Rebora e Guercino - Poesiarte

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PAESAGGIO AL CHIARO DI LUNA - GUERCINO di Federico Giannini È da poco finito il temporale sulla campagna. La notte è ancora velata da nuvole oscure che iniziano però ad aprirsi: si apre uno squarcio nelle nubi, la luce della luna filtra e illumina il paesaggio, gli alberi, gli arbusti. Un castello, la cui forma ricorda quella di Castel Sant'Angelo, si erge solitario sulla sinistra al limitare di un boschetto. Un gruppetto di persone esce nei campi, e una carrozza attraversa il nostro sguardo in primo piano. È il “Paesaggio al chiaro di luna” di Giovanni Francesco Barbieri, meglio noto come “il Guercino”, un'opera del 1616 circa conservata al Museo Nazionale di Stoccolma: uno dei capolavori della pittura paesaggistica del Seicento ma anche uno dei dipinti più poetici della storia dell'arte. La luce della luna che rischiara la campagna ci introduce in un'atmosfera suggestiva, quasi da sogno. Un sogno di un pittore giovane, che nel 1616 aveva solo venticinque anni, dal momento che era nato nel 1591, ma che si preparava già per dare il suo importante contributo alla storia dell'arte. L'uso che il Guercino fa del luminismo in questo dipinto ricorda gli esiti della pittura caravaggesca, dalla quale fu sempre attratto, ma a differenza di Caravaggio, il Guercino non usa la luce per costruire le forme: la luce serve per creare effetti, bellissimi effetti come quello del bagliore della luna che filtra dalle nubi. Il Guercino utilizza il colore per costruire i suoi dipinti e per dare pienezza alle forme: la sua più importante invenzione è la “macchia guercinesca”, una tecnica pittorica in base alla quale si giustappongono “macchie” molto uniformi di colori in modo armonico ed equilibrato. L'artista ce ne dà un saggio anche in questo “Paesaggio al chiaro di luna”, e ce ne accorgiamo se osserviamo il modo in cui vengono stesi i colori della campagna. È una pittura nuova, fatta di atmosfere incantevoli e suggestivi chiaroscuri, e il “Paesaggio al chiaro di luna” è anche uno dei primi esempi della pittura di paesaggio, che diventerà una delle principali forme d'arte del Seicento, con moltissimi autori, anche di elevato livello, che si cimenteranno nel rappresentare idilliache campagne, boschi frondosi attraversati da fiumi e ruscelli, borghi marinari, scorci di paesi e città. Il paesaggio diventa quindi il grande protagonista dell'arte: un ruolo del tutto inedito, perché fino al sedicesimo secolo era considerato solo come lo sfondo su cui doveva svolgersi la scena principale. Adesso invece è il paesaggio ciò che importa, e anche se c'è qualcosa che lo anima, poco ci interessa: anche nel “Paesaggio al chiaro di luna” vediamo una carrozza in primo piano e alcuni personaggi in prossimità del castello, ma a nessuno verrebbe in mente di chiedersi chi siano, cosa stiano facendo, dove si stiano recando. Ci interessa solo immergerci in questo meraviglioso paesaggio, lasciare che il chiarore lunare ci mostri l'incanto della campagna dopo il nubifragio, farci guidare dalle pennellate del Guercino in un'atmosfera in cui arte e poesia si fondono e vogliono trasportarci in un mondo di serenità, calma e silenzio.


CLEMENTE REBORA, “Leggiadro vien nell’onda della sera”

Leggiadro vien nell’onda della sera un solitario pàlpito di stella: a poco a poco una nube leggera le chiude sorridendo la pupilla; e mentre passa con veli e con piume, nel grande azzurro tremule faville nascono a sciami, nascono a ghirlande, son nate in cento, sono nate in mille: ma più io non ti vedo, stella mia.

Il milanese, insegnante di lettere, Clemente Rebora, partecipa come sergente e poi come ufficiale alla Prima guerra mondiale. Viene inviato sul Carso, dove resta ferito alla tempia dallo scoppio di una granata. L’esperienza – raccontata in Poesie Sparse – cambierà la sua vita. Tornato a casa, non è più lo stesso: crisi nervose, depressioni e il tempo trascorso negli ospedali psichiatrici dove gli diagnosticano una "nevrosi da trauma", lo cambiano irrimediabilmente.

In questa lirica il poeta esprime tutto il suo fascino per le ghirlande di stelle che lentamente spuntano nel cielo. Nella sera che avanza come un’onda che sommerge tutto, sopraggiunge un delicato e solitario palpito di stella, ossia una stella che brilla in modo intermittente come il battito di un cuore. E di metafora in metafora il poeta ci narra di questa stella che colpisce il suo animo, ma che scompare presto alla sua vista perché oscurata da una nube. Una nube leggera, che passa nel cielo con veli e con piume mentre nascono innumerevoli tremule faville: vibranti scintille che compaiono come sciami e ghirlande, affascinanti da vedere, anche se l’unica stella che tanto lo aveva colpito all’inizio, il poeta non riesce più a vederla e quel palpito solitario che tanto lo aveva meravigliato, lo ha abbandonato per sempre.

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