mensile - anno venti - numero undici - novembre 2016
italia
MODA Tagli in casa Cavalli BRANDS Kenzo x H&M ARTE Gucci 4 Rooms FOTOGRAFIA David Slijper
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SOMMARIO
COSTUME 54
FOTOGRAFIA 18
Kenzo x H&M
PEOPLE 74
BRANDS 07
FOTOGRAFIA David Slijper
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FASHION Mojave
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MODA Tagli in casa Cavalli, ma questa volta non di stoffe
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FASHION Intimate accomodation
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YOUNG DESIGNER NAP di Giacomo Frasson
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ARTE Gucci 4 Rooms
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FASHION Amazone
YOUNG DESIGNER 98
FASHION Mein schatz
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COSTUME Una scandalosa minigonna!
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FASHION The secret Soul
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PEOPLE Antonio Marras: “Nulla dies sine linea”
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SOMMARIO
ARCHITETTURA 184
Museo Internazionale della Calzatura
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COVER The boatsman
MOSTRE 164
ARTE 108
MOSTRE
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MOSTRE “L’altro sguardo. Fotografe italiane 1965-2015”
164
FASHION Red passion
176
icons 240
Benvenuti a Casa Azpita
184
FASHION The dreamers
194
ARTE LOVE: L’arte contemporanea incontra l’amore
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BEAUTY Keep the moment
motori 234
COVER 138
ARCHITETTURA
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EDITORIALE
Kenzo x H&M, è tutta una questione di personalità
M
eno cinque, quattro, tre, due, uno… l’attesa è finita! È finalmente sul mercato la collezione di Kenzo x H&M destinata all’autunno inverno 2016/2017. La nuova capsule collection, in edizione limitata, è stata presentata qualche mercoledì addietro a New York attraverso un evento che ha particolarmente entusiasmato la Grande Mela ed oggi è disponibile in oltre 250 selezionati punti vendita H&M in tutto il mondo e, naturalmente, sulle piattaforme online. I colori accesi e le stampe energiche rispecchiano appieno la natura incalzante, vivace e anticonformista della Maison francese, ma è attraverso un quasi tributo all’animalier che i direttori creativi Carol Lim e Humberto Leon si sono espressi in questa cobranding collection con il colosso svedese. “Personalità” è il termine più adatto per vivere, descrivere e indossare questa collezione, partita col botto già durante la presentazione, che ha visto sfilare e posare indossatori e indossatrici con espressioni e movimenti lontanissimi dai classici défilés. continua a pag. 6
N . 1 1 novembre 2 0 1 6 cover Photos by Ava Pivot Styling by Stephan Kallaus Grooming: Yvonne Wengler Model: Richard Biedul Coat and jumpsuit Chafor Watch Maurice Lacroix Belt St. Dupont
editrice Sedit sc via Emile Chanoux, 26 10026 Pont Saint Martin (AO) direttore editoriale Calogero Urruso direttore responsabile Salvatore Paglia pubbliche relazioni Jean Paul Bianco pubblicità Tel. +39 329.8622268 info@luimagazine.com impaginazione e grafica Michele Alberti redazione Fax 02 91390360 redazione@luimagazine.com stampa Tipografia Giglio-Tos
pubblicazione mensile Reg.Trib. di Milano N. 169 - 03/2000 hanno collaborato a questo numero: Alessandro Rizzo Alexia Mingarelli Claudio Marchese Michele Vignali Riccardo di Salvo Silvia Trepago Lui Magazine è un mensile distribuito gratuitamente (0,10 euro) in tutta Italia e Costa Azzurra Lui Magazine non è responsabile per la qualità, la provenienza o la veridicità delle inserzioni. La direzione di Lui sì riserva il diritto di modificare, rifiutare o sospendere un’inserzione a proprio insindacabile giudizio. L’editore non risponde per eventuali ritardi o perdite causate dalla non pubblicazione dell’inserzione. Non è neppure responsabile per eventuali errori di stampa. Gli inserzionisti dovranno rifondere all’editore ogni spesa eventualmente da esso sopportata in seguito a malintesi, dichiarazioni, violazioni di diritti, ecc. a causa dell’annuncio. L’apparizione di un modello sulla copertina o sulle pagine del giornale non costituisce implicazione relativa al suo orientamento sessuale. Il © delle immagini è di proprietà degli autori. L’editore rimane a disposizione per gli eventuali accordi di pubblicazione che non è stato possibile definire. I dati forniti dai sottoscrittori degli abbonamenti e quelli degli inserzionisti vengono utilizzati esclusivamente per l’invio del giornale e la pubblicazione degli annunci e non vengono ceduti a terzi per alcun motivo.
BRANDS
Complice anche la musica dal vivo trascinante dei tamburi e gli incalzanti passi di danza eseguiti da un corpo di ballo frizzante e particolarmente dinamico, “ Personalità” si rispecchia anche nella scelta dei protagonisti, tutti artisti, chiamati per interpretare il lookbook della linea: il modello e rapper Le1f, la scrittrice e attivista Amy Sall, la fashion editor Harriet Verney, il fotografo Youngjun Koo, l’artista e DJ Juliana Huxtable, il musicista e performance artist Oko Ebombo, la musicista Anna of the North, la make-up artist Isamaya Ffrench, l’artista Ingrid e i modelli Tom Gaskin, Julia Banas, Selena Forrest, Pierre Painchaud, Mae Lapres, Hao Liu, tutti rigorosamente, per modo di dire, immortalati dal fotografo Oliver Hadlee Pearch. 9
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BRANDS
“Personalità” fa anche rima con quotidianità e ce ne vuole molta per potersi permettere di indossare uno o più dei capi proposti. Certi indumenti non possono solo essere calzati, ma vanno portati con l’esatto “appeal” e non solo… ci vuole l’animo giusto, perché vestire per apparire è semplicemente riduttivo. Bisogna sentire ciò che s’indossa, affinché diventi l’espressione del proprio stile. La catena low cost d’abbigliamento più famosa al mondo è da anni che collabora con stilisti d’Alta Moda, connubio che prende vita con le collezioni in edizione limitata. Tutto è cominciato nel 2004 con Karl Lagerfeld, tre anni dopo è stata la volta di Roberto Cavalli, due anni a seguire con Jimmy Choo; da qui in poi l’appuntamento con le grandi firme ha preso una cadenza annuale, diventando un appuntamento fisso: Lanvin e Sonia Rykiel (2010), Versace (2011), Maison Martin Margiela e Marni (2012), la stilista francese Isabel Marant (2013), Alexander Wang (2014), l’anno scorso con Balmain e adesso è la volta di Kenzo. La curiosità di scoprire chi sarà il designer del 2017 solletica l’interesse di ogni fashionista e probabilmente diventerà anche la disputa di qualche giocata, 11
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BRANDS
giacché nel Regno Unito tutti possono scommettere su tutto: dal prossimo nome del nuovo Papa al colore delle scarpe della Regina Elisabetta… non c’è limite alla fantasia dei bookies d’Oltremanica! Ma veniamo a noi, o meglio alle dichiarazioni fatte in merito a questo neonato progetto. Ann-Sofie Johansson, Creative Advisor di H&M, dichiara: “Non vediamo l’ora di far conoscere a tutti i frutti di quest’importante collaborazione che mette in risalto la creatività, il divertimento e l’amore per la moda”. Mentre Carol Lim e Humberto Leon ammettono: “Questa partecipazione ci permette di pensare in grande, di andare oltre i limiti e affacciarci al mondo con tutta l’energia di Kenzo”. 15
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FOTOGRAFIA
La leggerezza dello scatto nell’elegante e delicata fotografia di David Slijper: luci e cromie diventano colori armonici
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ontemplare da spettatore le fotografie di David Slijper risulta certamente piacevole da un punto di vista puramente estetico e da un punto di vista dell’idea, originale quanto unica, che ha definito l’opera. La produzione di David Slijper non permette fraintendimenti di genere: la sua è essenzialmente una fotografia pubblicitaria, spesso appartenente al mondo del fashion stile, molto spesso promozionale, come la serie che l’autore ha dedicato alle celebri figure del mondo dello spettacolo e della cultura.
FOTOGRAFIA
La firma di David Slijper è indubbiamente riconoscibile e si evidenzia in tutta la propria portata compositiva all’interno del vasto e variegato mondo della fotografia di moda e pubblicitaria: sono la tecnica a rendere riconoscibile l’opera di David Slijper, particolare quanto molto attinente a una coerenza stilistica, e la capacità dell’autore di proporre l’immagine integrata in un quadro visivo armonico ed equilibrato. Nella produzione di David Slijper ci stupisce e affascina una costanza nell’inquadratura e nella scelta degli elementi tecnici, utili a dare una determinata espressività pittorica alla fotografia, unita alla propria immancabile attenzione per la ricerca, ossia la predisposizione a leggere strumentalmente il lato compositivo rispetto alla situazione e al contesto in cui il soggetto è inserito.
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FOTOGRAFIA
L’autore gioca con destrezza e sapienza con le luci, con la luminosità, con le aperture di diaframma e, infine, con un dato da cui dipende il senso di statuaria descrizione della figura, che solo all’apparenza sembrerebbe statica, ossia il tempo di esposizione. Gli ingredienti tecnici giocano, infne, sulla luminosità e sulla nitidiezza dello scatto fotografico, lati che sono presenti nelle fotografie di David Slijper, forse proprio per il fatto che l’artista è abituato a lavorare per copertine di note riviste e di celeberrimi magazines: le fotografie di Slijper incidono nella contemplazione del lettore per il semplice fatto che l’artista possiede una visione
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FOTOGRAFIA
della fotografia con un concetto ben preciso di esecuzione compositiva che conduce verso un dato estetico irrinunciabile e ben individuabile. David Slijper non può permettersi errori nella propria produzione, già ricca, nonostante la giovane età del fotografo: l’arte può esprimersi anche attraverso l’uso di cromatiche vibrazioni fotografiche dal sapore patinato, lucido quanto pulito, lasciando intendere, attraverso una trasparenza diafana, una serie di figure in cui risalti la staticità e che, allo stesso tempo, sembrino presupporre un’azione che sta per essere compiuta.
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FOTOGRAFIA
L’idea del movimento diventa evocazione di una dinamica che anticipa una determinata attività da parte della figura. David Slijper ha fotografato importanti figure della nostra contemporaneità, partendo da Matt Damon, giungendo a Scarlett Johansson, così come Kanye West, Natalie Portman e Beyoncé. L’alta qualità delle riviste per cui David Slijper ha collaborato ha determinato l’attenzione elevata dell’autore nella definzione estetica dell’opera, garantendo un’immagine che rivelasse la bellezza del soggetto ripreso e che descrivesse un disegno delicato dai colori tenui e morbidi, definendo un’opera fotografica che sembra appartenere a una tradizione pittorica dal sapore raffinato: il fotografo riesce a tradurre i colori, che sembrano tratti da una tavolozza e definiti tramite pennellate leggere, in contrapposzioni di luci e di ombre e in impressioni dell’obiettivo, tali da accentuare la portata, appunto, pittorica delle cromie. David Slijper proviene dallo Yorkshire e si è laureato in Economia, scrive un saggio accademico per poi, infine, dedicarsi, a partire dai 25 anni, integralmente all’attività fotografica. 24
FOTOGRAFIA
David Slijper ha lavorato anche per noti e famosi brand del fashion stile, regalando all’immagine e alla propria produzione quella grazia e quella raffinatezza di una composizione dal sapore rinascimentale nella visione, dimostrando una tale capacità tecnica nel rendere pastellate le cromie: ricordiamo le campagne che l’autore ha seguito per Calvin Klein, per L’Oreal, Rimmel, Swaronski, Tommy Hilfiger, YSL Homme. David Slijper ha collaborato con famosi magazine internazionali, tra cui citiamo Harper’s Bazaar, Dazed & Cobfusione, W Magazine e Vogue, edizioni britannica, francese, cinese, giapponese e italiana. Alessandro Rizzo
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MOJAVE Photos by HEINZ SCHATTNER STYLING BY ADELINA CINGOLINI
Lui: Denim trucker jacket and jeans Levi’s Red Tab - Sweater JMC Jey Cole Man - Belt H&M Lei: Denim dress Levi’s Red Tab - Poncho Annakiki - Shoes Paloma Barcelo
Lei: Coat Annakiki - Shape slip Lovable - Stocks Phillippe Matignon Lui: Undershirt Imtimissimi - Camicia Dockers - Leather jacket Zu+Elements - Jeans Levi’s Red Tab
Lei: Sweater coat Tak.Ori - Top Vans - Jeans Mile High Super Skinny by Levi’s - Belt Fausto Colato Lui: T-shirt and belt H&M, Jeans Levi’s Red Tab - Watch OOO-OUT OF ORDER
coat Annakiki - socks H&M - shape slip Lovable
Denim trucker jacket Levi’s Red Tab - Sweater JMC Jey Cole Man
Lei: black dress Annakiki - shoes Paloma Barcelo lui: - wool coat JMC Jey Cole Man - denim shirt and jeans Levi’s red Tab - T-shirt H&M
t-shirt and belt H&M - jeans Levi’s Red Tab - watch OOO-OUT OF ORDER
Photos by Heinz Schattner Styling by Adelina Cingolini Make-up: Barbara Ciccognani Models: Dominika Juhasova @Women Management and Gabriel Martin @Major
Lei: Coat Annakiki - Socks H&M - Shape slip Lovable Lui: Sherpa trucker jacket, denim shirt and jeans Levi’s Red Tab - T-shirt: H&M
Tagli in casa Cavalli, ma questa volta non di stoffe
La Maison prende importanti provvedimenti e guarda al 2018 dietro un’altra prospettiva
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MODA
A
ria di cambiamenti nella Maison Roberto Cavalli… e che trasformazioni! La collezione Primavera/Estate 2017, presentata a Milano lo scorso 21 settembre durante la settimana della Moda, è stata l’ultima disegnata da Peter Dundas per la griffe: il creatore della casa di moda e il direttore creativo annunciano la separazione. Gian Giacomo Ferraris, amministratore delegato di Roberto Cavalli, ha dichiarato: “A nome di Roberto Cavalli e dei suoi azionisti ringrazio Peter per il suo contributo al marchio augurandogli il meglio per il suo futuro. In questo periodo di transizione e trasformazione, il team stilistico del marchio continuerà a disegnare le collezioni; la nomina del nuovo direttore creativo sarà annunciata a tempo debito”. Peter Dundas ha aggiunto: “Desidero ringraziare Roberto Cavalli e tutto il gruppo per questa preziosa esperienza e auguro loro un percorso futuro di successo. Sono particolarmente grato agli ateliers e al team che hanno condiviso con me quest’avventura”.
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MODA
Ma le sorprese non finiscono qui. Il 12 ottobre Roberto Cavalli SpA ha incontrato le rappresentanze sindacali per annunciare un progetto di riorganizzazione aziendale finalizzato al ritorno alla redditività a livello operativo della società nel 2018 e ad assicurare solide prospettive per il rilancio del marchio. La riorganizzazione prevede la semplificazione dell’assetto aziendale oltre alla chiusura della sede e dell’ufficio stile di Milano, con il trasferimento di tutte le funzioni a Osmannoro (Firenze). Inoltre è prevista la razionalizzazione della produzione, della logistica e della rete retail, con la chiusura dei negozi di Venezia, Madrid e Vienna. Il progetto prevede anche una riduzione di circa 200 dei 672 dipendenti complessivi. Tali decisioni sono il frutto dal calo dei ricavi della griffe fiorentina, che ha chiuso il 2015 con un fatturato di 179,7 milioni di euro, in calo del 14,2% e le previsioni negative si ripercuotono anche nel giro d’affari del 2016: la previsione del fatturato è intorno ai 150-160 milioni di euro.
MODA
A fotografare la situazione è nuovamente l’amministratore delegato del gruppo che dichiara: “L’industria della moda sta attraversando tempi difficili, dettati da una significativa contrazione dei consumi in diversi mercati chiave e da una sostanziale trasformazione delle dinamiche del settore. In questo contesto solo i marchi iconici, con un modello di business coerente e un’organizzazione efficiente, saranno in grado di sopravvivere. Sono arrivato da due mesi. Ho trovato un forte calo delle vendite. La prima cosa da fare è portare l’azienda a una gestione positiva, dove i costi siano in linea con i ricavi. Dopo la mia iniziale analisi del gruppo - conclude il dirigente - credo che Cavalli abbia tutto ciò che serve per avere successo, ma i costi della società devono essere in linea con i ricavi e questo è l’obiettivo che intendiamo raggiungere”. Salvatore Paglia
Mein Schatz Photos by CLAUDIA DIAZ styling by EMIR MEDIC
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Leather boots and bolero VIVIENNE UISCHNER COUTURE Skirt Vintage VERSAGE Sunglasses VALERY
Spring coat HORT TSCHIRSCHMITZ Coat mix STEVEN MADDEN Shoes JIL SANDER Socks CALZEDONIA
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Dress and headdress ANNA KANIA COUTURE Shoes LANVIN 49
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Dress and pearl jewelry ANNA KANIA COUTURE
Leather body VIVIENNE UISCHNER COUTURE Shoes LANVIN
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Leather skirt VIVIENNE UISCHNER COUTURE Shirt HORT TSCHIRSCHMITZ Fingerstalls CHANEL Shoes LANVIN Photos by Claudia Diaz Styling by Emir Medic @21agency.de Hair and make-up: Laura-Ann Olland @21agency.de Model: Lisa Frank @Tunemodel.de 53
Una scandalosa minigonna!
COSTUME
La minigonna compie ormai la bellezza di ottantatré anni, pertanto la potremmo definire un capo d’abbigliamento che racchiude in sé tante storie e tanti cambiamenti a favore dei giovani e della prospettiva di una nuova società
L
a sua storia si intreccia alla società moderna degli anni Sessanta, caratterizzata da giovani che cercano sempre di più una rottura con il mondo adulto. Tutto questo accade anche grazie al fatto che vengono aperti molti negozi monomarca, così come l’aumento delle vendite di capi d’abbigliamento nei maggiori magazzini trasformando lo shopping in un’esperienza completamente nuova: il boom delle nascite nell’immediato dopoguerra produsse un vasto numero di teenagers negli anni Sessanta, portando così un grande gruppo di persone a lasciare le piccole cittadine verso le grandi città. Questo fenomeno si diffonde in tutta Europa. Il cambiamento portò alle nuove generazioni un indiscusso benessere economico e creò consumatori a tutti gli 56
effetti, in grado di recepire mode e adottare comportamenti diversi in molti campi, dalla musica alla moda. In questi anni si registrò anche l’accesso all’istruzione superiore di molti figli della classe lavoratrice e molti di questi, finite le scuole superiori, continueranno con diversi corsi universitari, come ad esempio design, progettazione industriale architettura e design tessile. Il problema arrivò quando questa new generation iniziò a far parte del mondo del lavoro perché si dovettero interfacciare con industrie arretrate e ferme ad un modo di progettare degli anni Cinquanta. A causa di questo molti giovani iniziarono a dedicarsi
Emilio Pucci
Carven anni ‘60
ad attività proprie mettendo in campo il nuovo sapere: nascono così molti nuovi artigiani tessili che si trovano un po’ ovunque, anche in Italia. Un grande cambiamento avvenne anche nel settore della distribuzione dell’abbigliamento portando le Boutiques a dar voce, forma e sede al desiderio giovanile di mode come mezzo di espressione. In questi anni le Boutiques cambiano anche in funzione dei giovani: non saranno più luoghi noiosi e fuori dalla loro portata e si trasformano in un’attività sociale. Una delle principali caratteristiche del fenomeno di nuovi negozi è quello di demolire il confine tra lavoro e gioco, amici e colleghi, luoghi pubblici e privati. Infatti avranno un concept rinnovato, non saranno più nelle vie principali della città ma in quelle più defilate, portando così le persone a cercare luoghi diversi, nascosti, nuovi e a far parte di un 57
Enrico Coveri
nuovo gruppo sociale. L’esempio principale ci viene dato dall’Inghilterra e dalla sua capitale Londra, che negli anni Sessanta diventa l’emblema e punto di riferimento per molti giovani, assumendo anche il ruolo della cultura giovanile internazionale. La prima Boutique di moda inglese ad essere aperta con tutte le novità e i cambiamenti fu Bazaar, sulla popolarissima King’s Road. Fu aperta dalla stilista Mary Quant nel 1955 e tra i giovani ha un successo immediato: finalmente hanno trovato qualcuno che la pensa come loro, che vive come loro e che capisce perfettamente quello che può piacere. I giovani del Paese più conformista d’Europa sono i primi a sentire la necessità di cambiamenti che, per spezzare la tradizione ed imporsi all’attenzione, devono essere necessariamente estremi. La frattura con il vecchio mondo è rappresentata dai capelli
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COSTUME
Louis Vuitton
ispirata agli abiti per bambini e ballerini: calze alte fino al ginocchio, scamiciati, body, percelle e flanella, uniti ai looks degli studenti d’arte, soprattutto ai parigini della Rive Gauche e i Beatnik americani. La Quant amava divertirsi con gli abiti sfruttando proporzioni, volumi e i capi classici della moda. Pensate un po’ che lei riuscì a far diventare abiti anche maxi e over cardigans con sotto la maglietta da football. Il grande successo arrivò nel 1965 quando, sull’onda dell’accorciamento delle gonne, proposto da Courrège, lanciò la sua «miniskirt», la minigonna. Per molto tempo si dibattè sul fatto di chi fosse
lunghi per i ragazzi, dalle gonne corte per le ragazze e dalla musica dei Beatles. Dopo essersi specializzata come insegnante al Goldsmiths Collage dell’Università di Londra, dove conobbe il suo futuro marito, Alexander Plunket Greene, Mary Quant inizia la sua attività nel mondo della moda producendo una piccola collezione di abiti di mattina nel suo monolocale e vendendoli all’ora dell’aperitivo per permettersi il pagamento di altri tessuti. L’invenzione di Quant sta nell’ aver creato il ‘’Chelsea look’, ovvero una sillhouette che permetteva alle donne una libertà nel movimento che era 59
Marc Jacobs
anche calze lavorate, stivali sopra il ginocchio, top lavorati all’ uncinetto e luci impermeabili, tutto ad un prezzo accessibile. Questi pezzi saranno portati con grande stile dall’iconica modella Twiggy. Quel meraviglioso look anni sessanta innovativo e travolgente, audace, ma allo stesso tempo minimalista, meglio definito Mod-ernist. La minigonna in Italia verrà resa famosa dalla divina Patty Pravo che, tra la fine degli
Versace
stato il primo a inventare la minigonna. Per mettere a tacere questo dibattito lei disse: ‘’ Le vere creatrici della mini sono le ragazze, le stesse che si vedono per la strada”. Per il nome del suo capo Mary Quant si è ispirata ad un altro simbolo degli anni sessanta, la «mini», cioè la vettura della casa automobilistica Austin. A quei tempi era considerato uno scandalo mettere in mostra le gambe, poco elegante, molto forte e anche un po’ troppo seducente, tuttavia la minigonna divenne un capo rivoluzionario ed amato dai più giovani che lo hanno fatto loro portandolo ad un grande successo. Nel suo bazaar si trovavano
Blumarine
COSTUME
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Twiggy, l’icna degli anni ‘60
Philipp Plein
Miu Miu
anni Sessanta e i primi anni Settanta, durante le sue performances televisive mostrava le sue lunghe e bellissime gambe. “Comprati pure un gelato visto che abbiamo risparmiato sul tessuto per la gonna’’ era questa la risposta dei genitori scandalizzati dalle figlie in quel periodo. Il 13 gennaio 2009 a Londra il capo di abbigliamento più rivoluzionario nella storia del costume e della moda è stato celebrato con un
francobollo molto glamour messo in vendita dalla Royal Mail. Miss Quant ha compreso le esigenze dei giovani, li ha vestiti, rappresentati e fatti diventare più forti e combattenti portandoli a fare scelte proprie ed a cercare la propria dimensione; tutto questo verrà messo in mostra dalle grandi rivoluzioni giovanili dei sessantottini europei. La moda molto spesso non è soltanto frivola e inconcreta, si sposa per cause nobili e giuste battendosi per un mondo diverso e migliore per tutti. Per questo la moda non è sempre immorale.
Michele Vignali
THE SECRET SOUL Photos by Simon Minardi styling by Christos Christou
Camisole Samsoe Samsoe Suit THE HEBE SUIT
Camisole Samsoe Samsoe Suit THE HEBE SUIT
RollNeck Rodebjer Camisole Vintage Trousers Kyle Lo Monaco
Coat dress Libertine Libertine Shirt Scotch & Soda Coat PARKA London Boots R.M.Williams
Jacket RASCALS Skirt Isabel Marant Etoile Bag MELISSA Socks Topshop Boots SEBAGO
Jumper King & Tuckfield London Trousers Libertine Libertine Shoes Garment Project
Jumper TopShop Unique Camisole Samsoe Samsoe
Camisole Dress Samsoe Samsoe Trousers THE HEBE SUIT Cardigan Scotch & Soda
Jumper King & Tuckfield London Trousers Libertine Libertine Shoes Garment ProjecT Photos by Simon Minardi Styling by Christos Christou Make-up: Elis Ferranti Hair: Erica Selvaggio Model: Tamina @ MILK Model Management Thanks to Taylor Taylor London for the Location
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Ritratto Š Daniela Zedda
PEOPLE
Antonio Marras: “Nulla dies sine linea” Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto 75
PEOPLE
Ritratto © Daniela Zedda
P
rende il titolo dalla famosa frase di Plinio il Vecchio, riferita al pittore Apelle che “non lasciava passar giorno senza tratteggiare col pennello qualche linea”, l’esposizione presentata da Triennale Design Museum dedicata al “ più intellettuale degli stilisti italiani”: Antonio Marras. “Nulla dies sine linea”, a cura di Francesca Alfano Miglietti, visibile fino al 21 gennaio 2017, è una mostra antologica di opere d’arte, realizzate negli ultimi vent’anni dal design, che racconta il suo percorso visivo. “Un’esperienza totalizzante, un viaggio in un mondo suggestivo e provocatorio, (suggestivo perché provocatorio), a volte assoluto, a tratti spregiudicato”, così definisce l’appuntamento la sua curatrice e a nostro avviso questa definizione esalta a pieno l’essenza dell’artista che attraverso le contaminazioni ha sviluppato progetti dalle molteplici sensibilità.
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PEOPLE
Ous de butxaca, 2005 - Installazione di grembiuli di scuola con interventi di stoffa Š Daniela Zedda
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PEOPLE
Ous de butxaca, 2005 - Installazione di grembiuli di scuola con interventi di stoffa © Daniela Zedda
Le orfanelle, 2004 © Daniela Zedda
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PEOPLE
Ed è ancora una volta Francesca Alfano Miglietti che ci toglie le parole di bocca: “Per Marras tutto diventa materiale artistico… la sua storia personale, la sua isola, i suoi cani, gli orizzonti, il mare, la storia, gli stracci, i rapporti e le relazioni. Tutti gli ambiti che ha avvicinato, o da cui è avvicinato, divengono materiali da usare al pari del collage, della fotografia, dell’objet trouvé, della pittura, della scultura e dell’installazione. Materiali con cui ha un rapporto fisico, uno scontro corpo a corpo, con cui conduce quello scontro capace di far nascere un incontro. Un incontro unico e personale”. Sono più di cinquecento i disegni e i dipinti realizzati nel corso degli anni e rielaborati per l’occasione. A contornare le opere antiche cornici su cui l’esteta è intervenuto intessendole con le più disparate stoffe.
© Daniela Zedda
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PEOPLE
© Daniela Zedda
Affascinante è anche l’allestimento che si estende per più di 1.200 metri lungo le pareti della Curva della Triennale; ecco che le opere diventano quasi testimoni e al tempo stesso narratori della vita raccontata nelle stanze: installazioni con finestre, porte, pertugi, abitate da vecchi abiti (nessuno disegnato da lui) e oggetti di varia natura e foggia. Ad essere esposti sono anche gli incontri e le relazioni di Marras, come quello con Maria Lai e Carol Rama, due figure che hanno per prime sollecitato il disegnatore a esporre opere tenute segrete. A concludere il viaggio il racconto di una vita da nomade. Centinaia, migliaia di disegni, schizzi e frammenti che Marras ha realizzato negli anni durante i suoi innumerevoli viaggi: memorie di sguardi, mappe, voci, silenzi, pensieri e mondi. Quaderni, albums, diari riempiti di colori a testimoniare una creatività infinita e mai sedata.
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PEOPLE
Senza titolo, 2015 - Collage e tecnica mista, cm. 66x73
Senza titolo, 2016 - Collage e tecnica mista 61x56
Senza titolo, 2013 - Collage e tecnica mista 53,5x43
Senza titolo, 2015 - Collage e tecnica mista, cm. 66x73
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PEOPLE
ANTONIO MARRAS: Nulla dies sine linea Vita, diari e appunti di un uomo irrequieto Francesca Alfano Miglietti Triennale di Milano, viale Alemagna 6, Milano Apertura al pubblico: 22 ottobre 2016 - 21 gennaio 2017 Orari: da martedĂŹ a domenica, 10.30 - 20.30. www.triennale.org
La classe, 2005 - Installazione di peluche di pezza e patchwork Š Daniela Zedda
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PEOPLE
ph. Mario Sorrenti
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INTIMATE ACCOMODATION Photos by Fabio Pregnolato StyliNG BY CALù PIACENZA (Paola Tramelli)
Intimo Yamamay Vixen (#IAMNAOMICAMPBELL Yamamy Limited Edition) Veste Emporio Armani
Pellicciotto Swap Inside
Veste Emporio Armani
Intimo Yamamay Vixen (#IAMNAOMICAMPBELL Yamamy Limited Edition)
Veste Emporio Armani
Jeans CK
Intimo Joenne Ricciardi Photos by Fabio Pregnolato - www.fabiopregnolato.com Styling by CalÚ Piacenza (Paola Tramelli) Make-up: Silvia Filippini Model: Inès Trocchia @2morrow Models - Milan/Los Angeles Thanks to: Cristina Ziliani - Stadio Hotel Piacenza - www.stadiohotel.com and Matteo Gallinari - Villa Stadio
YOUNG DESIGNER
NAP di Giacomo Frasson
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utto inizia lentamente, nella quiete casalinga, dove le ore passano senza rendersene realmente conto. Tutto inizia come un nuovo giorno ed una nuova ricerca che questa volta ci ha condotti nella solitudine romantica e cittadina di un nuovo talentuoso designer, Giacomo Frasson, ed ora lasciamoci cullare dalle tranquille onde delle sue esperienze e creazioni.
Perché l’abbiamo scelto
Tra le molte delle nostre consuete ricerche quando investigando nel web abbiamo posato il nostro vigile sguardo sulla collezione di Giacomo Frasson la curiosità ha preso il sopravvento. Quelle dolci linee di capi lunghi che si trascinano lentamente tra un movimento e l’altro ci hanno condotto ad un contatto forzato. Ed eccoci quindi qui a chiederci che cosa ha voluto raccontare con la sua collezione intitolata NAP. Lasciamo a lui la parola: “Nap, ovvero l’addormentarsi non per un sonno profondo ma per un breve riposo pomeridiano, scomposto, da cui ci si risveglia con una mano che scende giù dal materasso e si adagia al pavimento, e la coperta aggrovigliata attorno a noi. L’atmosfera leggermente malinconica suggerita da La Sera di C. Kavafis parla di una presenza non più prossima a noi, che turba i nostri pensieri per un istante, fino a quando non ci affacciamo dal balcone per guardare il moto della nostra amata città, che acquieta i flussi della nostra mente”. Ed ecco che dalle sue parole e dalle immagini che vi mostriamo si rivela una quiete quasi mistica corrosa però da un inquietudine di fondo, non visibile e non accessibile, del tempo che passa grigio e non rende totale giustizia agli attimi che Giacomo invece con i suoi capi ha voluto trattenere e bloccare. Sensazioni traslucide composte da sogni e da realtà. Ci si risveglia ed ecco fare i conti con la nostra solitudine.
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YOUNG DESIGNER
Ma parlando più concretamente della collezione che cosa ci racconta Giacomo? “La collezione si forma in modo fluido e disteso nei diversi strati e aspetti progettuali. I colori traslucidi contaminano sinesteticamente il suono dei tessuti, che si muovono, si attorcigliano fra loro e avvolgono il corpo. Elementi discendono”. Infatti i capi di questa collezione maschile sembrano ricordare lontanamente quei completi da notte che indossavano i nostri padri, i quali però hanno subito una metamorfosi stilistica e architettonica dove le maniche si allungano fino a trascinarsi a terra e particolari di mani, che nella realtà sono celate, sono invece ingrandite ed insertate come grafiche illustrative sugli stessi capi.
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YOUNG DESIGNER
Capo traino
Diversamente da altri nostri designers alla nostra domanda rituale, quale capo viene preferito, Giacomo ci risponde: “Lo chiamerei genere, quello della maglieria. Unico filo che si annoda su di sé e contemporaneamente attorno al corpo”.
Passato, presente e futuro
Ora passiamo a racconti più intimi dove Giacomo Frasson ci esprime con le sue parole chi è e come ha condotto il suo percorso che lo ha condotto qui oggi: “Nasco poco prima della Primavera, per goderne l’arrivo, in una Padova cauta e pacata. Quell’imprinting con l’esterno fa emergere poi il piacere di uscire nelle notti tiepide e assopite. Cerco di riscoprirmi nei piccoli gesti distratti e quotidiani, e di capire come sono: forse è proprio ciò che, volontariamente o non, compone una nostra routine quotidiana, che più ci rappresenta. Con gli studi liceali, all’interno del campo artistico e architettonico, mi son avvicinato alle attività in cui fosse necessario cercare e comporre, capire un qualcosa, progettare. Mi sono mosso così verso il corso di laurea in Design della Moda, dove mi sono fatto affascinare dai dettagli e dagli aspetti precisi e calibrati che intervengono nel coniugare un’idea, quando la si formula sotto forma di abito o accessorio. Ho cominciato a sperimentare all’interno del menswear, in cui vedevo un campo fitto di preconcetti con cui giocare e schemi su cui intervenire, cercando di sfruttare l’amore per i disegni distratti e le composizioni che, con il proprio migliore amico al telefono, si stendono su di un foglio di carta”. Alexia Mingarelli Design, styling and editing: Giacomo Frasson Photos by Roberta Ungaro Photography assistant: Alex Cacciabue MUA: Liviana Loiudice @HelloThereMilano Models: Diogo and Sebastjan @Nologo Mgmt Production: Guido Baraldi @HelloThereMilano Contacts: www.notjustalabel.com/designer/giacomo-frasson
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ARTE
Gucci 4 Rooms
Gioco, fantasia e realtà si fondono in un equilibrio virtuale ad alto tasso di stile
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l direttore creativo di Gucci, Alessandro Michele, non smette mai di stupirci e ogni volta s’inventa qualcosa di nuovo in grado di alzare l’asticella della comunicazione a un livello superiore. Con l’ultimo suo progetto, “Gucci 4 Rooms”, ha dato vita a quattro spazi surreali basati sui nuovi motivi e temi Gucci. Così moda e arte si fondono in una ricreazione di prospettive che esaltano un immaginario in precario bilico tra il digitale e l’analogico, l’online e l’offline, il senso estetico e la creatività, in un turbinio d’intrecci dove fantasticheria e genialità strizzano l’occhio a idolatrie vecchie e nuove. Per quest’idea lo stilista ha scelto quattro artisti, i giapponesi Chiharu Shiota, Daito Manabe e Mr. che insieme al co-creatore della collezione Gucci Ghost, Trouble Andrew, si sono cimentati nelle creazioni di altrettante virtuali stanze che esprimono lo spirito eclettico e fantasioso della Maison. Attenzione però al fatto che mentre tre installazioni sono fruibili visitando lo speciale mini sito web gucci4rooms.gucci.com, l’ultima, quella ideata da Trouble Andrew, è segreta e per poterla vedere è necessario trovare specifici elementi nascosti all’interno delle altre tre stanze. Ed ecco che l’esperienza si trasforma in un gioco virtuale dove alcuni capi della collezione A/I 2016-17, i gioielli dalla collezione Cruise 2017 e altri pezzi disponibili esclusivamente nelle boutique e sul sito giapponese della casa di moda, diventano i protagonisti indiscussi di una moderna forma di fare promozione. Inoltre gli spazi immaginari hanno preso vita a Ginza: tre al settimo piano della boutique Gucci della città, mentre l’installazione di Andrew ha monopolizzato contemporaneamente il Dover Street Market. Ma chi sono gli ideatori di queste stanze e che cosa hanno realizzato?
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ARTE
Gucci Herbarium Room by Chiharu Shiota
Già conosciuta in Italia per essere stata scelta come ospite del Padiglione Giapponese all’ultima Biennale di Venezia, Chiharu Shiota firma la Gucci Herbarium Room. In quest’occasione la donna si tuffa a 360 gradi in una full immersion di pattern iconici del mondo Gucci. Partendo dagli accessori creati da Alessandro Michele, Chiharu Shiota ha, infatti, esteso il fitomorfico motivo bicolore di fiori e foglie sulla superficie di tappezzerie, mobili d’epoca e soprammobili. A completare il tutto una rossa fitta rete di fili: una sorta di ragnatela che rende l’insieme visibile, ma non penetrabile.
ARTE
Gucci Garden by Mr.
Protetto e portato al successo dall’artista Takashi Murakami, Mr. ha per primo introdotto nell’opera l’immaginario giapponese dei manga in chiave pop attraverso l’enfatizzazione dei grandi occhi e dilatandone in scala i corpi e i look. È per questo processo che le lolite del fumetto sono declinate in una varietà di chiavi pittoriche, scultorie, digitali e si trasformano in autentiche portavoce dello street style giapponese diventando muse monumentali della youth culture metropolitana. Mr. per la Gucci 4 Rooms ha realizzato la Gucci Garden: una Garden Room popolata da insetti e felini. Qui le piante e i fiori iconici del brand assumono dimensioni gigantesche e nuove valenze simboliche sovvertono le priorità trasformando l’environment in un multimediale fantastico Eden. 110
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ARTE
Gucci Words Room by Daito Manabe
Daito Manabe è un artista multimediale che vive e lavora a Tokyo e coinvolge la scrittura, il suono, la luce e l’animazione nelle sue opere installative e performative. Per la Gucci 4 Rooms firma la Gucci Words Room, uno spazio mentale, minimale, ma non meno ricco di suggestioni. Punto d’ispirazione il romanzo francese “L’Aveugle Par Amour”, dove simboli, segni e significati danno vita a fluide figure animate e colorate 113
ARTE
Gucci Ghost Room by Trouble Andrew
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Alessandro Michele ha già collaborato con l’artista, snowboarder e musicista, Trouble Andrew trasformando i suoi graffiti in stampe per la collezione donna A/I 2016. Per questo progetto firma la Gucci Ghost Room che ha come personaggio chiave il fantasmino declinato in versioni cromatiche e dimensioni diverse. Un viaggio visionario, attraverso emblemi e simboli del brand tra sculture, animali, immagini bidimensionali e tridimensionali che dialogano fra loro in un linguaggio narrativo fluido, ma al contempo imprevedibile.
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AMAZONE Photos by Lorène Segot STYLING BY Absainte Paris
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Photos by Lorène Segot All Clothes designed by Absainte Paris Mua: Kristen Makeup Hair: Romain Cattez Assistant photos: Sara Thion Models: Annie @Mademoiselle Agency and Alisson @DMAmodel
Benvenuti al MIC MOSTRE
Museo Internazionale della Calzatura “P.Bertolini” 126
3000 esemplari, di cui circa 400 esposti a rotazione nelle sale; percorsi multimediali e un laboratorio creativo dove appassionati e studenti di moda e design possono dare vita alle loro creazioni in collaborazione con artigiani e aziende del settore 127
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I
l MIC - Museo Internazionale della Calzatura “P.Bertolini” si presenta completamente rinnovato, con un allestimento studiato ad hoc da Migliore+Servetto Architects. Un museo nuovo”, che propone un moderno percorso di scoperta attraverso sistemi multimediali, tavoli interattivi, luci e grafica per approfondire le diverse sezioni del Museo. L’Esposizione permanente nasce alla metà del XX° secolo e ospita prototipi di modelli nati proprio a Vigevano, che sono serviti da esemplari per tutto il mondo. Ne sono un esempio le sovrascarpe di gomma e le scarpe da ginnastica degli anni ‘30, o le calzature con tacco a spillo degli anni ‘50. La città è stata a lungo la capitale italiana, e in alcuni momenti anche mondiale, della calzatura, non è quindi un caso che da più di cent’anni il mondo della scarpa e la provincia di Pavia costruiscono un binomio inscindibile. La scarpa, dunque, non solo come un normale oggetto d’uso quotidiano, ma come un concentrato di tecnologia, fantasia, innovazione e gusto estetico, tutte caratteristiche che 128
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la rendono una vera opera d’arte. Molte e diverse le calzature esposte: si passa dalla sezione che raggruppa quelle più particolari, a quelle appartenute a personaggi famosi, sino ai modelli che custodiscono gusto, stili e materiali che hanno fatto la storia. Il Museo è disposto in sezioni s’inizia con La Stanza della Duchessa, dedicata interamente alla figura di Beatrice d’Este, moglie di Ludovico il Moro, a cui si ritiene sia appartenuta la pianella quattrocentesca, vero gioiello della raccolta. Qui vi è una videoinstallazione interattiva al cui centro si trova la riproduzione della pianella (l’originale in mostra nella sezione storica), la quale, s’immagina che prenda voce, narrando in prima persona le vicende della vita della sua nobile proprietaria e di coloro che l’hanno realizzata. Un’occasione unica per assaporare le suggestioni di un’epoca passata attraverso un ambiente dove s’incontrano storia, tradizione artigianale e tecnologia. Si continua con un viaggio attorno al mondo nell’unità Etnica e Wunderkammer, partendo 129
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dai sandali giapponesi chiamati geta, a metà fra zoccoli ed infradito, con suola rialzata da tasselli (alcuni dotati anche dei calzini tradizionali alla caviglia detti tabi), oppure gli zori, sandali senza tacco. Accanto troviamo le scarpette cinesi per piedi rattrappiti (il piede veniva fasciato in modo che non crescesse) in uso fino alle metà del ‘900 dalle donne di ceto elevato. Tipiche sono poi le calzature provenienti dai paesi nordici: stivali eschimesi in pelle di foca, scarpe lapponi in pelle di renna, sovrascarpe russe in corteccia intrecciata; tutti modelli finalizzati al riparo dal grande freddo. In seguito troviamo le calzature africane di varia origine ed epoca, suddivise in scarpe da utilizzo quotidiano e da cerimonia. Le prime caratterizzate da una suola piatta che aderisce meglio al terreno rendendo la camminata simile a quella a piedi nudi, ma proteggendo al contempo la pianta del piede. Le seconde, più elaborate, vantano decori con strisce di pelle dipinte con tecniche simili ai tatuaggi realizzati con l’henné, zeppa di legno intagliato e sonagli. Rimanendo sul “prezioso” ci spostiamo in Oriente e in India dove troviamo le babbucce maschili indiane alla “Aladino” con la 130
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punta all’insù, quelle femminili impreziosite di pelli e tessuti, ciuffi, perline, fili di seta e d’oro e gli zoccoletti indiani in legni pregiati, riccamente intagliati e arricchiti da intarsi in madreperla. Le ultime vetrine costituiscono la cosiddetta Wunderkammer, o camera delle meraviglie, che propone modelli curiosi ed estrosi creati non per essere indossati, ma come “divertissement” o provocazione. Si va dalla minuscola calzatura prodotta per il neonato Umberto di Savoia, ultimo Re d’Italia, alle gigantesche scarpe n. 59 del cestista Shaquille O’Neal. La porzione dedicata alla storia si apre al pubblico con la “pianella di Beatrice d’Este” di fine XV secolo. È una tipica calzatura in uso presso le corti europee nel ‘400, con alta zeppa di legno ricoperta di pelle, che poteva essere indossata solo da dame di alto rango. L’aspetto più eccezionale è costituito dal fatto che questo pregiato reperto è stato ritrovato all’interno del castello di Vigevano nel corso dei lavori edilizi. La sezione prosegue con una ricca e variegata carrellata di calzature di vario tipo (dal XVIII agli inizi del XX secolo): le curiose sovrascarpe di legno snodate e con enormi stivali da postiglione, le “Molière” caratterizzati da
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fibbie metalliche sul collo del piede, le scarpette femminili da teatro d’inizio ‘800, tutte con il cosiddetto “tacco a rocchetto”e gli stivaletti da donna del XIX secolo, realizzati con morbide pelli e ricchi di bottoni e decori. All’inizio degli anni ‘20 la moda cambia e si avvicina ai gusti odierni. Ecco allora splendide calzature con lamine d’argento in punta, sul tacco e sui lati artisticamente intagliate, oppure raffinati sandali con rialzo molto alto e tomaia in pelle di pesce. La carrellata storica continua con le cosiddette “scarpe autarchiche”: sandali che al posto della tomaia di pelle hanno la rafia intrecciata, oppure, in sostituzione a costose e introvabili suole tradizionali, in legno verniciato, in sughero, in rodhovetro (materiale plastico d’invenzione italiana), o addirittura rocchetti di filo. A termine della Seconda Guerra Mondiale nasce il tacco a spillo, al quale il museo dedica una sezione che scopriremo più avanti. Passiamo quindi alle classiche ed eleganti calzature degli anni ’50 e ‘60, quasi tutte di produzione vigevanese. Alla fine degli anni ‘60 dopo vari fenomeni sociali di rottura, 132
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come il movimento hippy e la rivoluzione studentesca, la moda inizia a rivolgersi per la prima volta ai giovani, con proposte concepite esclusivamente per loro, come la minigonna e i pantaloni a zampa di elefante. Le calzature in questo periodo acquistano un’importanza simbolica, segnale d’innovazione e trasgressione. Nascono gli “zatteroni” (sabot a zeppa altissima), i sandali con plateau in patchwork dai vivacissimi colori e gli stivali oltre il ginocchio, i cuissardes. La sezione storica si arricchisce di una raccolta davvero unica e particolare: le scarpe dei Papi. Vigevano, nella sua lunga tradizione calzaturiera, ha sempre avuto il privilegio di fornire scarpe ai Pontefici. In molte occasioni, infatti, sono state inviate ai migliori artigiani cittadini alcune calzature indossate dai vari Papi affinché venissero utilizzate come modello per realizzarne di nuove. Dopo al sacro si passa simpaticamente al profano con una serie di calzature indossate da celebrità come Marilyn Monroe, Audrey Hepburn, Sofia Loren… 133
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Nella ripartisca non poteva mancare la zona Stile e Design, considerata l’area più innovativa del museo che ospita le creazioni dei più prestigiosi stilisti internazionali come Donna Karan, Christian Dior, Manolo Blahnik, Gucci, Christian Louboutin, Isabel Castaņer, Coco Chanel, Louis Vuitton, Andrea Pfister, Cesare Paciotti, Yves Saint Laurent, Armando Pollini, Charles Jourdan, Minna Parikka, Giorgio Armani, Jimmy Choo… E poi c’è lui, il Tacco a spillo, che rappresenta nell’immaginario maschile il simbolo dell’erotismo e lo stereotipo della seduzione, ed è amato dalle donne perché slancia la figura, favorisce un portamento eretto, richiede passi brevi e ondeggianti e risveglia la sensualità. L’attenzione dedicata dal Museo a questa specifica tipologia di calzatura ha una motivazione storica, ancor prima che estetica: si dimostra difatti la nascita del tacco a spillo in Italia, e in particolare a Vigevano nei primi anni ’50 del ‘900, e la contemporanea nascita, sempre a Vigevano dell’industria meccano-calzaturiera, che tanta importanza ha avuto per la diffusione delle scarpe prodotte nella città e nel mondo. Accanto al Museo è nato il “Fab Lab della creatività calzaturiera”: un vero e proprio laboratorio per dare un’opportunità a studenti di moda e design,
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ma anche a semplici appassionati della calzatura, di realizzare in concreto i propri sogni creativi attraverso la collaborazione con artigiani e aziende del settore. Per mettere in connessione il Museo e il Fab Lab è stata creata una piattaforma, la Shoe Style Collection (www.museocalzaturavigevano. it), con sezioni tematiche che ricalcano in parte la nuova suddivisione museale e in parte ne implementano i contenuti collegandoli trasversalmente. In tal modo sarà reso fruibile in maniera inedita un campione significativo della collezione calzaturiera, che sarà progressivamente ampliato nei prossimi mesi. La collezione museale verrà ulteriormente resa visibile tramite delle “online exhibition” a rotazione, che affronteranno tematiche di volta in volta diverse dalla visione museale. Grazie al progetto sarà così possibile rendere visibile e fruibile l’ampio patrimonio del MIC che conta più di 3000 esemplari di cui circa 400 vengono esposti a rotazione nelle sale. La struttura non esisterebbe senza la figura di uno dei più grandi e oculati industriali vigevanesi, il Cav. Pietro Bertolini, tra i principali imprenditori calzaturieri e fondatore della famosa Ursus Gomma. Già fìn dagli anni ’30 dello scorso secolo il Cav. Bertolini aveva iniziato a raccogliere calzature storiche, cimeli, documenti,
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oggetti di vario genere legati al mondo della calzatura, sfruttando anche le sue amicizie e i contatti sparsi in tutto il mondo. Il suo sogno era quello di istituire un vero e proprio museo pubblico dedicato alla calzatura e per questo offrì la sua raccolta al Comune. In un primo momento la collezione rimase di proprietà di Bertolini e veniva solo periodicamente esposta al pubblico presso locali liberi del Tribunale o presso la sede dell’Associazione Industriali. Il desiderio del collezionista si concretizzò pochi anni dopo la sua morte e nel 1958 venne ufficialmente istituito il Civico Museo della Calzatura Cav. Pietro Bertolini. Silvia Trepago
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Il Museo Internazionale della Calzatura Pietro Bertolini è situato all’interno del Castello Sforzesco di Vigevano Piazza Ducale, Corso Repubblica, Vigevano - Tel. 0381 693952 Email: direzione_musei@comune.vigevano.pv.it Contatto: www.facebook.com/midcv Dal martedì al venerdì dalle 14.00 alle 17.30 Sabato, domenica e festivi dalle 10.00 alle 18.00
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THE BOATSMAN Photos by AVA PIVOT styling by STEPHAN KALLAUS
Coat Ben Sherman Suit and shirt Darkoh Watch Maurice Lacroix Ring Felix Doll
Complete look BOSS
Sunglasses Tod’s Leather jacket Kiomi Shirt Guess Vest Hackett Pants ATF Shoes Nobrand
Sunglasses Mykita Coat and turtleneck American Vintage Pants Ben Sherman Sneakers Hydrogen
Sweater ATF Shirt Michael Kors
Cardigan and pants Cruciani Shirt Michael Kors Watch Maurice Lacroix Bag Sandqvist
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Velvet bowtie and pocket square Tom Ford Velvet jacket Habsburg Shirt Burberry Prorsum Watch Maurice Lacroix Pants Chafor Shoes Navyboot
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Glasses Ermenegildo Zegna Suit and shirt Marciano Guess Belt Brunello Cucinelli Pocket square Tom Ford Watch Maurice Lacroix
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Sunglasses Ermenegildo Zegna Leather jacket and jumpsuit Aeronautica Militare Shoes Navyboot
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Jacket Hackett Turtleneck Cruciani Pants Guess
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Glasses FHONE Coat and jumpsuit Chafor Watch Maurice Lacroix Belt St. Dupont
Coat, shirt, pants and bag Michael Kors Sweater American Vintage Shoes Navyboot
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Jacket and vest Hydrogen Shirt Burberry Prorsum Jeans Guess Watch Maurice Lacroix Ring Felix Doll Sneakers Zeha Berlin
Coat American Vintage Shirt, sweater and pants Ben Sherman
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Complete look Ben Sherman
Suit and shirt Darkoh Bag The Bridge Shoes Nobrand
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Jacket Canada Goose Shirt and sweater Hackett Pants ATF Boots Navyboot
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Jacket and pants Hackett Sweater ATF Shirt Michael Kors Watch Maurice Lacroix Ring Felix Doll
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Jacket Schneiders Shirt Burberry Prorsum Pants Ben ShermaN Photos by Ava Pivot - www.ava-pivot.com Styling by Stephan Kallaus - www.stephankallaus.com Grooming: Yvonne Wenglerm @Peppermint Circus using MAC Model: Richard Biedul @Elite London 163
Anna Di Prospero Self-portrait with my Mother, 2011
MOSTRE
“L’altro Sguardo. Fotografe italiane 1965-2015” L’espressione femminile, non femminista, in cinquanta anni di storia
MOSTRE
Alessandra Spranzi, Tornando a casa #20, 1997
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L’altro sguardo.Fotografe italiane 1965-2015” è la mostra, a cura di Raffaella Perna proveniente dalla collezione Donata Pizzi (fotografa), concepita con lo scopo di favorire la conoscenza e la valorizzazione delle più espressive interpreti nel panorama fotografico italiano dalla metà degli anni Sessanta ad oggi. L’appuntamento ospita ben cinquanta autrici, appartenenti a generazioni diverse, ed è un viaggio che affronta i lavori pionieristici di Paola Agosti, Letizia Battaglia, Lisetta Carmi, Carla Cerati, Paola Mattioli, Marialba Russo e le ultime sperimentazioni condotte tra gli anni Novanta e il 2015 da Marina Ballo Charmet, Silvia Camporesi, Monica Carocci, Gea Casolaro, Paola Di Bello, Luisa Lambri, Raffaella Mariniello, Marzia Migliora, Moira Ricci, Alessandra Spranzi e numerose altre. 166
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Allegra Martin, Doublebind 03, 2014
Lucia Marcucci, Ragazza squillo, 1965
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Nel circuito culturale gli anni Sessanta, in perfetto sincronismo con i repentini cambiamenti sociali e dalle lotte femministe, segnano nettamente un periodo di svolta per le fotografe che fino a quel momento vivevano nell’ombra di un sistema d’appannaggio interamente centrato sull’esclusiva presenza di fotoreporter maschili. Da quel momento in poi la fotografia si veste di una sensibilità diversa: la centralità del corpo e le sue trasformazioni, la necessità di dare voce a istanze personali, il vissuto quotidiano e familiare e il rapporto tra la memoria privata e quella collettiva, sono i temi nevralgici che emergono dalla collezione e legano tra loro immagini appartenenti a vari decenni ed a generi diversi.
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Martina Bacigalupo, #13, Gulu Real Art Studio, 2013 168
MOSTRE
Giovanna Borgese, le ragazze terroriste, Torino, 1981
Agnese De Donato, Donne non si nasce si diventa, 1970
Alessandra Spranzi, IO? (l’astronauta), 1992-1993 Verita Monselles, Fiore rosso I, 1982 169
MOSTRE
Sara Rossi, Ratto, 2015
Allegra Martin, Doublebind 01, 2014
Paola Agosti, Las Varillas, Salvador, Gilli con la figlia Gloria, 1990 Monica Carocci, Senza titolo, 2015
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Moira Ricci, in viaggio di nozze a Milano, 2004-2014
Michela Palermo, Eliana - Castelvorturno, 2012
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Nicole Gravier, Prima passa alla Upim, 1976-1980
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Paola De Pietri, Senza titolo, 1997
Elena Givone, from the series “Pazi Mine, Sarajevo 2006” Sedina Klaphuh, 2006 172
Liliana Barchiesi, Carmen nella sua casa, 1979
È per merito di questo nuovo punto di vista che oggi le artiste hanno acquisito posizioni di primo piano nella scena culturale nazionale e internazionale. Non a caso il loro lavoro è presente in musei, gallerie, festival, riviste e pubblicazioni specializzate nel mondo. Le opere della Collezione Donata Pizzi testimoniano momenti significativi della storia della fotografia italiana dell’ultimo cinquantennio; è proprio da qui che affiorano i mutamenti concettuali, estetici e tecnologici che hanno caratterizzato la fotografia nel nostro Paese.
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Nella mostra sarà esposta anche l’installazione “Parlando con voi tratta” dal libro omonimo di Giovanna Chiti e Lucia Covi (Danilo Montanari Editore), e prodotta su idea di Giovanni Gastel da AFIP International - Associazione Fotografi Professionisti e Metamorphosi Editrice. L’installazione multimediale, costituita da trenta schermi ognuno dedicato a un’intervista esclusiva a una fotografa e una sequenza di sue opere e pubblicazioni, consente al visitatore di conoscere e approfondire le vite di professioniste e artiste, le loro esperienze di donne originali e coraggiose. La collezione, unica nel suo genere in Italia, è la prima mostra nata dalla partnership tra la Triennale di Milano e il MuFoCo - Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo.
Malena Mazza, Senza titolo, 1993 174
MOSTRE
Una collaborazione che ha prodotto anche l’esposizione dedicata a Federico Patellani, “La guerra è finita. Nasce la Repubblica. Milano 1945-1946”, a cura di Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi, visitabile fino al 15 gennaio 2017 presso il Museo di Fotografia Contemporanea, dove è conservato l’intero archivio fotografico del grande fotoreporter. “L’altro sguardo. Fotografe italiane 1965-2015” 5 ottobre 2016 - 8 gennaio 2017 Milano,Triennale di Milano Info: +39 02 724341 - info@triennale.org www.triennale.org 175
RED PASSION Photos by melissa marcello MUA: genny cecchinI
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Eau de Parfums HUGO BOSS RED
Eau de Parfums POLO RED RALPH LAUREN
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Eau de Parfums CK ONE RED
Eau de Parfums LACOSTE RED STYLE
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Photos by Melissa Marcello Mua: Genny Cecchini Model: Morten @Elite
Gran Prix - Casa Azpitia (Mala, Peru) - Arquitectura Rafael Freyre
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Quando la natura indossa un tetto, benvenuti a Casa Azpita I confini, inesistenti, tra interni ed esterni
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asa Azpita (Mala Peru) è inserita in un contesto naturalistico selvaggio e stabilisce un equilibrato rapporto con l’ambiente circostante affermando la propria domesticità attraverso l’elevata qualità ambientale. Il paesaggio locale è caratterizzato dal deserto arido contrastato da fitti terreni rigogliosi adiacenti al corso del fiume Mala. L’architetto Rafael Freyre afferma: “Il progetto nasce con l’intenzione di creare un legame diretto con lo scenario naturale, coniugando il fattore estetico con quello utilitaristico”. Per questo Casa Azpita ha un importante e fondamentale contatto con l’esterno caratterizzato dalle magnifiche viste e dai materiali utilizzati per la costruzione, tutti della zona. Il terreno si trova sulla riva destra del fiume, gode di una superficie di circa nove ettari e garantisce una vista mozzafiato. L’orientamento del lotto guarda a sud-est e la villa vanta due livelli per una superficie coperta di 241 mq.
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ARCHITETTURA
Inoltre è collocato su un pendio che ingloba una costruzione preesistente di terrazze in pietra dalla quale si ha la vista completa della valle e del corso del fiume Mala. Il volume è stato costruito con mattoni fatti a mano fabbricati sulle spiagge di Chilca, località a 20 km da Azpitia, mentre la materia prima proviene dalla cima delle montagne. La base è costituita con piattaforme in pietra, gli spazi esterni e gli affacci isolano la calura attraverso una particolare lavorazione del legno locale che filtra la luce offrendo zone di relax a cielo aperto. Passando alla distribuzione interna, Rafael Freyre dichiara: “Qui ciò che m’interessava mettere a fuoco è il divario tra gli elementi, ovvero uno spazio indefinito in grado di collegare tutte le attività; al contempo però le aree dovevano possedere funzioni chiare e definite”. Le finestre a doppia altezza sulla parte superiore del soggiorno e della sala da pranzo garantiscono non solo un’illuminazione naturale, ma appaga in tutti i sensi la vista. Le
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pareti sono bianche, ma a contrasto spicca un’ampia metratura che evidenzia la trama dei laterizi. Il tetto è in legno riciclato, mentre una scala laterale conduce al piano notte munito di finestre, terrazze e piccoli cortili che creano viste private della vallata. La continuità tra esterno e interno della pavimentazione è sottolineata non solo dall’uniformità del rivestimento ceramico, ma anche dalla particolare soluzione adottata per le grandi vetrate dell’involucro posate raso pavimento. Lo studio cromatico e la selezione delle finiture superficiali sono pensati per armonizzarsi con gli altri materiali naturali e il paesaggio. Internamente ed esternamente l’abitazione abbraccia e viene a sua volta coccolata dal territorio, non a caso si è aggiudicato il meritatissimo secondo posto nella prestigiosa decima edizione del Grand Prix Casalgrande Padana nella sezione Edilizia Residenziale.
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Studio Rafael Freyre Località: Fundo San Andrés, Canete, Lima, Perù Gruppo addetto alla progettazione: Luis Bacon, Luis Alberto Mucha, Leonardo Valderrama, Sandro Ocaña, Luis Ocaña Superficie: 239,0 m2 Assistenza generale: Juan Jose Barboza Assistenza paesaggistica: Manuel Mendieta. Foto: Edi Hirose
THE DREAMERS Photos by Carmen Campos styling by Gabriel Bueno
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Sweater and hat Varal do Beco Skirt Madame La Marquisse
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underwears Calvin Klein
Shirt and tie Zara 198
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kimono Varal do Beco
His: Shirt and jacket Brechรณ Faria Lima Pants Zara Boots Minha avรณ tinha Her: Dress and shoes Minha avรณ tinha Purse Varal do Beco
From left to right: Kimono Varal do Beco Underwears Calvin Klein Dress Acervo 31
Photos by Carmen Campos - www.carmencampos.com Styling by Gabriel Bueno - www.buenogabriel.tumblr.com Beauty: Milena Iorio with cosmetics by KissNewYork - www.milenaiorio.com.br Art direction: Vanilson Coimbra Models: Lucas Hammacher @Casa AgĂŞncia, Michele Lima e Matheus Gomes @Oxygen Models
LOVE L’arte contemporanea incontra l’amore
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Yayoi Kusama - All the Eternal Love I Have for the Pumpkins, 2016 Legno, specchio, plastica, acrilico, LED, 292,4x415x415 cm Edizione di 3 prove più 1 dell’artista Courtesy: Kusama Enterprise, Ota Fine Arts, Tokyo / Singapore and Victoria Miro, London © Yayoi Kusama. Photography by Thierry Bal
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ARTE Robert Indiana - Love, 1966-1999 Scultura, alluminio policromo (red and gold), 91,5x91,5x45,75 cm. AP 3/4. Courtesy: Galleria d’Arte Maggiore, G.A.M., Bologna, Italia. © Robert Indiana by SIAE 2016
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ino al 19 febbraio 2017 il Chiostro del Bramante di Roma, in occasione del suo ventesimo compleanno, ospita “LOVE. L’arte contemporanea incontra l’amore”. Un amore felice, atteso, incompreso, odiato, ambiguo, trasgressivo, infantile, che si snoda lungo un percorso non convenzionale caratterizzato da input visivi e percettivi che coinvolgono lo spettatore a 360° rendendolo protagonista, fruitore e divulgatore al tempo stesso. Le opere esposte, infatti, sono liberamente fotografabili, permettendo di vivere in pieno l’esperienza museale senza vincoli, abbracciando perfettamente il concetto di “open access” e di museo in continua evoluzione. Per la prima volta sono riuniti artisti dell’arte contemporanea del calibro di Yayoi Kusama, Tom Wesselmann, Andy Warhol, Robert Indiana, Gilbert & George, Francesco Vezzoli, Tracey Emin, Marc Quinn, Francesco Clemente e Joana Vasconcelos, con opere dai linguaggi fortemente esperienziali e adatte a coinvolgere il pubblico attraverso molteplici sollecitazioni. Con quest’appuntamento l’esposizione romana si candida a riportare la capitale in linea agli stessi livelli delle più stimate realtà espositive internazionali. 214
ARTE
Andy Warhol - One Multicoloured Marilyn (Reversal Series), 1979-1986 Acrilico, polimeri sintetici e serigrafia su tela, 50,8x40,7 cm Courtesy: Collezione privata (VR) Š The Andy Warhol Foundation for the Visual Arts Inc. by SIAE 2016 215
ARTE
Tom Wesselmann - Smoker, 1971 Vinile colorato su pannello, 144x160 cm Courtesy: Flora Bigai Arte Contemporanea. © Tom Wesselmann by SIAE 2016
Essenzialità stilistica e centralità assoluta dell’immagine sono poi protagoniste di “Smoker #3” (3-D) del 2003 di Tom Wesselmann: un’immagine volutamente stereotipata e commerciale, dettata dalla cultura di massa che impone la propria grammatica, il proprio vocabolario che va a scardinare l’ordine sociale delle immagini attraverso un amore pop e coraggioso, che non teme di sfiorare anche la seduzione e l’erotismo. Infido e paludoso è il terreno sul quale fluttuano gli acquarelli di Francesco Clemente: i suoi lavori respirano gli aromi delle spezie orientali e presentano infiniti volti, come “Androgyne Selfportrait III” (2005), dove sorriso e dolore convivono, dove la vita e la morte si abbracciano indissolubilmente. In queste immagini l’amore si riconosce in tutta la sua ambiguità, si riflette su una piccola barca alla deriva prima di affondare e alzare dal proprio cuore il simbolo della resa, come nell’opera “Surrender” (2015). Allo stesso universo turbolento appartiene l’opera di Marc Quinn “Thor in Nenga” del 2009: colori bloccati dalla chimica, natura congelata, il meraviglioso sorriso della morte che si affaccia con arabeschi e pennacchi in tutto il suo trionfo. 216
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Il percorso inizia proprio con l’opera “amore” (1966-1999), un quadrato di lettere che Robert Indiana ha tracciato agli inizi degli anni Sessanta e che da allora continua a rappresentare l’icona più forte e affascinante di un’immagine che si fa parola, che invade lo spazio e che espone l’essenza dell’arte stessa. Amore è anche il mettersi in gioco in prima persona, la scelta estrema fra ammirare e partecipare, la necessità, ancor prima del piacere, di esserci nell’opera e non più guardarla da fuori. È ciò che Yoyogi Kasama chiede a chi “entra” nella sua ultimissima “Infiniti Mirrare room, All the Eternala love, I Havre for the Pumini” (2016), dove lo spazio è ripetuto all’infinito in un caotico gioco di specchi nel quale bisogna immergersi, abbandonarsi, respirare la solitudine. Sono i confini tra uomo e mondo, tra verità e incanto che crollano nell’attimo in cui si chiude la porta dell’Infinity room e allucinati paesaggi di zucche restituiscono il mistero di atmosfere mentali, sogni psichedelici nei quali le dimensioni si falsano, le prospettive si capovolgono, gli oggetti e i personaggi si confondono.
Robert Indiana - Amor, 1998 Scultura, alluminio policromo (blue and red), 104x96,5x50,8 cm. Ed. 3/6 Courtesy: Galleria d’Arte Maggiore, G.A.M., Bologna, Italia © Robert Indiana by SIAE 2016
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Francesco Vezzoli - Self Portrait as Apollo del Belvedere’s (Lover), 2011 Busto in marmo (XIX secolo), autoritratto in marmo, 75x48x35 cm; 64x43,5x27 cm (75x105,5x35 cm complessivi) Collezione Prada, Milano Photo credit: Attilio Maranzano
Sono immagini dell’intensa bellezza dell’amore che custodisce la propria tragedia, la gioia di un sentimento profondo che affoga nelle lacrime di un inganno. Ma è forse, in assoluto, l’immagine di Marilyn Monroe con “One Multicoloured Marilyn” (Reversal Series) del 1979-1986 a rappresentare, con più solida suggestione, il complesso ingorgo emotivo dell’amore. Marilyn è il volto stesso dell’amore, ed è naturale che la sua immagine sia diventata la firma di un artista come Andy Warhol: non solo l’icona più riprodotta della contemporaneità, ma un sogno visionario, allucinato di bellezza e disperazione, di eleganza e povertà, d’infantile dolcezza e segreta perversione. Un’intera vita contorta e contraddittoria congelata nella santità di un volto, il silenzio di uno sguardo in cui convivono tutte le espressioni, tutti i sentimenti, tutte le immagini possibili. Video-istallazioni raccontano differenti linguaggi sperimentati. 218
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Marc Quinn - Kiss, 2001 Marmo, edizione di 3, 184x64x60 cm Photo credit: Marc Quinn Studio Courtesy: Marc Quinn studio
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Gilbert & George - Metalepsy, 2008 381x604 cm Courtesy: Gli artisti e White Cube © Gilbert & George 221 221
ARTE Vanessa Beecroft - VBSS.003.MP, 2006 Fotografia digitale, 230x180x7 cm Courtesy: Collezione Serpone
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ARTE Joana Vasconcelos - Coração Independente Vermelho #3 (PA) [Red Independent Heart #3 (AP)], 2013 Posate di plastica traslucida, ferro verniciato, catena di metallo, motore, alimentatore, installazione sonora Canzoni eseguite da Amália Rodrigues: Estranha Forma de Vida [Strange Way of Life] (Alfredo Rodrigo Duarte/ Amália Rodrigues), Maldição [Curse] (Joaquim Campos da Silva/Armando Vieira Pinto), Gaivota [Seagull] (Alain Oulman/Alexandre O’Neill). Authorized by IPLAY - Som e Imagem/(P) Valentim de Carvalho, 345x200x80 cm Courtesy: Fundação Joana Vasconcelos, Lisbon Photo credit: DMF, Lisbon/©Unidade Infinita Projectos © Joana Vasconcelos Baptist by SIAE 2016
L’amore è narrato nell’ingannevole impianto teatrale di “God” (2007) di Ragnar Kjartansson e nelle romantiche e storiche scene dei baci cinematografici in “Love” (2003) di Tracey Moffatt; voci distorte di un mondo oscuro, fiori giganti di cartapesta che alludono a una bellezza inquietante, una struttura teatrale e filmica sono invece i protagonisti dell’opera The Clearing (Pastels and Red and Purple, 2015) di Nathalie Djurberg e Hans Berg. L’arte e la scrittura parlano d’indelebili frammenti di vita attraverso l’intima e luminosa grafia di Tracey Emin con “My Forgotten Heart” (2015); fragilità e timore si manifestano in tutta la loro evidenza nei corpi torturati e feriti delle sculture femminili di Mark Manders. Con Francesco Vezzoli il linguaggio scultoreo e quello filmico si accarezzano in un dialogo sottilmente seducente: in “Self Portrait as Apollo del Belvedere’s (Lover)” del 2011 il silenzio marmoreo della statuaria 223
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Ragnar Kjartansson - God, 2007 Video monocanale, 30 minuti Courtesy: The artsit, Luhring Augustine, New York & i8 Gallery, Reykjavik
romana imperiale e la cinematografia lussuosa e barocca alla Luchino Visconti si fondono nel gioco di un amore impossibile ricamato con lacrime, colto in sguardi intensi, profumato da labbra sfiorate. E ancora un esercizio di equilibrio è quello espresso in “Crystal Gaze” (2007) da Ursula Mayer e l’algido involucro che avvolge le sue modelle eteree, bellissime e lontanissime, prive di respiro, manichini eleganti dai sentimenti impossibili sul vortice del peccato. Lo stesso feticistico rapporto con la statuaria classica è quello di Vanessa Beecroft che privilegia il corpo reale delle modelle e la fotografia come in VBSS.003. MP (2006). Altro azzardo è compiuto da Gilbert & George che in “Metalepsy” (2008) sfigurano i loro stessi
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corpi in un intreccio d’immagini e in un gioco in cui è impossibile abdicare al grande sogno identitario di arte e vita. L’arte è anche musica, a completare il caleidoscopico quadro di sensazioni Coração Independente Vermelho #3 (PA) [Red Independent Heart #3 (AP)] il gigantesco cuore fatto di posate di plastica rosse di Joana Vasconcelos canta, con la voce di Amalia Rodriguez, l’incanto del fado. Si contrappone così l’armonia della musica alla cantilena della tristezza, l’immagine simbolica dell’amore alla quotidianità ripetitiva raccontata dalle posate di plastica con cui la Vasconcelos rincorre ora gli aspetti più tormentati del simbolo, ora quelli più concettuali della grammatica compositiva.
Marc Quinn - Thor in Nenga, 2009 Olio su tela, 170x270 cm Courtesy: Fama Projects, Verona
“Love. L’arte contemporanea incontra l’amore” Chiostro del Bramante - Via della Pace - Roma Fino al 19 febbraio 2017 Tutti i giorni dalle 10 alle 20. Sabato e domenica dalle 10 alle 21
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KEEP THE MOMENT Photos by Claudio D’Avolio Make-up and Concept by Silvia Gerzeli
Lui: Denim trucker jacket and jeans Levi’s Red Tab - Sweater JMC Jey Cole Man - Belt H&M Lei: Denim dress Levi’s Red Tab - Poncho Annakiki - Shoes Paloma Barcelo
Make-up Primer Nars Pro Prime Oil Free Fondation Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Powder Shu Uemura no color Lips Prep + Prime Lip MAC + Cremesheen Lipstick Sweet Sakura Eyeshadows Palette Christian Dior Montaigne
Make-up Primer Nars Pro Prime Oil Free Fondation Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Powder Shu Uemura no color Lips Prep + Prime Lip MAC + Lipgloss Vamplify With Gusto MAC Eyeshadows Palette Christian Dior Bar
Make-up Primer Nars Pro Prime Oil Free Foundation Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Corrector Mark Jacobs Powder Shu Uemura no color Lips Prep + Prime Lip MAC Eyeshadows MAC Beauty Marked + MAC Plum Dressing
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Make-up Primer Nars Pro Prime Oil Free Fondation Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Powder Shu Uemura no color Lips Prep + Prime Lip MAC + Lipstick CB96 Eyeshadow MAC Parfait Amour Eyeliner MAC
Make-up Primer Nars Pro Prime Oil Free Fondation Giorgio Armani Maestro + MAC Strobe Liquid Lotion + Bobbi Brown Skin Stick Powder Shu Uemura no color Lips Prep + Prime Lip MAC Eyeshadows MAC Plum Dressing + MAC Parfait Amour Creamshadow Charlotte Tilbury Cleopatra
Photos and Postproduction by Claudio D’Avolio www.instagram.com/iamclaudiodavolio Make-up and concept by Silvia Gerzeli www.silviagerzeli.com Model: Dinara Murzabayeva
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Skoda Superb: da Cenerentola a Principessa
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ino a qualche anno fa, esisteva la Cenerentola dei marchi. Era quella che veniva derisa, per la linea dei suoi prodotti, per le sue origini e per i motori che battevano nel cofano. Poi la Fata Turchina chiamata Volkwaghen, iniziò a vestirla di linee accattivanti, motori potenti e eleganti scarpette e la magia si avverò. Volkwaghen Superb, è una maxi berlina di segmento e che punta a ritagliarsi un posto nell’olimpo delle “grandi”. Tante sono le sue caratteristiche vincenti come la riduzione di peso fino a 75 kg rispetto alla versione precedente. Tanto acciaio ad alta resistenza, il 45% del pianale, hanno consentito di ottenere una rigidità torsionale incrementata del 12%, che tradotto nel pratico vuol dire maggiore precisione di guida, ma anche un livello di qualità a bordo superiore, con ancoraggi della plancia a garanzia di tenuta nel tempo, senza fastidiosi scricchiolii. Noi abbiamo provato la versione 2.0 TDI da 150 CV in allestimento Executive, che offre di serie anche il navigatore, i fari bixeno e il vivavoce bluetooth.
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Esteticamente la mano tedesca traspare in ogni linea, ma con una giusta dose di personalità. Fari bi-xenon e led sono elementi di grande spicco, ma il meglio lo si vive all’interno. Innanzi tutto il bagagliaio che sfonda quota 600 litri, arrivando a 625 e una volta abbattuti gli schienali si ottengono 1760 litri di capacità massima. Per la prima volta si può optare per gli ammortizzatori adattivi, optional derivato dall’ultima produzione Volkswagen, così come l’Adaptive Cruise Control e tanti altri ausili elettronici. A bordo lo spazio non manca né davanti né dietro ci piace molto la praticità con cui è stato sfruttato lo spazio con tanti vani portaoggetti ben rifiniti ed insonorizzati. Dal punto vista tecnologico Skoda Superb si fa amare soto parecchi punti di vista. Svariati sistemi a disposizione sui diversi allestimenti. Il top si raggiunge con il touchscreen 8 pollici dell’impianto Columbus, completato dall’hotspot wi-fi su rete LTE. L’integrazione con gli smartphones, invece, può contare sullo SmartLink, che inclu238
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de sia Apple Car Play che Android Auto, oltre alla funzione MirrorLink per avere le app del telefono sullo schermo in auto. Su strada l’offerta dei diesel si compone del millesei Tdi da 120 cavalli e due step di potenza per il 2.0 Tdi: 150 e 190 cavalli, con 240 e 400 Nm di coppia. Abbiamo percorso più di 1000 km in un weekend proprio sulla “mediana” da 150 cv. Un giusto equilibrio tra prestazioni e consumi. Quest’ultimi davvero contenuti: una media di 22 km con un litro nel misto. L’accoppiata sterzo e cambio senza avere vezzi corsaioli, risulta molto piacevole e adatta allo spirito dell’auto. Però state tranquilli, dopo mezzanotte la vostra Superb non si trasforma in “zucca”, ma resta un’ottima ammiraglia dal prezzo molto competitivo. Cristiano Fabris 239
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Icone imperiali
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al punto di vista della casalinga di Voghera, fenomeno della Trash-TV anni Novanta, personaggio subito bruciato sui roghi accesi dal gossip dell’intellighenzia piccolo-borghese, la parola immagine rimanda ai santini di Padre Pio, oggi Santo della Chiesa, ai feticci del fashion, alias il logo dei guru del trinomio abito -trucco-parrucco, nella migliore e più nobile delle sue manifestazioni, alle pseudodive dei talk-show che scuotono le chiome con un sapiente tocco delle mani, a immagine e somiglianza della rossa e mitica Rita Hayworth o della ruggente Milva. Ahinoi, quanto siamo caduti in basso! Dov’è oggi il divismo? Crediamo che questa parola appartenga a un’età definitivamente conclusa. Quella in cui personaggi carismatici, solo con il potere dello sguardo o di un gesto, entravano, senza uscita, nell’immaginario collettivo. Pensiamo ai santi, alla Madonna nell’ambito religioso.
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Oppure alle icone dello spettacolo senza tempo impresse sulla cover di un CD o di un DVD, come santini di una religione laica.Ma stiamo attenti alla valenza della parola “icona”. Dal greco “εἰκόn”, vuol dire immagine dotata di poteri fortemente sacri. Per esempio l’imperatore Alessandro Magno, uomo che possedeva un carisma pari a quello degli dei. Di qui l’equivalenza imperatore-dio. Dubitiamo che le pseudodive dei talkshow di oggi sappiano che gli imperatori dell’antica civiltà greco-romana erano icone. Oggetto di un culto che si manifestava in pubblico nelle apparizioni di Tiberio, con il capo coperto di alloro come nel film “Ben Hur”, recentemente remakesterizzato (regia di Timur Bekmambetov), sul Kolossal anni Cinquanta con Charlton Heston o nelle orge notturne di Eliogabalo il cui nome rimanda a Elios, dio solare e a El -Gabal, in siriaco “la luna”.Sole e Luna, fusi nell’icona più trasgressiva del mondo romano della decadenza. Ma, prima del crollo dell’ Impero Romano d’Occidente, visse un imperatore amante del Bello, dell’Eros e di se stesso.
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ICONS
L’imperatore Adriano, somma icona che si sentiva “responsabile della bellezza del mondo”. Protagonista di fiction senza importanza, è immortalato for ever nel romanzo della più poliedrica scrittrice francese del secolo XX. Marguerite Yourcenar innamorata dell’icona dell’imperatore romano, tanto che scrisse di lui “Quell’incantesimo al quale l’imperatore ormai vecchio cedeva in uno stato di sonnambulismo, Alessandro l’aveva subìto prima di lui…”. Incantesimo, magia, sonnambulismo: parole psichedeliche che svelano i torbidi scenari delle grandi icone imperiali. Prima delle orge di Caracalla e di Eliogabalo, nel regale trionfo di vino-sesso-rose. Di qui l’icona imperiale romana, immortalata dal cinema e divinizzata dalla trasgressiva scrittrice Yourcenar nel secolo scorso. Quel Novecento erotico che la chiuse nella torre d’avorio dei grandi come Henry Miller e Anaïs Nin. Ahinoi! Quanto sono lontane queste pagine immortali dell’omonimo romanzo su Adriano! “Adriano solo ha intuito il segreto di questo duello senza gloria contro il vuoto, l’aridità, la stanchezza, il disgusto d’esistere…” (Marguerite Yourcenar “Memorie di Adriano”). Icone imperiali come le divine delle show-business. Sepolte nella memoria. Solo noi le possiamo riesumare con la nostra “imagination” letteraria. Le altre devono ancora cingersi il capo con l’alloro della gloria. Riccardo Di Salvo e Claudio Marchese
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Thank Kenzo, H&M, SAMSOE SAMSOE, The Hebe Suit, RODEBJER, Kyle Lo Monaco, Libertine Libertine, SCOTCH & SODA, Parka London, R.M.Williams, RASCALS, Isabel Marant Etoile, Melissa, TOPSHOP, SEBAGO, King & Tuckfield London, Garment Project, Simon Minardi, Christos Christou, Elis Ferranti, Erica Selvaggio, Tamina @MILK Model Management,
Roberto Cavalli, Vivienne Uischner Couture, Versage, VALERY,
Hort Tschirschmitz, Steven Madden, Kania Couture,
JIL SANDER, CALZEDONIA, Anna
LANVIN, CHANEL, Claudia Diaz, Emir Medic @21agency.de,
Laura-Ann Olland @21agency.de, Lisa Frank @Tunemodel.de, Giacomo Frasson, Alexia Mingarelli, AMAMAY VIXEN, SWAP INSIDE,
Antonio Marras,
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ZARA, Brechó Faria Lima, Minha Avó
Tinha, ACERVO 31, Carmen Campos, Gabriel Bueno, Milena Iorio, Vanilson Coimbra, Lucas Hammacher @Casa Agência, Michele Lima e Matheus Gomes @Oxygen Models,
GUCCI, Melissa Marcello, Genny Cecchini, Morten @Elite, Riccardo Di Salvo,
ks to: Claudio Marchese, BEN SHERMAN, Darkoh, Maurice Lacroix, Felix Doll, KIOMI,
TOD’S,
GUESS, Hackett, ATF, NOBRAND, BOSS, Mykita, American Vintage, Hydro-
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Kors, CRUCIANI, Sandqvist, TOM
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