e d i t o r i a le di Daniele Salomone
@DanieleSalomone
I
l finanziamento pubblico all’editoria era un tema caldo già l’anno scorso, con i tagli del Governo di Mario Monti, ma la campagna elettorale e la successiva affermazione del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo hanno reso la temperatura rovente. In realtà l’ex comico genovese punta il dito sulla questione fin dal 2008, quando raccolse 1.300.000 firme (con il secondo V-Day) per indire un referendum abrogativo sui contributi pubblici ai giornali - più Ordine dei giornalisti e legge Gasparri. Riassumendo la posizione di Grillo, se il Parlamento concede soldi pubblici ai giornali, questi non sono liberi di esercitare la funzione di controllo che è propria dell’informazione perché dal Parlamento dipende la loro sopravvivenza. Col rischio che diventino house organ di partito, quando già non lo sono per ragione sociale - una fetta consistente della torta è erogata sottoforma di “contributi per testate organi di partiti o movimenti politici”. Eliminare i finanziamenti, secondo il leader del M5S, significa spezzare il cordone ombelicale che lega l’editoria ai palazzi della politica, a beneficio di un’informazione davvero indipendente. Non solo: significa mettere tutti gli editori nella condizione di competere ad armi pari, evitando di avvantaggiare chi ha una forma - come le cooperative di giornalisti - che consente di accedere al finanziamento. La legge che regola i contributi pubblici agli editori trova il suo presupposto nell’articolo 21 della Costituzione: si afferma la libertà di manifestare il pensiero come diritto. E fra tutti i possibili mezzi attraverso cui il pensiero può essere espresso e divulgato, dice la Corte Costituzionale, è particolarmente considerata la stampa come «mezzo di diffusione tradizionale e tuttora insostituibile ai fini dell’informazione dei cittadini e quindi della formazione di una pubblica opinione avvertita e consapevole». Benissimo. Ma è un principio che a 70 anni dal suo concepimento si dimostra obsoleto. Tant’è vero che abbiamo il risultato contrario: l’ultimo rapporto di “Reporter Senza Frontiere” piazza l’Italia al 57esimo posto in quanto a libertà di stampa, dietro a Botswana e Niger. Eliminando il finanziamento pubblico, sono gli editori a essere in pericolo, non la libertà di pensiero degli Italiani. Sono le aziende e i
giornalisti che rischiano, non la pubblica opinione, che oggi ha infiniti mezzi di espressione grazie alla Rete. Certo, l’occupazione nel settore è una questione importante, ma lo Stato dovrebbe sostenere l’editoria e i suoi lavoratori così come tutte le altre categorie. E se anche l’informazione meritasse un trattamento particolare per il delicato ruolo che svolge all’interno della democrazia, devono cambiare le regole del gioco: non più erogazione di fondi solo per le realtà che riescono ad accedervi ma misure di sostegno all’innovazione, sgravi sugli investimenti e l’assunzione di giornalisti, supporto per i sistemi a basso impatto ambientale. Progresso, non conservazione. Merito, non favori. Concorrenza, non assistenzialismo. Che siano gli editori a sviluppare modelli economicamente sostenibili e i lettori/ascoltatori a determinarne il successo. La società editrice di Onstage non ha mai ricevuto alcuna agevolazione da parte dello Stato. Nonostante la quasi totalità dei soci avesse meno di 30 anni (l’A.D. non ne aveva ancora 26) quando l’avventura è cominciata nel 2007, nonostante avesse immesso sul mercato un prodotto - mensile gratuito distribuito ai concerti - che non esisteva. Non ha ottenuto alcuna agevolazione nei successivi sei anni, nonostante abbia creato lavoro per molte persone, sia direttamente che indirettamente. Nonostante i resi siano lo 0% dello stampato (ogni singola copia finisce nelle mani di un lettore), con evidenti benefici in termini di riduzione degli sprechi. Non ha goduto di nessuna agevolazione neanche adesso che abbiamo rivoluzionato il prodotto cambiando forma e utilizzando carta riciclata al 100% (esclusa la copertina perchè i costi sarebbero diventati insostenibili). Neanche adesso, cioè, che continua a investire e dare lavoro a molte persone - compreso il sottoscritto - in un momento di netta contrazione del mercato pubblicitario. Non chiediamo aiuti allo Stato. Non li vogliamo. Pensiamo sia giusto andare avanti se ci premiano i lettori, apprezzando il risultato del nostro lavoro, e i nostri partner commerciali, considerando Onstage un prodotto intelligente su cui investire. Ma pretendiamo che lo Stato si occupi di editoria sostenendo le realtà virtuose invece di chi si sottrae al dovere di competere lealmente in un mercato reale.
onstage marzo 07
34
INDICE MARZO 2013 N°59
40
34
EROS RAMAZZOTTI
↘
Comincia il NOI World Tour 2013 del cantante romano. L’ennesimo successo annunciato.
↘
40
NEGRITA
Primo tour acustico in carriera ed ennesimo successo. Pau, Drigo e Mac ci raccontano tutto.
↘
46
LITFIBA
46
Piero e Ghigo tornano insieme nel 2009. Inizio ok poi prime difficoltà: ora la reunion perfetta.
50
JUSTIN BIEBER
↘
Può il successo destabilizzare un teen idol di 18 anni? A giudicare dagli ultimi episodi, sì.
54
MUMFORD & SONS
↘
50
Un Grammy, grandi risultati di vendite, critica entusiasta. Qual è il segreto del gruppo inglese?
59
Style
↘
Anche la moda comincia finalmente a interessarsi di sostenibilità ambientale: guida allo stile green.
54
59 08 onstage marzo
FEEL GREEN, FEEL GOOD!
INDICE
Face to face
29
↘ BAUSTELLE
Numbers
Onstage radio solo musica live
31
33
Jukebox
CLAUDIA GERINI
GIOVANNI ALLEVI
↘
Apriamo il magazine con uno sguardo attento e interessato su musica, libri, cinema, cultura.
19
OCA
24
LINEA 77
23
HURTS
20
I MINISTRI
Ci sono argomenti che senza numeri non possono essere compresi fino in fondo. E noi li diamo, questi benedetti numeri.
l’era dello streaming
26
What’s New NASCE LA DIGITAL RADIO DI ONSTAGE! Tenetevi forte. Sta per nascere la prima digital radio che trasmette solo musica live, 24 ore su 24. Onstage Radio comincia le sue trasmissioni ad aprile (presto comunicheremo il giorno esatto del lancio) e sarà disponibile, oltre che sul sito di Onstage e su quelli dei nostri partner, come app gratuita da scaricare su tablet e smartphone. Tutte le info a pagina 72.
↘ ↘
Cosa c’è di nuovo e interessante, ogni mese, ve lo diciamo noi. Album, film e games in uscita, puntualmente recensiti.
65
musica
68
cinema
70
games
72
ONSTAGE RADIO
Coming Soon
↘
Il calendario concerti del prossimo mese e un focus sull’artista più importante tra quelli di cui ci occuperemo ad aprile.
74 GIANNA NANNINI www.facebook.com/onstageweb @ONSTAGEmagazine
↘ Onstageweb.com Negrita: il backstage del tour Unplugged 2013 In occasione dell’intervista realizzata per questo numero di Onstage, abbiamo passato un pomeriggio con i Negrita, in quel di Varese. Ne abbiamo ricavato un video con le immagini del concerto - oltre che della chiacchierata con Pau, Drigo e Mac - e
10 onstage marzo
tante foto. Delle prove, dell’intervista stessa, del concerto e dei momenti di cazzeggio nei camerini. Le trovate sul nostro sito, insieme agli altri photo report di concerti che pubblichiamo quotidianamente, alle recensioni e alle news. Fatevi un giro!
OSPITI MARZO 2013
Tommaso Riva
Rebecca Miller
Nicolas Guérin
Fotografo e music lover. Sempre in compagnia del suo 50mm e del fidato cappello, prima di dedicarsi alla fotografia si è erroneamente laureto in economia a Milano. Ha fotografato per noi i Negrita.
Moda, pubblicità, musica, ritratti. È ampio il campo dell’inglese di Londra, fotografa “joining the digital devolution” (dice il suo profilo Twitter). Le foto dei Mumford&Sons in questo numero sono sue.
Vive vicino Parigi e ama fotografare vecchi attori o donne nude (è scritto nella sua bio). Ma si trova bene anche con i musicisti: ha ritratto Eros Ramazzotti nelle foto che vedete su Onstage marzo.
Charlie Rapino
Andrea Bariselli
Stefano Verderi
Virginia Varinelli
Emigrando in Inghilterra ha trovato l’America (ma pure in Italia partecipando ad Amici come coach). Produttore dance e pop, da due anni butta benzina sul fuoco per noi dalla sua roccaforte: Londra.
Ideatore di RicetteRock.com, musicista, produttore, manager, editore. Ci racconta le sue innumerevoli esperienze con artisti e band a cui dedica succulenti piatti pensati ad rock. Altro che MasterChef!
“The Wizard” è il chitarrista de Le Vibrazioni. Diplomato al Musicians Institute di Los Angeles, ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affascinanti suggestioni retrò.
Fashion blogger tra le più attive del world wide web, Didi ha cominciato a scrivere di moda nel 2011, quando ha fondato il blog The Ugly Truth Of V (.com). Da quest’anno, cura la nostra sezione Style.
Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007 Direttore responsabile Emanuele Vescovo info@onstageweb.com Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com Ufficio grafico Eros Pasi e.pasi@onstageweb.com Giulia Vidali g.vidali@onstageweb.com Redazione Francesca Vuotto f.vuotto@onstageweb.com Tommaso Cazzorla t.cazzorla@onstageweb.com
12 onstage marzo
Hanno collaborato Guido Amari, Antonio Bracco, Blueglue, Jacopo Casati, Antonella Frezza, Stefano Gilardino, Alvise Losi, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Simona Voglino.
Ufficio commerciale Eileen Casieri e.casieri@onstageweb.com Marianna Maino m.maino@onstageweb.com Mattia Sbriziolo m.sbriziolo@onstageweb.com
Direttore marketing Luca Seminerio l.seminerio@onstageweb.com
Distribuzione e logistica Laura Cassetti l.cassetti@onstageweb.com
Direttore commerciale Francesco Ferrari f.ferrari@onstageweb.com
Concessionaria per la pubblicità Areaconcerti srl via Carlo De Angeli 3 20141 Milano Tel. 02.533558
Direttore amministrativo Mario Vescovo m.vescovo@onstageweb.com
Filiale di Roma Paola Marullo p.marullo@onstageweb.com
Pubblicità Triveneto Everest ADV Viale Delle Industrie 13, Limena (PD) tommaso.perandin@everlastadv.it Pubblicità Toscana e Umbria Sara Moretti s.moretti@onstageweb.com Stampa Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI) Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl via Carlo De Angeli 3 20141 Milano Tel. 02.533558 info@areaconcerti.it
LA TERRA È UN RICORDO PER CUI VALE LA PENA COMBATTERE
D A L
R E G I S TA
D I
TRON: LEGACY
DA GIOVEDÌ 11 APRILE AL CINEMA w w w. o b l i v i o n - i l f i l m . i t
/o b l i v i o n i T
/o b l i v i o n i T IMAX® IS A REGISTERED TRADEMARK OF IMAX CORPORATION
12 mesi
senza Lucio Dalla. L’artista bolognese se n’è andato il primo giorno di marzo 2012. La notizia della sua morte ha sconvolto l’Italia, che si è scoperta innamorata del suo piccolo, grande, anzi immenso genio più di quanto immaginasse. Ha lasciato un vuoto enorme, Lucio, dentro al quale non ci possono stare altro che le sue canzoni. (foto di Roberto Panucci)
40 anni
fa uscivaThe Dark Side Of The Moon, capolavoro dei Pink Floyd pubblicato l’1 marzo negli Usa (il 24 in Europa). Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright pubblicizzarono l’album mesi prima di registrarlo agli Abbey Road Studios di Londra. Avevano ideato il concept nel biennio precedente, speso in tour dopo l’uscita di Meddle. (foto di Storm Thorgerson)
EL DESEO PRESENTA UN FILM DI ALMODÓVAR
Antonio de lA torre Hugo SilvA Miguel Ángel SilveStre lAyA MArtí JAvier CÁMArA CArloS AreCeS rAÚl ArÉvAlo JoSÉ MAríA yAzpik guillerMo toledo JoSÉ luiS torriJo lolA dueñAS CeCiliA rotH BlAnCA SuÁrez IN ORDINE DI APPARIzIONE
produttore AguStín AlModÓvAr prodotto da eStHer gArCíA musiche di AlBerto igleSiAS montaggio di JoSÉ SAlCedo direttore della fotografía JoSÉ luiS AlCAine
ScRITTO E DIRETTO DA pedro AlModÓvAr wARNERbROS.IT
FAcEbOOk.cOM/GLIAMANTIPASSEGGERI
*
JUKEBOX
IL SOGNO dell’OCA Nella zona di Milano celebre per il Fuorisalone, ha ripreso a pulsare il cuore delle ex Officine Ansaldo. Un progetto firmato dal Comune e da Barley Arts le ha trasformate in centro di aggregazione, cultura e intrattenimento. di Francesca Vuotto
C
’era una volta. È proprio così che inizia la storia recente delle ex Officine Ansaldo di Milano. Una storia che ha tutto il sapore di una favola. C’era una volta un Comune (quello di Milano) che aveva un’area di 7000 mq che giaceva inutilizzata, in una zona centrale e vivace del suo territorio. E poi c’era un’agenzia di promozione e organizzazione di eventi con una lunga esperienza (la Barley Arts di Claudio Trotta) che aveva tante idee e voglia di portare una ventata di novità e qualità in città. E infine c’erano tanti abitanti di ogni età (i milanesi), un po’ abbattuti per la mancanza di un posto in cui condividere le loro passioni e interessi, un posto che sognavano di avere a due passi da casa. Un bel giorno i primi due protagonisti del nostro racconto s’incontrano e insieme fanno diventare realtà il sogno dei terzi. è nato così Officine Creative Ansaldo (OCA), il progetto dell’Assessorato alla Cultura Moda e Design per il recupero dell’ex area industriale, che fino a maggio 2013 è stato dato in concessione a Barley Arts per la realizzazione di attività e appuntamenti dedicati ai cittadini. «Io sono ben felice che questa città abbia una visione per farci sentire meno lontani dagli altri Paesi rispetto a quello che sono soliti fare i nostri governanti. Basta andare in una qualsiasi capitale europea per capire quanto uno spazio del genere sia la norma, mentre
qui è una grandissima novità» ha detto Trot- che lo spettacolo teatrale Anna Politkovskaia ta. Così, in via Tortona 54 potete ogni gior- in memoriam, dedicato alla giornalista russa no mangiare un boccone, fare un giro tra gli assassinata nel 2006. Alle Officine si può discutere, visitare, scaffali di una libreria, assistere ad uno spettacolo teatrale, ascoltare un buon concerto, ascoltare, sperimentare, vivere l’arte e la culammirare le opere di giovani artisti, parteci- tura a 360 gradi: non ha esagerato il numepare a laboratori creativi, comprarvi proprio quel vinile che cercavate da un po’. E potrete «All’estero uno spazio del genere è la andarci con tutta la famiglia, norma, qui una grandissima novità. Ma va perché le attività sono rivolte bene così» Claudio Trotta (Barley Arts) non solo ai giovani, ma anche ad adulti e bambini. Per questo mese vi segnaliamo Qualcuno era... Giorgio Gaber - mostra che inaugura ro uno di Barley quando le ha definite “un l’8 marzo e omaggia il Signor G nel decimo miracolo a Milano” prendendo in prestito il anno dalla sua scomparsa - e il ciclo di dibat- titolo del film di De Sica. Un miracolo che titi che dal 4 al 9 cercheranno di dare testi- oltretutto non ha costi elevati per la comumonianza e sensibilizzare contro la violenza nità, cosa che non guasta di questi tempi. E sulle donne e sui minori, e che includono an- vissero tutti felici e contenti.
onstage marzo 19
JUKEBOX
Di Charlie Rapino
IL FUTURO NON è SCRITTO
© Paolo Proserpio
I Ministri tornano a deliziarci con un nuovo disco, Per un passato migliore, che punta sulla semplicità e sull’impatto delle canzoni. Ce ne parla il chitarrista Federico Dragogna durante una pausa dalle prove del tour (che parte a marzo) di Stefano Gilardino
N
on fatevi trarre in inganno dal tito- brani migliori del lotto. «Ci abbiamo ripenlo dell’album, qui di “retromania” sato all’ultimo, non volevamo che si potesse c’è solo quella che riguarda certe pensare al titolo senza prima aver sentito un influenze, ma per il resto il lavoro è una pezzo che spiega la nostra posizione, ovvero riflessione sulle proprie radici e su quanto quella di una band che si è sempre sentita siano importanti. «Hai centrato il punto, fuori da qualunque contesto, sia a livello noi siamo molto felici e orgogliosi del no- musicale che personale. Ci sono riferimenti stro passato, è ciò che ha creato i Ministri di anche politici, ma la nostra pista anarchica è oggi e vogliamo celebrarlo con un disco che quella che ci consente di esistere al di fuori ci riporta ad atmosfere dirette e semplici delle regole e delle convenzioni». E se i testi restano uno dei punti di forcome quelle dei nostri inizi. Dopo alcuni esperimenti, anche molto interessanti, come za dei Ministri, mai come questa volta la quelli del precedente disco, Fuori, ci siamo musica ci pare così perfetta. «Non abbiamo imposti un capitolo che si basasse solamente su chitarra, basso e batteria, senza altre aggiunte. Ci siamo «Ci sono riferimenti anche politici, ma la nostra pista anarchica è quella avvalsi della preziosa collaborazione che ci consente di esistere al di fuori di un amico, Tommaso Colliva delle regole e delle convenzioni» produttore eccellente, tecnico del suono e membro dei Calibro 35 - e chiusi in sala prove per mesi interi a provare i pezzi fino allo sfinimento. La registrazione è filata via liscia, senza intoppi, e ora siamo anche prontissimi per i concerti. Per la prima volta in vita nostra sappiamo i pezzi a memoria ancora prima di iniziare». Inizialmente il disco si sarebbe dovuto chiamare La pista anarchica, come uno dei
20 onstage marzo
mai sopportato la musica rock italiana, quindi abbiamo sempre cercato di ragionare in maniera differente. Vogliamo che la nostra band possa suonare internazionale ed essere valida al di là dei testi in lingua madre e proprio per questo abbiamo puntato su un lavoro diretto e potente».
*
LONDON CALLING
Sexy Brat at the Brits
(pensando a David Bowie)
A
gli albioni non sta bene niente. Ed è per questo che trionfano sempre. Suppongo la chiave del successo stia nel loro snobismo genetico: lamentarsi di quel che si fa per migliorare. Non sono contenti di detenere ora il 40% del mercato musicale statunitense, di essere il centro del mondo creativo e di celebrarlo ai Brit Awards, l’equivalente dei Grammys. A proposito, ai Brits c’erano tutti gli americani, a partire da Jay Z. Sono al quarto Martini e il Briggsy salta su dicendomi: «A bit dull, don’t you think, Charles?». Un po’ moscio? A me sembra un capolavoro, sono appena tornato da Sanremo! C’è Taylor Swift. Ho sempre pensato che avesse molto talento. Così sbarbina, così midwest, delicata. Ma ora, oooooh! Si è svegliata con un nuovo singolo, Trouble e… Sei in una marea di casini, baby. Piaceresti al vecchio Serge col tuo aspetto da mocciosa viziata. Nulla di meglio di una gamine che diventa donna e scopre il potenziale offensivo della propria sessualità, con il singolo giusto alla Rapino pieno di “hi hi hi oooh aaaah”, una spectorata pazzesca (nel senso di Phil Spector), con un bridge lungo un’eternità e quel “trouble” pronunciato con la “o” stretta. Oh yes, this is putrid pop! Incrocio Robbie Williams in completo blue vomit: «Non vedo l’ora che tocchi a me» ammiccando alla Swift. Ai Brits il top sono gli aftershow. Al party della Sony, il migliore, incontro Alan, l’eminenza grigia di Bowie: mi parla del nuovo singolo del Duca. Ammetto che mi ha dato quasi fastidio che se ne sia uscito con un singolo ed un album: mi piaceva il fatto che non si fosse accodato alla transumanza dei relitti che fanno reunion tours, comeback, etc etc... Per me era meglio rimanere attaccati alla nostalgia dei suoi lavori, una rivoluzione culturale. Come i Beach Boys stavano al surf ed alla California, Bowie stava alla mia nevrosi mitteleuropea. Però poi ho scoperto che il singolo racchiude quella nostalgia. In poche parole Bowie sa benissimo di invecchiare e se ne fotte! C’è da capire come ho fatto a iniziare con la Swift e finire con Bowie. Ma del resto cercate di capirmi è roba da Repubblica... roba da democrazia!
JUKEBOX
LETTERATURA GOES SOCIAL Marcello Marabotti firma 9L, il primo social thriller digitale che coinvolge i lettori. SENZA EDITORI TRADIZIONALI.
N
ell’era della lettura veloce imposta da social network e blog, la letteratura è stata data per spacciata o vista come un combattente in lotta per la sopravvivenza. In realtà c’è una terza possibilità, che la vede collaborare con i suoi “nemici” e a cui ha pensato il nostro Marcello Marabotti, per due anni redattore di Onstage. «In un mondo in cui la cultura è costantemente presa a calci e la tecnologia corre più veloce della luce, la mia letteratura aveva bisogno di un nuovo codice» racconta. Esce così l’11 marzo il suo 9L, il primo thriller social della storia, che ha per protagonista un serial killer e 9 ragazze. Ogni giorno, per 54 giorni, sul social di scrittura 20lin.es saranno postate 20 righe di testo, di cui tutti potranno scrivere il seguito, partendo dalle ultime o da quelle uscite nei giorni precedenti. E non è tutto, perché l’interfaccia grafica coinvolgerà il lettore-scrittore anche su altri livelli, moltiplicando ancor più il numero delle storie che verranno raccontate. Siete pronti a scrivere la vostra? F.V.
HOT LIST
INDIE CHE? Arcana ha pubblicato Riserva Indipendente, ottimo libro di Francesco Bommartini sui cambiamenti che interessano la scena musicale indipendente italiana
Q
uante volte leggendo la presentazione di un libro vi siete imbattuti nella definizione di “fotografia” o “istantanea” di una situazione? Innumerevoli, di sicuro. Ecco, questa è l’ennesima, ma vi garantiamo che è diverso. Perchè le pagine di Riserva Indipendente di Francesco Bommartini (Arcana Edizioni) trascrivono nero su bianco quello che è successo alla musica indipendente italiana negli Anni Zero, attraverso 18 interviste veraci – arricchite dagli interventi di altri protagonisti della scena - “raccolte a ritmo serrato tra aprile e dicembre 2012, per cogliere l’attimo prima che cambiasse lo scenario, prima ancora
22 onstage marzo
di avere un editore che le pubblicasse” ci ha raccontato Francesco. I Ministri, Dente, Verdena, Tre Allegri Ragazzi Morti, Il Teatro degli Orrori, Perturbazione, I Cani sono solo alcuni di coloro che insieme all’autore hanno riflettuto sullo sdoganamento (mediatico e non solo) dell’indie, e sugli scenari futuri che gli si prospettano davanti. Facendo anche un po’ di sana autocritica, che è sempre segno di lucidità e maturità. Ne è uscita non una sterile analisi, ma un quadro genuino che Bommartini sta facendo conoscere anche attraverso una serie di incontri e presentazioni (il calendario aggiornato sulla pagina Facebook RiservaIndipendente). F.V.
I 10 brani più ascoltati in redazione durante la lavorazione di questo numero Baustelle La morte (non esiste più) (Fantasma, 2013) Mumford&Sons Lover Of The Light (Babel, 2012) Curtis Mayfield Move On Up (Curtis, 1970) The Lumineers Ho Hey (The Lumineers, 2012) Andrea Nardinocchi Storia impossibile (Il momento perfetto, 2013) Led Zeppelin Kashmir (Physical Graffiti, 1975) Soldout 94 (More, 2013) David Bowie Where Are We Now? (The Next Day, 2013) Atoms For Peace Before Your Very Eyes... (Amok, 2013) Yo La Tengo Is That Enough? (Fade, 2013)
di Stefano Verderi
MALINCONIA è BELLO
© Laurence Ellis
gli Hurts pubblicano il nuovo album Exile e arrivano in concerto in Italia (a Milano il 25). Theo Hutchcraft ci ha parlato del disco, MALINCONICO COME IL PRECEDENTE MA PIù SPERIMENTALE di Marco Rigamonti
C
os’è successo nei 2 anni e mezzo che non l’abbiamo fatto consapevolmente. Sento anche qualche richiamo a Muse e dopo l’uscita di Happiness? Siamo stati in tour a lungo ed è stato Coldplay. fantastico, ma anche difficile. Il giorno dopo Sono due band che stimiamo. Scrivono il nostro ultimo live del 2011 siamo andati in splendide canzoni pop, quello che tentiamo di fare anche noi. studio e ci siamo rimasti un anno. Tu e Adam avete contrasti? Mi dicesti che Happiness era malinconico perché figlio di un periodo difficile. Ora Parlando di musica non litighiamo mai. Posavete successo, ma Exile ha lo stesso mood. siamo avere idee differenti, ma evitiamo acLa nostra musica è così. Ci piacciono i pez- curatamente inutili scontri. è giusto considerare Exile un punto di zi struggenti e ci viene naturale scriverli. Ma abbiamo anche provato a esprimere nuove svolta nella vostra carriera? emozioni. La chiave di Exile sta proprio nel Non direi, anche se ci sono novità. Alcuni pezzi si avvicinano al primo lavoro, altri ne cercare nuove strade. prendono le distanze. Davanti a noi abbiamo È cambiato il modo di comporre? Happiness usciva da session di piano e voce. Questa volta sapevamo di poterci prendere qualche rischio e «La nostra musica è così. Ci piacciono i pezzi struggenti e ci viene naturale così abbiamo sperimentato la scritscriverli. Ma abbiamo anche provato tura con la chitarra per vedere dove a esprimere nuove emozioni» ci avrebbe portati. Ed ecco pezzi
come The Road o Cupid. ...che sono quasi industrial. Citare Nine Inch Nails è fuori luogo? No, anzi! Trent Reznor significa molto per noi. Ci piace l’approccio elettronico dark, e credo che The Road sia l’esempio più estremo in questo senso. Ma anche Cupid e Mercy s’ispirano a quel mondo. Mercy pesca dalla scena dubstep. Se noti influenze dubstep in Mercy ti giuro
diverse strade, tutte percorribili. Suonare dal vivo ci aiuterà a decidere dove andare. A proposito, cambierà qualcosa nel vostro approccio live? Sicuramente. I nostri show saranno più selvaggi, più heavy. Sono i pezzi di Exile a richiederlo, e noi non ci tireremo certo indietro.
*
RETROMANIA
UN BELLISSIMO OGGETTO DA POSSEDERE
I
l 12 febbraio ha fatto il suo debutto in Italia Spotify: piattaforma digitale di musica in streaming. Spero di aver dato la definizione più corretta, perché tutto potrei essere fuorché un esperto di web. Io che, giuro, non ho mai scaricato un disco illegalmente per una questione di... abitudine. Da ragazzino per me il rituale del sabato pomeriggio era andare a comprare un disco in un negozio; passare ore a sfogliare gli espositori, lustrarsi gli occhi con meravigliose copertine per poi tornare a casa in tram col vinile ancora incelofanato tra le mani, chiudersi in cameretta, scartarlo, metterlo sul piatto, appoggiare delicatamente la puntina sul disco nero lucido rotante, alzare di default un po’ il volume, e dare inizio alla magia. Spesso si andava nel negozio a cercare un titolo che ti era stato suggerito da un compagno di classe la settimana appena passata, oppure a volte si era spinti dal desiderio di scovare per primi e da soli un titolo, un gruppo, un disco da suggerire il lunedì successivo a scuola. A volte invece le tue orecchie erano tanto irresistibilmente attratte da ciò che passava in diffusione nel negozio da spingerti a superare la timidezza e andare a chiedere chi fosse il gruppo che stava suonando in quel momento dalle casse. Per te poteva essere un assurdo gruppo metal norvegese, e invece scoprivi che erano i Deep Purple. «Cazzo, che figuraccia. Proprio nel mio negozio preferito! Adesso mi guarderanno come un pivello». Dopotutto a 13 anni ci stavano anche certi scivoloni, anche perché da lì iniziava un lungo percorso di conoscenza e di approfondimento dell’artista in questione che tanto ti aveva colpito al primo ascolto. Ogni scoperta era un vero arricchimento musicale, perché seguiva fatica e sacrifici. Nel momento in cui spendevi più della metà della tua paghetta settimanale per comprarti un disco, te lo gustavi per bene. Il giorno dopo il debutto, mi sono abbonato a Spotify, che trovo sia una vera rivoluzione culturale. Ma il sabato sono comunque andato a comprare un vinile. Perché un disco non è solo da ascoltare, è un bellissimo oggetto da possedere.
onstage marzo 23
JUKEBOX
LA MUSICA (NON) è FINITA
di Andrea Bariselli
PASTA ALLA DARKNESS
La musica sarà anche finita, come dice (scherzando) uno dei pezzi migliori del nuovo EP, La speranza è una trappola. ma i Linea 77 non gettaNO la spugna, nonostante i recenti cambiamenti. Ci spiega tutto Dade di Stefano Gilardino
© Chiara Mirelli
N
P
In pratica avete sei potenziali singoli. Ci interessava evitare il concetto di album e concentrarci su un pezzo alla volta, lasciandolo in Rete per due o tre settimane in modo da regalargli la giusta attenzione ed esposizione. Tra questi sei ha vinto Il veleno, direi, ma Un uomo in meno ha riscosso più attenzione e ne sono felice visto che è il mio brano preferito. Ti sei trasformato da bassista a cantante. Non ci sono mai stati leader nei Linea 77, ma è vero che il cantante è quello che riscuote più attenzione e allora tanto valeva farlo con uno di noi che già era membro storico. Un giorno ho detto agli altri che mi sarebbe piaciuto provare, l’ho fatto e alla fine siamo rimasti stupefatti di come fosse filato tutto liscio. Non ti manca suonare? Molto, ogni tanto mi capita di cercare il basso con le mani, ma mi sto abituando in fretta. E poi ci sono così tante cose che bollono in pentola che non riesco nemmeno a trovare il tempo di pensarci. Oltre alle date invernali, suoneremo anche d’estate, poi faremo un tour con gli LNRipley nei centri sociali. Abbiamo «La disaffezione nei confronti del prodotto disco anche nuovi brani da reè ormai definitiva. Addirittura non si scaricano più i pezzi, molti preferiscono ascoltarli online, gistrare, ma se ne parlerà con i servizi di streaming» dopo settembre. artiamo dalla raggiunta indipendenza discografica. Direi che abbiamo cominciato ad apprezzare un punto di vista differente, ragionando come un gruppo elettronico o un dj. Quindi un pezzo alla volta, da mettere su Internet in streaming, senza lasciarsi ingabbiare per forza dalla formula classica “un album=dieci canzoni”. La disaffezione nei confronti del prodotto disco è ormai quasi definitiva. Addirittura nemmeno si scaricano più i pezzi, molti preferiscono ascoltarli online in streaming. A quel punto, il passo verso La speranza è una trappola come un EP da distribuire prima in Rete era quasi obbligato, così come l’utilizzo del marchio INRI, piccola etichetta/collettivo indipendente mio e di mio fratello Paolo (Chinaski, nda). Un cerchio che si chiude. Esatto, è come all’inizio degli anni Novanta, quando facevamo tutto da soli. Ora i mezzi sono decisamente migliori, ma lo spirito è proprio quello. E sta pagando, devo dire.
24 onstage marzo
*
RICETTE ROCK
on mi avevano mai entusiasmato i Darkness, anche se in passato mi ero spesso trovato a canticchiare i loro brani e a sorridere guardando i loro video. Sarà perchè la mia fidanzata aveva un debole per loro, anche se ha sempre detto che era solo musicale... Nell’estate del 2012, mi trovavo nel backstage del Gods Of Metal in quel dell’Area Concerti della Fiera di Milano/Rho. In programma quel giorno c’erano proprio i Darkness. La fidanzata nel frattempo era diventata mia moglie (da poco più di un mese) ed era ovviamente con me. A pranzo ci troviamo in fila al catering del backstage e dietro di me noto un personaggio di altri tempi, in pigiama, che mi sorride. In realtà sorrideva a mia moglie, pietrificata nel vederlo. Era Justin, sì quel Justin. Il cantante dei Darkness. Ho preso la situazione in mano e con un perfetto inglese gli ho detto (da leggere con accento Corleonese): «Ei men, MY WIFE uanna make a picciur vit uu... MY WIFE.. u no vat i menna brada?». Ha capito perfettamente e dopo la prima foto mi ha chiesto di farne una seconda per essere certi che fosse venuta. Poi Justin ci ha invitato a vedere il concerto sul palco. Devo ammettere che mi sono ricreduto: sono davvero un grande gruppo. Oltretutto, nonostante i problemi tecnici e un blackout durato più di venti minuti, non hanno mai abbandonato il palco. Quando hanno ripreso, lo hanno fatto con la grinta e la signorilità che solo i grandi artisti posseggono. Scendendo dal palco Justin mi ha guardato e mi ha detto «Lucky man, you know what I mean brother!». Buongustaio, dico io. Non posso che dedicare un piatto tipico siciliano al mio nuovo amico Justin Hawkins cantante, chitarrista e leader dei Darkness. La Pasta alla Norma, che in onore del gruppo inglese diventa Pasta alla Darkness. Ingredienti per 4 persone: 400 gr. di penne rigate o spaghetti, 600 gr. di pomodori perini (quelli per fare la salsa), 1 melanzana grande o 2 piccole, ricotta salata da grattuggiare semistagionata, basilico fresco, 1 spicchio d’aglio, olio extra vergine di oliva. Per la preparazione www.ricetterock.com
NUMBERS
L ERA DELLO STREAMING Il lancio di Spotify in Italia, che segue di un anno quello di Deezer, spalanca le porte alla fruizione di musica in modalità streaming. Ecco come funziona e quali sono le conseguenze. di Jacopo Casati
CANZONI IN DIGITALE
25
20
MILIARDI CANZONI SCARICATE DA ITUNES DAL 2003 AL 2012
30
INDUSTRIA DISCOGRAFICA NEL MONDO dati IFPI sul 2011
16.6 MILIARDI $
MILIONI
PEZZI DISPONIBILI SU SPOTIFY E DEEZER
500
MILA
MILIONI $
LE RADIO TEMATICHE DI ARTISTI E GENERI DISPONIBILI
FATTURATO DELL’INDUSTRIA DISCOGRAFICA NEL MONDO ROYALTIES EROGATE DA SPOTIFY ALLE ETICHETTE NEL 2011 NEL 2011
C
IL DIGITALE NEL 2012
17%
61% 22%
La musica digitale ha superato i 36 milioni di ricavi di cui il:
61%
proveniente dal download di brani
(+25% rispetto al 2011)
22% proveniente dallo streaming video 17%
supportato dall’advertising (+77% rispetto al 2011) proveniente da abbonamenti ai servizi (+80% rispetto al 2011)
26 onstage marzo
ome un ciclone, addirituttura più potente di iTunes (lanciato nel 2003), superiore alle pur innovative Last.Fm e Pandora, lo streaming sta entrando di prepotenza anche nel mercato italiano alla voce “fruizione di musica online legale”: dopo l’esordio di Deezer a marzo 2012, l’arrivo di Spotify in concomitanza con il Festival di Sanremo 2013 ha fatto chiaramente capire che siamo entrati in una nuova era. Se per acquistare un album in digital download si possono spendere tra i 5 e 10 euro, pagando ogni mese cifre simili è ora possibile avere a disposizione sul proprio pc, sullo smartphone (che ormai abbiamo tutti) e sul tablet oltre venti milioni di brani in qualsiasi momento. Non male eh? Se invece non volete sborsare un euro e il vostro ideale di vita sono i torrent e il download illegale (malisssimo) potete comunque ascoltare i pezzi sul pc però con una qualità audio inferiore e con gli spot pubblicitari in mezzo alle scatole. Per provare questi servizi basta loggarsi, anche con l’account Facebook, e selezionare il disco, il brano o l’artista che ci interessa, premere play e godersi l’ascolto senza aspettare oltre. Se non volete polverizzarvi il giga di navigazione mensile incluso nell’abbonamento di tablet o smartphone, conviene selezionare la modalità offline per aggiungere le canzoni desiderate alla playlist quando vi trovate in presenza di wifi o connessioni favorevoli: il servizio memorizzerà le vostre scelte e le renderà disponibili anche quando sarete su un’isola deserta. E’ possibile seguire abbonati più famosi (non è un mistero che un account su Spotify lo abbia anche Obama), scegliere tra le migliaia di radio tematiche presenti o ancora affidarsi agli artisti simili a quelli da voi preferiti per scoprire nuova musica. Tutto molto social ovviamente, con condivisione degli ascolti con gli amici immediata se non automatica. Certo, Beatles (esclusiva di iTunes per il momento), Led Zeppelin, AC/DC e Pink Floyd non ne vogliono sapere di mettere il proprio catalogo in streaming (ma gli Zep sono in trattativa). La pensavano così anche i Metallica, per lo meno fino allo scorso dicembre quando hanno firmato per Spotify. Alcuni artisti da top chart internazionale di oggi (ad esempio Taylor Swift) hanno deciso di aspettare a rendere disponibili le nuove release, lasciandole in un primo periodo solo sul mercato tradizionale e digitale per quanto riguarda il download
QUANTO COSTANO GLI ABBONAMENTI? INDUSTRIA DISCOGRAFICA IN ITALIA dati Deloitte per Fimi sul 2012
FATTURATO DELL’INDUSTRIA DISCOGRAFICA IN ITALIA NEL 2011
B PR EST IC E
!
0€
DEEZER DISCOVERY ascolto illimitato per 6 mesi poi limitato a 2 ore/mese con ADV
SPOTIFY FREE
ascolto illimitato per 6 mesi poi limitato a 10 ore/ mese con ADV
4.99 €
TOTALE
150.9 MILIONI €
DEEZER PREMIUM
ascolto limitato su PC in alta qualità e senza ADV
83
SPOTIFY UNLIMITED ascolto limitato su PC in alta qualità e senza ADV
9.99 €
MILIONI €
67.9 MILIONI €
DEEZER PREMIUM + - ascolto illimitato su PC, CELLULARI, TABLET in alta qualità senza ADV. - Modalità offline - Altri servizi esclusivi
DEEZER PREMIUM + - ascolto illimitato su PC, CELLULARI, TABLET in alta qualità senza ADV. - Modalità offline - Altri servizi esclusivi
FATTURATO DEI SUPPORTI FISICI
DEEZER
FATTURATO DEL DIGITALE E DELLE NUOVE FONTI DI RICAVO (merchandise, sponsorizzazioni)
dei brani. Tuttavia è solo questione di trovare l’accordo giusto e l’assegno perfetto, dopodiché anche queste lacune (comunque pesanti) saranno colmate. Le potenzialità del servizio che accorpa streaming e cloud computing (ovvero la possibilità di memorizzare in rete e di utilizzare su vari dispositivi dati e file senza bisogno di trasferirli manualmente da uno all’altro) sono colossali, così come le possibilità di sviluppare ed evolvere queste nuove piattaforme, arricchendole di contenuti multimediali, informazioni e funzioni sempre più evolute e approfondite che possano offrire all’utente l’esperienza più completa possibile durante l’ascolto di un album. Una chance da sfruttare quindi non solo per gli ascoltatori ma anche per l’editoria multimediale a tema sette note, che dovrà probabilmente rivedere nel breve periodo il proprio modello di comunicazione e informazione, confrontandosi e cercando nel modo più efficace possibile di sfruttare i nuovi attori del music biz. Ovviamente anche le grandi aziende che producono prodotti per l’intrattenimento sono attratti da questi nuovi servizi: è notizia recente la firma dell’accordo tra Deezer e i produttori di Smart Tv Samsung, LG e Toshiba che permetterà utilizzare l’applicazione per lo streaming direttamente sul proprio schermo. Questo cambiamento favorirà anche la tutela del copyright, a beneficio di etichette e degli artisti. La semplicità di fruizione e il basso costo sono leve decisive per “convertire” chi abitualmente scarica illegalmente file dalla Rete. In secondo luogo, con il progressivo aumento degli utenti diminuirà radicalmente il numero di file in circolazione: album e canzoni sono nei server dei fornitori di musica, non sono più archiviati nei device degli utenti. Infine, questo tipo di servizi sposta il discorso legato alla fruizione musicale dai computer ai dispositivi mobili: non si scaricano file da uno smartphone o da un tablet. Siamo di fronte a un vero e proprio punto di svolta. Un nuovo concetto per chi vive di musica e la nuova frontiera del business musicale. Non c’è più spazio per il romanticismo, e non c’è più spazio nemmeno per il possesso: la rivoluzione digitale ha già travolto etichette e consumatori spostando l’attenzione dal possesso alla condivisione. Scommettiamo che nel giro di qualche mese un account ce lo avrete anche voi?
30
MILIONI
UTENTI ATTIVI
3
MILIONI
UTENTI ABBONATI AD UNO DEI PIANI DISPONIBILI
182 N° DI PAESI IN CUI è DISPONIBILE
SPOTIFY 20
MILIONI
UTENTI ATTIVI
5
MILIONI
UTENTI ABBONATI AD UNO DEI PIANI DISPONIBILI
23 N° DI PAESI IN CUI è DISPONIBILE
onstage marzo 27
DISPO
NIBILI
SOTTO TITOLI IN TUTTI I CINEM
A CON:
www.
movie
readin
g.com
FACE TO FACE
BAUSTELLE Dopo i concerti anteprima, a marzo i Baustelle portano dal vivo il nuovo album Fantasma. Francesco Bianconi ci ha parlato dei presupposti artistici di un disco decisamente speciale. di Antonella Frezza
l titolo dell’album s’ispira ai fantasmi di Canto di Natale di Charles Dickens. Cosa vi ha intrigato della figura del fantasma? L’ispirazione per il titolo ci è venuta da quel racconto, ma ancora prima volevamo scrivere un disco in cui le canzoni avessero un tema comune: il tempo. Se pensi a un fantasma pensi quasi immediatamente al passato, più specificatamente a qualcosa del passato che si manifesta nel presente, quindi è come una collisione di due tempi. Ma è legato anche al futuro. Perché il futuro, specialmente in questa epoca, è incerto, non ne vedi bene i contorni, è fantasmatico.
I
E perché il “trascorrere del tempo” come tema principale? Avevamo la musica, poi quando è arrivato il momento di scrivere i testi non c’erano grandi idee e quindi per facilitare la cosa ci siamo dati un tema. Non sappiamo bene come sia nata la cosa, forse perché non siamo più dei ragazzini e invecchiando sei più portato a fare i conti con il passare del tempo. A vent’anni ci pensi di meno, a quaranta un po’ di più. L’orchestra riduce al minimo la presenza di strumenti tipicamente rock. C’è sempre stato un elemento sinfonico nei nostri album perché amiamo la musica di epoche in cui l’orchestra era molto presente. Ma finora è stata un corredo, mentre stavolta volevamo che fosse centrale e ci aiutasse a trovare una dimensione intima. Quando togli gli elementi tradizionali del rock - la batteria che picchia, le chitarre elettriche, il volume, l’elemento ritmico - automaticamente tutto il resto appare più scoperto nella sua dinamica. Quindi puoi fare attenzione ai cambiamenti, sono più evidenti i pianissimo e i fortissimo e anche gli intermedi. L’orchestra è stata inventata anche per dare infinite sfumature di dinamica, di espressione. Ci intrigava molto la possibilità di applicare questa caratteristica della musica classica alla musica leggera.
Ho notato che la tracklist di Fantasma è costruita come fosse un film. È un gioco a posteriori, perché avevamo molti frammenti strumentali e anche nelle canzoni con le parole ci sono molti intermezzi di sola musica, anche cinematografici, che richiamano musiche di film del passato. Con tutto questo materiale e queste atmosfere è venuto naturale pensarlo come un film immaginario. Poi il titolo era Fantasma e quindi l’abbiamo pensato come una sorta di horror, ma il film in realtà non c’è. L’artwork del disco si rifà all’horror italiano degli anni 70. Amiamo il genere e le colonne sonore. Pensa che in uno dei nostri demo iniziali c’era una canzone che si chiamava Asia Argento con dei pezzi di dialogo presi da Profondo Rosso. Anche questa è una tendenza che abbiamo sempre avuto: solo che stavolta avevamo un disco intitolato Fantasma e quindi è stato più facile giocare con l’artwork e la scaletta dei brani L’album è lungo e ricco di storie. Con che approccio va ascoltato? «La musica si fruisce in modo frammentato, ma per chi è interessato a una certa esperienza, Fantasma è si può ascoltare dall’inizio alla fine come si faceva una volta» Ormai la musica si fruisce in modo frammentato, ma per chi è interessato a una certa esperienza, Fantasma è un lavoro che si può ascoltare dall’inizio alla fine come si faceva una volta. Probabilmente in questo modo dà una sensazione diversa che ascoltandolo a pezzetti. Non dico che sia meglio o peggio ma è stato pensato con questo scopo, ovvero come un film che si vede dall’inizio alla fine, o un romanzo che si legge dalla prima all’ultima pagina. Con quali aspettative i Baustelle pubblicano Fantasma? Speriamo che qualcuno si ricordi di noi e che il disco sia capito, anche se può piacere o meno. Alla fine sono le stesse speranze che abbiamo per ogni disco, siamo contenti se qualcuno lo ascolti nonostante ci sia sempre meno spazio per una fruizione attenta della musica. Ma siamo convinti che accadrà anche stavolta.
onstage marzo 29
FACE TO FACE
CLAUDIA
GERINI Brillante sullo schermo e nello spirito (oltre che in un’invidiabile forma fisica) l’attrice è protagonista con Cristiana Capotondi e Sabrina Impacciatore di Amiche da morire, commedia di Giorgia Farina dal 7 marzo nelle sale. di Antonio Bracco
C
© Capelli- Roberto D’Antonio per L’Oreal
on tre attrici principali e una regista donna, Amiche da morire è un film tutto rosa che si tinge di nero. È vero, sul set si respirava un’aria femminile. Attento, ho detto femminile e non femminista. Siamo donne che amano gli uomini. Anche se nel film li sovrastiamo in ogni scena. La storia ha uno stile originale, iper reale forse. Ci sono ironia e leggerezza, è un racconto im-
pregnato di sensualità. Si parla di amore e sì, di morte. Tanto più che uno ci rimane secco. Chi è il tuo personaggio? Gilda, un nome che è tutto un programma. Sono una escort che si è stabilita su un’isoletta siciliana in cui il tempo si è fermato. Esercita allegramente la sua professione. Le donne la guardano male, perché i suoi clienti non sono solo i turisti che arrivano in barca e se ne vanno, sono anche gli uomini del paese. Quindi figurati come possa venir vista Gilda in questa Sicilia conservatrice... Come un diavolo. Esatto. Poi c’è Sabrina Impacciatore che è Crocetta, una ragazza mortificata nell’abbigliamento dalla madre, è cattolica e lavora in una tonnara. Invece Olivia interpretata da Cristiana Capotondi è la bella del paese, sposata con un bel marito, vestita bene, che incarna il sogno di ogni ragazza. Nessuna di noi vede di buon occhio l’altra. Gli eventi della storia ci portano a collaborare, costringendoci a essere amiche perché c’è di mezzo un morto e dobbiamo in qualche modo farla franca. Sbaglio o è su questo set che ti sei rovinata un ginocchio? Bravo, è proprio questo. Un giorno mi cappottai atterrando con una rotula su uno scoglio appuntito. Correvo con i sandali alti. Un
dolore pazzesco. Due punti di sutura. Quindi ha senso che ti ponga quella domanda retorica per un attore “cosa ti rimane quando finisci un film”? Eh sì, una bella cicatrice mi è rimasta. Però voglio risponderti sinceramente, perché sono stati due mesi splendidi. Abbiamo girato in Puglia, a Monopoli, non in Sicilia. Maggio e giugno, un mare splendido, tutti noi attori e tutta la troupe abbiamo monopolizzato Monopoli. Poi con Cristiana e Sabrina si è creato un bel feeling, eravamo amiche alla fine. Tu hai due bimbe, di 3 e 8 anni. Le porti in giro con te? Le ho sempre portate, mi sono organizzata con una tata o con mia madre o con il papà. A rotazione qualcuno le teneva. Da quando la più grande ha iniziato la scuola veniva sui set soltanto qualche giorno. Di base quando posso porto tutta la famiglia con me. È al teatro che ho dovuto rinunciare, non potrebbe funzionare con una tournée in giro per l’Italia. Hanno capito che lavoro fanno i genitori? L’hanno capito bene. La grande va a vedere i «La musica è una delle mie migliori compagne di viaggio. Del resto, ho il privilegio di sentire a casa tanti concertini privati»
miei film con le sue amiche. E anche la piccola mi vede in TV, calca i palchi con il papà...Per lei è normale lo show. Ha capito che i genitori fanno un genere di lavoro “circense”. Federico Zampaglione è il tuo compagno. Hai interpretato Iris Blond, presentato Sanremo nel 2003, inciso un disco di cover intitolato Like Never Before. La musica è una delle mie migliori compagne di viaggio se è questo che vuoi dire. Del resto, ho il privilegio di sentire tanta chitarra suonata dal vivo a casa in concertini privati. Ascolto radio, scarico musica su iTunes. Cerco sempre di non abbandonare la musica, anche se è difficile tenere tutto in piedi. Però c’è un progetto. Musicale? C’è un interesse da parte dei Planet Funk di produrre qualche brano con me. In primavera lavoreremo su questo.
onstage marzo 31
negramaro una storia semplice TOUR 2013
già disponibile nei negozi e negli store digitali
una storia semplice
2 CD 6 INEDITI 22 GREATEST HITS
13 LUGLIO 2013 • MILANO STADIO SAN SIRO
16 LUGLIO 2013 • ROMA STADIO OLIMPICO
Compra il biglietto del concerto e scopri come scaricare in esclusiva la versione Live Acoustic di ESTATE. Tutte le informazioni su negramaro.com, sugarmusic.com e livenation.it.
info 0253006501
FACE TO FACE
GIOVANNI
ALLEVI Superate le polemiche con il mondo accademico, il Maestro Allevi è in giro con due spettacoli: la seconda parte del Sunrise Tour (legato all’ultimo disco, con orchestra) e le nuove date del Piano Solo Tour iniziato nel 2009. Ci ha parlato del suo momento, umano e artistico. di Francesca Vuotto
D © Alberto Bevilacqua
ue tour paralleli. Perchè? Fare due tour così diversi contemporaneamente è una follia. Cambia proprio l’approccio: con l’orchestra sono un bambino felice davanti al giocattolo più bello del mondo, mentre il pianoforte solo è il luogo del silenzio e della sfida ai miei limiti. Negli ultimi anni ho ridotto la mia presenza mediatica e attraversato un momento di buio
psicologico per via delle feroci critiche ricevute pongono il Concerto. Quando l’ho diretto per cinque anni fa (dal violinista Uto Ughi, ndr), la prima volta l’ovazione finale del pubblico mi ma con Sunrise ho capito che la gente non mi ha fatto piangere e da allora non sono più lo aveva dimenticato e ho voluto ricambiare il stesso. Dirigere questo concerto è come rivivere il tormento e l’estasi. suo affetto con nuove date del Solo Tour. Nelle nuove date del Sunrise Tour i violini In Sunrise sono rappresentati l’infinito (nella parte per piano e orchestra) e le pas- solisti sono Natalia Lomeiko e Reiko Watasioni, nel Concerto in Fa minore per Violino nabe, due musiciste di fama internazionale. e Orchestra. Sono due aspetti dell’essere «Oggi si accettano compositori che scrivono umano, capisaldi della poetica musica brutta perché non entrano in del Romanticismo, che sono ancompetizione con la bellezza del passato cora attuali. è necessario accete così sono salvi sia gli dei che i loro sacerdoti, tare le nostre passioni, i desideri cioè esecutori e direttori d’orchestra» segreti, struggersi nel tormento, e, al tempo stesso, respirare all’idea che ci sia uno spazio infinito oltre le In realtà ho solo realizzato un loro desiderio, perché si sono proposte loro. è stato un gesto vicende umane. Questo è il tuo primo disco in cui dirigi coraggioso, perché la mia scrittura è votata al un violino solista. Cosa ti ha spinto a farlo? virtuosismo e non facile da eseguire. SopratIl mio grande accusatore, che ha scatenato tutto alla presenza del compositore, insolitacontro di me una guerra per cui il mondo ac- mente in vita! Con il Piano Solo Tour invece riproponi cademico ha deciso di colpo che io fossi “il reietto”, è un violinista. La mia anima ha reagito i successi della tua carriera. Che significato a distanza: un giorno mi sono svegliato con in ha suonarli oggi? testa una melodia per violino e orchestra - pro- Qui subentra il mio concetto di onestà artistiprio lo strumento del mio accusatore - che è ca e intellettuale. Affronterò alcuni brani che diventata il primo dei tre movimenti che com- non eseguo da anni ed altri che non ho mai suonato davanti al mio pubblico: sono molto difficili tecnicamente e costituiscono una sfida che mi affascina e mi spaventa. Ho anche cercato di rivoluzionare la tecnica per ridurre i movimenti e rilassare di più i muscoli mentre suono e produrre così una grande energia con uno sforzo minimo, come nelle arti marziali. In febbraio hai partecipato ad un workshop sulle problematiche del processo creativo. Quali sono quelle con cui ti scontri? C’è un freno ideologico nel mondo accademico musicale: fai tutto, ma non ti permettere di fare come Mozart, che è Dio. Per questo sono accettati compositori che scrivono musica brutta, “sperimentale”. Non entreranno mai in competizione con la bellezza del passato e così saranno salvi sia gli dei che i loro sacerdoti, cioè esecutori e i direttori d’orchestra. Questo sistema non è creativo: noi dobbiamo fare come Mozart, scrivere musica con le sue forme. Questo freno tirato è un problema per il processo creativo, io me ne sono sbarazzato diventando il reietto. Vediamo come va a finire!
onstage marzo 33
L’UOMO DEI SINGOLI La vera notizia non è tanto l’uscita del suo ultimo album - pubblicato a fine 2012 e intitolato Noi -, ma l’ennesimo tour mondiale tutto esaurito, a dimostrazione di come, nonostante un riscontro commerciale meno altisonante, Eros possa contare sempre su un pubblico fedelissimo, conquistato a suon di singoli.
di Guido Amari
foto di Nicolas Guèrin
E R o
S
F
ate come me. Date un’occhiata veloce alla lunghissima discografia a 45 giri (come si diceva una volta) del cantante romano e poi fate due calcoli: degli oltre 40 singoli pubblicati in carriera, almeno la metà sono finiti al numero uno e vengono in mente senza difficoltà, segno di una penetrazione nella cultura popolare che racconta di qualcosa che va al di là del mero successo di classifica. Piaccia o no - e in questo caso, io confesso di non possedere neppure un disco di Eros e di non averne mai comprata una copia -, il suo posto nella musica popolare italiana è tra i pesi massimi, quelli che per intenderci hanno rivoluzionato in qualche modo il sentire comune. Senza gli eccessi di Vasco Rossi, i mille vestiti artistici di Jovanotti, lo sguardo costantemente rivolto agli Stati Uniti di Ligabue, Eros Ramazzotti ha sempre fatto del pop italiano il suo unico vessillo: nessun cambio repentino, nessun trend particolare, solo qualche aggiustamento qua e là per restare al passo con i tempi, un duetto azzeccato con il cantante del momento e quel talento per il ritornello killer che ammazza le classifiche e mette in ginocchio i, e soprattutto le, fan.
36 onstage marzo
TERRA DI CONQUISTA La scalata verso la vetta necessita di un paio d’anni appena, tra una partecipazione a Castrocaro - il pezzo si chiama Rock 80! - e un singolo d’esordio, Ad un amico del 1982, che non va da nessuna parte. Fallito un festival, avanti un altro, quello giusto stavolta: nel 1984 un imberbe Eros partecipa a Sanremo, nella sezione “Giovani Promesse”, e fa saltare il banco con Terra promessa e un look che pare la versione anni Ottanta dei film di Pasolini. Anche il pezzo possiede il dono della perfezione pop: ritmica ammiccante in odore di italo disco, ritornello micidiale, testo semplice ma ricco di spleen generazionale che risulterà irresistibile per i ventenni dell’epoca («Siamo ragazzi di oggi, pensiamo sempre all’America, guardiamo lontano, troppo lontano»). Lontano forse per gli altri, ma per la nuova promessa del pop italiano il futuro è appena dietro l’angolo, sotto forma di scalata alle classifiche di vendita (il pezzo finirà al numero 2), concerti in Italia e all’estero, un passo che rappresenterà la sua vera fortuna commerciale, specialmente tra Est Europa e Sudamerica, e la pubblicazione di un album d’esordio, Cuori agitati, che contiene anche l’altro singolo bomba, Una storia importante, con cui partecipa anche al Sanremo successivo, ma nella categoria big. Nel giro di qualche mese, però, Eros è già passato oltre e, dopo i ragazzi di oggi si concentra su una storia d’amore post-adolescenziale, un tentativo di crescita che, al di là del sesto posto al festival,
lo riconferma idolo delle ragazzine, le quali lo spingono in cima alle classifiche per la prima volta. Eros ci prende gusto e decide di restarci per i successivi trent’anni o quasi. DEDICATO A TUTTI QUELLI CHE «Nato ai bordi di periferia, dove ormai non torno quasi più». Il Ramazzotti del 1985, pur giovanissimo e inguainato in temibili giacche grigie con spalle da football americano, mette in mostra con Adesso tu le origini umili e borgatare, ma non perde occasione per ribadire come il suo percorso lo stia portando verso il successo e verso esperienze più mature, che passano anche attraverso piccoli fallimenti - vedi il lavoro successivo In certi momenti, da cui non vengono tratti singoli schiacciasassi. Sarà un caso isolato però, perché alla fine degli Ottanta Eros piazzerà una doppietta davvero irresistibile: Musica è, singolo dell’omonimo album della durata di 11 minuti (ma la vera pietra miliare dell’album resterà Ti sposerò perché, con uno dei testi più involontariamente cult della sua carriera e che regala momenti come «E mi attiri sai da far paura, tra il bianco e il nero dell’abbronzatura» o «C’è in comune fra di noi, c’è più di una cosa, per esempio so che del pallone sei tifosa»), racconta di un artista che ama osare più di quanto fosse lecito sospettare, mentre Se bastasse una canzone è semplicemente uno dei suoi brani più amati e cantati, quasi una summa del talento di Eros: melodia che ti si stampa nel cervello, coro quasi gospel, testo come al solito calibrato in ogni parola («Se bastasse una bella canzone a far piover amore, si potrebbe cantarla un milione, un milione di volte» e poi la linea immortale «Dedicato a tutti quelli che, sono allo sbando», intonata persino da Luciano Pavarotti anni più tardi). Un modo perfetto per chiudere la decade, rallentare la corsa e preparare una seconda parte di storia che regalerà ancora più soddisfazioni, duetti con Tina Turner e Cher e un’immagine decisamente più matura e in sintonia con la generazione dei trentenni a cui ormai appartiene.
20
le pubblicazioni di Eros, compresi 3 live, 4 raccolte e 1 EP
11
10 23
gli album finiti al n° 1 delle classifiche di vendita
43
i singoli pubblicati in carriera da Eros
i singoli che hanno raggiunto la vetta della classifica i tour intrapresi da Eros compresi quelli del 2013
COSE DELLA VITA Risulta ormai chiaro come le gioie (e qualche dolore) dell’amore e della coppia forniscano a Eros il materiale necessario per i suoi pezzi più sentiti - nomen omen, verrebbe da dire -, ma senza scordare la tematica del riscatto sulla vita e un pensiero positivo di fondo che non viene mai a mancare, come nel caso di Cose della vita, altra amatissima hit mondiale. A caratterizzare i favolosi anni Novanta ci pensano dunque titoli inequivocabili come Un’altra te («mi sembra chiaro che, sono ancora impantanato con te», altro momento clou), Stella gemella, Più bella cosa, Dove c’è musica, Quanto amore sei e L’aurora, dedicata alla figlia avuta assieme alla compagna Michelle Hunziker (come dimenticarsi di quel «grazie di esistere» scritto apposta per lei?). Il nuovo millennio si apre con un altro numero uno, Fuoco nel fuoco, a testimonianza del predominio di Ramazzotti e di una vena compositiva che, pur replicando se stessa quasi all’infinito, trova ancora qualche spunto interessante per
onstage marzo 37
Sono 18 le date italiane del NOI World Tour 2013. Si parte il 5 marzo da Mantova (data zero). Eros suonerà allo Stadio Olimpico della “sua” Roma il 21 giugno. A settembre, tre date consecutive all’Arena di Verona. Calendario completo su onstageweb.com
distinguersi dall’agguerrita concorrenza del mondo musicale. E se qualche passo falso comincia a essere fisiologico - vuoi per una comprensibile stanchezza di fondo, vuoi per un mercato discografico che non regala più cifre di vendita da capogiro, spesso appannaggio di giovani rampanti costruiti a tavolino per vincere -, la vera forza della macchina-Ramazzotti continua a essere lo spettacolo live, in cui l’artista dimostra di saper dosare alla perfezione il materiale nuovo e, soprattutto, i grandi classici che tutti vogliono cantare in coro. Il palcoscenico è il mondo intero, dall’Europa (a parte l’Italia, i mercati d’oro sono Germania, Spagna e i paesi dell’Est) al Sudamerica, vera terra di conquista di Eros, ormai perfettamente a suo agio con la lingua (tutti i suoi album vengono tradotti e ricantati apposta per quel mercato) e osannato come una star. Come ogni parabola artistica che si rispetti anche la sua è arrivata dunque alla amata/odiata fase di immobilismo dovuta al successo, quella in cui l’album di inediti ha tutta l’aria di essere un’ottima scusa per partire con l’ennesima sfilza di date nei palasport e negli stadi, approdo sicuro di chi ha alle spalle
38 onstage marzo
trent’anni di canzoni, esperienza, vissuto e fama. Niente più singoloni, quindi? In barba alle mode che producono brani usa e getta, lo stile di Eros resta sostanzialmente immutato e chiuso alla contaminazione, se si eccettua qualche duetto con star mondiali (i più recenti sono Carlos Santana, Ricky Martin e Anastacia per la bella I Belong To You) o la recentissima e poco riuscita collaborazione con i rapper Club Dogo, proprio sull’ultimo album, Noi (ma ci sono pure i rocker Hooverphonic in una traccia!). Poco importa, quindi, che non sempre i suoi ultimi sforzi abbiano colpito nel segno e raggiunto posizioni di vertice - tra i successi recenti ricordiamo soprattutto Parla con me - poiché ormai il marchio di garanzia di Eros è tutto ciò che serve ai veri fan, quelli nati e cresciuti ai bordi di periferia magari, che si sono sempre aggrappati alle sue melodie e alle sue parole. Se questa deve essere una delle funzioni principali della musica pop (intensa come popolare), allora Eros Ramazzotti ne è uno dei più grandi interpreti e artigiani, un marchio di garanzia del Made in Italy da esportazione. l
LESS IS MORE Dopo un 2012 molto elettrico, con tanti concerti divisi in due tranche, i Negrita hanno ripreso a girare l’Italia con il tour Unplugged 2013, il primo spettacolo acustico e teatrale della loro carriera. Uno show pensato per arrivare all’essenza della musica attraverso una semplice equazione: sottrarre uguale aggiungere. Li abbiamo incontrati a Varese, quando il tour era appena cominciato. di Daniele Salomone foto di Tommaso Riva
M
iles Davis è stato uno dei più grandi geni del Novecento. Una figura chiave nell’evoluzione artistica e musicale del genere umano. Nonostante l’etichetta “jazz” associata alla sua produzione, l’importanza di Miles supera ogni barriera di genere e stile. Suonava la tromba, ma era soprattutto un grande innovatore, capace di influenzare musicisti lontani per generazione e genere - da John Coltrane a Sting, da Jimi Hendrix a Prince, per loro stessa ammissione, e potrei andare avanti. Tra i suoi tanti insegnamenti, uno è particolarmente prezioso: il compito della musica è valorizzare il silenzio, il più puro dei suoni. Il vuoto non deve essere riempito, ma esaltato. Per
questo sottrarre è arricchire. Less is more. Meraviglia. «Questo concerto ci riporta indietro ai primissimi anni Novanta mi racconta Mac - a quando ci esibivamo in trio con il nome di Negrita Blues Lovers. Suonavamo Muddy Waters, John Lee Hooker, BB King, Robert Johnson, insomma i maestri del blues, in versione acustica o semiacustica. Non avevamo molti strumenti a disposizione, giusto le chitarre e l’armonica. Con poco cercavamo di trasmettere l’energia della musica, la sua essenza. È quello che vogliamo fare con questo tour». Sul palco di Varese - è uno dei primi show della tournée Unplugged 2013 dei Negrita - ripenso alla lezione di Miles Davis. Tutto torna.
«Il gioco del silenzio è vincente nei teatri perché il pubblico è seduto, concentrato, e quindi c’è l’occasione per valorizzare la musica attraverso i silenzi» Pau
Senza la mega produzione di un concerto elettrico, quello che i Negrita portano nei teatri per due mesi è uno spettacolo costruito sui silenzi e sulla complicità tra musicisti sul palco, che esalta la forza delle loro canzoni senza dover ricorrere ad altri elementi di sostegno. Del resto i Negrita sono così. Minimali nella semplicità con cui si propongono, profondamente espressivi perché privi di sovrastrutture emotive. Less is more. Un tour acustico nei teatri dopo 20 anni di carriera. Perché proprio adesso? Pau: Devi chiedere a questi signori qui, che collezionano chitarre per hobby (ride, ndr). Ne hanno comprate tante, alcune addirittura assemblate degli anni Cinquanta. Legni pregiati. Mac: Be’ ma un chitarrista quando compra uno strumento cerca di trovare il meglio che può. E una chitarra acustica sola non basta. Volete farmi credere che questa tournée è un capriccio? Mac: Ma no, dai, si scherza. Volevamo un’occasione per recuperare canzoni che tenevamo un po’ in disparte, e infatti abbiamo fatto un vero e proprio lavoro di ricerca all’interno della nostra discografia. Pezzo per pezzo, abbiamo cercato di capire quali potessero avere un certo 42 onstage marzo
appeal in versione acustica e stare in scaletta accanto ai successi che non possiamo escludere. Pau: L’idea era nell’aria da tempo. E poi, nonostante un 2012 ricchissimo di concerti, tra palasport, date all’estero e tour estivo, la voglia di suonare era ancora tanta. E quindi ci siamo detti che era il momento giusto per l’unplugged. Cerchiamo di farlo nel migliore dei modi e credo che ci stiamo riuscendo. Il set ci soddisfa molto, le date sono tantissime in pochissime settimane, ma va bene così: un tour deve essere anche denso. Come avete preparato questo spettacolo? Drigo: Dovendo riarrangiare ex novo tanti pezzi, abbiamo lavorato come solitamente facciamo per un disco: si parte da una composizione per poi completarla con l’idea di sound che si ha in testa. Ma quando si registra un album c’è lo scoglio dei testi e non si riesce ad occuparsi in profondità dell’aspetto musicale finchè non è superato. Questa volta ci siamo trovati a riarrangiare pezzi che erano già completi, per cui ci siamo dedicati esclusivamente all’aspetto musicale. Avere un elemento in meno, ci ha permesso di ottenere un grande risultato: far brillare di luce nuova alcune nostre canzoni. Pau: Come diceva prima Mac, ci siamo concentrati in particolare sui
«Ci sentiamo nudi ma allo stesso tempo più potenti. Manca la fisicità ma c’è una dimensione nuova, ricca di emozione. È tutto molto più espressivo» Drigo
primi lavori. Sono i più lontani e avevamo molta voglia di suonare roba vecchia. Addirittura ce n’è uno che non avevamo mai eseguito dal vivo (Luna, ndr) e in totale ci sono cinque pezzi del primo album. I brani pronti sono trenta, anche se in scaletta ce ne stanno meno. Ma avere delle canzoni di riserva ci consente di cambiare qualcosina ogni tanto, aspetto fondamentale in tour lungo e intenso come questo. Ci mette un po’ di pepe al culo, insomma. Quali sono le principali differenze tra questo spettacolo e un concerto elettrico? Mac: Sia per la band che per il pubblico è un modo diverso di fruire la musica dei Negrita. Siamo abituati ad avere sul palco una certa fisicità che accompagna quello che suoniamo. Penso allo spettacolo delle luci, alla scenografia, al nostro modo di stare onstage. C’è grande potenza nei concerti elettrici perchè ci sono molte fonti d’energia. Qua ce n’è una sola: la musica. Durante lo spettacolo siamo seduti e concentrati, è la forza intrinseca della canzone che deve funzionare. Come vi sentite in questa nuova condizione? Drigo: Man mano che ci spingevamo dentro questo universo, ci siamo resi conto che stavamo entrando in una dimensione completamente
nuova della musica. Questi strumenti ci fanno sentire nudi ma allo stesso tempo più potenti. È tutto più difficile ma è anche più espressivo. Manca la fisicità ma c’è una dimensione nuova, ricca di emozione e povera di tutto il resto. È molto interessante. E sul palco, invece, ci sono differenze? Pau: Nei teatri lo spazio è minore per cui possiamo comunicare tra noi mentre suoniamo, cosa che nei palasport puoi fare giusto in due, mettendoti faccia a faccia. Qui invece c’è connessione tra tutti. I colpi d’occhio, i piccoli ammiccamenti, aiutano cinque persone che comunicano tra loro. È una componente importante, l’origine stessa del nostro lavoro: persone che si esprimono attraverso la musica scambiandosi emozioni. Una condizione che ritrovi solo nella prima fase della composizione, quando qualcuno porta un’idea, magari con una chitarra acustica, e gli altri pian piano aggiungono. Ha un sapore antico, molto romantico. Da un punto di vista musicale, che cosa ha guidato il riarrangiamento dei brani? Pau: Abbiamo lavorato sui silenzi. Siamo su palchi di teatri, molti dei quali all’italiana. Il gioco del silenzio, delle pause, è sicuramente vinonstage marzo 43
«È un modo diverso di fruire il sound dei Negrita. Questi show non hanno la potenza dei concerti elettrici e l’energia sgorga da un’unica fonte: la musica» Mac
cente in ambienti come questi perché la platea è seduta, concentrata, e quindi c’è l’occasione per valorizzare la musica attraverso i silenzi. È un approccio inusuale per i Negrita. Siamo abituati a non avere mai una vera pausa, anche quando finisce un pezzo c’è sempre almeno una chitarra che sgrana l’accordo. Quando suoniamo elettrici siamo più vicini a un sound system! Qui la storia è capovolta. Sul palco siete in cinque e vi scambiate i ruoli. Pau: E siamo molto contenti perchè nonostante le difficoltà - per amplificare certi strumenti abbiamo visto i sorci verdi - si è creato un equilibrio perfetto tra noi che ci consente di vivere il concerto con una sensibilità completamente diversa. Siamo in cinque e tutti polistrumentisti, ed è bellissima questa intercambiabilità. Chris dalla batteria va al basso, Gando suona basso, violoncello, pianoforte, organi, mellotron, wurlitzer. Drigo impugna anche il basso, io chitarra acustica e basso, oltre a cimbalanze varie e armoniche. E poi una nota tecnica, che magari a voi non frega niente ma per me è fondamentale: non sudo! E questa è una cosa meravigliosa (risate, ndr). Cosa vi resterà più attaccato di questa esperienza? Drigo: Negli ultimi anni, grazie alla tecnologia, abbiamo imparato 44 onstage marzo
tutti a comporre album lavorando davanti al monitor di un computer: i musicisti passano sempre meno tempo a fare musica insieme. In questo caso invece la band ha provato a lungo in sala prove, tutti insieme. Si è trattato di rimettere in piedi un dialogo tra musicisti che ormai è sempre più raro. È stata un’esperienza di cui faremo sicuramente tesoro e che io credo sarà determinante anche per la realizzazione del prossimo album. Parlando di futuro, cosa resterà di questo tour, oltre l’esperienza? Pau: Quando metti su una produzione così importante e impegnativa, sarebbe naturale registrarla. Ma siamo appena usciti con un disco dal vivo (Negrita Live, pubblicato a ottobre 2012, ndr) per cui seguiremo una strada diversa. A fine tour, magari dopo esserci ripuliti dalle tossine, mi piacerebbe entrare in uno studio e fare delle live session, senza pubblico, curando ancora di più il suono - chi mastica di musica conosce la differenza tra il suono che esce da una cassa armonica e quello che viene da un cavo. Tra l’altro, abbiamo già cominciato a buttare fuori pezzi nuovi e “casualmente” hanno l’imprinting musicale che stiamo usando in questo tour. Starebbero veramente bene come inediti del concerto unplugged... Chi lo sa, potrebbe essere interessante fare un doppio album acustico con qualche inedito. Io la butto lì, vedremo. l
L t b
f
i i a
LA REUNION
PERFETTA
(3 anni dopo)
Dopo i due concerti milanesi di fine gennaio, i Litfiba sono pronti a portare in giro per l’Italia il tour Trilogia 2013, che celebra i fasti degli esordi. Sul palco, ci sono anche Gianni Maroccolo e Antonio Aiazzi, che con Piero Pelù e Ghigo Renzulli fondarono il gruppo all’inizio degli anni Ottanta. L’entusiasmo della band e la passione del pubblico non sembrano lasciare spazio ai dubbi: è questa la vera reunion dei Litfiba. di Jacopo Casati foto di D&A Cesurala
«Abbiamo già fatto la cazzata di litigare e separarci, non credo che ci ricadremo. Magari faremo altri errori, ma non di comunicazione»
L
e reunion delle band hanno quasi sempre due moventi: quello nobile e quello pratico. Il primo risponde al bisogno di riproporre un glorioso passato andato oramai perduto, dimenticato, qualcosa di magico che riemerge dalle ceneri del tempo come una trasposizione moderna della Fenice mitologica. Il secondo riguarda invece un ambito più concreto (per non chiamarlo terra terra): “devono pagare le bollette” è spesso una valida argomentazione per i detrattori aprioristici della ricostituzione dei nuclei originari dei gruppi. Meno grettamente, a far scattare la rimpatriata è spesso la necessità di
48 onstage marzo
ridare lustro a un moniker oramai finito nel dimenticatoio, riportare agli onori delle cronache artisti smarriti in carriere soliste che hanno oramai poco da dire, o ancora permettere a chi non c’era negli anni d’oro di rivivere quei momenti dopo decenni. Generalmente riscuotono immediata reazione entusiastica tra i fan, entusiasmo che tende tuttavia a spegnersi in altrettanto breve tempo. Gestire e saper donare nuova linfa a questo genere di operazioni è tutt’altro che scontato. Specialmente se, come nel caso dei Litfiba, in meno di un lustro le reunion diventano due.
FASTORY - Storia breve della line up dei Litfiba Federico Renzulli, Piero Pelù, Gianni Maroccolo, Antonio Aiazzi e Ringo De Palma fondano i Litfiba nel 1980 e incidono i primi tre album. Poi Maroccolo abbandona e il destino separa la band da Ringo, che scompare tragicamente. Aiazzi resta fino a Spirito (1996). Dopo la separazione da Piero (1999), dei membri fondatori resta solo Ghigo. Poi i due si ritrovano e arriva persino la reunion con Maroccolo e Aiazzi: nasce così il tour Trilogia ’83-‘89, che riporta la band alla formazione originale (con Luca Martelli al posto di Ringo).
PARTENZA OK I Litfiba sono tra le band più importanti di ogni tempo nel panorama italiano. Quanto avvenne all’indomani dell’11 dicembre 2009, giorno dell’annuncio della riappacificazione tra Piero Pelù e Ghigo Renzulli con conseguente tour celebrativo, è nella memoria collettiva: polverizzati in pochissimi giorni i biglietti delle tre date che proposero nuovamente sul palco i due musicisti (coadiuvati da Daniele Bagni al basso, Federico Sagona alle tastiere, Pino Fidanza alla batteria) dieci anni dopo il doloroso split del 1999, entusiasmo debordante nei palazzetti e setlist da greatest hits cantata all’unisono da ogni singolo pagante. Un successo assoluto. Il doppio live che seguì questa prima tranche di eventi, Stato Libero di Litfiba, venne certificato disco di platino nel giro di un annetto. «Abbiamo già fatto la cazzata di litigare nel ’98 e separarci nel ’99, non credo che faremo sempre i soliti errori, magari ne faremo altri ma non ci saranno più quei problemi di comunicazione che causarono la seperazione». In questo modo Piero sintetizzava l’avvenuta rinascita di un gruppo saltato in aria dopo la faticosa conclusione della Pentalogia (Tetralogia, fermandosi a Mondi sommersi) degli Elementi, terminata appunto a fine primo millennio con Infinito, lavoro che paradossalmente ottenne i successi commerciali migliori di sempre per i due, ma che dilaniò la fanbase e propose una manciata di brani dal sapore pop che oggi è meglio dimenticare del tutto. LA LUCE SI SPEGNE Nessuna reunion è realmente completata fino a quando un disco di inediti viene pubblicato. E a inizio 2012 arriva Grande Nazione, tredicesimo lavoro in studio dei Litfiba e coraggiosa dichiarazione d’intenti hard rock della seconda giovinezza marchiata Ghigo e Piero. L’album pare fortissimo: disco d’oro in un mese e vetta della classifica italiana. Ma è un fuoco di paglia. Pur contenendo brani pestati o maggiormente intimisti, non riesce a riproporre le hit che fanno la differenza: manca il singolo che determina il perdurare nel tempo di un’uscita discografica. Il tour di supporto parte bene a Milano con un quasi soldout ma si spegne lentamente nel corso delle date successive. Due anni praticamente ininterrotti di esposizione live iniziano a farsi sentire, il recupero di classici dal passato aizza gli animi dei fanatici della prima ora ma lascia relativamente indifferenti i figli degli anni Novanta. L’iniziale celebrazione della carriera con ospiti provenienti da varie epoche programmata allo Stadio Franchi di Firenze (l’1 giugno 2012), si trasferisce frettolosamente al Mandela Forum, - lo spostamento viene giustificato con il rischio di cattivo tempo, ma quel giorno in Toscana c’è il sole - confermando una pericolosa tendenza: la luce sembra destinata a spegnersi. QUALCOSA DI SIGNIFICATIVO E in momenti come questo la capacità di valutazione dell’artista di pri-
mo piano fa la differenza. Piero e Ghigo riportarono sul palco Antonio Aiazzi e Gianni Maroccolo, tastierista e bassista protagonisti assoluti dei leggendari dischi della Trilogia del Potere degli anni Ottanta, decennio in cui i Litfiba, seppur non col colossale successo ottenuto nei Nineties con Terremoto e Spirito, ammaliavano la critica e un fedelissimo seguito grazie a una proposta che rivoluzionava la new wave italiana a colpi di rock, folk, sonorità latine e testi che si scagliavano contro ogni forma di totalitarismo e violenza, politica e religiosa. «Ci siamo ritrovati per condividere insieme sul palco ricordi ed emozioni ed è stato bellissimo. Quando Antonio si è messo alle tastiere e Gianni al basso ha attaccato il giro di Tex, è successo qualcosa. Da allora siamo rimasti in contatto e lentamente ha preso forma in noi la convinzione di fare qualcosa di significativo e importante per rendere omaggio a un periodo della nostra vita indimenticabile». Piero Pelù spiega così la genesi del tour Trilogia 2013, una serie di appuntamenti che a distanza di trent’anni hanno rivisto la formazione classica all’opera con brani che hanno resistito all’usura del tempo e appaiono ancora attualissimi. Le due date di Milano (si replica a fine marzo e ad
«Quando Antonio si è messo alle tastiere e Gianni al basso ha attaccato il GIRO DI Tex, è successo qualcosa. Abbiamo capito che dovevamo FARE QUALCOSA PER celebrare un periodo indimenticabile della nostra vita»
aprile in giro per l’Italia, con altri show sold out quasi ovunque) hanno assunto i contorni dell’evento irripetibile, facendo chiaramente intuire che questi quattro signori (con il neo acquisto Luca Martelli alla batteria) hanno ancora qualcosa di importante da dire nel panorama musicale italiano contemporaneo. L’atmosfera interna all’Alcatraz e l’entusiasmo percepito nell’aria sono paragonabili (se non ben superiori) a quelli che hanno caratterizzato le prime apparizioni di Piero e Ghigo nel 2010 - il sottoscritto c’era e non teme smentita. Un segnale che sarebbe folle sottovalutare in chiave futura. Comporre nuovo materiale non è mai semplice, il rischio dell’autocitazionismo e del confronto con i brillanti trascorsi è dietro l’angolo. Tuttavia è un pericolo che un appassionato di rock vuole assolutamente correre. Specialmente adesso che il potenziale in campo, tre anni dopo la prima reunion, è ai massimi livelli. l
onstage marzo 49
JUSTIN BIeBER THE DARK SIDE OF A TEEN IDOL Non è la prima volta che assistiamo a una storia di successo folgorante come quella di Justin Bieber. Ma mai, in passato, una giovane pop star aveva potuto sfruttare un mezzo potente come Internet. Che, inevitabilmente, produce fenomeni ingestibili di cui è difficile prevedere gli effetti. Cosa riserva il futuro al giovane Justin? di Simona Voglino
D
iciotto anni, una Ferrari, 55 milioni di dollari incassati solo l’anno scorso (secondo quanto riportato da Forbes), 15 milioni copie di dischi venduti, 51 milioni e 500 mila fan su Facebook, 802 mila followers su Twitter - cifre con cui ha surclassato anche la regina del social, Lady Gaga. Lui è Justin Bieber, idolo idolatrato dalle ragazzine di mezzo pianeta abbondante. Uno che con il singolo Baby, tratto dall’album di debutto My World 2.0, ha registrato oltre 800 milioni di visualizzazioni su YouTube, record superato solo dalla recente cavalcata asiatica di PSY con Gangnam Style (che ha sfondato il muro del miliardo di views). Doverosa specificazione: il manager è lo stesso. Si chiama Scooter Braun e ha 31 anni. È merito suo se Justin ha stravolto dinamiche discografiche e conquistato milioni di fan. Sarà compito del teen idol non stravolgere se stesso. Che se “il potere logora chi non ce l’ha”, spesso è vero il contrario.
NON È UNA FAVOLA L’enfant prodige nasce in Canada, a Stratford, nel 1994. Sua madre è la diciottenne Patricia Lynn Malette, suo padre Jeremy Jack Bieber alla nascita di Justin aveva già sposato un’altra donna - con cui ha avuto altri due figli. Il piccolo cresce dunque con la mamma, in condizioni non proprio agiate. Va a scuola, gioca a hockey, si appassiona di scacchi. Intanto coltiva le sue aspirazioni musicali: impara a suonare chitarra, tromba, batteria, pianoforte. È di una bellezza angelica e la madre lo incoraggia a caricare le sue cover, che spaziano da Chris Brown a Stevie Wonder, su YouTube. Detto fatto, l’allora dodicenne Bieber si esibisce davanti a una webcam e posta in Rete la sua arte. Basta poco perché Scooter Braun, il re Mida del pop moderno, ne rimanga folgorato. Comincia tutto. E non è una favola. Justin Bieber è un fenomeno mondiale, inarrestabile, destinato a dare il via a un modo nuovo di fare musica. O meglio, di promuoverla. Perché se è vero che la discografia è in crisi, è altrettanto vero che basta trovare un’alternativa valida per proporla alle generazioni di nativi digitali. Scooter Braun fa di Internet, visto ancora oggi dalle major di tutto il mondo come condanna e male assoluto, la sua più grande fortuna. E quella del giovanotto canadese. Coraggioso antesignano della viralità, ne comprende con anticipo l’enorme possibilità. Inizia così l’epopea Bieber, che dura da più di tre anni. Umanamente nulla di nuovo rispetto alla passione carnale e al coinvolgimento con cui i fan seguivano Take That o Backstreet Boys negli anni 90, è vero. Ma ai tempi di Internet il fenomeno assume sembianze ancora più planetarie. FUORI CONTROLLO Di pari passo con le visualizzazioni dei video su YouTube (tutte chiaramente monetizzate), dei suoi fan su Facebook e followers su Twitter, dei numeri impressionanti di paganti ai suoi concerti, si sono andati sviluppando veri e propri fenomeni socio-culturali di una forza impressionante. Basti pensare ai “Beliebers”, (dall’incontro fra “believe” e “Bieber”), fan, più che altro giovanissime, pronti a qualsiasi cosa pur di attrarre l’attenzione del proprio idolo. Così tanti e così agguerri-
ti da essersi conquistati una voce su Wikipedia, che li descrive come “devoti fanatici del cantante pop canadese Justin Bieber”. Supportati, o fomentati, dalla potenza fuori controllo del mare magnum che è il world wide web. Lo sono i ragazzini idolatranti, ma anche l’idolo stesso è molto giovane per gestire la popolarità che persino un adulto farebbe difficoltà a maneggiare. La storia ci insegna che nel DNA degli enormi successi è scritto l’insuccesso finale: quello personale. Due esempi recenti che rendono la portata, a tratti angosciante, del fenomeno. Il primo: il batterista dei Black Keys Patrick Carney rivolge dei commenti poco carini a Bieber, escluso dagli ultimi Grammy (che hanno sempre ostentato un certo snobbismo nei confronti di Justin): «È ricco, no? I Grammy li assegnano per la musica, non per i soldi». Apriti cielo:
«È inevitabile che Justin si trovi davanti a qualche difficoltà. Se intorno hai gente che ti ripete di continuo che fai schifo, a un certo punto te ne convinci»
Robbie Williams
subito la cinguettante risposta del diretto interessato («Bisognerebbe dare una bella lezione a Carney»). Segue lo tsunami di insulti e minacce piovuti sul batterista dai fan della giovane star, imbufaliti per l’affronto. Il secondo, ancora più inquietante. Per vastità e contenuto. Accade questo: “4chan”, sito ormai popolare per i troll (finti profili), lancia per scherzo, e per l’ennesima volta, un hashtag-appello per i beliebers: “#Boobs4Bieber”. Che tradotto sarebbe “tette per Bieber”. Ed ecco che Twitter si riempie di foto con donne e uomini a petto nudo. Minorenni compresi. La colpa non è dell’ignara mini pop-star, ma della degenerazione di massa che guida un fenomeno emozionalmente antichissimo, deflagrato ai tempi del 2.0.
52 onstage marzo
ENFANT TERRIBLE Justin è ormai maggiorenne. Gira in fuoriserie, indossa orologi d’oro hip hop style più grandi del suo polso, assume atteggiamenti e movenze da adulto scafato. Senza esserlo. Single da poco, per l’immensa felicità delle sue fan, è in tour dal 29 settembre 2012. A spasso principalmente per Canada e Stati Uniti, arriva a marzo anche nel vecchio continente. In Italia è previsto un solo concerto, a Bologna, il 23 marzo. Intanto si è fatto pescare con quelle che avevano tutta l’aria di essere canne, è stato al centro di una polemica per aver palpato il seno di una fan durante lo scatto di una foto, limona manichini in diretta durante il programma Late Night with Jimmy Fallon - con tale ardore da imporre al presentatore, fra l’imbarazzato e lo scioccato, lo stop alla performance un po’ troppo sensuale - e si lascia andare ad affermazioni tipo «la mia Ferrari? È un modello 458 Italia, si guida benissimo e la polizia adora fermarmi». Tutto vero. E molto pericoloso. Da enfant-prodige a enfant-terrible, Bieber inizia a dare i cattivi segnali di chi sembra cominciare a governare con fatica il successo. Sull’argomento sono significative le parole del bello e maledetto per antonomasia del pop britannico, Robbie Wiliams - in quanto a sesso, droghe e pop’n’roll lui ne sa più di tutti. L’ex Take That, in una recente intervista rilasciata al Sun, ha dispensato consigli di prudenza al giovane collega, forte di un passato lo ha visto vittima di un pericoloso dentro-fuori da lussuosi centri di rehab. «Potrei stilare una lista di cazzate più lunga del mio braccio. È inevitabile che ragazzi come Justin Bieber si trovino a un certo punto davanti a qualche difficoltà. Intorno hai gente che ti ripete di continuo che fai schifo. A un certo punto te ne convinci e pensi che faresti meglio a mollare e a trovarti qualcos’altro da fare. E ne paghi le conseguenze». l
MUMFORD &
SONS
54 onstage marzo
LE CANZONI AL POTERE Viviamo in una strana epoca musicale, in cui sembra che artisti e band abbiano bisogno di tutt’altro che canzoni per ottenere fama e successo. Forse è sempre stato così. O forse non è vero e i progetti artisticamente validi vengono fuori sempre e comunque, a prescindere da ogni considerazione che non riguardi la qualità della musica. Seguendo la parabola dei Mumford&Sons, sembra proprio così. di Marco Rigamonti foto di Rebecca Miller
onstage marzo 55
A
volte capita che ritornino. Dopo aver raggiunto il primo posto nelle classifiche inglesi e americane nell’ottobre del 2012, Marcus Mumford, Ben Lovett, Winston Marshall e Ted Dwane si ritrovano di nuovo ad occupare il gradino più alto della classifica degli album più venduti di Billboard a cinque mesi dalla release ufficiale di Babel. Se l’acclamato esordio Sigh No More aveva trionfato ai Brit Awards del 2011, quest’ultimo disco frutta loro un Grammy come disco dell’anno, avendo la meglio su Jack White, Black Keys, Frank Ocean e Fun. Affermare che i Mumford & Sons siano di gran lunga i meno cool del mazzo è un esercizio banale: Ocean illumina la scena black detronizzando l’auto-tune e puntando su interpretazione e soul, White si butta in un blues revival magico e contagioso, i Black Keys rinverdiscono i fasti del rock & roll di stampo americano e i Fun. rinfrescano la scena pop con grazia e stile. Dicono che creare sia impresa vicina all’impossibile; molto più plausibile credere in trasformazioni o “modernizzazioni” - ed è proprio quello che è successo con i sopracitati act. Ma tale discorso non regge con Marcus & soci, perché scovare indizi di modernismo nella loro musica è davvero arduo. FORMA VS SOSTANZA Indissolubilmente e orgogliosamente legati a radici folk e bluegrass, i Mumford suonano strumenti dimenticati dal tempo (come banjo, dobro e mandolino) e creano energia evitando distorsioni e batterie pronunciate, ma preferendo armonizzazioni vocali e intrecci di corde varie. Che ci sia qualcosa che vada al di là della musica che li rende in un certo senso unici? Magari un aspetto più superficiale, come per esempio lo stile. Niente da fare: i quattro inglesi non si distinguono per abiti memorabili, pettinature alla moda o pose da rock/popstar. Per non parlare poi della ragione sociale: in contrapposizione a nomi d’arte evocativi e d’impatto, qui c’è una sigla fredda e fin troppo elegante, che fa pensare a «un nome d’affari di una famiglia antiquata» - per ammissione di Ben Lovett. Per quanto si possa essere puristi, è opportuno anche considerare che talvolta la vita privata degli artisti influisce sensibilmente sull’esposizione mediatica degli stessi: ma nel background dei quattro inglesi non si trovano storie di esagerazioni o abusi. La love story di Marcus con l’attrice britannica Carey Mulligan - culminata nel matrimonio dell’anno scorso - è stata abbastanza lontana dai riflettori e non c’è ombra
56 onstage marzo
«Non credo che molti artisti siano riusciti a costruirsi una carriera senza nominare Dio e Gesù. Succede in milioni di canzoni rock» Ted Dwane
di favole di scalate sociali (i componenti della band provengono da famiglie benestanti, ne è riprova il fatto che lo stesso Marcus e Ben si siano incontrati in un una scuola privata del distretto di Wimbledon). C’è un solo argomento che ha fatto parlare di loro più del dovuto: si tratta dei testi delle canzoni, d’ispirazione letteraria, storica e religiosa. Ma tutto quello che è scaturito da tale dibattito sono state risposte del tipo «non siamo tutti religiosi, quindi evitate di collocarci nel filone delle Christian Band» oppure «non credo che molti artisti siano riusciti a costruirsi una carriera senza nominare Dio e Gesù; succede in milioni di canzoni rock». Insomma, bisogna rassegnarsi ad avere a che fare con una band formata da normali bravi ragazzi: le ragioni del successo dei Mumford&Sons non le troveremo nell’hype o nel trend, nel rinnovamento sonoro o nell’approccio rivoluzionario, e nemmeno nella vittoria della forma sulla sostanza. PASSO INDIETRO Il fenomeno è raro, e merita attenzione. Perché se anche può sembrare un discorso d’altri tempi, ogni tanto la semplicità e la naturalezza bastano e avanzano per farsi notare. Succede quindi che quattro ragazzi inglesi decidano di fare un passo indietro convinto, seguendo l’istinto e fregandosene di tutto e di tutti, mettendo da parte la ricerca dell’autenticità. Con bravura e un po’ di fortuna puoi azzeccare il momento: quando la gente non sa di volerlo, ma in fondo lo vuole. Quando magari quello che fai lo fai bene, e nessun altro lo sta facendo. E può capitare anche che si avveri un sogno: il tuo punto di riferimento Bob Dylan si accorge di te e t’invita sul palco per una jam session - un episodio da una parte indimenticabile, dall’altra vissuto come una sorta di occasione sprecata perché troppo limitato dalle regole non scritte delle esibizioni che avvengono in occasione di un award (sono sempre
parole di Lovett). Quel che è certo è che i Mumford & Sons sono la dimostrazione che sapere scrivere e cantare canzoni con il cuore può sopperire a certe condizioni equivocamente ritenute necessarie per catturare l’attenzione del grande pubblico. PIU’ DI MILLE PAROLE Non che questa sia una grande scoperta: è già capitato - e continuerà a succedere - che alcuni artisti abbiano raggiunto la vetta delle classifiche credendo nell’interpretazione e rinunciando a inventare a tutti i costi. Basti pensare ai Radiohead di The Bends o ai Coldplay di Parachutes. Band che in seguito hanno sentito l’esigenza di tentare nuove strade, ma che inizialmente si sono fatte notare attraverso il modo più semplice e diretto che esista: le canzoni, niente di più. Semmai quello che può fare riflettere è l’ambito di azione dei Mumford & Sons: è molto più facile raggiungere il mainstream quando si suona rock o quando si ha una voce come quella di Adele e la si mette al servizio del soul piuttosto che quando si parte da una nicchia come quella del folk, un genere musicale geneticamente difficile da trasportare in altre ere. Un merito in più, forse. Ma d’altronde - come sempre - le note valgono più di mille parole. E ascoltando il singolo I Will Wait ti accorgi di come un giro di banjo possa trainare un pezzo con la stessa energia di un riff di chitarra elettrica, e capisci come mai il brano sia stato nominato nella categoria “miglior pezzo rock” e “miglior performance rock” ai Grammy. In maniera probabilmente involontaria, i Mumford sono rock. Senza grandi sforzi o manipolazioni di marketing, i Mumford si sono scoperti pop. Tutto torna quindi: anche il fatto che i tre show in programma in Italia (il 14 marzo all’Alcatraz di Milano, il 15 all’Obihall di Firenze e il 16 all’Atlantico Live di Roma) siano da tempo sold-out. l
onstage marzo 57
STYLE
FEEL GREEN FEEL GOOD! Nemmeno la moda può permettersi di sottovalutare l’impatto ambientale delle proprie produzioni. La filosofia ecocompatibile comincia a diffondersi tra maison e piccoli produttori, a beneficio di tutti. A cura di Virginia Varinelli
New York Fashion Week, è stato presentato il Green Show, mostra di eco-collezioni incredibilmente diversificate: dal vecchio glamour hollywoodiano all’avanguardia del post moderno, dal folle punkrock al bohème impercettibile, a dimostrazione di come feel green sia un concetto applicabile a tutti i tipi di stile e per tutti i gusti. Un’alternativa nel campo della moda, dove fashion e consumo critico s’incontrano. Ma i veri protagonisti di questo mondo sono le piccole produzioni, la sartorialità, la manifattura ricercata e suggestiva, libera dalle imposizioni del consumismo ma allo stesso tempo complice delle necessità e delle nuove tendenze. L’utilizzo di capi eco-friendly aiuta l’ambiente e giova anche a chi li indossa. Perché i vestiti realizzati con fibre naturali sono sempre più freschi rispetto a quelli prodotti con fibre artificiali. La fibra naturale per eccellenza è il cotone, che però può definirsi ecologico solo quando è coltivato biologicamente e senza l’utilizzo di pesticidi. Ancora meglio il cotone tinto in pianta che non necessita
s
F
eel Green. I giornali usano questo slogan, i blogger pure. Non è solo un remind al colore, c’è un significato più profondo dietro questo slogan. Negli ultimi anni il mondo della moda ha cercato di avvicinarsi all’eco-friendly, di trovare soluzioni sostenibili affinchè la produzione di capi possa intaccare il meno possibile l’ambiente. Il PPR Group, il più grande gruppo del settore moda - possiede brand di lusso come Gucci, Yves Saint Laurent e Stella McCartney - sta intensificando il suo programma di Corporate Social Rasponsability (CSR) con il lancio di PPR Home, una linea di prodotti sostenibili. La strategia del gruppo consiste nel ridurre l’impatto sociale e ambientale del lusso. Anche Timberland ha deciso di seguire questa filosofia adottando nuovi standard ecocompatibili per l’acquisto delle sue fibre e impegnandosi attivamente sul territorio a favore della salvaguardia del pianeta. Negli ultimi anni c’è stato un vero e proprio boom dell’abbigliamento eco. Nel 2011, durante la
THE UGLY TRUTH OF V Il blog di Virginia Varinelli nasce nel settembre 2011, diventando subito un riferimento per gli appasionati di moda e gli addetti ai lavori. Quotidianamente il blog registra accessi da ogni luogo del mondo. Virginia è di Milano. Si è laureata in Economia nel 2009 e ha subito cominciato a lavorare. Da uno stage a Parigi presso Diane von Furstenberg è sbocciata la sua grande passione per la moda. Ha recentemente lanciato il suo brand Viridì, che in pochi mesi di vita ha già raccolto numerosi ammiratori. www.uglytruthofv.com
onstage marzo 59
STYLE
JEAN PAUL GAULTIER “LE BEAU MALE” LA PRIMAVERA AUMENTA LA TEMPERATURA DELLO SPIRITO: ARRIVA UNA NUOVA ALCHIMIA SENSUALE ALLA MENTA, ARTEMISIA, LAVANDA E MUSCHIO. 75 ml 57,20 Euro
REPLAY MAGLIA ALL’UNCINETTO CON INSERTI IN RAFIA. MASSIMO RISULTATO CON POCO COTONE. 159 Euro
H&M CONSCIOUS COLLECTION BORSA CON MANICI IN ECOPELLE E TRAMA IN SETA E CANAPA ORGANICA DAL MOTIVO FLOREALE. 49,95 Euro
di pesticidi. I semi, infatti, vengono piantati già colorati e crescono in tre varianti: ecrù, verde e marrone. Tra i tessuti ecocompatibili più in voga nel campo dell’abbigliamento c’è la canapa, che oltre ad avere numerose proprietà terapeutiche, è considerato un prodotto ad alto valore ecologico poiché non richiede pesticidi e diserbanti. Inoltre, dalla canapa si ottiene un filo resistentissimo, pulito e con una struttura molecolare che rende il tessuto fresco d’estate e ideale per la protezione dai dannosissimi raggi infrarossi. L’interesse per il feel green si sta pian piano divulgando anche in altri settori, dagli ecoalberghi ai ristoranti green, dall’arredamento naturale per la casa all’auto ibrida e alla spesa bio. Ma quali sono i comportamenti e gli oggetti ecologicamente corretti che fanno tendenza e possono essere considerati “alla moda”? Oltre all’abbigliamento esistono gioielli ecologici e condomini ecosostenibili come il Riverhouse di New York (Leonardo di Caprio è uno degli inquilini). In queste case le fonti di energia sono rinnovabili e per i fabbisogni energetici ci sono attrezzature che riducono almeno del 30% il consumo di acqua, grandi finestre per l’illuminazione naturale, strutture per la raccolta differenziata e riciclaggio dei rifiuti, deposito di biciclette e giardino pensile. La stilista che più si distingue per la sua personale lotta nel “ripulire” il pianeta è Stella McCartney. La sua Itbag “falabella” - proposta in tutti i colori ma sempre in ecopelle - è il simbolo dell’ecofriendly, un must have per qualsiasi fashionista. La figlia del grande Paul ha anche proposto una linea di occhiali da vista green che si servono di un bioacetato ricavato per il 54% da risorse naturali (cellulosa rinnovabile e biodegradabile e plastificanti naturali). l
60 onstage marzo
L’OREAL COLOR RICHE, LO SMALTO LA TINTA GREEN HAUTE COUTURE CI PROIETTA VERSO LA BELLA STAGIONE. E COL PENNELLO APPLICATORE È ANCORA PIù FACILE GIOCARE CON IL COLORE. 5 Euro
LACOSTE LIMITED EDITION 1933-2013: 80 ANNI DA FESTEGGIARE CON UNA COLLEZIONE LIMITED EDITION (CON TANTO DI LOGO DEDICATO) 85 Euro
Parka Denim&supply ralph lauren PIENA DI TASCHE UTILI. adatta PER LA città Ma anche per scampagnate domenicali 190 Euro
HUNTER PER CHI HA IL POLLICE VERDE E UN GIARDINO DA CURARE. MA ANCHE PER TUTTI GLI ALTRI. 158 Euro
JUST CAVALLI EYEWEAR IL modello della nuova collezione estiva 2013 si presenta con COLORI E SUGGESTIONI CHE evocano LA NATURA PIù INCONTAMINATA 198 Euro
FALABELLA BY STELLA MCCARTNEY IN TRE MISURE E DIVERSI COLORI, IN ECOPELLE O FINTA NAPPA 841 Euro
HIP HOP SPORTSMAN COLLECTION COLORATO, WATERPROOF E CASSA TAGLIA XL CON DATARIO E LANCETTA DEI SECONDI. IDEALE PER LO SPORT. 49 Euro
REPLAY PANTALONI CINQUETASCHE DI COTONE MORBIDO Da sfoggiare CON LA PRIMAVERA. 119 Euro
BIKINI I LOVE NATURE PER VERE ECO-ADDICTED. REALIZZATO IN FIBRE NATURALI ED ANALLERGICHE. DISPONIBILE IN VARIE FANTASIE 48 Euro
TIMBERLAND Earthkeepers Boot RESISTE A TUTTO E DIFENDE L’AMBIENTE. TELA 100% IN MATERIALE RICICLATO E PELLE PROVENIENTE DA UNA CONCERIA DI CATEGORIA SILVER 280 Euro
Greenpeace lancia il Fashion Duel La più famosa e importante associazione
Greenpeace ha deciso di entrare in azione:
Golino, testimonial della campagna, l’asso-
per la tutela dell’ambiente e dei diritti degli
non boicottando i brand, ma piuttosto ren-
ciazione ha divulgato la sua sfida in Rete, at-
animali lancia la sfida alle maison in nome
dendoli consapevoli dei danni che stanno fa-
traverso i propri canali e diversi fashion blog.
di una moda eco-freindly. L’industria della
cendo all’ambiente. Arrivano i primi risultati:
Ma le attività proseguono anche sul campo:
pelle sta deforestando l’Amazzonia e l’in-
Valentino ha deciso di aderire al programma
durante la Milano Fashion Week, Greenpea-
quinamento tessile sta distruggendo i fiumi
“Fashion Duel” utilizzando prodotti e lavo-
ce ha fatto sfilare una modella “in verticale”
(sono solo due dei tanti esempi), per questo
razioni a impatto zero. Con l’aiuto di Valeria
sulla facciata del castello Sforzesco.
onstage marzo 61
STYLE
ECO-coscienza o TREND del momento? 10 prodotti per METtere tutti d’accordo IL TEMA DELLA SOSTENIBILITà AMBIENTALE DEI PRODOTTI CHE CONSUMIAMO DIVENTA SEMPRE PIù RILEVANTE NELLA VITA DI TUTTI I GIORNI, OLTRE CHE NELLE SCELTE POLITICHE (?). ECCO QUALCHE CONSIGLIO PER UNIRE COSCIENZA AMBIENTALE E RICERCA DELLO STILE.
62 onstage marzo
NEW BALANCE - NEW SKY Tramite la lavorazione del Pet è stato possibile produrre questa nuova linea di calzature. 8 bottigliette di plastica sono sufficienti per crearne il 95%, il restante 5% è composto da gomma, schiuma ed un collante a base acquosa. Al momento sono in vendita solo in America a prezzi ragionevoli. 70/90 $
LUSH - KARMA SHAMPOO Perché uno shampoo solido? Soprattutto per ridurre gli sprechi eliminando migliaia di inutili bottiglie di plastica. 1 confetto corrisponde ad 80 shampoo, che equivalcono a 3 bottiglie da 250 ml. Karma shampoo non solo non si rovescia ma dona ai capelli un gradevole profumo di arancia e patchouli. 8,25 Euro
CORK - PAMIO DESIGN Anche lo studio Pamio Design non si tira indietro e propone una seduta eco. Cork: uno sgabello composto da varie stratificazioni di cartone ondulato e riciclato. Ad assicurare un’ottimale resistenza due spalle di mdf che rendono il tutto più stabile e ci riparano da brutte figure! 97 Euro
ECOPOWER 2788- ARIETE Per sentirsi davvero green bisogna applicarsi anche nell’economia domestica. La nuova Gamma di articoli Ariete propone prodotti che accostano grandi prestazioni a bassi consumi energetici, così la nostra casa ne giova e l’ambiente è al riparo da inutili maltrattamenti. 194,22 Euro
COPERTA IN BAMBOO Ti piace viaggiare? Questa coperta potrebbe fare proprio al caso tuo. Realizzata in fibra di bamboo e biodegradabile al 100% è adatta anche per chi è sensibile ad allergeni e materiali trattati. La confezione include una mascherina per gli occhi con le stesse caratteristiche. 39,50 Euro
BITOSSI - BIO HOME Bitossi crea la nuova collezione ecofriendly Bio Home. Una serie di accessori da cucina realizzati in bambù, materiale dalle proprietà eccellenti e molto più sostenibile del legno tradizionale. Da non sottovalutare l’aspetto: colori freschi e linee vivaci. Cereal Bowl 7,30 Euro
RENAULT TWIZY L’industria dell’auto è proiettata verso veicoli che abbiano sempre meno impatto ambientale, riducendo i consumi o addirittura azzerandoli. Come Renault Twizy. Ideale nel traffico cittadino, Twizy è un urban crosser elettrico disponibile in due versioni: Twizy 45 guidabile dai 14 anni con patentino e Twizy per tutti quelli che posseggono la classica patente di guida. Twizy 45 da 6.990 Euro Twizy da 7.690 Euro
SIGG - BORRACCIA Fondata in Svizzera più di 100 anni fa, SIGG si è specializzata nella creazione di borracce di alluminio riciclabili. SIGG si batte fermamente per la diminuzione dell’uso della plastica a favore dell’utilizzo dell’acqua del rubinetto. Disponibili in numerosissime varianti e fantasie. 16,30 Euro
! ! n enn
gre
FREITAG - COVER I PAD iPhone, iPad e soci sono al sicuro dentro a queste custodie Freitag. Per il marchio svizzero le dimensioni non contano ma l’ambiente sì. Realizzate riciclando teloni di camion non temono il confronto con altre dello stesso genere. Disponibili in molte colorazioni e misure. 64 Euro
FLOWER by KENZO Ecco a voi il primo profumo ecosostenibile. La famosa maison francese sembra molto attenta alla salvaguardia del pianeta tanto da mettere sul mercato un profumo con flacone riciclabile ed eco-ricariche. Anche il packaging è di materiali ecologici. 50 ml, 78 Euro
onstage marzo 63
WHAT’S NEW
LA CLASSE
NON È
ACQUA Tra le imprese di Bowie ricorderemo anche questa: ha inciso un disco senza che nessun indizio trapelasse nell’era della comunicazione massiva e delle compulsioni da social. Ci vogliono classe ed eleganza, doti che il Duca Bianco possiede a quintali, come mostra il nuovo e bellissimo album. di Stefano Gilardino
L
a storia la sapete più o meno tutti. Dopo un decennio di assenza e leggende metropolitane che lo davano per malato, specialmente dopo i problemi al cuore di qualche tempo fa, il Duca Bianco ha finalmente deciso di interrompere il digiuno discografico e tornare sulle scene. E lo fa - ma è pure ovvio ricordarlo - con classe incomparabile e un disco, The Next Day, che fin dalle prime indiscrezioni si rivela essere un successo in ogni senso: artistico, e meno male, di marketing (annunciato senza neppure la minima avvisaglia) e grafico, con quella copertina geniale e semplice che cita Heroes e, al tempo stesso, ne è la negazione. Proprio quell’album, però, e soprattutto la città in cui ha avuto origine e di cui è quasi un emblema, Berlino, è un ottimo punto di ripartenza anche per The Next Day, introdotto da un singolo, Where Are We Now?, che dalla capitale tedesca riceve nuovamente ispi-
THE NEXT DAY Sony Music Italy
rock e glam - vedi (You Will) Set The World On razione e quel senso di nostalgica decadenza Fire -, i rimandi a Berlino come abbiamo già che Bowie ha sempre amato sopra ogni cosa. detto più volte, sia nel primo singolo che nel Ma che le cose non fossero così semplici, a pezzo che dà il titolo al disco, ma anche tracriconferma di una ritrovata vena compositice di pop anni Ottanta, come nella già citata va dopo gli ultimi e poco fortunati capitoli The Stars o in Valentine’s Day, ballad molto della sua discografia, lo si è capito anche dal intensa. E poi l’unione tra sound moderno e secondo estratto, uscito pochi giorni fa, The atmosfere retrò di If You Can See Me, la struStars (Are Out Tonight), splendida ballata camentale Plan (che tuffo al cuore...), l’afflato ratterizzata dall’uso del sax e da un ritmo sinepico di Love Is Lost e ancora Dancing Out In copato che ci rimanda al Bowie di Let’s DanSpace, You Feel So Lonely You Could Die e una ce (oltre che da un fantastico video di Floria Sigismondi), che ha aumentato a dismisura l’attesa per uno dei siUn successo artistico, e meno male, di curi successi del 2013. marketing (annunciato senza neppure la Due anni in compagnia dell’aminima avvisaglia) e grafico, con quella mico e produttore Tony Visconti copertina geniale e semplice che cita Heroes - altro rimando al suo periodo e, al tempo stesso, ne è la negazione. berlinese - circondato da fidati musicisti, tra cui il chitarrista Earl splendida bonus track come So She. Slick (ma nessuno di coloro che partecipò a E se la qualità musicale riesce a essere quei dischi storici), e un silenzio assordante stupefacente nella maggior parte dei pezzi, che circondava le registrazioni di quello che quello a cui si fa fatica realmente a credere possiamo affermare essere il suo miglior laè l’incredibile integrità della voce di Bowie, voro da tempo immemore, un ritorno alla anzi delle voci: da crooner, da rocker, baritoforma e al rock come non ci si aspettava nepnale o quasi urlata. Auguriamoci solo che si pure più. Non uno sguardo verso il futuro, tratti di un nuovo inizio, l’impressione è che come spessissimo è capitato con gli album di il Thin White Duke abbia in serbo parecchie Bowie, ma un fantastico viaggio attraverso le altre sorprese. fasi migliori della sua vita: ci sono i classici riff
onstage marzo 65
I
MUSICA
l primissimo ascolto di Amok produce un effetto quasi immediato, persino un sollievo: il disco è certamente meglio delle ultime prove targate Radiohead e questo è un buon inizio. Solo un attimo dopo ci si accorge del paradosso, ovvero del fatto che si sta effettuando un paragone che, in teoria, non dovrebbe sussistere. Gli Atoms For Peace, sorta di supergruppo formato da Thom Yorke, dal produttore Nigel Godrich e da Flea (R.H.C.P.), con qualche contributo di Mauro Refosco (Forro In The Dark, ma pure i Peppers) e Joey Waronker (Beck, R.E.M.), all’atto pratico risultano principalmente un (bel) capriccio del talentuoso musicista inglese e del suo produttore, i quali hanno approntato un album intero tagliando e componendo tre giorni di registrazioni e jam della band. Il risultato finale, come abbiamo detto, è meglio di quanto prodotto dal gruppo principale di Yorke in tempi recenti, ma purtroppo non si discosta neppure troppo da una strada che ormai sta cominciando ad apparire
ATOMS FOR PEACE AMOK
(XL Recordings)
un po’ scontata e senza sbocchi - quella intrapresa da Kid A/Amnesiac in avanti, a grandi linee. E, tenendo conto che la maggioranza dei fruitori di Amok sarà composta da fan dei Radiohead (anche perché, a dirla tutta, del basso di Flea non è che si scorgano grandi tracce), l’ascolto del disco riserva comunque ottime sorprese qua e là, come Reverse Running, Unless, Judge, Jury And Executioner e la title track. Bel disco, dunque, pur con i dubbi di cui sopra.
di Stefano Gilardino
Micro-reviews Black Rebel Motorcycle Club Specter At The Feast (Abstract Dragon)
La morte del padre di Robert Levon Been è il presupposto del settimo album dei californiani: non poteva che uscirne un disco oscuro. Ma l’anima vibra, eccome #rocknrollneverdie
66 onstage marzo
I MINISTRI Per un passato migliore (Warner Music)
Ogni 30enne italiano deve fare i conti con la merda in cui è finito il paese. Anche i Ministri, che reagiscono con la solita bordata di anarchia, sonora e lirica #consciousness
Andrea Nardinocchi Il momento perfetto (Emi Music Italy)
Lo sguardo rivolto verso le produzioni elettroniche attuali che mischiano soul e dubstep elegante, pulizia e polvere, naturalezza e artificio. Con tanta melodia #ariafresca
Suede Bloodsports (Warner Music)
La sensazione che si prova davanti a una vecchia foto che ci ritrae bambini e sorridenti. Il ritorno di Brett Anderson e soci è esattamente quella roba lì #nostalgiadeitempiandati
Sterophonics - Graffiti On The Train (Sour Mash)
di Alvise Losi
Diciamolo subito, non è un grande disco. Dopo quattro anni era lecito attendersi qualcosa di più dagli Stereophonics. Ma Graffiti On The Train segna se non altro il tentativo di percorrere qualcosa di nuovo e sinora inesplorato dalla band gallese. Dopo quasi vent’anni di carriera, il cantante Kelly Jones, accompagnato dal bassista Richard Jones, snocciola dieci tracce che dovrebbero essere ciascuna parte di un’unica sceneggiatura. Quasi un concept album che si dimostra però troppo eterogeneo, con poche canzoni degne di nota, anche se molte funzioneranno dal vivo. Come la title-track, classica ballata brit pop, e il singolo Indian Summer, in odore di Bon Jovi. Perché una cosa è chiara: il disco è un omaggio alla storia del rock e ogni canzone è debitrice di un’epoca. Been Caught Cheating è un soul che arriva dagli anni Sessanta del Sud degli Stati Uniti. Piacevole, ma solo fino a un certo punto, perché la voce di Kelly Jones non è quella di Sam Cooke. Take Me è invece la traccia migliore di un album a più facce, alle quali la stessa copertina allude. Un disco non memorabile, ma comunque godibile, che segna il passaggio a un nuovo periodo per gli Stereophonics. Tentativo coraggioso, che manca però di una scrittura solida nei testi e di almeno un singolo trascinante.
Nick Cave & The Bad Seeds - Push The Sky Away (Bad Seed Ltd/Self) Qualcuno è ancora capace di fare musica rock e blues. E quanto se ne sentiva il bisogno. Dopo cinque anni, Nick Cave & The Bad Seeds tornano con un disco necessario. Piacevole, lineare, pulito e impreziosito da alcune gemme. Un risultato per nulla scontato, specialmente dopo l’addio di Mick Harvey, storico cofondatore e (co)anima del gruppo. Push The Sky Away può essere un primo passo per cominciare a conoscere il mondo di Nick Cave. Un panorama fatto anche, soprattutto di tanto altro. Perché se una critica si può muovere a questo disco è la quasi eccessiva omogeneità delle tracce. Che però è anche il grande pregio di un lavoro curato. Gli arrangiamenti (incognita dopo l’addio di Harvey) sono minimalisti e creano il giusto equilibrio tra le diverse anime del disco. Ne giova la voce di Re Inchiostro, profonda e limpida: mai, nei precedenti lavori, era stata tanto in primo piano. Merito delle nuove sonorità che si legano con delicatezza alle parole. In fondo sono proprio i testi a rendere Cave uno dei più apprezzati cantautori di sempre. Un disco da poter ascoltare (quasi) in ogni occasione. Da tenere in sottofondo, o nelle cuffie isolati dal mondo, da studiare per capire ogni sfumatura di splendide canzoni come We No Who U R, Jubilee Street, Mermaids, Higgs Boson Blues.
di Alvise Losi
Hurts - Exile (Sony Music Italy)
di Marco Rigamonti
Risale al 2010 l’esordio di Theo Hutchcraft e Adam Anderson, mancuniani con una predilezione per melodie pop nostalgiche, arrangiamenti vistosi e suoni sintetici non innovativi ma prodotti ad arte. Dopo il successo, la parte più ardua: confermarsi. Exile apre con una title-track che per note, atmosfera e interpretazione vocale ricorda i Muse, e di brutto. Niente di male, ma quando decidi di maneggiare un cristallo devi fare attenzione, basta poco per mandarlo in frantumi. Non c’è il tempo per valutare l’azzardo, chè l’inciso di Miracle cattura l’attenzione scimmiottando i Coldplay di Princess Of China. Il beat mezzo Timbaland di Sandman e una Blind che sembra figlia della citata Miracle non aiutano a farsi un’idea chiara del disco. Al primo ascolto si potrebbe perfino pensare che il riff di Only You sia un tributo ai Fiction Factory di Feels Like Heaven, ma dopo un tot di scopiazzature mal celate diventa impossibile fare i buoni: le idee scarseggiano. Fortunatamente con The Road e Cupid subentrano sonorità quasi industrial che rinfrescano non poco l’aria stantia, mentre un sottile approccio dubstep salva Mercy dall’anonimato. Quello stesso anonimato in cui finiscono The Crow e The Rope, e dal quale invece rifugge la vigorosa Somebody To Die For. A conti fatti, un po’ pochino per parlare di conferma.
onstage marzo 67
E
CINEMA
The Croods © 2012 DreamWorks Animation LLC. All Rights Reserved
ra il 2005 quando Kirk De Micco iniziò a scrivere una buffa storia ambientata in epoca preistorica. Ad aiutarlo nientemeno che il leggendario ex Monty Python, John Cleese. Si trattava inizialmente di un’avventura con due amici trogloditi trasformatasi, dopo l’ingresso nel progetto di Chris Sanders, in un film sul primo nucleo familiare umano. Quando il complesso di roccia in cui vivono collassa su se stesso, davanti ai Croods si apre un paesaggio che non sospettavano potesse esistere. In cerca di una nuova casa/caverna e in fuga da quella che sembra essere la fine del mondo, Grug e Ugga insieme ai figli Hip, Tonco e Sandy e con la nonna Gran intraprendono un viaggio alla scoperta di colori, sapori, piante e animali. La fantasia dei registi De Micco e Sanders ha portato in vita una fauna non così distante da quella che potrebbe concepire Elio e le Storie Tese nel “boschetto della sua fantasia” (vedi Il vitello dai piedi di balsa). Cucciodrilli, rapirane, lucioyote, fantopi e inciampilli fanno parte del gioco infantile sugli incroci delle specie che si presta molto alla satira sull’evoluzione, nonostante la famiglia di Neanderthal si dimostri progressista. I loro problemi sono attuali: l’irrequietezza
a cura di Antonio Bracco
I Croods dei figli adolescenti, la “primitività” dei genitori e le suocere rompiscatole. I Croods ha sconfitto lo scetticismo dei critici al Festival di Berlino, inizialmente freddi di fronte al layout grafico dei personaggi non particolarmente accattivante. Tra le star di Hollywood che hanno prestato la propria voce ai cavernicoli ci sono Nicolas Cage, Emma Stone, Ryan Reynolds e Cloris Leachman che doppia la suocera (se il nome non vi dice niente pensate a Frau Blücher di Frankenstein Junior).
critica pubblico USA, 2013, 90 min.
Con le voci italiane di Francesco Pannofino, Rosalia Misseri Di Kirk De Micco, Chris Sanders
Micro-reviews Buongiorno papà di Edoardo Leo (Italia, 2013) Commedia su un 40enne fieramente single e sciupafemmine (Raoul Bova) che si scopre padre di una 17enne. I loro sono due mondi in collisione, ma lei lo mette in riga a suon di #sentimenti e responsabilità.
68 onstage marzo
IL LATO POSITIVO
di David O. Russell (USA, 2012) Dimesso da una clinica, Pat (Bradley Cooper) decide di ignorare il #disordinebipolare di cui è affetto. L’ex moglie non vuole saperne lui, ma qualcosa cambia quando incontra la bella Tiffany (Jennifer Lawrence).
IL CACCIATORE DI GIGANTI di Bryan Singer (USA, 2013) Un’antica guerra riaffiora quando un giovane agricoltore apre una porta tra il nostro mondo e quello di una spaventosa razza di giganti. Alto budget per questo #fantasy in 3D diretto da Bryan Singer.
SPRING BREAKERS
di Harmony Korine (USA, 2012) Quattro studentesse (tra cui Vanessa Hudgens e Selena Gomez) svaligiano un fast food per pagarsi le vacanze. Ovviamente arrestate, vengono tirate fuori da un rude criminale (James Franco) #dalcuoretenero.
IL GRANDE E POTENTE OZ di Sam Raimi, USA, 2013
critica pubblico
Oscar Diggs è un illusionista di un piccolo circo dall’etica discutibile. Quando viene trasportato dal polveroso Kansas nel fantastico Regno di Oz, Oscar pensa di aver vinto alla lotteria: fama e fortuna sono a sua completa disposizione. Tre streghe del regno, però, Theodora, Evanora e Glinda non sono convinte che lui sia il grande mago che tutti credono. Coinvolto suo malgrado nei conflitti del Regno di Oz e dei suoi abitanti, Oscar deve capire chi è buono e chi è cattivo prima che sia troppo tardi. Grazie alle sue arti magiche e con un po’ di illusione, ingenuità e perfino stregoneria, il giovane si trasforma nel grande e potente Mago di Oz. E anche in un uomo migliore. Ispirandosi naturalmente al famoso personaggio creato da L. Frank Baum, il film prova ad immaginare le origini del Mago di Oz e di come sia finito in quel mondo magico. In 3D. Cast: James Franco, Michelle Williams, Mila Kunis, Rachel Weisz, Abigail Spencer, Zach Braff, Joey King, Martin Klebba, Ted Raimi
GLI AMANTI PASSEGGERI di Pedro Almodóvar, Spagna, 2013
A bordo del volo 2549 della compagnia Península c’è qualche problema tecnico. Ma l’ansia e la paura di volare dei viaggiatori sono gestite meravigliosamente dai membri dell’equipaggio. Con strani cocktail e balletti provocanti, i tre steward tengono la situazione sotto controllo mentre i passeggeri scoprono qualcosa di più su loro stessi e sulle persone sedute accanto. In piccoli ruoli compaiono anche le star internazionali Penélope Cruz, Antonio Banderas e Paz Vega. Almodóvar interrompe la serie di melodrammi che nell’ultima decade hanno dimostrato tutta la sua maturità artistica e firma una commedia. Già dalla duplice lettura del titolo si coglie che il mondo di sentimenti e relazioni interpersonali in cui il regista si muove abitualmente è presente anche in questo film. I costumi sono firmati da Davidelfin, ex pittore diventato stilista. Il Cast: Cecilia Roth, Javier Cámara, Hugo Silva, Antonio De La Torre, Miguel Ángel Silvestre, Carlos Areces, Carmen Machi, Blanca Suárez, Lola Dueñas, José María Yazpik
critica pubblico
BENVENUTO PRESIDENTE! di Riccardo Milani, Italia, 2013
critica pubblico
Grande ottimista e amante delle cose semplici, Peppino è un umile montanaro il cui nome all’anagrafe è piuttosto impegnativo: Giuseppe Garibaldi. E per questo ha il destino segnato. Un giorno la sua vita (e quella degli Italiani) viene stravolta quando, per un equivoco colossale, Peppino è eletto Presidente della Repubblica. L’uomo sale al Quirinale dimostrando un’incorruttibilità che mai si era vista nella politica del nostro Paese. Peppino non si fa sedurre dal potere, anzi, con una ventata di anarchia e giubilante follia permette alle istituzioni in crisi di respirare aria nuova. Incapace di sottostare alle regole del protocollo si lascia guidare da buonsenso e onestà. Per alcune sequenze la troupe è stata autorizzata a girare a Montecitorio, mentre gli interni del Quirinale sono quelli della Reggia di Venaria Reale, vicino a Torino. Il Cast: Claudio Bisio, Kasia Smutniak, Beppe Fiorello, Remo Girone, Massimo Popolizio, Michele Alhaique, Cesare Bocci, Stefania Sandrelli
onstage marzo 69
GAMES
a cura di Blueglue
Micro-reviews Persona 4: Golden
(Ps Vita) Il bizzarro gioco di ruolo giapponese che unisce magistralmente battaglie a turni vecchia scuola e relazioni sociali moderne sbarca anche su Ps Vita, con ottimi risultati. #Datingsimulation #J-RPG
Dead Space 3
TOMB RAIDER LARA NON SI TOCCA
(Xbox 360, Ps3, PC) Il terzo capitolo della storia dell’ingegnere Isaac Clarke alle prese con i necromorfi sacrifica un po’ di tensione in favore di un approccio più dinamico; e questa volta c’è anche la coop. #Survivalshooter
Torna la video-eroina più famosa di sempre. Successo garantito. The Cave
Produttore: (Crystal Dynamics / Square-Enix) Genere: Avventura / Azione Disponibile per: Xbox 360 / PS3 / PC
A
ndiamo con ordine. C’era una volta Prince Of Persia, un platform di fine anni 80 passato alla storia per l’animazione sbalorditiva, nel quale il protagonista poteva appendersi e issarsi sulle sporgenze - un dettaglio non da poco. La trasposizione in 3d di alcune intuizioni di tale classico si concretizzano nello sconvolgente Tomb Raider del 1996, dove l’archeologa Lara Croft (entrata di prepotenza nelle fantasie erotiche di tutti i giocatori grazie al suo fisico mozzafiato) si esibisce in evoluzioni incredibili scalando altezze impressionanti, volteggiando e tentando salti al cardiopalma. Il successo ha fatto sì che la serie sfornasse ben 9 episodi in 12 anni; ma come è ovvio che sia, a un certo punto la stanchezza e l’età si fanno sentire. è quindi giunto il fatidico momento del Reboot - letteralmente “Riavvio”. Naturalmente Lara non si tocca (in nessun senso), e nemmeno gli scenari: un naufragio, un’isola misteriosa, la protagonista che si sveglia in una caverna, imprigionata in un bozzolo a te-
70 onstage marzo
sta in giù. Le prime fasi di gioco rasentano la perfezione: l’evasione di Lara, tra adrenalina e claustrofobia, è uno degli incipit più azzeccati della recente storia videoludica. La fuga dalla grotta buia, l’incedere di una Lara claudicante che lotta nel fango, la tempesta tropicale, un ultimo fiammifero per accendere un fuoco che significa sopravvivenza, i ricordi di una vita asciutta intrappolati in una telecamera. E poi la decisione di cercare gli altri sopravvissuti che conduce ad esperienze difficili, tipo recuperare un’arma da un corpo senza vita o cacciare un cervo e nutrirsi della sua carne cruda per non morire di fame. Episodi che letti così potrebbero apparire banali, ma che vengono espressi e comunicati ad arte. Il nuovo Tomb Raider si sbarazza della struttura lineare lasciando più libertà, rispolvera l’elemento puzzle in maniera intelligente (Resident Evil, sei all’ascolto?) e - cosa fondamentale - conquista dal primo momento in cui si impugna il pad. Se a fine 2013 verrà premiato come miglior gioco dell’anno non ci sarà da stupirsi.
(Xbox 360, Ps3, Wii-U, PC) Bentornato Ron Gilbert: il genio che in altre ere partorì un classico come Monkey Island sforna una nuova avventura cartoonesca bidimensionale semplice ma d’atmosfera. #Nostalgia #Avventuraapiattaforme
Crysis 3
(Xbox 360, Ps3, PC) Nel 2047 New York somiglia a una foresta pluviale; spetta al veterano Prophet (munito di immancabile nanotuta e di un arco ultratecnologico) svelare il mistero. Con le cattive, naturalmente. #Nanotuta3.0 #FPS
HI-TECH
Benvenuta!
AD APRILE DEBUTTA ONSTAGE RADIO di Gianni Olfeni
HOT
! PRIMA E UNICA
Avete mai ascoltato una digital radio che trasmette solo musica live? Anticipare la vostra risposta: no! Onstage Radio è il primo progetto radiofonico digitale interamente costruito intorno alla musica live. Cliccando play accederete al nostro mondo: i concerti. La selezione musicale, curata da Daniele Tognacca (Radio Deejay, Virgin Radio e altre nel suo curriculum, vi farà rivivere le emozioni dei grandi live di artisti italiani e internazionali 24 ore su 24. 72 onstage marzo
COMPUTER
Il player di Onstage Radio sarà naturalmente posizionato all’interno del sito di Onstage. Ma non solo: lo troverete anche in un ampio numero di siti partner (l’elenco completo sarà pubblicato a ridosso del lancio della radio). Insomma, lo troverete in Rete e potrete accedervi da qualunque dispositivo, fisso o mobile. Se invece volete ascoltare la nostra digital radio senza entrare in Internet, potete addirittura scaricare il Desktop Player sul vostro pc. Sarà ancora più semplice e immediato.
MOBILE
Per facilitare l’accesso e migliorare l’ascolto in movimento, potrete scaricare l’app di Onstage Radio sui market place dei dispositivi Apple (App Store) e Android. L’interfaccia della nostra applicazione è semplice da fruire: ascoltare musica rigorosamente live, conoscere la programmazione e gli artisti proposti sarà semplicissimo. E se vorrete condividere l’ascolto con i vostri amici, basterà accedere alla radio con il profilo Facebook e sfruttare la funzione “Condividi”.
COMING SOON
GIANNA NANNINI di Tommaso Cazzorla
I
l 2013 segna il grande ritorno di Gianna Nannini. Ad inizio gennaio è uscito Inno, che arriva a due anni dal precedente Io e te, e ad aprile inizia la tournée che porta in tutta Italia vecchi e nuovi successi della rocker di Siena. Il tour parte da una doppia data romana per poi toccare le principali città italiane, con la ferma volontà di offrire al pubblico uno show ancora più energico del solito: «Saranno concerti molto più rock: una cosa irresistibile» ha detto la Nannini a proposito dello spirito di questa nuova avventura. Del resto Inno è un disco ad alto voltaggio ed è naturale che questa forza si esprima anche dal vivo. Per ottenere questo risultato, la Nannini si è affidata ancora una volta alla direzione musicale di Will Malone (che ha prodotto anche l’ultimo album), uno che vanta collaborazioni con Black Sabbath, Depeche Mode e Iron Maiden. A occuparsi della parte visiva invece è stato chiamato il light designer Patrick Woodroffe, aiutato dai vestiti che Giorgio Armani ha disegnato apposta per i membri della band e per Gianna. Ai concerti è legata un’interessante inizia-
74 onstage marzo
tiva. Tutte le date del tour saranno aperte da una canzone inedita, che promette di essere «rivoluzionariamente rock» - ancora non si conosce il titolo. Il brano può essere scaricato in esclusiva da chi compra il biglietto di una qualsiasi delle tappe del tour, grazie ad uno speciale codice che viene fornito al momento dell’acquisto. La cantante toscana ha trovato un bel modo per far sentire ancora più speciali i propri fan. Si comincia il 12 e il 13 aprile dal Palalottomatica di Roma, poi il 16 aprile al Palamaggiò di Caserta, il 18 e il 19 aprile al Mandela Forum di Firenze, il 22 aprile al Palaevangelisti di Perugia, il 23 aprile al 105 Stadium di Rimini, il 26 e il 27 aprile al Mediolanum Forum di Milano, il 30 aprile al Palaolimpico di Torino, il 3 maggio all’Arena di Verona. Insomma, le occasioni non mancano per poter ascoltare la voce femminile più ruvida del panorama italiano accompagnata dal repertorio che - arrivati ormai al diciottesimo disco possiamo dirlo - ha attraversato e segnato intere generazioni in maniera trasversale. Ma Gianna, nonostante la figlia avuta da poco, a riposarsi proprio non ci pensa, come ha dichiarato recentemente: «Smetterò quando non avrò più respirazione. Forse sono vintage, ma finché ho voce viva, io vado avanti».
*
CALENDARIO CONCERTI Afterhours 04/04 Firenze 05/04 Firenze 06/04 Mosciano (TE) 12/04 Caselle (VR) 13/04 Pordenone 18/04 Milano 19/04 Milano 24/04 Moncalieri (TO) 27/04 Rimini 30/04 Perugia Asaf Avidan 16/04 Roma 23/04 Milano Baustelle 10/04 Milano Eels 18/04 Milano
Litfiba 04/04 Bologna 06/04 Padova 10/04 Novara 13/04 Piacenza 17/04 Napoli 20/04 Roma 21/04 Roma Modà 09/04 Roma 10/04 Roma 14/04 Milano 15/04 Milano 19/04 Roma 20/04 Roma 22/04 Milano 23/04 Milano
Eros Ramazzotti 02/04 Pesaro 03/04 Bologna
Negrita 02/04 Palermo 03/04 Catania 04/04 Matera 06/04 Sanremo (IM) 07/04 Milano
FUN. 26/04 Bologna 27/04 Roma
Niccolò Fabi 06/04 Modena 13/04 Mantova
Gianna Nannini 09/04 Sondrio 12/04 Roma 13/04 Roma 16/04 Caserta 18/04 Firenze 19/04 Firenze 22/04 Perugia 23/04 Rimini 26/04 Milano 27/04 Milano 30/04 Torino
Sinead O’Connor 02/04 Venezia 06/04 Roma Tre Allegri Ragazzi Morti 06/04 Trieste 12/04 Colle Val d’Elsa (SI) Zucchero 30/04 Verona