LUI MAGAZINE

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ISSN 2039-0262

mensile - anno diciotto - numero sei - giugno 2014

italia

MODA Flowers DESIGN Oro & argento INTERVISTA Manuela KalĂŹ ARTE Valentino Valente


editoriale

Oggettività e soggettività:

I

impariamo a riconoscerle, valorizzarle, ma soprattutto ad apprezzarle

l termine di paragone dovrebbe tenere in considerazione che molto spesso non esiste una vera e propria identità, ma diverse e tutte più o meno plausibili se affrontate con quel determinato bagaglio d’esperienze e da quel punto di vista. Parliamo, ad esempio, dei canoni della moda. Bello o brutto il modello deve avere determinate caratteristiche più o meno imprescindibili dal concetto del bel ragazzo o della bella ragazza (che in ogni modo rimane tale). Un editoriale, se pur scattato benissimo, con gli abiti giusti e una location pazzesca, non avrà lo stesso impatto di una sessione fotografica che vede protagonista una giovane messa al muro che possiede determinate caratteristiche richieste dal fashion. Fatevene una ragione. È proprio partendo dall’oggettività che si può esaltare la propria soggettività. Rimanendo in campo fotografico ne sanno qualcosa i fotografi, i truccatori, gli stylist… che con la loro sensibilità, l’esperienza, il gusto, la creatività e la loro soggettività hanno il compito di rendere oggettivamente bello un lavoro. Cambiamo situazione ma rimaniamo sul tema. Partiamo da un valore assoluto, il concetto d’amore ad esempio. Avete presente quella pubblicità dove lo slogan pone il quesito sull’amore o il vero amore paragonandolo al pulito o al vero pulito? Sì, proprio quella dove lui, con la maglietta infangata, segna un goal e si avvicina alla tribuna dove è seduta la sua lei. Nella situazione “love” i due esultano insieme sorridendo e festeggiano saltellando, nel contesto “true love” invece lei, linda come una rosa, abbraccia lui incurante della sua maglietta sudata e sporca. Ci mancava solo questo complesso adesso… quindi se lei o lui non ci getterà le braccia al collo mentre sudici come dei maiali ci avvicineremo al suo cospetto significherà che ci ama meno di un partner che lo fa? Oggettivamente, amereste meno il vostro compagno o la vostra compagna se non fosse in grado di darvi dei figli? Soggettivamente ( in quanto personale) forse sì.

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editoriale

N . 0 6 G I U G N O 2 0 1 4 Quindi, parafrasando la pubblicità, è amore una coppia ed è vero amore una coppia con figli? Tutto ciò che non dovrebbe essere l’oggettività e la soggettività è racchiusa nella politica. Ben vengano gli schieramenti, le idee diverse, il dibattito… sono elementi che fanno parte della soggettività di ogni individuo, ma con oggettività per uscire fuori da questo lungo periodo burrascoso bisogna essere oggettivi e guardare al bene del Paese. In quest’ambiente invece la soggettività è vista come arricchimento personale (tangenti, casta, stipendi stellari…) e di logica conseguenza l’oggettività del bene comune fa acqua da tutte le parti. Ad esempio, non abbiamo mai sentito un qualsiasi partito fare i compimenti ad un altro per una qualsiasi riforma (quelle rarissime volte che è successo) presa a cuore delle comunità. Nel bene o nel male gli uni attaccano comunque gli altri, è il caso di dirlo, per partito preso. Il passato insegna: la crisi è ciclica, per uscirne non bisogna fare chissà quali stratagemmi. Ad esempio quella del ‘29 fu una grave crisi economica e finanziaria che sconvolse l’economia mondiale. La depressione ebbe effetti recessivi devastanti sia nei paesi industrializzati sia in quelli esportatori di materie prime con un calo generalizzato della domanda e della produzione. Il commercio internazionale diminuì considerevolmente e con esso i redditi dei lavoratori, il reddito fiscale, i prezzi e i profitti. Il settore edilizio subì un brusco arresto e universalmente, a causa della diminuzione della domanda, venne drasticamente a meno l’impiego occupazionale. Tutto questo non vi ricorda niente? La soluzione? Oggettivamente è racchiusa in un qualsiasi libro di storia, soggettivamente è nella coscienza dei nostri politici. Salvatore Paglia

cover Photo by Nocera&Ferri Styling by Zhana Medvesh Model James @ AMCK Rollneck Yohji Yamamoto (archive mens fall-winter 2005) customized by the stylist Trousers Beyond Retro Blazer Zara editrice Gemeco sc - via Emile Chanoux, 22/24 10026 Pont Saint Martin (AO) gestione editoriale Sedit sc direttore editoriale Calogero Urruso direttore responsabile Luciano Mantelli direttore Salvatore Paglia pubbliche relazioni Jean Paul Bianco biancoagency@gemeco.it pubblicità Tel. +39 329.8622268 info@gemeco.it impaginazione e grafica Michele Alberti redazione Fax 02 91390360 redazionelui@gemeco.it stampa Arti Grafiche Celori - Terni pubblicazione mensile Reg.Trib. di Milano N. 169 - 03/2000 hanno collaborato a questo numero: Alessandro Rizzo, Alexia Mingarelli, Andrea Vittorio Romagnoli, Claudio Marchese, Cristiano Fabris, Luigi Iannaccone, Marco Daverio, Michele Di Chello, Riccardo di Salvo, Silvia Trepago Lui Magazine è distribuita gratuitamente (0,10 euro) nei locali e nelle attività gay friendly di tutta Italia e Costa Azzurra Abbonamenti Per abbonarsi a Lui Magazine (11 numeri annui) è sufficiente inviare 50 euro a mezzo bollettino postale sul C/c 26781286 intestato a Gemeco scrl specificando nella causale “abbonamento a Lui” e specificando da quale numero desiderate che l’abbonamento abbia inizio. La rivista verrà recapitata mensilmente a mezzo posta in busta chiusa, sigillata e anonima. Lui Magazine non è responsabile per la qualità, la provenienza o la veridicità delle inserzioni. La direzione di Lui sì riserva il diritto di modificare, rifiutare o sospendere un’inserzione a proprio insindacabile giudizio. L’editore non risponde per eventuali ritardi o perdite causate dalla non pubblicazione dell’inserzione. Non è neppure responsabile per eventuali errori di stampa. Gli inserzionisti dovranno rifondere all’editore ogni spesa eventualmente da esso sopportata in seguito a malintesi, dichiarazioni, violazioni di diritti, ecc. a causa dell’annuncio. L’apparizione di un modello sulla copertina o sulle pagine del giornale non costituisce implicazione relativa al suo orientamento sessuale. Il © delle immagini è di proprietà degli autori. L’editore rimane a disposizione per gli eventuali accordi di pubblicazione che non è stato possibile definire. I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti e quelli degli inserzionisti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio del giornale e la pubblicazione degli annunci e non vengono ceduti a terzi per alcun motivo.

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il prossimo numero in distribuzione ad inizio luglio 2014


sommario

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FASHION-STORY Amazing coincidences

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MODA Quel mazzolin di fiori, che vien da…

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FASHION The other me

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DESIGN Oro, argento &....

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DESIGN 40

YOUNG DESIGNER Federico Cassani

COVER 42

YOUNG DESIGNER 06

ARTE 54

FASHION 10 MODA 28 4

COVER Bauhaus influence

42

ARTE Il nudo fotografico di Valentino Valente

54

FASHION Il circo di Praga

56

PEOPLE Intervista a Manuela Kalì

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società Iniezione letale/intenzione letale?

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ESSENZE Bottled Unlimited di Hugo Boss

77


sommario

PEOPLE 66

FASHION Hidden storm

124

TEATRO Gli spettacoli del mese

132

SPOT LIGHT Gabriele Cirilli, Andrea Pucci & Angelo Pintus

134

CITY LIFE Gli appuntamenti in cittĂ

136

REPORTAGE 78

FASHION 98

LIFE 96

FASHION 110

78

LIFE Una nuova vita con 500 euro al mese

96

FASHION Burning desire

98

FASHION Shadow play

110

MOTORI Il nuovo Fiat Ducato

122

MOTORI 122

REPORTAGE Africa

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YOUNG DESIGNER

TEEN di FEDERICO CASSANI

Federico Cassani e noi: la conoscenza

In questo numero della nostra rubrica vi presentiamo un giovanissimo designer, classe 1990. Il suo nome è Federico Cassani, che ha studiato presso lo IUAV nel corso Design della Moda e Arti Multimediali. Vi mostriamo la sua collezione intitolata Teen, che racconta la personale visione di un essere androgino.

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YOUNG DESIGNER

Perché l’abbiamo scelto

La prima collezione di Federico Cassani racconta e descrive l’inquietudine di un essere che attraversa la fase dell’adolescenza, dove il sesso intenso in ogni suo senso è una nuova scoperta, ma ancora lontano dall’esperienza reale. Federico ha voluto fotografare quel momento della vita in cui ci si ritrova confusi, perché si deve comprendere chi si è e cosa si vuole, ma, allo stesso tempo, si gode ancora di grande libertà personale. Lo stesso Federico ci racconta da dove è maturata l’idea della collezione: “L’ispirazione viene dal pre-sesso, quel momento della nostra esistenza in cui non abbiamo scoperto ancora il sesso, possiamo essere ciò che vogliamo. Identità ancora da costruire.”

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YOUNG DESIGNER

Capo Traino

La collezione Teen è composta da differenti materiali, quelli di tendenza, come il neoprene che si avvicina al pvc, ma anche tessuti classici, come il vichy e il fresco lana. I colori utilizzati per i capi sono blu, rosa, bianco e rosso, colori che sono stati scelti in base a un mix stravagante di due guardaroba differenti, ossia quello delle ragazze giovani e quello dei loro padri. Le linee, i volumi e i tagli sono stati scelti dal designer per esprimere una pulizia quasi maniacale, che ci ricorda l’idea della divisa, come ci racconta Federico “capi minimali come la ricerca della parola per gli ermetici in letteratura”. Abbiamo chiesto direttamente al designer quale fosse il capo che prediligesse: “Senza ombra di dubbio le mutande. Ognuno ha delle sue fissazioni, soprattutto in questo settore.

Federico si è anche ispirato a tre film fondamentali: “Il giardino delle vergini suicide” (di Sofia Coppola), “Salò o le 120 giornate di sodomia” (di Pier Paolo Pasolini) e, infine “Ingannevole è il cuore più di ogni altra cosa” (di Asia Argento, tratto dal romanzo di J. T. Leroy). Oltre a queste ispirazioni personali, gli studenti del corso di studi, dal quale Federico è uscito, avevano delle tematiche imposte dal laboratorio scolastico: nel suo caso era la divisa. Federico ci racconta : “Io ho aggirato la cosa a modo mio, prendendo come divisa (che di per sé è lontanissima dal mio immaginario) il pigiama, come divisa della notte e come elemento pratico, la riproduzione in serie delle divise. Tutti i capi della collezione sono infatti ricavati da 4 semplici cartamodelli.” Gli adolescenti sono quelli che hanno dato vita all’idea e all’ispirazione di Federico e sono sempre loro i destinatari finali.

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YOUNG DESIGNER

Ho fatto anche una collezione, in proposito. Oceano Mare, era il libro. Poi mi sono iscritto allo IUAV. E ora sono qui. Oggi sono fashion coordinator per una rivista di moda, ogni tanto penso di riprovarci con il design, ma, per ora, sono felice così. Per il futuro? Vorrei iscrivermi a lettere moderne e fare l’amore.” Alexia Mingarelli

Foto: Alberto Moreu Modello: Nicola Lampredi dei Be Forest

Le mie ricadono sull’infanzia e sulla sessualità e le mutande sono il mezzo che talvolta collega queste mie due manie. Ho sempre fatto mutande durante i vari laboratori, erano una delle cose che mi caratterizzavano, o per lo meno così mi piace pensare.”

Passato, presente e futuro

Federico Cassani, come vi abbiamo raccontato inizialmente, è giovanissimo. La sua curiosità lo ho portato sin dall’inizio ha prendere spunti da ogni dove, letteratura, cinema, amici e sentimenti. Dalle risposte che ha dato alle nostre domande emerge una sana leggerezza, intrisa a una semplice profondità. Vi lasciamo quindi alla sua personale descrizione dei tre tempi della vita: passato, presente e futuro. “Inizierei dall’iscrizione al liceo Linguistico, ha posto le basi per la mia formazione e la mia personlità. Ho letto durante l’estate uno dei libri che poi mi hanno avvicinato così tanto alla letteratura.

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Amazing coincidences photos by Manz-첫 STYLING by Eda Hurtado


















Photos by Manz-첫 Assistant: Matteo Pesaresi Styling by Eda Hurtado Art Assistant: Elisa Contessotto Mua & Hair styling: Giovanna Conti Rossini e Fatima Ferrini Models: Alessandro Dellisola, Ania Dajczer Location: Gran Hotel Villa Castagnola, Lugano


MOdA

Quel mazzolin di fiori, che vien da…

Dries Van Noten naturalmente retrò

Vivienne Westwood passaggi etnico in chiave floreale

Marc Jacobs corolle hawaiane e anni ‘60

Tom Ford romanticamente Dandy

Phillip Lim fiori e geometrie

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Topman Design fiori micro in black & white


StReet MOdA WeAR

Gucci stampa “flora” anche per lui

Prada sovrapposizioni e fiori a contrasto

Dolce & Gabbana sboccia la mitologia

Dsquared2 ricami, applicazioni e maxi stampe

A

ltro che prati in fiore, i germogli sembrano spuntare più che altro sugli indumenti. Gli abitanti delle metropoli lo sanno bene… Giacche, pantaloni, camicie, slip… si vestono di boccioli, corolle e arboscelli. Possiamo tranquillamente affermare che la tendenza del floreale è sbocciata a tutti gli effetti e, come l’edera, si aggrappa rapacemente su tutto ciò che è indossabile. Un’esplosione di petali e colori contamina il guardaroba di lui, avvolgendo lo spirito maschile a un romanticismo quasi d’altri tempi. Micro e macro se la giocano quasi ad armi pari, mentre, esasperato all’ennesima potenza, o affermato attraverso un dettaglio, il motivo esplode in tutta la sua particolarità, attraverso il colore. Come accade in natura, quasi prepotentemente, le tonalità acce-

se valorizzano la fantasia in modo netto e incontrastato, catturando immediatamente l’attenzione; più sobriamente, invece, i colori tenui tendono ad avvolgere la stampa in un mondo dove il garbo e la sobrietà la fanno da padrone. Stilizzato o ricco di dettagli, il tema grafico sconfina abbondantemente tra le linee retrò e futuristiche, proposte sulle più importanti passerelle delle Maison più note. Il trend sottolinea in modo evidente il percorso dell’uomo moderno caratterizzato da una sensibilità più aitante e da una personalità più spiccata. Osare oggi è più facile, ma al tempo stesso è ancor più semplice esagerare. detto questo, fate attenzione a non confondere l’audacia con l’esasperazione. C.U.

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THE OTHER ME photos by Luis Alejandro Cuellar STYLING by Paula Saiz

Blazer and tie ZARA Shirt naf naf Vest vintage Bermudas COS


Shirt handm Tie brooks brothers Pants zara Shoes dr. martens


Blazer and shirt Vintage Pants the elements Shoes COS


Shirt, pant and blazer ErmenEgilDo Zegna bow tie Lanvin hat Maison martin



Blazer and shirt Vintage


Shirt handm Tie brooks brothers Pants zara


Blazer and tie ZARA Shirt naf naf Vest vintage Bermudas and shoes COS


Hat Maison martin Shirt and Sweater vintage bow tie zarA Photos by Luis Alejandro Cuellar - LACuellar - www.lacuellar.com Assistant: Valentina Duque Wardrobe stylist: Paula Saiz MUA: Virginie Hullaert Hair stylist: Mizhi C Model: Christopher-Michaut @ Bananas - www.bananasmodels.com


deSIGN

VG. “Lord Bufalo” Quando il design strizza l’occhio alla trasgressione e il lusso decide di giocare con i propri stessi canoni.

Leo. Lampadario con inserto in acciaio e dettagli in tornito.

Vervly. L’alluminio, materiale duttile e moderno, viene trasformato in pressofusione e abile rifinitura manuale in forme rigorosamente neoclassiche.

Design by Marioni + POKE designstudioCreatività e manualità artigiana danno vita alla serie Edison.

ORO, ARGENTO & …

VG. “Lizard” è un complemento ideato per stupire ed incuriosire con effetto 3D.

Le tonalità oro e argento da sempre imprigionano e riflettono la luce in modo del tutto particolare. Per questo motivo, sempre più spesso, i designers sfruttano queste caratteristiche, associandole a materiali che ne esaltano la brillantezza. Il risultato finale è un connubio fra sfarzo e personalità.

Bitossi Ceramiche e il designer Cedrìc Ragot. Il corallo come fonte d’ispirazione. Soft & Creamy della collezione Dress Me di Munna è una poltrona a orecchioni con struttura in legno e foglia d’oro.

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Le Porcellane Home & Lighting Minosse Collection. Tutta la serie è lavorata a foglia oro o argento.


deSIGN

Coppia di candelabri in bronzo dorato a sette luci, Francia, XIX secolo.

Kartell, (Vero Best-seller) Bourgie è una lampada da tavolo con base in stile Barocco.

IVV -Collezione Special Bicchieri Caleidoscopio contemporaneo e multiforme. Servizio té e caffè in argento in stile barocchetto, XX secolo.

Linea myArtistic Mobile d’epoca ristrutturato, reinterpretato e dipinto a mano da veri e propri artisti.

Franco Pecchioli Cotto Artistico, in questa serie la smaltatura e il cotto sono fatti a mano.

VG. Lanterne con supporto Evocativi intagli fiammeggianti.

Officine Gullo presenta un’isola di cottura professionale in acciaio inox ad alto spessore satinato. Vervly. L’alluminio pressofuso, rifinito a mano, per dare forza e leggerezza alle parti strutturali e la pelle di struzzo per dare piacevoli sensazioni tattili.

Servizio di bicchieri St. Louis modello Thistle, in cristallo molato, composto da 63 pezzi. 41



BAUHAUS INFLUENCE photos by Nocera&Ferri STYLING by Zhana Medvesh

Richard Rollneck YOHJI YAMAMOTO (archive mens fall-winter 2005) Coat CRAIG GREEN Coat Tied Around Waist COS Trousers KRIS VAN ASSCHE Boots ROKIT James Top and shorts MAN MAK Skirt CRAIG GREEN Boots STYLIST’S OWN


Top and shorts MAN MAK Skirt CRAIG GREEN Boots STYLIST’S OWN


Black Button Up Shirt TOPMAN Top MAN MAK Trousers KRIS VAN ASSCHE Boots ROKIT



James Rollneck YOHJI YAMAMOTO (archive mens fall-winter 2005) customized by the stylist Top and trousers BEYOND RETRO Button up shirt MAN MAK Richard Black button up shirt TOPMAN Top MAN MAK Trousers KRIS VAN ASSCHE


Blazer and trousers ROKIT Top ALEX MULLINS Boots STYLIST’S OWN


James Blazer (worn) ROKIT Blazer (over the shoulders) BEYOND RETRO Trousers KRIS VAN ASSCHE Boots STYLIST’S OWN Richard Shirt KRIS VAN ASSCHE Top MAN MAK Trousers MAN MAK Shirt (tied around waist) BEYOND RETRO Boots ROKIT


Shirt KRIS VAN ASSCHE Jacket, trousers and shorts MAN MAK Boots ROKIT


Top and shorts MAN MAK Skirt CRAIG GREEN Boots STYLIST’S OWN



Black button up shirt TOPMAN Top MAN MAK Trousers KRIS VAN ASSCHE Photos by Nocera&Ferri (www.noceraferri.com) Styling by Zhana Medvesh Stylist assistants Megan Mandeville and Mandy Gill Hair stylist Stelios Chondros Hair stylist assistant Sophie Hamedani Make up artist Jade Dixon Models James and Richard @ AMCK


ARTE

Eros, tra umanesimo e manierismo: il nudo fotografico di Valentino Valente

E

siste nel percorso di ogni artista una certa tendenza a sconfinare dai limiti posti da certe categorie predefinite e abbandonarsi a nuove prospettive e dinamiche, dovute a una ricerca estetica. Compositiva: i tanti alfabeti visivi che si possono proporre, le tecniche funzionali e strumentali a creare nuove serie. E contenutistica: la poetica attraverso cui esprimere quel linguaggio intrinseco che l’opera porta in sé. Valentino Valente, www.valentinovalente.com, è un artista che chiaramente non ha sofferto questi limiti, non adagiandosi e, conseguentemente, non adeguandosi a trattenere la propria capacità creativa all’interno di un genere. Valentino Valente nasce come pittore e ha fatto della ricerca degli stili, in una rilettura eclettica quanto complessa delle correnti culturali del passato, l’approdo a una nuova produzione, quella fotografica. Osservando le opere di Valente nelle quattro serie, “Arcani”, “Rosso”, “Corpi senza identità” e, infine, “La natura ambigua dell’eros (alchimie)”, si scopre un incontro magico quanto sapiente tra la pittura, la conoscenza che ha formato anni e anni di lavoro e di attività artistica dell’autore, e la fotografia, tale da rendere quest’ultima strumento di definizione e creazione di visioni che sembrano pittoriche. Le luci si calibrano con tonalità calde quanto armoniose

tali da donare alla lettura visiva dell’immagine, (il soggetto maschile che si esplica nella sua nudità, quindi nella sua essenza e nella sua fisicità naturale), presenze di pennellate, delicate quanto misurate, che tratteggiano con un colore vivo e tenue le forme delle linee corporee, quasi disegnate. Tutto questo è il risultato di una sperimentazione fotografica dai contorni pittorici, nutrendosi l’autore di quella conoscenza, (studia all’Accademia di Belle Arti di Firenze), proveniente da immaginari estetici di un umanesimo, di un manierismo e di un rinascimento che scrissero pagine della letteratura storica dell’arte. Ogni artista ha una propria ossessione quando a creare la propria produzione diventa centrale l’ispirazione poetica di un’arte, quella fotografica, dall’autore “sempre fatta, ma, ora, in modo più deciso”. La fotografia è sempre stata abbinata alla pittura nella produzione di Valentino Valente, invitato anche a Europacinema, Festival internazionale del Cinema Europeo a Viareggio, dove ha tenuto installazioni video artistiche in una visione eclettica. “Mi sono soffermato sulla fotografia per migliorarla e approfondirla”: le fotografie spesso diventano occasione di produzione di un quadro astratto, per lui che ha realizzato già diverse serie di nudo e ritrattistica pittorica. “Lucca mi ispira molto - confida Valentino, - il mio studio è un ex convento, rimasto così com’era”.

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ARTE

Diverse sono le mostre che attendono Valentino Valente, forte di contatti con la Germania e la Francia, potendo contare su un bacino internazionale di presentazione della sua produzione. La produzione di Valentino Valente vede un “itinerario” proprio, tra mistero, Eros, alchimia, dove si percepiscono quelle emozioni che l’autore prova “di fronte al modello”, aprendo “un mondo” nuovo, almeno visionario. Il nudo traspare nelle produzioni fotografiche di Valentino Valente, proprio perché occorre “eliminare orpelli, spogliando il soggetto e rendendolo essenziale, creando quell’attesa, perché non si sa mai che cosa possa esprimere il soggetto in quell’istante”. I modelli di Valente non sono professionisti, vivendo, così, le loro prime esperienze: questo crea quel frammento dove l’autore cerca di “captare il pudore, l’ambiguità e l’imbarazzo, in quanto non si può sapere dove si vada a parare” nello spogliarsi. La produzione fotografica nella sua fase compositiva determina, pertanto, “emozione”, generando “un’esperienza che si rinnova” e che viene provata dallo stesso autore. I soggetti, non essendo professionisti, vedono un confine comportamentale nello spogliarsi, nello star nudo, ancora “un tabù”: tutto questo comunica una sensazione forte. Il soggetto esprime, così, un’immediatezza, una spontaneità, proprio perché semplice, diretto, non filtrato, “fuori da ogni sovrastruttura, dettando in questo qualcosa di misterioso e di segreto”. Valente confida che tra il modello e se stesso “si instaura una complicità, facendo leva su quel segreto, tabù, di cui parlavamo”. Molti modelli “della porta accanto” decidono di posare perché fanno una loro prima esperienza. Parlavamo di ossessioni estetiche: lo conferma anche Valente, che sottolinea come riproponga con una certa serialità diversi particolari. L’emozione e la bellezza si evidenziano, così, nell’appurare come il “soggetto affronti un mondo mai esplorato e per lui coinvolgente”. Questa è un’operazione di elaborazione dell’opera fotografica “magari più difficile per il modello e per lo stesso auto-

re, ma - ammette l’autore - è qui che troviamo una sfida artistica”. Manierismo, Umanesimo, Rinascimento: nelle fotografie quasi pittoriche di Valente troviamo, come anticipato, questi richiami. “Amo i dipinti delle vecchie chiese dove vediamo soggetti affiancati da drappi rossi”. Valente si rifà alle immagini appartenenti alle grandi opere di questo periodo proprio perché ha avuto una formazione culturale che si è basata su questa corrente, dove si vede una centralità del soggetto, bello da vedersi, ma naturale, quotidiano, semplice. Immortalare questi soggetti che si spogliano crea una tensione emotiva: è una tensione che non si percepirebbe se i soggetti fossero modelli consueti. In Valente esiste un’ossessione, dicevamo, per il corpo maschile e per parti di esso. Nella serie “La natura ambigua dell’eros” vediamo figure intrecciarsi, parti di corpi unirsi, anche con individui femminili, all’interno di “una visione pittorica”, i soggetti femminili vengono spesso ripresi come ritratti di Modigliani. Nel maschile, però, l’emozione che si esprime attraverso la ritrattistica di nudo risulta essere forte, a volte “più drammatica in quanto nell’eros maschile si esplica una drammaticità, come diceva Pasolini”. L’immediatezza espressiva dell’uomo come soggetto maschile ripreso è nella sua valenza esteticamente dirompente e interessante: “il mio non è porno ma Eros, e l’eros risulta sempre più complicato - sottolinea Valente - dato che il porno è più banale, in quanto si sa come inizia e come finisce”. La narrazione artistica quasi poetica e lirica delle serie fotografiche di Valente entusiasma gli spettatori: entusiasma anche settori magari insospettabili, come il clero di Lucca, dato che lo stesso autore ha avuto modo di avere in questo ambito apprezzamenti davanti ai nudi immortalati, immagini riecheggianti raffigurazioni sacre di un passato artistico, appunto umanistico. Alessandro Rizzo

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IL CIRCO di PRAGA photos by Manuela Kalì STYLING by Silvia Colombo


Abito Twisty Parallel Universe Collana Bizarre Bazaar


Abito Twisty Parallel Universe


Abito Eulalia B. Collana Bizarre Bazaar



Abito Eulalia B. Collana Bizarre Bazaar



Maglia Siste’s Gonna Twisty Parallel Universe Colletto Covherlab Collana Bizarre Bazaar Calzettoni Gallo


Abito Eulalia B. Photos by Manuela KalĂŹ Styling by Silvia Colombo Hair: Giovanni Iovino Make up: Jo Sanna Model: Emma Reins @ Agency Joy Models Milano



AUTOSCATTO Intervista a Manuela KalĂŹ




PEOPLE

A

bbiamo conosciuto Manuela Kalì facendo ricerca. Ci siamo imbattuti sul suo profilo Facebook. Primo scambio di messaggi e poi… il delirio! Manuela è una di quelle ragazze cariche di energia, una di quelle che ti travolgono e ti accompagnano nel loro mondo, senza stravolgere il tuo. È in grado di renderti partecipe della sua vita e di ciò che sta accadendo, anche a distanza. Al telefono l’abbiamo sentita più volte, e ad ogni nostra chiamata si è lasciata scoprire senza filtri: dolcissima, pacata e meravigliosamente materna, quando ha sensibilmente chiesto di fermarci un attimo perché il suo bambino aveva bisogno di lei. Verace e piacevolmente colorita nel momento in cui un automobilista le ha tagliato la strada. Sicura e tenace quella volta che, con il solo intento di stuzzicarla (adesso possiamo ammetterlo), abbiamo provato a stravolgere la sequenza di un suo editoriale. Preoccupata, ma fiduciosa, quando il suo hard disk è andato in palle mettendo a rischio anni di lavoro; o, ancora, spiritosa mentre ci racconta di che cosa avrebbe fatto allo stylist che, sparendo completamente dalla circolazione, non le ha ancora passato i crediti di una sessione fotografica mille volte richiesti. Malinconica, quando, entrati in confidenza, ci ha svelato che… Punto focale delle chiacchierate? I suoi editoriali. La nostra sensazione è che lei ancora non si sia accorta di quanto è capace. Di quanto è brava. Di come il suo gusto e le sue capacità trovino all’interno dei suoi scatti un equilibrio vincente. Fondamentalmente, non ha preso atto nemmeno del suo lato estetico: troppo impegnata a dimostrare che prima di tutto è capace. A Manuela va il nostro affetto, la nostra stima. Il nostro in “bocca al lupo e in culo alla balena”. Nel tuo DNA è congenito l’imprinting della fotografa o è arrivato strada facendo? È arrivato in modo totalmente casuale, ma sospetto che ci sia sempre stato dell’altro. Già da piccola mi appassionava il mondo dell’arte, in qualsiasi forma o genere. Le persone che ho conosciuto nel corso della vita mi hanno sempre detto che sono una “tuttofare”, perché mi diverto a sfidarmi ogni giorno con conquiste nuove, ma quando è arrivata lei, la fotografia, ne sono rimasta totalmente abbagliata. Allora, ho pensato che la sua rivale, l’unica che tutt’oggi mi accompagna, è la scrittura. Ho scelto loro per accompagnarmi, nel 2009 ho pubblicato un romanzo e adesso sto finendo il secondo. In ogni caso, per rispondere in modo più preciso alla tua domanda, una reflex è stato il regalo di compleanno dei miei 28 anni, da allora è stata una continua scoperta. Come in tutte le espressioni artistiche, anche la fotografia si nutre d’identità soggettive. Ciò rende (o almeno dovrebbe) a prima vista uno scatto riconoscibile e riconducibile a un determinato fotografo. Qual è il tuo segno di riconoscimento? Ad oggi, mi è ancora difficile dirlo. Le persone che guardano le mie fotografie dicono che le riconoscono subito, al primo sguardo. Io credo che ci sia soprattutto un velo di malinconia nel raccontare il mondo circostante, forse è proprio quello, oltre l’impatto visivo, dell’immagine in sé. Quando scatti sei più metodica o istintiva? Nel senso che prepari tutto prima nei minimi particolari e parti con un concetto e una base ben definita oppure ti lasci trasportare dalla sensazione del momento? Di solito preparo un concetto di base, credo si debba sempre avere un’idea, a meno che non sia un semplice test, allora è tutto molto più rilassato e spontaneo. Io di solito ci penso la sera prima di addormentarmi, perché è il momento più calmo della giornata, in cui mi trovo con me stessa e rielaboro tutte le immagini che mi sono passate davanti durante il giorno, se magari ho visto un film interessante, o un video musicale, o ascoltato una canzone e quelle parole mi hanno portata esattamente lì dove ho voluto fermarmi per creare qualcosa. Il mondo è un’ispirazione continua.

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PEOPLE

Comunque ne succedono tante a volte quando scatti, l’importante è non perdersi d’animo mai e riuscire a sfruttare il problema a nostro favore non perdendo comunque il risultato finale. Come scegli il tuo soggetto? Io ho un forte debole per le rosse, immagino che fotograferei tutte le donne rosse del mondo se potessi, hanno sicuramente una marcia in più. Credo comunque in qualcosa che va oltre la bellezza estetica. Non mi piacciono le “bamboline”, non vado pazza per i sex symbol. Spesso scelgo il soggetto in base a ciò che mi trasmette. Deve essere sicuramente interessante, deve darmi qualcosa che possa andare al di là di una bella fotografia. Amo gli occhi e le mani, loro sanno raccontare. Digitale o pellicola? Digitale, ma la pellicola e il suo fascino sono punti di riferimento intramontabili. Vado a mio discapito affermando questa cosa, ma i veri fotografi sono quelli che lavorano in camera oscura, quelli che buttavano rullini su rullini, che non vedevano l’ora di poter guardare cosa fosse uscito dalla loro macchina fotografica. Oggi siamo tutti più avvantaggiati, anzi, enormemente avvantaggiati. La fotografia di moda è una combinazione di equilibri e squilibri di cui il fotografo, nonché “regista”, deve farsi carico. Tenendo in considerazione che lo scatto è il frutto del lavoro di molti (stylist, mua, modello/a…) com’è il tuo set? E come fai a tirare fuori il meglio dai tuoi collaboratori? Passa molto tempo prima di trovare un team affiatato. Ci vogliono mesi, a volte anni per capire con chi lavorare e con chi no, chi mette carica ed energia sul set e chi invece crea tensione e scoraggiamento. Oggi so su chi contare, lungo il percorso ho instaurato rapporti solidi, e sono felice di avere al mio fianco persone che amano il proprio lavoro e vogliono dare il meglio

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PEOPLE

senza sminuire nessuno dei nostri ruoli. La parte fondamentale è l’entusiasmo e la voglia di creare cose belle, di crescere e avere la consapevolezza che c’è sempre da imparare, mai e poi mai sentirsi arrivati. Solo così si crea la giusta sinergia. Che rapporto hai con photoshop e la post-produzione? Siamo fidanzati! Ho cominciato a giocarci quando ancora questo non era il mio mestiere. Mi ha sempre divertita disegnare con Photoshop. In passato ho fatto anche una mostra sull’arte digitale, e vinto un concorso per la Warner Bros, poi successivamente ho imparato a usarlo sul mio lavoro. La post produzione è quel qualcosa che accende una fotografia. Di base deve esserci sicuramente un buon prodotto, sono sempre convinta che nessun ritocco possa trasformare una foto oggettivamente fatta male, ma allo stesso tempo diventa un’arma a doppio taglio, bisogna imparare a non superare quella linea sottile tra vero e finto, a meno che non ci sia una particolare richiesta da parte di un cliente o un tipo di ritocco che debba dare una plasticità caratteristica per ottenere quello specifico risultato sulla foto. Volendo cercare di definire la fotografia, che cosa per te non dovrebbe essere? La fotografia è un mezzo potentissimo, d’impatto, come pochi, basti pensare a una delle tante immagini famose nella storia della fotografia, come il ragazzo che ferma il carro armato in piazza Tienanmen. Credo che debba essere usato per raccontare qualcosa. Non sopporto chi ci si nasconde dietro per altri scopi. È un’arte e in questo caso vale quello che vale per tutta l’arte in generale: si deve essere portati. Il pensiero generale molto spesso è: “Frequento un corso, divento fotografo”, ma non credo sia così semplice. Studiare è importante, la pratica lo è ancora di più, ma è qualcosa che deve essere installato bene dentro di noi. Quindi no, per me non deve assolutamente esistere una fotografia che non sia comunicativa.

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PEOPLE

Fotografia e moda: un connubio perfetto che sfocia nel commerciale e nell’editoriale. Che rapporto hai con le due facce della stessa medaglia? Non denigro la fotografia commerciale, perché anche quella è parte integrante del mio lavoro. Si deve soddisfare il cliente, sempre, purtroppo anche quando la sua idea fa a cazzotti con il nostro stomaco. Io personalmente propongo sempre delle varianti quando un progetto non mi piace, ma l’ultima parola logicamente spetta sempre all’azienda e spesso non possiamo pretendere di entrare in determinate scelte di marketing. “Fotograficamente” parlando, che cosa non funziona nel mercato Italia? Avremmo solo bisogno di un po’ più di meraviglia [cit.]. Il problema in realtà va ben lontano dal “fotograficamente”, perché dietro questa domanda c’è un mondo molto ampio, in cui al grido di “c’è crisi” il nostro lavoro viene bistrattato e a volte denigrato. Sempre più spesso vengono scelti fotografi non professionisti perché i loro prezzi sono molto più bassi dei nostri, mentre invece le grandi aziende non puntano sui professionisti di nuova generazione, così ci troviamo in una sorta di “purgatorio” lavorativo da cui è difficile uscire. L’Italia dovrebbe essere più meritocratica, se un lavoro vale cento, è giusto che gli venga riconosciuto cento, perché dietro quella cifra ci sono molta fatica e passione e, al termine, il giusto risultato. Ultimamente, c’è una corsa sfrenata ad accaparrarsi clienti per collezionarli come fossero figurine di un album, e non importa se il compenso è di due lire, così vediamo campagne sempre più brutte, insipide, mal post-prodotte, che valgono sicuramente quello che sono state pagate. Inoltre sta scoppiando la bruttissima moda del “Concorso per vincere il catalogo” in cui in sostanza si prendono 5 o 6 fotografi, gli si fa scattare la collezione e il prodotto più “riuscito” ha la possibilità di essere scelto per il catalogo, che ovviamente non viene pagato ma in cambio c’è il famoso “scambio di visibilità”. A tuo avviso che cosa rende una sessione fotografica interessante? Il modo in cui si racconta una storia . Dovendo scegliere tra ricerca e sperimentazione? La ricerca è importante, ma la sperimentazione è fondamentale. Non si può imparare a camminare guardando gli altri. Non esiste, come dicevo prima, un solo modo di fotografare, ma si può approfittare di qualsiasi sfumatura. Quali ti caratterizzano? Io ho due cuori che battono allo stesso ritmo. Quello della fotografia di moda, che mi appassiona e mi diverte moltissimo e quello del ritratto, in cui credo forse di dare il meglio. Come gestisci l’uso del colore e del b/n nelle tue foto? Questa è una domanda interessante, alla quale ammetto di avere qualche difficoltà a rispondere, perché non so davvero come, ma è come quando la vedi la prima volta sul monitor della macchina fotografica: sai già se è destinata al colore o al bianco e nero. Credo che sia più un’intuizione, tra l’altro molto soggettiva. Il bianco e nero, comunque, il più delle volte ha il potere di caratterizzare una foto e renderla 10 volte più avvincente. Spesso, soprattutto all’inizio, è quasi un rifugio: mi ricordo che, quando ho cominciato a fare questo lavoro, mettevo tutto in bianco e nero. e questa cosa è un po’ come la coperta di Linus, bisogna imparare a dosarla man mano che si va avanti e iniziare a scoprire il mondo dei colori, che non sono meno interessanti, anzi, oggi li preferisco, perché una foto in bianco e nero è un po’ un porto sicuro al quale non ho più bisogno di aggrapparmi.

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Prima ancora di suddividersi nelle grandi sfumature del campo fotografico i fotografi si suddividono in irriducibili sostenitori della Nikon o Canon: tu a quali appartieni? Canon, ma più perché ho cominciato con quella, mi ci sono trovata bene e non ho sentito il bisogno di cambiare marca. La grande guerra tra Nikonisti e Canonisti in realtà è davvero una cosa inutile. È come chiederti: preferisci possedere una Mercedes o una Bmw? Non lo so, sono gusti, a volte abitudini. L’unica cosa che so, per sentito dire, è che la Canon mantiene i colori più caldi. Toc toc… (stiamo entrando nella sfera del privato), è permesso? Perché no?! Poi c’è il mondo della donna… privato, professionale… “siamo tutto orecchi”… Che cosa nascondi? Io non nascondo, molto spesso reprimo, perché è quello che sono sempre stata abituata a fare fin da piccola e “parlare” con le mie fotografie è un grande punto di sfogo. Dai, a ruota libera raccontaci di te… Sono l’opposto di quello che sono, se posso risponderti come recita un libro che ho amato moltissimo, “sono il coltello che ferisce e, insieme, la ferita”. Questo per dirti che non riesco a fare del male senza ammalarmi io stessa. Sono introversa in molte situazione e sfacciata in altre. Sono una donna dolcissima e allo stesso tempo una rompicoglioni estenuante. Dentro di me queste due parti si azzuffano almeno due o tre volte al giorno. Ho 33 anni e sono cresciuta con un’immensa solitudine nel cuore, che non mi lascia mai, ma che ringrazio molto, perché è quella che mi permette di tirar fuori qualcosa di buono dal lavoro che amo. (Adesso “cazzeggiamo” un pochino) Cioccolato al latte, bianco o fondente? Cioccolato fondente, da piccola lo odiavo, ma poi si cresce e si cambia gusto. Mi piace come scrocchia tra i denti e quando si scioglie in bocca lascia quel retrogusto un po’ amaro, che un po’ ti fa pensare che non ingrasserai se ne mangi di più (pur non essendo una grande fan degli alimenti dolci). Il viaggio che ti sei ripromessa di fare? Tre viaggi: - Cuba, devo assolutamente perdermi dentro di lei. - New York, ma temporeggio, so che se ci metto piede non torno più, un po’ come quando sono stata a Los Angeles… - Il Giappone, perché da brava “nerd” sono cresciuta a fumetti e cartoni animati giapponesi. So per certo che riuscirei a diventare molto povera in mezza giornata (e forse è proprio questo uno dei motivi per cui non ci sono ancora andata). Il regalo più brutto che hai ricevuto (ma soprattutto: che cosa ne hai fatto)? Una sveglia per il forno, è stata chiaramente riciclata nel giro di un paio d’ore. Al volante sei..? Una pazza! Io amo profondamente guidare, i miei amici fanno parte di due schieramenti: quelli che non vedono l’ora di salire in auto con me e divertirsi e quelli che si fanno il segno della croce prima di entrare. (Ritorniamo a fare i seri… certo, per modo di dire) A quale fotografo affermato faresti da assistente? Potrei farti una lista di nomi illustri, invece oggi ti rispondo: Joey Lawrence, che in realtà è anche più piccolo di me (e questo suona un po’ strano). Il fatto è che ho voglia di ridere e so per certo che sul set insieme a lui imparerei cose nuove divertendomi molto. Risate a parte, è davvero un genio.

La modella o il modello che vorresti fotografare? Morirei per fotografare Tilda Swinton, ma non è una modella, è un’attrice. Sono completamente assuefatta dalla sua bellezza ibrida. A quale scatto sei particolarmente legata (anche non professionale)? “Ho fatto sangue di te” questo è il titolo. È uno scatto concepito in un momento molto particolare della mia vita, in cui cercavo in modo innaturale di trattenere dentro di me un groviglio di emozioni che in realtà cercavano solo una strada per andarsene e lasciarmi sola. L’editoriale che avresti voluto scattare tu? Amo ogni foto di Recuenco, prendi un suo editoriale qualsiasi, quello. S.P.


Carda d’Identità (della macchina fotografica) Marca: Canon 5D Mark III Data di nascita: (faccio brutta figura se non me la ricordo?) Segni di riconoscimento: nessuno (per fortuna) Flash? Mai! Odio quel tipo di luce Lente preferita: 85mm alternato al Petzval


società

Iniezione letale/intenzione letale? Morte di stato

In Oklahoma si muore di stato. C’è’ la pena di morte. Strano che il più occidentale tra i paesi occidentali (gli USA) ricorra, unico tra questi, a soluzioni tanto arcaiche, quando la presenza di un uomo viene considerata intollerabile a causa di ciò che ha fatto. Non in quanto pericolo per la società perché, comunque, da una gabbia non uscirà mai, ma in quanto ferita insanabile inflitta che può essere ricucita, secondo qualcuno, solo attraverso altre ferite, non solo insanabili, ma mortali. Succede che, nonostante la costituzione statunitense dica chiaro e tondo che in nessun modo il condannato a morte dovrà morire soffrendo inutilmente o in maniera bizzarra, o per tortura, o impiccagione o asfissia, o annegamento o diosolosacosa,(ovvero, ad eutanasia negata, si pensa di poter imporre una morte dignitosa), di fatto, recentemente più di un uomo ha lottato contro quella morte che gli era stata inoculata, per molti minuti, che, nel contesto di questo tipo di lotta, (agonia, la lotta contro la morte), sono un tempo che vale mille vite. Senza voler dare giudizi o di arrivare a delle conclusioni riguardo la liceità del diritto statunitense (sarebbe davvero fuori luogo e ai limiti del delirante) è però assolutamente pacifico che quella volontà di vendetta, attraverso l’infliggere sofferenza che potrebbe essere comprensibile in chi era legato alla vittima, non sia nelle intenzioni della legge americana. Una legge che, quando non se la sente, o non crede sia il caso di sprecare energie in termini di risorse per riabilitare, usa la pena di morte per ‘liberare’ il territorio da personaggi che non meritano, per la crudeltà delle loro azioni, di condividerlo con i loro più civili compatrioti Le esecuzioni ‘finite male’ (termine che fa sorridere, come le ‘rapine finite male’: quali sono quelle che finiscono bene? Quelle che non iniziano!) probabilmente ci sono sempre state, ma è negli ultimissimi tempi che ne sono stare segnalate alcune, oltre a quella citata all’inizio dell’articolo avvenuta in Oklahoma. Pare che il problema sia di natura politico-farmacologica. La prendiamo alla lontana; un approccio olistico in mancanza di informazioni che permettano un riduzionismo che sarebbe giustamente criticabilissimo. La ricerca farmaceutica segue il profitto. ‘Purtroppo!’ dovremmo aggiungere, la maggior parte delle volte, un po’ perché questo crea dei margini di mancanza di chiarezza in certi casi di creazione/svi-

luppo di alcuni farmaci, un po’ perché farmaci molto efficaci ma già brevettati non vengono supportati come dovrebbero. La cosiddetta ‘iniezione letale’, che poi è il metodo con il quale si viene giustiziati nella maggioranza degli stati americani in cui è ancora prevista la pena di morte, è un mix di tre farmaci. Uno è il midazolam, una benzodiazepina, ovvero un tranquillante molto potente e usato a dosi assai elevate, un altro è un preparato a base di potassio per creare degli squilibri che portino ad un collasso cardiocircolatorio, il terzo farmaco è top secret, o, meglio, solo pochissimi hanno la certezza di quale farmaco sia. Pare che questo terzo farmaco, prodotto in Europa fino a poco tempo fa, non sia più prodotto e per mancanza di incentivi di tipo finanziario (pochi morti ammazzati non sono abbastanza), e perché, se venisse fuori il nome della casa farmaceutica, probabilmente non sarebbe una buona pubblicità. Per cui, altri cocktails ‘politicamente corretti’ (basterebbe un’overdose di eroina per mandare all’altro mondo un uomo in santa pace) hanno dato come risultato la fine, pare, veramente orribile, degli sventurati che hanno fatto ‘da cavia’. L’America, come ogni grande ‘emergenza’ (in questo caso collettiva), è da sempre capace di grandi esempi di civiltà e tragiche dimostrazioni di barbarie. I famosi due passi avanti e uno indietro, che caratterizzano il percorso di molto destini. Avevo un bellissimo cane, un pastore maremmano, quando ero un ragazzino. Si ammalò di una di quelle malattie che gli animali non si meritano. Il veterinario mi impose di sopprimerlo. Gli iniettò prima un calmante, e poi, mentre io gli tenevo lo zampa, il farmaco che provoca la morte, di cui conoscevo anche il nome, ma che ho rimosso. Il cane è morto serenamente, e immediatamente, non uno spasmo. Il cane. È bastato un veterinario di Roma, via della Bufalotta, quartiere Tufello; sì, proprio quello degli stornelli di Claudio Villa e Gabriella Ferri. Chissà cosa c’era al Tufello nel 1984 che manca in Oklahoma nel 2014. Forse l’interesse per gli ultimi. O forse è stato solo un caso; il karma è tornato indietro dritto per dritto a un uomo molto cattivo. Andrea Vittorio Romagnoli

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ESSENZE

Bottled Unlimited di Hugo Boss

L’eau de toilette ad edizione limitata

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ugo Boss Parfums presenta un’edizione limitata del suo classico Boss Bottled: Unlimited. La nuova fragranza, vigorosa ed energizzante, si rivolge a chi ambisce al successo e non teme le sfide. È proprio per questo motivo che l’uomo Unlimited persegue i suoi obiettivi con una salutare fiducia nelle proprie possibilità. Già, perché solo la tenacia e il carattere spingono l’individuo verso una sicurezza in grado di sostenere con audacia le occasioni della vita. In fondo si può e si deve perdere qualche partita per assaporare meglio la vittoria finale. Non a caso, per il lancio del profumo, lo stilista ha scelto come ambasciatori i dieci migliori calciatori del mondo: Joe Hart (Inghilterra), Thiago Silva (Brasile), Marco Reus (Germania), Claudio Marchisio (Italia), Mario Gomez (Germania), Sergio Ramos (Spagna), Olivier Giroud (Francia), Robin Van Persie (Olanda), Fernando Gago (Argentina), Aldo de Negris (Messico). Un team di campioni sul campo per altrettanti campioni della seduzione olfattiva, che in Hugo Boss Unlimited esplode in tutta la sua competitività attraverso gli accordi di testa sorretti dalla menta e dalla violetta ghiacciata, variegati da un cuore di cisto sempreverde, ananas e cannella, e dalle note di fondo caratterizzate dal muschio e dal legno di sandalo. Questo profumo intrinseca in sé il connubio perfetto che lega lo sforzo necessario per ottenere il successo e l’esplosione di adrenalina che premia i risultati ottenuti. Una fragranza perfetta per celebrare l’Estate 2014 all’insegna dei prossimi Mondiali di Calcio. C.U.

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AFRICA photos by Gianmarco Vetrano


Richard Rollneck YOHJI YAMAMOTO (archive mens fall-winter 2005) Coat CRAIG GREEN Coat Tied Around Waist COS Trousers KRIS VAN ASSCHE Boots ROKIT James Top and shorts MAN MAK Skirt CRAIG GREEN Boots STYLIST’S OWN


















LIFE

Una nuova vita con 500 euro al mese

Da quattro anni c’è chi vive e lavora in camper, in barba alla crisi

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Sì, esatto, non avete letto male e neppure si tratta di un errore di stampa, Riccardo è un ragazzo trentenne che vive e lavora in camper. L’abbiamo incontrato tra le montagne del Gran Sasso e siamo rimasti affascinati dalla sua esperienza. Tutto nasce dal destino che nel 2009 si accanisce con il terremoto e spazza via casa e lavoro, lasciandolo in balia della sua laurea in economia e del nulla. Passa un anno e Riccardo prende la decisione: “Vivere in camper non è la strada obbligata che dovrebbe seguire chiunque abbia problemi economici, o una gran voglia di liberarsi da pesi e vincoli, o chi desideri semplicemente assecondare il proprio spirito di avventura. Vivere in camper è solo una strada, una come un’altra, che chiunque può scegliere. Nel mio caso il destino mi ha portato in questa direzione e ci sono arrivato perché mio padre era un grande appassionato di montagna. Ogni tanto, in famiglia, si parlava di comprare un camper, ma mia madre non ne ha mai voluto sapere e l’idea fu abbandonata. Tuttavia, io non ho mai smesso di pensarci. L’idea della casa mobile, che può permetterti di osservare un panorama diverso ogni giorno, ha sempre esercitato su di me un fascino irresistibile. Perciò, quando mi sono ritrovato senza casa né lavoro, a causa del sisma che ha distrutto la mia città (L’Aquila), ho pensato che il camper fosse l’unica soluzione: mi avrebbe permesso di vivere con un reddito molto basso, libero e felice fra le mie montagne abruzzesi, e soprattutto mi avrebbe consentito di continuare a fare ciò che più amo: scrivere romanzi.” Gli chiediamo a questo punto se lui sia uno scrittore... “La mia principale attività consiste nello scrivere narrativa e non considero la scrittura come un semplice hobby o un’attività da coltivare in base alle “mode” del momento. La scrittura rappresenta per me un lavoro complesso, che richiede grandi sacrifici, impegno, tempo, come qualsiasi altro mestiere svolto a livello professionale. Ho aperto un blog letterario, in cui mi sto impegnando al fine di promuovere questa mia passione per la narrativa e illustrare ad

altri quale meraviglioso mondo si cela dietro le lettere. Inoltre, per chi vuole vivere il camper come esperienza di vita o di vacanza, ho un sito in cui ci sono consigli e diari di bordo dei miei viaggi. Spero che un giorno la mia attività di scrittore possa generare anche un reddito, ma non è certo questa la mia priorità”. A questo punto, siamo curiosi di capire come faccia a vivere e quindi, senza peccare di invadenza, gli chiediamo quanto occorra mensilmente per vivere in camper: “Il grandissimo vantaggio del camper non è solo quello di poter fare a meno di pagare un affitto o una rata del mutuo, ma anche di poter fare a meno dell’automobile. Per i piccoli spostamenti quotidiani, si può lasciare posteggiato il camper e sfruttare i mezzi, oppure utilizzare uno scooter, o addirittura una bicicletta. In tutti questi casi, al sostanzioso risparmio sull’affitto, si aggiunge quello riguardante l’auto. Ritengo pertanto che con 500€ al mese si possa tranquillamente pensare di vivere in camper, facendo rientrare in tale cifra le spese per il cibo, il gas, le riparazioni, il gasolio, l’assicurazione e l’ammortamento mensile del mezzo. Nel mio caso, tale importo viene da una casa di mia proprietà, che ho deciso di concedere in affitto in modo da garantirmi un fisso mensile. Mentre parla, noi stiamo pensando ai problemi comuni che tutti i giorni si affrontano e per un attimo siamo assaliti da mille dubbi, incertezze che evidentemente trapelano dai nostri occhi: “Non hai paura di non avere certezze? Di sentirti un diverso? Se domani ti rompi un braccio, come ti muovi? Chi pensa a te?” Riccardo si siede nella dinette e dice “E’ ovvio che, vivendo in camper, sei un diverso. E alla società non piace il diverso. Il diverso porta scompiglio, novità, precarietà. L’uomo medio non ama questo: l’uomo medio necessita di certezze, teme il futuro, desidera tutte le comodità che hanno gli altri, e le vuole prima degli altri. E’ tutto qui, dunque. Se poi mi chiedi di risponderti dal punto di vista emotivo, quando in una notte perdi tutto capisci che di certo non c’è nulla, se non il fatto che tu possa respirare ancora. Se invece mi

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LIFE

chiedi una risposta razionale, ti dico che si parla di pura statistica: una percentuale di imprevisti è insita in tutte le scelte. Direi che in alcuni casi è molto più rischioso pensare di accollarsi un mutuo per trent’anni, sperando che durante tale lasso di tempo non capiti nulla che ci impedisca di pagarlo fino in fondo. Mi chiedo: è più probabile che nel giro di dieci-venti-trent’anni la mia azienda possa licenziarmi (impedendomi così di pagare l’affitto o il mutuo), oppure che mi rompa un braccio, o che magari mi capiti di distruggere il camper in un incidente? In certi casi, poi, non si è mai del tutto soli. Ti rompi in braccio? Beh, non penso che amici e parenti ti abbandonerebbero al tuo destino. Se invece non pagassi il mutuo o l’affitto, la situazione sarebbe ben più grigia, perché la banca e il proprietario di casa se ne fregherebbero dei tuoi problemi e ti sbatterebbero per strada. Fin qui il presente di Ricky è ben chiaro, ma per il futuro gli chiediamo come lo veda e quali progetti abbia: “Cercherò sempre di mantenere un valido equilibrio fra passione e razionalità. Finché potrò assecondare le mie passioni senza commettere scelte avventate dal punto di vista morale ed economico, mi sentirò a posto. Anzi, mi sento e mi sentirò libero. Ovviamente, non mi curerò mai di che cosa pensino “gli altri” delle mie scelte. Le persone che amano giudicare negativamente e/o superficialmente scelte come la mia sono spesso illuse di essere dalla parte della ragione, in virtù di alcuni principi che essi ritengono validi “a priori”. Sarebbe inutile spiegare loro che tali principi, in realtà, non sono altro che consuetudini imposte da un certo sistema economico-meccanico, a cui non importa nulla del benessere e della crescita spirituale di una persona, ma solo del suo apporto consumistico. Scegliere di affittare la propria casa e, vivere in camper con il denaro dell’affitto per poi cercare di realizzare un proprio sogno lavorativo, diventa molto difficile da accettare da parecchie persone”. Ci guardiamo intorno e vediamo sulla cucina una lettera di corrispondenza e gli chiediamo: “Ma la tua residenza dove si trova? Per esempio, una cartella di Equitalia dove ti arriva?” Riccardo con ironia confessa: “Mi devono prima trovare!” Sorride e, mentre ci serve una tazza di caffè, aggiunge: “Certo che ho la residenza! E’ a casa della mia ragazza e lì ricevo la mia corrispondenza. Per chi non disponesse di una casa “d’appoggio” in cui chiedere la residenza, esistono comunque altre possibilità: basta chiedere nel proprio comune”.

Possibile che non ci sia alcun rimpianto della tua vita passata o nessun ostacolo che ti faccia dire basta? “Non ricordo alcun ostacolo di rilievo. La vita in camper è sempre una fonte continua di stimoli e scoperte. Capisci il valore di “uno”: un centimetro, un litro d’acqua, una luce accesa. Scopri l’appagamento inaspettato di vivere in un microcosmo che non ammette il superfluo. I piccoli spazi del camper sono come scrigni, custodi di oggetti utili e preziosi. Non c’è tempo né spazio per altro. Qualche volta devi provvedere a piccole riparazioni, ma nulla di serio. Bisogna solo armarsi di molta pazienza: caricare l’acqua, scaricare l’acqua, rifornirsi di gas: sono attività che alla lunga possono stancare. Se si pensa però a quanto tempo, denaro e grattacapi comporta mantenere una casa e un’automobile, allora appare subito evidente che le poche “scomodità” della vita in camper sono davvero trascurabili. La vita a bordo comporta l’instaurarsi di un rapporto molto particolare fra il mezzo e il suo padrone, un legame per certi versi ancora più simbiotico di quello che si crea con la propria casa. Bisogna entrare in confidenza con il proprio camper, facendo in modo che il nostro carattere possa collimare col suo. Sì, perché, per quanto possa sembrare assurdo, ogni camper possiede un carattere ben definito, e potrebbe succedere che, dopo un certo periodo di prova, si instauri una vera e propria antipatia reciproca.” Usciamo dal camper e sotto la veranda gli chiediamo quali siano i suoi ricordi più belli E’ questione di un attimo e Riccardo rientra nella casa con le ruote e con orgoglio ci dice: “Penso che qualche riga del mio libro possa rispondere chiaramente”. Inizia a leggere e noi capiamo perfettamente e forse invidiamo la sua scelta di vita. Qui di seguito ciò che ci venne letto: “Chiudo la tenda. Sono solo ora, appartato nella mia nuova culla, protetto dal solido involucro del camper. Mi volto a destra e apro l’oscurante della finestra. A pochi metri da me, la sagoma del bosco si staglia nitida e irsuta contro il cielo stellato. Gli alberi sono neri, ma non è il nero degli abiti da sera o dello schermo spento della tv. E’ un colore che la maggior parte della gente ha dimenticato, un nero che inquieterebbe non poco chi è abituato ad andare a letto col rumore del vicino di casa che tira lo sciacquone del water.” Per conoscere meglio i viaggi e la vita di Riccardo: www.vivereincamper.com. Cristiano Fabris

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BURNING DESIRE photos by Eric Ouaknine STYLING by JNSN


Boy Leather shirt SMALTO Bracelet JMbyElsa Leather trousers ISABEL BENENATO Girl Printed top PAULE KA Trousers AS I AM Belt TONY YAACOUB



Boy Jacket L’ECLAIREUR Shirt RAJESH PRATAP SINGH at L’Eclaireur Short SAGE DE CRÊT Girl Lace Dress ETIENNE JEANSON Panty YASMINE ESLAMI



Boy Jacket L’ECLAIREUR Shirt RAJESH PRATAP SINGH at L’Eclaireur Short SAGE DE CRÊT Girl Lace Dress ETIENNE JEANSON Panty YASMINE ESLAMI Shoes TONY YAACOUB



Boy Leather trousers ISABEL BENENATO Girl Harness ZANA BAYNE Leather short VICTORIA TOMAS Shoes WALTER STEIGER



Girl Corset EYMERIC FRANÇOIS Couture



Photos by Eric Ouaknine - www.ericouaknine.com Styling by JNSN Production: EOP Paris Make-up and hair: Lucie Stauff Models: Alexia Cicard & Phil Ansaldo Casting Director: Cyril Joubert Editing: Simona Vaicyte


Sweater Junk Deluxe Trousers dior Homme


SHADOW PLAY photos by FABIAN BLASCHKE STYLING & REALISATION by HANIBALL SALIBA


Shirt Element Trousers FirmA


Shirt Adddress Trousers z.zegna Sandles stylist own


Shirt Adddress Trousers Dior Homme Sandles stylist owN


Shirt Falke Trousers Hugo


Shirt Marc Stone Trousers Hermes Sandles stylist own


Shirt Falke Trousers Dior Homme Sandles stylist own


Shirt Adddress Trousers z.zegna


Shirt damit doma Trousers GioRgio Armani Sandles stylist owN


Shirt damir doma Trousers Hermes Sandles stylist own


Shirt Adddress Photos by Fabian Blaschke Styling and realisation Haniball Saliba Grooming Anne Timper @ nude Model Viktor @ Kult models


MOTORI

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re ulteriormente le emissioni e il consumo di carburante, vengono offerte soluzioni ecologiche, quali pneumatici a bassa resistenza al rotolamento, olio a bassa viscosità e fasce elastiche a basso attrito. Il cuore può essere scelto tra il 2.0 MultiJet 115 CV e 280 Nm di coppia massima (cambio a 5 marce), il “downsizing perfetto”, economico e con ottime prestazioni soprattutto nell’ambito urbano. Mediano è il 2.3 MultiJet 130 CV, 320 Nm di coppia massima (cambio a 6 marce), la risposta ideale per un utilizzo misto: agile nel traffico e brillante nelle lunghe. Terzo motore in gamma il 2.3 MultiJet 150 CV, 350 Nm di coppia massima (cambio a 6 marce), il ‘best in class’ per il rapporto tra bassi consumi ed alte prestazioni unite ad un peso ridotto: è l’ideale per gli impieghi gravosi. Top di gamma il 3.0 MultiJet 180 CV, 400 Nm di coppia massima (cambio a 6 marce) capace di soddisfare sia i professionisti che privilegiano la potenza, la coppia e la ripresa sia coloro che necessitano di allestimenti più pesanti quali motorhome di grandi dimensioni. Infine,

ato 33 anni fa, il nuovo Ducato resta il best seller di Fiat Professional che nasce con l’obiettivo di perseguire il podio più alto delle vendite. L’esterno può essere personalizzato con i due diversi colori della calandra anteriore, lo “skid-plate” che arricchisce la parte inferiore del paraurti, nuovi proiettori con DRL integrate (a richiesta con tecnologia LED) e nuovi cerchi in lega leggera da 16”. A bordo il Nuovo Ducato propone tre ambienti - Classic, Techno e Lounge - con livelli crescenti di raffinatezza ed eleganza, caratterizzati da nuovi sedili con rivestimento in tessuto antimacchia, dal nuovo porta-bicchieri integrato nella consolle centrale e dall’inedito supporto Multifunzionale disponibile al centro di tutte le plance in gamma e utilizzabile con tutti i device, quali smartphone, tablet, oltre ai tradizionali block notes. Rispetto al modello precedente, il peso è stato ridotto grazie alle speciali sospensioni posteriori in materiale composito e, per ridur-

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MOTORI

over the top: Nuovo Fiat Ducato Prodotto in 2,6 milioni di unità, giunto alla sesta edizione, resta il veicolo commerciale più venduto in Italia

(EBA). Inoltre, per garantire una migliore manovrabilità del veicolo e incrementare il comfort di guida, sulle motorizzazioni MultiJet 2.3 e 3.0 sarà offerto di serie il servosterzo ad asservimento variabile, “Servotronic”, mentre, a richiesta, sono disponibili ulteriori ausilii alla guida come il Traction + (completo di sistema Hill Descent Control), il sistema di segnalazione superamento del limite corsia e il sistema di riconoscimento della segnaletica stradale. Le novità arrivano anche nel campo dell’Infotainment dove il nuovo Ducato offre un’ampia gamma di radio con tecnologia Bluetooth e lettore MP3. Inoltre è disponibile l’esclusivo sistema Uconnect con touchscreen a colori da 5”, telecamera per retromarcia e navigazione integrata. Infine, l’intera offerta è disponibile con decoder per la riproduzione.

successivamente al lancio, sarà disponibile il 3 litri Natural Power (Euro 6) da 140 CV e 350 Nm di coppia con l’inedita doppia alimentazione metano/benzina. A vantaggio sempre dei consumi viene adottato il cambio automatizzato Comfort-matic (disponibile sui motori 2.3 e 3.0 litri) che offre fino al 5% di risparmio di carburante e maggiore comfort di guida; lo Start & Stop in grado di ridurre i consumi fino al 15% sui percorsi urbani (disponibile sui motori 2.3 Multijet 130 e 150 CV); e il nuovo Gear Shift Indicator che aiuta ad ottimizzare lo stile di guida, suggerendo la marcia giusta per risparmiare carburante. Nella dotazione di serie troviamo anche il controllo elettronico della stabilità (ESC) che è stato migliorato grazie al sistema di contenimento del rollio, per massimizzare il comfort e proteggere il carico da movimenti imprevisti, in associazione con il sistema di riconoscimento del carico (LAC), Hill Holder, sistema anti-pattinamento (ASR) e sistema di assistenza elettronica alla frenata d’emegenza

Cristiano Fabris

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Hidden Storm photos by Benedetta Ristori STYLING by Marta Sommer


Maglietta Gemma and CO Pantaloncini Atmosphere



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Gonna Balloon Top Gemma and CO


Gonna Valentino Vintage Top/Gilet Gemma and Co

Tuta Roman’s


Tuta Roman’s


Tuta Roman’s Photos by Benedetta Ristori Styling by Marta Sommer Make-up: Francesca Antonetti Model: Nausicaa


teAtRO

MARCO DAVERIO: autore teatrale e direttore artistico di commedie musicali in Italia e Francia è attualmente Responsabile Progettuale del Balletto di Milano. Da diversi anni associa l’attività artistica all’impegno nel sociale e alla difesa dei diritti civili. E-mail: marco.daverio@fastwebnet.it

Scelti per voi... In questa rubrica vengono segnalati alcuni spettacoli che possono interessare i lettori appassionati di prosa, musica, opera e balletto

Prosa

Opera

Segnaliamo con piacere la manifestazione teatrale che si svolge a giugno al teatro Argentina di Roma “Altri Amori - Anteprima Garofano Verde”, scenari di teatro Omosessuale, rassegna a cura di Rodolfo di Giammarco. In scena tre spettacoli: “la notte poco prima della foresta”, “thérèse e Isabelle” e “Caro George”. di seguito le note dell’organizzatore. Il fronte dell’antiomofobia sta guadagnando in visibilità, sta combattendo violenze e pregiudizi, sta lottando per diritti civili, sta a volte registrando lo scandalo di alcuni arretramenti ma per fortuna sta anche conquistando legittimità, integrazioni e sempre nuovi spazi di cultura. Ne è una testimonianza oggettivamente felice il sostegno pubblico che a Roma, per impegno prestato dall’Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica della Capitale, una manifestazione di teatro legata alla drammaturgia lGBt riceve ormai da ben ventun anni, facendo leva su un insediamento operativo al teatro Belli, con un’estensione di credito, di immagine e di location che dal 2013 giunge istituzionalmente e parallelamente anche dallo Stabile cittadino. Accade infatti che dopo la serata unica ospitata e condivisa dal teatro di Roma nel giugno dello scorso anno al teatro Argentina, col battesimo di Still life di Ricci/Forte, lo stesso direttore artistico di allora, Gabriele lavia, volle riconfermare una joint venture con la storica rassegna fondata su scenari di teatro omosessuale, riservando in questo fine di stagione un’intera settimana a una sorta di ouverture amplificata della manifestazione, iniziativa adesso prontamente confermata e adottata dal neo-direttore dello Stabile, Antonio Calbi. la formula, in attesa di un prodursi di potenziali comunali per l’effettuazione di un normale programmazione del “Garofano Verde” nel dopo-estate, adotta ora il titolo di Altri Amori/Anteprima Garofano Verde. Ci ispiriamo ad autori di riferimento e a registi che marcano stretto i linguaggi del teatro contemporaneo. Pippo delbono s’accosta per la prima volta a Bernard-Marie Koltès, e studia, dice, legge, prende spunti dal monologo di culto la notte poco prima della foresta. Valter Malosti dischiude il mondo provocatorio e sincero di un’antesignana illustre d’una letteratura di sentimenti e di dialettiche lesbiche, e dirigendo un’attrice attenta al sociale come Isabella Ragonese (in scena con la giovane Roberta lanave) adatta teatralmente, curandone la regia, il romanzo thérèse e Isabelle di Violette leduc, portavoce clamorosa e coraggiosa della sensibilità di donne per donne, destinataria di una dedica che Genet le fece coniando les bonnes. e poi c’è sembrato stimolante creare un parallelo tra l’universo dello stesso Jean Genet, di cui facciamo vedere il breve film Un chant d’amour, e la dimensione di un’altra omosessualità carismatica, quella di Francis Bacon, in Caro George di Federico Bellini ad opera di Giovanni Franzoni diretto da Antonio latella, una messa in parole della problematica del modello-partner del pittore, figura che drammaticamente si suicidò. tre preannunci, tre esperimenti, tre trattamenti del sapere omosessuale che prenderanno posto sullo “sperone” dell’Argentina, nel teatro pubblico più rappresentativo della città, per suggerire, speriamo, una “grande bellezza” di rapporti, nel cuore di Roma. www.teatrodiroma.net

torna al teatro alla Scala dopo molti anni di assenza una delle opere più belle e divertenti del grande genio della musica Wolfgang Amadeus Mozart: “Così fan tutte”, in scena dal 19 giugno per tutto il mese, con repliche fino al 19 luglio. Il soggetto è una briosa commedia sul tema dell’infedeltà femminile (canta uno dei protagonisti “… è la fede delle femmine come l’Araba Fenice: che ci sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sà…” ). Il cedimento alla passione non è forse una suprema forma del piacere, ben nota all’animo femminile? dizionario di malizie civettuole e di eleganti doppi sensi, “Così fan tutte” è l’ultima opera italiana del genio di Salisburgo, giovane padre dell’opera moderna. Congegno teatrale perfetto, gioco intellettuale di “coppie”, “doppi” e “gemellaggi”, l’assunto della trama dimostra che in amore non è bene essere troppo creduloni. l’amarognola commedia conclude però che l’infedeltà è “necessità del core” per la donna, essere incolpevole e pertanto assolto. Ma a cantare il disincanto sulla lealtà femminile non è solo una geometrica scommessa pre-scambistica, ma la sublime musica di Mozart, in grado di simulare sentimenti e persino mentire con cinismo. l’opera ha più terzetti e quintetti di quanti ne contino le nozze di Figaro e il don Giovanni, e, se la matematica non è un’opinione, l’amore è dispari, e il triangolo è ben considerato, se non altro in forma di dubbio sulla scelta. Il regista tedesco Claus Guth, quello del recente lohengrin, vi si applicherà con tutta la sua forza intellettuale: riprende, variandolo, un suo spettacolo, per farne in sostanza uno nuovo. dirige daniel Barenboim che torna alla Scala col suo secondo Mozart e passerà il testimone a Karl-Heinz Steffens per alcune recite. Il cast offre il meglio dei palcoscenici mondiali: Maria Bengtsson, Rolando Villazón, Michele Pertusi, Adam Plachetka, Serena Malfi, Katija dragojevic. www.teatroallascala.org

Operetta

Per gli appassionati del genere segnaliamo al teatro Regio di torino in scena dal 27 giugno la celeberrima “Vedova Allegra” con la bellissima e altrettanto brava Svleta Vassileva. tratta dalla commedia di Henri Meilhac “l’Attaché d’ambassade”, l’operetta “die lustige Witwe” fu uno dei più grandi successi viennesi del secolo. Andato in scena al theater An der Wien il 30 dicembre 1905, il capolavoro di Franz lehár raccolse immediatamente un enorme entusiasmo per il modo felice in cui aveva mescolati tutti i temi classici dell’operetta: l’infedeltà, il denaro, l’eccentrica mondanità aristocratica, il matrimonio, la politica... la vicenda è ambientata a Parigi tra i cittadini del piccolo e finanziariamente pericolante principato del Pontevedro (ironico mascheramento per Montenegro). A questo felice mondo, ubriaco di splendidi valzer e fiumi di champagne, più di un musicista “serio” (da Puccini, a Strauss, a Schönberg) si avvicinerà incuriosito, magari storcendo il naso, ma cercando anche di carpire il segreto di un intramontabile e inebriante fascino. www.teatroregio.torino.it

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Spot Light

Nel gergo dello spettacolo spot light indica il riflettore da puntare sull’artista per metterlo in evidenza sulla scena. In questo numero di giugno abbiamo scelto anziché un solo artista un genere, quello del Cabaret, segnalando tre personaggi i cui spettacoli stanno facendo furore nei teatri e nei palazzetti di tutta Italia. È un successo che ha origine in TV e prosegue in live tour che vedono il tutto esaurito ovunque vadano. A volte, come per “Made in Sud”, è un format a garantire, come un marchio di qualità, il divertimento assicurato. Il pubblico si trova così a contatto diretto con i beniamini del piccolo schermo che hanno scacciato con gag, battute e interpretazioni esilaranti la monotonia di molte serate casalinghe.

Gabriele Cirilli

One Man Show (a giugno allo Zelig di Milano) In scena il nuovo one-manshow di Gabriele Cirilli, uno dei comici di punta del panorama televisivo ma da sempre innamorato della magia del teatro. È un viaggio attraverso gag irresistibili, nuovi monologhi, racconti di vita vissuta che toccano le corde del cuore e dell’anima, canzoni, nuovi personaggi etc… Insomma uno scatenato Gabriele Cirilli. Il pubblico vi troverà le battute a mitraglia che lo hanno reso popolare a Zelig, i personaggi più amati ma anche molto, molto altro! Comico ed esilarante al tempo stesso, “Live” è una prova d’attore completa e sfaccettata, espressione della maturità artistica di un mattatore della risata che ha ormai conquistato il grande pubblico.

Andrea Pucci

Vent’anni tutti da ridere (a giugno a Verona e a Segrate) Andrea Baccan, in arte Pucci, ha debuttato come protagonista assoluto all’interno del laboratorio Progetto Derby, contenitore comico del Teatro Derby curato da Teo Teocoli e Mario Lavezzi. Cabarettista, monologhista e presentatore, Pucci è un comico provocatore e irriverente. Evita la satira politica preferendo quella di costume. Lo spettacolo è un monologo che ha come argomento centrale la quotidianità e non tralascia mai di coinvolgere il pubblico visto che in fondo tutti hanno vissuto storie simili. Dal rapporto con la mamma, al racconto della sua adolescenza fino alla vita di coppia con il lungo e travagliato percorso di 20 anni di matrimonio.

Angelo Pintus

50 sfumature di Pintus (a giugno a Tortona e Santa Margherita Ligure) Care donne, a differenza di quelle di grigio, le sfumature di Pintus vi faranno ridere!!! Forse... e se lo dico io potete non credermi!! Il lavoro del comico è un lavoro strano... la gente per strada ti ferma e crede sempre che tu possa farla ridere... sempre! Sarebbe come se a un cantante per strada tu chiedessi di cantare o a un calciatore di palleggiare... oppure a Rocco Siffredi di ...!! Insomma non ha senso ! Ma fare il comico credo sia molto più facile di quanto altri vogliono farci credere... la comicità è dappertutto… Nei politici che litigano... in alcune storie assurde di alcuni programmi televisivi... e nelle pubblicità... basti pensare che Banderas parla con una gallina che si chiama Rosita!

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NEWS & APPUNTAMENTI

CityLife

Gli appuntamenti in città SUCCESSO A TORINO PER IL FESTIVAL DEL CINEMA GAY

TORINO. La ventinovesima edizione del Festival del Cinema Gay di Torino (TGLFF) si è chiusa il 6 maggio con un buon successo di pubblico e critica. Nelle sale del cinema Massimo si sono alternati film, documentari, momenti di spettacolo, incontri con registi e attori e una interessata partecipazione del pubblico, che spesso al cinema si trova invece ad assistere passivamente alle proiezioni. Ad alcune proiezioni non sono mancati momenti di confronto e di dibattito particolarmente interessanti. Il film vincitore del premio più ambito, l’“Ottavio Mai”, è stato “Der Kreis” di Stefan Haupt, la storia vera di due uomini che, nella Svizzera del dopoguerra, vivono un amore contrastato dalle leggi e dalla claustrofobica società dell’epoca, per poi sposarsi nel 2000. I reali protagonisti della storia erano presenti in sala. Ormai anziani, emozionatissimi, sono stati l’emblema vivente di un happy end che , da noi in Italia, appare ancora oggi un’utopia. Molto meno lieto il finale de “La partida”, film ambientato a Cuba per la regia di Antonio Hens, cui la giuria, composta da Paola Pitagora, Pippo Delbono, Gabriele Ferraris, Ron Peck e Gal Uchovsky, ha assegnato un premio speciale: la fuga d’amore progettata da un ragazzo con il suo amore proibito annega nel sangue. E sono molti, tra i film visti, quelli che finiscono male, secondo il consueto paradigma amore gay-colpa-espiazione. I voti del pubblico hanno premiato “Hoje eu quero voltar sozinho”, film brasiliano diretto da Daniel Ribeiro, mentre tra i documentari la giuria, composta da Milena Paulon, Luigi Romolo Carrino e Gabriele Farina, ha premiato il francese “Violette Leduc: la chasse à l’amour” di Esther Hoffenberg, conferendo una menzione speciale al britannico “Rebel menopause” di Adele Tulli, premiato anche dal pubblico. Particolarmente emotivo e toccante il cortometraggio “For Dorian” di Rodrigo Barriuso, canadese, storia di un adolescente gay affetto dalla sindrome di down. Tema interessante, che la giuria, composta da Silvia Minelli, Alessandro Fullin e Enrico Salvatori, ha premiato compatta. Menzione speciale all’incredibile “Das phallometer” di Tor Iben, tedesco, mentre il pubblico ha invece votato lo svedese “Ett Sista Farvall” di Casper Andreas. La giuria, guidata da Max Croci e composta dagli studenti dello IED (Ludovica Drusi, Francesca Gallina e Giulio Rocca) e del DAMS di Torino (Davide Bertolino, Bianca Cassinelli e Edoardo Monteduro), ha assegnato lo speciale Queer Award al tedesco

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NEWS & APPUNTAMENTI

“Ich fuhl mich Disco” di Alex Ranisch mentre all’olandese “20 leugens, 4 ouders en een scharrelei “di Hanro Smitsman la giuria degli studenti del DAMS di Torino, composta da Davide Drochi, Ilaria Frare, Alessandra Madonia, Giacomo Mezzetti, Martina Ponsa, Federica Scarpa e Chiara Tamburini, ha assegnato il Premio DAMS – Sguardi sul Festival. Alla serata di apertura del Festival sul palco, con il direttore del Festival Giovanni Minerba si sono alternati i volti noti di Ambra Angiolini, madrina dello stesso, giovane icona gay dai tempi di “Non è la rai” e oggi affermata attrice, la veterana Orietta Berti, che ha raccontato delle sue frequentazioni (soprattutto estere) dell’ambiente gay, e la giovane rivelazione Levante, promettente cantautrice; graditi i soliti ritorni di Fabio Canino e Vladimir Luxuria, mentre Emma Dante ha ricevuto un meritato premio alla carriera. Novità di quest’anno, oltre al restyling nell’aspetto, anche quello del nome, che va a sottolineare il forte legame che questo Festival ha da sempre con Torino), l’esibizione di tanti giovani artisti, quasi tutti locali, che con le loro performance musicali hanno anticipato le proiezioni dei film, un’idea rivelatasi fresca e vincente. Ora il Festival si prepara per il trentennale che dovrebbe essere ancora più innovativo e coinvolgente, come merita quello che è uno dei festival gay più longevi d’Europa. Sperando che Il prossimo anno da quel palco si possa applaudire a qualche nuova legge sui diritti civili del mondo LGBT. Willy Vaira

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NEWS & APPUNTAMENTI

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Santuzza, Anna e il sogno di Mila

vali in patria. La Duse si offese personalmente con il suo poeta e non gli perdonò mai di aver dato alla collega francese l’opportunità di soffiarle la parte. Ma le cose cambiarono nel 1901. Il 20 marzo il pubblico milanese del Teatro Lirico applaudì la prima interprete italiana della “Ville morte”. La tragedia moderna rivisitava il mito greco, in un’ ottica post – moderna, sulla scia del dionisiaco Nietzsche. Nella parte di Anna, personaggio plasmato proprio sullo stile tragico e visionario del Vate, Eleonora Duse viene acclamata come “la divina”. In italiano l’opera prese il titolo “La città morta”, inaugurando una lunga serie di tragedie in versi, tra cui “La Gioconda” e “La figlia di Iorio”. Quest’ultima segna l’apice del teatro dannunziano. Rivisitazione in chiave onirica dell’Abruzzo contadino e folklorico, ha come protagonista Mila, la grande meretrice redenta dall’amore. La Duse sognava questa parte e voleva recitarla in vari teatri italiani, a Milano, Firenze e Roma. Ma il destino le fu avverso. Quando D’Annunzio concluse l’opera, la diva si ammalò e la parte fu data a Irma Gramatica.

Nel 90° anniversario della morte di Eleonora Duse PARTE 2°

L’incontro tra Eleonora Duse e il poeta Arrigo Boito non è scritto nel solco di una storia privata. Come sempre, gli amori delle dive sono lancette di un orologio collettivo. Segnano velocemente il tempo che va avanti e costruisce nuovi miti sulle ceneri di un edificio, quello della tradizione, fatto a pezzi dalla forza scatenata delle innovazioni. Sembra un segno del destino questo amour fou che lega la Duse alla poesia. Prima Arrigo Boito, poi Gabriele D’Annunzio. Entrambi la sedussero con il potere della parola. Soprattutto il Vate di Pescara seppe trascinarla nel vortice di una passione ardente che fece delirare entrambi nel corpo e nell’anima. Segnò una svolta innovativa, nel privato Eleonora Duse e Gabriele D’Annunzio da Piermago’s creations e nell’ambito professionale. La Duse vide in D’Annunzio il creatore di un nuovo teatro, dove i personaggi potevano staccarsi dall’obbligo di rappresentare la realtà quotidiana, per inventare un mondo sotterraneo, popolato da visioni scaturite dalla potenza del verso poetico. A sua volta, D’Annunzio trovò nell’attrice il gesto teatrale che inventava la discesa del personaggio negli abissi dell’inconscio, là dove si agitano sogni e desideri, fantasmi e allucinazioni. Il teatro italiano, scatola chiusa del morente Verismo di fine Ottocento, si rinnova, guardando al moderno teatro europeo, sull’onda di uno “stil novo” fatto di oscuri simbolismi e di rarefatte analogie che rimandavano al maestro per eccellenza della poesia moderna: Charles Baudelaire.

La divina e il suo poeta

Solo per Eleonora, D’Annunzio accettò la sfida al vecchio teatro, ormai in sfacelo. E, soprattutto, quella con il pubblico borghese abituato alla recitazione tardoverista. D’Annunzio scrisse per lei, sua somma interprete, veri e propri poemi drammatici come “La ville morte”, ma gli interessi della fabbrica teatrale prevalsero sulle ambizioni dell’attrice e del suo pigmalione. In Francia la diva assoluta era Sarah Bernhardt che non aveva ri-

Cavalleria Rusticana - La morte di Turiddu

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