design e partecipazione urbana

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IL RUOLO DEL DESIGN NEI PROCESSI DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA DELLA TRASFORMAZIONE URBANA DEL TERRITORIO

Università IUAV di Venezia | Facoltà di Design e Arti | ClasDip Corso di Laurea Magistrale in Disegno Industriale del Prodotto Luca Del Negro | 269552 Relatrice: prof.ssa Raimonda Riccini Correlatrice: prof.ssa Laura Badalucco Dicembre 2012



IL RUOLO DEL DESIGN NEI PROCESSI DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA DELLA TRASFORMAZIONE URBANA DEL TERRITORIO

Università IUAV di Venezia | Facoltà di Design e Arti | ClasDip Corso di Laurea Magistrale in Disegno Industriale del Prodotto Luca Del Negro | 269552 Relatrice: prof.ssa Raimonda Riccini Correlatrice: prof.ssa Laura Badalucco Dicembre 2012



Tesi di laurea Corso di laurea specialistica o magistrale in

Titolo tesi di laurea

IL RUOLO DEL DESIGN NEI PROCESSI DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA DELLA TRASFORMAZIONE URBANA DEL TERRITORIO

Cognome e nome

DEL NEGRO LUCA

Matricola n.

269552

Anno accademico

2011/2012

Relatore

RAIMONDA RICCINI

Firma

Correlatore

LAURA BADALUCCO

Firma

Sessione di laurea

DICEMBRE 2012



ABSTRACT

Questa tesi nasce da un preciso interrogativo riferito al ruolo che può assumere il design all’interno dei processi di progettazione partecipata relativi alla trasformazione del territorio. La ricerca qui di seguito illustrata nasce dalla volontà di confermare, in via teorica, che la disciplina del design sia in grado di offrire un valido e importante contributo ai processi di partecipazione, proponendo progetti che favoriscano uno scambio bi-direzionale indispensabile per dar vita a situazioni di collaborazione e di dialogo tra i cittadini e amministrazione. Considerando come punto di partenza la crisi del sistema di rappresentanza e la crisi del governo del territorio, si evidenzia la crescita di discussioni in merito alla possibilità di applicare nuove forme di democrazie alternative o complementari, che tengano maggiormente conto della voce della cittadinanza. Da questa situazione, è sorto il concetto di partecipazione che assume la funzione di strumento e obiettivo del processo di trasformazione del territorio, rivisitando il concetto di democrazia e permettendo così alla cittadinanza di ottenere un sapere critico e consapevole in grado di restituire senso ai concetti di comunità, cooperazione e responsabilità, utili a realizzare una nuova civiltà urbana. Dunque ho analizzato le fasi del processo di partecipazione urbana individuando i principali strumenti di cui il cittadino può usufruire. In questo modo ho potuto riflettere sulla necessità di ripensare agli strumenti utilizzati in modo da estendere il loro livello di accessibilità cognitiva e renderli effettivamente dei mezzi di comunicazione bi-direzionali utili all’interno dei processi di partecipazione. E’ emerso, così, che il designer può occuparsi dell’ideazione di nuovi strumenti che rendano l’espressione creativa e progettuale semplice e possibile anche per i non addetti ai lavori e che rispondano a precise esigenze di comunicazione e di scambio tra gli attori. Strumenti che, se ben progettati e strutturati, rappresentano un’importante opportunità



per stimolare comportamenti responsabili di cittadinanza attiva e per dare all’ambiente urbano una nuova visione più condivisa e sostenibile. This thesis comes from a specific question related to the role that can take the design inside the participatory planning processes related to the transformation of the territory. The research, described below, is born from the desire to confirm, in theory, that the discipline of design is able to offer a valuable and important contribution to the participatory processes, proposing projects which encourage a bi-directional exchange, to create situations of collaboration and dialogue between citizens and administration. Taking as a starting point the crisis of representation system and the crisis of the territorial government, we saw the growth of discussions about the possibility of applying new forms of alternative or complementary democracies which take greater account of the voice of the citizens. From this situation, was born the concept of participation, which takes the role of a tool and goal of the process of transformation of the territory, revisiting the concept of democracy and allowing citizenship to obtain critical and conscious knowledge, able to restore meaning to the concepts of community, cooperation and responsibility for the creation of a new urban civilization. So I analyzed the stages of urban participation outlining the main tools used in considering how to extend their level of cognitive accessibility and actually make the media bi-directional useful in the processes of participation. It should be noted so that the designer can deal with the design of new tools, that make it the creative expression simple and possible for non-experts, and that meet the precise needs of communication and exchange between actors. Tools which, if well designed and structured, represent an important opportunity to stimulate responsible behavior of active citizenship and to give a new vision to the urban environment more sustainable and shared.



INDICE

Introduzione

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Design e partecipazione 1.1 Verso una maggiore consapevolezza dell’utente 1.2 L’utente come attore centrale 1.3 Il valore dell’esperienza 1.4 L’apporto creativo 1.5 Il ruolo del designer 1.6 Gli strumenti di progettazione partecipata 1.7 Il modello SonicRim

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La partecipazione 2.1 Una nuova democrazia 2.2 La forza dei cittadini 2.3 I pro e contro della partecipazione 2.4 Nuovo governo del territorio 2.5 Il sistema urbano 2.6 I soggetti della partecipazione 2.6.1 La pubblica amministrazione 2.6.2 I professionisti 2.6.3 La cittadinanza 2.7 I luoghi della partecipazione 2.7.1 Lo spazio reale 2.7.2 Lo spazio virtuale 2.7.3 Tra reale e virtuale

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Strumenti di progettazione partecipata 3.1 Il fattore “comunicazione” 3.2 Il processo partecipativo

85 88 92

Il nuovo compito del designer 4.1 L’ambito di studio 4.2 Il contributo concreto

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Conclusioni

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Fonti e materiali Bibliografia Sitografia Indice delle immagini

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Colophon

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Ringraziamenti

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INTRODUZIONE

La premessa fondante intorno alla quale ruota la mia tesi si basa essenzialmente sulla considerazione e la convinzione che la pratica del design può dare un forte contributo ai processi di partecipazione legati al rinnovamento del territorio, attraverso la progettazione di sistemi e strumenti che permettano e semplifichino le azioni di coinvolgimento degli abitanti, nuovi soggetti attivi nelle scelte concernenti le trasformazioni urbanistiche della città. La società, ormai segnata dalla crisi della politica e dalla sua incapacità di rappresentare la democrazia, sta evolvendo in una forma che prevede l’assunzione di decisioni obiettive d’interesse generale attraverso un processo di confronto pubblico capace di trasformare preferenze individuali in soluzioni condivise. I cittadini stanno acquisendo la consapevolezza della propria importanza, concretizzandola in una crescente domanda che prevede soluzioni atte a valorizzare e considerare maggiormente i loro bisogni e le loro necessità. Anche il contesto urbano trova la sua definizione dall’accordo tra cittadini e amministrazione attraverso soluzioni partecipative che coinvolgano tutti gli stakeholders. Si rende quindi indispensabile creare le condizioni che favoriscano la sperimentazione di processi partecipativi utili alla definizione delle scelte di governo del territorio e delle sue trasformazioni. Lo sviluppo e la modificazione della città richiedono studi e progettazioni complesse che incidono su molti aspetti. L’introduzione del fattore “partecipazione” all’interno di questa tematica sta creando molti dibattiti che coinvolgono un vasto insieme di discipline e di soggetti portatori di saperi diversi. Su questo scenario ci si chiede: quale è ruolo che occupa il design? E quale contributo può dare? La tesi svolta, dunque, concentrandosi sugli aspetti della partecipazione, su come avviene, attraverso quali strumenti,

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considerando anche l’avvento di nuove tecnologie di comunicazione, di internet e della diffusione ad ampia scala della connessione alla rete, vuole far riflettere sul ruolo che assumerebbe il design, sulle sue potenzialità e sulle sue capacità di ampliare la sua sfera d’azione, contribuendo in un campo non del tutto proprio, ma possibile. Nel primo capitolo della tesi ho valutato il rapporto esistente tra il design e il territorio, mettendo in evidenza la mancanza di una chiara definizione di questa disciplina in rapporto alla gestione del territorio urbano. Rimanendo all’interno del design ho svolto un excursus sull’evoluzione di tale pratica, esplorandone gli sviluppi e considerando il crescente coinvolgimento dell’utente nelle fasi di progettazione. Da questa analisi è emerso il concetto di co-progettazione, che ha permesso l’individuazione di specifici strumenti che aiutano la partecipazione di non esperti nelle fasi progettuali di realizzazione di un prodotto. Da questi strumenti, alcuni analizzati in dettaglio in specifiche schede concludenti il capitolo, si è identificato l’approccio alla partecipazione in questo settore e il mutare del ruolo del designer in base al cambiamento in atto. Con l’analisi dei sistemi utilizzati ho potuto creare una relazione tra gli strumenti utilizzati al’interno dell’ambito della pratica del design attraverso momenti di co-progettazione e le tecniche e i metodi usati nei processi partecipativi. Infatti l’obiettivo di questa parte è dimostrare che il design sta già affrontando l’utilizzo e la progettazione di strumenti pensati ad hoc per coinvolgere gli utenti in processi di progettazione condivisa. Nel secondo capitolo ho introdotto l’ambito di ricerca attraverso la definizione del concetto di partecipazione legata all’ambiente urbano, facendo delle riflessioni sugli aspetti legislativi e politici e sulla sua evoluzione in relazione allo sviluppo della democrazia, rappresentata dal concetto di governance. Inoltre ho individuato e descritto le figure sociali che sono coinvolte, indagando in che maniera si rapportano tra loro, e i luoghi utilizzati in tali processi considerando anche la nuova concezione di spazio virtuale che si sta affermando a seguito dello sviluppo tecnologico e delle nuove forme di comunicazione. Il terzo capitolo affronta nel dettaglio le fasi del processo di partecipazione urbana in cui vengono studiati e analizzati i linguaggi, gli strumenti, i metodi e sistemi usati per coinvolgere i cittadini. Ottenuta la conoscenza generale di tutti questi fenomeni, ho giudicato utile focalizzare l’attenzione sui più comuni strumenti usati durante i processi partecipativi, attraverso

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la visualizzazione di specifiche schede riflessive che analizzano le caratteristiche sul loro funzionamento e il loro aspetto partecipativo. Quest’esame ha permesso di dare un concreto riscontro alle possibilità offerte ai cittadini per contribuire attivamente alle definizione delle scelte urbane. Nel quarto capitolo cerco di dare fondamento al presupposto della tesi. Viene infatti evidenziato il nuovo ruolo assunto dalla disciplina del design a seguito delle considerazione fatte nei capitoli precedenti. In dettaglio viene descritto come il designer si occuperà dell’ideazione di nuovi strumenti, concepiti come una piattaforma per il dialogo e la condivisione, utili all’esigenza di comunicazione e di scambio tra gli attori coinvolti nei processi partecipativi. In conclusione vengono fatte alcuni considerazioni su come la diffusione di azioni di progettazione partecipata siano un ottimo sviluppo culturale e politico e quindi si rende necessario creare processi il più possibile accessibile alla cittadinanza. Diventa dunque auspicabile coinvolgere le parti interessate nelle varie fasi con nuovi strumenti e sistemi a cui il design può dare un sostanziale apporto.

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DESIGN E PARTECIPAZIONE 1.1 Verso una maggiore consapevolezza dell’utente 1.2 L’utente come attore centrale 1.3 Il valore dell’esperienza 1.4 L’apporto creativo 1.5 Il ruolo del designer 1.6 Gli strumenti di progettazione partecipata 1.7 Il modello SonicRim

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“Il coinvolgimento degli utenti finali nel processo decisionale può, non solo garantire una maggiore democraticità, ma anche sviluppare degli artefatti capaci di meglio rispondere alle esigenze degli utenti finali.” Bussolon Stefano, Potente Davide, 2009

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1. DESIGN E PARTECIPAZIONE

Questa tesi si occupa di indagare il tema della partecipazione nei processi di pianificazione territoriale e di trasformazione urbana1. In questo caso la partecipazione è intesa come il coinvolgimento consapevole, diretto e responsabile dei cittadini alle decisioni che condizionano il presente e il futuro del modello di città che si vuole realizzare, considerando la complessità della vita urbana contemporanea. Il tema della partecipazione non riguarda esclusivamente la pianificazione degli strumenti urbanistici, ma considera il complesso dei processi che interessano le trasformazioni urbane e la costruzione delle scelte urbanistiche. “Il design, all’esterno della comunità scientifica e professionale, è spesso associato prevalentemente a competenze che riguardano la dimensione esteticoformale legata a elementi fisici e funzionali di un artefatto, caratterizzati anche da una forte valenza comunicativa o meglio semiotica, o nel caso del design strategico o del design management a quelle competenze progettuali, che agiscono in sinergia con il sistema decisionale aziendale al fine di incrementare la qualità dei prodotti e dei servizi di un’impresa, valutandone la percezione anche da parte dei clienti.” (Borja de Mozota, 2008) Ma qual è il rapporto esistente tra il design e il territorio? Quando si parla della relazione tra design e sistema territoriale, si affrontano per lo più questioni che riguardano modelli organizzativi che appartengono sia alla sfera sociale che alle forme di produzione industriale. In particolare, a causa della forte valenza legata alla produzione di artefatti industriali, l’attenzione è focalizzata sulla creazione di elementi di arredo urbano o di comunicazione, “come progetti che in un certo senso, preservando comunque una propria identità, sono

1 L’insieme di attività di progettazione in relazione a interventi urbanistici semplici e complessi, quali ad esempio il recupero di un edificio, di un’ex area produttiva, la progettazione di un parco urbano, la localizzazione di una struttura pubblica sul territorio o la definizione di un piano territoriale di area vasta.

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arredo urbano

PRODUCT DESIGN

DESIGN E TERRITORIO

valorizzazione del territorio

figura 01 - Il territorio è considerato sia come contesto che come oggetto del design. Il rapporto che si crea riguarda temi che connettono gli ambiti progettuali del design a quelli dello sviluppo e valorizzazione territoriale.

comunicazione

GRAPHIC DESIGN identità del territorio

complementari alla dimensione architettonica o pianificatoria.” (Villari Beatrice, 2009) In secondo luogo, l’indagine riguarda i temi che connettono gli ambiti progettuali del design a quelli dello sviluppo e valorizzazione territoriale delle imprese legate al design industriale e alla creazione di sinergie, contaminazioni e trasferimenti tecnologico-culturali, in grado di individuare nuovi modelli produttivi con la produzione artigianale locale. Sembra mancare, dunque, una letteratura specifica in grado di definire in maniera chiara quale sia il rapporto tra la partecipazione della progettazione urbana e il design. Per comprendere questo, ho ritenuto opportuno indagare come la partecipazione viene affrontata all’interno della pratica del design. Partendo dunque da un breve excursus sull’evoluzione del design in direzione di una progettazione che tiene sempre più in considerazione la volontà degli utenti, ho illustrato le filosofie che si sono affermate e in seguito le relative tecniche e metodologie applicate. In questo modo è stato possibile comprendere come il ruolo del designer è cambiato in funzione della crescente influenza degli utenti nelle fasi di progettazione.

1.1 Verso una maggiore Nell’ultimo quarto del XX° secolo, le pratiche di progettazione consapevolezza di design hanno subito importanti cambiamenti, derivanti dell’utente dai progressi scientifici e tecnologici, da una maggiore

consapevolezza dei consumatori e dall’emergere di mercati di nicchia. Inoltre l’oggetto del design, non è più esclusivamente un “prodotto”, ma è “diventato un sistema che nel tempo si è esteso e complessificato. Il risultato è un ‘ibrido’ di elementi tangibili e intangibili; un insieme di interazioni, fisiche e sociali, che veicolano esperienze; un sistema che comprende anche il contesto in cui il prodotto da progettare si va a collocare.” (Rizzo Francesca, 2009) Il primo importante cambiamento è caratterizzato dall’afflusso di altre discipline al design, che ha portato alla creazione di studi e ricerche multi-disciplinari (marketing, ingegneria, ergonomia, antropologia, etnografia, sociologia, psicologia) così da poter risolvere i problemi su livelli diversi. Un secondo cambiamento, che ha portato il designer a lavorare ad una scala

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più ampia, è stato lo spostamento dell’attenzione nel processo di progettazione dal prodotto all’utente. Non vengono più rispettati degli standard predefiniti, ma vengono considerate “le differenze fisiche, cognitive, psicologiche e culturali nella progettazione di prodotti che possono, a meno, venire comprati e usati.” (Tosi Francesca, 2005) Questo ha portato ad un’osservazione più attenta delle persone e dei loro comportamenti, collocandoli nel loro contesto. Da qui, per ottenere le informazioni sull’utente e sulle sue relazioni con gli artefatti, si sono sviluppati strumenti derivanti dall’etnografia. Questa disciplina studia le pratiche e le prospettive delle persone nei loro contesti culturali e sociali, al fine di produrre una documentata osservazione di un contesto d’azione (field situation). Il suo scopo è quello di “indagare, documentare, identificare una cultura e le sue forme espressive, materiali, comunicative, culturali attraverso un’analisi che comprende la struttura sociale, le credenze religiose, i riti, il linguaggio, le logiche dello scambio relazionale simbolico ed economico.” (Maffei Stefano, 2007) Sviluppata originariamente dagli antropologi agli inizi del ‘900, questa disciplina si basa sull’osservazione, sul dialogo e sull’intervista da effettuare in un contesto naturale (osservazione diretta) e attraverso un approccio olistico, descrittivo e non critico. Negli anni, la ricerca etnografica è stata adottata da sociologi, psicologi, economisti, studiosi delle organizzazioni e anche dai designers, con lo scopo di studiare e in seguito definire quale sia il contesto d’uso di un determinato prodotto o servizio e quali siano le relazioni tra esso, l’utente e il prodotto o servizio stesso. Infatti i designers dovevano portare il punto di vista di potenziali consumatori o utenti finali all’interno dei processi di progettazione per lo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, oltre per migliorare quelli già esistenti. Si tratta di un’attività di ricerca monodirezionale in cui “il designer è l’osservatore, mentre l’utente è solo l’oggetto da osservare.” (Rizzo Francesca, 2009) In pratica l’analisi etnografica esplora nuove esigenze insoddisfatte nelle persone, a casa o al lavoro. Inoltre studiando il contesto d’azione si ottiene una più ricca e affidabile visione sulle condizioni in cui i prodotti sono o saranno utilizzati. Ma che cosa si intende per contesto d’uso? Il contesto d’uso rappresenta l’ambiente fisico sociale e relazionale caratterizzato dall’insieme dei fattori che influenzano l’esperienza di utilizzo di un prodotto. Nella pratica tradizionale del design, il contesto è supposto dal designer, è una visione su ciò che è un contesto simile, un punto di vista proprio basato su

L’etnografia

Il contesto d’uso

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contesto naturale

osservazione

interviste

RICERCA ETNOGRAFICA

figura 02 - La ricerca etnografica è costituita essenzialmente da attività di osservazione, interviste e dialogo fatte all’interno di uno specifico contesto d’uso.

dialogo

esperienze personali. “Studiare il contesto di utilizzo del prodotto aiuta, quindi, i progettisti a conquistare l’empatia con gli utenti, per evitare l’ostinazione su ipotesi preimpostate sull’utente o sul prodotto, e di creare concetti innovativi su come un prodotto può essere sperimentato.” (Sanders Elizabeth B.-N., Sleeswijk Visser Froukje, Stappers Pieter Jan, Van Der Lugt Remko, 2005) L’obiettivo di questo metodo è quello di definire i problemi fondamentali e le opportunità per determinare ciò che dovrebbe essere progettato e realizzato. Infatti, svolgendosi in un ambiente naturale, permette di capire come la gente sfrutta l’esperienza nell’uso di prodotti e servizi esistenti. L’etnografia, quindi, viene utilizzata come metodo d’approccio al progetto, per comprendere l’esperienza quotidiana degli utenti, in modo da guardare un problema e comprenderne i contesti d’uso, in maniera da sfruttare le intuizioni ricavate dall’osservazione per migliorare e innovare un prodotto da immettere sul mercato.

Nuove esigenze In seguito alla globalizzazione, all’eliminazione delle distanze e della dimensione temporale e ad una maggiore presenza di differenti culture e modelli si è dato luogo ad un mutamento della domanda, la quale non guarda più al soddisfacimento di un bisogno, ma piuttosto all’appagamento di un desiderio. Nel mercato sempre più saturo e competitivo, l’utente è abituato ad una vasta scelta di prodotti che spesso offrono prestazioni analoghe e di conseguenza risulta essere più attento alla scelta

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della reale qualità e innovazione del prodotto. Si impone, così, una nuova tipologia di consumatore, più esigente e consapevole dei propri bisogni, che si fa promotore di proposte riguardanti sia la qualità che le sue reali esigenze. Ricercare la qualità, oggi, significa soprattutto ricercare un prodotto o servizio capace di migliorare la vita dell’utente, in fatto di risparmio di tempo e fatica e che sia in grado di fornire un maggiore benessere psicologico ed emotivo, garantendo la massima sicurezza, affidabilità e gradevolezza durante il suo uso. Il prodotto assume così un ruolo centrale e attivo in modo da poter rispondere egregiamente a tutti i quesiti che un consumatore attento può porre. Per soddisfare il consumatore, dunque, viene indagata l’interazione uomo-prodotto, “ossia le caratteristiche e le capacità degli utenti, le caratteristiche e gli obiettivi del prodotto e delle attività per le quali è, o può essere, utilizzato e le caratteristiche del contesto fisico e sociale.” (Tosi Francesca, 2005) Le variabili che definiscono l’interazione utente-prodotto, dunque la relazione che il consumatore stabilisce con i prodotti, nonché con l’ambiente a lui circostante e con la rete di sistemi tecnologici e sociali in cui vive, vengono identificate dall’ergonomia2. Questa disciplina si occupa di studiare i fattori umani (human factors) valutando la compatibilità di ambienti, prodotti e attrezzature rispetto alle caratteristiche e alle capacità fisiche e cognitive dell’utente. Oltre ad analizzare l’usabilità nelle sue dimensioni di funzionalità, di adeguatezza all’uso e di prestazione, in seguito viene aggiunta una componente soggettiva dell’interazione. In queste nuove ricerche ergonomiche ci si affida, dunque, ai “new human factors”, che valutano, non solo le caratteristiche del corpo e dei processi cognitivi, ma anche le componenti emozionali ed affettive del rapporto con il prodotto o servizio (pleasure in use) e, parallelamente, le loro implicazioni sociali e culturali. Il campo di studio dei contenuti e dei metodi di valutazione dell’usabilità e delle componenti soggettive dell’interazione utente-prodotto sono la base di ricerca per valutare quali siano le preferenze dell’utente, che in base ai suoi desideri e alle sue aspettative definisce la capacità di utilizzare il prodotto in modo corretto. Questo ha portato ad un progressivo passaggio dallo studio incentrato sulla produzione a quello incentrato sull’utente, ossia l’individuo-utilizzatore come fulcro di interesse e obiettivo specifico dell’intervento di progettazione. Ne è derivato un profondo cambiamento nel ruolo del design, il quale non è più soltanto un generatore di valori percepiti (innovazione estetica, reputazione del marchio e dell’impresa, costi, servizi,

Gli human factors

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L’IEA, International Ergonomics Association, definisce l’ergonomia come la disciplina scientifica che studia l’interazione tra gli individui e gli altri elementi di un sistema nello svolgimento di una determinata attività. Obiettivo dell’ergonomia è accrescere il benessere dell’uomo e la performance complessiva del sistema attraverso l’ottimizzazione della compatibilità uomo-sistema, tenendo in considerazione i fattori fisici, cognitivi, sociali, organizzativi e ambientali.

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comunicazione), ma anche un generatore di valori d’uso, che, grazie anche all’innovazione tecnologica, permettono di definire un prodotto pensato ad hoc per l’utente.

1.2 L’utente come attore Con il delinearsi dell’User-Centered Design gli utenti sono posti al centrale centro del processo di progettazione e, attraverso un’acquisizione

Il Partecipatory Design

strutturata e sistematica dei loro bisogni, è possibile comprendere le loro esigenze allo scopo di ottenere prodotti e servizi in grado di adattarsi ai bisogni, alle caratteristiche fisiche e cognitive degli esseri umani. Il coinvolgimento degli utenti in tutte le fasi della progettazione, dalla concezione iniziale del progetto, al prototipo e al prodotto finito permette di conoscere e prevedere tutte le possibili interazioni tra utente e prodotto in modo da intervenire prontamente e in maniera corretta sul progetto durante il suo sviluppo. L’idea di coinvolgere maggiormente l’utente deriva dalle sperimentazioni sviluppate negli anni ’70 sotto il nome di Participatory Design (design partecipativo), il cui obiettivo era di progettare e sviluppare sistemi e artefatti attraverso il coinvolgimento attivo degli utenti finali nell’intero processo progettuale e decisionale. Questa pratica prevedeva infatti una revisione continua delle soluzioni progettuali sulla base di feedback ottenuti dall’interazione tra progettisti ed utenti, comprendendo quella componente negoziale dovuta dalla partecipazione di attori differenti con ruoli diversi in base alla varietà degli approcci. Si procede verso una visione filosofica

progettazione

valutazione

figura 03 - L’approccio User-Centered Design avviene attraverso un processo ciclico di continua verifica delle soluzioni progettuali.

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USER CENTERED DESIGN

test

prototipazione


Osservazione, dialogo, interviste

Elaborazione dati Report

Progettazione

Idea per prodotto

figura 04 - Schema del processo di progettazione incentrato sull’utente attraverso la ricerca etnografica.

dell’artefatto differente, in cui non è più il progettista a possedere tutte le conoscenze su come l’artefatto deve essere realizzato, ma il progetto si costruisce grazie al supporto e alla considerazione di tutti gli attori in gioco, sulla base di una conoscenza condivisa. Gli utenti finali diventano gli attori centrali coinvolti dalla fase di raccolta dati, attraverso lo sviluppo e la prova, alla distribuzione e post-test (monitoraggio). Questo avviene con un coinvolgimento diretto degli utenti nel progetto, attraverso un processo iterativo e ciclico tra soluzione e verifica, basato sul continuo controllo delle ipotesi e delle soluzioni di intervento (design-valutazioneredesign) coordinato da un team multidisciplinare. Le pratiche User-Centered Design permettono così di rendere più facile al progettista la comprensione di come i prodotti finali saranno utilizzati dagli utenti, migliorarne le caratteristiche e potenziare il processo progettuale. Infatti le informazioni ricavate saranno necessarie per l’analisi dei “requisiti utente” dell’artefatto in esame, in modo che il suo successo sia garantito dall’equilibrio tra diversi aspetti quali l’usabilità, l’utilità e l’opportunità. “Nel 1999 l’ISO ha definito lo User-Centered Design come: un processo iterativo che consiste di studi con gli utenti, specificazioni, soluzioni di design e valutazioni, il cui obiettivo finale è la progettazione di prodotti e servizi sulla base dei bisogni degli utilizzatori finali.” (Rizzo Francesca, 2009) In dettaglio, l’approccio User-Centered Design, basato su tecniche derivanti dall’etnografia, mostra alcuni limiti: infatti l’osservazione dice “ciò che c’è”, ma non “cosa potrebbe esserci”, o meglio cosa la creatività umana e l’innovazione tecnologica potrebbero offrire. Invece quando la ricerca si fonda sull’utente ci si imbatte in qualcosa che non si è ancora indagato, di cui non si ha esperienza e quindi è possibile proporre qualcosa che non sia ancora stato pensato. Questo nuovo approccio ha evidenziato l’importanza, e dunque l’esigenza, di coinvolgere l’utente nei processi produttivi in modo attivo e iterativo, per cui non considerandolo solo una fonte di informazioni (attore passivo), ma un esperto della propria esperienza. Si parte dal presupposto che tutte le persone possono essere creative se si

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offrono loro gli strumenti adeguati con cui esprimere se stessi, in modo da poter contribuire al progetto di design.

1.3 Il valore A partire dagli anni ’90 si afferma una nuova visione dell’Userdell’esperienza Centered Design, che considera l’utente un “attore esperto”,

“soggetto attivo portatore di una conoscenza che solo lui, grazie alla sua esperienza diretta, può veramente avere.” (Rizzo Francesca, 2009) Si comincia così a parlare di Design Experience che utilizza l’esperienza dell’utente come nuovo campo di ricerca. In questo modo la pratica del design non si concentra più sulla “cosa” che deve essere progettata (come un prodotto, uno spazio, un interfaccia, un servizio, ecc.), ma si concentra sull’esperienza dell’utente. Infatti tenta di modellare delle esperienze per l’utente di e con oggetti, processi e ambienti attraverso la “progettazione di artefatti e prodotti in grado di mediare esperienze positive, coinvolgenti, innovative, complete e usabili.” (Rizzo Francesca, 2009). Si é passati dal progettare per gli utenti al progettare con gli utenti. “Ci stiamo muovendo in uno spazio in cui i rapporti tra le persone sono più importanti rispetto ai prodotti e dove l’esperienza umana è la cosa più importante di tutti.” (Sanders Elizabeth B.-N. 2000)

L’esperienza d’interazione

Elizabeth Sanders3 definisce questa diversa prospettiva del design, Postdesign. “Non è semplicemente un metodo o un insieme di metodologie, ma si tratta di una mentalità e atteggiamento verso le persone. E’ la convinzione che tutte le persone hanno qualcosa da offrire al processo di progettazione in modo articolato e creativo, quando vengono forniti loro strumenti e mezzi adeguati con cui riescono ad esprimersi.” (Sanders Elizabeth B.N., 2002) Si tratta di un linguaggio visivo emergente, che tutte le persone possono usare per esprimere e interpretare le idee e sentimenti che spesso difficilmente riescono ad esprimere a parole. E’ importante per cui imparare ad assumere un nuovo atteggiamento verso la gente che acquista ed utilizza i prodotti che si progettano. Bisogna rispettare le loro opinioni e la loro creatività anche se spesso non corrisponde all’intuitività del progettista esperto. La pratica del design, in questo maniera, non guarda più l’utilizzatore finale come un soggetto da osservare o un tester ma cerca di comprendere la sua esperienza d’interazione, intesa non soltanto come l’uso del prodotto ma i “rapporti che l’utente stabilisce con quel prodotto all’interno di un sistema

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Pioniera nell’uso di metodi di progettazione partecipativi, destinati alla progettazione di nuovi prodotti, e fondatrice di MakeTools, una società che esplora gli strumenti per la creatività collettiva.

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Utente

Strumenti per creare esperienza

Elaborazione dati Report

Progettazione

Idea per prodotto

figura 05 - Schema del processo di progettazione tramite l’esperienza dell’utente.

di variabili che coinvolgono sia la sfera fisica dell’interazione, sia le sue dimensioni psicologiche, culturali e attitudinali.” (Tosi Francesca, 2005) Il design dell’esperienza4 si focalizza, dunque, nella progettazione delle interazioni, ma anche nei contesti in cui le esperienze degli utenti hanno luogo e negli artefatti che sono capaci di operare da mediatori tra utente ed esperienza. In sintesi si concentra nella “progettazione dell’esperienza delle persone con i prodotti, con gli spazi e, durante gli eventi, nella fruizione dei servizi.” (Rizzo Francesca, 2009) L’User-Centered Design tradizionale è rivolto al raggiungimento di standard elevati di usabilità (metodo orientato alla prestazione), concentrandosi sull’analisi delle caratteristiche e dei bisogni espliciti degli utenti finali, senza però tener conto delle dimensioni che caratterizzano le relazioni tra i prodotti e i loro consumatori. Il Design Experience invece enfatizza gli aspetti di interazione ed emozionali dell’esperienza adatti per ispirare il design. Infatti prende in considerazione cosa le persone fanno e come esse interagiscono nel cercare di raggiungere i loro obiettivi. L’esperienza è un fenomeno soggettivo, poiché è diverso in base alla persona che vive l’esperienza ed è effimero, ovvero dura solo per un determinato momento temporale. Sanders descrive l’esperienza utente come il momento tra ciò che è successo nel passato e ciò che può accadere nel futuro, nel “punto in cui la memoria e l’immaginazione si incontrano.” (Sanders Elizabeth B.-N., 2001) O meglio le esperienze già vissute le chiama ricordi, mentre quelle non ancora vissute o sentite, ma immaginate, le figura 06 - Rappresentazione grafica del concetto di esperienza secondo Elizabeth B.-N. Sanders.

RICORDI

SOGNI ADESSO

passato

futuro presente

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“Il termine esperienza riguarda quella modalità di apprendimento che ha a che fare con l’acquisizione di conoscenza procedurale (Polany M., 1982, Personal knowledge, University of Chicago Press, Chicago), non basata su regole universali oggettive, bensì sull’osservazione di un fatto o di un evento, o di un fenomeno ottenuto tramite il coinvolgimento, l’esposizione o la prossimità del soggetto che vive quella cosa o quell’evento.” (Rizzo Francesca, 2009)

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chiama sogni. Il design basato sull’esperienza si propone quindi di comprendere le esperienze “passate, presenti e potenziali” delle persone per poi utilizzarle come fonte continua di ispirazione per la progettazione. Gli utenti finali adesso divengono quindi attori attivi che partecipano al processo di design, attraverso il loro coinvolgimento nelle fasi di raccolta dati e di analisi dell’esperienza. Vedere e apprezzare ciò che la gente sogna ci mostra come il loro futuro potrebbe cambiare in meglio.

1.4 L’apporto creativo Con l’avvento di nuove forme di comunicazione, le persone hanno compreso di avere una forte influenza collettiva, che stanno iniziando ad usare per esprimere la loro creatività e per ottenere ciò che più desiderano, quando lo vogliono e come lo vogliono, diventando sempre più dei consumatori esigenti. In internet si possono già vedere esempi di questa creatività, tra siti web personali, applicazioni e social network. Un esempio sono Facebook, Flickr, Youtube, Twitter, strumenti che utilizzano un linguaggio emergente sfruttato dalla gente per esprimere e interpretare pensieri e sentimenti propri. Altro fattore rilevante è il ruolo delle aziende le quali hanno iniziato ad offrire, una serie di servizi che permettono agli utenti di personalizzare beni acquistabili on-line. L’uso di esperienze di co-creazione5 di questo tipo sono state alimentate dal desiderio delle aziende di trasformare i consumatori in utenti, in modo che i prodotti e i servizi progettati riescano meglio a soddisfare le esigenze della gente, per cui direttamente collegate al fattore di guadagno monetario. Inoltre c’è un riscontro emotivo, costruito sulla fiducia tra il marchio (brand) e il cliente, definito dalla percezione della qualità dei prodotti come garanzia dell’identità e dell’affidabilità del marchio, fornendo così una sorta di garanzia al prodotto. “In un mercato saturo di oggetti funzionalmente indifferenziati ed esteticamente simili diventa importante, dunque, la creazione di prodotti ‘personalizzati’ e ‘su misura’.” (Tosi Francesca, 2005) figura 07 - Schema del processo di progettazione attraverso la co-creazione.

+

Utente e designer

Strumenti di partecipazione

5

Dialogo e confronto

Idea per prodotto

“Si definisce co-creazione ogni atto di creatività collettiva, che è vissuta congiuntamente da due o più persone. Si tratta di un particolare caso di collaborazione, dove l’intento è quello di creare qualcosa che non è noto in anticipo.” (Sanders Elizabeth B.-N., Simons George, 2009)

26


Considerazione delle persone co-creatore partecipante utente consumatore cliente

1970

1980

1990

2000

2010

figura 08 - Rappresentazione grafica della crescita della considerazione delle persone negli anni.

E’ evidente che la gente comune non sia più soddisfatta di essere semplicemente considerata un consumatore, ma vuole essere anche un creatore. L’evoluzione di approccio al design porta ad una pratica progettuale più partecipativa, poiché coinvolge direttamente e attivamente tutti gli stakeholders nel processo di sviluppo di progettazione. Questa pratica, definita co-design, sposta l’attenzione dalla creatività individuale a quella collettiva: strumento molto potente che può portare risultati più rilevanti rispetto alla creatività individuale. Infatti sfruttando le persone che progettano insieme, o meglio la collettività, è possibile espandere all’infinito idee e opportunità. “Everyone is creative.” (Bohm David, 1998) Ognuno dispone di una parte creativa, ma non avendo l’abitudine ad usarla ed esprimerla, questa rimane spesso in uno stato latente. Il co-design, dunque, è l’applicazione di attività creative collettive nel processo di progettazione (co-creation) al fine unico di ispirarlo e guidarlo nella fase di generazione di idee e progettazione di concept. Il co-design si riferisce alla creatività dei progettisti e della gente inesperta alla progettazione a lavorare insieme nel processo di sviluppo del design. Bisogna notare che la società moderna (o meglio i designers e gli esperti di marketing) ha etichettato la gente comune come non-creativi, definendoli esclusivamente “consumatori” e “clienti” durante gli anni ’70 in coincidenza con un ottimo periodo di mercato, e “utenti” o “utenti finali” dalla fine degli anni ’80 con l’affermarsi dell’approccio user-centered. In questo modo le persone che usufruiscono del servizio hanno sempre assunto un ruolo minore e di poco valore all’interno di tutto il processo di sviluppo del prodotto. E’ giusto invece riferirsi a

L’evoluzione dell’utente

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loro come persone che sanno pensare e produrre idee. Con il nuovo approccio collaborativo che sta emergendo si invitano le persone che usufruiscono del prodotto o servizio a partecipare alla progettazione, diventando co-creatori che posseggono un proprio know-how unico e pertinente. Sfruttando, così, la creatività collettiva si generano idee e si sviluppano concept che sono le basi di ispirazione al designer per la progettazione di prodotti e servizi innovativi.

1.5 Il ruolo del designer L’evoluzione della ricerca di design, verso un progressivo maggior coinvolgimento degli utenti, sta tutt’ora cambiando la scena della pratica progettuale e in particolare sta avendo un forte impatto sui ruoli degli attori del processo di partecipazione. Nel classico processo di progettazione user-centered, l’utente è un oggetto passivo di studio, e il ricercatore porta la conoscenza dalle teorie e sviluppa ulteriore conoscenza attraverso l’osservazione e le interviste. Il progettista quindi riceve passivamente queste conoscenze sotto forma di una relazione che interpreta e insieme alle sue abilità tecniche e al pensiero creativo genera idee e concept che rispondono alle informazioni così ottenute. Nel co-design, invece, i ruoli si confondono: l’utente nel processo di progettazione mette a disposizione la sua personale esperienza e svolge un ruolo importante nello sviluppo della conoscenza, nella generazione di idee e sviluppo di concept, assumendo il ruolo di co-creatore o meglio di co-designer. Gli utenti così diventano i membri del team di progettazione, il cui grado di coinvolgimento dipende dal livello di esperienza, passione e creatività, ma soprattutto dalla possibilità di poter utilizzate specifici strumenti appositamente progettati per aiutarli ad esprimere le proprie idee, come avviene nel Design Experience. Tutte le persone, come detto, sono creative, ma non tutte allo stesso modo e non tutte le persone diventano designer. Si denotano quattro livelli di creatività6 che si possono presentare nelle esperienze della gente: il fare, l’adattamento, la produzione e la creazione. Sono quattro livelli che variano in termini di quantità di competenze e di interesse necessario. Anche il progettista modifica il suo ruolo: infatti non è più solamente il creatore degli artefatti o l’osservatore delle esperienze (analista), ma diventa, in collaborazione con il ricercatore, l’interprete dei bisogni e dei sogni delle persone. “Nel co-design il ricercatore/designer supporta le persone stimolandone la creatività, la capacità di visione, l’esplicitazione di bisogni inaspettati perché sconosciuti attraverso la messa

6

Vedi tabella II in Sanders Elizabeth B.-N., Stappers Pieter Jan, 2008, Co-creation and the new landscapes of design, pag. 9/16.

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TOP - DOWN

Designer

Prodotto

Utente

Utente

Prodotto

Designer

Prodotto

USER - CENTERED

Designer BOTTOM - UP

Utente CO - CREATION

Designer

Prodotto

Utente

figura 09 - Rappresentazione schematica dell’evoluzione della pratica del design. Da una progettazione incentrata sul prodotto (TOP-DOWN) si è passati a una progettazione incentrata sull’utente (User-Centered Design). Successivamente si è inserito lo studio sull’esperienza dell’utente (BOTTOM-UP) per arrivare ad affermarsi una progettazione che avviene insieme agli utenti destinari del prodotto (Co-CREATION).

a disposizione di conoscenza, punti di vista, così come di strumenti, appositamente progettati per il sostegno all’ideazione, all’espressione, alla visualizzazione.“(Rizzo Francesca, 2009) Attraverso il “generative design thinking” (design generativo) il designer progetta e fornisce gli strumenti e metodi specifici utili per l’ideazione e l’espressione dell’utente nei processi creativi di co-design. Infatti i designers, in collaborazione con i ricercatori, saranno addestrati per andare oltre l’espressione individuale del “visual communication” e impareranno ad essere coinvolti nella creazione e costruzione di strumenti generativi. Spetta ai designers, dunque, portare e diffondere il linguaggio della progettazione agli utenti, che utilizzeranno questi strumenti per esprimersi creativamente. Inoltre essi dovranno svolgere il ruolo di

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facilitatori per offrire esperienze tecniche necessarie ad agevolare le espressioni creative delle persone, coinvolgendo la gente nel processo di sviluppo del prodotto. Infatti disporranno del loro sapere professionale, che gli stakeholders coinvolti non hanno, riguardo le tecnologie nuove ed esistenti, i processi produttivi e i contesti economici (mercato). I progettisti faranno parte anche di gruppi di responsabili per l’analisi e l’interpretazione dei dati, dai quali attraverso un processo di interazione dialogica con il team di progettazione potranno essere utilizzati come fonte di ispirazione e innovazione.

1.6 Gli strumenti di I metodi di ricerca del design tradizionale sono concentrati progettazione partecipata sull’osservazione, cioè guardare ciò che le persone fanno, come

utilizzano un prodotto e sull’ascoltare cosa ci dice e pensa la gente, o meglio ciò che vogliono farci sentire e che riescono esprimere a parole. In particolare sono tecniche utilizzate in tre fasi distinte: • Raccolta dati utente: spesso denominata “analisi dei requisiti”, è il primo passo del processo di progettazione, volto a capire chi saranno gli utilizzatori del prodotto, di cosa hanno bisogno, cosa vogliono, pensano e sognano. Per ottenere questo ci sono molte tecniche come interviste, questionari, osservazioni, focus group. Questa fase permette agli utenti di esprimere al meglio i loro bisogni, idee, frustrazioni e desideri. • Prototipazione rapida: consiste nella generazione di prototipi e modelli a bassa qualità durante le prime fasi di progettazione, utilizzati per testare l’interazione di base e suscitare le reazioni iniziali da parte degli utenti allo scopo di identificare eventuali problemi su cui intervenire. Permette, così, ai progettisti di esplorare simultaneamente la forma (le sue proprietà fisiche e l’aspetto) e l’interattività del prodotto, in modo poi da apportare le dovute modifiche in una fase in cui intervenire sul prodotto non richiede problemi di costo e di non difficile attuazione. • User testing: il prototipo viene provato dall’utente per indagare il livello di interazione (verificare la bontà o meno dell’output del processo) e se questa ha dei problemi. Si identificano i problemi che possono emergere dalla combinazione di forma e interattività. Queste sono tecniche di studio convenzionali incentrate sull’individuazione dei requisiti utente e sull’analisi delle caratteristiche e dei bisogni espliciti degli utenti finali in specifici contesti. Però, le metodologie così descritte, non sono sufficienti

30


ai fini della ricerca, poiché si rivelano inadeguate a comprendere le esperienze delle persone e a produrre creatività. Infatti emerge la necessità di scoprire ciò che la gente sa e pensa per facilitare la comunicazione con loro, in maniera da entrare in empatia, così da rivelare la conoscenza nascosta delle persone. Inoltre queste tecniche convenzionali per quanto riguarda la progettazione di futuri prodotti, offrono solo una vista sulle esperienze attuali e passate della gente, ma forniscono poca presa sul futuro. “Per conoscere eventuali esperienze future, abbiamo bisogno di includere i sogni della gente, le paure, le loro aspirazioni e idee.” (Sanders Elizabeth B.-N., Sleeswijk Visser Froukje, Stappers Pieter Jan, Van Der Lugt Remko, 2005) Di recente con l’inclusione nella pratica di progettazione di altre figure appartenenti alle scienze sociali si sono sviluppati nuovi metodi di ricerca progettuale, rivolta al design partecipativo o meglio al co-design. Il processo di progettazione in questo modo si fonda sulla creatività degli utenti finali che vengono inclusi nel processo di ricerca e progettazione come co-progettisti. In questo contesto emerge la necessità di creazione e applicazione di nuovi strumenti, metodi e metodologie per collegare, innovare, creare, raccontare e condividere i pensieri, i bisogni e le necessità di tutti i tipi di persone: devono essere strumenti utili e utilizzabili in modo che tutti possano diventare dei progettisti, attraverso la provocazione dell’immaginazione, la stimolazione dell’ideazione, la mescolanza delle emozioni e la scoperta di bisogni insoddisfatti e facilitare così la definizione di scenari futuri. Si stanno sviluppando, in questa direzione, strumenti che creano un campo d’azione comune a varie discipline per collegare i pensieri e le idee di persone provenienti da diversi ambiti e con prospettive differenti, facilitando lo scambio di pensieri e idee tra professionisti (che si occupano di prodotti, interfacce, sistemi e spazi) e l’utenza finale. Questi nuovi strumenti, alla base del Design Experience, stanno diventando un nuovo linguaggio per il co-design, finalizzati non alla progettazione estetica formale del prodotto, ma di un’esperienza. Un nuovo linguaggio visivo con cui le persone possono esprimere sentimenti e idee che difficilmente esprimono a parole. E’ una particolare metodologia di tecniche generative che permette alle persone di costruire una visione del contesto, richiamando i loro ricordi del passato e suscitando i loro sogni per il futuro. Per il designer non è possibile progettare un’esperienza ripetibile allo stesso modo nel tempo e nello spazio, infinitamente, visto che si presenta come un momento

Strumenti generativi

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personale, ma come sostiene Elizabeth B.-N. Sanders è possibile crearne le connessioni (corrispondenti agli strumenti) utili alla gente per realizzare le proprie personali esperienze. Per studiare l’esperienza, negli ultimi anni, sono stati sviluppati diversi metodi. Sanders, agli inizi degli anni ’90, ha introdotto alcune tecniche generative al fine di acquisire conoscenze su ciò che le persone sanno, sentono e sognano. Sono strumenti che sono adatti per la fase iniziale del processo di progettazione (fase generativa), in cui emergono le idee e le opportunità necessarie a soddisfare le esigenze degli utenti. Infatti sono strumenti proiettivi che identificano i bisogni e i sogni non ancora conosciuti e definiti dei consumatori/utenti. Le idee e le opportunità così generate tendono a basarsi sulle esperienze personali e non su un oggetto fisico. In questo modo si consente agli utenti di proiettare i propri bisogni e desideri su esperienze immaginate, rivelando la conoscenza latente che difficilmente si riesce ad esprimere e manifestare. I metodi generativi danno forma a questo nuovo linguaggio che consente a tutti i soggetti interessati di contribuire direttamente allo sviluppo di prodotti, beni e servizi. “Con le tecniche generative, i partecipanti sono guidati in piccoli passi a costruire ed esprimere i livelli più profondi di conoscenza circa le loro esperienze.” (Sanders Elizabeth B.-N., Sleeswijk Visser Froukje, Stappers Pieter Jan, Van Der Lugt Remko, 2005) Il principio di base delle tecniche generative è quello di permettere alle persone di fare dei manufatti come disegni, collage e modelli, per poi raccontarne la storia di come sono stati creati. In questo modo il processo creativo permette di accedere ed esprimere le proprie esperienze, oltre a rendere gli utenti consapevoli di queste. La comprensione e interpretazione del racconto, che descrive l’esperienza soggettiva acquisita con gli strumenti generativi, è fonte di ispirazione e generazione di idee utili per i progettisti. “Infatti, adottando il nuovo modo di vedere l’utente, il designer diventa un osservatore che, grazie alla propria sensibilità ed alle proprie specifiche competenze, deve saper interpretare il racconto attivo delle persone. Deve cioè saper riconoscere i significati delle loro azioni e delle loro relazioni con le cose e con i luoghi di cui quelle persone hanno fatto e fanno esperienza.” (Rizzo Francesca, 2009) Tutto questo, inoltre, comporta il racconto di emozioni, sentimenti, stati d’animo che permette di entrate in sintonia o meglio in empatia con le persone che raccontano l’esperienza.

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Elizabeth B.-N. Sanders sostiene che per riuscire a coinvolgere le persone comuni nel processo di sviluppo di progettazione, così da poter comprendere l’esperienza utente e ottenere un insieme di fonti di dati diversi, è necessario: • ascoltare quello che dice la gente interpretando ciò che pensano; • guardare cosa fanno e cosa utilizzano le persone; • scoprire ciò che la gente sa; • comprendere cosa sentono le persone; • far evocare i sogni alle persone, e quando questo avviene, dar loro strumenti con cui possono creare ed esprimere le proprie idee. Per ottenere questo c’è bisogno di strumenti progettati su misura per aiutare le persone a comunicare le loro esperienze ai ricercatori e ai progettisti. Gli studi avanzati da Sanders si concretizzano nella metodologia denominata “Say, Do, Make”, utilizzata al Sonic Rim7, che permette di acquisire informazioni da ciò che le persone dicono, quello che fanno e quello che si aspettano per il futuro, formando una comprensione dell’esperienza utente quanto più completa possibile. In questa

1.7 ll modello Sonic Rim

DESIGN EXPERIENCE

MAKE

SAY dati verbali

DO dati sul comportamento

7

dati sulle emozioni e sui sogni figura 10 - La metodologia denominata “Say, Do, Make” è alla base del Design Experience che prevede la produzione di esperienze utili agli utenti per esprimere i loro pensieri.

http://sonicrim.com/

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maniera per il designer è più semplice relazionarsi con le persone e capire le loro esperienze che normalmente hanno caratteristiche diverse dal team di progettazione. I progettisti devono per cui diventare sempre più consapevoli dell’esperienza e dell’emozioni dell’utente, oltre della situazione di utilizzo del prodotto e le relative influenze sociali e culturali. Questo metodo include lavori di collage, attività di gruppo, video diari, velcro modelling e altri strumenti che facilitano l’espressione dei sogni, pensieri, sentimenti desideri, speranze e bisogni dell’utente, focalizzandosi su ciò che le persone dicono, fanno, e creano dai toolkit di cui vengono forniti. “Utilizzando questo modello, il team di progettazione può ottenere una comprensione più completa del cliente attraverso ciò che dice a riguardo, come si comporta e come esprime i propri sogni attraverso il fare le cose.” (Arnold James,Strouse Robert, 2010) I metodi indicati come “SAY” sono radicati nella comunicazione verbale e sono utilizzati in situazioni come focus group, interviste e questionari. Sono quelli rappresentativi della ricerca di mercato delle aziende, e sono utili per farsi un’idea di quello che gli utenti possono e vogliono dire a parole, ma rimangono limitati poiché non permettono di capire i bisogni insoddisfatti e i sogni della gente. I metodi definiti “DO” si basano sull’esperienza etnografica osservando in maniera diretta o indiretta (registri, diari) cosa fanno figura 11 - Schema descrittivo della metodologia “Say, Do, Make” secondo Sanders Elizabeth B.-N..

what people:

techniques:

SAY

say think

interviews

DO

do use

observation

MAKE

know feel dream

34

generative session

knowledge:

explicit observe

tacit latent


le persone. Tali metodi forniscono anche molte informazioni sui comportamenti, ma spesso non permettono l’accesso agli aspetti motivazionali ed emozionali delle persone. I metodi denominati “MAKE” sono invece quelli basati sulla partecipazione e permettono di suscitare l’espressione creativa dalle persone comuni, attraverso stimoli visivi ambigui con cui lavorare. L’ambiguità stimola un’interpretazione sempre diversa e consente l’attivazione di ricordi e sensazioni diverse per ogni persona. La natura visuale invece libera la creatività delle persone oltre i confini dell’espressione verbale. Con questi è possibile così, ricavare dati sulle emozioni e sui sogni. Studiando contemporaneamente le tre prospettive, cosa le persone dicono (Say), fanno (Do) e quello che creano o producono (Make) è possibile comprendere e stabilire facilmente un rapporto di empatia con le persone che utilizzano tali strumenti. “Quando si portano queste persone attraverso una scoperta guidata e si forniscono loro gli strumenti generativi, si è preparato il terreno perché loro possano esprimere le proprie idee creative.” (Sanders Elizabeth B.-N., Stappers Pieter Jan, 2003) Di seguito vengono presentate alcune schede relative a strumenti della metodologia Make che consentono ai partecipanti di usare la loro creatività naturale per esprimere le loro idee. Queste metodologie si suddividono in strumenti di pre-meeting da usare prima di una sessione di gruppo per facilitare l’immersione, strumenti per l’attivazione di memorie ed esprimere emozioni, strumenti per la mappatura dei processi e delle routine, e strumenti per bisociazione e di espressione di idee e di ideali. La serie di strumenti possibili è illimitato, ma bisogna sottolineare il fatto che gli strumenti di ricerca esperienziale non sono “one size fits all”, ma si dovrebbero realizzare ad hoc per ogni progetto. Si può puoi sottolineare un’altra distinzione tra gli strumenti utilizzati. Da un parte ci sono Toolkit Cognitivi in cui le persone producono dei manufatti, come collage o diari che mostrano o raccontano storie e sogni. Dall’altra ci sono i Toolkit Emotivi che si rivelano molto efficaci per accedere agli stati emotivi e ai sentimenti inespressi della gente. “Con questi strumenti le persone creano artefatti come mappe, modelli tridimensionali, diagrammi di relazioni e di flusso dei processi, i quali poi vengono presentati descrivendone la storia. Le storie associate ai manufatti rivelano sentimenti, sogni, paure e aspirazioni e dicono come la gente capisce o fraintende le cose, eventi e luoghi.” (Sanders Elizabeth B.-N., 2002)

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Strumenti immersivi Pre-Meeting (strumenti di sensibilizzazione)

“Sensibilizzare è un processo in cui vengono attivati i partecipanti, incoraggiati e motivati a pensare, riflettere, stupirsi ed esplorare gli aspetti del loro contesto personale.” (Sanders Elizabeth B.-N., Sleeswijk Visser Froukje, Stappers Pieter Jan, Van Der Lugt Remko, 2005) Prima di una riunione di gruppo, per migliorare la qualità dell’incontro, è bene inviare ai partecipanti un “pacchetto sensibilizzante” costituito da piccole attività o esercizi che permettono la riflessione sulle questioni da discutere e sulle proprie esperienze. Sono per lo più strumenti di auto-narrazione in cui l’utente tiene traccia delle proprie attività e della propria vita quotidiana attraverso diari, storie visive (diari con l’aggiunta di foto) o attraverso strumenti più strutturati quali ad esempio le cosiddette cultural probes. Queste ultime sono dei pacchetti di materiale fornito agli utenti utili a testimoniare, su diversi formati e supporti, la loro vita quotidiana e il loro ambiente, considerando sia l’aspetto fisico che percettivo. Si parte dal presupposto che l’utente sia disposto ad agire attivamente auto-documentandosi. Le probes sono uno strumento progettato dal team di design “per consentire all’utente di registrare dati, fatti, avvenimenti necessari alla documentazione di quando gli accade quotidianamente o di quanto osserva accadere nel conteso in cui è immerso.” (Rizzo Francesca, 2009) Lo scopo di questo strumento è quello di creare un sistema di dialogo tra il designer e gli utenti e creare uno stato di empatia, così da permettere alle persone di comunicare le proprie esperienze ed emozioni e ai progettisti di mettersi nei panni dell’utente. I toolkits di sensibilizzazione vengono poi usati

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dai partecipanti come riferimento per le fasi di racconto, di interviste o per le sessioni di gruppo. Infatti gli esercizi assegnati suscitano storie, indizi e pensieri, creando così molte informazioni su esperienze personali che forniscono un’interessante ispirazione visiva per i progettisti. Ai partecipanti si presentano come attività da svolgere nel loro tempo libero e nel loro ambiente quotidiano, in modo da farli sentire liberi e rilassati così da permettergli di prestare attenzione ai loro sentimenti, atteggiamenti e alla propria routine. Questi pacchetti devono avere contemporaneamente carattere ludico e professionale. Infatti devono suscitare divertimento nell’utilizzo incoraggiando i partecipanti a riflettere e ascoltare i propri pensieri e sogni. Però, viene associato anche un aspetto professionale in modo che i partecipanti si sentano presi sul serio e ci sia la necessità di rispondere in qualità di esperti sulle loro esperienze. Di solito le attività di sensibilizzazione non puntano ad avere risposte specifiche, ma sono esercizi provocatori di ispirazione, lasciando anche ai partecipanti di prendere l’iniziativa perpoter esprimere i loro ricordi, le loro opinioni e i loro sogni attorno al tema centrale dello studio. Lavorando sui pacchetti 5-10 minuti al giorno, per pochi giorni, stimolando la riflessione, la gente diventa più consapevole delle proprie esperienze.


D01

D02

CARTOLINE

FOTOCAMERA USA E GETTA

Ai partecipanti possono essere inviate cartoline prestampate contenenti una domanda o un esercizio da svolgere. Il partecipante dopo aver risposto o eseguito il compito riinvia al mittente la cartolina. Questa è una tecnica divertente e chiede il minimo sforzo da parte del partecipante. La sorpresa di ottenere la cartolina richiama l’attenzione verso l’oggetto dello studio in modo giocoso e coinvolgente.

L’uso di una macchina fotografica usa e getta permette ai partecipanti di documentare le loro esperienze e di registrare immagini relative alle cose presenti nel loro ambiente o quelle cose che gli interessano per qualche ragione, scrivendo su ognuna un commento. Le persone sono invitate a documentare aspetti specifici della loro vita per poi allegarli alle cartelle di lavoro o al diario mostrando così quello che fanno quotidianamente. Questa tecnica offre un valore aggiunto all’analisi poichè, oltre a dare molta libertà alla persona, come dice un proverbio “una foto può valere più di mille parole”. L’ideale è usare la Polaroid che permette una stampa istantanea dando l’opportunità di scriverci immediatamente un breve commento sopra.

Categoria: Sensibilizzazione Tipologia: Strumento cognitivo

Categoria: Sensibilizzazione Tipologia: Strumento per mappatura

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D03

D04

WORKBOOK

DAY IN MY LIFE

Il workbook (cartella lavoro) è un libretto contenente diversi tipi di domande, relative ad informazioni demografiche, e sulle cose che la gente possiede e utilizza. Ciò consente di conoscere i dettagli delle persone che non hanno il tempo per partecipare ad una riunione conoscitiva. In questo strumento possono essere inclusi esercizi manuali, come fare disegni o schemi. Per rendere più facile alle persone di esprimere se stessi, spesso sono inclusi piccoli adesivi utili come punti di partenza per manifestare i pensieri e sentimenti.

Day in my life è’ un esercizio che aiuta le persone a registrare e riflettere sulle loro attività quotidiane. Infatti con questa tecnica le persone sono invitate a delineare la loro giornata tipo, sia negli aspetti specifici che generali. Questo esercizio permette ai partecipanti di spiegare le loro esperienze e le emozioni ad esse connesse e di identificare le opportunità per nuove idee.

Categoria: Sensibilizzazione Tipologia: Strumento di attivazione

Categoria: Sensibilizzazione Tipologia: Strumento per ricordare


D05 DIARIO

Un diario (personal-card-set) è come una cartella di lavoro, ma si concentra sul chiedere ai partecipanti di fare, scrivere o disegnare qualcosa ogni giorno. Ciò permette di registrare ciò che viene fatto nella quotidianità e che normalmente è dato per scontato. In altre parole nel diario le persone annotano osservazioni sul proprio comportamento durante la giornata nelle varie attività svolte a casa e al lavoro.

Categoria: Sensibilizzazione Tipologia: Strumento per mappatura

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Strumenti per incontri di gruppo (strumenti generativi)

Successivamente alla fase di sensibilizzazione avviene un incontro, una sessione di gruppo in cui i partecipanti fanno esercizi generativi, che permettono di utilizzare la loro precedente immersione al fine di stimolare l’esplorazione creativa. In questa sessione, che dura mediamente un paio d’ore, i partecipanti si riuniscono per condividere le loro esperienze ed esprimere i propri saperi e sentimenti. Per arrivare a questo i partecipanti ricevono alcuni strumenti, descritti di seguito, insieme a componenti generici quali penne colorate, pennarelli, colla e forbici. Ogni partecipante poi presenterà la storia del proprio manufatto agli altri componenti del gruppo in 15-20 minuti, così da rivelare i bisogni insoddisfatti e le aspirazioni per il futuro. Alla fine della spiegazione dei manufatti creati avviene una discussione di gruppo in cui possono emergere molti possibili spunti progettuali. Infatti i manufatti creati dai partecipanti contengono molte storie e aneddoti legati al tema. Tutto il processo è guidato da facilitatori che hanno il compito di coinvolgere il lato emotivo dei partecipanti e lasciare libertà all’espressione dei pensieri e delle esperienze della gente.

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D06

D07

COLLAGES

COGNITIVE MAPPING

Il collage permette alle persone di articolare esperienze attraverso le immagini e le parole. Questo è ideale per l’attivazione di sentimenti, ricordi e sogni. Il “kit stimolante” non dovrebbe avere elementi definiti con troppa precisione, ma è meglio che siano abbastanza ambigui di significato per permettere ai partecipanti di imporre la propria interpretazione e così facilitare la propria espressione creativa. Un rischio riscontrato è che le persone nella ricerca, a volte si deconcentrano sfogliando i giornali e leggendo gli articoli. Questa tecnica è particolarmente adatta per accedere alla memoria e a scatenare risposte emotive dalle persone.

La mappatura cognitiva (formalmente simile al collage) è uno strumento utile alle persone per restituire su carta tutti i processi e gli eventi utili alla loro comprensione dell’oggetto di studio. Il toolkit comprende un manifesto su cui è possibile disegnare e scrivere, e delle forme simboliche, che possono essere utilizzate per mappare le connessioni, i gruppi o le gerarchie di concetti. Sono forme che riprendono elementi comuni a tutti (casa, sole, nuvole, mani, cerchi, ecc.) usati metaforicamente o per rappresentare ciò che mostrano. Questo strumento permette alle persone di esprimere e sviluppare le bisociazione dei propri processi di pensiero, semplificando la spiegazione di concetti complessi.

Categoria: Generativo Tipologia: Strumento di attivazione

Categoria: Generativo Tipologia: Strumento per bisociazione

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D09

SCENARIO

STORYTELLING

“La costruzione di scenari è uno strumento che consente di passare da una fase di analisi delle informazioni ad una fase di proposizione di traiettorie pre-progettuali.” (Cautela Cabirio, 2007) Consiste in una rappresentazione sintetica, che può avvenire in varie forme (testo, storyboard, schizzi, riprese video, ecc), di idee e informazioni relative ad un tema specifico. In questo modo è possibile mettere in evidenza possibili visioni di riferimento, intese come contesti e situazioni d’uso, relazioni utentiprodotti, significati e sensi associati all’utilizzo di un prodotto/servizio. Usando questo strumento i progettisti e gli utenti vengono stimolati a porsi nuove domande, a dialogare e a scoprire nuove opportunità.

Sono racconti creati per descrivere una situazione d’uso specifica utilizzando un linguaggio semplice e comprensibile, utili anche per la preparazione di storyboard illustrati. Le storie non sono troppo specifiche, ma lasciano alcuni “vuoti” colmati dai suggerimenti e dalle riflessioni degli utenti, lasciando spazio alle dimensioni emotive, percettive, simboliche stimolando così la creatività e il pensiero divergente.

Categoria: Generativo Tipologia: Strumento per bisociazione

Categoria: Generativo Tipologia: Strumento di attivazione


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D11

VELCRO MODELING

METHOD CARDS

Il Velcro Modeling è uno strumento che consente agli utente di creare facilmente modelli tridimensionali a bassa qualità. E’ un kit costituito da un elemento base rivestito in velcro a cui è possibile attaccate diversi elementi di varie forme (pulsanti, ecc.). Questo strumento permette la creazione di forme astratte, ma corrispondenti a forme reali senza però essere sovraccaricate di specifici dettagli sensoriali (colore, materiali, esatte dimensioni), che sono appropriate per una fase successiva di perfezionamento del prototipo. Il Velcro Modeling è volutamente semplice e astratto per incoraggiare la libera espressione creativa senza dover essere guidati verso soluzioni preconcette, così da dare forma ai propri bisogni insoddisfatti.

Le method cards sono delle carte, con contenuti molto eterogenei (attività, suggerimenti, quesiti, ecc.), usate come supporto materiale, utile a stimolare ed alimentare le dinamiche interattive e di scambio nel gruppo. “Ogni carta contiene un suggerimento, un disegno, una foto, la descrizione di uno strumento o di un’attività da svolgere per trovare nuovi spunti, per riflettere su una serie di criticità legate ad una situazioni d’uso.” (Cautela Cabirio, 2007) Interessante è il lavoro svolto dall’Ideo, che utilizza un mazzo di 51 carte divise in quattro grandi categorie (learn, look, ask e try), come veloce riferimento per spiegare ed esemplificare i metodi di ricerca utilizzati e per stimolare un approccio più casuale durante i workshop con gli utenti.

Categoria: Generativo Tipologia: Strumento cognitivo

Categoria: Generativo Tipologia: Strumento di attivazione

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Strumenti di analisi e di comunicazione

Tutte le attività svolte negli incontri di gruppo, nelle osservazioni e nelle interviste generalmente vengono documentate attraverso annotazioni, schizzi, fotografie, registrazioni audio e video. Questo avviene per permettere una successiva analisi più attenta riguardo l’attività della persona studiata. I risultati ottenuti sono costituiti da una moltitudine di indizi frammentari e indicazioni sulla vita delle persone. I dati sono molteplici e di vario tipo, e affrontano questioni sia funzionali che affettivi, sia generali che personali, sia oggettive che soggettive. “Lo studio non ha lo scopo di sostenere o respingere ipotesi esistenti, ma di esplorare il contesto, scoprire direzioni inaspettate, e ampliare la visione del team di progettazione.” (Sanders Elizabeth B.-N., Sleeswijk Visser Froukje, Stappers Pieter Jan, Van Der Lugt Remko, 2005) I risultati della ricerca non vengono raccolti in un unico documento finale, ma attraverso l’uso di testi, schemi e illustrazioni è possibile esplorare i temi e le osservazioni utili al team di progettazione. Tra le tecniche più usate per ottenere buoni risultati si possono citare le strutture narrative, come personas, storyboard, scenari o script. Questi ritraggono elementi di persone “reali” e sono efficaci per stimolare i progettisti e per farli entrare in empatia con le persone ritratte. Le informazioni possono essere usate in più fasi del processo e inoltre devono favorire la comunicazione fra tutti i membri del team multidisciplinare.

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PERSONAS

STORYBOARD

Profili utente o personas sono storie campione su utenti rappresentativi con caratteristiche di gruppi sociali reali, descritti sia a livello di attributi socio-demografi (sesso, età, occupazione, ecc.) che su aspetti qualitativi, come le abilità, motivazioni, bisogni e i desideri.

Questo strumento permette di comprendere il sistema che si sta analizzando. Infatti consiste in una descrizione lineare, rappresentata attraverso una serie di disegni e immagini, di una situazione d’uso che si vuole delineare, esplicitando la visualizzazione dell’interazione tra prodotto/servizio, contesto d’uso e utente. Le immagini in sequenza illustrano nel dettaglio ogni singola “scena” delle attività relative ad un processo di uso e/o di acquisto di un determinato prodotto o servizio.

Categoria: Analisi e comunicazione Tipologia: Strumento per mappatura

Categoria: Analisi e comunicazione Tipologia: Strumento per bisociazione

DESIGN E PARTECIPAZIONE |45


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D14

D15

SCENARIO

PROTOTIPO O MODELLO

“La costruzione di scenari è uno strumento che consente di passare da una fase di analisi delle informazioni ad una fase di proposizione di traiettorie pre-progettuali.” (Cautela Cabirio, 2007) Consiste in una rappresentazione sintetica, che può avvenire in varie forme (testo, storyboard, schizzi, riprese video, ecc), di idee e informazioni relative ad un tema specifico. In questo modo è possibile mettere in evidenza possibili visioni di riferimento, intese come contesti e situazioni d’uso, relazioni utentiprodotti, significati e sensi associati all’utilizzo di un prodotto o servizio. Usando questo strumento i progettisti e gli utenti vengono stimolati a porsi nuove domande, a dialogare e a scoprire nuove opportunità.

I modelli rappresentano concretamente gli aspetti principali che contraddistinguono il progetto, così da comprendere gli aspetti fisici e vedere i primi approcci di interazione. Spesso se si è in fasi iniziali del processo, il modello ha una scarsa qualità così da permettere semplici e veloci accorgimenti senza avere grosse perdite di tempo e denaro.

Categoria: Analisi e comunicazione Tipologia: Strumento per bisociazione

Categoria: Analisi e comunicazione Tipologia: Strumento cognitivo




LA PARTECIPAZIONE 2.1 Una nuova democrazia 2.2 La forza dei cittadini 2.3 I pro e contro della partecipazione 2.4 Nuovo governo del territorio 2.5 Il sistema urbano 2.6 I soggetti della partecipazione 2.6.1 La pubblica amministrazione 2.6.2 I professionisti 2.6.3 La cittadinanza 2.7 I luoghi della partecipazione 2.7.1 Lo spazio reale 2.7.2 Lo spazio virtuale 2.7.3 Tra reale e virtuale

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“In una società moderna, gran parte delle più importanti decisioni attinenti la qualità della nostra vita, e persino la nostra stessa sopravvivenza, sono prese da altri.” Axelrod Robert, in Chiapponi Medardo, 1989

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2. LA PARTECIPAZIONE

Nel capitolo precedente ho evidenziato come nel design l’utente ha progressivamente acquistato la sua importanza, fino a conseguire la possibilità di partecipare attivamente al processo di progettazione. In questo modo si è sviluppato il concetto di partecipazione dell’utente nelle fasi di progettazione, poiché essendo l’utilizzatore finale, ha la conoscenza per ottenere ciò di cui ha proprio bisogno. Allo stesso modo per la definizione del territorio urbano è giusto far intervenire anche i cittadini, poiché sono loro che risentono delle modificazioni pianificate dall’amministrazione nel territorio in cui vivono. In questo contesto la partecipazione è intesa come il coinvolgimento consapevole, diretto e responsabile dei cittadini alle decisioni che condizionano il presente e il futuro del modello di città che si vuole realizzare, considerando la complessità della vita urbana contemporanea. Il concetto di partecipazione all’interno dell’ambito della pianificazione e progettazione del territorio si afferma in seguito a studi volti a risolvere una problematica che negli ultimi anni, soprattutto nel contesto contemporaneo dell’Europa Occidentale, si è fortemente articolata fino ad arrivare al centro di discussioni in varie discipline. E’ la “crisi della democrazia” o detta in altri termini la “crisi del sistema di rappresentanza”, intesa come quel dispositivo e meccanismo istituzionale che unifica ed esprime la volontà popolare. Infatti, si sta verificando una scarsa soddisfazione da parte dei cittadini nei confronti delle scelte politiche effettuate dai rappresentanti votati, creando così una situazione di massima astensione al voto e di massimo senso di cinismo verso la politica in generale. Gli eventi verificatesi negli ultimi vent’anni hanno portato delle profonde trasformazioni che hanno investito e coinvolto gli aspetti economici, tecnologici, antropologici, demografici,

2.1 Una nuova democrazia

LA PARTECIPAZIONE | 51


La governance

comunicativi, culturali, sociali e civili delle società occidentali contemporanee. Questi fattori hanno creato al governo delle difficoltà nella gestione degli attuali sistemi politico-amministrativi, economici e sociali, creando la necessità di strutturare nuove forme di coordinamento tra istituzioni, livelli territoriali e soggetti diversi. Infatti, è difficile per l’amministrazione, formalmente responsabile della “produzione del progetto pubblico”, identificare e soddisfare, in senso generale e in modo unitario e attraverso azioni appropriate, interessi, bisogni, problemi e soluzioni collettive. Si nota facilmente che gli approcci normativi e burocratici rivolti a rispondere alle esigenze della collettività, a cui fa riferimento, si rivelano spesso insufficienti e inadeguati. La questione è ormai presente in maniera forte in molti Paesi e non è facile definirla in modo chiaro e semplice, ma è condivisa l’idea che per attenuare e risolvere il problema è necessario andare oltre la democrazia rappresentativa tradizionale (nei suoi aspetti istituzionali), attraverso innesti, spesso sperimentali ed effimeri, di forme di democrazia diretta. Come sostiene Ginsborg: “La democrazia rappresentativa non può essere sostituita, ma affiancata da quella diretta” (Castelli Giordana, 2005), per cui occorre prendere in considerazione la domanda che viene “dal basso” della società civile e quindi avviare forme di collaborazione virtuosa tra governanti delegati e tutti coloro che vivono e abitano il Paese. Si passa dunque, dal concetto di “government”8 legato a forme tradizionali di decisioni pubbliche, verso una forma di “governance”9, caratterizzata da nuove relazioni e procedure decisionali, in cui i ruoli dei vari attori sono più articolati, coordinati, co-responsabili e in rete. Dal punto di vista lessicale il termine governance esiste già nella lingua inglese e francese ed è considerato come l’azione, l’atto di governare; ma nella nuova concezione si configura come uno strumento per accrescere il livello democratico di una società secondo un approccio partecipativo alla democrazia. Infatti, partendo dall’idea di una re-distribuzione del potere fra i vari livelli territoriali e di competenze fra stato, mercato e società civile, l’attivazione di un processo decisionale partecipato offre importanti opportunità di sviluppo del capitale sociale e di innovazione qualitativa della democrazia nelle comunità locali. In questo modo permette l’apprendimento a nuove modalità di confronto con i cittadini, l’interazione con nuovi e diversi soggetti all’insegna dell’interdisciplinarità, il dialogo fra prospettive teoriche differenti, la cooperazione e una maggiore inclusione sociale intersettoriale. Le nuove metodologie e tecniche di

8 Le autorità e le istituzioni pubbliche, in virtù di un potere legittimo esercitato secondo le forme previste dalle costituzioni e dalle leggi, svolgono tutte le attività di governo. 9 Una politica che prevede nuove modalità nei processi di coalizione ed elaborazione di progetti collettivi attraverso la mobilitazione di gruppi sociali, di istituzioni, di attori pubblici e privati, garantendo così i principi democratici.

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GOVERNANCE

sussidiarietà (declinazione delle decisioni a più livelli)

trasparenza dell’informazione pubblica

coinvolgimento e partecipazione

figura 12 - La governance punta alla trasparenza dell’informazione pubblica, alla declinazione delle decisioni a più livelli e a coinvolgere i cittadini nelle decisioni pubbliche.

partecipazione (alcuni conformi alla normativa), consentono di affrontare decisioni pubbliche in modo più coinvolgente, efficace e rappresentativo, in alcuni casi anche grazie al supporto di nuovi strumenti di comunicazione interattivi e delle nuove tecnologie digitali (e-democracy10). In questa maniera si riesce così a mantenere l’ordine pubblico e a facilitare l’azione collettiva in modo da consentire nuove modalità di coordinazione sociale ed economica che permettono il superamento della prospettiva meramente istituzionale del controllo gerarchico. Il modello di democrazia presente deve, per cui, associarsi con un’altra democrazia che è quella della partecipazione. Partecipazione non intesa esclusivamente come presenza fisica, ma che si deve esercitare attraverso una forma attiva nel processo decisionale. Devono essere introdotte nuove modalità di informazione, ascolto, confronto e presa alla decisione maggiormente coinvolgenti e responsabilizzanti, al fine di avere decisioni pubbliche migliori e più efficaci, per una democrazia e una pubblica amministrazione più matura e moderna. Gli amministratori non devono limitarsi ad ascoltare o ringraziare, ma devono coinvolgere direttamente i partecipanti nei processi decisionali. In questo modo è possibile creare una cittadinanza cosciente, che possa comprendere i problemi che la circondano e decidere in un modo o in un altro, per conto loro, informati, perché sono stati coinvolti e non esclusi. Diventa necessario, dunque, progettare nuovi dispostivi di partecipazione che

10

Vedi capitolo 2.7.2.

LA PARTECIPAZIONE | 53


permettano di ribaltare il paradigma attraverso azioni multiattoriali che perseguano obiettivi di modernizzazione e conseguente miglioramento della qualità della vita.

2.2 La forza dei cittadini Sono presenti diversi modi di intendere la partecipazione

figura 13 - Schema sulla differenza tra sussidiarietà verticale caratterizzata da contrasti con i cittadini e la nuova sussidiarietà orizzontale in cui viene incentivata la collaborazione tra amministrazione e cittadini.

sfruttando i principi messi a disposizione dal sistema democratico vigente. Si può dare il proprio voto ad un individuo di cui si condividono le idee, oppure si può decidere di autocandidarsi, o invece si può cercare un’interazione con chi ha delle conoscenze e responsabilità politiche (associazioni, movimenti, ecc.). Poi si può presentare negli individui anche un atteggiamento passivo e indifferente, dovuto dal non sentirsi rappresentato dal sistema elettorale oppure per pigrizia. A volte, invece, vengono avanzate risposte radicali di opposizione e contrasto, che spesso portano ad una situazione di stallo e di insoddisfazione generale. Il modello tradizionale di amministrazione, caratterizzato da un sistema monodirezionale, definito di sussidiarietà verticale, ha creato una situazione bipolare in cui, in termini di collaborazione e interesse generale, amministrazioni e cittadini sono in poli opposti, spesso in conflitto, né convergenti né contrastanti, ma in contrapposizione, a causa della superiorità di uno sull’altro, basata sulla diffidenza reciproca. Questo modello ipotizza che i privati si preoccupino solo dei propri interessi (nei limiti imposti dalla legge), per cui solo le istituzioni pubbliche sono in grado di tutelare l’interesse generale. Dunque, dagli anni Novanta, in Italia, per salvaguardare i privati dall’esercizio del potere amministrativo sono stati emessi dei principi che permettessero un cambiamento del rapporto tra amministrazione e cittadini, in

SUSSIDIARIETA’ VERTICALE

Amministrazione

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SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE

Cittadini

Amministrazione

Cittadini


modo da creare una situazione più di collaborazione e meno di contrasto, puntando alla creazione di alleanze, a tutti i livelli ed in tutti i settori, per risolvere i problemi sempre più complessi della società contemporanea. I più significativi sono: • il principio di trasparenza, emerso dalla legge 241/1990 che delinea nuove norme in materia di procedimento amministrativo e l’accesso, da parte dei cittadini, dei documenti amministrativi, condividendo così il proprio patrimonio di informazioni; • il principio di partecipazione, intesa come partecipazione dei cittadini non limitata alla discussione dei problemi, ma coinvolgendoli alla ricerca di soluzioni pratiche, spesso trovando risposte originali; • il principio di autonomia e responsabilità, che tracciano nuove norme procedurali, eliminando inutili passaggi e controlli ridondanti per una burocrazia più semplice e rendendo i rapporti tra cittadini e amministrazioni più aperti e informali. Un ulteriore passo in avanti verso un nuovo rapporto tra amministrazioni e cittadini, per superare la contrapposizione pubblico-privato, si è concretizzata con la revisione costituzionale del 2001, che ha introdotto il principio di sussidiarietà orizzontale. L’art. 118, ultimo comma dice: “Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.” Questa nuova norma costituzionale, “riconoscendo che i cittadini sono in grado di attivarsi autonomamente nell’interesse generale e disponendo che le istituzioni debbano sostenerne gli sforzi in tal senso, conferma appunto che le persone hanno delle capacità e che possono essere disposte ad utilizzarle per risolvere non solo i loro problemi, ma anche quelli riguardanti la collettività”. (Arena Gregorio, 2006) Utilizzando questo nuovo principio costituzionale si può passare dal ruolo passivo di utenti di servizi pubblici (amministrato) a quello di cittadino attivo, che insieme alle istituzioni, si prende cura dei beni comuni quali il territorio, l’ambiente, l’acqua, l’aria, la sicurezza, la fiducia nei rapporti sociali, la legalità, i diritti dell’uomo, la salute, l’istruzione, i beni culturali, i servizi pubblici, la regolazione del mercato, le infrastrutture e altri. Le amministrazioni non hanno più il “monopolio” della tutela dell’interesse pubblico, ma si ritrovano in una situazione di alleanza con i cittadini, mantenendo comunque distinti i ruoli come le responsabilità.

La sussidiarietà orizzontale

LA PARTECIPAZIONE | 55


La parola della legge

In questo modello di amministrazione condivisa, cittadini attivi e amministrazioni stabiliscono rapporti (anche duraturi nel tempo) fondati sulla collaborazione e l’integrazione, seguendo il principio che considera tutti come portatori di risorse, ognuno secondo le proprie capacità e possibilità. Questa collaborazione può realizzarsi ad opera dell’amministrazione, che sollecita, attraverso un comportamento propositivo, i cittadini a valutare i problemi di interesse generale e a formulare proposte di miglioramento; oppure per iniziativa dei cittadini, che grazie agli strumenti legislativi emessi, si attivano nell’affrontare i problemi della collettività, assumendosi in piena autonomia, senza che la pubblica amministrazione li autorizzi a farlo, ulteriori doveri e responsabilità rispetto a quelli che comporta normalmente lo status di cittadino. Questa autonomia è legittimata dall’art. 5 della Costituzione che recita: “La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.” (Arena Gregorio, 2006) Inoltre secondo il D.Lg n. 267/2000 art. 3, 5° c. “I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali”. (Arena Gregorio, 2006) Per rafforzare l’alleanza fra soggetti pubblici e cittadini attivi e realizzare il principio di uguaglianza, la costituzione, come dimostrato, mette a disposizione strumenti legislativi atti a indurre le amministrazioni a considerare i cittadini non portatori di problemi, ma piuttosto come degli alleati nelle complesse sfide della quotidianità. Oltre al livello nazionale, sono previsti incentivi promossi dall’Unione Europea che hanno l’obiettivo di diffondere la democrazia partecipativa. Un esempio è la direttiva 35/2003/ CE del Parlamento Europeo che prevede il coinvolgimento totale della cittadinanza a contribuire alla realizzazione dei processi decisionali su piani e programmi ambientali.

2.3 I pro e contro della Nel corso del processo di partecipazione i cittadini coinvolti partecipazione acquisiscono, attraverso un apprendimento reciproco, delle

conoscenze e competenze riguardo i contenuti tecnici, normativi e amministrativi. Inoltre questi processi contribuiscono allo sviluppo individuale educativo e culturale poiché fanno emergere l’autostima personale, la consapevolezza delle proprie capacità, la responsabilizzazione su diverse questioni e la collaborazione con gli altri attori coinvolti: per cui i partecipanti devono saper

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nuove relazioni

empowerment

sostenibilità

dialogo

figura 14 - I processi di partecipazione portano a molti vantaggi, creando nuove situazioni di dialogo e interazione tra persone differenti che così possono sviluppare il proprio empowerment.

ascoltare, interpretare input ed emozioni riuscendo così anche a gestire in modo creativo i conflitti che si possono presentare e devono acquisire delle particolari competenze e valori civici che accrescono la cultura e l’esperienza personale. Queste proprietà, acquisite di potenziamento delle capacità del singolo o del gruppo all’interno del processo di partecipazione, vengono indicate e raggruppate con il termine empowerment. In particolare, sotto l’aspetto culturale, la partecipazione contribuisce a creare consenso e a migliorare l’articolazione dei processi decisionali a livello locale (attuando i principi della sussidiarietà orizzontale). Permette di far vivere l’approccio del “pensare globalmente, agire localmente” ampliando la conoscenza dei temi oggetto di discussione e delle loro implicazioni pratiche. Inoltre contribuisce ad investire sul capitale umano-sociale di una comunità locale, promuovendo una maggiore informazione, educazione, formazione e conseguente consapevolezza degli attori coinvolti sui problemi e sulle possibili soluzioni in un’ottica di sviluppo sostenibile. Sul piano relazionale crea un senso di identità, appartenenza e co-responsabilità dei cittadini verso la loro comunità favorendo un maggiore dialogo ed empatia tra gli attori e, di conseguenza, una maggiore legittimazione e fiducia. Al livello organizzativo-gestionale, stimola lo sviluppo delle capacità, competenze e conoscenze delle persone coinvolte per promuovere e gestire progetti autonomamente. Rinforza la consapevolezza sulla complessità e le implicazioni da considerare nel governo della comunità locale, sulle relazioni tra aspetti economici, sociali ed ambientali e contribuisce a prevenire futuri conflitti. Rende il percorso più rapido, evidenziando gli aspetti prioritari su cui concentrare le

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risorse. Inoltre sul piano professionale introduce strumenti e modalità di aggiornamento professionale sull’organizzazione del lavoro, qualifica competenze e risorse umane interne e offre occasioni di creazione di lavoro per le nuove generazioni per l’animazione di percorsi partecipati. L’empowerment, non va confuso però in quei casi in cui, non sono presenti le istituzioni, ma emergono spontaneamente iniziative “dal basso” di volontariato e solidarietà. L’attitudine al “fai da te” dei cittadini è un carattere positivo, una preziosa e fertile risorsa territoriale sia a livello sociale che spaziale, ma in assenza di una regia pubblica c’è il rischio che le ottime intenzioni messe in atto portino a realizzare soluzioni progettuali autonome di scarsa qualità e valore sociale. Infatti il supporto del soggetto pubblico permette un accompagnamento esperto alla progettazione, mettendo in gioco saperi tecnici specifici quali studi e linguaggi in materia urbanistica, architettonica, normativa, economica e sociopolitica che il cittadino può acquisire durante i processi partecipativi. Non tutti però giudicano la partecipazione una potenzialità nella progettazione urbana, al contrario si possono riscontrare varie forme di rifiuto che la giudicano un fattore destabilizzante della società. Infatti, secondo alcuni questo sistema potrebbe dare origine “ad un eccesso di complicazioni procedurali, che rallentano la decisione, ovvero la rendono troppo costosa o, ancora, le impediscono di compiere scelte nettamente delineate” (Luatti Lorenzo, 2009); oppure potrebbe presentarsi una situazione di antagonismo esaltata dall’opposizione radicale di alcuni gruppi, portando ad una limitazione dell’intervento statale; o ancora dietro alla partecipazione potrebbe essere nascosto un tentativo di manipolazione del consenso con una conseguente attribuzione dei compiti limitata a soggetti che possiedono particolari conoscenze e competenze. Inoltre, spesso, il livello effettivo di partecipazione, “non dipende tanto dalle modalità tecnico-operative del processo, quanto alla chiarezza (o meno) degli obiettivi, che inevitabilmente influenzano le attese della cittadinanza o comunque dei soggetti coinvolti.” (Davico Luca, Mela Alfredo, Staricco Luca, 2009) Spesso l’informazione esiste ma non viene comunicata; oppure la comunicazione non è appropriata rispetto ai diversi destinatari, troppo tecnica o troppo generica. Ne conseguono elementi di delegittimazione delle istituzioni che minano anche le più radicate tradizioni di collaborazione tra amministratori e cittadini, i quali, pur continuando a impegnarsi nella vita sociale

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poca esperienza

opposizione

complessità gestionale tempistiche più lunghe

figura 15 - Gli aspetti negativi considerati sono rilevanti, ma una buona organizzazione dei vari processi e l’uso di strumenti adeguati permette di evitare queste situazioni problematiche.

locale, acquisiscono una maggiore libertà rispetto ai partiti politici e operano in modo sempre più consistente nelle associazioni di volontariato del territorio. Rimane il sospetto che in Italia, i cittadini non si siano occupati prima della progettazione degli spazi collettivi, non per una mancanza interesse della materia, ma per una carenza di linguaggi e modalità che permettessero loro di organizzarsi e di prendere delle decisioni efficaci, in modo da poter essere successivamente applicate nel contesto urbano. Infatti per una corretta gestione delle trasformazioni del territorio è necessario che la corrispondenza tra le scelte e i desideri dei cittadini sia espressa attraverso il linguaggio urbano messo a disposizione dalle amministrazioni: esso definisce l’insieme di mezzi e modi possibili, conosciuti e ritenuti utili con cui la comunità può mediare con i progettisti e la committenza delle opere e dei programmi per dare corpo alle modificazioni urbane. Di norma il potere decisionale dei cittadini viene delegato solo in minima parte. Infatti viene considerata solo un’operazione per legittimare le decisioni pubbliche prese da un’amministrazione verso i cittadini, simulando un’attenzione verso le istanze eventualmente avanzate dai cittadini allo scopo di evitare problematiche nel regolare svolgimento delle operazioni programmate: è una sorta di legittimazione delle manovre “agli occhi dell’opinione pubblica”. Inoltre è bene ricordare che, essendo i processi partecipativi caratterizzati da modalità decisionali, relazionali, organizzative nuove, che richiedono un cambiamento sul piano sociale e culturale, necessariamente lento e graduale si possono presentare alcune difficoltà. In particolare si possono riscontrare problemi negli ambiti temporali medio-lunghi di impostazione

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e gestione, e comunicativi, dovuti a percezioni e linguaggi diversi tra l’ente e i cittadini e attori coinvolti, scarsa esperienza e abitudine ai progetti partecipati, ai lavori di gruppo e in gruppo, scarsa fiducia e legittimazione tra gli attori coinvolti e rispetto a chi promuove la partecipazione, scarsa disponibilità al dialogo e alla negoziazione quando le posizioni sono estremizzate e la presenza di resistenze al cambiamento rispetto a posizioni, modalità di lavoro, processi decisionali consolidati nel tempo sia all’interno della Pubblica Amministrazione che nella società civile. E’ molto difficile, quasi utopistico, che senza particolari incentivi e senza l’offerta di conoscenze e mezzi adeguati avvengano fenomeni di riappropriazione della città, di cittadinanza attiva su iniziative dal basso per formare ed estendere una nuova “cultura urbana”, anche nelle forme più semplici.

2.4 Nuovo governo del Le trasformazioni economiche, politiche e sociali che si stanno territorio verificando, inoltre, incidono profondamente sulla morfologia

fisica e sulla struttura sociale delle città contemporanee, innescando un processo di riorganizzazione dello spazio e delle funzioni urbane. Si vede quindi la necessità di regolare le dinamiche che si avviano nelle città la cui organizzazione, sempre più differenziata e complessa, coinvolge una pluralità di attori diversi per natura, dimensioni e rappresentanza di interessi. Si adottano, per cui, procedure di scelta, di progettazione e di realizzazione “vicine” agli abitanti, permettendo così il coinvolgimento dei cittadini come protagonisti della sua modificazione. La partecipazione è una condizione necessaria per decifrare i bisogni, i desideri e le necessità dei cittadini per raggiungere un’ottimale e sostenibile soglia di qualità e di efficacia degli interventi di trasformazione urbana. Si presuppone che le persone abbiano non solo bisogni, ma molte capacità che possono essere messe a disposizione della collettività per contribuire, insieme alle amministrazioni pubbliche, a risolvere problemi appartenenti alla comunità. Si vogliono così evitare scelte che successivamente in fase di approvazione portano alla luce contraddizioni, problemi irrisolti, soluzioni approssimate, mediazioni pericolose con una conseguente crescita di stupore, indignazione e perfino rivolta di coloro che ne sono i diretti destinatari. Infatti, si possono riscontrare spesso, tra le cronache quotidiane, situazioni di disagio ed episodi di contestazione (manifestazioni, scioperi, ecc.) verso scelte politiche che interessano il territorio in cui i cittadini vivono.Si possono evidenziare in questa direzione diversi fenomeni che interagiscono e si auto-alimentano.

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CONTESTAZIONE

NIMO

DAD Decido Annuncio Difendo

NINBY Not In My Back Yard

figura 16 - A seguito delle cattive scelte pubbliche prese dall’amministrazione si possono riscontrari spesso episodi di contestazione da parte dei cittadini.

Sul fronte istituzionale emerge la sindrome cosiddetta DAD (Decido-Annuncio-Difendo), che indica una modalità di consultazione “a valle” del ciclo di vita del processo decisionale, con la quale il decisore politico, alla luce della legittimazione ottenuta dal mandato, decide di elaborare e conseguire un progetto, concordandone gli aspetti strategici con tecnici e in tavoli di concertazione bilaterali, in particolare con quegli attori, dei quali si ritiene imprescindibile il coinvolgimento. Quando “l’impianto” del progetto e della decisione è complessivamente compiuto, si passa al suo annuncio alla cittadinanza o ad altri attori non coinvolti in precedenza. Di fronte alle prevedibili reazioni ed obiezioni, l’ente si chiude in difesa portando argomentazioni giuridiche, o tecniche o di emergenza a sostegno della decisione presa, ritenendo che la difesa tecnica e razionale, supportata da dati scientifici, possa convincere una presunta emotività e non competenza dei partecipanti non esperti. In realtà, i comitati locali di cittadini hanno spesso, al loro interno, tecnici che mettono in difficoltà e smentiscono i tecnici istituzionali, portando i singoli cittadini non esperti a una delegittimazione complessiva delle istituzioni sia a livello politico, per la mancanza di scelte, sia a livello tecnico, per le troppe incertezze e pareri discordanti. Sul fronte della società civile è presenta la nota espressione NIMBY (Not In My Back Yard - non nel mio cortile), che nata negli Stati Uniti d’America viene usata per indicare un atteggiamento di rifiuto, proteste e manifestazioni dei cittadini e associazioni organizzate o comitati locali auto-organizzati, nei confronti di quelle trasformazioni territoriali che ritengono compromettere la qualità dello spazio pubblico in cui vivono e operano. Sul piano

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tecnico-amministrativo, è diffusa invece la modalità chiamata NIMO (Not In My Office - Non di pertinenza del mio ufficiosettore), intesa come tendenza alla de-responsabilizzazione delle competenze all’interno delle istituzioni e dei vari uffici, rispetto alla risoluzione del conflitto in corso da gestire o all’eventualità di contribuire alla soluzione di problemi, che prevedono coinvolgimenti trasversali di assessorati e settori della pubblica amministrazione.

Una nuova urbanistica L’urbanistica partecipata, che viene a delinearsi, definisce un nuovo concetto di progettazione, incentrato sul coinvolgimento dei cittadini nei processi decisionali della modificazione urbana e di redazioni di piani. Questo modello, impostato su un sistema aperto, adattivo e reversibile permette ai cittadini di diventare attori, che collaborano con le istituzioni locali (rappresentati da tecnici con conoscenze e competenze specifiche), nella realizzazione di piani e progetti atti a definire l’ambiente urbano in cui vivono. In questo modo viene dato un valore rilevante alle proposte che emergono dal basso espresse da cittadini, in forma libera o associata, consentendo la creazione di un clima di dialogo, confronto e negoziazione tra cittadini stessi e tra essi e i tecnici dell’amministrazione. In altre parole, in questo tipo di progettazione viene proposto un disegno alternativo, che messo in evidenza alla maggioranza della società civile, vuole creare un clima di discussione e collaborazione collettiva, in cui ognuno può esprimere le proprie opinioni, scambiare informazioni ed esperienze e dire cosa pensa sul progetto esposto. L’obiettivo che la progettazione partecipata si pone, in questo modo, è quello di elaborare un nuovo modello informativo e formativo che incentivi il coinvolgimento e inclusione di tutti i soggetti del territorio (stakeholders), in modo da stimolare parallelamente responsabilità differenziate ma condivise, mirate a raggiungere obiettivi orientati a una maggiore sostenibilità figura 17 - La nuova progettazione urbanistica, BOTTOM - UP, si caratterizza da un’iniziativa dal basso dei cittadini.

Iniziativa dei cittadini

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Proposte e idee

Attivazione dell’amministrazione

Dialogo e confronto

Progettazione urbanistica


trasversale, economica, sociale e ambientale. Gli stakeholders aderiscono così, a sistemi di ragionamento collettivi in cui avviene una cooperazione e integrazione delle competenze degli attori partecipanti, attraverso varie forme dialogiche di convivenza e di decisione, per raggiungere l’elaborazione di interventi riguardanti questioni di interesse pubblico, in questo caso il territorio urbano. Per rendere ciò possibile è necessaria una metodologia rivolta ad una progettazione che riesca a gestire situazioni complesse e che tenga in considerazione tutte le possibili soluzioni ed osservazioni proposte dai partecipanti. Sono metodologie rivolte a promuovere nuovi spazi di discussione pubblica e a creare collaborazioni progettuali (coprogettazione intersettoriale), situazioni di lavoro di gruppo, in cui si presentano, obbligatoriamente, dinamiche di interazione, di ascolto, di confronto e di incontro, facendo valere, sì i propri interessi, ma al tempo stesso cercando anche di comprendere le ragioni dell’altro. Si può, tra l’altro, già riscontrare l’inizio della diffusione di pratiche di progettazione partecipata, come progetti Urban o i Contratti di quartiere, rivolti in particolare alla riqualificazione urbana, in cui si può evidenziare lo sviluppo di questo nuovo rapporto tra cittadini e governi locali. Inoltre stanno anche emergendo nuovi dispositivi legislativi promotori della partecipazione, come avvenuto nella regione Toscana. Qui, infatti, è stata emanata una legge regionale sulla partecipazione: la L.R. 27 dicembre 2007, n. 69. Questa si propone come strumento per individuare nuove forme attraverso cui i cittadini possono contribuire, con la loro esperienza, ad una migliore qualità delle decisioni collettive e a coinvolgerli nell’attuazione delle politiche pubbliche. L’articolo 72 dice: “la legge promuove […] la partecipazione dei cittadini, dei residenti e dei soggetti sociali organizzati, nelle diverse forme: come iniziativa autonoma verso l’amministrazione, come libero apporto propositivo alle iniziative regionali, come intervento nelle fasi formali di consultazione, come contributo alla verifica degli effetti delle politiche regionali.”

Le leggi sulla partecipazione

Gran parte del genere umano, oggigiorno, vive e opera in sistemi di tipo urbano e metropolitano che stanno attraversando una fase di continua trasformazione tecnologica ed economica, grazie allo sviluppo delle tecnologie microelettroniche e ai nuovi mezzi di comunicazione (l’espansione di internet, la telefonia satellitare ecc.), che permettono contatti più frequenti e veloci, anche immediati tra soggetti e danno la possibilità di organizzare

2.5 Il sistema urbano

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Relazioni sociale chiuse

Relazioni sociali aperte

figura 18 - Le trasformazioni in atto determinano un cambiamento delle relazioni sociali passando da chiuse e locali ad aperte e globali.

L’aspetto sociale

La crisi dell’identità

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il lavoro in modo innovativo con una circolazione di prodotti e servizi a livello mondiale. In questo scenario i rapporti umani che si instaurano danno luogo a diverse modalità di associazione e di organizzazione sociale tra cittadini, caratterizzando le città di una complessità di relazioni tra soggetti e gruppi sociali eterogenei, al cui interno emergono svariate differenze, esigenze, bisogni, che articolano le problematiche quotidiane rendendo difficile l’intervento pubblico. Infatti cambiano i modi di vivere, diminuisce il diffondersi di grandi gruppi aggregativi, e si sviluppano molteplici forme organizzative caratterizzate da interessi specifici. Si viene così a creare una sempre più fitta rete urbana costituita da legami sociali, creati sulla base di problemi comuni, aspirazioni e valori condivisi. Ogni soggetto stabilisce, all’interno di questo schema, rapporti con gli altri in maniera autonoma, in modo da creare molteplici relazioni, appartenendo comunque contemporaneamente a più universi sociali. Si può dunque osservare come la struttura dell’ambiente urbano è influenzata dai sistemi sociali che si sviluppano all’interno della città, i quali sono caratterizzati dalle relazioni, dai linguaggi, dalle tensioni, dai conflitti e dai contrasti che emergono dalla vita associata degli uomini, nell’intento di raggiungere una situazione di stabilità ed equilibrio tra la società e l’ambiente occupato. Parlando di ambiente si considera, dunque, la sua dimensione sociale: “la città stessa si considera come ambiente di vita dei soggetti sociali, a livello individuale e collettivo, vale a dire come un contesto le cui caratteristiche interferiscono con le modalità di azione e di organizzazione sociale. Viene inteso proprio come un prodotto umano, come uno scenario artificiale socialmente costruito attraverso una complessa stratificazione di interventi.” (Davico Luca, Mela Alfredo, Staricco Luca, 2009) Infatti il volto della città rispecchia la società che la caratterizza, investendo, in maniera diretta e indiretta, anche i rapporti della vita associata economica, sociale, psicologica e culturale; è la società che crea la città stessa. Essa si può considerare come un insieme di simboli, di riferimenti, di orientamenti che caratterizzano la società che la vive. La città è il risultato di forme diverse di condizioni di vita, che si sono succedute nella storia, createsi da sistemi di interazioni collettive, di paure e di desideri, di ideologie ed interessi. Si è riscontrato che negli ultimi anni, a causa dell’imponente influenza dei mass-media, l’individuo è entrato in crisi acquisendo


globalizzazione

sostenibilità

tempo

relazioni sociali

nuovi mezzi di comunicazione

uno stato di fragilità e incertezza con una conseguente cancellazione della memoria storica. Infatti la formazione della sua identità culturale viene fornita dal contesto sociale in cui cresce e vive, il quale non è un elemento stabile, ma è in continuo mutamento, con cui il soggetto deve riuscire a relazionarsi per ridefinire una stabilità personale. Infatti la città si esibisce come un insieme di spazi caratterizzati da complessità, eterogeneità e instabilità temporale, che si presentano come luoghi occasionali, di transizione, in cui una pluralità di attori, estranei tra di loro e sempre in movimento, li attraversa creando situazioni di scambio o passaggio (appropriazioni temporanee o ricorrenti). E’ necessario che questi luoghi, concepiti come “le cerniere tra le zone urbane e tra funzioni diverse, attraverso cui le popolazioni si mescolano e si travasano da un contesto ad un altro” (Mela Alfredo, Belloni Maria Carmen, Davico Luca, 2000), diventino nuovi spazi per la comunità caratterizzati da una scelta condivisa sul loro uso. Bisogna far emergere le potenzialità che tali spazi possono offrire assecondando le esigenze degli attori che in essi fluiscono, in modo da avviare un nuovo processo di relazioni e identificazione con i luoghi. Per ottenere un’efficace interazione tra l’individuo e l’ambiente in cui vive, all’interno delle città emergono le “interfacce”, le quali derivano da uno sforzo adattivo dell’uomo che succedendosi nel

figura 19 - Il sistema urbano contemporaneo si caratterizza di una moltitudine di aspetti che incidono sulle problematiche quotidiane e sulla qualità della vita delle persone.

Le interfacce

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corso della storia, modificano sia il paesaggio fisico che le relazioni sociali e culturali nel complesso urbano. Queste si possono presentare in forma materiale delineando l’”ambiente costruito” della città attraverso il linguaggio delle scienze architettoniche e urbanistiche, oppure in forma immateriale proponendosi come “le conoscenze, i saperi tecnici e quelli diffusi della popolazione, le norme, le forme di organizzazione sociale e persino le attitudini dei cittadini”. (Davico Luca, Mela Alfredo, Staricco Luca, 2009) Grazie alla qualificazione delle interfacce la città permette al cittadino di identificarsi con l’ambiente urbano, portandolo ad un conseguente atteggiamento di attenzione e riguardo verso l’ambiente stesso. Per rendere ciò possibile è necessario, dunque, un ampliamento delle opportunità di progettazione e quindi degli spazi che permettono la partecipazione del cittadino, allo scopo di individuare le problematiche del contesto urbano e determinare soluzioni per gli scenari futuri. In un contesto come questo, le attività di governo devono sostenere l’aggregazione, e al contempo mediare le conflittualità, in modo da individuare una situazione soddisfacente, condivisa attraverso il coinvolgimento dei cittadini con svariate metodologie. Infatti, nel coinvolgimento, il singolo cittadino acquisisce una serie di competenze, relative allo sviluppo del territorio, e di valori civici, ottenendo così un accrescimento della formazione personale che gli permette una migliore convivenza sociale (empowerment).

L’urbanistica L’urbanistica è la disciplina che si occupa dello studio e della progettazione del territorio urbano, comprendendo anche tutti gli aspetti gestionali, di tutela, programmativi e normativi dell’assetto territoriale ed in particolare delle infrastrutture e dell’attività edificatoria. Quindi tenta di organizzare lo spazio urbanizzato con l’obiettivo di migliorarne le condizioni insediative. L’urbanistica è nata con l’obiettivo di ripensare a tutti i problemi dello spazio urbano, all’interno della nuova “grande dimensione” che la società ha iniziato ad affrontare in seguito all’aumento della popolazione e ad un’espansione senza confini e senza limiti quantitativi. Questa disciplina, in Italia, a partire dalla prima metà del Novecento, si è ritagliata un ruolo considerevole tra le professioni e i saperi. Nella sua lunga tradizione, l’urbanistica ha usato l’ambiente urbano per indagare nuovi approcci, esperienze di avanguardia e sperimentazioni più o meno riuscite, casi studio significativi che spesso hanno portato a creare sul territorio situazioni caotiche e irregolari, perdita della memoria storica dei luoghi, urbanizzazione selvaggia, e il relativo sfaldarsi dei legami sociali.

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SPAZIO URBANO

sistema economico

sistemi di relazione sociale L’idea di “spazio” che intende indagare non è da considerare solamente in senso fisico, ma anche i sistemi di relazioni sociali ed economiche che agiscono e interagiscono all’interno. Ricerca, dunque, la definizione dell’ambiente urbano, che assume un significato strettamente materiale occupandosi della progettazione di edifici, spazi pubblici e infrastrutture, ma che comprende anche l’indagine delle trasformazioni socioeconomiche e socioculturali che si stratificano nel territorio, che permettono successivamente la proposta per nuove forme di organizzazione e gestione degli spazi. Tutti gli interventi proposti alla modificazione dell’ambiente urbano, non sono indistinguibili, ma sono destinati a combinarsi e relazionarsi nel raggiungere soluzioni atte al miglioramento della qualità della vita e del grado di interazione sociale (infrastrutture urbane e dei servizi, accessibilità fisica e sociale, rilevanza estetica sia da un punto di vista culturale che sociale). Maggiore sarà il valore dei servizi pubblici di cui il cittadino può disporre, maggiore sarà la qualità della sua vita. La definizione di piani urbanistici, cioè il compito di definire lo spazio urbano, è stato quasi esclusivamente affidato a degli specialisti, mentre il cittadino difficilmente veniva considerato protagonista della sua città. Negli ultimi anni è però cresciuta la consapevolezza della natura sociale e istituzionale del cittadino che l’ha portato a identificarsi come un attore sociale, autonomo, indipendente all’interno della città. Si è presa coscienza che i modelli tradizionali, sino ad allora utilizzati, risultavano inadeguati e insufficienti per organizzare il territorio nella sua complessità. Infatti, nella progettazione, non venivano considerati a dovere

figura 20 - Lo studio dello spazio urbano comprende oltre l’aspetto fisico anche gli aspetti relazionli socio-culturali ed economici.

Lo spazio urbano

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l’eterogeneità e la molteplicità di attori presenti nel sistema urbano così come il rapido e continuo evolversi delle dinamiche territoriali e sociali. Vista l’ovvia esigenza di un rinnovamento, attraverso la diffusione delle conoscenze, del livello di informazione, della disponibilità di strutture operative, e dell’utilizzo di strumenti attuativi alternativi, si è permesso alla società di esprimere un maggior controllo democratico sull’attività pianificatoria, in modo da essere vista come il reale committente della necessaria modificazione urbana, che nel contempo partecipa attivamente, diminuendo la necessità di mediazione tra pubblico e privato. Si è visto dunque, diffondere molti nuovi modelli urbanistici che permettono il coinvolgimento dei cittadini nella progettazione dell’ambiente urbano, come Piani di zona, Contratti di quartiere, progetti finanziati dalla legge 285, Piani di recupero urbanistico, bandi Urban, ecc., i quali però da un lato hanno prodotto, una pluralità di approcci al problema tanto vari da causare una serie di polemiche e contrapposizioni e dall’altro hanno creato la necessità di integrare le varie dimensioni territoriali, economicofinanziarie, sociali, ambientali, per evitare l’originarsi di conflitti nelle impostazione delle linee strategiche e operative dei suddetti piani. Inoltre questa moltitudine di elementi pianificatori ha dato luogo ad una proliferazione di sedi consultive e decisionali, causando una dissipazione di risorse umane, economiche e tecniche.

2.6 I soggetti della Ai processi di progettazione collettiva possono partecipare tutti partecipazione gli esseri umani coinvolti nel sistema urbano, indipendentemente

dalle condizioni personali e sociali, dalle capacità, dalla disponibilità di tempo ed energie. Anche gli immigrati, che formalmente non sono cittadini, se si attivano per l’interesse generale, possono essere considerati attori dei processi progettuali. Nell’affrontare un problema pubblico, tutti i soggetti interessati o stakeholders (portatori di interessi diversificati), organizzati e non, portatori di risorse, abilità e capacità personali, sono potenziali attori al processo decisionale in cui possono esprimere attivamente i bisogni e i desideri, le identità e le speranze che li caratterizzano e beneficiare o condizionare politiche e progetti. Normalmente il coinvolgimento avviene in maniera auto-selettiva, infatti di solito partecipa chi è interessato semplicemente al tema trattato, considerato anche che la partecipazione “attiva” è sinonimo di volontarietà e responsabilizzazione. In questa nuova prospettiva di partecipazione, fondata sul principio di sussidiarietà orizzontale come alleato all’amministrazione,

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oltre ai cittadini, possono presentarsi anche le imprese. Queste contribuiscono offrendo, alle amministrazione e ai cittadini attivi che si mobilitano, le proprie risorse umane, organizzative, finanziarie e di ogni altro genere, assumendo una responsabilità sociale volta a risolvere i problemi di interesse generale evitando atteggiamento di presunzione nel fare esclusivamente i propri interessi. Usando questa strategia industriale, le imprese si mettono in buona luce agli occhi dell’opinione pubblica, la quale gli attribuisce valori positivi che conducono ad un consenso utile commerciale. In altre parole si fanno “buona pubblicità”. Altro contributo rilevante in questo contesto è quello assunto dalle associazioni11 in particolare quelle che hanno come obiettivo lo sviluppo sostenibile e partecipato della città e del territorio. Queste infatti, nate dalla volontà di gruppi di persone provenienti da ambiti diversi, utilizzando le risorse, le esperienze e le conoscenze di cui dispongono, coinvolgono i cittadini, utenti e fruitori diretti del territorio a proporre risposte e soluzioni adeguate, promuovendo e stimolando l’interesse e la conoscenza dei bisogni condivisi della città. Per amministrazione pubblica si intendono tutti i soggetti di diritto che perseguono fini di interesse pubblico attraverso lo svolgimento di attività giuridiche e materiali in sede di indirizzo politico. Per esplicitare il potere esecutivo la pubblica amministrazione si affida a vari organi, periferici e locali, che esercitano la propria competenza su tutto il territorio. Le pubbliche amministrazioni hanno il compito istituzionale di accompagnare i processi di partecipazione, “ricercando il massimo di integrazione, unificando linguaggi, chiavi di lettura, e modelli di intervento, per collocare ogni aspetto del problema nella giusta posizione gerarchica e per creare sinergie tra i diversi contributi specialistici.” (Chiapponi Medardo, 1989) Le amministrazioni non devono assumersi l’esclusiva nelle fasi di progettazione territoriale, poiché la loro idea di “bene comune” che intendono non sempre corrisponde a quella dei cittadini. Infatti si confrontano con un ambiente complesso in cui devono riconoscere i propri limiti, poiché, tale ambiente, ha caratteristiche non definite a priori, ma da definire di volta in volta, ed è articolato sempre da aspetti diversi. E’ legittimo, invece, che il decisore si identifichi con colui che delle decisione subisce gli effetti, in questo caso i cittadini. Alle pubbliche amministrazione è richiesto, quindi, di occuparsi della programmazione, del controllo e della mediazione attiva (coordinamento e monitoraggio) tra i diversi attori del processo

2.6.1 L’amministrazione pubblica

11

Intese come enti costituiti da un insieme di persone fisiche o giuridiche (gli associati) legate dal perseguimento di uno scopo comune.

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figura 21 - L’amministrazione assumerà il ruolo di coordinamento e monitoraggio tra i soggetti coinvolti, facilitando il confronto pubblico e rendendo disponibile il proprio sapere tecnico.

Disponibilità di saperi tecnici

Coordinamento e monitoraggio

Confronto pubblico

decisionale, in cui integrare i vari contributi specialistici e non (confronto pubblico), per la definizione di modelli e scenari comuni utili alla determinazione del progetto. Inoltre mettono a disposizione dei cittadini (non esperti) saperi tecnici indispensabili nel valutare la fattibilità tecnica, economica e “politica” dei progetti proposti, tramite i propri uffici tecnici coinvolti (urbanistica, traffico, lavori pubblici, ecc.). Le amministrazioni, dunque, non devono limitarsi ad un ruolo di coordinamento passivo, ma devono sostenere e favorire gli interventi di tutti i soggetti, senza essere d’ostacolo. In questo modo le amministrazioni pubbliche assumono un ruolo di regia, ma collaborando con i cittadini, si confrontano per comprendere le esigenze e le prospettive di tutti gli attori coinvolti, avviando un processo di apprendimento reciproco. In questo sistema si evidenzia che la differenziazione sul piano funzionale e organizzativo in vari livelli dell’amministrazione, dovuta dalla diversa localizzazione dei tipi di funzioni da svolgere e di esigenze da soddisfare, porta alla necessità di avere una buona comunicazione (scambio, confronto) fra soggetti pubblici in modo da evitare un’assenza di coordinamento nelle iniziative rivolte ai cittadini. Inoltre da osservare che i frequenti cambi al vertice delle amministrazioni locali, rallentano e in alcuni casi impediscono lo svolgimento dei processi partecipativi in atto provocando demotivazione e frustrazioni nei cittadini coinvolti.

2.6.2 I professionisti Nello scenario urbano contemporaneo, caratterizzato da molteplici specificità (descritte nei paragrafi precedenti) si presentano diversi problemi che è giusto affrontare in maniera multidisciplinare, in modo da connettere diversi segmenti di

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competenza. L’amministrazione per assolvere a quest’aspetto, nei processi partecipativi, spesso si rivolge ad esperti, esterni all’ambiente amministrativo. Ciò permette di sopperire alle scarse conoscenze tecniche che possiede e di garantire la buona riuscita di un progetto di qualità attraverso un atteggiamento equo, cioè nel rispetto del principio di uguaglianza. A fianco delle figure professionali che solitamente partecipano alla pianificazione urbana, come architetti e urbanisti, che hanno competenze più tecniche nell’elaborazione dei dettagli progettuali, nei processi di partecipazione è necessaria e richiesta anche la presenza di figure specializzate provenienti dal mondo delle scienze sociali o dal mondo delle tecnologie, che contribuiscano attivamente allo sviluppo del progetto e a creare un clima di serenità. Da una parte si fa riferimento ad accompagnatori e mediatori (di solito sociologi, psicologi, etnologi), che avvalendosi delle competenze necessarie a mediare i conflitti emergenti e a rilanciare con soluzioni argomentate dalle parti, riescono a gestire in modo esperto le reazioni dei partecipanti durante i processi di partecipazione, mentre dall’altra ci sono esperti dell’interazione, sviluppatori di software e ingegneri informatici. I professionisti hanno quindi una serie di competenze tecniche

accompagnare e supportare i cittadini

competenze e conoscenze tecniche multidisciplinarietà

figura 22 - I professionisti, rappresentanti di molte discipline, dovranno accompagnare e supportare i cittadini sfruttando le proprie competenze e conoscenze tecniche.

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già consolidate che possono agevolare il dialogo sul tema progettuale. La distanza cognitiva in parte c’è ed è causata dalla provenienza da mondi differenti, ma spesso non costituisce un divario così rilevante da impedire il confronto. In questo contesto, questi professionisti, “possono mettere a disposizione le conoscenze ad ampio spettro di cui sono portatori per identificare i temi progettuali, stimolare i processi di percezione e di interpretazione del contesto, facilitare l’attività progettuale dei cittadini e poi tradurre tali ipotesi in opere concretamente attuabili.” (Amodio Luigi, Majorano Carlo, Riccio Chiara, 2001) Per cui il ruolo di queste figure è supportare le proposte dei cittadini, cercando di stimolarli e interpretare i loro interessi e bisogni senza evitare loro azioni spontanee e autonome che devono essere seguite per evitare attuazioni deboli e controproducenti. In questa categoria sono inclusi anche i designer, nonostante al momento non risulti in modo chiaro e definito quale sia il loro compito all’interno di questi processi. Difatti questa tesi si preoccupa, come già espresso, di trovare una definizione a tale compito. In particolare vorrei far emergere l’importanza del contributo del designer, quale creatore di strumenti utili a rendere il processo di partecipazione più semplice e per rendere il coinvolgimento e la comunicazione tra i vari attori più facile.

2.6.3 La cittadinanza Essere cittadino si intende appartenere, in termini relazionali e di partecipazione, ad una comunità. In quanto cittadini, tutti abbiamo nei confronti della collettività dei diritti e dei doveri, cui corrispondono da parte delle altre persone, altrettanti obblighi nei nostri confronti. Secondo il sociologo inglese Thomas H. Marshall (1950) allo status di cittadinanza, intesa come appartenenza ad una realtà sociopolitica, si attribuiscono tre dimensioni: “quella civile, relativa alle condizioni che riguardano la libertà individuale, di parola, di pensiero, di fede, di diritto alla proprietà e di ottenere giustizia, quella politica relativa alla partecipazione all’esercizio politico e quella sociale relativa all’educazione, l’istruzione, la sanità, il benessere e la sicurezza sociale ecc..” (Luatti Lorenzo, a cura di, 2009) Nel mondo contemporaneo però, con l’affermarsi della globalizzazione, la concezione consolidata di cittadinanza come appartenenza naturale e culturale di una certa area geografica (idea di nazione), entra in crisi. Infatti, l’aumento della mobilità internazionale e dei fenomeni migratori crea l’evolversi di società multietniche e multiculturali in cui si instaura un indebolimento sull’identità nazionale. Si propone così, una politica (in termini di diritti e doveri) rivolta ad un maggiore coinvolgimento dei cittadini

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idee

esigenze

sogni

figura 23 - La cittadinanza si deve attivare usando le proprie energie e il proprio tempo per far valere le esigenze, i sogni personali e proporre idee.

nella sfera decisionale pubblica, assumendo direttamente le responsabilità per la concreta soluzione di problemi collettivi. Questa nuova concezione di cittadinanza, dunque, amplia la sfera di libertà del cittadino, a cui non viene considerato solamente l’esercizio di diritti e doveri derivanti dall’essere membro di una comunità, ma guarda anche al suo “coinvolgimento attivo in pratiche che concorrono a discussioni, azioni e decisioni riguardanti le modalità con cui si organizzano i vari aspetti della vita pubblica.” (Luatti Lorenzo, a cura di, 2009) Il cittadino evolve così il suo status, scegliendo (non è obbligato) di usare il proprio tempo e le proprie energie per far valere le proprie idee, esigenze e bisogni nell’ambiente urbano e sociale. Importante sottolineare il fatto che i cittadini hanno comunque dei limiti nei confronti delle politiche pubbliche, infatti non possono sostituirsi alle amministrazioni in quanto iniziative, concessioni, provvedimenti politici e amministrativi di competenza di autorità specifiche. Inoltre lo spirito di iniziativa e il desiderio di vedere considerate le proprie opinioni, possibile dai principi della comunità, non devono essere egoistiche, ma devono essere in linea con i valori della collettività. Ci si attiva, si partecipa, si viene coinvolti, ma sempre tenendo presente che l’obiettivo è la risoluzione di problemi che riguardano la comunità, senza privilegiare un singolo, ma interessando tutti i fruitori possibili. Alcuni, però, vedono i diritti acquisiti, in forma negativa, considerandoli non vincoli alla partecipazione ma solo come oneri (pagare le tasse, ridurre i propri margini di libertà e guadagno, rinunce, ecc.). Inoltre la cittadinanza può essere vista in forma passiva, in cui i cittadini guardano solo le garanzie ricevute e non i doveri che dovrebbero assolvere nei confronti

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della comunità. Bisogna ricordare comunque che l’articolo 2 della Costituzione prevede che “la Repubblica, mentre riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, al tempo stesso richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Se si appartiene ad una comunità, ai diritti si accompagnano i doveri; fra questi, oggi, forse è possibile includere anche il dovere di collaborare con l’amministrazione per la soluzione di problemi di interesse generale.” (Arena Gregorio, 2006) In questo modo il concetto di cittadinanza si delinea in una definizione più democratica, mettendo in stretta relazione e collaborazione cittadini e amministrazioni. Nelle persone cresce così, il senso di differenziazione e individualizzazione, ma combinato allo stesso tempo dal senso di appartenenza ad una comunità, che la modernità sta cancellando, attraverso l’apprezzamento della libertà e la possibilità di partecipazione diretta e attiva alla vita sociale, politica ed economica. Si arricchisce inoltre, una coscienza di appartenenza all’umanità oltre la frontiera della lingua, delle tradizioni e dei costumi, ma determinata dalla scala globale. I soggetti della cittadinanza, dunque, vengono definiti come portatori e detentori d’interessi, pubblici e privati, individuali e collettivi, che devono porsi come obiettivo la concretizzazione di una visione comune del futuro di una città.

2.7 I luoghi della Normalmente le sedi associative, gli spazi per assemblee o partecipazione dibattiti, le circoscrizioni e lo spazio pubblico delle città e dei

quartieri sono gli spazi destinati alla discussione, aggregazione e formazione dell’opinione pubblica. Il diffondersi dei processi di partecipazione nei vari contesti urbani ha contribuito al proliferare di spazi ad hoc in cui svolgerla e accrescerla. Parallelamente si sta verificando un ampliamento dello spazio virtuale, relativo a questi temi, che grazie allo sviluppo tecnologico in campo delle comunicazione e internet permette di realizzare relazioni istantanee indipendentemente dalla distanza, riuscendo così a comprendere situazioni che appartengono a contesti diversi. Questo avviene attraverso i siti delle diverse associazioni, i forum virtuali da esse promossi, i blog e cosi via. Nei processi partecipativi, rivolti alla definizione dell’ambiente urbano, questi luoghi, reali e virtuali, sono una risorsa in quanto sono luoghi di aggregazione, di confronto, di dialogo e scambio in cui i cittadini possono discutere di problematiche, bisogni ed avere un rapporto diretto con le amministrazioni in modo da condividere obiettivi e aspettative. Inoltre questi luoghi

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SPAZIO REALE

circoscrizioni social network

SPAZIO VIRTUALE

piazza blog assemblee Urban Center

e-democracy

REALTA’ AUMENTATA

contribuiscono alla crescita della presa di coscienza da parte del cittadino delle sue potenzialità che può mettere a disposizione della collettività per migliorare il territorio in cui vive. Superato il modello tradizionale di contrapposizione dialettica tra pubblico e privato grazie alla spinta della governance urbana, all’interno delle città si stanno sviluppando nuove strutture aperte a tutti, che costituiscono un’opportunità per il governo locale di sperimentare nuove forme di democrazia partecipativa. Dalle tradizionali strutture didascaliche, concepite come semplici “infopoint” sulla stratificazione storica e sulle trasformazioni realizzate sul territorio, si è passati ad “arene/agorà” o meglio, spazi di discussione e costruzione delle scelte strategiche di trasformazione e governo della città. In questa direzione, seguendo le esperienze americane e anglosassoni, negli ultimi anni in Italia sono sorti diversi Urban Center o “Case della città”, spazi pubblici di riflessione e confronto critico, destinati ad accogliere i cittadini per informarli e renderli partecipi delle politiche urbane di trasformazione del territorio. Il ruolo assunto dagli Urban Center, promossi e finanziati dal governo delle città, non si limita all’aspetto passivo di comunicazione-informazione, inteso come luogo di raccolta, esposizione e divulgazione delle informazioni relative alle trasformazioni urbane e ai progetti in corso, ma assumono la funzione di strutture adatte ad ospitare processi decisionali e di condivisione delle strategie di sviluppo della città. La loro funzione principale è quella di promuovere la discussione e il confronto tra la pubblica amministrazione e i cittadini (e fra i cittadini) sui processi decisionali legati alle trasformazioni possibili e sostenibili delle città e del territorio. Infatti, attraverso forme di democrazia partecipativa, si

figura 24 - La partecipazione si può verificare sia in ambienti reali come le piazze delle città o gli Urban Center che nello spazio virtuale, in internet tra blog e social network.

2.7.1 Lo spazio reale

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MODELLI DI URBAN CENTER USA E INGLESI London Building Centre Il Building Centre di Londra, istituito nel 1931 è il punto di riferimento per ciò che riguarda architettura, progettazione, sviluppo urbanistico della città. Il centro è un luogo aperto a tutti gli interessati, in cui è possibile imparare e sviluppare conoscenze partecipative alla trasformazione della città. Annualmente vengono svolti cicli di conferenze, tavole rotonde, mostre che riuniscono politici, professionisti e cittadini creando situazioni di discussione e dibattito. Inoltre è presente all’interno un modello in scala del centro di Londra, in cui vengono mostrare e evidenziate tutte le attività di sviluppo che trasformano i quartieri della città. New York Center for Architecture Il Centro per l’Architettura è la sede dell’American Institute of Architects (AIA) di New York del Center for Architecture Foundation, organizzazione no-profit che fornisce varie risorse per l’esplorazione del tessuto urbano (relative all’architettura e l’urbanistica) a professionisti e cittadini. Offre mostre, seminari, forum pubblici e programmi educativi, diventando un’istituzione culturale sui temi di architettura, urbanistica, progettazione urbana e pianificazione ambientale. Inoltre condivide con la comunità risorse e borse di studio.

SPUR - San Francisco Planning + Urban Research Association Nato nel 1910 come gruppo di Housing Association con l’obiettivo di migliorare la qualità delle abitazioni dopo il terremoto del 1906, lo SPUR si è evoluto in un’organizzazione no-profit. Dal 2009 ha sede nello SPUR Urban Center (14.500 mq), uno spazio comune che offre ai cittadini la possibilità di riunirsi per organizzare e discutere la città. Attraverso la ricerca e l’istruzione promuove una buona pianificazione e controllo della città, con l’obiettivo di trovare soluzioni ai problemi comuni. Inoltre è spesso coinvolto nelle attività rivolte alla costruzione del territorio e alle sue strategie di rinnovamento/investimento per una crescita urbana sociale ed economica.

individuano le linee guida delle politiche urbane, rendendo più trasparenti, condivise e partecipate le scelte di governo locale. Tra le varie attività di servizio nei confronti dei soggetti pubblici e privati, ospitano incontri, mostre, sessioni di progettazione partecipata, workshop, convegni, dibattiti sui temi connessi all’urbanistica, l’architettura, il paesaggio e tutto ciò che riguarda il governo del territorio. Da osservare però, che gli Urban Center sviluppati in Italia si differenziano da quelli di stampo anglosassone. Infatti quelli italiani sono nati come emanazione diretta delle istituzioni locali di governo della città (municipalità locale), per svolgere un’attività di servizio nei confronti dei cittadini nei processi decisionali delle politiche urbane, con lo scopo di migliorarne il

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MODELLI DI URBAN CENTER ITALIANI Urban Center Metropolitano di Torino Nato nel 2005, ma diventato del tutto autonomo anche dal punto di vista amministrativo dal 2010, l’Urban Center della città di Torino ha la forma di Urban Center Metropolitano. Infatti si presenta come un’associazione autonoma che ha lo scopo di presidiare e supportare i processi di trasformazione della città. E’ uno strumento di ricerca, promozione e formazione sui temi dell’architettura e del dibattito urbano. La sua configurazione associativa consente di porsi come soggetto terzo e autonomo nel panorama locale, nazionale e internazionale, ma restando al contempo centro di collaborazioni con numerosi enti e organismi, pubblici e privati. Urban Center Bologna L’Urban Center di Bologna si identifica come il centro della comunicazione, luogo di riferimento per la progettazione condivisa del volto della città. In questo luogo si possono ritrovare tutti i soggetti interessati a definire il disegno del futuro di Bologna (istituzioni pubbliche, cittadini, associazioni e rappresentanti del mondo economico e sociale) attraverso una reciproca informazione e confronto. In particolare questo Urban Center è gestito da un Comitato composto da alcuni tra gli enti e le istituzioni maggiormente coinvolti nelle trasformazioni della città e del territorio.

Urban Center Roma XI La Casa del Municipio Roma XI è il primo Urban Center realizzato a Roma nel 2006, su iniziativa dell’Assessorato alle Politiche dell’Urbanistica, dei Lavori Pubblici e della Mobilità. Questo Urban Center è nato come testimonianza l’impegno dell’Amministrazione verso forme di governo capaci di migliorare l’efficacia delle politiche pubbliche. In particolare si assolve il ruolo di “nodo” iniziale della rete di “Case dei Municipi” che una recente delibera comunale istituisce per promuovere la partecipazione dei cittadini ai processi di trasformazione urbana nell’intero territorio caratterizzato da tessuti urbani differenziati.

livello d’informazione, conoscenza, trasparenza, partecipazione, condivisione ed effettività. Invece le strutture anglosassoni sono cresciute come strutture organizzate da associazioni no-profit che si avvalgono delle collaborazioni di volontari, istituzioni universitarie, gruppi imprenditoriali e vengono sostenute interamente da finanziamenti privati. Queste funzionano come organismi di supporto ai processi di trasformazione che hanno come fine l’accompagnamento dei processi di trasformazione e si pongono come luogo di incontro di reti di attori che concorrono nella trasformazione del territorio. In questo modo sono indipendenti da qualsiasi pressione politica, e si pongono in una dimensione neutrale tra gli interessi degli attori coinvolti, assumendo un ruolo di coordinatore tra le parti e sviluppando

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interazioni con vari enti territoriali di ricerca e formazione per creare una fonte inesauribile di idee. Altro spazio caratteristico di cui si è rilevata presenza di recente sono “gli incubatori”, luoghi in cui persone con professionalità diverse mettono a disposizione le proprie capacità per ascoltare le idee proposte dai cittadini, fornendo valutazioni in termini di fattibilità e consigliando eventuali accorgimenti. Una volta resa chiara e tangibile la potenzialità dell’idea si procederà ad analizzare per intero tutta la procedura da seguire per la sua realizzazione, valutandone il costo e studiando gli eventuali canali di finanziamento (privati o pubblici). L’obiettivo è aiutare i cittadini a realizzare i propri progetti che possono agevolare e coinvolgere l’intera collettività. La difficoltà presente è la mancanza di un stretto rapporto con l’amministrazione che in tal caso potrebbe agevolare e aiutare la realizzazione degli spunti progettuali proposti dalla cittadinanza.

2.7.2 Lo spazio virtuale

Stiamo attraversano un periodo in cui la tecnologia ha assunto un ruolo essenziale nella vita delle persone. Infatti entrando in tutti gli aspetti dell’agire e del pensare e “caratterizzandosi come attività di trasformazione e di organizzazione di processi produttivi per rispondere ai bisogni dell’uomo” (Luatti Lorenzo, 2009), la tecnologia è in grado di influenzare profondamente ambiente e società, incidendo sugli stili di vita, sulle aspirazioni e sui comportamenti degli esseri umani. E’ facile osservare, infatti, come nell’attuale scenario sociale si vive molto nello spazio virtuale e come internet sta diventando sempre di più parte delle nostre vite come strumento fondamentale per la gestione del nostro lavoro e delle nostre relazioni interpersonali, permettendo così, di unire mondi, culture e soggetti distanti, in tempo istantaneo. Questo nuovo spazio sociale dovrebbe essere il più libero ed esplorato, evitando così l’emarginazione di alcuni cittadini dai processi di innovazione. Però l’accesso alla rete non è disponibile a tutti allo stesso modo (digital divide), poiché non è uniformato in tutto il mondo ma dipende da più fattori quali, ad esempio, le risorse economiche, la presenza dei supporti di rete, la disponibilità della tecnologia, l’alfabetizzazione digitale, la differenza generazionale, culturale, occupazionale, ecc..

Il web 2.0 Negli ultimi anni internet si è evoluto passando dalla semplice funzione di consultazione ad un utilizzo attivo, il web 2.0, cambiando completamente il modo in cui gli utenti e le aziende utilizzano la rete. Nella cultura digitale che si sta affermando, infatti, emerge un uso sempre più creativo delle tecnologie per dare

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WEB 2.0

eDemocracy

blog

social network

crowdsourcing

figuar 25 - Con l’avvento del web 2.0 hsi stanno diffondendo molti sistemi che permettono alle persone di far ascoltare i loro pensieri e le loro opinioni.

vita a nuovi spazi di aggregazione e di democrazia partecipata. Si diffondono così social network e blog che promuovono il valore della condivisione nello spazio pubblico rappresentato dalla rete, attraverso la possibilità di produrre e pubblicare contenuti propri, prima esclusivamente permessa a soli giornalisti e autori. In questo modo i soggetti possono far emergere pubblicamente la loro soggettività e diffondere le loro idee e opinioni, esprimendo così il proprio diritto-dovere di cittadinanza. Il web 2.0 nel suo complesso, supportato dalle tecnologie mobili disponibili (come tablet e smartphone), permette di creare una nuova rete di partecipazione in cui si realizza un diverso coinvolgimento dei cittadini nelle azioni di gestione e miglioramento dei servizi offerti dalla pubblica amministrazione. Un esempio di spazio virtuale con un forte legame con l’ambiente urbano sono le Wikimap, mappe digitale dove i contenuti multimediali (pensieri, i suoni, le storie e i paesaggi percepiti dai cittadini) associati a precisi posizioni geografiche completano la rappresentazione di strade, edifici e piazze della città. Si presenta come uno spazio pubblico, multimediale, flessibile ed espandibile in cui gli utenti-cittadini possono incontrarsi, conoscersi, condividere idee, storie e apportando contenuti utili a definire l’ambiente urbano. Le Wikimap rappresentano un valido strumento per sperimentare un nuovo modo di relazionare spazio fisico e spazio virtuale e di diventare la piattaforma ideale per l’interazione tra amministrazione e cittadini, poiché gli utenti smettendo di essere semplici recettori e convertendosi in veri attori e autori, possono creare con i loro contributi una “finestra aperta” sulla città. Sfruttando la nuova immagine di internet è emerso il concetto di Crowdsourcing12, sistema che punta alla valorizzazione delle

12 E’ una parola definita da Jeff Howe (giornalista di Wired) nell’articolo “The Rise of Crowdsourcing” della rivista Wired US nel 2006. Deriva dall’unione di: • Crowd, folla/persone; • Source, fonte/sorgente; • Outsourcing, esternalizzare un’attività al di fuori della propria impresa, organizzazione o gruppo)

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L’eDemocracy

potenzialità dei cittadini comuni attraverso la rete. Con questo termine si identifica “una metodologia di collaborazione con la quale le imprese chiedono un contributo attivo alla rete, attraverso delle open-call, delegando ad un insieme distribuito di persone, che si aggregano attorno ad una piattaforma web, per lo sviluppo di un progetto o di una parte di un’attività di un’azienda” (Cinelli Simone, 2011). Nel caso della progettazione del territorio urbano viene intesa come il coinvolgimento della collettività attraverso l’uso di internet per la realizzazione di progetti e idee che interessano l’ambiente urbano, in modo da ottenere una quantità illimitata di creatività e di contenuti. Il consolidarsi della logica e della filosofia web 2.0 e del social networking, oltre al progresso delle nuove tecnologie disponibili, contribuiscono a migliorare la conoscenza condivisa, la rappresentazione del territorio e le connesse problematiche di accesso all’informazione. La governance, in questa realtà, si presenta secondo una duplice visione: dal un lato permette un incremento in efficienza ed efficacia dei rapporti tra amministrazione e i cittadini in termini di erogazione di servizi, di “ricerca di consensi” e di monitoraggio delle dinamiche territoriali; dall’altro permette un diverso approccio con i cittadini nei processi di formazione delle decisioni e delle politiche di intervento sul territorio. Si afferma così il concetto di eDemocracy (democrazia elettronica o digitale) inteso come la realizzazione e la divulgazione di processi partecipativi, offerti dalle istituzioni ai cittadini, attraverso l’uso delle nuove tecnologie di informazione e comunicazione (ICT13). Attraverso la rete e ai nuovi media (social network in primis), infatti, i soggetti interessati potranno dare preferenze su future scelte progettuali indirizzando le attività dell’amministrazione, ma anche dando pareri consultivi sul funzionamento di determinati interventi e servizi. Affrontando la partecipazione nell’ambiente virtuale, è possibile riscontrare una crescita della possibilità di esprimersi, di intervenire ed essere ascoltati, poiché questo sistema garantisce per tutti la possibilità di entrare a far parte della società dell’informazione, contrastando il digital divide. Inoltre questo sistema permette l’accesso alle informazioni prodotte dai soggetti pubblici, rendendole disponibili in maniera immediata e diffusa (Open Government14). Grazie all’applicazione di nuove tecnologie di informazione e di comunicazione e supportando le interazioni tra cittadini e pubbliche amministrazioni, l’eDemocracy, permette, dunque, di operare a livello informativo, dialogato e consultativo, migliorando così l’erogazione di servizi in termini di efficacia,

13 Acronimo di Information and Communication Technology, tradotto Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC), cioè l’insieme dei metodi e delle tecnologie che realizzano i sistemi di trasmissione, ricezione ed elaborazione di informazioni. 14 Nuovo concetto di governance in cui tutte le attività delle amministrazioni sono aperte e disponibili, garantendo un totale controllo pubblico sull’operato.

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efficienza e qualità. Si deve tener conto comunque che gli strumenti di eDemocracy non hanno un valore di esclusività ma di inclusività: essi rappresentano una risorsa, un valore aggiunto agli strumenti tradizionali della democrazia rappresentativa, ai quali non vanno sostituiti. Permettono occasioni di confronto in modalità differenti, sostenendo, rafforzando, innovando le forme tradizionali di partecipazione. Un esempio di strumento di eDemocracy è ePanels. Questo infatti è un metodo, adottato inizialmente dall’Unione Europea, con cui un consiglio regionale o comunale può realizzare delle consultazioni on-line con gli abitanti. In modo rapido, immediato e potenzialmente a basso costo, questo sistema consente ai cittadini di interagire e partecipare ai processi politici che influiscono sulla loro vita quotidiana, attraverso consultazioni dibattiti e sondaggi. In questo modo, attraverso l’accesso ad internet, si promuovono le politiche comunitarie adottate, permettendo a chiunque di poter partecipare e contribuire. Per descrivere la visione contemporanea dell’era di internet rivoluzionata dal web 2.0, dal crowdsourcing e dall’open source e di come la rete può condizionare la politica locale e l’amministrazione del territorio, l’autore Alberto Cottica fa riferimento al termine Wikicrazia. Nel suo libro15 descrive come i cittadini si possono occupare delle politiche pubbliche attraverso il web 2.0 in modo da creare con la pubblica amministrazione un clima di condivisione, collaborazione e trasparenza radicale. Da qui emerge Wikitalia, un progetto orientato a sviluppare, attraverso l’uso della rete, nuove forme di collaborazione all’interno della società complessa che si sta delineando tra istituzioni e cittadini, in maniera da promuovere i principi dell’Open Government e riconsiderare il concetto di democrazia. L’obiettivo dell’iniziativa Wikitalia è mobilitare l’intelligenza collettiva delle comunità civiche verso propositi comuni proponendo “soluzioni web per la trasparenza totale degli atti amministrativi, la disponibilità dei dati pubblici, la creazione di app socialmente utili e un set di strumenti per il dialogo e la collaborazione fra amministrazione pubblica e suoi cittadini.” (Cosenza Marco, 2011) Con il web 2.0, dunque, sta prendendo spazio una nuova forma di governo (gov 2.0) caratterizzato da una maggior integrazione e interazione tra le amministrazioni locali e la cittadinanza. In questa maniera si da la possibilità di fare segnalazioni relative a malfunzionamenti presenti sul territorio e al contempo si permette l’accesso ai servizi amministrativi direttamente dalla rete, portando la gestione dell’informazione sempre più “open”.

15 “Wikicrazia. L’azione di governo al tempo della rete: capirla, progettarla, viverla da protagonisti”, Navarra Editore, 2010.

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L’ente pubblico locale, in questo modo, si trasformerebbe in una sorta di piattaforma di servizi a cui accedere e con cui comunicare direttamente dal web. Si delinea così un modello innovativo che, a partire dai social media e dalle tecnologie mobile, cerca di costruire forme di governo più efficienti e collaborative e una cittadinanza più attiva e partecipe nella vita pubblica, permettendo la generazione di una forma di controllo sociale che migliori la trasparenza ed obblighi gli amministratori locali a tener in considerazione l’opinione pubblica.

2.7.3 Tra reale e virtuale Si apre ora una parentesi sul rapporto esistente tra lo spazio reale

La realtà aumentata

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e quello virtuale. In questo modo viene esposto come l’essere umano si sta relazionando a questi due sistemi considerando l’integrazione nel campo del virtuale delle continue scoperte tecnologiche e dai nuovi servizi offerti all’interno della rete internet. Quando siamo in un ambiente reale avviene un’esperienza totale che coinvolge tutti i sensi di cui disponiamo. Nell’ambiente virtuale invece avviene un’esperienza simulata, prevalentemente visiva. In questi casi ci si trova di fronte a un sistema percettivo fittizio che, combinando l’intuitività di azioni convenzionali con le caratteristiche della grafica tridimensionale, permette la definizione di contenuti interattivi. Questa situazione si può incontrare prevalentemente nel campo dei videogames, assumendo una funzione prettamente ludica, dando inoltre la possibilità di un senso di immersività coinvolgendo oltre al senso della vista, anche quelli del tatto e dell’udito. Da un altro punto di vista il dominio virtuale influisce ogni azione svolta nella nostra vita reale. Infatti la diffusione di reti wi-fi permettono un accesso alla rete eterogeneo, possibile da piattaforme e tecnologie differenziate. Il carattere virtuale in questo caso consiste nell’offrire servizi e una grande varietà di contenuti e informazioni in maniera rapida e istantanea, diversamente da come si è abituati. Lo scambio di informazioni offerto da internet permette di avere un accesso perenne al mondo virtuale, fino ad arrivare a strumenti che permettono una percezione spaziale reale con elementi virtuale come nel caso della realtà aumentata. Per realtà aumentata (augmented reality) si intende una particolare estensione della realtà virtuale, consistente nella sovrapposizione alla realtà percepita da un soggetto, di una realtà virtuale generata dal computer. La percezione sensoriale del mondo che ha l’utente viene modificata attraverso un’integrazione, in tempo reale, di oggetti virtuali che forniscono


informazioni supplementari all’ambiente reale. Gli elementi che “aumentano” la realtà possono essere aggiunti attraverso un dispositivo mobile, come uno smartphone, un PC dotato di webcam o altri sensori, dispositivi di visione (per es. occhiali a proiezione sulla retina), di ascolto (auricolari) e di manipolazione (guanti) che aggiungono informazioni multimediali alla realtà già normalmente percepita. La differenza fra realtà virtuale (virtual reality), e realtà aumentata è che, nel primo caso, ci si trova ad osservare su uno schermo la proiezione di un mondo totalmente fittizio e costituito interamente da oggetti virtuali, invece nella realtà aumentata c’è una integrazione fra immagini reali ed oggetti virtuali, in tempo reale. L’unione delle tecnologie per il riconoscimento delle immagini, dispositivi rendering e di tracciamento, sistemi di posizionamento e la connessione permanente alla rete, consente di visualizzare livelli/layer informativi (consistenti in elementi virtuali e multimediali, dati geolocalizzati ecc.) supplementari all’ambiente reale. La stratificazione di dati che si viene a create permette di spiegare la realtà, consentendo agli individui di interagire e manipolare digitalmente con essa, attraverso elementi (multimediali e interattivi) non per forza statici ma anche dinamici, come movimenti ed animazioni in risposta a delle azioni umane.

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STRUMENTI DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA 3.1 Il fattore “comunicazione” 3.2 Il processo partecipativo

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“Per far crescere le nostre città ben diversamente da come ora accade, dovremmo tornare a sentirci responsabili ed interessati ad esse. Le città non diventeranno però maggiormente interessanti se non interverremo su di loro con passione.” Mitscherlich Alexander in Guiducci Roberto, 1976

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3. STRUMENTI DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA

Raggiungere una definizione chiara di un progetto di pianificazione in maniera partecipata è un processo complesso, che, coinvolgendo diversi attori sociali, punta al raggiungimento di soluzioni collettive intese, non come sommatoria delle diverse preferenze, ma come il risultato di interventi di dialogo, azione e confronto espressi dai partecipanti. Per realizzare questo ci si affida a strumenti comunicativi e metodologici, idonei a mettere in relazione i fattori delle dinamiche quotidiane che interessano l’ambiente urbano e gli attori coinvolti. Sono particolari mezzi e procedure di diverso tipo (analisi territoriali, discussioni di gruppo, seminari e workshop), orientati al coinvolgimento della popolazione nei processi decisionali che riguardano la città e il territorio. Con queste tecniche si realizzano situazioni collettive di confronto (tra molteplici competenze e intelligenze) in cui si individuano i problemi e le relative soluzioni, portando i partecipanti a far emergere le proprie capacità e ad acquisire una maggiore “apertura mentale”. Dopo le considerazioni descritte e analizzate dei capitoli precedenti, ho voluto indagare in maniera più approfondita il processo di partecipazione sul tema della trasformazione urbana, individuando nello specifico i più comuni strumenti, tecniche e metodologie utilizzate per relazionare i vari attori coinvolti. Le esperienze raccolte e riportate di seguito rappresentano un ulteriore avvicinamento al tema, descrivendo lo stato di fatto e gli orientamenti nascenti. Fare ordine fra tutti gli strumenti utilizzati all’interno di questo universo è stato il primo passo per cercare di capire quali sono quelli che abitualmente vengono impiegati nei processi di partecipazione cercando di far emergere le loro caratteristiche di comunicazione, interazione e coinvolgimento. Più che proporre una classificazione, l’indagine qui presentata cerca di analizzare la natura di questi strumenti, le loro caratteristiche e funzioni, senza pretese di esaustività e

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perfezione. Si può presentare come una raccolta “ragionata” dei principali approcci alla partecipazione, descrivendo le metodologie e tecniche principali più diffuse, codificate e non, da applicare nell’ambito di processi decisionali pubblici, in modo da favorire la partecipazione ed il coinvolgimento di tutti gli attori potenzialmente interessati alla questione affrontata. In questo modo si rende visibile il campo d’azione che assumerebbe il designer nei processi di partecipazione, nello specifico le fasi del processo in cui il suo contributo si rivelerebbe più utile e appropriato. Ho quindi, individuato diverse serie di tecniche e modelli, alcuni dei quali provenienti da altri ambiti per essere riadattati, affinché fossero più adeguati allo scopo specifico: sono metodi aperti, che possono essere rinnovati a seconda delle esigenze, e metodi invece codificati con un preciso format per l’utilizzo. Un aspetto interessante che emerge è la presenza di strumenti che svolgono all’incirca la stessa funzione, magari attraverso metodologie differenti; oppure ancora strumenti in stretta relazione l’uno con l’altro in cui lo sviluppo del primo è indispensabile per lo sviluppo del secondo. Si ricorda inoltre, che queste tecniche e metodologie sono uno strumento di lavoro, non una finalità della partecipazione.

3.1 Il fattore Un aspetto fondamentale nei processi organizzativi e gestionali “comunicazione” dei processi di partecipazione, in un mondo e una società sempre

più complessi, sono le modalità in cui avviene la comunicazione tra gli attori coinvolti. Si presentano, infatti, collaborazioni e discussioni tra soggetti e gruppi sociali diversi, con bisogni e identità differenti, che durante il processo devono riuscire a raggiungere un accordo e un compromesso nelle scelte condivise di progettazione. La comunicazione deve, quindi, prevedere un’utenza multi-target evitando un codice “tarato” solamente su un soggetto standard (uomo, istruito, sano, maschio), ma considerando messaggi che tutti siano in grado di comprendere, senza dover escludere qualche possibile destinatario. Per cui, la comunicazione pubblica, per considerarsi una risorsa, deve essere diffusa e di facile comprensione per ciascun tipo di utente. “La disponibilità effettiva di informazione permette una notevole liberazione di tempo, sia per i cittadini, che possono evitare così inutili dislocazioni, sia per la struttura amministrativa, che può così ridurre il tempo impiegato nell’orientare gli utenti verso le strutture adatte”. (Arena Gregorio, 2006)

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INFORMAZIONE

Mittente

Destinatario

COMUNICAZIONE

Mittente

Prima di indagare bene l’aspetto comunicativo all’interno della pianificazione partecipata, è opportuno descrivere la distinzione presente tra l’informazione e la comunicazione. L’informazione consiste unicamente nella trasmissione di messaggi senza prevedere alcune verifica della ricezione e senza aspettarsi delle risposte da parte dei destinatari, creando così un rapporto unidirezionale. L’informazione ha carattere oggettivo: è la notizia che fornendo elementi di conoscenza, si propone come una codifica di dati raccolti, portando con se un valore potenzialmente utile al fruitore per i suoi molteplici scopi. Nella comunicazione, invece, c’è attenzione a far arrivare il messaggio aspettandosi delle risposte, creando, in senso proprio, delle relazioni comunicative tra soggetti. La comunicazione è dunque soggettiva, in quanto dipende dal punto di vista dei soggetti che comunicano e il suo successo viene sostenuto dalla modifica del comportamento dei destinatari dopo l’acquisizione del contenuto della comunicazione. Un altro aspetto da sottolineare è la condizione in cui avvengono i vari incontri partecipativi. Per ottenere il miglior risultato ottenibile i processi di partecipazione devono avvenire in un clima di maggior collaborazione, partecipazione, solidarietà e cooperazione possibili, per cui incoraggiare la fiducia tra i vari attori e la sensazione di poter influire sulle decisioni finali. Per creare questa situazione è giusto affrontare i dialoghi e discussioni che avvengono in maniera positiva e propositiva. A questo riguardo è giusto segnalare due tecniche di base adatte a introdurre il giusto sistema di approccio comportamentale a queste situazioni. Il primo è l’Alternative Dispute Resolution, approccio innovativo di gestione creativa dei conflitti elaborato da Roger Fisher, direttore del dipartimento relativo, e da William Ury, docente di antropologia, all’interno dell’Harvard Law School nel 1979. Questo metodo ha l’obiettivo di migliorare sia l’insegnamento

Destinatario figura 26 - L’informazione si caratterizza da un rapporto unidirezionale tra mittente e destinatario, mentre la comunicazione prevede un rapporto bi-direzionale che include una risposta da parte del destinatario.

L’Alternative Dispute Resolution

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L’Ascolto Attivo

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teorico che la pratica della negoziazione e risoluzione dei conflitti, affinché la gente possa trattare sia gli scontri interpersonali sia quelli internazionali in modo costruttivo. Si caratterizza di quattro principi fondamentali: • bisogna cercare di scindere le persone dal problema. Trattandosi di un negoziato tra persone, le discussioni sono condizionate dall’espressione delle emozioni personali e bisogna cercare di non confondere la difficoltà della comunicazione con la fondatezza delle ragioni e con la sostanze delle questioni. Ciascuno deve cercare il più possibile di accettare che la controparte esprima il suo malcontento, il suo disagio, le sue ragioni anche in modo emotivo, attraverso un Ascolto Attivo. • Di solito ci si schiera in una precisa posizione, generalmente quella più ovvia, che soddisfa i propri interessi. Ma è una delle tante opzioni, per cui è importante concentrarsi sugli interessi, molti dei quali inespressi, e non sulle posizioni. Più che mediare tra le posizioni occorre cercare di conciliare gli interessi, anche rendendo espliciti i propri, affinché anche la controparte possa prenderli in considerazione. • Spesso in un negoziato si parte dal posizioni per distinte e si cerca il più possibile di ridurre la loro distanza. In una situazione complessa è invece importante allargare la gamma delle opzioni possibili, produrre un numero elevato di soluzioni creative, anche attraverso la tecnica del brainstorming, senza giudicarle, separando il momento dell’invenzione da quello della decisione. La discussione delle opzioni emerse consentirà di sviluppare lo spazio entro il quale negoziare, trovando possibilità in grado di dare guadagni comuni. • L’esito di un negoziato deve essere espresso, a seconda della situazione, utilizzando criteri oggettivi (valore di mercato, standard professionali ecc.). Altro approccio è quello dell’Ascolto Attivo, un atteggiamento con cui interagire con gli altri, rendendosi disponibili ad ascoltare ed apprendere ciò che il nostro interlocutore dice. L’obiettivo è cercare “di capire l’esperienza dell’altro, il che implica accogliere come importanti aspetti che siamo abituati a considerare trascurabili o addirittura che prima non abbiamo mai preso in considerazione.” (Sclavi Marianella, 2000) E’ necessario “mettersi nelle condizioni di capire come mai comportamenti e azioni che sembrano irragionevoli, per l’interlocutore sono totalmente ragionevoli e razionali.”(Sclavi Marianella, 2002) In situazioni di dialoghi interculturali, si evidenziano come “uno


stesso comportamento” può avere significati diversi e allo tempo stesso assolutamente legittimi, poiché ogni cultura ha abitudini percettive e valutative profondamente interiorizzate e difficili da cambiare. Per rendere bene l’idea di cosa si intende per Ascolto Attivo riportiamo qui sotto le “Sette Regole dell’Arte di Ascoltare” scritte nel libro di Marianella Sclavi. “1. Non avere fretta di arrivare a delle conclusioni. Le conclusioni sono la parte più effimera della ricerca. 2. Quel che vedi dipende dal tuo punto di vista. Per riuscire a vedere il tuo punto di vista, devi cambiare punto di vista. 3. Se vuoi comprendere quel che un altro sta dicendo, devi assumere che ha ragione e chiedergli di aiutarti a vedere le cose e gli eventi dalla sua prospettiva. 4. Le emozioni sono degli strumenti conoscitivi fondamentali se sai comprendere il loro linguaggio. Non ti informano su cosa vedi, ma su come guardi. Il loro codice è relazionale e analogico. 5. Un buon ascoltatore è un esploratore di mondi possibili. I segnali più importanti per lui sono quelli che si presentano alla coscienza come al tempo stesso trascurabili e fastidiosi, marginali e irritanti,perchè incongruenti con le proprie certezze. 6. Un buon ascoltatore accoglie volentieri i paradossi del pensiero e della comunicazione interpersonale. Affronta i dissensi come occasioni per esercitarsi in un campo che lo appassiona: la gestione creativa dei conflitti. 7. Per divenire esperto nell’arte di ascoltare devi adottare una metodologia umoristica. Ma quando hai imparato ad ascoltare,l’umorismo viene da sè.” (Sclavi Marianella, 2000) Dunque nei processi partecipativi la comunicazione deve avvenire in maniera semplice e trasparente: le fonti e la disponibilità di dati devono essere credibili e attendibili; le informazioni comprensibili a tutti, per cui è necessario adottare una pluralità di linguaggi da utilizzare in modo appropriato a seconda dei contesti e degli attori coinvolti con una combinazione di stili, improntati a conciliare rigore scientifico e immaginazione. Non esiste una strategia comunicativa specifica valida in qualsiasi occasione per realizzare un’efficace progettazione partecipata, poiché esistono svariate problematica che le politiche urbane e territoriali devono affrontare. Per questo motivo esistono diverse modalità di intervento, differenziate in base al contesto in cui si opera e all’obiettivo che si vuole raggiungere.

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3.1 Il processo La partecipazione può essere intesa come uno scambio tra partecipativo gli attori chiuso e unilaterale in cui il cittadino viene coinvolto

in quanto gli si richiede di dare un’opinione e di segnalare elementi a suo avviso importanti; in questa situazione però non avviene una risposta o un confronto ma i destinatari (pubblica amministrazione e professionisti) si limitano a valutare e a prendere in considerazione tali informazioni solo se lo ritengono necessario. Oppure la partecipazione si può presentare come uno scambio aperto e bi-direzionale in cui è previsto tra i soggetti coinvolti un possibile confronto di idee, considerazioni ed esperienze: così da creare una comunicazione partecipativa in cui il cittadino è un soggetto agente che con le azioni compiute accresce il proprio livello di coinvolgimento e contribuisce con effetti positivi alle finalità prefissate dal processo di progettazione. Il coinvolgimento è infatti in grado di aumentare la partecipazione emotiva, di accrescere il livello di reazione comportamentale e di agevolare il raggiungimento del livello riflessivo necessario per prendere decisioni. Da sottolineare che il livello di partecipazione prevista dovrebbe essere comunicata ai partecipanti in modo trasparente, affinché essi siano informati, consapevoli sulle opportunità del processo a cui sono invitati, che possano valutare in quale misura il proprio contributo potrà incidere sulle decisioni finali, quale ruolo, limiti e opportunità sono offerti e in gioco e quali responsabilità e apporti sono richiesti rispetto alla definizione e attuazione delle decisioni.

L’analisi conoscitiva

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Tradizionalmente nella progettazione urbana viene dato per scontato che il pianificatore o progettista conosca a priori i “reali bisogni” degli utenti del progetto, senza quindi preoccuparsi di indagarli. Così facendo il progetto viene esclusivamente influenzato dalle personali percezioni, convinzioni e gusti del progettista (e/o del decisore politico), ad esempio attorno a che cosa sia definibile “bello”, “funzionale”, “vivibile”, “utile” e, non ultimo, “sostenibile”. Il primo passo dei processi di pianificazione partecipata è dunque quello di definire il maniera chiara il contesto di riferimento corrente dell’ambiente urbano in cui si andrà a collocare il progetto, individuando i fattori che lo caratterizzano. Questo viene svolto attraverso un’indagine conoscitiva del territorio, non solo per mezzo di strumenti tipici della tradizionale analisi urbanistica, ma anche con uscite sul territorio (Camminata di quartiere o Outreach), interviste e questionari agli abitanti. Si rileva così l’assetto territoriale e sociale presente, identificato dai problemi, bisogni e aspettative degli attori coinvolti. In


INDAGINE CONOSCITIVA DEL TERRITORIO - Analisi del territorio - Analisi sociale - Attività di animazione

RACCOLTA E ANALISI RICHIESTE DEI CITTADINI - Rielaborazione dati indagine precedente (bisogni e interessi) - Attività di gruppo - Attività di animazione

DEFINIZIONE PRELIMINARE DEL CONCEPT DI PROGETTO - Attività di gruppo - Workshop - Uso strumento creativi - Attività di animazione

SVILUPPO DEL PROGETTO - Progettazione da parte di professionisti e amministrazione

CONSULTAZIONE SCELTE FATTE - Consultazione su funzionalità, estetiche e pratiche - Apportare di seguito le giuste correzzioni - Partecipazione passiva

PROGETTO ESECUTIVO FINALE figura 27 - Il processo di progettazione partececipata si caratterizza di diverse fasi, nelle quali si presentano diversi metodi per coinvolgere i cittadini.

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INDAGINE CONOSCITIVA osservazione

figura 28 - L’indagine conoscitiva del territorio avviene attraverso attività di consultazione, interviste e questionari ai cittadini e di uscite sul territorio.

questionari

uscite sul territorio

consultazione

interviste

questa maniera è possibile comprendere la storia della loro vita nei rapporti con quel territorio urbano, valutare i modi e i gradi di mobilitazione presenti e possibili della popolazione insediata e inoltre definire le potenzialità presenti nell’area, le interconnessioni fra i vari aspetti dal punto di vista dei problemi e delle possibili soluzioni. Quest’analisi solitamente avviene attraverso attività di consultazione, intese come l’insieme delle tecniche di inchieste e sondaggi destinate alla raccolta delle idee, pareri e valutazioni delle persone che vivono in una determinata area in cui sono previsti interventi di trasformazione a livello urbano. Queste azioni, spesso tendenti a tecniche sociologiche, permettono l’acquisizione di informazioni che correttamente interpretate forniscono la rappresentazione della scenario territoriale dell’universo sociale presente, per una definizione dei problemi da affrontare poi nella fase successiva di progettazione collettiva. In queste attività è importante tenere conto la contestualizzazione: è necessario conoscere le opinioni dei soggetti coinvolti insieme all’ambiente in cui vivono (dalla scala domestica a quella urbana) oltre alle relazioni che si instaurano. Per acquisire preliminarmente informazioni che poi entreranno in maniera efficace nel processo decisionale, ci si affida, per cui, a tecniche di indagine in cui si stabiliscono rapporti direttamente con gli abitanti che vivono i luoghi oggetto della progettazione, in modo da avere un’immediata visione dei problemi e valutazioni dei vari attori coinvolti. L’appartenenza ad un’area ben definita implica conoscenze e capacità implicite del territorio, così da permettere l’acquisizione di specifici dati utili, oltre a promuovere l’attività collettiva. Alla base di queste tecniche “c’è l’idea che sia fondamentale riconoscere e valorizzare la competenza degli abitanti riguardo al proprio ambiente di vita: conoscenza ordinaria, non professionale e non tecnica, ma che

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deriva dal fatto che essi quotidianamente vivono quel territorio, ne fruiscono in quanto ‘ambiente’ in cui abitano o lavorano, o intessono reti di relazione e di socialità.” (Sclavi Marianella, 2002) La percezione che un abitante ha del proprio territorio è, dunque, una conoscenza che il professionista non possiede, ma è essenziale per la realizzazione di un progetto efficace. Infatti lo spazio urbano, pur conservando alcuni caratteri di estraneità, possiede molte forme di sapere diffuso, e simboli che conferiscono identità, influenzando sul modo di essere dei soggetti e sulle loro modalità di relazione. Spesso in questa prima fase si riscontrano difficoltà legate all’atteggiamento che si incontra nelle persone che si vuole coinvolgere. Infatti, il più delle volte, queste si sentono inadeguate al fatto di poter collaborare o in altri casi rimangono diffidenti e dubbiose sulla loro possibile collaborazione. In queste situazioni è bene intervenire proponendo soluzioni e strumenti di incentivazione alla partecipazione con un alto carattere comunicante. Il designer in questa situazione può sfruttare le sue conoscenze per proporre una buona e accattivante comunicazione preliminare destinata a colpire l’attenzione dei cittadini e convincerli a dare il loro contributo. In alcuni casi, questa fase conoscitiva, avviene attraverso altri metodi comunicativi, nello specifico attraverso attività di gruppo (Brainstorming, Focus Group, Open Space Technolgy, Metaplan, Town Meeting) che permettono ai cittadini di esprimere le loro opinioni e punti di vista che interessano la questione in corso. Queste tecniche caratterizzano, inoltre, la fase successiva, in cui vengono elaborati e discussi i dati acquisiti durante l’analisi del territorio, così da sviluppare delle soluzioni e dei modelli, che permettono la costruzione di scenari ed elaborati condivisi di piani d’azione. Con questo tipo di azioni viene promosso il coinvolgimento dei partecipanti, realizzando discussioni di gruppo e attività didattiche volte al confronto e allo scambio di idee ed esperienze per far emergere i problemi e le possibili soluzioni. In queste occasioni può capitare, spesso, che ci siano situazioni divergenti, ma questo non deve considerarsi una strada chiusa ma un incentivo a confrontarsi per trovare nuove e creative soluzioni, con l’obiettivo di arrivare ad un accordo ragionevole tra le parti. Molte di queste tecniche derivano da scienze sociali, antropologiche e etnografiche, individuando diversi metodi per capire e migliorare la negoziazione e il rapportarsi tra le persone. In queste occasioni il designer può dare il suo contributo ripensando a queste attività di gruppo codificate, integrandole

Le attività di gruppo

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attività didattiche

strumenti creativi figura 29 - Le attività di gruppo permettono di creare situazioni in cui far emergere le opinioni e le idee di tutti i partecipanti, spunti che possono essere interessanti e utili per il progetto.

discussioni semistrutturate

di sistemi (anche grazie alle nuove tecnologie a disposizioni) che aiutino e semplifichino la partecipazione e l’espressione delle idee personali dei singoli partecipanti, così da ottenere alla fine una chiara strutturazione dei pensieri collettivi.

La partecipazione Si possono presentare casi in cui la partecipazione si manifesta “passiva” in una forma “passiva”. In questa situazione non avviene uno scambio e un confronto tra i diversi attori sociali, ma avviene una comunicazione unidirezionale fondata su un’asimmetria tra amministrazione e cittadini in cui la prima fà (comunica, ascolta) e i secondi hanno un ruolo passivo di ricettori della comunicazione e di emettitori di feedback. Infatti si presentano situazioni (come il Planning for Real) in cui ai cittadini vengono fornite informazioni oggettive su un progetto che si intende realizzare, dove l’analisi, le valutazioni e le decisioni sono già state effettuate. Infatti alla cittadinanza viene proposta solo una selezione di soluzioni progettuali chiedendo di indicare quella più gradita e di manifestare suggerimenti e idee. Non ci sono grandi spazi di azione, ma alla comunità viene concessa una ristretta possibilità di scelta e un ruolo marginale nella decisione. Infatti si ottengono delle risposte (feedback) dal pubblico coinvolto che possono influenzare le decisioni e migliorare il progetto, se prese realmente in considerazione, lasciando in caso spazio alla negoziazione. In questi casi è a discrezione dei professionisti e delle amministrazioni considerare o meno le proposte avanzate dai cittadini, anche se mostrare loro la giusta attenzione alle istanze proposte permette il formarsi di un clima di solidarietà e correttezza.

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Iniziativa dei cittadini

Segnalazione tramite web 2.0

Geo referenziazione

Visione amministrazione

Comunicazione

Altri casi di partecipazione “passiva”, in cui però i ruoli si invertono, sono visibili nella rete internet sotto forma di siti web e applicazione per dispositivi mobili. Strumenti di questo tipo, sfruttando il progresso tecnologico, permettono ai cittadini di effettuare dei suggerimenti e segnalazioni relative al territorio, che l’amministrazione vedrà successivamente se prendere in considerazione o meno. Infatti si può notare come dal 2008, a partire dagli Stati Uniti ma poi in tutto il mondo, sono stati lanciati nella rete siti, community, social network e piattaforme 2.0 che offrono un servizio di collaborazione tra cittadini e amministrazioni pubbliche. Si possono presentare come bacheche virtuali (Give a minute, Co-Create London) in cui i cittadini postano idee, proposte e soluzioni relativi a servizi pubblici per essere successivamente visionati dai responsabili della pubblica amministrazione. I suggerimenti pubblicati offrono punti di vista diversi (c’è chi offre soluzioni concrete, chi propone suggerimenti culturali e chi segnala disservizi) e possono essere visionati e commentati da tutti i visitatori del sito. Oppure ci sono sistemi che si presentano come un modello di segnalazione e monitoraggio di ogni tipo di disagio e disservizio che si possa presentare a livello urbano e per i quali è necessario un intervento da parte di enti locali e organizzazioni pubbliche competenti (SeeClickFix, ePart, WeDU). Attraverso il sito o l’applicazione per smartphone i cittadini possono, sfruttando la connessione internet, segnalare disservizi, guasti e problemi di vario genere nella propria città, (tipo buche sulla strada, graffiti e manifesti abusivi, problemi di trasporti, fognatura, illuminazione pubblica, randagismo, rifiuti e pulizia, segnaletica stradale, ecc.). Le segnalazioni vengono inoltre geolocalizzate sulla mappa dagli utenti che ne descrivono le caratteristiche e possono allegare delle foto o altri elementi multimediali. Per i cittadini è possibile

figura 30 - Il web 2.0 ha permesso la creazione di strumenti web che consentono ai cittadini di fare delle segnalazioni georeferenziate del territorio per poi essere visibili dall’amministrazione in una mappa digitale che le raccoglie.

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APPLICAZIONI WEB 2.0 Give a minute E’ una piattaforma web, nata nel 2010, usata per le città di Chicago, Memphis, New York e San Josè, in cui, come in una bacheca virtuale, i cittadini possono postare (attraverso il sito, Facebook o Twitter) idee, proposte e soluzioni relativi ad una diretta e specifica domanda riferita ai servizi pubblici offerti dalla città. I post pubblicati possono poi essere visionati dai responsabili della pubblica amministrazione e in una fase successiva le persone con idee e proposte simili saranno riunite in gruppi di lavoro orientati alla ricerca di soluzioni fattibili, così da creare un forte dialogo tra cittadinanza e pubblica amministrazione su possibili progetti o modificazioni del territorio. Co-Create London E’ una piattaforma inglese con cui tutti i cittadini che vogliono “to make London a better place” possono dare suggerimenti e condividere idee che vengono pubblicate attraverso un sistema di microblogging. I post pubblicati dagli utenti londinesi sono brevi frasi, concise ma cariche di proposte (soluzione concrete o suggerimenti culturali) che tutti possono commentare e da cui l’amministrazione pubblica può prendere spunto per progettare spazi urbani a misura d’uomo. E’ un nuovo spazio virtuale dove presentare e far votare le proprie idee atte a migliorare la propria città, in questo caso Londra. SeeClickFix Fondato nel 2008 da Ben Berkowitz, SeeClickFix.com, è un sito americano al servizio dei cittadini che consente loro di segnalare e monitorare ogni tipo di disagio e disservizio che si possa presentare a livello urbano e per i quali sia necessario un intervento da parte di enti locali e organizzazioni pubbliche competenti. Permette agli utenti di postare sul sito reclami relativi a disagi incontrati in una determinata zona, localizzata tramite una mappa, e anche di avanzare proposte per migliorare quegli aspetti che rendono meno vivibile e piacevole un’area della città. In questa maniera viene facilitata e incoraggia la comunicazione tra i cittadini e l’amministrazione locale. ePart E’ una piattaforma web 2.0, diffusa nel 2010 da una società di consulenza tecnologica e gestionale con sede a Reggio Calabria, che offre un servizio di collaborazione tra cittadini e amministrazioni in modo che le inefficienze e i disservizi che quotidianamente vengono registrati sul territorio, possano essere risolti rapidamente. Attraverso il sito ePart.it o l’applicazione per smartphone i cittadini possono, segnalare disservizi, guasti e problemi di vario genere nella propria città, geolocalizzandoli sulla mappa, descrivendoli e allegandoli di foto. Per i cittadini è possibile inoltre seguire lo stato di avanzamento dei lavori fino alla risoluzione del problema. WeDU! Decoro Urbano E’ un’applicazione gratuita per dispositivi mobili (iPhone, iPad e iPod Touch e Android) lanciata nel 2011 con l’obiettivo di consentire un dialogo tra i cittadini e le amministrazioni locali sui problemi di degrado nelle città. Infatti permette ai cittadini di segnalare ciò che di indecoroso e trascurato ci può essere nelle città, come i rifiuti in una fioriera, la segnaletica mancante, affissioni abusive, zone verdi deturpate, il problema delle buche per strada e quant’altro. Tutte le segnalazioni geo-localizzate sono poi visibili sul sito Decorourbano. org con la possibilità di condividerle su altri social network come Facebook o Twitter.

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inoltre seguire lo stato di avanzamento dei lavori fino alla risoluzione del problema. Queste nuove possibilità permettono e incoraggiano la comunicazione tra i residenti di un’area e l’amministrazione locale, in modo che le inefficienze e i disservizi che quotidianamente vengono registrati sul territorio, possano essere risolti rapidamente. Durante la ricerca sono emersi numerosi modelli che, sfruttando la rete, ricoprono il compito di dar voce ai cittadini. E’ bene che si siano sviluppati molti sistemi a disposizione della cittadinanza, ma sottolineo il possibile rischio di averne in eccesso. Infatti la creazione di troppi strumenti, atti a svolgere più o meno la stessa funzione, potrebbero solo confondere il cittadino e l’amministrazione, rendendo il loro contributo vano. Sarebbe produttivo creare uno strumento che, integri diverse proprietà di quelli esistenti e che consideri la possibilità di avere un legame diretto con l’amministrazione per una migliore utilità pratica. L’avvento del web 2.0 ha portato alla proliferazione di siti internet e applicazioni a cui le persone fanno sempre più riferimento. Da qui emerge l’opportunità di creare interfacce che permettano un semplice uso di questi strumenti, così da rendere l’interazione più facile e intuitiva. In questa direzione è evidente la possibilità di intervento del design, che già con il ramo dell’interaction design si occupa di questa realtà, pensando al modo in cui queste funzionano e come si presentano esteticamente. Spesso le attività di coinvolgimento della popolazione alla partecipazione, per avere un’attenzione e un richiamo maggiore, richiedono azioni di sensibilizzazione per lo più consistenti in attività di animazione. L’animazione è una tipologia d’intervento che punta allo sviluppo e alla mobilitazione della comunità, comprendendo ambiti socioculturali, educativi, sociopolitici e commerciali, attraverso la realizzazione di eventi, intesi come azioni di mobilitazione nel territorio con forte valenza espressiva e artistica. Queste attività possono riscontrare due valori: da un lato possono avere una caratteristica immateriale, di indagine sociale, in cui le azioni di animazioni puntano al recupero di situazioni umane di estrema marginalità, permettendo l’entrata in contatto con il lato nascosto del disagio presente in alcune aree. Dall’altro, le animazioni promuovono interventi diretti allo sviluppo della solidarietà cittadina e al rafforzamento delle reti sociali attraverso iniziative diversificate per gruppi di popolazione, generalmente per fasce d’età o di interessi. Inoltre attività di questo tipo, oltre a rappresentare un’importante occasione per la socializzazione, contribuiscono al senso di appartenenza al nuovo progetto e allo

L’animazione

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ANIMAZIONE

uso creativo del suolo

indagine sociale figura 31 - L’animazione permette di creare attività rivolte all’uso alternativo del territorio promuovendo la solidarietà cittadina e al contempo svolgendo indagini sociali.

intervento sul territorio

sviluppo di un rapporto affettivo e di identificazione con lo spazio, permettendo così, una successiva gestione più attenta dell’area (meno vandalismo, più cura, costi gestionali minori, ecc.). Questi possono essere ad esempio microiniziative di riqualificazione di aree o edifici, come cantieri evento, in cui gli abitanti partecipano attivamente al lavoro in cantiere, contribuendo e ricevendo informazioni dirette sui mutamenti in atto nel luogo stesso. L’evento è un momento fondamentale perché riappaga pubblicamente e visibilmente l’impegno dei partecipanti, anche se in alcuni casi vengono mosse critiche riguardanti l’aspetto economico di suddetti eventi. L’animazione legata all’ambiente urbano, può essere interpretata anche in chiave diversa. L’uso di questo sistema permette la partecipazione attraverso azioni di esperienze di tipo ludico e ricreativo. Esistono infatti piattaforme, che sfruttando il “performing media”, mettono in relazione lo spazio pubblico e l’azione dei cittadini in maniera giocosa e spettacolare. Infatti, attraverso la potenzialità performativa dei nuovi media interattivi e mobili, è possibile realizzare esperienze attive all’interno della città (considerata come la scena di un teatro) reinventandola e riscoprendola in modo creativo e partecipativo. Con questi tipi di giochi si vogliono intendere tutte quelle pratiche sociali, artistiche e culturali che instaurano un rapporto diverso con i luoghi che le ospitano. Le azioni di performance pongono un rapporto riflessivo con l’ambiente ridefinendone la cornice che lo inquadra e instaurando nuove relazioni o alterando quelle già esistenti. In questo caso il contributo del designer può essere quello di sviluppare nuovi metodi procedurali in cui svolgere gli eventi e allegarli di strumenti comunicati e partecipativi specifici

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per coinvolgere maggiormente i cittadini. Nei processi di partecipazione si possono riscontrare in alcuni casi iniziative più complesse, come l’European Awareness Scenario Workshop, che integrando al loro interno alcuni degli strumenti precedentemente descritti e realizzando seminari e workshop, creano situazioni collettive di coinvolgimento attivo in cui i partecipanti possono elaborare, insieme alle figure professionali, soluzioni progettuali in maniera costruttiva, individuando le linee guida del progetto in modo che possa soddisfare tutti gli attori coinvolti. In questo caso avviene un approccio più tecnico-operativo, una co-progettazione strutturata in diverse fasi di lavoro e di confronto tra vari soggetti, ottenendo così, una collaborazione totale in ogni aspetto decisionale, a partire dalla condivisione di una visione e degli obiettivi di un progetto, all’analisi dei problemi, soluzioni, alternative e modalità di realizzazione. Quando si realizzano processi di questo tipo, è spesso richiesta la presenza di una figura che coordini tutte le operazioni e supporti, oltre la pubblica amministrazione, tutti i partecipanti, per arricchire il confronto di idee e trovare soluzioni a problemi in contesti di interessi diversificati. Il ruolo del facilitatore è quello di accompagnare le attività, senza intervenire nel merito delle questioni discusse, ma organizzando le fasi del processo e assumendo anche la funzione di mediatore e negoziatore così da garantire una maggiore qualità e dinamicità della partecipazione e della discussione. Come nei casi di co-progettazione all’interno della pratica del design anche in queste occasioni è possibile usare strumenti atti a far collaborare diversi soggetti. Infatti nello svolgere i workshop è vantaggioso usare strumenti che permettano ai cittadini di meglio esprimere i propri pensieri anche attraverso esercizi prettamente figurativi e manuali. Il designer, dunque, potrebbe creare gli strumenti di supporto al workshop come quelli usati negli eventi di co-design. Un aspetto fondamentale da tenere in considerazione nei processi partecipativi è come rendere visibili tutti i dati e le informazioni utili alla progettazione. Infatti perché tutti gli attori coinvolti nel processo capiscano bene tutti i dettagli necessari è bene che sia presente una visualizzazione degli elementi chiara e semplice. Nell’ambito della visualizzazione di dati, negli ultimi anni, si stanno sviluppando una serie di progetti urbani basati su tecnologie digitali e interattive che rendono possibile un tipo di partecipazione orizzontale tra tutti i cittadini. Queste sperimentazioni si basano

I workshop

La visualizzazione dei dati del territorio

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sulla recente idea che le città debbano prendere sempre più la forma di Smart City. Con questo termine si vogliono identificare le città intelligenti, ecosostenibili, interconnesse, tecnologicamente avanzate, che puntano ad un’economia sostenibile e che valorizzano il capitale ambientale, sociale e culturale. Alla base di questi nuove idee vi è la crescente diffusione nei cittadini di smartphone e tecnologie mobili (il 95% delle persone che vivono nelle città possiedono un dispositivo mobile connesso a internet), che possono raccogliere dati e informazioni sull’ambiente fisico, utili per aumentare la percezione e le opportunità delle città e del mondo. Infatti queste nuove tecnologie permettono di tracciare e mappare il movimento delle persone e dei mezzi che attraversano la città, consentendo di monitorare cosa “succede”, per poi ricavare informazioni utili per progettare servizi specifici in maniera da soddisfare le reali esigenze della popolazione. I laboratori del Senseable City del MIT16 di Boston, nati nel 2003 e diretti dall’architetto e ingegnere italiano (del Politecnico di Torino) Carlo Ratti, indagano nello specifico le possibilità di efficienza che una Smart City può raggiungere. Il progetto WikiCity, di questo laboratorio americano, studia la possibilità di creare sistemi di controllo su dinamiche che investono la città in real-time, sfruttando l’ampia diffusione dei sensori e dei dispositivi elettronici a disposizione dei cittadini, degli enti locali e delle imprese (smartphone, GPS, router wireless, ecc.). I ricercatori stanno sviluppando diversi tipi di piattaforme necessarie all’archiviazione e lo scambio (in forma anonima) di dati acquisiti e diverse interfacce multimodali per internet, dispositivi mobili e oggetti fisici che connettano i dati virtuali con il mondo fisico. In questo modo è possibile acquisire, in tempo reale, una grande varietà di informazioni relative all’uso e alle caratteristiche dell’ambiente urbano che, sovrapposti alla topografia e alle infrastrutture della città, evidenziano la stratificazione collettiva delle scie lasciate dagli utenti, nel momento stesso in cui ciascuno di loro svolge la propria attività all’interno del territorio. I dati così acquisiti, rappresentanti l’immagine della città (un fascio di una pluralità di fattori), sono di facile e istantaneo accesso ai cittadini, che diventano in automatico i principali attori nel migliorare l’efficienza dei sistemi urbani, poiché possono modificare le proprie decisioni, azioni e spostamenti (fruizione dei luoghi urbani), in base alle informazioni sui flussi ricevuti in tempo reale. Inoltre con questi sistemi è possibile integrare queste informazioni con tutti quei dati sulla città e il territorio che normalmente le amministrazioni trattengono per un uso

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Massachusetts Institute of Technology.


esclusivamente volto alle politiche di pianificazione. L’avvento del web 2.0 e degli strumenti annessi, insieme alle recenti ricerche su Wikicity, dunque, mettono a disposizione dei cittadini in maniera continua un’infinita quantità di dati e informazioni pubbliche relative al territorio. Questo rende evidente la difficoltà di accedere e fruire in maniera agevole ed efficace a queste basi di dati sempre più articolate e complesse. Questa situazione solleva riflessioni sul ruolo sociale dell’informazione territoriale condivisa e del ruolo che assume il design per rendere accessibili in maniera agevole ed efficace i dati messi a disposizione. Infatti sfruttando le basi dell’infografica è possibile restituzione visivamente i dati acquisiti tramite un incrocio sintetico dei diversi tipi di informazioni provenienti dalle diverse fonti, così da evitare di rimanere sovraccaricati da un’enorme quantità di flussi informativi. L’interaction design dall’altro, può agevolare le interfacce d’accesso che grazie alla diffusione di nuovi dispositivi di comunicazione personali portatili (come tablet e smartphone), rende l’apporto e la visualizzazione di contenuti una pratica sempre più abituale e quotidiana. Detto questo, è evidente che all’interno dei processi partecipativi è bene cogliere gli aspetti comunicativi e sociali oltre a tener conto delle potenzialità delle nuove tecnologie (nuovi media) e sistemi comunicativi, di come si usano e di come possono apportare un valore aggiunto all’interno del processo. In questo modo i cittadini diventano più disponibili a partecipare e collaborare con l’amministrazione poiché viene dato spazio ai loro contributi, sono più informati e finalmente considerati interlocutori utili per la gestione urbana. Da qui i professionisti come architetti ed urbanisti possono ragionevolmente cominciare a lavorare in costante comunicazione con loro, “condividendo” saperi e conoscenze.

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P01 INTERVISTE

Categoria: Indagine e analisi del territorio Tipologia: Tecnica di consultazione Giornalismo Origine: L’intervista è una tecnica molto versatile e rapida per raccogliere informazioni, utilizzabile in vari fasi di progettazione e in diversi contesti. Attraverso un’intervista il ricercatore pone delle domande, a voce, direttamente al soggetto, evitando così che ci sia un’errata interpretazione: infatti in caso di una risposta non attinente, il ricercatore può riformulare la domanda. Di conseguenza i dati raccolti godono di un’alta validità, anche se si rivela decisamente più costoso del questionario, sia in termini di tempo che di denaro, perché richiede la presenza del ricercatore durante l’intera durata della sessione di interviste. Inoltre la presenza del ricercatore potrebbe assumere un aspetto negativo, poiché potrebbe porsi in un atteggiamento di soggezione o di accondiscendenza nei confronti del soggetto intervistato. Le interviste generalmente si dividono in: - Intervista aperta e non strutturata: consiste in una sorta di conversazione tra il ricercatore e

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l’utente, cui vengono poste domande aperte in modo libero, lasciando che il discorso prenda la direzione in base al procedere del discorso. Questo metodo è adatto all’inizio della ricerca, per indagini di tipo esplorativo, dove non si hanno ancora le idee precise di quali siano gli argomenti più importanti. Infatti utilizzare un format troppo strutturato all’inizio può limitare il campo di possibili risposte e può fare perdere utili informazioni per orientare l’indagine. - Intervista di tipo semi-strutturato: in questo caso l’intervista è meno libera in cui il ricercatore cerca di assicurarsi che vengano affrontati i punti da lui considerati salienti e stimola il soggetto a fornire la propria opinione sugli argomenti precedentemente selezionati. - Intervista strutturata: qui, invece, verranno affrontate esclusivamente le domande predefinite dal ricercatore in fase di preparazione.


P02 QUESTIONARI

Categoria: Indagine e analisi del territorio Tipologia: Tecnica di consultazione Sociologia Origine: Il questionario è uno strumento, costituito da un insieme strutturato di domande, che consente di raccogliere informazioni in modo standardizzato su una popolazione estesa a costi ragionevoli. Un questionario può essere principalmente di tre tipi: - Chiuso, quando è possibile scegliere la risposta fra una di quelle già indicate; - Aperto, quando la risposta non è predeterminata, ma viene lasciato uno spazio in cui è possibile indicare liberamente una risposta, che può essere di tipo numerica oppure testuale; - Scalato, quando la risposta viene indicata su una scala graduata, che pone ai suoi estremi due risposte totalmente opposte fra di loro e in cui la scelta dell’intervistato viene espressa scegliendo un valore della scala. Un problema principali dei questionari riguarda i casi in cui il ricercatore è assente (per esempio quelli spediti per posta), poiché solo una piccola percentuale (25%) di essi viene compilata e restituita al mittente.

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P03 CAMMINATA DI QUARTIERE

Categoria: Indagine e analisi del territorio Tipologia: Tecnica conoscitiva Partecipazione urbana Origine: La Camminata di quartiere consiste nell’”andare a vedere di persona” i luoghi oggetto della progettazione partecipata, promuovendo così una visione consapevole dell’evoluzione del tessuto urbano. Tutti i soggetti coinvolti nel progetto percorrono insieme lo spazio in analisi, attraversandolo e cercando di riconoscere e mettere in evidenza il modo in cui è vissuto e le caratteristiche e i valori che lo contraddistinguono. La passeggiata non riconosce solo un’analisi ordinaria, ma anche percettiva che emerge dal modo in cui è vissuto questo spazio da parte dei residenti. Questa fase preliminare, di indagine del territorio e di consultazione degli abitanti, permette di individuare bisogni e opzioni di intervento su uno specifico contesto territoriale a partire dall’esperienza della comunità locale, individuata come il soggetto che possiede la migliore conoscenza dei problemi del proprio territorio. Per promuovere una visione più completa e consapevole dell’esperienza è

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consigliabile inoltre effettuare foto, rilievi, schizzi e mappe che rappresentino ciò che maggiormente è emerso. Presupponendo un rapporto paritario tra professionisti e cittadini, questa tecnica permette di valorizzare le modalità di stare assieme e di comunicare basate sul riferire esperienze, osservazioni specifiche, rivelatrici delle caratteristiche intrinseche del luogo. Inoltre il rapporto d’ascolto che si instaura tra le parti permette un apprendimento reciproco, in un clima che esclude relazioni di dominanza-dipendenza ma un rapporto di reciprocità tra professionisti e abitanti. Generalmente la Camminata di quartiere viene attivata dalla pubblica amministrazione che usa questi momenti di condivisione per instaurare un clima di coinvolgimento attivo basato sulla collaborazione e la fiducia tra i progettisti, gli abitanti e i diversi attori presenti in quel territorio, ampliando così la rete di soggetti locali coinvolti nel processo.


P04 OUTREACH

Categoria: Indagine e analisi del territorio Tipologia: Tecnica conoscitiva Partecipazione urbana Origine: Inventato da Nick Wates (uno dei maggiori esperti inglesi di urbanistica partecipata), l’Outreach è un metodo partecipativo che può essere utilizzato quale tecnica di “ascolto attivo” del territorio in cui l’amministrazione esce dalle sue strutture per incontrare gruppi di interesse locali e singole persone a seguito di un invito da parte loro, nel loro ambiente e secondo i loro tempi, per discutere di varie questioni e per ascoltare i loro suggerimenti. Le conversazioni che nascono hanno carattere informale e non necessariamente affrontano tematiche tecnico-scientifiche. Nel suo libro Community Planning Handbook, Wates definisce l’Outreach come “l’andare a consultare le persone piuttosto che aspettare che esse vengano da noi”. Un coinvolgimento di questo tipo permette un confronto diretto con specifici soggetti che con altre tecniche è difficile raggiungere, come quelle persone che sono troppo occupate, oppure fisicamente o mentalmente disabili, non alfabetizzate, ecc..

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P05 OSSERVAZIONI

Categoria: Indagine e analisi del territorio Tipologia: Tecnica conoscitiva Etnografia Origine: Le tecniche di osservazione, legata a metodi etnografici, sono molto utili per individuare i bisogni e le opzioni di intervento su uno specifico contesto territoriale partendo dall’analisi degli spazi fisici, delle pratiche di uso sociale dei luoghi e delle relazioni tra persone e luoghi. In questo modo è possibile esplorare e conoscere l’ambiente e il comportamento delle persone in esso. I metodi di osservazione possono distinguersi in: - osservazione diretta quando si basano su tecniche di osservazione e valutazione del comportamento utenti durante l’interazione con l’ambiente o un prodotto ricavandone informazioni oggettive consistenti in dati sulle performance degli utenti; un esempio è lo Shadowing, che consiste nell’accompagnare come un’ombra una persona per un periodo significativo di tempo durante le sue attività quotidiane, senza condizionare il comportamento del soggetto osservato. Naturalmente è richiesto

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un accordo tra il ricercatore e l’osservato. - Oppure osservazione indiretta quando la raccolta delle informazioni proviene dall’interpretazione che gli utenti danno di ciò che stanno facendo, da cui si ricavano rapporti sul comportamento, le attitudini e le opinioni degli utenti, dunque dati soggettivi che vengono filtrati dall’osservatore.


P06 CARTOGRAFIA PARTECIPATA

Categoria: Indagine e analisi del territorio Tipologia: Tecnica di consultazione Partecipazione urbana Origine: Questa metodologia, utilizzata dall’associazione torinese Izmo, permette di raccogliere informazioni direttamente dai residenti di una parte di città. Infatti sono invitati ad appuntare su una grande mappa cartacea (come un’immagine satellitare di Google Maps) attraverso foglietti, post-it o pennarelli pensieri, opinioni, desideri, storie, sentimenti e informazioni riguardanti il proprio quartiere. Successivamente i contenuti raccolti possono essere trascritti e archiviati e usati in altre fasi di progettazione partecipata.

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P07 MAPPE MENTALI

Categoria: Indagine e analisi del territorio Tipologia: Tecnica di consultazione Psicologia Origine: Ideate dallo psicologo inglese Tony Buzan intorno al 1960, le mappe mentali (mind maps) sono forme di rappresentazione grafica del pensiero che permettono di rappresentare le informazioni e le idee coinvolgendo sia le funzionalità logicorazionali sia quelle immaginifico-creative. La sua costruzione, basata su una geometria radiale, procede con la libera associazione mentale, iniziando dall’elemento centrale, agganciando progressivamente nuovi elementi verso l’esterno della struttura oppure ristrutturando dinamicamente quelli già inseriti. Questo strumento permette alla mente umana di associare concetti ed informazioni in modo non lineare rappresentando idee e pensieri mediante associazioni. Izmo (associazione torinese sulla partecipazione urbana) ha sperimentato delle interviste basate su una rivisitazione delle mappe mentali, in cui i cittadini intervistati erano invitati a disegnare su un foglio o pannello (in qualsiasi forma e stile) il

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proprio quartiere segnalandone delle particolarità personali e aggiungendo eventuali modifiche alla mappa. La mappa successivamente viene raccontata dall’intervitato o gli vengono poste delle domande sulle motivazioni relative ai disegni fatti. Le informazioni così raccolte vengono trascritte e archiviate per essere usati in fasi successive.


P08 BRAINSTORMING

Categoria: Attività di gruppo Tipologia: Discussione semistrutturata Pensiero creativo/pubblicità Origine: Inventato negli Stati Uniti nella prima metà del Novecento da Alex Osborn, il Brainstorming è un sistema che permette di sviluppare varie possibili idee e soluzioni creative a problemi specifici in un contesto “non giudiziale” attraverso discussioni aperte e spontanee di gruppo. Riuniti in gruppo, messo a fuoco il problema e fissato un tempo limite per l’incontro, ogni partecipante può proporre liberamente la sua soluzione al problema senza pensarci troppo, ma esprimendo la “prima idea che gli viene in mente”, in rapida sequenza e per associazione di idee. Nel Brainstorming ogni contributo è considerato valido, considerato il principio che anche le proposte più ridicole e assurde possono essere utili per individuare alla fine la soluzione migliore. Durante questo scambio le soluzioni non vanno commentate, giudicate, giustificate, criticate o valutate, ma vengono esclusivamente identificate per essere discusse, rielaborate e approfondite in una fase successiva.

Questa metodologia normalmente viene applicata nelle prime fasi di avvio di un gruppo di lavoro, laboratorio o workshop per trovare soluzioni ai problemi o i temi da affrontare e approfondire.

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P09 FOCUS GROUP

Categoria: Attività di gruppo Tipologia: Intervista di gruppo Ricerca sociale Origine: Molti autori attribuiscono a R. K. Merton (1956) l’ideazione della tecnica del Focus Group, tecnica di indagine per la ricerca sociale basata sulla discussione tra un gruppo di persone (di solito inferiore a 10), incentrata nell’approfondire e sviluppare un dibattito-confronto attorno ad un tema specifico con apposite domande di lavoro. Il suo utilizzo, a partire dagli anni ’80, si è diffuso in diversi settori di ricerca (marketing, sanitario, educativo, politico, ecc.) ed oggi è usato nella ricerca qualitativa sia in ambito di ricerche di mercato che in indagini e in processi partecipati. In questa tecnica di gruppo, creato un clima informale, l’interazione e la comunicazione tra i partecipanti è il più possibile stimolata, con l’obiettivo di studiare in dettaglio un fenomeno o indagare uno specifico argomento. Inoltre sono anche ammesse domande reciproche e dichiarazioni di disaccordo. Il numero e l’omogeneità del gruppo sono requisiti decisi dai ricercatori in base all’obiettivo

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e al tema di discussione. Normalmente la discussione viene condotta da un moderatore-facilitatore che a seconda della situazione che si presenta può o esclusivamente introdurre i temi, oppure fornire una serie di stimoli e strumenti affinché i partecipanti riescano ad autogestire il più possibile le relazioni e l’interrelazione. Successivamente le informazioni emerse nel corso della discussione vengono elaborate, sistematizzate e interpretate in base all’uso che se ne farà in forma variabile che va da semplici descrizioni narrative a trascrizioni integrali delle registrazioni audio/video. Infatti, riconosciuto che il Focus Group è di per sé una discussione centrata su un tema, esso può essere utilizzato all’interno di un processo o di una ricerca in fasi differenti e per scopi diversi.


P10 OPEN SPACE TECHNOLOGY

Categoria: Attività di gruppo Tipologia: Discussione semistrutturata Conferenze Origine: L’Open Space Technology (OST) è un metodo di partecipazione e coinvolgimento comunitario creato nella metà degli anni ’80 da Harrison Owen, un esperto americano di scienza delle organizzazioni. L’obiettivo è creare uno spazio aperto alla discussione in cui non sono presenti relatori invitati a parlare di un tema predefinito, ma sono i partecipanti stessi ad indicare gli argomenti da discutere e ad organizzare i lavori. La tecnica si basa sull’auto-organizzazione ed è in grado di favorire le relazioni tra soggetti differenti e l’attivazione di un dialogo costruttivo, attraverso una condivisione di idee e competenze, in un clima piacevole e senza annoiarsi. I partecipanti, seduti in cerchio, possono proporre un tema alzandosi in piedi e annunciandolo al gruppo, così facendo si assumono la responsabilità di seguire la discussione e di scriverne il resoconto finale. Quando tutti gli intenzionati hanno proposto i propri temi, viene dato avvio alla prima sessione di lavoro e si

comincia. Alla fine della giornata sarà distribuito ai partecipanti il resoconto di tutte le discussioni svolte. Il rapporto finale, realizzato dagli stessi partecipanti, potrà fornire spunti di riflessione e il punto di vista dei cittadini potranno far emergere nuove idee e soluzioni.

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P11 METAPLAN

Categoria: Attività di gruppo Tipologia: Discussione semistrutturata Strategie organizzative Origine: Per rendere l’ambiente di lavoro il più favorevole possibile alla produttività nella loro fabbrica di mobili, i fratelli Wolfgang ed Eberhard Schnelle, dopo vari studi su processi e dinamiche di gruppo ed elaborazioni di strategie organizzative all’interno di un’azienda, negli anni ‘70 sviluppano il metodo Metaplan. Questo è un processo di comunicazione di gruppo rivolto ad ottenere, nel più breve tempo possibile, il consenso di tutti i componenti di un gruppo su una o più azioni da affrontare. Con la collaborazione di un moderatore che segue i lavori, i partecipanti vengono suddivisi in gruppi in cui, con l’ausilio di tabelloni, grandi rotoli di carta, marker e pennarelli colorati, cartellini geometrici di diverso colore e dimensioni, ecc., affrontano una situazione di creatività realizzando varie visualizzazioni del problema. Successivamente si approfondiscono i problemi specifici e si stabiliscono le azioni da intraprendere. Nelle varie fasi vengono usate tecniche di partecipazione

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collettiva come Brainstorming e Focus Group che stimolano la creatività individuale, coinvolgendo i vari attori ad esaminare, discutere e visualizzare il problema per poi condividere le soluzioni possibili ed organizzare efficacemente i risultati ottenuti.


P12 TOWN MEETING

Categoria: Attività di gruppo Tipologia: Discussione semistrutturata Assemblea cittadina Origine: Il Town Meeting è una forma di governo locale democratico (espressione di democrazia diretta), tipica dei piccoli comuni, nata in America nel XVII° secolo e diffusa in Europa nel tardo XIX° secolo, consistente in assemblee aperte che si tengono per discutere tra gli abitanti le esigenze e le politiche pubbliche, con funzione per lo più informativa o consultiva, e difficilmente con funzione decisionale. Questa tecnica di ascolto permette a tutti i cittadini che, pur vivendo in luoghi distanti tra loro, per competenze personali, per esperienze compiute e per ruolo istituzionale, di offrire un contributo costruttivo, riguardo questione di interesse generale. Qualche giorno prima dell’evento viene inviata a tutti i partecipanti una guida alla discussione, in modo che tutti possano giungere preparati e possano così dar vita a discussioni informate. Il Town Meeting è strutturato come un’assemblea cittadina, in cui i partecipanti, a volte divisi in piccoli gruppi (10-12 persone) organizzati intorno a dei tavoli, possono

discutere per far emergere i temi più comuni e le indicazioni più interessanti, dai quali viene elaborato un documento finale contenente i risultati delle discussioni che poi possono essere votate dalla collettività. Inoltre, grazie all’introduzione delle nuove tecnologie, recentemente si stanno sperimentando versioni digitati di Electronic Town Meeting (e-TM) che sfruttando alcuni elementi di innovazione dal punto di vista tecnologico consentono di coniugare i vantaggi della discussione per piccoli gruppi, con quelli di un sondaggio rivolto ad un ampio pubblico, riuscendo così a riportare i risultati su vasta scala in tempo reale. In questi casi le discussioni vengono registrate su computer e attraverso connessione wireless vengono colti i temi comuni e le intuizioni più stimolanti, per poi essere riportate su grandi schermi all’attenzione di tutta l’assemblea, così da formulare in maniera istantanea ulteriori proposte.

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P13 WORLD CAFE

Categoria: Attività di gruppo Tipologia: Discussione semistrutturata Conversazione pubblica Origine: Il World Café è un metodo semplice, efficace e facilmente adattabile a diverse situazioni, che permette di svolgere conversazioni informali, vivaci e costruttive su questioni riguardanti la vita di un’organizzazione o di una comunità locale, attraverso il pensare insieme, l’apprendimento reciproco e la condivisione delle conoscenze tra vari individui. Con questa metodologia di discussione di gruppo partecipano dodici o più persone (il record è 1200) organizzate in gruppi di quattro o cinque, seduti attorno a tavolini (tondi o quadrati di circa un metro di larghezza) proprio come in un Bar o un Cafè. La base della discussione è una domanda o un tema (mai una proposta o un problema), capace di suscitare curiosità e non contenere implicitamente già una risposta. Dopo 20-30 minuti le persone sono invitate a muoversi da un tavolo all’altro, in modo da spostare e al contempo arricchire intuizioni, spunti e questioni da

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una conversazione ad un’altra. Un partecipante per tavolo rimane stabile, accogliendo di volta in volta i nuovi ospiti. Durante le discussioni i partecipanti sono incoraggiati a mettere alla prova la propria capacità di ascolto e a sfruttare i fogli di carta (tovagliette) per visualizzare le proprie idee e spunti. Le conversazioni non prevedono un facilitatore e sono quindi autogestite ed auto-organizzate. Spesso le persone si sentono più libere di parlare, e ascoltano più attentamente se c’è un qualcosa (un talking stick) cioè un oggetto simbolico (anche un sasso, un bastoncino, una penna o un cucchiaio) che aiuti a regolare la discussione. Dopo diversi round (dopo almeno un’ora e mezza) i partecipanti condividono in una sessione plenaria ciò che hanno imparato e/o scoperto. In questo modo la conoscenza maturata da tutto il gruppo diventa visibile e si ottengono diversi punti di vista che creano, in modo naturale, le premesse per nuove opportunità d’azione.


P14 PLANNING FOR REAL

Categoria: Partecipazione “passiva” Tipologia: Indagine conoscitiva Partecipazione urbana Origine: Il Planninf for Real è un metodo di progettazione partecipata ormai diffuso in tutto il mondo, sviluppato a partire dagli anni ‘60-’70 dalla Education for Neighborhood Change dell’Università di Nottingham e registrato dalla Neighborhood Initiatives Foundation (NIF), un’organizzazione no-profit fondata nel 1988 con sede a Telford in Inghilterra. Considerando la comunità locale il soggetto che possiede la migliore conoscenza dei problemi del proprio territorio, l’obiettivo di questo procedimento è quello di individuare bisogni e opzioni di intervento su uno specifico contesto territoriale. E’ una tecnica alternativa alla discussione pubblica che consente ad ogni partecipante di esprimere le proprie idee e le proprie opinioni liberamente e in modo anonimo. Il punto di partenza è un plastico, di solito in scala 1:200, cioè un modello tridimensionale dell’area d’intervento, che ha lo scopo di aiutare gli abitanti a identificare ogni elemento del proprio quartiere

e a individuare più facilmente su di esso le opere che si ritengono necessarie per migliorarlo. Sul plastico ogni persona è invitata a posizionare apposite carte-opzione (cartoncini), ciascuna delle quali indica uno specifico intervento migliorativo, precedentemente individuato e verificato. In questo modo i partecipanti possono esprimere considerazioni e suggerimenti evidenziando il tipo di intervento richiesto e la sua collocazione. Le differenti professionalità coinvolte (architetti, ingegneri, urbanisti, sociologi, avvocati ecc.) svolgono il ruolo di facilitatori e coordinatori che accompagnano i cittadini nel percorso progettuale. Rimanendo neutrale alle decisioni prese dai cittadini, interagiscono con loro allo scopo e nella misura sufficiente a registrare le loro opinioni e le motivazioni alla base delle loro scelte.

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P15 CANTIERE EVENTO

Categoria: Animazione - evento Tipologia: Coinvolgimento Partecipazione urbana Origine: Il cantiere evento è un’attività che permette una mobilitazione del territorio in cui la comunità può contribuire attivamente alla realizzazione di un progetto. Il concetto è quello di trasformare il cantiere in un’attività, anche specifica per fasce d’età, che permetta ai cittadini di svolgere un lavoro collettivo creando un’importante occasione per la socializzazione. In questo modo si contribuisce al senso di appartenenza al nuovo progetto e allo sviluppo di un rapporto affettivo e di identificazione con lo spazio, permettendo così, una successiva gestione più attenta dell’area (meno vandalismo, più cura, costi gestionali minori, ecc.). Inoltre azioni di questo tipo appagano pubblicamente e visibilmente l’impegno dei partecipanti, che acquisiscono nuove esperienze e maggiori conoscenze riguardo al progetto in corso.

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P16 URBAN EXPERIENCE

Categoria: Animazione - evento Tipologia: Uso creativo del territorio Partecipazione urbana Origine: L’Urban Experience, nato nel 2009 nell’ambiente romano, è un social network utile a raccogliere proposte e proporre esperienze culturali da realizzare nel contesto urbano, per far emergere il suo valore d’uso creativo. Sfruttando le potenzialità di auto-organizzazione dei social network, la mobilità urbana e le piattaforme cross-media (radio, video, web, mobile) si creano le condizioni per realizzare eventi spettacolari di tipo ludico ed educativo. In questo modo, attraverso l’interazione tra le reti e il territorio è possibile reinventare lo spazio pubblico, permettendone un uso creativo e partecipativo di chi è coinvolto. Sono interventi tesi a interpretare il territorio in maniera diversa, scoprendone le criticità del territorio e gli angoli nascosti e visitando i luoghi di tradizione e di innovazione (centri di ricerca, imprese, istituzioni, musei, biblioteche), oltre ad avere la possibilità di incontrare i protagonisti che li vivono.

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P17 CRITICAL CITY UPLOAD

Categoria: Animazione - evento Tipologia: Uso creativo del territorio Gioco Origine: Critical City Upload è un gioco che, sfruttando le relazioni virtuali (le tecnologie collaborative del web 2.0 e dei social network online), permette di realizzare interventi creativi sul territorio (mondo reale). Iscrivendosi al sito internet del gioco bisognerà cercare di accumulare punti per salire di livello attraverso lo svolgimento, in maniera fantasiosa e stravagante, di istruzioni nel campo di gioco che è la città. L’esecuzione delle missioni saranno poi documentate attraverso foto, video, testi, musica e altro e postate sul sito in modo che gli altri cittadini-giocatori possano votare gli interventi fatti. Essendo un gioco, sfrutta le potenzialità di coinvolgimento e crea una contesto ludico in cui il cittadino può far emergere il suo impegno civico e il suo riappropriarsi del territorio, attraverso la sperimentazione di nuovi possibili utilizzi degli spazi pubblici della città.

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P18 EASW

Categoria: Sequenze codificate di tecniche Tipologia: Workshop Sviluppo sostenibile Origine: L’European Awareness Scenario Workshop (EASW), ideato in Danimarca, è uno strumento per definire soluzioni dei problemi in campo ambientale promuovendo modelli di sviluppo sostenibile, condivisi e basati su un uso più attento delle risorse. Nel 1995 è stato assunto dall’Unione Europea come metodo per promuovere il dibattito e la partecipazione sociale nella soluzione dei problemi che caratterizzano le città. L’EASW stimola la partecipazione democratica consentendo ai partecipanti di scambiarsi informazioni, discutere i temi e i processi che governano la trasformazione del territorio urbano per sviluppare una visione condivisa sul futuro della propria comunità e proporre idee (piani di azione) su come realizzarla. La sua strutturazione combina sessioni di confrontodiscussione plenarie, attività di gruppo e lavori individuali, tutti con vari livelli di interazione. I partecipanti all’EASW sono rappresentanti delle realtà locali e vengono selezionati, di solito,

tra quattro gruppi sociali (gruppi di interesse): cittadini, esperti di tecnologia, amministratori pubblici, rappresentanti del settore privato. Questa tecnica si svolge seguendo due attività principali: Si parte dallo “sviluppo di visioni”, in cui vengono presentati dallo staff alcuni “scenari” sui quali i partecipanti sono invitati a sviluppare delle “visioni” future che risolvano i problemi della città. Successivamente avviene la “proposta di idee” nella quale i partecipanti, dopo essere rimescolati in funzione del tema in discussione devono formulare un numero limitato di proposte (di solito 5) in cui si descrive concretamente come realizzare la visione comune e individuare chi dovrà assumersi la responsabilità della realizzazione. Le idee proposte saranno discusse e votate in una successiva sessione plenaria e quelle che avranno maggior successo rappresenteranno la base del “piano d’azione locale” elaborato dai partecipanti per risolvere i problemi discussi.

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P19 REAL TIME ROME

Categoria: Visualizzazione dati Tipologia: Strumento informativo Smart City Origine: Real Time Rome è un progetto sviluppato dal Senseable City Lab per la notte bianca a Roma dell’8 settembre 2007. Utilizzando telefoni cellulari e dispositivi GPS è stato possibile raccogliere i dati di movimento delle persone e dei sistemi di trasporto durante la manifestazione, in modo da poterli visualizzare su una mappa della città proiettata in diretta su un megaschermo, con la possibilità di una visione collettiva. Così facendo è stato possibile visualizzare l’utilizzo spaziale e sociale di strade e quartieri in tempo reale, in base agli spostamenti che avvenivano durante la notte in risposta alle attività ed eventi disponibili nel centro urbano.

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P20 MONTE VERTE - CITY PULSE

Categoria: Visualizzaione dati Tipologia: Strumento informativo Smart City Origine: Il progetto “Montre Verte/City- Pulse”, è un prototipo, esposto nel 2009, che permette di geolocalizzare la qualità dell’aria a Parigi. Tradizionalmente la qualità dell’aria nella Regione Ile de France viene rilevata con un sensore alloggiato sul “Montre Verte” che restituisce delle misure sulla qualità dell’aria a bassa risoluzione, indicandola semplicemente come “buona” “accettabile” o “cattiva”. Con questo strumento è possibile ottenere, attraverso l’uso di molti sensori (da 15 che ci sono ora a migliaia in previsione) e l’appoggio delle società telefoniche, una copertura totale della capitale francese. La piattaforma “City-Pulse” permette, invece, la fruizione e condivisioni dei dati rilevati tra attori pubblici, ricercatori, imprese, artisti ecc. che desiderano utilizzarli per il miglioramento dell’ambiente urbano. L’obiettivo del progetto è permettere una maggiore consapevolezza dell’ambiente che si vive, e trasformare il cittadino in un attore sensibile della qualità ambientale

trasformandolo in un “catturatore mobile“, così da favorire discussioni sul presente e sul divenire della città.

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P21 city wall

Categoria: Visualizzaione dati Tipologia: Partecipazione digitale Comunicazione pubblica Origine: City Wall è un grande display multi-touch realizzato da Ubiquitous Interaction (Uix) Research Group e installato nella stazione ferroviaria di Helsinki. Rappresenta uno strumento di comunicazione, di servizio e di scambio tra gli abitanti e i turisti della città . Infatti permette agli utenti, anche in maniera simultanea, di consultare le attività previste in giornata nelle strutture pubbliche (musei, teatri, cinema, ecc.) e appogiandosi a siti come Flickr o YouTube, scambiare foto e video.

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P22 ibm think

Categoria: Visualizzazioen dati Tipologia: Strumento nformativo Smart City Origine: Per festeggiare i 100 anni di attività l’IBM nel 2011 ha allestito la mostra “IBM Centennial Think Exhibit” al Lincoln Center di New York. La mostra si presentava come uno spazio completamente interattivo in cui i visitatori, attraverso le istallazioni presenti, potevano riflettere la storia della tecnologia applicata alle dinamiche del mondo e come far si per migliorarle. Una parte della mostra consisteva in uno schermo lungo 12 metri in cui era possibile vedere in tempo reali alcuni dati di informazioni, come il traffico circostante, l’energia solare prodotta e la qualità dell’aria, relativi all’area della vicina Broadway.

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P23 COPENHAGEN WHEEL

Categoria: Visualizzazione dati Tipologia: Strumento informativo Smart City Origine: Copenhagen Wheel è un prototipo di bici ibrida elettrica sviluppata dal MIT e presentata nel 2009 durante il summit mondiale sul clima, con l’obiettivo di promuovere la mobilità alternativa nella capitale danese. Pedalando è possibile accumulare energia passiva che può essere utilizzata nei momenti di maggiore sforzo come le partenze da fermo o le salite. La batteria e il motore-generatore sono posti nel dispositivo/ mozzo rosso della ruota posteriore, che, inoltre, contiene un sistema di sensori (ambientali e di posizione) interfacciati via bluetooth ad un i-phone (sistemato sul manubrio) da cui è possibile visualizzare le informazioni dalla bicicletta: posizione (tipo GPS), spazio percorso, condizioni meteo e ambientali (umidità, temperatura), livello di inquinamento, prossimità o meno di amici in zona. Inoltre i dati rilevati possono essere trasmessi via web dal ciclista per la condivisione a scopi statistici o informativi.

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P24 URBAN SKETCHER

Categoria: Attività di gruppo Tipologia: Realtà aumentata Partecipazione urbana Origine: IPCity è un progetto finanziato dall’Unione Europea il cui obiettivo è quello di indagare approcci analitici e tecnologici nei contesti urbani reali, attraverso lo sviluppo di applicazioni di realtà aumentata. Nei processi di pianificazione urbana in cui si richiede la comunicazione e l’integrazione tra diversi attori per mostrare progetti e scenari futuri ci si affida a modelli digitali 3D, percepiti come ambienti sintetici, che però non consentono una veloce modifica e interazione. Per ovviare a questa limitazione l’IPCity sfrutta la tecnologia della realtà aumentata ottenendo una diretta comunicazione e interazione con l’ambiente reale, consentendo ai cittadini e ai professionisti di collaborare in modo espressivo e naturale esprimendo la propria opinione sui progetti futuri e prevedendo idee di sviluppo di trasformazione e rinnovo del territorio. Urban Sketcher è uno strumento sviluppato da IPCity che permette agli utenti di esprimere le proprie idee relative al progetto, disegnando direttamente in una scena

di realtà aumentata utilizzando diversi dispositivi, interfacce e sensori. All’interno di una tenda, MR-Tent, posizionata in corrispondenza o in prossimità del luogo in oggetto si trovano diversi strumenti e interfacce digitali tra cui un piano interattivo, rappresentante la pianta dell’area in cui sono posizionati degli oggetti che rappresentano gli elementi reali (ad esempio, edifici o panche) e un display che mostra la visione tridimensionale del luogo, attraverso la raccolta di dati (immagini, video, audio) effettuata da un dispositivo portatile. Gli utenti possono alterare direttamente la scena reale disegnando immagini 2D e spostando gli oggetti posti sul piano, avendo un immediato riscontro delle modificazioni fatte sul display grazie alla realtà aumentata. E’ possibile, infatti, disegnare e creare contenuti virtuali, come semplici geometrie, che sovrapposti alla scena reale attraverso un feedback visivo (una proiezione video) permettono di visualizzare le modificazioni che si stanno attuando.

STRUMENTI DI PROGETTAZIONE PARTECIPATA | 127



IL NUOVO COMPITO DEL DESIGNER 4.1 L’ambito di studio 4.2 Il contributo concreto

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4. IL NUOVO COMPITO DEL DESIGNER

Illustrato il quadro sociale complesso che interessa le dinamiche della città e analizzati i più comuni strumenti usati durante i processi di partecipazione, si individua ora nello specifico il nuovo rapporto che la disciplina del design può assumere in questo contesto e come il designer può contribuire attivamente, individuando quale ruolo può occupare all’interno del processo. Come precedentemente descritto il rapporto tra design e territorio dal punto di vista della partecipazione non è ancora stato definito in maniera chiara. All’interno del tema preposto dalla tesi vengono raccolti molti contributi da varie discipline e allo stesso modo vengono coinvolti diversi rami del design. Considerando che negli ultimi anni il concetto di prodotto si è ampliato verso dimensioni sempre più estese e sistemiche, fortemente legate ai fenomeni di trasformazione culturale della società, l’evoluzione del design ha enfatizzato il suo carattere multidisciplinare assumendo delle declinazione incentrate su sistemi e prodotti sempre più complessi e immateriali. Infatti sono sorte nuove discipline (design strategico, il design dei servizi, design dell’interazione, design management, ecc.) che messe in relazione hanno permesso di sviluppare i progetti in maniera più esaustiva e completa. Molte di queste vengono già prese in considerazione quando ci si occupa di partecipazione e territorio, senza però assumere, all’interno dell’intero processo, una posizione ben definita. Un esempio è il design dei servizi che, a partire dagli anni Novanta, entra in gioco per rispondere alla crescente esigenza di creare servizi17 sempre più complessi che possano soddisfare i bisogni e le necessità delle persone, offrendo anche al prodotto disponibile sempre un “qualcosa in più”. Attraversando un periodo caratterizzato, in termini economici, dalla service revolution, possiamo dire, ormai di essere circondati da servizi, che si presentano a noi ogni giorno in decine e decine di forme

Il design dei servizi

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Con servizi si intendono le relazioni che si instaurano tra persone, luoghi e oggetti e, vincolati dai comportamenti quotidiani di ognuno, identificano una sequenza di attività, un processo. Il servizio è una prestazione che alcune persone svolgono per l’utilità, la soddisfazione, il supporto delle attività di altre persone.

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L’interaction design

diverse, diventando un tema di discussione molto diffuso tra consumatori e organizzazioni, poiché determinano la qualità della nostra vita. In effetti, questa, è condizionata dai servizi che ci circondano e ci sentiamo a disagio se questi non funzionano come vorremmo o non supportano a dovere le nostre esigenze. Le città, in particolare, offrono molti servizi, o meglio come scrive Anceschi “nella prospettiva della relazione fra amministrazione e cittadini, o ancora più in generale fra momento dell’offerta e della produzione di circostanze vitali e momento della loro fruizione, ricezione e godimento, la città può essere intesa, appunto, come una grande macchina che fornisce servizi. Anzi in qualche modo la città in quanto tale, la città nelle sue caratteristiche fisiche, storiche, culturali, ambientali, scenografiche addirittura, può essere considerata il servizio primo.” (Bonini Lessing Emanuela, 2010) Dunque sembra scontato, occupandoci di partecipazione urbana di considerare anche il design dei servizi. Anche l’interaction design18 può dare il suo contributo, in seguito dell’evidente crescita di problemi legati all’interazione degli oggetti d’uso quotidiano che si stanno diffondendo, soprattutto grazie al veloce progresso tecnologico, alla commercializzazione che ha assunto internet a partire dagli anni ’90 e alla diffusione di nuovi strumenti multimediali. Lo scopo dell’interaction design è quello di studiare e progettare il comportamento e funzionamento di prodotti e servizi, cercando di renderli usabili, utili, coinvolgenti e divertenti, in modo da stabilire e facilitare le connessioni tra le persone, trovando nuove e migliori soluzioni di interazione e rendendo la vita alle persone più facile e agevole. In particolare, nell’ambito della partecipazione, assume un forte legame con il nuovo modo in cui si intende internet, meno usato per leggere contenuti e più per fare cose (fare nuove conoscenze, vendere/ comprare oggetti, condividere foto video, parlare). Infatti con la diffusione dell’accesso alla rete, attraverso connessioni a banda larga e reti senza fili wifi, si creano nuovi tipi di interazioni, che oltre a fornire nuove esperienze, semplificano i momenti di condivisione e comunicazione di contributi personali, quali idee, commenti, critiche, foto, video, ecc. relativi al territorio che si abita.

4.1 L’ambito di studio Trovo corretto associare l’indagine di questa tesi all’ambito del Trasformation Design19, la nuova disciplina del design che applica le competenze di progettazione per le questioni sociali ed economiche, favorendo la collaborazione interdisciplinare e proponendo soluzioni pratiche, attraverso un approccio, olistico, iterativo, multi-fase, e user-centered.

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La nascita del termine si può attribuire a Bill Moggridge, dirigente dell’azienda di design IDEO, che agli inizi degli anni ’90, capisce che il lavoro svolto nell’azienda, era diverso dal design di comunicazione e design del prodotto, ma che derivava da un sistema interdisciplinare (design della comunicazione, del prodotto, informatica) in cui si indagava, studiava e progettava l’interazione fra esseri umani attraverso prodotti e servizi.

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“This paper is a call to action. It begins to set out the characteristics of this emergent discipline. It identifies a nascent but growing community of practice. It highlights an under-supply of designers equipped to work in this way. And it explores the market for, and the challenges facing, designers who are starting to work in this new discipline. We call it transformation design.” (Burns Colin, Cottam Hilary, Vanstone Chris, Winhall Jennie, 2006) Questa nuova disciplina, dunque, cerca di creare cambiamenti desiderabili e sostenibili nel comportamento e nella forma dei sistemi presenti nel territorio. Nello specifico, analizza come gli utenti attualmente usano il sistema, individuando quali siano i loro desideri fino a co-creare delle soluzioni attraverso processi manuali (hands-on) e workshop, rendendo così il processo di progettazione aperto a tutte le persone coinvolte nel sistema. Questo approccio si basa sui criteri della partecipazione pubblica e quindi richiede l’attivazione dei cittadini e l’apertura mentale e culturale dell’organizzazione per generare nuove collaborazioni con la popolazione. E ‘un approccio che pone l’individuo al cuore di nuove soluzioni e costruisce la capacità di innovazione nelle organizzazioni e nelle istituzioni. In questa maniera il Trasformation Design punta a costruire una società più equa e sostenibile studiando le relazioni e le componenti (oggetti, servizi, interazioni ed esperienze) che riguardano i sistemi sociali che si vogliono migliorare per la società contemporanea in costante sviluppo e mutamento. Le competenze di progettazione tradizionali di design sono utilizzate come basi per progettare soluzioni rivolte a trasformare il modo in cui la gente interagisce con i sistemi, i servizi, le organizzazioni e le istituzioni. Dunque sono le basi per il legame tra il design e l’innovazione sociale e territoriale. Il team RED20 ritiene che il processo di progettazione e le competenze inerenti alla progettazione, devono costituire una parte fondamentale di un nuovo approccio per affrontare le questioni contemporanee, sempre più pressanti, economiche e sociali. Si può considerare questa nuova disciplina come un’evoluzione del design dei servizi, in particolare per il settore pubblico; una maturazione dovuta allo sviluppo condiviso di principi metodologici sempre più aperti alla partecipazione pubblica e rivolti ad una trasformazione sociale sempre più esplicita. Infatti negli ultimi anni i servizi non sono più concepiti come fine a se stessi, ma sono sempre più considerati come un motore per una

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Il termine Trasformation Design è emerso, per la prima volta, in un articolo del team RED, che aveva il compito di affrontare questioni sociali ed economiche attraverso l’innovazione progettuale del design, ed autoproclamatosi “do-tank”, voleva portare il design a pensare alla trasformazione dei servizi pubblici. 20 Gruppo istituito nel 2004 dal Design Council, organismo nazionale strategico del Regno Unito per la progettazione. http://www.designcouncil.info/RED/

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più ampia trasformazione della società. Per cui la progettazione non più di un “oggetto”, ma di un “media” utile a sostenere la trasformazione di una società sempre più collaborativa, sostenibile e creativa.

4.2 Il contributo concreto Come detto più volte, la comunicazione (il dialogo e il confronto) è alla base di tutti i processi partecipativi ed, essendo coinvolta una eterogenea molteplicità di interlocutori con caratteristiche cognitive e background differenti, è evidente la complessità insita nella gestione delle interazione e conversazione tra tutti i partecipanti. Si rende necessario dunque pensare a sistemi e metodologie adatte ad uno scambio bi-direzionale di informazioni e conoscenze attraverso un ampliamento delle modalità di comunicazione e dei linguaggi a disposizione, che rendano possibile un vero dialogo fra progettisti, amministratori e cittadini. Il designer assume, dunque, l’obiettivo di sperimentare e realizzare nuovi strumenti e tecniche di comunicazione, interazione e dialogo adeguati a esplicitare i concetti che emergono e a renderli visibili e condivisibili all’interno dei processi di partecipazione. Questi processi si considerano come situazioni di coprogettazione, intese come l’insieme di attività ed eventi nei quali cittadini, professionisti e pubblica amministrazione possono condividere conoscenze e competenze, raggiungendo così obiettivi e soluzioni comuni riguardo a temi di trasformazione urbana. Per ottenere queste soluzioni è necessario che i soggetti coinvolti siano posti nella condizione di esprimersi rispetto al tema progettuale, e quindi è indispensabile che essi ricevano le informazioni necessarie e gli strumenti adeguati per farlo. La figura professionale del designer ha a sua disposizione le conoscenze e le potenzialità per affrontare le problematiche che si presentano all’interno di questi percorsi. Infatti integrando le sue competenze con esperti di altre discipline riesce a supportare la progettazione nei vari ambiti, urbani, sociali, tecnologici, produttivi, ottenendo una sensibilità specifica rispetto al tema dei linguaggi, delle tecniche, degli strumenti e delle modalità di comunicazione della trasformazione urbana. Si formano così figure in grado di comprendere i desideri e i bisogni degli individui, delle organizzazioni e del mercato, in grado di sviluppare idee innovative, utili al coinvolgimento e alla partecipazione dei cittadini. Il designer si presenta come un esperto, attento a percepire e interpretare le voci e i linguaggi appartenenti al mondo (il meccanismo complesso che è la città), che usando strumenti propri, diversi da quelli convenzionalmente

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Visualizzazione di dati

Processi e strumenti

Servizi

Interfacce

figura 32 - Il designer si potrà occupare di ripensare alla visualizzazione dei dati del territorio, di strutturare le interfacce utili a relazionare i vari attori e come punti d’accesso alle informazioni pubbliche e di sviluppare processi e strumenti utili a coinvolgere i cittadini.

usati da coloro che si occupano di progettazione partecipata, affronta la complessità di trovare un modo (degli strumenti, dei linguaggi) che rendano queste persone dei progettisti, integrati nella pianificazione dell’ambiente urbano. Questi strumenti non vengono progettati su misura a seconda di una singola tipologia di soggetti ma sono rivolti a tutti i possibili attori coinvolti, per cui è necessario individuare interfacce, sistemi e prodotti adatti a mostrare il contenuto necessario alla pianificazione pensando all’esperienza e alla percezione complessiva che si desidera fornire ai vari utenti. Infatti richiederanno di adattare elementi e linguaggi esistenti per estenderli alle diverse figure coinvolte, assicurando che il contributo dei soggetti partecipanti non risulti in qualche modo falsato o incompleto. Bisogna cercare di favorire la creatività e la partecipazione delle persone dando spazio ai loro sogni, stati d’animo e ricordi, alla libera associazione di idee e alla loro espressione. Per farlo è necessario che gli strumenti proposti siano vicini al loro modo di esprimersi e assolutamente accessibili da un punto di vista cognitivo evitando situazioni di disagio e inadeguatezza, lasciando ai soggetti la possibilità di esprimere le proprie idee, discuterle con gli altri partecipanti, rielaborarle, proporne di nuove, rappresentarle, metterle in scena,... e così via. Tutto ciò si traduce in strumenti che creano un alto livello di coinvolgimento e che abilitano le persone ad un processo creativo fornendo loro stimoli su cui lavorare. Sono tutti strumenti che forniscono la possibilità di manipolare oggetti per incentivare il ragionamento, trasformando i concetti e le idee in elementi tangibili e continuamente organizzabili e riorganizzabili a supporto del dialogo e della condivisione. Oltre a promuovere la partecipazione e a rendere il dialogo fra

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progettisti, amministratori e cittadini più semplice possibile, il designer, nella progettazione di questi strumenti e servizi deve riuscire ad esprimere e a trasmettere il funzionamento del sistema, il tipo di offerta e le modalità d’interazione previste. Emerge in questo modo come il design può estendere le proprie aree di competenza e di intervento fornendo, all’ambito della progettazione partecipata del territorio, la capacità di invenzione funzionale e le astuzie estetico-formali specifiche della disciplina, costruendo, in maniera efficace e centrata sull’utente, strumenti, soluzioni ed esperienze che incidano, semplificandole e agevolandole, le azioni e le attività di coinvolgimento e partecipazione di cittadini e amministrazione, così da ottenere e definire strategie e scelte condivise.

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“Non c’è nulla che non possa essere cambiato da una consapevole e informata azione sociale, provvista di scopo e dotata di legittimità. Se la gente è informata e attiva e può comunicare da una parte all’altra del mondo; se l’impresa si assume le sue responsabilità sociali; se i media diventano i messaggeri piuttosto che il messaggio; se gli attori politici reagiscono al cinismo e ripristinano la fiducia nella democrazia; se la cultura viene ricostruita a partire dall’esperienza; se l’umanità avverte la solidarietà intergenerazionale vivendo in armonia con la natura; se ci avventuriamo nell’esplorazione del nostro io profondo, avendo fatto pace fra di noi; ebbene, se tutto ciò si verificherà, finché c’è ancora il tempo, grazie alle nostre decisioni informate, consapevoli e condivise, allora forse riusciremo finalmente a vivere e a lasciar vivere, ad amare ed essere amati.” Manuel Castells, 2008

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CONCLUSIONI

Durante gli ultimi dodici mesi in cui ho sviluppato questa tesi, ho cercato di struttura un lavoro coerente che, partendo dall’analisi di una situazione emergente, quello della partecipazione urbana, potesse far emergere il possibile contributo che il design può offrire in questo contesto. Si tratta di un nuovo campo di intervento nel quale il ruolo e le caratteristiche del designer, legati alla nozione di partecipazione pubblica, permettono di definire e progettare un insieme di pratiche e metodologie che possono occuparsi di relazionare cittadini e amministrazione con l’obiettivo di reinterpretare e riqualificare gli ambienti urbani. I possibili nuovi strumenti creano una nuova modalità di democrazia fondata sulla libertà di dare spazio e voce ai cittadini che hanno voglia di collaborare, dando il proprio contributo per restituire le proprie visioni e desideri relative alla trasformazione dell’ambiente urbano. Infatti le diverse competenze e le molteplici soggettività di cui è ricco il territorio, dopo averle dotate di strumenti adatti, possono interagire tra loro per far emergere visioni condivise sul futuro delle città. In questa maniera si delinea una nuova urbanistica che dovrebbe interpretare le tensioni insediative e relazionali del territorio e assecondarle con azioni di progettazione partecipata per ottenere trasformazioni della città più vicine agli abitanti ed affermare una nuova cittadinanza urbana. Il design, dunque, progettando questi strumenti contribuisce a promuovere un maggior coinvolgimento dei cittadini alle decisioni pubbliche, incoraggiando comportamenti di ascolto attivo, di dialogo aperto, trasparenza, sostenibilità e dando più attenzione agli interessi, ai pensieri e ai bisogni dei cittadini. I processi partecipativi, così definiti, permettono di ridare efficacia e credibilità ai processi di pianificazione del territorio e della città permettendo un incontro tra saperi tecnici e saperi diffusi e definendo strategie e priorità di intervento comuni finalizzate

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al conseguimento di concreti obiettivi di riqualificazione della città esistente, di incremento della qualità della vita e di sviluppo sostenibile. Tutto questo realizzato attraverso azioni di concreta collaborazione e condivisione che favoriscono il sorgere di nuove idee, creando una conoscenza collettiva condivisa e rafforzando il senso di responsabilità cittadina. L’obiettivo iniziale di questa tesi era riuscire a realizzare un progetto che dimostrasse la premessa su cui si fonda la mia ricerca, ovvero la necessità di coinvolgere il design all’interno dei processi di partecipazione urbana. Non sono riuscito a raggiungere questo fine non perché la mia argomentazione è errata ma perché la definizione di uno strumento di questo tipo comporta varie questioni. In primis si evidenzia che questo problema non può essere affrontato dal solo design ma richiede uno studio di carattere multidisciplinare. Infatti la diversità degli stakeholders in gioco richiede uno sviluppo del progetto integrato, basato sulla collaborazione e la cooperazione di figure professionali provenienti da diversi ambiti disciplinari come le scienze sociali e cognitive, la psicologia, la sociologia, la linguistica, l’architettura, l’urbanistica, l’etnografia, ecc.. Non mi è stato possibile avere contributi e collaborazioni con personaggi appartenenti ad altri settori, restringendo così il mio campo d’azione e le mie possibilità d’intervento. Inoltre mi è mancata la possibilità di partecipare, anche solo come osservatore, ad eventi e processi partecipativi in atto come quelli descritti, per riuscire a comprendere in prima persona in che maniera sarei potuto intervenire. Questo lavoro deve però essere visto innanzitutto come il punto di partenza per ulteriori approfondimenti relativi al nuovo ruolo che può assume la disciplina del design. Infatti attraverso l’analisi critica del processo di partecipazione urbana è emerso che il design ha la facoltà e l’opportunità di intervenire per creare strumenti e sistemi rivolti a migliorare i processi partecipativi. Inoltre, disponendo della tecnologia, della conoscenza e delle dinamiche necessarie per porre in marcia processi di gestione urbana più aperti, gli aspetti analizzati possono davvero diventare uno spunto e un’occasione di miglioramento delle attuali pratiche di partecipazione urbana.

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FONTI E MATERIALI

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Indice delle immagini

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pag. 46 - D14 Scenario http://designigniteschange.org/system/post_images/882/large/ user-experience.jpg?1279751603 pag. 46 - D15 Prototipo o modello http://www.zurb.com/blog_uploads/0000/0142/flip-prototypes. jpg pag. 76 - London Building Centre http://www.buildingcentre.co.uk/images/venue/main_1_big.jpg pag. 76 - New York Center for Architecture http://assets.inhabitat.com/wp-content/blogs.dir/2/files/2011/10/ ohny-center-for-architecture.jpg pag. 76 - SPUR - San Francisco http://cache.alttransport.com/uploads/2010/09/SPUR-2.jpg pag. 77 - Urban Center Metropolitano di Torino http://cdn.blogosfere.it/torino/images/NUOVA%20SEDE%20 URBAN%20CENTER%20TORINO_0001.jpg pag. 77 - Urban Center Bologna http://www.sassuolo2000.it/img/2011/12/urban-center-bologna. jpg pag. 77 - Urban Center Roma XI http://www.urbancenter-roma11.it/Download/Photo_cs1/ Foto_012_JFR.jpg pag. 98 - Give a minute http://www.brainpickings.org/bigthink/giveaminute.png pag. 98 - Co-Create London http://thumbnail.craftkeys.com/t/336x280/1c4ceb81162d759c3 65a7528d34dc0b4f573f9c9.jpg?uri=cocreatelondon.com pag. 98 - SeeClickFix https://si0.twimg.com/profile_images/2504861734/97kwczpo77 vteuvqw8gc.png pag. 98 - ePart http://www.pianetatech.it/android/files/2010/12/epart-per-android.jpg pag. 98 - WeDU! Decoro Urbano http://a255.phobos.apple.com/us/r1000/095/Purple/v4/ f6/59/3b/f6593b65-4933-2f9f-7b54-db97e38e32b9/mzl. gzsirkcq.320x480-75.jpg

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pag. 104 - P01 Intervista http://1.bp.blogspot.com/-tTLMdSuDQ7c/TqH6R6tidhI/ AAAAAAAAAs4/U5uhsGHfiMU/s1600/public-relations.jpg pag. 105 - P02 Questionario http://aranzulla.tecnologia.virgilio.it/wp-content/contenuti/ word04.jpg pag. 106 - P03 Camminata di quartiere http://www.blogto.com/upload/2008/04/janeswalk08.jpg pag. 107 - P04 Outreach http://www.barioggi.com/wp-content/uploads/2011/03/ascolto_barioggi.jpg pag. 108 - P05 Osservazioni http://www.worx.at/blog/wp-content/uploads/2009/10/323418 0323_7448e99460.jpg pag. 109 - P06 Cartografia partecipata https://lh6.googleusercontent.com/-L7r2Qa_zzYw/Tnb92gTNd7I/AAAAAAAAABs/WFIAqLLVpXo/s640/DSC_0230b.jpg pag. 110 - P07 Mappe mentali https://lh4.googleusercontent.com/-6A68Eqwyerg/Tnb91dFsWjI/ AAAAAAAAABA/iJaiVX_XhxM/s640/DSC_0157.JPG pag. 111 - P08 Brainstorming http://www.giovannisodano.it/public/brainstorming-big.jpg pag. 112 - P09 Focus Group http://www.floodlightsurveys.com/blog/wp-content/uploads/2011/04/FocusGroup.gif pag. 113 - P10 Open Space Technology http://blog.casase.it/wp-content/uploads/2012/09/WOSonOSost.jpeg pag. 114 - P11 Metaplan http://www.vierlaender.de/uploads/Images/Energie/20120227_ Metaplan.jpg pag. 115 - P12 Town Meeting http://francisgouillart.com/wordpress/wp-content/uploads/2010/12/Town_meeting.jpg pag. 116 - P13 World Café http://c0472192.cdn.cloudfiles.rackspacecloud.com/world-cafelive-downstairs-600.jpg

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pag. 117 - P14 Planning for Real http://www.rigenerazioneurbanalecce.it/home/wp-content/ uploads/2012/07/planning-for-regeneration.jpg pag. 118 - P15 Cantiere evento http://www2.unipr.it/~giufel56/photogallery/Fotogallery/STU%20 2010/Visita%20Cantiere%20STU_Giugno2010%20003.jpg pag. 119 - P16 Urban Experience http://www.performingroma.org/wp/wp-content/uploads/2010/10/LoxandinaXweb.jpg pag. 120 - P17 Critical City Upload http://cdn.leganerd.com/wp-content/uploads/LEGANERD_034982.jpg pag. 121 - P18 EASW http://virtueelplatform.nl/uploads/images/scaled/full_banner/3596 pag. 122 - P19 Real Time Rome http://senseable.mit.edu/realtimerome/sketches/images/S204_large.jpg pag. 123 - P20 Montre Verte - City Pulse http://cybergeo.revues.org/docannexe/image/24710/img-4small580.png pag. 124 - P21 City Wall http://www.dailygalaxy.com/photos/uncategorized/2008/11/23/ helsinki_city_wall_2.jpg pag. 125 - P22 IBM Think http://farm7.staticflickr.com/6160/6187832678_385f3f5f6b_b. jpg pag. 126 - P23 Copenhagen Wheel http://www.designboston.org/wp-content/uploads/2009/12/ cph_wheel035.jpg pag. 127 - P24 Urban Sketcher http://s3.amazonaws.com/files.posterous.com/temp2011-03-14/IaoDsmCoylslxrGBkIqxIpfhAvlzjrzrGpdpmieBekjmtweJfcwfimDeAujo/ipcity.bmp.scaled1000.jpg?AWSAccess KeyId=AKIAJFZAE65UYRT34AOQ&Expires=1352394393&Signatu re=a1j%2FcwJ1uIr8rE%2F17JWXBfaWmm8%3D

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RINGRAZIAMENTI

Vorrei ringraziare con queste poche righe tutte le persone che in un modo o l’altro hanno contribuito alla realizzazione di questa tesi. In primo luogo vorrei ringraziare i miei genitori per avermi sostenuto e avermi permesso di arrivare a questo traguardo. Ringrazio la professoressa Raimonda Riccini, relatrice di questa tesi, per avermi ascoltato e guidato in questo percorso di tesi. Ringrazio anche la professoressa Laura Badalucco, correlatrice della tesi, per avermi dato preziosi e utili suggerimenti e nuovi stimoli di riflessione che mi hanno permesso di arrivare alla conclusione di questa tesi. Ringrazio Paolo Papparotto per le preziosi fonti di ricerca iniziali e i numerosi consigli e incoraggiamenti. Grazie alla professoressa Emanuela Bonini Lessing per le critiche e lo scambio di idee che mi hanno permesso di dare una direzione al mio lavoro. Ringrazio inoltre il professore Luigi Di Prinzio della Facoltà di pianificazione del territorio e il dott. Alessandro Grella dell’associazione Izmo di Torino per la loro disponibilità al confronto di idee. Un ringraziamento particolare va a Claudia Miliziano per la sua pazienza e disponibilità nell’ascoltare le mie problematiche dandomi ottimi consigli e preziose osservazioni, che mi hanno permesso di dare ordine e concretezza ai miei pensieri. Infine un grazie sentito a tutti i miei compagni di corso ed amici che duranti questi anni mi hanno trasmesso vari e sempre interessanti spunti.

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