Onstage marzo 2014

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69 marzo 2014

Torna dal vivo una delle più incantevoli voci italiane. Tre ore di show a sera, pochi costumi e un palco minimale «per stare il più possibile vicina al pubblico»

E L I S A

SKUNK ANANSIE

«Siamo aggressivi, ma c’è un lato intimista sempre vivo in noi». Skin ci parla del primo tour acustico (e teatrale) della band inglese

JAMES BLUNT

È soddisfatto come non gli capitava da tempo. Ed è pronto a portare il suo entusiasmo in Italia, Paese che ha sempre amato

+

bastille emis killa afterhours piers faccini le luci della centrale elettrica


CLUB DER VISIONNAIRES WWW.COLMARORIGINALS.IT







La redazione del New York Times nel 1942 Š

United States Library of Congress


Editoriale

S

crive Michele Lupi sul numero di marzo di Rolling Stone, che «nonostante le notizie da catastrofe, da tutto il mondo arrivano segnali della nascita di nuove riviste, soprattutto negli Stati Uniti. Nessuno - fino ad ora - è riuscito a spiegare perché, tra i nativi digitali, resiste un unico obiettivo: quando i blogger iniziano ad avere successo, desiderano produrre una rivista di carta». Si presume che sia una tendenza incoraggiante per chi fa questo mestiere, ma non credo sia necessariamente così. Premessa: secondo Marc Prensky, lo scrittore statunitense che ha coniato il termine, i nativi digitali sono le persone cresciute dopo la diffusione di massa dei PC a interfaccia grafica, quindi dopo il 1985. Quindi non si parla di ragazzini. Il fatto che abbiano l’ambizione e il desiderio di imboccare la via della carta stampata non è necessariamente un segnale di rilancio del settore. È comprensibile che un blogger 25enne desideri fondare una rivista, la carta è il riferimento classico - nel senso di storico - del giornalismo, così come è normale che un suo coetaneo che suona la chitarra in una rock band sogni di esibirsi al Madison Square Garden stringendo tra le mani una Stratocaster, possibilmente vintage. È un fatto di passione e di riferimenti. Il punto è: quale rivista, per quali lettori, distribuita in che modo. Il che ci porta dritti alla crisi della stampa. Si sta sgretolando l’intero sistema. I lettori calano in modo inversamente proporzionale all’aumento della fruizione di contenuti online, più comodi da raggiungere - il traffico mobile sta crescendo a ritmi vertiginosi - e quasi sempre gratis. Il mercato pubblicitario è in fuga verso siti e social network perché hanno più lettori/fruitori e

sistemi di advertising decisamente più efficaci: riducono gli sprechi sapendo perfettamente quanti e quali utenti raggiunge una campagna. Sfatiamo un mito: non stanno diminuendo le persone interessate ai contenuti e nemmeno i budget pubblicitari, stanno solo migrando verso altri media. Tutto questo è aggravato dai costi di stampa e distribuzione dei prodotti cartacei: per vendere 1 copia in edicola, l’editore di un magazine deve stamparne 3, due delle quali finiscono al macero. Il processo sembra irreversibile. Perché non si è solo inceppato un ingranaggio, si sta trasformando l’intera macchina, che piaccia o no. I prodotti editoriali stampati sono destinati a diventare di nicchia, così come lo sono i vinili - un mercato in espansione, ma pur sempre molto piccolo - che piacciono a un pubblico ristretto disposto a spendere qualcosa in più per la fisicità e la qualità che ne deriva. Ci sarà sempre qualcuno pronto a pagare abbastanza per sentire l’odore della carta. Io per esempio. Ma se la storia continua così resteremo in pochi, confinati in riserve indiane. E può anche andare bene, ma attenzione perché l’equilibrio costi-ricavi è precario. Se i nativi digitali di cui sopra, o chiunque voglia lanciare un’iniziativa editoriale su carta, non annusano in fretta l’aria che tira, sono destinati a un mercato nella migliore delle ipotesi specializzato, per non dire autoreferenziale (l’ho detto). Hanno una sola chance di andare oltre le nicchie: come almeno in parte è riuscito a fare Onstage, che non aspetta i lettori in edicola ma se li va a cercare ai concerti. Devono trovare il modo intervenire chirurgicamente sul sistema (lettori, distribuzione, pubblicità) e poi fare sistema loro stessi. La vedo dura.

Daniele Salomone @DanieleSalomone

onstage marzo 09


INDICE MARZO N°69

32

38 ELISA

SKUNK ANANSIE

Rinascere a 40 anni. James non vedeva l’ora di spiegarci perchè si sente così bene in questo periodo.

Ci siamo, è tempo di tornare sul palco. Lei, la sua splendida voce, e tre ore di show. Tre ore? Così dice.

Una rock band “aggressiva” sul palco dei teatri con le chitarre acustiche. Abbiamo chiesto spiegazioni a Skin.

JAMES BLUNT

44

style

48

52

56

CAROLINA CRESCENTINI

BASTILLE

light my body

Nelle sale con il nuovo film di Ozpeteck, Carolina ci ha svelato il nome della sua band preferita. E non solo.

Due concerti a Milano in 4 mesi, prima club e poi palazzetto. Qual è il segreto della band rivelazione del 2013?

Inutile far finta di niente. Cominciamo ad annusare l’odore della primavera e abbiamo voglia di leggerezza!

10 onstage marzo


RUSSELL

CROWE

JENNIFER

CONNELLY

RAY

WINSTONE

EMMA

WATSON

LOGAN

LERMAN

UN FILM DI DARREN ARONOFSKY LM DI DARREN UN FILMUNDI FIDARREN UNARONOFSKY FILM DIARONOFSKY DARREN ARONOFSKY

COLONNA SONORA SU ETICHETTA NONESUCH RECORDS

DIRETTO DA Noah-ilfilm.it

DIRETTO DIRETTO DIRETTO DA DA DA

SONORA SU COLONNA COLONNA SONORA SU COLONNA RECORDSSONORA SU ETICHETTAETICHETTA NONESUCHNONESUCH RECORDS ETICHETTA NONESUCH RECORDS

DA GIOVEDÌ 10 APRILE AL CINEMA ANCHE IN

E

ANTHONY

HOPKINS


INDICE

FACE TO FACE

26

28

FEDERICO RUSSO

EMIS KILLA

JUKEBOX

19 20 22 23 24

WHAT’S NEW

63 68 70 72

AFTERHOURS JACK SAVORETTI THE CLASH PIERS FACCINI

CINEMA GAMES TECH

BRUNORI SAS

STORIE

30

MUSICA

coming soon

74

SIXTO RODRIGUEZ

FRANZ FERDINAND

ONSTAGEWEB.COM Vinci i migliori concerti (e segui lo speciale The Voice) Come sa bene chi ci segue abitualmente sul sito e sui social (a proposito, siamo sbarcati anche su Instagram!), Onstage ama i concerti più di ogni altra cosa. E ama anche regalare ai suoi lettori i biglietti per andarci gratis, ai concerti. Da marzo la stagione live comincia a scaldare i motori e

12 onstage marzo

sono davvero tanti i contest in programma. Un nome? Elisa. A buon intenditor, poche parole. E mentre vi aggiornate sui live e su tutte le novità in ambito musicale, buttate un occhio al nostro speciale The Voice of Italy 2014. Non fate gli snob, ci sarà da divertirsi. In ogni caso… Stay live!

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OSPITI marzo 2014

Fabio Lovino

Ilaria Magliocchetti Lombi

Stuart Weston

Romano, quarantenne, sagittario, inizia a fotografare per passione ma diventa un lavoro quando comincia a seguire in giro per il mondo jazzisti e rockstar. Sue le foto di Elisa su questo numero di Onstage

Classe ’85, lavora a Roma dopo aver vissuto a Barcellona, e afferma di viaggiare il più possibile. Per questo numero ha realizzato gli scatti sia degli Afterhours che delle Luci della centrale elettrica.

Vive a Londra e si occupa di moda e bellezza. Ha realizzato le foto degli Skunk Anansie che trovate su questo numero oltre che l’artwork del loro ultimo album di inediti Black Traffic.

Stylaz

Alice Dison

Charlie Rapino

Stefano Verderi

È il marchio sotto cui si celano Riccardo Ambrosio e Andrea Peroni, coppia che propone un approccio alla fotografia moderno e contemporaneo. Potete notarlo dalle foto di Emis Killa nelle prossime pagine

Vive tra Parigi e Los Angeles dove si occupa di fotogiornalismo con piglio personale attento al sociale. La sua sensibilità emerge anche dalle foto di Piers Faccini su questo numero di Onstage.

Emigrando in Inghilterra ha trovato l’America (ma pure in Italia partecipando ad Amici come coach). Produttore dance e pop, da due anni butta benzina sul fuoco per noi dalla sua roccaforte: Londra.

“The Wizard” è il chitarrista de Le Vibrazioni. Diplomato al Musicians Institute di Los Angeles, ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affascinanti suggestioni retrò.

74 anni fa

Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007

Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com

Hanno collaborato Blueglue, Antonio Bracco, Francesco Chini, Luca Garrò, Stefano Gilardino, Massimo Longoni, Alvise Losi, Claudio Morsenchio, Elena Rebecca Odelli, Marco Rigamonti.

Ufficio commerciale Eileen Casieri e.casieri@onstageweb.com Marianna Maino m.maino@onstageweb.com Mattia Sbriziolo m.sbriziolo@onstageweb.com

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14 onstage marzo

Pubblicità Triveneto Everest ADV Viale Delle Industrie 13, Limena (PD) tommaso.perandin@everlastadv.it Pubblicità Toscana e Umbria Sara Moretti s.moretti@onstageweb.com Stampa Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI) Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl via Carlo De Angeli 3 20141 Milano Tel. 02.533558 info@areaconcerti.it


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©Jimmy King

12 mesi fa usciva il ventisettesimo album in studio di David Bowie, The Next Day. Il primo dopo una pausa di dieci

anni in cui il Duca Bianco aveva fatto perdere le tracce di sé. Un evento straordinario. Straordinario che, nell’era dell’ipercomunicazione social, Bowie sia riuscito a non far trapelare nulla dei suoi progetti fino all’8 gennaio 2013, giorno in cui annunciava l’uscita

16 onstage marzo


del disco e pubblicava il video del singolo Where Are We Now?. Straordinario avere un suo disco di inediti nel 2013. Straordinario l’album, intenso, rock, elegante. Straordinaria la copertina, dissacrante e celebrativa nel citare Heroes. Straordinari i video, girati e interpretati da grandi artisti. Ăˆ mancata solo la ciliegina sulla torta: il ritorno sul palco. Che abbia in serbo un’altra sorpresa?

onstage marzo 17



* PAURA

JUKEBOX a cura di Francesca Vuotto

NON ABBIAMO PIÙ

DOPO AVERNE PRESO IN PRESTITO IL TITOLO PER IL FESTIVAL ITINERANTE CHE ABBIAMO AMMIRATO L’ANNO SCORSO, GLI AFTERHOURS RIPORTANO DAL VIVO, PER INTERO, IL LORO DISCO PIÙ RAPPRESENTATIVO, HAI PAURA DEL BUIO?. NE ABBIAMO PARLATO CON MANUEL AGNELLI. di Francesco Chini foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

È

un Manuel Agnelli di ottimo umore e - se si pensa alle ombrosità comunemente (e stereotipicamente) associate al suo personaggio - felicemente irriconoscibile (“è da un po’ che abbiamo imparato a farcela prender bene, in questo è stato decisivo imparare a sentire di meritarlo”) quello che incrociamo in questo freddo dopopranzo di fine febbraio. All’ordine del giorno - come da un anno a questa parte - c’è Hai paura del buio?: dall’atteso ritorno del poliedrico festival intitolatogli nel 2013 all’imminente rilettura 2014 dell’album datato 1997, con annesso tour di nove date in cui la scaletta live dell’epoca sarà fedelmente riproposta. «Niente simbolismi, le nove date sono un numero casuale. Per noi è un’occasione - finalmente di “uccidere” quei pezzi, mutarli in busti di marmo una buona volta. E dare al pubblico, una tantum, esattamente quel che chiede, così da affrancarci dal solito ricattino malinteso della coerenza e potercene liberamente andare dove vorremo, in futuro. Il tutto in modo molto teatrale - sarà nelle nostre intenzioni qualcosa di differente da un “semplice” spettacolo di rock’n’roll, anche se ovviamente ci guarderemo bene dal farlo mancare. Ma senza sacralizzazioni». Un cerchio che si chiude con una sana storicizzazione, quindi. E cosa ha reso storico HPDB?? E chi erano, quegli After, a riguardarli oggi? Pare non pensarci due volte, Manuel, nel

rispondere che «con ogni probabilità è stata invidio tantissimo. Del resto, piacciano o no, i l’urgenza nuda, cruda e liberatoria che quel di- suoi Litfiba sono nati nel deserto vero: se non sco trasuda. Ci sono nomi, cognomi, indirizzi, hai quelle palle difficilmente porti avanti un numeri di telefono. E c’era una band composta progetto letteralmente terroristico com’erano di gente che si sentiva ai margini, e gridava un loro quando sono nati». E va a finire che tordisagio che era affascinante vivere ma al quale nare con la memoria a quella combo, come alle mi auguro di non tornare mai più. La storia di altre materializzatesi lo scorso anno sul palco del festival Hai paura del buio? rende fisiologico sempre, alla fine». Ecco, dunque, che lo spirito col quale oggi chiedersi: e quest’anno? «Si riparte in estate, e lo si riscrive diventa quello dell’incontro, sem- si dura fin quando tutti accettano i soli rimpre screziato di domande ancorché pacificato: tanto nei casi di Nic «Diamo al pubblico esattamente quel che Cester, Fuzz Orchestra, Vincenzo chiede, così da affrancarci dal solito ricatto malinteso della coerenza e potercene Vasi (“un virtuoso vero, sia col theliberamente andare dove vorremo» remin che con la voce”) e, soprattutto, Joan As Policewoman (“ha definito quella con noi una delle collaborazio- borsi spese. Ho due speranze: a breve quella di ni più facili di sempre, e non so dire quanto poterlo proporre anche all’aperto, in seguito sono d’accordo”) quanto in quello, già saggiato quella di sempre: far capire alla gente la poren vivo, di Piero Pelù. Al frontman dei Litfiba tata anche economica della cultura. Finora ci il leader degli Afterhours riserva parole lette- hanno dato retta in molti tra gli addetti ai lavoralmente entusiaste: «Personaggio incredibile: ri, ma continua a mancare drammaticamente della voce e dell’esperienza si sapeva, ma da la lungimiranza di scommettere sulla cultura quando siamo diventati amici ho scoperto un anche da altri settori». Troppa paura del buio? uomo di una cultura che molti non sospettano, «Probabile. Ma già solo vedere quella partecie un artista sempre assetato di novità stimoli, pazione e quella voglia di incontrarsi continua e dotato di una facilità di adattamento che gli a farci sperare. Non ci arrendiamo».

onstage marzo 19


JUKEBOX

Di Charlie Rapino

IL MOMENTO GIUSTO DOPO LA PUBBLICAZIONE DEL SUO TERZO ALBUM BEFORE THE STORM, IL CANTAUTORE ITALO-INGLESE JACK SAVORETTI DEBUTTA IN ITALIA A MARZO CON DIECI CONCERTI. di Jacopo Casati - foto di Claire Nathan

T

re dischi, concerti con Springsteen e Neil Young, la partecipazione a un video di Paul McCartney, apparizioni a festival giganteschi come Glastonbury e T In The Park. Jack Savoretti si presenta in Italia con un curriculum di tutto rispetto. Non è infatti da tutti imporsi nel Regno Unito, dove la competizione tra nuovi cantautori è spietata, e farsi conoscere attraverso popolari serie televisive come One Tree Hill e Grey’s Anatomy. L’artista giunge nel suo Paese d’origine (il padre è di Genova) forte del successo del singolo Changes e di una popolarità in costante ascesa dopo la recente apparizione nei dintorni di Sanremo durante il Festival, quando in molti abbiamo avuto modo di apprezzare il suo one man show voce e chitarra. «Avevo deciso di tornare in Italia solo dopo aver fatto qualcosa di importante all’estero e credo sia arrivato il momento. Sono felice di poter affrontare un tour così lungo». Sono dieci i concerti di Savoretti in Italia: dal 5 al 16 marzo, sarà in scena a Genova, Ravenna, Roncade (Treviso), Padova, Venezia, Milano (sul prestigioso palco del Blue Note per due show consecutivi), Bologna, Torino e Firenze e Udine. Esibirsi in piccoli club non spaventa af-

20 onstage marzo

*

LONDON CALLING

fatto Jack, anzi: «Adoro le sfide. Suonare davanti a cento persone che non ti conoscono è musica, davanti a 20.000 fan è business» ha raccontato durante la conferenza stampa sanremese. Alcuni critici hanno paragonato il suo modo di cantare e di comporre a quello di Simon & Garfunkel, altri l’hanno invece sparata grossa citando Sua Maestà Bob Dylan: «Sono accostamenti che mi fanno ovviamente piacere ma sono francamente eccessivi. Quelle sono leggende, io ho iniziato da poco il mio percorso, influenzato certamente dalla loro musica come da quella del Boss e degli Eagles. Ma tra i miei riferimenti ci «Adoro le sfide. Suonare davanti a

cento persone che non ti conoscono è musica, davanti a 20.000 fan è business» sono anche Battisti e De André, che hanno scritto canzoni incredibili, che resistono al tempo e ancora oggi suonano attuali». Non scorrono solo canzoni nel sangue italiano di Jack, che ribolle per i colori rossoblù del Genoa: «Sono un tifoso sfegatato del Grifone, vado al Marassi da quando avevo cinque anni». Chissà se ha mai incontrato il chitarrista dei Kasabian Serge Pizzorno.

CRISI DI COSCIENZA

V

engo da un’altra generazione. Nel lontano 1973, la PFM ritirò un singolo dal mercato, penso fosse Impressioni di settembre, per paura che entrasse in classifica e apparisse meno cool, in italiano fichi. Oggi il New Musical Express, la bibbia della musica fica, ha i suoi Awards, che è come se il Club Tenco diventasse Sanremo. Cosa che in effetti sta succedendo. L’invito agli NME Awards me lo piglio sempre volentieri, nella speranza di incontrare qualche biondina indie in minigonna. Non vi dico la gioia nel portare la mia salma all’O2 Arena nel fetore del trasporto pubblico - addio alle lussuose limo che scroccavo ai tempi d’oro! Di solito, esco che non so chi abbia vinto cosa. Perchè mi infilo subito nel backstage a sparare cazzate e al tavolo, o bevo o dormo. Ma quest’anno so che gli Arctic Monkeys hanno fatto razzia di premi. A me gli AM fanno, o meglio, facevano schifo. Erano troppo inglesi, facevano gli intellettualoidi e sono di Sheffield, una città che non ho mai capito. Non capisco niente di quello che sta fuori Londra, ma è un’altra storia. Adesso però le Scimmie Artiche, gran nome, sono il mio gruppo preferito, perché non fanno più i fichi e il loro ultimo lavoro è un disco di vero pop, nel senso più fetido del termine. Altrettanto vale per gli Horrors, che vengono da quel pattume di Southend e hanno presentato il nuovo singolo, un capolavoro-putridata modello Ultravox, intitolato - fantasia pura - I See You. Gli Horrors sanno benissimo di fare schifo ed è per questo che li adoro. L’attrazione della serata è stata l’80enne Debbie Harry che ha eseguito una delirante versione di Heart Of Glass, un altro discopattume. Come mi diverte il mio lavoro quando una cosa che mi faceva schifo comincia a piacermi! Insomma non sono andato nei camerini, non mi sono addormentato e mi sono pure divertito. Sto invecchiando? Forse il mio cinismo sta arrendendosi ad un lento management del declino? Inizierà mica a piacermi quella roba da democrazia, quella roba da repubblica?



JUKEBOX

COM’È FINITO TUTTO ARRIVA IL DOCUMENTARIO CHE RACCONTA L’INIZIO E, SOPRATTUTTO, LA FINE DI UNA DELLE PIÙ GRANDI ROCK BAND DI SEMPRE: I CLASH. di Tommaso Cazzorla

«S

ono stato licenziato, e quindi me ne sono andato». Nella desolazione con cui Mick Jones pronuncia questa frase c’è tutto il significato del Dvd The Rise And The Fall Of The Clash, in uscita il 18 marzo su UDR/ADA/Warner. Come dice il titolo, infatti, il documentario ripercorre attraverso le testimonianze di personaggi che gravitavano attorno alla band, l’incredibile ascesa e il successo dei Clash, uno dei gruppi più importanti del punk e della musica tutta, ma soprattutto i motivi che lentamente hanno portato alla rottura. Già dall’inizio appare evidente come le tensioni interne tenevano la band in equilibrio precario, almeno secondo le testimonianze dei loro conoscenti. «Io sapevo che Joe [Strummer] e Paul [Simonon] volevano solo

DON’T CALL ME BABY

L

22 onstage marzo

HOT LIST I 10 BRANI PIÙ ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA LAVORAZIONE DI QUESTO NUMERO PHARRELL WILLIAMS HAPPY (Girl, 2014)

IN MOSTRA A MILANO DALL’8 MARZO FINO A FINE MESE I FUMETTI DELLE BAMBINE TERRIBILI.

a Giornata Internazionale della Donna, nel 2014 cade di sabato e le iniziative, sempre numerose, ne approfittano per moltiplicarsi ancora di più. Tra le tante disseminate in tutta Italia, segnaliamo Bambine terribili, percorso espositivo ad ingresso gratuito che proprio l’8 marzo si apre al Museo Wow Spazio Fumetto di Milano, in Viale Campania, 12. Qui, fino a fine mese, la battagliera Mafalda - che quest’anno compie 50 anni - si mette in mostra insieme alle altre bambine che come lei hanno popolato il mondo delle strisce dagli inizi del Novecento ad oggi, da Little Lulu - che ha esordito nei lontanissimi Anni Trenta - alla ben più recente Lisa Simpson. Tutte bimbe che, alla faccia della loro tenera età, sanno bene come gira il mondo e non perdono occasione per bacchettare gli adulti. Aiutando così i loro lettori, grandi e piccini, a vivere e crescere con maggior consapevolezza, e il sorri-

continuare a fare rock’n’roll e non curarsi dei soldi, o di accumulare cose, mentre Mike [Jones] voleva comprare una bella casa e una bella macchina» racconta Pearl Harbour (cantante dei Pearl Harbour And The Explosions nonché ex moglie del bassista), mentre le immagini mostrano una folla in delirio per Strummer & Co. che sul palco suonano Should I Stay Or Shoul I Go. 90 minuti di interviste e spezzoni live per uno sguardo inedito sulla fine del sogno rock’n’roll della band che sembrava potesse cambiare il mondo.

so sulle labbra. L’inaugurazione si tiene alle ore 15.00 con un incontro pubblico. F.V.

DAVID BOWIE ABSOLUTE BEGINNERS (Absolute Beginners, 1986) INCUBUS PARDON ME (Make Yourself, 1999) STROMAE FORMIDABLE (Racine carrée, 2013) FOO FIGHTERS MY HERO (The Colour And The Shape, 1997) LONDON GRAMMAR HEY NOW (If You Wait, 2013) LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA LE RAGAZZE STANNO BENE (Costellazioni, 2014) THE JAM JUST WHO IS THE 5 O'CLOCK HERO? (The Gift, 1982) PERTURBAZIONE L'UNICA (Musica X - Sanremo edition, 2014) RUFUS WAINWRIGHT POSES (Poses, 2001)


EMANCIPARSI A 40 ANNI (SUONATI) PIERS FACCINI TORNA IN CONCERTO IN ITALIA DOPO AVER PUBBLICATO IL SUO PRIMO ALBUM INDIPENDENTE, BETWEEN DOGS AND WOLVES. UN LAVORO CHE GLI HA PERMESSO DI TROVARE UNA LIBERTÀ CHE SEMBRAVA PERDUTA. di Jacopo Casati - foto di Alice Dison

P

iers Faccini parla inglese, francese e anche italiano, sebbene a spizzichi e bocconi. Sa che la terra che ha dato i natali al padre è zona favorevole per la sua musica, non per nulla terrà a marzo ben otto concerti - Mantova, Livorno, Ravenna, Milano, Grottamare, Roma, Napoli e Bari: «E’ emozionante per me suonare in Italia, negli ultimi dieci anni sono sempre venuto qui a promuovere i miei dischi, l’atmosfera è sempre stata stimolante e coinvolgente. Mi sento il benvenuto e ne sono felice ». Concerti che saranno anche l’occasione per presentare al pubblico il primo pezzo da lui scritto e cantato totalmente in italiano: «Era una sfida importante riuscire a inserire nell’album una canzone in francese e una nella vostra lingua, facendo in modo che l’ascoltatore non notasse troppo la differenza nel testo e apprezzasse la continuità del disco. Scrivere Il cammino è stato molto impegnativo, quando mia moglie ha ascoltato il brano per la prima volta però, mi ha detto che era carino ma che scrivere in italiano era molto difficile. In pratica mi stava elegantemente facendo capire che non le piaceva più di tanto, forse perché era oramai abituata a sentirmi a cantare solo in inglese. Ho contattato mio cognato, Claudio Domestico degli Gnut, per chiedergli che ne pensava; lui ha apprezzato invece, così la traccia è finita sul disco dopo qualche piccolo ritocchino». Il quinto album di Piers Faccini fotografa un importante cambiamento nella sua carriera musicale: Between Dogs And Wolves è stato concepito, registrato e prodotto in modo assolutamente indipendente: «Era diverso tempo che volevo intraprendere questa strada, inoltre desideravo realizzare una raccolta di pezzi lenti e intimi perché sentivo fosse giunto il momento di provare a farlo. In precedenza non sono riuscito a farmi approvare un progetto simile, i discografici volevano anche brani adatti alle radio, so scrivere canzoni up-tempo e quindi questo, paradossalmente, limitava le mie volontà artistiche. Sono riuscito invece a fondare la mia etichetta privata, la Beating Drum, e ho ritrovato la libertà creativa che pensavo di aver

perduto. Questo album rappresenta la mia definitiva emancipazione come artista ». Nonostante l’importante novità, il songwriter britannico non ha modificato granché il suo modo di creare musica. L’obiettivo di comporre un prodotto organico è infatti rimasto quello di sempre: «Quelli della mia generazione (Faccini è un classe 1972, ndr) sono molto legati al concetto di album più che a quello di canzone intesa come potenziale singolo. Io voglio avere un filo conduttore interno al disco, fare in modo che i brani siano legati uno all’altro, credo sia importante dare all’ascoltatore un’esperienza che lo catturi dall’inizio alla fine. Benché un cantautore non abbia una scelta così vasta tra le tematiche di

cui parlare, è necessario sforzarsi per avere sempre una storia da raccontare». «Da tempo volevo incidere un disco

di pezzi lenti e intimi, ma i discografici non avevano mai approvato: vogliono brani adatti alle radio» Una storia che merita di essere ascoltata, vissuta e apprezzata durante i prossimi eventi che Piers terrà nel nostro Paese. Con quest’ultimo lavoro, Faccini si impone definitivamente nella cerchia di cantautori folk contemporanei, portatori di un messaggio che vale assolutamente la pena provare a cogliere.

onstage marzo 23


JUKEBOX

*

RETROMANIE

LA RICERCA DELLA TRANQUILLITà ABBIAMO INCONTRATO BRUNORI SAS IN VISTA DEL TOUR CHE SEGUE LA PUBBLICAZIONE DEL SUO ULTIMO DISCO. CI HA PARLATO DEL NUOVO CORSO DELLA SUA VITA E, DUNQUE, DELLE SUE CANZONI di Elena Rebecca Odelli - foto di Giacomo Triglia

A

due anni da Poveri Cristi, Brunori Sas, all’anagrafe Dario Brunori, torna a solcare i palchi dello Stivale. Nel panorama italiano Dario si è da subito contraddistinto per il suo stile mai banale, che cesella le frasi di ogni brano. E Volume 3 - Il Cammino di Santiago in taxi va letto proprio con l’attenzione rivolta verso questo suo tratto distintivo, anche perchè è un disco nato dal dualismo tra pacatezza e frenesia, che vuole indagare. «L’anno scorso mi sono innamorato della ricerca della tranquillità e ho iniziato a perlustrare diverse strade, a cominciare dallo yoga: mi interessava capire se potevo vivere ciò che stavo facendo e la quotidianità, caratterizzata dal predominio dei social network, in un modo diverso» mi ha raccontato. «Il Cammino di Santiago è nato in questa fase soggettiva di grandi domande e mi auguro che l’album e il tour mi stimolino riguardo a questa dicotomia dell’essere, voglio capire se riesco a trovare una strada. Al momento, però, devo dirti che sto bene nel dubbio». Ascoltando la tracklist del nuovo lavoro si nota che non ci sono differenze nette con i brani di un tempo: «Sono un artista che sicura-

24 onstage marzo

di Stefano Verderi

MECCANISMO PERVERSO

M

mente non tende a fare rivoluzioni copernicane né tra un disco e l’altro, né in generale in quel che propongo al mio pubblico. Riconosco che c’è molta tradizione nella mia musica, cosa che vedo come un limite e una virtù, ma tendo a non forzare questa attitudine, perché invece mi piace essere innovativo nei concetti che esprimo con i miei testi». Con questo album Brunori ha assaggiato quel successo che, come

«C’è molta tradizione nella mia musica, anche se mi piace essere innovativo nei concetti che esprimo con i testi» canta in Kurt Cobain - riprendendo Pasolini «non è niente, è l’altra faccia della persecuzione», e che è stato sancito dalle numerose date dell’imminente tour e dall’entusiasmo della critica. La sfida per lui a questo punto, conquistato il pubblico e i favori degli addetti ai lavori, sarà far emergere in sede live la parte più profonda del disco, quella delle parti di piano e voce e delle atmosfere malinconiche. Ai posteri l’ardua sentenza.

arzo è il mese dei concerti in Italia di Sixto Rodriguez. Scoprendo la sua incredibile storia attraverso il documentario Searching For Sugar Man, non ho potuto fare a meno di ragionare sul successo e sul significato della fama per un artista. Possono cambiarti la vita? Se arrivano troppo tardi probabilmente no, come nel caso di Rodriguez, che ha continuato a fare il muratore per gran parte della sua esistenza visto che i suoi dischi non vendevano o almeno così ha creduto lui - per molti anni. I primi due album di Sixto, capolavori indiscutibili, risalgono al 1970-71. Per puro caso l’americano diventa un simbolo della lotta all’apartheid in Sudafrica, vendendo a sua insaputa milioni di copie, e continuando invece a rimanere un perfetto sconosciuto negli Stati Uniti. Rodriguez scopre di essere così famoso nello Stato africano solo nel 1996: un quarto di secolo più tardi! Trovo che sia molto triste la storia degli artisti, non solo dei musicisti, che non riescono ad avere successo per lungo tempo durante la propria esistenza, fino addirittura alla morte, per poi essere celebrati una volta passati a miglior vita. È triste perchè è un fatto che riguarda soprattutto i media: se non passi in televisione, il tuo volto non è riconoscibile e quindi il tuo nome non dice nulla al grande pubblico. Se ci pensate bene, è un meccanismo perverso: se vai in tv anche senza saper fare nulla (Grande Fratello docet) rischi di diventare molto famoso in poco tempo. Se sei un artista, suoni bene e magari fai anche bella musica, ma non vai in televisione, il tuo nome o il tuo volto potrebbero essere riconoscibili troppo tardi. O non esserlo mai. Oppure, ancora, il successo potrebbe non arrivare nel tuo Paese ma altrove, dove la tua arte viene compresa e apprezzata. Non è una storia necessariamente anni ‘70, anche se allora c’erano meno strumenti di comunicazione: anche oggi, e parlo dell’Italia, abbiamo artisti molto apprezzati all’estero e poco considerati nel nostro Paese. Nemo propheta in patria.



FACE TO FACE

federico

russo Popolare voce di Radio Deejay (e non solo) da diversi anni, Federico Russo è il nuovo conduttore di The Voice Of Italy, in onda su Rai Due a partire dal 12 marzo. Ci ha raccontato novità e aspettative di questa seconda edizione del talent.

di Francesca Vuotto

D

opo anni di militanza nel campo musicale, alla guida di vari programmi in televisione e radio, Federico Russo approda nel mondo dei talent show (e sempre di musica si tratta) come conduttore della seconda edizione dello show di Rai Due, che torna rinnovato su più fronti. A lui spetterà il delicato compito di tenere a bada l’estroso quartetto formato dai coach - che si presentano con una new entry a dir poco frizzante - e di accompagnare in quest’avventura i ragazzi che cercheranno di aggiudicarsi il contratto discografico messo in palio da Universal Music per il vincitore. Il tutto, senza dimenticarsi del pubblico a casa, che - con l’aiuto di Valentina Correani - sarà coinvolto ancora più attivamente sui social network. Insomma, un ruolo piuttosto stimolante ma non semplice il suo, che è pronto ad affrontare con serenità, avendo dalla sua un bagaglio di esperienza a 360 gra-

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di, fatto anche di serate passate a suonare nei locali ai tempi del liceo. L’ho raggiunto telefonicamente qualche settimana prima del calcio d’inizio. In questa edizione vedremo diverse novità, oltre alla tua presenza come conduttore. Eh sì, tra le fila dei coach avremo J-Ax che affiancherà Noemi, Raffaella Carrà e Piero Pelù, mentre per quanto riguarda lo svolgimento, è stata introdotta la fase Knockout - che si aggiunge a Blind Audition, Battle e Live Show presenti già l’anno scorso - e l’opzione Steal, che permetterà ad un partecipante eliminato durante la fase Battle di essere ripescato da uno degli altri coach. Ne vedremo delle belle. Ti sei già incontrato con i giudici? Sono quattro personaggi belli tosti. Ci conoscevamo già e ci siamo rivisti per il programma. Sono molto diversi tra loro e ognuno ha un bagaglio di esperienza molto particolare, a cui attingerà per formare a modo suo la sua squadra e valorizzare al meglio il talento di ciascuno. E’ affascinante pensare che plasmeranno degli artisti in un modo che potrà essere decisivo per il loro futuro. E in mezzo, tra loro e i ragazzi, ci sarai tu. Il mio compito sarà proprio quello di fare da trait d’union tra coach e partecipanti. La musica ha sempre fatto parte della mia vita, da quando suonavo con il mio gruppo in giro per la Toscana a quando ho cominciato a lavorare in radio e tv. So quindi cosa significa stare su quel palco e giocarsi una chance di vita. Che idea ti sei fatto di loro? Tra tutti quelli che ho ascoltato devo dire che ci sono delle voci davvero interessanti. In generale, c’è grande varietà quanto a generi e mondi musicali a cui fanno riferimento, ma la vera chicca è un’altra: vedremo sul palco anche dei volti non proprio sconosciuti… Non chiedermi di più però perché non posso sbilanciarmi! Nel loro caso è ancora più ammirevole la volontà di mettersi in gioco con The Voice, con dei coach che danno degli insegnamenti, davanti ad un così vasto pub-

blico e avendo fatto già qualcosa in passato. Per parlare del pubblico, la presenza di The Voice sui social sarà uno degli aspetti che più caratterizzeranno questa edizione. A coinvolgerlo ancora di più ci penserà Valentina, la nostra V-Reporter. E’ bello pensare che le puntate saranno viste e commentate da un grande gruppo di ascolto, che sarà virtualmente con noi in studio e potrà entrare in contatto con quel che succederà non solo tramite il televoto, ma anche usando Twitter

«Apprezzo The Voice perchè ricrea la dinamica che i ragazzi dovranno affrontare una volta finito il programma, se continueranno nel mondo della musica»

(con l’ashtag #tvoi) o Facebook. Ne viene fuori un bel banco di prova per i partecipanti: la pressione non sarà poca nell’insieme, tra buona riuscita della performance, giudizio dei coach e commenti di chi vi seguirà da casa. Sarà un po’ come sperimentare cosa significa essere sul palco di Sanremo… Uno degli aspetti che apprezzo di più di The Voice è proprio questo, ricrea una dinamica che sarà esattamente quella che i ragazzi dovranno affrontare una volta finito il programma, se continueranno nel mondo della musica. E questo anche grazie alla presenza della resident band che li accompagnerà nelle performance. Per loro non si tratta solo di cantare, ma anche di sapere entrare in sintonia con i musicisti e gestire la relazione con loro durante l’esibizione. Non è cosa da poco, c’è chi ci riesce con naturalezza e chi invece deve imparare, per non trovarsi spiazzato quando si tratterà di salire su un altro palco. Per arrivare all’ultimo degli ingredienti di questa succulenta edizione, non mancheranno i grandi ospiti. Verranno a trovarci big della scena nazionale e internazionale, confermo! Ma i nomi non li so nemmeno io, quindi non posso proprio darvi qualche anticipazione.


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FACE TO FACE

emis killa Parte il 28 febbraio l’ambizioso tour di Emis Killa, uno dei rapper di nuova generazione più in vista della scena nazionale. Lo abbiamo incontrato per parlare di concerti, popolarità, rap, pubblico del rap e perfino del Festival di Sanremo.

di Jacopo Casati foto di Stylaz

M

eno date, più spettacolo. Questo è il Mercurio Tour, imminente serie di concerti che vedranno Emis Killa esibirsi in alcuni tra i più importanti club del nostro Paese: l’Alcatraz di Milano, l’Obi Hall di Firenze e l’Orion di Roma, tanto per fare qualche nome. Attitudine e consapevolezza dei propri mezzi sono le parole d’ordine con cui il rapper si prepara a tornare in azione. Scopriamo in che modo. Come ti senti?
 Ogni inverno vado in letargo come gli orsi, non ho voglia di fare nulla, tanto meno lavorare. Ma negli ultimi giorni il tempo è migliorato, stiamo facendo le prove del tour e mi sta tornando la carica giusta. Sarò al top per il primo concerto. Ansia?
 A pacchi. Ogni volta che sto fermo per un po’ mi ritrovo con delle nuove paure. Una volta

28 onstage marzo

temevo la gente, quindi mi venivano attacchi di panico e ora, come nuova paranoia, ho paura di non ricordarmi i testi delle canzoni. Comunque sono fiducioso, le sfide mi stimolano e ho gran voglia di tornare a esibirmi. Meno concerti, più sostanza: è un riassunto corretto?
 Assolutamente sì. A differenza del tour successivo all’uscita del mio primo disco L’erba cattiva, quando praticamente non mi sono mai fermato facendo concerti da gennaio a dicembre, questa volta abbiamo deciso di farne meno, studiarli meglio e costruirli anche dal punto di vista scenico. Ci anticipi qualcosa?
 Sul palco ho dei ledwall che proiettano grafiche con cui interagisco durante lo show. L’idea mi è venuta dopo aver assistito a un concerto di Beyoncé. Nel mio piccolo voglio provare a riproporre in un evento rap quello che ho visto fare da questa grandissima showgirl. Aspettative?
 Sicuramente alte, abbiamo annunciato le date con largo anticipo, lasciando che i biglietti rimanessero in vendita a lungo. Inoltre il tour inizia quando Mercurio è già stato pubblicato da qualche mese, spero che la gente lo abbia digerito bene e sappia le canzoni, visto che ne suoneremo diverse. Parlando del disco, sta per diventare di platino, lo avevi previsto? Me lo auguravo! L’erba cattiva è diventato platino vendendo oltre sessantamila copie da quando è uscito, mai avrei creduto potesse andare così bene. Sarei stato felice di venderne diecimila! Mercurio in meno tempo sta bruciando le tappe, vedremo tra qualche mese… Come vivi la popolarità che ti ha travolto nell’ultimo biennio? Questa è una domanda che mi fanno tutti. Io vivo bene questo momento, perché non mi sono svegliato famoso da un giorno all’altro: la mia crescita è stata graduale tutto sommato, sono quasi dieci anni che faccio il rapper! Mi sento sempre lo stesso, vado al bar in paese, esco a ballare con gli amici senza problemi, non sono uno che se la mena per aver conquistato uno status particolare, anzi. Chiaro, non mi aspettavo una crescita del genere in così poco tempo. Prima quasi tutti i miei fan erano giovani, ora mi riconoscono moltissime persone adulte che probabilmente non mi ascoltano

ma sanno bene chi io sia. Sembra che ormai tutti ascoltino il rap in Italia. Non credere che a me faccia piacere. Alla fine, se fino qualche tempo fa una persona qualsiasi conosceva tre rapper, ora magari ne conosce sessanta. Ma quelli che fanno rap di qualità e vendono bene alla fine sono sempre e solo quei quattro o cinque nomi. Cosa ti dà fastidio in particolare di questa esplosione del rap? In un certo senso, avrei preferito continuare a crescere gradualmente e raggiungere questi risultati con meno immediatezza. Specialmente se poi vengo infilato in un calderone insieme a presunti rapper che in realtà non lo sono.

«Non tollero chi mi dice che tecnicamente sono scarso, che ho problemi col tempo e che pecco nel flow o nelle rime. So fare le mie cose e nessuno può contestarlo» Addirittura?
 Certo. Tutti parlano di rap, molti lo fanno senza cognizione di causa. Penso alle critiche che mi rivolgono. Non tollero chi mi dice che tecnicamente sono scarso, che ho problemi nell’andare a tempo e che pecco nel flow o nelle rime. Posso non piacere per ciò che dico e per come lo dico, lo accetto, ma dal punto di vista prettamente tecnico so fare le mie cose e nessuno può contestarlo. Inoltre basta con gli attacchi ai rapper mainstream. Nessuno sceglie di rimanere nell’underground, chiunque avesse la possibilità di fare le cose che faccio io, che fanno i Club Dogo e Fedez le farebbe eccome, senza pensarci due volte! Andresti anche a Sanremo se ne avessi la possibilità? Attualmente no, è una manifestazione piuttosto lontana dai miei ideali. Questo non vuol dire che chi fa rap non ci possa andare: per esempio quest’anno oltre a Frankie Hi-NRG c’è Rocco Hunt (l’intervista risale alle settimane prima del Festival, ndr) che è uno che il rap lo sa fare. Non dubito degli MC ma del pubblico che segue Sanremo, un pubblico abituato a sonorità classiche, non certo a quelle che proponiamo noi.


onstage marzo 29


STORIE

il trionfo del signor nessuno SE SEARCHING FOR SUGAR MAN NON È IL DOCUMENTARIO MUSICALE PIÙ CELEBRE E CELEBRATO - GIUSTAMENTE, BISOGNA DIRLO - DEGLI ULTIMI DIECI ANNI, POCO CI MANCA. QUASI IMPOSSIBILE, INFATTI, TROVARE UN’ALTRA STORIA VERA COSÌ TOCCANTE E CINEMATOGRAFICA COME QUELLA DI SIXTO RODRIGUEZ. di Stefano Gilardino

30 onstage marzo


A

l di là della vicenda personale di Sixto Rodriguez, il protagonista del film, è davvero incredibile, mentre scorrono le immagini e la vicenda si dipana davanti ai nostri occhi (e attraverso le nostre orecchie), constatare come la realtà superando ogni fantasia ipotizzabile - abbia potuto fornire una trama così magistrale e ben orchestrata, compreso quel finale emozionante e risolutore che tutti si aspettano. Se non avete visto Searching For Sugar Man correte subito al cinema o procuratevi il DVD appena pubblicato anche in Italia da Feltrinelli. Ma prima, continuate a leggere.

mai stata raccontata. L’incredibile leggenda di Rodriguez è nata e maturata, a sua insaputa, proprio nel Paese di Mandela, dove Sixto diventò negli anni Settanta un famosissimo artista e, al tempo stesso, un simbolo della lotta contro l’apartheid. I suoi album furono banditi e boicottati, soprattutto la canzone Sugar Man, per le sue velate referenze alla marijuana. Proprio dal Sudafrica, e in particolare da Stephen “Sugar” Segerman, quindi, è partita la ricerca che ha condotto alla riscoperta del personaggio e dell’uomo Rodriguez.

DUE GEMME

Sebbene il documentario sia del 2012, la storia si svolge parecchio tempo prima, all’incirca nel 1996, quando una delle figlie di Rodriguez s’imbatte sul Web in un sito a lui dedicato, in cui si fanno le ipotesi più fantasiose sulla sua vita. La storia più buffa, per modo di dire, è quella che lo vuole morto suicida sul palco, al colmo dello sconforto per l’insuccesso. Per fortuna Sixto non si è mai cosparso di benzina e dato fuoco in un eccesso di follia, ma continua a lavorare come operaio specializzato nel campo delle demolizioni. Volete sapere una cosa davvero buffa? Il settantenne musicista non ha mai, nella sua vita, cambiato indirizzo e vive, da circa 50 anni, nella stessa casa assieme alle figlie. Insomma, anni di ricerca per scoprire che, con un colpo di fortuna, lo si sarebbe potuto trovare al punto di partenza. Domanda: «Ma non hai fatto abbastanza soldi per trasferirti in un posto migliore?». Risposta: «Sto bene dove sono, la mia ricompensa è poter condividere la mia musica con il mondo. I soldi li divido con la mia famiglia e le mie tre figlie». Chapeau…

Sono solo due gli album pubblicati in carriera da Sixto Rodriguez, ormai ricercati come delle rarità dai collezionisti - forse bisognerebbe fare un giro in Sudafrica, dove ne sono state stampate milioni di copie - ma opportunamente ripubblicati dalla label Light In The Attic. Copertine bellissime e, manco a dirlo, due piccole gemme di folk e rock sospese tra la fine dei Sessanta e l’inizio del decennio successivo. Il debutto Cold Fact e il suo successore Coming From Reality sono entrambi da recuperare e custodire gelosamente a fianco di altri classici del periodo.

BEATI VOI Inutile soffermarsi troppo sulla canzone che dà il titolo al documentario, ormai una (quasi) hit, ma è interessante invece notare come il ristretto campionario di pezzi del repertorio sia di livello eccelso e non mostri alcun cedimento nemmeno a distanza di quarant’anni. Provare per credere, come diceva una nota pubblicità di tanto tempo fa, la forza di brani come This Is Not A Song. It’s An Outburst: Or, The Establishment Blues, Crucify Your Mind, I’ll Sleep Away, I Wonder (l’altro vero inno di Rodriguez), Inner City Blues, Like Janis e Forget It. Beati voi che ancora le dovete scoprire!

A SUA INSAPUTA Senza il Sudafrica questa storia non sarebbe

NELLA STESSA CASA

PREFERENZE Ok, forse non siamo davanti al gemello di Bob Dylan, ma anche il nostro Sugar Man è stato - ed è tuttora - molto attivo dal punto di vista politico (la sua lista di canzoni di protesta preferite comprende cose come I Am A Rock di Paul Simon, Eve Of Destruction di Barry McGuire e, persino, Changes di David Bowie). Della sua fama in Sudafrica abbiamo già

parlato, ma è importante ricordare come, al di là delle belle canzoni, Sixto abbia anche fatto dell’attivismo politico uno dei suoi tratti distintivi. Per ben otto volte ha partecipato a delle elezioni, candidandosi persino come sindaco di Detroit (e anche come rappresentante dello stato del Michigan o presentandosi per il city council, sempre di Detroit). Per sua sfortuna, non è mai stato eletto in nessuna delle cariche e il suo risultato migliore è stato quello di raccogliere 7.000 preferenze per un posto nel consiglio cittadino. Peccato ne servissero almeno 30.000!

COMEBACK Uno dei momenti più toccanti del film, ovviamente, è rappresentato dalle immagini del suo trionfale primo tour sudafricano. Sixto riceve il trattamento di una rockstar e inanella un sold out dietro l’altro attirando migliaia di spettatori in quella che diventa una celebrazione non solo della sua vita, ma anche e soprattutto di un Paese che ha vissuto decenni di apartheid, divisioni, violenza e repressione. Scontato fin che si vuole, ma è l’ennesima dimostrazione dell’enorme potere di aggregazione della musica, qualunque essa sia.

MALIK BENDJELLOUL Chi è costui? In effetti non lo sa nessuno, ma il documentario è stato girato da un regista svedese - di chiare origine nordafricane -, ex bambino prodigio nel campo del cinema e giunto con Searching For Sugar Man alla sua prima prova. Proprio in Svezia, alla fine degli anni Novanta, aveva suonato qualche data Sixto Rodriguez. Probabile che l’amore sia nato proprio lì.

SEE YOU IN ITALY E, come ciliegina sulla torta, non poteva certo mancare il tour mondiale sull’onda del successo. Nonostante Rodriguez stia continuando con la sua vita sottotraccia, non disdegna certo le occasioni, ormai copiose, per suonare dal vivo i suoi pezzi. In Italia succederà alla fine di marzo, a Bologna e a Milano. Tutto esaurito, manco a dirlo.

onstage marzo 31



nuovissimo

ME Dopo la pubblicazione del quarto album Moon Landing, James Blunt si sente meglio. Ha finalmente inciso un disco di cui è pienamente soddisfatto, tornando al modo di fare musica che aveva smarrito dopo il fortunato esordio del 2004. A non essere cambiato è il suo amore per l’Italia che, guarda un po’, è un Paese in cui ama suonare e che quest’anno visiterà sia a marzo che d’estate. Lo abbiamo intervistato qualche settimana prima della data di Milano. di Jacopo Casati

J

ames Blunt non è la classica popstar. Almeno, non la popstar che mi aspettavo di intervistare. Non lascia nulla al caso, ogni sua risposta è intensa e articolata, lontana anni luce dall’essere scontata o prevedibile. Altro che frasi fatte! In più, è anche uno di quelli che sa come non prendersi troppo sul serio, si diverte e diverte, ha la battuta pronta e lascia al suo interlocutore la costante sensazione di avere a che fare con una persona imprevedibile - nel senso positivo del termine. L’ho scoperto durante una stimolante chiacchierata - che è cominciata parlando degli show in Italia, visto che il cantante di Tidworth sarà a Milano poco dopo la metà di marzo e per ben cinque concerti a luglio - e che è proseguita su temi più

personali. Probabilmente gli ho telefonato in una giornata particolarmente positiva, ma come lui stesso mi ha raccontato è da un po’ che sta attraversando un periodo felice. James, quanto ti manchiamo? Non puoi capirlo! Ho un rapporto strettissimo con l’Italia, a Milano e Roma ho tenuto alcuni dei miei migliori concerti di sempre. Ok, queste cose però le dicono tutti, come faccio a crederti? Intanto potresti venirmi a vedere dal vivo, quindi sapere che l’Italia è il Paese europeo che amo di più sia da un punto di vista architettonico che culturale. Avete una tradizione artistica incredibile, la vostra storia mi affascina e credo sia-


te una nazione popolata di persone eccezionali. In effetti in classifica vai sempre forte da noi. Vedi che siete eccezionali (risate, ndr)? Scherzi a parte, le tappe italiane sono da sempre tra le più importanti, il pubblico conosce tutte le parole delle canzoni e spesso segue anche le parti strumentali. Le platee più calde sono quelle delle popolazioni latine, ma l’Italia è l’Italia: per me da voi è sempre festa grande. Anche se adesso porterai in tour un album fatto più per te stesso che per il pubblico. Come la mettiamo? Non posso negare sia così, in effetti. Con Moon Landing ho voluto chiudere un cerchio perché mi mancava qualcosa, non ero del tutto soddisfatto di quanto prodotto fino a quel momento. Finalmente ho dei brani che sono felice di portare dal vivo perché sono emotivamente intensi. In un certo senso questo lavoro completa quanto fatto con il mio debutto del 2004, Back To Bedlam. Una cosa alla volta: non eri soddisfatto dei tuoi due dischi precedenti? Esatto, ora li odio. Fuck them! (risate, ndr) Quel che voglio dire è che non sentivo di aver soddisfatto in pieno le mie necessità espressive. Ogni mio disco corrisponde a una parte importante della mia vita: il primo rappresentava l’era dell’innocenza, il mio sbarco nel music business, nel modo più onesto e trasparente possibile. Il successo che ne è seguito mi ha fatto uscire rapidamente dall’underground e portato nel

«Con Moon Landing ho chiuso un cerchio. Mi mancava qualcosa, non ero del tutto soddisfatto di quanto prodotto nei precedenti album. Ma ora ho i brani che volevo e che mi piace cantare» cosiddetto “mainstream”. Sono stato travolto da alcune cose che non avevo mai cercato, come ricchezza e fama, che non sono facili da gestire, specialmente se arrivano senza preavviso. Quindi hai fatto i lavori successivi a Back To Bedlam col pilota automatico? No assolutamente. Semplicemente ero molto più attento a ciò che i

miei fan volevano ascoltare piuttosto che a quello che volevo dire. All The Lost Souls, nel 2007, è uscito durante uno dei periodi più difficili della mia vita, vedevo solo cose negative e la tristezza dominava le mie giornate; il disco non è stato granché apprezzato e i singoli non erano forti. Tre anni dopo è arrivato Some Kind Of Trouble, in un momento di grande felicità e divertimento, ma anche in questo caso non mi sono sentito libero al 100% di lasciarmi andare, di fare in modo che le canzoni rappresentassero pienamente i miei stati d’animo. Sapevo di dover pubblicare per forza il singolo giusto, di dover fare il lancio perfetto per

«Dopo Back To Bedlam sono stato travolto da alcune cose che non avevo mai cercato, come ricchezza e fama, che non sono facili da gestire, specialmente se arrivano senza preavviso» le radio, con un certo minutaggio, sapevo inoltre di non dover osare troppo con gli arrangiamenti e che avrei dovuto considerare molte cose nei testi che scrivevo. Insomma non potevo abbandonarmi del tutto alla musica. Cosa che invece è accaduta con Moon Landing. Esatto. Ho impiegato oltre un anno a registrarlo, volevo fosse un disco mio in modo assoluto. Quando sono tornato da Tom (Rothrock, il produttore, ndr), lui mi ha detto di non pensare alla gente, ai fan e nemmeno a chi mi voleva bene. Mi sono concentrato completamente su me stesso, ho scritto pezzi molto intimi che raccontano i miei sogni, i miei timori. Insomma Moon Landing è un’istantanea efficace di ciò che ero mentre componevo in quel periodo. In sostanza ciò che ho fatto all’epoca del debutto, senza pensare ad altro che a mettere in musica la mia vita e le mie emozioni. Per questo prima parlavo di un’ideale chiusura del cerchio che si era aperto oramai dieci anni fa. E per far sì che ciò accadesse mi sono davvero impegnato. All’epoca del debutto avresti mai immaginato di diventare così famoso? Nella maniera più assoluta. Anzi ti dirò di più, non ho mai cercato il successo, non ho mai voluto essere una popstar e tanto meno una per-

Dall’esercito a Ibiza, lo strano percorso creativo di James Blunt L’album d’esordio di James Blunt esce dopo che il cantante ha abbandonato la carriera militare. Dopo quel primo lavoro, ci ha spiegato di aver cambiato la modalità di composizione dei brani. Ecco le quattro tappe nella discografia dell’artista.

34 onstage marzo

Back To Bedlam (2004) Il primo disco ottiene un successo enorme (14 milioni di copie vendute in tutto il mondo), soprattutto grazie al terzo singolo You’re Beautiful, che sarà poi giudicato da Rolling Stone la settima canzone più fastidiosa della storia.

Some Kind Of Trouble (2010) Per il terzo album, James inizia a collaborare con Ryan Tedder, leader dei One Republic. I singoli Stay the Night, So Far Gone e If Time Is All I Have denotano sonorità più pop e anche atmosfere più gioiose e ottimistiche rispetto al passato.

All The Lost Souls (2007) Reduce dal successo planetario del primo album, Blunt si chiude nella sua casa di Ibiza per comporre il secondo disco (abitudine che manterrà anche per i lavori successivi). I singoli estratti sono 1973, Same Mistake, Carry You Home e I Really Want You.

Moon Landing (2013) Bonfire Heart è il primo singolo estratto dal quarto disco, che Blunt considera più vicino al suo album d’esordio (come racconta nell’intervista in queste pagine). Il cantante torna a collaborare con Tom Rothrock, che già aveva prodotto e mixato i primi due lavori.



sona sotto i riflettori. Di certo non mi fa schifo quello che ho ottenuto, anzi, non voglio sembrare ipocrita, ma tutto questo ha comunque un prezzo che bisogna essere pronti a pagare. Il music business non è il Giardino dell’Eden, insomma. Assolutamente no, è un ambiente molto difficile dove senza un adeguato team di persone che ti seguono rischi di finire male, o nel dimenticatoio, da un anno con l’altro. Io sono stato fortunato. Credo che la mia esperienza nell’esercito mi abbia aiutato a livello caratteriale, ho imparato a sopportare situazioni stressanti. Perché in questo mondo bisogna avere successo, quindi ancora più successo, senza fermarsi mai. Cosa che invece io non sono mai riuscito a sopportare, perchè penso che le pause siano necessarie per un musicista. Difficilmente puoi essere creativo quando fai 29 concerti in un mese di 31 giorni, oppure quando devi promuovere un album in cinque Paesi in una sola settimana. A proposito di promozione e di industria discografica, qual è la tua posizione sui servizi di streaming che stanno spopolando a ogni latitudine? Penso che lo streaming sia un buon mezzo per ascoltare musica, avere a disposizione milioni di canzoni in qualsiasi momento con un solo account e una connessione internet è una cosa bellissima. Ovviamente poi c’è la parte economica che va necessariamente migliorata. Cioè? Se c’è qualcosa che odio è essere “scontato”. Lo hanno già detto in molti ma lo ripeto: i musicisti devono guadagnare di più dagli album in digitale e dallo streaming stesso. La musica in generale ha bisogno di investimenti, anzi, di grossi investimenti, per produrre qualità e canzoni memorabili. Serve spendere per poter registrare negli studi giusti, per migliorare il livello della band che si esibisce con te. Insomma, cosa sarebbero stati i Beatles senza gli Abbey Road Studios? Per questo se vogliamo evitare che il mercato si appiattisca, che sia sempre meno origi-

nale e non si rinnovi, dobbiamo ripensare tutto il modello di business. È una condizione necessaria. A tal proposito, pensi che i talent show televisivi possano essere un veicolo efficace e innovativo per farsi conoscere? A me piace andarci come ospite, ma non parteciperei mai invece se fossi un artista emergente. Capiamoci, la televisione ha ancora oggi un potere di penetrazione straordinario nel pubblico e, non essendoci più Top Of The Pops, ora serve andare a X-Factor per far conoscere alla gente la propria musica. Il limite più grosso di questi format, però, è proprio la loro stessa natura di programmi d’intrattenimento: un musicista si forma all’interno delle topaie dove suona, nei piccoli bar, quando scrive

«Dobbiamo guadagnare di più dagli album in digitale e dallo streaming. La musica ha bisogno di grossi investimenti per produrre qualità. Che ne sarebbe stato dei Beatles senza gli Abbey Road Studios» canzoni nel proprio monolocale, non certo davanti a milioni di persone in una trasmissione via cavo, subendo magari critiche durissime e plateali da giudici che probabilmente non hanno nemmeno mai scritto una canzone in vita loro. Sono potenzialmente un buon mezzo, ma ancora da perfezionare. Cosa c’è da perfezionare nella carriera di James Blunt? Sono fortunato a fare ciò che amo e avere là fuori molte persone che vengono a vedermi e cantano con me. Mi piacerebbe rimanere in tour sempre più a lungo, i concerti sono il massimo momento di espressione e di condivisione per un musicista. Vorrei un giorno poter dire di aver suonato davvero in ogni angolo del pianeta. l

RITORNO IN ESTATE. Dopo il concerto del 18 marzo al Forum, James Blunt, 40 anni, tornerà in Italia a luglio per cinque date (il 14 a Bolzano, il 15 a Piazzola sul Brenta, il 21 a Roma, il 22 a Mantova e il 27 a Taormina).

36 onstage marzo


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Bella con l’anima Con il suo ultimo disco ancora saldamente ancorato ai piani alti delle classifiche, nonostante l’effetto Sanremo, Elisa è pronta per il nuovo tour, che a marzo la porterà in giro per l’Italia e la prossima estate (anche) all’estero. Sarà uno spettacolo lungo, il racconto live di una carriera singolare. Ecco l’esito di due lunghe chiacchierate con la cantante di Monfalcone. di Stefano Gilardino - foto di Fabio Lovino



Q

uando la chiamo al telefono, Elisa sta correndo sotto la pioggia con due pizze in mano. La sorprendo nel bel mezzo della pausa pranzo, tra una prova e l’altra, mentre allestisce assieme ai musicisti la setlist per quello che sarà un tour lungo e articolato, basato sulla sua ultima fatica discografica, L’anima vola, ma ricco di momenti di celebrazione di una carriera che pare ancora in parabola crescente. «In verità sono solo avanzi di pizza che mi sono tenuta da parte da scaldare una volta a casa. Non c’è tempo neppure per mangiare, siamo concentratissimi e vicini al debutto, quindi tutta l’attenzione è per i particolari dello spettacolo». Da buona solitaria, Elisa ha già, nella calma della sua abitazione privata, approntato un percorso di massima a cui attenersi, scegliendo con cura le canzoni, sottraendo e limando qua e là per cercare di ottenere il concerto perfetto. Almeno, ci si prova… «Infatti, come si fa a trovare la scaletta ideale? Ci si

GIRO D’ITALIA. Elisa a marzo percorrerà tutta la Penisola con le 15 date del suo tour: partenza il 7 da Conegliano (Treviso) e arrivo il 29 a Trieste, con due date a Milano il 24 e il 25. Poi a luglio, Lucca il 17, Barolo il 19 e Piazzola sul Brenta il 25.

40 onstage marzo

trova spesso a cambiare idea, a sperimentare soluzioni differenti, ben consci che poi l’unica risposta valida sarà quella del pubblico, una volta messo in moto tutto il meccanismo. Questa volta ho in mente uno show di tre ore addirittura, ogni brano che ho inserito ha un senso ben preciso, difficile fare delle rinunce. Ora, assieme ai ragazzi della band dobbiamo capire che tipo di intensità possiamo dare al tutto, prima di passare alla fase successiva, con costumisti, scenografi, stage designer e via di questo passo».

da una lunghissima giornata di interviste, ma estremamente serena e divertita mentre mi

UN GIORNO VEDRAI

parlava del disco in uscita allattando suo figlio Sebastian. Era bastato nominare Ennio Morricone per riaccendere entusiasmo e passione: «Quel pezzo, Ancora qui, era una cosa che avevo registrato da sola in studio, un demo in pratica, e non ti va a finire nella colonna sonora di Django Unchained di Quentin Tarantino? Con la musica composta e arrangiata da Ennio Morricone, tra l’altro! Una roba da impazzire di felicità, anche perché il Maestro non è solito scrivere né su commissione né

Come sempre, la parte organizzativa di un tour di queste dimensioni porta via energie preziose, riempie le giornate di decisioni difficili, aumenta lo stress. Elisa, però, pare galvanizzata da tutto questo delirio attorno a lei e ride di continuo, trasmettendo il suo ottimo umore anche a me dall’altra parte del telefono – o, come nel caso dello scorso incontro, seduto di fronte a lei. La ricordo molto stanca

«Avevo registrato Ancora qui da sola in studio, un demo in pratica. Ed è finita nella colonna sonora di Django Unchained di Quentin Tarantino! Con la musica di Ennio Morricone! Una roba da impazzire»


seguendo testi o parole di altri. Un colpo di fortuna inaspettato, l’ennesima collaborazione felice della mia carriera». Quel brano sarà certamente uno dei punti di forza di un concerto che promette un’esaustiva carrellata su una carriera senza pari in Italia, con il successo conquistato cantando in inglese e un progressivo abbandono di quella lingua a favore dell’italiano, con cui ha inciso forse le sue migliori canzoni. «Stavolta ho scelto un palco decisamente più minimale, stretto e con cinque lingue che entrano nella platea, in modo da potermi avvicinare di continuo al pubblico. Ci saranno pochi costumi - per fortuna devo dire - così non mi sentirò particolarmente a disagio (ride, ndr). Avrò una bella mantella, quello te lo posso anticipare… Ah, e poi ci sarà anche lo spazio per una cover molto particolare, un minuto e mezzo tratto da Madama Butterfly!». Un bel dì vedremo, quindi? «(ride, ndr) Esatto, un bel dì vedrai, più precisamente quando verrai a sentirmi dal vivo. Così potrai renderti conto di persona dello spettacolo e farmi

una recensione del suo insieme».

UN MESTIERE DIVERSO Facciamo di nuovo un passo indietro, alla prima session di interviste con la stampa, e all’ora che avevamo passato insieme a parlare di un album che, per la prima volta, puntava tutto sull’uso della lingua italiana. Con grande convinzione e perizia, bisogna ammettere, al punto che di molti pezzi si faceva prima ad apprezzare le parole prima ancora che la musica (ma è anche vero il contrario, in alcune occasioni, come Un filo di seta negli abissi, che sarebbe uno strumentale molto bello). Un approccio quasi cantautorale di una cantante che, da quel genere, non ha ereditato niente. «Esatto, non posso dire di ascoltare quasi nulla che rientri in quella categoria, ma la composizione è una faccenda molto strana ed è difficile poter capire come funziona in maniera scientifica. A volte mi siedo al piano e scrivo, ma non è una condizione necessaria, perché capita che mi vengano in mente me-

lodie o parole mentre sto facendo tutt’altro. Bisogna solo essere bravi a intercettare l’ispirazione e a trasferirla su carta. Per Un filo di seta negli abissi, il pezzo che citavi prima, mi sono venute in mente delle parole: «Dove si è rotto il filo, scendeva giù, giù, giù…». Ecco, quel modo di ripetere la parola “giù” tre volte di fila e pensare al filo che cade, per me

«Credo che i cantautori facciano un mestiere differente dal mio, sono degli scrittori prestati alla musica, li vedo più sbilanciati verso la letteratura. Io invece mi sento figlia dei Beatles»

è il centro focale da cui partire con il resto. Capisco che sia difficile coglierne il senso completo per un estraneo, ma il mio cervello lavora così, spesso per immagini e parole prima ancora che con le note. Per tornare al

Scaletta dell’Anima Vola Tour Non fa niente ormai Un filo di seta negli abissi Lontano da qui Specchio riflesso Pagina bianca A modo tuo L’anima vola Labyrinth Bridge opera Butterfly Qualcosa che non c’è Dancing E scopro cos’è la felicità Ecco che Luce Rainbow Preludio Django Ancora qui Eppure sentire Heaven Out Of Hell Elisa alla chitarra esegue brani a richiesta del pubblico Interlude (accennata) Pearl Days Vortexes Broken Ti vorrei sollevare Una poesia anche per te Rock Your Soul Prayer Maledetto labirinto Stay Gli ostacoli del cuore Together Bis: It Is What It Is Cure Me

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senso iniziale della domanda, io trovo musica e testi, almeno nelle mie canzoni, totalmen-

«Quest’estate suonerò anche all’estero. Ho cantato molti brani in inglese e comunque quando si va fuori dall’Italia, si scopre che c’è interesse per quello che succede musicalmente qui da noi»

te indivisibili. Forse, è una mia impressione, i cantautori fanno un mestiere differente dal mio, sono degli scrittori prestati alla musica, li vedo più sbilanciati verso la letteratura. Io mi sento figlia dei Beatles, ecco…». La figlia dei Beatles, tra l’altro, ha anche un piano ben preciso per ritornare a suonare all’estero, una dimensione live molto differente rispetto a quella italiana. Qui ci sono i palazzetti e le arene, là qualche festival e molti club. «In estate stiamo studiando un percorso europeo che ci porti in Spagna, Scandinavia, Francia e in qualche altro paese a suonare la

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nostra musica. Io, tra l’altro, posso contare su un repertorio piuttosto corposo di canzoni in inglese, quindi non ci sarebbe neppure l’ostacolo linguistico da superare». Giusto la solita vecchia diffidenza verso la musica italiana che non sia il pop da esportazione di Laura Pausini o di Eros Ramazzotti. «Eppure, quando ti capita di suonare in altri contesti fuori dall’Italia, scopri che c’è interesse per quello che succede musicalmente qui da noi. Sono molto carica, non vedo l’ora di partire con il tour primaverile e poi con la parte estiva, che regalerà ulteriori soddisfazioni».

NON È LA GELOSIA Anche nel suo caso, come per molte altre mamme-star, i figli sono già perfettamente abituati alla vita nomade. «Fa molto ridere vederli così felici di stare in giro e di essere comunque sempre al centro dell’attenzione di chiunque. Sono loro le vere star: Giuliano Sangiorgi, che è il padrino di Emma Cecile, le ha regalato una macchina elettrica con cui gira per i palazzetti e tutti sono pazzi di lei. Hanno una capacità di adattamento incredibile e aiu-

tano molto anche me». Le chiedo se sia ancora in auto sotto il diluvio ad aspettare di partire verso casa con le sue pizze. «Sì, certo, finisco l’intervista e poi vado, se no diventa troppo tardi e ci sono ancora mille cose da fare». Le chiedo se sia molto gelosa delle sue decisioni, sia in fase compositiva che in quella organizzativa, come in questo caso. «Gelosa? No, non credo. Esiste una prima fase, soprattutto quando scrivo, in cui esistiamo solo io e i miei strumenti, ma poi, una volta che le canzoni hanno assunto una forma quasi compiuta, esiste una bella cerchia di amici e consiglieri che ascolta quello che ho da dire e poi comincia a dispensare consigli, soluzioni, possibili alternative, suggerimenti. I loro pareri contano moltissimo per me e influenzano in maniera sensibile il risultato finale, al punto che spesso le prime versioni dei pezzi sono totalmente diverse. Per me funziona così e i risultati mi danno ragione. Ti spiace se scappo verso casa? Qui continua a diluviare e ho una fame…». Tempo, anche per noi, di rimettersi a scrivere e a lavorare. Ci rivediamo al concerto, tenetevi tre ore libere per ogni evenienza. l


coccinelle.com


skunk anansie

JUST BECAUSE IT FEELS GOOD

ÂŤSono l'opposto dell'animale da palcoscenico: sguardo basso e parole impacciate. Non riesco a essere qualcun altro e non invidio chi riesce a indossare una maschera sul palcoÂť


Dopo i tantissimi concerti post-reunion, gli Skunk Anansie hanno trovato il modo di farsi ancora un bel giro, pubblicando un disco unplugged (live) e organizzando un tour teatrale a supporto, sempre in acustico. In attesa di vederli dal vivo in Italia, Skin ci ha spiegato come è nato questo progetto. E cosa pensa del nostro “amabile e assurdo” P aese.

di Luca Garrò foto di Stuart Weston


è

singolare che abbiate aspettato vent’anni prima di pubblicare un album live. Di solito è un ottimo mezzo per monetizzare nel momento di maggior fortuna di una band. Chi dice che non sia questo il nostro momento di massimo splendore (ride, ndr)? A parte gli scherzi, in effetti non mi vengono in mente molti gruppi che abbiano aspettato così tanto per pubblicare un live, soprattutto in un momento come questo in cui, se una band riesce ancora a vendere qualche album, viene spremuta fino all’osso. In genere, operazioni di questo tipo sono richieste dalle case discografiche, ma non è mai successo. E quando ci siamo sciolti il nostro contratto era già finito, quindi non hanno potuto sfruttare l’occasione. In ogni caso, la scelta di pubblicare un unplugged come primo disco dal vivo ci soddisfa e ci distingue dai cliché. Però sai anche che fare qualcosa per distinguersi dai cliché è un cliché! Hai ragione! Lo dicevo per sottolineare che oltre ad aver aspettato tanto tempo e non aver preso alcuna decisione a tavolino, siamo comunque riusciti a fare qualcosa di non convenzionale. Sai, la dimensione live è sempre stato uno dei punti cardine della nostra carriera. Però, in Rete era ormai possibile trovare così tanti nostri show elettrici che ci sembrava quasi di aver già fatto anche quello. Volevamo qualcosa di davvero inedito. Apparentemente, un disco acustico è davvero singolare per gli Skunk Anansie: siete noti per gli show incendiari, sudati. Però siete nati nel 1994, anno fondamentale per la riscoperta della musica unplugged. Non l’abbiamo mai percepito come una violenza nei confronti dei nostri show classici perché pur avendo sempre avuto un’attitudine aggressiva, c’è un lato intimista sempre vivo in noi. Il periodo di cui parli, in effetti, era proprio diviso tra grandi urla di rabbia e melodie orecchiabili e facilmente riproducibili in acustico. Siamo sempre stati grandi fan delle pubblicazioni di MTV di quegli anni: credo abbiano regalato alcuni degli album più intensi della storia del rock. Oltre a Nirvana ed Alice In Chains, penso anche ad artisti dati per finiti e rinati completamente, come Eric Clapton o Jimmy Page e Robert Plant.

«I concerti acustici non sono una forzatura. Siamo aggressivi, ma c’è un lato intimista sempre vivo in noi. E siamo nati nel 1994, quando la musica si divideva tra rabbia e melodie» È cambiato il tuo approccio al canto? Hai parlato di una sorta di crisi di autostima... Il fatto che il pubblico possa amare la tua voce non ti preserva dalla paura di confrontarti con determinate situazioni. Per un attimo ho temuto che le nostre canzoni, caratterizzate da tutti quei suoni e quegli arrangiamenti, potessero non funzionare se spogliate di tutto. Inoltre temevo di dover cambiare il mio classico modo di cantare e, per così dire, trattenermi quando invece avrei voluto spingere in alto. Sapevo bene di essere perfettamente in grado di tenere le note urlando, ma non sapevo se lo sarei stata anche a basso volume. È stata una bella sfida. Non siete mai stati una band che ama le lunghe session in studio. Questa volta però avrete dovuto fare un’eccezione. Avete scartato qualche canzone perché inadatta? Non amiamo l’esercizio fine a se stesso, così come non pensiamo che

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la tecnica musicale deve vincere sul cuore e sulle emozioni. Poi, devo ammettere che siamo sempre stati molto pigri (ride, ndr)! Questa volta, però, ci siamo resi conto che, al fine di poter organizzare lo show, dovevamo completamente rielaborare le nostre canzoni. Pur essendoci esibiti in acustico per le radio, per costruire un vero e proprio show senza corrente dovevamo impegnarci parecchio. Abbiamo iniziato dai brani che sapevamo essere più adatti, quelli su cui avevamo già lavorato e che sarebbero stati l’ossatura del concerto, poi siamo passati ai pezzi mai fatti in acustico o magari nemmeno mai suonati dal vivo. In alcuni casi, purtroppo i miei timori erano giustificati: non tutti i brani funzionavano o forse solo non riuscivamo a trovare la giusta chiave per farli funzionare. Ma non ti dirò mai quali sono, sono troppo orgogliosa (ride, ndr). È vero che tutto è nato allo Zermatt, quando gli organizzatori si sono avvicinati proponendoti una performance solista? In realtà, inizialmente la cosa è rimasta un po’ sul vago: non pensavano che la band fosse interessata ad una cosa del genere, quindi l’hanno chiesto a me quasi per timore. Poi ne ho parlato ai ragazzi e il progetto li intrigava, così abbiamo deciso di iniziare con due show, uno proprio allo Zermatt e uno a Londra. Quando Mark se n’è uscito con l’idea di filmare i concerti è cresciuta l’ansia da prestazione: sapevamo di dover essere praticamente perfetti. Più il tempo passava e più l’idea del salto completo nel buio ci galvanizzava. Quanto saranno diverse le date del tour da quella di Londra in cui avete registrato l’album? Non più di tanto: abbiamo fatto così tanta fatica per quel concerto che sarebbe una pazzia cambiare qualcosa (ride, ndr)! Però ci saranno delle sorprese, per convincere chi ci ha già visto a tornare magari per un’altra serata. Anche perché non credo che in futuro ci ritroveremo a ripetere un’operazione di questo tipo. In Italia in particolare sono io ad aspettarmi grandi sorprese, perché da sempre riesco a stupirmi per la reazione della gente. Fin da quando nessuno sapeva chi fossi, tutti mi dicevano che il pubblico italiano poteva essere più intenso di quello del mio Paese natale. Credevo fosse uno dei tanti luoghi comuni legati alla vostra terra. Col tempo, invece, ho capito cosa volevano dire quelle parole. In effetti, hai da sempre un rapporto strettissimo con l’Italia. Hai persino deciso di sposarti da noi. Al di là di quello, che resta il giorno più incredibile della mia vita, ma rimane fuori dalla mia storia di cantante, devo dire che mi sono innamorata degli Italiani fin dall’inizio. Non esiste al mondo un Paese così tanto apprezzabile a livello culturale e contemporaneamente così assurdo e irrazionale. Politicamente siete un unicuum al mondo, tanto che per certi versi nemmeno in Stati non civilizzati si vedono situazioni di questo tipo. Avete una capacità unica di farvi del male con le vostre stesse mani, senza mai imparare dagli sbagli. Tuttavia, allo stesso tempo, avete così tante risorse da poter rivoltare il pianeta. Non vi ho ancora capito. Di sicuro, siete uno dei popoli che abbia amato di più gli Skunk Anansie e che dalla nostra reunion abbiamo visitato più spesso. Praticamente, tutti concerti sold out. Qualche sorpresa per festeggiare i vostri primi vent’anni? Magari proprio in Italia? Mi dispiace deludervi, ma non faremo nulla per celebrare il nostro anniversario. Anzi, ti dirò che una volta concluso questo tour staccheremo la spina per un bel po’ di tempo. Negli ultimi cinque anni non ci siamo mai fermati, abbiamo pubblicato raccolte, live album e un disco di inediti, in pratica tutto quello che ci veniva chiesto dai fan e che volevamo fare per chiudere una sorta di cerchio. Vogliamo fermarci prima di sovraesporci, è giusto così». l


«Mi sono innamorata dell’Italia fin dall’inizio. Non esiste al mondo un Paese così tanto apprezzabile a livello culturale e contemporaneamente così assurdo e irrazionale»

TOUR ACUSTICO in quattro teatri italiani per gli Skunk Anansie: partenza da Bergamo il 18 marzo, poi Roma il 19, Bologna il 20 e Padova il 22. Ad accompagnare Skin, ci sono come sempre Cass al basso, Ace alla chitarra e Mark Richardson alla batteria.

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foto di Romolo Eucalitto


Carolina

CRESCENTINI SOLO UNA GRANDE PASSIONE PER IL CINEMA PUÒ PORTARE UNA BAMBINA A RECITARE SENZA VOLERLO. LA PASSIONE DI CAROLINA ARDE OGNI GIORNO, ALIMENTATA DAI FILM CHE GUARDA E DA QUELLI CHE RECITA. COME LA GRANDE BELLEZZA DI PAOLO SORRENTINO, COME ALLACCIATE LE CINTURE, LA NUOVA PELLICOLA DI FERZAN OZPETEK NELLE SALE A MARZO IN CUI L’ATTRICE ROMANA INTERPRETA IL RUOLO DI UNA DONNA DECISAMENTE INCASINATA. di Antonio Bracco

I

n un certo senso bisogna averle sempre allacciate le cinture, perché la vita può causare brusche frenate. Di cosa parla questo film? Ho letto molte cose su Internet non vere, bisogna stare attenti quando se ne parla. È un film che ha come corpo centrale una grande storia d’amore che attraversa un lasso di tempo di 14 anni. Di tutto quello che c’è intorno: la vita, i rapporti, gli amici come famiglia, l’amore, il tempo, i dolori e la malattia. Quando ho letto in Rete “parla di un triangolo amoroso” ho detto: no! Parlaci del tuo personaggio. Io sono Silvia, la migliore amica di Elena, interpretata da Kasia Smutniak, e convivente di Fabio, Filippo Scicchitano. È una donna che sta sbagliando tutto. Si sta comportando male ed è sull’orlo di un esaurimento nervoso perché ha un segreto da nascondere e una relazione con un uomo che non piace ai suoi possessivi amici. Non piace a loro e forse in realtà neanche a lei, che si ritrova perennemente a doverlo difendere dalle provocazioni degli altri. Mi pare che il cinema sia per Ozpetek una salutare seduta di psicoterapia, in cui indaga le sue ossessioni ricorrenti. Ferzan, a differenza di altri, potrebbe raccontarlo in un’intervista, ma questa è in realtà una prerogativa di molti registi. Con Allacciate le cinture ha fatto un film sul peso del tempo e sui cambiamenti che spaventano. Sono domande che ci facciamo tutti. Lui è un regista e un artista che

mette nei film una valanga di sé. In attesa che esca Allacciate le cinture, sei sul set di un altro film, Fratelli unici. Ho visto sul tuo account Instagram le foto con Raoul Bova e Luca Argentero. Devi sentirti molto invidiata… Dici per quanto sono belli? Certo che sono una donna invidiata. E ti dico anche che sono due bravissime persone. Mi fa bene lavorare con loro.

«Se mi capita di guardarmi allo specchio e pensare che sono brava nelle imitazioni? No guarda, ‘sta cosa non capita mai. E poi le mie sono parodie più che imitazioni»

È sempre facile instaurare un rapporto umano con i colleghi? Sempre no, tutto dipende dalle personalità. Con loro è stato così. Sarà che io sono un tipo socievole, però a volte dipende anche dal film. A proposito di Instagram, mi pare che tu ti diverta molto scattando foto con lo smartphone.

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Instagram l’ho scoperto da poco, da circa un anno. Sì, mi diverte condividerle e ne faccio un sacco. Ti trovi a tuo agio con i social network? Agio e disagio. Su Facebook è come se fosse Piera La Portiera, che sa tutto dei vicini di casa. C’è una condivisione un po’ più goliardica a meno che tu non scriva che hai visto quel film incredibile e lo consigli agli amici. Twitter invece è ottimo per la promozione: mi è successo di scrivere “questa sera siamo lì a teatro” ed è arrivata gente che aveva letto il

«Una band che amo? Scegliere un nome solo è difficilissimo, ma se dovessi dirne uno per coerenza direi i Radiohead. Sono una mia passione ancestrale»

tweet. Però il fatto che sia così pubblico un po’ mi preoccupa perché ogni tanto mi arrivano cosa strane di gente di cui ti chiedi “stanno bene?”. Ho seguito la cerimonia degli Oscar in diretta tramite i cinguettii ed è stato fantastico, ero in fibrillazione e li controllavo continuamente. Hai gioito al momento della statuetta a Sorrentino? Sono letteralmente saltata in aria. Sono felicissima per lui. Amo follemente Paolo Sorrentino da quando faceva i cortometraggi, ancor prima dell’esordio con L’uomo in più. Poi sono felice perché quando è uscito La grande bellezza sentivo i più assurdi commenti. Sono consapevole che sia un film complesso e lungo, ma è un’opera d’arte, è cinema, è emozione pura. Quando esci e ti chiedi “perché mi viene da piangere?” significa che qualcosa si è insinuato. Il tuo amore da spettatrice per il cinema è contagioso. Da bambina ho fatto un corso di recitazione non perché volessi diventare attrice, ma per capire meglio il cinema, che amavo e che amo. Volevo farne parte e… mettiamola così: oggi faccio parte di un reparto del cinema, il reparto recitazione. Mi sembra un’ottima definizione da parte di un’attrice. Ami il cinema non perché lo fai, ma perché esiste. Casa mia è arredata con i DVD, non so più dove metterli. Il cinema è la mia passione da sempre, così come lo è la musica. La musica? Visto che Sorrentino ha ringraziato i Talking Heads nel suo discorso, chi ringrazieresti tu del mondo della musica per averti ispirato nella vita? Scegliere un nome solo è difficilissimo. Ma se dovessi dirne uno, per coerenza ti direi i Radiohead. Sono una mia passione ancestrale, ci sono cresciuta insieme. Però sono molto curiosa, vado sempre a caccia di musica nuova e, infatti, da quando si può ascoltare in streaming per me è una tragedia. Scopro nuovi album che compro immediatamente su iTunes. Voglio possederli, su ogni supporto che ho, dallo smartphone al PC, al CD. Mi piace ascoltare roba diversa, poi ci sono anche i periodi di loop. In questo momento, per esempio, tocca a Chet Faker (produttore australiano di musica elettronica, ndr) essere ascoltato a ripetizione. Tornando al cinema, sei anche critica cinematografica visto che scrivi recensioni per Rolling Stone. È una veste in cui stai comoda? È un appuntamento fisso che mi piace perché vedo tantissimi film su cui mi arrovello. Le recensioni dovrebbero raccontare anche qualcosa di me e all’inizio mi ha spiazzato questa cosa, poi ho scoperto che mi viene

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spontaneo. Mi sono resa conto che il lavoro del critico è difficilissimo, intanto per una questione di tempi. Non è facile vedere e scrivere per consegnare il giorno dopo. Io ho bisogno di tempo per metabolizzare il film. Inoltre, essendo attrice, comprendi bene la mole di lavoro e l’impegno delle persone che realizzano un film. Esatto. Ogni film, anche il più orribile, ha una sua dignità a volte non semplice da indentificare. Sono passati sette anni dal tuo esordio in Notte prima degli esami - Oggi. Li hai incontrati di nuovo i delfini che ammaestravi nel film? No e so che il giorno che tornerò a quel delfinario piangerò. La mia carriera è segnata da quell’inizio - in acqua con i delfini che sono come bambini curiosi che percepiscono la tua energia, le tue sensazioni e sentono tutto – e questo ha un valore emotivo enorme per me. L’acqua e i delfini per me rappresentano la pulizia. Non che non ci sia più ora, ma loro sono il simbolo di quella inconsapevolezza e incoscienza di quando sei più giovane. Se li dovessi rivedere sarebbe un’emozione fortissima. l

Il film in uscita

ALLACCIATE LE CINTURE di Ferzan Ozpetek ITALIA, 2014 IL CAST: Kasia Smutniak, Francesco Arca, Carolina Crescentini, Filippo Scicchitano, Luisa Ranieri, Francesco Scianna, Elena Sofia Ricci, Carla Signoris, Paola Minaccioni Gli amori e il tempo. L’amore di Elena per Antonio è una passione improvvisa, travolgente e corrisposta. Ma è una passione proibita: Elena ha già una relazione con Giorgio, mentre Antonio è il nuovo ragazzo della sua migliore amica Silvia. Ma l’attrazione tra i due esplode ugualmente, irrazionale, bruciante e contro ogni regola anche a scapito di scompigliare le vite di tutti, amici e parenti. Tredici anni

CRITICA

più tardi, Elena è sposata con Antonio, ha due figli e nel frattempo insieme al suo migliore amico Fabio ha realizzato il sogno di aprire un locale di successo. Le vite di tutti sembrano sistemate e le antiche turbolenze scomparse. Il nuovo equilibrio, però, sta per subire una scossa. Nato a Istanbul nel 1959, Ferzan Ozpetek segna con questo film la sua decima regia cinematografica.

PUBBLICO


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Bastille

SCORDATEVI

LE REGOLE

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Alternative rock, pop o elettronica? È impossibile definire il genere di riferimento del gruppo guidato da Dan Smith, perché i generi hanno confini troppo poco ampi per la band inglese. Ed è il miglior complimento che gli si possa fare. Dopo aver dominato le classifiche nel 2013 con i singoli di Bad Blood, i Bastille hanno cominciato a girare l’Europa inanellando un soldout dopo l’altro. In attesa di (ri)vederli in Italia, scopriamo qualcosa in più.

di Massimo Longoni

è

possibile definire “alternative rock” un gruppo che fa a meno delle chitarre? L’etichetta potrebbe sembrare bizzarra e addirittura fuori luogo, ma non per i Bastille. Tra le poche vere novità nel panorama pop-rock del 2013, con il loro primo album Bad Blood hanno conquistato classifiche, fatto il pieno negli eventi dal vivo e portato a casa anche un Brit Award come gruppo rivelazione. E se, come ha recentemente dichiarato Andy Bell dei Beady Eye, «ci sono momenti in cui le chitarre sembrano passare di moda e adesso è uno di quelli», per Dan Smith, che del gruppo londinese è la voce e la mente, non è questione di moda ma solo di influenze e modo di declinare i propri gusti musicali. Un onnivoro cresciuto con Simon & Garfunkel e i Fugees, i Blur e le TLC, che al momento di scrivere la propria musica ha messo dentro tutto, fondendo le soluzioni melodiche degli uni con gli arrangiamenti elettronici e i beat sintetici degli altri. Un azzardo sulla carta, un successo alla prova dei fatti, capace di suscitare soprattutto l’entusiasmo dei giovanissimi. In primis in patria, dove i Bastille sono andati direttamente al numero uno in classifica vendendo più di mezzo milione di copie, ma anche all’estero. L’Italia non è rimasta immune dalla Bastille-mania, tanto che il gruppo torna a Milano il 22 marzo, in un Forum già sold out, a brevissima distanza dal recente concerto milanese di novembre. E per l’estate sono già in programma altre tre date, a Ferrara, Roma e Udine.

UNA SINTESI CHE DIA LOGICA La parola d’ordine del gruppo potrebbe essere contaminazione. Di generi, dove il pop e l’elettronica offrono una veste inedita a brani che potrebbero essere tranquillamente quelli di una band indie, ma anche di arti, con influenze cinematografiche che fanno capolino spesso e volentieri. Prima di puntare sulla musica e sui Bastille, Smith voleva diventare un giornalista e un critico cinematografico. Un background che gli è rimasto nel modo di comporre. «Vedo ogni canzone come una piccola storia, con dei dialoghi» ha raccontato. Al punto che nei due mixtape pubblicati nel 2011, Other People’s Heartache e Other

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People’s Heartache Pt. 2, una canzone di Frank Ocean si mescola a estratti da Donnie Darko, e frasi e sample da vari film diventano parte integrante delle musiche. Se in quel caso la connessione era evidente, in Bad Blood è implicita ma comunque viva, laddove «l’uso degli archi deriva dalla passione per le colonne sonore» e la sfrenata passione di Smith per David Lynch trova il suo manifesto nel brano Laura Palmer (senza contare che la celebre colonna sonora di Twin Peaks fa da intro ai loro concerti). Ma la contaminazione riguarda anche la cultura pop e quella classica. A partire dal nome della band, ispirato a una data storica come quella della presa della Bastiglia durante la Rivoluzione Francese, ma scelto in realtà perché il 14 luglio è anche il giorno in cui è nato il cantante. Per non parlare del singolo che li ha lanciati, Pompeii: una melodia assassina, di quelle che entrano subito in testa, con un coro epico che ricorda uno yodel e un testo che non parla di sole-cuoreamore ma riporta l’impossibile dialogo tra due corpi fissati eternamente nella lava, l’uno accanto all’altro, dopo la storica eruzione del Vesuvio. Qualcuno potrebbe definirlo un minestrone improbabile, ma in realtà non basta mettere insieme elementi tanto diversi per avere il segreto della ricetta del successo: bisogna trovare una sintesi che dia una logica al tutto e lo renda apprezzabile. E il cantan-

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te londinese, che a David Lynch non ha rubato solo la capigliatura ma anche qualche trucchetto, ha una grossa abilità nel mescolare i vari fattori. 
GLI EAST 17 E MARIAH CAREY Tra le altre frecce nell’arco dei Bastille c’è la capacità di giocare su un doppio piano: quello della nostalgia e del citazionismo per un pubblico più maturo, e quello della novità per i fan più giovani e potenzialmente digiuni di certe conoscenze musicali. Due piani che si fondono spesso nei mashup, un giochino molto contemporaneo e affascinante con il quale una o più canzoni che condividono una serie di accordi si fondono, non in un semplice medley ma in una vera sovrapposizione che li trasforma in una canzone nuova a tutti gli effetti. In una recente esibizione dal vivo hanno messo insieme Michael Jackson (Earth Song) e i Pulp (Common People) - rievocando un episodio dei Brit Awards del 1996, quando Jarvis Jocker, cantante dei Pulp, tentò di sabotare l’esibizione di Jackson proprio durante Earth Song - mentre un’altra volta, sotto Natale, hanno fuso gli East 17 di Stay Another Day con canzoni tradizionali come quelle celebri di Mariah Carey e gli Wham! E poi c’è Of The Night, mashup tra due cult della dance anni ‘90, Rythm Is A Dancer degli Snap e Rythm Of


The Night di Corona, che, pubblicato come singolo, è subito schizzato ai vertici delle classifiche inglesi. Così due canzoni che vent’anni fa sono diventate tormentoni, messe insieme funzionano alla grande ancora oggi, e depurate dai tastieroni tamarri di allora possono far breccia anche in chi all’epoca le aveva snobbate storcendo il naso. In questo caso, con la rielaborazione sotto forma di ninna-nanna dark della strofa, prima dell’esplosione del tunz-tunz del ritornello, emerge l’altro tipo di contaminazione cara ai Bastille: quella degli stati d’animo. A dispetto di ritmi quasi sempre up tempo e brani ballabili, le loro melodie non sono mai solari, ma hanno un tocco di malinconia, esaltato dal timbro vocale di Smith, che rende il tutto più particolare. Nati come progetto solista di Smith, con l’ingresso di Kyle Simmons, Will Farquarson e Chris Wood i Bastille sono diventati un vero gruppo a tutti gli effetti e la loro evoluzione è solo all’inizio. Per il prossimo album annunciano ulteriori sperimentazioni (“un brano alla Dr. Dre”) e già hanno provato a inserire qualche parte di chitarra che potrebbe prendere sempre più spazio, visto quanto dichiarato da Smith: «Non avevo capito quanto mi piacesse il suono distorto fino ad ora!». Perché, in ogni caso, come dice Andy Bell, «alla fine le chitarre tornano sempre di moda». l

QUELLA PRIMA VOLTA A MILANO I Bastille sono già passati da Milano, il 23 novembre 2013 all’Alcatraz. Ora tornano per suonare in un Forum di Assago sold out. Passare da un club a un palazzetto è un salto che in pochi sarebbero in grado di fare in così poco tempo. Ma non c’è dubbio che i quattro ragazzi di Londra siano in grado di gestire la situazione. Già quando li avevamo sentiti a novembre ci avevano colpito per la capacità di stare sul palco e tenere il pubblico, soprattutto grazie al grande carisma di Dan Smith. Era stato un concerto senza troppi fronzoli: molta musica e poca scena. Le sonorità dell’album dal vivo risultano molto più rock (senza però rinunciare ai sintetizzatori). E alla fine il frontman era anche sceso a cantare in mezzo ai fan. Chissà che non accada ancora.

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STYLE

light mybody LEGGEREZZA È LA PAROLA CHIAVE DI QUESTO PERIODO DELL’ANNO. LEGGEREZZA NEI COLORI DI CUI SI RIEMPIONO ARMADI E CASSETTI, DOVE ABBIAMO VOGLIA DI VEDERE FINALMENTE TONALITÀ PIÙ CHIARE O VIVACI, LEGGEREZZA NEI TESSUTI CHE SCEGLIAMO PER COPRIRCI - AL BANDO LANE PESANTI, CAPPELLI, PIUMINI, STIVALI E LARGO A FILATI PIÙ FINI, ABITINI E BALLERINE. E SE IL CORPO È PIÙ LEGGERO, LO DEVE ESSERE ANCHE LO SPIRITO: IL TEMPO LIBERO DIVENTA IL MOMENTO IN CUI DEDICARSI AD ATTIVITÀ E HOBBY CHE NEI MESI PIÙ FREDDI ABBIAMO DILIGENTEMENTE APPUNTATO NELLA LISTA DEI TO DO, DA CUI POSSIAMO FINALMENTE COMINCIARE A SPUNTARE QUALCHE VOCE. SCAMPAGNATE NEL WEEKEND, APERITIVI ALL’APERTO, LA LETTURA DI UN LIBRO SEDUTI SU UNA PANCHINA AL PARCO SONO IMPRESCINDIBILI PER RICARICARSI DI BUON UMORE. E NE SERVE PARECCHIO, SPECIALMENTE PER AFFRONTARE CON IL SORRISO LE PRIME PIOGGE PRIMAVERILI CHE MARZO NON MANCHERÀ DI RISERVARCI. a cura di Francesca Vuotto

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STYLE / ABBIGLIAMENTO

COCCINELLE Pochette blu Cina in pelle di vitello stampa alce, ideale per ogni momento della giornata. 170 Euro

HAPPY SOCKS Il brand svedese propone più di 100 fantasie per le calze: queste sono in combed cotton. 10 Euro

HAVAIANAS Stivale da pioggia Helios Pumpkin: qui in rosso, ma si può scegliere tra tanti altri colori. 55 Euro

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LEVI’S RED TAB Mini skirt in denim effetto slavato con cuciture a contrasto. Prezzo su richiesta

COMPTOIR DES COTONNEIRS Giacca in pelle traforata verde acqua, con collo rotondo, chiusura zip e mostrine. 375 Euro

ANNA RITA N Cintura alta blu in pelle, con doppia fibbia. Disponibile anche in altre varianti colore. 80 Euro

UNITED COLORS OF BENETTON Pantaloni in denim elasticizzato vestibilità slim fit, lunghezza sopra la caviglia. 39,95 Euro


COLMAR ORIGINALS Giacca super light in piuma naturale, realizzata in nylon stretch e trattato idrorepellente. 235 Euro

TIMBERLAND Camicia da donna in cotone, di colore azzurro e con inserti e polsini in tessuto vichy rosso. 75 Euro

SMILEY La nuance trasparente di questo ombrello lo rende perfetto per qualsiasi outfit. 22 Euro

JUST CAVALLI EYEWEAR Occhiali da sole in acetato colore rosso Borgogna con lenti a farfalla specchiate. 135 Euro

FRENCH CONNECTION Abito blu in cotone senza maniche, con dettagli trasparenti fantasia floreale. 120 Euro

CASTANER Elegante ballerina bicolore bianca e nera in pelle verniciata. Ideale per l’ufficio ed il tempo libero. 180 Euro

FOSSIL Borsone da viaggio con tracolla in canvass, inserti e dettagli in pelle e comoda tasca esterna. 239 Euro

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STYLE / PRODOTTI

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CROSLEY PORTABLE PLAYER Immaginatevi sdraiati su un bel prato con la vostra metà. La musica di sottofondo rende l’atmosfera ancora più romantica. Incredibile: inizia a piovere. State calmi, basta chiudere la valigetta ed il vostro giradischi sarà salvo! 70 Euro

FREITAG - F48 HAZZARD Se trasportate con voi un computer portatile dovete essere sempre pronti a proteggerlo da acquazzoni indesiderati. Gli zaini Freitag sono realizzati tramite il riciclo dei teloni di camion usati. Waterproof al 100%. 280 Euro

QUALY - PORTACHIAVI Con questo portachiavi il rientro dopo l’ufficio sarà ancora più gradevole: avrete l’impressione di fare un’opera buona restituendo a questo tenero uccellino la casa che aveva perso. Disponibile in diversi colori. 14,50 Euro

CASAMBRELLA - PORTAOMBRELLI Marzo si sa, è imprevedibile. Benissimo accogliere la primavera a braccia aperte ma cerchiamo di tenere i piedi saldi a terra. Il nubifragio è ancora dietro l’angolo ed è meglio non farsi cogliere impreparati. 245 Euro

I GUZZINI - E MY Se proprio non possiamo, o non abbiamo tempo, di goderci queste belle giornate, un po’ di freschezza la possiamo portare direttamente in casa. I Guzzini ci propone questo set di 5 coltelli dalle tinte e forme decisamente allegre! 75 Euro

PICCOLO VEGS FOR POTS Il mese di marzo è una festa per l’orto. Avete solamente un piccolo balconcino? Questi kit di 10 semi fanno proprio al caso vostro. Basta un po’ di pazienza e presto gusterete alcune delle prelibatezze del nostro bel Paese.10 Euro

MUSIC HEADPHONE SPLITTER La primavera vi rende più espansivi? Perchè allora non condividere con gli amici un po’ di musica? Multi splitter per cuffie ed auricolari disponibile in diversi colori sul sito www.momastore.org. 8 Euro

BLACK & BLUM LUNCH POT In termini poco scientifici i fattori meteorologici si dividono in due categorie: il bello e e il brutto tempo. Questo Lunch Box non vi deluderà in entrambe le occasioni: perfetto sia per i primi pic nic, sia per portarsi il pranzo in ufficio. 16 Euro

HASBRO - TWISTER Avete ragione... non c’è dubbio che Twister sia un po’ demodè ma in quanto a divertimento rimane sempre altissimo in classifica. Oltretutto si può giocare sia in casa, quando piove, sia all’aperto con il sole. 30 Euro


a cura di Giulia Vidali

NUDAX - BICI A SCATTO FISSO Sì dai lo sappiamo che adesso va di moda... che è un po’ da fighetti etc... etc... ma in questo caso parlarne ne vale la pena. Nudax è una bicicletta a scatto fisso. Cosa vuol dire? Siginifica che ha un solo rapporto possibile (meccanicamente parlando ovviamente...) e di conseguenza la pedalata risulta continua. Nello specifico: quando siete stanchi e stufi di faticare non potete interrompere il movimeto delle gambe e godere di un po’ d’inerzia... no no... l’unica alternativa è fermarsi. A parte questo, Nudax richiama le linee delle biciclette d’altri tempi. I colori azzeccatissimi le conferiscono un appeal retrò. 349 Euro

DOODOO DESIGN - BOOKMARK Dopo mesi di grigiume la primavera sta arrivando. Il clima è più mite e l’atmosfera frizzantina. Leggere un libro all’aperto diventa un piacere a patto che non si usi un segnalibro qualunque ma questi utili e divertenti germogli. 10 Euro

NAVA DESIGN - ORA LATTEA Quando ci si vuole rilassare un po’ bisogna lasciarsi andare totalmente. Bandite quindi sveglie, countdown o cose simili. Un’eccezione la si fa per questo orologio che non dà l’impressione di scandire il tempo che passa. 110 Euro

FUJIFILM - INSTAX MINI 8 Che voglia di uscire un po’ di casa e goderci un po’ di sole. Cercate di immortalare i momenti migliori con questa colorata fotocamera che ripagherà i vostri sforzi restituendovi pellicole stampate all’istante! 476 Euro

onstage marzo 61


64 onstage novembre


WHAT’S NEW a cura di Tommaso Cazzorla

NON C’È

ALTERNATIVA AL

CAMBIAMENTO IL TERZO DISCO DELLE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA, COSTELLAZIONI, CI PRESENTA UN VASCO BRONDI DIVERSO, MA NON PER QUESTO MENO INTERESSANTE. ANZI. di Tommaso Cazzorla foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

C

i sono molte cose da dire sul nuovo album di Vasco Brondi - si scrive così ma si legge Le luci della centrale elettrica. Ma prima vale la pena ricordare che arriva a quattro anni dall’ultimo e a sei dall’esordio, e che proprio con quei due dischi Brondi si è imposto come nome di punta di quella che viene definita, con un’ espressione ormai abusata, “la leva cantautoriale degli anni zero”. Merito di uno stile immediatamente riconoscibile - essenziali cavalcate di chitarra acustica e testi evocativi - così riconoscibile da dividere la platea tra appassionati sostenitori e accaniti detrattori, per non parlare delle parodie (se volete farvi due risate cercate in Rete il “generatore automatico di frammenti vascobrondiani”). La prima cosa da dire di Costellazioni è che Vasco ha provato a cantare. Accantonato (in parte) il suo tipico stile urlato, spesso monotonale, il ferrarese ha esplorato nuove melodie e possibilità, come per il testo quasi recitato di Macbeth nella nebbia. Ad essere sacrificata è l’immediatezza: poteva piacere o no, ma quel suo modo primordiale di cantare colpiva l’ascoltatore ancor prima delle parole. Ne guadagna la varietà: per la prima volta ogni canzone del disco vive di vita propria e non dà l’idea di essere solo un capitolo dello stesso viscerale racconto. I ritornelli sono veramente tali e non solo dei picchi emozionali. Musicalmente, i pezzi non sono nati dalla

chitarra acustica e dai torrenziali testi ma da beat e piccoli loop. Il cambio di direzione è evidente e per certi versi spiazzante: Costellazioni è un disco finemente studiato, in cui la produzione musicale, curata da Federico Dragogna dei Ministri, assume un ruolo centrale dando un carattere alle singole canzoni. Penso all’esplosione di Firmamento, un minuto e quaranta di suoni stratificati e impetuosi. Oppure a Ti vendi bene, una cantilena up-tempo che non può non far pensare ai CCCP. Un bar sulla Via Lattea potrebbe ricordare L’amore segue i passi di un cane vagabondo dei Diaframma, almeno fino a quando non prende il sopravvento la struttura ritmica. Ma il cambiamento più evidente rispetto al passato riguarda i testi. Se nei primi due dischi si aveva la sensazione che Vasco stesse sviscerando il suo “io”, con Costellazioni sono le storie ad emergere. Come la fuga dal sud di I Sonic Youth o l’amore di Chiara e Sara in Le ragazze stanno bene, uno dei pezzi più emozionanti dell’album, che indica la via della

speranza perchè «non c’è alternativa al futuro». La stessa speranza che si ritrova anche in La Terra, l’Emilia, la Luna, e che attraversa tutto il disco. Se da una parte il “papapapapa” de I destini generali lascia interdetti e si nota una generale scarsità di immagini evocative, dall’altra Vasco conserva intatta la capacità di parlare a e della sua generazione, con un disco magari non impeccabile, ma fortemente identificativo e a suo modo coraggioso. Crocifiggetemi pure, ma non posso fare a meno di pensare alla produzione anni ‘80 di una figura chiave della musica italiana. Sarà un caso, ma porta lo stesso nome.

LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA Costellazioni (La Tempesta Dischi)

onstage marzo 63


MUSICA

LASCIAMO ENTRARE

LA LUCE IL QUINTO DISCO DELL’ECLETTICA JOAN WASSER SOTTO LA RAGIONE SOCIALE DI JOAN AS A POLICE WOMAN È UNA SORTA DI NUOVO INIZIO. MOLTO PIÙ LUMINOSO. di Marco Rigamonti

N

ella musica di Joan Wasser, in arte Joan As Police Woman, c’è classe, fantasia ed esperienza. Nel corso della sua carriera ha condiviso palchi e sale di registrazione con musicisti d’indiscusso carisma (tra i quali Lou Reed, Elton John e Antony Hegarty). E l’episodio del 1997 - quando l’allora fidanzato Jeff Buckley annegò in un fiume del Tennessee - ha lasciato segni indelebili sulla sua vita e sul suo percorso artistico. Le tracce di quella tragedia si potevano toccare con mano nei tre dischi precedenti. Ma, stando alle sue parole, ora qualcosa è cambiato. Adesso è il momento di lasciar filtrare la luce attraverso le tende dell’anima, e The Classic vuole essere un glorioso inno alla vita in tutto il suo splendore. La ben nota esuberanza di Joan colpisce fin dal primo pezzo (Witness), che mischia fiati, archi e piani elettrici distorti con carattere: l’intenzione è dichiaratamente soul, il basso sfodera note alla velocità della luce e quando parte lo special sono brividi di gioia. Sulla

falsa riga sono il singolo Holy City e Shame, mentre la title track si butta in un mirabolante doo-wop dove la parola “Classic” alla fine viene anche pronunciata lettera per lettera, un po’ alla maniera di Aretha Franklin in Respect. L’intenso crescendo di Good Together plana dopo sette lunghi minuti sui sussurri e i falsetti di Get Direct, un gentile pugno al cuore. C’è un po’ di blues in What Would You Do (che si risolve in un’intima coda composta da parole rivelatrici: «Ascolta te stesso / Ci sarà sempre qualcosa da imparare / Anche se doloroso / La paura è solo quello che senti quando fai qualcosa di nuovo / Ascolta te stesso / Ci sarà sempre un modo per uscirne») e nella successiva New Year’s Day, che esita lenta in

una nebbia di echi e riverberi, lasciando respiro alla toccante interpretazione vocale di Joan. A chiudere, il tepore di Stay e l’agrodolce ritmo in levare di Ask Me completano il quadro di un’opera che trabocca di talento e sensibilità. Classic è uno di quegli album da ascoltare ad libitum.

JOAN AS POLICE WOMAN Classic (Play It Again Sam) di Massimo Longoni

Micro-reviews AFTERHOURS Hai Paura Del Buio? (Universal Music)

Usciva 17 anni fa un disco fondamentale per l’indie italiano. Agnelli&Co festeggiano invitando un sacco di amici a ricantare le canzoni che hanno fatto la storia #lalternativoéiltuopapà

64 onstage marzo

MARIA ANTONIETTA Sassi (La Tempesta Dischi)

Seconda prova per la cantautrice pesarese che, con la sua tipica voce graffiata, parla di relazioni, rivalse, amore. Con un tocco di garage rock e un sapore persistente di #amarezza

THE NIRO 1969 (Universal Music)

Fresco fresco della partecipazione a Sanremo, il cantautore romano delude con un’opera poco incisiva ed eccessivamente autocompiacente. E dire che i numeri li avrebbe #occasionesprecata

FOXHOUNDS In primavera (Autoproduzione)

Con il primo disco avevano attirato l’attenzione, ora dimostrano di meritarsela. Questi nostri compatrioti ventenni mischiano vari generi con piglio internazionale e #facciatosta


A

nnunciato con grande clamore alla fine del 2013, finalmente prende corpo Out Among The Stars, l’album postumo di uno dei maggiori e più influenti interpreti della musica a stelle e strisce, scomparso una decina d’anni fa. Come sottolineato dal figlio John Carter Cash, vero ispiratore di tutta l’operazione, i brani sono assolutamente inediti, incisi all’inizio degli anni Ottanta e ritrovati durante un’approfondita analisi del materiale sopravvissuto alla morte di Johnny Cash e della moglie June Carter. Gli originali dell’epoca, registrati e prodotti dalla sapiente mano dell’acclamato Billy Sherrill, sono una splendida collezione di suoni, colori e sapori di buona parte della carriera di Cash, che spazia abilmente tra il tradizionale marchio di Nashville e il più vivace rockabilly. Il risultato è emozionante, coinvolgente

I

ALOE BLACC Lift Your Spirit (Universal)

di Marco Rigamonti

M

e divertente. La band che accompagna il Maestro è come sempre di alta caratura e il magnifico lavoro in post produzione amalgama con pieno successo steel guitar, mandolini, armoniche e pianoforti in un suadente viaggio alle origini della musica americana. La voce calda e appassionata ci ricorda una volta di più quanto Cash sia stato capace di ispirare in passato e ancora oggi migliaia di appassionati di folk e country music. Poetici e toccanti in particolare i vibranti duetti accanto alla sua amata June, in Baby Ride Easy e Do You Think It’s Come Our Time. «Se non è mai stata nuova e non invecchia mai, allora stai sicuro che quella è una canzone folk», dice il protagonista di A proposito di Davis, l’ultimo film dei Fratelli Coen. E così, a trent’anni dalla registrazione, Out Among The Stars si candida a essere fra i migliori album dell’anno.

l suo album di esordio Shine Through compare su iTunes nella categoria hip hop/rap. Il successivo Good Things è invece catalogato nel reparto r’n’b/ soul. Ora con Lift Your Spirit Aloe Blacc entra nel calderone ben più vasto (e per certi versi meno definito) del pop. E come potrebbe essere altrimenti? Quando ti ritrovi in cima alle classifiche di tutto il mondo con una hit come Wake Me Up (mixata in versione dance dal dj Avicii), il pubblico di etichettature a priori se ne infischia e c’è ben poco che tu possa fare: il dorato mondo del pop è lì ad attenderti, con opportunità e pericoli del caso. Il musicista statunitense in una decina d’anni ha esplorato diverse sfaccettature della black music: il suono del primo disco è decisamente sperimentale, quello dell’album di mezzo si crogiola in vibrazioni classiche,

ade In London è un viaggio dentro e fuori Noemi. A trentadue anni, Veronica ha preso in mano le redini della propria vita, prima che della carriera, e l’album che ne consegue è coraggioso. Un disco ruvido, interessante, che riesce a evidenziare un tocco di brit-style mescolandolo al cantautorato italiano. Dallo Stivale le firme dei brani vantano Diego Mancini, Dario Faini, Luca Chiaravalli e Daniele Magro, oltre all’ottima prova sui testi sostenuta dalla stessa Veronica. L’incontro con Charlie Rapino e il trasferimento a Londra sono orme percepibili lungo tutto il disco. È l’album degli opposti che si attraggono. Acciaio e Sempre in viaggio indicano la ricerca di nuove sonorità dal sapore più internazionale, a discapito delle schitarrate tanto abusate nella nostra cultura musicale. Passenger, scritta da Jamie Hartman, con i suoi mid-tempo, è una

JOHNNY CASH Out Among The Stars (Clumbia / Legacy)

di Claudio Morsenchio

mentre Lift Your Spirit è un’opera bastarda di ispirazione soul (con accenni di gospel e country), ma arrangiata come vogliono le chart. Tale approccio è però anche il principale problema. La personalità del pur bravo Blacc viene offuscata dalla produzione troppo artificiosa: la conseguenza è che l’impatto emotivo fa fatica a reggere il confronto con il gusto retrò di Good Things. Alcuni brani poi rasentano livelli di banalità imbarazzanti (Wanna Be With You su tutti), mentre altri faticano a colpire nel segno come dovrebbero (l’omaggio a Elton John in The Man è sprecato e il lavoro di Pharrell Williams in Love Is The Answer delude). Molto meglio la sincerità di Here Today o Eyes Of A Child, la sensualità di Red Velvet Seat o la spensieratezza della già citata Wake Me Up, che in versione acustica guadagna parecchi punti (non ce ne voglia Avicii).

ballad in inglese che lascia spazio alle sonorità black della voce di Veronica. Steve Brown segna l’arrangiamento di Se tu fossi qui in un continuo saliscendi emotivo mentre Don’t Get Me Wrong mostra il lato più elettrosoul di Noemi grazie a Dimitri Tivokoi (si veda alla voce Placebo). Il disegno di batteria di Un fiore in una scatola cita Running Up The Hill di Kate Bush. Tutto l’oro del mondo è il connubio perfetto tra la ricercatezza del suono e un impianto testuale accurato che lascia spazio alla commozione. «Siamo ad un passo dall’inizio di qualcosa di nuovo» (Alba) è la frase che racchiude il concept di questo album, composto con coraggio e autoanalisi cosciente, lasciando alle spalle paure e insicurezze, importando atmosfere anglofone e unendole ad una capacità di emozionare tutta Made In Italy.

NOEMI Made In London (Columbia)

di Elena Rebecca Odelli onstage marzo 65


I FRANKIE HI NRG Essere umani (Materie Prime Cricolari / Artist First)

di Alvise Losi

l rap ha ancora qualcosa da dire. E a dimostrarlo non è uno dei tanti nuovi pseudoartisti sempre più omologati all’immagine di se stessi, ma il decano del genere in Italia. Frankie hi-nrg mc colpisce nel segno con un album di grande qualità, tanto nei testi quanto nella ricerca di contaminazioni musicali che non snaturino il messaggio delle canzoni, tutte calate in un presente privo di speranze. Essere umani è il quinto disco di inediti del rapper torinese in 22 anni di carriera e, dopo un’attesa di sei anni dal precedente DePrimoMaggio, Frankie ci regala solamente sette tracce. Ma sono una più intensa dell’altra. Il maggior pregio, oltre ai testi, sta proprio nella grande varietà musicale che, pur con influenze piuttosto diverse, dona al disco una omogeneità non scontata. Le due sanremesi Un

I

Lacuna Coil si sono oramai imposti negli Stati Uniti come una delle migliori band gothic rock/metal del nuovo millennio. Broken Crown Halo è il settimo sigillo del gruppo di Milano guidato da Cristina Scabbia, ennesima dimostrazione di come i nostri producano materiale di qualità con regolarità, puntando con fiducia su un sound caratteristico, codificato, apprezzato e conosciuto a ogni latitudine. Se Dark Adrenaline (2012) aveva presentato qua e là qualche coordinata del passato, pur restando un lavoro moderno, con produzione bombastica e impattante, il nuovo disco è invece molto più crudo, meno levigato e con un impatto nettamente più live. Cristina è la solita garanzia, ma è Andrea Ferro a fare la parte del leone, con una performance che lo vede in gran spolvero anche quando impegnato

uomo è vivo e Pedala sono molto belle nelle loro sonorità tanto diverse: la prima più riflessiva ha un arrangiamento quasi da sinfonia rap, l’altra è più divertita e sfrutta il ritmo in levare con sonorità un po’ funk. Anche L’ovvio colpisce subito per l’evidente critica rivolta alla generazione di oggi, una critica che potrebbe essere rigirata anche ai suoi colleghi, abituati a parlare solo alle «baby». Il pezzo forse più forte è quello centrale: la title track Essere umani insieme ad Atteso imprevedibile forma un dittico sull’egoismo imperante in «questi anni bui». Elefante introduce su ritmi elettronici ancora nuovi temi, dal lavoro all’immigrazione. E Cortesie chiude un album davvero riuscito, salutando con un «è per cortesia che non rispondo come mi va» che riassume con intelligenza la delusione per un’Italia sempre più grigia.

su registri diversi (rispolvera anche il growl!). Parlavamo di reminiscenze. A tornare alla mente ascoltando Victims (brano permeato dall’ombra dei maestri Paradise Lost), è proprio l’era d’oro del gothic metal di metà anni Novanta. Ma gli stessi esordi dei Lacuna (chi si ricorda In A Reverie del 1999 e Unleashed Memories del 2001?) rivivono sia nell’intelligente I Forgive (But I Won’t Forget Your Name), abile a mediare tra la modernità e la classicità del genere, sia nella conclusiva strepitosa One Cold Day. Il singolo di lancio Nothing Stands In Our Way e la successiva Zombies sono inoltre il perfetto manifesto di un lavoro che denota la maturità assoluta acquisita in questi anni dal gruppo, vero e proprio top player nel filone musicale che propone: ce ne accorgeremo anche nel nostro/loro Paese natale?

LACUNA COIL Broken Crown Halo (Century Media)

di Jacopo Casati

M LEVANTE Manuale distruzione (INRI)

di Elena Rebecca Odelli

66 onstage marzo

eglio chiarire subito un punto: nonostante la produzione indipendente, Manuale distruzione non è un disco indie. Levante impugna penna e chitarra e propone un’altra tipologia di cantautorato. Già dal titolo, costruisce il suo album d’esordio sulle macerie contro le quali ci schiantiamo ogni giorno, quando sogni e reale non collimano. Ma cadere serve a crescere e questo è il tema di fondo che Claudia Lagona (vero nome di Levante) proietta nelle dodici tracce. Al disincanto dal sapore agrodolce di Sbadiglio, Memo e Alfonso, si sommano le immagini evocative di Le margherite sono salve, Farfalle e Duri come me. Manuale distruzione è una trincea di emozioni in una costante guerra sotterranea tra melodia e testo. Levante rischia, e il risultato è una prima prova coraggiosa e originale, soprattutto se si pensa al panorama musicale femminile italiano. Le

contaminazioni sono evidenti quanto i nomi di chi ha contribuito al disco: Alberto Bianco, Federico Puttilli e Alessio Sanfilippo dei Nadar Solo, Daniele Celona, Claudio De Marco e Gianluca “Cato” Senatore. L’universo della cantante torinese è fatto di tinte speranzose, giochi di parole come «un’esplosione al petto che non fa mai rumore» (in Cuori d’artificio) e una voce a metà tra il soffuso e l’arrabbiato, ma sempre con un garbo di fondo. Claudia, invece di cadere su quelle macerie quotidiane, ci si è appoggiata soavemente con i piedi. Come chi, nel raffronto tra sogni e realtà, abbia preso coscienza di se stessa e del valore della propria musica. Manuale distruzione è un album educato, concetto quanto mai anormale nella società attuale. E Levante dà prova di stile incanalando messaggi, senza bisogno di grida disordinate.


GIGI D’ALESSIO

RA

20 14 MARZO 2014

20 ROMA GRAN TEATRO 21 ROMA GRAN TEATRO 25 NAPOLI PALAPARTENOPE 26 NAPOLI PALAPARTENOPE 27 NAPOLI PALAPARTENOPE 30 ACIREALE PALASPORT APRILE 2014

2 BARI TEATRO TEAM 4 FIRENZE TEATRO VERDI 5 RIMINI 105 STADIUM 8 TORINO PALAOLIMPICO 11 MILANO GRAN TEATRO LINEAR4CIAK 12 MILANO GRAN TEATRO LINEAR4CIAK 15 PADOVA GRAN TEATRO GEOX

OBVIOUS BASIC

MAGGIO 2014 1 LIVORNO Modigliani Forum 3 PADOVA Palafabris 4 MONTICHIARI (BS) PalaGeorge 6 RIMINI 105 Stadium 7 BOLOGNA Paladozza 10 MILANO Mediolanum Forum 13 TORINO Palaolimpico 14 ANCONA Palarossini 17 ROMA Palalottomatica 20 NAPOLI Palapartenope 22 FIRENZE Mandela Forum 25 VERONA Arena BIGLIETTI DISPONIBILI ORA

IL NUOVO ALBUM DISPONIBILE ORA


CINEMA

a cura di Antonio Bracco

need for

speed di Scott Waugh

USA, 2014, 130 min IL CAST: Aaron Paul, Dominic Cooper, Imogen Poots, Rami Malek, Michael Keaton, Dakota Johnson, Ramon Rodriguez.

CRITICA PUBBLICO

E

così un altro dei brand più noti del mondo dei videogame diventa un film. Dopo una ventina di edizioni uscite dal 1994 ad oggi per ogni tipo di console e PC, qualcuno ha pensato che una buona fetta del crescente pubblico di Fast & Furious si sarebbe riversata nei cinema per ulteriore “bisogno di velocità”. Creato dalla Electronic Arts, Need For Speed è sempre stato un gioco molto essenziale, da mano sul volante e piede sul pedale (virtualmente s’intende). Serviva una storia e per questo delicato lavoro è stato chiamato John Gatins (Flight, Real Steel) che ha firmato il soggetto lasciando scrivere la sceneggiatura al fratello George. Scott Waugh, ex stuntman diventato regista, è stato ingaggiato per portare il massimo del realismo possibile, così come aveva fatto dirigendo il film marchettone sui Navy Seals intitolato Act Of Valor. Need For Speed

si ispira infatti ai polizieschi anni ’60 e ’70, prendendo il mitico film Bullitt come primo riferimento proprio per il ruvido stile di ripresa con Steve McQueen personalmente alla guida di quella spledida Ford Mustang 390 GT. Anche gli attori di Need For Speed avrebbero dovuto mettersi al volante per la maggior parte delle sequenze, occasione che Aaron Paul non si è lasciato sfuggire. La star della pluripremiata serie Breaking Bad ha ottenuto la parte da protagonista dimostrando di saper cambiare rotta nettamente da quel Jesse Pin-

kman che gli ha dato la notorietà. “Il regista voleva che imparassimo le tecniche di guida sportiva in tutti i dettagli e che risultassimo anche cool facendole” ha detto l’attore, che nel film interpreta un onesto meccanico che nei weekend partecipa alle corse clandestine con gli amici. Incastrato per un crimine che non ha commesso, finisce in prigione e due anni più tardi, quando esce, è comprensibilmente ancora incazzato. Secondo voi, ritorna buono buono in officina o la sete di vendetta deve essere… soddisfatta?

Micro-reviews 300 - L’ALBA DI UN IMPERO di Noam Murro (USA, 2014) Nuova avventura ad alto tasso #testosteronico tratta dal fumetto di Frank Miller, Xerses. Temistocle unisce il suo popolo per respingere via mare l’avanzata persiana guidata da Serse e Artemisia. In 3D.

68 onstage marzo

SUPERCONDRIACO

di Dany Boon (FRANCIA, 2014) All’alba dei 40, Romain è tutto un fascio di nevrosi e paure. L’unico amico che possiede è anche il suo medico curante, che ha la vana speranza di guarirlo dall’#ipocondria e trovargli la donna della vita.

LEI di Spike Jonze (USA, 2013) In un prossimo futuro, un uomo s’innamora della personalità di un sistema informatico di nuova generazione. La #vocesintetica del computer è di Scarlett Johansson, sostituita in italiano da Micaela Ramazzotti.

STORIA DI UNA LADRA DI LIBRI

di Brian Percival (USA, 2014) Tratto dal best seller di Marcus Zusak, il film è la storia della piccola Liesel che è suo malgrado testimone degli orrori del nazismo. Trova #rifugionellalettura iniziando a collezionare libri rubati.


IL RICATTO

di Eugenio Mira, SPAGNA, 2013

Tom Selznick è un giovane e talentuoso pianista ritiratosi dalle scene da anni a causa di un attacco di fobia da palcoscenico. Dopo un periodo di isolamento, riesce a trovare al forza per riprendere le redini della sua vita da musicista. Nel momento in cui si appresta a dare il via al concerto che segnerà il suo attesissimo ritorno sulla scena, Tom trova un messaggio scritto sullo spartito: “sbaglia una nota e morirai”. Non esattamente le parole di auguri per un migliore rientro in scena. Seduto al pianoforte, il giovane è così costretto a suonare un brano difficilissimo e, allo stesso tempo, a cercare di smascherare il cecchino che gli parla attraverso l’auricolare. Prodotto interamente in Spagna (così come altri thriller internazionali quali Buried e Red Lights), il film sembra un incrocio tra Lezioni di piano, Speed e In linea con l’assassino. CRITICA PUBBLICO

IL CAST: Elijah Wood, John Cusack, Allen Leech, Kerry Bishe, Dee Wallace-Stone

LA MOSSA DEL PINGUINO di Claudio Amendola, ITALIA, 2014

Quattro uomini dalle vite disagiate scoprono per caso il gioco del curling e si convincono di poter partecipare alle Olimpiadi Invernali di Torino 2006. L’Italia, in quanto Paese ospitante, può avvalersi di diritto di una squadra qualificata. I quattro si ingegnano in allenamenti improbabili (l’attrezzatura costa cara e loro non hanno soldi da investire), trovano scappatoie alle regole (il manuale è duro da imparare), provocano gli avversari (la concorrenza è più ostica del previsto) e finiscono per diventare campioni italiani, acquisendo così il diritto di partecipazione ai Giochi. Per riuscirci dovranno però diventare uomini migliori. La loro è una storia di riscatto individuale e familiare, prima ancora che sociale. Esordio alla regia per Claudio Amendola, con il sostegno della Torino Film Commission e della Federazione Italiana Sport Ghiaccio. IL CAST: Ricky Memphis, Edoardo Leo, Antonello Fassari, Ennio Fantastichini, Francesca Inaudi

CRITICA PUBBLICO

CAPTAIN AMERICA: THE WINTER SOLDIER di Joe Russo, Anthony Russo, USA, 2014,

Dopo i catastrofici eventi di New York accaduti in The Avengers, Steve Rogers vive in relativa tranquillità a Washington D.C. cercando di adattarsi al mondo moderno. Quando un collega dello S.H.I.E.L.D. subisce un attacco, Steve è coinvolto in una rete di intrighi che minacciano di mettere a rischio le sorti del mondo. Unendo le forze con Vedova Nera, Captain America lotta per smascherare una cospirazione in continua espansione respingendo killer professionisti inviati continuamente per chiudergli la bocca per sempre. Captain America recluta un nuovo alleato, Falcon, ma presto si trovano tutti a dover affrontare un inaspettato e formidabile nemico: Winter Soldier. In 3D. Una scena legata al primo film in cui Steve Rogers scopriva cosa era successo al suo commando è stata tagliata da The Avengers, ma recuperata ed inserita in questo film. CRITICA PUBBLICO

IL CAST: Chris Evans, Samuel L. Jackson, Anthony Mackie, Scarlett Johansson, Robert Redford, Cobie Smulders, Frank Grillo, Toby Jones

onstage marzo 69


GAMES

LIGHTNING RETURNS:

FINAL

FANTASY XIII

Il risveglio della Salvatrice IL TASSELLO FINALE DELLA TRILOGIA È UNA CORSA CONTRO IL TEMPO

Produttore: Square - Enix Genere: RPG Disponibile per: PS3 / Xbox 360

C

onsiderando le critiche e i dibattiti intorno ai primi due episodi di Final Fantasy XIII, l’opzione “chiusura col botto” andava esclusa a priori. I principali argomenti che alimentavano le tesi dei detrattori erano sostanzialmente due: la trama (evanescente per alcuni, priva di senso per altri) e la marcata linearità della progressione di gioco. E’ bene chiarire fin da subito che il capitolo che fa calare il sipario sulla trilogia non fa molto per migliorare questi aspetti; anzi, prosegue convinto per la sua strada. La narrazione inciampa in diverse forzature, e la libertà di azione è piuttosto illusoria. Ma se da un lato questi supposti “problemi” (che in realtà sono precise scelte, che possono piacere o meno) non vengono “risolti”, dall’altro tutto quello che funzionava viene rafforzato e migliorato. Così, 5 secoli dopo gli eventi di FFXIII-2, Lightning viene scongelata e scopre

a cura di Blueglue

che il pianeta sta per essere distrutto: il suo obiettivo è quello di salvare il maggior numero di anime possibile con lo scopo di traghettarle nel nuovo mondo. Tutto ciò con una deadline ben precisa: 13 giorni. La gestione del tempo assume quindi un ruolo fondamentale: sta a noi decidere se sia il caso di avventurarci in quest secondarie (cercando di recuperare una quantità sufficiente di Eradia, la luce spirituale che consente di guadagnare qualche preziosa ora in più) oppure evitare deviazioni troppo dispendiose. Il sistema di combattimento cambia pelle: non controlleremo più

un party, ma soltanto la nostra eroina - che potrà contare su diversi outfit (costumi, armi, scudi e accessori) abbinati a poteri e approcci differenti. La formula funziona molto bene: la strategia è assolutamente necessaria, ma le battaglie guadagnano in dinamismo e interazione, coinvolgendo soprattutto negli scontri più impegnativi. La vena artistica del team diretto da Motomu Toriyama è ancora una volta ispirata: filmati espressivi e temi musicali di classe accompagnano il degno finale di un’avventura che - una volta accantonati i facili pregiudizi - convince.

Micro-reviews THE LEGO MOVIE VIDEOGAME (PS3 – PS4 – XBOX 360 –3DS XBOX ONE – WII-U – PS VITA) In contemporanea con l’uscita del film d’animazione digitale in 3D arriva su tutte le console il videogioco con le sue rodate dinamiche: spasso assicurato, come sempre. #mattonciniforever

70 onstage marzo

INAZUMA ELEVEN 3 – OGRE ALL’ATTACCO!

(3DS - DS) Il “calcio di ruolo” targato Level-5 consolida l’indovinato equilibrio tra azione e strategia con una terza versione che aumenta il numero dei giocatori reclutabili e introduce nuove #tecnichemicidiali

OUTLAST

(PS4) Dopo lo splendido Don’t Starve, ecco un altro regalo di lusso per gli utenti Plus di Sony: l’avventura di Miles Upshur nel manicomio di Mount Massive è a dir poco ansiogena e molto ben confezionata. #orrorepuro

DONKEY KONG COUNTRY: TROPICAL FREEZE

(WII-U) A vent’anni tondi dal mitico Donkey Kong Country, il quinto capitolo della saga fa esordire lo scimmione più amato dai videogiocatori su Wii-U; poche innovazioni, tantissimo divertimento. #lianeebanane


DESIGN 800ART.IT

songsofjonathanwilson.com

JONATHAN WILSON

VEN 11/04/2014 > BOLOGNA - TEATRO ANTONIANO SAB 12/04/2014 > ROMA - AUDITORIUM PARCO DELLA MUSICA DOM 13/04/2014 > MILANO - TEATRO MENOTTI

17/04/2014 > MILANO – ALCATRAZ www.imotorhead.com

www.thewonder.co.uk

MAR 03/06/2014 > MILANO - ALCATRAZ

MAR 24/06/2014 > MILANO - IPPODROMO CITY SOUND

JACK JOHNSON Jonny Lang

jackjohnsonmusic.com

LUN 14/07/2014 > PISTOIA - PISTOIA BLUES

15/07/2014 > PISTOIA – PISTOIA BLUES

JOHN BUTLER TRIO www.johnbutlertrio.com

DOM 18/05/2014 > BOLOGNA - ESTRAGON + Brett Dennen MAR 15/07/2014 > SESTO S. GIOVANNI (MI) - CARROPONTE

17/07/2014 > FIRENZE – TEATRO ROMANO DI FIESOLE 18/07/2014 > MILANO - AUDITORIUM

+ special guest BRETT DENNEN www.johnbutlertrio.com

Domenica maggio 2014

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Il nuovo Album, Flesh & Blood, fuori dal 3 Febbraio 2014

Estragon

bologna

INFO: 02.6884084 - BARLEYARTS.COM - FACEBOOK.COM/BARLEYARTSPROMOTION

WWW.GIUSEPPEDIBENEDETTO.COM “IL PRIMO ALBUM DI GIUSEPPE DI BENEDETTO”DISPONIBILE SU I-TUNES E NEI PRINCIPALI STORE DIGITALI

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TECH

IL GRANDE SALTO DI SHAZAM Il tracciatore musicale per eccellenza si rifà il look, ma non solo quello: al Media World Congress di Barcellona è stato annunciato un aggiornamento che promette un’evoluzione fondamentale dell’app. di Marco Rigamonti

A

ogni passo avanti di matrice tecnologica corrisponde una diminuzione emotiva inversamente proporzionale. Oggi la comodità ha avuto la meglio, i tempi si sono azzerati e gli aloni di mistero sono stati sostituiti da fredde e insindacabili catalogazioni. Per esempio, c’è stato un periodo in cui se passava una bella canzone per radio si stava con le dita incrociate sperando che il dj a fine brano avesse la bontà di rivelare autore e titolo. Quel pezzo era un’entità sfuggente, che in caso di mancato recapito delle fatidiche parole chiave (unico possibile supporto per la ricerca in un negozio di dischi) sarebbe rimasta tale fino al prossimo ascolto. Oggi il massimo dell’emozione che si può provare in un momento simile è sperare che la canzone non finisca prima di avere sfiorato con le dita il pulsantone di Shazam. Un po’ poco in termini di poesia, ma estremamente rapido e funzionale. Tanto per renderci conto delle dimensioni di Shazam, stiamo parlando di un’applicazione che più di 420 milioni di persone nel mondo hanno usato e usano. Gli utenti attivi ogni mese sono più di 85 milioni e ogni giorno taggano la bellezza di 15 milioni di canzoni. L’app, i cui database ospitano 35 milioni di brani, è disponibile in

33 lingue e ha generato 330 milioni di dollari di acquisti di “beni digitali” solo negli ultimi 12 mesi (fonte: http://news.shazam.com). Dopo le recenti introduzioni, come la connessione con Facebook (che permette di vedere cosa taggano gli amici), l’Auto Shazam (che consente di riconoscere tutta la musica in cui ci si imbatte nell’arco della giornata) e la sezione “Classifica” (che mostra i tag più diffusi, riflettendo in maniera diretta i gusti delle persone), in queste settimane è in arrivo un aggiornamento importante della nota app: il restyle non sarà di matrice puramente estetica, ma porterà un po’ di novità. Per esempio l’accesso immediato a testo, video del brano, biografia e discografia dell’artista renderà superfluo aprire il browser alla ricerca di ulteriori informazioni. Il News Feed permetterà a Shazam di tenere aggiornato l’utente sulla base dei tag effettuati, proponendogli contenuti che potrebbero interessarlo o informandolo su nuove release o concerti degli artisti per i quali ha mostrato attenzione. E’ stato inoltre annunciato un accordo con Warner che prevede l’istituzione di un’etichetta a supporto dei performer senza contratto e una collaborazione di marketing con la major. L’evoluzione sembra non avere confini: tempi duri per i romantici.

Micro-reviews SIMGO (IOS – ANDROID)

Inserendo la sim card nell’apposita custodia, l’applicazione Simgo assegna una tariffa locale al vostro numero telefonico, in qualsiasi stato vi troviate; il roaming internazionale fa meno paura. #smartbills

72 onstage marzo

NOKIA TREASURE TAG

Pensate per gli smemorati doc, le Treasure Tag sono dei portachiavi che comunicano tra loro e rendono gli oggetti “taggati” localizzabili, avvisandovi quando vengono dimenticati in giro. #lamemoriaèunoptional

TRANSLOADER (IOS)

Per scaricare file con un iPhone o un iPad basta Transloader: l’applicazione trasferisce l’url sul nostro Mac, e avvia il download da lì (anche in un secondo momento): semplice ed efficace. #problemsolved

TV FILES (IOS)

Negli ultimi anni la febbre da serie tv è diventata una cosa seria: ci vuole un’app per organizzare le sedute, controllare i gusti degli amici e magari consigliare loro qualcosa, in perfetto stile social. #fictionfever



COMING SOON Franz Ferdinand

PENSIAMO AL

PRESENTE

I

l mistero non è cosa faranno adesso, ma cosa succederà dopo. Perché i Franz Ferdinand sono un gruppo che sa farsi attendere e sa giocare con l’aspettativa, spesso creata ad arte. Quattro anni dall’ultimo disco Tonight: Franz Ferdinand e tante parole buttate lì per alludere a un’eventuale rottura, non ultima un’intervista a Rolling Stone subito dopo la pubblicazione di Right Thoughts, Right Words, Right Action per dire che sì, il rischio scioglimento c’era stato davvero ed era legato al timore di lasciarsi cullare dalla routine. In mezzo anche progetti collaterali, soprattutto per il frontman Alex Kapranos, che ha pubblicato un libro con tutte le recensioni culinarie scritte per il Guardian. Il pericolo di una pausa in realtà non è che sia del tutto sventato, soprattutto se si ascoltano con attenzione gli ultimi versi della traccia di chiusura dell’album. «Goodbye lovers and friends / So sad to leave you / When they lie and

*

CALENDARIO CONCERTI

di ALvise Losi foto di Andy Knowles

say / “This is not the end” / You can laugh as if / We’re still together / But this really is the end». Salutare i fan con un «potete anche pensare che siamo ancora insieme, ma questa è davvero la fine» non è esattamente un messaggio rassicurante per quanto riguarda i prossimi passi. Ecco insomma qual è oggi la situazione del gruppo scozzese, tra certezze sull’immediato futuro e dubbi su quello a lungo termine. Nel frattempo però, e senza dover per forza immaginarsi chissà quali scenari, il presente c’è ed è roseo. Con un tour europeo iniziato il 6 marzo che andrà avanti fino a fine agosto (e in mezzo anche una decina di date tra Stati Uniti, Canada e Messico). In Italia si faranno vedere già il 3 aprile, con un’unica data milanese al Forum di Assago. I biglietti sono già esauriti da un pezzo, ma per fortuna è solo un assaggio. Perché i Franz Ferdinand torneranno a suonare nel nostro Paese anche in estate, con tre concerti a cavallo tra luglio e agosto (il 31, l’1 e il 2) a Udine, Ferrara e Roma. Viste le prospettive incerte, i fan sono avvisati.

aprile

Alessandra Amoroso 01/04 Milano 04/04 Torino 05/04 Bologna 08/04 Genova 09/04 Firenze 11/04 Roma 12/04 Ancona 14/04 Bari 17/04 Acireale (CT) 19/04 Napoli

Bud Spencer Blues Explosion 04/04 Mezzago (MB) 05/04 Perugia 11/04 Bologna 12/04 Torino 17/04 Roma 19/04 Catania 24/04 Bari 25/04 Firenze 26/04 Roncade (TV)

Arisa 06/04 Roma 16/04 Milano

Noemi 17/04 Milano 29/94 Firenze

Piero Pelù 05/04 Roma 12/04 Padova 16/04 Milano 18/04 Firenze

Emis Killa 04/04 Napoli 05/04 Bari 10/04 Milano

Joan As Police Woman 10/04 Milano 11/04 Ravenna 12/04 Firenze 13/04 Roma Dente 07/04 Torino 13/04 Milano 15/04 Roma Perturbazione 04/04 Parma 10/04 Bologna 11/04 S. Benedetto del Tronto (AP) 12/04 Brescia 16/04 Segrate (MI) 17/04 Trento 18/04 Treviso

74 onstage marzo

Estra 11/04 Roncade (TV) 16/04 Milano 17/04 Firenze 23/04 Roma Motel Connection 04/04 Vicenza 11/04 Palermo 12/04 Catania 18/04 La Spezia Le Luci della Centrale Elettrica 04/04 Roma 05/04 Pescara 06/04 Brindisi 07/04 Cosenza 09/04 Milano 11/04 Torino 12/04 Bologna 18/04 Verona 19/04 Ravenna 23/04 Padova




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