PROTAGONISTI L’ENOLOGO
Nella Tenuta Alois Lageder, a Magrè (Sudtirolo), si pratica la coltivazione biodinamica su circa 50 ettari di vigneti di proprietà familiare.
In armonia tra scienza e antroposofia MARIA LUISA DOLDI
Georg Meißner.
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all’inizio del 2013 enologo presso la tenuta Alois Lageder, Georg Meißner ha un curriculum e un’esperienza da giramondo: uno studio in viticoltura ed enologia in Francia, a Montpellier, un dottorato in Germania e molta, molta esperienza in diversi Paesi, tra cui Sudafrica, USA, Italia ed Est Europa.
Negli ultimi sette anni ha svolto e svolge tutt’ora attività di ricerca ed insegnamento presso l’Università di Geisenheim, uno dei luoghi più prestigiosi in Germania per lo studio della viticoltura e dell’enologia, ma il suo cammino si è incrociato anche con quello di Alois Lageder, a Magrè in Sudtirolo. Quale gioco del destino ha portato Georg Meißner a Magrè? “Un incontro innanzitutto, quindi un invito accolto. L’incontro: con il figlio di Alois Lageder, a Geisenheim tra i miei studenti. L’invito: quello di fare seminari sulla viticoltura biodinamica per i tanti viticoltori referenti della tenuta Lageder. Un incontro
che non solo è sfociato poi nella collaborazione appena iniziata, ma che sembra preludio a molti progetti per un concetto innovativo di viticoltura”. Concetto innovativo? “Fondamentalmente Alois Lageder cercava non solo un nuovo maestro cantiniere, ma anche una persona che portasse la cantina ed il vigneto, l’agricoltura e l’enologia in maggiore contatto. A questo io ho aggiunto la mia esperienza che unisce ricerca, pratica ed insegnamento. Vi sono molti elementi in gioco, dunque, e l’obiettivo è quello di creare una realtà dove tutti questi elementi si uniscano e si intersechino, sulla base di un concetto biodinamico ed antroposofico. Siamo ancora all’inizio, vi sono molte idee in divenire, ma ci stiamo muovendo nel tentativo anche di creare collaborazioni, alleanze, dialogo con altre realtà”.
Il filo rosso della biodinamica Biodinamica e antroposofia: sono concetti e idee portanti per Georg Meißner. Non solo per la sua professione ma, ascoltandolo, oseremmo dire per la sua filosofia di vita. Andiamo all’origine: quando e come Georg Meißner ha incontrato la biodinamica? “Si tratta di un frammento di storia personale, legato
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all’esperienza di vita di mio fratello maggiore, autistico, attivo in un´azienda biodinamica e che ha fatto sì che io venissi a conoscenza di queste idee molto presto, da bambino. E da allora non mi hanno mai abbandonato e sono divenute il filo rosso della mia esperienza professionale. A Geisenheim faccio ricerca sui sistemi biodinamici ed ho lavorato presso molte aziende biodinamiche”. Scienza e antroposofia: non sono in contrasto? “Si tratta di due modi diversi di analizzare una situazione. L’uno, il metodo scientifico, mi fa partire dal dettaglio per arrivare a capire il tutto; l’altro, l’approccio biodinamico e antroposofico, cerca di capire dapprima il tutto per arrivare poi ai dettagli. Non sono in concorrenza, sono due modi diversi di vedere la stessa cosa ma, alla fine, insieme potrebbero darmi una visione più completa della realtà”. Come si applica tutto questo nella pratica? “Chi svolge attività agricola non dovrebbe mai scordare due concetti: che ogni singola azienda è un unicum, ma contemporaneamente è in sé un grande organismo. La prima affermazione non rappresenta nulla di nuovo per le aziende vitivinicole: sono secoli che parliamo di individualità dei vini e di Grand Cru, che cerchiamo di esaltare al massimo le differenze e sappiamo che sono i dettagli ad influire sul risultato del nostro lavoro. Ma quale altra parte dell’agricoltura è ancora consapevole della grande individualità che la caratterizza e che caratterizza il suo modo d’essere? Troppo poca. Quindi, non dobbiamo dimenticare che l’azienda agricola è come un grande organismo, la cui vitalità e salute dipendono da un sottile equilibrio tra le parti organiche ed inorganiche, viventi e non viventi che lo compongono, per cui l’agricoltore o viticoltore deve cercare di entrare in intimità con l’ecosistema con cui lavora, capire quali siano queste singole parti e creare o mantenere gli equilibri tra esse. È un processo molto complesso, non si diventa perfetti dall’oggi al domani e si richiede molta empatia con l’ambiente in cui si agisce”.
IL PROFILO DEL BUON ENOLOGO Cosa fa di un enologo un buon enologo? “A mio modo di vedere un bravo enologo è colui che riesce a percepire le intime connessioni tra i tanti fattori in gioco nella produzione di un vino. È colui che rimane aperto a ciò che sarà, senza aspettative o preconcetti. È colui che non cerca di controllare i risultati in base a determinate aspettative di prodotto, ma che in base al decorso della stagione,
all’ecosistema in cui si trova, alla squadra con cui lavora e a come a tutto ciò l’uva reagisce, sarà in grado di condurre il tutto ad un buon risultato, senza ricette preconfezionate e altamente tecniche, ma adeguandosi al contesto. Ma ancora una volta ribadisco l’importanza del fattore umano: un buon enologo è colui che riesce a far comprendere a ciascun membro della squadra la sua importanza ed unicità”.
esso non è mai il risultato di una mano sola, principe su altre, ma del gioco di squadra di tutte le mani all’opera. Ogni attore, dal campo alla cantina, ha una responsabilità chiara e fondamentale nei confronti del prodotto. Ma anche nei confronti dell’organismo che è l’azienda stessa. Ed è fondamentale che ogni persona che agisce nell’azienda sia consapevole dell’importanza del suo ruolo. A questo si aggiunge la responsabilità che l’azienda agricola ha nei confronti dell’ecosistema in cui si inserisce: l’agricoltore non ha solo un ruolo economico, ma anche socio-culturale. Egli è custode del paesaggio che gestisce, in cui si introduce e si deve sempre chiedere quali effetti avrà il suo modo di gestire acqua, suolo, piante e
L’importanza della componente umana E la componete umana, che ruolo gioca? “La componente umana è fondamentale per l’azienda agricola, perché agricoltura e viticoltura non sono solo processi naturali, ma anche processi umani, che sono anzi centrali e prioritari. Un’azienda agricola è il risultato innanzitutto dell’intesa, dell’affiatamento della componente umana di cui è costituita. Il vino, per esempio: in una azienda delle dimensioni della Tenuta Alois Lageder
“L’agricoltore non ha solo un ruolo economico, ma anche un ruolo socioculturale. Egli è custode del paesaggio che gestisce e si deve sempre chiedere quali effetti avrà il suo modo di gestire acqua, suolo, piante e animali sull’ambiente che lo circonda e sulle persone che lì vivono”. (Georg Meißner)
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PROTAGONISTI L’ENOLOGO
BIODINAMICA E ANTROPOSOFIA: QUALE LEGAME? Non abbiamo l’ambizione di spiegare in queste poche righe cosa siano l’agricoltura biodinamica e l’antroposofia. Vogliamo solo chiarire il legame tra questi due concetti apparsi nell’articolo. Entrambi fanno capo a Rudolf Steiner, pensatore e filosofo austriaco, vissuto a cavallo tra il XIX e XX secolo. Dai suoi sostenitori l’antroposofia (dal greco antico ànthropos: uomo e sophìa: conoscenza) viene definita come un percorso spirituale e filosofico, basato sugli insegnamenti di Rudolf Steiner, che hanno abbracciato
vasti campi del sapere: dalle scienze umane, alla pedagogia, alla medicina alle scienze naturali ed infine alla agricoltura. In agricoltura i principi di Rudolf Steiner hanno dato origine alla biodinamica, un approccio olistico, che contempla come un unico sistema il suolo e la vita che si sviluppa su di esso. Per approfondimenti in italiano: Associazione biodinamica italiana: www.biodinamica.org Associazione Rudolf Steiner: www.rudolfsteiner.info Fondazione Rudolf Steiner, Milano: www.rudolfsteiner.it
animali sull’ambiente che lo circonda. Un tema delicato, questo, per la viticoltura, che a ben vedere pratica monocoltura…”.
Un sottile gioco di equilibri Come si inserisce l’enologo in questa realtà e nella produzione di un vino? “Partendo dai concetti espressi sopra, il ruolo fondamentale dell’enologo è saper fare esprimere e armonizzare le competenze – tecniche ed umane – di tutti coloro che mettono mano al prodotto, dal vigneto alla cantina, e saper portare tutte queste competenze ad esprimersi in cooperazione, in un lavoro di squadra per raggiungere l’alta qualità del prodotto, ma anche del lavoro quotidiano. Spesso si presentano gli enologi come super star, ma non è così: dietro un buon prodotto c’è sempre un armonico lavoro di équipe e di relazioni umane, soprattutto in aziende di certe dimensioni. E in un’azienda l’aspetto umano conta tanto quanto quello tecnico, naturale ed economico. Non bisogna dimenticarlo”.
Agricoltura sì, ma interdisciplinare Ricerca e formazione: presso Alois Lageder anche questi sono i campi di competenza di Georg Meißner, non solo la cantina. Come far combaciare il tutto? “C’è un progetto che mi piacerebbe realizzare: un luogo dove tutte queste cose – pratica, formazione, studio, ricerca – insieme siano possibili; un luogo di scambio di idee e di crescita umana e professionale; non solo per ragazzi, ma anche per adulti; non solo in viticoltura ma per tutti i campi dell’agricoltura. Per riacquistare la capacità di osservare e trarre conclusioni, di fare tesoro delle proprie esperienze ed inserirle nella teoria, senza dimenticarle come oggi molto spesso succede. Per me è spaventoso osservare come spesso molti viticoltori e agricoltori abbiano perso la fiducia nella propria capacità di relazionarsi con la natura, nella propria capacità di osservazione, nel proprio patrimonio culturale tradizionale... È un patrimonio che non deve andare perso, ma che va integrato con le conoscenze più moderne, quelle che la scienza ci mette a disposizione. È assolutamente necessario ristabilire il contatto tra tutti questi elementi – educazione, pratica, ricerca – per riacquistare una capacità di fare agricoltura con un approccio olistico, in grado di comprendere le relazioni tra gli elementi della natura e l’uomo… Oggi abbiamo ancora molto da lavorare sotto il profilo pedagogico. Dobbiamo partire con la sensibilizzazione in primis dei bambini e ricreare questa consapevolezza”. Un consiglio a chi si avvia sulla strada per diventare enologo? “Il mondo aspetta di essere scoperto: finiti i vostri studi, prendetevi due o tre anni e viaggiate. Andate per aziende, ascoltate cosa vi raccontano viticoltori ed enologi, guardate, osservate sperimentate… e fatene tesoro!”. ■
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“La nostra filosofia aziendale è ispirata a un approccio olistico. Ciò significa cercare di comprendere e rispettare quanti più elementi possibili nelle nostre attività quotidiane: i ritmi, i cicli e le forze della natura, l’uomo e la sua cultura, la tecnologia, l’universo, il passato e il futuro, la tradizione e la modernità”. (Alois Lageder)