Fotografia
nuovi linguaggi
Giulia Albertini Barbara Bellocchio Antonio Ciaccio Osanna Davi Samira Mosca Emily Pederzani Giorgia Pruneri Silvia Quadrini Ylenia Roveri Lamberto Sassoli Francesca Simonetti Eugenia Spena Serena Triggiani Camilla Viadana Collettivo biennio
a cura di Lucrezia Di Carne
Alba Area Gallery / Brescia 10.giugno / 31. luglio gio. ven. sab. h 15-19
ALBA AREA G A L L E RY SPAZIO LABA
Parte uno
Introduzione......................7 Virgilio Fidanza...................9
La mostra presenta le opere realizzate dagli studenti dell’Accademia LABA del dipartimento di fotografia triennio e biennio. I progetti realizzati derivano da una ricerca approfondita che tocca i molteplici aspetti della società contemporanea, intesi come interazione con lo spazio, aspetti antropologici e relazionali dell’essere umano e lo sviluppo tecnologico. Nella prima sala troviamo i due progetti di Osanna Davi e Camilla Viadana che parlano di vita privata, considerando la fotografia come un’azione che altera la realtà e raccontando un passato strettamente intimo. Antonio Ciaccio utilizza una tecnologia avanzata per esteriorizzare lo spazio- mente dell’osservatore, Silvia Quadrini lavora sul ricordo di un luogo attraverso il selfie e infine Serena Triggiani propone uno studio sull’elemento essenziale della fotografia: la luce. Nello spazio successivo si presentano lavori di reportage; Francesca Simonetti ha sviluppato una ricerca realizzata in India catturando gli sguardi della popolazione e Giorgia Pruneri attraverso un progetto introspettivo in relazione alla quotidianità dell’uomo. Successivamente Barbara Bellocchio e Eugenia Spena reinterpretano visivamente il concetto di società liquida teorizzato da Zygmunt Bauman. Una parete è dedicata al lavoro di Samira Mosca, che indaga il rapporto tra corpo e spazio attraverso il movimento nella danza classica. Una sala è dedicata alla fotografia di architettura e industriale dove i progetti di Giulia Albertini, Emily Pederzani, Ylenia Roveri, Lamberto Sassoli, si caricano della responsabilità di andare oltre il gesto tecnico e la funzione estetica. Il video del Collettivo biennio è stato realizzato su commissione dell’Unione Industriale Bresciani per l’evento “La Fabbrica in Fiera”.
Virgilio Fidanza
L’occasione che qui si manifesta è data dalla chiusura dell’anno accademico, momento in cui vengono a raccolta i vari percorsi formativi. Sensibilità specifiche e gesti culturali mirati, qui appaiono nel loro applicarsi ai diversi ambiti della vita e della società. I processi comunicativi, di ogni ordine e grado, che vengono attuati dagli studenti di fotografia, da una parte rivelano un panorama sul cui sfondo sta l’uomo e il suo ambiente di vita e di relazioni, dall’altra rendono attuale una riflessione sulle varie funzioni che la figura del fotografo, o meglio ancora, che l’operatore culturale dell’immagine tecnologica, è chiamato a interpretare nella contemporaneità. In merito a ciò emerge una riflessione importante, che non può sfuggire a chi ha vissuto in anni in cui la figura del fotografo era spesso marginale alla produzione dei processi comunicativi: oggi grazie anche alla nascita e allo sviluppo di articolati e strutturati percorsi formativi, l’identità culturale e professionale del fotografo si attesta anche numericamente oltre il sapere tecnico Si sta cioè, passando sempre più dalla figura dell’operatore tecnologico a quella dell’operatore culturale, unica condizione per cui il fotografo professionista possa diventare protagonista riconosciuto e necessario nei vari ambiti della comunicazione. Lo sviluppo di questo percorso che qui si esplica nei vari progetti esposti, necessita di ricomprendere culturalmente l’immagine tecnologica, densa di falsi miti e troppo spesso affidata al gesto tecnico o alla mera funzione estetica. L’intersecarsi in questo spazio di immagini con funzioni diverse, mentre sottolinea il manifestarsi frammentato dell’agire pone anche l’evidenza di una necessità: il superamento mentale e schematico dei generi, non per eliminare le necessarie peculiarità, ma per rafforzare lo scambio, dei valori esperienziali e culturali che ogni pratica comporta, tra i vari ambiti in cui la fotografia trova applicazione. Buona visione.
Parte due
Giulia Albertini..................12 Emily Pederzani................22 Ylenia Roveri....................30 Lamberto Sassoli..............38 Collettivo biennio.............46
Giulia Albertini
Cromo Architecture fotografia digitale, 2017
Nel quartiere Gallarattese di Milano, sorge il complesso abitativo “Monte Amiata”, che fu costruito tra il 1967e il 1972. E’ un complesso archittetonico di grande dimensione a cui prendono parte i due fratelli architetti Carlo e Maurizio Aymonino insieme ad Alessandro De’Rossi e Sachim Messarè. Attraverso questa serie fotografica si vuole fare emergere non solo l’idea di un luogo abitato e vissuto ma anche l’aspetto architettonico tipico di fine anni ‘60 e inizio anni ‘70. Queste immagini sottolineano la particolarità del complesso costituito da grandi volumi, forme geometriche e colori intensi che inseriti in uno spazio così vasto, danno l’idea di perdersi completamente.
Emily Pederzani
Lic Packaging fotografia digitale, 2017
L’azienda Lic Packaging nasce con Giovanni Bertoldo, il quale nel 1952 inizia la sua attività imprenditoriale di tipografo. Con il passare degli anni alla stampa si aggiunge la produzione di scatole, la stampa flexografica su cartone ondulato e viene installata la prima linea ondulatrice.Lic Packaging diventa nel 1991 l’unica Azienda cartotecnica in Italia con produzione di cartone ondulato. Nel 2001 l’azienda entra a far parte del Gruppo SAICA GROUP: 2.500 milioni di mq. di cartone prodotto nel 2016; € 1.300 milioni di fatturato nel 2016; 6.400 dipendenti in 7 paesi.
Dal 2004 in poi nascono: la Divisione Display dedicata al design, allo sviluppo e alla produzione di espositori e soluzioni per il PV; dal know-how decennale di Lic Packaging, la Saica Display, l’azienda di riferimento a livello internazionale per tutto il Gruppo nella creazione e realizzazione di espositori e soluzioni per il PV.; Eco&You, la nuova linea di forniture per arredo, accessori e giocattoli in cartone ondulato; dal Team R&D di Lic Packaging nasce un innovativo cartone ondulato specifico per il contatto diretto con gli alimenti, un materiale rivoluzionario secondo natura; da Eco&Food, la nuova linea di packaging dedicata al contatto diretto con gli alimenti. Nella serie di fotografie, scattate nella sede di Verolanuova, sono stati valorizzati tutti gli aspetti del lavoro dell’azienda, nelle diverse fasi di lavorazione del cartone. Si è cercato di fare emergere gli aspetti più interessanti attraverso scatti in cui si vede l’azienda in funzione. Nella selezione si è tenuto conto di vari elementi quali far emergere l’importanza della filiera produttiva, piani generali e piani ravvicinati, presenza umana. L’intento è stato quello di creare un percorso lineare all’interno di essa tramite fotografie che riportano l’insieme della produttività in tutti gli aspetti.
Ylenia Roveri
Ossidazione anodica fotografia digitale, 2017
Ossidazione Anodica srl nasce nel 1978 ed è attiva nel settore dell’ossidazione dell’alluminio da trenta anni; passione ed alta qualità hanno permesso alla piccola realtà artigiana di diventare un’azienda oggi leader nel settore. Da sempre partiamo dalla ricerca della qualità assoluta per interpretare le esigenze dei nostri partner e tradurle in realtà. L’esperienza acquisita negli anni e la capacità di percepire le continue innovazioni tecnologiche ci permettono di mettere a disposizione del cliente la volontà di sperimentare e di andare oltre, dando vita a qualcosa di davvero unico. Il nostro obiettivo è quello di mettere a disposizione del cliente la nostra esperienza tecnica ed il nostro knowhow, per contribuire alla progettazione di un nuovo prodotto traducendo le esigenze del cliente in concreta fattibilità. Siamo un’azienda in continua evoluzione: il nostro punto di forza sta nel trasmettere a tutto il personale, in particolare alle nuove generazioni, interesse e passione per una realtà aperta a nuovi sviluppi.
Lamberto Sassoli
Edilnord fotografia digitale, 2017
Il Comprensorio Edilnord di Brugherio (MB) si trova in una posizione strategica, fuori dal caos cittadino, ma ben collegata ai dintorni per ogni necessità, grazie alla fermata dell’autobus e alla stazione della metropolitana, poco distante. L’idea di collocazione periferica è nata dall’intenzione di offrire ai bambini un mondo diverso da quello delle città, più umano, con numerosi spazi verdi e parchi giochi dove poter passare il tempo libero, crescere e divertirsi serenamente.
Nel quartiere troviamo anche numerosi servizi e attività commerciali/professionali, molto a portata di mano. Come attesta uno degli abitanti però, l’Edilnord è sempre stato considerato un quartiere separato dal resto di Brugherio, finché la relativa Parrocchia non è riuscita a stabilire legami fra tutti, senza più preclusioni. Il centro residenziale è composto da otto blocchi che arrecano nomi singolari: Fontana, Cigni, Fiori, Meridiana, Cedri, complessi architettonici a forma di ferro di cavallo (ciascuno con il rispettivo cortile quadrangolare) e Portici 1-2-3; entrando nei condomini troviamo pulizia degli spazi e materiali come marmo e legno; questo ci fa capire quanto attenzione venga dedicata ad ogni particolare. Un filo conduttore molto interessante di questo centro residenziale è dunque la capacità di mediare fra il l’armonia umana e l’estetica: la scelta di includere numerosi spazi verdi dona al tutto una valenza di benessere, utile per la salute fisica e mentale della persona; gli spazi sono semplici e funzionali oltre che eleganti, i servizi sono comodi e ben tenuti. Tutto ciò si ricollega al tema portante della mediazione che accomuna le fotografie scattate.
Collettivo biennio
Silvia Barocco Francesca Colucci Matteo Gilli Simone Pangrazzi Ilario Piatti Sunita Sassudelli Wu Yi
video (4:55 min), 2017
Studenti del
l Biennio specialistico di fotografia industriale, architettura e design.
Il video presentato è stato realizzato nel corso di video industriale, dagli studenti del primo anno del biennio, coadiuvati e supportati dai professori Marco Jannin e Virgilio Fidanza. Alla loro prima esperienza in questo ambito, gli studenti, hanno saputo rispondere con efficacia comunicativa e formale. La committenza è nata in seguito alla collaborazione che il dipartimento di fotografia ha avviato con AIB (Associazione Industriali Bresciani). Nello specifico è stato richiesto di realizzare un video per un progetto dedicato ad un evento fieristico “La Fabbrica In Fiera”, durante il Brescia Industrial Exhibition, svoltosi dal 18 al 20 maggio a Montichiari. Per questo progetto 11 aziende, ALMAG, Farm Brass, Automazioni Industriali, STB Officine Meccaniche, SO.TEC, Cogeim Europe, BTB Transfer, Sala, FELP e XPLAB, hammo costruito in un padiglione della fiera, una linea produttiva automatizzata per la realizzazione di un rubinetto a sfera, incluso assemblaggio e collaudo.
Ogni macchinario, dotato delle soluzioni più innovative, era collegato ad un sistema centralizzato di visualizzazione dei dati di produzione dell’intero ciclo produttivo. La realizzazione del video, dopo un attento lavoro di ascolto, analisi dei dati e di progettazione, è stata strutturata e suddivisa in tre fasi. La prima, attraverso alcuni frangenti di costruzione dei macchinari in ogni azienda, ha voluto raccontare e rendere visibile, nei suoi vari aspetti tecnologici, il lavoro di squadra che ha sorretto l’intero progetto. La seconda ha descritto l’operoso e corale impegno nella costruzione della fabbrica in fiera. Mentre la terza ha rappresentato, i molteplici aspetti produttivi e innovativi, della fabbrica in funzione. Il video così realizzato, è stato ottimamente apprezzato ed elogiato dalla committenza, per la sapienza con la quale sono emersi i caratteri fondanti del progetto industriale: la sapiente fusione delle varie e innovative competenze tecnologiche e il fondamentale lavoro di squadra.
Antonio Ciaccio................54 Osanna Davi.....................58 Silvia Quadrini..................64 Serena Triggiani................70 Camilla Viadana................78
Antonio Ciaccio
Neuronica fotografia multimediale, 2017
L’immaginario umano sviluppa i pensieri in maniera del tutto personale, costruendo nel proprio spazio-mente, le immagini con connotazioni comuni ma con caratteristiche uniche in ogni soggetto pensante. Neuronirica ha nel suo intento di dinamicità continua, il fine di portare tale processo all’esterno: rendere anche nel “visibile”, ciò che normalmente è una forma di trasformazione del pensiero (trasformazione involontaria ed immediata di stimoli esterni in immagini). Quindi visioni in movimento soggettivate dal fruitore, che ne determina con la propria personalità fisica (ed in futuro psicologica), le differenziazioni seppur minime… e che ne fanno, paradossalmente, un’oggettivazione unica. L’immaginazione è riproduttiva (richiama ciò che ha conservato), produttiva (ricombina, integra, progetta e configura) e interattiva (modificazione con l’ambiente e da ciò che vi scorge e vi proietta). In poche parole l’immaginazione riceve i segnali da organizzare e riprodurre in schemi interpretativi, interagendo in modo creativo con l’ambiente esterno. La nuova tecnologia aiuta questo procedimento, lo semplifica, lo rende evidente al di fuori di noi, proiettando direttamente all’esterno quanto di mentale esiste nella percezione del modo fisico di tutti i giorni.
Osanna Davi
QUESTO+QUELLO=... Ritratto confuso in un giovedì pomeriggio mentre niente sembrava accadere ma in realtà tutto stava cambiando per sempre e nulla sarebbe più stato com’era prima. Il passato è ancora nel presente
fotografia digitale, 2017
Le opere qui proposte fanno parte del progetto in itinere “Diventare (becoming)”, che prevede installazioni video e oggetti, oltre a fotografie. In ‘Diventare’ si affronta il tema della trasfigurazione dell’oggetto/ soggetto attraverso molteplici espedienti che trovano nella pratica fotografica e visuale la giusta presentazione.
La riflessione parte dalla messa in discussione della fotografia e dall’idea che essa non sia rappresentazione della realtà, bensì un’azione che modifica la realtà. Fare fotografia significa fare una scelta, escludere e includere, astrarre e riconfigurare. La realtà viene trasfigurata perché la fotografia ne altera inevitabilmente alcune proprietà, quella del tempo prima di tutte. In fisica e in chimica si parla di “transizione di stato” per indicare la trasformazione di un sistema termodinamico da uno stato di aggregazione ad un altro, attraverso il brusco cambiamento di una o più proprietà fisiche; la fotografia è un brusco cambiamento di una o più proprietà della realtà. È un’azione sulla realtà. Le opere che compongono questo progetto sono una sorta di esplorazione dei diversi modi in cui l’arte cambia la realtà e ce ne offre di altre. Una coincidenza trasforma un dito in una bacchetta magica, in una torcia, in mille altre cose. Un cumulo di polvere diventa presenza, energia e ricordo; al contrario, un corpo può perdere la sua corporeità, la sua identità e naturalezza.
Silvia Quadrini
Selfieline fotografia digitale e installazione, 2017
Negli ultimi decenni la rivoluzione dei mezzi di comunicazione ha portato un cambiamento profondo nella funzione della cartolina. Decade il suo utilizzo primario come scambio di saluti, soppiantato dal cellulare o dalle e-mail e prevale la tendenza a scattare una foto per poter identificare il luogo in cui ci si trova, nel dettaglio: un selfie. Dunque la cartolina come strumento in disuso e il selfie come ritratto odierno per eccellenza. Quest’ultimo ha varcato le porte a una nuova forma comunicativa: un concentrato di informazioni private in grado di diventare pubbliche in pochi minuti causa/ merito delle nuove e avanzate tecnologie.
Serena Triggiani
#000000 fotografia analogica, 2017
Lo zero è l’unico numero reale né positivo, né negativo. Tra i suoi vari significati abbiamo quello di “niente” o “nullo”, ma anche di inizio. Nella marcatura HTML, invece, la sequenza “#000000” indica l’annullamento dei tre colori del sistema RGB nel colore nero, anch’esso indice di assenza, più precisamente assenza di luce. Da questo si può capire come la fotografia, in quanto “scrittura di luce” nel senso più letterale, trovi la sua origine nel buio, nel nero. Tutto ruota intorno a questi due concetti, luce e buio, come un perfetto equilibrio tra opposti, due mondi che vivono in simbiosi. L’eccessiva presenza di uno minaccia la resa dell’altro e viceversa, esattamente come avviene nella camera oscura. Una fotografia primitiva, un’atmosfera luminosa, che parla di quotidianità.
Camilla Viadana
Tu non mi basti perchè mi basti solo tu fotografia digitale, 2016
“Io sono sempre stata come sono Anche quando non ero come sono E non saprà nessuno come sono Perché non sono solo come sono” (Quartine seconda centuria, Patrizia Valduga)
L’io lega la mia vita ma senza dubbio l’io cambia: io oggi sono esperienze di ieri e apertura verso esperienze di domani. Negli anni 2013 e 2014 ho vissuto una svolta. Il mio primo amore mi ha cambiato nome: mi ha resa India. Ed è stata India a vivere ogni altro amore. Con “Tu non mi basti perché mi basti solo tu” intendo mostrarmi attraverso il ricordo di quel periodo, che mi ha resa come sono. Perciò ho fotografato frasi che ho scritto in quegli anni, collocandole in ambienti intimi: le case di due persone che allora come oggi significano molto per me. La mia ricerca sull’io comprende volontariamente l’errore (il rumore, la mancanza di una lettera in una frase): mi presento umana, naturale, spogliata.
Barbara Bellocchio............86 Samira Mosca...................90 Giorgia Pruneri.................94 Francesca Simonetti..........98 Eugenia Spena.................106
Barbara Bellocchio
L’origine de la société fotografia digitale, 2017
Viviamo in un circolo vizioso basato sullo smantellamento delle sicurezze dell’in- dividio, che è costretto ad adeguarsi alle attitudini del gruppo per non sentirsi escluso. E’ un continuo cercare di essere apprezzati, cercare di essere desiderati. E’ un continuo lasciarsi possedere da questa società che ci tiene in pugno con qualsiasi mezzo. Ci lasciamo penetrare dalla paura di non essere abbastanza. Siamo degli ipocriti. La verità è che siamo tutti così tanto vanitosi che vogliamo per forza essere visti: ammirati o disprezzati. Facciamo di tutto per non passare inosservati, svendendoci alla tendenza, diventando, in fondo, dei semplici oggetti.
Samira Mosca
Interspace fotografia digitale e installazione, 2017
Mento in alto, spalle in basso, senti un filo che ti tira in su dal centro della testa. Allungati! Il pollice non deve toccare il palmo, mignolo in alto, dito medio più stretto. Ricordati del mento e non guardare in basso! Il pollice è troppo largo, così non è elegante! Mantieni lo spazio con il palmo, le dita non sono nella giusta posizione, indice e mignolo più alti. Rilassa la mano! No no no le spalle sono troppo tese, tira su il mento… Ora non dimenticarti del resto del corpo!
INTERSPACE è un progetto ideato per dare rilievo a quegli spazi del corpo solitamente poco considerati ma che diventano di fondamentale importanza quando coinvolti in alcuni tipi di allenamento. Grazie alla mia esperienza personale ho cominciato a lavorare sulle posizioni di danza classiche considerando soprattutto le mani e il collo; parti del corpo alle quali non diamo peso, soprattutto assistendo ad un balletto ma che sono basilari per l’attitudine di una ballerina e vengono particolarmente allenate quando ci si avvicina per la prima volta a questa pratica artistica. Le sculture realizzate in creta sono quindi una visualizzazione di uno spazio creato ed occupato dalla mente durante l’allenamento. Sono un aiuto a mantenere la posizione giusta, un sostegno per far percepire questo spazio, per far percepire la sensazione che la concentrazione, l’allenamento creano in queste aree che da vuote diventano dense di tensione. Così quando si mantiene una posizione si diventa creatori di uno spazio stabile precedentemente instabile. Questa azione mentale è talmente intensa da modificare il corpo ed, appunto, lo spazio che ci circonda, in particolare il modo in cui viviamo questo spazio e come lo modifichiamo.
Giorgia Pruneri
La gente non si accorge mai di niente quando il sole sta per splendere nel punto piĂš alto fotografia digitale, 2017
“Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”
Prendendo ad ispirazione queste parole di Sigmund Freud, intendo mostrare come la quotidianità sommerga l’identità ancestrale insita nel mondo. Così come ogni immagine che attraversa i nostri occhi determina la natura del nostro universo interiore, così ogni minuscola molecola del cosmo ha la sua storia e il suo destino. Nei momenti di difficoltà appaiono puntuali frasi che iniziano con “se avessi…” , tuttavia non ci sono altre possibili opzioni nel nostro passato, ogni scelta compiuta è determinata: nel tempo e nella sua forza di essere presa. Ogni giorno percorro la medesima strada per recarmi in accademia, le ripercussioni che quest’azione abitudinaria e monotona, al punto da non costituire più una scelta ma una consuetudine, portano ad ipotetiche, infinite possibilità. Questo principio è noto in fisica come “indeterminazione di Heisenberg”, secondo cui il limite della conoscenza è la probabilità. La mia immagine mostra un raro ed improbabile istante in cui una signora, ignara di quanto stesse accadendo dietro l’angolo, traccia realtà che osservate da un altro punto di vista si esplicano in un diverso simbolo. Possiamo scoprire ironia, fortuna o estremo disappunto di fronte all’imprevedibile che si nasconde nella nostra quotidianità; se un imprevisto mi avesse impedito di essere spettatrice di questo momento? Se i protagonisti di quest’immagine avessero avuto altro da fare? Quali parole staresti tu leggendo?
Francesca Simonetti
(S)guardo fotografia digitale, 2016/2017
(S)guardo è una raccolta di fotografie scattate in diverse località dell’India. Quello che affascina maggiormente è quanto siano ancora fortemente legati al passato e alla loro antica cultura che, a differenza di molti altri paesi, hanno mantenuto nonostante la globalizzazione. Ci si ritrova in un mondo completamente differente e si viene rapiti dall’atmosfera circostante.
Questa attrazione mi ha portato a scattare molto e man mano notavo quanto anche loro fossero a loro volta interessati a me e alla mia diversità. Si era creato un rapporto di sguardi tra completi estranei, che era tutto ciò che ci legava. Essere gli unici occidentali non era facile a volte, tutti gli occhi erano a noi, soprattutto durante la visita alle attrazioni principali della città, dove i turisti indiani che si potevano permettere un cellulare ci chiedevano di avere una foto insieme o ci fotografavano senza che ce ne accorgessimo. Ho notato che, come noi, anche loro hanno una fissazione per i “selfie” e in una realtà come la loro, dove si circola ancora con i carri a buoi o cammelli, risalta molto di più questo aspetto. Generalmente sono molto disponibili nel farsi fotografare, sorridono spontaneamente per creare un contatto, mentre talvolta sono loro a chiederlo per ricevere del denaro in cambio, sapendo quanto gli stranieri siano attratti dalla loro bellezza. Solo una volta mi è capitato di essere respinta, da un barbiere nelle caotiche vie di Old Delhi, ma purtroppo o per fortuna avevo già scattato. In quel momento il rapporto di scambio si era rotto.
Eugenia Spena
La costante mutevole fotografia digitale e installazione, 2017
Leggendo Bauman mi ha colpita in particolare una sua frase: “La modernità è la convinzione che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza”; da qui ho iniziato ad interrogarmi su come renderla tangibile con uno still life. Tutto cambia. Il mutare è l’unica cosa, insieme al Tempo, che l’essere umano non può evitare, controllare, nè su di sé, nè sugli oggetti che lo circondano.
La “cosa” come la “persona” si trasforma; di conseguenza, ragionando sull’idea di Bauman riguardo il cambiamento, non posso che arrivare alla conclusione che nulla permane, rendendo tangibile questo concetto solo tramite l’astrattismo. Ma l’immagine astratta, fine a sé stessa, non funziona perché essendo statica, bidimensionale, ha il deficit di non poter rappresentare il cambiamento; per questo motivo, l’immagine, ha bisogno di un’istallazione, un caleidoscopio che continua a girare, a mutare. Ho scelto il caleidoscopio per sostenere il cambiamento perché credo possa essere l’unico oggetto, concreto, che si può avvicinare al concetto di permanenza. La caratteristica di questo oggetto è il continuo mutamento delle figure, astratte, al suo interno; figure che raramente si presenteranno due volte alla stessa persona. Il rapporto tra immagine e installazione lo si può definire un ossimoro: l’immagine che è la rappresentazione di una parte del caleidoscopio, a sua volta, sostiene l’installazione perché è la prova tangente che un oggetto: fisico, concreto, statico; muta, ma non in modo permanente.
Parte tre
10 giugno 2017 Alba Area Gallery