Vizi quotidiani - Teresa Gusso

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TERESA GUSSO

VIZI QUOTIDIANI

Istituto Sacro Cuore



TERESA GUSSO

VIZI QUOTIDIANI

Istituto Sacro Cuore



INDICE: ● Introduzione al concetto di vizio, motivo del mio interesse sull’argomento, distinzione tra vizio e peccato ● Il “vizio capitale” nella dottrina cattolica: scritti di Padri della Chiesa, quali Evagrio, Giovanni Cassiano, Gregorio Magno e infine Tommaso D’Aquino, con un breve affondo su Aristotele (Etica nicomachea) ● Trasformazione e riduzione del valore del settenario dei vizi nell’immaginario collettivo moderno ● PECCATO (offesa contro Dio) - VIZIO (difetto, comportamento antisociale) ● Approfondimento nell’ambito della psicanalisi e reintroduzione dei vizi utili nel campo della psicopatologia ● VIZIO - TENDENZA PATOLOGICA (problema a livello psichico non morale)


INTRODUZIONE La particolare situazione storica, a partire dall’avvento dell’Illuminismo, ha creato non pochi problemi alla Scolastica e alla dottrina cattolica che, nel tempo, ha riscosso sempre meno “successo”. Il concetto di vizio, come anche quello di virtù, non ha più condizionato i comportamenti dei fedeli, non all’interno di un contesto religioso. Eppure, l’etimologia della parola vizio è più vicina all’immaginario collettivo di quanto si possa pensare: è parte delle nostre abitudini. Inconsapevolmente, il vortice vizioso si è insinuato nella nostra quotidianità in modo quasi radicale, ma non è più possibile utilizzare questo termine con un’accezione così definita come quella che aveva nell’antichità. Lo studio di questi comportamenti, a partire dagli scritti di personalità che hanno fatto la storia della Chiesa, ha aiutato notevolmente nell’ambito della psicopatologia. È interessante come atteggiamenti anomali o autolesivi vengano considerati per lo più come forme di malessere e di difficoltà psico-sociale, disagi analizzabili caso per caso e difficilmente sottoponibili ad un giudizio etico univoco.


L’interesse che ho sviluppato per questo argomento nasce da un’attrattiva che penso molti provino per un tema così particolare. In questi anni, lo studio della Divina Commedia ne ha acuito il fascino, ma ciò che mi ha spinto ad affrontare questo tema è il fatto che un termine apparentemente innocuo, come “vizio” possa essere affiancato a un altro tutt’altro che rassicurante, “capitale”. Mi si sono resi presenti tutti quei miei comportamenti facilmente definibili come “vizi” o cattive abitudini; in generale, ho riflettuto su quanto i vizi capitali non siano poi così lontani dall’esperienza quotidiana e dall’immaginario collettivo. La mia curiosità riguardo alla radice storica del settenario si è sommata al mio interesse per i comportamenti e la psiche umana. Studiando, mi sono accorta quanto i due argomenti siano connessi, due mondi a contatto l’uno con l’altro; questo mi ha spinto a produrre un video sulla base delle conoscenze acquisite.


I SETTE VIZI CAPITALI

Avarizia

“Tutta quella roba se l’era fatta lui, colle sue mani e colla sua testa, col non dormire la notte, col prendere la febbre dal batticuore o dalla malaria, coll’affaticarsi dall’alba a sera, e andare in giro, sotto il sole e sotto la pioggia, col logorare i suoi stivali e le sue mule - egli solo non si logorava, pensando alla sua roba, ch’era tutto quello ch’ei avesse al mondo; perché non aveva né figli, né nipoti, né parenti; non aveva altro che la sua roba. Quando uno è fatto così, vuol dire che è fatto per la roba.” [La roba, Giovanni Verga]

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Accidia […] ebbene non accenni un gesto ne un bisbiglio, vedrebbe volentieri crollare l’interno mondo e inghiottirebbe il globo con un grande sbadiglio: è la Noia! Con l’occhio di lacrime appannato fuma e sogna la forca nel suo tardo cervello. [Al lettore, Charles Baudelaire]

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Lussuria “Andrea Sperelli aspettava nelle sue stanze un’amante. […]L’ansia dell’aspettazione lo pungeva così acutamente ch’egli aveva bisogno di muoversi, di operare, di distrarre la pena interna con un atto materiale. […] Allora sorse nello spirito dell’aspettante un ricordo. Proprio innanzi a quel caminetto Elena un tempo amava indugiare, prima di rivestirsi, dopo un’ora di intimità. Ella aveva molt’arte nell’accumulare gran pezzi di legno su gli alari. Prendeva le molle pesanti con ambo le mani e rovesciava un po’ indietro il capo ad evitar le faville. Il suo corpo sul tappeto, nell’atto un po’ faticoso, per i movimenti de’ muscoli e per l’ondeggiar delle ombre pareva sorridere da tutte le giunture, e da tutte le pieghe, da tutti i cavi, soffuso d’un pallor d’ambra che richiamava al pensiero la Danae del Correggio.” [Il piacere, Gabriele D’Annunzio]

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Invidia […] O greggia mia che posi, oh te beata, Che la miseria tua, credo, non sai! Quanta invidia ti porto! Non sol perché d’affanno Quasi libera vai; Ch’ogni stento, ogni danno, Ogni estremo timor subito scordi; Ma più perché giammai tedio non provi. Quando tu siedi all’ombra, sovra l’erbe, Tu se’ queta e contenta; E gran parte dell’anno Senza noia consumi in quello stato. Ed io pur seggo sovra l’erbe, all’ombra, E un fastidio m’ingombra La mente, ed uno spron quasi mi punge Sì che, sedendo, più che mai son lunge Da trovar pace o loco. [Canto Notturno di un pastore errante dell’Asia, Giacomo Leopardi]

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Superbia “Perciò dovete essere lottatori! Perciò dovete essere creatori! Col sapere si purifica il corpo; esperimentando con sapienza esso si eleva; in colui che conosce si santificano tutti gli istinti; all’elevato l’anima si fa gaia. [...] In verità, un luogo di guarigione deve diventare la terra! Già l’avvolge un nuovo profumo, un profumo di salvezza, e una nuova speranza” (Così parlò Zarathustra, I, 2, F. Nietzsche).

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Ira Cantami, o Diva, del Pelìde Achille l'ira funesta che infiniti addusse lutti agli Achei, molte anzi tempo all'Orco generose travolse alme d'eroi, e di cani e d'augelli orrido pasto lor salme abbandonò (così di Giove l'alto consiglio s'adempìa), da quando primamente disgiunse aspra contesa il re de' prodi Atride e il divo Achille. [Iliade, Libro Primo, Omero]

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Gola “Voi cittadini mi chiamaste Ciacco: per la dannosa colpa de la gola, come tu vedi, a la pioggia mi fiacco. E io anima trista non son sola, ché tutte queste a simil pena stanno per simil colpa”. E più non fé parola [Canto VI, Inferno, Dante Alighieri]

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L’ICONOGRAFIA MANICOMIALE. L’artista Theodore Gericault nel 1822-23 realizza dal vivo dieci ritratti di alienati monomaniacali, commissionati dal dottor Etienne-Jean Georget, suo terapista. Egli formulò numerose teorie sulla perdita del controllo razionale con il conseguente avvento delle passioni più recondite. I mutamenti psichici avevano ripercussioni anche dal punto di vista dei mutamenti espressivi. Questa iconografia manicomiale fu destinata non solo alla visione, ma proprio a testi documentativi di carattere universitario, efficaci nell’investigazione scientifica. Attraverso questi ritratti, è infatti possibile cogliere il carattere dell’individuo e la sua monomania specifica. Tra Settecento e Ottocento si apre infatti un nuovo capitolo della psicologia moderna, che studia i fenomeni non solo a livello mentale, ma anche dal punto di vista della mimica del soggetto. La malattia, sommata alle forti passioni, porta all’esternazione in vere e proprie espressioni facciali tipiche di un certo disturbo.

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LE ORIGINI DEL SETTENARIO: ARISTOTELE. L’idea di un settenario di vizi capitali nacque in un contesto culturale molto antico. Essi appaiono inizialmente nell’immaginario greco; li troviamo in particolare nel pensiero socratico, nei dialoghi platonici e nei ragionamenti degli stoici; ma è con Aristotele che ne viene realmente formalizzata una definizione. Egli distingue le virtù in due categorie: dianoetiche ed etiche. Le prime sono direttamente collegate alla ragione, la quale, se utilizzata correttamente, può farle risplendere nella loro totalità. Esse trovano la massima aspirazione nella sapienza, la quale fa retti i fini, e nella saggezza, la quale fa retti i mezzi. Le virtù non sono però caratteristiche innate, bensì nascono quando l’individuo “sfiora” i vizi ma se ne allontana. La loro matrice viene chiamata medietà: “La virtù morale è medietà tra due mali, uno per eccesso e uno per difetto”.

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Ira > Mansuetudine < Passività Intemperanza (Gola e Lussuria) > Temperanza < Insensibilità Invidia > Indignazione < Malevolenza Avarizia > Liberalità < Prodigalità Compiacenza > Serietà < Superbia

(L’Accidia non compare tra i vizi, poiché i greci in quell’epoca davano molta importanza alla riflessione e al lavoro mentale, e dunque non concepivano il “non far niente” come pigrizia intrisa di noia.) Secondo la visione aristotelica, la disposizione al bene è possibile grazie non solo ad un addestramento ordinario, ma ad una continua lettura di sé. È quindi necessario un uso corretto della ragione, la quale ci indica il “giusto mezzo”, al di fuori del quale è estremamente facile cadere nel vortice vizioso.

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I VIZI E LO STUDIO DEI PADRI DELLA CHIESA. 1. EVAGRIO PONTICO Successivamente ad Aristotele, i contributi maggiori vengono forniti dai c.d. Padri della Chiesa, che studiano i fenomeni e i segni di questo argomento sino all’avvento della Scolastica. Essi furono principalmente monaci, pensatori solitari che preferirono una vita lontana dal contesto sociale per abbracciare luoghi che facilitassero l’ascesi e l’elevazione spirituale. Senza una vicinanza con i concreti segni dei vizi, essi appaiono a questi intellettuali come identità strettamente connesse al concetto di peccato (comportamenti che violavano la legge divina). Il primo personaggio di rilievo in questo contesto è Evagrio Pontico (345 – 399), monaco e asceta cristiano greco. Nell’opera Gli otto spiriti della malvagità, la classificazione dei vizi è la seguente:

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● Ingordigia (Gola) “L’origine del frutto è il fiore e l’origine della vita attiva è la temperanza chi domina il proprio stomaco fa diminuire le passioni, al contrario chi È soggiogato dai cibi accresce i piaceri. Come Amalec È l’origine dei popoli così la gola lo È delle passioni. Come la legna È alimento del fuoco così i cibi sono alimento dello stomaco. Molta legna anima una grande fiamma e un’abbondanza di cibarie nutre la cupidigia. La fiamma si estingue quando viene meno la legna e la penuria di cibo spegne la cupidigia. Colui che ha potere sulla mascella sbaraglia gli stranieri e scioglie facilmente i vincoli delle proprie mani.” [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 1]

● Lussuria “La temperanza genera l’assennatezza, mentre la gola È madre della sfrenatezza; l’olio alimenta il lume della lucerna e la frequentazione delle donne attizza la fiaccola del piacere. La violenza dei flutti infuria contro il mercantile mal zavorrato come il pensiero della lussuria sulla mente intemperante. La lussuria accoglierà come alleata la sazietà, la congederà, starà con gli avversari e combatterà alla fine con i nemici. Rimane invulnerabile alle frecce nemiche colui che ama la tranquillità, chi invece si mescola alla folla riceve in continuazione percosse.” [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 4]

● Avarizia “L’avarizia è la radice di tutti i mali e nutre come maligni ramoscelli le rimanenti passioni e non permette che inaridiscano quelle fiorite da essa. Chi vuole recidere le passioni ne estirpi la radice; se infatti poti per bene i rami e l’avarizia permane, non ti gioverà a nulla, perché essi, nonostante siano stati recisi, subito fioriscono. Il ricco monaco È come una nave troppo carica che viene sommersa dall’impeto di un fortunale: come infatti una nave che imbarca acqua È messa alla prova da ogni onda, così il ricco È sommerso dalle preoccupazioni. Il monaco che nulla possiede È invece un agile viaggiatore e trova dimora ovunque.” [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 7]

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● Ira “L’ira e una passione furente e con facilità fa uscir di senno quelli che hanno la conoscenza, imbestialisce l’anima e degrada l’intero consorzio umano. Un vento impetuoso non piegherà la torre e l’animosità non trascina via l’anima mansueta. L’acqua È mossa dalla violenza dei venti e l’iracondo È agitato dai pensieri dissennati. Il monaco iracondo vede qualcuno e arrota i denti. La diffusione della nebbia condensa l’aria e il moto dell’ira annebbia la mente dell’iracondo. La nube procedendo offusca il sole e così il pensiero rancoroso ottunde la mente. Il leone in gabbia scuote continuamente i cardini come il violento nella cella (quando È assalito) dal pensiero dell’ira.” [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 9]

● Tristezza Il monaco affetto dalla tristezza (1) non conosce il piacere spirituale: la tristezza È un abbattimento dell’anima e si forma dai pensieri dell’ira. Il desiderio di vendetta, infatti, È proprio dell’ira, l’insuccesso della vendetta genera la tristezza; la tristezza È la bocca del leone e facilmente divora colui che si rattrista. La tristezza È un verme del cuore e mangia la madre che l’ha generato. Soffre la madre quando partorisce il figlio, ma, una volta sgravata, È libera dal dolore; la tristezza, invece, mentre È generata, provoca lunghe doglie e, sopravvivendo, dopo i travagli, non porta minori sofferenze.” [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 11]

● Accidia È una debolezza dell’anima che insorge quando non si vive secondo natura né si fronteggia nobilmente la tentazione. Infatti la tentazione È per un’anima nobile ciò che È il cibo per un corpo vigoroso. Il vento del nord nutre i germogli e le tentazioni consolidano la fermezza dell’anima. La nube povera d’acqua È allontanata dal vento come la mente che non ha perseveranza dallo spirito dell’acedia. La rugiada primaverile accresce il frutto del campo e la parola spirituale esalta la fermezza dell’anima. Il flusso dell’acedia caccia il monaco dalla propria dimora, mentre colui che È perseverante se ne sta sempre tranquillo. L’acedioso adduce quale pretesto la visita degli ammalati, cosa che garantisce il proprio scopo.” [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 13]

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● Vanagloria “È una passione irragionevole e facilmente s’intreccia con tutte le opere di virtù (2). Un disegno tracciato nell’acqua si confonde, come la fatica della virtù nell’anima vanagloriosa. Diviene candida la mano nascosta in seno e l’azione che rimane celata risplende di una luce più smagliante. L’edera s’avvinghia all’albero e, quando giunge in alto, ne dissecca la radice, così la vanagloria si origina dalle virtù e non si allontana finché non avrà reciso la loro forza.” [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 16]

● Superbia È un tumore dell’anima pieno di sangue. Se matura scoppierà, emanando un orribile fetore. Il bagliore del lampo annuncia il fragore del tuono e la presenza della vanagloria annuncia la superbia. L’anima del superbo raggiunge grandi altezze e da lì cade nell’abisso. Si ammala di superbia l’apostata di Dio ascrivendo alle proprie capacità le cose ben riuscite. Come colui che sale su una tela di ragno precipita, così cade colui che si appoggia alle proprie capacità. [Antirrhetikos (Gli otto spiriti malvagi), Capitolo 17] (Non è presente l’Invidia, soggetto al meccanismo psichico della rimozione, in quanto la vita eremitica non ne rendeva evidenti i segni) L’ordine segue la divisione di tripartizione dell’anima utilizzata da Platone e Aristotele, ma con una diversa contestualizzazione, ossia concupiscibile, irascibile e razionale. La prima parte è legata alle sensazioni, la seconda alle emozioni, l’ultima all’intelletto. L’azione maligna dei “demoni” partiva infatti dal livello più “basso”, dalle tentazioni più materiali sino a quelle più complesse legate ai sentimenti e allo spirito. Ad esempio: “L’Accidia è una mancanza di tono dell’anima” e rende l’individuo privo di forze vitali. Chi viene tentato da questo vizio è come se tradisse la vita, vive in una sorta di limbo esistenziale trovando in esso una stabile e comoda dimora.

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2. GIOVANNI CASSIANO Il secondo studioso che andiamo ad affrontare è un seguace di Evagrio, il monaco Giovanni Cassiano (360 circa – 435). La sua vita fu caratterizzata da numerosi viaggi di evangelizzazione, che gli permisero di conoscere in modo più ampio la psiche umana attraverso le varie culture dei luoghi che visitava. Giunse alla conclusione che i “demoni malvagi” descritti dal maestro potevano semplicemente essere intesi come inclinazioni insite naturalmente nell’animo umano, capaci di schiavizzare e piegare l’esistenza dell’individuo. Il numero non varia, ma viene a mancare il collegamento con la tripartizione di stampo platonicoaristotelico utilizzata precedentemente. ● ● ● ● ● ● ● ●

Gastrimarghia (concupiscenza per il cibo) Pornéia (concupiscenza per la fornicazione) Filargyria (concupiscenza per il denaro) Lype (tristezza) Orghé (ira) Akedia (accidia, tedio interiore) Kenodoxia (vanagloria) Hyperefanìa (superbia)

Senza innescamento causato dall’azione demoniaca, i vizi si prestano ad un’analisi psicologica più oggettiva. Ad esempio, la concupiscenza si presta perfettamente al concetto di libido della psicoanalisi, connessa ai comportamenti più “materiali”, mentre l’ipertrofia dell’Io, analizzati in clinica come sindromi maniacali, collegata con quelli più intellettuali.

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LA SVOLTA 1.

GREGORIO MAGNO

Un riassetto significativo viene dato dal pontefice Gregorio Magno, (540 circa – 604), che nel VI secolo, fissa con chiarezza l’elenco dei sette vizi capitali che ancora oggi ricordiamo. Due esigenze stanno alla base di tale operazione culturale: da un lato, la necessità di individuare tra le inclinazioni al male quei vizi fondamentali che, come sette “teste” (capita), guidano le legioni di satana e inducono l’uomo al peccato; dall’altra, quella di codificare e veicolare l’immagine di un universo ordinato e leggibile della colpa, strutturato come un grande albero o come una grande famiglia con filiazioni dirette. Dice, infatti, Gregorio Magno: “I vizi sono legati da un vincolo di parentela strettissimo dal momento che derivano l’uno dall’altro. La prima figlia della superbia [intesa qui come radice comune degli stessi sette vizi capitali], infatti, è la vanagloria [in seguito destinata a confluire nella superbia], che, una volta vinta e corrotta la mente, genera subito l’invidia; poiché chi aspira ad un potere vano si rode se qualcun altro riesce a raggiungerlo. L’invidia genera l’ira, perché, quanto più l’animo è esacerbato dal livore interiore, tanto più perde la mansuetudine della tranquillità e, simile ad una parte del corpo dolorante, avverte come insopportabile la pressione della mano che la tocca. Dall’ira nasce la tristezza, perché la mente turbata, quanto più è squassata da moti scomposti, tanto più si condanna alla confusione, e una volta persa la dolcezza della tranquillità si pasce esclusivamente della tristezza che segue tale turbamento. Dalla tristezza si arriva all’avarizia, poiché quando il cuore, confuso, ha perso il bene della letizia interiore, cerca all’esterno motivi di consolazione e, non potendo ricorrere alla gioia interiore, desidera tanto più ardentemente di possedere i beni esteriori. A questo punto sopravanzano i due vizi carnali, gola e lussuria. Ma è noto a tutti che la lussuria nasce dalla gola, dal momento che nella stessa disposizione delle membra gli organi genitali sono collocati al di sotto del ventre. Perciò, mentre quest’ultimo si riempie in maniera sregolata, quelli si eccitano alla libidine.” 23


[ I sette vizi capitali, 2006-2011, Gruppo di ricerca filosofica Chora ] Egli introduce finalmente l’invidia e pone la superbia come matrice spirituale delle degenerazioni. Gregorio afferma che il vizio in sé nasce da elevate distorsioni mentali e non da impulsi bestiali, che l’individuo applica a se stesso un “inganno mentale”, il quale riesce a dare potere alle inclinazioni naturali. << […] Dante stesso suddivide il suo Purgatorio proprio in base alla sequenza gregoriana dei sette vizi capitali. Per tutto il Medioevo, la Cristianità occidentale si rispecchia e si riconosce nella metafora dell’anima umana come campo di battaglia in cui le virtù fronteggiano fino all’ultimo colpo le sette potenze del demonio e guadagnano, su questo terreno, la possibilità della salvezza.>> I sette vizi capitali, 2006-2011, Gruppo di ricerca filosofica Chora ].

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2. TOMMASO D’AQUINO Successivamente, è San Tommaso D’Aquino a dedicare spazio alla trattazione dei vizi in diversi scritti, ordinando definitivamente la loro sequenza con assoluto rigore filosofico. Ogni vizio capitale è “padre” di altri comportamenti negativi, come una stirpe malvagia tende a estendersi in tutto il tessuto sociale; inoltre, attua un’analisi per cui i vizi non sono solo peccati (“mancanze spirituali”), ma un lento procedimento che punta al tradimento supremo, verso Dio e verso lo stesso individuo: la disumanizzazione. Le conseguenze ad essi sono innanzitutto nell’inquinamento dei processi logici, ossia nel dirottamento dell’uso della ragione condizionato dalle passioni. Avviene un ribaltamento dei parametri valutativi esistenziali: il vizioso considera bene ciò che è male e viceversa, le virtù sono solo un ostacolo alla propria comoda illusione di benessere. Ad esempio, secondo Sant’Agostino, la superbia è all’origine di ogni altro peccato, e a questo proposito egli scrisse: “insuperbirsi è peccare, tanto quanto peccare è un atto di superbia”. Dunque,la superbia è sostanzialmente disprezzo per Dio. Da essa derivano numerose “figlie” (disobbedienza, millanteria, ipocrisia, contesa caparbietà ecc..). In questo contesto culturale quasi soffocante c’era in gioco la salvezza, non solo il benessere individuale o la reputazione. Sussisteva un conflitto tra le virtù cardinali (prudenza, giustizia, fortezza e temperanza) e teologali (fede, speranza e carità) e i vizi capitali. Tale contrapposizione consentiva di esplorare quell’oscuro mondo di passioni e pensieri che costituiscono l’anima umana e di fornirle l’armamentario e l’attrezzatura necessari per contrastare il male. Il peccato è “un’offesa a Dio” e alle “sue regole”, il vizio è anche più rischioso, in quanto radicato più tenacemente nella quotidianità, una “abitudine perversa che ottenebra la coscienza e inclina al male” (Catechismo della Chiesa Cattolica, par. 18661867).

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Nel corso del XVI secolo, molti scandali coinvolgono la Chiesa e suoi esponenti, la Scolastica e gli insegnamenti della dottrina cattolica perdono sempre più credibilità fino ad arrivare all’avvento dell’Illuminismo. La morale cristiana viene soffocata da un velo di noncuranza e sfiducia laica che ne rende ancora più difficile l’estensione. Questo lungo periodo dal Seicento agli ultimi anni di fine Ottocento è caratterizzato da filosofie complesse ed elaborate riguardanti numerosi ambiti, compreso quello dei sette vizi capitali. Soffermiamoci però su un personaggio successivo: Sigmund Freud.

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LA PSICANALISI Freud nasce in Moravia nel 1856 e vive a Vienna nel pieno dello scientismo tedesco. Cresce in una famiglia ebrea ortodossa. Stimava molto Darwin e i suoi studi, interesse che si nota molto nel suo metodo di analisi per cui ogni fenomeno doveva avere una causa. Nel 1873 si iscrive a medicina, rimanendone ben presto deluso a causa del tipo di proposta formativa che questo percorso di studi prevedeva, tanto da impiegare più degli anni dovuti per conseguire la laurea. Dopo aver ottenuto la libera docenza in neuropatologia, si reca a Parigi per conoscere il dottor Charcot il quale sperimentava l’uso dell’ipnosi per curare pazienti con problemi psicologici. In particolare si sofferma sull’Isteria. ❖ Isteria : termine coniato nell’antica Grecia (hystéra, “utero”) per indicare una malattia che colpiva solo le donne. Ai tempi di Freud nessun medico che ci tenesse alla propria reputazione avrebbe accettato di trattare con una malattia del genere. Nella “Psicopatologia della vita quotidiana” Freud afferma che tutte le manifestazioni (manifestazioni psichiche normali: atti mancati, azioni casuali, sogni; e nevrotiche: accessi convulsivi, deliri, visioni, idee e azioni ossessive) nascondono un bisogno di senso, è sempre presente qualcosa che scatena un certo atteggiamento. L’origine di un certo trauma ha sempre dimora nel passato (trauma d’origine). Trattiamo due affermazioni appartenenti a Introduzione alla psicoanalisi: <<La prima di queste sgradevoli affermazioni della psicoanalisi è che i processi psichici sono di per sé inconsci e che di tutta la vita psichica sono consce soltanto alcune parti e alcune azioni singole… Secondo la sua definizione, lo psichico consiste di processi quali il sentire, il pensare, il volere ed essa deve sostenere che esiste un pensiero inconscio e un volere di cui si è inconsapevoli.>>(p. 205)

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<<(…) che la psicoanalisi rivendica come una delle proprie scoperte, afferma che alcuni moti pulsionali, i quali non possono essere chiamati che sessuali, sia in senso stretto che in senso più lato, hanno una grandissima parte, finora non apprezzata a sufficienza, nella determinazione delle malattie nervose e mentali.>> (pp. 205-206, Introduzione alla psicoanalisi). Tali affermazioni sostengono l’esistenza effettiva di un’attività mentale che scorre “segretamente”, in parallelo, rispetto a quella cosciente basata su una logica diversa da quella propria della coscienza. L’analisi degli atti mancati serve a dimostrare come l’attività psichica inconscia sia confermata da fenomeni che fanno parte della vita quotidiana e rappresentino <<il risultato dell’interferenza di due diverse intenzioni, l’una delle quali può essere detta perturbata, l’altra perturbatrice.>> (p. 241). <<Gli atti mancati, come indizi di un giuoco di forze che si svolge nella psiche, come l’espressione di tendenze orientate verso un fine, che operano insieme o l’una contro l’altra>> (p. 246), attestano che l’attività psichica ha un carattere dinamico talora conflittuale. La tendenza perturbata coincide con la volontà cosciente del soggetto; quella perturbatrice <<è ogni volta una controintenzione, un “non volere”>> (p.251) che attesta una controvolontà ostile alla prima. L’analisi degli atti mancati porta dunque <<ad ammettere che vi sono nell’uomo tendenze le quali possono agire senza che egli lo sappia>> (p. 253). Lo statuto della coscienza si fonda dunque sulla tendenza a rimuovere tutto ciò che risulta spiacevole, sgradevole, sconveniente e che, ciononostante, continua ad essere rappresentato a livello inconscio. Preda dell’immagine che il soggetto ha di sé e/o delle convenienze sociali, essa ha dunque uno statuto almeno in parte falsificato. >> (Introduzione alla psicoanalisi, 1915 – 1917, Opere vol. 8 pp. 191 – 611) << Vogliamo solo mettere in rilievo come il tentativo fatto, di trarre dall’oblio tutti quegli elementi della propria vita che potevano essere messi in relazione con le proprie difficoltà di tipo nevrotico, doveva necessariamente portare Freud a esaminare, su di sé, anzitutto le particolarità del funzionamento della memoria. 28


Freud considerava come meccanismo principale dei disturbi nevrotici la rimozione, cioèĚ€ <<un processo per cui determinati contenuti psichici vengono espulsi dalla coscienza e mantenuti inconsci: una sorta di amnesia, dunque. >> [Psicopatologia della vita quotidiana, Introduzione di C. L. Musatti]

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I VIZI E LA PSICOPATOLOGIA Secondo i principi della psicanalisi, qualsiasi comportamento diretto all‘appagamento di una necessità è sostenuto da un supporto “affettivo” che ne rende possibile l’attuazione. La teoria afferma inoltre che lo scopo finale di ogni comportamento è quello di scaricare le eccitazioni che in un dato momento dominano la mente umana, per tornare allo stato psicofisico precedente. Il paradigma di tutte le azioni umane è: eccitazione-suzione-scarico. Il consumo di energie in questo procedimento non è indifferente, infatti non viene attuato di continuo, anche perché ne conseguirebbe l’esaurimento di riserve di energia affettiva. Entrano quindi in gioco comportamenti che implicano un dispendio minore di energie, azioni frequenti che si svolgono con scarso impegno e partecipazione emozionale: le abitudini. Esse si dividono in buone e cattive ed è proprio in queste ultime che pone il germe il cosiddetto “vizio”. Le cattive abitudini non sono in linea con le autentiche esigenze dell’organismo, anzi si oppongono al loro sano sviluppo. Si tratta di comportamenti che abbiamo gradualmente ammesso nel nostro modo di vivere, sia per circostanze occasionali che per intimo convincimento. La loro eliminazione è spesso difficile e porta, nei casi più estremi, all’instaurazione di atteggiamenti dannosi e limitanti per la vita sociale. Essi si pongono inizialmente come “risposta” ad un problema o un disagio, inserendosi nella mentalità come “soluzione” comoda. Questo rituale non basta a placare l’ansia in modo definitivo, essa continua a riproporsi, l’unico modo per interromperla è rinforzare in termini quantitativi le forme del vizio. A questo punto il comportamento vizioso si è radicato nel profondo del circolo nevrotico. (Ad esempio il fumo)

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Il vizio è un’operazione regressiva e può essere quindi definito come una cattiva abitudine con caratteristiche salvifiche e distruttive assieme che tendono ad amplificare sempre di più il loro raggio d’azione e a mettere sullo stesso piano livelli diversi di realtà. Inoltr,e costituiscono una potente zavorra per lo sviluppo della vita spirituale, con conseguente disumanizzazione. Esso incredibilmente soddisfa contemporaneamente due bisogni che secondo la psicanalisi sono alla base dello psichismo: l’istinto di vita, spinta a migliorarsi e l’istinto di morte, cioè la tendenza a operare contro la spinta positiva.

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VIDEO: the SEVEN (usual) SINS. Lo studio del libro Vizi capitali e psicopatologia del dott. Luciano Masi mi ha portato all’ideazione di un elaborato multimediale che avesse come soggetto quest’ultimo passaggio della tesina: i vizi capitali nel quotidiano. Ispirandomi al libro Esercizi di stile, ho assegnato a sette persone diverse un vizio, che avrebbero dovuto interpretare partendo da un copione da me scritto per ognuno. Ogni personaggio racconta la stessa cosa da sette punti di vista diversi, i quali rispecchiano la mia idea di ogni vizio capitale.


Mi siedo alla scrivania, con quella sedia cigolante, con quel rumorino quando mi muovo, mi alzo, mi abbasso. Lo sentono tutti lo so. Ci hanno fatto l’abitudine. Ma lo sentono. Lo so.

Velocizzo il passo fino alla mia sedia, cigola un po’, dà fastidio a qualche collega. Ma va bè, è un problema?


Mi siedo al mio posto, la sedia cigola un po’, a volte qualcuno si gira a guardarmi, ovviamente non per il rumore.

Mi siedo finalmente, ho un po’ mal di stomaco, non so se sia nausea o fame.. questa sedia cigola da u po’, forse sono ingrassato.

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Mmm ecco la mia sedia, cigola un po’, mi piace questo rumore un po’ sordo..

Arrivo alla mia scrivania, con la mia sedia, quella che cigola, so bene che rumore fa, nel caso la cambiassero me ne accorgerei.

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Mi siedo al mio posto, la sedia cigola, mi guardano tutti infastiditi. PerchÊ sono sempre io a beccare le cose di seconda mano, e gli altri no? è possibile?

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Fonti http://www.gruppochora.com/vizi.pdf Wikipedia Vizi capitali e psicopatologia. Alla ricerca dell’equilibrio psicofisico, Luciano Masi Introduzione alla psicanalisi, Sigmund Freud

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Innocenti? Se è una battuta non fa ridere... un obeso, un disgustoso obeso che faticava a stare in piedi, un uomo che se lo incontri per la strada chiami a raccolta i tuoi amici per fartene gioco insieme a loro, un uomo la cui sola vista mentre stai pranzando ti faceva passare la voglia di mangiare... e dopo di lui l'avvocato, in cuor vostro dovreste ringraziarmi per averlo fatto, un uomo che aveva dedicato la sua vita al denaro, ai beni materiali, mentendo, con tutta la veemenza di cui era capace, dando così a volgari assassini e stupratori la libertà... una donna, così orribile dentro da non riuscire neanche a sopportare di vivere solo perché aveva perso la bellezza esteriore, un uomo spacciatore, uno spacciatore pederasta ad essere precisi, e non ci dimentichiamo di quell'altra infetta sgualdrina... solo in questo mondo di merda si possono definire innocenti persone come quelle e rimanere con la faccia seria. Ma questo è il punto, vediamo un peccato capitale ad ogni angolo di strada, in ogni abitazione... e lo tolleriamo, lo tolleriamo perché lo consideriamo comune, insignificante, lo tolleriamo mattina, pomeriggio e sera. Adesso basta però, servirò da esempio e ciò che ho fatto ora verrà prima decodificato, poi studiato ed infine seguito, per sempre.

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In copertina:

John Doe (Kevin Spacey) in SEVEN 1995

dal ciclo degli Alienati, 1822-23 di Gericault da sinistra: Alienata con Monomania del gioco,

Alienato con Monomania del furto di bambini, Alienata con Monomania dell'Invidia, Alienato con Monomania del furto.


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