Costruire l’esperienza: strategie di comunicazione e relazione negli eventi e parchi a tema
Facoltà di Scienze politiche, Sociologia e Comunicazione Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale Corso di laurea in Comunicazione Pubblica e d’Impresa
Ludovica Piccialuti
Relatore
Matricola 1917367
Raffaele Lombardi
Anno Accademico 2021-2022
Costruire l’esperienza: strategie di comunicazione e relazione negli eventi e parchi a tema
Facoltà di Scienze politiche, Sociologia e Comunicazione Dipartimento di Comunicazione e Ricerca sociale Corso di laurea in Comunicazione Pubblica e d’Impresa
Ludovica Piccialuti
Relatore
Matricola 1917367
Raffaele Lombardi
Anno Accademico 2021-2022
INDICE
INTRODUZIONE ........................................................................................................................... 2 1.
LA PROGRESSIVA EVOLUZIONE DEL MARKETING ESPERIENZIALE ............. 5
1.1
Panoramica storica sull’evoluzione del marketing ......................................................... 5
1.2
La società dei consumi e i bisogni intangibili .................................................................. 7
1.3
Il customer journey e la customer experience ................................................................ 9
1.4
L’influenza della psicologia ambientale nelle scelte di consumo .............................. 12
1.5
Brand experience e nuove strategie di comunicazione .............................................. 14
1.6
L’esperienza al centro: la nascita del marketing esperienziale ................................. 17
1.7
Tra esperienze permanenti e temporanee: la differenza tra i Brand Experience Worlds e gli eventi ............................................................................................................. 21
2.
L’EVENT MARKETING COME FORMA DI EXPERIENTIAL MARKETING .......... 26
2.1
Dalla spettatorialità all’esperienzialità: la disciplina del marketing degli eventi ...... 26
2.2
L’evento come strumento alternativo della comunicazione, ma non solo ................ 30
2.3
Pianificare l’evento: tempistiche, pubblici, organizzazione......................................... 34
2.4
Oltre la comunicazione: verso il coinvolgimento dei consumatori ............................. 35
2.5
I consumatori al centro: tra mente, emozioni e comportamento ............................... 37
2.6
Tra eventi in presenza ed eventi virtuali: nuove forme di sperimentazione ............. 42
2.7
Riprogettare l’esperienza: nuove opportunità per i consumatori ............................... 50
3.
DISNEY, NON SOLO UN BRAND................................................................................. 59
3.1
The Walt Disney Company: 99 anni di storia ............................................................... 59
3.2
Vivere l’esperienza nei parchi a tema Disney............................................................... 62
3.3
I 30 anni di Disneyland Paris: un evento straordinario................................................ 70
3.4
Rinnovarsi per adattarsi: l’arrivo della Pandemia e lo sconforto dei Parchi a tema . ............................................................................................................................................ 72
3.5
L’evoluzione dell’esperienza: rimanere accanto alla propria “famiglia” del brand .. 74
3.6
Tornare alla normalità: gli attuali eventi Disney. Esperienze pre, durante o post Covid? ................................................................................................................................. 78
CONCLUSIONI ............................................................................................................................ 84 BIBLIOGRAFIA ........................................................................................................................... 86 SITOGRAFIA ............................................................................................................................... 88
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INTRODUZIONE
“Costruire l’esperienza: strategie di comunicazione e relazione negli eventi e parchi a tema.” Il titolo della tesi vuole far emergere l’odierna valorizzazione data alle esperienze che si è andata sempre più ad affermare in contrapposizione alla centralità dei beni materiali. Questo perché, alla luce di un nuovo marketing non più tradizionale ma sempre più esperienziale, ci si ritrova immersi in un legame con il brand che risulta essere sempre più di tipo emozionale. Ciò è reso possibile dagli sviluppi di una comunicazione, che si adatta alle esigenze del tempo, mettendo al centro della sua attenzione il pubblico, avendo ormai abbandonato la sola concezione di target ed il trasferimento di informazioni a persone intese come massa. La focalizzazione odierna su un consum-attore sempre più attivo, con più mezzi per venire a contatto con le aziende e con nuove necessità da soddisfare, richiede per le imprese un attento studio su di esso, al fine di fidelizzarlo e rendere il brand memorabile alla sua mente ed al suo cuore. Il veicolo dell’esperienzialità dunque, mediante la stimolazione contemporanea dei cinque sensi del consumatore, permette questo avvicinamento ed è sempre più in linea con una società che vuole tanto più “provare” più che “possedere”. L’oggetto della tesi dunque, è il marketing esperienziale analizzato in due contesti differenti ma profondamente connessi: gli eventi ed i parchi a tema. La rilevanza posta a queste due realtà deriva dall’interessamento e conseguente approfondimento della dimensione emozionale, esperienziale, relazionale e comunicativa a loro intrinseca. Ciò che rappresenterà il collante tra i due temi è proprio l’aspetto dell’esperienzialità, in grado di produrre nel consumatore un ricordo positivo e duraturo. Un ulteriore punto di contatto è rappresentato dallo sviluppo delle nuove tecnologie, che permettono di ampliare le opportunità sul modo di vivere l’esperienza, talvolta integrandola, ma non sostituendone il valore della presenza. Si analizzerà dunque la loro
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portata innovativa che ha registrato un più forte implemento a partire dal periodo di crisi pandemica da Covid-19. Attraverso la rassegna critica e la ricognizione della letteratura, data l’ampia portata dei contributi e dibattiti presenti sull’argomento, si è cercato di dare sostanza ai diversi punti di vista fondanti, quali quelli di autori come Schmitt, Getz e Bryman. In particolare, l’attenzione è posta sul marchio Disney come caso di studio che coniuga, attraverso l’estensione a quattro diversi business, l’importanza di un merchandising materiale ma che si estende all’immateriale grazie: ai parchi a tema, all’organizzazione di straordinari eventi ed all’implementazione delle nuove tecnologie. L’obiettivo sarà iniziare l’analisi da un punto di vista macro sul marketing esperienziale, analizzandone le diverse sfaccettature, proseguendo in questo senso in un’ottica micro orientata ai contesti di eventi e parchi a tema, mettendone in risalto il valore aggiunto apportato dalla rivoluzione digitale ed i nuovi scenari presenti e futuri. A tal fine, la tesi verrà ripartita in tre capitoli divisi per coerenza tematica dove verranno anche presentati diversi esempi per applicare il piano teorico: Nel primo capitolo si seguirà una revisione della letteratura scientifica partendo dall’approccio del marketing tradizionale, fino ad arrivare, mediante il filo conduttore della prospettiva del consumatore, all’evoluzione del marketing esperienziale. In particolare, verranno sottolineate le differenze tra tipi di esperienze “permanenti” vivibili in luoghi di consumo come i “brand experience worlds” e tipi di esperienze “temporanee” fruibili all’interno degli eventi; Nel secondo capitolo dopo aver tracciato una linea teorica al discorso che si vorrà affrontare, si approfondirà il settore dell’event marketing, e di come esso, mediante il coinvolgimento diretto dei consumatori riesca a rendere l’esperienza memorabile, favorendo così un legame più duraturo tra questi ultimi ed il brand. Attraversando una disamina di confronto con il periodo di crisi pandemica da Covid-19, si cercheranno di tracciare le fila del cambiamento
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che il settore dell’event marketing ha subìto, mettendo in risalto gli aspetti di esperienza “phygital”, e della virtualità che si fonde al reale; Nel terzo capitolo avendo affrontato i cambiamenti provenienti da un periodo di forte crisi, si analizzerà Disney come brand in grado di far fronte alle avversità, mediante un contatto costante con i consumatori che vada oltre i limiti fisici. Si denoterà l’importanza dell’esperienza nei parchi a tema e le esperienze offerte ai consumatori fruibili anche da casa. Si concluderà cercando di rispondere alla domanda che pone il quesito se siano migliori, per le persone, esperienze fisiche o virtuali, e perché.
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1. LA PROGRESSIVA ESPERIENZIALE
EVOLUZIONE
DEL
MARKETING
1.1 Panoramica storica sull’evoluzione del marketing Il marketing “nell’economia e nella società crea valore per le persone, le istituzioni e le imprese, costruendo e mantenendo relazioni con clienti, consumatori e altri stakeholder al fine di rispondere a bisogni e desideri individuali ed esigenze collettive” (Società Italiana Marketing, 2020). È questa la definizione che si trova all’interno del Manifesto del Marketing del 2020, manifesto che orienta alla comprensione ed approfondimento del tema per le persone che ne sono interessate. Jerome McCarthy, agli inizi degli anni Sessanta, teorizzava nell’ambito del marketing tradizionale il marketing mix, ovvero le leve strategiche di cui esso si serve per essere competitivo sul mercato, al fine di raggiungere obiettivi che soddisfino i bisogni dei consumatori. Questo modello è composto dalle 4 P: product (prodotto), price (prezzo), place (luogo fisico), promotion (promozione). Il focus era quindi su benefici e caratteristiche di prodotti e servizi, che presupponevano la valutazione razionale di questi aspetti da parte dei consumatori per procedere all’effettivo acquisto. Le famose 4 P sono state successivamente integrate con altre 3 P (Batat, 2022), per attuare una rivisitazione più attualizzata di esse con: people (persone), physical (prova tangibile), process (processo). In questa prima definizione della Società Italiana Marketing, emerge quindi una componente economica, relativa al concetto di scambio e quindi di relazione tra diversi attori. L’obiettivo cardine dell’attuale management di mercato è di superare il semplice concetto di vendita per inserirsi nell’ottica del consumatore, puntando alla soddisfazione di necessità.
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Secondo Mattiacci (2021), il marketing odierno deve generare valore, volgendo lo sguardo quindi anche ad attività non orientate al profitto, quanto al raggiungimento di un benessere individuale e collettivo, che può ad esempio risiedere in una particolare visita al museo, in un’esperienza. Oggi il marketing, avendo come priorità non più solo i prodotti ma soprattutto il punto di vista dei destinatari di essi, viene perciò a fondersi con diverse discipline come la sociologia e la psicologia, in un’ottica che porta il manager ad integrare tra loro differenti aspetti, importanti allo stesso modo, per il fine ultimo di fidelizzare il cliente. Dare importanza quindi solo alla prospettiva economica di costi-benefici, domanda-offerta, e tutto ciò che porta alla sola considerazione della vendita e dei profitti, non è vantaggioso per il marketer che si trova a dover affrontare una sempre più complessa realtà, composta da diversi stimoli e sempre più emergenti bisogni da parte dei consumatori. È infatti grazie a Robert F. Lauterborn, che si passerà dal modello delle 4P al modello delle 4C: consumer (il consumatore al centro, si devono capire le sue necessità), cost (costo, quanto è disposto a spendere), communication (comunicazione emozionale con il brand, oltre la tradizionale pubblicità), convenience (convenienza, scelta da parte dai consumatori in termini di dove acquistare il prodotto, se offline o online). La persona, che è diventata quindi al centro di questa disciplina assumendo il ruolo di consumatore, mira al raggiungimento del suo benessere unendo benefici pratico-funzionali dati dai beni, a quelli emotivo-simbolici che vadano oltre il solo funzionamento del bene, abbracciando un punto di vista sensoriale ed emozionale. Ad esempio, nella scelta di una cameretta di un bambino, vengono valutate sia la resistenza e la capienza degli armadi che l’estetica ed i colori della stanza che deve richiamare alla tranquillità ed al gioco. È dagli inizi del Novecento, che negli Stati Uniti, inizia a farsi avanti l’idea di un nuovo approccio metodologico che tenesse conto della psicologia, in particolare per lo studio del “consumer behaviour” ovvero lo studio dei comportamenti dei consumatori nelle loro scelte d’acquisto. Queste ultime sono fortemente condizionate dalle emozioni ed infatti 6
un’attenzione particolare è stata data alla disciplina scientifica del neuromarketing, che studia cosa avviene nella mente del consumatore a livello irrazionale nelle decisioni d’acquisto (Mattiacci, 2021). Dal marketing tradizionale, basato su un agire di consumo razionale dell’homo oeconomicus, che pondera costi e benefici secondo i suoi bisogni primari e che acquista quindi per un preciso scopo, si passerà, come afferma Bauman (2007), al concetto dell’“homo consumens” legato allo stesso tempo sia a valutazioni razionali che emozionali. Successivamente si avrà l’evoluzione verso il marketing esperienziale, dove centrale risulta essere la valutazione della qualità dell’esperienza del consumo, tenuta in considerazione da un homo ludens alla ricerca di emozioni, relazione con il brand e soddisfazione di bisogni intangibili che sanciscono un profondo legame con la marca a livello sensoriale (Ferraresi, Schmitt, 2018). Progressivamente aumenta il benessere nella società e si cerca una relazione con la marca, che si allontana dal solo legame materiale per evidenziarne l’importanza del legame emozionale (Mattiacci, 2021).
1.2 La società dei consumi e i bisogni intangibili A partire dal secondo dopo guerra, si apre una fase di consumo di massa, in cui è massima la rilevanza data all’acquisto e al consumo di merci, ormai ampiamente diffuse e standardizzate. Nasce così la società dei consumi caratterizzata dal focalizzarsi oltre che sul soddisfacimento di bisogni primari soprattutto su quelli secondari sempre più immateriali (Mattiacci, 2021). Già a metà degli anni Cinquanta Abraham Maslow classificò i bisogni umani con la sua famosa “piramide dei bisogni”, che come base poneva i bisogni fisiologici come respirazione, alimentazione e sonno, e come punta l’autorealizzazione in termini di accettazione del sé. Philip Kotler il padre del marketing management moderno, è proprio colui che ha considerato l’esigenza di studiare il comportamento del consumatore, non dimenticando 7
però l’importanza di tecniche, metodi e teorie empiriche del mestiere. Ciò che nel tempo ha favorito un allontanamento dalla sola prospettiva economica, sono le grandi trasformazioni del Novecento, in particolare: la globalizzazione, la scienza, la digitalizzazione di massa, e la sostenibilità. In breve tempo, il marketing si è trovato davanti innumerevoli sfide a cui far fronte nel nuovo secolo (Mattiacci, 2021). Se il consumismo, da una parte rappresenta un passo in avanti per l’umanità, dall’altra genera uomini sempre più insoddisfatti ed alla ricerca di nuovi stimoli che plachino, come afferma Bauman (2007), “lo sciame inquieto dei consumatori”. Nell’attuale società ipermoderna caratterizzata dall’avvento della digitalizzazione e da vite sempre più frenetiche, siamo difronte a quello che Simmel definirebbe “uomo blasè” (1903). Difronte ad un forte eclettismo e ricerca infinita di nuove sensazioni l’uomo blasè è definito dal Vocabolario Treccani, come “colui che risulta essere indifferente, scettico, disincantato; si dice spec. di persona che sia divenuta tale per noia della vita mondana e per abuso dei piaceri, o che ostenti per snobismo questo stato d’animo.” Codeluppi (2000), parla a tal proposito proprio di “metropolizzazione del sociale”, in cui la vita è scandita da ritmi metropolitani, veloci e sempre in movimento. In questo nuovo tipo di società, caratterizzata appunto dalla massa, si passa dall’epoca della scarsità a quella caratterizzata dall’eccesso, dove, come afferma Bauman, “il capriccio prende il posto del desiderio”, ed è importante consumare il più possibile in breve tempo. Ciò che emerge è che “lo scopo del gioco del consumo, non è tanto la voglia di acquisire e possedere, né di accumulare ricchezze in senso materiale, tangibile, quanto l’eccitazione per sensazioni nuove, mai sperimentate prima. I consumatori sono prima di tutto raccoglitori di sensazioni: sono collezionisti di cose solo in un senso secondario e derivato” (Bauman, 2001, p. 93). Da questa dichiarazione emerge la più nuova ed importante considerazione dello studio del corpo come “ricettore di sensazioni”, e la necessità di integrare diverse discipline al raggiungimento di questo scopo. 8
È proprio dagli anni Ottanta, che nell’ambito della semiotica, grazie allo studio sulle passioni, comincia a riaffiorare lo studio del corpo, al centro dell’attenzione di molti studiosi. La semiotica in particolare ha dato voce alla necessità di non separare ma anzi di tenere congiunti il pensiero ed il corpo in quanto la sfera della cognizione ragionata è sempre e comunque sottoposta e veicolata dall’emozione, ed è per questo che sono due sfere che insieme coesistono (Ferraresi, 2018).
1.3 Il customer journey e la customer experience Nell’analizzare i comportamenti di acquisto del consumatore, ciò che è di particolare importanza è lo studio della percezione, una variabile estremamente soggettiva nel processo di acquisto del consumatore. Essa è legata ad una serie di fattori non oggettivi, come ad esempio particolari emozioni o pressioni da gruppi sociali di riferimento, che incidono sulla decisione finale d’acquisto (Mattiacci, 2021). Nel prendere quest’ultima, il consumatore segue una sorta di viaggio, il “customer journey”, diviso in tre fasi: il pre-acquisto (con le fasi di consapevolezza, conoscenza, considerazione), l’acquisto (dove avviene la selezione) ed il post-acquisto (con le fasi di soddisfazione, lealtà ed appoggio totale al marchio successivamente), il tutto contornato dai molteplici touch points online ed offline che il consumatore ha con il marchio. La comunicazione svolge un ruolo fondamentale nei touch points, ovvero i punti di contatto tra consumatore e brand perseguendo idealmente i seguenti obiettivi (Batra, Keller, 2016):
creare consapevolezza e rilevanza: consentire il ricordo del marchio in modo che alla mente venga richiamato facilmente e spesso;
trasmettere informazioni dettagliate: i consumatori devono conoscere i vantaggi dei prodotti o servizi con le relative caratteristiche per poter valutare di acquistarli;
creare immagini e personalità: il consumatore, oltre a valutare gli aspetti tangibili, avrà a cuore quelli intangibili da attribuire al marchio, come sincerità, competenza, eccitazione; 9
creare fiducia: le persone sono sempre più scettiche e tendono a difendersi dai tentativi di influenza del marketing. I consumatori favoriscono lo scambio di opinioni con amici e parenti che danno consigli considerati non di parte. È data quindi, nella comunicazione, molta importanza alla fonte da cui provengono i messaggi;
suscitare emozione: si ricercano vantaggi emotivi, sociali e simbolici dati dai prodotti e si dà molta importanza alle motivazioni personali che guidano all’acquisto;
ispirare l’azione: per i consumatori ampiamente predisposti ad acquistare i prodotti del marchio di riferimento, si cerca di indurre ad azioni concrete;
instillare lealtà: nella fase di post-acquisto, i consumatori si ritrovano a dover valutare la soddisfazione della loro esperienza di consumo, molto influenzata dalle comunicazioni di marketing;
connettere le persone: il consumatore potrebbe sviluppare un senso di "amore per il marchio" e potrebbe voler stare sempre a contatto con esso, interagendoci. Il marchio stesso, riveste quindi una funzione strategica di trasmissione di messaggi con significati emotivi e simbolici che potrebbe motivare i consumatori a fare passaparola e trasmettere questi messaggi ad altre persone.
L’esito di questo “viaggio” che il consumatore compie, termina con la sua valutazione complessiva di tutte le fasi del processo, e prende il nome di “customer experience”. Essa rappresenta la “somma delle esperienze, emozioni e ricordi che un cliente ha maturato nella sua interazione con l’azienda in tutte le fasi del customer journey. È il risultato di come il cliente percepisce la sua interazione complessiva con l’azienda” (Mattiacci, 2021, p. 177). Centrale è quindi la dimensione dell’esperienza di consumo che lega positivamente o negativamente il consumatore al brand, che può riuscire a fidelizzarlo o al contrario allontanarlo. Suscitare emozioni, valori, stabilire una fiducia e senso di lealtà con i consumatori è diventato un bisogno primario delle imprese, che vedono il consumatore sempre più attivo e con più mezzi rispetto al passato, per valutare l’esperienza con il brand
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stesso. Egli diventa attivo dal momento in cui può indirizzare l’offerta delle aziende, che devono rincorrere le tendenze innovative veicolate dal basso. Cambiano i benefici ricercati dai prodotti, ed in un certo senso ciò che garantisce una fidelizzazione del consumatore al brand è esserne legati affettivamente, provare emozioni nuove. Si pensi al marchio di cosmetici fatti a mano “Lush”. Potrebbe essere un negozio come un altro, dove semplicemente si acquista un prodotto di proprio gradimento e si esce. Il sapone rappresenterebbe quindi un prodotto con il solo scopo di assolvere al bisogno primario di igiene personale. Ma se si pensa a “Lush”, la prima cosa che viene in mente è l’esperienza vissuta a partire dall’esterno del negozio, quando si viene avvolti da un profumo distintivo che invita ad entrare. Dal momento in cui si varca l’ingresso, si viene travolti da tanti profumi, e da uno staff accuratamente formato che guida alla scelta del sapone perfetto, facendolo anche testare anticipatamente o addirittura permettendo al consumatore di crearne uno nuovo adatto alle sue esigenze. Il sapone di Lush non è un semplice prodotto, è un’esperienza, che inizia fin da fuori il negozio e continua con il ricordo piacevole della stessa. Il consumatore non acquista un semplice sapone ma prende parte attiva al processo di creazione di esso. Viene coinvolta totalmente la sua sfera sensoriale, contribuendo alla memorizzazione del brand in modo efficace. Se quindi i benefici ricercati nel tempo sono cambiati, è cambiato anche il consumo prettamente da beni materiali a servizi sempre più immateriali, vere e proprie esperienze. L’American Marketing Association (AMA) che rappresenta la più importante associazione nordamericana di marketing, ha posto un aggiornamento nella definizione di brand, da solo concetto che rimarcasse la differenziazione tra esso e i suoi competitors, ad un focus sull’importanza
della
dimensione
esperienziale
che
guida
il
consumatore
nell’identificazione e ricordo del brand, attraverso l’associazione ad esso di specifici valori ed emozioni. L’AMA, nel 2012, definisce un brand come una customer experience in termini di idee ed immagini veicolate oltre che avere simbolicamente un nome, un logo e particolari caratteristiche che lo contraddistinguono.
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Cambiano esigenze, il fulcro dell’attenzione dal solo fatto di voler possedere qualcosa che ancora non si detiene al provare nuove esperienze non ancora sperimentate (Ferraresi, 2018).
1.4 L’influenza della psicologia ambientale nelle scelte di consumo Agli inizi degli anni Settanta, ha assunto una particolare importanza la psicologia ambientale, nata negli Stati Uniti. Essa ha dato un forte contributo nel focalizzarsi sull'ambiente di vendita. Quest’ultimo è in grado di condizionare fortemente le scelte del consumatore nell’atto di acquisto, e per questo viene dato rilievo alla dimensione emotiva risvegliata da esso (Codeluppi, 2005). Con il tempo, si è andati incontro ad una visione del marketing che è stata definita “estetica” (Schmitt, Simonson, 1997) ed “esperienziale” (Schmitt, 1999, 2003). L’avvicinamento alla marca e le sottese emozioni e sensazioni provate, è il cuore di questo nuovo modo di fare marketing, orientato non più solo al prodotto, ma al consumatore e all’esperienza che può vivere. Kaplan e Kaplan (1982) hanno dato importanza all'emozione positiva trasmessa da un ambiente che può essere percepita a livello di design dei prodotti, da come essi vengono comunicati o dagli stessi ambienti di vendita. Nella propria esperienza di vicinanza con il brand, peso rilevante ricoprono le caratteristiche psicologiche individuali, dove persone più avventurose valuteranno più positivamente un ambiente complesso e stimolante ed altri che invece preferiscono rimanere nella loro zona di comfort, valuteranno negativamente un ambiente poco familiare preferendo luoghi più tranquilli. I luoghi di consumo odierni, si caratterizzano per essere più esperienziali e garantiscono un avvicinamento tra consumatore e brand a tutto tondo. Essi sono in particolare:
flagship store: questo tipo di esercizio commerciale è caratterizzato da una struttura architettonica particolare, e si compone di uno spazio dedicato all’esposizione dei 12
prodotti molto ampio al fine di trasmettere l’immagine del marchio. Un esempio risiede nel Flagship store di Disney a Shangai;
concept store: esso, al pari del flagship store è caratterizzato sempre da una struttura particolare che però oltre ad avere come obiettivo quello di esporre i propri prodotti e veicolare l’immagine aziendale, punta ad offrire al pubblico spazi unici, occasioni di svago ed intrattenimento, al fine di generare servizi molto variabili tra loro. Rispetto al flagship store, esso punta a fornire al consumatore stimoli e suggestioni, coinvolgendolo in particolari esperienze e percorsi che vadano a stimolare contemporaneamente i 5 sensi. L’obiettivo è tutto centrato sul dar vita a un’esperienza totalizzante, valore a cui il consumatore non può e non vuole rinunciare. Vivere i prodotti e non limitarsi solo ad acquistarli, diventa una necessità da soddisfare di primaria importanza. Un esempio è quello del Concept Store "Story" a New York, che più che vendere oggetti, narra delle storie intorno ad essi, cambiando tema ed aspetto ogni mese.
Philip Kotler già nel 1973-74 aveva fatto emergere l'importanza dell'atmosfera all’interno degli spazi di vendita che se “tematizzati”, come oggi spesso accade, danno vita a luoghi incredibilmente attrattivi che creano l’esperienza. Trascorrere un tempo piacevole in questi ambienti garantisce una più lunga permanenza e propensione all’acquisto da parte dei consumatori disposti a spendere di più. Ciò che nel tempo ha rivestito un fondamentale ruolo comunicativo, sono le vetrine, già a partire dal Settecento. Esse dovevano, grazie all’uso strategico della luce, spettacolarizzare le merci per catturare sguardo e desiderio dei clienti, e proprio per questo si parla di “vetrinizzazione della società”. Quest’ultima, insieme all’industrializzazione porta alla nascita della “cultura del consumo”. Le vetrine rappresentavano quindi una sorta di palcoscenico dove mettere in scena le merci ad un pubblico rappresentato dai passanti e la platea dalla strada (Codeluppi, 2005). Nella seconda metà dell’Ottocento, ci fu una forte evoluzione dei luoghi di consumo, soprattutto
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grazie al susseguirsi delle esposizioni universali che hanno reso possibile un vero e proprio spettacolo di messa in scena delle merci, ad un pubblico molto vasto. Il forte effetto di maestosità di queste esposizioni, sancì l’inizio dell’interessamento per questa nuova comunicazione basata sull’impatto, sull’immagine. Ciò che ha reso possibile il completamento del processo di vetrinizzazione della società come definito da Codeluppi, sono stati i centri commerciali. Il loro modello è stato poi di ispirazione per il costituirsi di altri luoghi di consumo, come cinema multisala, alberghi e parchi a tema (Codeluppi, 2000). Martin Lee, negli anni Novanta, parlava di “dematerializzazione progressiva delle merci”, spostando il focus sulle merci esperienziali orientate al far provare qualcosa piuttosto che al caratterizzarsi solo per le proprietà fisiche. Egli afferma che rispetto il mercato di beni materiali, come ad esempio quello delle lavatrici, facilmente soggetti ad una saturazione, il mercato delle merci esperienziali è come se fosse infinito, non soggetto ad un esaurimento quanto piuttosto ad un rinnovamento frequente dello stesso. Ciò che rende vivo il desiderio di continuare ad acquistare da parte dei consumatori, è proprio la distinzione estetica delle merci che consente di alimentare questo bisogno di consumare, superando la sola differenziazione delle caratteristiche tangibili delle merci.
1.5 Brand experience e nuove strategie di comunicazione Si vive il brand quindi acquistando esperienze. La rilevanza data a questo aspetto comincia ad assumere centralità a partire degli anni Ottanta ad opera di Holbrook e Hirschman che definiscono il nuovo approccio come focalizzato sulla natura simbolica, edonistica ed estetica del consumo. Si ricercano fantasie, sensazioni, divertimenti. Proprio per questo si tende a parlare sempre di più di brand experience, ovvero di esperienza con il brand, di interazione. Ci si chiede cosa avvenga nel momento in cui si entra a contatto con esso, concentrandosi in particolare sugli aspetti sensoriali ed emozionali evocati quando un consumatore ad esempio usufruisce di un bene o di un servizio. 14
La brand experience si compone di 4 dimensioni che strutturano l’esperienza con il brand (Tuten, Solomon, 2020):
dimensione sensoriale: l’esperienza deve dar vita a tutti sensi con particolare attenzione all’aspetto della vista;
dimensione affettiva: viene dato particolare risalto all’emozione suscitata dal brand quando il consumatore ne entra in contatto;
dimensione comportamentale: l’esperienza deve dar vita ad un’azione fisica;
dimensione cognitiva: devono essere risvegliate le facoltà intellettive attraverso l’esperienza, come ad esempio la stimolazione della curiosità.
È a partire dagli anni Novanta, che le aziende hanno ritenuto necessario spostarsi in ottica del consumatore. Non si considerano più quindi solo gli attributi dei prodotti, ma ci si concentra sulle esperienze distintive che essi offrono, che rimandano al carattere e all’universo del brand. I consumatori di oggi infatti ricercano emozioni, qualcosa che sappia colpire l'anima. Una differenza interna al marketing, distingue il marketing dei beni e dei servizi. Questi ultimi, essendo intangibili, sono difficili da valutare in quanto la risposta che ne danno i consumatori dell’esperienza stessa, è molto diversa tra loro. Si tende a dare in questa visione un ruolo attivo al consumatore, che da ricettore di beni in modo passivo, diventa parte attiva nel processo e nel momento stesso di erogazione di specifici servizi. Si parla così di “prosumer” ovvero di un consumatore che è anche produttore (Toffler, 1980). Oltre alla fase di progettazione di un servizio ciò che risulta essere di fondamentale importanza per trasmettere messaggi e raggiungere obiettivi prefissati, è la fase di comunicazione di esso, poiché si deve necessariamente puntare ad una differenziazione che garantisca al consumatore unicità ed emozione. Proprio per l’attenzione da parte dei consumatori ai benefici emozionali di un prodotto o del brand stesso, la comunicazione ai giorni nostri risulta essere un fondamentale strumento 15
di veicolazione di messaggi strategici al fine di fidelizzare i consumatori creando valore per loro stessi, in un’ottica sempre più di personalizzazione. In particolare, è la comunicazione di marketing a rappresentare un veicolo strategico per avviare relazioni tra diversi attori come clienti attuali e potenziali, ed operando su tre livelli (Pastore, Vernuccio, 2021):
cognitivo: in quanto la comunicazione di marketing è in grado di far conoscere tutte le opportunità di offerta;
affettivo: dove gli output della comunicazione sono non solo razionali ma soprattutto esperienziali ed emozionali;
comportamentale: dove essa ha un effetto che condiziona la decisione finale d’acquisto.
Nel mondo di oggi, soggetto a continue innovazioni ed una digitalizzazione crescente, c’è un’evoluzione per quanto riguarda gli strumenti di marketing che vengono utilizzati dalla comunicazione e che rappresentano il “communication mix” (Pastore, Vernuccio, 2008). Essi sono in continuo sviluppo, e si possono trovare: gli eventi (che verranno approfonditi nel secondo capitolo), marchio e logo, testimonial, sponsorizzazioni, editoria aziendale, pubblicità, social media, punto vendita, e tanti altri. Pastore e Vernuccio (2021), identificano i fattori che hanno favorito uno sviluppo di questi strumenti ed un’evoluzione nella comunicazione e sono:
relazione: con il consumatore in particolare che viene coinvolto in modo continuativo ed in una visione sempre più di partecipazione;
narrowcasting: comunicazione indirizzata verso specifici target quasi rapporto oneto-one marketing. Ci si allontana da una prospettiva one-to-many dove prevaleva una comunicazione uguale per tutti;
interattività e co-creation: il consumatore diventa consum-attore prendendo così parte al processo di comunicazione fino quasi a determinare l’offerta. Da solo ricettore dei prodotti diventa consumatore attivo; 16
engagement: coinvolgimento del pubblico in modo unico ed emozionale, facendoli sentire parte attiva di un sistema. Colpire il sensibile, favorendo una fidelizzazione data dall’intreccio tra sfera cognitiva, affettiva e comportamentale;
esperienzialità: vi è lo sviluppo del marketing esperienziale che supera l’unica concezione di comunicazione come ricezione di informazioni in modo passivo, aprendosi ad un’ottica di partecipazione emozionale con il brand;
social media e user generated content: comunicazione orizzontale tra i clienti ed ascolto e partecipazione attiva alla creazione di nuovi contenuti, come ad esempio i fandom;
contestualizzazione: le nuove tecnologie favoriscono una comunicazione sempre più personalizzata ed interattiva con il consumatore, con una precisa dimensione spaziotemporale.
moltiplicazione e frammentazione dei touch points: i punti di contatto tra brand e consumatore sono innumerevoli come ad esempio gli sms, le email, il web, la nascita delle community, il packaging, ecc;
comunicazione integrata: integrazione tra diversi tipi di strumenti e mezzi, per raggiungere obiettivi prefissati e garantire la coerenza tra diverse aree di comunicazione, cercando di mantenere una reputazione favorevole dell’azienda come obiettivo primario.
1.6 L’esperienza al centro: la nascita del marketing esperienziale Il vero cambiamento è rappresentato dal carattere dell’esperienzialità che risulta essere centrale per passare dalle 7P del marketing tradizionale alle 7E (Batat, 2022): experience (esperienza), exchange (scambio, di valore e non più solo di prezzi), extension (estensione, dove la distribuzione diventa un processo più dinamico), emphasis (enfasi, veicolata dai brand per autopromuoversi), emphaty capital (capitale empatico, che le imprese devono sviluppare per soddisfare i bisogni dei clienti avvicinandosi a loro), emotional touchpoint
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(punti di contatto emotivi), emic/etic process (processo emico/etico per creare valide esperienze di successo). La branca del marketing esperienziale rappresenta un importante tipo di marketing non convenzionale dove ci sono innumerevoli stimoli di tipo comunicativo, che concorrono a stimolare i cinque sensi del consumatore dando importanza alla sua sfera emotiva. Le imprese quindi, devono saper sorprendere il consumatore, studiandolo attentamente e rinnovando continuamente la sua percezione che ha del brand (Pastore, 2021). L’obiettivo strategico è il “consumer brand engagement”, che “è un nuovo obiettivo strategico di marketing/comunicazione di marketing e può essere considerato un insieme di attività cognitive, emozionali e comportamentali del consumatore legate a specifiche interazioni tra questo e il brand” (Pastore, 2021, p. 410). Nella prospettiva del marketing esperienziale, sviluppata inizialmente da Schmitt (1999), la centralità dell’esperienza deriva da: cambiamento del consumatore, sempre più eclettico, e che risulta essere per Gabriel e Lang (1995) ingestibile, imprevedibile, contraddittorio; dalla sovrabbondanza dell’offerta dove quindi vi è un aumento delle aspettative dovuto alla crescita di esperienze e competenze dei consumatori. L’experential marketing fonda le sue radici su quattro concetti-chiave che lo differenziano dal marketing tradizionale (Schmitt, 2018):
l’esperienza del cliente: capire il cliente nelle sue sensazioni, studiando come stimolare i suoi cinque sensi e garantendo un’esperienza che sia per lui indimenticabile;
il consumo come esperienza olistica: l’experential marketing punta ad unire in modo definitivo, le teorie del marketing con quelle di consumo, uscendo dalla dimensione della sola considerazione del prodotto in sé. Si punta a contestualizzare il prodotto andando ad intercettare specifiche situazioni d’uso dello stesso, rispondendo a specifici bisogni dei consumatori;
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i clienti come animali razionali ed emozionali: l’acquisto ed il consumo di beni e servizi, ai giorni d’oggi, risponde ad esigenze sia razionali dove si ponderano costi e benefici ma si dà risalto alla dimensione emozionale che quei determinati prodotti suscitano. Il consumatore ha bisogno di provare qualcosa, si deve sentire coinvolto, nella sua più profonda dimensione sensoriale;
l’eclettismo dei metodi: il marketing esperienziale è caratterizzato dall’essere un approccio esplorativo che considera nel loro insieme i metodi più efficaci.
Il contributo di Schmitt risulta essere fondamentale per lo studio del Customer Experience Management (CEM), ovvero il metodo che ha al centro della sua analisi lo studio strategico delle aziende, nella costruzione dell’esperienza del consumatore. Non fermarsi solo alle vendite del prodotto e quindi al solo risultato finale, consente di dare un valore aggiunto all’azienda, rendendola più competitiva. Risulta essere di grande importanza, al fine di raggiungere questo obiettivo, la comunicazione interna con i propri collaboratori e non più dipendenti, che se motivati, saranno in grado di dare il loro massimo, al fine di restituire un’esperienza unica al consumatore. Tornando all’approccio di Schmitt, esso si compone di quattro fasi che non devono essere tralasciate:
analisi del mondo esperienziale del cliente: attraverso ricerche di mercato vengono analizzate esperienze passate, presenti, future che vorrebbe sperimentare;
costruzione della piattaforma esperienziale: posizionamento del prodotto in modo orientato e dinamico;
progettazione dell’esperienza di marca: creazione dell'identità esperienziale del prodotto con packaging, pubblicità, logo, slogan;
strutturazione della relazione con il cliente: fase che si attiva quando il consumatore entra in contatto col prodotto.
Inoltre il marketing esperienziale distingue cinque fondamentali elementi, che prendono il nome di SEM (Strategic Experential Modules). Essi, se impiegati tutti insieme, possono permettere al consumatore di vivere un'esperienza: olistica, coinvolgente, memorabile e 19
straordinaria, pur sempre non eliminando la componente razionale nell’atto di acquisto. I cinque moduli esperienziali strategici sono:
sense: la sfera delle percezioni sensoriali;
feel: la sfera delle emozioni, ciò che crea emozioni positive;
think: il processo cognitivo e di apprendimento, ciò che permette di dar vita a esperienze razionali comunque coinvolgenti e che sviluppino il risolvimento di specifici problemi, il problem solving;
act: la sfera dei comportamenti e degli stili di vita;
relate: la sfera dell’interazione che inserisce l’individuo nel contesto più ampio della società e lo relaziona con le altre persone.
Al fine di costruire l’esperienza, Schmitt propone l’incrocio di questi moduli con i “fornitori di esperienza”, gli ExPro, strumenti strategici che attivano il Sense, Feel, Think, Act, Relate, e sono: la comunicazione stessa data dalla pubblicità, l’identità visiva e verbale come i loghi, gli spazi espositivi, i siti web, le persone, ecc. Da questo incrocio tra SEM ed ExPro, si può dar vita alla griglia esperienziale che rappresenta un’indicazione per progettare una valida esperienza strategica. B. Joseph Pine II e James H. Gilmore, due fautori del marketing esperienziale insieme a Schmitt ed importanti autori del volume “The Experience Economy” (1999), hanno definito il marketing esperienziale come una sorta di spettacolo teatrale inscenato dalle imprese per coinvolgere in prima persona il consumatore, nel legame emotivo con il brand. La decisione d’acquisto dunque, secondo O’Sullivan e Spangler (1998), si basa su una serie di fattori, che concorrono a lasciare un buon ricordo di tutto il processo al consumatore, tra cui:
coinvolgimento del cliente (fisico, mentale, emotivo, sociale, spirituale);
co-partecipazione del cliente nell’offerta dei prodotti;
importanza dei valori simbolici del prodotto o servizio;
centralità dell’esperienza nel consumo.
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In questa nuova ottica, il consumatore è al centro della scena divenendo protagonista attivo nell’esperienza di consumo. Alcune forme di experential marketing sono ad esempio: spettacoli, giochi, balli ed eventi, dove soprattutto questo ultimi, rappresentano un tipo di esperienza totalizzante per il consumatore. "Il Festival dell'Oriente", permette al consumatore di conoscere altre culture sperimentando cibi, tradizioni, giochi e tanto altro. "Romics", è una grande rassegna internazionale dei fumetti, in cui le persone si riuniscono per fare i cosplay ed acquistare gadget dei loro personaggi preferiti. Il museo dei bambini "Explora", consente loro di simulare le attività del mondo degli adulti, mediante giocattoli che riproducono oggetti della vita quotidiana, come fare la spesa, lavorare alla cassa o come vigile del fuoco, e tante altre. Pine e Gilmore sostengono che si possa parlare di una nuova economia, dove l’accento viene posto sull’esperienza. Essa è un vissuto, un ricordare il brand auspicabilmente in modo piacevole, è quindi un’emozione e quasi sicuramente un acquisto futuro. Gli autori parlano quindi di una nuova offerta, che deve essere in grado di favorire l’engagement dei consumatori, creando un evento che sia per loro memorabile e che garantisca il successo del brand.
1.7 Tra esperienze permanenti e temporanee: la differenza tra i Brand Experience Worlds e gli eventi Gerd Nufer (2022), analizza le esperienze durature determinate dai “Brand Experience Worlds” nell’ambito del marketing degli eventi. Quando si parla di “brand experience”, all’interno di essa vengono coinvolti tutta una serie di fattori che rendono il brand distintivo e competitivo sul mercato, in una progressiva concentrazione sugli aspetti emozionali che esso può trasmettere ai target tipo. Attuare la strategia del marketing dell’esperienza, vuol dire rinnovarsi continuamente per promuovere una fidelizzazione dei consumatori ed una più ancorata relazione che si basi su fiducia, interattività, ed innovazione.
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Grazie ai nuovi mezzi di comunicazione sempre più all’avanguardia e che rispondono alle necessità del tempo, le aziende si sono progressivamente allontanate dal solo utilizzo della pubblicità tradizionale per promuovere i loro prodotti, andando ad incrementare il marketing degli eventi. Questi ultimi, sono in grado di suscitare emozioni, coinvolgimento e creazione di un legame con il brand più forte. Questo tipo di marketing si caratterizza per essere temporaneo, nella misura in cui un evento aziendale ha una temporalità prestabilita, che ha un inizio ed una fine. Un ulteriore sviluppo di questa branca è identificato nei “Brand Experience Worlds”, che rappresentano mondi duraturi in cui ci si può immergere nell’universo del brand per un tempo illimitato. Una nota negativa di questi nuovi interessanti sviluppi, è che, per consentire alle persone di vivere un’esperienza diretta con il brand, sono necessarie risorse economiche molto elevate, ed una costante innovazione e sorpresa. Il cuore dell’esperienza è creare fascinazione, interesse, suscitare curiosità. Creare esperienze sicuramente richiede un grande sforzo da parte delle imprese che si accingono a questo tipo di marketing, ma comunque emerge un grande potere di competitività sul mercato grazie ad esse. L’industria automobilistica, in particolare quella tedesca, punta molto a questo modo di fare marketing in quanto l’universo delle automobili è considerato quasi a livello sacro, come afferma il direttore vendite BMW Michael Ganal “se il concessionario è la chiesa cittadina, allora il BMW World è la Basilica di San Pietro”. Progettare eventi ed esperienze, rappresenta un tema di grande interesse per le aziende, ed un tipo di mercato che continuerà ad espandersi. Le imprese dovranno essere pronte a fronteggiare i rischi in termini di tempo e soldi, oltre che considerare solo le opportunità di distinzione. Ciò che risulta essere di fondamentale importanza ai giorni d’oggi è la sfera del tempo libero, dove le persone al di fuori della propria sfera lavorativa vogliono sentirsi emotivamente coinvolti ed intrattenuti. Proprio a ragione di questa necessità, l’esperienza è qualcosa che può rimanere impresso nella mente e nel cuore di tutti. L’industria 22
dell’intrattenimento quindi ha rivestito nel tempo, un ruolo centrale per lo sviluppo di esperienze memorabili e ludiche. In particolare è negli Stati Uniti che hanno vita i primi “mondi dell'esperienza del marchio”, dove nel 1907, in Pennsylvania aprì il “Hersheypark”, un parco del noto marchio di cioccolato “Hershey”. Successivamente, nel 1955, a Los Angeles aprì Disneyland e nel 1971 in Florida il “Disney World”. Sono gli inizi degli anni Novanta a rappresentare un crescente sviluppo di questi mondi negli USA, proprio quando pochi anni prima, nel 1982, Hoolbrock ed Hirschman hanno iniziato a dar vita al termine “esperienziale”. Nacquero i “Niketowns”, dedicati al marchio “Nike”, ad Atlanta il “World of Coca-Cola” e nel Michigan nel 1998 il "Kellog's Cereal City". Contestualizzando questo fenomeno a livello europeo, il primo mondo di marca esperienziale è stato il “Legoland” in Danimarca nel 1968. Nel 1992 nacque vicino Parigi il Disneyland Resort, primo parco tematico Disney. Nel 1995 in Austria fu progettato lo “Swarovski World of Experience”, caratterizzato da una struttura architettonica particolare e studiata artisticamente nei minimi dettagli. A partire dalla metà degli anni ’90, il boom di questi mondi è arrivato anche in Germania, con la nascita del “BMW World” a Monaco, “Museo Mercedes-Benz” a Stoccarda, e tanti altri. Dare risalto alle esperienze per la vicinanza tra consumatore e brand non è un aspetto innovativo, ma ciò che lo è davvero, è il suo uso strategico per coinvolgere i target di riferimento a livello multisensoriale. I “Brand Experience Worlds” sono realtà permanenti e tridimensionali che consentono alle aziende, mediante l’esperienza e l’emozione, di arrivare a raggiungere obiettivi prefissati di marketing. Su queste basi, Zanger, traccia quattro orientamenti (all’immagine, all’azienda e al prodotto, al tempo libero e al consumo) in cui vengono poi classificati dall’incrocio di essi, quattro tipi di questi mondi esperienziali:
orientamento all’immagine ed all’azienda e al prodotto (brand lands);
orientamento all’immagine ed al tempo libero (brand parks);
orientamento all’azienda e prodotto ed al consumo (brand stores); 23
orientamento al tempo libero ed al consumo (theme parks).
Partendo dai “brand lands”, le terre del marchio, esse rappresentano la storia dell’azienda, e puntano alla dimostrazione dei prodotti di essa. Fondamentale è quindi l’aspetto di comunicazione del proprio essere azienda, e dell’immagine positiva da trasmettere ai consumatori. Un esempio è rappresentato dai “Swarovski Crystal Worlds”, in Austria, composti da un parco, un museo e una zona outlet di fabbrica. Essi rappresentano uno dei primi luoghi più visitati tra la top ten dell’Austria, che lascia piacevolmente sorpresi i visitatori. I “brand park”, i parchi di marca, rappresentano un settore del tempo libero in cui i visitatori vogliono immergersi in una realtà ludica e divertente. Rivestono un ruolo chiave anche gli eventi, e tutte le attività connesse al marchio che sono strategiche per intrattenere. Il “VolksWagen Autostadt” in Germania, rappresenta la “città dell’automobile” più grande al mondo, centro di consegna delle auto per eccellenza che comprende tre diversi luoghi tipici:
“luogo di comprensione”: il senso della vista è quello più stimolato nel momento in cui vengono resi concreti al consumatore i passaggi che vengono effettuati per produrre le auto, grazie anche all’uso di nuove tecnologie interattive. Il motto è “vedere per credere”;
“luogo dell’adorazione”: il focus è tutto sull’immagine del marchio e sulla sua veicolazione di messaggi emotivi. Si punta ad impressionare i consumatori con vere e proprie performances spettacolari, come ad esempio l’uso di fumo ed effetti speciali di luce per far sembrare una Lamborghini ruggente dietro le sbarre, una vera e propria tigre;
“luogo del desiderio”: si crea suspense nel momento in cui il consumatore si trova a dover aspettare la consegna della macchina. Essa è contenuta in due grandi torri ed attraverso una gru automatizzata verrà consegnata a colui che è in trepidante attesa di vivere la propria automobile.
Un’ulteriore classificazione dei Brand Experience Worlds è data dai “brand stores”, i negozi di marca, che puntano all’acquisto dei prodotti da parte dei target tipo. Il cliente prima di 24
procedere all’acquisto, può avere un’anticipata prova tangibile del prodotto mediante la sperimentazione dello stesso. La vendita è quindi solo susseguente al fatto di far vivere al consumatore delle esperienze. Il “World of Coca Cola” in Georgia rappresenta un esempio perfetto di come marketing esperienziale e marketing tradizionale riescano a fondersi. Esperienze al centro e vendite poi. Nel mondo Coca-Cola è possibile inizialmente ripercorrere la storia del marchio attraverso un “tour autoguidato” dove si illustra l’evoluzione del marchio progressivamente. Poi si può procedere alla degustazione dei prodotti targati Coca-Cola ed infine si passa alla vendita di beni di vario tipo con questo marchio. Infine si hanno i “theme parks”, i parchi tematici, generalmente orientati per un target composto da bambini e dalle loro famiglie, che vogliono trascorrere del tempo libero in una sorta di realtà parallela alla propria vita quotidiana. Il marchio prende quindi una conformazione tridimensionale, tangibile dalle famiglie che possono fondersi con esso in un percorso orientato solo secondariamente alla vendita di prodotti. Emergono soprattutto attività ludiche, proprio in vista della necessità di svagarsi durante il tempo libero. Esempi cardine sono: la Hewlett-Pacward (HP) che sponsorizza un’attrazione innovativa “Mission: Space”, che si serve delle nuove tecnologie per simulare il viaggio di un’astronauta su Marte. Un forte legame tra la competenza aziendale e l’esperienza è data da General Motors che ha creato un test di guida “Test Track” per un kilometro e mezzo di percorso, dove alla fine della prova si viene condotti automaticamente nel negozio di merchandising della marca. Ed ecco come, attraverso l’esperienza, possono essere contemporaneamente stimolati i cinque sensi.
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2. L’EVENT MARKETING COME FORMA DI EXPERIENTIAL MARKETING 2.1 Dalla spettatorialità all’esperienzialità: la disciplina del marketing degli eventi L’event marketing, è un campo studiato dai ricercatori che risulta essere piuttosto recente, in quanto le prime ricerche risalgono al XIX secolo, affermandosi sempre più nelle università e successivamente nel settore alberghiero dal XX secolo. La disciplina del marketing degli eventi è in forte crescita e sviluppo e risulta essere profondamente mutevole, necessitando quindi di aggiornamenti ed approfondimenti costanti dagli studiosi. Gli eventi presero piede soprattutto a partire dal settore turistico, nell’ambito dell’ospitalità, in particolare tra gli anni Settanta e Novanta, anni in cui si studiò la portata dell’impatto economico dato dagli eventi (Mazza, 2022). È proprio dagli anni Novanta che avvenne un cambiamento, che fece riflettere come afferma Getz, il padre della disciplina dell’event management, sul carattere di “tematizzazione” degli eventi. Il 2004, rappresenta l’anno in cui Getz delineò i tratti principali della disciplina: definitori (tematizzazione, unicità, periodicità,
localizzazione,
modularità
strutturale),
comunicativi
(relazionalità,
emozionalità, esperienzialità), ereditari (economici, sociali, politici, culturali, urbani e infrastrutturali, educativi, informativi/divulgativi). Ai fini della tesi, verranno approfonditi gli aspetti distintivi pertinenti alla comunicazione emozionale propria degli eventi. Essa è fondamentale per poter stabilire e mantenere intatto nel tempo il legame tra consumatore e brand, attraverso il veicolo delle emozioni (Mazza, 2022). Queste ultime sono in grado di avere un effetto diretto che incide su: amplificazione del gradimento del consumatore rispetto alla sua partecipazione all’evento; alimentazione delle emozioni provate nell’evento favorendo il coinvolgimento; possibilità per il pubblico di identificarsi con l’evento stesso riconoscendo degli aspetti del proprio vissuto; creazione di un senso di comunità; possibilità di suscitare curiosità ed interesse su specifici aspetti dell’evento che tratta di un tema definito. 26
Con i nuovi studi in merito, si è ampliato quindi il focus nell’ottica dell’esperienzialità che gli eventi potevano portare ai consumatori, ed all’interazione tra diversi partecipanti. Si misero al primo posto proprio questi ultimi, il loro livello di soddisfazione e il senso di comunità che si sviluppa attorno agli eventi (Dolasinski, 2021). L’esperienza crea valore, ed è “risultante di un complesso di fattori cognitivi, emozionali e sensoriali che derivano non solo da quanto vissuto, ma anche dalla sua percezione rispetto al contesto fisico, sociale, relazionale e culturale” (Mazza, 2022, p. 40-41). Con il fondamentale passaggio dal marketing tradizionale orientato alle vendite, al marketing esperienziale, ciò su cui le aziende puntano con maggiore interesse, è lasciare un ricordo, un’esperienza memorabile, che faccia da collante tra il consumatore ed il brand. La necessità di voler essere ricordati in modo positivo, tiene conto della centralità che il consumatore ha assunto per le aziende, in quanto la comunicazione odierna si orienta completamente verso la persona. Il focus sulle emozioni provate da quest’ultima, nel rapporto che sviluppa con il brand, se positiva, consente alle aziende di mantenere nel tempo una reputazione stabile. Questa ineliminabile ed anzi imprescindibile componente emotiva, deve essere costantemente stimolata attraverso i diversi strumenti di cui dispone l’azienda e che può sfruttare a proprio vantaggio per sorprendere i target di riferimento. Proprio al fine di sorprendere, emozionare e farsi ricordare, il veicolo strategico degli eventi, risulta essere uno strumento di particolare importanza al fine di stimolare i cinque sensi del consumatore. Nel tempo quindi l’evento in sé, da solo strumento volto a comunicare i prodotti dell’azienda, o l’azienda stessa, si è trasformato in qualcosa di più: in un’esperienza distintiva per i consumatori. Gli eventi “rispetto agli altri strumenti di comunicazione, hanno quindi un grande vantaggio: sono uno strumento interattivo, relazionale ed esperienziale” (Fisichella, 2020, p. 122). In questa definizione, è racchiuso tutto il focus odierno sugli aspetti psicologici che giovano ad un coinvolgimento tout court del pubblico e ricalca la natura esperienziale dell’evento, come qualcosa che deve soddisfare l’esigenza di essere coinvolgente. 27
Si è passati quindi nel tempo da una funzione di spettatorialità degli eventi ad una incentrata sul carattere di esperienzialità. Il primo aspetto, riguardava la messa in scena spettacolare delle aziende della loro product offering, garantendo stupore al consumatore ma prettamente in una visione passiva. “L’individuo prende parte a un evento, osservandolo e beneficiandone da diversi punti di vista, creati ad hoc dagli organizzatori affinché possa godere, appunto, dello spettacolo” (Mazza, 2022, p. 14). Ciò che quindi viene favorito mediante la spettatorialità è un punto di vista univoco generato dagli organizzatori dell’evento stesso, ed incentrato appunto, a spettacolarizzare qualcosa. Attraversando il cambiamento in visione dell’approccio esperienziale, esso non punta tanto a rendere l’evento spettacolare, ma è volto a rendere l’esperienza, vera, autentica. Il visitatore quindi non viene tanto stupito dalla particolare caratterizzazione dell’evento in sé, ma viene colpito da ciò che sta provando in quel momento, in termini di emozioni e sensazioni che quell’esperienza suscita e va ad incidere sul suo vissuto. “L’adozione dell’approccio esperienziale rende, dunque, l’utente artefice del suo vissuto e ne incrementa le opportunità di engagement” (Mazza, 2022, p. 16). Il campo di studio degli eventi, è incentrato quindi, sul punto di vista di un consumatore totalmente attivo e che prende parte all’evento come uno “spett-attore” (Mazza, 2022), in grado di diventare protagonista dell’esperienza che sta vivendo. La disciplina degli eventi si compone quindi di quattro caratteristiche (Mazza, 2022) al centro della sua analisi:
dimensioni: quanto l’evento è grande, che realtà coinvolge, l’estensione territoriale, mediatica e tutti gli aspetti che ne identificano la portata;
format: il tipo di evento da definire in base agli obiettivi da perseguire. Si sceglie il tema, la location, e tutte le caratteristiche necessarie a coinvolgere i visitatori;
target: sono tutte le persone coinvolte nell’evento. Lo studio sul target di riferimento è fondamentale per il confezionamento finale dell’evento e per far sì che le aspettative delle persone siano raggiunte se non superate. Esso si divide in visitatori che partecipano
direttamente
all’evento
e
possono
anche
parteciparvi
contemporaneamente online e spettatori che ne fruiscono dai media tradizionali o 28
digitali. Entrambe le figure sono primarie quando aderiscono completamente all’evento nel suo complesso e secondari quando potrebbero avvicinarsi facendo ad esempio da accompagnatori ad un familiare o un amico e partecipando all’evento indirettamente.
Si
punta
molto
a
coinvolgere
quest’ultima
categoria
di
visitatori/spettatori poiché grazie al loro coinvolgimento si espande la portata dell’evento anche a coloro che non sembrano essere interessati. Un evento che ha un impatto positivo delle persone rende più facile una partecipazione successiva delle stesse;
funzioni: dipendono dagli obiettivi che si intendono raggiungere, dal format e target scelti al fine di dar vita all’evento.
Questi fattori tra loro concatenati permettono all’evento di dare avvio ad un cambiamento nella società che nel tempo ha sempre più bisogno di sperimentare momenti aggregativi, di condivisione e vicinanza gli uni con gli altri. A tal proposito, l’evento svolge cinque funzioni cardine all’interno della società, dove quella socio-relazionale,
rispetto
a
quella
culturale,
politica,
economica
e
promozionale/comunicativa, ricopre un ruolo fondamentale per inquadrare al centro dell’attenzione le persone. L’aspetto socio-relazionale, attiene alla dimensione dell’uomo come “animale sociale”, di cui parlava Aristotele. Il bisogno di stare insieme e di formare comunità volte ad un comune sentire ed alla condivisione di valori e significati in armonia, è dato dal fatto che l’uomo per sua natura ha bisogno di fondare reti sociali e di fare “comunitas” (Turner, 1969). L’evento di per sé, rappresenta per le persone, un momento in cui si viene a contatto con la sfera del proprio tempo libero, e la necessità primaria dell’uomo è concedersi un’esperienza che sia memorabile e significativa. A partire dall’organizzazione delle feste con gli amici, fino a rituali come l’organizzazione di una laurea o di un matrimonio, è la persona ad essere protagonista dell’esperienza che si accingerà a provare.
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Van Gennep (1960), parla del concetto di “liminalità”, cioè di un tempo dedicato all’evento che “rompe” la routine quotidiana. Ci sono due momenti fondamentali che sanciscono il valore dell’evento stesso: il tempo dell’attesa, ed il tempo del ricordo. Il primo tempo, è fondamentale per aumentare le emozioni nel desiderio di vivere quell’avvenimento particolare. Il secondo tempo, sancisce il momento del legame vero e proprio con quel vissuto, e quindi la sua memorabilità nel tempo in cui l’evento può continuare a esistere, a vivere. Pine II (1998), afferma che le esperienze, come detto in precedenza, rappresentano un nuovo tipo di offerta, basata sulla particolarità di creare momenti distintivi ed unici per i consumatori. Il ricordo positivo di una particolare esperienza, ad esempio aver partecipato attivamente ad un concerto, essere andati al cinema, aver visto uno spettacolo a teatro o aver visitato attrazioni di particolare interesse, presuppone che il consumatore si sia legato affettivamente a quel vissuto, avendo concesso tempo a quella particolare attività. La nozione del tempo è di fondamentale importanza in quanto un consumatore disposto a ritagliare alcune ore da dedicare a se stesso, desidera vivere un’esperienza che lo coinvolga e che lo faccia sentire bene e parte attiva nel rapporto che si alimenta nel tempo con il marchio. Il brand si impegna attivamente affinché il suo target di riferimento sia interessato a dedicargli del tempo. Questo perché più il fattore tempo è vissuto positivamente, più è probabile che il ricordo successivo dell’esperienza sia piacevole ed instauri quindi nuove possibilità di acquisto nel consumatore. Interesse per il brand, interesse per la sua product offering. Rendere questo tempo prezioso, è fondamentale, poiché i consumatori hanno sempre meno tempo a disposizione, a causa dei frenetici ritmi della vita metropolitana.
2.2 L’evento come strumento alternativo della comunicazione, ma non solo Inizialmente, il marketing degli eventi era solo considerato come alternativa di comunicazione, oltre i tradizionali strumenti del communication mix come la pubblicità, 30
radio o stampa (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022). Esso rappresentava e continua a rappresentare una forma di comunicazione indipendente, nel senso di strumento autosufficiente con un proprio percorso di progettazione a sé stante (Nufer, 2016). Attraversando un breve excursus sul cambiamento della comunicazione con il passare degli anni, precedentemente alla Prima Guerra Mondiale la comunicazione era intesa come forma di persuasione e propaganda mirata a colpire specifici target senza avere alcun tipo di feedback. Modello chiamato “bullet theory”, ovvero teoria del proiettile magico, basava tutto sul trasferimento unidirezionale top-down delle informazioni ai pubblici intesi come massa, senza una risposta. Con l’evoluzione della comunicazione, si ritenne necessario coinvolgere il target, ormai diventato pubblico, nel flusso comunicativo, dovuto anche al fatto che avvenne l’integrazione tra il marketing ed il settore delle relazioni pubbliche, ambiti fino agli anni Settanta, nettamente separati. Ciò consentì di iniziare a parlare di comunicazione integrata, tenendo in considerazione le risposte dei consumatori in grado di influenzare significativamente l’andamento e le decisioni dell’azienda. È l’inizio dell’interessamento per le aziende del consumatore, della sua esperienza di consumo e del suo engagement. Quest’ultimo aspetto risulta essere quindi centrale al fine di assicurare un legame più profondo e duraturo tra consumatore ed impresa. La comunicazione doveva essere quindi autentica e trasparente per un pubblico sempre con più mezzi a disposizione, soprattutto dagli anni Novanta, per “far sentire la propria voce” (Mazzei, 2020). Con il passare degli anni, si è passati perciò a una prospettiva del consumatore da passivo come solo ricettore di informazioni dell’azienda, ad attivo, in grado di comunicare con essa. Si aprirà da qui in poi una fase in cui la comunicazione si orienterà al dialogo duale con il proprio pubblico, in un’ottica relazionale di “interdipendenza reciproca” (Freeman, 1984) tra azienda e consumatori, in grado di influenzarsi a vicenda. I consumatori con i propri mezzi a disposizione saranno in grado di esprimere le proprie idee e di venire coinvolti nelle attività dell’azienda, al fine di sviluppare una “brand awareness”, che crei cioè consapevolezza dell’impresa e delle sue azioni. 31
A tal proposito, gli eventi rappresentavano e rappresentano un veicolo strategico per l’azienda per farsi conoscere, comunicando la propria immagine, ed i propri prodotti, ma successivamente l’aspetto fondante di questa disciplina sarà il costituirsi di un’esperienza memorabile per i consumatori, proprio per focalizzarsi sul carattere di engagement degli stessi. Gli eventi, infatti, oltre ad essere una strategia per l’impresa, possono essere definiti come “metagenere”, per racchiudere all’interno diverse declinazioni: sono una risorsa, di cui le aziende possono decidere se usufruire o meno, e rappresentano per questo una grande opportunità che richiede però un certo tipo di budget; un media alternativo, un fatto, un rito, un contenitore, uno strumento e soprattutto sempre più un’esperienza. “Il marketing degli eventi si è affermato come uno strumento di comunicazione innovativo e non classico, che rappresenta più di un semplice complemento moderno al mix di comunicazione esistente” (Nufer, 2016, p. 44). Essi sono in grado di rafforzare la reputazione ed immagine del marchio o della stessa azienda (Nufer, 2016). Gli eventi rappresentano un tipo di comunicazione distintiva (Fisichella, 2020), che ha come obiettivi cardine:
il fatto di evocare valori, emozioni ed atmosfere piacevoli;
il fatto di raggiungere stakeholder direttamente, con una comunicazione faccia a faccia ed in tempo reale;
il fatto di costituire un’esperienza concreta indimenticabile, che rimarrà un ricordo di particolare importanza per le persone coinvolte.
Il fine è quindi coinvolgere un certo tipo di pubblico, gli stakeholder, in una relazione che avvenga in presenza. “Il coinvolgimento delle parti interessate è finalizzato a stimolarne adesione, partecipazione e senso di appartenenza” (Mazza, 2022, p. 112). Definendo gli stakeholder, l’Enciclopedia Treccani afferma che essi sono “tutti i soggetti, individui od organizzazioni, attivamente coinvolti in un’iniziativa economica (progetto, azienda), il cui interesse è negativamente o positivamente influenzato dal risultato
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dell’esecuzione, o dall’andamento, dell’iniziativa e la cui azione o reazione a sua volta influenza le fasi o il completamento di un progetto o il destino di un’organizzazione.” Gli stakeholder quindi sono in grado di influenzare la reputazione dell’azienda, che per mantenerla salda deve avere a cuore il suo target di riferimento. Sono primari, quando stabiliscono con l’azienda una relazione di tipo economico, come i clienti finali o i collaboratori in grado di incidere concretamente sulla effettiva concretizzazione dell’evento; oppure sono secondari, quando detengono un interesse per le attività dell’azienda, e la influenzano non sempre positivamente, contrastando o mettendone in risalto alcuni aspetti, come i media (Mazzei, 2020). Gli eventi si distinguono in categorie volte a soddisfare le diverse esigenze degli attori coinvolti. Dolasinski (2021) segnala la presenza di quattro macro categorie di eventi: professionale (come conferenze o congressi), di intrattenimento (come festival o concerti), sociale (come lauree o matrimoni) e di causa comune (come manifestazioni o commemorazioni storiche). Gli autori in merito alla classificazione degli eventi in categorie, hanno sviluppato prospettive diverse, ma quella di Roche (2000) è la più utilizzata. Essa comprende: mega event (che hanno risonanza globale), special event (come manifestazioni sportive o culturali di portata internazionale o nazionale), hallmark event (manifestazioni nazionali o locali), community event (eventi di comunità a risonanza locale o regionale). A seconda della tipologia in questione, l’evento può rivolgersi all’interno o all’esterno dell’azienda. Gli eventi interni sono volti alla creazione di un senso di comunità e di appartenenza tra i dipendenti ormai divenuti collaboratori, favorendo il rafforzamento delle loro relazioni. Un collaboratore coinvolto anche in questo tipo di iniziative con l’azienda, che deve aver cura di comunicare l’evento a tutto il team di lavoro, avrà un miglior sentiment nell’impegnarsi a rendere e produrre di più aumentando i profitti aziendali. Coinvolgimento vuol dire instaurare un legame, che può rafforzarsi ad esempio mediante i compleanni aziendali, consentendo al team di condividere insieme un momento in cui ricordare i valori ed il giorno in cui l’impresa prese vita. Talvolta questo engagement può 33
essere esteso anche alle famiglie dei collaboratori per rendere il luogo di lavoro un luogo accogliente. L’altra tipologia di eventi, sono quelli esterni destinati ad un pubblico che vuole continuare ad alimentare il legame con il brand, e sono ad esempio i “mega event” che hanno forte risonanza globale e mediatica come le fiere internazionali, ovvero gli Expo (Fisichella, 2020).
2.3 Pianificare l’evento: tempistiche, pubblici, organizzazione Per far sì che l’evento funzioni, ogni minimo dettaglio deve essere pensato e studiato accuratamente, tenendo conto dell’obiettivo che si vuole raggiungere. L’attenzione spostatasi nel tempo sul punto di vista dei partecipanti nell’evento, ha permesso di approfondire il tradizionale modo di concepire gli eventi, mettendo in risalto quattro componenti chiave che li compongono (Dolasinski, 2021):
elemento temporale: l’evento si caratterizza per avere un tempo prestabilito limitato che lo differenzia ad esempio dai Brand Experience Worlds, di cui è dedicato il paragrafo 1.7. Tutto è determinato, momento e luogo. Ogni elemento è studiato nel minimo dettaglio per far quadrare gli elementi che tra loro andranno a comporre l’evento nella sua complessità;
due o più partecipanti: l’event marketing è fondamentale per garantire senso di comunità, unione attorno un interesse comune: la musica nei concerti, un prodotto particolare in una fiera, un pittore in una mostra e tanto altro. Le persone si ritrovano a condividere tempo insieme partecipando fisicamente o virtualmente all’evento. Si esce dalla vita di tutti i giorni per entrare in un altro tempo, dedicato alla propria persona ed agli altri;
pianificato: l’evento non è mai un’esperienza improvvisata. Richiede una particolare organizzazione ed uno scopo ben definito in base al budget a disposizione, alla grandezza dell’evento ed alla destinazione interna o esterna dello stesso. Tutti i dettagli per l’organizzazione di un evento sono fondamentali, a partire dalle informazioni logistiche come luogo, data, ora. Si parte dalla base per poi andare in 34
profondità con dettagli anche più estetici e creativi. L’obiettivo dell’evento deve essere studiato fin dalla fase della sua ideazione. Deve essere chiaro cosa si vuole raggiungere, se notorietà, fidelizzazione a determinati stakeholder, aprirsi a nuovi business, consolidare e mantenere la propria reputazione aziendale, o altri obiettivi;
opportunità unica: nessun evento sarà uguale ad un altro poiché ciò che deve colpire al pubblico è il carattere di novità rispetto ad eventi precedenti, dove è lo stupore a dover suscitare interesse e curiosità. Questo perché, un consumatore affezionato alla marca ed intenzionato a partecipare agli eventi della stessa, non deve trovarsi davanti ad un evento già vissuto precedentemente. Le seconde edizioni di un concerto o di uno spettacolo a teatro saranno sempre diverse, volte a creare uno spettacolo che generi fascinazione e sorpresa.
La definizione seguente racchiude questi elementi e determina l’evento nelle sue principali caratteristiche: “l’evento è un’iniziativa o una manifestazione rilevante rivolta a un gruppo specifico di stakeholder che prevede un luogo e un momento definito per il loro incontro ed è organizzata, pianificata e comunicata per volontà di un’impresa, un ente o associazione al fine di raggiungere un obiettivo nel rispetto di un budget” (Fisichella, 2020, p. 124).
2.4 Oltre la comunicazione: verso il coinvolgimento dei consumatori Nel tempo, oltre il punto di vista di strumento strategico della comunicazione, gli studiosi sentirono la necessità di indagare proprio dal punto di vista psicologico, il comportamento dei consumatori, considerando gli output degli eventi in termini di coinvolgimento ed efficacia (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022). In questo l’evento dal vivo è fondamentale perché permette al marchio di comunicare la sua immagine e i suoi valori in una veste innovativa ed attrattiva al fine di raggiungere obiettivi definiti, come incrementare la notorietà e le vendite dei propri prodotti. Il marchio punta perlopiù ad aumentare la consapevolezza che ne hanno i consumatori ed il loro coinvolgimento con esso. A tal proposito, è fondamentale adottare un tipo di strategia che 35
concentri tutte le energie di un evento che deve risultare ben riuscito, in un lasso di tempo definito. Coinvolgimento, esperienzialità, interazione, informazione, comunicazione. Questo è l’event marketing. Esso può essere definito, proprio come i ricercatori Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa (2022) concedono il nome al loro articolo “defining event marketing as engagement-driven marketing communication”, come un tipo di comunicazione di marketing che basa tutto sul coinvolgimento del consumatore. Il brand engagement “può realizzarsi a molti livelli, da scarso a totale, e i brand dovrebbero cercare di coinvolgere utenti ai livelli più bassi, portandoli poi a diventare autentici fan. Più alto è il livello di coinvolgimento, più positivi saranno i risultati per il brand in termini di passaparola favorevole, percezione di valore del brand e anche livello di vendite. Tutti questi benefici del coinvolgimento si realizzano quando i brand sono capaci di incoraggiare le persone a divenire loro fan” (Tuten, Solomon, 2020, p. 177). Gli eventi in questo ricoprono un ruolo fondamentale, in quanto rappresentano un tipo di entertainment che insieme ai giochi promossi dal brand, ed altri tipi di performance, riescono a creare situazioni memorabili ed emozionanti per i consumatori che vogliono partecipare attivamente nella relazione con i propri brand preferiti. Un consumatore attivo e coinvolto sarà di conseguenza un consumatore fidelizzato (Tuten, Solomon, 2020). L’interazione tra marchio e consumatore, coinvolge la sfera motivazionale di quest’ultimo nelle componenti comportamentali, cognitive ed emotive. L’atmosfera dell’evento, è un’atmosfera che genera piacevolezza, comunità e voglia di interagire ed ha quindi un forte impatto sull’aspetto psicologico del partecipante. Essa genera risposte positive sul cambiamento di atteggiamento e comportamento del consumatore, che si andrà ad adattare a quella situazione. Anche l’influenza dell’ambiente, come suggerisce la psicologia ambientale, stimola positivamente il partecipante all’evento (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022). “Quando tutti e cinque i sensi vengono sollecitati in una stessa
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direzione, si amplifica l’intensità delle emozioni come gioia, sorpresa, interesse, felicità, allegria, entusiasmo, affinità, appartenenza, orgoglio e nostalgia” (Mazza, 2022, p. 234). Un esempio attuale di esperienza immersiva multisensoriale si può ritrovare nel “baloon museum” di Roma, che prevede un’esperienza caratterizzata da colori, luci ed attività che si possono fare in ambienti suggestivi con una musica che avvolge totalmente il museo. All’interno di esso è possibile scattare foto in diverse stanze caratterizzate dalla particolarità di essere tutte tematizzate con i palloncini, ed è possibile ad esempio pedalare su una bicicletta per dar vita all’innalzamento di un albero luminoso che a seconda dell’intensità della pedalata si aprirà in tutti i suoi rami oppure rimarrà spento. L’esperienzialità dell’evento a tal proposito, presuppone un consumatore attivo che partecipi alla co-creazione di valore con il marchio. Ed è qui che il prosumer, il consumatoreproduttore prende vita, dando avvio ad una sperimentazione che lo coinvolge totalmente. “Il cliente dovrebbe partecipare attivamente anche come individuo o membro della comunità dell’evento, quindi l’esperienza è la porta della co-creazione di valori tra il marchio e i clienti” (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022, p. 155). Questa porta, che l’esperienza apre ai consumatori, crea una sorta di “iperrealtà” in un’interazione con il marchio “tridimensionale” (Wohlfeil, Whelan, 2006). Quindi l’event marketing può essere racchiuso nella definizione che lo descrive come “un approccio di comunicazione di marketing collaudato che consiste in messaggi di marketing trasmessi attraverso varie attività progettate per coinvolgere il cliente” (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022, p. 157).
2.5 I consumatori al centro: tra mente, emozioni e comportamento “L’evento, … è un fenomeno che ha come perno centrale l’individuo o un insieme di individui”. “L’intento implicito degli eventi è sempre stato il favorire uno scambio fondato su un comune sentire…” (Piccioni, 2022, p. 243). La necessità di considerare il consumatore in tutta la sua totalità, dipende dal fatto che il focus si è sempre più spostato nell’ottica di 37
una “filosofia dello human-to-human marketing” (Piccioni, 2022). Il cuore pulsante delle aziende è il pubblico che ha delle necessità da soddisfare, dove quindi la prospettiva “impresa-centrica” risulta essere superata ormai da tempo. Come afferma Piccioni (2022), le aziende devono impegnarsi a pensare nel futuro, concentrandosi sugli aspetti di:
design thinking: tutto ha inizio con l’identificazione dei bisogni del pubblico per progettare l’evento, al fine di creare qualcosa che dia vantaggio competitivo all’azienda e che sia in grado di risolvere problemi;
service-dominant logic: la vendita attuale è cambiata rispetto al passato in cui l’attenzione era concentrata sui beni materiali. Ora si progettano servizi sempre più personalizzati e co-costruiti dai consumatori, anche nel loro valore. Si passa quindi da un “marketing to” a un “marketing with” (Nosi, 2019);
digitalizzazione: mediante la nascita delle nuove tecnologie, i consumatori hanno più opportunità di interagire con l’azienda, e quest’ultima è in grado di ampliarne le opportunità di esperienza da offrire, “dematerializzando” sempre più l’offerta e creando nuove “strade” prima considerate impossibili da intraprendere;
L’evento finalizzato ai pubblici, non può più essere considerato solo come un prodotto da mettere in scena, ma detiene una sua autonomia di valore (Piccioni, 2022). “Gli eventi del domani devono presentarsi al mercato come offerte indipendenti, pensate e cucite sull’individuo, adottando un processo di design thinking, che possa essere, in seconda battuta (e quindi, non come obiettivo principale), vendibile anche a enti terzi…” (Piccioni, 2022, p. 258). L’evento si progetta nel dettaglio, in funzione del proprio pubblico di riferimento, in tutte le sue fasi, a partire dalla sua fase di ideazione, per poi procedere con le fasi di sviluppo, realizzazione e gestione ed infine avviene la misurazione dei risultati in cui si valuta la portata dell’evento a livello di output (Fisichella, 2020). Gli impatti dell’evento, vengono valutati secondo cinque diversi aspetti (Mazza, 2022): economico, gestionale, ambientale, sociale, culturale e comunicativo. Quest’ultima 38
valutazione risulta essere di primaria importanza in quanto in altri tipi di studi non viene considerata come area da valutare indipendentemente dalle altre. L’analisi della comunicazione mediante l’evento, consente di analizzarne il punto di vista dei consumatori che ne apprendono valori, immagine, coerenza, racconto, e stabiliscono con l’esperienza dell’evento un senso di appartenenza. Viene stabilito quindi una sorta di “patto fiduciario” con i visitatori (Mazza, 2022), e se l’immagine e reputazione dell’azienda viene intaccata è difficile da recuperare. Per valutare quindi il fronte comunicativo, il modello in uso, nonostante alcuni limiti come quello di non tener conto di una valutazione a lungo termine, è quello che proviene dal marketing, il “Customer Based Event Equity” (CBEE). Esso rappresenta “quell’effetto distintivo e differenziale che lo svolgimento e la conoscenza di un evento può determinare sulla risposta dei clienti finali e intermedi alle azioni di marketing implementate dagli stakeholders coinvolti” (Iasevoli, 2005, p. 15). L’obiettivo è quindi indagare la portata distintiva e di beneficio dato dall’evento, attraverso le azioni comunicative che si sono svolte e vederne la risposta dei consumatori, arrivando poi alla valutazione del valore che ne è emerso rispetto uno specifico brand. Si analizzano i fattori che vanno a costituire le tre aree che riguardano il comportamento dei consumatori (Mazza, Lombardi, 2022), ovvero:
area cognitiva: coinvolge l’area della conoscenza dell’evento da parte della persona e si valuta in termini di “event awareness”, cioè consapevolezza riguardo l’evento. Essendo un’area intangibile, essa deve essere quantificata in base alla partecipazione dei consumatori all’evento stesso (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022). Si rileva anche il riconoscimento dell’evento ed il suo successivo ricordo (event recognition ed event recall);
area affettiva: cosa viene percepito dell’evento, a livello di emozione nelle immagini veicolate (event image). Si valuta la differenziazione tra le imprese in base a quello che offrono, nei loro benefici distintivi. “L'emozione sembra svolgere un ruolo sostanziale nel processo di valutazione del servizio associato al comportamento di acquisto. La connessione si riferisce all'attaccamento psicologico di un cliente a un 39
marchio e comporta una valutazione olistica o aggregata del marchio, estranea alle sue caratteristiche funzionali o strumentali” (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022, p. 170);
area comportamentale: ovvero si stima quanto i consumatori siano soddisfatti dell’evento (event satisfaction) e quanto siano disposti a riacquistare i prodotti. Si valuta quindi la fedeltà comportamentale dei consumatori alla marca (loyalty) andando ad analizzare se le loro aspettative sono state soddisfatte, per poterne garantire la partecipazione futura.
“L'intento di eventi relativi a prodotti, aziende o servizi è presentare stimoli cognitivi, emotivi e fisici, innescare processi di attivazione e comunicare messaggi, informazioni e associazioni guidati dall'azienda il cui scopo è dare un contributo positivo alla creazione di valori di marca” (Nufer, 2016, p. 44). Il consumatore si ritrova quindi avvolto da diversi stimoli di tipo affettivo, che fanno da attivatori dei cinque sensi, ma anche stimoli di tipo informativo, in quanto l’azienda punta ad “educare” sul proprio marchio. Per far sì che l’evento sia credibile agli occhi di un consumatore attento, l’immagine che viene veicolata nell’evento deve essere congruente con l’identità dell’impresa e con le altre attività inerenti alla comunicazione (Fisichella, 2020). Un esempio a tal proposito che unisce queste due sfere, facendo attraversare al consumatore un vero e proprio percorso sensoriale e cognitivo, è la Fiera di Roma “Arti e Mestieri Expo”, che generalmente ha la durata di quattro giorni nel periodo di dicembre di ogni anno. Le fiere, come afferma Pastore (2021), hanno due obiettivi concatenati, sia di comunicazione che commerciali, al fine di consentire all’impresa di far conoscere i suoi prodotti e venderli. “Arti e Mestieri”, unisce intrattenimento, musica, spettacolo, eccellenze enogastronomiche, e rappresenta la fiera per eccellenza dell’artigianato, dove si possono acquistare regali sicuramente originali. Gadget di Natale, laboratori multisensoriali per bambini, canzoni natalizie, profumi ed una calda atmosfera rilassante, rendono una giornata trascorsa in famiglia un ricordo piacevole. Il percorso comprende padiglioni con diversi stand tematici, 40
che guidano la persona alla scoperta di prodotti che in alcune occasioni è possibile degustare. Nel momento in cui si degusta ad esempio un particolare tipo di paté al tartufo, se ne sente il profumo, si assaggia, e successivamente si viene informati sul prodotto che è possibile acquistare in confezioni convenienti, molto spesso che presuppongono un’offerta allettante per portare a casa il prodotto provato. Il fatto di portare con sé ciò che si è degustato alla Fiera, fa ricordare piacevolmente quella giornata particolare, ma soprattutto, degustare ed essere informati sul prodotto consente al visitatore una consapevolezza sull’azione che sta compiendo, e all’azienda di farsi conoscere nei suoi punti vendita per acquisti futuri. Ciò che quindi viene ad unirsi è sia l’evento in sé che emoziona ed affascina, che il marchio, pronto ad informare sui suoi prodotti. Ciò che ricopre un fondamentale ruolo di valutazione dell’impatto avvenuto dell’evento, è l’analisi di cinque fattori tra loro collegati (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022):
l’intenzione di acquisto: più un consumatore viene coinvolto ed ha un atteggiamento positivo nei confronti dell’evento, più sarà propenso ad acquistare i prodotti del marchio, soprattutto se c’è congruenza con l’immagine che viene da esso veicolata. Il design, l’atmosfera, ed il contesto in questo giocano un ruolo fondamentale;
l’intenzione di visita: il consumatore coinvolto emotivamente ha desiderio di ritornare all’evento nelle successive edizioni;
word-of-mouth o raccomandazione: un evento vissuto positivamente, coinvolgente ed esperienziale ha un effetto favorevole su un passaparola tra persone;
brand loyalty: la fedeltà alla marca, quanto il consumatore è disposto a proseguire nel tempo il suo legame con la marca soprattutto in base alla congruenza messa in atto dal marchio;
brand equity: il valore del marchio, alimentato da una partecipazione all’evento piacevole che faccia provare emozioni positive che presuppongono un cambiamento di atteggiamento nel consumatore. Tutto ciò confluirà nel mantenimento della reputazione dell’azienda.
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La riuscita dell’evento stesso, che rappresenta una possibilità per l’azienda di parlare di sé creando un’esperienza per il pubblico, dipende da tre fattori tra loro concatenati: il consumatore, l’azienda o il marchio e l’evento stesso. L’armonia di questi tre elementi, dipende dall’azienda che deve favorire, mediante l’evento, il coinvolgimento del consumatore, che non è mai lineare, ma con il passare del tempo va continuamente stimolato a tutti e tre i livelli sopracitati: cognitivo, emotivo e comportamentale. Inoltre mediante l’evento, come obiettivo secondario, si deve far in modo che il consumatore si attivi anche in acquisti futuri dei prodotti dell’azienda. “L'implementazione di una strategia di marketing per eventi può aumentare la consapevolezza, la soddisfazione e il comportamento di acquisto e aumentare le vendite di prodotti durante e dopo l'evento” (Setiawana, Wibisonoa, Purwanegaraa, 2022, p. 170).
2.6 Tra eventi in presenza ed eventi virtuali: nuove forme di sperimentazione L’event marketing è un settore particolarmente all’avanguardia, che risponde alle esigenze dei tempi di evolversi e di dare la possibilità a chiunque voglia di parteciparvi, sia in presenza che a distanza. Ciò è stato reso possibile dall’avvento delle nuove tecnologie, il cui uso è stato fondamentale per fronteggiare la Pandemia da Covid-19, che ha limitato gli eventi in presenza. Tutto il comparto degli eventi e del turismo, è stato messo a dura prova durante questo periodo, in quanto forti limitazioni come il distanziamento sociale ed il divieto degli assembramenti hanno limitato fortemente queste due attività fondamentali per l’uomo. Alcuni esperti nel settore dell’eventistica affermano che la Pandemia ha fatto registrare un forte calo di entrate, ma allo stesso tempo notevoli opportunità per reinventarsi, poiché il digitale ha accelerato una trasformazione che sarebbe poi arrivata. Il cambiamento che c’è stato, non ha solo permesso di integrare la dimensione fisica a quella digitale che ha portato a parlare di “phygital”, ma ha permesso di dar vita a prodotti nuovi, come mostre interattive 42
ed immersive, concerti visibili in streaming, e molto altro. Nuove sfide si sono presentate così per il settore degli eventi, che hanno consentito nuovi sviluppi nell’ambito e la possibilità data a più persone di parteciparvi in una dimensione più inclusiva e sostenibile. Nel periodo di Pandemia, in generale, il sentiment delle persone era orientato verso il ricordo e la nostalgia per gli eventi in presenza, poiché è venuto a mancare lo spirito tipico degli eventi di aggregazione tra persone e momento di condivisione. Le tecnologie hanno quindi permesso di trovare delle soluzioni alla prosecuzione dell’industria degli eventi. In particolare esse hanno consentito di avviare un’innovazione in tutta l’industria, e dall’altra parte di offrire opportunità in più riguardo il coinvolgimento del pubblico mediante una partecipazione ancor più esperienziale (Mazza, 2022). Partendo dal punto di vista delle aziende, le tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale, ha permesso di automatizzare alcuni processi che toglievano tempo alla realizzazione di aspetti creativi, su cui era necessario puntare per rendere l’evento speciale. Il digitale ha quindi offerto nuove possibilità per le imprese di riorganizzare il proprio lavoro e di conseguenza gli eventi (Mazza, 2022). Ciò ha quindi concesso, secondo Mazza (2022): una migliore gestione delle risorse umane nel farle dialogare più facilmente nei diversi comparti; una più efficiente gestione economica ad esempio garantendo pagamenti virtuali più sicuri; una gestione più efficiente della sicurezza e protezione degli eventi mediante la prevenzione di situazioni pericolose come un sovraffollamento o atti vandalici; una miglior organizzazione della logistica al fine di velocizzare i tempi di consegna ed i rapporti con i fornitori; un’amplificazione delle azioni di comunicazione e marketing al fine di favorire esperienze più complete per i consumatori. In particolare quest’ultimo aspetto della comunicazione dell’evento permette di avere un effetto di risonanza sulle persone. Comunicarlo, vuol dire renderlo speciale a partire dai momenti che precedono l’evento, per arrivare al durante ed al dopo. Le persone devono essere accompagnate in questo viaggio alla scoperta. La comunicazione è una fase fondamentale per la narrazione che si fonda intorno all’evento, servendosi dei social 43
network sites ad esempio per trasferire immagini e messaggi. “La comunicazione sostiene l’esito delle azioni in tutte le fasi del ciclo di vita, impostando e attuando operazioni di sensibilizzazione, valorizzazione e promozione dell’evento” (Mazza, 2022, p. 215). Mediante la comunicazione digitale vi è un prolungamento dell’esperienza nelle fasi di: preevento per creare curiosità ed interesse attorno ad esso; durante l’evento, dove è massimo l’uso della comunicazione per favorire un engagement grazie ad una narrazione di esso in tempo reale che stimola all’azione; post-evento per continuare a viverlo nel suo ricordo, dove l’azienda dovrà essere pronta anche a fronteggiare situazioni di crisi reputazionali, evitabili se si studia a fondo il pubblico di riferimento. In quest’ultima fase si cerca di mantenere un certo assetto comunicativo. La comunicazione odierna digitale, mira a favorire un raggiungimento di pubblici prima non raggiunti al fine di consentire alle persone di sentirsi parte di una comunità in un “non luogo” (Mazza, 2022), che amplia le opportunità di engagement. Secondo alcuni autori, gli obiettivi cardine della comunicazione digitale sono: motivare le persone a partecipare all’evento ampliandone il loro grado di curiosità; dar vita ad una forma di attivismo più diffusa in rete mediante ad esempio la creazione di fan page e dando vita alla propria interpretazione libera dell’evento; incentivare un coinvolgimento più forte; cercare di stimolare la necessità per i consumatori di adottare comportamenti proattivi e co-creativi. Attualmente riveste quindi una particolare importanza l’uso strategico dei social network, che hanno il potere di creare un’“agorà comunicativa” attorno all’evento (Fisichella, 2020). Una pratica sempre più diffusa di partecipazione all’evento anche da casa, come se si fosse presenti, è il “second screen”, che consiste nell’interagire con due diversi device, dove uno viene usato per guardare l’evento e l’altro per commentarlo ed aprire discussioni su di esso. Questa possibilità concessa anche alle persone che sono a casa favorisce un coinvolgimento molto più ampio del pubblico, che si sente immediatamente più attivo. Come affermano i ricercatori Setiawana, Wibisonoa e Purwanegaraa, nel tempo quindi si stanno sviluppando studi alternativi su questa nuova tipologia di eventi, sempre più 44
frequenti e che hanno un impatto diverso rispetto all’esperienzialità ed all’”autenticità” degli eventi in presenza. L’importanza concessa all’universo virtuale, risale alla digitalizzazione di massa che ha favorito una trasformazione digitale consentendo a tutti di avere Internet a portata di mano. Il momento di questo passaggio può essere fatto risalire alla nascita del primo dispositivo Apple nel 2007, l’Iphone, che permise ai consumatori di avviarsi verso la strada dell’“always on”, l’essere sempre connessi, ovunque ed in qualsiasi momento (Mattiacci, 2021). Grazie a questa rivoluzione, il rapporto tra brand e consumatori è notevolmente cambiato, oltre che apportando dei miglioramenti di vita, spostando proprio quest’ultima nell’universo dell’online, modificandone tempi e spazi. Le possibilità di uso che si aprono con le nuove tecnologie, consentono alle aziende dei nuovi modi di fare impresa. Alcune scelgono di mantenere la propria rete aziendale principalmente fisica, usufruendo dell’online solo per trasmettere informazioni contenute ad esempio sul sito web; altre, come Amazon, si spostano sul digitale; e sempre più frequenti sono le aziende che utilizzano un business che integra offline con online. Questa modalità avviene ad esempio nel caso di Ikea che propone di effettuare acquisti online e ritirare i prodotti in punti di ritiro fisici. La presenza di queste nuove tecnologie, consente alle aziende di posizionarsi negli spazi online, cogliendo opportunità che superano i vincoli spazio-temporali dell’offline. L’online permette di “connettere il brand con un numero di interlocutori assai più ampio… e di dialogare con i consumatori in modo più approfondito, interattivo, personalizzato” (Pastore, 2021, p. 217). Il fenomeno degli eventi virtuali è in forte crescita, e questo sviluppo ha avuto un forte impatto dato dal fatto che la possibilità di partecipare in presenza era materialmente limitata durante il periodo di Pandemia da Covid-19. È ancora in dubbio se la portata di questi eventi abbia più risvolti positivi o negativi poiché è un campo di studi ancora tutto da scoprire (Dolasinski, 2021).
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Proprio perché esso è un campo ancora in esplorazione, l’industria degli eventi virtuali 4.0, risulta essere ancora immatura e poco conosciuta. L’evento 4.0 è un tipo di evento che sposa il modello dell’industria 4.0, e che potrebbe essere definito come un evento che “è gestito digitalmente;
aggiorna
frequentemente
la
propria
tecnologia
digitale;
integra
completamente i propri sistemi di comunicazione; ottimizza le operazioni digitali e la comunicazione per la consegna di eventi, il marketing e l'esperienza del cliente” (Ryan, Fenton, Ahmed, Filippo, 2020, p. 47). Questa ricerca fatta da Ryan et al. sulla consapevolezza di aprire un dibattito sui nuovi eventi 4.0, è la prima ricerca effettuata in merito ed è destinata ad essere approfondita con studi successivi. La digitalizzazione sempre crescente della società ma soprattutto delle imprese, apre nuovi scenari di coinvolgimento dei consumatori, grazie all’avvento degli smartphone, dei social media e di un internet sempre più veloce. Le nuove tecnologie consentono di far vivere ai consumatori esperienze sempre più personalizzate ed interattive ad esempio mediante l’uso delle app, aumentando anche il grado di socialità tra le persone e la connessione con i brand. Molti studiosi considerano l’avvento del digitale come una quarta rivoluzione industriale in grado di modificare il panorama delle opportunità disponibili ad aziende e consumatori. Un uso delle possibilità offerte dalle tecnologie digitali può permettere all’industria degli eventi di favorire una migliore esperienza al partecipante, non più passivo ma attivo, che sia memorabile e che non si esaurisca con la fine dell’evento, ma anzi, funga da strumento di comunicazione in tutte le sue fasi, pre, durante e post. L’integrazione tra la sfera del fisico e la sfera del virtuale sta permettendo a questi due diversi mondi di procedere allo stesso passo. Sviluppare una maturità da parte delle aziende sulle potenzialità dell’intelligenza artificiale, consentirebbe di produrre dati in tempo reale derivanti dall’evento che aiuterebbero nel processo decisionale, e potrebbero ad esempio essere utili in termini di accessibilità all’evento e su monitoraggi sulla sicurezza. Molti professionisti degli eventi tuttavia 46
risultano essere ancora scettici sull’uso delle tecnologie in quanto si ritiene di essere sempre in costante “lotta” con esse, soprattutto nel caso ad esempio di conferenze in cui determinati power point da mostrare, al momento non funzionano. “Gli eventi sono evidentemente un crogiolo di esperienze e obiettivi e non tutti richiedono i più alti livelli di tecnologia per essere completati” (Ryan, Fenton, Ahmed, Filippo, 2020, p.60). Infatti, alcuni studiosi invitano ad usare con attenzione le nuove tecnologie che potrebbero sì incrementare la nascita di esperienze interattive favorendo dei vantaggi distintivi rispetto ad altri competitors, ma potrebbero altrettanto eliminarne il vero valore. “La mancata adozione di aspetti della tecnologia digitale non suggerisce necessariamente una brutta esperienza o la fine per quelle aziende meno mature digitalmente; non tutte le aziende di eventi si affidano a questo tipo di supporto dati per sopravvivere” (Ryan, Fenton, Ahmed, Filippo, 2020, p. 52). Nonostante le perplessità, l’evento 4.0 sarà la porta del futuro, in quanto evolversi verso i nuovi dispositivi rappresenta una possibilità di miglioramento delle esperienze che saranno più variegate e di un coinvolgimento dei consumatori più ampio. L’uso delle tecnologie in primis è risultato imprescindibile per venire incontro a questa nuova sfida di innovazione della normalità, a partire dal trasferimento delle lezioni scolastiche o della palestra online e molte altre attività migrate su piattaforme digitali. Esse hanno permesso al settore degli eventi di adattarsi, seppur in forma diversa, ad un cambiamento di portata globale. Il virtuale ha quindi compensato alle carenze dell’evento live, senza però sostituirlo a livello di importanza. “L’epidemia di Covid-19 ha avuto un impatto negativo sull’industria degli eventi, offrendo al contempo l’opportunità di reinventarsi” (Seraphin, 2021, p. 3). Un periodo così difficile per tutto il mondo non si vedeva da secoli, tanto che sono state studiate, confermate ed aggiornate sette teorie formulate da Getz (2012) in termini di futuro di questi due settori. Quelle più rilevanti ai fini del periodo condizionato dalla Pandemia, ne sono state tre in particolare che vedevano: gli eventi dal vivo come preponderanti ed imprescindibili per una 47
comunità di persone che necessita di sentirsi vicino agli altri in presenza, e ciò vale per ogni tipo di società; l’affermazione di eventi virtuali con il passare del tempo, grazie all’avvento del progresso tecnologico che porterà questo nuovo tipo di sperimentazione, ma dove essi non saranno comunque in grado di sostituire del tutto il valore dell’esperienza dell’evento in presenza; il bisogno per le persone di partecipare ad eventi e di viaggiare non cambierà mai, poiché le società di tutto il mondo da sempre questi bisogni, nonostante possano svilupparsi alcuni cambiamenti non prevedibili dall’uomo, come pandemie o guerre mettano a dura prova questi due fondamentali bisogni. Queste teorie sviluppate dall’autore si sono dimostrate particolarmente attuali, in un periodo in cui proprio una pandemia, dal 2020, ha segnato un forte collasso nel settore turismo ed eventi, limitandone la possibilità di effettuarli. Questa limitazione della vicinanza tra persone, trasformatasi in una chiusura di luoghi di svago come discoteche o parchi a tema, ha impattato negativamente sulle persone, ma al contempo ha permesso di far nascere nuove opportunità al passo con i tempi. Fig.1 - Gli impatti della Pandemia da COVID-19 (traduzione propria)
COVID-19
Riti e rituali sono stati interrotti o limitati
Minaccia all’industria degli eventi e diminuzione del capitale sociale. Opportunità per l’industria degli eventi di reinventarsi per contribuire ancora di più al benessere della società
Fonte: Seraphin, 2021, p.13
L’interruzione di attività caratterizzanti l’unione della società, ha messo a dura prova proprio il “capitale sociale” delle comunità, ovvero, come lo definisce Bourdieu (1985), la loro durevole rete di relazioni. Tenendo in considerazione la Pandemia, la prima teoria che era stata sviluppata da Getz sull’importanza degli eventi in presenza, fu rivista come una proposta futura in cui, a seguito di questi eventi straordinari, questo tipo di eventi avrebbero subito uno sconvolgimento ed il ritorno alla normalità sarebbe stato un lungo processo. 48
Come affermano diversi autori, le persone avrebbero cambiato il loro modo di vivere, il loro modo di adattarsi, ma la loro volontà di tornare a partecipare a questi eventi comunitari non li avrebbe scoraggiati, ma anzi li avrebbe motivati a riappropriarsi del loro capitale sociale, soprattutto nelle aree più avanzate in grado di fronteggiare meglio situazioni negative. L’industria degli eventi, essendo un campo di studi profondamente in mutamento, non è in grado di sviluppare previsioni future che siano certe, ma possono però dare una visione generale allo strutturare dei confini di scenari che potrebbero verificarsi. “Federcongressi&eventi”, l’organizzazione senza scopo di lucro nata nel 2004 che comprende imprese private ed enti che svolgono attività che hanno a che fare con gli eventi, congressi ed altro, monitora costantemente questo campo al fine di favorire un indirizzamento delle tendenze future del settore. La ricerca presente nel rapporto 2021 dell’“osservatorio italiano dei congressi e degli eventi”, si basa sulla raccolta dati da febbraio ad aprile 2022, basata su un questionario che è stato somministrato a 5443 sedi ospitanti di eventi e congressi in Italia. La partecipazione alla ricerca è stata data da 635 sedi effettive per indagare incontri in presenza o ibridi, di almeno quattro ore con minimo dieci persone partecipanti. Sono stati stilati diversi grafici tra cui uno sulle “prospettive future del mercato”, riguardo il ritorno alla presenza del pre-Covid. Il 39,9% dei rispondenti al questionario, facendo una previsione futura, puntava a tornare al precedente livello degli eventi in presenza nel 2022. Il 37,2% prevede questo ritorno nel 2023. Il 6,7% dei partecipanti ritiene che esso sia più difficile da raggiungere e per questo avvenga nel 2024. Infine il 16,2% affermano di non saper fare delle previsioni future. Ciò che è accaduto in questo periodo è stato aprirsi all’opportunità di sviluppare eventi virtuali, sempre più frequenti, per consentire una prosecuzione a distanza di queste esperienze. In questo i nuovi dispositivi e piattaforme social come Facebook ed Instagram sono state fondamentali per mantenere almeno in forma distanziata la comunità ed unione tra persone. Un’emozione positiva trasmessa in un tempo libero seppur cambiato, era il primo obiettivo per contribuire al benessere di una società che stava attraversando un fortissimo periodo di disagio. Tornare alla normalità avrebbe dovuto significare aggiornare 49
il proprio modo di vivere gli eventi, di viaggiare con nuove norme di sicurezza e salute dopo le restrizioni (Seraphin, 2021) per garantire ai partecipanti di vivere più serenamente, protetti e controllati questo tipo di attività. I professionisti del settore degli eventi dovranno quindi essere in grado di sviluppare soluzioni innovative sia durante che successivamente ad un evento che genera crisi. Per Getz (2012), fondamentale in futuro dovrà essere l’uso dei media a livello globale per continuare a vivere gli eventi ed esperienze in modo che questo mercato prosegua nel tempo, come già ha fatto nel passato, perché sarà in grado di resistere ai cambiamenti adattandosi.
2.7 Riprogettare l’esperienza: nuove opportunità per i consumatori Il lungo blocco degli eventi, ha particolarmente isolato le persone, che a causa del lockdown si sono ritrovate a dover fare a meno di momenti aggregativi. Il lungo ed auspicato rimbalzo alle origini, in una normalità seppur cambiata, ha segnato il riavvio di questo settore, e della vita dei partecipanti agli eventi sempre più desiderosa di tornare a vivere questi momenti di relazione diretta soprattutto in presenza. Si pensi ad eventi di grande portata come il concerto “Coca-Cola Summer Festival”. Esso, tenutosi a luglio del 2022, ha rappresentato un fondamentale espediente di riavvicinamento tra le persone nel periodo post-Covid, in particolare dei giovani. Proprio per questo motivo, il logo del festival richiama alla silhouette della bottiglia, ma soprattutto alla curvilinearità che presuppone un abbraccio, un ritorno ad avvicinarsi. Il Festival ha come “title sponsor”, ovvero come sponsor che concede il nome all’evento, proprio Coca-Cola. Nei valori cardine del brand c’è la condivisione, l’amicizia, la vicinanza tra le persone, e Coca-Cola ha dato voce ai propri valori mediante un concerto, tipo di evento d’intrattenimento gratuito. La strategia messa in atto con questo tipo di evento ricalca questi aspetti in modo estremamente evidente. L’attenzione è rivolta all’espediente della musica come veicolo di relazione, che consente ai partecipanti di instaurare forti legami dettati dalla condivisione di una passione 50
comune, creando forti legami di appartenenza dove anche la stagione estiva evoca in sé emozioni di leggerezza e spensieratezza. Il Festival è stato fondamentale per segnare un salto nell’auspicata normalità, e l’esperienza a titolo gratuito che è stata offerta ai consumatori ha permesso al brand Coca-Cola di distinguersi dai competitors, dando al pubblico un valore aggiunto, invogliato a partecipare in una particolare atmosfera di festa e di unione con gli altri. Durante il concerto per richiamare alla presenza concreta del brand sono state distribuite lattine di Coca-Cola, successivamente smaltite attraverso una macchina per il riciclo. Esso rappresenta un altro elemento cardine del brand, ovvero l’attenzione alla salvaguardia dell’ambiente ed alla sostenibilità, mediante la promozione della nuova bottiglietta eco sostenibile. La comunicazione dell’evento ha riscosso grande risonanza mediatica, essendo veicolato oltre che sul sito web ufficiale di Coca-Cola, nei principali social network sites, sulla Radio 105 in collaborazione con il brand e trasmettendo in diretta il concerto su Canale 5. Proprio in questo caso, le nuove tecnologie sono state ottimi espedienti per aumentare la visibilità del concerto. Ciò che ha riportato alla normalità, è stato lo sviluppo e l’implementazione delle tecnologie nell’ambito degli eventi, al fine di continuare comunque a garantire l’esperienzialità ai consumatori in una visione integrata con i classici eventi in presenza. Proprio a tal fine, le tecnologie impiegate negli eventi, assumono il carattere di “eventscape” (Mazza, 2022), cioè da amplificatori dell’esperienza del consumatore grazie all’effetto “wow”. È molto diffuso l’uso dei social wall al fine di presentare foto, video in presenza e sui social, o gli ologrammi che servono per proiettare spettacolari fasci di luce con effetti speciali. Al fine di rendere l’esperienza ancor più coinvolgente dal punto di vista sensoriale, esistono i braccialetti RFID che mediante il loro carattere interattivo permettono al visitatore di cambiare i fasci di luce a suo piacimento. Facendo un salto nel presente, dal 19 novembre 2022 all’8 gennaio 2023, si terrà a Roma l’evento
“incanto
di
luci,
vivi
un’esperienza
illuminante”,
dedicato
alla
spettacolarizzazione, tematizzazione e creazione di un suggestivo paesaggio nel cuore 51
dell’orto botanico, grazie ad un uso delle luci che genera fascinazione ed immersività nel contesto, che appare quasi magico. O ancora nel parco divertimenti e a tema, “Zoomarine”, alle porte di Roma, durante il periodo Natalizio il parco ospiterà l’evento “Zoolights”, dove esso si trasformerà in un villaggio illuminato e caratterizzato da un’atmosfera particolare. L’immersività nell’evento è ciò su cui oggi, puntano le tecnologie. A tal fine, oltre gli esempi sopra menzionati in cui questo tipo di esperienze puntano al rendere l’evento spettacolare agli occhi del consumatore, esistono tipi di tecnologie che permettono alla persona di sperimentare diverse realtà oltre quella in cui vive. Quelle che garantiscono più livelli di interazione ed immersività sono la realtà aumentata e la realtà virtuale. La realtà aumentata, estende la realtà circostante arricchendola e fornendo informazioni maggiori su un qualcosa a cui si sta partecipando. Ad esempio nei musei attraverso i QR-code è possibile trarre maggiori informazioni su una particolare opera d’arte. Nel caso invece della realtà virtuale, vi è una ricostruzione di ambienti 3D che è possibile “vivere” con avatar personalizzati. La realtà virtuale è resa possibile grazie all’uso di visori, che coprendo interamente la zona degli occhi, fanno immergere in un altro spazio ed in un altro tempo che sembra essere “surreale”. Questo tipo di sensori e dispositivi consentono di sviluppare un più forte livello di empatia con l’ambiente poiché sembra di essere in ambienti reali, al contrario della visione di soli video e foto che garantiscono molta emozione ma poca empatia. Questo tipo di tecnologia è inoltre utile ad includere persone con disabilità per consentirne anche la loro partecipazione. Sia realtà virtuale che aumentata, sono tecnologie già sperimentate ed usate, e si fa anche molto uso della pratica del gioco per favorire coinvolgimento ed esperienzialità. Alcune tecnologie sono consolidate, altre in via di sviluppo a causa anche dell’enorme spesa che le imprese dovrebbero trovarsi a sostenere. Alcuni esempi menzionati da diversi autori sono le lenti a contatto digitali, il management dei sogni per poterli registrare e farli vedere successivamente ai consumatori e le esperienze virtuali sempre più sperimentate.
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Inoltre vi sono sia le applicazioni scaricabili dai dispositivi mobili che garantiscono un più ampio coinvolgimento del consumatore oltre che fornire servizi o specifiche informazioni e sia tecnologie contactless che permettono durante l’evento di effettuare alcune procedure con una maggiore sicurezza. “Vecchi e nuovi strumenti al servizio dell’uomo sono efficaci quando inseriti in processi che si sostanziano grazie a strategie e approcci conformi alle esigenze del tempo” (Piccioni, 2022, p. 291). Col passare degli anni, si è sentita perciò la necessità di evolversi nell’ottica di un tempo ormai cambiato e con nuove esigenze da rispettare e sicuramente gli strumenti digitali consentono di ampliare le forme dell’esperienza integrandole. Essi, secondo diversi autori, permettono di: sperimentare nuove forme di interazione, includere persone che fisicamente non possono partecipare all’evento, abbattere costi, consentire una comunicazione diretta tra persone, dare la possibilità all’individuo di creare dei propri contenuti, immaginare, conoscere, rendere l’organizzazione di eventi ed aziende più agevole, innovare l’esperienza dei consumatori amplificandola da un punto di vista multisensoriale. Il virtuale, non sostituisce la presenza, ma la integra e risulta essere fondamentale ad esempio nel preevento per suscitarne curiosità con una comunicazione ad hoc. “Il più grande cambiamento, rivoluzionario, che la tecnologia ha favorito è un drastico ripensamento della fisicità” (Piccioni, 2022, p. 310). Le tecnologie hanno trasformato il modo di vivere delle persone, senza eliminarne la loro anima, ma ampliandone aspetti della loro sensorialità grazie all’implemento della virtualità. Essa grazie a sensori, lenti ed altri dispositivi riesce ad avvicinare ancor di più l’individuo alle esperienze che vive fornendone una visione altamente personalizzata, fatta su misura per lui. Nel parco divertimenti dell’Emilia Romagna, a Milano Marittima, ad esempio è presente già dal 2017, la possibilità di scegliere se fare un giro sulla montagna russa “Master Thai” senza o con visore, dando la possibilità al consumatore di scegliere se aumentare la portata della sua esperienza fisica mediante questo dispositivo oppure se scegliere la classica modalità di fruizione dell’attrazione. “Il roller coaster a binario doppio, si arricchisce della straordinaria e
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immersiva esperienza della realtà virtuale”, e così, la portata innovativa dell’attrazione è di grande importanza. Era quindi già da tempo necessario integrare la dimensione dell’esperienza fisica arricchendola di opportunità date dai nuovi device ed il periodo di crisi Pandemica ne ha solo accelerato il processo. “I professionisti del settore degli eventi…devono avere una visione di insieme e impiegare la tecnologia per ottenere quell’indimenticabilità che si vuole offrire alle persone in una visione human-centered” (Piccioni, 2022, p. 311). Tenendo al centro come focus sempre la persona e proponendo ad essa diverse soluzioni personalizzate di fruizione dell’evento, vengono così a delinearsi cinque tipi di eventi alla luce delle trasformazioni digitali (Piccioni, 2022):
fisico: l’evento classico in presenza;
ibrido: l’evento in presenza riproposto anche in streaming o in dirette;
digitale: l’evento è completamente online;
virtuale: l’ambiente dell’evento è costruito ed è vivibile grazie ad un avatar personalizzato;
phigitale: evento che integra dimensione fisica a dimensione virtuale.
Rispetto a quest’ultima categoria di evento, esso ha preso piede nell’anno 2022. In questo particolare anno, inizia a farsi sentire con attenzione da parte degli studiosi il concetto di “metaverso”, termine presente già dal 1992. Esso riguarda l’integrazione e commistione tra ambiente virtuale e reale, amalgamando le potenzialità della simulazione con la realtà aumentata. Analizzando il concetto di “phygital”, questo tipo di evento mette al centro il consumatore tra virtuale e fisico. Ciò è avvenuto al fine di fornire esperienze ai consumatori che non terminassero con l’avvento della Pandemia, ma che continuassero attraverso l’utilizzo di più canali. Riprendendo il concetto espresso nel primo capitolo di “customer experience”, nel tempo l’esperienza d’acquisto del consumatore è profondamente mutata prevedendo oltre che la possibilità di fare acquisti offline, anche usufruendo di canali digitali. 54
L’azienda si ritrova quindi a dover gestire molti più touch points con il target di riferimento rispetto il solo ambiente fisico del negozio. Per rendere possibile l’integrazione tra diversi mezzi e far sì che vi siano più esperienze da poter fare e la product offering sia più vasta, è necessario che le aziende adottino un modello “omni-channel”. Esso rappresenta “la capacità dell’impresa di definire, progettare, implementare e gestire in modo armonico e coerente la customer experience in tutti i canali disponibili…” (Pastore, 2021, p.339). In un mondo sempre più al passo con l’avviata rivoluzione del digitale, risulta essere poco conveniente per l’impresa adottare solo una strategia “single-channel”, con il solo utilizzo di un canale fisico. L’integrazione di più canali in un’ottica di customer experience sempre più ibrida, offre opportunità di forte coinvolgimento e maggiore esperienzialità al consumatore, che si trova connesso con il brand attraverso differenti canali. “Sebbene l'omnicanale richieda nuovi e più sperimentali punti di contatto a causa delle nuove tecnologie (ad esempio la realtà aumentata), richiede anche la connessione e l'adattamento dei negozi fisici per creare un continuum che colleghi il fisico al digitale in un nuovo regno esperienziale, ovvero il phygital” (Batat, 2022, p. 8). “Phygital”, come termine, nacque nel 2007 da Chris Weil, dove “la "svolta phygital" si estende dall'emergere e dal fiorire di costrutti, modelli e pratiche che si pongono all'incrocio critico tra esperienze fisiche e digitali” (Cennamo, Battista Dagnino, Di Minin, 2022, p. 1). Questa nuova modalità ibrida di vivere le diverse esperienze per il consumatore, è stata causata dal Covid-19 che ha impattato notevolmente su di esse, adottando un nuovo modo di concepirle. Il phygital, aiuta il consumatore a vivere esperienze tra mondo fisico e digitale, che creino valori su diversi fronti, sia da un punto di vista economico che simbolico e sociale (Batat, 2022). Esso supera l’approccio omni-channel della customer experience in quanto quest’ultimo si riferisce perlopiù all’uso delle tecnologie digitali negli acquisti in punti vendita e vendita al dettaglio, mentre il primo può considerarsi un approccio olistico che
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comprende campi tra loro eterogenei come l’istruzione, l’intrattenimento, l’ospitalità ed altri settori (Batat, 2022). Alcuni esempi di esperienze phygital come detto precedentemente sono la realtà aumentata, tour virtuali, eventi online partecipativi ed accessori tecnologici che il consumatore può sperimentare indossandoli. Si pensi al periodo di Pandemia in cui ad esempio luoghi di intrattenimento e svago come i parchi a tema furono chiusi forzatamente. I consumatori particolarmente affezionati a questi ultimi potevano risentire fortemente della mancanza delle loro attrazioni preferite, e proprio per questo alcuni brand importanti in campo come Disney, di cui si approfondirà il tema nel capitolo successivo, ha permesso di continuare le esperienze da casa mediante l’uso dell’app “My Disney Experience”. Ecco come l’esperienza si sia rivoluzionata ed abbia dato vita ad un’ibridazione che faccia parlare di un vero e proprio “ecosistema olistico” (Batat, 2022). Esso si compone di tre caratteristiche principali: la phygitalizzazione degli spazi fisici, che consiste nel rendere digitali alcuni aspetti dei negozi fisici, a causa della Pandemia, incorporando vari dispositivi digitali come le app; l’approccio incentrato sul consumatore, assolvendo a suoi bisogni tangibili funzionali e non, di tipo simbolico ed affettivo e producendo una soddisfazione maggiore e più immersività. Riprendendo il discorso affrontato poc’anzi e rimarcando la portata innovativa di un’immersività sempre più completa, la realtà virtuale in questo può garantire sensazioni piacevoli ed un interesse crescente verso la novità. Nel parco a tema di “Cinecittà World” a Roma, l’attrazione “I-Fly”, simula un volo mediante l’uso di un visore che fa immergere completamente la persona nelle immagini che vede. I sedili sono quattro e si trovano sollevati a trenta centimetri da terra, con una musica che avvolge i quattro partecipanti, accompagnandoli con dei soffi d’aria che caratterizzano la vera e propria esperienza di volo. Questa attrazione poi subisce una tematizzazione nel periodo di Natale, rinnovandosi in una slitta su cui volare.
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Il terzo aspetto del Phygital è dato dall’interdisciplinarietà che permette di studiare le esperienze dei clienti da più punti di vista tra loro interconnessi, a partire anche dal design. Il fine ultimo di questa esperienza integrata è di generare valore tra i clienti sia offline che online, e se soddisfatti si fidelizzeranno sempre più al marchio. L’esperienza phygital del consumatore, si avvale di sei caratteristiche fondamentali (Batat, 2022):
praticità: si riferisce alla funzionalità di prodotti e servizi dove l’online può essere in grado di far saltare numerose file ai consumatori;
socialità: la sfera della socializzazione dei consumatori, la formazione di gruppi comunitari, che possono essere alimentati in un rapporto anche con il brand in spazi online;
immersività: come detto precedentemente le nuove tecnologie offrono opportunità di costruire realtà parallele che si integrano a quelle fisiche;
tecnicità: la tecnologia di cui si serve il phygital dovrebbe essere alla portata di tutti, facile ed intuitiva;
sensorialità: comprende la stimolazione dei cinque sensi (vista, tatto, olfatto, suono, gusto). Il phygital utilizzato dalle aziende deve essere sfruttato in modo tale che tatto, gusto ed olfatto come spesso accade siano più considerati. Bisognerebbe favorire un’immersione più profonda dei consumatori al fine di assicurare una loro più lunga permanenza ad esempio nei siti di e-commerce e più propensione all’acquisto;
affettività: le emozioni trasmesse nelle esperienze ai consumatori giocano un ruolo di primaria importanza. Necessario è incentivare le emozioni positive e prevenire ed evitare quelle negative, che potrebbero essere provate dal consumatore.
Si può affermare quindi che spazi fisici e digitali siano tra loro estremamente connessi e che dal punto di vista di un passaggio dal fisico al digitale, i punti da migliorare, difficili da replicare nell’online, sono immersività, sensorialità ed affettività (Batat, 2022). Viceversa, 57
da spazi digitali a fisici, l’attenzione è posta sul considerare maggiormente gli aspetti di tecnicità, praticità e socialità. Questi elementi tra loro interconnessi possono di conseguenza apportare un miglioramento all’esperienza phygital. Uno dei brand che efficacemente ha elaborato esperienze al passo con i tempi, è stato Disney, cogliendo e soddisfacendo le esigenze del momento, sostenendo il consumatore anche in questa situazione di crisi.
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3. DISNEY, NON SOLO UN BRAND
3.1 The Walt Disney Company: 99 anni di storia “Potete immaginare, creare e costruire il luogo più meraviglioso della terra ma occorreranno sempre le persone perché il sogno diventi realtà.” È così che Walter Elias Disney, insieme a suo fratello Roy, nel 1923 diede vita ad un sogno chiamato “The Walt Disney Company”. Le persone, cuore cardine di questo immenso progetto che si è esteso sempre di più, hanno rappresentato da sempre il primario obiettivo di Walt. L’orientamento al pubblico, al far sognare attraverso la “magia”, la fantasia ed il sogno, sono stati gli elementi che hanno permesso un ampio successo e sviluppo della Company declinata in diversi settori. Essa rappresenta una delle aziende più note e di enorme importanza nel settore dell’intrattenimento infantile, in particolare per ciò che concerne lo spettacolo e l’universo mediale. Inizialmente, essa nacque unicamente come azienda volta alla produzione e distribuzione di cartoni animati, con “Alice nel paese delle meraviglie”, in testa alla creazione da lì in poi di una lunga serie di essi. Walt lo disegnò quando aveva solo ventidue anni. Nel 1926 si ebbe la vera e propria svolta, che avrebbe segnato un passaggio epocale per l’azienda: la nascita di Topolino. Nello stesso anno, si definì il “core business”, ovvero l’attività primaria dell’impresa individuata nello studio di animazione, grazie alla produzione del primo cartone animato “Steamboat Willie” che si caratterizzò per essere sonoro. Con il passare degli anni, e grazie al successo che ebbe il personaggio di Topolino, Walt pian piano ritenne necessaria l’apertura a business d’azienda diversificati, ponendo l’attenzione alla commercializzazione di Topolino. La Disney pian piano ebbe una grande evoluzione, e negli anni Trenta nacque in Italia il primo fumetto di Topolino e si diede l’avvio alla commercializzazione di giocattoli del marchio.
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Nacque in quegli anni anche il primo lungometraggio che ottenne l’oscar d’onore, “Biancaneve e i sette nani”. Successivamente, a partire dagli anni Cinquanta, iniziò la produzione di film, programmi e nuovi cartoni animati. Ciò che realmente fece la differenza, fu un’intuizione di Walt riguardo l’estensione del marchio attraverso la costruzione di luoghi che potessero garantire al consumatore di venire a contatto con esso in modo più forte, più esperienziale: era la nascita dei parchi a tema. Attraverso questi ultimi, sarebbe potuta continuare la “magia” Disney in un’ottica comprensiva di diversi servizi offerti in un unico luogo per il consumatore, alla ricerca di una connessione totalizzante con il brand. Nel 1954 si ebbe la nascita, in California, del primo parco a tema, “Disneyland”. In seguito, grazie al successo di questo nuovo business, nacquero parchi a tema dislocati per il mondo, a Orlando, Tokyo, Parigi, e tanti altri. Nel 1987 venne aperto il primo “flagship store” (Cfr. paragrafo 1.4), in California, e da qui si ebbe l’avvio di un merchandising di tutti i prodotti del brand che da lì a poco avrebbe avuto portata universale, e sarebbe diventato parte dell’immaginario di un pubblico estremamente vasto e variegato. Disney può essere definita una marca che dà vita ad un vero e proprio “immaginario comunitario” (Cova, 2003), in cui determinati gruppi sociali, da un punto di vista appunto immaginario, desiderano sentirsi insieme come una vera e propria “comunità di marca”, che risulta essere fedele ad essa e riunita attorno al consumo dello stesso prodotto. Da quel momento in poi, la Company avviò una serie di importanti e grandiose acquisizioni come: l’acquisto della Pixar, azienda al primo posto nell’animazione digitale, che gli consentì di produrre film come “Cars”; l’acquisto della Marvel Entertainment, che permise all’azienda di aumentare la vastità dei personaggi, comprendendo anche supereroi dei fumetti; e molte altre grandi acquisizioni. In particolare nel 2019 l’azienda segnò il lancio di “Disney Plus”, negli USA, una piattaforma streaming che gli concesse di posizionarsi come concorrente di Netflix e Amazon Prime, proponendo ai consumatori un prezzo dell’abbonamento più basso, con una grande varietà 60
di contenuti adatto a diverse fasce di età, in particolare abbracciando il target di famiglie con bambini. Disney Plus, è un tipo di piattaforma che permette di fruire dei suoi contenuti da diversi tipi di device come pc, smartphone o smart tv, in qualsiasi momento ed in qualunque modo. Essa ebbe un successo smisurato in particolare durante il periodo di Pandemia da Covid19, poiché i consumatori impossibilitati a venire a contatto diretto con il brand ad esempio mediante la visita dei parchi a tema, potevano trascorrere il proprio tempo vedendo cartoni animati o film Disney all’interno delle proprie case. Riassumendo quindi la Disney si caratterizza per non indirizzarsi verso un unico tipo di business, ma al contrario per averne quattro diverse declinazioni (Patrizi, Militi, 2021):
media networks: gamma molto ampia di reti e stazioni televisive di proprietà, canali via cavo, società associate di produzione e distribuzione. Un esempio è rappresentato da “Disney Channel”;
parks, experiences, consumer, products: gamma di esperienze ad esempio nelle crociere, parchi e resort tematizzati, e grande varietà di prodotti diversificati come videogiochi tratti dai personaggi Disney, collane di libri giocattoli, abbigliamento, accessori per la casa e molto altro. “Disney Cruise Line”, “Disneyland Paris”, “Disney Store”, fanno parte di questa categoria;
studio entertainment: colonne sonore, musical e produzioni teatrali, vendita e noleggio di film per l’“home entertainment”, ovvero per l’intrattenimento da casa. Ne sono esempi cardine la “Pixar animation studios”, o la “Marvel studios”;
direct-to-consumer and international: grandi servizi di streaming e vendite di contenuti globali come “Hulu”, al fine di personalizzare le esperienze di intrattenimento per i consumatori appartenenti a diverse zone del mondo.
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3.2 Vivere l’esperienza nei parchi a tema Disney La massima manifestazione dell’esperienzialità del marchio e quindi del coinvolgimento del pubblico, si ha con i parchi a tema Disney, una realtà immersiva ed emozionale dove trascorrere un tempo all’insegna della gioia e della connessione sensoriale totalizzante con il brand. “A tutti voi: benvenuti. A Disneyland siete a casa vostra. Qui gli adulti rivivranno i loro più teneri ricordi del passato e i più giovani potranno assaporare le sfide e le promesse del futuro. Disneyland è dedicato agli ideali, ai sogni e alle realtà che hanno fondato l’America, nella speranza che ognuno ne tragga forza, gioia e ispirazione” (Walt Disney, 1955). Il 17 luglio del 1955 fu inaugurato “Disneyland” il primo parco divertimenti targato Disney, in California, a Anaheim, che rappresentava il primo di quel genere. All’epoca non esistevano ancora i parchi tematici, ma erano presenti parchi meccanici con giostre ed attrazioni. Quel 17 luglio segnò l’avvio della costruzione di parchi in grado non solo di divertire attraverso montagne russe o ruote panoramiche, ma nacquero per ricreare un certo tipo di mondo tematico. Walt Disney, seguì la progettazione e creazione di Disneyland in prima persona, curando nel minimo dettaglio e passo dopo passo ogni tassello di un puzzle che prese vita. Fu l’unico parco di cui Walt riuscì a vedere l’apertura, poiché morì nel 1966. L’inaugurazione del parco però, nonostante le nutrite speranze di successo fin dall’inizio, andò male e prese il nome di “domenica nera”, la “black Sunday” del marchio Disney, che passò alla storia. Walt, al fine di realizzare l’apertura di Disneyland, arrivò ad ipotecare anche suoi beni personali pur di acquistare un chilometro e mezzo di terreno, che ospitarono inizialmente cinque aree contornate dal Castello della Bella Addormentata, che ne metteva in evidenza l’ingresso. Disneyland nel tempo si è ampliato, diventando Disneyland Park: esso arrivò ad accogliere oltre settecento milioni di ospiti, chiamati così appositamente su decisione di Disney. Il modello del parco doveva essere poi replicato nelle diverse dislocazioni di esso nel mondo. Nonostante la “domenica nera”, i parchi Disney da lì in poi avrebbero rappresentato per 62
tutti un mondo dove poter proseguire l’esperienza dal vivo. Quel 17 luglio, erano presenti diversi problemi all’apertura del parco, poiché i lavori erano ancora da completare, lasciando attrazioni incomplete e la vernice di esse ancora non asciugata. L’inaugurazione registrò ventotto mila ospiti, che però non furono soddisfatti. Lunghe file, molto caldo, cibo finito prima del tempo, ed acqua non potabile dimostrarono il fatto che anticipare l’apertura fu una scelta azzardata. Il Los Angeles Times però oltre a tener conto di questo aspetto, notò il forte impatto che questo parco aveva avuto in termini di un’innovazione senza precedenti sia dal punto di vista architettonico, che paesaggistico e di pulizia, in sostanza, per la cura del dettaglio. Inoltre, Disney ebbe l’intuizione e la consapevolezza delle grandi potenzialità che il parco potesse offrire al target dei bambini, giocandosi la carta della fascinazione. I luna park che erano già presenti in quegli anni, erano infatti adatti solo ai più grandi poiché le esperienze che venivano offerte erano orientate allo stimolare l’adrenalina. Walt, il 17 luglio, non si accorse dei lati negativi presenti nel parco, era furioso come affermò il Los Angeles Times, ma bastò un mese per trasformare Disneyland, in un regno incredibilmente affascinante, più di tutto il mondo, come lo definì l’ABC. Fig. 2 - Foto della storica inaugurazione di Disneyland in California
Fonte: Il giorno che aprì Disneyland - Il Post
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Dei quattro diversi business del marchio Disney, che contribuiscono insieme anno dopo anno a far crescere il valore di marca grazie all’implementazione di attività finalizzate a coinvolgere il consumatore, l’area del business delle esperienze e dei parchi a tema risulta essere di fondamentale importanza per raggiungere questo obiettivo. Se la persona è al centro dell’interesse delle aziende, attraverso vere e proprie esperienze concrete e soprattutto dal vivo, essa è in grado di instaurare un legame con il brand che sia forte da un punto di vista emozionale. Questo perché, favorire l’engagement del pubblico mediante i parchi a tema, che sono una realtà totalizzante in cui vi è un’esperienza che si può vivere a trecentosessanta gradi, consente ai consumatori di trascorrere del tempo da dedicare completamente a se stessi o alla condivisione di momenti che segneranno dei ricordi nella propria famiglia. Una famiglia felice dopo aver trascorso una giornata al parco piena di sorprese ed emozioni, sarà propensa a tornare a vivere l’esperienza, ogni volta diversa, ogni volta speciale. Ed è qui che proprio l’esperienza rappresenta il fulcro dell’interesse del consumatore. Così come per gli eventi, un visitatore se avrà soddisfatto le sue aspettative tornerà all’evento, così avverrà per l’ospite del parco che ricorderà il brand in modo positivo. In questo, Jeremy Rifkin (2000), ricorda che ai giorni d’oggi, non si acquistano più tanto beni materiali, poiché ciò risulta essere poco al passo con i tempi, ma si acquistano e consumano sempre più esperienze distintive anche grazie all’evolversi delle nuove tecnologie. Esaminando l’esperienzialità offerta dai parchi a tema, essi consentono ai consumatori di assolvere ad i propri bisogni primari e secondari (Cfr. paragrafo 1.1). Questo perché il parco a tema, rappresenta un “concept di servizio”, cioè “un sistema che combina servizio centrale, servizi periferici necessari e servizi periferici accessori, finalizzato alla soddisfazione delle esigenze di uno specifico segmento di clientela” (Bonetti, 2021, p. 361). L’insieme dei servizi diversificati offerti dall’unificante realtà dei parchi a tema, come hotel tematici, attrazioni, spettacoli, ristoranti, negozi, consente appunto di assolvere a diversi bisogni. 64
Il servizio principale, o “core service”, è dato da un tipo di servizio che assolve al bisogno primario del consumatore, come ad esempio visitare il parco a tema per trascorrere una giornata all’insegna del divertimento. Invece, i servizi periferici, o “peripheral or supporting services” assolvono ai bisogni secondari ad esempio l’aver bisogno di prenotare l’ingresso al parco per poter trascorrere la giornata all’interno. I servizi periferici si distinguono in necessari se contribuiscono ad assolvere il bisogno principale, come la presenza di un sito web per prenotare l’ingresso; e sono accessori quando costituiscono un metro di misura di differenziazione per il consumatore come la presenza di una particolare attrazione o spettacolo nel parco (Bonetti, 2021). Nei parchi a tema Disney, caratterizzati da una particolare “atmosfera surreale”, la persona si trova immersa completamente nell’immaginario della marca, a partire da attrazioni, cibi, spettacoli, musiche, personaggi e soprattutto una particolare illuminazione del parco che consentono un facile accesso a magia, fantasia ed emozioni. Disneyland, ha saputo miscelare tutti questi elementi riuscendo a trasformare una semplice giornata al parco, in un'esperienza da sperimentare in tutte le sue sfaccettature e difficile da dimenticare per gli ospiti. Storia, artisti, sorprese, desiderio di ritornare, cura dei dettagli: ecco che lo spettacolo Disney ha successo. Inoltre Disneyland, facilita un percorso all’interno del parco, che è estremamente individuale, in quanto il consumatore vuole seguire la strada più adatta ad assolvere le proprie esigenze, mettendo da parte la socialità. Questo fenomeno di individualismo nella pratica di consumo, è stato individuato da Bauman (2002). Egli afferma che nei luoghi di consumo dell’epoca moderna proprio come i parchi a tema, non si sviluppa alcun effetto nel favorire l’interazione tra persone migliorandone la rete dei rapporti sociali, ma al contrario, favoriscono un’azione individuale del consumatore, immerso nel suo personale percorso. Quest’ultimo viene vissuto, anche a livello emozionale, soggettivamente dall’individuo che si ritrova ad estraniarsi dagli altri, dove questi ultimi rappresenterebbero, come afferma Bauman, una forma di distrazione a ciò che sta compiendo la persona.
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Alcuni luoghi di consumo contemporanei come cinema multisala, centri commerciali o proprio i parchi a tema, vengono definiti da Michel Foucault (1994) come “spazi eterotopici”, ovvero luoghi effettivamente esistenti, reali in cui però sussistono delle utopie, che Codeluppi (2000), racchiude
in
standardizzazione/innovazione;
socialità/individualismo;
stimolo/controllo;
disorientamento/coscienza
tempo;
pubblico/privato;
del
sette
paradossi dei luoghi di consumo:
apertura/chiusura;
globalizzazione/localismo. Volendo applicare questi paradossi al caso di Disneyland, ricade perfettamente su di esso il concetto di natura paradossale del luogo di consumo, in questo caso del parco a tema:
standardizzazione/innovazione: dalla produzione in serie del personaggio topolino, nel caso Disney si è successivamente voluto creare un universo vivibile a livello di parchi a tema dai consumatori, un vero e proprio mondo spettacolare, allargando il proprio business nelle quattro declinazioni approfondite precedentemente. Disneyland in particolare come parco a tema, nel tempo si è pian piano innovato, attraverso spettacoli, eventi, attrazioni del tutto nuove che hanno “scomposto” il suo modello tradizionale, rivoluzionandolo;
socialità/individualismo: Disneyland può dar vita a vere e proprie comunità di persone affezionate al brand, che tra loro incrementano la rete dei rapporti sociali attraverso la socializzazione nel parco stesso. D’altra parte però, il consumo come affermava Bauman è una pratica individuale, e proprio per questo la persona singolarmente in questi luoghi affronta un percorso estremamente soggettivo, adatto ad assolvere i propri bisogni;
stimolo/controllo: Wouters (1986), parla di “decontrollo controllato delle emozioni”. Disneyland lascia sicuramente spazio a fantasia e divertimento ma al contempo indirizza molto i consumatori in precisi atti d'acquisto all'interno degli shop del parco, ad esempio. L’apparente libertà sperimentata dal consumatore all’interno del parco, è sempre e comunque controllata dai gestori di esso;
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disorientamento/coscienza del tempo: nel momento in cui ci si trova in un mondo magico come Disneyland, si sa benissimo dove si è, ma un luogo dove la favola diventa realtà, fa perdere la cognizione del tempo e dello spazio. L’ospite si ritrova quindi immerso in un “surrealismo”, nonostante egli sappia dove si trovi;
apertura/chiusura: Disneyland, rappresenta una realtà aperta al grande pubblico. Non si può negare quindi la sua natura divertente ed accogliente, ma in contrapposizione, esso rappresenta una realtà chiusa ed autosufficiente, con un preciso perimetro;
pubblico/privato: questo parco tematico è aperto al pubblico ma gestito dal privato. Il primo arriva portando allegria e felicità nello spazio circostante ed il secondo ha cura che le regole nel parco vengano rispettate;
globalizzazione/localismo: Disneyland è presente in diverse parti del mondo, adottando un modello omogeneo tra i vari parchi. Dall’altra parte però c’è una forte localizzazione degli stessi in cui vi sono delle differenze e valorizzazione di alcuni punti di differenziazione che favoriscono l’attenzione ai tratti distintivi delle specifiche culture.
I due autori che hanno focalizzato l’attenzione sui luoghi di consumo, prendendo a modello la realtà di McDonald’s e Disney, sono in ordine George Ritzer ed Alan Bryman. Secondo Ritzer (2000) i luoghi di consumo, sono caratterizzati dal fatto di essere quasi religiosi, magici ed hanno il potere di immergere il consumatore in uno spazio che dà l’impressione di essere fantastico e dove risiede un alto grado di fascinazione. Ritzer, adotta una visione molto critica e passiva del consumatore, in quanto egli risulta essere completamente disorientato in un tempo e in uno spazio, dove la vera e propria realtà in quel momento smette quasi di avere importanza. Il consumatore si ritrova quindi anche a consumare prodotti superflui di cui non necessita. Ritzer, nel 1993, dà vita al concetto di "McDonaldizzazione della società", affermando che nei paesi maggiormente avanzati, le istituzioni sociali più importanti come ad esempio le scuole e le università, adottano il modello di McDonald's in termini di razionalizzazione e standardizzazione delle attività 67
economiche e della gestione delle persone. Ritzer non considera quindi in alcun modo il benessere dato dal consumo e la valorizzazione simbolica di McDonald’s, ma descrive anzi solo le caratteristiche di standardizzazione nella produzione. Colui che si è ispirato a Ritzer per alcuni aspetti, ma discostandone da altri, è Alan Bryman (1999) che ha traslato il concetto di “McDonaldizzazione” in termini di “Disneyzzazione della società”. Egli nei suoi lavori, ha affermato che le società occidentali stanno sempre di più mettendo in pratica un processo di "disneyzzazione", in cui ad esempio città come Las Vegas, Dubai, musei o outlet, vengono strutturati riprendendo funzioni ed architettura dei parchi disneyani. Ciò consente di creare nel consumatore un certo fascino ed orientamento verso beni e servizi intorno a lui stimolando ancor di più il processo d'acquisto. Secondo Bryman, la “disneyzzazione” è caratterizzata da quattro principali aspetti di: tematizzazione, consumo ibrido, merchandising e lavoro performativo che si possono applicare alla realtà di Disneyland poiché sono aspetti che calzano a pennello:
tematizzazione: la tematizzazione nei parchi a tema Disney, ruota intorno a tutti gli aspetti del parco: dai negozi, ai ristoranti estendendosi anche ai cibi, dalle attrazioni, ai personaggi con le rispettive parate, dalle camere dei sette hotel divisi per tema ai lavoratori. La Disney detiene anche una linea di crociere a tema, Disney Store dislocati per il mondo arrivando quindi a circondare diversi aspetti della realtà. Nell’universo Disney tutto è curato nei minimi dettagli, a partire dal grande Castello a tema la “Bella Addormentata” che accoglie i visitatori all’ingresso del parco. Anche ad esempio la realtà italiana di Gardaland punta all’aspetto della tematizzazione. Il 9 aprile 2022 questo parco ha inaugurato una nuova attrazione tematizzata Jumanji, ispirata al famoso video gioco all’interno del film che gli dà il nome. Inoltre, come gli hotel Disney, sono presenti camere dedicate e che ricreano uno specifico tema, per dar vita ad un’esperienza totalizzante ed immersiva per il consumatore, in tutte le fasi della sua permanenza nel parco a tema.
consumo ibrido: i quattro diversi business di Disney, caratterizzano l’orientamento della marca verso un consumo ibrido, che si compone di diversi tipi di prodotti: 68
gadget, personaggi, film, cartoni animati, musiche fino ad arrivare al consumo dell’esperienza Disney dal vivo all’interno dei parchi a tema. Questa commistione di beni e servizi caratterizza la Walt Disney Company, che permette così di ampliare le possibilità di scelta per il consumatore;
merchandising: i punti vendita Disney Store dislocati ad esempio all'interno dei grandi magazzini e che prendono il nome di "shop in shop", rivestono un ruolo fondamentale in termini di spettacolarizzazione visiva che consente al consumatore di vivere una vera e propria esperienza all’interno del punto vendita. È possibile acquistare i prodotti Disney anche online tramite il sito web ufficiali. Il consumatore si ritrova coinvolto ed immerso in ogni aspetto della realtà Disney, potendo acquistare ad esempio negli Store del parco ed al di fuori, i vestiti dei personaggi potendoli impersonare. Inoltre i negozi si caratterizzano all'interno anche per grandi statue 3d dei personaggi, o schermi che riproducono cartoni animati a tema, con colonne sonore che permettono di immergersi in una piccola realtà rispetto al parco tematico, ma comunque caratterizzante. Il merchandising è molto presente anche immediatamente al di fuori delle attrazioni dei parchi Disneyland, come la logica dei parchi a tema italiani come Rainbow, Zoomarine, Cinecittà World, per consentire al consumatore, dopo aver provato l’attrazione, di fermare e portare a casa un ricordo concreto di quell'emozione. Disneyland Paris ha il proprio studio creativo in loco dedicato allo sviluppo del prodotto. Il Cast Member che si occupa di questo aspetto, segue i trend in termini di colori e forme, dando vita a collezioni frutto di un lavoro di circa diciotto mesi. Inoltre c’è una grande attenzione rivolta al “visual merchandising” che consente di stimolare i cinque sensi del consumatore proponendogli una “messa in scena” del prodotto in tutti i suoi aspetti creativi come la grafica, atmosfera ed illuminazione che ne generi fascinazione;
lavoro performativo: il cast Disney, è colui che dà vita allo spettacolo, portando sorriso e comunicando lo spirito Disney. Costumi a tema, musiche e parate rendono questo universo incredibilmente vero, ricco di emozioni, trasformando subito il tutto 69
in una performance, al fine di rendere più desiderabili beni e servizi. È presente anche un Cast Member che lavora come giardiniere, contribuendo a ricreare la magia dell'immaginario Disneyland mediante la riproduzione dei personaggi che avviene grazie al modellamento di piante e fiori. In questo riveste un ruolo fondamentale il dipartimento "Orticultura" che rende l'esperienza del consumo ancor più totalizzante, dove anche l’ambiente e la natura sono al centro dell’impegno quotidiano di questo dipartimento che persegue la missione di essere sempre più creativo. Bryman (1999) ritiene che gli aspetti di tematizzazione e lavoro performativo siano applicabili anche alle realtà “McDonaldizzate”, ma crede fortemente che gli aspetti di merchandising e consumo ibrido siano proprie solo della “Disneyzzazione”. Essa non punta a standardizzare l'offerta per i consumatori, ma al contrario vuole distinguerla favorendo un’esperienza che sia personalizzata ed innovativa per i consumatori. McDonald's invece presenta un'omogeneizzazione che non è propria di Disney, poiché essa punta ad andare incontro alla stimolazione di differenza e varietà per il consumatore (Bryman, 2004). La “Disneyzzazione” risulta essere quindi adatta ad una società ipermoderna in via di sviluppo, che proprio a causa della sovrabbondanza dell'offerta richiede sempre più emozioni forti e diversificazione della stessa. Questo concetto, presenta come afferma lo stesso Bryman, aspetti sia positivi che negativi, come il fatto di manipolare le emozioni delle famiglie e dei lavoratori e di sfruttarli nel loro lavoro, danneggiando inoltre l’ambiente circostante. Nonostante ciò la realtà Disney ha da sempre avuto profondi ed importanti impatti sulla società ed è imprescindibile la sua prosecuzione nel tempo per portare avanti una storia ormai avviata che ha caratterizzato intere generazioni, colpendo cuore e mente.
3.3 I 30 anni di Disneyland Paris: un evento straordinario I parchi a tema come Disneyland, rappresentano una realtà “parallela”, in cui vivere l’esperienza ai massimi livelli, lasciandosi coinvolgere completamente. Ciò risulta essere 70
ancora più forte nel momento in cui il brand, per avvicinarsi ancor di più al suo pubblico, organizza eventi di grande portata dando vita ad emozioni sempre diverse, grazie all’innovazione a cui il marchio punta. Si potrebbe quindi affermare, che un evento all’interno di un parco a tema come Disneyland Paris, sia un’esperienza nell’esperienza. Realizzazioni spettacolari, sorpresa, magia, fantasia e sogno, hanno dato l’avvio alla realizzazione di un evento straordinario: la festa per i trent’anni di Disneyland Paris, dove “sognare in grande”, è il motto che accompagna questo grande evento. Disneyland Paris aprì le sue porte in Europa il 12 aprile 1992 e da lì divenne l'attrazione turistica favorita dai consumatori di tutto il continente. Esso rappresenta il gioiello di Parigi ed è in tutta Europa, il parco divertimenti più visitato. Si compone di due diverse aree tematiche, il Disneyland Park ed il Walt Disney Studios Park, un’area dedicata al mostrare da vicino ai visitatori i segreti del cinema e gli effetti speciali, trasformando il viaggio nel set in esperienza concreta indimenticabile. Si scelse come data di avvio ai festeggiamenti dei trent’anni del parco il 6 marzo 2022, facendo proseguire per un anno intero la festa. Ciò che la rende unica e speciale è la realizzazione di numerose novità tra cui: l’inaugurazione della nuova area tematica dedicata agli Avengers, l'Avengers Campus, con anche un hotel a tema che ha riaperto i battenti nel 2021, il "Disney's Hotel New York"; il rinnovamento degli spettacoli Disney, mediante anche la creazione di nuovi e scintillanti abiti per i personaggi e per una linea di merchandising a cui dare il benvenuto; la creazione di nuove colonne sonore; la realizzazione di delizie esclusive; la vendita di nuovi prodotti acquistabili negli shop in una veste tutta nuova; il rinnovamento dei giardini nella loro architettura con nuove creazioni floreali che arricchiscono il paesaggio e realizzazioni di trenta statue di personaggi in modo particolare. Ciò che ha fortemente caratterizzato e spettacolarizzato l’evento, mediante l’uso delle nuove tecnologie che hanno permesso di sorprendere il visitatore del parco, è l’innovativo spettacolo luminoso “Disney D-light”. Duecento droni hanno illuminato il castello della 71
Bella Addormentata circondandolo e ricreando forme tridimensionali come il numero trenta che richiamasse al numero di anni festeggiati nell’anniversario e la forma della testa di topolino, un'immagine davvero esclusiva per gli affezionati del parco. “Innovare per dar vita a idee sempre nuove, esplorare nuove strade e reinventarsi continuamente, pur mantenendo sempre viva la visione di Walt Disney, sono solo alcuni dei segreti del successo di Disneyland Paris.” (Sky tg 24, 2022). La continua necessità per Disney di stare al passo con i tempi, farsi affiancare dalle nuove tecnologie, progettare eventi innovativi che diano spazio ad una creatività inesauribile, perseguono l’obiettivo cardine di “tenere per mano” il consumatore, accompagnandolo nella vita del marchio. Proprio a tal proposito, come se ne parlerà nel paragrafo successivo, nonostante il forte e brusco calo del valore di marca Disney nel 2020, anno cruciale della Pandemia da Covid-19, essa ha continuato a rimanere accanto al proprio target di riferimento, rinnovandosi con attività diverse che si potessero fare da casa.
3.4 Rinnovarsi per adattarsi: l’arrivo della Pandemia e lo sconforto dei Parchi a tema . In base alla classifica di “BrandZ Top 100 Most Valuable Global Brands”, un rapporto fatto dalla società di consulenza di marchi Interbrand, che ogni anno registra la crescita o decrescita dei migliori cento brand al mondo, Disney ha registrato, dal 2000 al 2022 salite e discese per quanto concerne il valore di marca espresso in dollari. In particolare nel 2020 Disney registrava un valore di marca pari a 40,773 milioni di dollari, con un calo a fronte del 2019 che vedeva il valore pari a 44,352 milioni di dollari. Questo calo, è riconducibile al forte impatto della Pandemia da Covid-19.
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Fig. 3 - Andamento del valore del marchio Disney in dollari negli anni 2000-2022
Fonte: https://interbrand.com/best-global-brands/disney/
Disney durante la crisi Pandemica, nel 2020, ha perso 4,72 miliardi di dollari, a causa della limitazione di prosecuzione dell’esperienza in presenza nei parchi tematici ed un calo nelle produzioni cinematografiche. Ciò che però ha fatto in modo di far sopravvivere il noto brand, è stata la presenza della piattaforma streaming “Disney Plus”, di cui i consumatori hanno piacevolmente usufruito nelle proprie case. L’universo Disneyland è stato pesantemente colpito poiché i parchi sono rimasti chiusi per un lungo periodo di tempo. Lo streaming ha sanato questa ferita, facendo registrare alla piattaforma un incremento di 57,5 milioni di abbonati. A causa anche della chiusura delle sale cinematografiche, ad esempio il film d’azione “Mulan”, è stato spostato sulla piattaforma per consentirne la visione agli abbonati del servizio. Rispetto al 2019, in cui il settore dei parchi a tema aveva ottenuto un giro di affari di due miliardi di euro, il 2020 è stato caratterizzato da enormi perdite su tutto il comparto, pari all’80%, e dieci mila posti di lavoro stagionali in meno. Nonostante le ingenti perdite, le aziende in campo non hanno ricevuto alcun finanziamento per far fronte ad i costi fissi. Per questo motivo, nella realtà italiana, parchi divertimento come Zoomarine, Gardaland, Mirabilandia, Rainbow Magicland hanno manifestato per poter aprire anticipatamente 73
rispetto la data prevista della riapertura dei parchi il primo luglio 2021, al fine di riavviare il settore. A Roma è stato portato avanti un flash-mob in cui sono scese in piazza duecentotrenta strutture variegate tra parchi a tema, acquatici e di altre tipologie, chiusi dal 25 ottobre 2020. Il motto è stato “liberate il sorriso”, da parte dei gestori dei parchi vestiti da mascotte con coloratissimi abiti per cercare di ridare luce a questo settore ormai spento. “Non è un settore che può morire”, “anche noi siamo cultura”, “ci sono già cinque miei colleghi che hanno dovuto praticamente regalare la propria struttura pur di uscirne”, queste alcune delle frasi del presidente dell'“Associazione Parchi Permanenti Italiani” e “Leolandia”, Giuseppe Ira, nella frustrazione della chiusura di un’attività imprescindibile nella vita delle persone.
3.5 L’evoluzione dell’esperienza: “famiglia” del brand
rimanere
accanto
alla
propria
Tornando a Disney, questo marchio nonostante le pesanti perdite nelle diverse quattro aree di business, ha cercato di organizzare per il consumatore attività adatte a proseguire l’esperienza da casa. “Vivi la magia Disney ovunque tu sia. Divertiti con le storie, i video e le attività Disney, Pixar, Star Wars, Marvel e National Geographic. Disney Magic Moments fa volare l'immaginazione dei più piccoli, ma anche degli appassionati e di tutta la famiglia.” Ecco come la Disney, durante i mesi più difficili della crisi Pandemica, attraverso il progetto “Disney Magic Moments”, ha reso possibile, mediante l’uso delle nuove tecnologie, un avvicinamento continuo al consumatore “ovunque lui sia”. Questo progetto, che consiste nella realizzazione di un sito web interattivo, ha previsto e prevede attività da fare in famiglia, che sono state di compagnia nel periodo di lockdown. Dai più piccoli ai più adulti, ci si poteva riunire accanto a video tutorial, costruire dei birilli di carta, imparare a disegnare, salvare sfondi per le videochiamate virtuali, dar vita ad un campeggio dentro casa fatto di cuscini, divertirsi con giochi interattivi, imparare i segreti
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del make-up, sperimentare ricette tematizzate ed immergersi in attività come se si stesse in quel momento a Disneyland Paris. Disney si è quindi reinventata consentendo seppur in forma virtuale un’immersione costante nel brand. “La magia Disney arriva a casa tua o altrove con Disney Magic Moments”. Attraverso l’app “my Disney experience”, fu possibile appunto proseguire l’esperienza da qualsiasi device ed in qualsiasi momento, abbattendo le restrizioni che non consentivano l’accesso diretto al parco. Ciò è stato reso possibile dall’implemento delle tecnologie che hanno plasmato tutte le fasi della vita quotidiana delle persone e che hanno permesso un’accelerazione verso l’evoluzione dell’esperienza. All’interno del sito web ufficiale Disney è possibile inoltre ascoltare dei “PodCast member”, appunto dei Podcast dei lavoratori appassionati del parco che si accingono a regalare fantasia da lontano raccontando storie delle loro esperienze nei parchi Disney. Ci fu quindi una vera e propria evoluzione dell’esperienza, e Disney è stata in grado di rimanere accanto alla propria “famiglia”. Nel 2021 si è registrata quindi una risalita del valore di marca pari a 44,183 milioni di dollari che ha avuto ancor di più un ampio respiro ed un netto incremento mai avuto prima, nel 2022, fino ad arrivare ad un valore di marca pari a 50,325 milioni di dollari. Attualmente, in questa classifica dei cento brand migliori del mondo, la Disney si trova al nono posto, registrando una netta risalita rispetto il calo degli scorsi anni. È la prima volta in assoluto che si registra un aumento dei valori dei primi cento marchi così alto e veloce rispetto agli anni precedenti. Questo perché in particolare i primi dieci marchi, intorno alla loro organizzazione, stanno creando sempre più attività per i consumatori. Gonzalo Brujó, l’amministratore delegato globale di Interbrand, afferma che “c'è poco da negare, stiamo vivendo un rinascimento, un periodo nel tempo in cui la nostra comprensione del mondo cambia. Il cambiamento è perpetuo; è il modus operandi in cui oggi dobbiamo costruire e gestire i marchi: il contesto a livello macro in cui esiste il business. L'umanità avanzerà di più nei prossimi cinquant'anni di quanto abbia fatto in tutta 75
la storia, un cambiamento guidato in gran parte dalla tecnologia. Questa accelerazione cambierà radicalmente il modo in cui interagiamo gli uni con gli altri, con il business e con il mondo in generale.” È grazie quindi all’implemento delle tecnologie che si avrà un netto miglioramento e risalita del valore dei marchi nei prossimi anni. Fig. 4 - Posizionamento di Disney nella classifica dei cento Best Global Brands
Fonte: https://interbrand.com/best-brands/
Il valore di marca calcolato da Interbrand, che corrisponde al “brand value”, tiene conto di tre fattori concatenati:
lo svolgimento di un’analisi finanziaria sui profitti del marchio;
la considerazione del ruolo del marchio in termini di spinta alla decisione di acquisto del consumatore mediante driver come convenienza, prezzo, caratteristiche dei prodotti;
la determinazione della forza del marchio in termini di lealtà dei consumatori nella domanda futura, ponderando punti di forza e debolezza del marchio. Per far in modo che un marchio risulti forte, è necessaria l’analisi di dieci fattori, sia interni che esterni. Quelli interni riguardano: la leadership del marchio in termini di direzione nel perseguire obiettivi definiti in determinati tempi con specifici valori; 76
allineamento di tutta l’organizzazione nella strategia del marchio; empatia verso stakeholder e consumatori rispondendo alle necessità sempre in continua evoluzione; agilità nel tenere il passo con il mercato, anticipando le aspettative dei consumatori e facendo fronte a opportunità e nuove sfide. Quelli esterni invece tengono conto dell’engagement, che è il primo fattore da tenere in considerazione, cioè il coinvolgimento in termini di raggiungimento dell’obiettivo nel rendere il marchio memorabile agli occhi dei consumatori. Gli elementi chiave sono: distintività del marchio facilmente riconoscibile dai consumatori che ne riconoscono l’unicità; coerenza delle comunicazioni del marchio in tutte le sue narrazioni nei diversi canali; partecipazione
dei
consumatori
in
un’ottica
di
collaborazione.
Oltre
il
coinvolgimento l’altro aspetto fondante è la rilevanza del marchio in termini di: presenza di esso nei discorsi del pubblico in modo positivo e ricorrente; fiducia dei consumatori che vedono le loro aspettative soddisfatte; affinità dei consumatori al marchio dal punto di vista di benefici funzionali ed emotivi avendo l’impressione di condividere gli stessi valori in una comunità di marca. Il marchio Disney, al netto delle implicazioni negative da Covid-19, è sempre stato uno dei marchi più forti del mondo, poiché è riuscito ad emergere in tutti i fattori sopraelencati, in particolar modo nel costante impegno nel favorire un engagement sempre attivo dei consumatori, in ogni momento ed in qualsiasi situazione. Una delle novità del momento grazie alle nuove tecnologie è la nascita di un nuovo catalogo digitale Disney per immergersi nella sua storia in modo interattivo, prendendo parte a tante curiosità e video in esclusiva. Nelle crociere tematizzate Disney è possibile a pagamento usufruire del servizio di “simulatore di sport virtuali”, per incrementare ancor di più l’esperienza. Disney risulta essere quindi un brand all’avanguardia “a caccia delle novità”, e proprio con l’implemento delle nuove tecnologie sarà in grado di creare mondi sempre più ibridi.
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3.6 Tornare alla normalità: gli attuali eventi Disney. Esperienze pre, durante o post Covid? “I parchi a tema battono la crisi e ritornano ai livelli del 2019”, è così che il Sole 24 Ore, il 15 novembre 2022, apre l’articolo affermando la risalita di questo settore che sembrava essere ormai sull’orlo di un collasso senza ritorno. Presenze ristabilite e giro d’affari risalito, una nota positiva dopo la grande crisi. Maurizio Crisanti, segretario generale di ANESV Associazione Parchi Permanenti Italiani, afferma che il 2022 è stato un anno che ha determinato un riavvio del settore in linea con i livelli del 2019, grazie anche ai servizi interni dei parchi come gli shop che attraverso il merchandising, ristoranti, hotel, hanno generato forti incassi. Le imprese più piccole invece ancora faticano a riprendersi da due anni di Covid, ma comunque la riapertura dei parchi ha consentito di dare lavoro a più persone facendo ripartire questo campo. Lo stesso Crisanti, già nel 2020 affermava la possibilità di evoluzione di questo settore, in termini di concentrazione dell’attenzione tra presente e futuro grazie al nuovo modo di sperimentazione phygital, in particolare nei parchi Disney. Le spinte all’innovazione erano già presenti, e proprio come il settore dell’eventistica, anche il comparto dei parchi a tema ha avuto un’accelerazione di questo processo. A tal proposito Tilak Mandali, top manager dei parchi Disney, parlava di adottare un’implementazione dell’esperienza, estendendo la magia dei parchi Disney a casa. Nonostante il Covid avesse limitato queste attività, era necessario rimanere in contatto con il proprio pubblico, al fine di essere pronti per una futura riapertura dei parchi che avrebbe dovuto affrontare i cambiamenti ormai in atto, anche mediante nuove norme di sicurezza. La relazione con gli ospiti abituali è proseguita pur restando in casa, adottando una connessione in grado di far vedere alle persone il dietro le quinte dei parchi Disney. Ciò è stato reso possibile grazie ai social media, alla presenza di blog digitali che hanno permesso comunque la comunicazione tra reti di persone.
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Proprio per questo il lungo periodo di chiusura è servito per mettere in atto una nuova strategia favorita dall’uso delle nuove tecnologie, che hanno nel tempo facilitato alcune funzioni per i consumatori, come il pass digitale per l’ingresso al parco, l’ordine di cibi e bevande mediante device mobili, la gestione delle file per le attrazioni, il monitoraggio delle funzioni di queste ultime, la possibilità di fare i check-in degli hotel online e molto altro. L’elemento che ha segnato la ripartenza in modo estremamente significativo è stata la possibilità di ospitare all’interno del parco eventi mai visti prima come le partite dell’NBA. Inoltre, attraverso la trasformazione digitale garantita dalla realtà aumentata, è stato possibile coinvolgere i consumatori a più livelli di esperienzialità, sempre più completa. Ed è così che il settore degli eventi e dei parchi a tema risulta essere estremamente collegato, grazie all’implemento dei nuovi device in entrambi i settori che ne hanno segnato e ne continueranno a segnare la rivoluzione. L’obiettivo primario è: far fronte alle nuove sfide dei tempi, innovandosi con idee che facciano fronte alle nuove necessità al fine di garantire un’esperienza che sia per il consumatore unica e sempre più personalizzata e differenziata. Una di queste nuove challenge del momento, è rendere l’esperienza non solo più in presenza, ma integrarla con quella virtuale, mettendo a punto cioè come afferma Mandadi (2020) “il metaverso del parco a tema”. Un campo totalmente da scoprire, al confine tra esperienze del mondo fisico e del virtuale mediante dispositivi tecnologici indossabili, o smartphone che permettono di non avere un punto di fine tra esperienze all’interno ed all’esterno del parco. Afferma Mandadi che “le esperienze metaverse sono guidate da tecnologie…che, pur permettendo di offrire le esperienze, non interferiscono mai con l’esperienza stessa.” Inoltre, all’interno della conferenza sull’istruzione virtuale di IAAPA (l’associazione globale per l’industria delle attrazioni), denominata “IAAPA Expo”, il vicepresidente esecutivo di Disney Parks, Experiences and Products, ha manifestato proprio l’importanza delle tecnologie nello sviluppo successivo del settore, dichiarando che “il digitale, i dati e il fisico si uniscono organicamente con la storia, ora abbiamo esperienze convergenti fisiche e digitali che sono personalizzate e sociali, creando il metaverso del 79
parco a tema”. “Inoltre, a causa della dimensione digitale di queste esperienze metaverse, possono essere aggiornate frequentemente, mantenendole fresche e pertinenti.” Nonostante l’anno difficile quindi si punta a tornare in campo più forti di prima ed anzi pronti con novità sempre all’avanguardia. Parchi come Legoland Florida e Gardaland, all’epoca già stavano lavorano nell’ottica di un’evoluzione che sarebbe arrivata: il primo mediante tecnologie di realtà virtuale per visitare il parco ed il secondo aveva previsto applicazioni per evitare assembramenti nelle lunghe file. Nell’articolo del 5 dicembre 2020 di “Mashable Italia” (fonte di notizie riguardo intrattenimento e tecnologia in particolare), Gianluca Falletta, noto creativo che ha lavorato nei parchi integrando le tecnologie ancor prima della crisi pandemica, affermava che si stava già studiando la creazione di ambienti immersivi digitali che avrebbe aperto per il consumatore la possibilità di riavvicinarsi alle esperienze vissute nei parchi a tema. In tempo di chiusura si è sentita la necessità di far divertire le persone anche da casa, prevedendo di adottare queste nuove tecnologie non solo nel periodo di crisi ma continuarne l’uso anche in futuro, al momento della riapertura dei parchi per consentire l’ibridazione dell’esperienza. Questo sarà possibile ad esempio grazie alla possibilità di visitare virtualmente il parco prima di accedervi dal vivo. All’interno dello stesso articolo sopracitato, Riccardo Capo, general manager di Cinecittà World e Mirabilandia, disse che “una delle cose positive che ci lascerà in eredità questo drammatico anno è la maggior confidenza e familiarità delle persone con il mondo digitale. Pensate ai milioni di individui che sono stati forzatamente obbligati a utilizzare piattaforme digitali e app in questo periodo. La maggior competenza acquisita è giusto che venga sfruttata anche da tutti gli operatori del mondo del tempo libero. Adesso il compito è mettere a sistema il mondo fisico, che manca a tutti noi, con quello digitale. La maggior familiarità con il digitale impone che vengano sviluppate piattaforme di qualità, perché è quello che le persone si aspettano”.
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Oltre all’innovazione dell’esperienza grazie alle nuove tecnologie che ampliano il bagaglio delle possibilità, anche il mondo degli eventi Disney si è radicalmente evoluto. Dal 15 aprile al 25 settembre 2022, ha avuto sede a Roma la mostra Disney interattiva al fine di “raccontare storie senza tempo”. Questa iniziativa, promuoveva il ricordo di intramontabili racconti dei più famosi personaggi Disney, in un’esperienza totalmente immersiva per il consumatore che si ritrova catapultato nel dietro le quinte dell’universo Disney. In questa mostra il visitatore veniva accompagnato nel percorso interattivo in cui era possibile prendere parte al processo creativo delle storie Disney più famose, come ad esempio Cenerentola o Pinocchio. Le storie, così come le emozioni, rappresentano un passato che ancora vive nel presente. Mediante l’evoluzione degli strumenti di produzione, la mostra consentiva di poter scoprire i segreti che si celano dietro il lungo lavoro in team nel disegno dell’animazione digitale. Nel percorso era possibile immergersi completamente nelle storie Disney, venendo a conoscenza della cassetta degli attrezzi che si cela dietro ogni singolo lavoro. Inoltre era anche possibile prendere parte al processo creativo attraverso delle postazioni interattive che permettevano al consumatore di creare le proprie storie, adottando un punto di vista collaborativo. Inoltre, nel mese di settembre u.s. si sono tenute delle ricorrenze importanti per i fan di Disney. L’8 settembre 2022, rappresentava il giorno dedicato alla piattaforma Disney Plus, dove venivano comunicate in anteprima novità riguardo le ultime uscite poi presenti nella piattaforma di streaming. Il 9, 10, 11 settembre, inoltre, si è tenuta ad Anaheim in California la convention biennale dei fan del marchio Disney, “il D23 Expo” presentato da Visa. Questa convention ha rappresentato un evento attesissimo dagli affezionati al brand, in quanto nel 2021 non ci fu. Ed ecco come il “tempo dell’attesa” dell’evento è stato ripagato dall’unicità dello stesso. La sua denominazione “D23” voleva riprendere la D di Disney, e 23 che è l’anno di fondazione della Walt Disney Company. Nel 2023 saranno cento anni dalla fondazione, e questo evento ne ha anticipato la data. Questo Expo era davvero caratteristico, in quanto ai fan sono state
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svelate novità future del brand Disney e progetti che verranno realizzati. Esso è stato anche trasmesso in live streaming ma non completamente in tutta la sua durata. Disney ha quindi ricominciato a prendere respiro, ripianificando eventi e riaprendo le porte dei suoi parchi a tema. L’orientamento del marchio sarà continuare a costruire esperienze ad hoc per il suo pubblico, che potranno essere incrementate grazie all’ibridazione delle nuove tecnologie digitali, che daranno un forte impulso innovativo. Cosa preferiscono però le persone? Le ricerche sono ancora in via di sviluppo ma già diversi autori, affermano che l’evento virtuale può affiancarsi a quello in presenza, come discusso nel capitolo due, soprattutto perché i secondi garantiscono un minor livello di soddisfazione in termini di emozionalità e relazioni tra le persone e gli ambienti virtuali risultano essere meno credibili, poiché generano forme di diffidenza ed insicurezza. Sicuramente, i dispositivi tecnologici avranno il potere di incrementare il settore dell’eventistica e dell’intrattenimento nei parchi a tema, ma non potranno sostituire le esperienze in presenza a causa del forte valore di relazionalità e condivisione che le persone ritrovano negli stessi. Se l’uomo è alla costante ricerca di momenti aggregativi e relazioni sociali, cercherà l’avvicinamento agli altri individui, e ciò è reso possibile in modo più veritiero dalle opportunità offerte dalla presenza, che se integrata con il virtuale risulta essere ancora più forte. Gli studiosi affermano inoltre che l’empatia ed il senso di fiducia delle persone è sempre garantito dalla presenza, nonostante le ampie potenzialità del virtuale di ampliare la portata della rete di relazioni, l’immersività e l’abbassamento di barriere spazio-temporali. Anche l’italiana Federcongressi&eventi riconosce l’estrema importanza degli eventi in presenza affermando che “l’indiscutibile valore degli eventi in presenza è infatti stato rafforzato dallo stop dovuto alla pandemia e la domanda sembra voler recuperare il tempo perduto.” Si può sottintendere dunque che le persone siano orientate ad un ritorno in presenza poiché la voglia di ristabilire il senso di comunità e di vicinanza gli uni con gli altri è più forte di qualsiasi barriera. Il digitale in questo senso può ampliarne la possibilità, e 82
sono proprio questi gli anni in cui si cercherà di tracciare il futuro di queste grandi ed indiscutibili opportunità offerte dalla tecnologia.
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CONCLUSIONI Il marketing non è più una questione di ciò che sai produrre, ma di quali storie sai raccontare. (Seth Godin) Come affermato nell’introduzione dell’elaborato, è così che, alla luce dell’approfondimento dell’oggetto d’indagine, ovvero l’esperienzialità come strumento di marketing, si può affermare che il nuovo modo di fare impresa si sta sempre più orientando all’intangibile rispetto al tangibile. L’azienda è pronta a raccontare storie, a farsi conoscere dal vivo nelle sue attività, a proporre un motivo per cui vale la pena partecipare a quel determinato evento che parla del brand. Si è riscontrato che i consumatori, soprattutto dopo un periodo di limitazioni, fatto di distanziamento sociale e divieto di condivisione di momenti aggregativi, hanno sempre più bisogno di sentirsi parte di qualcosa, di una comunità. Il condividere valori, significati ed esperienze del brand con altre persone, vuol dire entrare a far parte di quel gruppo, comunicando con gli altri e con lo stesso brand. Attraverso tale lavoro, è emerso come la comunicazione sia l’aspetto fondante dell’esperienza, in quanto essa assume importanza prima ancora di essere vissuta. Una comunicazione di tipo emozionale, che accompagni il consumatore nel suo percorso alla scoperta del brand, è estremamente importante al fine di superare il modello dell’informazione top-down e di abbracciare una comunicazione multilivello. Si rileva dunque, come mediante la stimolazione dell’engagement, si riesca a consolidare un profondo legame tra consumatore ed il brand, destinato a durare nel tempo. Gli eventi, piccoli o grandi che siano, rappresentano un particolare momento di unione, imprescindibile per l’uomo “animale sociale” e di coinvolgimento in tutte le sue attività. Egli non ha bisogno di sole messe in scene spettacolari da parte delle aziende, ma ha bisogno di stupirsi egli stesso delle emozioni che in quel momento sta provando. Non è lo spettacolo Disney ad essere speciale in sé, o meglio la spettacolarizzazione consente l’immersione del 84
consumatore nel contesto, ma è egli stesso, che con la sua famiglia nel parco a tema, riesce a incantarsi difronte a così tante emozioni. Non è il gadget dell’evento in sé, ma l’emozione connessa a quel preciso atto d’acquisto. L’obiettivo della tesi era quello di comprendere e approfondire l’ampia portata e risonanza del marketing esperienziale nella società. Inoltre si è voluto studiare, come esse, a causa di fenomeni imprevedibili debbano essere riadattate in termini di inclusione delle nuove tecnologie. Grazie ad esse, si può dar vita ad esperienze virtuali, che ne potenzino il grado di immersività, mediante ad esempio i nuovi dispositivi, quali i visori della realtà aumentata. Ciò rappresenta una possibilità che si era aperta per le aziende già a partire dal periodo pre-Covid, ma ha registrato una netta accelerazione di enorme portata, durante il periodo culmine della Pandemia. Gli studiosi e gli stessi professionisti del settore, sono consapevoli di non poter ignorare questa rivoluzione digitale e perciò si adattano alle nuove esigenze del tempo, al fine di non interrompere mai il motore dell’esperienza, ma anzi rafforzandolo. A seguito di quanto riscontrato ed analizzato, si perviene alla conclusione che l’integrazione tra mondi così diversi, come affermato nei capitoli secondo e terzo, non comporterà mai un’eliminazione delle esperienze in presenza poiché esse assumono un valore di grande importanza per i consumatori. La conferma di tale aspetto è dimostrata da diverse ricerche, in particolare “Federcongressi&eventi” pone l’attenzione sul bisogno dei consumatori di “recuperare il tempo perduto” tornando quindi a vivere l’esperienzialità della presenza. La tecnologia rappresenta comunque una notevole risorsa da integrare, e sarà altresì necessaria nel momento in cui in futuro potrebbero riverificarsi momenti di avversità e cambiamenti. Che siano esperienze in presenza o virtuali, i consumatori di oggi hanno “fame” di emozionarsi, incantarsi ed essere coinvolti. Come ricorda Seth Godin, ciò che conta è che le persone non acquistano più solo prodotti e servizi, ma relazioni, storie e magia.
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Disneyland Paris celebra 30 anni con nuovi spettacoli e attrazioni, Sky tg24: https://tg24.sky.it/lifestyle/2022/01/25/disneyland-paris-30-anni
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Metodologia Interbrand: https://interbrand.com/thinking/best-global-brands-2020-methodology/
Parchi divertimento, la protesta colorata per le strade di Roma: “Fateci riaprire”, Sky tg24: https://tg24.sky.it/cronaca/2021/05/11/protesta-parchi-divertimento-foto
Progetto Disney Magic Moments: https://www.disneymagicmoments.it/
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