bitlconfronto m b A s i cpoeFcu H bscH b etA e H i cpoe “
anno 38 numero 1 gennaio/febbraio 2011
POLITICA
Un nuovo PROGETTO politico per chi sente ancora tensione morale.
>> Elio Notarbartolo a pag.2
Fascisti di
SINISTRA
p.3
p.5
>> Sergio Zazzera a pag.3
CULTURA
I TALEBANI a Procida
>> Gessica Pepe a pag.5
RIFLESSIONI
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Qual'è la visione
>> Francesco Lubrano a pag. 8
SPORT
FLESSORI
>> Antonio Scotto di Marrazzo a pag.19
free
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I muscoli
p.14
periodico di politica, cultura ed attualità
m b b m t A s i u c c o p e F F o H H s b be cbe t A HcpoiH e IL CONFRONTO
Il risveglio silenzioso di napoli
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Uno nessuno e centomila
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“La vita sospesa su un filo”
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Qual è la visione?
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Donne al bagno
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L’applauso
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Che si fa stasera?
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“La poesia dell’amore”
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Meridionalismo
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Maria Pia Daidone
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Rosaria Lo Russo: Io e Anne
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la quotidianità di Marco Travaglio
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“Bananas”
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esporrà a Napoli a febbraio 2011
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Cinecuriosità
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Sport
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La poesia del femminismo in chiave filosofica-psicologica.
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Per il Coordinamento Ing. Elio Notarbartolo
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I “berluscones”, a difesa del vUoto di azione governativa che perdura ormai da molto tempo, affermano che la Sinistra non ha approntato un suo progetto alternativo, né ha un leader. Hanno in gran parte ragione. Oggi, però, sono in molti tra Liberali, Repubblicani, Socialisti e Laici in generale, che pare si stiano svegliando dal sonno e noi cittadini chiediamo proprio a loro di focalizzare più chiaramente il progetto politico intorno a cui hanno cominciato a muoversi. Tale progetto politico sembra dirigersi verso un più significativo contenuto liberale e democratico, come il Berlusconismo ha costantemente promesso e ancora più pertinacemente negato nei fatti, e addirittura irriso. La tradizione e il pensiero repubblicano e molta parte della tradizione dell’antico partito liberale certamente hanno sbagliato contenitore politico quando hanno scelto di farsi rappresentare nel Centrodestra. Idem dicasi per tanti sinceri Socialisti. Anche tanta parte della tradizione socialista e più generalmente laica non può condividere le scelte, i modi e le azioni dei “berluscones”. E’ tempo di lavorare insieme per l’Italia. Purtroppo, quello che agli Italiani è stato imposto finora come “l’altro polo della politica” non ha mostrato tutta la capacità di analisi della società e delle sue aspirazioni, tutta la capacità di critica e di proposta, tutta la duttilità che è interna alla cultura politica europea, e non solo europea. L’Europa stessa, per esempio, è stato sempre un campo non bene arato e seminato dalla cultura “dell’altro polo”, quello della sinistra, mentre dal polo di destra è stato costantemente ignorato. Contestualmente al ritorno alla discussione più squisitamente politica, qualcosa specialmente sul piano organizzativo, va approntato, e presto, fuori dal Centrodestra e fuori dal Centrosinistra. Che sia necessario un passo verso un concreto movimento liberaldemocratico, è una cosa che condividiamo tanto da essere pronti a collaborare ad una lista elettorale che testimoni questa presenza alle elezioni napoletane e non solo, con tutti i cittadini che abbiano la nostra stessa intenzione. Riteniamo necessario, in questa occasione, sottolineare che la più grave insufficienza messa in luce da tutte le forze politiche presenti in Italia è quella che si riferisce alla tensione morale, agli ideali, che inducono alla militanza politica, intesa come disinteressata e libera scelta dei cittadini, cosa che finora è stata troppo irrisa, umiliata, calpestata e demolita dai variegati interessi personali di tutti i partiti presenti sulla scena politica attuale. Sono principi astratti questi? Il Medioevo civile che affolla le nostre città e le nostre televisioni dimostra il contrario. Occorrono obiettivi sociali condivisi, occorre rivolgersi a tutti quelli che abbiano imparato che cos’è l’impegno che deriva dalla tensione morale, dal senso di appartenenza ad una comunità operosa e solidale, responsabile costruttrice del suo futuro. La base solamente repubblicana ci sembra un orto molto piccolo di fronte alle esigenze di un’intera generazione chiamata: a) a continuare l’impegno della gioventù risorgimentale dell’800 perché l’Italia ancora non è una, strutturalmente, socialmente, economicamente, e oggi, forse, pure politicamente; b) a continuare l’impegno della Resistenza, perché i continui attacchi che subisce la libertà di stampa, la libertà di manifestazione e di insegnamento, la magistratura e gli altri istituti dello Stato manifestano nella società italiana l’innesto di qualcosa molto vicino concettualmente a quel regime che fu chiamato fascismo; c) a continuare la difesa della Costituzione italiana attaccata da iniziative arroganti di una certa casta e imposte proditoriamente al popolo, con conseguenti sguaiate disapplicazioni anche di tante leggi ordinarie; d) a ridisegnare un futuro credibile e accettabile per una intera generazione, dimenticata dal Governo e da chi ha inteso introdurre nella società italiana solo precarietà di lavoro e insicurezza generale; e) a riconfigurare tutto il sistema Italia per quanto riguarda ostacoli burocratiche, ingerenze parassitarie, organizzazione e programmazione industriale ed energetica; f) a rilanciare l’Europa nei suoi aspetti di Stato sempre più politicamente unitario per impedire la marginalizzazione economica e politica di un intero continente e della sua cultura democratica. Per questi obiettivi è necessario richiamare a raccolta quanti sentono coscienza civile per battere ogni pessimismo della ragione.
I Talebani a Procida
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ancora tensione morale.
Contents:
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nuovo PROGETTO >>Un politico per chi sente
Direttore responsabile Iki Notarbartolo Direttore editoriale Elio Notarbartolo
Redazione Mario Battiglia, Fabrizo Lubrano Lavadera, Francesco Lubrano, Luca Maiorano, Chiara Marcari, Gilda Notarbartolo, Paolo Olivieri, Enzo Peluso, Gessica Pepe, Maurizio Vitiello, Sergio Zazzera Grafica Luca Maiorano - www.lucamaiorano.it
Periodico autofinanziato a distribuzione gratuita confronto@hotmail.it elio.notarbartolo@live.it
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Fascisti di sinistra
Se la polizia non li avesse fermati, avrebbero “sfondato” Montecitorio, con buona pace per la vita delle istituzioni democratiche di una Repubblica che, nonostante tutti i mali che sta vivendo, è disciplinata da una Costituzione universalmente riconosciuta come una delle migliori del mondo. È inconcepibile, dunque, che la classe studentesca manifesti la propria solidarietà ai “guerriglieri” che il 14 scorso hanno devastato buona parte del centro storico della capitale, causando danni per milioni di euro a beni non soltanto pubblici, ma anche di proprietà d’incolpevoli privati. Gli studenti manifestanti, infatti, credono di potersi servire di questi grupp(uscol)i, per il perseguimento dei loro obiettivi, e, viceversa, non si rendono conto che è la loro legittima protesta a essere strumentalizzata da quelli. L’unico risultato, dunque, ch’essi possono ottenere è quello di allontanare da sé la società civile, che, al contrario, dovrebb’essere l’ultima delle loro mire. In proposito, non dev’essere sottovalutata la novità assoluta che, per la prima volta nella storia della nostra Repubblica, la condanna di quegli episodi di violenza sia
stata espressa, in maniera sostanzialmente unanime, da tutte le forze politiche e sindacali. Peraltro, un rischio gravissimo che si corre, in conseguenza di questo atteggiamento e dati i tempi che viviamo, è quello che qualcuno possa invocare la sospensione delle garanzie costituzionali, come fece (fortunatamente inascoltato) il procuratore generale della Repubblica di Potenza all’indomani del Sessantotto. Concludo queste disordinate riflessioni col ricordo del pensiero espresso da una delle più significative figure della cultura del secolo scorso, Pierpaolo Pasolini, il quale non esitò a definire «fascisti di sinistra» gli studenti e gli operai che, proprio nel corso delle manifestazioni che segnarono il Sessantotto, sfogavano la violenza più selvaggia contro gli agenti delle forze dell’ordine, senza rendersi conto che la condizione socioeconomica di quelli non era, per nulla, dissimile dalla loro.
Sergio Zazzera
Contese, contusi e confusi.
Da che parte stare?
sempre le medesime parole, e ogni parola nasconde un tentativo di tirare acqua al proprio mulino; ci sono i poliziotti, forse gli unici a fare il proprio mestiere; c’è poi chi protesta, una categoria questa molto ampia e articolata, e comprende: gli studenti, chi più e chi meno, i criminali, di cui la maggior parte non sa distinguere un asino da un cammello, chi va solo a vedere cosa succede e chi continua a studiare, impegnandosi ancora di più, aspettando che le cose cambino; infine c’è chi guarda e basta, e sceglie, seduto comodamente sul divano, da che parte stare : si simpatizza per i politici, destra, sinistra, centro, su e giù, si sceglie come fece Pasolini di simpatizzare per i poliziotti, “perché sono (o erano) figli del popolo”, oppure si tiene per gli studenti, che poi rappresentano il futuro, la luce di un paese ormai reso ridicolo, un po’ da tutti noi, agli occhi del mondo. Forse però sarebbe meglio spiegare, o tentare di farlo, più che l’oggetto del contendere, ovvero la riforma (ne esiste una
stesura integrale in pdf su internet che tutti possono consultare), le ragioni dei contendenti. I politici, oltre alla difesa della propria poltrona, in questo caso sono alimentati da ragioni di partito, per cui da chi governa sentirete che la riforma riformi veramente, e chi sta all’opposizione, dirà che essa è in pratica una non-riforma; i poliziotti hanno famiglie da mantenere; gli studenti, una buona parte, difendono il proprio futuro e i propri ideali. E allora, in un tale Amba Aradam di ragioni, nobili o basse che siano, di proclami politici, gesti di disapprovazione, violenti e simbolici, qual è la soluzione, quale la via da seguire? Una certezza è che ne dalla Tv, ne da nessuno, forse, sentirete un parere imparziale e al di sopra delle parti su tutte le vicende che propongono i media, figurarsi su una questione politica, ovvero ciò che non dovrebbe essere una riforma che riguarda l’istruzione, dunque il futuro.
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Si dicono e si sentono tante cose sulla Riforma Gelmini. Chi governa sostiene che la legge sull’università introduca la tanto agognata meritocrazia e riduca gli sprechi, chi protesta è sorretto dall’idea che questa sia solo una manovra per tagliare, in modo sconsiderato, fondi alla pubblica istruzione. E alla fine lo scontro, partito sul campo democratico, sfocia in campi di battaglia di epica memoria. Questo è sembrato la città di Roma, e non solo, in questo periodo, soprattutto il 14 Dicembre, giorno in cui si è votato per la mozione di sfiducia al governo Berlusconi. Si è assistito così agli scempi che ognuno ha potuto “ammirare” in Tv o dal vivo. Scene di guerriglia urbana vera e propria. Certo è che alla contestazione della riforma se ne sono aggiunte altre, ovvero il dissenso dei poveri terremotati aquilani, e la polemica verso la maggioranza, per modo di dire, di governo. Ecco allora che le forze interessate sono scese in campo, armate ognuna a modo suo: ci sono i politici, dai quali sentiamo
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I TALEBANI a Procida
L’altra verità, è che per combattere le battaglie, indipendentemente dalla fazione che si vuol sostenere, bisogna armarsi prima di partire spediti verso l’ignota terra di conquista. In un clima di confusione, dove sovrane regnano l’ambiguità e l’incertezza, dove ognuno dice la sua e capire ciò che succede è impresa per i più temerari, l’unica arma a disposizione è il solo comprendere, con la mente sgombra dalle suggestioni, i motivi per cui tutto ciò al quale assistiamo accade, per farsi un’idea e sapere così da che parte stare. Una cosa ci è chiara: vogliamo difendere e potenziare, prima di tutto, la scuola pubblica, che è la scuola di tutti, a cui possono iscrivere tutti, anche i meno abbienti. Fabrizio Lubrano Lavadera
Che l’isola abbia tendenze politicamente conservatrici è un fatto incontestabile, dovuto alla sua condizione di isolanità, alla popolazione marittima tanto diffusa, al riserbo che praticano più o meno tutte le famiglie, agli scambi culturali limitati che pure si stanno espandendo con l’uso dei blog, di Facebook e di Internet in generale. Ma che Procida sia addirittura un centro religioso culturale di chiara ispirazione talebana, ci sembra un fatto nuovo, specialmente perché il decano dei sacerdoti procidani, don Michele Ambrosino, ha sempre professato una grande apertura mentale e culturale pur sempre nell’ortodossia della Chiesa cattolica di cui si è dimostrato costantemente un talentuoso servitore. Forse sarà stato il passaggio del papato dalla figura carismatica di Giovanni Paolo II a quella più dottrinale, formale e severa di Benedetto XVI a stare ispirando certi atteggiamenti che lo spirito laico, che certamente informa questa testata giornalistica, non riesce proprio a comprendere. Eppure è di qualche mese fa la grande apertura di credito che uno dei più prestigiosi cardinali ha voluto fare al nostro Presidente del Consiglio che, trovandosi a bestemmiare in pubblico, ha incassato la paterna assoluzione della Chiesa che ha detto, per bocca di questo cardinale assolutamente non smentito dallo stesso papa: “biso-
gna comprendere, bisogna contestualizzare questa bestemmia”. Veniamo al fatto. Katia Ricciarelli, la ex moglie di Pippo Baudo, è venuta a far visita a Procida e domenica scorsa con atto di liberalità molto apprezzato dai Procidani, si è voluta esibire nella chiesa dei Turchini, in via Marcello Scotti, con il suo repertorio di musica lirica. E’ stato un vero e proprio avvenimento culturale e gli spettatori sono stati molto calorosi nell’applaudire, tanto da indurre Katia Ricciarelli a concedere il bis. Per il bis, Katia ha voluto fare un omaggio ai Procidani e al Golfo di Napoli, così ospitale nei suoi riguardi, e ha scelto due pezzi della tradizione canora napoletana. A questo punto sono intervenuti i Talebani nella persona di un prelato nativo di Procida, che ha pubblicamente richiamato il priore dei Turchini, Gabriele Scotto di Perta e la stessa Ricciarelli per essersi lasciati andare a fare un atto sconveniente per la Chiesa e li ha invitati, per queste canzoni, a scegliere un posto più conveniente quale potrebbe essere, a Procida, la chiesa di S.Vincenzo che è una chiesa sconsacrata. Non sappiamo come l’ha presa l’ossequioso priore dei Turchini, certamente Katia Ricciarelli l’ha presa molto male, e forse, non si considererà più un’amica di Procida.
Gessica Pepe
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Il risveglio silenzioso di napoli
napoletani e campani, prima o poi sono costretti a confrontarsi. Il 15 dicembre 2010, sono state all’incirca duecento le persone che hanno aderito, munite di candele e candelabri, all’iniziativa di una manifestazione pacifica e silenziosa, svoltasi in Piazza del Plebiscito. Tra i presenti: uomini, donne, anziani, bambini di tutte le età e anche qualche studente e qualche docente del Mercalli e dell’ Umberto, ma nessuna organizzazione politica ne’ partitica. Protagonista insomma è stata la gente comune! Se i reclami, gli scioperi e le proteste sembrano essere stati i mezzi più comunemente adottati fino ad ora, all’indifferenza dei vertici questa volta si è cercato di rispondere diversamente, tentando di portare un po’ di luce, lì dove sembrano prendere il sopravvento l’occultismo, il degrado e anche una certa superficialità e leggerezza. Il risultato di queste iniziative non sempre è positivo, spesso le aspettative di molti restano deluse e gli sforzi di tanti sembrano vani, ragion per cui, molti sono del parere che queste iniziative lasciano il tempo che trovano. Ma tra la mischia c’è anche chi la pensa diversamente, sostenendo che
l’importante per ora è accrescere la sensibilità delle persone riguardo temi a tutti noi molto cari. In definitiva quindi, forse è il caso di affermare che non tutti i tentativi sono vani, se come sostiene qualcun’altro: l’importante è partecipare! La partecipazione in effetti c’è stata, nonostante il vorticoso calo delle temperature! Ciò che è venuto a mancare è stata forse l’unità fra le persone, ancora troppo debole, anche a causa della mancanza di una buona organizzazione. Di fatto, durante la manifestazione durata circa un’ora, non si è stati capaci di lanciare un messaggio ben preciso né di comporre un cerchio, come qualcuno insistentemente aveva proposto. A quanto pare il risveglio è lento ed il cammino tortuoso, ma non ci si arrende all’idea di “fare la giusta politica”, tentativo che prevede un Piano d’azione Alternativo basato sulla Democrazia partecipata che nasca dal basso, dove in un futuro (si spera prossimo), i veri protagonisti saremo noi cittadini campani e napoletani, ad assumerci in prima persona le responsabilità del nostro bel paese! Chiara Marcari
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E’ ormai noto a tutti che il nostro paese stia vivendo un momento di grande crisi: economica, sociale, e politica. Ed è ormai tempo che si parla di “coscienze addormentate”con riferimento alla cosiddetta società civile. Sicuramente è un momento di grande fermento, e sorvolando un attimo sui luoghi comuni, a cui tutti ci siamo abituati, ascoltando ripetutamente frasi quali: “Non cambierà mai nulla fino a quando il nostro paese sarà nelle mani dei corrotti”, oppure: “Ma tanto le persone non cambieranno mai”. Credo che si stia facendo un po’ di confusione rispetto al significato profondo riguardante il concetto di democrazia, e rispetto al ruolo e alle responsabilità di cui ogni singolo dovrebbe farsi carico. Forse il problema principale è che da sempre,“l’erba del vicino è stata più verde”, ma per guardare il giardino del nostro vicino, spesso finiamo per trascurare proprio il nostro! In effetti non è mai bene generalizzare, facendo di tutta l’erba un fascio, ma d’altro canto oggi, la profonda sfiducia e lo sconforto delle persone, affondano le proprie radici su fatti concreti e problemi reali con i quali tutti i cittadini
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Uno >>“La vita nessuno e sospesa centomila su un filo”
Bernard-Henry Lévy e Daniel Pennac esaltano il personaggio Cesare Battisti, elevandolo sostanzialmente al rango di eroe. Dilma Rousseff, neopresidente del Brasile, dopo essersi fatta propaganda elettorale sul caso Battisti, promettendo la revisione della decisione adottata dal suo predecessore, Luiz Inácio Lula da Silva, muta indirizzo subito dopo l’elezione. L’Europa economica (che, per un errore di valutazione, ha preceduto quella politica, tuttora di là da venire) considera il caso come una questione esclusivamente bilaterale. Il nostro Presidente del Consiglio si fa riprendere da fotografi e cineoperatori accanto ad Alberto Torregiani, vittima della violenza di Battisti, promettendogli che l’Italia “lo prenderà”, ma in separata sede si domanda perché l’Italia dovrebbe mantenere a vita un criminale. Evidentemente, nessuno (o quasi) deve avere le idee chiare sul caso e sul personaggio. Allo stato attuale, Cesare Battisti non è un mito, né una vittima, né un terrorista, né un perseguitato politico. Cesare Battisti è un criminale comune e basta: lo afferma una sentenza emessa dalla Giustizia italiana, ormai passata in giudicato, e i tentativi alchemici di definirlo con formule diverse rifuggono, con assoluta evidenza, dalla realtà dei fatti. Ora, se si può comprendere l’atteggiamento di Lévy e di Pennac, vissuti in una cultura della giustizia sottomessa (stavo per dire asservita) alla politica, o quello dell’U.E., nella quale il peso della Francia è ben maggiore di quello dell’Italia, o ancora quello della Rousseff, che può non voler porre in gioco alla prima entratura (come si dice a Napoli) il ruolo appena conquistato, viceversa, la posizione assunta da Silvio Berlusconi è assolutamente inaccettabile. Credo, infatti, che nessuno possa condividere che s’illuda a parole chi è stato immobilizzato a vita dai colpi d’arma da fuoco esplosi da un criminale, lasciando intendere, poco dopo, che, tutto sommato, è preferibile che habe<a>nt sua sidera lites. In realtà, la strada da percorrere per avviare a soluzione il caso è stata indicata, dall’alto della sua esperienza d’internazionalista e di magistrato degli organismi giudiziari internazionali, da Antonio Cassese, il quale ha sottolineato l’opportunità che l’Italia chieda l’intervento della Corte di Giustizia dell’O.N.U., la cui funzione è quella di dirimere le controversie fra Stati, anche se i tempi necessari corrispondono al paio d’anni. Per quanto mi riguarda, poi, mi sento meglio disposto a offrire il mio contributo economico per il mantenimento del Battisti in una struttura carceraria italiana, piuttosto che per la realizzazione del famigerato ponte sullo stretto di Messina: insomma, uno il danaro deve anche saperselo spendere al meglio.
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Sergio Zazzera
Provate per un attimo ad immaginare di essere un acrobata sospeso su un filo, ma che sotto di voi ci sia il vuoto e che quel filo fosse il vostro unico legame con la vita e con il mondo. Che senso dareste alla vostra vita? L’acrobata sa che basterebbe un solo attimo, una piccola distrazione, un piede messo male e la sua vita preziosa e tutto il suo talento andrebbero perduti. Nonostante questa profonda consapevolezza il funambolo avanza, non si arrende e continua il suo cammino sospeso tra la terra e il cielo. Quanti di noi ogni giorno si interrogano sul significato profondo della vita e della morte? Due concetti che a mio avviso non possono essere separati! Di acrobati ce ne sono abbastanza direi, anzi, affermerei che l’intera razza umana potrebbe essere paragonata ad un esercito di acrobati, che ogni giorno si sfidano e lottano per mantenere il giusto equilibrio e arrivare sani e salvi dall’altra parte di quel filo sottile. Non tutti sempre riescono ad arrivare dall’altra parte, ma cos’è che frena o fa retrocedere? E cos’è invece che fa avanzare altri più rapidamente? In entrambi i casi credo che la risposta sia la stessa, è la consapevolezza di non essere “eterni” in quanto esseri umani e sapere che quindi, prima o poi il nostro corpo fisico si dissolverà. Con ciò affermerei che è proprio il nostro sguardo sul mondo che costantemente condiziona il nostro modo di vivere e di essere. Una persona spiazzata dalla paura, non riuscirà certo ad avanzare su quel filo, al massimo si fermerà a metà strada. Una persona che si sforza di vivere ogni momento come se fosse l’ultimo, incoraggiata e spronata dall’amore per la vita, invece, avanzerà con fiducia e totale dedizione lungo il suo cammino.
Chiara Marcari
m b m t A s i c c u ? o p e F F o H H s b be cb e t A HcpoiHc e PERIODICO DI POLITICA, CULTURA ED INFORMAZIONE
Qual è la visione? Faccio fatica a capire e percepire quale sia la visione dei nostri concittadini più stimati, coloro che amministrano o che vorrebbero amministrare la nostra Isola, una visione futura di Procida da qui a 30 anni almeno. Cosa immaginiamo? dove vogliamo arrivare? Se ciò fosse chiaro e limpido a tutti, probabilmente si riuscirebbe anche a mandare giù qualche boccone amaro. Si accetterebbe di sacrificare qualcosa oggi per ottenere molto di più un domani non troppo lontano. Mi chiedo se con questa "crisi economica", si voglia coprire qualsiasi inefficienza e qualsiasi inadeguatezza. Parole che per molti significano niente, per altri tutto, e nel mezzo c'è tanta gente che fa finta di capire quanto siano importanti queste parole. Ci preoccupiamo dei divieti di circolazione, delle giostrine, degli allagamenti della banchina del porto, di spiagge sporche, di trasparenza, di legalità e molto altro ancora. Parliamo di accoglienza sistematica dei turisti, dimenticando come era un fatto naturale, tempo fa.
Non impariamo niente dal passato. Alcune cose erano meglio prima, tante altre sono meglio adesso, ma la difficoltà è capire dove abbiamo "messo la prua". Sembra quasi di seguire la corrente, certo si va più veloci così, ma si rischia di finire sugli scogli o magari arenati in una bella spiaggia. Abbiamo mezzi, abbiamo capacità, abbiamo uomini con gli "attributi" giusti. Che diavolo stiamo aspettando? Forse, la ragione del nostro tergiversare sta proprio nella difficoltà di tirare una rotta precisa, scegliere una destinazione. Una pianificazione tropo chiara e dettagliata, sicuro limita le possibilità di "manovra" ma almeno sapere dove andiamo?!?! Senza troppi giri di parole, una volta che avete tracciato questa rotta e scelto la destinazione, lo dite anche a noi? Signori/e prima del "come" vogliamo chiarire il "cosa"? Cosa vogliamo fare da grandi? Vogliamo fare turismo di massa, turismo culturale o non vogliamo il turismo? Vogliamo continuare ad avere il problema "casa" per speculare e consumare cemento o vogliamo
dare a tutti una possibilità? Magari pensando che la terra va salvaguardata e dobbiamo dire STOP al consumo di suolo e alla svendita del territorio a tutti i livelli , per preservarlo alle prossime generazioni. Una crescita infinita su un pianeta e un territorio finiti non è immaginabile. Pensare anche ad una nuova mobilità, calata su esigenze reali del cittadino o impazzire sulla questione traffico? Investiamo in un modello sostenibile o il petrolio è per noi l'unica fonte di energia? Senza considerare i vantaggi che ne potrebbero derivare delle fonti rinnovabili, e del risparmio energetico? Vogliamo privatizzare o gestire da soli le nostre cose? Vogliamo riprendere le tradizioni, lasciarcele alle spalle e rimodernare o magari entrambe le cose? C’è la possibilità di creare uno stupendo piccolo pezzetto di mondo da chiamare "Procida". Fate apparire questa visione, almeno smetteremo di lamentarci e criticare le "sciocchezze", dedicandoci a qualche discussione più importante. Francesco Lubrano
Agenzia Generale di Napoli Fuorigrotta Soluzioni Assicurative e fiananziarie dalla A alla Z Filiale di Procida Mastroianni Giovanni Via Vittorio Emanuele 277 - 80079 Procida (Na)
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Conoscere l’isola
DONNE AL BAGNO Altro che bikini e tanga: un tempo, neppure troppo lontano (le più pudiche, come la nostra vicina di casa “Rusinèdda”, lo hanno fatto anche fino agli anni sessanta del secolo scorso), le donne di Procida – e, segnatamente, quelle della buona borghesia – solevano “prendere” il bagno in mare (“’u vègno re pulezzìa”, come dicevano, quasi per giustificare quell’innocente svago), indossando un camicione nero, lungo fino ai piedi. Neanche questo, però, era sufficiente a soddisfare la loro esigenza di riservatezza e, perciò, esse andavano in cerca di spiagge il più possibile appartate. A una di queste era possibile accedere – proprio come facevano Margherita e Vittoria Mazzella, secondo quanto mi narra Lucia Ruocco, figlia di quest’ultima –, percorrendo tutto il lungo viale che attraversa la proprietà Scotto di Ionno (= “scozzese biondo”: può anche sembrare suggestivo, ma credo proprio che sia questa l’etimologia), al civico n. 21 di via Regina Elena – quella che un cancello cieco, inquadrato da un maestoso portale di piperno, nasconde alla vista dei passanti e che nel cantone verso via Faro presenta un’elegante edicola della Madonna della Libera, sorretta da una colonnina, anch’essa di piperno –; proprietà che, al pari della spiaggia sottostante, dal nome dell’originaria proprietaria, tale “signora Lorenza”, prendeva la denominazione di “palèzzo r’’a sì’ Lurenza”: i siluri, dunque, non c’entrano, a differenza di quanto, almeno in passato, qualcuno credeva, leggendo quel nome senza interruzione. Al riserbo delle bagnanti sembra, però, non corrispondesse troppo quello del proprietario del palazzo, Vincenzo Scotto di Ionno, procidano, trasferitosi a Napoli, dove gestiva una sorta di “café chantant”, nella galleria Principe di Napoli, al Museo (al cui restauro si comincia, finalmente, a pensare), nel quale aveva cominciato la propria carriera Gennaro Pasquariello e in cui si esibivano, come non è difficile immaginare, ballerine in abiti (si fa per dire, data l’epoca) succinti e il macchiettista Adolfo Narciso, specializzato nel delineare la caricatura d’un seminarista, ch’era solito sognare delle «bracce toste» femminili. Manco a dirlo, nella sala era solito sedere, in prima fila, il fratello monsignore di Vincenzo, il quale non tralasciava di protestare all’indirizzo di costui, per il carattere lascivo degli spettacoli; epperò, ogni sera – come narra il Narciso medesimo –, immancabilmente, egli occupava sempre quello stesso posto. Mutati i tempi, le signore procidane preferirono alla discesa a mare di quell’edificio quella di villa Mignano (già “Eldorado” e, ora, malauguratamente, “Giardini di Elsa”), che menava alla più “mondana” spiaggia della Chiaja; e anche il “café chantant” napoletano di Vincenzo cedette il posto a una sala cinematografica, che ha funzionato fino a qualche decennio fa.
Sergio Zazzera
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didascalia: Palazzo Scotto di Ionno
b m b m t A s L’applauso i c u c u A o p e F F o H H s b be cbe t A HcpoiHc e PERIODICO DI POLITICA, CULTURA ED INFORMAZIONE
L’applauso Napoletano
Non è facile, in questa atmosfera di crisi economica e morale, trovare qualcuno che continui a coltivare entusiasmi, ad avere volontà positiva e produttiva e a promuovere questa stupenda e incredibile città nel mondo. Vincenzo Onorato, l’armatore conosciuto più in Sardegna che in Campania per le sue navi e i suoi traghetti Moby s.p.a., presidente del team velico “Mascalzone latino”, sembra estraneo a questa atmosfera passiva in cui in tanti si sentono a priori perdenti e senza speranze. Lui è uno che ama le sfide, non soltanto sportive. Avemmo già modo di ricordare da queste pagine, il grande onore che egli ha saputo assicurare alla città di Napoli e a tutto il mondo marinaresco del Golfo, portandola a divenire la città sfidante per la prossima Coppa d’America di Vela, l’America’s Cup, e a darle un’opzione per diventare addirittura sede delle regate di questa
che è la più spettacolare gara velica del mondo. Tutti conoscono la barca a vela di Onorato “Mascalzone latino” che dopo aver regotato per una intera stagione nel 2008 è stata issata sulla sua invasatura tra il molo Beverello e il Molosiglio a ricordare il prestigio conquistato nel mondo della vela per Napoli. Essa è una delle tante del team Mascalzone latino con le quali il nome di Napoli e di Onorato gira nel mondo velico mondiale. Vincenzo Onorato ha voluto fare di più. Ha aperto, nel 2007, con la collaborazione della Marina Militare, una scuola di vela a Napoli in via Acton 1, per i ragazzi non ricchi, con sede sul molo militare tra il Molosiglio e il Molo Beverello e l’ha dotata di vari scafi e barche-scuola per avvicinare al bellissimo sport della vela tanti giovani napoletani affrancandoli dalla necessità di appartenere a famiglie di censo
alto e, possibilmente, per molti di loro, togliendoli dalla strada. All’interno della scuola, vi sono diverse aree living, palestra, spogliatoio, servizi, cucina, sala mensa, area tv, area hospital e presidio medico, aula lezioni e videoproiezioni, uffici, area relax, cala vele e depositi. Tutto ciò, per offrire ai giovani (tra gli 8 e i 16 anni) appartenenti alle classi sociali più disagiate, corsi totalmente gratuiti! Il percorso nella scuola è articolato in tre distinte fasi: la prima, educativa, rappresenta un luogo di ritrovo e di scambio; la seconda, formativa, offre agli allievi attività sia in aula che in mare; la terza, dà la possibilità ai ragazzi, attraverso stage, di inserirsi nel mondo del lavoro. A Vincenzo Onorato e alla sua scuola di vela a Napoli, l’applauso della Redazione del Confronto.
L’applauso Procidano
Granito, per citare un esempio, non è più tanto tale) hanno esteso la loro azione aggregativa all’intero anno, attraverso la partecipazione a manifestazioni, come la Sagra del mare o la festa di sant’Anna a Ischia, lo svolgimento di corsi di realizzazione dei “Misteri”, dedicati ai ragazzi delle scuole, l’istituzione del “Museo dei Misteri” e, da ultimo, addirittura un convegno, svoltosi alla fine di novembre scorso, che ha richiamato un folto pubblico. È grazie a questi ragazzi, dunque, che il volto di Procida è avviato verso un mutamento
positivamente apprezzabile; ed è giusto, perciò, che Il Confronto dedichi loro questo applauso.
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Una volta all’anno, Procida mette da parte l’individualismo che la caratterizza, per dar vita a un momento aggregativo che, ormai, ha varcato i confini non soltanto dell’isola, ma addirittura dell’Italia. Intendo riferirmi al Venerdì santo, giorno in cui l’intera popolazione procidana partecipa – chi in un modo, chi in un altro – alla processione dei “Misteri”, alla cui realizzazione attende, in maniera particolare, da alcuni anni, l’associazione dei “Ragazzi dei Misteri”. Ebbene, negli ultimi tempi, questi ragazzi (ma qualcuno, come Nico
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Che si fa stasera? Si va in “casetta”
Durante il periodo natalizio ogni paese o paesino ha le sue consuetudini, ogni luogo le proprie tradizioni. Così anche Procida è ricca di usanze, vicine a ciò che suggeriscono e offrono la contiguità napoletana e, naturalmente, il mare. Dalla cucina, dove i padroni indiscussi sono il baccalà ed il capitone, al presepe (non certo composto dai soli tre classici pastorelli e in più il bue e l’asinello, ma quello che, in molti casi, occupa stanze intere); dalla cioccolata calda all’uscita della Chiesa dopo la messa del Natale, alla tombolata in piazza o in famiglia, sono solo alcune delle abitudini che i procidani riescono a mantenere vive durante le festività. Si sta diffondendo da qualche anno una, in particolare che non è antica come il presepe o la smorfia napoletana, ma che sta diventando un vezzo irrinunciabile, soprattutto per i più giovani: fittare la “casetta” con gli amici. Se in molte grandi città i giorni di festa, tranne Natale e Capodanno, sono vissuti alla stregua di altre date sul calendario, con l’eccezione delle ferie lavorative, da riempire andandosene in vacanza, a Procida ragazzi e ragazze attendono inquieti questo periodo, che va dagli inizi di Dicembre e si prolunga spesso fino alla fine di Gennaio, dove per sfuggire al freddo e soprattutto al nulla (o quasi) che offre l’isola, prendono in affitto case, a volte molto antiche e caratteristiche, e lo fanno in gruppo, per riunirsi insieme nel caldo abbraccio della “casetta”, che ricorda tanto quello familiare, ma che alla parentela sostituisce l’amicizia. Nemmeno i prezzi esorbitanti che i molti (ma non tutti) padroni di casa presenti a Procida fissano, cercando di sfruttare l’occasione, e la tipica affermazione “Natale con i tuoi…”, placano quella voglia, tutta giovanile, di sfuggire all’esiguità degli svaghi e alle rare opportunità di divertimento che il territorio riesce a regalare e concepire, quel dannato bisogno di ritrovar-
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si tutti insieme in un posto solo e la brama di rivendicare e affermare una proclamata indipendenza da usi e costumi che quasi non sentono propri. Che si fa stasera? La risposta è scontata. Per strada fa freddo, nei locali non c’è nessuno, ci si vede alla “casetta”, si può guardare un film, mangiare insieme una pizza, ma comunque ci si vede lì. Facendo un giro in queste case si nota che, al di là della Play Station, usanze importanti vengono mantenute ed onorate, e in molti casi divengono divertenti passatempi; sono le carte napoletane e francesi, dei più gettonati Tresette, Briscola, Maniglia e Poker, c’è poi naturalmente l’immancabile tombola e i sempre attuali giochi da tavola come Monopoli e Risiko, in alcune c’è anche il presepe. E se si prova a passare, per sbirciare da fuori, nei giorni in cui le famiglie si riuniscono per i grandi pranzi e cenoni di Vigilia, Natale e Santo Stefano, salta all’occhio che le luci sono spente e che dentro non si trova anima viva, quasi a dimostrare il fatto che per i giovani di Procida la “casetta” può anche essere veicolo di rispetto per le tradizioni, morali prima, gli affetti familiari, di sito poi. Lo spiccato desiderio di indipendenza che i ragazzi mostrano fittando con i propri coetanei un appartamento, è funzionale a risolvere (o accentuare) i problemi che un territorio di 3 Km quadrati e circondato dal mare comporta, è guidato dal bisogno di avere un po’ di intimità in più con il proprio partner, ed è utile a crearsi un’alternativa all’interno di un mondo limitato che non comprende le loro esigenze, che forse neanche essi, in fondo, conoscono, lungi però dal minare le più antiche pratiche sociali che anche i più giovani sentono ormai proprie. Fabrizio Lubrano Lavadera
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“La poesia dell’amore” ALBERTO MARIO MORICONI
Conobbi Alberto Mario Moriconi, prima che personalmente, mediante i versi della sua Procidana, che mi furono fatti leggere dal mio amico Renato d’Oriano, e subito mi resi conto che si trattava di uno che aveva conosciuto Procida e, soprattutto, la sua gente. Ne ebbi conferma da lui stesso, quando lo incontrai a una delle edizioni del premio L’isola di Arturo e mi disse che vi aveva trascorso le vacanze estive per diversi anni. Nato a Terni, nel 1920, Moriconi si trasferì a Napoli con la madre, all’età di cinque anni, alla morte del padre. Conseguita la laurea in Giurisprudenza, esercitò la professione di avvocato penalista; poi, però, la sua passione per le lettere lo introdusse nell’Accademia delle Belle Arti di Napoli, dove insegnò Letteratura drammatica, negli anni in cui l’istituzione culturale napoletana ebbe fra i suoi docenti anche Vasco Pratolini. Contemporaneamente, intraprese l’attività di giornalista e critico letterario, pubblicando articoli sul quotidiano Il Mattino, firmati con lo pseudonimo di Morick. Della sua vasta produzione poetica meritano menzione, fra le altre, oltre alla raccolta d’esordio, Canti dell’adolescenza (Napoli 1937), anche Dibattito su amore (Bari 1969), Il dente di Wels (Napoli 1995), Io, Rapagnetta Gabriel e altre sorti (Napoli 1999) e, infine, Non salvo Atene (Napoli 2007). La napoletanità, sia pure acquisita, di Moriconi si manifesta attraverso la sua ironia, di discendenza diretta da quella che caratterizza il popolo partenopeo, che nei suoi versi si fonde con riferimenti letterari colti e internazionali; eppure, l’individualismo che connota gli ambienti letterari della città e dell’intera regione ha fatto sì ch’egli vi fosse malamente tollerato. In realtà, però, la sua voce si colloca in una linea letteraria metasperimentale, che supera di gran lunga i confini, sia spaziali, che concettuali, di questi ambienti: in buona sostanza, la poetica di Moriconi impone che lo si consideri fra i maggiori autori del Novecento, accanto a Mario Luzi e Alda Merini. Anche gli schemi metrici e ritmici della consuetudine poetica sono da lui accuratamente rifuggiti, nell’intento di conferire migliore veste a quell’ironia, della quale più sopra si diceva e che non di rado sfocia nel vero e proprio sarcasmo. Nel maggio del 2009, Moriconi mi telefonò, annunciandomi che il Comune di Procida aveva deliberato la collocazione di una targa commemorativa sulla facciata della casa nella quale egli aveva trascorso, in precedenza, le sue vacanze isolane, e chiedendomi di rappresentarlo alla cerimonia, poiché le sue condizioni di salute non gli consentivano di parteciparvi. Non mi fu possibile, per un impegno assunto in precedenza, che mi teneva lontano dalla Campania; il 21 marzo 2010 mi raggiunse la notizia della sua scomparsa, che gli aveva impedito di portare a termine una raccolta delle sue opere più significative, comprendente alcuni inediti. Sergio Zazzera
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Meridionalismo La lezione di Giustino Fortunato
Alberto Mario Moriconi
Il Circolo Amici della Lucania – presidente il Notaio Laurini – ha voluto celebrare la festa annuale del sodalizio – uno dei Centri Culturali più attivi a Napoli – chiamando il prof. Giuseppe Galasso ad una conversazione sul tema del Meridionalismo come inquadrata proprio dall’intellettuale del Vulture cui è intestato il Circolo. Galasso, accettando l’invito, ha voluto ribadire che il tema del Sud rimane nei termini precisi con cui Giustino Fortunato lo inquadrò. Di fronte alle rivendicazioni antirisorgimentali e neobarboniche, Galasso ha ricordato che: ora come allora, senza l’Unità dell’Italia, il Sud non potrebbe aspirare a stare in Europa; l’economia del Sud di allora, se consentiva che si pagassero tasse moderate, tuttavia assicurava alla popolazione servigi sufficienti e adeguati rispetto alle esigenze del tempo, relativamente alla mobilità della popolazione, all’istruzione, alla sanità e alla sicurezza. La Francia faceva pagare tasse 4 volte più pesanti, ma assicurava
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scuole e cultura, strade e infrastrutture, sviluppo e sicurezza. E’ lo stesso Giustino Fortunato a ricordare che per andare a Napoli a studiare, la famiglia gli doveva fornire una scorta di 10 uomini, almeno fino a Eboli. I Borbone hanno mantenuto nell’ignoranza la massima parte della popolazione nonostante i 14 km del treno Napoli-Portici, prima ferrovia in Italia, essi non hanno mai pensato ad un largo sistema di trasporti su ferro; essi non avevano nemmeno pensato ad allargare il sistema stradale, per cui nessuno sviluppo poteva avere l’industria sottoposta, tra l’altro, anche ai taglieggiamenti delle leggi feudali mai abrogate nel regno delle Due Sicilie. A tutto si deve aggiungere la connivenza della borghesia agraria con il capitalismo del Nord che toglieva anche la speranza alle iniziative imprenditoriali del Sud. Sarebbe stato necessario proseguire il Risorgimento secondo le linee guida di una unità concepita come unitarietà del Paese sul piano territoriale e come assicurazione di occasioni dello stesso livello a tutti gli Italiani. Ma i Piemontesi hanno purtroppo continuato per parecchio tempo a tentare di colonizzare il Sud facendo leva sulla repressione e sull’indifferenza dell’aristocrazia terriera ai problemi del Mezzogiorno. Il problema del Mezzogiorno, all’inizio dello Stato unitario coincideva con il problema del brigantaggio, ha ricordato Galasso. Prosegue, anche ai giorni d’oggi, una inadeguatezza della classe
politica del Sud, una consapevole deresponsabilità sociale della sua classe dirigente e una colpevole passività della cittadinanza del Sud: tutti vizi della popolazione del Sud ai tempo dell’unificazione, come lo stesso Giustino Fortunato con coraggiosa posizione intellettuale anche di auto accusa (Fortunato apparteneva a famiglia benestante) ha voluto precisare nei suoi scritti. Oggi l’Unità del Paese, contrariamente a come fanno pensare le apparenze, interessa anche chi, come la Lega, ogni tanto spara a zero su Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Mazzini. L’Unità del Paese e il suo aggancio all’Europa serve, però, soprattutto alle popolazioni meridionali che, pur avendo per conto loro una solida prospettiva di sviluppo con gli interessi delle popolazioni del bacino del Mediterraneo e dell’Africa, si troverebbero a mal partito ai margini, se non al di fuori, dell’Europa. Nessuna nostalgia, dunque, per i personaggi romantici di Francesco II e Sofia, nessuna leggerezza sulla via del perfezionamento di quella Unità d’Italia che proprio le popolazioni del Sud hanno pagato con un grossissimo contributo di sangue, perfezionamento lasciato a sé stesso dai vari Governi che non hanno voluto fare delle due Italie, quella ricca e quella povera, quell’unica Italia che ha infiammato l’entusiasmo di tanti giovani e che è ancora lontana da essere realizzata, anche e specialmente per colpa di una classe politica che la popolazione del Sud si ostina a non saper scegliere. Enzo Peluso
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festa annuale >> La Maria Pia Daidone dell’Associazione Lucana Non si smentisce la dirigenza dell’Associazione Giustino Fortunato. Come ogni anno, pranzo di Gala nelle sale della villa D’Angelo a via Aniello Falcone, impeccabile per organizzazione e coordinamento tra vari momenti in cui si è articolata la festa sociale annuale. Il momento conviviale infatti è stato preceduto da un corposo intermezzo musicale, affidato all’affiatatissimo coro guidato dalla sempre sorridente prof.ssa Spinelli, e da un vero e proprio avvenimento culturale affidato, come si riferisce in altra parte della rivista, alla chiarissima esposizione del prof. Giuseppe Galasso, che ha avvinto l’uditorio e ha provocato un’ampia discussione ai vari tavoli del convivio. Il repertorio del Coro è stato molto corposo e interessante, comprendendo pezzi del XIII secolo, del secolo XVII e XVIII e musiche popolari e natalizie dei giorni d’oggi. In particolare, il coro si è avvalso delle ottime voci soliste della soprano Sonia Benedetto e dei mezzosoprani Silvia Sodano, Ninì Spinelli e Agata Borlotti che hanno saputo accrescere l’interesse e la preziosità dell’azione musicale, sempre sorretta dall’infaticabile Nastasia Apaleskaia al piano. Il pranzo sociale che ha concluso il rendez vous sociale ha infine consentito di approfondire conoscenze e amicizie aprendo un’occasione di discussione su un tema quale quello del Meridionalismo che ha forte contestualizzazioni nei giorni che stiamo vivendo. Raf. Graziano
A Maria Pia Daidone, che ha in preparazione, per venerdì 4 Febbraio 2011, una personale al Maschio Angioino, a Napoli, abbiamo rivolto queste domande: MV - Nella tua precedente serie i livelli iconici erano evidenti e l’aggancio al mondo animale molto pronunciato. Continuare su queste coordinate è sempre possibile? MPD – La mia esigenza di scoperta del mondo animale è iniziata nei primi anni del 2000: partendo da un’analisi reale sono approdata alla creazione di un mondo animale personale ispirato a una realtà, ma che ho vivacizzato, sintetizzato e, a volte, ironizzato. La fase di ricerca si èsaurita con la mostra al Museo di Zoologia dell’Università Federico II di Napoli. MV - Ora stai utilizzando altri materiali. Perché e quali? MPD - La mia ricerca attuale s’incentra sullo studio dei materiali. Ho privilegiato il rame, il cartone, il plexiglas. Il primo perché è duttile nella lavorazione, ricorda la sacralità, dà energia e ha la brillantezza dell’oro. Il secondo è estremamente interessante perché con un’adeguata e personale lavorazione perde totalmente la propria identità e diventa altro. Il plexiglas usato come rivestimento esalta i materiali e li cristallizza in un’atmosfera senza tempo. MV - Il tuo rapporto con la natura continuerà e/o sarà modificato? MPD - La ricerca della natura è fondamentale; è importante studiarla con l’occhio della mente per scoprire ciò che nasconde. La natura conviene studiarla nel suo aspetto realistico per realizzare la sintesi. MV - Che significato ha per te la mostra programmata per
febbraio 2011 al Maschio Angioino? MPD - La mostra programmata mi ha dato gli stimoli giusti per la creazione di tematiche simboliche e materiali nuovi. MV - Quali prospettive e/o proiezioni sono nell’impianto odierno delle tue opere “materiche” e “calde”? MPD - La mia ultima ricerca predilige lo studio del materiale e corrobora l’impatto visivo ed estetico dell’osservatore. Il rame, ad esempio, è una materia che adeguatamente lavorata parla alla mente e al cuore. Immagino nel mio futuro la realizzazione di opere molto grandi. MV - Maria Pia Daidone che cosa chiede a Napoli; cosa può dare a Napoli? MPD – Napoli mi ha deluso: non valorizzando e non esportando i suoi artisti. Napoli non sa quanto può avere dalla creatività di una e come me tante Maria Pia Daidone. In conclusione, da vedere, ovviamente, la sua mostra al Maschio Angioino che sarà inaugurata venerdì 4 febbraio 2011 al Maschio Angioino, a Napoli Maria Pia Daidone è nata ed opera a Napoli..
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“Giustino Fortunato”
esporrà al Maschio Angioino a Napoli a febbraio 2011
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Maria Pia Daidone è nata ed opera a Napoli. Ha frequentato l’Istituto Statale d’Arte "Filippo Palizzi". Conclusa la maturità artistica, incomincia subito ad insegnare. Dopo alcuni anni di frequenza a scenografia, ritorna negli anni Novanta, all’Accademia di Belle Arti di Napoli, diretta da Gianni Pisani, e segue i corsi di pittura di Carmine Di Ruggiero. Si diploma nel 1996 con la tesi "L’idea del volo nella poetica visiva di Paul Klee" per la cattedra di Storia dell’Arte, tenuta da Aurora Spinosa. Si è sempre interessata di pittura, oltre a comporre plastici, sezioni minime di architettura e scenografie presepiali. Dall' '89 all'inizio del '95, privilegiando valenze simboliche in una trattazione materica, ha sottolineato un'allegorica linea pittorica. Dalla prima metà del '95 ha maturato un registro informale rilasciando e siglando un concerto di emozioni. Lieviti ed orizzonti, segni e miti, campiture di luce e sottili presenze ludiche hanno informato un'attendibile ricerca. Nel '96 sintetizza una visibilità dei contrassegni e degli umori materici definendo la prima serie di "Cerchi Graffiti". Effetti segnici, prodotti da graffi, mentre solchi, segmenti e tracciati cromatici determinano un dettato dinamico e il definito anello visivo è corroso e striato. Quest'indagine è stata proseguita, con il
conforto e il consenso critico, ed ha evidenziato una raggiunta "cifra" pittorica, resa con asciutta misura dall'artista. Maria Pia Daidone ha registrato e determinato, rilanciato e siglato un concerto di emozioni approdando ad una selezione di lavori, intitolata "Nonsolocerchi" sviluppata tra il '97 e il '98. Negli ultimissimi mesi del '98 ha preparato visioni ironiche, dai risvolti "pop" e senza dubbio originali, utilizzando i grattini del parcheggio, foglietti con le caselle argentate, ed ispirandosi alle figure degli "accertatori" che spesso in coppia, o in gruppi di tre, vagano per i parcheggi col blocchetto delle multe per punire i trasgressori. Questa serie è stata intitolata "Accertamenti Metropolitani". Da ricordare, in ultimo, che da sempre lavora con la carta. Dal 1995 ha intensificato quest'attività affrontando vari temi. Ha fissato, tra il 1998 e il 2000, con il più diverso materiale cartaceo, scene primarie che ancora oggi elabora e varia. Questi collages raccontano fabulisticamente o penetrano negli spaccati del nostro quotidiano. L'artista partenopea Maria Pia Daidone, dopo la fortunata ed apprezzata serie "Accertamenti Metropolitani" e le numerose variazioni sui collages, ha impostato un nuovo ciclo, realizzato in tecnica mista, che ha intitolato "Dame a Palazzo", che ha presentato, in prima
istanza, nella sede dell'Associazione Culturale "Passaggio Bianco", allocata nel Cortile d'Onore di Palazzo Serra di Cassano di Napoli In strette bacheche di plexiglas, sono raccolte su tele dal fondo nero o azzurro-blu, in una misurata sequenza di silenzi, successioni epocali di volti femminili con singolari copricapi, che ci rimandano, in particolare, preziosità rinascimentali, tracce settecentesche e riflessi di attraversamenti contemporanei. I raffinati risultati, tra il pop e l'aristocratico, esplicitano ritratti carichi di metafore in cadenze mute. Dal 2001 al 2002, lavorando con colori e carte su tele, realizza la serie “Birilli”, che dal 2002 al 2006 sostanzia e sintetizza, anche su supporti lignei, con la conseguente serie “Sagome”. Nel 2007 e nel 2008 ha condensato, su vari supporti, il mondo umano ed il mondo animale con le sequenze “Macrostampelle”, “Valigie” e “Zoophantasy”. Si rammenta la sua eccellente mostra “Zoophantasy”, allestita al Museo di Zoologia dell’Universitù di Napoli Federico II, inaugurata a novembre 2008 e prorogata sino a marzo 2009. Da ricordare, infine, che partecipa, dall’agosto 2005 a tutt’oggi, all’attività espositiva del “Movimento Iperspazialista”.
Nota e intervista di Maurizio Vitiello
Agenzia Generale di Napoli Fuorigrotta Soluzioni Assicurative e fiananziarie dalla A alla Z Filiale di Procida Mastroianni Giovanni Via Vittorio Emanuele 277 - 80079 Procida (Na)
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“Bananas” la quotidianità di Marco Travaglio
Lo sappiamo, lo sappiamo, Marco Travaglio ha recentemente pubblicato un’altra raccolta di articoli pubblicati sul giornale “Il fatto quotidiano” e, perciò, intitolato “Colto sul fatto”. Vogliamo, però, attirare l’attenzione dei lettori de “il Confronto”, sulla raccolta di articoli che lo stesso Travaglio pubblicò nel 2007 e che contiene i suoi articoli pubblicati dal 17/09/2002 al 06/09/2003. Perché? Perché Travaglio è il capofila degli Anti-berlusconiani e per questa precisa ragione, si è scontrato con il rifiuto della lettura dei tantissimi Berlusconiani della prima ora e purtroppo dei tanti Berlusconiani dell’ultima ora. Ora, ci sono le plateali smentite alle montature più pubblicizzate di Berly Berly (la monnezza 2 a Napoli e, soprattutto, la monnezza 1 di Napoli dove sono apparsi evidenti i limiti della sua azione; le forze di polizia che protestano sotto il Parlamento dopo che lui va dicendo di aver potenziato la Sicurezza del Paese, ragione per fare capire alla gente che è merito suo (anche se ha tagliato i finanziamenti alla polizia, anche se ha tentato di impedire le intercettazioni) se i poliziotti hanno avuto tanto successo contro la camorra; le tasse aumentate mentre lui continua a dire di non aver messo le mani in tasca agli Italiani; l’esasperazione di disoccupati e degli studenti di fronte all’orizzonte sempre più buio che suscita solo l’indifferenza della classe politica…). Se qualcuno rileggesse (leggesse) gli ormai non più recenti interventi di Travaglio, capirebbe meglio quali siano state la precisa volontà politica di Berlusconi, l’acriticità fino al servilismo che lui ha preteso dalla classe dirigente (o di cui la classe dirigente – per semplice interesse personale – lo ha voluto gratificare condannandolo quindi al narcisismo, all’immobilismo personalizzato) e riuscirebbe a spiegarsi con più chiarezza lo stato di diffusa sfiducia e insicurezza che stiamo vivendo. Travaglio ha un quadro di riferimento preciso, consultabile anche da tutti quelli che volessero avere la documentazione delle sue affermazioni, lui fa sempre riferimento a: la Costituzione, le leggi in vigore, le leggi proposte in Parlamento dalla Maggioranza, le sentenze depositate nelle Procure di tutta Italia. Con questi strumenti egli è in grado di sbugiardare e ammantare di ridicolo la classe al potere. Ma non solo la classe politica di maggioranza è nel suo mirino. Anche la classe politica di opposizione non esce bene dagli articoli di Travaglio, che continua imperterrito e imperturbabile, nel suo lavoro su “Il fatto quotidiano” ad illuminare una frontiera oscura e molto spesso ignorata dagli altri giornali dove emergono le ragioni, gli interessi e le manovre di un potere occulto che accende politici, faccendieri, industriali e quant’altro e succhia sangue, sacrifici e futuro alle nuove generazioni.
Marco Travaglio “Bananas” Garzanti editore
L'AVVOCATO RISPONDE Rubrica a cura dell'Avv. Arsenio Maiorano
Potrete proporre i vostri quesiti e dubbi di natura giuridica al legale che cura questo spazio. L'avvocato potrà fornire un parere legale e consigli pratici. Scrivete a: confronto@hotmail.it scrivendo nell'oggetto "avvocato risponde"
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m b m b t A s e i u c c o p e F F o H H s b be cb e t A HcpoiH e La vetrina di Treves sotto le colonne di piazza Plebiscito
IL CONFRONTO
Io e Anne
La poesia del femminismo in chiave filosofica-psicologica. Meno male che Rosaria Lo Russo ha letto una sua poesia, se no, dalla presentazione del personaggio, del suo pensiero e della sua poetica, avremmo capito molto meno di quello che abbiamo capito. Il personaggio è senz’altro votato a quanto di più specifico può essere il pensiero, l’attenzione e la problematica dell’essere femmina. Che cosa c’è di più femminile del primo comparire del menarca in una bambina? Rosaria Lo Russo è capace di trasfondere in versi l’impressione, la perplessità, la preoccupazione, la vergogna, il senso di isolamento, l’acquisizione di una consapevolezza, tutta legata al rivolo di sangue del primo menarca. Se fisiologicamente il menarca segna il passaggio dall’adolescenza alla maturità femminile, psicologicamente il suo manifestarsi è uno scombussolamento, un vero e proprio disorientamento della persona. Non sai che fare, non sai a chi dirlo…beh lo dici alla persona di casa che ti è più vicina psicologicamente: non è la mamma, non è la sorella, è la tata. Saprà lei come dirlo alla
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mamma e la mamma saprà bene come dirlo al papà. Perché è il papà il vero obiettivo della comunicazione, quello apparentemente più distante, ma più intimo al cuore della bambina. Proprio lui? Sì, perché la bambina è anche donna e vive spontaneamente un rapporto con il padremaschio della casa. E’ questo rapporto con il maschio, con l’altro sesso nella consapevolezza del proprio sesso, della propria diversità il leit motiv della poesia di Rosaria Lo Russo. La presenza nella mente di questa figura spiega anche le ragioni del rito della “fellatio” e di tanti altri comportamenti sessuali della donna. Non si tratta di scontro maschio-femmina come il presentatore del libro sottintendeva, ma di tutt’altro. Questo per sottolineare la quasi costante contraddizione tra quanto detto dall’uno e dall’altro attore della presentazione. Una costante attenzione, non soggezione, alla poetica della poetessa inglese Anna Sexton spiega poi la scelta del titolo che Rosaria Lo Russo ha voluto dare
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Rosaria Lo Russo
a quest’opera. Insieme all’opera, ci è parso interessante il personaggio donna Lo Russo, convinta espositrice delle sue tesi, dei suoi pensieri, delle sue ispirazioni. Non c’è piaciuta infine, la scelta di allegare un cd al libro che ha fatto lievitare a 20 € il costo dell’opera, che non tiene conto poi che chi ama la lettura, ama sicuramente la carta e qualunque “accompagnamento” è più una distrazione che un completamento. Rosaria Lo Russo Io e Anna Edizione “d’if” € 20,00
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Cinecuriosità di Gilda Kiwua Notarbartolo
>>Un nuovo Dilan Dog con “Dellamorte Dellamore 2”? “Dellamorte Dellamore”, il film del 1994, diretto da Michele Soavi, potrebbe tornare al cinema con un incredibile sequel. Ne dà notizia il sito Fangoria, in un’intervista al regista Dario Argento, “Maestro” dello stesso Soavi, che avrebbe confidato che il regista starebbe scrivendo la sceneggiatura dell’ horror, da girare tra il 2011 e il 2012. Tratto dal romanzo omonimo di Tiziano Sclavi, il film per anni è stato considerato un prototipo del fumetto Dylan Dog, a causa di Sclavi, autore di entrambi, e di Rupert Everett, ispiratore ufficiale dell’Investigatore dell’Incubo e protagonista del film di Soavi. Autentico cult italiano degli anni ’90, “Dellamorte Dellamore” potrebbe quindi tornare al cinema, entro un paio d’anni. Ci si chiede se Everett ancora una volta sarebbe il protagonista. Per molti questo sia poco probabile, considerando l’età dell’attore e i ripetuti interventi chirurgici, che ne hanno praticamente deturpato i lineamenti.
>> James Cameron fissa le date per i due prossimi capitoli di Avatar Avatar, il noto film di fantascienza del 2009 scritto, diretto e prodotto da James Cameron e vincitore di tre Premi Oscar nel 2010: per la migliore fotografia, la migliore scenografia e i migliori effetti speciali avrà i due sequel. Cameron, infatti, sa già come procedere riguardo ai due film che seguiranno il primo. Stando a quanto dichiarato dal regista, l’intenzione sarebbe quella di mostrare i due seguiti a distanza di un anno l’uno dall’altro. A partire dal Natale del 2014, periodo in cui, a quanto pare, approderà Avatar 2. L’uscita del terzo episodio, secondo i piani dunque, seguirà un anno dopo, Natale 2015. Attualmente i due film sono in fase di stesura circa la sceneggiatura, ed il regista conferma che alcuni personaggi (tra quelli rimasti in vita) ritorneranno, “almeno in qualche forma”.
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James Cameron
>> Kill Bill 3 si farà: annuncio di Quentin Tarantino su Twitter? L’ha detto più volte. L’ultima occasione fu proprio nel corso di una trasmissione televisiva italiana (dalla Dandini) facendo sognare i fan. Ed ora l’avrebbe confermato. Kill Bill 3 si farà. Direttamente su Twitter, Quentin Tarantino ha linkato quello che molti hanno “interpretato” come l’anteprima del terzo capitolo di Kill Bill. Probabilmente potremmo più correttamente parlare di un indizio. In rete è possibile al momento scaricare tre pagine etichettate da alcuni come ufficiali, da altri come bufala, della sceneggiatura del film, in cui si parla di una colonna sonora di Ennio Morricone per il film che sarebbe in 3D, con Beatrix Kiddo, ovvero Uma Thurman, che dovrà vedersela con la fame di vendetta di Nikki, la figlia non più bambina di Vernita Green. Nelle tre pagine finire in rete si legge anche il nome di Elle Driver, ovvero Daryl Hannah, invecchiata e con gli occhi. L’uscita in sala sarebbe prevista per il 2013/2014.
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I muscoli flessori
Ogni domenica e sempre più frequentemente parlando dei calciatori si sente dire: “elongazione dei flessori” “contrattura dei flessori” ecc. ecc. Ma cosa sono questi muscoli flessori? Sono muscoli che fanno funzionare le articolazioni e si distinguono in antagonista e agonista. Antagonista è il muscolo che si oppone all’agonista e che equilibra il movimento e dà stabilità all’articolazione. Agonista è il muscolo motore che genera il movimento dell’articolazione. I muscoli flessori antagonisti sono situati nella faccia posteriore della coscia. Essi, tre in tutto, originano dall’ischio (cioè l’osso del bacino, che insieme all’ileo e al pube forma l’osso iliaco) e si allungano verso il ginocchio. Tutti e tre sono inseriti sulla tuberosità ischiatica. Il bicipite femorale (un muscolo a due capi) si inserisce nel capitello della fibula (la fibula è un osso dell’arto inferiore, lungo, 4-5 volte più sottile della tibia e il capitello della fibula costituisce un po’ più in basso una propria articolazione con la tibia) e con la sua contrazione può ruotare esternamente la gamba.
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Imuscoli semitendinoso e semimembrano so fanno invece ruotare le gambe internamente. La contrazione e l’accorciamento dei muscoli della loggia posteriore della coscia assicurano stabilità all’anca. Che cosa provoca infortuni di questi muscoli? Si gioca molto spesso senza un completo recupero muscolare-articolare, cioè senza una preparazione atletica adeguata. Il calcio è diventato più vivace e sempre più frequentemente (causa impegni di coppa) spesso non si fa più un riscaldamento adeguato della muscolatura prima di impegnarla in sforzi improvvisi e consistenti. Di solito questi infortuni avvengono nella stagione più fredda e con l’umidità e terreni pesanti. A questi fattori bisogna aggiungere lo stress ed il lavoro esagerato che alcuni preparatori fanno svolgere in palestra.
L’incremento delle masse muscolari, tanto agognato da atleti un po’ troppo “narcisi”, genera una co-contrazione che è un aumento della resistenza tra muscolo agonista ed antagonista. L’atleta ha invece bisogno di un movimento libero, quanto si contrae l’agonista, l’antagonista deve mollare. La co-contrazione può essere causata anche da vecchi infortuni o traumi. In questi casi: il tessuto cicatriziale non è più irrorato dal sangue in modo ottimale e perde contrattilità. Conseguentemente questa rigidità delle miofibrille (astina e miosina) provoca nuovi infortuni. Attenti dunque alla preparazione atletica di base e al riscaldamento muscolare. Antonio Scotto di Marrazzo
Viaggio nello Sport a Procida
L’ammiraglia del calcio isolano l’US Procida, che milita per la prima volta nella sua storia nel campionato di Eccellenza, dopo la prima fase del campionato a luci un po’ spente tra difficoltà legate alla categoria superiore e agli infortuni, oggi viaggia quota 23 punti dopo 21 giornate. Nell’ultimo incontro in trasferta, arriva una vittoria che vale doppio per il Procida che espugna il “Mulitiello” di Striano conquistando la prima gioia di questa stagione lontano dallo “Spinetti”. Ricordiamo infine il grande obiettivo del Procida che ha raggiunto la finale di Coppa Italia dilettanti, dove nonostante la sconfitta è uscita a testa altissima. In partita fino all’89’ contro una corazzata come l’Ippogrifo e con una formazione decimata dalle squalifiche, i procidani possono essere solo orgogliosi di avere una squadra che ha sfiorato una grande impresa dimostrando ancora una volta grande attaccamento alla maglia. Dopo la pausa natalizia del campionato di Terza Categoria, la compagine isolana dell’Atletico Procida, arriva con un bilancio più che lusinghiero, fatto di 3 vittorie, 1 pareggio ed una sola sconfitta, che ha portato gli ragazzi di Lubrano, al terzo posto a due punti dalla capolista Arend. La ripresa del campionato è stata al quanto traumatica con gli isolani che hanno racimolato una sola vittoria e ben tre sconfitte, avendo un vero e proprio crollo in classifica. Gli isolani infatti adesso veleggiano a metà classifica con 14 punti, ben distanti sia dalla vetta che dall'ultimo posto.
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A proposito del Basket, abbiamo chiacchierato con Andrea Barone massimo dirigente della società Polisportiva Procida Futura che ci dice: “Entusiasmo è una parola chiave per questa società che trae linfa vitale specialmente dagli atleti più piccoli iscritti ai corsi di Minibasket (annate dal 2001 e dal 2005) senza trascurare il gruppo Under 15 (composto da 96-97-98). I miniatleti, saranno impegnati in gemellaggi con le squadre ischitane per poi concludere la loro attività nella Festa Regionale del Minibasket, il più grande happening a livello regionale che vede coinvolte tutte le società attive sul territorio.
Atletico Procida
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GabbianoProcida
Crescono sport come la vela con la Lega Navale e il canottaggio con il Circolo Canottieri Procida “Pasquale Scotto di Carlo”, che sta riscuotendo un ottimo appeal tra i giovani e le giovani soprattutto, e a cui va il nostro in bocca al lupo per le competizioni dei prossimi mesi. Riguardo alle attività sportive sull’isola, però, ci sono note dolenti. Non è possibile che, ancora oggi, dopo dieci anni il palazzetto dello sport di via Salette non sia ancora stato ultimato e le società ”minori” devono arrangiarsi in palestre ormai vecchie e obsolete nate per attività scolastiche e non adatte a campionati agonistici che non hanno permesso a sport, come volley prima, e basket dopo, di fare il salto di qualità verso categorie superiori. Troppi errori nelle scelte politiche di questi anni per sanare la zona dove sorge ora l’impianto all’aperto. Milioni di euro di soldi pubblici spesi per continui lavori di rifacimento. La piscina che viene spostata nel suo progetto in giro per la struttura, e non sappiamo se mai si farà… e una gara per la copertura con pallone tensostatico che vede le buste delle offerte a marcire in un cassetto per chissà quale motivo. E’ venuto il momento di fare un balzo in avanti e fare di Procida un’ isola normale che permetta, ai giovani e non, di fruire di una struttura adeguata. E proprio su questa nota dolente è arrivata una novità. Durante il convegno sulla pianificazione urbanistica , che vedeva tra i relatori l’assessore all’urbanistica della Regione Campania, Marcello Taglialatela. Nel suo intervento, ha fatto una importante promessa per lo sport isolano. Dopo il suo arrivo a Procida, insieme con il sindaco Capezzuto e l’on. Luigi Muro, ha avuto modo di visitare a via salette l’area dove si trova la struttura attualmente all’aperto, che attende di essere ultimata, dove dovrebbe sorgere il palazzetto dello sport. Ebbene l’assessore ha dichiarato che lavorerà per accelerare i tempi per il completamento definitivo dell’impianto e della sua copertura, insieme con la costruzione di una piscina comunale di tipo interrato. Questo ci rende felici, ma saremo altrettanto vigili nel controllare che, le promesse fatte, diventino realtà al più presto, avendo atteso ben oltre 15 anni. Francesco Lubrano Lavadera
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Una menzione particolare merita Sara Dell'Amura che, cresciuta nel vivaio procidano, sta ottenendo grandi soddisfazioni nel campionato U15 femminile con la maglia della Cestistica Ischia.” Per il settore seniores, agli ordini del guru del basket procidano, Sergio de Candia, si è allestita una squadra competitiva per tentare di ripetere i play-off della scorsa stagione e magari centrare la Promozione; il coach e i "senatori" sono felici di riabbracciare giocatori come Andrea Pugliese e Salvio Lanzuise che, dopo le esperienze in serie D, costituiscono un autentico lusso per la categoria. E le aspettative hanno subito dato ottimi riscontri con la squadra che è partita a razzo con una tripletta, tra cui 2 vittorie in trasferta. L'unica nota negativa di questo settore è, purtroppo, il campo da gioco (palestra della S.M.S. A.Capraro) sempre meno adeguata allo svolgimento dell’attività, tanto agonistica quanto puramente ludica. Insieme al basket, la Pallavolo, con la Pol. Gabbiano Procida che da oltre 30 anni trasmette i valori dello sport e del volley ai ragazzi procidani. Quest’anno il Gabbiano Procida con Mister Vittorio Scotto Di Marrazzo è stato chiamato per riformare un nuovo ciclo pallavolistico, che si chiama Prima Divisione Maschile. Sfida che l'allenatore ha affrontato con non pochi sacrifici. “Bisogna tener conto, infatti, quali difficoltà può avere, nel 2010, uno “sport minore” sulla nostra isola – racconta Scotto Di Marrazzo: il numero di atleti, la scarsa disponibilità da parte degli sponsor e soprattutto le difficoltà degli adolescenti odierni. E’ proprio su questi ultimi che si sta puntando, per rimettere delle basi forti ad uno sport che, in passato, ci ha fatto conoscere dei momenti bellissimi fino alla serie B nazionale. Ragazzi giovanissimi, tra cui si distingue il quattordicenne Maurizio Visobello, aiutati da alcuni atleti più esperti come Enrico Sarchioni, Marco Scotto Di Marrazzo, Antonio Lubrano Lavadera, che fanno da "chioccia”. Le ragazze inoltre, guidate da Antonio Marrazzo, stanno altrettanto ben figurando. Anche loro nell’ultima gara casalinga di sabato 12 febbraio battono con un facile 3-0 (25-20 25-20 25-18) in poco più di un’ ora il Mariglian. Le ragazze sono capoliste con 5 partite e 5 vittorie . La giovane età di molte atlete fa di sicuro ben sperare per il futuro Le Gabbianelle si issano così a quota 14 punti in beata solitudine in vetta alla graduatoria del proprio raggruppamento.
Altra realtà dello sport procidano, è la scuola di Tae Kwon- do del maestro Roberto Di Fraia che si sta comportando bene fuori dall’isola. “Oltre alle normali attività a Procida – ci dice – abbiamo partecipato a uno stage tecnico a Portici condotto dal nostro Presidente Master Antonio Troiano, VIII Dan, e all'open internazionale di Pagani dove abbiamo guadagnato 5 medaglie: Citarella Orfeo, Medaglia di Bronzo nei combattimenti, Lubrano Lavadera Miki, Argento nei combattimenti e Bronzo nelle forme, Paudice Massimo, Oro nei combattimenti e Argento nelle forme. In casa, purtroppo, non possiamo fare nulla – continua Di Fraia - , perché non avendo un palazzetto non possiamo ospitare nessuna gara, che in media prevede 200 partecipanti e circa 500 spettatori” . La bella notizia è l’ottenimento da parte del Maestro di Fraia della cintura nera IV Dan, durante gli esami di domenica 23 Gennaio 2011, a Casoria, per il passaggio di Dan (successivi alla cintura nera) di TaKwon-Do ITF. La sessione d’esame è stata tenuta da Master Antonio Troiano, VIII Dan e Presidente della Federazione Ialiana di TaeKwon-Do ITF.
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