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luca zanette | italian architect
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INDICE Territorio e temi Cibo: il perchè di una ricerca
09
CittĂ diffusa: urbs in horto
17
Produzione locale: best practices
29
Descrizioni La descrizione di un paesaggio: i territori di bonifica della laguna
49
Un caso studio: le Giare
61
La costruzione di un progetto Il metodo
95
Mitigazione
97
Adattamento
139
Bibliografia
193
descrizioni
LA Descrizione di un paesaggio
I territori di bonifica della laguna veneta
51
scolo meccanico + alternato
21.5
naturale 18.5 9.1 meccanico 60.7
microrilievo + rischio idraulico
21.5
26.7
12.6 < 0.00 m 29.4
9.8
salinitĂ elevata + moderata
21.5
48.0
moderata 16.8 elevata 13.7
52
la cittĂ metropolitana
costruito spazio agricolo acqua canale navigabile vallicoltura barene
fonti: Regione Veneto, PTCP Venezia
53
54
1507
1339
1209
1143
819
Brenta Nova o Brentone deviazione del corso del Brenta a Dolo in disuso dal 1858
Tajada â&#x20AC;&#x153;argine di intestaduraâ&#x20AC;? costruito per deviare le acque dalla foce di Fusina verso la laguna di Malamocco
Piovego canale tra Padova e Noventa
Pioveganella taglio del Brenta in loc. Fiesso
fondazione monastero Santâ&#x20AC;&#x2122;Ilario
foniti: Acqua e cibo a Venezia. Storie della laguna e della città, a cura di D. Calabi e L. Galeazzo, Venezia, Palazzo Ducale, 2015
55
1964
1892
1791
1681
1612
1609
XVI s
Idrovia Padova-Venezia canale in parte realizzato
Idrovora El Macchinon di Dogaletto con successivi interventi di poteniamento nel 1909 e 1942
Conterminazione lagunare confini della Laguna di Venezia, stabiliti dalla Repubblica Serenissima, e contrassegnati attraverso una serie di cippi in pietra d’Istria
Seriola Giare canale d’acqua dolce Porto Menai-Giare-Dogaletto
Taglio Novissimo canale di deviazione in loc . Mira Taglio
Seriola Veneta canale d’acqua dolce Mira-Fusina
Sette Prese consorzi pubblici e obbligatori di coordinamento di attività, opere, e deflusso di tutte le acque in un unico sistema idraulico
il monastero di Sant’Ilario Nel 819 i monaci Benedettini di San Servolo , consapevoli del fatto che l’isola su cui sorgeva il proprio monastero era angusta e paludosa da non produrre cibo a sufficienza, ottennero dai Dogi il permesso di costruire una nuova sede presso la cappella di Sant’Ilario sulla gronda lagunare in località Bastie-Gambarare. In breve tempo, l’operosità dei benedettini, l’abbondanza dei prodotti agricoli e ittici della zona e la posizione geografica (al confine con i territori di Padova e di Treviso) trasformarono l’abbazia in un importantissimo centro religioso ed economico raggiungendo l’apice nel XII secolo. Nel 1143 l’escavazione della Pioveganella, ad opera dei Padovani per liberare i propri territori dalle inondazioni del Brenta, apportarono ingenti danni ai territori di Sant’Ilario i cui fiumi tracimarono. Nacque una guerra tra Padovani e Veneziani terminata con la Vittoria della Serenissima. Nonstante ciò, le continue inondazioni delle proprie terre portarono i monaci ad abbandonare definitivamente l’abbazia di Sant’Ilario nel 1214, trasferendo la propria nella Chiesa di San Giorgio a Dorsoduro.
Anzolo Emo, Disegno della laguna di Venezia, 1763, Venezia, Archivio di Stato
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fonti: A. Baldan, Storia della Riviera del Brenta, Abano Terme, Francisi editore 1988 M. Poppi, Gambarare e il suo territorio, Dolo, Istituto Tipografico Editoriale 1977
la piantata padana “La piantata padana [...] si viene differenziando per l’assai maggiore lunghezza dei campi ma anche per il rilievo crescente che in essa assumono le opere di sistemazione idraulica permanente e intensiva. [...] Gli elementi costitutivi della moderna piantata padana sono già nel ‘500 in via di avanzata elaborazione con la divisione della superficie in campi di forma regolare, con limiti segnati da cavedagne e fossati, lungo le cui ripe corrono filari di alberi vitati. [...] Già nel ‘700, il paesaggio della piantata padana aveva assunto un’estensione tale da ostacolare seriamente la visibilità per la manovra degli eserciti francesi nelle guerre d’Italia. [...] Dal ‘500 in poi, e particolarmente nel corso del XVIII secolo, il progresso è notevole: nella Pianura Padana il diffondersi della piantata diviene un fattore decisivo agli agenti di disgregazione del paesaggio agrario: ancor più, anzi, un fattore essenziale della sua riorganizzazione.”1 “Purtroppo, in alcune parti, il sopravvento dell’interesse economico sull’opportunità di conservare il secolare paesaggio agreste ha trasformato campagne in cui fino a poco tempo fa filari di vitigni bacò, pataresca, merlot, clinton, uva pissona, tokai, moscato, cabernet, raboso maritati ad aceri, ontani e qualche albero da frutto si intramezzavano a “spagnare”, campi di grano, di mais, avena, saggina, in desolate distese senza più la presenza di alcun albero per meglio sfruttarle utilizzando macchine agricole tecnologicamente sempre più avanzate.” 2 brano della gronda lagunare, Campagna Lupia, rielaborazione tavolette IGM 25V 1887
foniti: 1 | E. Sereni, Storia del paesaggio agrario italiano, Laterza editore 1961. 2 | M. Poppi, Gambarare e il suo territorio, Dolo, Istituto Tipografico Editoriale 1977.
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cassa rurale cattolica “Nella seconda metà dell’800 le condizioni di vita nel paese erano estremamente infelici. I numerosi piccoli proprietari non riuscivano a ricavare dai propri campi (in media meno di 4 e talvolta addirittura solo mezzo) i prodotti sufficienti alle loro necessità quotidiane; nè meno precaria era la situazione dei massarioti (affittuali o mezzadri con più di 12 campi) o dei chiesuranti (affittuali o mezzadri con meno di 12 campi) speso costretti a rivolgersi a usurai per pagare i debiti. Vi era una categoria ancora più disagiata, quella dei braccianti e dei salariati agricoli alcuni dei quali lavoravano solo in determinate stagioni e per esigui compensi [...]. Al fine di migliorare la condizione economica di questi contadini, che si fa ogni dì più infelice, il 26.02.1890 don Resch istituì la cassa rurale di Gambarare. [...] I vantaggi per la popolazione si fecero presto sentire: la cassa concedeva prestiti all’interesse annuo del 6%, contro quello del 20-30% richiesto dagli usurai, e i contadini poterono così ottenere con una certa facilità fondi per l’acquisto di animali da stalla e per l’esecuzione di lavori di miglioria nei campi. [...] nel 1893 fu fondata la Società di assicurazione contro la mortalità del bestiame [...] la Cantina sociale (1900) e la Società per gli acquisti collettivi, al fine di ottenere più a buon mercato concimi chimici.”
brano della gronda lagunare, Campagna Lupia, rielaborazione tavolette IGM 25V 1905
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foniti: M. Poppi, Gambarare e il suo territorio, Dolo, Istituto Tipografico Editoriale 1977.
bonifica ventennio fascista Era il 1890 quando in questo territorio venne installata la prima idrovora, soprannonimata “El Machinon” proprio per le sue dimensioni e la sua potenza. Nel corso dei decenni succesivi iniziò un processo di razionalizzazione e di ridisegno della rete scolante tale da permettere il corretto confluimento delle acque verso l’idrovora. Ne seguì una configurazione del territorio sul modello della bonifica ferrarese, costituito dalle “larghe”, ovvero campi di larghezza 30 m e lunghezza variabile.
brano della gronda lagunare, Campagna Lupia, rielaborazione tavolette IGM 25V 1941
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idrovia Padova-Venezia E’ ormai considerata come un’utopia quella che, negli anni Sessanta, era l’idea di un collegamento fluviale tra Padova e Venezia per il trasporto e lo smistamento delle merci. In seguito ad uno studio di fattibilità di otto anni, nel 1963 viene emanata una legge per il finanziamento dell’opera. Il progetto continua a subire elaborazioni: dal tracciato originale, che seguiva il Naviglio del Brenta per sfociare in laguna all’altezza di Fusina, si preferisce un nuovo percorso. Passando solo un paio di chilometri più a sud di Mira, a Piazza Vecchia, si sfocia direttamente in laguna con il canale di Dogaletto. Procedendo via acqua sempre verso sud si incrocia subito il Porto di Malamocco. Nel 1968 vengono appaltate le prime opere: attraversamenti ferroviari e stradali, ponti, conche e il primo tratto di canale proprio a partire dalla laguna veneziana fino al Taglio Nuovissimo che dal Naviglio del Brenta va a correre accanto alla statale Romea. Iniziano solo nove anni dopo i lavori dalla parte opposta. I lavori si interrompono definitivamente nel 1992. Il canale è stato progettato per chiatte di dimensioni di 80 x 9,5 x 2,5 metri con una capacità massima di 60 TEU (circa 1320 tonnellate), ma per essere adeguata agli standard continentali attuali, le chiatte dovrebbero essere molto più grandi (114 x 13 x 3,5) con una capacità massima di 225 TEU (circa 4950 tonnellate). Una portata quasi quattro volte più grande che comporterebbe ulteriori scavi e allargamento degli argini. brano della gronda lagunare, Campagna Lupia, carta tecnica regionale, 2015
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foniti: www.terranews.it; www.ilsole24ore.com
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UN CASO STUDIO
le giare
Il territorio delle Giare costituisce una piccola penisola del parco della laguna sud poco distante da porto Marghera. Non mi soffermo sulle caratteristiche del parco: il sistema di valli da pesca, il passaggio della s.s. Romea, il Novissimo e l’idrovia, il complesso naturale di barene e casse di colmata, i litorali di Malamocco e Pellestrina, l’isola di Poveglia, Chioggia e così via. Le Giare appartengono ai territori di bonifica della laguna veneta e il loro fnzionamento è dovuto alle azioni di pompaggio che garantiscono sicurezza idraulica anche nei terreni al di sotto del livello del mare. L’infrastruttura dell’acqua disegna fortemente il territorio. Infatti, sono fa-
cilmente leggibili: l’area di bonifica con una rete di scoline e canali fitta e regolare, il dosso di Giare e le aree a nord della Romea con una maglia meno rigida e più flessibile, la valle da pesca Miana-Serraglia a sud, le barene ad est, l’idrovia a nord e il Novissimo ad est. E’ un’infrastruttra estremamente antropizzata e fragile, la cui gestione richiede continui inteventi di manutezione e di potenziamento per riuscire ad assorbire fenomeni metereologici estremi di intensità e frequenza sempre maggiori. A questi si aggiunge la gestione di alcuni parametri quali ad esempio la profondità di falda, i fenomeni di subsidenza e la salinità dei suoli al
fine di garantire il funzionamento di questi territori ed un’adegata produttività agricola. Il terriotrio di Giare aveva una tradizione agricola piuttosto radicata, che nasce con le prime operazioni di bonifica da parte di alcuni monaci benedettini che da San Servolo si trasferirono su questi terreni selezionati per la loro fertilità. A partire da questi primi interventi di bonifica delle foci del Brenta sono state elaborate alcune pratiche e tecniche di coltivazioni specifiche, la cui memoria rimane oggi solo per la coltivazione dell’asparago di Giare. Questo territorio mantiene una destinazione d’uso prevalentemente agricola legata alla coltivazione di cereali.
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toponomastica
Giare: questo toponomino negli estimi corrisponde alle colmate negli alvei o all’alveo del fiume stesso. Questo terriotrio corrisponde alla zona dove anticamente sfociavano gran parte dei corsi d’acqua del territorio di Gambarare. Gambarare: toponimo dovuto alla ricchezza di gamberi da fiume nelle acque del suo terriotrio e precedentemente indicata con l’appellativo di Baleello da vallatellum, che significa luogo cinto da alte rive. Curano: deve il nome da il fiume sulle cui sponde sorgeva l’antico villaggio. La località oggi è costituità da da poche case ed un canale campestre, ma nel medioevo era conosciuto in tutto il Padovano sia per la torre che qui si ergeva, sia per la famiglia che con esso si denomino: la famiglia Da Curano. Bastie: il toponimo è generalmente associato a terriotri fortificati. L’area era un tempo confine tra i comuni di Padova, Treviso e Venezia nonchè accesso alla laguna. Dogaletto: toponimo legato alle vicende storiche di questo territorio quale ultima terra in possesso del Dogado veneziano, in contrapposizione al terriotorio padovano che la circondava. Porto Menai: località del porto di collegamento tra la terraferma padovana e la lagune, nonchè di pagamento dei dazie da cui deriva il nome di porto dei Menazadi. Anthon von Zach, Kriegskarte, 1798-1805, Fondazione Benetton
fonti: M. Poppi, Gambarare e il suo territorio, Dolo, Istituto Tipografico Editoriale 1977.
65
spazio agricolo
uso del suolo
980 ha
90 % mais e cereali
66
attivitĂ agricole
fonte: Regione Veneto, carta uso del suolo
produzione agricola
67
CO2 fossil fuel
agricoltura intensiva L’agricoltura intensiva permette di sfruttare al massimo la capacità produttiva del terreno. Come contropartita, sono richieste maggiori cure e maggiori risorse: ad esempio, più acqua per l’irrigazione o più personale per la raccolta. Il maggiore sfruttamento è dato dall’utilizzo di innovazioni tecnologiche, nonché di macchinari adatti a rendere più rapidi i processi di lavorazione. Tra queste possiamo citare come esempio l’azotofissazione. Normalmente lo sviluppo agricolo di tipo intensivo è considerato più avanzato di quello estensivo perché implica l’utilizzo di nuove tecnologie, è tipico quindi delle piccole proprietà terriere che si affidano a questo metodo per produrre di più.
agricoltura intensiva
lavorazioni terreno trattamenti chimici
rischio idraulico
68
inquinamento acque
salinità suolo
impoverimento suolo
69
produzione commerciale
70
produzione locale
71
produzione faunistico-venatoria
72
asparago delle giare asparagus officinalis
Area di produzione La coltivazione dell’Asparago di Giare originariamente concentrata dell’omonima località si è estesa anche alle aree limitrofe (Mira, Campagna Lupia e Campolongo Maggiore) soprattutto per emigrazione dei tradizionali produttori del luogo. L’area di coltivazione è caratterizzata da un clima tipicamente lagunare con estati non eccessivamente calde e inverni la cui rigidità è temperata dalla vicinanza del mare e dal rimescolamento dell’aria che ne consegue. Ciò permette una certa precocità della produzione. La vera particolarità dell’ambiente tipico è da ricercarsi nella composizione ideale del terreno della zona: leggero, sabbioso, limoso e molto profondo che consente la crescita di turioni particolarmente regolari nella forma e privi di ogni difetto. La accentuata salsedine del terreno, inoltre, aumenta la sapidità e l’aroma dei turioni essendo ben diverso e più completo il gusto del sale di costituzione rispetto al comune sale da cucina solitamente aggiunto dopo o durante la cottura. Tecnica produttiva È una coltura che si sviluppa in più anni, si semina all’aperto, in appositi semenzai. Le radici che si ottengono vengono trapiantate dopo 8-20 mesi nel terreno preparato a “motte”, che gli conferisce un inconfondibile aspetto. Per permettere la formazione di turioni completamente bianchi, queste sono sottoposte a pacciamatura con l’utilizzo di un film plastico nero che impedisce alla luce di filtrare. Il raccolto avviene
nei mesi di aprile maggio dopo tre o quattro anni. Ogni anno la pianta di asparago produce 10-15 turioni; un ettaro quindi può produrre anche fino a 60/70 quintali di prodotto. La raccolta è l’operazione più delicata e caratteristica: richiede un elevato grado di specializzazione e molta esperienza. I turioni, infatti, sono completamente interrati e dal terreno fa capolino solo un accenno di apice vegetativo. Il raccoglitore penetra il terreno con un apposito strumento – a Giare si chiama “fero da sparesi” – e taglia alla base il turione che si può così estrarre dalla motta. È una operazione che si esegue tutta alla cieca con il rischio concreto di danneggiare il turione o addirittura la “zampa” e quindi anche la produzione futura. Disponibilità e mercato La zona tipica dell’asparago di Giare attualmente è interessata da una superficie complessiva coltivata di circa 20 ha con una produzione totale annua di circa un migliaio di quintali. Il prodotto migliore è presentato con apposito marchio nel quale è significativamente rappresentato un mazzo di asparagi sormontato da un’anatra selvatica, chiaro riferimento alla fauna valliva; sullo sfondo è rappresentata la campagna e l’acqua dei territori del luogo. Gli asparagi sono confezionati in mazzi, prevalentemente da kg 1. Esiste un attrezzo apposito, una specie di piccolo sgabello rovesciato, che permette di allineare le punte, di legare comodamente i mazzi e di tagliare alla giusta lunghezza la parte terminale in modo netto, pre-
Asparago di Giare marchio
ciso, omogeneo e senza sbavature. Il legaccio è ritenuto giustamente molto importante dagli orticoltori della zona, si esegue ancora rigorosamente con i tradizionali rametti di salice (“stropei de selgaro”). Ciò permette non solo di conservare una storia ma anche di qualificare la presentazione del prodotto e di evitare ai delicati turioni l’assorbimento di eventuali odori o sapori estranei dovuti all’utilizzo di elastici o altri materiali artificiali. L’operazione prevede una manualità particolare e risulta abbastanza complessa ma sicuramente il risultato finale merita e ripaga il tempo speso.
fonti: www.agricoltura.provincia.venezia.it; www.venetoagricoltura.org
73
< 0,00 m slm
argine
salinitĂ
472 ha
+ 150 | + 300 cm
580 ha
74
fonti: Regione Veneto, carta uso del suolo; Regione Veneto, carta tecnica
suolo
75
CON 1 | QUA 1 terreno franco limoso, sedimenti a granulometria limosa e argillosa
PDS 1 terreno franco, sedimenti a granulometria sabbiosa e limosa
CPC 1 | RSN 1 terreno franco limoso, sedimenti a granulometria limosa
coltivazioni: seminativi, orticole.
coltivazioni: seminativi, vivaio, vigneto e orticole
coltivazioni: seminativi, vivaio, vigneto e orticole
Ap
Ap
Ap
C
Bw
Bw
C
C
Cg
orizzonte superficiale Ap profondità 0 - 50 cm tessitura franco-limosa leggermente salino
orizzonte superficiale Ap profondità 0 - 50 cm tessitura franco-limosa o franca non salino
orizzonte superficiale Ap profondità 0 - 50 cm tessitura franco-limosa o franca non salino
orizzonte profondo C profondità 50 - 100 cm tessitura franco-limosa o franca leggermente salino
orizzonte profondo Bw profondità 50 - 90 cm tessitura franco-limosa o franco-sabbiosa non salino
orizzonte profondo Bw profondità 50 - 90 cm tessitura franco-limosa non salino
substrato Cg profondità > 100 cm tessitura franco-limosa moderatamente salino
substrato C profondità > 90 cm tessitura franco-limosa o franco-sabbiosa non salino
substrato C profondità > 90 cm tessitura franco-limosa o franco-sabbiosa non salino
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fonte: Regione Vento, carta dei suoli
PDS 1
100
CPC 1 | RSN 1
0
90
10
CON 1 | QUA 1 80 70
20 30
A
60
illa arg
AL
AS
50
40
60
30
FA
FSA
70 80
FS
10
FL L
SF
S 100
FLA
F
20
0
o%
50
lim
%
40
90
90 100
80
70
60
50
40
30
20
10
0
sabbia %
tessitura del suolo proprietĂ fisica del terreno che lo identifica in base alla composizione percentuale delle sue particelle solide distinte per classi granulometriche secondo il principio delineato dallâ&#x20AC;&#x2122;USDA
77
argine
argine attrezzato
78
terreni CON 1 | QUA 1
79
idrografia
80
produzione
scolo meccanico
fonti: Regione Veneto, carta uso del suolo; Comune di Mira, Piano delle acque
acqua
81
impianto idrovoro Dogaletto L’impianto idrovoro di Dogaletto venne costruito dal 1882 al 1892 e serviva un bacino idraulico di ha 1905. L’impianto venne potenziato nel 1909 e successivamente nel 1942. Negli anni successivi furono compiute opere correttive della bonifica sostituendo l’alimentazione dei vecchi gruppi termici. Nel 1966, in concomitanza dell’alluvione di Novembre, fu installato un impianto provvisorio di supporto. Nel 1992 nell’ambito del Piano Direttore degli interventi di cui alla Legge Speciale per Venezia fu previsto il risezionamento dei collettori e loro collegamenti idraulici nonché il potenziamento degli impianti elettromeccanici di scarico al fine da consentire, in regime di sicurezza idraulica, una ottimale e moderna gestione del sistema scolante di 3370 ha. Ulteriori sistemazione all’impianto sono stati fatti nel 2001. Ad oggi l’impianto potenziato ed ammodernato garantisce una capacità di sollevamento di 20 mc/s per una prevalenza di circa 3,00 m che sommata alla portata delle pompe dell’impianto principale permette di avere una capacità complessiva pari a 27 mc/s.
82
rendita 3824 ha 1000 €/ha anno
idrovora El Machinon
erosione fondale
alghe 430 MWh anno 110.000 € anno 190.000 kg CO2 150 €/ha anno
fonte: consorzio di bonifica acque risorgive
83
seriola Giare
rete di scolo
84
idrovia e taglio Novissimo
barene
85
rischio idraulico
86
allagamento
criticitĂ
fonti: Comune di Mira, Piano delle acque
rischio idraulico
87
500
500
500
400
300
200
108
100
cm 2100
40
100
40
corila
13
enea
ipcc
aumento livello mare
1400
1200
1000
800
2014
meida
2013
2012
2011
2010
2009
2008
2007
2006
2005
2004
2003
2002
2001
2000
1999
1998
1997
1996
precipitazione media annua
1995
mm Mira
1994
600
200
150
100
50
mm Mira
precipitazione media mensile anno 2010
88
gen febm ar apr magg iu lug ago setto tt novd ic
fonti: Arpav
cambiamenti climatici I cambiamenti climatici rappresentano un fenomeno attuale: le temperature aumentano, i regimi delle precipitazioni si modificano, i ghiacciai e la neve si sciolgono e il livello medio globale del mare è in aumento. Si prevede che tali cambiamenti continueranno e che gli eventi climatici estremi all’origine di pericoli quali alluvioni e siccità diventeranno sempre più frequenti e intensi. Nelle regioni dell’Alto Adriatico si stimano un’innalzamento del livello del medio mare pari ad un metro e una diminuzione della frequenza e aumento di intensità per le alluvioni.
CO2
temperatura
cambiamenti climatici
variazioni precipitazioni scioglimento ghiacciai
innalzamento livello mare
rischio idraulico
salinità suolo
89
asfalto
90
strade bianche
drosscape
fonti: Regione Veneto, carta tecnica regionale
stratificazione
91
asfalto
strade bianche
92
drosscape
93
198