Non “se”, ma “come”

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febbraio 2012

Sportello impresa normativa Misure di inverdimento

Non “se”, ma “come”

Tra le misure che più suscitano malcontento vi è il cosiddetto inverdimento o greening del primo pilastro, forse la parte più difficile di questa nuova Pac.

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ifficile per la particolare ostilità con cui è stata accolta da molte delle parti in causa. Il timore è che dando un così grosso peso a misure ambientali nel primo pilastro si rischi di diminuire la forza competitiva delle aziende, aumentarne i costi e diminuirne la capacità produttiva. Inoltre si critica la via scelta: un pacchetto di tre misure uguali per tutti gli Stati membri, senza possibilità di grande elasticità e di adeguamento alle diverse situazioni locali. Insomma, una soluzione paneuropea invece di una soluzione “à la carte”; una soluzione uguale per tutti, invece che diversificata come diversificati sono i paesi dell’Unione. Ma la politica è una e comune e le scelte fatte sono coerenti non solo con una visione comune di Europa, ma anche da una parte con la necessità di controllare l’applicazione delle misure stesse e dall’altra di semplificare il peso amministrativo della politica comune. C’è la possibilità di introdurre una elasticità nelle misure da applicare o una diminuzione della quota dedicata al greening? Su questo ultimo punto la Commissione non sembra disposta a transigere. E d’altro canto quella di dedicare ben il 30% dei pagamenti diretti alla produzione di beni comuni questi sarebbero gli effetti sul clima sui suoli e sulla biodiversità che tale misura vuole raggiungere - potrebbe risultare sui tempi lunghi una scelta oculata. Perché? Tra meno di dieci anni si ridiscuterà il budget da dedicare alla Pac ed è probabile che, se la tendenza rimane quella attuale, si metterà nuovamente in discussione la parte da dedicare al sostegno al reddito a favore della pro-

duzione di beni comuni. In quest’ottica, allora, conviene all’agricoltura oggi diminuire quel 30% che un domani con molta probabilità non verrà messo in discussione, a favore di una parte che già oggi diviene difficile da difendere? Probabilmente no!

Uno schema troppo rigido?

Le misure scelte sono per molti un errore tecnico. Secondo altri invece esse sono “una soluzione accettabile in molte situazioni agricole europee”. Non deve spaventare il 7% di oasi ecologiche nelle aziende. Molte di esse infatti già hanno una parte del 3, 4 o 5% della propria superficie che non viene coltivata. Si tratterebbe di integrarla a qualcosa di più per arrivare al 7%. Si cercherà inoltre di integrare in questo 7% anche quelle aree che fino ad oggi non erano eleggibili per i pagamenti diretti. Presentata in questo modo, questa mi-

sura potrebbe non risultare cosi onerosa per le aziende, né procurerebbe un “drastico calo nella produzione” come molti accusano. A questo si aggiunge che la presenza sul territorio di siepi e cespugli di confine, di alberature a bordo campo, di biotopi e aree boschive giova alla protezione del suolo, al man-

tenimento di oasi per la biodiversità, alla cattura di carbonio e non da ultimo al mantenimento del paesaggio. Infine questa misura potrebbe finalmente favorire l’affermazione di tecniche colturali alternative, come l’agroforesteria, che già hanno dimostrato la loro validità produttiva, che hanno sicura-

mente un impatto ambientale positivo, ma che non si sono riuscite ad affermare per questioni di pregiudizio, abitudine o altro. Anche la diversificazione colturale trova una sua ragion d’essere laddove si pensa a terreni in monocultura ormai da anni. Che qui la produzione diminuisca e l’apporto di input aumenti è un segno evidente della necessità di un cambiamento. Sia chiaro, le misure scelte sono un compromesso tra realizzabilità e semplicità dei controlli e come ogni compromesso hanno dei limiti. Certo, un minimo di elasticità in modo da poter adeguare le misure proposte alla situazione regionale sarebbe opportuna ed è su questo che le discussioni oggi dovrebbero vertere, non sul fatto di applicare o meno le misure di greening (che dovrebbe essere fuori discussione) né tanto meno sul tentativo di ridurre il 7% ad un ridicolo 3%. Rischieremmo di avere di nuovo un effetto “cross compliance” che è costato controlli e burocrazia, ma di effetti ne ha portati pochi.

ff di

Maria Luisa Doldi

Assistenza tecnica

Essenziale per il successo Una cosa rimane fondamentale: affinché l’inverdimento si trasformi veramente in una possibilità di competitività sostenibile per l’Europa e non si riduca invece ad ulteriori costi e burocrazie è assolutamente necessario non lasciare sola l’agricoltura: sistemi di consulenza tecnica, maggiore legame tra ricerca e campo, trasferimento della conoscenza devono diventare un ingrediente fondamentale per l’agricoltura di domani e acquisire un peso molto maggiore di quello che hanno fatto fino ad adesso. Già oggi si notano differenze enormi tra Stato membro e Stato membro. Bruxelles crea la cornice per favorire questo trasferimento di competenze e approfondimento di conoscenze, spetta poi ai singoli Stati membri implementare adeguatamente questo quadro. E se le aziende domani non saranno competitive non sarà piuttosto per manovre di governo miopi, incapacità di coordinazione tra le associazione nel difendere gli interessi comuni del settore e una burocrazia soffocante piuttosto che per manovre mirate a rendere più sostenibile la produzione?

Le prospettive Cambiare per rimanere competitivi Cambiare fa sempre paura e porta con sé delle incognite. Ma è meglio farlo oggi, laddove vi sono fondi pubblici a disposizione, che non essere obbligati a farlo in un futuro, dove chissà se di fondi pubblici ve ne saranno ancora così tanti. Che cambiare sia necessario è fuori discussione! Innanzitutto perché l’agricoltura non è solo vittima dei problemi ambientali che ci troviamo a dover affrontare. Ne è anche autrice e, come ogni altro settore economico, ha l’obbligo di intervenire per invertire le tendenze. In secondo luogo cambiare – se fatto bene - significa anche diminuire i costi. Dal 2004 ad oggi i prezzi medi mondiali dei prodotti agricoli sono aumentati del 60%, quelli dei fertilizzanti e pesticidi del 180%, mentre i prezzi medi dell’energia sono aumentati di oltre il 200%. È nell’interesse di tutti, agricoltori in prima istanza, diminuire i costi, diminuendo gli input. E questo è possibile anche attraverso una gestione dell’azienda che comporti la pianificazione di elementi di sostenibilità ambientale. Vi è poi il desolato panorama della situazione ambientale delle campagne: il 45% dei suoli soffre di processi erosivi e di impove-

rimento; la biodiversità diminuisce; gli obiettivi che ci si era posti per il 2010 per una salvaguardia della biodiversità non sono stati raggiunti e per questo ne sono stati definiti di nuovi per il 2020. La situazione oggi è che con i blandi criteri di cross compliance e lasciando l’ambiente a misure quasi volontarie, non siamo riusciti a rispondere alle sfide che l’agricoltura deve sostenere: la produttività è calata, l’ambiente ne risente e abbiamo situazioni in cui si coltiva contro ogni buon senso e con grande miopia. Il cambiamento deve diventare obbligatorio. Sui tempi brevi l’adattamento alle misure di inverdimento potrebbe comportare costi per le aziende, che devono ripianificare il proprio piano produttivo, e in parte, riposizionarsi sul mercato. Ma sui tempi lunghi questo sarà l’unico modo per rimanere competitivi e continuare a poter produrre. Perché competitività significa anche mantenere la capacità di poter continuare a produrre anche sui tempi lunghi (sicurezza alimentare) e tale aspetto verrà meno se non si introduce oggi un cambiamento sostenibile nel nostro sistema di produzione!

Misura di inverdimento (greening) Per il rispetto di alcune pratiche agricole a vantaggio del clima e dell’ambiente, oltre al pagamento di base, ciascun’azienda riceverà un pagamento per ettaro. A questo pagamento, che non sarà soggetto a livellamento, gli Stati membri dovranno obbligatoriamente riservare il 30% delle dotazioni nazionali. Le tre misure previste per poter accedere a questo pagamento sono: il mantenimento del pascolo permanente; la diversificazione delle colture (sulle superfici a seminativo un agricoltore deve coltivare almeno tre colture, nessuna delle quali può occupare più del 70% delle superfici, mentre la terza deve interessare almeno il 5% dei seminativi); il mantenimento di un’area di interesse ecologico pari su almeno il 7% dei terreni agricoli (esclusi i prati permanenti): si tratta di margini dei campi, siepi, alberi, terreni lasciati a riposo, elementi caratteristici del paesaggio, biotopi, fasce tampone, superfici oggetto di imboschimento. Le misure di inverdimento non si applicheranno alle produzioni biologiche e ai piccoli agricoltori.

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