Fotografia Febbraio 2016

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FOTOGRAFIA FEBBRAIO 2016

un’analisi del mondo della fotografia contemporanea un analisi del mondo della fotografia contemporanea


Cos’era la fotografia 10

Le ricerche fotografiche 21

Fotografia e societĂ 43

Fotografia ed estetica 56


Ecosistema della fotografia contemporanea 65

Fotografia e tecnologia 74

Nuova fotografia 92




FOTOG L u c re z ia

FEBBRAI


RAFIA Di

Carne

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2016


Fotografia Febbraio 2016 propone un’analisi del mondo della fotografia, precisamente a febbraio 2016. Si parla di arte contemporanea, ma cosa vuol dire contemporaneo? È una terminologia che perderemo nel giro di pochi anni. Ci troviamo ormai in un flusso, in una società che continua a crescere mese dopo mese, giorno dopo giorno; si evolve e muta senza sosta. Quello che oggi è nuovo, tra una settimana potrebbe già essere passato. Si potrebbe semplicemente incolpare la tecnologia ed il suo sviluppo, sempre più imponente e veloce, in realtà è un discorso molto ampio; riguarda maggiormente come la società si comporta con quest’evoluzione. Un fenomeno classico nella nostra contemporaneità è quello dell’immagine virale che ci fa capire in quale direzione potremmo finire. Il processo si sviluppa sul web, in particolare nei social network. Per parlare più strettamente della fotografia, può capitare tranquillamente ad un giovane artista che carica le proprie immagini su una piattaforma come Tumblr. Si trova due giorni dopo con centinaia di persone che condividono la sua immagine, ma poi? Poi non si sa, forse si ha la fortuna di essere notati ma la maggior parte delle volte si riparte da capo. Oggi si vede una cosa sul web e domani un’altra; funziona così che sia per immagini, stili, tecniche ed estetiche. Per questo Fotografia Febbraio 2016. Il mondo della fotografia contemporanea si è aperto quindi di conseguenza; i confini della stessa si sono già disgregati lasciando entrare nuovi linguaggi, tecniche, spostamenti di significato e diverse vie concettuali. Rimane importante capire cos’era la fotografia prima di chiedersi dove essa ci stia portando oggi. Nacque come miglioramento tecnico della pittura e si ritenne subito che fosse lo strumento che per eccellenza rappresentasse il reale ma ben presto questo canone venne smontato. La fotografia, dalla storia al contemporaneo, ha avuto correnti artistiche ma soprattutto dei personaggi che hanno scelto il mezzo per mettere delle fondamenta a questo linguaggio così ambiguo. Per questo ho scelto di dedicare un capitolo ad alcuni artisti che hanno sviluppato il proprio stile tramite un’idea, un concetto o una filosofia. Spesso nomi come Diane Arbus o Martin Parr vengono inseriti nel mondo della fotografia contemporanea, ma dati i tempi che corrono si possono considerare di una generazione post storica, dopo che la fotografia venne esplorata come strumento base per il ritratto, il paesaggio, il “cogli l’attimo” e le classificazioni. Ogni giovane artista oggi inizia a fotografare la propria vita privata come fece già Nan Goldin o Richard Billingham a loro tempo. 5


Ora siamo arrivati all’estremo grazie ai social network, dove la documentazione della propria vita sembra essere un virus nel quale ci cade gran parte degli utenti di Facebook o Instagram. Di questo parla il capitolo Fotografia e Società, prendendo in esame i progetti di Richard Prince e Dina Kelberman. Il primo ha fatto notizia con un progetto in puro stile “Prince” con il quale è riuscito a vendere con Gagosian Gallery degli screenshot di Instagram. Ovviamente le persone si chiedono se rubare significa fare arte, ma non si domandano cosa succeda alla loro privacy online. Dina Kelberman propone un progetto più lineare, anzi si tratta di un vero e proprio flusso di immagini che ha recuperato nel web. Ordinandole per somiglianza ha lasciato che il soggetto cambiasse forma e contesto, dimostrandoci che il gioco potrebbe andare avanti all’infinito e che tutto è già stato registrato e fotografato. Anche il concetto di estetica è variato nel corso degli anni. Il primo tra tutti a toccare qualche tasto sensibile fu Paul Strand con il ritratto della cieca, fino ad avere oggi fotografi di moda che spingono formalmente e concettualmente verso l’antiestetico. È inserito dopo il capitolo Società perchè sono molto vicini. Prendendo il campo della moda ad esempio, negli anni passati si vedevano modelle anoressiche e una parte di ragazze che cercava di essere come loro nonostante il problema. Si nota ultimamente una tendenza che rema contro il vecchio concetto di estetica, che si presenta sempre più antiestetico. Il capitolo sull’Ecosistema della Fotografia Contemporanea prende spunto da un articolo di Anders Petterson, londinese fondatore di ArtTactic, il quale ha esposto come dovrebbe comportarsi un’artista contemporaneo oggi. Rivolto alla fotografia rientrano diversi fattori come i social network, i magazines ed i tastemakers. I tempi sono cambiati e se Alfred Stieglitz dovette crearsi Camera Work per far conoscere la fotografia, ad un giovane artista oggi basta postare i propri lavori in un blog comodamente da casa. La parte di Fotografia e Tecnologia tratta dell’immagine web come esistenza astratta, di come ci troviamo in un flusso difficilmente calmabile e di come i software siano entrati nella nostra vita quotidiana. Con il progetto di Horvitz ci si domanda se abbiamo bisogno di nuove regole o restrizioni in un mondo che ha ampliato le nostre possibilità tramite il web.

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Analizzando poi artisti come Jessica Eaton e Lucas Blalock ci si accorge che i concetti su cui lavorano tornano alla questione irrisolvibile dello studio dello strumento inteso come rappresentazione del reale o della finzione. Giocare su questo confine dovrebbe stimolare lo spettatore a chiedersi il perchè ed il come, ma soprattutto cosa sta guardando. Tutto ciò che è realmente contemporaneo comprende progetti di questo tipo e sono lavori riguardanti uno studio del mezzo per tenerci in bilico tra il reale e l’irreale. La scelta degli argomenti trattati proviene da un interesse personale verso ciò che ruota intorno alla figura dell’artista. La società e la tecnologia correlate tra loro creano un ambiente ostico per un giovane fotografo che vuole sperimentare con il mezzo, e secondo me prima di affrontare questo mondo così vasto bisogna capire come funziona, ma soprattutto come può cambiare velocemente. La necessità di analizzare è legata al bisogno personale di mettere in ordine e dare una logica a quello che sta succedendo. Soprattutto cercare di dare delle spiegazioni rispetto a come interagiscono fotografia, società e tecnologia, e come l’artista dovrebbe comportarsi con esse. Sento sempre più lo sconforto da parte dei giovani che si approcciano all’arte quando si parla dell’impossibilità di mantenersi con le proprie opere o progetti. Essere artista non è facile, ma per come stanno le cose qualsiasi campo lavorativo è complicato oggi. Vorrei vedere le persone della mia età non mollare, ma aver voglia di andare avanti, di rialzare una società che ci fa impazzire e perdere la direzione da seguire. Questo vuole essere il primo di una serie di scritti. Le cose di cui parlare sono veramente tante e il mondo della fotografia è così vasto da perdersi all’interno. La tecnologia e la fotografia continuano a mutare, ad evolversi, ad essere rimodellate e aggiustate, proprio come avviene fisicamente ad un’immagine online oggi; ma fino a quando tutto ciò ci da la possibilità di ragionarci e scrivere a riguardo bisogna cogliere l’attimo.

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L’inventario è cominciato nel 1839 e da allora è stato fotografato quasi tutto, o almeno così pare.

Susan Sontag


COS’ERA Realtà e finzione/ Jeff Wall/Memento mori/Voyeur/ Sophie Calle

FOTOGRAFIA


La fotografia è un mezzo d’espressione al pari di pittura o scultura o qualsiasi altro linguaggio artistico, al giorno d’oggi divisa tra fotografia amatoriale/estetica e fotografia artistica/concettuale. Nata grazie agli studi e alle sperimentazioni nell’800, sviluppandosi fino all’utilizzo di supporti digitali, oggi si può affiancare alle altre arti visuali. La fotografia si è affermata nel tempo prima come procedimento di raffigurazione del paesaggio e dell’architettura, poi come strumento per ritrarre la nascente borghesia e il popolo. La diffusione sempre maggiore del mezzo fotografico portò ad uno sviluppo della sensibilità estetica e all’indagine artistica del nuovo strumento, consentendone l’accesso nelle gallerie e nei musei. Ebbe inoltre un ruolo fondamentale nello sviluppo del giornalismo e nel reportage e il miglioramento della tecnologia ne contribuì l’estensione anche nella cattura di immagini dello spazio e del microcosmo.

La scoperta di noi stessi avviene contemporaneamente alla scoperta del mondo intorno a noi, che può modellarci, ma può essere anche da noi influenzato. Fra questi due mondi, quello che è dentro di noi e quello che ci circonda, bisogna stabilire un equilibrio. In conseguenza di un processo costante di interazione, i due mondi si fondono in uno solo. Ed è questo mondo che bisogna riuscire ad esprimere.

Susan Sontag, scrittrice e intellettuale americana afferma che fotografare significa appropriarsi della cosa che si fotografa. Significa stabilire con il mondo una relazione particolare che da una sensazione di conoscenza, e quindi di potere. Dal punto di vista di un artista, come Henri Cartier Bresson, conosciuto per l’attitudine a “cogliere l’attimo”, la fotografia consiste nel riconoscimento immediato del significato di un evento e di una precisa organizzazione di forme che danno all’evento la sua migliore espressione.

L’invenzione della fotografia come strumento tecnico, ovvero la creazione della camera oscura, può essere intesa come un miglioramento tecnologico del già esistente “quadro”. Non una novità quindi, ma uno sviluppo del mezzo.

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La fotografia nelle arti visive si pone come un nuovo medium emblematico. Assume diverse identità che complicano la dialettica tra modernità e contemporaneità. L’identità materiale della fotografia rappresenta il momento in cui essa viene considerata come oggetto.


Nella sua materialità appunto, il mezzo è entrato a far parte della vita quotidiana di ognuno di noi. L’identità concettuale si riscontra quando la fotografia viene utilizzata per esprimere un’idea, un concetto o un pensiero, quando entra a far parte di un processo artistico del quale ne rappresenta l’ultimo passaggio.

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Realtà e finzione Nata la fotografia, essa sembrò subito il mezzo per eccellenza volto alla rappresentazione della realtà, data l’apparente meccanicità dello strumento. In realtà si capì ben presto che non era così, anzi, il divario tra verità e finzione, già sperimentato con la pittura, era insanabile. La macchina fotografica non era ancora stata inventata ai tempi di Platone, ma lo stesso Platone si esprime riguardo alla pittura, interrogandosi se essa potesse rappresentare la realtà, l’aspetto o l’apparenza. Come egli esaminò la pittura così fecero i primi studiosi della fotografia, capendo presto che stavano analizzando un’arte ambigua. La pittura realistica e sociale del 1800 insisteva sull’obiettività del reale mentre gli impressionisti volevano fissare l’istante. Poco dopo i puntinisti volevano riprodurre la rifrazione della luce, ma il grado di perfezione raggiunto dalla fotografia sembrava troppo lontano per qualsiasi via intrapresa dalla pittura. Come quest’ultima la fotografia però si dichiarava un’arte di duplice natura; insieme fedele e infedele alla realtà.

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Jeff Wall Jeff Wall è un fotografo canadese. È conosciuto per le sue fotografie di grande formato installate su lightbox e per il processo creativo che le precede. Per la realizzazione di un singolo scatto egli prepara una troupe di attori e collaboratori per scattare in grandi set in stile cinematografico per poi finire alle volte ad assemblare le immagini o post produrle digitalmente. Ad un primo impatto le sue immagini sembrano povere, ma in realeà comunicano la loro complessa struttura dopo una lunga osservazione. Confonde la quotidianità delle cose; le isola, pescando nella memoria e nella società, e le ripropone. Quelli inventati da Jeff Wall sono rebus infiniti, su diversi livelli di lettura, proprio come nella realtà. Ma le immagini sono profondamente studiate e costruite. Il suo lavoro è basato sulle potenzialità del mezzo fotografico, su quanto esso rappresenti solo l’ultimo passaggio di un processo di costruzione dell’immagine che ricorda maggiormente la pittura. Giocando e sperimentando una “realtà costruita”, Jeff Wall si può considerare uno tra gli artisti che si interrogano e sviluppano il concetto di realtà e finzione fotografica.




Memento mori

Voyeur

La fotografia può essere vista come un rito sociale, ovvero una difesa dall’angoscia, e come uno strumento di potere. Ad esempio i ricordi di famiglia è l’uso più antico della fotografia da parte del popolo. Le foto danno all’individuo il possesso immaginario di un passato reale, aiutano ad impadronirsi di uno spazio. Di conseguenza questa pratica accompagna il turismo; sarebbe oggi innaturale partire per un viaggio senza una macchina fotografica (basta un cellulare). Così facendo si hanno delle testimonianze, di un viaggio che è stato fatto, di un programma che è stato attuato e di un divertimento che è stato raggiunto. Questo modo di attestare le esperienze fa dell’immagine un documento di un ricordo. Questo ricordo rimane, viene catturato, e diventa così immortale. La materialità della fotografia permette all’individuo di ritrovarlo all’interno di se legato all’immagine, così da poterlo ricevere ogni volta che desidera.

Il possesso di una macchina fotografica ha trasformato la persona in voyeur. La fotografia è diventata un meccanismo voyeuristico . Una forma di divertimento diffusa, che oltre a dare all’individuo il possesso immaginario di un passato reale, lo aiuta nell’impadronirsi dello spazio circostante. Grazie alle nuove tecnologie, a nuovi telefoni dotati di obiettivi fotografici ed a macchine digitali sempre più piccole, siamo testimoni costanti di quello che accade. Se, tuttavia, per molti l’atto di fotografare si riduce in una semplice attestazione di un’esperienza e nella riduzione della stessa in immagine, per altri la fotografia non è il solo frutto di un incontro tra evento e fotografo, ma uno scambio tra tale incontro e l’evento in sé. La macchina fotografica diventa il mezzo per intromettersi, trasgredire e distorcere una realtà. Il vedere il soggetto, secondo una propria visione, lo trasforma in un oggetto che può essere simbolicamente posseduto.

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Sophie Calle Sophie Calle è un’artista francese. I suoi progetti nascono dalla sua vita, coinvolgendo se stessa ma più spesso persone che non conosce senza molti riguardi per la loro vita privata. Fotografando diventa narratrice, regista e attrice; fuoriesce dalle sue opere un voyeurismo concettuale e autobiografico perchè allo stesso tempo osserva le vite degli altri raccontando la propria. Per il progetto The Hotel (1983), Sophie Calle si è fatta assumere come cameriera in un albergo a Venezia per investigare le vite dei clienti tramite i loro effetti personali e le stanze nelle quali soggiornavano. Nei momenti della loro assenza, lei apriva le valigie, cercava i loro vestiti per fotografarli; si annotava frasi o indizi presi dai diari o dalle lettere. Le immagini mostrano gli interni delle camere da letto di questi sconosciuti, la quale privacy è stata invasa in modo giocoso ma anche sfrontato.




LE RICERCHE Nobuyoshi Araki/ Andreas Gursky/Diane Arbus/Cindy Sherman/ Martin Parr

FOTOGRAFICHE


Aprire un capitolo così importante avrebbe bisogno di più spazio per poter ampliare il discorso dovuto intorno a questi artisti. Si possono però considerare dei nomi, facenti parte di una cerchia di fotografi, che hanno studiato lo strumento attraverso diverse tecniche o modalità. Il sovraffollamento di idee e immagini online diventa sempre più invadente e si fatica a trovare le idee o i progetti migliori, che si distinguono dalla massa. Facendo un passo indietro, artisti come Araki o la Arbus colpirono con forza le pareti dell’etica della società; ma noi oggi siamo abituati a questo tipo di immagini. E continuiamo a vedere lavori artistici che si somigliano tra loro sia come concetti che come estetica. Il punto è che fotografi come loro hanno fatto la storia, in una sorta di periodo post storico, dopo artisti del calibro di Alfred Stieglitz e Julia Margaret Cameron.

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Nobuyoshi Araki




Andreas Gursky





Diane Arbus




Cindy Sherman




Martin Parr





Nobuyoshi Araki

la sensazione nello spettatore di essere spinti all’interno dell’immagine. I soggetti delle sue foto sono spazi anonimi, ingigantiti e quasi sempre artificiali, da uffici, aeroporti, borse ma anche microdettagli, immense piste automobilistiche oppure i comparti di un supermercato. L’artista osserva i suoi soggetti in modo neutro e distanziato, come se si trovasse in una posizione paragonabile a quella del narratore onnisciente nella letteratura.

Nobuyoshi Araki è un fotografo giapponese noto principalmente per le sue opere di genere erotico. Egli ha esplorato tramite la sua ricerca la rappresentazione simbolico-rituale della sessualità. Le sue fotografie comprendono molte sfumature: la plasticità dell’amplesso, il volto delle donne, le strade e la vita quotidiana a Tokyo, la bellezza dei fiori. Nel suo lavoro si incontrano le tematiche dell’amore, del sesso, la femminilità, ma anche il dolore della perdita e la morte. Su tutto trionfa un’interpretazione metaforica della bellezza nelle numerose foto-bondage, tra le più interessanti di questo ambito specifico della produzione fotografica mondiale. Negli anni del suo contributo artistico è stato accusato di pornografia o oscenità, ma rimane uno dei pochi artisti che lavora in bilico tra ciò che è troppo sfacciato e ciò che può essere considerato attraente.

Diane Arbus Diane Arbus è stata una fotografa statunitense di origini russe. La sua attenzione, prima umana, poi fotografica, la pone in uno spostarsi in modo profondo e introspettivo nelle vite private degli altri. Nate da una reflex medio formato, le sue fotografie in bianco e nero immortalano un’umanità raccontata dalla deformità fisica e psichica. Fenomeni da baraccone, giganti, travestiti, nani, prostitute e circensi si trovano nelle immagini di Diane Arbus, coloro che vennero poi chiamati freaks e che furono i soggetti della sua ricerca. La macchina fotografica rappresenta un passepartout, accettato perchè percepito non come forma invadente, quanto come specchio silente e privo di giudizio.

Andreas Gursky Andreas Gursky è un fotografo tedesco considerato uno dei maggiori artisti al mondo famoso per le fotografie di grande formato. Insieme ad Axel Hütte, Thomas Struth, Candida Höfer e Thomas Ruff fa parte della scuola di Düsseldorf. Le sue fotografie si distinguono per la prospettiva, per i contesti giganteschi su piccoli campi, creando un senso di immensità dei dettagli, 41


Cindy Sherman Cindy Sherman è un’artista, fotografa e regista statunitense, conosciuta per i suoi autoritratti. Produce una serie di opere, fotografando se stessa in una varietà di costumi. Sebbene lei non consideri il proprio lavoro femminista, molte delle sue serie fotografiche richiamano l’attenzione sullo stereotipo della donna, come appare nel cinema, alla televisione e sui giornali. Le fotografie della donna sono il ritratto di se stessa, nei quali appare travestita recitando un ruolo. L’ambiguità narrativa è parallela all’ambiguità di se stessa, poiché Cindy Sherman è sia attrice che creatrice della foto. Martin Parr Martin Parr è un fotografo britannico. Da sempre i suoi progetti criticano la società moderna, il consumismo, il cibo ed il turismo. Nonostante gli inizi come fotografo in bianco e nero, sviluppa la fotografia a colori come suo punto di forza; infatti i colori molto saturi enfatizzano il lato buffo e umoristico nei suoi lavori. Con humor sottile Parr si concentra in modo spietato sui luoghi comuni e comportamenti che in definitiva fanno parte di tutta la cultura occidentale. Investiga il kitsch della provincia inglese, gli arredamenti, le abitudini, i riti sociali delle classi medie.

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FOTOGRAFIA

Richard Prince/ Dina Kelberman/ Erik Kessels

SOCIETĂ€

E


Fin dall’inizio del secolo ci sono stati fotografi che sperimentavano prendendo immagini dal quotidiano o dalla rete e non hanno fatto altro che ricontestualizzarle tramite un metodo personale. Nella nostra era e nella nostra società la velocità è uno tra i principali aspetti del nostro vivere; causata principalmente dalla tecnologia e dal digitale, ci porta a riflettere sulla quantità di immagini che abbiamo intorno a noi. Ogni giorno il nostro occhio percepisce migliaia di immagini; negli anni passati venivano proposte maggiormente dalla televisione e dai supporti cartacei, ma esse sono aumentate in modo esponenziale con lo sviluppo dei social network. La libera circolazione di queste immagini ha l’abilità di poter influenzare la percezione, il tempo, la distanza, le reazioni della mente umana senza rendersene conto. Con l’arrivo dei social network scattiamo fotografie da poter condividere con una cerchia di persone, ma in realtà le rendiamo disponibili e fruibili da milioni di persone. Giornalmente l’archivio online di immagini cresce senza sosta. Già Vilèm Flusser sosteneva che non esiste alcuna attività di ogni giorno che non aspira ad essere fotografata, filmata o registrata; per questo c’è un desiderio generale di essere ricordati e ripetuti all’infinito. Assistiamo ad una snaturalizzazione dell’immagine e del suo utilizzo; basta pensare a come i social network hanno contribuito ad un numero sempre più in crescita di immagini che ci insegnano poco. Tutte le fotografie che facevano parte dei giornali, delle riviste, delle pubblicità, e se andiamo nel personale anche quelle che solitamente sono sempre state incorniciate nelle case di ognuno di noi, ora si trovano online: anche solo semplicemente su Facebook. Questo processo ha portato negli anni a dei problemi di confine tra ciò che si può considerare buona o cattiva fotografia. Con migliaia di immagini caricate sul web e quindi pubbliche, si fatica a distinguere ciò che vale, e il numero cresce di continuo. Come si sta confondendo la differenza tra buona fotografia e non, sta anche cambiando il concetto di privacy. Qualsiasi immagine noi carichiamo sul web diventa di dominio pubblico; ma non c’è da stupirsene perchè è una clausola base quando ci si iscrive in un social network. Così lo sono anche tutte le altre informazioni proprie. Stiamo correndo verso una società nella quale si dedica poco peso a questioni così importanti. L’utilizzo consapevole della tecnologia, quindi delle immagini, del web, dei dispositivi mobile; deve essere un’insegnamento essenziale per la nostra generazione ma soprattutto per quelle successive.

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Il progetto di Richard Prince è una critica alle attuali modalità di utilizzo della fotocamera, soprattutto quelle dei dispositivi mobile. La facilità oggi di scattare un selfie, parola che lui neanche nomina alla conferenza stampa alla Gagosian Gallery, non ha a che fare con ciò che era il ritratto tradizionale. Rientra nel lavoro anche l’aspetto dei social network. Egli nel vedere la propria figlia scorrere le pagine di Tumblr, alla fine si innamora delle potenzialità di Instagram, fino poi ad affermare compiaciuto che ormai “l’iPhone è il mio studio”. Quando nell’estate del 2015 ha esposto questo progetto in galleria, e quindi in vendita con la Gagosian Gallery, si è alzato un polverone di critiche e discussioni. La serie New Portraits, portata a Frieze Art Fair, è stata venduta in poco tempo, con prezzi a partire da 100 mila euro ad opera. Non è la prima volta che Prince si trova in mezzo alla discussione; il suo nome divenne noto nel 1975 con l’immagine del cowboy e le relative polemiche. Il suo metodo di lavoro è stato replicato più volte negli anni; c’è chi si è offeso e chi ha minacciato di fargli causa. La sua sfida ora riguarda il “furto” online e i social network, e tutti i contrasti etici e i dialoghi che possono nascere.

Richard

Prince

New Portraits (2015)

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Erik 24 hrs in photos (2011)

Kessels 48



L’artista olandese ha creato un’installazione che comprende milioni di foto caricate su Flickr, Facebook e Google, nel periodo di 24 ore. Erik Kessels voleva dimostrare come chi naviga in internet sia bombardato dalle immagini giornalmente. Stampando le fotografie di una giornata online, egli ha creato delle colline all’interno del museo; gli spettatori erano invitati a camminare sopra le montagne di immagini, prenderle in mano, entrare nei ricordi personali di qualcuno. Consumiamo tutte quelle immagini giornalmente, ma se esse rimangono online non ci rendiamo veramente conto della loro quantità. Nel progetto rientra anche la questione del pubblico e del privato che è diventata sempre più chiacchierata e analizzata dati i problemi della privacy sul web.

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I’m Google (2011-in corso)

Dina Kelberman 52


L’artista americana affronta la questione del web e della quantità di immagini in modo differente. Tramite Google ha trovato immagini e video che mette in sequenza; sembrano tutte simili ma scorrendo il gran numero di immagini si nota che ognuna di esse è simile e legata a quella precedente, ma anche a quella successiva. L’artista ha creato un flusso continuo di fotografie connesse tra loro, ma all’interno vediamo oggetti che mutano in altri; da una pallina da ping pong, l’attenzione si sposta al tavolo con le righe bianche, le quali diventano poi quelle di un campo da squash, che a sua volta diventa il substrato edilizio di una casa. L’effetto sullo spettatore è allo stesso tempo divertente ma anche impattante se si inizia a pensare al numero di immagini che Dina Kelberman ha messo in sequenza.

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Paul Strandt/Weege/ Nan Goldin

FOTOGRAFIA ED ESTETICA Terry Richarsdon/ Synchrodogs



Una volta si riteneva che il fotografo fosse un osservatore acuto, ma imparziale; uno scrivano, non un poeta. Quando la gente scoprì, e non ci volle molto, che nessuno fotografa allo stesso modo una stessa cosa, l’ipotesi che le macchine fornissero un’immagine impersonale e oggettiva dovette cedere al fatto che le fotografie non attestano soltanto ciò che c’è, ma ciò che un individuo ci vede, che non sono soltanto un documento, ma una valutazione del mondo. Da quando sono state inventate le macchine fotografiche, esiste nel mondo un particolare eroismo: l’eroismo della visione. La fotografia ha aperto una nuova forma di libera attività, dando modo a ciascuno di manifestare la propria sensibilità personale. L’apoteosi della vita quotidiana e il tipo di bellezza che solo la macchina può rivelare sono i principali obiettivi dei fotografi. Quando però iniziò ad essere violata la visibilità consueta entrarono in vigore nuove convenzioni su ciò che si considera bello.

Per Edward Weston, la bellezza in sé era sovversiva, ed ebbe ragione quando alcuni si scandalizzarono dei suoi ambiziosi nudi. Modernisti ambiziosi come Weston e CartierBresson, che considerano la fotografia un modo di vedere autenticamente nuovo, sono stati contestati da fotografi di una generazione successiva, come Robert Frank, che vogliono un occhio democratico, e che non pretendono di fissare nuove norme per la visione. La fotografia, in quanto scrosta i secchi involucri della visione abituale, crea un’altra maniera di vedere: intensa e insieme lucida, partecipe e insieme distaccata; affascinata dal particolare insignificante, dedita alla bizzarria. Ma perchè la visione fotografica dia l’impressione di contravvenire alla visione ordinaria, bisogna che sia costantemente rinnovata dai nuovi shock, di soggetto o di tecnica. 58


Paul Strand, Blind (1915 ca)

Nonostante la finalità dichiarata da parte di una fotografia indiscreta, alienata dal mettere in posa e spesso sgradevole, rivela la verità anziché la bellezza. Anzi, il suo trionfo più duraturo è stata la capacità di scoprire il bello nell’umile, nel banale, nel decrepito. La realtà ha, per lo meno, un pathos. E questo pathos è bellezza.

Paul Strand può essere considerato uno dei padri della fotografia artistica, autentico artefice dell’evoluzione di questo mezzo espressivo fin dai primi anni del novecento. Fotografo sociale, acuto sperimentatore, fine stilista, teorico e cineasta ha attraversato il secolo scorso con uno sguardo attento, diretto e penetrante. Strand analizzava la realtà, cercava di cogliere la sua autenticità e la sua più intima essenza. La sua era una rigorosa ricerca di obiettività. L’intenzione era quella di rappresentare fedelmente la vita, evidenziando ogni possibile sfumatura. Strand dunque documentava il mondo e l’esistenza degli uomini e cercava di fermare i paesaggi in tutta la loro poetica profondità. Questa convinzione estetico-stilistica lo portò nei suoi primi anni di carriera a battersi contro il pittoricismo (anche se sono riscontrabili in diverse occasioni vistose contraddizioni) per privilegiare la straight photography (fotografia diretta). Paul Strand fu uno dei primi fotografi a rappresentare il “brutto” ciò che la società non era abituata a guardare. La donna cieca è uno dei primi esempi di un viraggio di concetto su cosa sia considerato “bello”; grazie al mezzo è il fotografo che crea la propria estetica.

La democratizzazione dei criteri formali è il logico complemento della democratizzazione dell’idea di bellezza che la fotografia ha prodotto. Tradizionalmente associata a modelli esemplari la bellezza, come hanno dimostrato le fotografie, esiste invece dappertutto. Accanto a coloro che si fanno belli per presentarsi davanti all’obiettivo, si sono visti conferire una bellezza anche i non attraenti e gli insoddisfatti. Per i fotografi, insomma, non c’è differenza tra lo sforzo di abbellire il mondo e quello di strappargli la maschera. Anche quelli che si rifiutavano di ritoccare i loro ritratti tendevano in vari modi a proteggere il modello dello sguardo troppo rivelatore della macchina. E uno dei tipici sforzi dei fotoritrattisti è la ricerca dei volti “reali” e non ideali, da reperire generalmente tra gli anonimi, i poveri, gli indifesi, i vecchi, i pazzi, tutte le persone indifferenti alle aggressioni della macchina.

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Weegee (1899-1968) Weegee era un fotogiornalista, conosciuto per la street photography. Ha lavorato a New York negli anni 30 e 40, basando la sua ricerca su scene realistiche della vita di strada, dei crimini e delle vittime di questi ultimi. Sviluppando i rullini nel retro della macchina e avendo avuto il permesso di installare una radio della polizia, arrivava sulle scene spesso prima della polizia. Con la pubblicazione “Naked city” (1945) dimostrò che le sue fotografie non erano solo destinate ai giornali, ma rappresentavano una parte di New York mai vista dai suoi abitanti. Il lavoro che fece in quegli anni colpì eticamente le persone della società del momento storico.

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Nan Goldin (anni ’80) Nan Goldin ha svolto il suo lavoro fotografando la propria vita come una specie di diario. Le sue immagini raccontano momenti privati di amici e persone che frequentava attraverso uno stile intimo e diretto, seguendoli nei bar, nelle camere da letto, nelle strade. Tra loro prostitute, travestiti, drogati, persone emarginate dalla società, ma tutte con un rapporto personale con l’artista. Pur restando intime e personali, le sue immagini esprimono un messaggio universale fatto di amori, turbamenti e violenze. Ma i temi esplorati hanno spesso attirato critiche, ad esempio l’accusa di rendere chic il mondo delle droghe pesanti. Ma il lavoro di Nan Goldin è una testimonianza poetica e sincera di una cultura urbana, ottenuta mettendo a nudo i sentimenti dei suoi protagonisti. Con la sua estetica ha messo in primo piano persone che la società non accettava facilmente. Queste immagini rapportate al momento storico furono impattanti.

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Terry Richardson

Synchrodogs

Terry Richardson è un fotografo e regista statunitense. Lavora nel campo della moda e ha fotografato personaggi famosi come Madonna, Kate Moss, Sharon Stone o cantanti come Lana Del Rey, Lady Gaga e Miley Cyrus. È conosciuto per il suo stile provocatorio e trasgressivo; infatti il suo nome è emerso quando girò il video musicale Wrecking Ball di Miley Cyrus con il rispettivo servizio fotografico dove la cantante, ex attrice Walt Disney, era molto provocante sessualmente. Il suo timbro è rappresentato dall’utilizzo di un flash diretto e imponente sul soggetto che rende le immagini molto plastiche. L’utilizzo di questa luce non è stata apprezzata da coloro che sostengono il ritratto tradizionale, ma è come se queste modalità così trasgressive descrivano la cultura pop degli ultimi anni, che viaggia sempre di più verso l’antiestetico.

Synchrodogs è il nome di una coppia di artisti ucraini che lavora nel campo della moda. La loro ossessione per la natura, il corpo umano e le loro semplici immagini determinano già uno stile personale. Hanno lavorato con magazines e marchi come il New York Magazine, Kenzo, Harper’s Bazaar, e molti altri. La loro estetica fatta di mimetismi tra corpo e natura, sovraesposizioni luminose e colori accesi, tende senza dubbio al surrealismo.

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Tutti questi artisti hanno contribuito a cambiare l’estetica dell’immagine; i primi toccando la realtà e l’etica, mentre gli ultimi lavorando sulla moda. La fotografia di moda è basata sul fatto che una cosa può essere più bella in foto che nella realtà. I fotografi di moda non sono interessati al fotogenico ma alla bellezza del loro prodotto. La funzione tradizionale della ritrattistica è quella di abbellire il soggetto; è ancora l’obiettivo della fotografia quotidiana e commerciale, ma ha uno spazio limitato nella fotografia d’arte. La fotografia ha contribuito a dilatare enormemente la nostra idea di ciò che è esteticamente gradevole. Così la fotografia di moda sta compilando un repertorio dei gesti estremi che rivelano l’influenza del surrealismo.

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ECOSISTEMA DELLA

C


FOTOGRAFIA

CONTEMPORANEA



L’apparente discontinuità storica della fotografia degli ultimi decenni è dovuta alla difficoltà nell’individuare le eredità, i passaggi e le influenze con gli altri linguaggi artistici; che hanno reso possibile lo sviluppo del medium fotografico come lo vediamo attualmente rappresentato nel mondo dell’arte. Una continuità invece c’è stata, soprattutto nell’ultimo decennio. Analizzando attentamente il mondo della fotografia, si comprende come le espressioni attuali non derivino dal nulla, ma da una reinterpretazione a livello concettuale e materiale di argomenti ed estetiche già realizzate in precedenza nella storia. La sfida per gli artisti odierni consiste nel “reinventare il medium”, ovvero di lavorare sul linguaggio e di rinnovare la pratica artistica inventando di nuovo l’uso e la forma dei caratteri, degli automatismi e delle regole che sono proprie alla fotografia. Occorre cercare modalità inedite nell’utilizzo di questo mezzo che azionino altri sistemi di percezione e di contemplazione.

del collage, dell’entrata di linguaggi diversi che comunicano tra loro. L’arte e la fotografia contemporanea sono cambiate così come gli strumenti per capirla. Il processo di crescita di un artista parte dalla formazione artistica. All’interno di un’Accademia lo studente capisce quale strada artistica e concettuale vuole intraprendere e di conseguenza si crea un network di contatti. Creare contatti e relazioni è importante per poter intraprendere collaborazioni o per recuperare occasioni o per cambiare opinioni e idee. Collaborazioni lavorative e collettivi artistici aiutano a farsi strada nel mondo esterno all’Accademia e insegnano a lavorare in equipe, modalità sempre più funzionale al giorno d’oggi. La via più semplice e utile per un fotografo artista al giorno d’oggi è aprire un blog in una social network come Tumblr o Instagram per poter caricare i propri lavori. Favorisce la diffusione del proprio percorso fotografico e funziona da ottimo archivio. Inoltre alcune pubblicazioni come Yet Magazine utilizzano gli stessi social network per selezionare e diffondere il lavoro degli artisti.

La tecnica nella fotografia, come nell’arte contemporanea, è stata superata da un mercato che in generale si basa su idee e concetti, che spesso indagano la propria natura. Come nell’arte contemporanea abbiamo avuto un cambiamento radicale con Marcel Duchamp, abbiamo una svolta concettuale con l’arrivo di Joachim Schmid nel mondo della fotografia. Il suo autodefinirsi fotografo ha causato lo spostamento di significato verso una fotografia sempre più concettuale. Egli ha dato il via ad una generazione di artisti che si avvalgono dell’archivio e

Il mercato della fotografia contemporanea necessità di nuovi traduttori, i quali mettono la propria interpretazione personale e l’idea che hanno sviluppato a seguito dell’analisi della fotografia contemporanea. Hanno infatti un’influenza sostanziale su ciò che consideriamo buona fotografia. 68


I tastemaker hanno guadagnato un livello, uno status, che permette a questi individui o istituzioni di esercitare i propri gusti e preferenze; in questo modo influenzano il valore culturale di un artista. Nella fotografia contemporanea, anzi quasi “estremamente fresca”, i tastemaker più influenti sono Foam, di Amsterdam, e la Photographers’ Gallery, di Londra. Foam, con base al museo di Amsterdam, agisce in vari livelli nel mondo della fotografia, ovvero dalle esposizioni alle pubblicazioni, dalle informazioni di database ai programmi di educazione. Foam Talent è una pubblicazione annuale all’interno del corpo di pubblicazioni del museo, che prevede la selezione di un numero di artisti emergenti tramite l’analisi del portfolio e del percorso artistico. Nel corso degli anni è stata creata l’esposizione itinerante dei lavori e la presenza a fiere come Unseen Photo Fair.

artista

scuola

blog

pubb indi

tastemaker

La Photographers’ Gallery nasce nel 1971 come una vera istituzione museale dove si affronta il linguaggio fotografico. Dedica le esibizioni a fotografi pilastri della storia della fotografia in concomitanza di artisti contemporanei. Essendo attiva sui social network propone continue letture, articoli e recensioni, tramite un blog, ed è ritenuta un’istituzione fondamentale nel panorama della fotografia contemporanea britannica ed europea. Tramite questi tastemaker l’artista può ottenere una mostra o una

gall

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pubblicazione, quindi il suo valore artistico si alzerà; così come il suo valore economico e la domanda da parte del mercato. Possono essere considerati tastemaker anche le istituzioni che selezionano gli artisti tramite i magazine. Spesso viene sviluppato insieme ad una dose considerevole di lavoro online, soprattutto sui social network, ma esiste una rete ben sviluppata in Italia e in Europa di pubblicazioni indipendenti e non, che ha un mercato proprio intrinseco. Sempre di più ultimamente si crede che il libro d’artista ed i magazine, siano tra le soluzioni migliori per far sopravvivere l’aspetto materiale della fotografia.

blicazioni ipendenti social network magazines

r

Uno dei più grandi momenti di sviluppo per un artista è quello di esser rappresentato da una galleria. Anche le gallerie hanno un proprio network di contatti e l’artista ne beneficia a seconda della reputazione della stessa galleria. Quest’ultima agisce da intermediario tra l’artista e gli atri partecipanti del mercato, come critici, recensori, collezionisti privati, curatori e musei. Le mostre nei musei o nelle fondazioni avranno impatto sul valore delle opere; solitamente è un processo che parte localmente e poi si sviluppa per diventare internazionale e avere un’approvazione più estesa del lavoro.

mostre

lerie

fiere

casa d’asta

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Le case d’asta e la partecipazione alle fiere rappresentano le ultime conferme da parte del mercato. La dipendenza dal mercato dell’arte come meccanismo di validazione sta avendo un’importante influenza su che tipo di arte è considerata importante oggi. Il rischio più grande è il veloce cambiamento dei gusti e delle preferenze dei tastemaker, dovuta alla smaterializzazione dell’arte e della fotografia causata dall’avvento della tecnologia. L’impatto dei social network, sempre più in crescita, sul mercato dell’arte era inevitabile. Il modo in cui si agisce e si riceve in essi, ha impatto significativo su come si forma la nostra percezione ed opinione riguardante l’arte. Negli ultimi anni il mercato sta subendo un cambiamento che rivoluzionerà il modo in cui facciamo esperienze, impariamo, promuoviamo e valutiamo l’arte.

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O

ra, siamo in una specie di editori. Noi tutti ricicliamo, selezioniamo e tagliamo, rinominiamo e carichiamo. Possiamo creare immagini non facendo niente. Tutto ciò di cui abbiamo bisogno sono un occhio, un cervello, una fotocamera, un telefono, uno scanner, un punto di vista. E quando non stiamo modificando, stiamo facendo. Stiamo facendo più che mai, perchè le nostre risorse sono infinite e le possibilità anche. Abbiamo internet pieno di ispirazione: il bello, l’inquietante, il profondo, il ridicolo, il banale e l’intimo. Abbiamo fotocamere che registrano il nero e il bianco più assoluto. Questo potenziale tecnologico ha conseguenze creative. Cambia il nostro senso di ciò che significa “fare”. Il risultato sono lavori che sembrano giochi, che trasformano il vecchio nel nuovo; che elevano il banale. Lavori che hanno un passato ma che sembrano assolutamente presenti. Vogliamo dare a tutto ciò un nuovo status. Le cose cambieranno da qua in avanti. From here on. Il manifesto fu scritto da cinque curatori dell’esposizione From here on: Clèment Cheroux, Joan Fontcuberta, Erik Kessels, Martin Parr and Joachim Schmid. La mostra faceva parte de Les Rencontres d’Arles, 4 luglio - 18 settembre 2011.


Fred Ritchin/ Constant Dullaart

E David Horvitz/ Jenny Odell

FOTOGRAFIA

TECNOLOGIA



come fonte d’ispirazione dove trovare idee e concetti. Il fenomeno del quale si sente maggiormente parlare è rappresentato da una generazione di artisti che utilizza le immagini del web, le seleziona, le modifica e ci costruisce la propria linea di pensiero. L’immagine online esiste perchè è legata alle sue condizioni di circolazione, trovandosi appunto online perde la sua materialità. Negli anni passati l’immagine analogica circolava in modo fisico sotto forma di negativi e stampe, o all’interno dei giornali, dove lo spettatore ne fruiva giornalmente o settimanalmente. Con lo spostamento di massa sul web ci troviamo in un flusso senza inizio né fine che corre sempre più veloce. È una costante; scorrendo i social network c’è il rischio di perdersi. Guardare immagini in internet è differente dal tenere in mano una stampa, un pezzo di carta che fornisce una connessione con ciò che consideriamo reale. Tutto ciò che troviamo online assomiglia di più ad un alone astratto totalmente disconnesso dall’idea della fisicità. Oggi sembra che l’immagine sul web perda credibilità a causa della massa nella quale si ritrova. Si fatica a distinguere ciò che è buona fotografia da ciò che propone il grande archivio di internet. Bisogna però rendersi conto che potremmo valutarne la disponibilità e l’abbondanza. Tutte queste immagini sono distanti da noi un solo click, sono a buon mercato e facili da distribuire a milioni di persone nello stesso istante, Si possono usare i sistemi e gli strumenti intorno a noi,

Ognuno di noi conosce come lo sviluppo della tecnologia, l’arrivo del digitale e l’invasione da parte dei social network, abbiano influenzato la nostra vita di tutti i giorni. Quando si parla di fotografia si apre una grande parentesi che spazia dalle più innocue fotografie che diventano virali fino ad arrivare ad una questione di immaterialità dell’immagine online. Le fotografie vengono scattate, postate e fatte circolare con Flickr, Tumblr, Instagram o Facebook, ed è questione di pochi minuti il veder diventare virale una di queste. Messe da parte le immagini che hanno poco a che fare con la fotografia contemporanea, un giovane che sperimenta quest’arte, utilizza i social network come archivi per i propri progetti o anche come diario del proprio lavoro. Allo stesso tempo questa mole di materiale online può funzionare 76


ma capire i propri interessi e utilizzare la tecnologia in modo consapevole.

Quest’accesso inesauribile alle informazioni, visuali o testuali, ha confuso il nostro accesso alle risorse originali. A questo punto sorge la domanda: abbiamo ancora il bisogno di scattare una fotografia perché essa si possa chiamare così? Oggi più che mai quest’arte ha un ambiente rappresentato dai software, internet e la sua cultura; è normale che tutto ciò abbia avuto un impatto diretto e indiretto sull’estetica e l’etica della fotografia contemporanea.

La fotografia è qualcosa che dovrebbe essere capita e al quale gli spettatori vorrebbero credere. Questo scambio di desiderio crea una sorta di accordo tacito a causa del quale il significato della fotografia è in continuo mutamento. Vengono utilizzati varie tecniche ormai per creare immagini; quello che si vede più spesso però sono artisti che esplorano principalmente i campi del colore, del software e di internet. Con così tante strategie di manipolazione che l’immagine subisce, essa sembra essere messa in secondo piano. Si percepisce di più la forza di ciò che è stato fatto alla fotografia, al posto di ciò che dovrebbe esprimere. Qual è il ruolo di un fotografo oggi in una crescita inarrestabile del mondo digitale? La generazione digitale sboccia nei social media online, condividendo e digerendo qualsiasi possibile contenuto che genera il web; la fotografia si ritrova a cambiare ambiente. Coloro che diventeranno fotografi e curatori si avvalgono di tattiche tramite i social network come Facebook, postando e rebloggando lavori su Tumblr, costruendo la propria bacheca di ispirazioni, istantanee con filtri su Instagram, e creando il proprio spazio espositivo virtuale grazie a template prestabiliti. Internet è conosciuto per essere un posto dove ognuno è libero di analizzare e interpretare ogni informazione accessibile online, caricare i lavori e le opinioni senza limiti di contenuto. 77




Fred Ritchin Con simpatia non considero un’immagine sul web una foto. Non è una fotografia, per una serie di ragioni. Non la si può considerare un’impronta dal mondo digitale. È qualcosa di più effimero. Non è connessa con ciò che possiamo chiamare reale in termini fisici. Stiamo facendo qualcosa ora che è necessario e molto pericoloso. Dobbiamo capire come resistere a Google. Google frammenta il mondo molto più di quanto fece la fotografia. Google non è il mondo, ma usiamo Google per vedere il mondo; e questo è ciò a cui dovremmo resistere.


Constant Dullaart Dato il numero di immagini, molte di queste sono o potrebbero essere interessanti. Significa che qualcosa sta succedendo comunque. L’unica incognita è come trovare il sistema per gestirle. Nella pratica non sono particolarmente interessato all’autenticità dell’immagine. Quello che trovo interessante è il poter aggiungere livelli di significato alle fotografie per mostrare la complessità delle esperienze di raffigurazione.



Public Access (2010)

David Horvitz 83


David Horvitz è un artista che utilizza la fotografia e la performance nella sua ricerca. Il lavoro Public Access include degli autoritratti in varie spiagge pubbliche della California. Queste immagini furono inserite nelle pagine di Wikipedia dei rispettivi luoghi. Quest’azione creò delle domande riguardo la qualità e l’artisticità delle foto, dei sospetti di chi navigava online e la successiva rimozione della maggior parte del progetto. Lo spazio di Wikipedia fu utilizzato dall’artista come modalità di circolazione delle sue immagini, ma lo scopo era quello di riflettere su cosa possa succedere in un sito che ognuno di noi frequenta; chiedersi se quelle fotografie avessero infranto qualche regola e quali altre questioni etiche possono a comprendere siti del genere.

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Satellite Collection (2009-2011)

Jenny Odell 85


Jenny Odell è una giovane artista americana che ha come soggetto della sua ricerca l’immaginario online e la natura della moderna esistenza personale sul web. Con il progetto Satellite Collection ha trascorso del tempo navigando con Google Earth e ha pian piano creato un catalogo. Nella serie Jenny Odell ha collezionato strutture industriali e non, prese da tutto il mondo e le ha raggruppate. Da questa prospettiva l’artista ci mostra come lo stampo sviluppato dall’uomo sulla terra sia ripetitivo e simile tra le varie costruzioni. Niente di nuovo; i coniugi Becher lo fecero negli anni ottanta/novanta, ma non potevano immaginare che sarebbe stato possibile svolgere il lavoro stando davanti allo schermo del computer.

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L’identificazione si ha sempre co qualcuno se vuole essere un file JPEG se l’identificazione viene fatta cir materiale, dove si consideri l’imm rappresentazione. Così magari cess invece parte


on un’immagine. Ma chiedete a G. E questo è precisamente il punto: rcolare deve essere un’immagine magine come oggetto, non come sa di essere identificazione e diventa ecipazione.


I lividi delle immagini sono le tracc Le immagini vengono violate, fatt e sentenze. Vengono rubate, ritag Esse si comprano e si vendono. Tu Partecipare all’immagine signifi


ce dei suoi strappi e trasferimenti. te a pezzi, sottoposte a domande gliate, modificate e riappropriate. utto ciò manipolato ed apprezzato. fica prendere parte a tutto ciò.

A thing like you and me, Hito Steyerl



NUOVA Sara Cwynar/Lucas Blalock/Jessica Eaton/ Joshua Citarella/Miguel Àngel Tornero

FOTOGRAFIA


Il modo in cui percepiamo l’immagine fotografica è l’argomento principale. Sembra non ci siano regole specifiche e nessun confine. Alla fine ci si chiede se è ancora fotografia quella a cui si sta guardando.

tempo, essere in moltissimi posti nello stesso istante. Mentre la fotografia è un’oggetto materiale, l’immagine è una molteplicità di possibili apparenze simultanee.

Le fondamenta del mondo fotografico sono state scosse molte volte fino ad oggi. Se è stato da parte di una rivoluzione di talenti, da un processo tecnologico o semplicemente da un cambio di prospettive, nessuno può negare che la digitalizzazione ha colpito in modo radicale la fotografia. In molteplici modi vediamo reinterpretazioni, a partire da materiale già scattato, e venir utilizzato per immaginare qualcosa di nuovo tramite strumenti digitali. Ci troviamo spesso a chiederci che cos’è una fotografia oggi; è una domanda che ha bisogno di una risposta, soprattutto per chi utilizza questo mezzo ogni giorno, anche in modo inconscio. Quando parliamo di “fotografia” utilizziamo il termine per convenzione. Infatti senza accorgercene intendiamo qualcosa di non fisico; anche definendo un apparecchio fotografico quello che abbiamo più comodo è il cellulare. Non si parla più di pellicola fisica, nessuna camera oscura o processo chimico. Il progresso tecnologico e la digitalizzazione sottintendono dei cambiamenti riguardanti il nostro vocabolario. È chiaro che sta crescendo l’uso del termine “immagine” al posto di “fotografia”. Come l’immagine fosse libera dal dover essere fisica, può continuare a cambiare stato e manifestarsi in modi differenti. Si può riprodurre senza fine e senza

Qual è il valore e il significato oggi? Qual è la relazione tra fo dove la digitalizzazione ha camb commercialmente? Come il mezzo

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o della fotografia nella nostra epoca? Come recepiamo l’immagine otografia e realtà, e come funzionano le immagini in una società biato il nostro modo di comunicare socialmente, politicamente o si relaziona con il suo passato e qual è il ruolo del fotografo?

In tutti i luoghi le persone stanno sperimentando nuove tecniche fotografiche; questa apertura mentale garantisce approcci inaspettati e spesso risultati sorprendenti, sia che riguardino la forma che il contenuto.

fa si che le informazioni appaiano meno gerarchicamente e più in modo equivalente. Questo ha causato l’appropriazione delle immagini e la loro successiva manipolazione, adattamento e poi distribuzione; e viene serenamente accettato come processo artistico.

Si tratta di una generazione di artisti caratterizzata dal dinamismo e dal movimento, trovano spazio nelle coalizioni e si focalizzano sul processo; una generazione che cresce in una realtà dove il flusso, la non linearità e l’ambiguità sono essenziali o indotte da parte della società. L’immagine finale è nella maggior parte dei casi costruita, che sia essa analogica o digitale, che provenga da montaggi, collage o assemblaggi. Viene spesso utilizzato materiale esistente e così decontrazione e ricontestualizzazione sono fondamentali. Le attuali condizioni tecnologiche hanno fatto incrementare l’archivio delle immagini online con un magnitudo esagerato. Nonostante la quantità, la maggior parte del materiale è reperibile da computer, telefoni e altri mezzi. Il modello di internet come sistema

Stiamo avendo a che fare con una critica alla natura delle immagini dalle quali siamo circondati. Tante volte si fa difficoltà a comprendere l’immagine, ma ciò porta lo spettatore a cercare nuove vie o nuovi strumenti. In questo senso l’attuale fotografia crea nuovi termini e requisiti per i soggetti che vengono mostrati e determina il modo in cui l’oggetto viene capito ed apprezzato. Le prospettive vengono interrotte, il materiale fotografico viene distorto e integrato in qualche composizione complicata, dove il senso dello spazio e l’ambiguità del soggetto creano una sfida per il fruitore.

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Sara Cwynar

Il lavoro di Sara Cwynar spazia tra la fotografia, l’installazione e il collage, e parte dal collezionare e riordinare materiale visuale. Prendere, salvare e ripensare alle immagini soddisfa l’impulso del collezionare e crea una traccia della propria esperienza, rubando un piccolo pezzo del mondo e ricostruendolo secondo i propri termini. La sua ricerca definisce l’era di internet e come la nostra concezione del mondo viene influenzata dalla fotografia commerciale e pubblicitaria. Sara Cwynar fa parte di un gruppo di fotografi che utilizza sia l’analogico che il digitale nei pripri progetti. Scannerizza spesso foto trovate per poi aggiungere del rumore digitale alle stampe analogiche; l’immagine viene poi rifotografata in studio e stampata, facendo così una nuova opera partendo da qualcosa di già esistente. È un processo circolare, iniziare con una fotografia e trasformarla in una versione nuova dopo interventi e manipolazioni; si passa attraverso molti scambi tra analogico e digitale prima di arrivare alla versione finale. Per il progetto Flat Death il punto di partenza è proprio il titolo, il quale è un termine utilizzato da Roland Barthes ne La Camera Chiara. La locuzione sottintende l’idea che la fotografia possa riportare indietro ciò che se n’è andato e che ci ricordi cosa sta per andarsene. Con una serie di oggetti e immagini trovate e apparentemente “morte”, l’artista ha sperimentato il modo di resuscitarle; esse provengono da manuali, vecchie enciclopedie, mercatini dell’usato e biblioteche.

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Lucas Blalock

Lucas Blalock è un artista americano che si occupa maggiormente di still life e si interroga sulla natura e il comportamento degli oggetti che utilizza. Non si fa problemi a far rientrare nei suoi lavori l’intervento massiccio di Photoshop. Inizialmente nelle sue immagini sembra che la scelta degli oggetti sia casuale. Allo spettatore vengono proposte fotografie di tovaglie, fazzoletti, elastici, grattugie, caffettiere, salsicce, pneumatici e così via. Ma dopo una valutazione più approfondita si capisce che questi oggetti hanno colori luminosi, texture intriganti, forme interessanti e pattern riconducibili tra loro. Oltre all’utilizzo di Photoshop. Lucas Blalock si diverte ad inserire specchi e fondali per creare illusioni ottiche semplici ma funzionali. Con il ritocco digitale cerca invece di risvegliare lo spettatore, correggendo colori che non avevano bisogno di correzione o utilizza un pennello per coprire delle scritte su delle scatolette. In realtà punta a disturbare il pattern delle linee logiche dell’immagine portando il fruitore ad un caos visuale. Il progetto 99 cents Store Still Life raggruppa tutte queste caratteristiche, ed è stato sviluppato con oggetti che gli stesso ha comprato in un negozio “Tutto 1 euro”. L’artista spinge principalmente lo spettatore ad andare oltre la prima impressione nelle sue immagini; vuole che la smettiamo di credere a tutte le bugie visuali così facilmente.

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Jessica Eaton

Le immagini di Jessica Eaton, fotografa canadese, sono semplicemente abbaglianti, sono magiche e ipnotiche. Sono reinterpretazioni di quadri di artisti come Josef Albers e Sol LeWitt e richiamano le strutture del cubo di Rubik. Il suo lavoro si scatena tramite forme geometriche e colori accesi. Nel progetto Cubes for Albers and LeWitt non ci sono trucchi digitali per produrre le immagini. Ma uno studio sul funzionamento dei colori e della luce, e tutto ciò che è necessario per catturarle, porta ad una curiosità nella sperimentazione. Ha utilizzato dei cubi pitturati in bianco, grigio o nero a seconda della composizione, ha esposto lo stesso negativo più volte e tramite diversi filtri per l’obiettivo, ha creato i suoi cubi. Semplicemente grazie ai colori primari rosso, verde e blu, è riuscita a raggiungere le varie combinazioni. Le macchine fotografiche sono servite per molteplici scopi nella storia. Come strumenti scientifici ad esempio, oppure per documentare la realtà e ovviamente anche con lo scopo di fare arte. Jessica Eaton non considera il proprio lavoro astratto, ma più come un risultato soddisfacente di un esperimento con lo strumento tecnico. Le sue immagini sono stratificate grazie alla luce, ai mutamenti, alle illusioni ottiche e alle relazioni con lo spazio; tutto ciò condensato in un unico risultato finale.

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Joshua Citarella

Il lavoro di Joshua Citarella spazia dalla fotografia e scultura ai digital media, facendo uso di processi sia analogici che digitali e studiando le possibilità di creare un’immagine dopo l’introduzione degli strumenti digitali. I suoi interventi hanno la meticolosità di un dottore e un immaginario pulito e freddo. Alcuni dei suoi lavori sono astratti per come arrivano al fruitore. Consistono in linee dritte, angoli, figure base e colori forti e lo spettatore non è mai troppo certo se queste immagini siano il risultato di manipolazioni digitali o fotografie di oggetti e corpi reali. Sta osservando la realtà, nonostante la fastidiosa sensazione che l’immagine si presenti incompiuta. In uno degli ultimi lavori vediamo un ritratto di un corpo nudo adagiato, ricoperto di vernice argento. Siamo costretti a chiederci se la pittura è vera o se la tonalità possa essere alterata digitalmente. Joshua Citarella sostiene che sia facile per lo spettatore identificare la traccia di strumenti digitali su un corpo umano. Questo è reso di difficile comprensione dato che la modella nella sua composizione sembra così perfetta che diventa surreale. Quest’artista non è il solo a criticare come le immagini vengono prodotte e prende una posizione per quel che riguarda il modo in cui vengono presentate e consumate.

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Miguel Àngel Tornero

La ricerca artistica di Miguel Àngel Tornero, artista spagnolo, si basa sulla fotografia, il collage e l’installazione. Nel Progetto The Random Series veniamo travolti da collage fotografici a volte bizzarri ma funzionanti e tendenti al surreale. L’artista è partito da un vasto archivio di fotografie scattate quasi in modo ossessivo alla sua vita o alle situazioni nelle quali si trovava. Il meccanismo di collage è stato ripetuto in più città e durante ogni soggiorno incontriamo un approccio istintivo e curioso. Gli scatti sono nient’altro che scansioni di sensazioni soggettive e la città è semplicemente una condizione, un contesto dove abbandonarsi agli stimoli. Nel processo di creazione dei collage si è affidato alla macchina lasciando al caso le combinazioni. Senza conoscere i parametri del programma per tagliare e incollare, l’inaspettato diventa protagonista e fornisce il ritmo alla serie. Il libro del progetto estende il lavoro sperimentale di Miguel Àngel Tornero sul piano letterario presentando le traduzioni del testo svolte da Google in italiano, tedesco e inglese, comprendendo gli errori di lessico e della comicità involontaria.

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Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica Graham Clarke, La fotografia. Una storia culturale e visuale Denis Curti e Dolfi Agostini Sara, Collezionare fotografia. Il mercato delle immagini Arthur Danto, Che cos’è l’arte? Vilém Flusser, Per una filosofia della fotografia Gisèle Freund, Fotografia e società Claudio Marra, Fotografia e pittura nel Novecento Làzlò Moholy-Nagy, Pittura Fotografia FIlm Susan Sontag, Sulla fotografia Lev Tolstoj, Che cos’è l’arte Angela Vettese, L’arte contemporanea. Tra mercato e nuovi linguaggi Angela Vettese, Si fa con tutto Mumok, Why pictures now? Foam Under Construction Foam Talent Foam What’s Next Anders Petterson, Value, risk and the contemporary art ecosystem


Lucrezia Di Carne


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