ONSTAGE magazine
VASCO GIANNA NANNINI LIGABUE ELTON JOHN GIOVANNI ALLEVI STARSAILOR CLUB DOGO
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Questo concerto lascerà il segno. Ma non sul tuo viso. Regalati un risveglio da star.
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abracadabra Tutti i locali di Milano e Roma dove trovi Onstage Magazine DI DANIELE SALOMONE
La musica fa bene. Riduce lo stess, rafforza il cuore (ha effetto vasodilatatore), può svolgere funzioni riparatrici per l’udito e in alcuni ambiti della medicina viene addirittura utilizzata come terapia. E sto sicuramente tralasciando mille altri benefici. Non si contano più gli studi (più o meno utili) che si sono occupati della materia con risultati certi e dimostrabili. Praticamente ogni mese vengono pubblicate nuove ricerche. Fatevi un giro sul web e ne avrete le prove. Tutto bene, ci mancherebbe. Ma c’è qualcosa di molto importante che i “cervelloni” non sono in grado di spiegare, che sfugge all’analisi scientifica. E’ la magia della musica. Quella che ci consente di spiccare il volo verso l’universo incantato dove non c’è spazio per le tante zavorre che appesantiscono le nostre giornate. Anche quando tutto sta andando a rotoli, abbiamo una via di fuga, un “piano b”: possiamo sempre trovare qualche minuto per una canzone, magari una mezz’ora abbondante per un disco intero, meglio ancora un paio d’ore per un concerto. Più la situazione si fa complicata e più la musica diventa un appiglio imprescindibile. Perché quando c’è musica, c’è musica e basta. Come se una bacchetta magica avesse il potere di annullare tutto il resto. “Resto” che poi inevitabilmente torna a farsi sentire, ma non prima di aver lasciato alla musica il tempo per la sua azione purificatrice. Lo sanno bene tutti quelli che si sono assicurati un posto all’Arena di Verona per il concerto sinfonico di Gianna Nannini, i 120mila che hanno comprato tutti i biglietti disponibili per le dieci date del Liga (sempre nel meraviglioso teatro scaligero) e le decine di migliaia che hanno polverizzato i tagliandi per tutte (tutte!) le date del primo tour indoor dopo tredici anni di Vasco. In realtà, lo sappiamo tutti.
Direttore Responsabile Emanuele Vescovo Direttore Editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com Art Director Federico Riva f.riva@ineditweb.com Progetto grafico Inedit srl via Pietrasanta, 12 20143 Milano info@ineditweb.com Rock ‘n Fashion Luca Merli Foto cover © Chiaroscuro (BO)
Hanno collaborato a questo numero: Carol De Giovanni, Damir Ivic, Massimo Longoni, Roberta Maiorano, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Giorgio Rossini Pubblicità Areaconcerti srl via Pietrasanta, 12 20143 Milano tel. 02.5695313 Luca Seminerio l.seminerio@onstageweb.com Francesco Ferrari f.ferrari@onstageweb.com Eileen Casieri e.casieri@onstageweb.com Marianna Maino m.maino@onstageweb.com
Pubblicità Triveneto, Mantova, Emilia Romagna Ever Est s.n.c. via Roma 5/A - 35010 Limena (PD) Tel. 049.8849246 info@everestadv.it
Stampa Centro Stampa Quotidiani Spa Via dell’Industria, 52 25030 Erbusco (BS)
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Web http://www.onstageweb.com
Redazione Francesca Vuotto f.vuotto@onstageweb.com
ONSTAGE MAGAZINE_ON TOUR_SETTEMBRE 2009 GIANNA NANNINI : 13/09 ARENA DI VERONA LIGABUE: 24-26-27-29-30/09 ; 02-03-04/10 ARENA DI VERONA ELTON JOHN: 29/09 MEDIOLANUM FORUM, MILANO VASCO ROSSI: 06-07-11-12/10 ADRIATIC ARENA, PESARO
onstage / settembre 2009
Distribuzione Mario Vescovo m.vescovo@onstageweb.com
Onstage Magazine Registrazione al tribunale di Milano N°362 del 01/06/2007
MILANO Bar Magenta BhangraBar Biblioteca Sormani Blender Bond Cafe Milano Cargo Colonial Caffè Cuore Deseo Elettrauto Cadore Exploit Frank Café Fresco Art Good Fellas Ied Item Jamaica Julien Café Kapuziner La Bodeguita del Medio La Fontanella Le Coquetel Le scimmie Lelephant Mom Morgans Pacino Café Pharmacy Store Radetsky Reefel Roialto Café Sergent Peppers Skip Intro Stardust Tasca Trattoria Toscana Twelve Volo Yguana ROMA 200 gradi 3 jolì american bar Anima Bali Circolo degli artisti Latte piu’ Comingout Club 32 Express St’a Salotto 42 Emporio caffe’ Chakra caffe’ Caffe’ friends Stairs club Freni e frizioni Casina dei pini Mom art Le sorelle Sugar c Caffe’ letterario Blob Blow club
Book Brasia Bulldog inn Charity cafè Club akab Deja’ vu Distillerie clandestine Fashion bar Fonclea Gregory’s jazz club Gusto I giardini di adone Il Bidone Il boom La locanda blues L’alibi Le Coppelle 52 Penny Lane Pride Pub Friend’s Art Café Birreria Martini Birreria Marconi Antilia Trillo Pub Fata Morgana Crazy Bull Take it easy café Simposio Mondo Perduto Pub Tumbler Black Falcon Roma Q’s Pub Barbagianni Rock Castle Café Old Trafford Coyote On The Rox Morrison’s Jamboree Il Barone Rosso Lettere cafè L’infernotto Living room cafè Locanda atlantide Magnolia Meo pinelli Micca club Mojbha Nag’s head New scarabocchio Open music cafè Open wine cafè Ore 20 Punto g Secrets cafè Sgt. pepper’s pub Sotto casa di andrea Sotto sotto Tam tam Tantra pop gallery Trinity college Tumbler Vinoteca novecento Zen.0
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LIVESTYLE la musica letta dal vivo
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22. GIANNA NANNINI
Una data con orchestra all'Arena di Verona per la rocker toscana. Possibile? Certo che si. Gianna ci ha spiegato tutto.
Gli appuntamenti live di settembre da non perdere: il tour infinito dei Marlene Kuntz, Patti Smith, il Principe De Gregori e tanti altri.
46 rock ‘n fashion Ospite della rubrica moda di settembre è Nina Zilli, che per il nome si è ispirata a Nina Simone. Se non ha stile una così..
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29. LUCIANO LIGABUE
Il Liga vuole superare i confini della musica italiana. In attesa dei “concerti sinfonici”, ne abbiamo parlato con Corrado Rustici.
Ottobre si tinge di bianco, rosso e verde grazie ai big della musica italiana. Sono in partenza i tour di Eros Ramazzotti e Renato Zero.
58 what’s new Settembre è molto rock con i nuovi di Pearl Jam, Artick Monkeys e Jet. E per il grande schermo, i soliti consigli degli amici di Nick.
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34. VASCO ROSSI
La storia tra Onstage Magazine e Radio Deejay resiste anche all’estate. E’ il turno di Platinette, personaggio davvero ingombrante..
Da 13 anni il Blasco non partiva per un tour indoor. Ci siamo divertiti a mettere in competizione Vasco ’96 e Vasco ’09.
FACE2FACE 40. ELTON JOHN
Se Pirandello avesse avuto la fortuna di conoscere Elton John, ne sarebbe rimasto folgorato. Vi spieghiamo perché.
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14. Giovanni Allevi 18. Starsailor 20. Club Dogo
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SETTEMBRE Gli appuntamenti di questo mese
Patti Smith 10/09 Firenze
11/09 Cremona
Francesco De Gregori Per info su tutte le date: www.francescodegregori.net A poco più di un anno dalla pubblicazione di Per brevità chiamato artista, uscito a maggio del 2008, Francesco De Gregori continua il suo viaggio. Con il tour in corso, che è diventato di respiro europeo a partire dalla primavera 2009 con l’inserimento di alcune date all’estero, “Il Principe” ripropone con l’eleganza che lo contraddistingue l’intimismo e le sonorità melodiche delle sue canzoni più famose, ma anche i brani dell’ultimo album. Per brevità chiamato artista lascia poco spazio all’amore e alla politica, temi per
tradizione cari al cantautore romano, ma rappresenta in maniera sublime tutto ciò che caratterizza la produzione di De Gregori: l’ermetismo, la ricercatezza ai limiti del manierismo e la poesia. Il disco contiene nove inediti ed include L’angelo di Lyon, cover di The Angel Of Lyon di Steve Young e Tom Russell, tradotta fedelmente da Luigi Grechi, fratello dell’artista. De Gregori ha descritto il suo ultimo lavoro come “un’autobiografia fantasticata”. Può bastare?
Claudio Baglioni 14/09 Verona Dopo quasi 22 anni di assenza, Claudio Baglioni torna all’Arena di Verona per l’ultima data di Gran Concerto – Q.P.G.A., che sarebbe riduttivo definire come “tour”. Il cantautore romano sta portando in scena da molti mesi una vera e propria opera-concerto, in cui i brani, da quelli storici ai nuovi In viaggio e Un solo mondo, sono accompagnati da immagini inedite trattate con innovative tecniche di editing digitale. Il progetto fa parte di una serie di iniziative, tra cui la pubblicazione del libro QPGA (romanzo ispirato a Questo Piccolo Gran-
de Amore) e l’omonimo film prodotto da Medusa. Coronamento di questo anno di grandi eventi sarà l’uscita in autunno del nuovo doppio CD, i cui brani sono stati proposti in anteprima proprio durante le date live del tour estivo. Un’esclusiva che Baglioni ha voluto riservare al suo pubblico per ringraziarlo della pluridecennale fedeltà e che è stata contraccambiata con il tutto esaurito per ognuna delle 44 location che lo show ha toccato, da Roma a Verona stessa, per un totale di più di 250 mila spettatori.
The Offspring Dopo l’esibizione dello scorso luglio all’Arezzo Play Art Festival, Patti Smith torna in Toscana per prendere parte ai festeggiamenti per il trentesimo anniversario dello storico concerto che tenne a Firenze nel 1979. Il capoluogo toscano rende omaggio alla “poetessa rock” con la rassegna I was in Florence 1979-2009, in programma dal 2 al 10 settembre. In tutta la città sono previsti eventi a tema, con il grande concerto di Patti (in piazza Santa Croce) come gran finale proprio il 10. Ma qualche giorno prima c’è un’altra occasione per ascoltarla dal vivo, l’8 per la precisione, quando l’artista statunitense è chiamata ad inaugurare con un concerto acustico la mostra fotografica Patti Smith: fotografie per Firenze, aperta alla Galleria Poggiali e Forconi fino al 6 ottobre. Le 80 polaroid in bianco e nero (per lo più inedite) che compongono l’esposizione sono state scattate da Patti stessa negli ultimi cinque anni ed esprimono il suo amore per Firenze e per i grandi maestri dell’arte italiana, da sempre modelli per le sue molteplici attività di cantante, fotografa e musicista. Dopo gli eventi fiorentini Patti Smith non lascia l’Italia: a Cremona, l’11 settembre è in programma un concerto nell’ambito del Festival di Mezza Estate.
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02/09 Milano Il concerto di Milano è l’unica occasione a disposizione dei fan italiani per ascoltare dal vivo Rise And fall, Rage And Grace, recente album della band californiana, che ha visto finalmente la luce nel 2008 dopo una lunga lavorazione. La grande attesa che si è creata attorno all’ultima fatica degli Offspring potrebbe essere presto rinnovata. Il frontman Dexter Holland ha infatti recentemente rivelato a Rolling Stone di essere al lavoro per il prossi-
mo disco, la cui uscita è prevista già nel 2010. Evidentemente i tempi molto dilatati dell’ultimo album non sono piaciuti nemmeno alla band. In ogni caso, pare che gli Offspring siano tornati in forma come ai tempi d’oro (a cavallo tra gli anni Novanta e il nuovo millennio): il The Shit Is Fucked Up Tour ci restituisce la band californiana nella versione che più ci piace. Bentornati.
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Ivano Fossati
Marlene Kuntz
08/09 Mantova
Per info su tutte le date: www.livenation.it
Ivano Fossati non si smentisce e continua ad unire alla passione per la musica l’impegno sociale. L’8 settembre il cantautore ligure è al Teatro Sociale di Mantova per un concerto speciale, parte del Musica Moderna Tour, in favore del FAI, il Fondo per l’Ambiente Italiano. Parte dei ricavati dalla serata saranno utilizzati per restaurare la Fontana delle 99 cannelle dell’Aquila, gravemente danneggiata dal terremoto dello scorso aprile. Un motivo in più per esserci. Da un punto di vista prettamente artistico, lo spettacolo che Fossati sta regalando dall’uscita di Musica Moderna (ottobre 2008) alterna toni energici e ritmati a delicati momenti acustici, come da tradizione.
Tori Amos 30/09 Roma
01/10 Milano
Doppio appuntamento italiano per Tori Amos, che per l’atteso ritorno nel nostro paese ha scelto due prestigiose location: l’Auditorium Parco della Musica di Roma e il Teatro Smeraldo di Milano. Occasioni per godersi dal vivo l’indiscusso talento dell’artista americana e verificare di persona in che modo la “Cornflake Girl” riesca a conciliare la carica ed il dinamismo che contraddistinguono le sue esibizioni live con l’atmosfera intima e raccolta dei due teatri. Abnormally Attracted to Sin, un titolo che è tutto un programma, è l’ultimo album di Tori Amos, il primo con l’etichetta Universal Republic dopo anni di peregrinazioni da una casa discografica all’altra, ed è accompagnato da una versione deluxe che propone un DVD con immagini che raccontano visivamente i testi delle canzoni. Dal vivo, ci pensa da sola a farsi capire.
Continua il lunghissimo tour dei Marlene Kuntz, iniziato a gennaio, e chissà quando finirà. La data del Palasharp di Milano, non è un segreto, è arricchita dalla partecipazione di due ospiti d’eccezione: Franz di Cioccio della PFM e Manuel Agnelli degli Afterhours. Il tour ha supportato l’uscita della prima antologia dei Marlene Kuntz, Best Of, che ripercorre le evoluzioni della band da Catartica a Uno. La raccolta ha offerto ai fan la possibilità di ascoltare un brano inedito (Il Pregiudizio) e tre cover: Impressioni di settembre della PFM, Non gioco più di Mina e La libertà di Giorgio Gaber. Per continuare a sorprendere il pubblico, in queste date di fine estate i Marlene Kuntz si stanno concentrando sul suono, riscoprendo la componente più ruvida
della loro musica, abbandonata in occasione dei concerti dello scorso autunno/inverno. Ma non finisce qui. Se desiderate avere uno scambio di battute con Cristiano Godano, l’occasione è il Festival della Letteratura di Mantova, il 13 settembre. A partire dalle 14.30 il musicista è protagonista del dibattito “Blurandevù”, incentrato sulla sua ultima produzione letteraria, I vivi. Sempre lo stesso giorno, nel tardo pomeriggio (17.30), il leader dei Marlene porta la sua esperienza di “manipolatore” della lingua italiana partecipando all’incontro “La lingua del pop”, seminario sulle reciproche influenze tra letteratura e testi musicali.
The Cult 29/09 Bologna E’ fin troppo facile usare il nome della band per costruire qualche frasetta del tipo “l’evento cult di settembre sarà il concerto dei Cult”. Fatto sta che quello all’Estragon di Bologna del 29 settembre è davvero uno degli eventi dell’anno. La band inglese si è nuovamente riunita ed è tornata a calcare i palchi, tuffandosi nel passato con il Love Live Tour. Il nome della tournèe si rifà al leggendario Love, album che nel lontano
1985 ha portato i Cult in vetta alle classifiche di mezzo mondo, decretandone lo status di eroi del rock alternativo (allora si poteva ancora definire così). La line-up nel corso degli anni ha subito numerose variazioni, ma i leader-fondatori Ian Astbury (voce) e Billy Duffy (chitarra) sono presenti ed è questo quello che interessa ai fan. Accanto a loro, John Tempesta (batteria) e Chris Wyse (basso).
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ROCK 'N' SYMPHONY DI Daniele Salomone
GIOVANNI ALLEVI & The all star orchestra LIVE foto: XXXXXXXXX
01/09 Verona
Se possiamo affermare che il rock italiano è ben rappresentato all’estero è merito di un compositore classico. Follia? Assolutamente no, Giovanni Allevi è lucidissimo. La sua musica sposa la tradizione sinfonica quanto il pop-rock contemporaneo, per questo i giovani lo adorano. Lo abbiamo incontrato alla vigilia del concerto di Verona con la All Star Orchestra e ci ha svelato i segreti di un fenomeno più unico che raro.
Quindi la musica pop-rock è un tuo riferimento? Ho una formazione rigorosamente classica, ho studiato dieci anni di pianoforte al Conservatorio e altri dieci di composizione. Ma con un gesto di umiltà intellettuale affermo che è il pop-rock la musica del nostro tempo. Attraverso quelle note e suggestioni io capisco perfettamente cosa accade intorno a me. Il mio progetto visionario, e un po’ megalomane, consiste proprio nell’inserire quelle ritmiche all’interno della tradizione sinfonica. Non pensavo che il risultato sarebbe stato così immediato, soprattutto
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sui giovani. Sono davvero sorpreso di vedere così tanto entusiasmo. Come e quando è partita questa “sfida”? Alla base ci vuole il coraggio di andare fuori dagli schemi. Io l’ho avuto, mi sono messo in gioco, ho proposto una musica che al primo ascolto è difficile riconoscere come contemporanea. All’inizio non è stato facile, mi facevo avanti con un quartetto d’archi, senza basso elettrico, sen-
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Il pop-rock è la musica del nostro tempo. Il mio progetto visionario, e un po’ megalomane, consiste proprio nell’inserire quelle ritmiche all’interno della tradizione sinfonica
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n questi anni hai goduto della notorietà e visibilità che solitamente sono riservate ai protagonisti della musica pop-rock. Al di là dei meriti e delle tue legittime convinzioni artistiche, ti sei mai soffermato su questo aspetto? Ci penso ogni singolo giorno della mia vita! E’ davvero sorprendente che tanti ragazzi abbiano scatenato un simile entusiasmo per un pianoforte solo o un’orchestra. Ci sono delle motivazioni musicali: con grande passione cerco di inserire all’interno del linguaggio sinfonico e della tradizione pianistica elementi che sono caratteristici dei generi del nostro tempo. Quindi ritmica di estrazione rock e hip hop e un modo particolare di costruire le melodie e di strutturare i brani. Il risultato è una musica classica contemporanea che è molto vicina alla sensibilità delle nuove generazioni.
za batteria. E per tanto tempo ho vissuto di stenti, a Milano, facendo di tutto ma senza mai smettere di pensare alla mia musica. Sapevo bene che poteva non succedere niente oppure scoppiare il finimondo. E comunque, se ci pensiamo, la musica classica è sempre stata pop. I grandi compositori del passato, da Mozart a Puccini, hanno scritto composizioni complesse che tuttavia riuscivano a
parlare al cuore delle generazioni a loro contemporanee. Nel Settecento l’ascoltatore si riconosceva nella musica di Mozart. La “sfida” è ottenere lo stesso risultato di allora. A proposito di musica contemporanea, hai mai pensato ad un progetto, anche solo per divertimento, che sia più simile allo standard basso-batteria-chitarra-piano? Nella musica ho un atteggiamento rigoroso, al limite del maniacale, non è mai solo per divertimento. Ogni singola nota è il risultato di riflessioni e ripensamenti che possono durare anche degli anni. E’ possibile che in futuro io lasci un po' le redini di questo rigore, ma prima ho ancora tantissimo da esplorare, per esempio tutto il mondo del quartetto d’archi o della musica da camera, quindi formazioni più ridotte. Dopo aver esaurito tutte queste possibilità non è escluso che mi possa avvicinare ad una dimensione tipo la fusion. Ma starò sempre lontano da un testo scritto. Non hai neanche mai suonato in una band, magari da adolescente? Certo che l’ho fatto. Sono concittadino di Saturnino, che è il più grande bassista che abbia mai visto, siamo entrambi di Ascoli Piceno. Da giovane mi trascinava dentro le cosiddette “garage band” e mi sono ritrovato a fare il tastierista rock. Addirittura avevamo un gruppo che faceva la breakdance, del resto era il mito degli anni Ottanta! Tutte
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Più sono vicino al cuore dell’umanità dispersa e gettata nell’esistenza e più la mia musica riesce a parlare al cuore delle persone
Riguardo ad un periodo della tua vita trascorso a New York (nel 2004) hai dichiarato di “aver sentito l’asfalto bruciare sotto le scarpe”. In che modo i suoni della quotidianità ispirano la tua musica? Allontanarmi dall’Europa e dalla torre d’avorio dell’esperienza accademica in cui sono cresciuto è stato molto importante. Ho stabilito un contatto terreno con una città per nulla rassicurante, ma terribilmente umana e viva. Più sono vicino al cuore dell’umanità dispersa e gettata nell’esistenza e più la mia musica riesce a parlare al cuore delle persone. E’ questo l’obiettivo principale della tua arte? La mia musica è un gesto d’amore che rivolgo all’ascoltatore. Non tanto al pubblico, perché non ho mai pensato ai numeri. Il mio primo concerto l’ho tenuto il giorno del ventunesimo compleanno, a Napoli, musica classica per solo pianoforte. C’erano cinque persone, hanno fatto un tifo da stadio e mi hanno regalato un tale entusiasmo che, quella notte, ho capito che la musica sarebbe stata la mia vita. Ma soprattutto ho compreso che la musica non ha nulla a che vedere con i numeri ma con gli individui, che sono unici e irripetibili. Nel progetto con la All Star Orchestra che porti sul palco
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dell’Arena di Verona, gli individui sono molti. Come riesci a creare il giusto feeling tra persone che vengono da paesi e realtà diverse? Sono professionisti e talenti straordinari, vengono dalle più importanti filarmoniche del mondo, dalla London Sinphony Orchestra, fino all’orchestra di Tokio e a quella d’Israele. A New York c’è stato addirittura un casting per trovare i migliori. Nonostante la diversità culturale si troveranno tutti d’accordo davanti al pentagramma scritto. Alcuni conoscono la mia musica, per altri è una scoperta. E’ un’esperienza affascinante che tuttavia mi ha inizialmente spaventato. Trovarsi davanti a un’ensamble di novanta persone che sono state dirette dai più grandi Maestri del mondo non è certo facile. E io non sono un robot. Che differenza avverti tra un concerto solo e con l’orchestra? Fondamentalmente sono due dimensioni differenti. Nel pianoforte solo c’è intimità, riesco a sentire il respiro del pubblico, quasi il battito cardiaco. Quando salgo sul palco con l’orchestra sinfonica avverto un senso di riconoscenza verso il talento altrui che viene messo in gioco per la mia musica. E’ davvero bellissimo vedere l’impegno e il sudore di questi professionisti. Un mese dopo il tuo concerto con la All Star Orchestra, il teatro scaligero ospita Ligabue con un progetto sinfonico. Cosa significa? Che la musica non ha confini, l’importante è che trasmet-
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esperienze che comunque mi porto dentro e che mi hanno fatto crescere.
ta un’emozione. Adoro Ligabue, tanti anni fa mi ha fatto un grande dono facendomi aprire i suoi concerti quando ancora non ero molto conosciuto. E’ come se mi avesse regalato il suo pubblico. Voglio bene a Luciano e al suo pubblico e non venga considerato un gesto di superbia se cerco di stabilire una differenza tra le due esperienze. Nel suo concerto l’orchestra assume un ruolo di contorno perché si tratta di uno spettacolo rock che trova il fuoco, il punto di riferimento, nel rocker, com’è giusto che sia. Nel mio spettacolo l'ensamble è invece l’assoluta protagonista perché i brani sono stati concepiti proprio per orchestra sinfonica. Ci tengo a dirlo, ma senza nulla togliere al progetto di Luciano che mi piace tantissimo. Nei tuoi concerti non c’è spazio per l’improvvisazione. Ok con l’orchestra, ma come la mettiamo con il piano solo? Semplicemente non sono un improvvisatore! Ogni nota che scrivo è sul pentagramma per decreto dell’anima. Ci penso degli anni e se decido per una nota, deve essere quella sempre. E poi c’è una grande scissione tra il “Giovanni compositore” e il “Giovanni esecutore”. Molto spesso l’esecutore non si sente all’altezza del compositore. Soprattutto perché la composizione dei brani non avviene mai al piano, è sempre mentale. Un album lo concepisco per intero nella mia testa prima che venga inciso. Ci vuole molto tempo. Evolution, ad esempio, mi ha richiesto 5 anni. Posso tranquillamente affermare di comporre musiche che sono difficili da riprodurre anche per me stesso.
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MEGLIO BEN ACCOMPAGNATI
CHE SOLI
DI MARCO RIGAMONTI
STARSAILOR LIVE 24/09 Milano
“Crescere” per una band può voler dire molte cose. Per gli Starsailor significa uscire da una dimensione intima, solitaria e aprirsi al mondo. Eh si, perché i quattro ragazzi del Lancashire (nordovest inglese), a quanto pare se ne sono stati per i cavoli loro per tanto tempo, sentendosi più soli del dovuto. Ecco la confessione del frontman James Walsh.
Detto tra noi, non credi che siano stati tutti un po’ troppo duri con On The Outside? Io credo tutt’ora che fosse un buon disco. E penso che ogni band debba esplorare quello che può fare con diversi sound, è un passo fondamentale per mostrare le varie anime che si hanno, e scoprirne di nuove. A proposito di sperimentazioni, riesco ad immaginare gli Starsailor che fanno uscire il disco della “svolta elettronica”, come ogni band prima o poi sembra dover fare. Non succederà mai. Ci sono troppi gruppi che sono andate in quella direzione. Penso ai Keane, o ai Killers, anche i Coldplay a modo loro. Non credo che vorremmo essere i prossimi a farlo.
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E’ possibile che questa visione sia dovuta alle vostre influenze musicali. Ascoltate tutti le stesse cose? A dire il vero no. Se il tastierista è incline a jazz, soul e funk (i suoi artisti preferiti sono Stevie Wonder, Miles Davis e Jamiroquai), la sezione ritmica è molto più rock: basso e batteria sono appassionati di Queens Of The Stone Age, Led Zeppelin e Pearl Jam, musica molto più dura e cupa. Io invece sono per i cantautori: James Taylor, Neil Young, Brian Adams e ovviamente Tim Buckley.
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Invidio i gruppi che sono inseriti in un contesto dove si crea una comunità e magari ci si aiuta a vicenda, si canta nei dischi degli amici e si suona insieme
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A
ll The Plans è stato definito come un ritorno alle vostre radici. Cosa ne pensi? Io sono convinto che All The Plans sia in realtà è una combinazione dei tre album precedenti. Sicuramente ci sono molti aspetti in comune con Love Is Here, a cominciare dalla presenza di ballad come Change My Mind e Safe At Home che si avvicinano a pezzi tipo Alcoholic o Fever. Il punto è che con On The Outside credevamo di avere qualcosa da provare al mondo, ci sentivamo in un certo senso esclusi. Di conseguenza era in qualche modo più sperimentale. Questo disco invece è nato in totale relax, senza calcoli, e ogni creazione di puro istinto rende più facile distinguere una sorta di marchio di fabbrica.
Come nasce una canzone degli Starsailor? Un brano nasce quando sentiamo tutti la stessa cosa. Per esempio il riff principale di Tell Me It’s Not Over era inizialmente fatto con una chitarra, ma poi Steve Osborne (il produttore, nda) ci ha suggerito di suonarlo al piano. In quel momento il pezzo è come se fosse rinato da zero, si è creata una certa magia ed ora è come lo ascoltate. Sono i piccoli dettagli che possono dare vita ad una canzone. In questi anni è cambiata la vostra dimensione live?
Credo che la situazione si sia sviluppata molto. Siamo molto più “felici” e rock’n’roll rispetto agli inizi. Credo che dipenda molto dall’esserci abituati a suonare nei festival. Quando fai i tuoi concerti, spesso in posti relativamente piccoli, puoi suonare quello che vuoi ed essere più intimo, perché la gente è lì esclusivamente per te. Ai festival devi cercare di accontentare molta più gente, persone che forse non sanno neanche chi sei. Devi essere “rock”. Diventa quindi fondamentale e giusto concentrarsi sui singoli e sui pezzi del nostro repertorio più adatti ad una festa. Avete piani specifici per il futuro o improvviserete? Abbiamo intenzione di aspettare e vedere come va l’album, ma ti posso già dire che probabilmente tra questo e il prossimo disco ci terremo occupati con dei progetti personali. Io credo che farò un album solista, giusto per non annoiarmi. Guardandoti le spalle, avete dei rimorsi o dei rimpianti per questi 10 anni di Starsailor? Un solo rimpianto, risale a quando abbiamo firmato il nostro primo contratto discografico. Ai tempi abbiamo deciso di rimanere nella nostra zona, isolati dal resto del mondo della musica. Probabilmente avremmo dovuto trasferirci a Londra ed essere parte della scena, condividere uno stile e lasciarci influenzare da altre band. Invidio i gruppi che sono inseriti in un contesto dove si crea una comunità e magari ci si aiuta a vicenda, si canta nei dischi degli amici e si suona insieme. E’ una cosa che ci avrebbe aiutato non poco.
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ON THE ROAD
DI GIORGIO ROSSINI
foto: Alessandra Tisato
CLUB DOGO LIVE 05/09 12/09 26/09 02/10 10/10 17/10 24/10
Bergamo Genova, Mtv Day Roncade (Tv) Trezzo sul l'Adda (Mi) Bologna Torino Taneto di Gattatico (Re)
L’hip hop in Italia sta letteralmente spaccando, senza mezzi termini. Racconta “la strada” e parla lo stesso linguaggio dei ragazzi che la frequentano, concretamente o anche solo idealmente. E più ci vanno giù duro e più piacciono. I Club Dogo sono l’ultimo (ma solo in ordine temporale) fenomeno rap tricolore. Abbiamo fatto quattro chiacchiere con Guè per capirne un po’ di più.
Non è certo una novità per i Club Dogo interpretare il malcontento dei più deboli. È lo stesso che proviamo noi. Per quanto possa sembrare facile dirlo, è proprio così. In passato la nostra musica aveva connotazioni politiche anche maggiori. In seguito abbiamo desiderato sfuggire a questa sorta di militanza, perché il confine tra impegno politico e ipocrisia a volte è molto sottile. Non volevamo finire come quei gruppi che fanno testi a carattere sociale e poi non esitano a comportarsi da star. Cerchiamo di parlare delle cose che secondo noi non vanno, ma senza ipocrisie. Una posizione difficile, soprattutto dopo il vostro ingresso nel mainstream.
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Il nostro approccio, a livello attitudinale, è sempre stato molto rock. Abbiamo affrontato il mainstream senza pensarci troppo, fregandocene il più possibile di tutte le eventuali implicazioni che questo cambiamento avrebbe comportato. Eravamo e siamo forti dell’esperienza fatta in anni di underground, non siamo come quei fantocci che nel momento in cui firmano per una major si montano la testa e si atteggiano da star. Sicuramente ora un po’ di cose sono cambiate, ma molti cambiamenti sono stati positivi.
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Il rap è un genere che proviene dalla strada. I nostri testi riescono ad interpretare i sentimenti e gli stati d’animo dei ragazzi, sicuramente meglio di quanto possa fare la classe politica
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rima di tutto, cos’è la “Dogocrazia”? E’ un riferito al fatto che volevamo fare un disco importante. Ormai ci sentiamo maturi e pensiamo di essere una realtà di rilievo nel contesto dell’hip hop italiano. Ci siamo guadagnati la nostra popolarità nella scena underground e, dopo anni di successi in quel mondo e il cambio di etichetta, volevamo esprimere nel disco questo senso di “trionfo”. Poi esiste una seconda lettura, che è quella legata all’attualità, alla politica e alla società italiana. Il rap è prima di tutto un genere che proviene dalla strada. Penso che i nostri testi riescano ad interpretare i sentimenti e gli stati d’animo dei ragazzi, sicuramente meglio di quanto possa fare la classe politica che ci ritroviamo. In questo senso la “Dogocrazia” si contrappone alla cosiddetta democrazia che c’è oggi nel nostro Paese.
Oltre alla scena rap, in Italia di nuovo esce veramente poco. Pensi che il fenomeno dei reality faccia bene alla musica? Assolutamente no. Non fa un bell’effetto ascoltare in tv Simona Ventura sostenere che “il vero talento nasce in televisione”. Se la tv è il contenitore dove far crescere nuovi artisti, allora la situazione è grave. Si sminuiscee chi si fa la gavetta. I personaggi che escono da queste trasmissioni non hanno nemmeno bisogno che l’etichetta si sbatta per promuoverli. Diventa una specie di concorrenza sleale.
Molti di quei ragazzi hanno talento, ma le trasmissioni sono molto trash e fanno parte di una situazione che è trash a sua volta. Credo che molto spesso in un contesto sociale, nei vari strati e settori che lo compongono, i meccanismi siano sempre gli stessi. Una classe politica malata e per nulla meritocratica non può che riprodurre le identiche dinamiche anche nel resto della società e viceversa. Purtroppo viviamo prigionieri di questo circolo vizioso. Ogni riferimento al capo del Governo è puramente casuale... Esatto. Se pensi che, nonostante tutto quello che si conosce di lui e tutto quello che continua e uscire sul suo conto, ha così tanto consenso, allora ti arrendi e pensi che ogni popolo ha il governo che si merita. E’ giusto che Berlusconi sia al potere, è giusto avere Uomini e Donne tutti i pomeriggi in tv e così via. Forse è meglio cambiare argomento… Come procede la vostra attività live? Fortunatamente siamo quasi sempre in giro a suonare. In autunno partirà un tour che ci porterà a suonare in tutti i migliori club d’Italia. Per noi suonare dal vivo è importante, è la nostra dimensione. Devo dire che ultimamente, esibendoci anche in posti molto grandi, abbiamo avuto ottimi riscontri di pubblico e fa piacere suonare davanti a così tanta gente. Ciò nonostante continua a piacerci moltissimo l’atmosfera dei club, dove il contatto col tuo pubblico è diretto. Non vediamo l’ora di iniziare!
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foto: S. SEBRING
LA MIA DIMENSIONE
GIANNA NANNINI LIVE 04/09 06/09 08/09 10/09 13/09
Cuneo Cosenza Taormina Palermo Verona
Il tour continua, per tutte le date: giannanannini.com
onstage / settembre 2009
di Carol De Giovanni
Gianna Nannini 23
La Nannini torna all’Arena di Verona dopo tre anni. Progetti molto diversi, allora una data di Pia come la canto io, sotto un gran diluvio, oggi un concerto del Giannadream Tour con tanto di orchestra, e la sua musica che non smette di richiamare tantissima gente. Ci sono diverse possibili interpretazioni, ma questo successo si spiega soprattutto con la coerenza. Qualunque sia la direzione della sua musica, Gianna è un’artista coerente, con la sua personalità, la sua emotività e il suo approccio decisamente rock.
C
i siamo, il Giannadream Tour sta spiccando il volo. “Una Gianna Nannini come non l’avete mai vista prima” è il grido di battaglia della rocker senese. Messaggio forte e chiaro, di quelli che non lasciano scampo. Già, ma esattamente come non l’abbiamo mai vista prima? “Non posso rivelarlo ma chi sarà lì se ne accorgerà!”. Al primo impatto, Gianna risulta entusiasta e molto determinata. Insomma, è la persona che ti aspetti. Attacca a parlare con grande trasporto, i temi sono tanti e tutti interessanti, ma non possiamo fare a meno di partire dalla data all’Arena di Verona insieme alla London Studio Orchestra, sua prima esperienza sinfonica live.
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Ho scelto i pezzi della scaletta partendo da Giannadream, il disco in cui i sogni sono veri: in questa tournèe il pubblico troverà tutto quello che riguarda il mondo del sogno e come viverlo
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SINFONIA EUROPEA “Lo spettacolo di Verona è una grande novità. In questo caso l’orchestra crea una dimensione di supporto al rock della band. Wil Malone, che la dirige, dice sempre che io sono la voce della sua orchestra e lui ama lavorare con la mia voce che considera particolarmente adatta ai suoni di un’orchestra”. Lo stesso Wil Malone, che ha prodotto gli ultimi tre album della Nannini (e che vanta collaborazioni con Coldplay, Madonna, Depeche Mode, Verve, Iron Maiden, Who e tanti altri artisti internazionali) ha riscritto appositamente nuovi arrangiamenti per gli archi di Bello e impossibile, Amandoti e Aria, che Gianna canterà durante il concerto: “Lavoro con Wil da ormai cinque anni”, ci racconta, “è uno dei più grandi produttori artistici del mondo ed è l’unico che riesce ad arrangiare gli archi in maniera rock”. Insieme a Wil e ai dodici elementi della London Studio Orchestra, la accompagnano sul palco “i suoi ragazzi europei”, come li definisce la Nannini, i musicisti italiani, tedeschi e austriaci che hanno lavorato al suo ultimo album: Davide Tagliapietra (che ha curato la parte acustica e inno-
24 // livestyle foto: S. SEBRING
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GIANNA STORY 1976
Tutti gli album di Gianna Nannini dal 1976 al 2009.
Gianna Nannini
1977
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Quando sono sul palco si crea come una trance, entro in uno stato alterato di coscienza. Sono dentro la musica e ai testi, sono molto ispirata. Mi sento lontano dal mondo e vicina alla gente
Maschi e altri (raccolta)
Una radura
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1979
California
vativa dello show e parte degli arrangiamenti del concerto) e Giacomo Castellano alle chitarre, Hans Maahn al basso, Thomas Lang alla batteria e Christian Rigano alle tastiere. Un ensemble variegata che, spiega Gianna, riesce a dar vita ad un tipo di rock davvero particolare: “In Italia spesso e volentieri si confonde il rock con la musica americana, Giannadream Tour è un esempio di sound europeo-mediterraneo, anche grazie a questa band pazzesca che ha una sua precisa sonorità provenendo da paesi diversi del Vecchio Continente: italiani mescolati ad austriaci, inglesi e tedeschi”. TRA SOGNO E (IPER)REALTA’ Insieme ai suoi ragazzi dell’Europa, durante gli spettacoli dal vivo la Nannini eseguirà ben trenta canzoni pescando a larghe mani fra i brani dell’ultimo album, incluso il tormentone dell’estate, Maledetto Ciao, e fra gli intramontabili successi che hanno costellato la sua lunga carriera artistica. Una scaletta che la vede impegnata sul palco per oltre due ore e che soddisferà i fan dell’ultima ora e lo zoccolo duro dei suoi devoti: “Ci sono molte hit: le canzoni più famose mi prendono un sacco di energia vocale, è proprio come cantare da sola tutte le parti di un'opera. Alcune sono state rivisitate perché non erano al livello delle produzioni attuali”. Quando si ha una discografia così ampia, scartare dei brani non deve essere impresa facile. “Non ho scartato dei titoli”, precisa, “piuttosto li ho scelti uno per uno partendo da Giannadream, il disco in cui i sogni sono veri: in questa tournèe il pubblico troverà tutto quello che riguarda il mondo del sogno, tema ricorrente del mio album, e come viverlo”. E alla dimensione del sogno riporta l’allestimento scenico dello show, di grande impatto visivo: al centro del palco svetta una grande struttura circolare alta sei metri e larga quattro, ricoperta da led luminosi, con la quale la cantante interagisce a più riprese. “E’ una sorta di scatola magica cilindrica, fonte di luci e immagini, che mi manderà in spazi inesplorati: una rappresentazione scenica tra sogno e iperreale” anticipa Gianna. IL ROCK SECONDO GIANNA Chi ha già assistito a un live della Nannini sa bene però che l’elemento imprescindibile dei suoi concerti resta sempre e comunque la fisicità, grazie alla quale, dal palco, riesce ad entrare in empatia col suo pubblico. “Si crea come una trance” racconta “entro in uno stato alterato di coscienza. Sono dentro la musica e ai testi, sono molto ispirata. Mi sento lontano dal mondo e vicina alla gente. Il mio rapporto con il pubblico è molto fisico. Per me è importante sentire la gente addosso, vivo la fisicità del rock come un abbraccio con gli altri, vorrei sempre conoscerli tutti ma non si può mai, è un grande scambio di emozioni, è come avere la certezza che i secoli passano
onstage / settembre 2009
1987
Aria
1990
Scandalo
Perle (raccolta)
Giannissima (live)
1984
Puzzle
2006
Grazie
1993
X forza e X amore
2007
Pia come la canto io
1995
1985
Tutto live (live)
2004
1991
1982
Latin Lover
2002
1988
1981
Dispetto
1986
Profumo
Cuore
Malafemmina
G.N.
1998
GiannaBest (raccolta)
1996
Bomboloni (raccolta)
2007
2009
Giannadream
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foto: S. SEBRING
sono comunque faticosissime”, continua, “e può succedere qualsiasi cosa, anche perché io amo i rischi”.
foto: FRANCESCA MARTINO
IMPREVISTI E SORPRESE D’altronde i rischi vanno preventivati quando si lascia grande spazio all’improvvisazione, altro elemento fondamentale dei live di Gianna Nannini, al quale la rocker senese non ha certo intenzione di rinunciare: “Come sempre non so cosa succederà”, dice allargando un sorriso. “Quanto mi scateno dipende sempre dall’ispirazione che mi dà il pubblico, potrei immergermi tra la gente, oppure volare, non so. In tour porto le diverse emozioni dei sogni, quelle che ti fanno andare in un’altra dimensione. Nello show ci sono delle sorprese, lo scoprirete”. Una cosa è certa però: durante il tour Gianna duetterà con alcuni ospiti speciali, “soprattutto nelle città dove vivono gli amici che saliranno sul palco” aggiunge con un tono di mistero, prima di salutarci. Il tempo a nostra disposizione è finito, anche se Gianna starebbe ore a parlare di questo tour, della sua musica, del suo mondo. Ma è tempo di tornare alle prove, è tempo di ricominciare a sognare.
ma la musica non muore mai”. E’ questa vera e propria necessità di contatto con i suoi fan che la rende un’autentica rocker, unica e inconfondibile: “Per me ‘rock’ è una lingua con cui ti rapporti agli altri. La mia ‘iniziazione’ è avvenuta a Colonia, dove ho lavorato molto in studio e nei club, e l’incontro con quello sciamano di Conny Plank, grandissimo produttore degli anni ’80, ha fatto la differenza. Per me è stato un po’ come nascere dentro a una band che col tempo mi ha portato a capire il senso del rock. E’ una questione di pancia. E il mio canto viscerale, la mia voce alla fine è rock e persino insieme a un’orchestra rimane rock”.
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Quanto mi scateno dipende sempre dall’ispirazione che mi dà il pubblico, potrei immergermi tra la gente, oppure volare.
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CHE FISICO! Un approccio così “sudato” richiede alla cantante senese un grosso impiego di energia. Ergo, una dura preparazione durante tutto il corso dell’anno: “Cammino nei boschi e mi alleno nel centro ‘The Art of Pilates’ dove si pratica il metodo originale, durissimo, ma l’unico davvero efficace”. Una tournée non è una cosa da prendere sottogamba, come dimostra il recente caso di Madonna, che ha perso conoscenza per qualche minuto mentre ballava sul palco durante la tappa bulgara del suo “Sticky & Sweet tour”. E la Nannini, che l’anno scorso ha rischiato grosso cadendo dal palco del Palasport di Pesaro, lo sa bene: “Anche se mi sono abituata ai miracoli poteva essere l'ultimo concerto. Sarei morta se qualcuno non avesse messo un piede per non farmi sbattere la testa”. Un colpo di fortuna, magari frutto di qualche rituale scaramantico alla quale la cantante si affida prima di entrare in scena. Gianna sorride, ma non ha intenzione di sbottonarsi: “Certo che ho i miei rituali, ma non racconto quali!”. “Le tournée
onstage / settembre 2009
Coming Soon VIOLA DI MARE Oltre ad aver sfornato tre dischi in tre anni, la premiata ditta Gianna Nannini & Wil Malone ha trovato il tempo di dedicarsi ad un progetto cinematografico. Esce il 16 ottobre, in contemporanea con la presentazione al Festival del Cinema di Roma, Viola di Mare, pellicola di Donatella Maiorca liberamente tratta dal romanzo Minchia di Re di Giacomo Pilati (Mursia Editore), la cui colonna sonora originale è firmata proprio da Gianna e Will. Il film racconta la storia d’amore (realmente accaduta) tra Angela e Sara, due giovani donne vissute in un’isola siciliana nella seconda metà dell’Ottocento. Il contesto sociale chiuso e arcaico in cui sono calate le protagoni-
ste (Valeria Solarino è Angela, Isabella Ragonese interpreta Sara) rende la vicenda particolarmente significativa. Un amore tanto furioso e romantico quanto difficile, da accettare e da vivere, simbolo della forza dell’animo umano e di quelle pulsioni che troppo spesso sacrifichiamo sull’altare della convivenza sociale. Viola di Mare, nel cui cast quasi interamente al femminile spicca il nome di Ennio Fantastichini, promette di essere una delle sorprese della nuova stagione, ennesimo esempio di “buon cinema” italiano in mezzo alle solite macchine da botteghino d’oltreoceano. D.S.
VIOLA DI MARE un film di Donatella Maiorca liberamente tratto dal romanzo "Minchia di Re" di Giacomo Pilati (Mursia Editore) con Valeria Solarino, Isabella Ragonese e Ennio Fantastichini colonna sonora originale di Gianna Nannini musiche di Gianna Nannini e Wil Malone
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Fall Winter 09/10
Luciano Ligabue\\ 29
TERZO TEMPO
DI DANIELE SALOMONE
Dopo il tour europeo della primavera 2008 e le sette notti con l’Orchestra (lo scorso autunno), Ligabue torna all’Arena di Verona in versione sinfonica. Una nuova tappa verso la definitiva immersione nella dimensione internazionale a cui aspira fortemente il rocker di Correggio. Per capire qualcosa di più, abbiamo chiesto aiuto a Corrado Rustici, suo attuale produttore artistico.
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"C
redo che Luciano avesse bisogno di lanciarsi in un progetto del genere. Qualcosa che gli offrisse l’opportunità di avere una presenza maggiore come cantante e lo valorizzasse come interprete. Spesso le sue qualità sono state sminuite da un’impostazione particolare del concetto di rock band che pone tutti i musicisti sullo stesso piano. Ma si può benissimo fare rock anche dando spazio al performer”. Parole sante che arrivano da molto lontano, da San Francisco precisamente, culla dell’avanguardia artistica, sociale e civica degli Stati Uniti. E’ li che da tanti anni (beato lui) vive Corrado Rustici. Oltre ad essere l’unico produttore italiano a vantare un’esperienza internazionale di altissimo profilo, il solo in grado di avere una visione della musica italiana sia dall’interno che dall’esterno, è uno dei principali artefici del progetto sinfonico di Ligabue. Basta ripensare alle parole pronunciate da Luciano l’anno scorso, durante la conferenza stampa di
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presentazione di “Sette notti all’Arena”, per rendersi conto di quanto sia azzeccata la lucida analisi di Rustici: “I concerti sinfonici hanno canali diversi dal solito, più delicati. Anch’io mi devo impegnare a fondo, perché sono abituato ad avere la sezione ritmica che legna! E’ più facile nascondersi dietro la potenza. Ma non mi tiro indietro, mi prendo le mie responsabilità e cerco di cantare il meglio possibile”. Le notti all’Arena erano e restano un progetto complicato “perché occorre mettere insieme mondi un po’ lontani” raccontava il Liga stesso dodici mesi fa, reso possibile solo dal forte desiderio mio e della band di suonare con l’orchestra, dall’entusiasmo di quest’ultima per una musica che è diversa da quella classica e dalla direzione di Marco Sabiu (il bravissimo direttore dell’ensamble Fondazione Arena di Verona), che conosce bene entrambi i mondi avendo prodotto musica pop ad altissimi livelli”. Un progetto complicato, ma fortissimamente
Luciano aveva bisogno di un progetto del genere. Qualcosa che gli offrisse l’opportunità di avere una presenza maggiore come cantante e lo valorizzasse come interprete. Corrado Rustici
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senti chi parla ... Federico Poggibollini (Chitarra)
A che età hai cominciato a suonare?
Un urlo con tutta la band
La canzone che ti ha fatto scoccare la scintilla per la musica.
Rilassante e gioiosa, ma c’è anche tanta emozione
A 8 anni il pianoforte a 11 il basso a 15 la chitarra.
Eptadone degli skiantos.
Esperienze musicali pre/extra Ligabue?
Molte, tra cui i Litfiba (El diablo, Sogno ribelle, Terremoto) e tre album da solista (Via zamboni 59, Nella fretta dimentico, Caos cosmico)
Che cosa significa per un musicista suonare con Luciano? Suonare in Serie A
Dipendesse da te, quale canzone del Liga non toglieresti mai dalla set list? Piu' di una, dico Ho perso le parole, Quella che non sei, Certe notti.
Due aggettivi per descrivere il tuo rapporto con Luciano. Amichevole, professionale.
Due aggettivi per descrivere Luciano
Passionale ed estremamente creativo
Ami eseguire qualche rito scaramantico prima di salire sul palco? onstage / settembre 2009
Che atmosfera si respira nel backstage di un concerto del Liga?
Michael Urbano (Batteria)
A che età hai cominciato a suonare? Ho iniziato a 11 anni
La canzone che ti ha fatto scoccare la scintilla per la musica.
Com’è il tuo rapporto con gli altri musicisti della band?
I Want You Back dei Jackson 5
Se qualcosa va storto durante il concerto, come si comporta Luciano?
Sheryl Crow, Smash Mouth, Corrado Rustici e tanti altri.
Complicita' e amicizia
1.Va avanti come niente fosse.
Il momento indimenticabile della tua esperienza con il Ligabue
L'Arena di Verona nel 2008 e' stata per me un’esperienza indimenticabile, ma non dimentico la prima volta a San Siro, nel ‘97
Quello invece che vorresti cancellare 1.Nessuno
Suoneresti mai con un “rivale” di Ligabue? No. Ma non credo abbia rivali, forse colleghi.
Cosa diresti a Luciano che non si aspetterebbe mai da te? (Preferisce non rispondere)
Esperienze musicali pre/extra Ligabue?
Che cosa significa per un musicista suonare con Luciano? E’ come stare a 10 metri da terra
Dipendesse da te, quale canzone del Liga non toglieresti mai dalla set list?
Cambio idea spesso, può essere Una vita da mediano o Le donne lo sanno.
Due aggettivi per descrivere il tuo rapporto con Luciano. Rispetto e rispetto.
Due aggettivi per descrivere Luciano Calmo e intenso.
Ami eseguire qualche rito scaramantico prima di salire sul palco?
Ci riuniamo in cerchio e urliamo con tutta la nostra forza “Spacchiamo tuttooo!”
Che atmosfera si respira nel backstage di un concerto del Liga?
Siamo come sette pantere pronte per essere liberate dalle proprie gabbie
Com’è il tuo rapporto con gli altri musicisti della band? Ammiro e amo ognuno di loro.
Se qualcosa va storto durante il concerto, come si comporta Luciano?
Sorride con molta calma. Sembra che si aspetti il caos e quando arriva, non si scompone minimamente.
Il momento indimenticabile della tua esperienza con il Ligabue
Ce ne sono molti, ma sicuramente il mio primo concerto a San Siro.
Quello invece che vorresti cancellare Quando il tour finisce.
Suoneresti mai con un “rivale” di Ligabue? Mai!
Cosa diresti a Luciano che non si aspetterebbe mai da te?
Sono molto aperto con lui, ma non gli ho mai detto che sono invidioso della sua collezione di giacche di pelle!
Luciano Ligabue\\ 31 Kaveh Rastegar
Jose’ Fiorilli
(Basso)
A che età hai cominciato a suonare?
A 9 anni ho cominciato a suonare il sax, a 13 il basso.
La canzone che ti ha fatto scoccare la scintilla per la musica. Ce ne sono così tante! In ogni caso, è merito del punk.
Esperienze musicali pre/extra Ligabue?
Ho suonato con tanta gente e in tantissimi ambiti musicali differenti, dal jazz al rock.
Che cosa significa per un musicista suonare con Luciano? E’ un onore e un piacere.
Dipendesse da te, quale canzone del Liga non toglieresti mai dalla set list?
(Tastiere) Che atmosfera si respira nel backstage di un concerto del Liga?
A che età hai cominciato a suonare?
Com’è il tuo rapporto con gli altri musicisti della band?
La canzone che ti ha fatto scoccare la scintilla per la musica.
Se qualcosa va storto durante il concerto, come si comporta Luciano?
Esperienze musicali pre/extra Ligabue?
Un caos calmo.
A 13 anni ho iniziato a mettere le mani sul pianoforte del mio babbo, a 16 il mio primo palco.
Amo quei ragazzi e li rispetto, sono tutte brave persone ed è un onore suonare con loro.
Great Balls Of Fire mi sconvolse per il modo di suonare il piano di Jerry Lee Lewis.
E’ deciso, come ogni buon leader dovrebbe essere.
Per sette anni ho suonato con Irene Grandi, ho collaborato con i Velvet e altre rock band indipenenti.
Il momento indimenticabile della tua esperienza con il Ligabue
Che cosa significa per un musicista suonare con Luciano?
E’ difficile da dire. In questo momento sarei triste se non suonassimo Sulla mia strada.
Ce ne sono molti, ma ricordo in particolare Verona l’anno scorso, per il calore del pubblico e la splendida cornice storica.
Amichevole e rispettoso.
Vivere negli USA mi obbliga a lunghi viaggi e spesso i sedili sono scomodi.
Dipendesse da te, quale canzone del Liga non toglieresti mai dalla set list?
Ne voglio usare tre: intenso, gentile e divertente.
Mai!
Due aggettivi per descrivere il tuo rapporto con Luciano.
Due aggettivi per descrivere il tuo rapporto con Luciano. Due aggettivi per descrivere Luciano
Ami eseguire qualche rito scaramantico prima di salire sul palco? Mi concentro su quello che devo fare sul palco.
Quello invece che vorresti cancellare
Suonare con un artista vero, godere del suo pubblico e della sua musica, potendo rimanendo me stesso.
Suoneresti mai con un “rivale” di Ligabue?
Ho perso le parole.
Cosa diresti a Luciano che non si aspetterebbe mai da te?
Emozionante e costruttivo.
Non saprei, abbiamo parlato di così tante cose.
Si, ma insieme al resto della band.
(Chitarra)
A che età hai cominciato a suonare?
No
La canzone che ti ha fatto scoccare la scintilla per la musica.
Molto rilassante. Il tempo passa veloce e l'atmosfera è sempre costruttiva.
Twist And Shout dei Beatles
Esperienze musicali pre/extra Ligabue?
Raw Power, dal 1996 al 2000 (un disco e due tour negli States) e adesso i Teachers. E' uscito quest'anno il nostro primo singolo I Won't Back Down.
Che cosa significa per un musicista suonare con Luciano?
Fare una cosa che mi piace, senza dover rinunciare a nulla dal punto di vista artistico. Una grande fortuna.
Dipendesse da te, quale canzone del Liga non toglieresti mai dalla set list?
Che atmosfera si respira nel backstage di un concerto del Liga?
Com’è il tuo rapporto con gli altri musicisti della band?
In generale ottimo. Con qualcuno poi si va oltre al semplice rapporto lavorativo.
Se qualcosa va storto durante il concerto, come si comporta Luciano? Cerca una soluzione e la trova sempre.
Il momento indimenticabile della tua esperienza con il Ligabue
Questa è la mia vita.
Il provino. Dopo il terzo pezzo Luciano mi ha fermato, mi ha stretto la mano e nel nostro dialetto reggiano mi ha detto "per me a t'è bravisum".
Tra noi ci sono stima e fiducia.
Mah, forse tutto il periodo appena dopo il Campovolo. I giornali si sono occupati solo dei problemi tecnici.
Due aggettivi per descrivere il tuo rapporto con Luciano.
Quello invece che vorresti cancellare
Due aggettivi per descrivere Luciano
Suoneresti mai con un “rivale” di Ligabue?
Carismatico e profondo.
Ami eseguire qualche rito scaramantico prima di salire sul palco?
Passionale e umile
Ami eseguire qualche rito scaramantico prima di salire sul palco?
Niccolo Bossini
A 11 anni mio padre mi insegnò a suonare la chitarra. Non studiavo più, suonavo e basta.
Due aggettivi per descrivere Luciano
Perchè? Ligabue ha rivali? Cosa diresti a Luciano che non si aspetterebbe mai da te? Che sono diventato un tifoso dell'Inter!
Che atmosfera si respira nel backstage di un concerto del Liga? La calma prima della tempesta.
Com’è il tuo rapporto con gli altri musicisti della band?
Ottimo! Siamo amici oltre che colleghi, e più suoniamo insieme e più lo diventiamo.
Se qualcosa va storto durante il concerto, come si comporta Luciano? Come se nulla fosse.
Il momento indimenticabile della tua esperienza con il Ligabue
Il mio primo concerto allo Stadio Olimpico di Roma.
Quello invece che vorresti cancellare
Nessuno, forse la prima data di ElleSette, ero troppo teso e non mi sono goduto il concerto.
Suoneresti mai con un “rivale” di Ligabue?
Non amo pensare che esistano rivali in musica, anche se nella realtà non è così… comunque sia ne parlerei prima con lui.
Cosa diresti a Luciano che non si aspetterebbe mai da te?
“Mi porti a vedere l’inter?”. Non sopporto il calcio e tutto ciò che gli gira intorno!
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I concerti sinfonici hanno canali diversi dal solito, più delicati. E’ più facile nascondersi dietro la potenza. Ma non mi tiro indietro, mi prendo le mie responsabilità e cerco di cantare il meglio possibile Ligabue
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altro che
Brian Eno... “Ho sempre ammirato le soluzioni sonore che non sono frutto degli strumenti, gli artefatti musicali”. In questa frase c’è tutto Corrado Rustici, artista e più importante e stimato produttore che parli la lingua italiana . Nasce a Napoli nel ‘57, ma già a metà degli anni Settanta comincia la sua avventura internazionale, a Londra. “Ho maturato la mia esperienza all’estero e credo sia stato un vantaggio, perché ho avuto la possibilità di lavorare in contesti in cui la figura del produttore, quella inventata da George Martin (il quinto Beatles) tanti anni fa, ha un ruolo importante”. Tanto per gradire, i contesti a cui si riferisce Corrado rispondono ai nomi di Aretha Franklin, Elton John, George Michael, Whitney Houston, Herbie Hancock, George Benson. In Italia ha lavorato con praticamente tutti i migliori artisti in circolazione, Ligabue, Zucchero, Negramaro, Elisa, Bocelli e tanti altri. Insomma, il Brian Eno italiano. “Sono Corrado Rustici e basta, ma ho qualcosa in comune con i grandi produttori internazionali: condivido la voglia di scoprire sempre nuove soluzioni per mettere gli artisti nelle condizioni migliori per esprimersi”. Corrado nasce come musicista e ha inciso diversi album da solista, tra cui il recente Deconstruction Of A Post Modern Musician (2006). Ma come riesce a conciliare il doppio ruolo nei suoi album? “E’ molto difficile, non sono mai contento di quello che faccio. Di solito, deve passare un anno, a volte due, prima che io sia in grado di valutare oggettivamente un mio lavoro, sia quando produco altri musicisti che miei lavori. Mi piacerebbe andare da George Martin a sentire cosa ne pensa, ma purtroppo non è possibile! D.S.
onstage / settembre 2009
mamente voluto. Ce lo conferma anche Rustici, che oltre ad aver riarrangiato i brani inseriti nella set list (sua anche la scelta dei nuovi componenti della band), ha spinto questa soluzione consapevole della voglia/necessità dell’artista emiliano di espandere i suoi orizzonti. “Mettere l’artista nelle condizioni di esprimersi al meglio è il mio mestiere. Luciano ha manifestato il desiderio di allargare il suo vocabolario artistico, di dare un respiro internazionale alla sua musica. Ha sempre avuto questa aspirazione a dir la verità, ma fino ad ora il suo modo di comunicare è rimasto troppo ancorato alla cultura cantautoriale tipicamente italiana”. Può sembrare paradossale, vista la nostra tradizione quanto a musica sinfonica, ma la scelta di suonare insieme ad un’orchestra di 70 elementi è figlia della volontà di confrontarsi con la scena pop-rock internazionale. Siamo sempre costretti a rincorre, ma qual è il problema? “La più grande differenza tra l’Italia e il mondo anglosassone, quello di riferimento quando si parla di pop, per lo meno del pop come si intendeva una volta, ossia dai Beatles in poi, è l’approccio” risponde Rustici. “In Italia gli artisti difficilmente riescono a staccarsi dalla dimensione del cantautorato. Avvertono il testo come unico elemento importante, piuttosto che concentrarsi anche sull’atteggiamento complessivo. All’estero la musica è il risultato dell’unione di un insieme di elementi, tra cui il suono e gli arrangiamenti, che da noi sono trascurati. Anche per Luciano è stato spesso così, perché si tratta di un approccio che è parte del contesto sociologico in cui è cresciuto”. E cosa succede quando un artista italiano modifica questo atteggiamento e decide di dare più attenzione alla musica? Ricordiamoci delle parole pronunciate proprio da Luciano l’anno scorso: “Le canzoni grazie l’accompagnamento dell’orchestra si sono modificate a tal punto che sembrano addirittura altre canzoni. L’arrangiamento sinfonico ha aumentato la componente emotiva della mia musica, mi dà una forte emozione. Quando abbiamo provato Il giorno di dolore che uno ha ho fatto fatica a terminare il pezzo per la commozione”. Come un Virgilio moderno nel paradiso della musica, Corrado Rustici ci ha aiutato a decifrare il significato dei concerti del Liga insieme all’orchestra della Fondazione Arena di Verona. Più che un esperimento, è il primo passo verso una nuova dimensione artistica in cui vedremo calato Ligabue in futuro. Da San Francisco arriva una conferma: “Non so si può dire, ma stiamo già lavorando al nuovo album di Luciano e la direzione è quella intrapresa ultimamente”. Rustici si riferisce soprattutto a Il centro del mondo, inedito da lui prodotto e contenuto in Secondo tempo (uscito nel 2008). In quel brano abbiamo sentito gli archi per la prima volta accanto alle canzoni di Ligabue. E qui tutto sembra tornare, anche se “la scelta di unire rock e musica sinfonica è precedente alla produzione artistica di quel brano, ma sicuramente arrangiare con gli archi Il centro del mondo è stato il ponte per riallacciare un discorso che era cominciato da qualche tempo ma che non si era ancora concretizzato”. Particolare decisamente non trascurabile, gli otto concerti sinfonici di Luciano (cui vanno aggiunti due in versione “solo rock’n’roll”) sono sold out da mesi. Facendo due conti, sono 100mila le persone che si sono assicurate un posto all’Arena. E non stiamo considerando le 80mila dell’anno scorso. Un bel modo per cominciare una nuova avventura.
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Fall Winter 09/10
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VASCO CONTRO VASCO DI MASSIMO LONGONI
VASCO ROSSI LIVE 06-07-11-12/09 16-17-21-22/09 26-27-31/10 01-05-06/11
Pesaro Ancona Caserta Caserta
Il tour continua, per tutte le date: livenation.it
onstage / settembre 2009
Vasco Rossi\\ 35
Il 2009 è destinato ad essere un anno da circoletto rosso nella carriera di Vasco Rossi. Ha calcato per la prima volta il palco del Primo Maggio e ha deciso di tornare a suonare al chiuso (in Italia e in Europa), tredici anni dopo l’ultima apparizione indoor. Siccome di acqua sotto i ponti, nel frattempo, ne è passata parecchia, abbiamo messo Vasco a confronto con il se stesso di allora. Del resto, chi altro potrebbe tenergli testa?
A
ll’inizio degli anni Novanta il signor Vasco Rossi da Zocca cominciava a riempire gli stadi, abbandonando lentamente i concerti al chiuso. Questione di spazi. In pochi anni, le grandi arene all’aperto sono diventate le uniche location in grado di ospitare il Blasco e il suo sterminato popolo. Fino al 1996, anno di uscita di Nessun pericolo…per te e delle ultime apparizioni nei palazzetti italiani. All’epoca il Komandante aveva 44 anni, oggi ha toccato quota 57 e si riappresta a riempire le location al chiuso con un lungo tour che durerà, tra Italia e altri paesi del Vecchio Continente, dodici mesi tondi tonti. Ma ci siamo davvero accorti che è passato tutto questo tempo? Oltre all’età, com’è cambiato l’universo del rocker di Zocca? Meglio allora o meglio oggi? Proviamo a mettere un po’ di ordine confrontando passato e presente di Vasco.
Album
Nel 1996 Nessun pericolo... per te spaccò la critica e ancora oggi divide fan e giornalisti. Per qualcuno è un lavoro imperdibile, apice del Vasco sì maturo ma ancora indiscutibilmente rock. Un album oscuro, incazzato, un pugno nello stomaco bene assestato. Per altri invece è il primo episodio della “decadenza”, per il quale sarebbe addirittura esemplare il titolo, quel “nessun pericolo per te” che ne sottolineerebbe l'innocuità. Se è impossibile dirimere la diatriba, ci si può attenere ai fatti. Che dicono, per esempio, che l'album contiene un brano come Sally, uno degli ultimi veri classici di Vasco, ma non solo: altri pezzi sono entrati nei cuori dei fan come Un gran bel film, Mi si escludeva e Gli angeli (il video di quest’ultima fu addirittura girato da Roman Polanski). A questo aggiungiamo una copertina tra le più belle realizzate per Vasco, con quel nome stilizzato in un triangolo rosso su sfondo nero che creava un logo riconoscibilissimo. Oggi non siamo di fronte a un album nuovo, perché la pubblicazione de Il mondo che vorrei risale ormai al marzo 2008, con tanto di tour negli stadi per promuoverlo. Ma resta quello il disco di riferimento. E, alla faccia dei critici, si tratta di un album importante: un lavoro capace, in piena crisi della discografia, di vendere 700mila copie e avere sei singoli estratti. Certo, non ci sarà
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più il guizzo di un tempo e l'irriverenza del primo Vasco, ma quelle hanno lasciato posto a un gran mestiere e alla maturità di un cantautore (e di un uomo) capace ora di guardarsi in maniera riflessiva e anche ironica come in E adesso che tocca a me. Match quasi pari, vinto di misura da Nessun pericolo... per te.
La band
Il nucleo portante del gruppo di musicisti che accompagna il Blasco sul palco in questi tredici anni è rimasto pressoché immutato. Immancabili il bassista Claudio Golinelli, Andrea Innesto ai fiati e il tastierista Alberto Rocchetti, alla chitarra troviamo oggi un grande fedelissimo come Maurizio Solieri, assente nel 1996. Allora la sei corde ritmica era imbracciata da Massimo Riva, che apriva da solo il concerto con la lunga introduzione di Un gran bel film. Solieri è rientrato nel gruppo nel 1999, proprio dopo la morte di Riva, un passaggio di consegne tra storiche colonne della Combriccola del Blasco. Poi c'è la chitarra solista del californiano Stef Burns: se nel 1996 era la novità, oggi rappresenta la continuità. Tredici anni fa il suo ingresso nel gruppo fu un piccolo terremoto: arrangiamenti ritoccati, classici rivisitati e, in generale, un sound più aggressivo e dalle coordinate americane. Una strada che poi Vasco non avrebbe abbandonato tanto che, anche dopo il rientro di Solieri, quegli arrangiamenti hanno resistito e buona parte dei “solo” nei brani sono affidati a Burns. Nel 1996 faceva la sua prima apparizione anche la vocalist Clara Moroni, ormai diventata un pezzo insostituibile mentre c'è stato un cambio dietro le pelli della batteria: se allora si trovava Deen Castronovo (all'unica esperienza con l'artista emiliano) oggi c'è Matt Laugh, un “picchiatore” che mette la sua solida esperienza hard rock al servizio del Komandante ormai dal 2007. Esperienza e professionalità maturate si bilanciano con la maggiore freschezza di un tempo: sfida pari.
La scaletta
Lo show del “Nessun pericolo per te Tour” era ovviamente incentrato sul nuovo album, suonato praticamente per intero ad eccezione di Marea e della title track. Per il resto i grandi classici immancabili, da Albachiara a Bollicine, e qualche chicca ripescata dal passato remoto, come La noia e Per quello che ho da fare, per un totale di quasi trenta canzoni. Un concerto da ricordare, ma sotto questo punto di vista lo “Europe Indoor tour” potrebbe avere una marcia in più. Non avere un album nuovo da promuovere potrebbe infatti lasciare libero Vasco di spaziare tra i suoi trent'anni di discografia e ripescare canzoni tanto amate quanto lasciate in disparte. Liberi, liberi per esempio, eseguita da sempre con il contagocce, o una Blasco Rossi. Ma anche vecchissimi classici come Fegato fegato spappolato, Jenny è pazza, Ieri ho sgozzato mio figlio o Portatemi Dio, e successi più recenti come Io no. L'elenco potrebbe continuare a lungo. Per ora una delle poche anticipazioni filtrate alla vigilia del tour ci dice che dovrebbe essere proposto un pezzo inedito. Nel frattempo, sulla fiducia, diamo un voto in più al concerto che verrà.
Status
Tra il Vasco di oggi e quello di tredici anni fa, la differenza sostanziale è nella sua posizione all'interno della musica leggera italiana. Uno status sostanzialmente modificato nel 1999 dopo un concerto a Imola di fronte a 130mila persone, evento inim-
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TREDICI ANNI DI VASCO 1996
2004
Esce Nessun pericolo per te e, dopo un tour estivo negli stadi, il Blasco continua nei palazzetti.
Esce Buoni o cattivi, naturalmente seguito da un monumentale tour negli stadi
1998
Il doppio cd Buoni o cattivi Live Anthology 04.05 immortala due anni di concerti del rocker di Zocca.
Dopo la pubblicazione di Canzoni per me, Vasco chiude la prima edizione dell’Heineken Jammin' Festival a Imola radunando oltre 100.000 persone, cifra record per un artista italiano.
1999 A pochi giorni dalla partenza del Rewind Tour, muore per overdose Massimo Riva, chitarrista e amico fraterno di Vasco. Da allora, il Komandante ricorda Massimo ad ogni concerto al grido di “Viva Massimo Riva”
2001 Vasco pubblica Stupido Hotel e torna all’Heineken. Stavolta le presenze sono 130.000.
2005
2005 Lo IULM di Milano conferisce a Vasco la Laurea "honoris causa" in Scienze della Comunicazione. A febbraio, Il Blasco torna a San Remo come ospite con il brano Un senso. Il rocker spiega la scelta affermando che la performance “chiude un cerchio”.
2007 Esce Vasco Extended Play, Ep che contiene la hit Basta Poco e una versione infuocata di La compagnia, brano scritto da Mogol e Carlo Donida nel 1969, reinterpretata da Battisti nel ’76 e da Mina nell’88
2002
2008
Dopo tanti anni arriva il primo greatest hits ufficiale, Tracks, che contiene la cover di Generale di Francesco De Gregori, che il Blasco ha eseguito dal vivo nella precedente tournèe
Il mondo che vorrei è l’ultimo lavoro in studio del Komandante che, pochi giorni prima di partire per un tour negli stadi, viene nominato “Cittadino ad Honorem” di Genova
2003
2009
E’ l’anno dei tre concerti (naturalmente sold out) di Vasco@San Siro, cui non seguono altre apparizioni live
Il Blasco partecipa al concerto del Primo Maggio a Roma e annuncia il suo nuovo progetto, il “Vasco Live in Concert Europe Indoor”
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maginabile prima d'ora per un artista italiano. Se nel 1996 Vasco poteva essere ancora considerato un cantante ultrapopolare ma ancora “faceva paura”, con un'aura da rocker maledetto che ancora non si era dissolta del tutto dai primi anni, oggi è a tutti gli effetti un monumento della musica italiana. I suoi concerti e i suoi dischi non sono più considerati pericolosi e “travianti” come lo erano in passato, ma Vasco è semplicemente il “numero uno”, un cantautore che a ogni nuova uscita e a ogni concerto attira l'attenzione di “die hard fan”, della stampa tutta e anche del pubblico che una volta lo additava con timore e un po' di disprezzo. Insomma, un classico con tanto di laurea honoris causa in Scienze della Comunicazione conferitagli dallo IULM di Milano. Merito dell'età o colpa di un pizzico di imborghesimento? La sfida tra il Vasco antagonista e quello classico si può considerare vinta da questo'ultimo di misura: per chi lo segue dagli inizi il vero Vasco è quello degli anni Ottanta, ma oggi è un personaggio imprescindibile della musica italiana tout cour.
Tour
Nel 1996 Vasco concentrò nell'arco di sei mesi quasi 40 date, tra palazzetti e concerti all'aperto negli stadi. Più che un tour, un “tour de force” che lo portò a toccare anche località non proprio centrali come Varese, Acireale, Tortoli, Villapiana e persino due date in Svizzera (tra cui quella di debutto). Ben diversa la struttura del tour attuale: Vasco ha ormai abituato negli ultimi dieci anni alle adunate oceaniche e pensare di fare una data unica in un palazzetto da qualche migliaia di posti è follia. D'obbligo quindi le repliche: come a Milano, dove occuperà il Forum per otto serate, o Torino, con i sei concerti al Palaisozaki. Nonostante i molti mesi di tour quindi le città toccate non saranno molte, solo sette al momento, escludendo le isole e buona parte del sud (eccetto le sei serate al Palamaggiò di Caserta). Una scelta che potrebbe scontentare qualcuno che non si troverà Vasco esattamente sotto casa, ma sempre meglio degli anni in cui ci si doveva accontentare di un'unica serata all'Heineken Jammin' Festival, no? Inoltre questa tournée godrà di una robusta appendice europea, con date all'estero che non sono state ancora rese note ma sono certe, da qui anche i mesi di pausa tra una tranche e l'altra dei concerti italiani. In questo caso un punto in più al tour del passato.
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and the is... Vasco 1996
Vasco 2009
Disco Band Scaletta Status Tour
8 9 9 9 10
7 9 10 10 9
Totale
45
45
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UNO, NESSUNO, CENTOMILA
ELTON JOHN LIVE 29/09/09
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Milano
di Damir Ivic
Elton John\\ 41
Tra tutti i personaggi estrosi e stravaganti che siamo abituati ad ammirare nel mondo della musica, Sir Elton John è il più istrionico e camaleontico. Nel corso della sua quarantennale carriera ci ha regalato infinite versioni di se stesso, si è prestato a situazioni in cui nessuno lo avrebbe mai immaginato protagonista. Un perfetto personaggio pirandelliano. Guarda caso, 3 mesi dopo aver suonato a Verona con la sua band, torna in Italia accompagnato dal solo Ray Cooper.
N
on sempre i genitori hanno intuito. Di sicuro non ne aveva molto il signor Stanley Dwight: per suo figlio Reginald era convinto che la cosa migliore fosse una sana carriera da banchiere. Niente velleità artistiche per la testa. Certo, lui e sua moglie Sheila erano appassionati di musica, portavano molti dischi a casa e suonicchiavano pure, nel tempo libero (ma appunto: tempo libero). Vedevano che il figliolo reagiva con incredibile entusiasmo, poi ad un certo punto gli insegnanti delle varie scuole frequentate dal ragazzo hanno cominciato a sostenere che, crescendo, era sempre più un prodigio delle note; girano anche leggende metropolitane, come quella che vuole l’undicenne Reginald in grado di rifare una sonata di Hendel, per intero, dopo averne sentito l’esecuzione una volta sola, di fronte ad un basito insegnante della Royal Academy Of Music. Ad ogni modo: nulla. Per il signor Dwight, Reginald doveva fare il banchiere, punto. Per fortuna che la signora Dwight si mise in mezzo: per altri motivi ma anche per questo arrivò al divorzio col marito, si portò Reginald con sé e l’uomo di casa che arrivò di lì a poco, il pittore Fred Farebrother, incoraggiò subito il ragazzo.
omaggio al suo idolo giovanile Buddy Holly (l’indossare occhiali con una montatura particolare) in un’ossessione, è quello che si diverte a vestirsi nei modi più incredibili durante i suoi concerti, da Mozart a Paperino con in mezzo tutte le figure possibili immaginabili. Talvolta anche perdendo il controllo perché, lo dice lui stesso, “alla fine degli anni ’80 ero diventato uguale all’Elvis Priestley della sua fase più devastata e decadente, ero una schifosa, grassa, drogata controfigura di me stesso”. Ma parlano i fatti, ancora di più parlano i concerti: Elton John è arrivato nel nuovo millennio, dopo un viaggio iniziato quarantacinque anni fa (formando con gli amici un gruppo di nome Bluesology), in forma assolutamente strepitosa. E il suo tocco come compositore colpisce ancora nel segno: non parliamo solo di contesti un minimo “adulti” e ingessati, come possono essere i musical e le colonne sonore per i film di Disney (pluripremiato in entrambi i casi), ci riferiamo piuttosto a come ha creato dal nulla il successo del gruppo dance Scissor Sisters scrivendo per loro I Don’t Feel Like Dancin' (insieme a Scott Hoffman e Jason Sellards), hit planetaria un paio di stagioni fa, sbancando tutto nell’arena del pop più contemporaneo. Ancora una volta.
Quel ragazzo è cresciuto. Quel ragazzo, oggi, lo conosciamo
sorprese. Come quando è venuto incontro a due star accusate di omofobia: ha chiamato con sé sul palco Axl Rose ad eseguire Bohemian Rhapsody nel 1992, a Wembley, al "Freddy Mercury Tribute", e ha prestato la sua voce ad Eminem quando si è trattato di rifare dal vivo Stan nella cerimonia finale dei Grammy Awards 2001 (soavemente disarmante il suo commento sulle due collaborazioni, che fecero entrambe molto rumore: “Axl ed Eminem? Omofobici? Io non ho problemi con loro, direi che occhio e croce loro non ne hanno avuti con me, che ne dite?”). Oppure come quando è stato il primo artista pop di fama mondiale a rompere il muro della corc-
meglio col nome di Elton John. Una delle più grandi stelle della musica pop di tutti i tempi, tipo. Soprattutto, un artista che ha vinto una delle sfide più difficili per un musicista dal secondo dopoguerra ad oggi, da quando la nostra è diventata la società dei consumi: non essere effimero, resistere nel tempo. E farlo in modo vitale: senza abbarbicarsi ad una formula vincente ripetendola all’infinito perché dura finché dura, ma mettendosi sempre in gioco con incredibile generosità. Talvolta con pacchianeria, certo, perché Elton è fatto così, è estremo, è la persona che trasforma un
Sono infinite, le risorse di Elton John. Sono infinite anche le
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y n n u f t i b e l It’s a litt
cortina di ferro, andando a suonare nel 1979 in Unione Sovun’apparizione davvero epocale, considerato che giusto due anni prima Elton, col solito gusto del gesto spettacolare, aveva annunciato il suo ritiro dalle scene. Un concerto che fece accompagnato dal percussionista Ray Cooper, socio di lunga data, maestro assoluto del ritmo che ha avuto modo di esibirsi negli anni con praticamente tutti i Beatles nelle loro sortite soliste, coi Rolling Stones, con gli Who (tra i suoi primi datori di lavoro), Pink Floyd, Eric Clapton, Bryan Ferry e la lista potrebbe continuare all’infinito. Ancora oggi i due, Elton John e Ray Cooper, vanno a braccetto. Proprio il 2009 vede un loro nuovo tour assieme, ennesima sferzata di energia artistica. Attitudini simili: entusiasmo contagioso nei confronti della musica, voglia di confrontarsi e sfidarsi a vicenda con attitudine gioiosa. Non è vanagloria. C’è tutto Elton
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John in questa frase pronunciata ancora un trentennio e passa fa, all’epoca dei primi successi: “Preferisco di gran lunga chi mi incontra per strada e comincia ad insultarmi. So che posso non piacere, so che la mia musica non accontenta tutti. Ma so anche che posso fermarmi a parlare con te, inchiodarti per un’ora e mezza ad ascoltare le mie ragioni e, guarda, è molto probabile che alla fine starai andando dritto in un negozio a comprare un mio disco! Oddio, molto probabile magari no… Sta di fatto che la gente dovrebbe capire, i giornalisti per primi, che le cose me le può dire dritte in faccia. Non c’è bisogno di nascondersi dietro l’anonimato, dietro un giornale, o chissà cosa. Io avrò molti difetti, ma almeno sono consapevole che ci sono sempre diversi punti di vista su qualsiasi questione”.
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Intanto Elton continua a ringiovanirsi. Dichiarazioni come “Oggi come oggi le persone con cui più mi interesserebbe collaborare sono Pharrell Williams, Kanye West, Timbaland, Eminem: magari verrebbe fuori un disastro, magari cose discrete” in bocca ad altri artisti pop con la sua età potrebbero sembrare patetiche sparate o disperati tentativi di riqualificarsi come “attuali”, nel suo caso invece sono verosimili o addirittura vere (della collaborazione con Eminem già abbiamo accennato, per quanto riguarda Timbaland invece basta andarsi a sentire 2 Man Show, dall’album Timbaland Presents Shock Value).
E’ la forza della generosità a renderlo grande. Talora anche a rovinarlo, quando ad un certo punto le spese dissennate lo hanno costretto a vendere gran parte del suo parco macchine, ventotto vetture di gran lusso tra Rolls Royce, Bentley, Jaguar ed Aston Martin. Del resto, gli aneddoti sulle esagerazioni economiche dell’artista si sprecano. Uno dei più conosciuti: “Ho speso trecentomila sterline in sei mesi in fiori? Beh? Mi piacciono i fiori. E’ un problema?”. Ma è da perdonare. La sua sconfinata energia vitale, che influenza ovviamente anche la sua arte e che gli ha consentito di superare un’overdose nel 1975 e un’operazione per rimuovere dei noduli cancerogeni alla gola nel 1987 (“Dopo quella operazione, il mio falsetto non c’è più. Ho perso un bel po’ di estensione vocale. Ma va bene così: ora la mia voce è molto più virile, magari la gente per strada mi prenderà finalmente sul serio e mi offrirà più spesso di andare a bere una birra al pub!”) non ha veramente uguali. Ecco perché vederlo dal vivo diventa un’esperienza unica, anche al di là della bellezza (in alcuni casi immortale, in alcuni casi discreta) di certe sue composizioni. E a dirlo non siamo noi, ma la lunga messe di numeri e record inanellati. Ad esempio, sessanta concerti al Madison Square Garden di New York: numero irraggiungibile per tutti. “Di tutti questi concerti al Madison, uno è indimenticabile. Quello con John Lennon. Avevo collaborato con lui nel creare la canzone Whatever Gets You Thru The Night. Gli avevo strappato una promessa: se la canzone fosse arrivata al numero uno delle classifiche, avrebbe dovuta cantarla dal vivo con me. Eh si, gli è toccato. Era il 1974. Un momento magnifico. La cosa drammatica, e allora non potevo saperlo, è che quella rimarrà per sempre l’ultima esibizione dal vivo di John Lennon”.
WHAT ELSE? Esuberante nella creatività così come nella vita reale: nell’arco dei decenni, Elton John ha inanellato due matrimoni, l’aspetto particolare non sta tanto nel numero quanto nel fatto che il primo è stato con una donna, Renate Blauel nel 1974, il secondo con un uomo, David Furnish, nel 2005 (anche se Elton stesso sostiene di non essere sposato perché, parole sue, il termine “matrimonio” non si addice alle persone dello stesso sesso). Non ha avuto figli, ma per una decina di volte è stato chiamato dai suoi amici a fare da padrino ai loro neonati (e sono amici di un certo peso: John Lennon e Yoko Ono, i Beckham, Elizabeth Hurley…). Da bravo
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inglese, è un grande appassionato di calcio; anche in questo campo la sua generosità lo ha trascinato in imprese non comuni, come diventare presidente della squadra di cui è sempre stato tifoso, il Watford: dal 1976 al 1987, con campagne acquisti sempre più massicce, lo ha portato dall’anonimato delle serie minori fino ad una finale di FA Cup (l’equivalente della nostra Coppa Italia). Lì lo ha ceduto; ma vedendo che il club cominciava a rotolare verso il basso, è tornato alla proprietà, nel 1997, per poi abbandonarla nel 2002 ma senza poi mai far mancare il suo tifo (e il suo sostegno finanziario). C’è un ruolo per lo sport anche nella
sua attività extra-musicale più conosciuta, quella di testimonial e promotore di numerose campagne e associazioni per favorire la ricerca contro la piaga dell’AIDS, così come l’assistenza ai malati: nel direttivo della Elton John AIDS Foundation c’è stato posto per la stella del tennis Billie Jean King. Una fondazione dalle dimensioni e dalla forza davvero imponente: agli annuali balli che organizza per raccogliere fondi, a fine serata (tra incassi dei biglietti, oggetti messi all’asta donati da amici, eccetera) di solito si contano tra i quattro e i sei milioni di dollari portati alla causa, limitandosi ad osservare i conti delle ultime edizioni.
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Oggi scrivo quello che canto.
E mi chiamo Nina Zilli Nina Zilli è un tornado, un vulcano, ti inchioda con le sue passioni prima ancora che tu abbia il tempo di ascoltare una sola delle sue canzoni. Nina ha preso il nome d’arte da Nina Simone. Nina viene da un paesino della Val Trebbia che ha lasciato presto per l’Irlanda, gli Stati Uniti e dovunque la spingessero i suoi sogni. Nina è partita dalla musica anni 70 “per arrivare piano piano alla mia musica perfetta: la Motown, l’R&B della Stax, il soul, il pop rock dei primi 60”, incrociato con amori italiani dei giovani Mina e Celentano e con la Giamaica che le fa battere forte il cuore. Reggae, rocksteady, ska. Ha studiato da soprano (“ma preferivo di gran lunga il rock”), ha diviso il tempo fra l’università e piccoli gruppi live, ha fatto la veejay, ha fondato un complesso, Chiara & Gliscuri, con cui è riuscita a mettere a fuoco qualcosa della sua personalità: un inno alla musica rocksteady. Gira l’Europa con i Franziska cantando reggae in inglese e patois. Ma è solo una parte del suo mondo. Dal suo cilindro, Nina Zilli ha estratto sei brani, ha aggiunto una cover delle Supremes (You Can’t Hurry Love, nella versione italiana – “L’amore verrà”). In una dimensione “vintage” illustra il suo paesaggio immaginario – una giovane e graffiante Mina a Detroit, reduce da un viaggio musicale a Kingston. 50mila, il singolo di lancio, con Giuliano Palma, è un esercizio sul tema di amore/ dolore, Inferno un rilassato “sha la la” che fa molto estate Sixties ; e Penelope, con gli Smoke, il brano che più si avvicina all’adorato rock steady. Non le sembra vero di realizzare il sogno per cui tanto si è impegnata. “Oggi scrivo quello che canto. E mi chiamo Nina Zilli”. L’11 settembre è uscito il primo omonimo ep di Nina Zilli
Rubrica a cura di Eileen Casieri
Foto: Luca Merli Stylist: Roberta Rusconi Trucco e capelli: Tania Friscic Si ringrazia Bastard Studio P4
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Nina Zilli wears Bastard
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Nina Zilli wears Bastard
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Nina Zilli wears Bastard
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ComfortGlam Niente di più atteso ed eccitante del primo acquisto di stagione, con il quale appagare la voglia di vestirci di nuovo e di reinventare il nostro look. Sei un tipo grintoso, alla moda ma che ama la praticità? Abbiamo selezionato per te 9 capi che non possono mancare nel tuo nuovo guardaroba. Il rosso, in tutte le sue tonalità, è il colore predominante della nuova stagione, da abbinare al bianco e al nero. a cura di Eileen Casieri e Marianna Maino
2. adidas
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OTTOBRE
a cura di VIRGINIA RICOTTA
I greatest gigs del prossimo mese
Eros Ramazzotti per tutte le date www.livenation.it
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ltre 50 milioni di dischi venduti in 25 anni di carriera. E’ questo il biglietto da visita con cui Eros Ramazzotti si presenta alla partenza del nuovo tour (decine di date tra Italia e Europa) che al momento è previsto terminare nell’aprile 2010. Il primo concerto è fissato per il 21 ottobre a Rimini, poi una pausa di un mese per le date europee prima del ritorno in Italia, proprio nella sua Roma, con quattro date consecutive al Palalottomatica (21, 22, 24 e 25 novembre). Solo Milano avrà più concerti, cinque per la precisione. Da pochi giorni le radio trasmettono il nuovo singolo di Eros, Controvento, tratto da Ali e Radici, album che costituirà il nucleo del nuovo spettacolo live. Il tema centrale del disco sono le tensioni contrapposte cui siamo soggetti nella vita di tutti i giorni: di sicuro, un concerto di Ramazzotti può aiutare ad esorcizzarle.
photo Anton Corbjin
Renato Zero per tutte le date www.livenation.it
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orcini di tutta Italia preparatevi, Renato Zero sta per tornare sul palco dopo tre anni di assenza. Debutta il 16 ottobre ad Acireale lo Zeronove Tour, che segue la scia del successo dell’ultimo album, Presente (uscito a marzo 2009), che a soli quattro mesi dalla sua pubblicazione era già triplo disco di platino con più di 250 mila copie vendute. L’entusiasmo dei fan di Renato non si è fatto attendere: le richieste di biglietti si sono moltiplicate al punto che gli organizzatori sono stati “costretti” a raddoppiare le date di Barletta, Caserta, Ancona, Genova e Torino previste entro la fine dell’anno. A Firenze e Milano, Renato Zero si esibirà per ben tre serate, mentre nella sua città, Roma, ha fissato sei concerti, ma solo per il 22 dicembre ci sono ancora biglietti disponibili.
Afterhours 3/10 Bologna Cesare Cremonini 2/10 Cupramontana (AN) 10/10 Trieste Dolcenera 10/10 Ravenna onstage / settembre 2009
Dream Theater 26/10 Roma 27/10 Roma 29/10 Casalecchio di Rena (BO) 30/10 Conegliano Veneto (VR) Elio e le Storie Tese 26/10 Milano
Francesco De Gregori 2/10 Villafranca (VR) Giovanni Allevi 7/10 Milano 8/10 Milano 9/10 Milano 10/10 Milano
Tori Amos 1/10 Milano Zero Assoluto 3/10 Cupramontana (AN)
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Che Malta sia rinomata per l’incantevole bellezza delle sue spiagge e l’animata vita notturna, che attira giovani da tutta Europa grazie ai dj di fama internazionale che si esibiscono nei numerosi locali, è di dominio pubblico. Quello che forse qualcuno non sa è che l’offerta di Malta da qualche tempo è ricca di grandi eventi internazionali. Quest’anno, ad esempio, si è svolta la seconda edizione del “Malta Music Week” (dal 3 all’8 luglio): sei giorni di concerti all’aperto e party in spiaggia, con “Isle of MTV” come gran finale. Il Fosos Square di Floriana (cittadina a adiacente alla capitale La Valletta) si è rimpita di giovani di ogni nazionalità che hanno assistito alle esibizioni di artisti internazionali del calibro di Lady Gaga, Metro Station e Black Eyed Peas. Naturalmente c’eravamo anche noi di Onstage. Il calendario delle iniziative musicali dell’isola non si esaurisce però con la stagione estiva, ma prosegue durante tutto l’anno. Nel 2010 sono in programma numerosi eventi: si parte in febbraio con ll contest “Song of Europe”, da cui uscirà l’artista maltese che approderà all’”Eurovision Song Festival” di Oslo (storica manifestazione canora, nel 1956 la prima edizione), mentre il “Ghanafest” di maggio riunirà i principali esponenti della musica folk, non solo maltese ma mediterranea in generale. Il mese di luglio, accanto alla prossima edizione del “Malta Music Week”, aprirà lo sguardo verso la musica jazz con il “Malta International Jazz Festival”. Sempre nel mese di luglio, ampio spazio sarà dedicato anche ad altre espressioni artistiche con il “Malta Arts Festival”, sedici giorni incentrati sulla danza, il teatro, la musica e la pittura. Insomma, di motivi per progettare un viaggio a Malta ce ne sono davvero parecchi.
Foto di un delfino comune (Delphinus delphis) scattata l'1 luglio 2008 nel Parco Marino di Alonissos in Grecia . Autore Andrea Galli, vincitore dell'edizione 2008 di "Chi l'avvisto?".
Reporter o paparazzi? Quel che conta è il risultato. Se tra i soggetti dei tuoi scatti estivi ci sono delfini, cetacei, tartarughe marine, o anche semplicemente mare e spiagge deturpate, puoi partecipare al concorso. Vai su www.lastampa.it/chilavvisto, registra i tuoi dati, scegli la traccia e carica la foto con data, ora e luogo di avvistamento. In palio: 1 Ecocamp CTS a Caprera per 2 persone per l’estate 2010 1 Nikon Reflex D5000 6 fotocamere Nikon Coolpix S 10 Binoculars Nikon Hai tempo fino al 15 ottobre.
in collaborazione con
con il patrocinio di
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MUSICA
Il meglio (e il peggio) delle uscite discografiche
Arctic Monkeys Humbug Domino DI MARCO RIGAMONTI
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e fosse davvero importante ci si chiederebbe dove sono finiti gli Arctic Monkeys di Dancing Shoes e Brianstorm. Se la parola “punk” avesse ancora un significato ci si chiederebbe cosa ascolteranno da domani i fan più punk degli Arctic Monkeys. Ma sono domande che non hanno alcun senso di esistere di fronte ad un disco come Humbug. I fenomeni di Myspace si sono evoluti con una naturalezza così morbida da fare gridare al miracolo. Attenzione, non che i due dischi precedenti fossero degli insignificanti vagiti di quattro ragazzini che si ritrovano in sala d’incisione con due chitarre, un basso e una batteria. Tutt’altro. Ma qui si va decisamente oltre. La poesia psichedelica contaminata da visioni Morrisoniane del singolo Crying Lightning è il primo segno inequivocabile di un cambio di rotta, è una dichiarazione d’intenti bella e buona, come se Alex Turner dicesse al mondo: “Adesso facciamo quello che vogliamo noi, le mode possono aspettare”. Humbug è un disco che vive in una sua dimensione, fuori dal tempo. E non solo per il fatto che è stato registrato nel deserto traendo ispirazione da Hendrix e Cream. Ma anche perché l’affiancamento in fase di produzione di un tipo come Josh Homme (Queens Of The Stone Age) al sempre affidabile James Ford crea un’alchimia sonora perlomeno interessante. E poi, intendiamoci: rischiare nuove strade per pura passione, e farlo con questa personalità, quando il successo del pur breve passato ti sta ancora abbracciando non è esattamente qualcosa di ordinario.
C
Jet
Nick Cave & Warren Ellis
Shaka Rock Emi
White Lunar Emi
DI Marco Rigamonti
DI roberta maiorano
he non esistano compromessi in un disco dei Jet è cosa nota. Un po’ perché basta ricordare il sound dei brani che nel 2003 hanno sancito il loro successo (Are You Gonna Be My Girl e Rollover Dj), un po’ perché ditemi cos’altro si possa pensare di fronte ad un titolo come Shaka Rock. Gli australiani non hanno mai fatto mistero delle loro influenze e di quelle che sono sempre state le loro intenzioni: fare del sano e possibilmente chiassoso rock’n’roll. Quel genere di musica dove se non ti vengono le parole basta metterci un coretto di sole vocali e funziona tutto a meraviglia lo stesso. Oppure dove un bel “Yeah!” strillato senza alcuna classe non si rifiuta mai e trova una sua collocazione praticamente ovunque. Sebbene la partenza non sia di quelle memorabili (K.I.A. è anonima) e l’album abbia dei momenti trascurabili (Walk e Times Like These su tutti), non si può negare che la spontaneità del riff di She’s A Genius, unita alla sonante energia vocale di Nic Cester, faccia il suo dovere, che le quartine di piano che sostengono 17 (e che ricompaiono in La Dee Da) siano azzeccate e che perfino il lento Grudge abbia un perchè. Nessuna rivoluzione, certo. Ma forse è semplicemente giusto così.
onstage / settembre 2009
"W
hite Lunar è da ascoltare come un album strumentale, come una specie di viaggio”. Con queste parole Nick Cave e Warren Ellis presentano il loro nuovo disco. White Lunar, in uscita il 18 settembre , è un nuovo, seducente episodio della storia artistica dei due fondatori dei Bad Seeds: un doppio album ricco di brani composti da Cave ed Ellis nel corso degli ultimi anni e numerosi inediti, destinati a diventare parte di alcune sound-track. Il tormentato cantautore e il fedele violinista, oltre ad essere ottimi amici, condividono una grande passione per il cinema: il primo dei due cd infatti raccoglie canzoni scritte per colonne sonore (pluri-premiate) come The Proposition (2005) e The Assassination Of Jesse James (2007), ma anche
dei brani per l’adattamento cinematografico di un racconto di Corman McCarthy, The Road. Il cd numero due contiene brani strumentali per i documentari The English Surgeon del 2007 e The Girls of Phnom Penh del 2009. Dal cilindro dei due artisti vengono tirati fuori altri quattro brani della loro carriera, indubbiamente fra i più cupi e affascinanti mai composti: Magma, Daedalus, Halo e Zanstra, tanto per gradire. Un vero e proprio viaggio senza né meta né mezzi di trasporto, solo la forza - a tratti oscura, a tratti surreale – della musica del duo australiano. White Lunar arriva in tempo per placare il momento non particolarmente felice per i Bad Seeds, mollati da poco da Mick Harvey, chitarrista e membro storico della band, ma soprattutto braccio destro di Nick Cave.
what’s new? // 59
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Brett Dennen
Pearl Jam
Hope For The Hopeless Dualtone Music Group
Backspacer Universal/Island Records
DI Gianni Olfeni
DI Daniele Salomone
B
rett Dennen è un altro ottimo prodotto della terra più fertile del mondo quanto a musica. Californiano, trentenne (anche se sembra un ragazzino), Brett si inserisce nel solco recentemente tracciato da artisti come Jack Johnson e Jason Mraz. Il mondo di Dennen è lontanissimo da surf e party in spiaggia (è un ex boy scout che veste camicie a quadrettoni) ma la sua musica esprime lo stesso sapore “peace&love”. Per l’Italia
è un emergente, anche se Hope For The Hopeless è il suo terzo, disco; dodici tracce che confermano il talento cristallino di questo ragazzo che, già nel 2006, Rolling Stone definiva “artista da tenere d’occhio”, con la benedizione di John Mayer che l’aveva voluto con sé in tour. Piacevole scoperta.
Whitney Houston I Look To You Sony Music DI Tommaso Perandin
C
A 25 anni dall’esordio e a sette dall’ultimo One Wish: The Holiday Album, Whitney Houston è tornata la grande diva che abbiamo ammirato negli anni Ottanta e Novanta (periodo in cui ha venduto 170 milioni di dischi). I Look To You è la prova che la quarantaseienne cantante è uscita dal periodo buio dei violenti scontri col marito e della dipendenza dalla droga: il suo nuovo lavoro è ricco di soul e soprattutto della sua grande, emozionante voce, ancora ferma e vibrante come ai bei tempi. Senza dimenticare le cure di Clive Davis, il suo pigmalione, e la collaborazione di un bel po’ di firme della black music. Undici pezzi, molti con sonorità decisamente dance. Si parte forte con il ritmo di Million Dollar Bill, firmato da Swizz Beatz e Alicia Keys, un R&B vecchia scuola, di grande presa sonora ed emo-
tiva, seguita dalla power ballad I Didn’t Know My Own Strength di David Foster e Diane Warren, che trova in Whitney l’interprete perfetta. Conclude il trittico iniziale Like I Never Left feat. Akon, composta da Akon e Claude Kelly. Non mancano le cover, a partire da A Song For You, un classico di Leon Russell che sorprende per l’improvvisa virata dance. La titletrack è una memorabile ballad eseguita al piano, con un testo dal sapore fortemente autobiografico: “When all my strength is gone, I look to you” (“quando sento di avere perso tutta la mia forza / io guardo verso di te”). Secondo quanto dichiarato dalla stessa Houston, è proprio questa la canzone che meglio esprime il senso più profondo di I Look To You. Bentornata Whitney.
O
gni volta che i Pearl Jam pubblicano un album mi frulla in mente sempre la stessa domanda: mi piaceranno ancora? Cioè, premesso che si parla della miglior rock band in circolazione dai tempi in cui il grunge rapiva gli adolescenti di tutti il mondo, sapranno conservare il primato? Il dubbio è legittimato dalla consapevolezza che di alternative (musicali) la band di Seattle ne ha pochissime. I Pearl Jam sono i Pearl Jam, non possono sperimentare, non possono aprirsi a suoni “moderni”, tutti ma non loro! Insomma, la paura è che prima poi diventino noiosi. Il dilemma si presenta puntuale per l’uscita di Backspacer, nono lavoro in studio per Eddie Vedder e compagni, che arriva a distanza di tre anni da Pearl Jam, manifesto del miglior punk-rock possibile e immaginabile nel nuovo millennio. C’è una grande differenza tra i due album: Backspacer è molto meno incazzato del precedente, probabilmente perché alla Casa Bianca non c’è più l’odiato George W. Bush, bersaglio principale della rabbia di Pearl Jam. Una prova? Non ci sono più di due/tre soli di chitarra in tutto il disco. Detta così, suona come una bocciatura. Ma poi ascolti bene pezzi come Amongst The Wave e Speed Of Sound, che per quanto morbidi, lasciano il segno (anzi il solco), pezzi come Supersonic e il singolo The Fixer, che, per quanto ben poco grunge, ti fan venir voglia di saltare fino a toccare il cielo. Poi ti lasci rapire dalla voce di Eddie Vedder, che è quanto di più intenso il rock possa esprimere. Qual’era la domanda iniziale?
60 // what’s new ?
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CINEMA
Gli amici di Nick ci raccontano le novità in sala
The Informant! Usa , 2009 AZIONE Con Matt Damon, Frank Welker, Melanie Lynskey, Scott Bakula Di Steven Soderbergh critica pubblico
E’ in edicola nick settembre !
he Informant!, prossimo film del geniale Steven Soderbergh (un regista capace di passare dalla spensierata saga di Ocean’s al dramma in black & white di Intrigo a Berlino, alla mastodontica epopea in due tempi dedicata a Che Guevara), che ha ruggito come Fuori Concorso fra i leoni dell’ultima Mostra di Venezia, è un avvincente mix di commedia dark e thriller in cui un biochimico dall’aria vagamente imbolsita, Mark Whitacre (un Matt Damon goffo e ingrassato
T
ma impagabile, quasi meglio che in Will Hunting - Genio ribelle o nella Bourne-saga), si trasforma in spia, pronto a spifferare all'Fbi i segreti delle speculazioni attorno alla lysine, un additivo chimico utilizzato nell'industria agricola e alimentare per cui egli stesso lavora. Ed ecco che, iniziato l’attacco alla multinazionale colpevole, Mark si trasforma in un bizzarro agente segreto sotto copertura in un vortice spassoso fra realtà e immaginazione. Il film, tratto da una storia vera e basato sul libro-inchiesta
G.i.joe: la nascita dei cobra
Pelham 1 2 3 - Ostaggi in metropolitana
Baarìa
Ricatto d’amore
Usa, azione 2009 Con S. Miller, C. Tatum Di S. Sommers
Gb, Usa , azione 2009 Con Denzel Washington, John Travolta, John Turturro Di Tony Scott
Ita/Fra, drammatico 2009 Con Margareth Madè, Francesco Scianna, Beppe Fiorello, Laura Chiatti Di Giuseppe Tornatore
Usa, commedia 2009 Con Sandra Bullock, Ryan Reynolds, Malin Akerman Di Anne Fletcher
critica
critica
critica
critica
pubblico
pubblico
pubblico
pubblico
Dai fumetti ai cartoon, dai pupazzi degli anni 60 sino alle indimenticabili action figures degli anni 80 e ai revival degli anni 90: i G.I. Joe tornano, questa volta in un film live action: “Sono i migliori operativi del mondo: quando il resto fallisce, loro vincono!”. Veterani talenti militari si trovano uniti in una base segreta per organizzare la lotta contro i Cobra, un’organizzazione internazionale terroristica che sta destabilizzando l’intero pianeta.
La tranquilla giornata lavorativa di un controllore della metropolitana di New York viene sconvolta quando una banda di malviventi dirotta un vagone prendendo in ostaggio i passeggeri, che verranno rilasciati solo dietro riscatto. Remake di un piccolo classico degli anni 70 con un grande Walter Matthau, un thriller metropolitano (scusate il gioco di parole) di grande effetto spettacolare. Travolta e Washington rubano la scena.
Baarìa è il nome fenicio di Bagheria, “un suono antico, una formula magica, una chiave, la sola in grado di aprire lo scrigno arrugginito in cui si nasconde il senso del mio film più personale”: sono parole di Giuseppe Tornatore, che ritorna alla sua Sicilia, cercando di riassumerne, tramite le vicende di un’unica famiglia, un secolo di storia. Tre generazioni, i profumi e i colori della terra, l’impegno civile, la passione amorosa: un affresco epico e ambizioso.
Margareth è un’importante manager nel settore editoriale, temuta e invidiata da tutti, in primo luogo dal suo assistente Andrew che ne sopporta l’atteggiamento dittatoriale sperando in una promozione. L’occasione propizia si presenta quando Margareth rischia di essere rimpatriata in Canada, sua terra natale: per evitare ciò finge di essere promessa sposa di Andrew e stringe con lui un patto: un finto matrimonio in cambio di un posto da capo redattore.
Perchè vederlo?
Perchè vederlo?
Perchè vederlo?
Perchè vederlo?
Per chi ha passato la sua infanzia in compagnia di quei soldati snodabili di plastica, lasciati a difesa della scatola dei giochi, e oggi vuole mettere alla prova la sua immaginazione o lasciarsi andare alla nostalgia.
La regia di Tony Scott, anche dopo gli ultimi altalenanti Domino e Déjà vu Corsa contro il tempo, rimane garanzia di spettacolo. Da non perdere per gli amanti del genere e per i fanatici dei remake.
Per chi crede a un cinema italiano internazionale: un C’era una volta in Sicilia dal respiro kolossal, un cast di grandi stelle nostrane, 20.000 comparse, set immensi, un enorme dispendio produttivo. E l’emozione.
In America non ha avuto rivali al botteghino. La coppia di protagonisti funziona a meraviglia garantendo risate e romanticismo in giuste dosi. Da non perdere il primo nudo della quarantenne Sandra Bullock.
onstage / settembre 2009
del giornalista Kurt Eichenwald, riesce a muoversi abilmente tra cospirazioni, segreti, scontri con multinazionali e testimoni scomodi.
62 // onstage chiama deejay
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GIÙ LA MASCHERA DI MASSIMO LONGONI
REGINA DI CUORI
È
In televisione è la biondissima opinionista senza peli sulla lingua che infiamma Amici. Ma per gli ascoltatori di Radio Deejay, da dieci anni, Platinette è la voce che apre la giornata, dà il buongiorno, sempre a modo suo, commentando tra il serio e il divertito gli avvenimenti di attualità. A dispetto di quello che molti possono pensare, per Platinette la radio è il vero grande amore, scoccato trent'anni fa in un’emittente di provincia.
H
ai festeggiato i dieci anni a Deejay. Come hai visto la radio cambiare in questo tempo? C'è stata una crescita personale mia e degli altri deejay e al contempo quella di una generazione. Chi aveva vent'anni alla fine degli anni Ottanta ora ne ha quaranta e ha voglia di ascoltare una radio diversa da allora anche perché altrimenti... sai che palle! Però la radio è condannata ad essere eternamente giovane, come se fosse sotto lifting.
Nel passaggio dalla televisione alla radio Platinette perde una componente decisiva come il look. Cosa rimane? Intanto sto più fresco perché non ho trucchi. Battute a parte, questo è il mio vero mestiere. La televisione è utile solo perché mi aiuta a farmi capire meglio dal pubblico, chi mi ascolta ha davanti una faccia. La popolarità televisiva, insomma, serve come facilitazione per il lavoro alla radio. E a quello intendo ritornare, non so se a Deejay o altrove.
Ma Deejay è o non è una radio giovane? Si deve tirare a lucido ogni anno per essere sempre bella e splendente. Questo è merito e colpa al tempo stesso del direttore Linus: lui ha la tendenza, credo dettata dalle leggi di mercato, a dare della radio l'idea di una meravigliosa palestra dove c'è sempre gente in forma. Tutti gli elementi positivi dell'eterno giovane, che non corrispondono per niente a me.
Devi forse annunciare qualche colpo di scena? Non credo. Sicuramente io sono un tipo un po' fumantino, ma è tutto a posto. Semplicemente stiamo cercando di capire dove stiamo andando e forse io, personalmente, sto imboccando una strada diversa rispetto a quella della radio. A me piace parlare del nulla ma in maniera seria e mi rendo conto che Deejay avrebbe bisogno di più leggerezza rispetto alle pesantezze mostruose che alle volte metto dentro io.
Come ti poni di fronte alle nuove leve? Mi rendo conto che usano un altro linguaggio e hanno proprio riferimenti diversi, è un altro mondo. Ma anche dentro di loro c'è quel germe di leggera distonia da tutti gli altri. C'è una voglia di andare fuori dal seminato che è la caratteristica di Radio Deejay, non c'è differenza tra voci consolidate e nuove. Però mi danno un po' fastidio i giovani quando fanno ciò che hanno fatto gli altri prima. Senza fare nomi, anche da noi qualcuno ricalca le orme dei padri e dei padri dei padri. Creati uno stile se ce l'hai! onstage / settembre 2009
Forse è proprio questa l’importanza del tuo programma, offrire qualcosa di diverso. E’ vero, tanto che Linus è stato un angelo in questi anni a lasciarmi fare ciò che volevo. Rispetto agli inizi è tutto diverso, in fondo io nasco come “disc-jockey deficiente” e anno dopo anno mi sono spostato sempre più sull’attualità. Il commento a braccio sugli avvenimenti di poche ore prima è il mio pane. Comunque il programma ha sempre le stesse caratteristiche che aveva di recente. Ma
la drag queen più famosa d’Italia. Polemista nata, Platinette con le sue parrucche bionde e la lingua tagliente ha conquistato la notorietà in televisione, a partire dal Maurizio Costanzo Show. Ma prima ci sono stati anni di gavetta come giornalista della carta stampata e, soprattutto, tanta radio. Ha iniziato in un’emittente locale del parmense per poi approdare a RadioRai e Radio Deejay. Nel suo carnet anche un disco, spettacoli teatrali e due libri.
io sento il bruciante desiderio di cimentarmi con qualcosa d'altro. Hai già in mente qualcosa di preciso? Un talk mattutino perché io mi definisco, con molta presunzione, “la soubrette della parola”. Essendo io una prima ballerina mi piacerebbe fare coppia con un altro “ballerino”. Il sogno professionale sarebbe Radio24 in accoppiata con Ferrara. Tu hai sempre fatto programmi mattutini. È stata una scelta o ti è capitato per caso? La mia sveglia è sempre alle cinque. A volte è difficile ma non vado in fonderia. Per me la mazzetta dei giornali della mattina è un piacere autentico. Essendo nato come collaboratore in un piccolo quotidiano di provincia, quella scuola lì non te la togli. Tra l'altro mi sono sempre chiesto come fai ad essere in radio sempre puntuale quando finisci Amici alla una di notte. Con una bella macchina! Faccio preparare una specie di branda notturna per il viaggio, dormo, rientro, faccio il programma e poi vado a letto. Se c'è una cosa buona è che sono un soldato. Non mi piacciono quei colleghi che se c'è da ritirare un premio non fanno il programma. Cos'è più importante, il premio o il tuo lavoro? Inizia a fare il tuo lavoro!
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