa Con interventi di: Pier Paolo Cattozzi Fotografie: Foto Agenzia Mosca Illustrazioni: Giancarlo Covino

Direttore Responsabile: Giovanni Gaudiano Direzione Editoriale della Soc. Editoriale Napoli Srls Sede Via F. Cilea, 129 Napoli - P.IVA 09045371219 Tel. 0823 1490340 e.mail: gaudianog@alice.it Sito Web: www.magazinenapoli.it

“NAPOLI” RITORNERÀ CON IL QUOTIDIANO “ROMA” CON UNO SPECIALE IL 03 MARZO 2019 IN OCCASIONE DI NAPOLI - JUVE

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dooa.it


IN QUESTO NUMERO EUROPA LEAGUE 8

A nozze con gli svizzeri

12 David Sesa due maglie per una sfida 14 La presentazione di Napoli - Zurigo IL NAPOLI ED I SUOI PROTAGONISTI 17

Montefusco e la maglietta della sua vita

21 Il valore del Napoli di Aurelio De Laurentiis 24

Diawara: L’africano con i piedi da brasiliano

VERSO PARMA - NAPOLI 28 Enrico Fedele e le sue opinioni 32 Massimo Crippa: io e Maradona 36 Ghoulam sfida Gervinho 38 La partita del Tardini LA CITTÀ E GLI EVENTI 40

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LA COPERTINA

STORIE NAPOLETANE

I VOLTI DI NAPOLI

L’EVENTO

LA CITTÀ

Toni Servillo: ‘‘Il cinema cattura, il teatro dona’’

Sergio Puttini e la sua Saces

Susy Mennella e la valigia dell’attore

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LE TRADIZIONI

L’INIZIATIVA

IL PATRIMONIO

LA SOCIETÀ

SCAFFALE PARTENOPEO

Le Janare e il diavolo maiale

Un villaggio per crescere

La casina Vanvitelliana del Fusaro

I giovani e la nuova relazionalità

Paolo Trapani: ‘‘Napoli, la città del calcio’’

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‘‘Il sogno d’amore’’ La chiesa gioiello di Marc Chagall della Pietrasanta


TESTIMONE DEL TEMPO di Mimmo Carratelli

A nozze in Europa con gli svizzeri La Coppa Uefa del 1989

La Coppa Uefa del 1989

Eliminati dalla Champions, il Liverpool avvantaggiato dai due gol in più, torniamo a navigare nell'Europa cosiddetta minore, l'Europa League che dal 2009 ha preso il posto della Coppa Uefa in cui fummo re e principi nel 1989 con Diego imperatore. Il Napoli vanta 35 partecipazioni nei tornei europei: 13 in Coppa Uefa, 8 in Europa League, 8 in Champions, 2 in Coppa delle Coppe, 4 in Coppa delle Fiere. Gli azzurri hanno disputato inoltre tre edizioni della Coppa delle Alpi, una dell'Intertoto, una del torneo anglo-italiano, uno del torneo di Lega italo-inglese.

Il 17 maggio 1989, il Napoli conquistò a Stoccarda la Coppa Uefa, allenatore Ottavio Bianchi, con Giuliani; Ferrara, Francini; Corradini, Alemao (Carannante), Renica; Fusi, De Napoli, Careca (Bigliardi), Maradona, Carnevale. Guadagnata la doppia finale con i tedeschi (2-1 al San Paolo, 3-3 in Germania) dopo avere eliminato i greci del Paok, la Lokomotive Lipsia, il Bordeaux, la Juventus nei quarti (0-2 a Torino, 3-0 a Napoli dopo i tempi supplementari con la rete vincente di Renica), il Bayern (2-0 al San Paolo, 2-2 a Monaco).

L'Uefa Europa League 2019

I sedicesimi di Europa League 2018-19 sono una folla di trentadue squadre: molte di origini controllate (Arsenal, il Chelsea di Sarri, Valencia, Siviglia, Zenit di San Pietroburgo, Benfica, l'Inter, Celtic e Rapid Vienna), altre di nobiltà recente (Salisburgo, Bayer Leverkusen, Betis, E i n t r a c h t Fr a n c o fo r t e, S p o r t i n g Lisbona). Dopo il sorteggio assassino di Champions, che intrappolò il Napoli nel girone più duro con Paris Saint Germain, Liverpool e la belgradese Stella Rossa, in cui neanche la fortuna dette una mano agli azzurri, ecco che la Provvidenza sollecitata da San Gennaro ha pescato dalle urne dell'Europa League lo Zurigo, formazione che nella Super League elvetica (dieci squadre) è alle spalle dello Young Boys e del Basilea.

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Ancillo Canepa

Il Petisso

Lo Zurigo Apparentemente lo Zurigo non è una formazione eccelsa, dodici volte campione di Svizzera (l'ultima volta nel 2009), sovr astata in campionato dall'arrembante Young Boys e dal Basilea che ha vinto nove degli ultimi undici campionati elvetici. Il presidente Ancillo Canepa, 66 anni, esperto uomo di calcio, ha esultato per il sorteggio in Europa League: «Non sono mai stato a Napoli, sarà un'occasione per scoprire questa bellissima città. In casa faremo il pienone allo stadio perché sono numerosi i napoletani che vivono in Svizzera». L'allenatore dello Zurigo è Ludovic Magnin, 39 anni, di Losanna, difensore da calciatore fino al 2012, promosso da pochi mesi alla guida della prima squadra dopo avere guidato le giovanili dello Zurigo. La sua tattica preferita è il 4-42. L'attaccante nigeriano Stephen Odey, 21 anni, 1,82, è il gioiello della squadra in tandem con l'ala sinistra Benjamin Kololli, 27 anni, svizzero naturalizzato kosovaro. In difesa, Roberto Rodriguez, fratello del difensore del Milan. Zurigo-Napoli si giocherà al Letzigrund Stadion, 25mila posti, impianto moderno

Stephen Odey

senza barriere, ristrutturato nel 2008. Le tribune sono dotate di pannelli solari. Il Napoli, falliti già tre obiettivi dopo avere dolorosamente abbandonato anche la Coppa Italia, punta a passare il turno per giocarsi gli ottavi con un avversario più celebre.

Il filotto di Pesaola

Il Napoli di Pesaola (con Sivori) disfece quattro for mazioni svizzere nella vittoriosa Coppa delle Alpi 1966, battute a suon di gol: una mista Zurigo-Losanna, il Basilea, il Servette e lo Young Boys. In altre occasioni della stessa competizione alpestre, il Napoli ha battuto il Bienne e il Basilea. Il conto dei confronti con le s q u a d r e e l ve t i c h e ve d e i l N a p o l i maramaldo (7 vittorie, 2 pareggi, 3 sconfitte). Al tempo della Coppa Uefa, eliminò il Grasshoppers e il Wettingen (21 al San Paolo con la clamorosa esclusione di Maradona da parte di Bigon). Ha battuto al San Paolo lo Young Boys nel girone di Europa League 2014-15 per 3 a 0 (andata 2 a 0 per gli svizzeri). Il Napoli dovrebbe farcela con lo Zurigo per agguantare gli ottavi ed evitare il tonfo totale di questa prima stagione con Ancelotti. Si dice sia un vantaggio giocare l'andata fuori e il ritorno in casa. Ma molto dipenderà dalle condizioni di forma degli azzurri. Mentre Zurigo-Napoli si è giocata fra

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TESTIMONE DEL TEMPO azzur r a er a giunta in semifinale superando lo Sparta Praga, lo Young B oy s, l o S l ova n B r at i s l ava , i l Trabzonspor, la Dinamo Mosca e il Wolfsburg.

Il tabù degli ottavi

Rafa Benitez

Fiorentina-Napoli e Napoli-Torino di campionato, Napoli-Zurigo invece si giocherà stasera prima della trasferta di Parma.

La semifinale col Dnipro A parte il trionfo con Maradona del 1989, il Napoli si è spinto sino alle semifinali di Europa League nel 2015, stroncato dall'arbitraggio del serbo Mazic che favorì sfacciatamente la squadra ucraina del Dnipro nel match di ritorno a Kiev (0-1 dopo l'1-1 al San Paolo). Era il Napoli di Benitez che giocò a Kiev (4-2-3-1) con Andujar; Maggio, Albiol, Britos, Ghoulam; David Lopez (Henrique), Inler; Callejon, Gabbiadini (Hamsik), Insigne (Mertens), Higuain. La squadra

In dodici edizioni della Coppa Uefa e in sette dell'Europa League, il Napoli si è fermato sei volte agli ottavi di finale, eliminato dal Burnley (1967), dall'Ajax (1970), dal Banik Ostrava (1975), dal Werder Brema (1990) e dall'Eintracht Francoforte (1995) in Uefa, dal Porto (2014) in Europa League. Nell'epoca lontana, diciamo sino agli anni Settanta, Canè con 8 gol e Altafini con 5 furono i cannonieri azzurri in Coppa Uefa. Negli anni di Maradona, 8 gol Careca, 4 Car nevale, tre rigori Diego. Successivamente, 6 gol di Fonseca (contro il Valencia, 1993, cinque in Spagna, uno a Napoli). Negli anni di De Laurentiis, 14 gol Cavani, 10 Higuain, 9 Hamsik e Mertens, 6 Callejon e Gabbiadini.

L’attacco del Napoli opposto al Servette: Canè, Juliano, Altafini, Sivori e Bean

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L'INTERVISTA

David Sesa: due maglie per una s da

di Salvatore Caiazza

Cresciuto nella Zurigo, lo svizzero non ha mai dimenticato Napoli ed il suo pubblico e spera che gli azzurri vincano l'Europa League

L

a sua carriera calcistica l'ha cominciata proprio allo Zurigo. L'avversaria del Napoli di Europa League. David Sesa, dunque, si ritrova ad essere un doppio ex per la sfida dei sedicesimi di finale della vecchia Coppa Uefa. Di origini avellinesi da parte di padre , l'ex attaccante arrivò in Italia grazie al Lecce. È lì che il Napoli di Corrado Ferlaino lo scoprì nel 2000 e lo acquistò. Rimase in azzurro fino al 2004, anno in cui ci fu il fallimento del club che poi finì nelle mani di Aurelio De Laurentiis. Sesa, poi, andò all'Aarau, al Palazzolo, alla Spal e poi con il Rovigo appese le scarpette al chiodo. È stato, comunque, in Nazionale collezionando 36 presenze e un gol. Per questa inedita sfida di Europa League, David Sesa è quindi molto combattuto. Pr aticamente è nato calcisticamente con lo Zurigo ed ha raggiunto l'apice della sua carriera con la maglia del

Napoli. «Ho il cuore diviso a metà per questo match ma naturalmente, vista la differenza di rosa, non ci dovrebbe essere storia», ha affermato lo svizzero. Che partita si aspetta? «Sulla carta tra Napoli e Zurigo non ci d ov r e bb e e s s e r e p a r t i t a , p e r ò n o n dimentichiamo che gli svizzeri in casa hanno vinto contro il Bayer Leverkusen». Quindi guai a sottovalutare gli avversari? «Certo. È

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ma credo che il Napoli sia l'unica avversaria che ancora possa tenere in ansia la Signora». Eppure con Sarri si era arrivati vicini ... «Sì ma alla fine con 91 punti si è rimasti senza trofei e molto delusi. Sarri ha fatto un’opera d'arte, peccato per il finale. A livello estetico credo che quel calcio non si vedrà per un po' in Italia». Sì ma al Chelsea le cose non vanno bene ... «In Premier è un’altra storia e poi d ev i ave r e gl i u o m i n i p e r f a r e u n determinato calcio». Invece con Ancelotti dove si può arrivare? «Spero che il Napoli possa vincere l'Europa League. Per quello che ho visto in Champions sono convinto che gli azzurri si faranno rispettare. Ci sono le possibilità per raggiungere la finale. Sarebbe il massimo per un pubblico che merita finalmente di sorridere».

una partita insidiosa, anche perché non ci sono partite facili a questi livelli. Non hanno niente da perdere e c'è entusiasmo. È una squadra giovane con un allenatore giovane che è al secondo anno con questa squadra, in campionato stanno facendo abbastanza bene, anche se ci si aspettava qualcosa in più e finora hanno disputato un'ottima Europa League». Sarà al San Paolo? «Per motivi professionali non potrò esserci ma guarderò la partita in televisione». Ha seguito il Napoli di Ancelotti? «Certo. Quando uno indossa la maglia azzurra ne rimane tifoso per sempre. Purtroppo io capitai in un momento difficile. Arrivai in A e poi giocai in B fino al fallimento. Adesso è tutta un'altra storia. Con De Laurentiis si è cresciuti e gli allenatori scelti sono stati tutti bravi. Adesso poi c'è uno che ha vinto tutto e ovunque». Sì però lo scudetto andrà di nuovo alla Juventus … «Si sapeva che sarebbe stato difficile scontrarsi con i bianconeri. Soprattutto dopo l'acquisto di Cristiano Ronaldo. È ancora un campione capace di fare la differenza. Spiace che non ci sia lotta

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EUROPA LEAGUE

Napoli - Zurigo: Tornano le notti europee Ancelotti al San Paolo stasera potrebbe schierare una formazione sperimentale in attesa del sorteggio di Bruno Marchionibus ALL'ANDATA 3 A 1 AZZURRO SENZA STORIA Nella prima uscita dopo l'addio ufficiale a Marek Hamsik, il Napoli di mister Ancelotti ha avuto senza troppe difficoltà la meglio sullo Zurigo di Ludovic Magnin, formazione di centro classifica del campionato elvetico messa immediatamente sotto proprio dal neo-capitano azzurro Lorenzo Insigne, e poi affondata dalle reti di Josè Maria Callejon e Piotr Zielinski. I padroni di casa, forti dell'appoggio di un pubblico molto caldo, nonostante la presenza di seimila napoletani, non hanno mai tenuto il punteggio realmente in bilico, ma sono in ogni caso riusciti solo nel finale a creare qualche grattacapo alla retroguardia partenopea, prima realizzando l'1 a 3 dagli undici metri con Kololli e poi addirittura andando ad un passo dalla seconda realizzazione, grazie ad un gran tiro dalla distanza stampatosi sulla traversa ed alla successiva parata di Meret, che avrebbe potuto riaprire in minima parte il discorso qualificazione. STASERA UNA FORMAZIONE SPERIMENTALE? Già nel corso della ripresa del match del Letzigrund Stadion mister Ancelotti, a risultato praticamente acquisito, ha dato spazio ad alcuni degli elementi meno utilizzati nel corso di questa stagione come: Luperto, che con gli infortuni di Albiol e Mario Rui rappresenta un utile jolly da poter schierare tanto al centro della difesa quanto sull'out mancino; Amadou Diawara, il quale dopo la partenza di Hamsik troverà gioco forza più spazi nelle rotazioni partenopee da qui a fine stagione, ed Adam Ounas. È probabile che anche nella gara di Fuorigrotta saranno tali giocatori ad avere una chance importante di mettersi in mostra dal primo minuto; d'altra parte Ancelotti ha dimostrato sin dal suo insediamento sulla panchina napoletana di tenere nella giusta considerazione tutti i

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per far scendere in campo una formazione che regali spazio anche a chi ha avuto meno minuti a sua disposizione. CHI

andata dovrebbero agevolmente presentarsi ai nastri di partenza degli ottavi di finale. Dall'Inter vincente a Vienna al Benfica impostosi ad Istanbul, dal Siviglia, trionfatore della Coppa per tre volte di fila dal 2014 al 2016, abile nel battere a Roma la Lazio, al Chelsea dell'ex Sarri fino al Valencia ed al Bayer Leverkusen, che non dovrebbe avere problemi a battere in Germania il Krasnodar (0 a 0 all'andata). Unica big inciampata in un passo falso si è rivelata l'Arsenal; per i Gunners tuttavia pare tutt'altro che impossibile ribaltare a Londra l'1 a 0 subito sul campo del Bate Borisov.

C I TO C C H E R À AG L I

OTTAVI? È proprio la vittoria con ampio margine ottenuta in Svizzera che, seppur scendendo in campo con il massimo della concentrazione per evitare brutte sorprese, permette al Napoli di poter guardare con ottimismo già al prosieguo della competizione. L'Europa League di quest'anno, infatti, vanta tra le sue partecipanti squadre estremamente competitive, che stando ai risultati dei match di

componenti della rosa, e qaule migliore occasione di questa seconda sfida con gli svizzeri

NAPOLI - ZURIGO EUROPA LEAGUE GARA DI RITORNO 16° DI FINALE

ZURIGO ALLENATORE MAGNIN LUPERTO ZIELINSKI

KOULIBALY

OSPINA

FABIAN RUIZ INSIGNE

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STADIO SAN PAOLO - 21 FEBBRAIO 2019 15

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LE STORIE

Vincenzo Montefusco e la ‘‘maglietta’’ della sua vita

di Marco Boscia

Un glorioso passato nel Napoli, di cui è stato calciatore ed allenatore. Oggi Montefusco ne è ancora il primo tifoso e nutre sempre la speranza di poter tornare a gioire per uno scudetto al circolo nautico di Posillipo che ho il piacere di incontrare Vincenzo Montefusco, napoletano di nascita e bandiera del Napoli. Nato nel 1945, Montefusco è tra i calciatori più bravi a mettersi in mostra tra gli anni '60 e '70. Con gli azzurri ha disputato 214 partite mettendo a segno 13 gol. Quando parla gli brillano gli occhi per la passione con cui ripercorre la sua carriera, che tira in ballo già quando gli chiedo della gestione del nuovo Napoli di Ancelotti e delle principali differenze tattiche tra il suo 44-2 ed il 4-3-3 del predecessore Sarri: «Ho avuto la fortuna di giocare contro l'Ajax di Cruijff, quando gli olandesi scoprirono il famoso calcio totale, e credo che con Sarri, dopo quel periodo, si sia visto il più bel calcio in assoluto. È un allenatore maniacale: ritengo sia bravissimo, ma non legge la partita ed è molto innamorato del suo tipo di gioco. Ancelotti è invece un innato gestore di grandi campioni. Ha usato la novità del 4-4-2, e bada più al sodo e meno ai fronzoli: con due o tre passaggi vuole arrivare in porta». Rispetto alle grandi squadre che Ancelotti ha allenato, a Napoli sta effettuando un copioso turnover. Secondo lei è per capire su quali giocatori potrà contare in futuro? «Sicuramente sarà uno dei motivi. Io ora ho 74 anni e spero di vedere almeno un altro scudetto del Napoli. Ancelotti può essere l'uomo giusto, e se ritiene che questo turnover possa servirgli a capire chi può restare, ben venga».

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LE STORIE Il Napoli sta facendo comunque bene, ma come si spiega che allo stadio vanno in pochi? «Credo che i tifosi non nutrano più interesse con così tanti punti di distanza dalla Juventus, per cui bisogna cercare di riaccendere gli entusiasmi sopiti». Questi entusiasmi, con il campionato virtualmente chiuso e con l'uscita dalla Champions e dalla Coppa Italia, può riaccenderli l'Europa League? «Ho capito solo ora con la vecchiaia che nella vita contano i risultati. Sfumata la Champions per un solo gol ed a pari punti, siamo purtroppo usciti anche dalla Coppa Italia contro un Milan non trascendentale. Adesso rimane l'obiettivo, nato in corsa, dell'Europa League, che certamente potrebbe ripagare i tifosi delle delusioni patite. Per me poi, che sono un sognatore nato, lo scudetto resta ancora un obiettivo, pur con una così grande distanza dalla Juventus». A proposito di risultati, parlavamo della Coppa Italia: lei l'ha vinta ben due volte da calciatore e poi da allenatore, in finale, l'ha persa. Quali sono i ricordi più belli legati a queste esperienze? «Da calciatore ho giocato quasi tutte le partite di qualificazione. Poi, quando si arrivava in finale, Pesaola, persona che ho amato più di tutti, visto che ero il più giovane mi lasciava in panchina. Relativamente alla finale persa da allenatore, il rammarico fu enorme, ma in quella stagione la mia vera gioia, di cui nessuno purtroppo ha memoria, fu quella di riuscire a salvare il Napoli in campionato. In Coppa vincemmo 1 a 0 contro il Vicenza al San Paolo. Prima del ritorno, giocammo a Milano contro l'Inter in campionato e perdemmo 3 a 2, ma ci salvammo grazie alla contemporanea vittoria della Sampdoria a Cagliari. A Vicenza però, commisi un errore da dilettante portando in panchina Beto, il nostro giocatore più talentuoso, che era reduce da un infortunio grave e quindi fuori condizione. Le espulsioni di Caccia e poi mia, sopraggiunte quando ancora eravamo in parità, c o n t r i bu i ro n o a f a r c i perdere la partita per 3 a 0. La gente, ancora oggi, si ricorda più del fatto che non feci giocare Beto che della storica salvezza raggiunta. Beto, per la In conferenza stampa con l’a.d. del calcio Napoli Gian Marco Innocenti nella stagione 97-98 cronaca, nell'ultima di

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Con Mauro Milanese durante un allenamento

Montefusco da allenatore del Napoli

campionato al San Paolo, sempre contro il Vicenza, segnò da 30 metri un gol fantastico che ci diede la vittoria». A Napoli lei è stato anche responsabile del settore giovanile. Volevo chiederle un parere sull'attuale primavera azzurra? «Seguo le giovanili, però oramai limitatamente ai risultati. Ai tempi nostri, con pochi soldi, facemmo un miracolo vincendo con la primavera la Coppa Italia contro un'Atalanta fortissima. Vincemmo in finale 3 a 0 giocando benissimo: al terzo gol vidi 10.000 bergamaschi alzarsi per applaudirci. Quella vittoria mi valse la chiamata in prima squadra. Nelle annate successive feci esordire tantissimi giovani napoletani, tra cui Cannavaro, Stendardo, Coppola, Floro Flores, Fa va . O gg i m o l t i , q u a n d o m i incontrano, ancora mi ringraziano. Secondo me, anche l'attuale dirigenza dovrebbe seguire questo esempio». Curiosità finale: cosa accadde in occasione del suo trasferimento all'Inter che non si consolidò? «Tutto vero, ero un pallino di Herrera. Mi cedettero all'Inter in cambio del nazionale Zaglio. Non ho mai visto in vita mia quello che ho visto a Milano: un altro mondo, un'altra organizzazione. Nella prima partitella tra Inter A ed Inter B, giocavo mediano nell'Inter A, un'emozione unica! Ho giocato con calciatori pazzeschi. Poi Zaglio rifiutò il passaggio al Napoli e saltò tutto. Era la grande Inter, ma fui costretto a tornare a Napoli. Per l'amore che ho sempre nutrito per squadra e città, ne fui felicissimo».

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L'APPROFONDIMENTO PROFILI

Quanto è cresciuto il valore del Napoli di De Laurentiis dal primo anno di Serie A? di Francesco Marchionibus

U

De Laurentiis: ‘‘Cavani fu una mia intuizione quando lo strappai al presidente del Palermo e da seconda punta a Napoli diventò una prima punta’’

no degli aspetti che meglio certificano il costante processo di crescita che ha caratterizzato la Ssc Napoli dal momento del ritorno in serie A, avvenuto nella oramai lontana stagione 2007/08, sino ad oggi è l'incremento di valore registrato dalla rosa dei calciatori azzurri. Nell'arco di dodici anni infatti il valore della rosa è cresciuto di oltre 10 volte, passando da 47,65 a oltre 551 milioni di euro. Se poi ci limitiamo alle ultime cinque stagioni, in cui il Napoli ha mantenuto costantemente posizioni di vertice nel nostro campionato, vediamo che rispetto ai 243 milioni del 2013/14 l'aumento è stato di oltre il 126%. La costante valorizzazione della rosa è avvenuta grazie all'acquisto di calciatori forti, al lavoro egregio di allenatori competenti che si sono succeduti sulla panchina del Napoli da Reja, a Mazzarri, a Benitez, fino all'innovatore Sarri e al plurititolato Ancelotti. A questi fattori si deve poi aggiungere la politica della società di mantenere in organico i propri calciatori migliori, a meno di offerte clamorose: dal 2012 ad oggi sono stati ceduti quattro “titolarissimi” (Lavezzi, Cavani, Higuain e Jorginho) ma a cifre molto elevate che, reinvestite in calciatori di valore, hanno consentito di salvaguardare la competitività della squadra e, addirittura, di incrementarne il valore. Ma non è stato solo il valore della rosa ad aumentare enormemente in questi anni: nell'ultimo studio “The European Elite 2018” elaborato dalla KPMG (una multinazionale specializzata nella revisione di bilancio) il Napoli occupa il 17° posto della classifica dei club europei. A livello nazionale il club azzurro occupa la

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seconda posizione, superando società tradizionalmente più ricche come Roma, Inter e Milan e collocandosi alle spalle della Juventus. L'analisi della KPMG si basa sull'esame di una serie di informazioni pubbliche, De Laurentiis: finanziarie e non, riguardanti le 32 società europee più importanti, ‘‘Non ho rimpianti effettuato con un algoritmo che considera cinque indicatori: redditività, per Lavezzi e popolarità, potenziale sportivo, diritti di trasmissione, proprietà dello Cavani. Ho venduto stadio. Dunque il sensibile aumento della valutazione complessiva del il primo a 33 milioni club azzurro è dipeso, oltre che dal notevole miglioramento tecnico e dal e il secondo a 65, grande incremento del valore di mercato del parco giocatori, anche dalle partecipazioni consecutive alla Champions, dalla grande qualità delle credo sia stato un prestazioni sportive offerte nel campionato italiano, dalla conseguente buon affare’’ accresciuta visibilità a livello nazionale ed internazionale e dalla solidità dei bilanci societari. Ma quali sono, se ci sono, gli ulteriori margini di crescita del Napoli? È chiaro che nel calcio di oggi il raggiungimento, e soprattutto il mantenimento, delle posizioni di vertice passa n e c e s s a r i a m e n t e at t r ave r s o i risultati della gestione economico/finanziaria delle società. Da questo punto di vista la Ssc Napoli, che ha recentemente reso pubblico il bilancio 2018, se da un l at o p r e s e n t a u n a s i t u a z i o n e patrimoniale florida, d'altro canto registra ricavi “strutturali” (esclusi cioè i proventi da partecipazione alle coppe europee e da plusvalenze per cessione di giocatori) sostanzialmente analoghi a quelli degli ultimi cinque/sei anni, a fronte di costi che invece sono notevolmente aumentati soprattutto riguardo agli ingaggi dei calciatori. Per proseguire ulteriormente nel suo processo di crescita, limitando al minimo le cessioni dei pezzi da novanta della squadra, il sodalizio partenopeo deve dunque restare sempre competitivo ottenendo la qualificazione alla Champions League, e nello stesso tempo deve incrementare quei proventi che ancora non sono all'altezza dei risultati sportivi raggiunti. In questa ottica sarà fondamentale l'acquisizione di nuove sponsorizzazioni di livello internazionale, che possano assicurare un deciso incremento dei ricavi e nello stesso tempo contribuire a diffondere ulteriormente nel mondo il marchio Ssc Napoli. E se corrispondono a verità le voci registratesi nell'ultimo mercato di gennaio, pare che la società azzurra sia orientata a seguire, in futuro, proprio questa via.

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Via Gian Lorenzo Bernini, 68, 80129 Napoli NA Tel. 081 558 1970 Aperto dal lunedĂŹ al sabato dalle 09.00 alle 22.00


PROFILI

Diawara si racconta: Quando a 14 anni ho detto a casa che avrei voluto fare il calciatore mi è arrivato un ceffone. Ho continuato a giocare di nascosto, poi mio padre ha capito che era impossibile fermarmi. E mi ha lasciato giocare. Prima mi ha aiutato mia sorella Sira, quella più grande. Era lei a comprarmi le scarpe da calcio. E quando finivo di giocare dovevo andarmi a fare la doccia da un amico, per evitare che in famiglia se ne accorgessero

Da quando sono a Napoli sono cresciuto molto prima con Sarri ed ora ancor di più, giorno dopo giorno, con Ancelotti. Venire a Napoli non è stata una scelta sbagliata e sono molto contento di stare qui

Dicono di lui Diawara è dotato anche di una grande accelerazione che gli permette di coprire rapidamente la porzione di campo che lo separa dall'avversario o dal pallone e che molto spesso gli consente di prevenire transizioni pericolose, recuperando nel minor tempo possibile la posizione oppure risolvendo in prima persona situazioni decisamente rischiose

Flavio Fusi di analytics Stats Bomb

24 FOTO MOSCA


Diawara: L'africano con i piedi da brasiliano Il ragazzo venuto dalla Guinea con la personalità del veterano. Gioiello di mercato, rilanciato da Carlo Ancelotti di Bruno Marchionibus Dalla Guinea al Bologna Giunto al terzo anno della sua esperienza napoletana, Amadou Diawara si è contraddistinto fin dai suoi esordi in Serie A, a soli 18 anni, per la personalità da veterano con cui riesce ad interpretare entrambe le fasi di gioco. Classe '97, il centrocampista guineano, che il 12 ottobre scorso ha esordito con la sua Nazionale contro il Ruanda, è stato notato e portato nel Bel Paese da un talent scout nel 2014 e, dopo un solo anno trascorso in LegaPro tra le fila del San Marino, si è guadagnato la grande occasione di giocare in massima serie grazie al Bologna, che ha investito su di lui e che, con Delio Rossi prima e Donadoni poi, gli ha concesso un minutaggio nel nostro campionato senza dubbio inusuale per un diciottenne.

L’arrivo al Napoli Al termine della prima annata in rossoblù, poi, per Amadou arriva la grande occasione rappresentata dalla chiamata del Napoli, per la quale il ragazzo inizia anche un muro contro muro con la società felsinea. Gli azzurri vogliono sfruttare i milioni della cessione di Higuain per rinforzare il centrocampo, e Giuntoli individua nel mediano che dichiara di ispirarsi a Yaya Tourè, del quale non a

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caso indossa da sempre il numero 42, l'elemento giusto, capace com'è di unire ad una fisicità importante anche doti tecniche non da meno che lo rendono in grado di essere schierato in cabina di regia di un centrocampo a tre. Il primo anno di Diawara all'ombra del Vesuvio è notevole, tanto che, a seguito di una serie di prestazioni più che positive, il ragazzo che in molti hanno paragonato a monumenti del calcio africano come Makelelè e Zokora, riesce a prendere il posto di Jorginho nelle gerarchie di Sarri anche in match cruciali della stagione, come quello del Bernabeu contro il Real Madrid. Nella seconda stagione in Campania, invece, il guineano vede ridursi considerevolmente i minuti a propria disposizione, complici sia alcuni incontri sottotono sia l'esplosione definitiva del regista italo-brasiliano, ma riesce lo stesso a rendersi protagonista di alcuni momenti degni di nota, come il primo gol ufficiale in carriera, realizzato su rigore in casa del Manchester City, e la rete decisiva messa a segno all'ultimo istante dell'incontro casalingo contro il Chievo.

Un futuro tutto da scrivere Attualmente, tanto il cambio tecnico in panchina, con mister Ancelotti


PROFILI

È un ragazzo d'oro, umile, intelligente, sensibile. In campo aiutava gli altri e si faceva aiutare, sa mettersi a disposizione dei compagni, ha una volontà e una voglia di fare fuori dal comune. Dieci e lode per il suo comportamento. Se in campo è spavaldo, fuori è educatissimo

Aveva la capacità di farsi trovare sempre smarcato e di ricevere il pallone. È uno di quelli che aiuta i compagni, che li sostiene. Gli dissi che era un calciatore da Premier League, sta realizzando quello che mi aspettavo. In fase difensiva ricorda Desailly, quando imposta Vieira

sicuramente più propenso al turn over rispetto al suo predecessore, quanto il nuovo vestito indossato dal Napoli col 4-4-2, stanno dando ad Amadou la possibilità di crescere ancora e di trovare continuità nelle prestazioni, dimostrando che nella squadra che il tecnico sta costruendo il numero 42 azzurro può svolgere un ruolo di rilievo e risultare un importante supporto anche al rendimento dei centrocampisti schierati al suo fianco, come Fabian Ruiz, che proprio in Diawara pare aver trovato il compagno perfetto in mezzo al campo.

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Diawara gioca a due tocchi, ha visione di gioco, difficilmente sbaglia un passaggio. In fase di non possesso è micidiale, è un osso duro nei contrasti, non si ferma mai, è uno schermo incredibile. Deve migliorare nel lancio lungo. Quando ha palla, però, non la gioca mai in orizzontale. È abituato a giocarla corta ma celermente, sempre in avanti, verticalizzando Fabrizio Tazzioli suo allenatore a San Marino


BPMed – Banca Popolare del Mediterraneo S.c.p.a. Via Agostino Depretis N° 51 Napoli 80133 - Tel. 081 5521603 - Fax 081 5516704 - E-mail: bpmed@pec.it – info@bpmed.it Filiale Palma Campania (NA) Via Nuova Nola, 16A - Tel. 081 8241120


L'OPINIONE

Enrico Fedele: “Un Ronaldo in meno, una struttura in più” di Lorenzo Gaudiano

di Salvatore Caiazza

I

l Napoli nel cuore, il Parma nella sua lunga ed importante carriera. La sfida di

domenica al Tardini tra Napoli e Parma sarà una partita speciale, molto sentita per

Enrico Fedele, uno dei primi e più importanti procuratori sportivi della storia del

calcio italiano. Una grande passione per la maglia azzurra, un rapporto lavorativo molto stretto con la squadra emiliana ed una lista di assistiti ricca di calciatori importanti tra cui spicca naturalmente Fabio Cannavaro, Campione del Mondo con l'Italia e Pallone d'Oro nel 2006: «I miei rapporti col Parma sono iniziati nel 1991, quando proposi alla società emiliana di acquistare Antonio Benarrivo. Veniva dal Padova e tutti erano convinti che fosse un difensore sinistro. Conoscendolo da bambino, insistevo sul fatto che fosse un destro puro. Al Parma a sinistra giocava Di Chiara, Benarrivo fu provato a destra ed arrivò a giocare persino in Fabio Cannavaro, il pallone d’oro ed Enrico Fedele

Nazionale. Al Parma ho portato negli anni tra i miei assistiti: Marco Ferrante nel '92; Gianfranco Zola nel '93; Fabio e Paolo

Cannavaro nel '95 e nel '99; Raffaele Longo nel 98'; Alfonso De Lucia nel 2000. A partire poi dal 1999 entrai nei quadri societari del Parma». - Cosa significa per un procuratore avere tra i suoi assistiti un calciatore che è riuscito a conquistare il Pallone d'Oro? «È sicuramente una grande soddisfazione, dipende poi dal tipo di giocatore in questione. Un conto è magari diventarne il procuratore quando la sua carriera è già avviata, un altro è seguirlo praticamente sin da piccolo. In quest'ultimo caso diventa quasi come un figlio, un figlio che hai cresciuto e svezzato. Quando Fabio ha vinto il Mondiale con la Nazionale ho provato una gioia immensa. Avevo seguito

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solo le partite di qualificazione. Per scaramanzia non volevo andare nemmeno a Berlino per la finale ma Fabio mi invitò con forza ad essere presente, perché festeggiava le cento presenze con la maglia azzurra e perché nello spogliatoio era grande la convinzione di portare a casa il trofeo. Presi prima un aereo che atterrò a Praga e da lì dopo quattro ore di macchina arrivai a Berlino. Sugli spalti ero insieme alla famiglia e rimasi seduto durante i rigori. Dopo la vittoria ero davvero felice per Fabio, un tempo bambino ed in quel momento Campione del Mondo». - Di difensori centrali come Fabio Cannavaro non ce ne sono più. Un

perché gli azzurri poi retrocessero in B. Il

problema generazionale o una conseguenza

Parma di allora era nettamente più forte:

d i r e t t a d e l l ' evo l u z i o n e d e l c a l c i o ?

all'andata il Napoli bloccò gli emiliani sul 2 a

«Sicuramente i settori giovanili hanno le

2; al ritorno gli azzurri persero 4 a 0, ma sul 3

loro responsabilità, perché oggi ai difensori

a 0 me ne andai. Andando più indietro nel

non si insegna in maniera prioritaria a

tempo, ci fu un momento molto toccante

marcare. Se pensiamo a Fabio, Nesta,

nella sfida del Tardini del 1998. La sconfitta

Maldini, Cordoba e, più indietro nel tempo,

contro il Parma determinò l'aritmetica

a Gentile, Burgnich e tanti altri, questi

retrocessione del Napoli in B e il portiere

difensori avevano in partita un solo scopo:

azzurro Taglialatela era in lacrime. Fabio lo

francobollare l'avversario e consegnare la

abbracciò e lo affiancò mentre usciva dal

palla. Oggi prevalentemente si gioca a zona,

campo. Era in lacrime anche lui, giocatore

si affidano anche compiti offensivi ai

del Parma ma napoletano dentro». - Il Napoli

difensori che si preoccupano di giocare

da qualche anno sfida la Juventus per lo

subito la palla piuttosto che marcare». -

Scudetto. Anche il Parma ci provò nel '94-'95 ma

Domenica c'è Parma-Napoli, una sfida

anche in quell'occasione i bianconeri ebbero la

particolare per Lei. Qualche ricordo da

meglio. Cosa mancò a quella grande squadra

condividere? «Quando facevo parte della

per poter vincere il campionato? «Non mancò

società emiliana, ho affrontato da avversario

nulla, semplicemente c'erano squadre più

il Napoli solo nella stagione 2000-2001,

forti: la Juve; il Milan; l'Inter per esempio. Il

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L'OPINIONE cercare alibi, quando basterebbe dichiarare apertamente che con queste risorse il Napoli può conseguire un obiettivo standard e provare a vincere una tantum come il Verona o come ai tempi di Maradona». - In questo senso c'è stata un'evoluzione con l'arrivo in panchina di Ancelotti. «Ancelotti è stato un campione, un uomo di campo, sa come vanno certe cose. È risaputo che il calcio sia un mondo di affari. Quando c'è un grande business, più che sudditanza si viene a creare una certa soggezione. La storia, la tradizione e il carisma hanno il loro peso specifico. Chi non c'è stato non lo sa, ma quando si entra a San Siro si percepisce un brivido fortissimo, così come a Wembley, Madrid e al Maracanà. Per parlare di calcio non basta seguirlo e studiarlo con cura, ma Parma disponeva di un organico forte ma la

occorre viverlo dall'interno. Mi arrabbio

Juve, come oggi, aveva qualcosa in più. Mi

spesso in merito a questo perché, essendo in

piace commentare le partite basandomi su

questo campo per mestiere, sono

quanto accade all'interno del rettangolo di

consapevole che spesso tutte le

gioco. Non mi piace parlare di arbitri. Se si

dichiarazioni e i programmi si costruiscono

deve assistere alle partite con il sospetto che

ad arte. Chi non è consapevole di ciò, crea un

tutto sia già predestinato, tanto vale non

fumus che si trasforma poi in polemica, al

guardarle proprio». - È per questo che

punto che se qualcuno non sponsorizza o non

l'affluenza negli stadi in Italia si è ridotta

sposa una determinata ideologia diventa

rispetto agli altri campionati europei? «Sta

nemico del Napoli». - Considerando il suo

venendo meno la passione. La gestione

passato al Parma, che presidente era Calisto

economico-finanziaria del Napoli è perfetta,

Tanzi? «Tanzi era un presidente perfetto,

non si può dire lo stesso della

lasciava lavorare. Aveva piena fiducia nei

comunicazione. Ogni anno si parte con l'idea

suoi collaboratori e un'idea strategica ben

di voler lottare per conquistare lo Scudetto

precisa». - Un giudizio sul lavoro svolto da

per poi nel corso della stagione declinare o

Ancelotti finora. «Inizialmente mi è sembrato

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ottimo, adesso non mi convince moltissimo. Personalmente penso che Ancelotti sia venuto a Napoli per conferire alla squadra plasmata da Sarri una mentalità diversa. Non avrei stravolto il gioco dell'ultimo triennio, anzi avrei cercato di arricchirlo con la personalità ed il carisma che solo un ex grande calciatore ed allenatore di caratura internazionale può dare. Questi cambiamenti di formazione continui mi fanno pensare che il Napoli non disponga di realtà assolute che per vincere a livelli importanti sono necessarie». - A questo proposito la Juve ingaggia Cristiano Ronaldo a 33 anni, il Napoli invece cede Hamsik a 32. È qui forse la grande differenza? «Dal punto di vista economico-finanziario l'addio di Hamsik ha una sua logica. Ripeto, ad essere mal gestita è la comunicazione. Questa squadra era già forte, andava soltanto rinforzata con innesti di qualità. Non dovendo attingere risorse da terzi come capitò a Ferlaino con Maradona, da tifoso del Napoli con il tesoretto a disposizione avrei semplicemente tentato di acquistare Ronaldo insieme ad un sostituto di Jorginho, per essere più competitivo. Se però non è questo l'obiettivo, allora con quel tesoretto avrei cercato di valorizzare al massimo il settore giovanile: un giocatore in meno, una struttura in più». - Cosa serve al Napoli per essere competitivo? «Prima il Napoli era competitivo nel gioco, ma non nel carisma. Sarri allenava l'idea di un calcio bello ed entusiasmante, Ancelotti invece allena i

Con il presidente dell’Assoallenatori Renzo Ulivieri

calciatori. C'è bisogno di maggiore personalità in organico, di giocatori abituati a disputare partite di gran livello». La chiacchierata si è conclusa. Una stretta di mano e via. Uscendo, una foto che ritrae insieme Enrico Fedele e Fabio Cannavaro subito cattura l'attenzione per una dedica splendida ed emozionante: “Al mio secondo papà”. Grazie al suo occhio esperto e alla sua determinazione Cannavaro ed altri giocatori partenopei hanno avuto la possibilità di emergere e disputare carriere di gran livello. Rimembrare il passato è sempre bello, soprattutto se glorioso e pieno di soddisfazioni.

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VERSO PARMA – NAPOLI

Io, Maradona e i ragazzi del coro

Un leone in campo con Napoli nel cuore. Massimo Crippa incita gli azzurri verso nuovi successi e applaude alla rinascita del Parma di Pier Paolo Cattozzi «In campo con Maradona, in città coi tifosi più appassionati del mondo: tutto strameraviglioso». Così, con il sorriso languido di una nostalgia che forse soltanto il gioco del calcio e il suo contorno sanno garantire. Non sempre e non d a p p e r t u t t o, m a c o m e n o n c r e d e r e a MASSIMO CRIPPA se la sua storia per cinque anni ha fatto sosta nella città del sole e del mare e, come Lui non smette di ripetere, quella dei tifosi più entusiasti al mondo. Galvanizzati, peraltro, da quel Diego Armando che, al solo nominarlo, ancor li fa sognare. «Dopo un solo anno a Torino, ero arrivato a Napoli con Fusi. Io mezzo acciaccato, lui più impaurito che felice. C'è voluto un po' di tempo, ma quando siamo entrati in partita, fammelo dire, non ci ha smosso più nessuno».

loro. «Certo. Ma al nostro arrivo erano andati via alcuni grandi nomi, Crippa e Fusi erano praticamente dei primavera. Ce l'abbiamo messa tutta e sono veramente orgoglioso di avercela fatta, anche grazie all'amicizia in campo e fuori proprio con Fusi. Così prima è arrivata la Coppa Uefa poi anche la Nazionale Olimpica». - Quale la caratteristica che ti ha consentito di entrare in un gruppo tanto affiatato? «Mi sentivo veramente forte fisicamente. Come sempre, anche nel resto della mia carriera, il cartellino lo firmavo sempre. Quel Napoli era veramente forza & qualità. Come me giocatori potenti come Francini, Alemao, De Napoli, Corradini e con noi fuoriclasse come Careca, Romano, Carnevale...». - Fui io a battezzare Andrea Carnevale il brasiliano-italiano ai tempi in cui giocava nella Reggiana con Francini, Corradini, Sola, Romano. Vabbè, ma non hai citato Maradona. «Non mi far fare la figura

Crippa, Fusi e Maradona - Non hai fatto le scarpe, come si dice, ad Alemao, De Napoli e Romano. Hai giocato con

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Allan? «Parli di un grande giocatore, un ruba palloni a tutto campo, anche Lui è di quelli che timbra sempre il cartellino. Io, però, se devo essere sincero mi vedo più in Callejon. Mi riferisco al fatto che anch'io partecipavo di più alla fase d'attacco anche con il tiro da fuori che non mi mancava. Facevo parte di un centrocampo di qualità, diciamo». - Così dicevano e scrivevano, si dice. Dell'eliminazione dalla Coppa Italia, invece, cosa diciamo oggi. «Mi è davvero dispiaciuto: dopo le belle prove in Champions e contro il Liverpool, uscire in quella maniera fa star male. Ora è importante che si siano ripresi subito. La Juve in Campionato penso continuerà a fare corsa a sé, ma è obbligatorio arrivare secondi per ritornare autorevolmente in Europa senza tuttavia dimenticare la Coppa Uefa, un trofeo sempre prestigioso».

Con Ancelotti tutti Campioni - Penso tu conosca Ancelotti meglio di tanti altri tanto da poterci far conoscere almeno qualche ragione dei suoi tanti successi. «Se posso sottolineare a parer mio una fra le non poche doti di Carletto, direi possa essere la sua capacità di far

dello ... Scherzi: senza Maradona saremmo stati una bella squadra, ma un'altra squadra. Lui per me e per tutti, non esito a dirlo, era innanzitutto un compagno leale e generoso. Non eravamo noi a sua disposizione, ma la sua classe a disposizione di tutti. Non l'ho mai sentito criticare o soltanto richiamare un compagno. Una parola gentile e di incoraggiamento per tutti, tanto se si trattava di un titolare o soltanto di un giovane della primavera (lo potrebbe confermare anche il "Pallone d'oro" Fabio Cannavaro n.d.r.). Erano anni duri per la Juve, ma le grandi di allora, dal Milan alla Fiorentina, dall'Inter alla Sampdoria, non ci impensierivano più di tanto: uno squadrone con un fuoriclasse come Capitano». Inevitabile fare il paragone con il Napoli di oggi. «Vedo un bella squadra, ma non mi sentirei di dire, di vederci dentro quella forza & qualità alle quali facevo prima riferimento (esitazione... silenzio...)». Ti tolgo d'impaccio e chiedo: Crippa come

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VERSO PARMA – NAPOLI sentire a tutti di essere importanti. Il suo staff lo asseconda anche in questo. Ho visto che con Lui collabora da tempo anche il figlio: saper far squadra in campo e fuori è importante. Soprattutto direi quando si hanno in rosa tanti campioni. Lui ne ha avuti tanti in giro per tutta Europa e i risultati ottenuti dimostrano che è un vincente». - Visto che è partito come secondo di Sacchi, è giusto considerarlo un "sacchiano"? «Questo non mi sento proprio di dirlo. Al Parma non portò il "verbo" di Sacchi. Direi che lui ha preso, certo anche da Sacchi, ma da tutti gli allenatori che ha avuto: a partire da Niels Liedholm e via via da tutti gli altri, prima come giocatore e poi come tecnico in panchina. Anche da quelli che sono stati i suoi avversari. Vedo in lui grande esperienza e conoscenza dello spogliatoio».

dalla D e adesso una squadra di peso con giocatori di esperienza: oltre a Gervinho, Inglese, Bruno Alves, Biabiany e davvero tanti altri giovani e esperti come Rigoni, Camara. Una rosa di tutto rispetto che può mettere in cassaforte la salvezza e poi... pensare anche più in grande». - Una tripla, quindi. Non è che il dirigente Massimo sta pensando a un ritorno in ... sede, magari a Parma o a Napoli? «Hai detto bene: magari! Sono vecchietto ormai. La mia esperienza alla Renate mi ha dato e mi sta dando soddisfazioni. Ho piazzato più giocatori nelle serie superiori: avevamo Ferrari ora a Sassuolo, Brighenti, ca pocannoniere alla Cremonese, Santuro in A col Bologna, Cavani della Sampdoria e altri ancora. Dico chissà. In fondo: non si può mai dire». - Da ex Azzurro, come vedi i giovani di Mancini. Ad esempio quel La Coppa Uefa del 1989 Chiesa figlio

Max vede una "tripla" - È tempo di Parma - Napoli: troppo chiederti un pronostico? «No, però ti dico che per me è una tripla. Del Napoli abbiamo detto, anche dell'ex Carletto; del Parma non si può dimenticare il 3 a 3 con la Juve e quel Gervinho che qualcuno paragona ad Asprilla». - ... e tu? «Difficile paragonarli. Entrambi forti. Tino però è stato inarrivabile. Un fuoriclasse con e senza pallone. Era uno che ci arrivava sempre: tu buttavi la palla avanti e lui partiva e ci arrivava sempre con doti tecniche da manuale del calcio. Sempre: in casa e fuori, in Italia e all'estero». - Il Parma non è solo Gervinho ... «Direi che stanno facendo cose importanti anche nella nostra tradizione. Un clamoroso ritorno in A

d'arte come te. «Federico mi piace tantissimo. Ha uno spunto bruciante, è un carattere forte e, come suo padre, non si fa intimorire da nessuno».

Per il Ct Mancini non solo giovani - Quindi tutti giovani per rinnovare? «Non credo proprio. Mancini fa bene a tenere in considerazione i giovani, ma penso che quando gli impegni si faranno più importanti, non mancherà di richiamare i cosiddetti senatori». - Anche se oggi è difficile far riferimento ai cosiddetti "blocchi" di un tempo, visto che le squadre sono zeppe di stranieri. Ci sarà invece spazio anche per Balotelli? «Lui comincia ad avere una certa età. Le doti e i numeri ce li ha e potrebbe davvero rendersi utile. Mancini lo

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conosce bene, ma non dipende da lui. È il giocatore che deve mettercela tutta e farsi trovare in condizione quasi perfetta. Ho sentito, però, che dopo la sosta si è presentato fuori peso: certo questa non è la strada giusta per raggiungere la Nazionale».

Subito l’Europa League e poi... - Concludiamo con gli auguri dell'Ex. Partiamo dal Napoli. «Auguro un ritorno ai nostri tempi, anche se lo vedo difficile. Non perché non lo meritano società e tifosi, ma solo perché noi eravamo una forza della natura con una passione incredibile e irripetibile». - Fermo restando la passionalità del pubblico, rimproveri qualcosa a De Laurentiis? «Assolutamente no. De Laurentiis ha preso la società in fallimento e la sta riportando fra le stelle del campionato. Merita non solo applausi, ma anche riconoscimento. Gli auguro davvero di arrivare a vincere. Con Ancelotti può arrivare davvero in alto e vincere lo Scudetto come noi ragazzi degli anni novanta... e subito la UEFA». - Passiamo al Parma … «Al Parma auguro di rientrare nel giro europeo.

Ha fatto una cavalcata strepitosa dalla D fino ad oggi, come dicevo, e sta meritando appieno la classifica che ha. A noi non lasciarono vincere quello Scudetto che spero riusciranno prima o poi a conquistare loro». Dichiarando aperta la discussione sulla "tripla" che già ci sentiamo di ridurre a una più decorosa "doppia" da formalizzare in una (1/2) o (2/x), ringraziamo Massimo Crippa riconoscendogli il merito di avere, ancora una volta, onorevolmente firmato il suo "cartellino".

Massimo Crippa – La sua carriera e il suo palmarés Nato a Seregno (Monza – Brianza) il 17 maggio 1965, debutta nel Meda nell'anno 1980. Nel 1983 passa al Saronno dove gioca per due stagioni. Poi al Seregno per una sola stagione. Nel 1986 arriva al Pavia. Nel Campionato 1987/88, firma 29 partite col Torino realizzando tre reti buone per firmare, la stagione successiva, il cartellino col Napoli. Seguono cinque stagioni ("meravigliose", sottolinea Lui e confermano gli annali del calcio che ratificano 150 partite giocate con 9 reti realizzate) con un Palmarés che mette in carriera: la Coppa UEFA 1989, lo Scudetto 1989/90, la Supercoppa Italiana 1990, suo uno dei gol della vittoria contro la Juventus. Passa al Parma nell'estate del 1988 e veste la maglia gialloblù 147 volte realizzando 9 gol, proprio come aveva fatto a Napoli nei cinque anni precedenti. Conquista la sua seconda Coppa Uefa nella stagione 1994/95 e la Supercoppa Uefa 1993. Dal 1998 al 2000 è di nuovo al Torino per dieci partite ufficiali e un gol. Conclude in Eccellenza firmando un storica Promozione per la Canzese. In tutti questi anni veste 7 volte la maglia della Nazionale U 21, 8 volte quella della Nazionale Olimpica e ben 17 volte quella della Nazionale maggiore segnando anche una rete. Dal 2010 è prima Direttore Sportivo e poi Direttore Generale del Renate Calcio. Da non trascurare che viene a buon diritto considerato figlio d'arte in quanto il padre, Carlo, è stato calciatore professionista vestendo, tra le altre, le maglie di Torino e Palermo.

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LA SFIDA

Ghoulam

Un pizzico d'Africa sulla fascia GHOULAM: LO SPECIALISTA DELLA CORSIA SINISTRA

I

nizia al Saint-Etienne, club con il quale

parte fin dai pulcini nel 1999. Debutta in prima squadra nel 2010: 12

presenze il primo anno, 32 il secondo e 26 il terzo. Il Napoli lo acquista nel gennaio del 2014 a titolo definitivo. Pochi mesi più tardi è titolare nella finale di Coppa Italia vinta dagli azzurri contro la Fiorentina. Disputa d a p r o t ago n i s t a a n c h e l a f i n a l e d i Supercoppa Italiana, vinta ai rigori dai partenopei contro la Juventus. Francoalgerino, dopo aver scelto l'under 21 fr ancese, come nazionale maggiore preferisce quella dell'Algeria. Nasce come esterno offensivo destro, per poi arretrare in difesa, ma a sinistra. Continua a prediligere la fase offensiva, tanto da arrivare spesso al cross e da essere un valido supporto per i propri compagni di squadra. Giocatore rapido e dotato di un'ottima resistenza e di un pregevole piede sinistro utile anche nella b at t u t a d e i c a l c i d ' a n go l o. R i s u l t a ugualmente prezioso anche in fase difensiva, facendosi sempre trovare in posizione.

Faouzi Ghoulam: nato a Saint-Priest-en-Jarez (SaintÉtienne), età 28, altezza 184 cm, peso 82 kg

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Foto Mosca


Gervinho

di Marco Boscia

Velocità al servizio del Parma GERVINHO: L'IVORIANO CHE VIVE UNA SECONDA GIOVINEZZA

G

ervais Lombe Yao Kouassi, meglio noto come Gervinho,

capitano della nazionale

ivoriana con cui ha vinto la Coppa d'Africa nel 2015, nasce come esterno offensivo di sinistra ed è dotato di una notevole velocità con repentini cambi di direzione, che nella sua esperienza a Roma gli sono valsi il soprannome “La Freccia Nera”. I primi calci al pallone sono in patria nell'ASEC Mimosas. Nel 2002 al Toumodi e nel 2004 passa al Beveren su indicazione di Jean-Marc Guillou, già scopritore di Yaya Touré. Con due ottime stagioni in Belgio è il Le Mans che lo porta in Francia e dopo due anni passa al Lilla. Nel 2011 con l'Arsenal sbarca in Premier League e da qui approda due anni più tardi alla Roma. Dopo tre stagioni in giallorosso, l'Hebei China Fortune gli offre un contratto “monstre” da 8 milioni di euro a stagione. Resta in Cina due anni e nell'estate scorsa è il Parma, neopromossa in Serie A, a riportarlo in Italia. Qui conquista la tifoseria parmigiana con eccellenti prestazioni.

Gervinho: nato ad Anyama (Abidjan), età 32, altezza 179 cm, peso 68 kg

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LA PRESENTAZIONE

Al Tardini senza pensare alla Juve

Prima della partitissima del San Paolo gli azzurri proveranno a battere il Parma di Gervinho, autore di una doppietta allo Stadium di Bruno Marchionibus

Il Parma, da neopromossa a rivelazione

Due squadre con mentalità differenti

A cavallo tra il ritorno del match europeo con lo Zurigo e la supersfida del San Paolo alla Juventus, da sempre l'incontro più atteso dell'anno dall'ambiente partenopeo, il Napoli di Ancelotti si troverà a dover fronteggiare l'ostica trasferta del Tardini, casa di un Parma che, da neopromossa, si sta rendendo protagonista di un campionato di tutto rispetto, tenendosi stabilmente ben lontano dalle zone calde della classifica, ed anzi costituendo avversaria insidiosa anche per le big del torneo. I ragazzi di D'Aversa, infatti, nel corso di questa stagione sono stati capaci di ottenere vittorie di prestigio come quella a San Siro con l'Inter, e tra le mura amiche sono riusciti ad impensierire anche la Juve capolista, fermata poi allo Stadium grazie ad una rete di Gervinho in pieno recupero.

Dal punto di vista tattico Napoli e Parma rappresentano senza dubbio due modi di intendere il calcio ben diversi; se la squadra di Ancelotti, pur cercando più la verticalità rispetto a quanto visto nei tre anni di Sarri, è una compagine che punta al possesso palla ed alla supremazia territoriale, anche g razie alla g rande tecnica degli uomini a disposizione del tecnico reggiano, i ducali basano invece gran parte dei propri risultati su un'ottima organizzazione difensiva e sulla capacità di ripartire in contropiede con la velocità di elementi come

PARMA CAMPIONATO – SERIE A GIRONE DI RITORNO 6^ GIORNATA GHOULAM ZIELINSKI

KOULIBALY

MERET

FABIAN RUIZ MAKSIMOVIC

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ALLAN

HYSAJ

MILIK

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NAPOLI ALLENATORE ANCELOTTI

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I

STADIO ENNIO TARDINI – 24 F 38


Gervinho. Gli emiliani, inoltre, potranno contare in attacco sulla vena realizzativa di Roberto Inglese, in prestito in terra emiliana ma di proprietà del Napoli e protagonista fin qui di un'annata più che positiva quanto a numero di gol messi a segno. Il Napoli, così, per scardinare la difesa gialloblù dovrà giocare una partita paziente ed essere in grado di sfruttare al meglio le occasioni che capiteranno a Milik e compagni, girando rapidamente palla e tentando anche la soluzione del tiro da fuori, freccia presente nell'arco dei centrocampisti campani.

- NAPOLI PARMA ALLENATORE D'AVERSA

I precedenti, tra retrocessioni segnate e momenti di tensione

INSKI

SIGNE

BIANY

GERVINHO INGLESE

KUCKA

SCOZZARELLA BARILLÀ

BASTONI

IACOPONI

ALVES

A

GAGLIOLO

3

3-

SEPE

4-

RM A P

24 FEBBRAIO 2019 – ORE 18.00

Quello di Parma non si è mai rivelato un campo facile per i colori azzurri, ed è proprio nello stadio del capoluogo emiliano che si materializzò nel drammatico torneo 1997/98 la retrocessione, annunciata già da mesi, del Napoli più brutto della storia (solo 14 punti conquistati a fine stagione), con le lacrime di Batman Taglialatela abbracciato a fine gara da Fabio Cannavaro. Rivincita partenopea dieci anni dopo, quando sul finire del campionato 2007/08 la vittoria per 2 a 1 del Napoli di Reja sui padroni di casa contribuì in maniera decisiva al ritorno dopo quasi vent'anni dei ducali in Serie B. L'ultima sfida tra le due compagini disputata al Tardini in massima serie è datata maggio 2015, con gli uomini di Benitez bloccati sul pareggio da un Pa r m a g i à a m p i a m e n t e c o n d a n n at o a l l a retrocessione (cui seguirà il fallimento e la rinascita dalla Serie D) ed Higuain protagonista di un litigio col portiere avversario Mirante.

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LA COPERTINA

Toni Servillo: “Il cinema cattura, il teatro dona” di Giovanni Gaudiano

Lavoro” di Massimiliano Pacifico

Il successo di “Elvira”e la produzione di un film che ne racconta la preparazione. L'attore che non sbaglia un colpo dà un suggerimento: “Consiglio ancora oggi ai giovani di unirsi fra loro per lavorare insieme”

che fa da corollario alla preparazione della sua “Elvira”. L'attore ha voluto mettere in scena un testo difficile, profondo, fatto di gesti, di una scenografia essenziale ma soprattutto fatto di parole, di pensieri, di sensazioni. Il risultato sta non solo nel successo che l'Elvira di Brigitte Jaques ha raccolto ma soprattutto nell'aver

Recitare è l'arte di smuovere la

ricordato a tutti quelli che non lo hanno

propria sensibilità per trovare nuove strade,

conosciuto uno straordinario attore francese:

nuove voci, nuovi punti di partenza. Quindi

Louis Jouvet e le sue lezioni sul teatro

si tratta di smuoverla questa sensibilità

ambientate nel chiuso di un tavolato parigino

ra g i o n a n d o, s t u d i a n d o, a n d a n d o i n

mentre fuori stavano arrivando i carri armati

profondità che poi uno ha le condizioni per

tedeschi della Wehrmacht. La passione di

t rova re q u e gl i s t r u m e n t i ch e s o n o

Servillo e le sue grandi capacità sono esaltate

personalissimi che la smuovono questa zona

dal testo. La sua determinazione nel voler

misteriosa che è la sensibilità”. Sono le prime

ribadire che la sensibilità è alla base di

istruzioni di Toni Servillo ai suoi attori

qualunque cosa si faccia non sa di ostinazione

riportate nello splendido film “Il Teatro al

ma di convinzione, di passione, perché sono

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LA COPERTINA questi i motori del vero impegno, quello che può

bellissimo Théâtre des Célestins lo scorso

farti sfiorare la perfezione, quello per il quale

novembre. Il pubblico francese aveva

vale la pena vivere ed impegnarsi in qualcosa.

comunque già in passato dimostrato di

Abbiamo approfittato della sua presenza a

gradire particolarmente anche i nostri

Napoli per rivolgere a Toni Servillo alcune

allestimenti di autori come Eduardo De

domande partendo proprio dall'Elvira e dal

Filippo o Carlo Goldoni, più volte presentati

Teatro, per poi approdare anche al suo cinema di

in diverse tournèe». Siamo partiti da Elvira e

qualità. In Francia non sono mai teneri con noi

quindi dal teatro. Moliere, Goldoni, Marivaux,

italiani, cosa si prova quindi ad essere acclamati

Eduardo quale tra questi grandi autori le

in un teatro francese recitando una loro opera?

produce le più profonde sensazioni sul

«Questo testo di Brigitte Jaques, tratto

palcoscenico? «Parliamo di grandi Maestri,

dalle lezioni sul ‘‘Don Giovanni’’ di Molière

capaci di tenere sempre presente la lezione

tenute da Louis Jouvet nel 1940, aveva avuto

del passato, senza rinunciare a una tensione

un tale successo al suo debutto nel 1986, con

tutta contemporanea nei linguaggi che

protagonista il grande attore francese

articolavano nel loro teatro, e soprattutto di

Philippe Clévenot e la giovane Maria de

pensare, in maniere diverse, che il teatro

Medeiros, che nessuno aveva più osato

debba essere un'occasione di comunicazione

riprenderlo per trent'anni. Fu molto

civile. Quello che impariamo dalla loro

emozionante portare in scena ‘‘Elvira’’, una produzione di Teatri Uniti, la mia compagnia, e del Piccolo Teatro di Milano, con grande successo per una decina di repliche, una tenitura inconsueta per uno spettacolo straniero a Parigi, proprio all'Athénée, dove peraltro eravamo già stati nel 2006 con ‘‘Sabato, domenica e lunedì’’ di Eduardo. Ed è motivo di orgoglio per me e per tutta la compagnia sapere di poterlo riproporre nuovamente a Parigi, nel teatro che fu di Jouvet e che oggi ne porta il nome, nella prossima stagione teatrale. È indubbio quindi che abbia fatto piacere un'accoglienza così calorosa di pubblico e critica, poi ripetutasi anche a Lione nel

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lezione è che bisogna invitare lo spettatore a un viaggio e condurlo

Toni Servillo: ‘‘Questa società il dubbio vuol metterlo da parte, perché preferisce la certezza e il fare; mentre il dubbio è riflessione, ricerca di autenticità’’

in quella condizione felice che fa dire: sul palcoscenico sta accadendo qualcosa che mi riguarda profondamente. Con Elvira ho avuto poi la possibilità di rendere omaggio a un gigante del teatro europeo come Louis Jouvet, verso il quale sentivo di avere un debito di riconoscenza. Ha avuto una grande importanza per me aver letto con avidità, e divulgato, i suoi libri e i suoi scritti. La messa in scena è stata preceduta da molte coincidenze favorevoli. Dalla conoscenza casuale del volume Spettri miei compagni di Charlotte Delbo (la persona che aveva stenografato le lezioni di Jouvet), alle sollecitazioni di Michel Bataillon, un importante uomo di teatro francese, sull'opportunità di mettere in scena Elvira. Così abbiamo deciso di farlo, affidando a Giuseppe Montesano la traduzione del testo e alla giovane Petra Valentini il ruolo del titolo». Ci racconta quando e come è nata la passione per la recitazione? «Ho cominciato nella seconda metà degli anni Settanta, ancora da studente, formando il mio primo gruppo teatrale con altri ragazzi miei coetanei in una piccola città come Caserta. Allora speravo che

mi accadesse a teatro tutto quello che sta accadendo. Il cinema invece è arrivato più tardi, come una gradita sorpresa, dopo i quarant'anni. So di essere stato fortunato perché ho incontrato grandi registi che mi hanno permesso di ottenere importanti riconoscimenti internazionali. Il successo mi fa piacere, ma praticare la poetica quotidiana del teatro serve a darmi equilibrio, a fissare i limiti, a continuare. Il consiglio che do ancora oggi ai giovani è quello di unirsi fra loro per lavorare insieme». Dalle tavole dei teatri d'Europa ai set cinematografici. Un film, una precisa caratterizzazione. Come si fa? «Semplicemente faccio l'attore, un attore capace di mettersi al servizio degli autori, dei testi e dei personaggi, che a teatro posso scegliere personalmente. Nel teatro siamo lì, vivi, ad officiare un rito con il pubblico in un tempo esistenziale condiviso. Nel cinema non c'è svolgimento

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LA COPERTINA e si ripete una scena finché il regista rapisce quel momento che poi è fissato e non cambierà mai più. Se vogliamo, il rapporto sta nella consapevolezza di una sintesi: il cinema cattura, il teatro dona». Dal mio punto di vista è difficile trovare una sua interpretazione banale. Sarà per i soggetti, per i registi ma penso soprattutto alla sua capacità di dare al personaggio qualcosa che lo rende vicino alla perfezione. Quanto studia il suo ruolo per riuscirci? «Molto e per molto tempo. Soprattutto studiando la sceneggiatura e, successivamente, confrontandomi con le indicazioni del regista». È difficile chiederle di parlare di questo o di quel personaggio. La curiosità sarebbe tanta e lo spazio non sufficiente. Mi farebbe piacere conoscere il suo punto di vista su Roberto Salus, il monaco certosino de “Le Confessioni”? «Un personaggio che ho amato particolarmente. Dopo Viva la libertà, sia io che il regista Roberto Andò abbiamo voluto approfondire il ponte che esiste tra la realtà e l'immaginazione, allontanandoci dall'Italia per provare a fare un racconto più ampio. Il fatto che al summit tra i potenti della terra, descritto nel film, si vada a sedere una figura come quella del monaco creava un contrasto molto eccitante per un attore: in un mondo fatto di dichiarazioni ufficiali e di proclami si insinuava un uomo che ha come regola il silenzio. Il che significava affidare alle parole la pura necessità e dunque evitare di usarle in maniera strumentale o ambigua». È il caso a questo punto di parlare anche di Paolo Sorrentino. Ci potremmo soffermare su L’uomo in più (2001), Le Conseguenze Una panoramica di Zurigo e del fiume Limmat

dell'Amore (2004), il Divo (2008), sulla

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riduzione televisiva di Sabato, Domenica e Lunedì (2005), su Loro (2018) ma è impossibile sorvolare su Jep Gambardella e su La Grande Bellezza (2013) non tanto per i premi e per la cassa di risonanza ma per la studiata realizzazione di un film che descrivesse attraverso Roma cosa significa essere italiano. «Ai tempi de L'uomo in più, ormai quasi venti anni fa, né io né Paolo Sorrentino avremmo mai potuto immaginare che il percorso appena iniziato ci avrebbe portato anche all'Oscar. Se penso ai cinque personaggi che Paolo Sorrentino mi ha affidato, da Tony Pisapia de L'uomo in più, a Titta Di Girolamo de Le conseguenze dell'amore, Giulio Andreotti de Il divo, a Jep Gambardella de La grande bellezza, a Silvio B e r l u s c o n i i n L o ro, n o n r i e s c o a d immaginare nulla di più eterogeneo e affascinante. Un capitolo sempre nuovo disegnato da uno straordinario scrittore di racconti, capace di cambiare continuamente il proprio punto di vista sulle cose».

Per tutti coloro amanti del teatro e del grande cinema segnaliamo la costituzione e l’attività di un gruppo su facebook denominato ‘‘Toni Servillo Fans Club’’ che conta ad oggi circa 4000 membri di cui è amministratore Fabio Catalano. 45


STORIE NAPOLETANE

Sergio Puttini e la sua Saces Il sorriso, la passione e la lungimiranza di un imprenditore che insieme alla sua famiglia sin dal 1972 ha costruito un'azienda solida e leader nel suo settore

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S

iamo a San Giovanni, nello

mondo della sua azienda, partendo dalle

stabilimento della Saces Srl,

origini fino all'attualità: «La nostra

società fondata nel 1972 dai

società (la sigla sta per Società,

fratelli Piero e Sergio Puttini. L'incontro

Appalti, Costruzioni, Commercio,

in sala riunioni inizia con il volto

Edile Sanitari) si occupava di arredo

sorridente del sig. Sergio che cattura

bagno, piastrelle, vasche e non

subito la nostra attenzione.

trattavamo cementi. Nell'oggetto

Ottantacinque anni soltanto sulla carta

sociale in un primo momento risultava

d'identità, la gran voglia e la passione per

anche la voce costruzioni che di fatto

il proprio lavoro che ancora oggi non sono

non abbiamo mai trattato. Avevamo dei

venute meno, quasi fosse ancora il primo

negozi a Corso Garibaldi e Via

giorno di lavoro. Nonostante sia un fine

M o n t e o l ive t o » . C o n c e s s i o n a r i a

settimana, ma soprattutto la fine di una

esclusivista dei prodotti Mapei in

lunga giornata lavorativa, Sergio Puttini

Campania, la Saces oggi vanta un grande

ci ha concesso il suo tempo, per

prestigio, costruito nel corso degli anni

raccontarci la sua storia, in particolare di

grazie alla trasparenza, alla lungimiranza

come la sua azienda sia riuscita a rendere

e alla determinazione del sig. Puttini che,

la Campania la prima regione italiana per

come è possibile leggere dalla storia

consumo dell'oramai famoso collante

dell'azienda disponibile sul sito, ascoltò il

Adesilex P9. «La nostra azienda è nata

suggerimento di suo padre: “Sergio

nel 1972 – racconta Sergio Puttini – ma

lascia tutto, tieniti solo il maresciallo

in realtà è antecedente. Tutto

(carabiniere in pensione addetto alla

cominciò da mio nonno Pietro Puttini,

contabilità ed al magazzino), Vittorio

originario di Piancastagnaio

(l'autista), il bollettario delle

(provincia di Siena ndr), che nel 1920 in

consegne in tasca e vendi solo Mapei”.

un sottoscala di Via Genova a Napoli

Risale a molti anni fa l'incontro tra Saces e

impiantò una fabbrica di mattonelle di

Mapei, una storia bella non solo da

cemento. Saces alla fine non è altro che

raccontare ma anche, e soprattutto, da

l'anagramma della società di mio

ascoltare per comprendere come la

padre, che si chiamava Cesa». Tra

fiducia, la lealtà e l'attaccamento alle

qualche battuta e tanti aneddoti sul

persone sono la base per raggiungere il

passato il sig. Sergio ci introduce nel

successo: «Eravamo concessionari di

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STORIE NAPOLETANE una fabbrica di Sassuolo di nome Ceramica Veggia, la quale produceva settant'anni fa un prodotto che si chiamava Kervit. Le piastrelle all'epoca erano alte un centimetro, mentre questa azienda ne produceva una molto più sottile. All'epoca la produzione si basava sulla realizzazione del biscotto, che veniva prima infornato, poi passato sotto ad una macchina, vi si applicava successivamente lo smalto ed infine veniva infornato nuovamente. La mattonella della Veggia, invece, veniva realizzata per colaggio sopra ad una campana di bronzo con un'unica cottura del biscotto di supporto e dello smalto. Era antiacida, ingeliva, ma con un difetto per i sistemi dell'epoca. Quando avveniva il colaggio sul supporto, per non farla attaccare si metteva una specie di sabbietta, di nome ingobbio, che rimaneva attaccata sotto alla piastrella. Visto che funzionava da disarmante, non si riusciva a metterla in posa. Si sarebbe dovuto spolverarla ma all'epoca questo non si sapeva. Di fatto non si riusciva ad attaccarla, provammo anche noi. La sera il lavoro era completato ma la mattina trovavamo il rivestimento staccato. Provammo con il Vinavil ma non andò bene. Allora l'inventore della piastrella Antonino Dal Borgo comprese che andava realizzato un collante specifico. Così miscelando sabbia, cemento e additivi della pecora americana, produsse il primo collante. La quantità era insufficiente per le sue potenzialità ed allora si rivolse alla Mapei, che con alcune modifiche realizzò l'Adesilex P9. Questo fu il punto d'incontro di due aziende, anzi meglio di due famiglie. Oggi quella mattonella è esposta al museo della Ceramica di Sassuolo perché all'epoca costituì una grande innovazione». Nacque così la collaborazione tra le famiglie Squinzi e Puttini, che tra l'altro ha consentito all'azienda Saces di affermarsi e di ottenere primati in Italia per sé e per la Regione Campania: «Ad avere i primi contatti fu mio padre. Io andavo ogni quindici giorni a Sassuolo, a Milano allo stabilimento Mapei e finivo per allungarmi a Bergamo (ride ndr) dove c'era la mia fidanzata, che diventò mia moglie». Con il sig. Sergio non si è esaurita la passione della famiglia Puttini per questo lavoro. I tre figli Giuseppe, Paolo ed Antonia portano avanti ora l'azienda di famiglia con lo stesso entusiasmo e la stessa passione che il padre ancora oggi continua a mostrare. Saces

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L'APPROFONDIMENTO adesso è una struttura costituita da quattro depositi dislocati a Napoli (a Corso Lucci e Via Barbato), a Marcianise ed a Fisciano (Salerno). Si tratta di una crescita avvenuta nel corso degli anni grazie alla grande attività imprenditoriale della famiglia. Il sig. Puttini, inoltre, è un grandissimo tifoso del Napoli. Chi meglio di un imprenditore come lui può commentare l'operato del presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis, che sin dal suo arrivo alle falde del Vesuvio con la sua politica aziendale ha diviso la tifoseria: «De Laurentiis non è soltanto un buon presidente, ma un ottimo presidente. Non dispone delle risorse finanziarie della Juventus, ma anno per anno realizza il meglio possibile senza vendersi ai cinesi». Ancelotti o Sarri? «Mi sarei tenuto tutta la vita Sarri. Mettendogli a disposizione qualche altro giocatore, avrebbe potuto anche quest'anno tentare di spodestare la Juventus». Preferendo Sarri, giustamente l'attenzione ricade sul bel gioco. Oltre agli ultimi tre anni di calcio spettacolo, anche il Napoli degli anni settanta, allenato da Vinicio, incantava particolarmente dal punto di vista estetico: «Il Napoli più bello – ricorda il sig. Sergio – l'ho visto quando perse con la Juventus 6 a 2, fu stratosferico. Come è cambiato il commercio, anche il calcio poi è cambiato. Se pensiamo alle recenti sfide di Coppa Italia la Lazio per esempio faceva attaccare l'Inter per colpirla in contropiede, lo stesso atteggiamento l’ha adottato anche il Milan contro il Napoli. Si dice sempre che ogni italiano si erga a probabile allenatore, non voglio mettermi tra questi ma non si può non considerare che, quando vinciamo, lo facciamo con sofferenza». L'incontro è finito, lasciamo libero il sig. Puttini che finalmente può ritenere chiusa un'altra settimana di lavoro. Una stretta di mano, l'ennesimo sorriso sul suo volto e il nostro sguardo si posa sulle bellissime moto da collezione e su una coppa ottenuta qualche anno fa dal figlio Giuseppe in occasione della Volcano Race. La passione per lo sport va di pari passo con il lavoro dell'azienda. Il segreto della famiglia Puttini, come è

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STORIE NAPOLETANE scritto nella storia dell'azienda presente nel sito, è “percorrere ogni anno qualche miglio in più per raggiungere una meta alla quale non si arriva mai, per non sentirsi arrivati. Guai a sedersi sugli allori, guai a mollare le scotte, di poppa c'è gente che rema come dannati per superarti o speronarti”. L'orizzonte è irraggiungibile, è vero, ma smettere di crescere sarebbe un errore madornale. Saces invece è irrefrenabile, continua a navigare senza sosta, perfino qualche volta con il vento contrario. Non può smettere di farlo e questa è probabilmente la sua grandezza, la capacità del sig. Sergio e di tutta la sua famiglia.

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I VOLTI DI NAPOLI

Susy Mennella e la valigia dell'attore

di Giovanni Gaudiano

Ha un volto solare, parla di teatro e cinema, del suo a m o r e p e r Fe l l i n i e dell'attività da produttrice che l'affascina per la vicinanza agli attori ed al loro mondo pieno di racconti

I

l mondo dell'arte vissuto sin dalla tenera età, magari all'inizio

inconsapevolmente, la fantasia di

scrivere, disegnare, recitare. Poi il liceo artistico, le specializzazioni e un corso di recitazione che alimenta la fiamma già custodita ed allora si parte con la valigia, quella dell'attore. Si inizia un percorso perché senti di voler fare quello: “E allora eccoci, siamo qua, siamo venuti per niente perché per niente si va. E c'inchiniamo ripetutamente e ringraziamo infinitamente …”, poche parole della splendida canzone di De Gregori per completare la presentazione di Susy Mennella, questa giovane, bella, solare ragazza partenopea che non ha avuto nessuna esitazione nel cercare la realizzazione dei suoi sogni. Nella famiglia si masticava arte ma si pensava che lei potesse fare altro. «Quando con le mie amiche dovevamo studiare di pomeriggio spesso ci dedicavamo alla recitazione. Le storie che mi ero inventata e che avevo scritto diventavano il soggetto delle nostre rappresentazioni, oppure riproducevamo ciò che avevamo visto in televisione: scene in costume, imitazioni, videoclip musicali. Tutto questo è durato quasi sino ai diciotto anni, quando poi sono entrata all'Accademia delle Belle Arti dove mi sono laureata, seguendo anche una serie di corsi di specializzazione».

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Susy è una donna con molti interessi, qualità forse necessaria per pensare di diventare un’attrice, una regista, una scenografa, una produttrice. «L'accademia è stata per me una dell'esperienze più belle che abbia mia vissuto, partendo proprio dagli studi che quel corso di laurea prevede. L'arte antica, quella contemporanea, la fotografia, il modellismo, la regia per poi approdare ai palcoscenici con i primi provini visto che i docenti sono anche scenografi. È stato così che ho potuto avvicinare questo mondo proprio attraverso i miei insegnanti. Le mie continue richieste di inserirmi nei vari spettacoli in allestimento hanno alla fine convinto i docenti a darmi la possibilità di mettermi alla prova». La recitazione è un'attività complessa, probabilmente è un'attività che ha bisogno di essere accompagnata da un pizzico di follia. Chi vuole fare l'artista d'altronde, quando inizia, spesso non sa quale sia la sua vera inclinazione ed è importante arrivare a comprenderlo. «Alla mia età credo di aver compreso di poter esprimermi soprattutto nella regia e poi sono affascinata dalla produzione. Vorrei far crescere la società che ho fondato sei anni fa, la Cabiria produzioni, sia nel campo teatrale che in quello cinematografico». Il pensiero a questo punto va a Fellini, raccontaci di questa tua predilezione per il grande maestro. «Stavo lavorando con un attore napoletano, Franco Iavarone, stavamo facendo uno spettacolo insieme e nelle pause lui mi raccontava le sue esperienze. Tra le altre mi ha parlato dei due film che aveva girato con Fellini. Il regista era già tra i miei preferiti ed è stato in quel momento che ho pensato per la prima volta di realizzare qualcosa di mio sulla sua

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I VOLTI DI NAPOLI

attività. Poi sembrerà strano ma il cortometraggio che ho scritto e realizzato (AMARiriCORDi – La Strada per la Dolce Vita) in realtà io l'ho sognato. Forse è successo, perché in quel periodo stavo studiando i lavori del regista partendo dalle sceneggiature e questo approfondimento mi ha influenzato. Ho scritto il corto perché in fondo Fellini fa parte di un sogno e ho voluto fare riferimento ai cinque film per i quali il regista ha vinto i suoi Oscar compreso quello alla carriera. Il Maestro era avanti per la sua epoca, oggi in Italia abbiamo Paolo Sorrentino che sembra ripercorre la sua strada». Il lavoro ha riscosso un buon successo ed ha permesso a Susy di entrare nel mondo ovattato del cinema dalla porta principale. «Poi ho iniziato a pensare che la mia inclinazione era sempre stata quella di organizzare, di scrivere, ed avendo contatti con una serie di attori ho iniziato ad interessarmi della produzione che oggi è diventata la mia attività prevalente. D'altronde io adoro gli attori, mi incuriosiscono con tutte le loro fragilità e poi hanno tutti una storia alle spalle che a me piace ascoltare, anche se già l'ho sentita». A questo punto pensi di impegnarti più nel teatro o nel cinema? «Io amo molto il cinema ma non potrei fare a meno del teatro, perché sono due tipi di lavoro completamente diversi. Il set si consuma nel tempo della realizzazione del film, il teatro invece è fatto di viaggi, di trasferimenti, di vita in comune. Per me l'importante è poter fare, realizzare il mio senso artistico, partecipare alla vita degli attori». Ci salutiamo e Susy riparte subito, ha degli impegni che la porteranno lontano da casa, con la sua valigia sempre pronta, quella dell'attore, del regista, del produttore: è importante per lei vivere in quel mondo che continua ad affascinarla, come fosse il primo giorno.

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L'EVENTO

“Il Sogno d'Amore” di Marc Chagall di Lorenzo Gaudiano

Fino al 30 giugno la Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta ospiterà un'importante mostra dell'artista bielorusso naturalizzato francese

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l cuore pulsante di Napoli con la sua storia, le sue tradizioni, i suoi misteri e le sue attrazioni turistiche ben volentieri si presta per un tuffo nel passato, per celebrare le forme d'arte di un tempo lontano ma destinate comunque ad essere ammirate in eterno. Non c'è luogo più adatto della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, sita in via dei Tribunali, per ospitare le 150 opere e più di un artista poliedrico e geniale come Marc Chagall, che nella sua vita ha saputo, e dovuto al tempo stesso, affrontare tante difficoltà come la Rivoluzione russa, le Guerre mondiali, la minaccia del nazismo per la sua origine ebrea e la perdita dell'amore della sua vita, Bella Rosenfeld. Più che essere abbattuto da quest'insieme di sciagure, l'artista bielorusso naturalizzato francese ne è risultato arricchito. Il suo talento non ne ha risentito, ha continuato ad incrementarsi grazie anche ai contributi delle avanguardie novecentesche e della Scuola di Parigi, per poi sbocciare in una forma d'arte varia e ricca di colore. Chagall non è stato soltanto un pittore, come le sue meravigliose opere certificano, ma anche un viaggiatore: da Vitebsk, città

“Nelle nostre vite c'è un solo colore che dona senso all'arte e alla vita stessa: il colore dell'amore

Marc Chagall

natale, a Parigi, passando per la Spagna, il Portogallo e gli Stati Uniti, dove si rifugiò per sfuggire alle persecuzioni dei nazisti. Ciò ha consentito all'artista di esplorare con la sua pittura mondi diversi: prima quello reale; poi quello fiabesco; infine quello biblico. Oltre a notevoli contributi per il teatro, Chagall realizzò anche opere monumentali come: le pitture murali per l'Opera di Parigi e il Metropolitan di New York; le vetrate per le cattedrali di Metz e Reims; i mosaici per il nuovo Parlamento di Gerusalemme e per l'Università di Nizza. Un artista straordinario, a cui la curatrice spagnola Dolores Durán Úcar ha dedicato una mostra prodotta ed organizzata dal Gruppo Arthemisia, che sarà visitabile sino al 30 giugno 2019. “Sogno d'amore” è il tema della rassegna, che in quattro sezioni racconta il percorso biografico ed artistico di Chagall attraverso le sue opere. Il Compleanno, La Passeggiata, Sopra la città e Parigi dalla finestra sono soltanto alcune delle opere presenti, pronte a catturare lo sguardo dei visitatori e ad attirarlo in un mondo onirico, dove il confine tra realtà e fiaba è davvero sottile,

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L'EVENTO

La Sposa

Le vetrate della Cattedrale di Reims

La Passeggiata

Hanno detto di lui “Un genio, spaccato come una pesca Blaise Cendrars, scrittore svizzero-francese

“Posso ben dire che Chagall non solo mi ha fatto conoscere il surreale e il fantastico ma mi ha fatto anche da maestro nel modo apparentemente arraffone di stendere i colori per poi scoprire che sono messi in contrasto con un rapporto scientifico che ha dello sconvolgente Dario Fo, premio Nobel per la Letteratura 1997

“La stranezza di Chagall è proprio nel fatto che egli usa una fantasia fondamentalmente surrealista, che però ha una vena poetica maggiore rispetto ai surrealisti classici; quindi decostruisce il mondo e lo ricostruisce in chiave poetica Giovanni Pasetti, critico d'arte

Il Compleanno

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La parola a Chagall “Forse vi chiederete perché ho dipinto capre e pesci che volano, violinisti con la faccia verde appollaiati sui tetti, case che galleggiano nel cielo a testa in giù, innamorati che volano sopra la città … Ho dipinto il mio mondo, la mia vita, quello che ho visto e quello che ho sognato: ho dipinto la mia Russia, la mia Vitebsk dove sono nato, il quartiere degli ebrei poveri dove sono cresciuto, così come lo vedevo quando ero ancora bambino, quando ancora mi chiamavo Moshe Sega L'Ebreo in Rosa

difficilmente individuabile. Tutto all'insegna del grande amore provato dall'artista per la s u a a m a t a , p e r s a prematuramente, che fu la sua musa ispiratrice. Dopo quel tragico evento restò un vuoto nella sua anima, consolata però dalla sua smisurata passione per l'arte e dal suo irrefrenabile talento. Dopo Escher, Napoli ospiterà la produzione di un altro grande artista, capace di raccontare la propria travagliata vita attraverso le sue bellissime opere. Con la visita alla mostra è Con la moglie Bella Rosenfeld d'obbligo una rilassante passeggiata per Via dei Tribunali, magari fermandosi in una delle note pizzerie, per entrare in contatto con la storia e l'atmosfera partenopea e deliziare l'animo con la creatività e la vivacità cromatica di Marc Chagall.

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LA CITTÀ

La Chiesa gioiello della Pietrasanta La basilica di Santa Maria Maggiore merita una visita non soltanto per la mostra in corso di Chagall ma per la sua bellezza e la sua unicità di Marina Topa

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el cuore di Napoli, in via dei Tribunali, una delle strade più caratteristiche del nostro centro storico fu edificata nel VI sec., sui resti del tempio greco di Diana, la Basilica di Santa Maria Maggiore. Secondo la leggenda gli abitanti della zona, afflitti dalla convinzione che il luogo fosse infestato dal demonio, si rivolsero al vescovo Pomponio affinché suggerisse loro la modalità migliore per risolvere il problema. Sulla base di questa esortazione il vescovo, nel 525, la trasformò in basilica e decise di dedicarla alla Vergine Maria: questo gioiello del patrimonio artistico Partenopeo fu la prima chiesa della città ad essere dedicata alla Madonna. La struttura originaria della Basilica presentava una pianta a tre navate divise da diciotto colonne e con cupola centrale, l'ingresso era anticipato da un porticato, dove probabilmente in seguito furono costruite la Cappella Pontano e la Cappella del Salvatore. La struttura attuale risale invece alla ricostruzione progettata tra il 1653 e il 1678 da Cosimo Fanzago, che la realizzò in stile barocco. Altri restauri furono realizzati tra il XVIII e il XIX secolo ma i più incisivi risalgono a quelli effettuati negli anni '70 del secolo scorso che rimediarono ai numerosi danni che la

basilica subì durante la seconda guerra mondiale. Fu durante queste operazioni di restauro che fu recuperato un interessante mosaico di età tardo repubblicana e alcune strutture in tufo e reticolato. La basilica venne detta anche “della Pietrasanta” perché al suo interno era custodita una pietra che secondo la tradizione, una volta baciata, dava l'indulgenza, particolare che indubbiamente ampliava il numero dei visitatori attirandoli anche tra coloro poco interessati dall'aspetto più

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propriamente religioso o artistico (in essa è possibile ammirare anche due sculture in stucco di David e San Simone, eseguite da Matteo Bottigliero). Notevole impulso al richiamo del grande flusso turistico che si dimostra sempre più attratto dalla Napoli antica, tra mito e tradizioni, lo sta dando l'Associazione Pietrasanta Polo Culturale, nata nel 2011 e fondata da Raffaele Iovine, attuale presidente, che è diventata Onlus nel 2018… una delle tante Onlus che permettono di non cancellare il patrimonio culturale quindi artistico, umano, folkloristico, storico, letterario, etc. della nostra città. L 'associazione presentò un progetto di riqualificazione della Basilica di Santa Maria Maggiore alla Pietrasanta, che nel 2011 le ha permesso di ottenere un contratto di comodato da parte della Diocesi di Napoli; cosa che ha permesso che il polo fosse riconosciuto come sito di interesse storico e culturale, determinante per l'ingresso della Basilica nel piano di valorizzazione dei siti Unesco. Il numero dei visitatori è in continua crescita grazie alle numerose iniziative dell'associazione: visite guidate teatralizzate, concerti e mostre come quella di Chagall che attireranno turisti stranieri ma anche tanti napoletani che vorranno approfittare per visitare anche questo gioiello architettonico ed il suo intero complesso.

“Guardate la Pietrasanta, vedrete una chiesa. Entrate dentro, vedrete la bellezza (Raffaele Iovine – Pres. Ass. Pietrasanta Polo Culturale Onlus)

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TRADIZIONI E LEGGENDE

Le Janare e la leggenda del Diavolo Maiale di Paola Parisi

Streghe, maghe, portatrici di malocchio di notte e buone madri di famiglia di giorno: chi erano davvero le janare? E poi il diavolo in giro per via dei Tribunali camuffato da maiale

L

a leggenda della Manara è una delle più famose della Campania. Questa credenza è una delle più radicate nell'area del Sannio, divulgatasi poi anche a Napoli. Si tratta di una delle tante specie di streghe che popolavano i racconti appartenenti soprattutto alla tradizione del mondo agreste e contadino. La “janara” infatti era una donna con una vasta conoscenza dell'occulto, della magia, capace di lanciare malocchi e che, a differenza della strega, era una persona insospettabile, sempre presente in qualunque manifestazione religiosa e capace di condurre la vita di una buona madre di famiglia. Di notte, invece, emergeva la sua vera natura sinistra, carica di odio e di invidia. L'origine del nome potrebbe derivare da Dianara ovvero sacerdotessa di Diana, dea della caccia, o da Ianua Doris ovvero "porta di Giano". Ed è probabile che sia quest'ultima la più attendibile visto che era proprio dinanzi all'uscio che, secondo la tradizione, era necessario collocare una scopa o un sacchetto di grani di sale per distrarla dai suoi nefandi intenti, costringendola a contare i rametti o i granelli per farla indugiare sino a farla perdere il conto e ricominciare il conteggio daccapo fino al sorgere del sole, dal quale fuggiva prontamente essendo questo suo

atavico nemico. Si racconta poi che la janara si intrufolava nelle stalle per rapire una giumenta e cavalcarla tutta la notte intrecciandone la criniera per palesare la sua venuta. Per evitarne il rapimento, che per lo sforzo di dover cavalcare tutta la notte conduceva i cavalli alla morte, si pensò di attuare questo ingegnoso artificio dinanzi agli usci delle stalle e successivamente anche di quelli delle case abitate. Ingegnoso fino ad un certo punto e per l'epoca anche valido, ma una janara del terzo millennio non si farebbe certamente fatta "sedurre" da una scopa o da un sacchetto di sale. Oggi per desistere al lancio degli anatemi si dovrebbe optare per un sistema adeguato ai nostri tempi. La curiosità è donna ed è un dogma imperituro e dunque basterebbe lasciare all'uscio uno smartphone con whatsapp da spiare in tutta tranquillità e addio

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La leggenda del Diavolo maiale è legata alla nascita della Basilica della Pietrasanta. Si narra che nel 533 d.c. San Pomponio, vescovo di Napoli, decise di far edificare la Chiesa dopo che la Vergine Maria gli apparve in sogno chiedendogli di realizzare un santuario a lei dedicato. La Madonna gli spiegò che la Basilica avrebbe contrastato la presenza del Diavolo che, sotto forma di maiale (il porco Diavolo appunto, adottato anche nelle nostre imprecazioni quotidiane) intento a lavare con il sangue le sue vittime, compariva tutte le notti nella zona compresa tra piazza Miraglia ed il centro antico, spaventando con il suo grugnito infernale i residenti e tentando di insinuarsi nelle loro vite. Secondo gli abitanti del luogo, questa malefica presenza era legata ai vecchi resti del Tempio di Diana, dove alcune donne, considerate streghe (le Dianarie o janare) dedite a rituali pagani, avevano alimentato il desiderio di vendetta della dea, consegnando alla città l'orribile maiale. Con l'edificazione della Basilica di Pietrasanta, questo spaventoso animale scomparve per sempre, lasciando finalmente in pace la popolazione. Per sconfiggere il male, durante i secoli a venire, i vescovi continuarono a sgozzare, affacciati alla finestra della Chiesa, un'enorme scrofa, offerta dai fedeli. Da qui deriva la festa denominata "della porcella", che si svolgeva ogni anno nel mese di maggio (mese dedicato appunto alla Madonna). Questa pratica maledizioni. E se non ci fossero stati scopettini, fu poi abbandonata nel 1625 perché ritenuta rituali e frasi magiche ad ostacolarle? La janara indecorosa ed oltraggiosa per i canoni religiosi. strisciava fino al letto del malcapitato, preso di La Vergine inoltre suggerì al Vescovo Pomponio mira, mettendosi con tutto il suo corpo sul petto di costruire la Chiesa solo dopo aver trovato una fino a soffocarlo oppure si infiltrava nei sogni pietra di marmo celata sotto al terreno da un del poveretto creandogli incubi per malmenarlo panno di colore celeste, la quale aveva il potere di alla fine, in qualche caso, sino ad ucciderlo... una concedere l'indulgenza a coloro che la baciavano. versione femminile di Freddy Krueger della La tradizione vuole che sotto di essa sia stato celeberrima saga dei film horror "Nightmare" . sepolto Papa Evaristo, celebrato il 27 ottobre Or dunque, per queste sue caratteristiche, vi è dalla Chiesa, ma a distanza di anni la pietra non è un modo di dire tutto napoletano di etichettare mai stata trovata. C'è chi sostiene addirittura che una donna dal carattere acido e antipatico. sia tenuta nascosta poiché su di essa sono incisi Almeno una volta nella vita ci è capitato di udire segni ed iscrizioni legati al mito dei Cavalieri o di pronunciare l'espressione "mamma mia Templari. Insomma il mistero continua... ...ma sta femmena è proprio na' janara".

L a l e gg e n d a d e l diavolo maiale che girava per via dei Tribunali camuffato da maiale

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L'ILLUSTRAZIONE

La s iscia di Cenzì

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L'INIZIATIVA

Un villaggio per crescere a Pianura

di Giorgia Mangiapia

Presso l'I.C. Don Giustino Russolillo, sede Via Comunale Napoli, ha aperto le sue porte il Progetto Nazionale gratuito “Un Villaggio per Crescere” rivolto a famiglie e bambini da 0 a 6 anni

«

Pianura è al centro di un'iniziativa meravigliosa. Svolgeremo delle attività con le famiglie e con i bambini di età da 0 a 6 anni per leggere insieme, per curare un orto, per creare gioco empatico, per star bene con il nostro corpo e per stare con l'altro, in questa sede scelta simbolicamente perché qui, a Via Comunale Napoli, ci deve essere legalità, formazione, bellezza e creatività», così il dirigente scolastico dell'I.C. Don Giustino Russolillo - Daniela Pes - ha condiviso, con emozione, la gioia per l'inizio del progetto “Un Villaggio per Crescere”, un progetto su scala nazionale, proposto e coordinato dal Centro per la salute del Bambino ONLUS, approvato nell'ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile. Il progetto si propone di garantire un'offerta educativa gratuita di qualità, tutti i giorni in orari mattutini e pomeridiani, rivolta a tutte le famiglie con bambini di età compresa tra 0 e 6 anni residenti in aree caratterizzate da alta prevalenza di povertà educativa e carenza o scarsa fruizione di servizi per l'infanzia, con la creazione di nove presidi, allestiti in strutture messe a disposizione da Enti pubblici. «Si tratta di un Progetto nazionale che coinvolge 32 partner, tra cui il Comune di Napoli, e nove Regioni

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e quindi nove presidi del Villaggio dalla Lombardia alla Sicilia. Noi siamo uno dei tre presidi della Campania, abbracciamo un territorio vastissimo». Pianura, quindi, come punto di riferimento per le famiglie di Napoli, Pianura come luogo dove giungere per crescere all'insegna della bellezza formativa e come luogo dove andare per creare e crescere. Presenti all'inaugurazione l'Assessore alla Pubblica Istruzione e alla Scuola, Annamaria Palmieri e il Vicepresidente e Assessore alle Attività Scolastiche della Municipalità 9, Marco Lanzaro. «Sono convinto, e oggi ne ho un'ulteriore conferma, che il mondo della scuola metta in relazione i genitori e i ragazzi, che costituiscono il fulcro dell'agire scolastico, con le Istituzioni consentendo così un dialogo continuo e una collaborazione fatta di confronti. Il Villaggio porta in sé lo spirito della rinascita. Per noi è fondamentale collaborare con chi crede in questo spirito e sono orgoglioso che sia nato qui, in questa zona di Pianura», così interviene il Vicepresidente Marco Lanzaro per sottolineare il bisogno di confronto con le famiglie. «Un Villaggio per crescere nasce intorno ad una scuola che avrebbe già di suo, nell'ordinario, da sbrigarsi un bel po' di problemi. Ciò che osservo è che ci sono contesti scolastici in cui il vivere quotidiano della scuola è complicato, ci sono diverse realtà e genitori, diverse famiglie e problemi differenti e c'è anche un diverso modo di porsi dei ragazzi nei confronti della scuola. Di fronte a queste complessità si potrebbe dire: “Già faccio tanto nel mio territorio”. Ci sono poi modi d'interpretare la scuola che io condivido: la scuola è il più bel simbolo dello Stato. La Scuola è la città perché intorno ad essa, intorno agli insegnanti, ai bambini e ai ragazzi, ci sono le famiglie. Aver vinto questo progetto nazionale è un orgoglio, questa è la vera comunità. Una comunità che non pensa che il compito della scuola sia far prendere una licenza o diploma ma che ci sia l'opportunità di diventare una Persona e mentre lo diventa il bambino divento io una Persona migliore, per tutto quello che posso imparare insieme a lui. Questa la logica del Villaggio», conclude l'Assessore Palmieri rimarcando l'importanza del coinvolgimento delle famiglie nel mondo della scuola per la realizzazione di percorsi di crescita con i bambini. Un Villaggio per Crescere Napoli, ha ormai spalancato le sue porte pronto ad accogliere bambini e famiglie e a prendersi cura, insieme, di ogni singolo bambino proveniente da qualsiasi luogo della Campania. Un Villaggio ha messo Pianura al centro di una sfida meravigliosa e da vincere.

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IL PATRIMONIO

La bellezza e l'incanto

La Casina Vanvitelliana del Fusaro, un luogo elegante e raffinato che sembra racchiudere tanti segreti, tenuto in vita e curato dalla passione dell'Associazione Culturale Phlegraeus

«

Una casina tra le acque di un

guidare alla scoperta del sito il visitatore

lago, il lago del Fusaro a Bacoli

durante una delle puntate delle “Meraviglie –

a poca distanza da Napoli.

La Penisola dei Tesori” realizzate da Alberto

Singolare vista dall'alto è la sua forma

Angela. Il verde del Parco Vanvitelliano del

poligonale, fatta di curve e rientranze. A

Fusaro, l'azzurro del cielo costellato da nuvole

volerne la realizzazione il Re Ferdinando IV

candide, il blu ed il rosso del lago sono i colori di

di Borbone. Un casino di caccia le cui stanze

un bellissimo dipinto che raffigura un paesaggio

ospitarono personaggi illustri come Mozart,

incantevole, dominato da una costruzione

Rossini, Metternich e lo Zar di Russia

raffinata ed elegante come il Casino di caccia

Nicola I. Al tramonto le acque si tingono di

della famiglia Borbone. Luogo di quiete e di una

rosso e la Casina Vanvitelliana appare come

bellezza infinita, che si presta per una dolce e

un luogo sede di incanti e di segreti». È la

momentanea evasione dal caos e dallo stress

splendida voce di Francesco Pannofino a

della quotidianità, la struttura nasce sul Lago

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IL PATRIMONIO del Fusaro, oggi noto soprattutto per la mitilicoltura ma un tempo, nel lontano 1752, conosciuto in quanto riserva di caccia e di pesca dei Borbone. L'opera di trasformazione del luogo fu intrapresa da Luigi Vanvitelli e portata a termine dal figlio Carlo, che nel 1782 realizzò su commissione del Re delle Due Sicilie Ferdinando IV il Casino Reale, collegato alla riva da un ponte ad arco. Oltre a questo sito il Comune di Bacoli vanta un ricco patrimonio artistico-culturale di grande livello e fascino che purtroppo da un po' di anni a questa parte non è stato, e non viene attualmente, valorizzato come si dovrebbe. Questo discorso non vale per il Real Casino Borbonico, che grazie alla determinazione, a l l a p a s s i o n e e a l g r a n d e l avo r o dell'Associazione Culturale Phlegraeus si offre ai suoi turisti non soltanto per una visita, ma anche come sede di svariate attività ed eventi volti a valorizzare la storicità del luogo e una piccola parte, ma di valore immenso, del patrimonio culturale della città di Bacoli: «L'Associazione – ci racconta il presidente Nunziante Lucci – opera dal 2001 ed è costituita da un gruppo di giovani della zona flegrea che ama il proprio territorio e cerca di valorizzare il Real Sito Borbonico della Casina Vanvitelliana. Siamo circa quindici persone. Oltre alla gestione del sito cerchiamo di organizzare diverse attività promozionali per entrare sempre più in contatto con il pubblico. Per esempio ci stiamo attrezzando per allestire un punto

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souvenir che tutt'ora manca, per consentire ai visitatori di portare con sé un ricordo di questo luogo magico ed affascinante». L a delicata situazione politica della città di Bacoli inevitabilmente ostacola la valorizzazione e la promozione dei siti culturali, che necessiterebbero di maggiori fondi e di una cura più zelante per rappresentare una vera e propria risorsa: «Tutto il Parco, di cui fa parte anche la Casina, è di pertinenza di una società privata, il Centro Ittico Campano Spa, tra l'altro una partecipata del Comune di Bacoli stesso, che comunque si occupa del suo monitoraggio. Considerando che i siti nella zona sono tantissimi, il Comune ovviamente non riesce a farsi carico sia delle incombenze amministrative che delle spese di manutenzione dei siti stessi. Infatti molti di questi purtroppo ancora oggi sono chiusi al pubblico». I siti borbonici nella Regione Campania sono molteplici e davvero interessanti da visitare. L'affluenza di visitatori è particolarmente alta, per la Casina però è decisamente più stagionale: «Lavoriamo giorno dopo giorno per raggiungere livelli di presenza più elevati. Qui l'affluenza è di fatto stagionale, concentrata per lo più tra marzo e ottobre. Grazie al contributo dei social network abbiamo comunque incrementato i contatti e le recensioni, che naturalmente contribuiscono alla propaganda e alla

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IL PATRIMONIO conoscenza da parte degli utenti del sito da noi gestito». Il Casino dei Borbone è un luogo d'incanti e di misteri, protagonista anche di qualche mito da sfatare assolutamente: «L'80% delle persone che visitano il nostro sito è convinta di ammirare la Casina del film “Le avventure di Pinocchio”. Mosso dalla curiosità, sono andato a vedere il film e posso confermare che Pinocchio qui non è mai venuto (ride ndr). La Casina del film in realtà era parte integrante del set allestito presso il lago di Martignano in provincia di Viterbo. Poi – continua il presidente Lucci – un altro mito è legato alla figura del re Ferdinando, conosciuto come il re Lazzarone. Inteso dai più in senso dispregiativo, in realtà questo soprannome esprime pienamente la napoletanità del personaggio. Per l'epoca si trattava di un re molto “social”, perché fuori dal palazzo di Napoli si vestiva con abiti “lazzari” e vendeva il pesce per vedere le persone che cosa pensassero di lui. In realtà Ferdinando aveva tre passioni che curava intensamente: la caccia, la pesca e le donne». Un sito così bello in uno scenario così affascinante merita sicuramente una maggiore promozione. Il lavoro dell'Associazione Phlegraeus finora è stato eccezionale ma non può essere sufficiente. Il sostegno da parte delle forze politiche fatica ad arrivare, in virtù di una situazione poco chiara che rende difficili programmazioni a lungo termine ed interessamenti alla valorizzazione del patrimonio artistico-culturale: «Aprendo il sito della Regione Campania, la voce “Sostegno Istituzionale a Progetti di Investimento ad Immobili Adibiti alla Fruizione della Cultura” era accompagnata da una foto della Casina. Pensai – chiude Nunziante Lucci – che qualcuno si fosse finalmente interessato a noi. Approfondendo, notai che non eravamo presenti in graduatoria. La cosa più grave però è che non era stata nemmeno presentata la domanda. Non c'è l'interesse politico-amministrativo necessario affinché un simile bene possa decollare». Un grande merito va dunque all'associazione capitanata dal presidente Lucci, che con grande passione e sete di cultura ogni giorno fa in modo che i tesori del passato non vengano dimenticati, trascurati ed abbandonati all'intemperie. Un simile patrimonio storico-culturale va tutelato, supportato con maggiore interesse perché bellezze così non si trovano dappertutto.

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Il Presidente dell’Ass. Phlegraeus Nunziante Lucci



LA SOCIETÀ

I GIOVANI E LA NUOVA FORMA DI RELAZIONALITÀ I social network hanno preso il sopravvento sulla comunicazione orale e sui rapporti faccia a faccia. Uno studio americano riportato nel libro “Iperconnessi” della psicologa Jean Marie Twenge attribuisce a questo cambiamento l'ansia e l'infelicità di tutta la nostra gioventù di Ciro Chiaro parte i cambiamenti sociali i

depressione e solitudine che si

ragazzi di oggi tendono a essere

affacciano in maniera sempre più

meno ribelli, più tolleranti, a

pre potente nell'univer so

stare più in casa o in luoghi

giovanile? Quello che

sicuri. In generale mostrano più

ovviamente caratterizza le

La psicologa Jean Marie Twenge

attenzione all'alimentazione,

nuove generazioni rispetto a

Da un punto di vista statistico, il

alla propria cura e soprattutto

quelle precedenti è l'uso

mondo di oggi è probabilmente il

appaiono interessati a tematiche

spasmodico di tecnologia ai fini

più sicuro per crescere un figlio,

ambientali ed ecologiche. Quindi

comunicativi. I nati dalla fine

almeno sotto il profilo della sua

fatte salve le problematiche e le

degli anni 90 in poi sono

incolumità fisica. Sono quasi

crisi di cui quotidianamente si

praticamente cresciuti con il

settanta anni che il nostro paese

discute, economiche, politiche,

cellulare in mano, hanno fatto le

non è coinvolto direttamente in

di valori per quanto riguarda la

medie e le superiori con

una guerra. Appartengono al

sicure zza fisica dei nostri

instagram e facebook e non

passato remoto le lotte politiche

giovani le cose sembra vadano

tra destra e sinistra, gli scontri di

bene. Ma in uno studio su larga

piazza che hanno insanguinato le

scala sugli studenti liceali e

nostre strade dal mitico 68 agli

universitari negli Stati Uniti è

anni di piombo. È decisamente

emerso che gli adolescenti oggi

calato l'uso di eroina e di altre

sono più infelici e meno pronti

droghe pesanti mentre i

per l'età adulta rispetto alle

progressi della medicina hanno

generazioni passate. Quale è il

reso possibile la cura di un

nesso tra queste due condizioni e

maggior numero di malattie. A

soprattutto come possono i

parte i cambiamenti sociali i

genitori proteggere i loro figli da

ragazzi di oggi tendono a essere

situazioni come ansia,

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possono fare. Paradossalmente in questi casi i limiti vengono posti a quello che può portare beneficio ai r agazzi come l'interazione sociale, il conoscere e frequentare persone e vivere una vita fuori dal contesto familiare. Mentre in qualche modo autorizzano la comunicazione elettronica, poiché stanno a casa e ritengono hanno ricordi di un mondo senza

prolungare l'infanzia oltre le

che questo sia più sicuro per loro.

internet. In effetti non sanno

soglie dell'adolescenza),

Alla lunga però questo può

cosa sia la vita senza un IPAD o

isolamento e disimpegno

comportare un disagio nelle

un IPHONE, di fatto non hanno

(interesse per la sicurezza

dinamiche relazionali, con

avuto alternative. Sembra quasi

contrapposto al declino per

possibile compromissione a

che voglio più bene a questi

l'impegno civile), incertezza e

livello psichico e possibili danni

strumenti che alle persone vere.

precarietà (legate alle

da scontare nella loro vita

Secondo i risultati di questi studi

prospettive future tipo

futura. In definitiva i genitori si

americani, brillantemente

l'inserimento nel mondo del

preoccupano della cosa

riportati nel libro della psicologa

lavoro). G li iGen dipendono

sbagliata. Bisogna concentrarsi

Jean M. Twenge dell'Università

dagli smartphone, ne sono

e favorire i rapporti che contano

d i

D i e g o .

consapevoli e sanno pure che

e non affidarsi alla tecnologia

(“IPERCONNESSI”, 2018,

non è un bene. Nell'ambito della

perché lo faccia al posto nostro.

Einaudi Stile Libero Extra) gli

ricerca una ragazza ha dichiarato

La vita è più bella offline e anche

adolescenti hanno una serie di

all' intervistatore: “I social media

gli iGen lo sanno.

caratteristiche comuni. G li

ci stanno distruggendo la vita”.

appartenenti alla iGeneration

L'intervistatore “E allora perché

i n f at t i

m o s t r a n o

non lasciate perdere?”. Risposta:

iperconnessione (scelta del

“Perché così non ce l'avremmo

cellulare come passatempo

una vita”. N or malmente i

egemone), incorporeità

genitori che vogliono

(declino delle interazioni

proteggere i loro figli pongono

sociali), immaturità (tendenza a

dei limiti a quello che essi

S a n

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SCAFFALE PARTENOPEO

Paolo Trapani: “Napoli la città del calcio” di Bruno Marchionibus

“Napoli, la città del calcio” è l'ultimo libro di Paolo Trapani, giornalista già autore del successo “Maledetta Juve, non sappiamo più come insultarti”, che attraverso aneddoti e racconti analizza il rapporto viscerale che lega Napoli al Napoli. Ciao Paolo. Com'è nata l'idea di questo libro? «L'idea è nata con l'editore per approfondire i tanti aspetti, non solo sportivi, che si esprimono a Napoli attraverso il calcio. Il pallone qui è passione civile, impegno sociale, determina risvolti economici ed anche politici. Inoltre alcune sfide, come quelle alla Juve, hanno forti implicazioni storiche. Il Napoli quando scende in campo rappresenta una intera Città e tutti i Napoletani, che in essa si ritrovano uniti. Tutto ciò si vive solo da noi e non in tutte le altre realtà del football». Come definiresti il rapporto tra il Napoli ed i napoletani? «Lo definirei osmotico, rappresentato da un reciproco scambio di emozioni che si snodano tra manto erboso e stadio, maglia azzurra e città, calciatori in campo e tifosi sugli spalti. Non a caso tutti noi Napoletani siamo al tempo stesso tifosi ma anche cittadini. I due aspetti non si possono separare, come ricorda la parola stessa 'napoletani'. Un aspetto questo che invece non avviene in tutte le altri grandi realtà metropolitane del mondo. Essere romano non vuol dire per forza essere romanista, perché nella Capitale ci sono anche i tifosi e la squadra della Lazio. Analogamente potremmo fare l'esempio dei milanesi con Milano, etc.». Il libro contiene una serie di aneddoti, racconti e storie legate al

tifo per il Napoli. Ce n'è una che ti ha colpito particolarmente? «Sì, la storia di Alessia, una bravissima attrice di teatro che ogni settimana nell'andare a trovare al cimitero il suo papà gli racconta passo passo tutto quello che è accaduto nelle partite del Napoli. La figlia resoconta con precisione certosina al papà del destino calcistico azzurro. È un esempio, quello di Alessia, che con molti altri prova come il rapporto che c'è a Napoli, tra città e squadra, è qualcosa di molto più forte e profondo del mero sostegno di un tifoso per la sua squadra del cuore. Il Napoli è Napoli: non a caso un bellissimo stendardo degli ultras recita "Mal che vada siamo insieme", proprio a rappresentare il rapporto viscerale e permanente che c'è tra maglia e città, tra giocatori e popolo».

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