IMPIANTI
■ di Maria Luisa Doldi
CO2 e retail: svolta in vista? A Burolo (Torino) è entrato in funzione pochi mesi fa il primo impianto italiano transcritico di Carrefour. Un’esperienza che potrebbe fare da apri-pista in Italia per la CO2 nella grande distribuzione
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ella GDO la refrigerazione è una delle voci che registrano il maggior consumo di energia. Si parla di percentuali intorno al 40% sul totale dei consumi energetici di un supermercato. La refrigerazione inoltre può essere responsabile anche di emissioni indirette di CO2 dovute a perdite di refrigerante. Perdite del 20% non sono una rarità nei supermercati. Spesso il refrigerante usato è R404a che ha un GWP di circa 3200 volte superiore a quello della CO2. Percentuali del 30-40% di emissioni dirette ed indirette di CO2 dovute alla refrigerazione sul totale delle emissioni di un supermercato non sono un’esagerazione. Questi numeri indicano chiaramente come la sostenibilità della GDO debba per forza passare per il reparto surgelati e refrigerati. Una svolta per il transcritico? Sia per una questione di costi che per motivi di impatto ambientale anche Carrefour ha intrapreso una serie di misure per aumentare l’efficienza degli impianti di refrigerazione e diminuirne
le emissioni dirette e indirette. Il gruppo si è posto l’ambizioso obiettivo di ridurre il consumo energetico del 30% nel 2020 rispetto al 2004 e le emissioni di CO2 del 40% nel 2015 rispetto al 2009 per Francia, Belgio, Italia e Spagna e nel 2020 rispetto al 2004 per tutti gli altri paesi in cui il gruppo è presente. Per la refrigerazione zerosottozero
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aumentare l’efficienza e diminuire i costi significa necessariamente prendere in considerazione la refrigerazione naturale. Carrefour ha già iniziato in molti paesi la sostituzione di impianti ad HFC con impianti ibridi CO2/R134a. Al momento vi sono attive 15 sedi con impianti ibridi per le quali si stima
«Per la refrigerazione aumentare l’efficienza e diminuire i costi significa necessariamente prendere in considerazione la refrigerazione naturale. Carrefour ha già iniziato in molti paesi la sostituzione di impianti ad HFC con impianti ibridi CO2/R134a»
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un risparmio nei costi totali annui sia energetici che di refrigerante. Ma tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012 Carrefour ha fatto un ulteriore passo sulla via della eliminazione degli HFC. In tre delle sue sedi europee due in Francia e una in Italia a Burolo (Torino) - ha installato impianti di refrigerazione completamente
IMPIANTI funzionati a CO2. Si tratta di impianti pilota che potrebbero aprire la via almeno a certe latitudini – ad un più ampio impiego della CO2 da parte di Carrefour.
Il caso Burolo L’impianto di Burolo è il primo impianto transcritico di Carrefour in Italia. Si tratta di un ipermercato di 5800 m2 di area
Un futuro a CO2? Cosa significa ragionevole per Carrefour? Tra i 3 e i 5 anni. Bisogna considerare che un impianto tradizionale ha una durata di vita di circa dieci anni. Se si riesce ad ammortizzarlo in un tempo fino a 5 anni è accettabile. Per tempi più lunghi non lo è. Oggi non è possibile sapere quale sia la durata di un impianto a CO2 perché la tecnologia è ancora troppo giovane. Ma partiamo dal presupposto
«Io credo che sia proprio ora di passare a questa tecnologia, ma in massa, non solo Carrefour. Ma per far questo sono necessarie due condizioni: maggiore competenza e maggiore trasparenza nei prezzi da parte dei progettisti»
(Fonte: Carrefour Spa)
Abbiamo chiesto a Jean Michel Fleury - Corporate Assets Management presso Carrefour – come sarà la refrigerazione in Carrefour nel futuro prossimo: «Tra la fine del 2012 e l’inizio del 2013 Carrefour avrà i risultati di un anno di funzionamento di questi tre impianti pilota e poi deciderà se investire ulteriormente in impianti al 100% a CO2. Si tratta di una tecnologia ancora abbastanza costosa, dove gli investimenti iniziali sono tra il 20 e il 30 % superiori a quelli di un impianto tradizionale. Se i risparmi energetici sono effettivamente tali da poter aver un rientro dei costi in tempi ragionevoli, allora non vi sono ostacoli alla adozione della tecnologia».
vendita, con 1700 m2 di aree surgelate e 850 m2 di aree refrigerate. A questo si aggiungono 400 m2 di celle e ricevimenti refrigerati e 20 m2 di celle surgelate. Non si tratta di una nuova costruzione, ma del retrofit di un impianto prima funzionante a R22. Con la necessità di eliminare l’impianto a R22 e vista la condizione climatica del luogo, si è deciso di installare qui l’impianto pilota a CO2. Nella modernizzazione dell’ipermercato oltre al retrofit degli impianti di refrigerazione, si sono condotte anche tutta una serie di misure per migliorare il risparmio energetico. Ad esempio banchi frigoriferi con ventilatori elettronici ed illuminazione LED, copertura notturna e diurna di tutti i banchi surgelati, evaporatori con valvole di espansione di tipo elettronico. Con queste misure energetiche e con il sistema a CO2 di refrigerazione, Carrefour ha calcolato di poter raggiungere un risparmio energetico
Jean Michel Fleury che tali impianti durino almeno tanto quanto uno tradizionale. Come vede lei il futuro della CO2 in generale nella grande distribuzione? Questa tecnologia è molto ben
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gestibile e fino ad ora il bilancio energetico misurato è molto interessante. Io credo che sia proprio ora di passare a questa tecnologia, ma in massa, non solo Carrefour. Ma per far questo
sono necessarie due condizioni: innanzitutto che si diffonda la competenza su queste tecnologie molto più di quanta ne abbiamo ora nei nostri paesi, eccezion fatta per il nord Europa e
del 15% lungo l’arco dell’anno. Alfio Fontana – responsabile energia e manutenzione presso Carrefour Spa - conferma che da novembre ad aprile il risparmio energetico raggiunto nell’ipermercato è stato circa del 20%. Questo valore diminuirà sicuramente nei mesi estivi, quando l’impianto funzionerà in regime transcritico, ma si stima di poter rimanere comodamente entro i parametri di risparmio energetico stimati. La realizzazione dell’impianto è stata affidata a Carrier. Si tratta di un impianto booster con una linea del liquido comune per le zone a bassa e ad alta temperatura. Per ogni livello di temperatura vi è una linea di suzione separata. I compressori a bassa temperatura comprimono la CO2 nelle linee delle alte temperature. in secondo luogo che l’industria sia disponibile a rendere i prezzi più competitivi, perché spesso il prezzo richiesto non sta in nessuna relazione con il prodotto o la tecnologia offerta. È una tecnologia che fa passi da gigante; sono sicuro che in un futuro prossimo avremo anche soluzioni idonee a climi meno vantaggiosi. È noto che già ora alcune compagnie stanno testando impianti a CO2 in zone come la California e Hong Kong. La questione dell’elevato
I compressori delle alte temperature prendono inoltre la CO2 in vapore anche dal contenitore di media pressione (receiver). In questo modo i compressori delle alte temperature comprimono tutto il liquido che serve sia per le basse (TB) che per le alte temperature (TN). Tutta la massa del refrigerante passa attraverso il gas cooler dove viene rilasciato il calore all’ambiente esterno. L’unità di raffreddamento per le basse temperature (TB) arriva a -35°C, quella per le temperature alte (TN) va da 0 a +4°C. Nella sezione TB vi sono tre compressori monostadio Bitzer con resa di 32,9 kW e carico termico generato di 43 kW. Le pressioni di lavoro sono qui di 40 bar. Nella parte a TN vi sono 6 compressori monostadio Bitzer con resa di 25 kW
investimento iniziale necessario per un impianto a CO2 si risolverà in parte, comunque. Infatti, l’aumento dei costi dei refrigeranti e dell’energia e l’aumento delle tasse per l’eliminazione dei refrigeranti stessi farà aumentare i costi anche degli impianti tradizionali, diminuendo automaticamente il gap di costi. Inoltre la sostenibilità diventa un tema sempre con maggiore precedenza a livello europea. Tutto questo contribuisce ad aumentare
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l’attrattiva di impianti a CO2 e potrebbe non esser lontano il giorno in cui lo standard della refrigerazione nel retail diventerà la CO2. Al di là però di tutti gli argomenti portati qui sopra, qualora gli impianti pilota descritti in questo brano dovessero dare i risultati aspettati - ovvero un 15% annuo di risparmio energetico – allora la CO2 avrebbe a tutti gli effetti argomenti validi per poter essere considerata per gran parte dell’Europa una soluzione anche per la refrigerazione commerciale.
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L’impianto di Burolo a CO2 serve sia le utenze di bassa temperature (tB pressione di lavoro 25 bar) sia quelle di alta temperatura (tn, pressione di lavoro 40 bar). Si tratta di un impianto booster con una linea del liquido comune per le zone a bassa e ad alta temperatura. Per ogni livello di temperatura vi è una linea di suzione separata. I compressori a bassa temperatura comprimono la CO2 nelle linee delle alte temperature. I compressori delle alte temperature prendono inoltre la CO2 in vapore anche dal contenitore di media pressione (receiver). In questo modo i compressori delle alte temperature comprimono tutto il liquido che serve sia per le basse che per le alte temperature. tutta la massa del refrigerante passa attraverso il gas cooler, dove viene rilasciato il calore all’ambiente esterno (Fonte: CarreFour Spa)
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Vi sono paesi europei dove i sistemi transcritici sono un buon numero mentre altri, come l’Italia, che anche per motivi climatici hanno pochi sistemi di questo tipo. Gli impianti pilota di Burolo e Lione potrebbero però cambiare le carte in tavola. Qualora si rivelassero efficienti come promettono di essere e qualora Carrefour iniziasse il roll-out di questa tecnologia, allora potrebbe fare da traino anche per altri grandi distributori nelle stesse aree geografiche (Fonte: www.shecco.com)
e carico termico di 398 kW. Le pressioni di lavoro sono 25 bar. Il gas cooler (LU-VE) lavora a pressioni di 120 bar ed è situato in un’area esterna per motivi di sicurezza. La portata d’aria del gas cooler è di 103.000 m3/h, mentre la pressione sonora massima di 465 Db (A) – 10m. Esso non è dotato di sistema di nebulizzazione, non ritenuto necessario alle condizioni climatiche di Burolo. Tutti i compressori sono dotati di regolazione ad inverter e gli evaporatori di valvole di espansione di tipo elettronico. L’impianto ha una carica frigorigena totale di 500 kg. Esso è stato testato con pressioni di lavoro di 160 bar, ben al di sopra dunque delle effettive pressioni di lavoro. Una sorveglianza 24 ore su 24 assicura un rapido intervento
in caso di necessità, ma per ora non vi sono state difficoltà manutentive di nessun tipo. L’impianto è predisposto per un recupero di calore. Ad oggi si produce solo acqua calda sanitaria ma in futuro si progetta di poter utilizzare il calore prodotto dall’impianto di refrigerazione anche per il riscaldamento degli ambienti. A questo scopo è già stato installato uno scambiatore di calore non ancora in funzione Questioni di sicurezza La CO2 è classificata come refrigerante di categoria A1, quindi non è né tossica né infiammabile. Come per tutti gli altri refrigeranti vi sono degli standard nazionali o regionali da rispettare nella progettazione degli impianti, standard che prendono in zerosottozero
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considerazione diversi aspetti compreso quello delle alte pressioni a cui gli impianti a CO2 lavorano in alcune parti. In generale dunque la CO2 non presenta problematiche diverse o maggiori rispetto agli altri refrigeranti. Questioni di alta pressione La CO2 è un refrigerante ad alta pressione ma in molte parti dell’impianto la pressione non è più alta di quella richiesta da altri refrigeranti come l’R410A per esempio. Solo in alcune parti dell’impianto, per esempio nelle linee di sbrinamento e nel caso di CO2 transcritica nel condensatore, allora le pressioni di lavoro sono elevate e sono richiesti componenti speciali. ■ © RIPRODUZIONE RISERVATA