Onstage novembre 2013

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novembre 2013

arctic monkeys «Questa è proprio la musica che vogliamo fare». Le Scimmie sono al top

NEGRAMARO

Dopo i mega concerti negli stadi, la tournée per i 10 anni di carriera arriva nelle arene indoor. «Una grande festa». Ci racconta tutto Giuliano Sangiorgi

emma marrone È l’ora del primo tour nei palazzetti. Per conquistare anche chi fino a oggi l’ha snobbata

ONSTAGE RADIO

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ELISA PLACEBO MAX GAZZÈ GOGOL BORDELLO

MAX LIVE !

Un TOUR da record, con numeri che non si aspettava NESSUNO. Eppure non sente alcuna pressione. «Ansia? No, solo una grande carica». Max Pezzali racconta a Onstage il suo straordinario momento.


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JOSH

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BROLIN

E MB R E A L C I N E M A




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MAURIZIO TOTTI PRESENTA

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COLORADO FILM

foto Loris T. Zambelli/Photomovie

IN COLLABORAZIONE CON MEDUSA FILM

Paolo Ruffini

Frank Matano

Guglielmo Scilla

Luca Peracino

Andrea Pisani

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soggetto e sceneggiatura di GIOVANNI BOGNETTI GUIDO CHIESA PAOLO RUFFINI aiuto regia STEFANO RUGGERI casting MORGANA BIANCO costumi CRISTINA AUDISIO scenografia PAOLO SANSONI suono in presa diretta MIRKO GUERRA montaggio CLAUDIO DI MAURO (AMC) musiche ANDREA FARRI canzoni originali CLAUDIA CAMPOLONGO fotografia FEDERICO MASIERO direttore di produzione ANDREA GRAZZANI organizzatore ANTONIO TACCHIA produttore delegato GUIDO CHIESA film realizzato con il sostegno della film commission torino piemonte basato sul film FUGA DE CEREBROS prodotto da antena3 films e charanga films prodotto da COLORADO FILM in collaborazione con MEDUSA FILM produttori MAURIZIO TOTTI e ALESSANDRO USAI regia di PAOLO RUFFINI

SOTTOTITOLI DISPONIBILI IN TUTTI I CINEMA CON:

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EDITORIALE

«Che meraviglioso autunno! Tutto splende d’oro e la luce è così incredibilmente morbida. L’acqua ci circonda. Io e Lou abbiamo passato molto tempo qui negli ultimi anni, e anche se siamo persone di città questa è la nostra casa spirituale. La scorsa settimana, avevo promesso a Lou di tirarlo fuori dall’ospedale e portarlo a Springs. E lo abbiamo fatto! Lou era un maestro di Tai Chi e ha passato i suoi ultimi giorni felice, abbagliato dalla bellezza e dal potere e dalla delicatezza della natura. È morto domenica mattina guardando gli alberi e praticando le famose 21 mosse di Tai Chi, muovendo nell’aria le sue mani da musicista. Lou era un principe e un guerriero, e sono certa che le sue canzoni di dolore e bellezza rincuoreranno tanta gente nel mondo grazie all’incredibile gioia e gratitudine che provava per la vita. Lunga vita alla bellezza che pervade tutti noi». Laurie Anderson, vedova Reed

P.s. La foto qui sopra è comparsa sulla pagina Facebook ufficiale di Lou Reed alle 12.53 (ora italiana, nello Stato di New York erano le 6.53) di domenica 27 ottobre, giorno in cui l’artista ci ha lasciato. Sopra all’immagine, la scritta “The Door”. Non sappiamo se il post è stato pubblicato prima o dopo il decesso.

Daniele Salomone @DanieleSalomone

onstage novembre 09


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INDICE

NOVEMBRE 2013 N°66

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MAX PEZZALI

Quattro chiacchiere (anche otto) con l’ex 883, pronto per un tour entusiasmante. Intervistona!

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EMMA MARRONE

I talent portano in dote tanti fan, ma pure tanti pregiudizi. Emma è pronta a far ricredere chi la critica.

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NEGRAMARO

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Giuliano ci parla della festa-live organizzata dai salentini, felici di tornare sul palco per celebrare 10 anni di carriera.

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GOGOL BORDELLO

Uno come Eugene non lo si trova facilmente, né sul palco né per strada. Leggere per credere.

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ARCTIC MONKEYS

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La rock band più importante della nuova generazione torna dal vivo con un disco che è un capolavoro.

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Style

Se vi mancano i giochi e le atmosfere della vostra infanzia, non disperate e date un occhio alla nostra stilosa rubrica.

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BACK TO CHILDHOOD



Face to face

24

Capita spesso di vedere spazi vuoti nelle location che ospitano concerti con il “tutto esaurito”. Cerchiamo di capire perchè.

AMBRA ANGIOLINI

MA QUALE SOLD OUT?

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MAX GAZZè

What’s New È NATA LA DIGITAL RADIO DI ONSTAGE!

Jukebox

Apriamo il magazine con uno sguardo attento e interessato su musica, libri, cinema, cultura, tendenze.

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PLACEBO

18 MARLENE KUNTZ 20

MUSE

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ELIO GERMANO

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ALTER BRIDGE

Numbers

La prima digital radio che trasmette solo musica live, 24 ore su 24. Onstage Radio è disponibile sul sito e sulla pagina Facebook di Onstage, oppure come app gratuita da scaricare su tablet e smartphone. Anche a novembre, programmazione speciale dedicata ai grandi artisti in tour. Tutte le info a pagina 72.

www.facebook.com/onstageweb

Cosa c’è di nuovo e interessante, ogni mese, ve lo diciamo noi. Album, film e games in uscita, puntualmente recensiti.

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musica

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cinema

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games

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ONSTAGE RADIO

Coming Soon

Il calendario concerti del prossimo mese e un focus sull’artista più importante tra quelli di cui ci occuperemo a dicembre.

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LAURA PAUSINI

@ONSTAGEmagazine

↘ Onstageweb.com Autunno caldo

Novembre, storicamente, è un mese ad alta densità live. Un po’ come durante la stagione estiva, tra i concerti delle star internazionali e i tour degli artisti di casa nostra, ce n’è per tutti i gusti. Come sempre, noi di Onstage saremo ovunque (o quasi, dai) batta il cuore che anima la passione per la foto di Roberto Panucci

12 onstage novembre

musica, ovunque, cioè, ci sia contatto diretto tra chi sta sul palco a suonare e chi sotto ad ascoltare. Sul nostro sito trovate recensioni, foto, video, scalette, speciali, interviste e tutto quello che vi serve per prepararvi al meglio o rivivere i vostri concerti preferiti. Stay Live!


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MISSIONE POSSIBILE:

ECOSOSTENIBILITà!

E

co, bio, sostenibilità. Sono parole con cui abbiamo familiarizzato sempre più, inizialmente tra gli scaffali del supermercato e, da una decina di anni a questa parte, anche tra le grucce del nostro armadio. Ma cosa significa veramente essere green quando si parla di abbigliamento? Vuol dire scegliere capi e accessori che sono prodotti con tecniche e materiali ecosostenibili, ma anche prediligere brand impegnati sul campo a 360°. Come Timberland, tra i pionieri in questo senso. L’azienda americana, nei vari Paesi in cui è presente, promuove sul territorio iniziative per il miglioramento del paesaggio e della qualità della vita: «Da sempre

cerchiamo di coinvolgere non solo collaboratori e business partner, ma anche i consumatori nei valori di rispetto e armonia con la Natura che fanno parte del nostro DNA. Valori veicolati all’esterno e condivisi all’interno da parte dei nostri dipendenti, che dedicano almeno 40 ore di lavoro l’anno a favore dell’ambiente», parola di Luca Ghidini, Country Manager Italy & Greece. Tra le attività pensate da Timberland c’è Serv-a-Palooza, giunta all’ottava edizione, che quest’anno si è svolta a Osio Sopra (Bergamo). Lo scorso 18 ottobre al grido di “Ready for gardening!” un team di volontari di Timberland e Legambiente, con una cinquantina di studenti, si sono

radunati per fare un incantesimo: hanno creato un intero bosco! E non con una bacchetta magica - chissà quanto ne hanno desiderata una ma con tanta dedizione, impegno e un po’ di sana fatica. A fine giornata, all’inevitabile stanchezza si è aggiunta l’enorme soddisfazione di aver piantato 1500 alberi e donato un’area di verde agli abitanti della zona - favorendo così anche lo sviluppo di flora e fauna locali. Ben venga quindi un sempre maggiore impegno delle aziende in questo senso, fa bene al Pianeta e anche allo spirito. Il piacere di vestire comodi ed eleganti unit alla salvaguardia dell’ambiente: la missione possibile di Timberland.


OSPITI

NOVEMBRE 2013

ATHANASIOS ALEXO

FLAVIO & FRANK

Johnny Buzzerio

Il fotografo, di origini greche ma residente a Milano, scrive nella sua biografia che crede nel potere della semplicità delle immagini. Ha scattato le foto di Max Pezzali che trovate su questo numero.

I due fratelli pugliesi sono figli d’arte («siamo cresciuti respirando aria fotografica») e amano catturare le sfumature dei visi che ritraggono. Loro le foto dei Negramaro e di Emma Marrone su questo Onstage.

Abita a Brooklyn, è appassionato di skateboard e come molti suoi colleghi preferisce lasciar parlare i suoi scatti. Giudicate voi quello che ha da dire da quelli che ha fatto per gli Arctic Monkeys.

Charlie Rapino

Andrea Bariselli

Stefano Verderi

Virginia Varinelli

Emigrando in Inghilterra ha trovato l’America (ma pure in Italia partecipando ad Amici come coach). Produttore dance e pop, da due anni butta benzina sul fuoco per noi dalla sua roccaforte: Londra.

Ideatore di RicetteRock.com, musicista, produttore, manager, editore. Ci racconta le sue innumerevoli esperienze con artisti e band a cui dedica succulenti piatti pensati ad rock. Altro che MasterChef!

“The Wizard” è il chitarrista de Le Vibrazioni. Diplomato al Musicians Institute di Los Angeles, ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affascinanti suggestioni retrò.

Fashion blogger tra le più attive del world wide web, Didi ha cominciato a scrivere di moda nel 2011, quando ha fondato il blog The Ugly Truth Of V (.com). Da quest’anno, cura la nostra sezione Style.

74 anni fa

Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007

Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com

Hanno collaborato Guido Amari, Ludovico Baggi, Blueglue, Antonio Bracco, Francesco Chini, Luca Garrò, Stefano Gilardino, Massimo Longoni, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Marta Stone.

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14 onstage novembre

Pubblicità Triveneto Everest ADV Viale Delle Industrie 13, Limena (PD) tommaso.perandin@everlastadv.it Pubblicità Toscana e Umbria Sara Moretti s.moretti@onstageweb.com Stampa Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI) Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl via Carlo De Angeli 3 20141 Milano Tel. 02.533558 info@areaconcerti.it




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JUKEBOX

LOUD LIKE

PROUD

I Placebo sbarcano in Italia (23 novembre, Bologna) dopo l’uscita di Loud Like Love. Ce ne parla il bassista Stefan Olsdal, orgoglioso del disco e di ciò che l’ha ispirato. di Marco Rigamonti - foto di Joseph Llanes

E

meno male che non c’era niente di pianificato. Leggenda narra che i Placebo volessero semplicemente registrare qualche pezzo per un Ep o una raccolta, ma che una volta in studio si siano resi conto che il materiale era abbastanza da farci un disco intero. Non è tutto. In contemporanea con l’uscita dell’album si sono pure inventati Loud Like Love Tv, un evento di quasi due ore trasmesso in diretta mondiale su YouTube in cui succede di tutto: live, collegamenti con Tokyo e Los Angeles, sketch, considerazioni sui nuovi pezzi, interviste, interazioni con i fan via webcam. Un nuovo metodo per lanciare l’album, che ha mostrato i membri della band a proprio agio anche nei ruoli di “attori” e conduttori. «A dire il vero è stata una faticaccia» mi racconta Stefan. «In certi momenti mi sono ritrovato a pensare “ma chi ce l’ha fatto fare?”. Però siamo soddisfatti. Penso che almeno la metà di quello che si vede nello show non sia mai stato fatto prima. Mi è piaciuta fin dall’inizio l’idea e mi piace che sia avvenuto in diretta e che sarà per sempre disponibile in rete. Le persone vengono ai nostri concerti e ascoltano la nostra musica, ma non hanno la possibilità di conoscerci; un documento come questo mostra alcuni lati dei nostri caratteri che probabilmente nessuno s’immagina. Spero che ci abbia in qualche modo avvicinati al nostro pubblico». Durante lo show, Brian Molko e Stefan intervistano un timidissimo Adam Noble, il pro-

duttore di Loud Like Love; è anche grazie a lui se cali la pensa diversamente. Hanno accusato la il lavoro in studio è diventato un nuovo album. band di essere la parodia di se stessa e di avere Era la prima volta che i Placebo collaboravano appesantito le canzoni rivestendole di arrangiacon Adam, amano cambiare, come dimostrano menti sfibranti. «So che qualche giornalista non i sette producer diversi per sette dischi: «C’era ha apprezzato il disco, e probabilmente perfino grande feeling. Così, quasi per caso, a un certo una parte dei nostri fan. I miei migliori amici punto ci siamo guardati e ci siamo detti “Hey, mi hanno confessato che certi brani proprio qui stiamo facendo un nuovo album!”. Non non li capiscono. È umano. Se dovessimo fersappiamo nemmeno noi perché cambiamo marci a considerare cosa potrebbe piacere e non sempre produttore; non è una questione di pre- piacere a ogni singolo individuo finiremmo per ferenze. È solo che siamo istintivi». Sorpresa: sempre durante Loud «Fare musica significa scrivere quello che per te suona giusto, senza imbarazzo per Like Love TV, Molko ammette senciò che ti ha ispirato. Ci sono spunti za problemi che i cambi di accordi interessanti ovunque» di Hold On To Me prendono spunto da un famoso brano di Rihanna (Umbrella). «Il pop è sempre stato nel nostro sangue. Personalmente ascolto quella musica da quando ero bambino. Prendi anche il giro di piano di Too Many Friends, che come abbiamo detto durante Loud Like Love Tv ricorda Total Eclipse Of The Heart di Bonnie Tyler. Credo che il modo vincente per approcciare la musica sia scrivere quello che per te suona giusto, senza imbarazzarti di fronte a ciò che ti ha ispirato». Stefan è fermamente convinto del valore di Loud Like Love, ma gran parte dei critici musi-

snaturare il nostro lavoro. Quello che posso dire è semplice: i nuovi pezzi hanno l’identità, il suono, la lunghezza e le ripetizioni che secondo noi dovevano avere. Abbiamo solo fatto quello che credevamo giusto. Un tempo le critiche mi avrebbero toccato di più. Ti confesso che alcune recensioni negative del passato mi ronzano ancora in testa. Ma maturando impari anche a tenere le distanze da tutto questo. Come dicevo, la cosa essenziale è scrivere quello che senti, il resto sono solo parole».

onstage novembre 17


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JUKEBOX

LONDON CALLING Di Charlie Rapino

UNA NUOVA LUCE Un nuovo (bellissimo) album e tre date per presentarlo in anteprima. I Marlene Kuntz spiegano perché Nella tua luce rappresenta un nuovo inizio per la loro carriera. foto di Simone Cargnoni

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opo otto album in studio e oltre vent’anni di attività è ancora possibile parlare di un nuovo inizio? Assolutamente sì se siete i Marlene Kuntz, una delle istituzioni nazionali in ambito di alternative rock. Con il nono sigillo in studio, la band piemontese ha intrapreso un nuovo percorso, più luminoso, uscendo dalla “fase ostile”, come loro stessi l’hanno definita. Nella tua luce è uscito a fine estate e a novembre verrà presentato dal vivo con tre concerti speciali: il 9 all’Audiodrome Live Club di Moncalieri in provincia di Torino, il 15 al Live di Trezzo sull’Adda (Milano) e il 16 alla Stazione Birra di Roma. Poi, nel 2014, i Marlene partiranno per un tour più esteso, portando sul palco un disco di cui Cristiano Godano è orgogliosissimo: «Ha dentro di sé una grande energia. Abbiamo impiegato due anni per mettere insieme tutti i pezzi e da subito abbiamo notato che nella band scorreva una grinta rinnovata, decisa. E’ la prima volta che abbiamo il controllo totale su tutto quanto avviene nella produzione di un nostro album, non c’è stato alcun intervento esterno sui suoni e tanto meno sulle strutture delle canzoni. Il fatto che il sound possa ricordare a qualcuno i

18 onstage novembre

nostri esordi o i vecchi dischi è probabilmente una conseguenza di quanto appena esposto. Molti fan non aspettavano altro, magari qualcun altro preferiva una continuità maggiore con le cose più recenti, ma si sa, è impossibile accontentare tutti». Sicuramente essere più positivi e sereni ha aiutato e favorito la buona riuscita di Nella tua luce: «Certamente. Con il precedente Ricoveri Virtuali e Sexy Solitudini abbiamo raggiunto il picco della fase ostile e negativa che ci caratterizzava. I testi all’epoca rappresentavano la massima disillusione nei confronti del mondo «Il precedente disco è stato il picco della fase ostile. Ma ora siamo felici di entrare in una nuova fase, positiva e costruttiva». della musica. Internet, inutile nascondercelo, ha modificato profondamente la realtà e quel disco è stato come una catarsi che era necessaria per tutti noi. Per carità quello è stato un lavoro onesto e sincero, ma ora siamo molto felici di entrare in una fase positiva e costruttiva». J.C.

Virgin 40 (Anarchy In The Uk)

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uando leggerete queste righe, probabilmente il vostro eroe preferito non avrà ancora smaltito i postumi del megaparty a cui ha partecipato la sera prima di scrivere il pezzo. Una festa che ha celebrato i fasti di un’entità che, nel bene o nel male, e più di ogni altra in ambito musicale, ha rappresentato gran parte della sottocultura musicale degli ultimi 40 anni: la Virgin di Richard Branson. Dopo tutto questo tempo, non ho ancora capito una cosa: Richard ci fa o ci è? Probabilmente, entrambe le opzioni. In ogni caso è incredibile, quasi assurdo pensandoci oggi, che una persona abbia creato un impero iniziando con le canzonette pop, o ancora meglio con un disco che era fuorissimo, un capolavoro di quello che io definisco “putrid progressive” (Tubular Bells di Mike Oldfield). Impero che poi si è esteso fino a banche, linee aeree, media e altro ancora… Di questi tempi con una casa discografica al massimo ci compri un monolocale. Eccomi quindi, col V8 rombante, a vedere la mostra incredibile alla Victoria House, reduce da un concerto al fulmicotone dello zio Johnny Rotten, sempre più incazzoso, con i suoi PIL. Anche Johnny è incredibile! Pensandoci bene, la Virgin ha preferito ricordare i suoi primi 40 anni con il fuckin’ Rotten, che ha venduto un infinità di dischi in meno del gruppo con il quale Branson si è costruito l’impero, e cioè le Spice Girls. Questo mi fa riflettere sui fottuti albioni… Fanno i soldi in un modo ma si fanno rappresentare in un altro, che ha più qualità (o meglio, nel caso di Rotten, non-qualità). Questa è vera aristocrazia anarcoide e, se vogliamo, pura meritocrazia. Mica come quella roba italiana lì. Quella roba da Democrazia, roba da Repubblica…


Il sole sorge ogni giorno, e io resto viva

PRESENTA

“HUNGER GAMES: LACASTIRAGAZZA DI FUOCO” ( THESUPERVIHUNGERSOREGAMES: CATCHING FIRE ) NG

UNA PRODUZIONE CON

E

DI

PRODUTTORI ESECUTIVI

ALLE MUSICHE PRODOTTO DA

MUSICA DI TRATTO DAL ROMANZO DI

COSTUMI DI

MONTAGGIO DI

“LA RAGAZZA DI FUOCO” (CATCHING FIRE) DI SUZANNE COLLINS SCENEGGIATURADI

DA MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE AL CINEMA

vivilo in

A.C.E. SCENOGRAFIDIA E

HUNGERGAMESFILM.IT

Il sole sorge ogni giorno, e io resto viva

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DA MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE AL CINEMA HUNGERGAMESFILM.IT

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DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA DIRETTO DA

DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA DIRETTO DA


JUKEBOX

LOOKS BETTER! In mostra a Venezia fino a fine novembre le opere di Storm Thorgerson, geniale autore di alcune delle più importanti copertine della storia della musica. di Francesca Vuotto

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ensando ai Pink Floyd, è facile che la nostra mente ricordi le copertine dei loro capolavori, come ad esempio quella di The Dark Side Of The Moon, con il prisma attraversato dalla luce, o quella di The Division Bell, con i due volti metallici che si guardano. Merito del grande artista che le ha ideate, Storm Thorgerson, a cui l’Officina delle Zattere di Venezia dedica la mostra antologica The Gathering Storm - The Cover Art Of Storm Thorgerson, la prima in Italia dopo la sua prematura scomparsa dello scorso aprile. Un uomo capace di esprimere con le sue opere un messaggio complesso ma, allo stesso tempo, immediato e ironico: per questo in tanti, fin dagli anni ’70, lo hanno voluto per le loro cover, dai Led Zeppelin ai Muse. «Ero affascinato dall’energia quasi magica che

IMPERATORI DEL ROCK Esce Il film concerto che i Muse hanno registrato a Roma, nei cinema a novembre e nei negozi a dicembre foto di Francesco Prandoni

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i condottieri trionfanti Roma ne ha visti sfilare tanti, da Giulio Cesare agli Azzurri campioni del mondo nel 2006. Nel 2013 ha invece accolto sul carro dei vincitori i Muse, che con l’European Stadium Tour hanno definitivamente agguantato il titolo di super star. Per consacrare questo momento così importante, la band inglese ha pensato di immortalare il concerto che ha tenuto nella Città Eterna lo scorso 6 luglio, davanti ai più di 60.000 fan accorsi all’Olimpico. Le riprese che compongono il cd-dvd Live At Rome Olympic Stadium sono state effettuate – prima volta per un evento del genere - utilizzando la tecnologia 4K, che ha una definizione quattro volte superiore all’HD. «È il nostro tour più grande, sia in termini di dimensione che di produzione, e questo è sicuramente lo show di cui siamo maggiormente orgogliosi. Non vediamo l’ora che i nostri fan possano rivivere di

20 onstage novembre

nuovo quell’emozione» ha dichiarato il gruppo. Il film concerto sarà proiettato nei cinema italiani il 12 novembre (anteprima il 5), ma dal 3 dicembre sarà in vendita nei negozi. F.V.

scaturiva dalla sua immaginazione, da quella capacità incredibile di vedere un lato diverso della realtà» racconta Luigi Pedrazzi dell’agenzia Arteutopia, che lo ha incontrato più volte. Thorgerson ha sempre lavorato “alla vecchia maniera”: «Il difficile era spiegare alle migliaia di giovani che guardavano le sue immagini che non erano realizzate al computer. ‘It is more difficult, more expensive, but looks better’ diceva, e se la rideva guardando i volti increduli dei ragazzi». I suoi lavori saranno in Laguna fino al 24 novembre (ingresso libero).

HOT LIST I 10 brani più ascoltati in redazione durante la lavorazione di questo numero Arctic Monkeys Fireside (AM, 2013) M.I.A Bad Girls (Matangi, 2013) Lucio Dalla Cara (Dalla, 1980) Velvet Underground Rock & Roll (Loaded, 1970) Arcade Fire The Reflektor (The Reflektor, 2013) Pearl Jam Immortality (Vitalogy, 1994) Mackelmore & Ryan Lewis ft. Allen Stone Neon Cathedral (The Heist, 2012) Vasco Rossi Ridere di te (C’è chi dice no, 1987) Lady Gaga Do What U Want (Artpop, 2013) Sonic Youth Teenage Riot (Daydream Nation, 1988)


di Stefano Verderi

TUTTA SOSTANZA Elio Germano apre il Festival del cinema di Roma con L’ultima ruota del carro, nelle sale dal 14 novembre, in cui interpreta un personaggio particolarmente gradito. di Antonio Bracco

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el maggio del 2010 Elio Germano mente uno bravo. «Puro, onesto e insolito per questa Italia. vinse il premio come miglior attore al Festival di Cannes per La nostra Insolito perche è rimasto così per quarant’anvita di Daniele Luchetti. Chiamato sul palco ni rifiutando ogni coinvolgimento che poda Tim Burton, l’attore era tanto onorato di tesse arricchirlo indebitamente» è il ritratto ricevere il riconoscimento quanto di con- che l’attore fa di Ernesto, il personaggio che dividerlo con quel mostro sacro di Javier interpreta ne L’ultima ruota del carro. Il film Bardem. E in quei pochi secondi davanti è diretto da Giovanni Veronesi e racconta alla platea del più prestigioso dei festival di cinema, Germano ha «Ernesto è puro, onesto e insolito per queritenuto fondamentale dedicare sta Italia. È rimasto così per quarant’anni quel premio «agli Italiani che rifiutando ogni coinvolgimento che potesse fanno di tutto per rendere l’Italia arricchirlo indebitamente» un Paese migliore nonostante la loro classe dirigente». Per capire di quale pasta sia fatto Elio è l’Italia dagli anni 60 ad oggi attraverso gli bene ricordare questo momento, perché per occhi di una famiglia della media borghesia. quanto un attore possa essere abituato a ge- «Ernesto decide di arricchirsi diversamente stire l’emotività di fronte ad un pubblico, un rispetto agli altri e soprattutto restando leale brivido lungo la schiena deve averlo provato di fronte a se stesso, ma è solo nell’arco del anche lui. Scegliendo di condividere quella lungo periodo di tempo della storia che le frase, un pensiero politico e personale, ha scelte compiute si rivelano giuste» racconta reso chiaro da dove gli arrivi quella passio- Germano e non serve un detective per capine che infonde nei suoi personaggi quando re che questo film gli stia particolarmente a recita. Elio Germano possiede coraggio, è cuore. L’ultima ruota del carro apre il Festival saldo sulle sue radici, conta la sostanza non Internazionale del Film di Roma, nella Cala forma. Recitare è un mestiere per lui, ma pitale dall’8 al 17 novembre. Il programma è se avesse fatto l’idraulico sarebbe stato ugual- consultabile sul sito romacinemafest.it.

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RETROMANIE

NON FATEVI IMBOCCARE

C

iò che mi affascina del blues è la sua storia, i suoi aneddoti. Un genere nato da un’esigenza spirituale degli schiavi neri del sud degli Stati Uniti, che dovevano mettere in musica le proprie sofferenze. In fondo, anche se con generi e in contesti, luoghi e tempi diversi, questo è ciò che accade a qualunque artista nel momento in cui si raccoglie in se stesso per scrivere una canzone. L’industria discografica iniziò ad incidere i blues rurali nella prima parte degli anni Venti. Dal momento in cui si ebbero le prime affermazioni commerciali di questi dischi, iniziò una vera e propria caccia al bluesman da parte di intraprendenti (e spregiudicati) talent scout, che spesso pagavano gli artisti con polli arrosto e prostitute, prendendosi in cambio tutte le royalty. Come accade anche oggi, non tutto ciò che veniva scelto dalle etichette discografiche rappresentava appieno la scena blues dell’epoca, ne tantomeno il meglio di ciò che essa poteva offrire. I criteri di scelta dovevano corrispondere a determinati standard commerciali, possibilmente nel solco tracciato dai successi precedenti. E fu così che Son House se ne andò infuriato da uno studio di registrazione dopo che il produttore gli chiese di suonare “alla maniera di”. Mentre un tizio di nome Big Bill Broonzy, dalle scarse capacità musicali, si piegò alle manipolazioni di potenti personaggi della discografia conquistando l’immeritato titolo di “bluesman più popolare del mondo”, mentre interpreti più originali e validi restarono nell’anonimato. Alcuni studiosi del genere sostengono che se non fosse stato inventato il disco come supporto, Broonzy non avrebbe cantato blues. La storia si ripete, perchè anche oggi ci sono artisti che non avrebbero ragione di esistere se non fossero sostenuti e manipolati dai “patron” della discografia italiana, mentre tanti validi musicisti non trovano spazio nei canali di comunicazione di massa tradizionali, come la radio, ma fanno musica di altissima qualità. Ragazzi, oggi per fortuna abbiamo Internet che ci permette di scoprire tanta bella musica; non aspettate che siano la radio e la tv a imboccarvi.

onstage novembre 21


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JUKEBOX

RICETTE ROCK di Andrea Bariselli

TOP OF THE ROCKS Una crescita inarrestabile quella degli Alter Bridge, gruppo attualmente ai vertici della scena hard rock contemporanea, in arrivo in Italia per due attesissime date di Jacopo Casati - foto di Austin Hargrave

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nizialmente si diceva di loro “sono solo l’ennesima band post-grunge”. D’altra parte chi è sorto dalle ceneri dei Creed (un’altra illustre “band post grunge”, capace di vendere tipo 40 milioni di dischi in cinque anni con tre sole pubblicazioni sul finire dei Novanta) non può pensare di ottenere da subito l’approvazione di rockettari conservatori e metallari oltranzisti. Ma in meno di un decennio gli Alter Bridge sono riusciti a mettere d’accordo tutti, con quattro album uno più bello dell’altro, diversi e originali, densi di influenze seventies e ricchi di melodie irresistibili. Potenza e fascino, portati dall’ugola dell’immenso Myles Kennedy (che dal 2010 canta fisso anche insieme a Slash) e dai riff terremotanti di Mark Tremonti, uno degli esponenti più importanti della sei corde del nuovo millennio: «Amo suonare la chitarra, adoro il metal anni Ottanta e l’hard rock, non mi preoccupo molto delle valutazioni esterne, mi piace scrivere le migliori canzoni possibili e farle ascoltare ai fan, nient’altro». Fortress è il quarto disco in studio del quartetto, un concentrato clamoroso di forza, impatto, armonie e coinvolgimento: «Blackbird

è il nostro capolavoro - dice Mark - ma questo è il cd più pesante che abbiamo mai composto, abbiamo ulteriormente evoluto il nostro sound rispetto agli esordi». I loro tour ormai transitano nei palazzetti medio-grandi (in Italia saranno all’Atlantico di Roma l’11 novembre e al Forum di Assago, Milano, il 12) e la folla che li segue è in continuo aumento. «Non abbiamo mai cercato di scrivere hit da classifica o pezzi accessibili – prosegue Tremonti – suoniamo rock duro per noi e per le persone che amano questo genere. In «Non abbiamo mai cercato di scrivere hit da classifica o pezzi accessibili. Suoniamo rock duro per noi e per le persone che amano questo genere»

Italia abbiamo una delle fanbase più ampie e affezionate, ogni volta che veniamo qui ci sentiamo davvero a casa nostra. Sono appuntamenti che attendo sempre con grande emozione, siano in un piccolo club o nelle arene coperte. Ho sangue italiano e sono fiero di avere qui le mie radici».

Risotto Zucchine e Zafferano E.L.O. (Electric Light Orchestra)

A

rriva per tutti il momento della dieta post vacanze o post bagordi. Nel mio caso è post entrambi, post bagordi di luglio/agosto e post vacanza di settembre. Ebbene si nell’ultimo anno ho messo su quasi 10 kg anche perchè a fare il Rock Chef mica puoi fare lo schizzinoso davanti a tavole imbandite e inviti a degustazioni, senza dimenticare i piatti preparati per le varie rubriche e gli assaggi degli hamburger di Mr. Enrico “Io il burro non lo uso mai” Salvini. Detto questo, per una buona forchetta come me, il sol pensiero della dieta mi fa passare qualsiasi voglia, soprattutto quella di cucinare. Ecco allora che scatta la ricerca di piatti poco calorici, sani ed equilibrati. Pietanze light, insomma. Ed ecco che, per assonanza, mi vengono in mente gli Electric Light Orchestra, una delle prime band rock che ascoltai grazie a mia sorella, che in effetti, a distanza di anni, posso dire che di musica ci capisse parecchio. Tra Elton John, Madness, E.L.O appunto e la colonna sonora di Phantom Of The Paradise (che consiglio a tutti tanto quanto il film che in italiano è stato tradotto in Il fantasma del palcoscenico), Francesca mi ha ben instradato in quello che sarebbe stato il mio primo amore: il glam rock - a partire dai Kiss. Tornando alla ricetta, questo risotto zucchine e zafferano è davvero squisito, leggero e molto adatto per essere inserito in una dieta, ma non vi farà sfigurare in nessuna occasione. Ingredienti x4 persone: 320 gr. di riso integrale (anche carnaroli va bene) 250 gr. di zucchine, zafferano, 2 cipolle medie, 4 cucchiai di olio, 1 litro di brodo vegetale, prezzemolo. Per la preparazione: ricetterock.it Il Vino consigliato da Vania Valentini Un piatto dalla tendenza dolce e dalla delicata aromaticità: ci vuole un Bardolino Chiaretto DOC. Si presenta con un bel colore rosa luminoso, dalle vibrazioni granato. Al naso è fragrante, invitante, vinoso e floreale. Sentiamo note di rosa, geranio. Al palato apre in freschezza, la trama sapida sostiene il tutto e il frutto in parte ritorna. Armonico e persistente, da servire a 6-8 C°.

22 onstage novembre



FACE TO FACE

AMBRA

ANGIOLINI Vivace e brillante nella vita come nei film, l’attrice torna al cinema in Stai lontana da me, nelle sale dal 14 novembre, accanto ad Enrico Brignano di Antonio Bracco foto di Andrea Massari

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n questa commedia diretta da Alessio Maria Federici interpreti Sara, una donna che sfida la malasorte tentando di restare a tutti i costi con un uomo che porta iella… Se qualcuno ti dicesse che la tua fidanzata porta sfiga, la lasceresti? Il mio personaggio è una donna dotata di buon senso, non molla mai e, anche quando è messa in ridicolo dalle situazioni, non crede che l’amore per quell’uomo possa aver qualcosa a che fare con la sfiga. Lo ama e si becca tutto ciò che questo comporta. Comporta anche molti incidenti questo

amore. Ti succede di tutto… Ho preso vetrate in faccia, porte addosso, sono caduta… La finzione si mischiava con la realtà. Ti faccio ridere: una sera a cena, durante una pausa, il figlio del regista mi ha dato involontariamente una testata sul naso. Sono tornata sul set il giorno dopo con un occhio nero e il naso gonfio. Era la giusta conclusione a quelle giornate di set, almeno alle mie. Non ricordavo un paio di cose così ho sbirciato sulla tua pagina di Wikipedia. È incredibilmente ricca e dettagliata. Mi capita ogni tanto di consultarla perché anch’io non ricordo tutte le cose che ho fatto. È la mia altra memoria, sperando che la gente scriva cose vere e io non prenda tutto per buono. Potrei anche convincermi di aver fatto una cosa che non ho fatto. Tra il ’93 e il ’95, la TV ti diede una grande popolarità con Non è la Rai. Chi oggi ha 40 anni è cresciuto conoscendoti da ragazzina. È qualcosa che si sente mentre lavori? Non si parla degli esordi nel piccolo mondo dei set di cinema. Piuttosto circola un chiacchiericcio dei vari reparti su noi attori, tipo “con chi stai a lavorà, mo’? Ah okey, vai sereno che quelli so’ carini”. Oppure anche

“oh no, per l’amor di Dio, fatte er segno della croce…”. A me questa cosa diverte molto. È una sfida costante, anche umana, perché sapersi comportare sul set non è soltanto fare bene il lavoro dell’attore. È anche cercare di essere l’anello di una catena. In quegli anni ’90 pubblicasti alcuni album. Perché non hai continuato a cantare? Molti attori hanno gruppi musicali, Elio Germano e gli stessi Claudio Santamaria e Laura Chiatti cantano. Questo per dirti che si parte sempre un po’ da lì. Io mio malgrado sono partita dalla musica, poi ho deciso che potevo evitarlo perché non me l’aveva ordinato il dottore di cantare, così ho smesso. Non esse«Molti attori hanno dei gruppi. Anche io ci ho provato ma poi ho smesso perché non sono nata con una di quelle voci che incantano. Ed è una delle cose che più mi fa soffrire» re nata con una di quelle voci che incantano è una delle cose che più mi fa soffrire. Però hai scelto una bella voce con cui fare due bambini. Wikipedia dice che Francesco Renga è sempre il tuo compagno. Questo lo posso confermare. Quando sento Francesco aprire bocca ed emettere quei suoni meravigliosi penso che con quella roba lì ci nasci. Quando lui va in crisi e ci confrontiamo sul lavoro, io gli dico la classica frase che farebbe rosicare anche me se mi venisse rivolta, “ma sta’ zitto tu che hai avuto il culo di nascere con quella voce”. Come se poi in realtà non sudasse anche lui sangue per rimanere a galla. E Francesco cosa guadagna stando con te? La concretezza, la solidità, la voglia e il bisogno di esserci. Lui sa che, tra le andate e i ritorni, casa nostra è questa ed è abitata da noi quattro. Noi ci battiamo per non far mai passare la nostra famiglia come la famiglia modello che non ci piace essere. Non solo perché la perfezione è una gran rottura di palle, è anche una cosa totalmente distante dalla realtà. La cosa giusta è viversi quello che arriva soppesando di volta in volta ciò che è importante. Finora ce l’abbiamo fatta. Poi chi vivrà vedrà.



FACE TO FACE

MAX GAZZè Annata straordinaria per l’artista romano, che da Sanremo in poi ha infilato un successo dopo l’altro. Ci racconta del nuovo progetto: un tour teatrale, in partenza a novembre. di Francesco Chini foto di Barbara Oizmud

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ominciamo con una brutta notizia: è scomparso Lou Reed. C’è un pensiero che vuoi dedicargli? Non è facile, ci sarebbe tanto da dire, specie sui suoi dischi, raffinatissimi o sgangheratissimi, ma sempre centrati. Di certo era un artista straordinario, forse quanto di più vicino ad Andy Warhol la musica contemporanea abbia visto. Un Sanremo da protagonista, un tour da record, mini tournée europea e ora i teatri:

un trionfo infinito, questo 2013. E tutto è cominciato da Sotto casa, disco d’oro e singolo di platino con oltre 50.000 download. Davvero, è stata una sfilza di riconoscimenti e input consecutivi che sembra interminabile. I brani sanremesi Sotto Casa e I tuoi maledettissimi impegni sono stati, specie il primo, valorizzatissimi dal Festival, ma anche il disco in sé sta ottenendo grandi consensi. Finiamo una cosa, ce ne vien subito in mente un’altra e anche quella funziona oltre le nostre aspettative. Di questo posso solo ringraziare chi quotidianamente lavora con me. Come si dice sempre in questi casi, “non mi aspettavo tutto questo successo”. Poi certo, si dice anche “no, no, dico davvero”, e poi magari ci si prende una pausa e si aggiunge “però ci speravo”. Però è così. Un tour come mai prima d’ora, che ha toccato anche l’Europa. Siamo soddisfattissimi di questa tornata di concerti, e in particolare dell’appendice europea. Abbiamo suonato a Londra, Berlino, Parigi e Bruxelles e avuto riscontri che ci hanno gratificato enormemente. Soprattutto, è stato interessante notare come il pubblico di tutte queste capitali europee abbia in comune la stessa sana curiosità nei confronti della musica

proveniente dal nostro Paese. Una curiosità che noi non abbiamo. Ora arrivano i teatri. Ti porterai dietro qualcosa, di questa esperienza europea? Di certo l’entusiasmo e l’appetito di sempre. Per il resto, sarà uno spettacolo assai diverso, perché lo è l’intenzione di partenza: dare un’altra luce ad alcuni aspetti delle canzoni che un contesto più rock tende di solito a mettere in sordina alquanto facilmente. Avvezzi come siamo alla nostra consueta formula, sarà una sfida non da poco. «Sarà uno spettacolo assai diverso, perché lo è l’intenzione di partenza: dare un’altra luce ad alcuni aspetti delle canzoni che un contesto più rock tende a mettere in sordina» Avete chiamato anche un quartetto d’archi. Si va sul sinfonico? Non proprio. Il quartetto Euphoria ha talento e freschezza e volevamo collaborare da tempo, ma l’approccio sarà quello di una condivisione di spazi: addirittura in una parte dello spettacolo saranno sole, e magari sarò io ad accompagnarle. Però una cosa è certa: arriverà più di qualche sorpresa da queste riletture. La cornice-teatro promette di valorizzare l’elemento narrativo dei pezzi: che rapporto hai con questa forma d’arte, ora che con la recitazione ti sei anche cimentato? Non vado molto a teatro, ma come luogo di contemplazione ed evocazione dialettica mi incuriosisce molto, pur avendolo finora esplorato solo marginalmente. Nei primi anni Novanta mettemmo su uno spettacolo teatrale con Daniele Silvestri e Rocco Papaleo, ma fu una cosa episodica. Invece, ricordo sempre con grande trasporto il primo spettacolo che vidi a teatro (Branduardi, nei primi anni Ottanta) e il grande Giorgio Gaber, di cui quest’anno ricorre il decennale: due artisti che cercando nuove frontiere di incontro fra teatro e musica hanno tracciato un solco indelebile. Insomma, che spettacolo sarà? Intimo. Dinamico. Parole sotto una luce nuova, pronte per essere ascoltate in modo nuovo. Sarà un’esperienza unica. Come scendere… sotto casa, e trovarci un teatro.


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NUMBERS

MA QUALE SOLD OUT? Capita di leggere comunicati o articoli che annunciano concerti con il “tutto esaurito”. Eppure, spesso, il colpo d’occhio e i numeri poi forniti dagli organizzatori sembrano mostrare una realtà diversa. Cerchiamo di capire perché. di Jacopo Casati e Gianni Olfeni

I

l significato di “sold out” è molto semplice: un’espressione inglese con cui s’intende un evento per cui sono stati venduti tutti i biglietti d’ingresso disponibili. Ma allora perché - come spesso si chiedono i nostri lettori commentando le recensioni dei concerti a cui hanno partecipato - succede spesso di notare spazi vuoti o seggiolini liberi anche nelle location che si annunciano “tutte esaurite” per uno show, che siano palazzetti o stadi? Perché i concerti sold out hanno il parterre mezzo vuoto oppure con parte delle tribune chiuse? Promoter, uffici stampa e artisti stessi ci hanno mentito? No. O per lo meno, non sempre. Sicurezza, esigenze di produzione, strategie del promoter. Sono questi i motivi che stanno alla base delle divergenze di cui sopra. Partiamo dal primo. Negli anni, le misure per tutelare il corretto e sicuro svolgimento delle manifestazioni musicali si sono fatte più rigide. Senza entrare nel merito di noiosi dettagli tecnici, questo significa che la capienza delle location è stata man mano ridotta. Per esempio il Forum di Assago (TABELLA 1), l’impianto a due passi da Milano che ospita i concerti durante la stagione indoor, è passato da 12.000 a poco più di

TAB.2

Stadio San Siro (Milano) Capienza e suddivisione dei posti a sedere

28.107

primo anello

32.366

secondo anello

19.545

terzo anello

TRIBUNA GOLD

80.018

capienza anelli

3.098

ANELLO B

300

sky box

2.920

ANELLO C

304

tribuna d’onore

6.264

POSTI A SEDERE TOTALI

223

posti stampa

224

postazioni per disabili

TAB.1

Mediolanum Forum, Assago (Milano) Capienza e suddivisione dei posti

246

variabile Dati ForumNet 28 onstage novembre

10.000 posti. Quei 2.000 in meno sono quelli che rendono il parterre molto “comodo” anche quando i concerti sono sold out. Altro esempio in materia di sicurezza è Campovolo (TABELLA 4), l’aeroporto di Reggio Emilia in cui Ligabue si è esibito due volte. Nel 2005 - record europeo per biglietti venduti in un concerto da un singolo artista - sono stati staccati 165.264 tagliandi! Sei anni dopo,

Settori A, I° anello

I° anello

II° anello

parterre

dipende dalle dimensioni del palco NB: Prato Escluso Dati M-I stadio S.r.l.

+ 188 accompagnatori


le presenze furono limitate a 117mila per motivi di sicurezza. Per affrontare il tema delle esigenze di produzione, prendiamo due eventi molto lontani tra loro, ma entrambi ospitati a San Siro (TABELLE 2 e 3). Una delle immagini più famose nella storia musicale dello stadio milanese è il concerto di Bob Marley del 27 giugno 1980. Si parlò di 100.000 spettatori, ed è una cifra credibile nonostante ancora non fosse stato costruito il terzo anello. Il palco fu posto sotto una delle due curve, lasciando quindi libero il prato per quasi tutta la sua ampiezza orizzontale, senza contare che l’assenza dei seggiolini sulle gradinate permetteva alle persone di comprimersi come sardine (e al promoter di vendere un’infinità di biglietti). Aggiungete una normativa sulla sicurezza più “flessibile” ed il gioco è fatto. Trentatrè anni dopo, il 19 giugno 2013, Jovanotti ottiene un sold out al Meazza con 50.000 persone. Tenendo chiuso il terzo anello - per consentire una migliore visibilità dello show, dicono gli organizzatori, e (aggiungiamo noi) per poter raddoppiare la data, come vedremo tra poco - con un palco gigantesco sul lato lungo dello stadio e con pedane infinite che portavano Lorenzo in mezzo al prato, Jova ha riempito tutto San Siro con la metà dei paganti di Marley. In ogni caso, la capienza dell’impianto è stata ampiamente ridotta, come dimostra il sold out ottenuto dagli U2 nel 2009: col gigantesco palco The Claw che, aperto su ogni lato e sistemato in mezzo al prato, consentiva l’utilizzo di tutte le tribune, furono 77.000 (per data) i biglietti che consentirono a Bono e soci di ottenere il tutto esaurito. C’è poi il terzo punto, le strategie dei promoter. Com’è facile immaginare, una doppia data consente all’organizzatore di un concerto di registrare importanti economie di scala. La seconda potrà infatti ammortizzare tutti i costi - da quelli di produzione a quelli artistici, finendo con quelli di gestione - sostenuti per la prima.

TAB.4

Campovolo, Reggio Emilia

TAB.3

Stadio San Siro, Milano Sold out annunciati negli ultimi 10 anni

u2 20 e 21 luglio 2005

VASCO 22 giugno 2007

LAURA PAUSINI 2 giugno 2007

Vasco 7 giugno 2008

U2 7/8 luglio 2009

Muse 8 giugno 2010

ligabue 16 luglio 2010

VASCO 17 giugno 2011

Bruce Springsteen 7 giugno 2012

Bruce Springsteen 3 giugno 2013

jovanotti 19 giugno 2013

68.713 spettatori a data 72.251 spettatori 64.075 spettatori 72.413 spettatori 76.674 e 77.111 spet. a data 59.961 spettatori 65.992 spettatori 63.183 spettatori 59.238 spettatori 60.000 * spettatori 48.101 *spettatori

Dati SIAE tranne *, dati promoter (Barley Arts, Trident)

I primi quattro sold out per biglietti venduti

Ligabue 10 settembre 2005

italia loves emilia 22 settembre 2012

u2 popmart tour 20 settembre 1997

ligabue 16 luglio 2011

165.264 spettatori 154.121 spettatori 146.000 spettatori 117.060 spettatori

Dati SIAE

Ecco perché in alcuni casi, superata una certa soglia di biglietti venduti per un live, i promoter annunciano il sold out e lanciano la seconda. Vendere una buona parte dei biglietti disponibili su due date è meglio che finire tutti quelli disponibili per una sola. E con una prima tutta esaurita come spauracchio, chi ancora non si è deciso a comprare il biglietto, avrà un buon motivo per sbrigarsi ad acquistare la seconda data. Chiaramente non sempre è possibile seguire una simile strategia: ci vogliono le condizioni, ossia artisti in grado di esercitare un tale fascino sul pubblico da garantire buone vendite anche su più date. Se a tutto questo aggiungiamo i benefici in termini di comunicazione per l’artista da sold out, be’ allora il quadro è veramente completo.

onstage novembre 29


MAX


20 Questa è

ROBA GROSSA Il Max 20 Live Tour è uno dei più importanti appuntamenti musicali dell’anno: sold out ovunque e richieste continue per nuove date, che hanno “costretto” il suo team a fissare un nuovo giro di concerti anche nel 2014. Dopo oltre vent’anni di carriera, per Max Pezzali è arrivato il momento di raccogliere quanto seminato in passato. I piedi, però, sono sempre ben saldi a terra. di Jacopo Casati - foto di Athanasios Alexo

I

nutile nascondersi o ignorare la realtà: il Max 20 Live Tour potrebbe essere (è?) l’evento italiano dell’anno. Lo dicono i numeri, con quindici date su trenta (nel momento in cui scrivo) sold out tra novembre e dicembre 2013 e febbraio 2014. Numeri che testimoniano un’attesa enorme, che Max cercherà di ripagare da novembre in poi nei più capienti palazzetti: quella che doveva essere “solo” una tournée di supporto alla fortunatissima uscita discografica Max 20 - già disco di platino - si è rivelata uno dei momenti più importanti per la carriera dell’artista pavese. Eppure Max nemmeno in questo caso se la sente di staccare i piedi da terra, fedele a un personaggio sempre umile e mai sopra le righe. Max, questo tour è davvero importante. Come stai vivendo le settimane che ti separano dall’inizio? Con grande attesa, felicità ed eccitazione. Stiamo iniziando a vedere i progetti per la produzione, le scenografie, le luci e tutto quanto sta intorno all’esibizione live. Senza girarci intorno questa volta possiamo fare le cose in grande, il tour è praticamente sold-out quindi a livello di investimenti c’è margine per costruire qualcosa di importante e che possa dare al pubblico uno spettacolo di alto livello. Ci sono grandi aspettative, di conseguenza immagino dovrai sopportare anche una certa pressione…

Sarò onesto, quella si avverte maggiormente quando le cose vanno meno bene, quando per esempio hai un tour di dieci date nei club e le prevendite non ingranano. In tempi di crisi poter sfruttare una risposta così importante dal pubblico non mette assolutamente pressione, ma carica e motiva tutti a fare il lavoro al meglio delle proprie possibilità. Credo sia necessario ripagare i fan di tutta la fiducia che mi stanno accordando, ho grandi stimoli perché voglio restituirgli l’affetto e la vicinanza che mi dimostrano da anni.

«In tempi di crisi, poter sfruttare una risposta così importante del pubblico non mi mette pressione, anzi, mi motiva a fare al meglio delle mie possibilità»

Possiamo azzardare la definizione “tour della vita”? Non lo so. Sicuramente è una tappa importantissima di un percorso che ho la fortuna di portare avanti oramai da tempo. Mi sono sempre divertito, il live è la parte più bella perché si condividono le emozioni col pubblico, con i musicisti, con lo staff e tutti quelli che lavorano affinché lo show vada alla grande. Mi piace molto lo spirito che si crea on

onstage novembre 31


the road data dopo data, l’atmosfera unica del concerto e il poter creare qualcosa di cui la gente che ti viene a vedere si ricordi a lungo. Questo oltretutto è da sempre uno degli elementi fondamentali per me, e ora possiamo raccogliere quanto seminato in passato. Intendi che è arrivato il momento di passare in cassa? No, intendo che da sempre cerco di fare in modo che la gente che viene a vederci abbia voglia di ritornare la volta successiva. Il successo di questo tour è una somma di fattori perché le cose non succedono completamente per caso. Quest’anno si è innescato un meccanismo molto positivo: il disco ha venduto bene, la positività e la fiducia nel progetto è cresciuta mese dopo mese, i media sono stati interessati da subito, i fan hanno risposto alla grande... Dopo anni di semina e di duro lavoro ci stiamo togliendo delle grosse soddisfazioni, ma è essenziale rimanere sempre con i piedi per terra, impegnarsi e continuare a fare bene ciò che sappiamo fare. Che in fin dei conti è un po’ il tuo modus operandi da sempre: testa bassa e pedalare… Non ho mai voluto strafare, rischiare il passo più lungo della gamba, nemmeno quando avrei potuto farlo. Ho la fortuna di fare un mestiere che amo, non ho mai avuto dei talenti particolari, al limite tanti micro talenti e alcune capacità che mi hanno sempre permesso di portare a casa il risultato. E’ un po’ come quando in casa ti si rompe qualcosa, non sono un ottimo falegname o un ottimo carpentiere, ma di sicuro riesco ad aggiustarti il guasto o per lo meno a metterci una pezza. Di base mi sono sempre impegnato al 100% perché credo in ciò che faccio. Penso di avere delle cose da dire, so comunicare bene e lo faccio con grande umiltà ma con altrettanto grande convinzione. La stessa convinzione che ti ha permesso di mettere insieme un cast a dir poco stellare per Max 20. Ma quanti ospiti ci saranno nelle date

dal vivo del tour? Bella domanda. Mi farebbe certamente piacere avere delle ospitate fisse a ogni data ma è molto difficile, anche perché far combaciare gli impegni di tutti è un’impresa. Di certo qualcuno ci sarà e ci divertiremo, stiamo studiando qualcosa di speciale su Per un deca e su altri pezzi ma non posso ovviamente anticiparti molto di più…

«Non ho mai voluto strafare, nemmeno quando avrei potuto. Non ho dei talenti particolari, al limite tanti micro-talenti che mi permettono di portare a casa il risultato»

Max Pezzali è sopravvissuto a mode, talent show e crisi della discografia. Ci hai mai ragionato? E’ un privilegio essere qui a parlare di certe cose dopo oltre vent’anni. Non penso di essere speciale, da sempre parlo della vita di tutti i giorni, spesso della mia e talvolta di quella della gente che ho intorno con grande schiettezza, cercando di evolvermi e di rimanere al passo coi tempi ma senza rinnegare le mie origini. Ancora oggi riguardando i primi testi degli 883 non mi pento certo di determinate canzoni, forse avrei cambiato qualche parola ma poco altro. Probabilmente il pubblico ha apprezzato la mia coerenza e il fatto che non ho mai cercato fratture col passato, rimanendo fedele allo stile che mi ha fatto conoscere. Riguardo alla crisi della discografia e ai talent show è abbastanza evidente che la fruizione della musica attuale sia molto diversa da prima, la gente si stufa subito delle nuove proposte e i discografici stessi lasciano tutta la

GENERAZIONE MAX Hanno ucciso l’uomo ragno folgorò una generazione di sbarbati. Era la prima metà degli anni Novanta (il 1992 per la precisione) e le canzoni degli 883, con quel linguaggio così familiare per gli adolescenti, ma anche per i più grandicelli, attiravano l’attenzione di tutti. Persino di chi stava crescendo a pane e Nirvana, che oggi non può negare di provare un certo affetto per i brani storici di Pezzali e Repetto, composti sotto l’ala protettrice di Claudio Cecchetto. Tra gli sbarbati in questione c’eravamo anche (quasi) tutti noi di Onstage, che andremo felici ai concerti di Pezzali per cantare le canzoni che tanto ci ricordano la nostra adolescenza. Consapevoli di non poterle ascoltare tutte perché sono troppe e perchè Max deve tener conto anche della produzione più recente - ci siamo chiesti quali sono le 10 che proprio vorremmo cantare. Ne è venuta fuori una sorta di Top Ten con i migliori brani degli 883. Eccoli, in rigoroso ordine di pubblicazione.

* * * * * * * * * * 32 onstage novembre

S'inkazza (Questa casa non è un albergo) - Hanno ucciso l'uomo ragno, 1992 Hanno ucciso l'uomo ragno - Hanno ucciso l'uomo ragno, 1992 Con un deca - Hanno ucciso l'uomo ragno, 1992 Sei un mito - Nord sud ovest est, 1993 Come mai - Nord sud ovest est, 1993 Rotta x casa di Dio - Nord sud ovest est, 1993 Nord sud ovest est - Nord sud ovest est, 1993 Chiuditi nel cesso - Remix '94, 1994 Gli anni - La donna il sogno & il grande incubo, 1995 La regola dell'amico - La dura legge del gol!, 1997


TOP PLAYER. Il Max 20 Live Tour sarà in giro per l’Italia per trenta date. Partirà a novembre per concludersi a febbraio 2014, toccando tutti i palazzetti più importanti della Penisola. Da segnalare il triplo show a Milano e Roma, ciliegine sulla torta di una tournée da record.

onstage novembre 33


parte di scouting e di crescita dei talenti alla televisione. In sostanza gli 883 oggi non avrebbero vita facile… Non avrebbero proprio alcuna vita, nessuno avrebbe mai creduto a un progetto simile, anzi nemmeno sarebbe potuto realisticamente iniziare. Ora con i talent la notorietà ai cantanti arriva inevitabilmente dopo tre mesi di apparizioni televisive, una volta fuori da lì l’etichetta discografica su alcuni costruisce un discorso dalla durata limitata a tre o sei mesi. Inoltre tutto questo sposta il focus principale dalla canzone e dalla composizione della stessa ad aspetti come la bellezza, il carisma e la mera capacità vocale. Il momento della scrittura, la nascita di un pezzo non è televisivo, non puoi riprenderlo con le telecamere, ma è lì che nasce la musica vera. Bellezza che sfoggiavate fieri tu e Repetto negli anni Novanta… Esatto (risate, ndr)! Io e Mauro a fine anni Ottanta eravamo degli artigiani che scrivevano le proprie canzoni in cantina, ce le cantavamo noi perché non avevamo nemmeno un cantante che potesse interpretarle. Non eravamo belli e tantomeno dotati a livello vocale. Avevamo però una persona che scommetteva su di noi, Claudio Cecchetto produceva coi propri soldi ciò che voleva e aveva anche una radio su cui far passare quello su cui scommetteva. C’era il tempo di crescere e di provare a vedere se le cose funzionavano: una figura come la sua oggi non c’è più perchè tutto si basa sull’apparenza e sulla capacità vocale. Ma seguendo questo ragionamento oggi il 90% degli autori della musica che ascolto

E’ uscita il 10 ottobre la biografia di Max Pezzali intitolata I cowboy non mollano mai. La mia storia. L’ex 883 nel libro non si limita alla parte artistica e analizza la vita lontano dalle scene, raccontando anche di momenti non sempre felici. (ISBN Edizioni, €16)

34 onstage novembre

«Con i talent la notorietà arriva dopo tre mesi di TV, se sei bello e dotato vocalmente. Però con le telecamere non si riprende il momento in cui nasce la musica vera» io non avrebbe mai superato le selezioni. Gente come Joe Strummer, Shane MacGowan o Joey Ramone erano grandi comunicatori ma non erano certo dotati come cantanti. Ripensando agli anni Novanta, qual è stato il momento migliore e quale il peggiore di quel periodo? Sono ravvicinati e correlati uno all’altro: quello peggiore sicuramente quando Mauro Repetto se ne andò nel 1994, non si riconosceva più nel progetto 883 dopo aver inciso solo due dischi. Non mi divertivo più, non condividevo più la passione con un amico e negli anni successivi andai avanti per inerzia proprio come se questo fosse un lavoro come un altro. Tuttavia nel 1998 quando in Piazza Duomo a Milano vennero centomila persone a dimostrarmi una vicinanza e un affetto incredibile, capii che anche da solo ce l’avrei potuta fare. Nel tour che mi aspetta sarà emozionante ripensare a quei momenti e cantare ancora una volta le canzoni che mi hanno cambiato la vita. l





Emma

38 onstage settembre


Vi farò

ricredere Emma Schiena Tour

Tre anni e altrettanti album dopo la vittoria dell’edizione di Amici che l’ha lanciata, si prepara ad affrontare il suo tour più importante, il primo nei grandi palazzetti italiani. Un’ottima occasione per incontrare i suoi tantissimi fan, vincere le (poche) paure rimaste e godersi collaborazioni illustri. Lo è per la cantante una grande festa, ma anche una buona occasione per togliersi qualche sassolino dalle scarpe. di Massimo Longoni - foto di Flavio & Frank

U

n segno della croce, un bacio al palco e via, Emma Marrone è pronta ad affrontare lo Schiena Tour. Un mese di concerti, dal 13 novembre al 10 dicembre, lungo tutta l’Italia, in palazzetti importanti e con una band rinnovata che presenta musicisti di valore internazionale. Con un album di successo come Schiena, stabilmente nella top ten italiana dalla sua uscita ad aprile e ripubblicato poche settimane fa in una nuova edizione ampliata, Emma si trova ora ad affrontare per la prima volta un tour interamente concepito per platee così ampie. Dopo le vittorie ad Amici e a Sanremo, un Ep e tre album con altrettanti tour, arriva così un ulteriore passo nel percorso della sua carriera. «Qualcuno lo definisce salto di qualità - dice lei raggiunta nel pieno della promozione, tra il video da girare per il nuovo inedito e gli abiti di scena da scegliere – ma a me sembra più un salto nel vuoto! Suoneremo in posti che ho sempre frequentato da fan di altri artisti, come il Forum, il Palalottomatica... E peraltro sembra che saranno pieni». Paura? Mi è capitato anche in passato di suonare in palazzetti, ma sempre più piccoli. Quindi, dico la verità, mi prende un po’ male… Mi sono chiesta tante volte “chissà se mai suonerò al Forum” e adesso eccomi

qui. Insomma, per questo tour ci sono un’ansia e una preparazione particolari. Eppure non è la prima volta che ti esibisci davanti a migliaia di persone. Per esempio hai cantato all’Arena di Verona. Non è la stessa cosa, perché questa volta c’è in ballo un progetto interamente mio, c’è la mia band. Il problema non è la quantità di gente, ma il significato che hanno certi luoghi: io al Forum ho sempre visto i gruppi rock, quelli che piacciono a me. E a quelli corre subito il mio pensiero. In generale cosa significa per te affrontare un nuovo tour? Ogni volta è un piccolo psico-dramma. Ma adesso sono felice.

«So bene che a volte rischio di apparire un po’ sopra le righe ma sono convinta che alla gente si debba dare la verità. Non voglio smettere di mostrare quello che sono»

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Quest’anno poi l’adrenalina è a mille anche perché ho una nuova band e l’approccio con questi musicisti è davvero pazzesco. Se parliamo di adrenalina, la tua esibizione della scorsa estate alla Notte della Taranta non è passata inosservata. So che a volte rischio di apparire un po’ sopra le righe ma sono convinta che alla gente si debba dare la verità. Anche in quell’occasione c’è stato sia chi ha apprezzato sia chi mi ha criticata, e non poco. Ma io sono fatta così e sono abituata a mostrare sempre quello che sono. A un certo punto è sembrato fossi veramente in trance, come posseduta dalla musica. Quello è un evento particolare, c’è una grande atmosfera e un ritmo molto incalzante. Poi con il maestro Sollima e l’orchestra si è instaurato grande feeling da subito. È stata una specie di liberazione da tutto: venivo da un periodo un po’ così, la prima estate in cui sono stata ferma senza un tour. Su quel palco ho esorcizzato un sacco di pensieri, proprio come facevano le donne che venivano punte dalla tarantola. Che tipo di rapporto ti piace avere con il pubblico quando sei sul palco? Il pubblico è una componente fondamentale, la tua carica è direttamente proporzionale alla sua. Io tendo a non risparmiarmi mai però è chiaro che non è la stessa cosa cantare davanti a cento persone che saltano come pazzi o a cento tranquille. Per fortuna i miei fan sono decisamente caldi e non mi è mai capitato di esibirmi davanti

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a platee che non recepissero la mia energia. C’è sempre uno scambio equo, sarà per questo che alla fine di un concerto sono così carica che potrei iniziarne un altro. Chi esce dai talent show spesso è guardato con sufficienza. A te è pesato? Credo che il pregiudizio valga soprattutto per i primi anni: i critici e la gente ti guardano e tentano di capire quanto puoi durare. Su di me, in particolare, ho sempre avvertito il senso della scommessa: “Io le do due mesi, io gliene do tre, questa fa il disco poi scompare”. Però, passati quattro anni, con altrettanti dischi sempre in classifica e tour pieni ovunque, credo che quella fase sia finita. Ti ha ferita qualche atteggiamento in particolare? Il disco può piacere o non piacere, ma vorrei che si giudicasse più serenamente la professionalità. Se uno come Mylious Johnson, che ha suonato con Madonna, Pink, Gianna Nannini e altri grandi, rinuncia a un tour mondiale per venire a suonare la batteria con la mia band, perché crede in me, allora penso che per qualcuno la scusa del talent non sia più un pregiudizio, ma un modo per difendersi. Non ci si aspettava che la bionda cretina che vince Amici riuscisse a fare questo percorso, a raggiungere una stabilità in questo mondo. Amore dei fan, stima da parte dei musicisti. Quello che sembra mancare è l’apprezzamento della critica, o almeno di una parte di essa. Prima ci soffrivo, mi chiedevo perché non si volesse vedere oltre, anche solo provare a venirmi a vedere dal vivo. Se avessi un giornalista in più dalla mia parte, che scrivesse bene del mio disco o venisse a vedere un mio concerto, forse qualcosa cambierebbe. C’è qualcuno che lo ha fatto di nascosto e in privato mi ha fatto i complimenti, ma poi pubblicamente... Forse hanno un’immagine da mantenere. Molti identificano i cantanti usciti dai talent show come prodotti televisivi e non come musicisti, quasi come fossero una categoria a parte. Cosa ne pensi? Se qualcuno mi vede ancora come la “paraculata”, che per grazia ricevuta lavora e vende dischi, può continuare a pensarlo. Ma non credo di avere avuto corsie preferenziali o altro, anzi. Faccio questo mestiere perché me lo sono guadagnato e lavoro duramente tutti i giorni per farlo al meglio: sono stata un anno chiusa in studio con tutti i musicisti per realizzare un prodotto di qualità e sono convinta che il cambiamento, rispetto a ciò che ho fatto in passato, si senta. Se

«Per qualcuno la scusa del talent non è un pregiudizio, ma un modo per difendersi. Non ci si aspettava che la bionda cretina che vince Amici riuscisse a fare questo percorso»

qualcuno non lo vuole sentire non è più un problema mio. Ogni tanto la televisione sembra richiamarti, come la scorsa primavera quando sei tornata ad Amici come direttore artistico di una delle squadre in gara. È una Emma diversa quella che si vede in quel contesto?


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«Questo mestiere me lo sono guadagnato. Sono stata un anno chiusa in studio e sono convinta che il cambiamento si senta. Se qualcuno non lo vuole sentire non è più un problema mio»

UN MESE ON THE ROAD. Inizia il 16 novembre da Rimini lo Schiena Tour di Emma - anche se tre giorni prima è in programma la data zero a Morbegno (SO) - che si concluderà il 10 dicembre a Montichiari (BS). Un totale di 15 concerti nei più grandi palazzetti italiani, dal Mediolanum Forum di Assago, Milano (20/11) al PalaLottomatica di Roma (29/11).

Senza dubbio: se facessi in tv quello che solitamente faccio sul palco credo che mi arresterebbero. In televisione bisogna mentalmente rimpicciolirsi un po’ per riuscire ad arrivare a tutte le persone a casa. Ti piace fare televisione? Non è il mio interesse principale. In realtà di offerte ne ho ricevute tante, se le dovessi accettare tutte passerei la vita davanti a una telecamera. Poi è ovvio che se Maria De Filippi mi chiama, e mi chiede di fare qualcosa per i ragazzi, rispondo di sì. Perché ci sono passata anch’io e mi piace stare a contatto con loro. Ma non è detto che lo farò tutti gli anni: la musica non è la tv e i miei prossimi progetti sono di tipo musicale. In un concerto dai e ricevi grande energia. Ti trovi a tuo agio anche in un ambiente più asettico come lo studio? In realtà lo studio non è così freddo come si potrebbe pensare: dipende da come uno lo affronta e com’è il gruppo di lavoro. Quando abbiamo lavorato a Schiena sembravamo una banda di psicopatici.

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Lavoravamo fino a tardissimo e magari ci esaltavamo per una scintilla, un’idea, che arrivava proprio nel cuore della notte. È vero che poi ci sono le registrazioni, ma l’embrione nasce da un mix di teste folli che, per fortuna, ancora non patisce la routine, le questioni discografiche e le regole da seguire. Ci sono ancora un’enfasi e un entusiasmo pazzeschi. Per questo il lavoro in studio a me piace moltissimo. In questi quattro anni in cosa sei cresciuta come artista? Stando su un palco impari innanzitutto a gestire l’energia, quindi te stessa. E poi ho imparato a non aver paura di imbracciare la chitarra e scrivere quello che mi viene da dentro. Inoltre sono meno chiusa verso le cose nuove che mi consigliano di ascoltare. È importante conoscere tanti gruppi, essere curiosi verso le novità. E invece come persona? A livello umano ho imparato soprattutto a essere paziente e a contare fino a dieci prima di rispondere e buttare le bombe. L’esperienza serve anche a questo. l


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(Stare sul palco)


Dopo i mega eventi a San Siro e all’Olimpico di Roma di luglio, i Negramaro festeggiano i loro primi dieci anni di carriera con un tour che tocca tutta l’Italia, da nord a sud (sono tra i pochi che nel meridione ci vanno). Un nuovo giro di concerti, una nuova occasione per condividere la propria musica con i fan e vivere l’esperienza più gratificante per un musicista: stare sul palco. A poche settimane dal via, ne parliamo con Giuliano Sangiorgi. di Tommaso Cazzorla - foto di Flavio & Frank


I

Negramaro hanno una vera e propria vocazione per i live. Non vedevano l’ora di salire sul palco quando si trattava di macinare chilometri con un pulmino sgangherato per raggiungere, sconosciuti, i locali dei primi concerti e non vedono l’ora nemmeno oggi che, richiestissimi, sono delle star nazionali e si possono permettere il lusso (e il godimento) di suonare negli stadi - e quest’estate non è stata nemmeno la prima volta. Per questo non c’è da meravigliarsi se a novembre li vedremo ancora on stage nei palazzetti, che saranno pieni naturalmente. La “scusa” questa volta è un importante anniversario: dieci anni di carriera che meritano di essere festeggiati adeguatamente. Con un tour appunto, e come se no? Giuliano, ci siamo. Che sensazioni avete per questa nuova tournée? In un certo senso questa è la coda dei concerti negli stadi di luglio. A San Siro e all’Olimpico sono state due esperienze fantastiche, dopo le quali abbiamo avuto molte richieste, per cui abbiamo deciso di continuare “aprendo” il tour a tutta l’Italia. Abbiamo ovviamente dovuto relativizzare il tutto, adattandoci, soprattutto a livello di strutture e scenografie, ai palazzetti. E così porteremo i festeggiamenti per i dieci anni di carriera lì dove siamo già passati. In un certo senso è come se avessimo fatto due grandi prove, quindi sappiamo già cosa funziona bene e dove lo spettacolo sarà più emozionante. Ma i palazzetti hanno una magia diversa, che può far sì che lo stesso concerto cambi anche di molto. Anche se sono comunque grandi location, creano un’atmosfera più intima rispetto agli stadi. E fare solo una data per ogni città rafforza questa idea di esclusività. Non essendoci un nuovo disco, i brani sono gli stessi che suonate ormai da molti anni. Come riuscite a non cadere nella routine? Ci riusciamo vivendo ogni concerto come un film, in cui la scaletta è la trama. Mettere un pezzo in una posizione piuttosto che un’altra può

«Il giorno dopo la fine del Casa 69 Tour ho scritto Ti è mai successo. L’energia che ricevo dai live mi dà la possibilità di andare più a fondo, di essere più vicino al nucleo di una storia»

sembrare ininfluente, ma non è così. Ci permette di creare intrecci tra le canzoni sempre diversi. Ci fornisce suggestioni sempre nuove. Questo tour è il nostro modo per festeggiare i nostri primi dieci anni insieme con tutte le persone con cui siamo cresciuti e che sono cresciute con noi. E poi è bello affiancare ai vecchi successi quelli nuovi; contando gli ultimi singoli e gli inediti di Una storia semplice ci sono comunque un totale di 8 brani più recenti. Vero, ma sono canzoni che hanno comunque più di un anno, vuoi dirmi che non c’è niente di nuovo che bolle in pentola? Ti devo dire la verità, stiamo già lavorando al disco nuovo, guardando in un’altra direzione. Anche i nuovi singoli sono brani di passaggio verso

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* Una storia semplice è l’ultima, in ordine temporale, tra le pubblicazioni dei Negramaro, che in dieci anni di carriera hanno inciso cinque dischi in studio e uno dal vivo, quel San Siro Live che immortala il primo concerto nello stadio milanese. Breve guida agli album dei salentini. T.C. NEGRAMARO (2003) Caterina Caselli prende il gruppo sotto la sua ala protettrice e firma, con la sua etichetta discografica Sugar, l’esordio dei salentini. Un disco decisamente rock ma ancora acerbo. Gommapiuma è tuttora uno dei brani più cari alla band. 000577 (2004) Aiutati dal produttore Corrado Rustici, i Negramaro correggono il tiro e aprono maggiormente al pop. Dal disco precedente vengono recuperati e rivisitati alcuni brani mentre il titolo è il codice merceologico del vino salentino che dà il nome alla band. Mentre tutto scorre (2005) È il disco del botto, la titletrack e il singolo Estate portano i Negramaro alle prime posizioni della classifica Fimi, dove il disco resterà per ben 83 settimane. Con oltre 600.000 copie vendute, Mentre tutto scorre spalanca alla band le porte del primo tour nei palazzetti. La finestra (2007) Con il difficile compito di replicare il successo del precedente lavoro, i Negramaro superano se stessi: primo posto in classifica, e top sales del 2007. Parlami d’amore, L’immenso e Via le mani dagli occhi diventano istantaneamente classici del repertorio. Casa 69 (2010) Produzione internazionale (Dave Bottrill, già all’opera con Placebo e Muse) che segna un parziale ritorno alle sonorità più rock degli esordi, ma aggiornate con la maturità raggiunta dai Negramaro durante la carriera. Mancano i singoli veramente forti, ma ne guadagna la resa live.


il sound dell’album che arriverà. Vedere gli stadi pieni è stato magico, rifare San Siro dopo 5 anni da quando tutto è esploso, rifarlo nella stessa maniera, con la voglia di cantare e di stare insieme, ci ha dato una carica grandissima. Questi concerti ci permetteranno di portare a casa una gran dose di energia per poi buttarla nei dischi, incanalarla verso nuove direzioni sonore. È successa la stessa cosa dopo il Casa 69 Tour: il giorno dopo l’ultima data ho scritto Ti è mai successo. L’energia che ricevo dai live mi dà la possibilità di andare più a fondo, mi permette di essere più vicino al nucleo quando racconto qualcosa. Pensate di provare questo nuovo materiale dal vivo o preferite mettere tutto nel cassetto per riprenderlo più avanti? Noi abbiamo una gran voglia di provare le cose nuove, e sarebbe bello poter fare un regalo a chi partecipa al concerto, non perché ha pagato il biglietto, ma per rendere quel momento davvero unico. Qualche anno fa era più facile, ma ora con Internet si relativizza tutto, se lo fai anche solo una volta si diffondono subito le anteprime online e sminuiscono l’importanza di una grande sorpresa. Il problema non è tanto che finiscano in Rete, quanto che diventi impossibile creare quel momento di intimità suggellato da una sorpresa unica. È davvero un peccato dover rinunciare a testare i nuovi brani dal vivo... In genere sfruttiamo il soundcheck per provare qualcosa, vedere che effetto fanno su di noi le nuove idee suonate a tutto volume. Oggi è bello che i ragazzi possano condividere le emozioni, ma di fatto se decidessimo di suonare qualche pezzo nuovo il pubblico non avrebbe neanche il tempo di renderlo proprio che subito sarebbe online. Sarebbe bello in qualche occasione fare all’improvviso tutti i pezzi nuovi, ma ci rendiamo conto che non è fattibile.

«L’Italia, non solo il Sud, ha un problema di strutture. Servono palazzetti pensati per i concerti, visto che garantiscono un ricavo superiore a quello degli sport minori per cui sono invece costruiti» Cambiando discorso, in molti lamentano la mancanza di grandi eventi nel Sud Italia, cosa ne pensate voi, in quanto diretti interessati? Noi stiamo cercando di portare il più possibile la nostra musica nel meridione. Ad esempio vorremmo fare un grande evento a Lecce, che sia importante non solo per la città e la Puglia, ma per tutta l’Italia. Ma non è con un singolo evento che si risolve la questione. Cosa pensi che manchi al Sud da questo punto di vista? Per quel che ci riguarda, possiamo dire che ci sono dei problemi di strutture, non solo al Sud ma in tutta Italia. In generale si dovrebbe dare più credito alla musica come valore culturale ed economico, come fanno già in molti altri Paesi, specie in nord Europa, al pari dello sport. Ad esempio i concerti potrebbero essere la fonte di ricavo principale per i palazzetti, piuttosto che sport minori che non hanno certo il giro di soldi del calcio. E invece sono pochissimi quelli predisposti. Questa mancanza influisce in qualche modo sulla preparazione del tour? Quando progetti un tour, fai in modo da poterlo portare ovunque, ma poi ci sono città dove non si può andare, per esempio a Napoli perché

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ALWAYS ON THE RUN. I Negramaro ripartono. Si inizia il 16 novembre da Milano per poi passare da Bologna, Pesaro, Padova, Montichiari (BS), Mantova, Firenze, Torino, la doppia data di Roma e infine al sud per Eboli, Caserta e Acireale il 7 dicembre.

non ha più un palazzetto, o altre location che non garantiscono determinati standard di capienza e sopportazione del peso delle strutture. Così bisogna sempre cercare soluzioni alternative con conseguente sperpero di risorse ed energie, ma non è sempre possibile. È difficile immaginare soluzioni immediate. Per quanto mi riguarda si dovrebbero realizzare proprio dei “Palamusica”, in Italia c’è così tanta voglia di live da meritare spazi adeguati. Bisognerebbe considerare la musica, non solo al Sud ma in tutta Italia, come un introito e creare strutture dedicate. Questo problema di percezione è tutto italiano, pensa che sulla musica l’IVA supera il 20% invece sui libri è al 4%. Questo dato fa intendere come i dischi siano considerati un bene di lusso, mentre per i ragazzi sono un prodotto quotidiano. Però un evento importante come il concerto di Bruce Springsteen in Piazza del Plebiscito a Napoli ha ottenuto risultati deludenti. Perchè? Non saprei, per quanto riguarda noi proprio le date del tour di Caserta ed Arcireale sono già piene, quindi non saprei dirti perché quella di Springsteen sia andata male. Bisognerebbe avere altri dati per poter fare delle analisi. Così su due piedi mi verrebbe da pensare ad un diversa attenzione per la musica nazionale rispetto a quella internazionale… Possono esserci vari motivi, ad esempio adesso in molti sentono il momento di crisi e al Sud forse si sente anche di più. Ci sarebbe anche da fare un discorso di politiche di prezzo sui biglietti, a cui noi siamo sempre stati molto attenti. Anche quando eravamo già in ascesa, appena uscito Mentre tutto scorre, nei palasport i nostri biglietti costavano 12/16

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euro. Dopo La finestra sono saliti un po’ i prezzi parallelamente alla produzione, ma si parla comunque di 18 euro perché c’è sempre stata la voglia di crescere con il nostro pubblico e mai a sue spese. Adesso magari si

«Se avessimo alzato i prezzi dei biglietti, noi ci avremmo guadagnato ma la nostra carriera no. Ci stiamo attenti perché anche noi siamo prima di tutto dei fruitori di musica» arriva a pagare 35/40 perché la produzione è ancora più complessa. Per noi la priorità è creare uno spettacolo all’altezza delle aspettative di chi ci segue da anni. Sono convinto che se avessimo scelto di alzare i prezzi, magari sul momento ci avremmo guadagnato, ma la nostra carriera ne avrebbe risentito e ora non saremmo qui a fare quest’intervista. Siamo così attenti perché anche noi siamo prima di tutto dei fruitori di musica. E come fruitore di musica, qual è un concerto visto di recente che ti ha ispirato? Wembley Stadium, Roger Waters, The Wall. È stato incredibile, un grande cinema su 100 metri di schermo posizionati sul muro. Sembrava che il mapping, come tecnica, fosse stato concepito appositamente per quel concerto. Mi sono commosso come se avessi visto nascere un bambino. l


MAGGIO 2014 3 4 6 7 10

PADOVA MONTICHIARI (BS) RIMINI BOLOGNA MILANO

Palafabris PalaGeorge 105 Stadium Paladozza Mediolanum Forum

13 14 17 20 22

TORINO ANCONA ROMA NAPOLI FIRENZE

BIGLIETTI DISPONIBILI ORA

IL NUOVO ALBUM DISPONIBILE ORA

Palaolimpico Palarossini Palalottomatica Palapartenope Mandela Forum


GOGOL

BORDELLO


Pura

vita A

più di dieci anni dal debutto, nel nostro Paese l’attenzione nei confronti dei Gogol Bordello pare non vedere cedimenti. Chi vi considerava un fenomeno passeggero non aveva compreso appieno la portata della vostra proposta. Sinceramente, non saprei cosa dirti. Se invertissimo i termini della questione, potrebbe anche essere che quelle persone fossero le uniche ad aver capito che la nostra musica non valesse poi così tanto. Quindi potrebbero essere gli unici ad averne davvero compreso la portata. A parte l’ironia, il numero di concerti in Italia è andato ogni anno aumentando, mentre altri Paesi, una volta conclusasi l’infatuazione per la musica di questo tipo, hanno finito per perdere interesse per tutto quello che vi girava intorno, noi compresi. Non credo sia un caso che una cultura come quella italiana, così legata ai propri dialetti, alle proprie tradizioni e aperta a quelle degli altri, ci accolga ogni volta come compagni di viaggio e spiriti affini. Non a caso da qualche anno l’America Latina è diventata la mia patria: queste ormai sono le uniche popolazioni con cui potrei resistere per più di dodici mesi. Cosa rispondi a chi ormai tratta i vostri album come semplici pretesti per fare quello per cui sembrate essere nati, suonare dal vivo? Intanto direi loro di ascoltare ciò di cui poi vogliono parlare. Dopodiché sono apertissimo al dialogo: ho scritto cose più o meno belle ed alcune che, riascoltate oggi, mi fanno schifo, ma non sopporto gli stereotipi. Quindi mi sono un po’ stancato delle definizioni prestampate, di chi sottolinea in continuazione che il nostro spettacolo assomiglia ad una sorta di circo e a tutte le cose di questo genere in cui ti sarai sicuramente imbattuto se hai letto almeno un articolo che tratti dei Gogol Bordello. Il problema è che la gente parla senza mai conoscere l’oggetto della discussione. Questi sono gli stessi soggetti che quando mi intervistano mi chiedono se in studio mi preoccupo di come un pezzo sarà poi suonato dal vivo oppure no. Ma cazzo, penso di non aver mai registrato un brano in studio che non fosse dal vivo!

Eugene Hütz ti chiama di notte dopo averti dato buca per tre giorni, poi ti manda messaggi per integrare quello che ha detto al telefono. Ma ti dice sempre la verità, perché detesta stereotipi e finzione. Per questo, dal vivo, i suoi Gogol Bordello sono uno dei migliori act in circolazione. Dentro la loro musica, nei loro concerti, c’è l’istinto genuino che è l’essenza stessa dell’arte. Per “introdurre” le tre date di fine novembre in Italia l’abbiamo (ehm) raggiunto al telefono in Brasile, dove vive da qualche anno. di Luca Garrò

Quindi non ti sentirò mai nemmeno dire che Pura Vida Conspiracy sia il vostro album migliore di sempre. Certo che no, sarei un pazzo furioso a farlo, anche se lo pensassi davvero. Continuo a leggere le stesse interviste con le stesse risposte che mi annoiano dopo pochi minuti di lettura, quindi non sopporto le risposte di quel tipo. Chi parla con me, per esempio, è sempre impegnato a farmi vedere che conosce la cultura gitana, piuttosto che a dimostrarmi di essere stato a un mio concerto a tutti i costi, per risultare più credibile. Tanto poi chi è stato davvero toccato da quello che scrivo viene fuori in pochi secondi. Credo che Pura Vida Conspiracy sia molto legato all’album precedente, anche se penso che i miei testi siano stati profondamente influenzati dal fatto di aver vissuto in Brasile per diversi anni e anche dal punto di vista musicale è innegabile l’influenza

«Non è un caso che l’Italia, così legata ai propri dialetti, alle tradizioni e aperta a quelle degli altri, ci accolga sempre bene. Così come non è un caso che l’America Latina sia diventata la mia patria» di questa terra. Non puoi vivere qui e rimanere la stessa persona e lo stesso artista, non ho ancora conosciuto nessuno in grado di farlo. Sei l’unico artista in grado di affermare che la maggior fonte d’ispirazione di un album sia l’album stesso. Un modo per prendere per i fondelli chi ti parla o cosa? Assolutamente no! Quando dico che la maggior fonte di ispirazione per i testi di Pura Vida Conspiracy sono stati proprio quei testi, dico una cosa molto semplice: io non scrivo di libri che ho letto, di film che ho visto o di vita di ogni giorno, io scrivo per immagini mentali che mi appaiono come vere e proprie illuminazioni o flashback. Quando entriamo in studio nessuno di noi sa mai dove ci spingeremo musical-

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mente, così come nessuno conosce i miei testi. È una via totalmente sperimentale di comporre, che nasce di colpo da un’idea e da quell’idea poi si lascia trasportare per tutta la durata delle session. Ogni canzone influenza la successiva e questo meccanismo permette di trovare sempre il fil rouge di tutta la produzione. Quando giunse la notizia della vostra collaborazione con Rick Rubin, in molti saltarono dalla sedia, convinti che la sua produzione sarebbe stata in grado di far emergere lati nascosti della tua creatività. Cosa non ha funzionato? A dire il vero, ha funzionato tutto alla grande e avevamo già posto le basi per l’album successivo, poi un cambio di etichette ha impedito

«Con Rick Rubin ha funzionato alla grande! Ma un cambio di etichette ha impedito che la cosa continuasse. Si parla tanto di libertà creativa, ma è sempre una questione di fottuti interessi commerciali» che la cosa andasse in porto. Si parla tanto di libertà creativa, di collaborazioni che vadano oltre il mero tornaconto, ma alla fine è sempre una questione di fottuti interessi commerciali. Peccato, perché credo che Rubin fosse il produttore perfetto per questa nostra parte di car-

riera e perché da anni sognavo di lavorare con l’uomo che aveva ridato dignità e gloria a Johnny Cash. La sua grandezza sta nel convincerti che l’unica cosa che devi fare è essere semplicemente te stesso. Una banalità, a cui però non siamo più abituati. Hai citato Johnny Cash. Per quanto distante dalla tua proposta, in qualche modo ho sempre pensato che tu rappresentassi una sorta di incarnazione gipsy di Joe Strummer e dello stesso Cash. Forse perché, al di là di tutto, la voce è ancora la prima cosa ad arrivare. Sono lusingato e ti dirò che, quando parlavamo del mio rapporto con Rubin, mi è venuta in mente la versione di Redemption Song cantata proprio da loro due. Credo che quel brano, in quella particolare interpretazione, rappresenti tutto quello che ho amato nella musica: una canzone di Bob Marley cantata dalle figure che mi hanno influenzato di più nella mia vita. È quella la mia idea di musica: mi piace definirlo “intrattenimento fatto col cuore”. L’intensità di quelle due voci, con quella di Cash straziata dalla malattia e quel testo così pieno di speranza. Ah! Pensa che quando sono arrivato in America non conoscevo una parola d’inglese e ho imparato la lingua ascoltando le canzoni di Cash. Ti confesso una cosa: spero che, fra qualche anno, Rick mi telefoni dicendomi che non ho ancora inciso il mio album migliore e mi proponga qualcosa di simile alla serie delle American Recordings di Johnny Cash. Solo in quel caso ti direi che si tratta del disco più bello della mia carriera. l

GOGOL BORDELLO LOVES ITALY. Sono tre le date di Eugene e compagni in Italia a fine novembre, testimonianza di un feeling sempre vivo. La gipsy band suonerà all’Alcatraz di Milano il 27, all’Orion di Ciampino (Roma) il 29 e infine il 30 all’Estragon di Bologna.

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arctic monkeys

Storia di un capolavoro

Gli Arctic Monkeys al completo. Da sinistra, Matt Helders (batteria), il cantante/ chitarrista/frontman Alex Turner, Nick O’Malley (basso) e Jamie Cook (chitarra).


Dopo due ottime tappe di avvicinamento, Humbug e Suck It And See, i quattro di Sheffield sembrano aver finalmente trovato la dimensione ideale con AM, fatta di un solido background britannico e di una voglia di ricerca che guarda soprattutto agli States e alla storia del rock’n’roll. In attesa del concerto in programma a Milano il 13 novembre, ecco cosa pensano i diretti interessati di un disco osannato. di Stefano Gilardino - foto di Zackery Michael

E

rano dei predestinati gli Arctic Monkeys. Ancora prima che uscisse l’album d’esordio, quel Whatever People Say I Am, That’s What I’m Not che nel 2006 ha sbaragliato la concorrenza e che, ancora oggi, è il “fastest selling debut” di tutti i tempi in Gran Bretagna, gli inglesini erano finiti sulla copertina di NME solo in virtù di concerti esplosivi in cui tutti i fan cantavano a memoria canzoni che non erano neppure pubblicate su disco. Il sold out all’Astoria di Londra, ottenuto grazie al passaparola e ai video postati su YouTube, fece drizzare le antenne a molti, specialmente alla Domino che, prontamente, li mise sotto contratto. Tutto perfetto, ma la parte difficile, dopo la sbornia di premi, successi di classifica, concerti e soldi seguiti a quell’esordio di platino, doveva ancora arrivare. Se, come secondo capitolo, poteva andare bene una leggera variazione sul tema - ecco Favourite Worst Nightmares del 2007 -, il futuro necessitava di una maggiore lungimiranza e di qualcosa di molto meglio. Devono aver pensato la stessa cosa Alex Turner e compagni, quando hanno deciso di cominciare un processo di “americanizzazione” del proprio suono con il terzo lavoro, Humbug. Un po’ ciò che successe ai Clash con London Calling, pur con le dovute differenze. Se ai quattro di Sheperd’s Bush il punk di inizio carriera stava ormai stretto, ai ragazzi di Sheffield non bastava più finire sotto la pessima definizione indie rock, ma serviva qualcosa di estremamente personale, una via inedita da percorrere. Il 2011 ha portato in dote un passo decisivo, Suck It And See, ma è il recente AM, laconico solo nel titolo, a scattare un’istantanea perfetta di ciò che i Monkeys sono in questo momento. Lo ribadisce lo stesso Turner: «Abbiamo copiato l’idea dell’acronimo a VU dei Velvet Underground, ma il senso di AM sta nel fatto che fotografa la band in un attimo ben preciso. Questa è esattamente la musica che vogliamo e dobbiamo fare. Se penso agli Arctic Monkeys del 2013, nulla è meglio di AM».

TUTTO È POSSIBILE

Il più evidente aggancio col passato, a ben vedere, è rappresentato dalla presenza familiare di James Ford e Josh Homme, entrambi al lavoro con il quartetto fin dai tempi di Humbug. E se la presenza di

Ford è rassicurante in cabina di regia, quella di Homme, leader dei Queens Of The Stone Age e proprietario degli studi Rancho De La Luna, dove molti brani sono stati incisi, è la conferma di un’amicizia che ha portato parecchi frutti. È ancora Alex a rimarcarlo: «Siamo fan dei QOTSA fin da quando avevamo 15 anni. Credo sia stato Jamie (il chitarrista, ndr) a parlarcene per la prima volta e a farceli ascoltare. Da quel momento, sono diventati uno dei nostri gruppi preferiti, e lo sono tuttora, anche e soprattutto vista l’amicizia che ci lega: stiamo continuando a imparare da loro. È stato importante conoscere Josh soprattutto a livello mentale, ci ha insegnato che tutto è possibile in campo musicale, bisogna solo abbattere le proprie barriere e lasciarsi guidare dalla passione e dall’istinto. E poi, essendo un musicista

«l’idea dell’acronimo viene da VU dei Velvet Underground, ma il senso di AM sta nel fatto che fotografa la band in un attimo preciso: questa è la musica che vogliamo e dobbiamo fare oggi»

sopraffino, lo ospitiamo sempre volentieri all’interno di qualche canzone. Per quanto riguarda James, invece, lui è una sorta di quinto membro del gruppo in studio e, sebbene a volte ci capiti di lavorare senza la sua supervisione, siamo consci del fatto che la sua presenza per noi resta fondamentale». Prima che pensiate a un totale scollamento con un passato fatto di indie rock, punk, ritornelli contagiosi ed esuberanza giovanile, è bene specificare che AM è un contenitore capace di raccogliere tutte le influenze di sempre, amplificate in maniera sensibile da una maggiore attenzione a ritmi danzerecci e da qualche passaggio più hard e classic rock. «Potremmo dire che metà del disco sia stato influenzato dalle cose di cui spesso parliamo, ascolti che ci portiamo dietro fin da quando eravamo dei ragazzini all’esordio. Parlo di rock anni ‘70 come Captain Beyond, Black Sabbath, Groundhogs e cose del genere. Devo ammettere però che l’altra faccia della medaglia è dovuta alla nostra fascinazione per certa black music odierna e qui mi vengono in mente immediatamente gli Outkast o alcune cose r’n’b che vanno per

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la maggiore. Abbiamo cercato quindi di mescolare il tutto con ciò che siamo noi come band e il risultato è AM, in cui convivono con successo tutte le nostre anime. L’ispirazione per i testi, invece, in parte deriva da un disco che mi ossessiona da parecchio tempo, Fully Qualified Survivor di Michael Chapman. Ha un’atmosfera con cui riesco immediatamente a rapportarmi, è difficile da spiegare, è proprio una questione di mood, ma se ci penso lo ritrovo anche all’interno di alcuni pezzi del nostro disco. Forse è un’influenza inconscia… A tutto ciò devi aggiungere che

«Josh Homme ci ha insegnato che tutto è possibile in campo musicale, bisogna solo abbattere le proprie barriere e lasciarsi guidare dalla passione e dall’istinto»

l’idea di fondo per AM era di registrare un disco alla Transformer di Lou Reed, in cui convivessero lustrini e sporcizia, ma senza che fosse una cosa chiara e lampante. È probabile che nessuno dei nostri fan si sia accorto delle cose che sto dicendo, ma io le sento con chiarezza». E, se il lato rock della band non era neppure in discussione, è una maggior attenzione al ritmo a creare più interesse, con pezzi come R U Mine, Fireside e Kneesocks che rendono i Monkeys appetibili per ogni dancefloor che si rispetti. È il batterista Matt Helders a rendere più chiaro il concetto: «A volte è il caso a decidere e per noi è stato così. Avevamo buttato giù parecchie tracce in loop per poterci ragionare sopra, provare arrangiamenti, linee vocali o semplici riff, ma poi riascoltando il tutto abbiamo capito che quei beat ci piacevano così com’erano, ripetitivi e grezzi. Era un’idea di lavoro con cui non c’eravamo mai confrontati in precedenza, sebbene a pensarci sia quasi banale, e quindi alcuni pezzi sono nati con una linea ritmica ben precisa. Per farla semplice, anche se il processo creativo è stato più complicato, abbiamo lavorato in maniera

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intelligente con dei loop e dei campioni, finendo per ottenere risultati eccellenti che ci avvicinano in qualche modo alla musica dance. O, almeno, alla nostra versione di qualcosa che esiste già e fa ballare milioni di persone».

HA FUNZIONATO ALLA GRANDE

La cosa buffa e particolare di AM, un disco che, almeno secondo le dichiarazioni fin qui raccolte, pare quasi studiato nei minimi particolari, è che si tratta invece di un lavoro concepito per la gran parte in studio di registrazione a Los Angeles, dove i quattro si sono esiliati per parecchi mesi. Il contrario di ciò che successe con Suck It And See, per esempio, come ricorda ancora Turner: «Proprio l’opposto, direi. Siamo stati a L.A. per sei mesi, chiusi in studio a lavorare con grande costanza, solo noi e un registratore a 4 tracce che ci serviva per annotare le cose interessanti. Ogni giorno buttavamo giù idee, magari Jamie se ne usciva con un riff di chitarra o Matt con un bel beat di batteria e da lì partivamo con la costruzione del pezzo, proprio dalle fondamenta. Io mi portavo i nastri a casa per provare i testi e le linee vocali, ma è stato fantastico veder nascere le canzoni giorno per giorno, è stato molto gratificante. Molti dei pezzi finiti che potete ascoltare su AM sono la quarta o la quinta versione, hanno cambiato pelle parecchie volte: in alcuni casi hanno preso deviazioni tortuose, in altre ci siamo affidati alle scorciatoie. Non avevamo niente di pronto e, sebbene generalmente non sia un bene andare in studio senza nulla su cui lavorare, per noi ha funzionato alla grande. Mi hanno regalato questo piccolo registratore per il mio compleanno ed è stato il suo battesimo del fuoco, un modo per dimostrare che siamo capaci di concentrarci in una stanza e uscirne fuori con un bel disco. A parte qualche arrangiamento, tutto il resto arriva da quei sei mesi di prove». Visto il risultato finale, ci permettiamo di suggerire ai ragazzi di continuare a sperimentare con questo metodo. Ma il futuro per gli Arctic Monkeys è ancora una grande incognita. Almeno per Matt: «Non so che succederà. Ci piacerebbe continuare a fare album interessanti, ma penso che nessuno di noi abbia dei desideri particolari. Forse suonare sulla luna o a bordo del Virgin Galactic, l’astronave di Richard Branson. Anche solo mettere i dischi, potrebbe bastare». l


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STYLE

BACK TO ALMENO una volta nella vita, OGNUNO DI NOI HA SOGNATO DI TORNARE INDIETRO NEL TEMPO E RISVEGLIARSI NEL BEL MEZZO DELLA PROPRIA INFANZIA. PER POI MAGARI VOLARE a Disneyland AD INCONTRARE UNO DEI PERSONAGGI CREATI DAL GENIALE WALT. BENE,

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s THE UGLY TRUTH OF V Il blog di Virginia Varinelli nasce nel settembre 2011, diventando subito un riferimento per gli appasionati di moda e gli addetti ai lavori. Quotidianamente il blog registra accessi da ogni luogo del mondo. Virginia è di Milano. Si è laureata in Economia nel 2009 e ha subito cominciato a lavorare. Da uno stage a Parigi presso Diane von Furstenberg è sbocciata la sua grande passione per la moda. Ha recentemente lanciato il suo brand Viridì, che in pochi mesi di vita ha già raccolto numerosi ammiratori. www.uglytruthofv.com

CHILDHOOD FORSE A DYSNEYLAND CI PORTERETE TRA QUALCHE ANNO I VOSTRI FIGLI. NELL’ATTESA, POTETE SEMPRE AGGIUSTARE IL VOSTRO LOOK CON I PRODOTTI TEEN CHE TANTO VANNO DI MODA DI QUESTI TEMPI. a cura di Virginia Varinelli

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STYLE / ABBIGLIAMENTO

MIU MIU La scarpa più desiderata dalle bambine è quella di Cenerentola che Miu Miu ricrea per la stagione invernale. 435 Euro

COLMAR Modello in piuma d’oca 100% naturale. Questa versione in tonalità senape con interno blu.19,90 Euro

TOPSHOP Cappello modello oversize in lana misto cotone con scritta swag applicata sul risvolto. 16 Euro

RIVER ISLAND Vestito longuette in tartan rosso e nero con maniche lunghe e scollo arrotondato. 30 Euro

BERSHKA T-shirt in edizione limitata, raffigura il volto di Mickey Mouse con diverse espressioni. 28 Euro

RAYBAN Occhiali in edizione limitata con grafica coloratissima disegnata appositamente da Matt W Moore. 145 Euro

BERSKA Mickey Mouse sweater: felpa in edizione limitata realizzata in collaborazione con Disney. 48 Euro

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Levi’s Modello 511. Tessuto denim stretch sottoposto ad un procedimento di leggera sabbiatura. 68 Euro

SWATCH No doubt no glory: modello completamente in silicone della collezione autunno/inverno 2013. 70 Euro


CONVERSE All stars nere e fucsia customizzate che riprendono i colori e il gusto tipico degli anni Novanta. 135 Euro

HIPANEMA Tanti bracciali di tessuto intrecciato in uno. La chiusura a calamita lo rende semplice da indossare. 87 Euro

H&M Cappellino in maglia a coste, disponibile in colore arancio acceso. Per non passare inosservati. 4,95 Euro

Church London Olympics edition. Scarpe numerate disponibili in 17 nuove ed inusuali colorazioni. 560 Euro

H&M Pullover in tessuto felpato mĂŠlange con interno spazzolato. Stampa sul davanti. 19,95 Euro

Philipp Plein Cintura realizzata in fine pelle e caratterizzata da una fibbia metallica con il logo della maison. 306 Euro

replay Due T-shirt in una: da un lato toni melange e stampe geometriche vintage, dall’altro proclami irriverenti. 59 Euro

TOMMY HILFIGER Limited edition a sostegno di Breast Health International. Pelle al 100 %, con interno in gros-grain. 299 Euro

L’oreal Paris Collezione Miss Pop Colour Riche, dedicata ad Andy Warhol, ricca di nuovi colori brillanti ed ultra POP. 9,50 Euro

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STYLE / PRODOTTI

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NONò - ALMA DESIGN Innovativa sedia che prende spunto dal modo “informale” che hanno i giovani di sedersi. Alla mamma che vi dice “stai composto! ”potrete dire che con questa seduta siete legittimati a non farlo! 181 Euro

BESKOPE LAMP Lampada firmata dallo studio Evil Robot Design ed ispirata alla cultura Pop. La parte inferiore è una scultura composta tramite l’assemblamento di famosi Super Eroi giocattolo. Disponibile con vari personaggi. Prezzo s.r.

UNPACMAN - PSYHO Per chi ha nostalgia del passato arriva PACMAN apribottiglie. Dotato di grandi dentoni, non si ferma di fronte a nessun tappo. Ideale dunque se volete rimuginare sul passato degustando una bella birra. 7,40 Euro

GAME BOY COVER Se tenete in un cassetto il vostro vecchio Game Boy come se fosse una reliquia date un occhio qui: questa cover per iPhone riproduce fedelmente il nostro mitico compagno di giochi anni ‘90. Disponibile su www.giustoacaso.it. 9,99 Euro

CUCù BURANO - PROGETTI Il fascino del cucù è qualcosa di inspiegabile: di fatto riesce sempre a catturare l’attenzione. Questa versione svecchiata e colorata ha una caratteristica vincente: grazie ad un sensore a fotocellula si spegne con il buio. 305 Euro

HI-GEORGE - HI FUN Se siete ormai cresciuti ma siete rimasti dei teneroni, questo è l’oggetto che fa per voi. Hi- George è un orsacchiotto peluche che, avvolgendo nel suo caldo abbraccio il vostro iPhone, ne amplificherà i suoni. 29,90 Euro

LUNCH BOX LEGO Con i mattoncini Lego abbiamo fatto volare la nostra fantasia da piccoli. Oggi ne possiamo fare un uso diverso: ad esempio possiamo utilizzarli come contenitore per il pranzo. Disponibile su www.firebox.com. Da 11,80 Euro

TAPPETO - A/R STUDIO Alzi la mano chi non ha mai giocato a campana. Adesso non è più necessario aspettare che ci sia bel tempo per uscire a giocare. Grazie a questo tappeto lo si può fare direttamente in salotto. Iniziate ad invitare gli amici! 146 Euro

ANNA G. - ALESSI Dal 1994, anno della prima produzione, ad oggi, questo cavatappi ha fatto tantissima strada. é diventato così celebre da ispirare una collezione intera di oggetti per la tavola. E pensare che è dedicato ad una donna reale...! 59 Euro


SWING WITH THE PLANTS - DROOG DESIGN L’altalena è un oggetto che rimanda la nostra mente agli anni della giovinezza quando, senza pensieri e preoccupazioni, amavamo dondolarci per ore ed ore. Marcel Wanders la reinterpreta a modo suo e firma questo progetto per Droog Design. Swing With The Plants è un’altalena sia per interni sia per esterni, ma la vera caratteristica è che la seduta può essere riempita di terriccio così da far crescere dei rampicanti sulle corde rendendo l’aspetto ancora più fiabesco. che meraviglia! 299 Euro

dispenser caramelle - goolp Metà dei ragazzi nati negli anni ‘80 ha dovuto fare i conti con le carie per colpa di questi dispenser di dolciumi. Oggi però hanno dei sensori con i quali regolare il numero di caramelle da rilasciare ad ogni passata di mano. 34,70 Euro

UMBRELLA NEW - SELETTI Un portaombrelli originale che assomiglia più a un fumetto o a un’illustrazione. In realtà è bello consistente: realizzato in metallo serigrafato, è alto 54 cm ed ha una base quadrata di 22 cm di lato. 64 Euro

ATTITUDE CHAIR Il designer Newyorkese Deger Cengiz ha creato questa sedia. Notate uno strano supporto bianco? A cosa serve? Serve per poter dondolare tranquillamente senza rischiare di cadere. Ah, se l’avessimo avuta a scuola... 370 Euro

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WHAT’S NEW

AD UN PASSO DAL

CAPOLAVORO

Guidati dal geniale James Murphy, gli Arcade Fire fanno salire la temperatura svoltando verso suoni anni 80 a un passo dal dancefloor. Ma per gridare al capolavoro manca ancora qualcosa. di Stefano Gilardino - foto di Korey Richy

L

a prima cosa che pensi, mentre ti appresti ad ascoltare il nuovo album degli Arcade Fire, uno dei lavori più attesi di questo 2013, è che sarebbe bello avere a disposizione qualcosa di più di una tracklist e della consapevolezza della presenza di James Murphy (LCD Soundsystem) e Markus Dravs, già all’opera su Neon Bible e The Suburbs, come produttori. A dire la verità David Bowie ha confermato, tramite Facebook, di aver prestato la propria splendida voce per il singolo che dà il titolo all’intero album, un pezzo incredibile che aveva fatto immediatamente salire la febbre dei fan. Come sempre, però, tocca accontentarsi (si fa per dire…) dei due dischi – anche su CD sarà un doppio, non tanto per la lunghezza, quanto per la voglia di creare due ascolti differenti, come fosse un vinile – e di schiacciare play, per capire a che punto sia la parabola della band canadese. Di Reflektor, il pezzo, saprete ormai tutto, dalla partecipazione di Bowie, al video incredibile di Anton Corbijn con i cameo di Bono e Ben

Reflektor Universal

Stiller, fino alla produzione disco scintillante di Murphy, che pare aver trascinato i canadesi sul terreno caro ai suoi LCD Soundsystem. Il difficile, a questo punto, è non farsi prendere dall’entusiasmo ma, come spesso succede, ci pensano gli stessi Arcade Fire a smorzare gli entusiasmi con We Exist che, su una linea di basso alla Billie Jean, tenta di replicare l’atmosfera del precedente brano, senza però riuscire a catturare l’eccitamento di una pista da ballo. La stessa sorte tocca alla successiva Flashbulb Eyes e comincia a farsi strada la convinzione che i continui richiami a certi anni Ottanta – innegabili quelli ai Talking Heads più world di Remain In Light e al capolavoro My Life In The Bush Of Ghosts della coppia Byrne/Eno – siano uno degli elementi su cui andrà a poggiare Reflektor. La facile profezia viene confermata dall’eccellente Normal Person, finalmente all’altezza delle aspettative, che arriva dopo un classico alla A.F. come Here Comes The Night Time, più legato alle atmosfere che abbiamo conosciuto in Neon Bible e The Funeral. L’ec-

citazione per la svolta Eighties e ritmata continua con You Already Know, quasi swingante e dotata di un ritornello che si stampa subito in mente, e con Joan Of Arc, che parte quasi punk e poi si sviluppa come un bel mid tempo indie rock, con cantato in francese. Tempo di cambiare CD (o girare il vinile, vedete voi…) e Here Comes The Night Time II ci introduce in maniera soffusa – e anche un po’ inutile, a dirla tutta – a una serie di canzoni molto articolate, quasi tutte sui sei minuti di durata, con la band che flirta ancora in maniera evidente con i Talking Heads, come nel caso dell’ottima Afterlife, e si lascia contaminare dalle brillanti idee di Murphy in It’s Never Over (Oh Orpheus), il momento più alto del secondo disco. Il resto scorre tra il finale impalpabile di Supersymmetry, in odore di U2, il possibile singolo Porno, elettronico e coinvolgente, e Awful Sound (Oh, Euridice), ancora uno scampolo di passato. Promossi? Certamente, e anche con buoni voti. Capolavoro? Ancora no, purtroppo…

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MUSICA

ra un disco molto atteso, L’anima vola di Elisa. A tre anni dal precedente (Ivy) e a quattro da Heart, l’ultimo di inediti. Non solo, il nuovo lavoro della cantautrice friulana è il primo composto di soli inediti in italiano. Un passo che molti attendevano da quella che è forse la migliore voce femminile del panorama nazionale. Tante aspettative insomma, ma anche una sana curiosità. E probabilmente è proprio questo il problema principale dell’album: L’anima vola deve reggere - per un intero disco quel livello qualitativo assicurato da certi brani del passato. E non ci riesce, probabilmente per colpa di un’assoluta mancanza di varietà. Già con il primo brano, Lontano da qui, la cantante vuole dare una carica di energia positiva e mettere in chiaro che sarà un disco rock. Pagina bianca prosegue sulla stessa linea. Con il terzo pezzo però l’equilibrio non regge più: Un filo di seta negli abissi è una canzone da amore perduto, con risvolti metafisici, ma non convince. Ed è qui che la magia si interrompe, perché una volta usciti dal circolo di note mu-

ELISA

© Fabio Lovino

E

L’anima vola

(Sugar)

sicali e vocali ben combinate all’inizio, salta alle orecchie una considerazione: L’anima vola è un album troppo uguale a se stesso. Non ci sono canzoni che spicchino sulle altre, ma non tanto perché siano tutte bellissime, piuttosto perché si assomigliano molto. Poche le eccezioni, e solo parziali. Il brano che dà il titolo al disco ha un attacco alla Coldplay, ma poi non rispetta le promesse, mentre la collaborazione con Tiziano Ferro di E scopro cos’è la felicità si libera di un eccesso di armonizzazioni rock che aveva appesantito la prima metà dell’album. Sempre pop, ma davvero sotto le aspettative, è anche A modo tuo, canzone scritta da Ligabue per la collega (ma di certo sarà un tormentone perché è tra le poche molto orecchiabili). Persino Ancora qui, con musiche di Ennio Morricone, non riesce

di Ludovico Baggi

a creare nulla di davvero diverso. E la chiusura di Ecco che, scritta con Giuliano Sangiorgi, certifica quanto sentito: il disco non convince, tranne forse un paio di canzoni. Tutto troppo uguale e uniforme. Questa volta la magia della voce di Elisa non è stata sufficiente.

Micro-reviews Calibro 35 Traditori di tutti (Record Kicks)

Partendo dall’omonimo romanzo di Scerbanenco, la band ne inventa l’ideale colonna sonora, mischiando revival e innovazione. Traditori di tutti, ma non delle aspettative #poliziotteschi

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Emis Killa Mercurio (Carosello)

C’è tutto quello che ha fatto la fortuna del rapper di Vimercate: faccia tosta, suoni potenti e attitudine da #badboy. Se già lo amate, benvenuti. Altrimenti lasciate stare.

I Cani Glamour (42 Records)

Seconda prova per I Cani con le loro disincantate cronache di vita vissuta e di Roma Nord. La produzione si è addolcita mentre il cinismo, quello è sempre lo stesso #hipsteriaportamivia

James Blunt Moon Landing (Warner Music)

Messi da parte i ritornelli da stadio, l’ex marine torna a scrivere per se stesso e si riscopre folk, genuino e intimista. Un ritorno alle origini che fa felici i fan della prima ora #goodboy


C’

è una regola da tenere a mente quando si affronta l’ascolto di Mathangi Arulpragasam: zero compromessi. E non si parla di compromessi culturali (la musica di M.I.A. si basa da sempre su miscele sonore che vanno dalla world music all’hip-hop, dalle tradizioni all’elettronica spigolosa), ma attitudinali: la voglia di spiazzare è così spinta che finisce per dare vita a composizioni che all’orecchio meno allenato (o democratico) possono risultare gradevoli quanto il trillo di una sveglia dopo due ore di sonno. Anche il quarto album della poliedrica artista mette alla prova lo stomaco dell’ascoltatore medio, costretto a digerire passaggi repentini, soluzioni scomode e continui cambi di umore. La smisurata propensione all’eclettismo è evidente in pezzi come Warriors, Come Walk With Me (dove la melodia omaggia/copia Charmless Man dei Blur) e Attention: i tempi raddoppiano

I John NewmaN Tribute (Universal)

di Marco Rigamonti

V

come se niente fosse, i tagli vocali da elementi ritmici diventano parte integrante delle strutture dei brani, le piccole stonature si calano perfettamente nel ruolo e si trasformano in dettagli imprescindibili. Il lato più pop di M.I.A. risplende invece nella (relativamente) dolce Exodus, nell’andamento familiare del singolo Bad Girls (opera di Danja, stretto collaboratore di Timbaland) e nella tagliente vena hip-hop di Bring The Noise (con l’amico Switch alla produzione). Da menzionare anche il lavoro diligente del team olandese The Partysquad, che confeziona un ammaliante reggae mutante (Double Bubble Trouble) e un gustoso moonbahton (Y.A.L.A.). Matangi è un disco che si prende il rischio di sfidare il concetto di gusto, rifiutando di accomodarsi sui confortevoli binari del già sentito; la notizia è che spesso esce vincitore da questo duello - che è proprio quello che viene spontaneo chiedere a una figura rivoluzionaria come M.I.A..

ritmi funky di Robin Thicke, Bruno Mars e Daft Punk, la vena soul di John Legend e Justin Timberlake, l’hip-hop elegante di Drake (ma anche dell’ultimo Macklemore), il piglio oldschool house dei Disclosure; a quanto pare le classifiche di questi tempi stanno ritrovando una certa eleganza, che era andata perduta negli anni per via di una strana malattia che imponeva scontate contaminazioni dance in ogni dove. John Newman - britannico, classe 1990 - si allinea a questa tendenza, incasellando la sua voce dai tratti neri in arrangiamenti che fanno ampio uso di fiati e cori, emulando il soul che fu e trasportandolo alla nostra era. Il singolo Love Me Again lo conosciamo tutti, e nonostante non colpisca per innovazione rimane inevitabilmente appiccicato al cervello, caratteristica essenziale di un buon pezzo pop; l’impatto di Cheating (il secondo singolo) è meno devastante, ma conferma intenzioni e energia positiva. Va detto che

isto il momento non proprio entusiasmante della sua carriera solista - i livelli del suo passato sfarzoso paiono ormai irraggiungibili, anche se dal vivo i numeri sono ancora enormi - il buon Robbie Williams deve aver pensato di sfruttare di nuovo l’idea vincente utilizzata qualche anno fa per Swing When You’re Winning, che gli fruttò molte soddisfazioni, non ultima quella di duettare con la splendida Nicole Kidman. Ecco quindi apparire all’orizzonte Swing Both Ways, variazione sul tema convincente quanto la prima, giusto per chiarire, pur senza l’effetto sorpresa. Che la voce dell’ex Take That sia perfetta per questo genere di canzoni è innegabile, così come non sarebbe giusto dimenticare la sua abilità nel pennellare ballate perfette per le classifiche e per un pubblico medio (detto senza alcuna cattiveria, sia ben inteso). Così, a differenza dell’altro esperimento, questa volta Williams ha

M.I.A. Matangi (N.E.E.T / Interscope)

di Marco Rigamonti

la formula ha un che di ripetitivo: la maggioranza dei brani di Tribute mischia rhythm & blues e house (l’onnipresente piano che disegna giri ben noti, triti e ritriti ma sempre efficaci) con naturalezza, ma anche con una buona dose di prevedibilità. Mentre Try, Losing Sleep e Running si limitano a fare un bel copia e incolla dei singoli, escono leggermente dai binari i pezzi più lenti come Out Of My Head, Gold Dust e la conclusiva All I Need Is You, ottimi per spezzare la (pur pregevole) monotonia. Nella title-track che apre il disco si sente un acceleratissimo elenco di artisti che hanno influenzato Newman; non sono riuscito a captare tutti i nomi, ma mi chiedo se ci sia anche una menzione per Rudimental. Dopotutto se si sono accorti di John è anche merito del duo londinese drum & bass; andatevi a sentire l’audace Feel The Love (prima in Inghilterra, non considerata da noi).

deciso di coinvolgere il fido Guy Chambers e regalare ai fan qualche inedito di ottima fattura, primo fra tutti il singolo, Go Gentle, che siamo certi diventerà una hit. E non è tutto, perché l’opener Shine My Shoes, invero molto più soul che swing, è un altro brano vincente, mentre No One Likes A Fat Popstar dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, la sua verve da istrione. Detto ciò, il piatto forte arriva dai duetti, come sempre selezionati con cura: si va dalla canonica I Wan’na Be Like You con il suo erede Olly Murs a Swing Both Ways con Rufus Wainwright (uno degli episodi migliori, davvero riuscito), Dream A Little Dream con Lily Allen, Little Green Apples con Kelly Clarkson e, per finire, alla plasticosa Soda Pop, con l’insopportabile Michael Bublé. Il resto è fatto di evergreen paraculi come Puttin’ On The Ritz e Minnie The Moocher e altri inediti di buona fattura. Successo garantito, in pratica…

Robbie Williams Swing Both Ways (Universal)

di Guido Amari onstage novembre 67


L

CINEMA

e origini di Machete risalgono alla sua breve apparizione nel falso trailer che il regista Robert Rodriguez ha diretto nel 2007 per Grindhouse, il doppio film realizzato in collaborazione con Quentin Tarantino. L’idea di quel personaggio armato di coltello era stata concepita da Rodriguez ancor prima, durante la realizzazione di Desperado. Ne aveva parlato sul set con Danny Trejo fantasticando con l’attore latino-americano su quanto sarebbe stato figo trasformarlo in una specie di agente federale con la giacca di pelle foderata di armi bianche. Il falso trailer ha scatenato i fan che a quel punto non potevano essere delusi. Sulla scia del loro entusiasmo Rodriguez ha prodotto e diretto Machete nel 2010. Anche in questo caso il regista ha scherzato col pubblico inserendo alcuni titoli in coda al film che pubblicizzavano il ritorno del personaggio in altri due film, senza che ci fosse minimamente la storia né il progetto per farli. L’intenzione sì, quella a Rodriguez non è mai mancata e sono proprio l’ottimismo, l’ironia e il divertimento con cui crea il suo cinema a convincere chiunque. Stavolta Machete è reclutato dal presidente degli Stati Uniti per portare a termine una missione impossibile per qualsiasi comune mortale: eliminare un pazzo rivoluzionario, un eccentrico miliardario mercante di armi che ha

a cura di Antonio Bracco

Machete Kills deciso di diffondere guerra ed anarchia sul pianeta. Nonostante i budget siano quasi sempre low, Rodriguez coinvolge senza fatica personalità non raggiungibili e/o facilmente gestibili da tutti. Machete Kills annovera nientemeno che Lady Gaga al suo primo ruolo cinematografico, Mel Gibson al suo primo ruolo da cattivo e Charlie Sheen, accreditato nei titoli con un esilarante “e per la prima volta sullo schermo Carlo Estevez”, il suo vero nome. Le celebrità che dimostrano autoironia sono ben accolte e finisce per giovarne la loro stessa popolarità. In

critica pubblico USA, 2013, 107 min.

Il cast: Danny Trejo, Michelle Rodriguez, Mel Gibson, Antonio Banderas, Jessica Alba, Sofia Vergara, Amber Heard, Lady Gaga, Charlie Sheen Di Robert Rodriguez

fin dei conti prendono parte ad un film in cui compaiono una pistola a forma di pene e delle tette mitragliatrici.

Micro-reviews GRAVITY di Alfonso Cuarón (USA, 2013) George Clooney e Sandra Bullock sono due astronauti in missione nello spazio che tentano un #disperatoritorno verso la Terra dopo che il loro team è rimasto vittima dell’impatto con un meteorite.

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COSE NOSTRE - MALAVITA

di Luc Besson (FRANCIA, USA, 2013) I Manzoni vivono sotto la protezione dell’FBI, ma non riescono a liberarsi delle proprie abitudini mafiose per gestire la quotidianità. Robert De Niro fa la #caricatura di se stesso (consapevolmente).

DARK SKIES - OSCURE PRESENZE di Scott Stewart (USA, 2013) La vita della famiglia Barrett diventa un incubo da quando una terrificante presenza entra ogni notte in casa per rapire i loro figli. Terrore casalingo di #originealiena per questo horror low budget.

UNA PICCOLA IMPRESA MERIDIONALE

di Rocco Papaleo (ITALIA, 2013) Un faro dismesso diventa un #refugiumpeccatorum quando al suo interno vengono confinati un prete spretato, suo cognato cornuto e una ex prostituta, ben presto raggiunti da una ditta di ristrutturazioni.


THOR: THE DARK WORLD di Alan Taylor, USA, 2013

critica pubblico

Un po’ per amore, un po’ per senso di giustizia, Thor continua a combattere per salvare la Terra. Le motivazioni si fanno personali quando i Nove Regni, incluso il suo Asgard, sono minacciati da un oscuro nemico. Thor ha il compito di ristabilire l’ordine tra i pianeti, ma un’antica dinastia dominata dallo spietato Malekith minaccia di far ripiombare l’universo nell’oscurità. Affrontato da un nemico a cui nemmeno suo padre il dio Odino può opporsi, Thor deve intraprendere il viaggio più pericoloso ed introspettivo della sua vita che non solo lo ricongiungerà con Jane Foster, ma lo obbligherà ad avere nuovamente a che fare col fratellastro Loki e a sacrificare tutto per salvare l’universo intero. La storia si svolge un anno dopo gli eventi di The Avengers. Come d’abitudine per i film Marvel, meglio restare fino al termine dei titoli di coda. In 3D. Il Cast: Chris Hemsworth, Tom Hiddleston, Natalie Portman, Stellan Skarsgård, Idris Elba, Anthony Hopkins

PLANES

di Klay Hall, USA, 2013

Dai cieli sopra il mondo di Cars arriva una sorta di spin-off aereo pronto a sedurre nuovamente i giovani spettatori, prima al cinema poi con il merchandising. Planes è una commedia avventurosa che ha per protagonista Dusty, un piccolo aereo agricolo dal cuore grande e con un unico sogno: partecipare alle gare ad alta quota come aereo da competizione. Ma Dusty non è stato esattamente progettato per gareggiare e soffre di vertigini. Così si rivolge all’aviatore navale Skipper, che lo aiuta a prepararsi per sfidare Ripslinger, il campione in carica. Il coraggio di Dusty è messo a dura prova per raggiungere quelle altitudini alle quali non era mai arrivato prima. Nonostante i due film di Cars fossero prodotti da Disney e Pixar insieme, Planes è firmato soltanto dalla casa di Topolino ma sempre con John Lasseter alla produzione esecutiva. In 3D. Con le voci di: Gianluca Terranova, Gianfranco Mazzoni, John Peter Sloan, Micaela Ramazzotti

critica pubblico

IL TERZO TEMPO

di Enrico Maria Artale, ITALIA, 2013

critica pubblico

Il giovane Samuel, che ha frequentato spesso il riformatorio minorile, viene destinato ad un programma di reinserimento. Inizia così a lavorare nell’azienda agricola di un paese di provincia sotto la tutela di Vincenzo, un assistente sociale che dopo la morte della moglie fatica a trovare il proprio equilibrio. Samuel si adatta con difficoltà alle regole e ai nuovi ritmi, ha una vita sociale pressoché nulla e il suo rapporto con Vincenzo si rivela da subito problematico. Dopo avere aiutato Samuel a uscire indenne da una rissa, Vincenzo gli dà un’ultima possibilità di redimersi. Lui, allenatore della squadra di rugby ed ex giocatore di successo, intuisce le potenzialità sportive del ragazzo e lo convince a entrare nel team. Il cosiddetto “terzo tempo” del rugby è quell’incontro a fine match in cui giocatori e organizzatori socializzano. Il Cast: Lorenzo Richelmy, Stefano Cassetti, Stefania Rocca, Margherita Laterza, Edoardo Pesce, Franco Ravera, Pier Giorgio Bellocchio

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GAMES

a cura di Blueglue

Micro-reviews Assassin’s Creed IV: Black Flag (Xbox 360 –PS3 – Wii U – Xbox One – PS4) Puntando sull’aumento della libertà di esplorazione, il sesto capitolo della saga si supera: e questa volta nei panni di Edward Kenway si sgozzano pirati che è un piacere. #sonountemibilepirata #vaidilamacelata

Batman: Arkham Origins I vagiti del Pipistrello

Beyond: Two Souls

(PS3) Ellen Page e Willem Defoe prestano i volti al nuovo “film interattivo” di David Cage; pur non raggiungendo Heavy Rain in termini di libertà decisionale e plot narrativo, resta una perla. #interactivedrama

I primi passi del Cavaliere Oscuro, tra gangster e poliziotti corrotti Produttore: Warner Bros. Montreal Genere: Azione Disponibile per: Xbox 360 / PS3 / Wii U

è

la vigilia di Natale a Gotham City, e un Bruce Wayne ancora giovane e poco esperto non ha la minima idea di quello che sta per accadergli; il perfido Maschera Nera sguinzaglia otto killer, pronti a tutto pur di interrompere l’attività di “vigilante indipendente” del nostro eroe. Un episodio di questa portata condurrà all’inevitabile maturazione del paladino mascherato, costretto a vedersela con criminali ben più impegnativi di quelli affrontati fino ad ora. Tra i tantissimi personaggi DC che incroceremo nel corso dell’avventura citiamo Joker, Pinguino, Bane e Killer Croc; ma non dimentichiamoci anche della controparte “buona”, rappresentata dal capitano Gordon e da sua figlia Barbara, dal capo degli SWAT Branden e dal commissario corrotto Loeb. Mantenendo saldi i meccanismi che hanno caratterizzato Asylum e City, Arkham Origins si presenta (bene) in tutta la sua familiarità: visuale in terza persona, combattimenti basati sul tempismo e sui contrattacchi, missioni stealth (anche dette

70 onstage novembre

Final Fantasy XIV: A Realm Reborn

“predatore”), possibilità di vagare per Gotham City alla ricerca di eventi secondari e tonnellate di gadget ad arricchire l’esperienza ludica. Non mancano anche le mitiche prove dell’enigmista, mentre sono una novità le fasi investigative – dove grazie alla visuale detective saremmo in grado di controllare il tempo, riavvolgendolo per andare a scoprire importanti dettagli appartenenti alla scena del crimine. Gli eventi della trama principale (profonda e accattivante) si susseguono con un indovinato equilibrio tra azione ed esplorazione: la campagna si affronta in una decina abbondante di ore, ma una volta terminata rimangono ettari di Gotham da esplorare (sia in orizzontale che in verticale) e valanghe di compiti secondari da svolgere. Qualcuno pensava che questo sarebbe stato un episodio di transizione, dato che Rocksteady ha altro per la testa e Arkham Origins è stato gestito internamente da Warner; fortunatamente possiamo affermare con certezza che quel qualcuno si sbagliava – il terzo Batman merita eccome.

(PS3) All’alba del 2014, finalmente un Massively Multiplayer Online Game come si deve su console; a parte qualche inevitabile carenza tecnica, la versione PS3 ha ben poco da invidiare a quella PC. #mmosenzamouse

WWE 2K14

(Xbox 360 – PS3) 2K Games rileva la scomparsa THQ e opta per un prezioso lavoro di rifinitura, migliorando giocabilità e contenuti e cancellando le ansie dei fan che temevano un prodotto senz’anima. #showtime #bottedaorbi



HI-TECH

Benvenuta! ONSTAGE RADIO di Gianni Olfeni

HOT

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Avete mai ascoltato una digital radio che trasmette solo musica live? Anticipiamo la vostra risposta: no! Onstage Radio è il primo progetto radiofonico digitale interamente costruito intorno alla musica live. Cliccando play accederete al nostro mondo: i concerti. La selezione musicale, curata da Daniele Tognacca (Radio Deejay, Virgin Radio e altre nel suo curriculum), vi farà rivivere le emozioni dei grandi live di artisti italiani e internazionali 24 ore su 24. 72 onstage novembre

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COMING SOON

LAURA PAUSINI

20 ANNI DI STORIA

è

il 1993, Laura è maggiorenne da qualche mese. Sale sul palco di Sanremo presentata da Pippo Baudo e Lorella Cuccarini, con una lunga giacca bianca in perfetto stile anni ‘90 e capelli cotonati. Canta La solitudine. Da quel momento, gli occhi puntati su di lei non hanno più sbattuto le ciglia, spalancati e vigili per seguire la carriera in continua ascesa di una voce profonda e genuina. Sono passati vent’anni da quando Laura Pausini ha vinto quel Festival, un tempo più che sufficiente per consacrarsi ben oltre i nostri confini. Acclamata in Italia, la cantante romagnola riscuote grande consenso anche all’estero, soprattutto in Europa e in America Latina. Raggiunge successi e ottiene prestigiosi riconoscimenti come i World Music Award, solo uno tra i tantissimi premi vinti in carriera. Artista instancabile, riesce a mantenere la sua vita personale e artistica sempre in grazioso equilibrio. Perchè Laura

*

CALENDARIO CONCERTI

di Marta Stone

è serena ed entusiasta, grintosa ed elegante. In tutto questo non manca l’impegno nel sociale: con Amiche per l’Abruzzo a San Siro dopo il terremoto a L’Aquila o, quest’anno, a The Sound Of Change a Londra voluto da Gucci al Twickenham Stadium (sul palco insieme a Beyoncé e Timbaland per cinquantamila e rotti partecipanti e oltre un miliardo di telespettatori). Il 2013 suggella una sorta di nuova fase della sua vita: a febbraio arriva la figlia Paola ed ora un album 20 - Greatest Hits e il tour The Greatest Hits World Tour 2013-2014. Il disco uscirà il 12 novembre in tutto il mondo ed è stato anticipato dal singolo Limpido che ospita il duetto con Kylie Minogue. La tournée, invece, partirà l’8 dicembre da Roma e la vedrà impegnata per 22 date fino a marzo 2014. Così Laura Pausini festeggia venti anni di carriera: portando sui palchi di tutto il mondo i brani che l’hanno resa famosa e scegliendo spazi e scenografie che riescano a rafforzare ancora di più la speciale sinergia che la lega ai suoi fan. Ah, ha scelto di nuovo una giacca bianca.

dicembre

Alessandra Amoroso 03/12 Milano 05/12 Roma

Biffy Clyro 06/12 Trezzo (MI) 07/12 Bologna Claudio Baglioni 20/12 Padova 21/12 Padova 22/12 Padova 25/12 Roma 26/12 Roma 27/12 Roma Dargen D’Amico e Andrea Nardinocchi 13/12 Roma 19/12 Torino 21/12 Milano 22/12 Napoli Gemelli Diversi 02/12 Milano I Cani 04/12 Roma 05/12 Roma 06/12 Firenze 12/12 Milano 13/12 Bologna 14/12 Bari Jake Bugg 04/12 Milano Levante 03/12 Milano 05/12 Genova 06/12 Albenga (SV) 07/12 Torino 11/12 Roma 12/12 Civitanova (MC) 13/12 Perugia 14/12 Napoli 19/12 Firenze 20/12 Parma

74 onstage novembre

Mario Biondi 02/12 Varese 03/12 Firenze 05/12 Parma 06/12 Udine 07/12 Padova 10/12 Torino 13/12 Milano 14/12 Milano 16/12 Bologna 17/12 Trento 19/12 Livorno 23/12 Genova Max Pezzali 01/12 Conegliano (TV) 03/12 Verona 05/12 Perugia 06/12 Ancona 08/12 Acireale (CT) 10/12 Napoli 12/12 Livorno 14/12 Torino Negramaro 03/12 Eboli (SA) 05/12 Caserta 07/12 Acireale (CT) Negrita 02/12 Milano 03/12 Modena 04/12 Asti Renato Zero 13/12 Pesaro 14/12 Pesaro 16/12 Roma 18/12 Roma 19/12 Roma 21/12 Roma 22/12 Roma Tricky 05/12 Roma 06/12 Marghera (VE) 07/12 Rimini



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