Aprile 2011

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Anno 19 Numero 4

Se il 2010 è stato un anno difficile che ha visto consumarsi una terribile crisi economica unitamente a innumerevoli disastri ecologici spesso riconducibili alla irresponsabilità degli uomini, il 2011 appena iniziato si presenta come un anno terribile. Ci riferiamo a tre avvenimenti che hanno scandito questi primi mesi: il terremoto del Giappone con il conseguente allarme nucleare, le rivolte/ rivoluzioni di tanti paesi del nord Africa e del vicino oriente, le migliaia di profughi che sono sbarcati a Lampedusa sconvolgendo un già difficile equilibrio sociale. Cosa sta succedendo? I catastrofisti, notando che sono coinvolti interi continenti (Europa, Asia, Africa), parlano di apocalisse. Questa parola la associamo normalmente alla pa-

I.I.S. LUNARDI - BS

rola fine. Quindi sarebbe iniziata una inesorabile progressione verso la fine di un’epoca. Chi ( come noi) catastrofista non è, si pone la domanda sul modello di sviluppo che abbiamo costruito in questi anni e sulla sua compatibilità con la responsabilità che dobbiamo avere verso il nostro futuro. In nome del profitto abbiamo sacrificato i valori della persona, abbiamo tollerato dittature feroci, abbiamo inquinato l’ambiente con rifiuti di ogni tipo, abbiamo incrementato l’energia nucleare (molto pericolosa) sacrificando il solare, l’eolico, in una parola l’energia rinnovabile. Il futuro, quello di tutti noi, è fortemente minacciato dal modello di sviluppo messo in atto. Qualcuno parla di futuro

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scippato soprattutto a noi giovani. Che fare? A noi pare che tutto concorra a stimolare un profondo ripensamento sul modello di sviluppo e sul senso della nostra vita. Lo sviluppo fondato sull’avere ha fallito. Bisogna tornare a uno sviluppo compatibile con l’ambiente, capace di rispondere ai bisogni di tutti (e non solo dei ricchi), capace di creare solidarietà e condivisione, capace di motivare l’impegno e l’intelligenza. Al centro dobbiamo mettere la persona e non il denaro. Siamo tutti chiamati a una piena assunzione delle nostre responsabilità. Solo così la temuta apocalisse può trasformarsi in nuovo sviluppo di tutti, nostro e degli altri. La Redazione. IN QUESTO NUMERO: Altrove pag. 2 E’ Pasqua pag. 3 Corruzione pag. 4 Venti di guerra pag. 5 La lezione Giappone pag. 6 Relaz. Internazionali pag. 7 Cinesi d’Europa pag. 9 Sfida Cina-India pag.10 Nuovi Valori pag.12 Avanzata BRIC pag.13 ISU pag.15 Studierai a Shangai pag.17 Luoghi Comuni pag.19 Informiamoci meglio pag.20


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ALTROVE IL VASO CON LA CREPA Una anziana donna cinese possedeva due grandi vasi, appesi alle estremità di un lungo bastone che portava bilanciandolo sul collo. Uno dei due vasi aveva una crepa, mentre l'altro era intero. Così alla fine del lungo tragitto dalla fonte a casa, il vaso intero arrivava sempre pieno, mentre quello con la crepa arrivava sempre mezzo vuoto. Per oltre due anni, ogni giorno l'anziana donna riportò a casa sempre un vaso e mezzo di acqua.

Ovviamente il vaso intero era fiero di se stesso, mentre il vaso rotto si vergognava terribilmente della sua imperfezione e di riuscire a svolgere solo

REDAZIONE 1 Archiati Elisa 5^L 2 Argetta Andrea 5B 3 Azzaretti Isabel 1^L 4 Ballini M.Chiara 2Q 5 Bonomelli Vale 4^AL 6 Bozza Ylenia 5^L 7 Brandolino Simona 2Q 8 Brotto Ilaria 2^A 9 Cappelli Davide 5^AL 10 Colombo Erica 3^L 11 Cusato Matteo 4^F 12 Damiani Giulia 1^L 13 Di Criscito Davide 5^L 14 Econimo Eleonora 4^AL 15 Ferraresi Veronica 2^AL

metà del suo compito. Dopo due anni, finalmente trovò il coraggio di parlare con l'anziana donna, e dalla sua estremità del bastone le disse: "Mi vergogno di me stesso, perché la mia crepa ti fa portare a casa solo metà dell'acqua che prendi". L'anziana donna sorrise "Hai notato che sul tuo lato della strada ci sono sempre dei fiori, mentre non ci sono sull'altro lato? Questo succede perché, dal momento che so che tu hai una crepa e lasci filtrare l'acqua, ho piantato semi di fiori solo sul tuo lato della strada. Così ogni giorno, tornando a casa, tu innaffi i fiori. Per due anni io ho potuto raccogliere dei fiori che hanno rallegrato la mia casa e la mia tavola. Se tu non fossi così come sei, non avrei mai 16 Ferrari Cinzia 3^L 17 Galati Valeria 18 Guatta Samantha 2^AL 19 Laudati Carla 20 Marai Gloria 1^M 21 Martinazzoli Lino 22 Mattei Giuseppe 23 Mazzotti Giulia 3^L 24 Nosella Chiara 4^AL 25 Noventa Milena 3^L 26 Piacentini Ilaria 1^CL 27 Poggiani Denise 1^CL 28 Preda Claudia 4^F 29 Rodella Alessandro 5^B 30 Rossetti Francesca 2^AL 31 Scardavilli Sara 3^E

avuto la loro bellezza a rallegrare la mia abitazione" Ciascuno di noi ha il suo lato debole. Ma sono le crepe e le imperfezioni che ciascuno di noi ha che rendono la nostra vita insieme interessante e degna di essere vissuta.

Devi solo essere capace di prendere ciascuna persona per quello che è, e scoprire il suo lato positivo.

32 Schiano Rebecca 3^L 33 Simonenko Viktoriya 1^M 34 Tomasoni Marta 2^AL

Lunarfollie viene pensato, prodotto, stampato e distribuito presso il CIMP dell’ IIS “A. LUNARDI” via Riccobelli, 47 Tel. 030/2009508/9/0 Fax 030/390996 Email: lunarfollie@lunardi.bs.it


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"Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi". In questo proverbio sono racchiuse le due festività italiane più importanti e anche la filosofia con cui gli italiani le vivono. Il Natale va passato rigorosamente in famiglia, la Pasqua, al contrario, cade sempre all’inizio della primavera e invoglia ad uscire e a viaggiare. La Pasqua è una festa religiosa cristiana che celebra la Resurrezione di Cristo ed è quindi un inno alla vita e alla sconfitta della morte. È preceduta, secondo il calendario liturgico, da un periodo di digiuno e di penitenza (la Quaresima) ed è perciò festeggiata con ogni abbondanza Anche nella festa pasquale si sovrappongono e si intrecciano tradizioni ebraiche (la Pasqua ebraica ricorda infatti la liberazione del popolo d’Israele dalla schiavitù d’Egitto) e antichi riti pagani, fra cui la celebrazione dell’arrivo della primavera e della prima luna piena dopo l’equinozio di primavera, il ritorno alla vita, in tutte le sue manifestazioni: la natura si riveste di verde e di fiori, gli animali vivono la stagione degli amori e anche noi sentiamo una nuova voglia di ricominciare, di stare all’aria aperta (le giornate si allungano e il sole comincia a scaldare), di spogliarci delle ansie e delle paure invernali.

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In Italia il rito pasquale vero e proprio inizia il Venerdì Santo (il venerdì prima di Pasqua, che cade sempre di domenica), giorno in cui si ricorda l’Ultima Cena e la morte sulla croce di Gesù Cristo. In questa occasione, si può assistere a delle processioni per le strade delle città che rappresentano, attraverso 14 stazioni o fermate, la Via Crucis (= la via della croce), cioè il percorso di Cristo

lungo il colle del Calvario. Dopo il Sabato Santo, giorno di attesa, la gioia pasquale esplode la Domenica di Pasqua, quando si celebra la Resurrezione. La festa continua anche il Lunedì dell’Angelo, la cosiddetta Pasquetta: in questo occasione è tradizione fare una piccola gita in campagna, magari con un bel picnic. Come è successo per il Natale, anche per Pasqua la golosità e il consumismo hanno preso il

sopravvento sulle motivazioni più profondamente religiose, e allora diamo uno sguardo alle tradizioni gastronomiche della nostra penisola. La festa della Pasqua nasce, dal punto di vista gastronomico, come una festa semplice e frugale, i cui elementi fondamentali sono da sempre l’agnello e le uova. Già Mosè aveva indicato l’agnello maschio, di età inferiore ad un anno, come il cibo preferito per ricordare la liberazione del suo popolo e questa tradizione continua anche in epoca cristiana. Ancora oggi, l’agnello si trova su molte tavole italiane, insieme a uova sode, verdure e primizie di stagione. La tradizione gastronomica si è specializzata soprattutto nei dessert: accanto a dolci e torte tipiche regionali (il presnitz a Trieste, la fugazza in Veneto, il salame del Papa in Piemonte, la schiacciata di Pasqua in Toscana, la pastiera napoletana e l’agnello di zucchero in Sicilia), non possono mancare l’uovo di cioccolata e la Colomba. L’uovo di cioccolata è il sogno e la sorpresa di tutti i bambini; ce ne sono per tutti i gusti e tutte le tasche: cioccolato al latte, fondente, con le nocciole, grandi, piccoli, decorati… e tutti nascondono un piccolo regalo!!! La Co-


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lomba, invece, è un dolce che ha la forma di questo uccello (simbolo di pace): la pasta è simile a quella del Panettone natalizio ed è ricoperta di glassa, mandorle e granelli di zucchero. Per i più golosi ci sono anche colombe speciali farcite di crema e coperte di cioccolata. Insomma, è proprio un peccato che la Pasqua venga una sola volta l’anno, no? ! FIORA

Prendi, o Signore! Prendi, o Signore, questo mio cuore pieno di speranze, e rendilo paziente nell'aspettare. Prendi ogni mio pensiero perché impari a cercare la verità, libero dall'errore. Prendi la mia gioiosa volontà di vita, accendila di fede, di speranza, di amore; perché io sia pronto per il mio domani.

CORRUZIONE Dal latino corrumpere, disgregare. Indica l'alterazione grave di un sistema o di un corpo, che si decompone. Nell'ambito morale equivale a depravazione, immoralità, azioni contrarie al dovere. Nella sfera politica è la deviazione del potere dalle proprie giuste finalità, nel perseguire obiettivi e utilità particolari o privati, invece che il bene comune e la pubblica utilità. dNelle forme politiche moderne la corruzione si manifesta quando un apparato pubblico (una burocrazia) - inadeguato di fronte a mutate situazioni storiche accetta o sollecita per sé benefici, in denaro o d'altra natura, in cambio dei quali soddisfa alcuni bisogni sociali. L'elemento patologico di questo comportamento è duplice: in primo luogo, la corruzione è parziale e ingiusta, perché favorisce qualcuno (chi è in grado di corrompere prima e meglio) a danno di tutti coloro che hanno diritto a una prestazione pubblica; in secondo luogo, è irresponsabile, sia perché è nascosta (a differenza del lobbismo) sia perché consiste nel reciproco adattamento (nel reciproco disprezzo) di due debolezze: quella di una sfera politica invecchiata e quella di una sfera sociale che non si assume responsabilità politiche dirette. Dai questo se-

condo punto di vista, l'antidoto alla corruzione sono tanto profonde riforme, che adeguino la sfera politica ai bisogni sociali, quanto una trasformazione dello spirito pubblico (grazie alla scuola e ai mezzi di comunicazione) che valorizzi l'onestà e la rettitudine come fattori di coesione sociale. Dal primo punto di vista, invece, la corruzione si combatte con la magistratura, che punisce sia l'ingiustizia del pubblico funzionario che si lascia corrompere, sia l'azione del corruttore che cerca un ingiusto beneficio. Se la corruzione riguarda parlamentari assume poi tratti di ulteriore gravità simbolica, perché introduce l'interesse personale nel potere legislativo, in cui a rigore può valere solo la libera valutazione, in coscienza, dell'interesse comune. Carlo Galli


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La caduta di alcuni dittatori che da decenni governavano illegalmente i paesi africani che si affacciano al Mediterraneo aveva alimentato la speranza di una nuova primavera della

mezzo usato che, pur non essendo una guerra, gli assomiglia molto. Siamo convinti che tra mezzi e fini ci deve essere coerenza e permane falso e inaccettabile che il fine buono legittimi mezzi non buoni per perseguirlo. Nemmeno la risoluzione dell’ONU e il consenso degli stati può cambiare la natura di una scelta che è e permane negativa. Siamo convinti che si potevano percorrere altre strade come quella della diplomazia e questa nostra convinzione trova conferma nel fatto che erano in corso autorevoli trattative che potevano portare a una

democrazia. Ma poi è esploso il caso Libia che ha scatenato un intervento armato. Lo scopo umanitario che vuole neutralizzare il dittatore Gheddafi lo condividiamo totalmente. Non condividiamo invece il

soluzione che prescindeva dall’uso della forza e della violenza. Dalla violenza e dalla guerra non può venire nulla di buono e l’umanità deve finalmente trovare la soluzione ai suoi problemi lungo le strade della

non violenza e della trattativa. Ora una nuova dose di odio e di divisione entrerà nel perimetro del Mediterraneo che è il mare su cui la nostra Nazione si affaccia per buona parte dei suoi confini. Nuovi rischi ritorsivi si intravedono all’orizzonte e i tanto ambiti vantaggi economici non potranno che essere anche loro sconfitti. Dobbiamo ancora una volta fare i conti con una scelta che non approviamo e non condividiamo, ciononostante non perdiamo la speranza e auspichiamo che i caccia ritornino presto nei loro depositi e che emerga la forza della ragione in cui crediamo fermamente. Riteniamo opportuno riportare per intero l’articolo 11 della nostra Costituzione perché sia motivo di riflessione e di monito per tutti a partire da chi ha responsabilità di governo: “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione di controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Rodella Alessandro 5 B


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Il popolo del Giappone sta vivendo una tragedia immane in cui si sommano numerosi elementi: un terremoto di potenza straordinaria, uno tsunami incontrollabile, un allarme per inquinamento nucleare dalle conseguenze imprevedibili. Il tutto in un contesto di crisi economica mondiale. Il rischio è che dopo l’allarmismo dei primi giorni, anch’esso prevalentemente e strumentalmente legato al rischio nucleare, si ricada nel grigiore della dimenticanza. Questi avvenimenti rimettono in discussione il concetto di sviluppo che abbiamo costruito. Negli ultimi 50 anni infatti è aumentato il numero dei profughi e degli sfollati che ha alimentato una vasta immigrazione, è aumentato il numero degli assistiti dalle agenzie umanitarie, le carestie si sono riproposte negli stessi paesi assistiti, sono au-

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mentate le guerre civili diventando spesso croniche, le crisi cosiddette umanitarie si sono moltiplicate coinvolgendo circa 10 milioni di persone ogni anno. Lo sviluppo occidentale, spesso assunto a modello anche in oriente, è da sempre prevalentemente fondato sulla economia e la crescita viene misurata in termini di quantità del Prodotto Interno Lordo (PIL). La categoria del “quanto” risulta prevalente e dominante. Riteniamo che tale concetto di sviluppo vada rivisto e arricchito di altri elementi oltre a quello economico. Vi è infatti un fattore culturale, un fattore sociale e perfino un fattore trascendente che fanno integralmente parte di un’idea integrale dello sviluppo. Lo sviluppo è un processo, che ha molte dimensioni, che non è necessariamente migliorativo, che è discontinuo nello

spazio e nel tempo, che è interdipendente (cioè contemporaneamente nostro e degli altri). Il Giappone sta vivendo questa più vera concezione dello sviluppo e dovrà mettere in atto uno sforzo enorme per risalire la china della tragedia che lo ha colpito. A noi compete il dovere di guardare in faccia la realtà, di non nascondere la testa nella sabbia per dimenticare e di esprimere il massimo di solidarietà che ci è possibile. A noi compete fare scelte nuove capaci di attrezzare noi e chi verrà dopo di noi a gestire un concetto più vero di sviluppo, vale a dire una sviluppo compatibile con le risorse che abbiamo a disposizione e con un senso di giustizia che esca dal confini veramente angusti degli stati e delle patrie. Argetta Andrea 5 B


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“Relazioni Internazionali”: è il nome attribuito ad uno dei due Indirizzi di studio dei nuovi Istituti Tecnici Economici previsti dalla Riforma della Scuola Superiore. Al suo interno “relazioni internazionali” è anche il nome della materia caratterizzante l’indirizzo, che sostituirà Economia Politica genericamente intesa. In sé è una buona notizia, largamente condivisa in ambito economico e pedagogico didattico, anche se molto dipenderà dalla volontà politica di supportare la Riforma per rendere i cambiamenti effettivi e non un mutamento di facciata, ininfluente nella realtà effettiva dell’insegnamento/apprendimento. Ma, al di là di questa pur fondamentale questione, io credo sia importante interrogarci da subito sulla realtà dei contenuti dell’insegnamento e di come essi siano a volte lontani dal mondo che intendono descrivere, dalle coscienze che intendono formare, dalle aspettative di inserimento consapevole dei giovani nel mondo e nel lavoro, dalla funzione formativa e professionalizzante che, in generale, la scuola deve assolvere come sua funzione sociale. Su queste premesse poggia il lavoro di approfondimento e di elaborazione autonoma da

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parte degli studenti che viene qui presentato. Si tratta in realtà di poca cosa. Siamo partiti affiancando alle lezioni tradizionali del manuale scolastico di Economia Politica, un testo più legato ai principali temi che l’economia internazionale si trova ad affrontare, in relazione anche al nostro Paese, alla sua storia Il dossier che presentiamo è frutto del lavoro di due classi, la 4 N e la 4 D. Ci apre ai nuovi scenari dello sviluppo internazionale. Nonostante le inevitabili ripetizioni è un lavoro notevole di cui raccomandiamo la lettura. Ci scusiamo con gli autori per i tagli apeconomica recente ed alle sue prospettive. “100mila punture di spillo” è il testo, divulgativo, ma rigoroso, che è stato analizzato e discusso in alcune sue parti; si tratta di un libro scritto a quattro mani da un famoso giornalista economico, Federico Rampini, e da un importante imprenditore italiano, Carlo De Benedetti. Dopo la tradizionale fase di studio e verifica dell’apprendimento, i ragazzi più competenti sono stati invitati a scrivere degli “articoli”, seguendo delle

tracce proposte loro, o seguendo altri percorsi particolari. Credo che l’obbiettivo principale, la conoscenza e la riflessione della nostra realtà economica in relazione allo scenario del mondo contemporaneo e l’elaborazione di proposte (o auspici) per il nostro futuro, sia stato raggiunto. Spero soprattutto che questo lavoro sia servito a combattere gli stereotipi, le visioni superficiali, i luoghi comuni, che del grande iceberg della realtà economica internazionale ci fanno vedere solo la piccola parte emersa, quella che vedremmo comunque, al di là della scuola. L’andare al di là di un’apparenza che nasconde più di quanto riveli, o perlomeno porre dei dubbi su una visione dei rapporti internazionali basata su pregiudizi e stereotipi, è il modesto contributo che questi “articoli” possono offrire a chi avrà la pazienza di leggerli. Buona lettura. Prof. Oliviero Filippini


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APPUNTI DA UN PASSATO PROSSIMO... Nel 1950 l’Italia si trovava in una condizione di svantaggio, era ben più povera degli altri grandi Paesi con cui avrebbe creato la Comunità Europea. In quel periodo però il contesto internazionale si presentava piuttosto favorevole all’espansione; terminata la seconda guerra mondiale infatti l’economia internazionale aveva cominciato a crescere molto. Si verifico così il “boom” dell’economia italiana con bassi costi dell’energia e salari decisamente più bassi degli altri Paesi. Questo favorì lo sviluppo in Italia di settori ad alto impiego di manodopera e permise alle aziende italiane di questi settori ampie esportazioni nel resto dell’Europa dove la manodopera costava di più. Il cosiddetto “boom” economico durò ben 25 anni: la rapida crescita del settore industriale e degli investimenti ebbero come risultato il triplicarsi dei redditi italiani e il conseguente aumento del Pil in misura maggiore rispetto ai paesi dell’Europa. (…) Con l’aumento della ricchezza per le famiglie italiane vi è stato, in seguito, un sensibile aumento del costo del lavoro Data significativa di questo fenomeno è il 1969 e in particolare il periodo denominato “autunno caldo” caratterizzato da scontri sociali in

cui i lavoratori chiedevano salari più alti e più diritti. Oltre a un problema prettamente interno legato all’aumento dei salari, l’Italia (ma anche il resto d’Europa) doveva affrontare un vincolo esterno: l’aumento del prezzo del petrolio di 4 volte in pochi mesi, a seguito della ritorsione

dei paesi Opec nei confronti dell’occidente per l’appoggio dato a Israele nella guerra contro l’Egitto e la Siria. Questi due vincoli legati ad un aumento dei salari e materie prime non vengono affrontati dai governi dell’epoca per paura di risultare impopolari. Si delinea quindi il cosiddetto fenomeno del “paga Pantalone”: politiche del lavoro molto “buoniste” ed estensione delle tutele sociali e sindacali sul posto del lavoro estese a tutti i lavoratori. Esempio di questo è la scala mobile, meccanismo automatico di difesa del potere d’acquisto dei redditi a tutti i lavoratori che prevedeva l’adeguamento trimestrale degli stipendi rispetto ai prezzi dei beni. Agli imprenditori, d’altra parte, andavano altri aiuti a carico dello Stato. Tutti veni-

vano quindi accontentati, ma bisognava trovare una soluzione per restare ad essere competitivi e trovare qualcuno che pagasse i costi di questa situazione. (…) Il ricorso alle svalutazioni competitive della lira viene reso possibile, sul piano tecnico, dal regime di cambi flessibili in vigore a livello internazionale dal 1971. È bene notare come forti svalutazioni monetarie portino però ad un aumento dell’inflazione, la quale, a sua volta, per il meccanismo della scala mobile, porterà ad un nuovo aumento dei salari in una sorta di circolo vizioso. Il tutto non senza gravare sulle casse dello Stato che registra un sostanziale continuo aumento del debito pubblico causato da leggi e manovre per mantenere la pace sociale. (…) A partire dagli anni ’90 le cose cambiano radicalmente; lo scoppio dello scandalo “Mani pulite” porta alla luce la corruzione che riguarda i politici, i più importanti Partiti e gli imprenditori. E’ il malaffare legato al “paga Pantalone”, l’elemento che lo rende ancora più intollerabile. Nel frattempo il debito pubblico arriva al 20% del Pil. L’Italia è sull’orlo della crisi economica, oltre che morale. L’unica soluzione immediata era l’ulteriore indebitamento


LUNARFOLLIE possibile solo svalutando nuovamente la lira e l’uscita dell’Italia dal sistema monetario europeo, che avvenne nel settembre del ’92. Poi inizia un periodo di risanamento. Da ricordare le imprese del governo Amato che ridusse il debito pubblico, quelle del governo Ciampi che con un accordo di moderazione salariale attenuò la crescita del costo del lavoro, e la riuscita del miglioramento dei conti pubblici (governo Prodi) permisero all’Italia di aderire al trattato di Maastricht del ’91 e ci poter entrare nell’Euro. (…) La storia economica del nostro paese dal dopoguerra mostra un percorso irripetibile oggi per una serie di motivi. Innanzitutto l’impossibilità di attuare manovre legate al meccanismo del “paga Pantalone”: nel mondo attuale viene meno la possibilità di effettuare forti svalutazioni monetarie (nel caso dell’euro un singolo Stato non può farlo) e quindi viene meno la possibilità di ritrovare in modo artificiale la competitività perduta. Inoltre è importante ricordare che se nel dopoguerra l’Europa era totalmente da ricostruire, oggi l’occidente si presenta con un mercato quasi completamente saturo, quindi luogo molto meno propnso a crescite molto forti, simili a quella italiana nel dopoguerra. Arianna Fanelli 4D

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L’Italia del dopo guerra è un’Italia indebolita dal conflitto e molto povera. Da quel momento in poi vi è, però, una crescita economica vertiginosa per i vent’anni successivi: le cause principali di questa crescita monetaria del reddito dei cittadini italiani è principalmente il basso salario percepito dai lavoratori italiani ed i bassi costi dell’energia. I lavoratori italiani in quel tempo erano considerati “i cinesi d’Europa” per fare un paragone con l’economia attuale; venendo da una situazione economica molto infelice, i lavoratori italiani erano disposti ad adattarsi a qualsiasi situazione pur di portare a casa uno stipendio con il quale poter sfamare la propria famiglia; molti di loro si recarono nei paesi confinanti come Francia e Svizzera per svolgere compiti che gli abitanti del posto trovavano degradanti come ad esempio il lavoro nelle miniere. (…)

Dai primi anni ’70 quindi la competitività italiana da “i bassi salari” tende ad esaurirsi. La soluzione per mantenere l’economia italiana rivolta alle esportazioni viene trovata dal mutato quadro degli scambi internazionali. Dal 1971 i cambi fra le monete diventano flessibili e non più fissi. L’Italia ricorre così alla svalutazione della lira per tornare ad essere competitiva sul mercato mondiale. Grazie alla svalutazione monetaria il boom economico è andato avanti ancora qualche anno per poi fermarsi a causa dell’aumento del debito pubblico utilizzato dal governo italiano per non far gravare sulle tasche dei cittadini il vertiginoso aumento delle risorse energetiche (petrolio), utilizzando così la politica del “paga Pantalone”. Nel decennio che va dal settanta all’ottanta si sono verificate alcune perdite nelle imprese italiane e ancora lo Stato sceglie di aiutarle con sussidi e incentivi che grava-


10 rono sul debito pubblico. La crescita economica dei primi vent’anni del dopoguerra ha portato beneficio all’Italia in passato ma ora essa si trova in difficoltà a causa, sempre, del debito pubblico alle stelle (negli anni novanta si arriva al 120% del PIL) e non potrebbe più ripetere ciò che aveva fatto nel dopoguerra. I motivi di questa irripetibilità sono molti, uno di questi è l’aumento del costo del lavoro e dell’energia, costi che quando erano più bassi avevano aiutato moltissimo l’economia italiana. Un altro motivo è, come detto prima, l’elevato debito pubblico che non permetterebbe di concedere aiuti e incentivi alle imprese e la “scala mobile” ai lavoratori come avveniva negli anni passati. Ora l’Italia per rialzarsi dovrebbe specializzarsi nella produzione di determinati prodotti come ha fatto la Francia con gli pneumatici o la Germania con i pannelli solari. Potrebbe poi, come fatto dalla Cina e dal Giappone, concedere più soldi per la ricerca e lo sviluppo e per le università, data la scarsa presenza italiana nella classifica mondiale delle migliori università, invogliando così i nostri ricercatori a restare e continuare le loro ricerche nel nostro Paese e non recarsi all’estero a causa dei sistemi di ricerca più avanzati che mettono a disposizione gli altri Paesi. Torosani, Zanola 4N

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LA SFIDA DI CINA E INDIA

2011, un anno come tutti gli altri: soliti problemi e solite preoccupazioni. Crisi economiche, guerre, malattie sono argomenti all’ordine del giorno. Ma non tutti sembrano “passarsela male”. Ci sono molti Stati del mondo che stanno vivendo una fase di boom economico simile a quello che avvenne negli anni passati nel vecchio continente e in U.S.A. Le realtà della Cina e dell’India stanno diventando sempre più rilevanti a livello internazionale. In India, negli ultimi decenni, si è assistito a una crescita costante della sua potenza. Il PIL aumenta del 8.5%, i servizi vengono prodotti con ottime qualità e perfino il mondo cinematografico risente di questo generale miglioramento del tenore di vita.

Infatti Bollywood, sede dell’industria del cinema indiano, fattura cifre maggiori a quelle del più famoso fratello Hollywood. Una delle motivazioni che hanno portato l’India a tale sviluppo può essere identificata nella ricchezza di giovani che forniscono mano d’opera preparata (più che in Cina). Un ulteriore sviluppo viene dato da quella che è una delle più importanti aziende indiane ovvero la TATA. Essa, olTre a dare lavoro a svariate migliaia di indiani, col passare degli anni è riuscita ad annettere a sé altre importanti case automobilistiche del calibro di Land Rover e Jaguar. costruzione di centrali nucleari. (…) Ma non è tutto oro quel che luccica. Numerose sono in-


LUNARFOLLIE fatti le difficoltà alle quali bisognerà porre rimedio. Uno dei “problemi indiani” è il fatto di avere una forma di governo democratica che non è in grado di prendere decisioni in tempi brevi e in modo adeguato alle esigenze del Paese. Sembrerà strana come affermazione ma è vera. Infatti in India, a differenza della Cina, le decisioni vengono prese dalla collettività ma con una lentezza tale da allungare notevolmente il tempo in cui un certo progetto viene varato e quindi, di conseguenza, il tempo di realizzazione di tale opera aumenta notevolmente. L’India dovrà essere capace pertanto di coniugare le decisioni prese con metodo democratico con l’efficienza e la rapidità necessarie nel mondo contemporaneo. Un’ altra realtà simile a quella Indiana è quella cinese. La Cina è la “super potenza economica” nel panorama mondiale. (…) La Cina infatti è la seconda economia mondiale, pur se resta al 100° posto per il reddito pro capite . In questa grande potenza economica 2/3 del PIL deriva dagli interscambi con l’estero , il

11 30% della produzione interna deriva da imprese estere e da Joint venture con imprese cinesi e il 60% della produzione interna va al mercato interno, le cui dimensioni sono enormi. Ma c’è un grosso problema. La Cina di oggi assomiglia agli U.S.A. tra il 1800 e il 1900 con:  Una realtà dove il capitalismo selvaggio regna sovrano e in nome del “Dio Guadagno” si produce riducendo al minimo le condizioni igieniche sia per quanto riguarda i prodotti, sia per quanto riguarda la condizione igienica dei lavoratori.  Una realtà dove molti dei beni prodotti (ad esempio i farmaci o prodotti di consumo) risultano essere dannosi alla salute. La Cina dovrà fare come fecero a suo tempo gli U.S.A. ovvero adeguarsi alle regole internazionali se vorrà continuare ad esportare. Tuttavia esiste un altro ostacolo da affrontare prima di raggiungere la meta, ovvero la forma di governo. In Cina, a differenza dell’India, dove vi è democrazia, vi è un regime autoritario.

Stranamente però una delle caratteristiche che risulta favorire la crescita della Cina è proprio la presenza di una forma di governo dittatoriale, che permette di prendere le decisioni in modo veloce. Così facendo, il governo cinese, risulta essere più produttivo del lento modello governativo indiano. Bisogna però sottolineare che ciò non vuol dire che l’esempio cinese sia positivo; difatti essendo una dittatura, impedisce la libera circolazione delle idee altrui e alla lunga gli effetti negativi di ciò si faranno sentire, anche a livello economico, oltre che di libertà e diritti umani violati. (…) A tale proposito è opportuno citare ed evidenziare una delle immagini più famose di questo senso di ribellione. Essa è incarnata da uno studente cinese che blocca i carri armati in Piazza Tiananmen a Pechino. Egli non ha paura di andare contro a un sistema più forte di lui, che lo vorrebbe schiavo e lavoratore. Questo ragazzo dovrebbe essere un esempio per tutte quelle persone che sono schiave dei loro governanti, in modo da creare un futuro migliore per quella che nel 2030 sarà la più grande potenza del mondo. Carlotta Bonetti, Simone Comini


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NUOVI VALORI PER UN NUOVO RUOLO Il 2030 è più vicino di quanto sembri. La Cina sarà la maggiore economia mondiale, seguita dagli Stati Uniti, mentre l’Europa vedrà avvicinarsi a grandi passi l’India come candidato al terzo posto. Se eravamo abituati a considerare, o consideriamo tuttora, l’Occidente come il centro dell’economia e della ricchezza, dobbiamo cambiare il nostro pensiero ed adeguarlo ai cambiamenti in corso. La Cina è la seconda economia mondiale: ha una crescita annua del 10%; 2/3 del sui PIL derivano dall’interscambio con l’estero; il 60% della sua produzione va al mercato interno; ha una forte propensione al risparmio; non è competitiva solo sul basso costo del lavoro ma anche su altri elementi di confronto con le economie mondiali. Infatti ha raggiunto la seconda posizione assoluta, dietro gli Stati Uniti, per il volume di investimenti in ricerca e sviluppo(136 miliardi di dollari), incentivati dallo Stato. Anche l’India ha un’impressionante crescita annua e si sta sviluppando sia nei servizi che nel manifatturiero. Può contare su un’abbondanza di giovani istruiti e di mano d’opera perché, al contrario della Cina, non vi è il vincolo del figlio unico.

L’Europa di fronte a questi colossi emergenti sembra sempre più piccola: ha una crescita tra lo 0% e il 2% annuale. Ma mentre i nostri concorrenti spagnoli, tedeschi, francesi, inglesi hanno trovato una precisa collocazione nella divisione internazionale del lavoro che sembra offrire loro spazio di crescita economica, l’Italia questa collocazione non se l’è data e così dal 1995 a oggi ha perso 13 punti percentuali di PIL rispetto ai partner europei. Tutto questo anche a causa dell’eterna politica italiana del “paga Pantalone”, ovvero concessioni di tutti i tipi per accontentare i soggetti economici a carico dello Stato e della collettività che hanno causato

un debito pubblico di enormi dimensioni. Recentemente vi è stata la vicenda dell’Alitalia per la quale tutti gli italiani sono stati tassati, volenti o nolenti, perché continuasse a volare in nome di un presunto interesse nazionale: con i capitali bruciati si sarebbero potuti finanziare 70mila assegni di dottorato solo nel 2008. Inoltre la cultura del protezionismo, dietro la quale si nasconde il Paese, e la sua paura di aprirsi verso l’estero hanno condizionato l’atteggiamento di molti giovani e delle loro famiglie verso l’istruzione. Una parte del degrado scolastico è frutto di un rifiuto della selezione meritocratica, un modo per sottrarsi alla realtà della competizione. Insomma se l’Italia non sarà pronta a tornare in gioco, a intuire gli scenari e i cambiamenti futuri e non prenderà dei provvedimenti, rischierà di prendere ancora una volta le decisioni sbagliate. È necessario insistere sulla meritocrazia della scuola; investire inoltre, come la Germania, nel business dell’ambiente e delle tecnologie rinnovabili ed esportarle nei paesi Bric; riuscire a sviluppare settori all’avanguardia e unire le forze di settori in cui già abbiamo una tradizione (turismo, gastronomia, design, architettura,


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L’AVANZATA DEI BRIC: BRASILE, RUSSIA INDIA E CINA

moda…) con altri da sviluppare per migliorare la nostra posizione nel mondo. Ma le scelte da prendere non riguardano solo i governi e le classi dirigenti, riguardano prima di tutto noi e la vita quotidiana. Ogni giorno nella piccola comunità in cui viviamo e lavoriamo possiamo imprimere un segno sull’andamento del Paese ed è proprio in questa che possiamo agire immediatamente. Le decisioni che dobbiamo prendere noi giovani riguardo, per esempio, a quale università iscriverci, quale lingua straniera studiare, sono molto importanti per il futuro: è bene che veniamo informati sul mondo che ci aspetta partendo anche dal passato. I nostri genitori, i nostri nonni furono negli anni ’50 “i cinesi d’Europa” che risollevarono un Paese distrutto e umiliato. I loro valori non sono scomparsi, sono dentro di noi e per affrontare il futuro bisogna prendere ispirazione dal passato.

Anna De Leone 4N

A partire dagli anni 90, ma in maniera più intensa nell’ultimo decennio, siamo stati testimoni del grande cambiamento che ha colpito l’economia mondiale. Paesi che fino a “ieri” dominavano la scena mondiale, come Usa e Ue, hanno visto crescere sotto i loro occhi degli Stati che fino a poco tempo prima consideravano periferia dell’economia mondiale. Parliamo dei cosiddetti “Bric”; Brasile, Russia, India e Cina. Le economie di questi Paesi, in costante crescita, hanno completamente cambiato gli equilibri economici a cui eravamo abituati, divenendo leader di un mercato che ha presupposti per durare a lungo.

Il motore principale e più conosciuto di questo cambiamento è sicuramente la Cina. L’economia cinese, in costante crescita dal 1994 (10% annuo), si è basata soprattutto sulla cosiddetta industria “matura”, cioè a bassa tecnologia, divenendo in pochi anni la “fabbrica del mondo”. Questa è solamente una parte dell’economia cinese; da fabbrica mondiale, oggi la Cina si sta attrezzando per diventare una superpotenza tecnologica. A dimostrazione di questo fatto è fondamentale sapere che è il secondo Paese al mondo per investimenti in ricerca. Questo sviluppo tecnologico è incentivato dallo Stato che garantisce ampi investimenti in settori strategici per la crescita. Sintomo del fatto che la Cina non sia solamente grandi produzioni si ha nel 2008, quando la Microsoft ha deciso di creare a Pechino un campus di ricerca con l’obbiettivo di assumere entro pochi anni 5000 ricercatori cinesi. Anche IBM, gigante informatico, nel me-


14 desimo anno, ha portato oltre i 100mila i suoi dipendenti nei paesi Bric. Un altro Paese in fortissima crescita è l’India (8,5 % annuo). A differenza della Cina , l’India ha fin da subito cercato di sviluppare settori hi-tech, come quelli delle nanotecnologie, del software e della robotica, creando centri di sviluppo e ricerca di grandi dimensioni potendo anche contare sulla grande quantità di giovani altamente qualificati. A fianco dello sviluppo nei settori ad alta tecnologia, l’India ha creato un settore industriale fiorente, soprattutto per quanto riguarda la lavorazione dell’acciaio e nella petrolchimica. Simbolo di questo sviluppo imperioso è la Tata; multinazionale indiana impegnata in vari settori dell’economia, da quello automobilistico a quello dei servizi informatici. (…) Un altro Paese di cui voglio parlare è il Brasile, non solo una località turistica ma anche la dispensa del pianeta. Dal 2002, con l’elezione del presidente Lula, il governo brasiliano ha effettuato una serie di riforme volte a sviluppare e far crescere un Paese ricco di materie prime da sfruttare. Con la riforma agraria, lo Stato ha incentivato investimenti nel settore primario, riuscendo in pochi anni ad impensierire grandi esporta-

LUNARFOLLIE tori alimentari come Usa, Canada e Argentina. Lo sviluppo agricolo brasiliano, basato su una maggiore produttività e innovazione tec-

nologica oltre che sulla giustizia sociale e la riduzione delle disuguaglianze, si deve al ruolo che il Brasile si è imposto: fornitore alimentare dei paesi Bric. La produzione agricola brasiliana è aumentata del 79% in 10 anni, passando da 83 a 149 milioni di tonnellate, mentre l’area seminata è cresciuta solo del 38%, da 36 a 47 milioni di ettari. Una parte del merito di questo sviluppo, chiamato “miracolo agricolo”, va data al governo del Paese. Il programma “trator solidario”, introdotto nel 2008, ha concesso agevolazioni ai piccoli proprietari, prestiti per macchinari agricoli rimborsabili con il 2% di interessi, facilitazioni creditizie per gli investimenti.

Tutte misure che hanno portato il Brasile a diventare leader mondiale nelle esportazioni di soia (in grani, farine e olio), carne, caffè, zucchero, tabacco, etanolo, succo di frutta, mais, cotone, cacao e frutta fresca. Parlando più in generale, possiamo dire che questi Paesi hanno ormai assunto un ruolo centrale nell’economia mondiale. Secondo l’FMI nel 2007 i paesi Bric e il loro stelliti hanno raggiunto il 30% del PIL mondiale, nel 2030 supereranno il 50%. Nonostante ciò presentano ancora un basso reddito pro capite dovuto alla elevata popolazione; questo livello ancora piuttosto basso di benessere potrebbe fungere da stimolo per una crescita duratura nel tempo. A conclusione di tutto ciò posso dire che il processo che ha portato e porterà i Bric a decidere e comandare l’economia planetaria è iniziato da parecchi anni, ma non ha avuto, almeno in Italia, la giusta risonanza. Di tutto questo ce ne accorgeremo quando ormai sarà troppo tardi e Paesi a noi concorrenti, come Francia e Germania ci avranno anticipato concludendo con le nuove potenze mondiali (paesi BRIC, ma non solo) accordi commerciali che avrebbero potuto interessare anche noi. Matteo Galeano 4D


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L'Indice di sviluppo umano è un indicatore di sviluppo macroeconomico. È stato utilizzato, accanto al PIL, dalle Nazioni Unite a partire dal 1990 per valutare la qualità della vita nei paesi membri. In precedenza, veniva utilizzato soltanto il PIL, indicatore di sviluppo macroeconomico che rappresenta il valore monetario dei beni e dei servizi prodotti in un anno su un determinato territorio nazionale e che si basa quindi esclusivamente sulla crescita quantitativa della produzione. Si è cercato dunque, attraverso l'ISU, di tener conto di differenti fattori segnalatori di benessere sociale, oltre al PIL pro capite La scala dell'indice suddivide i Paesi del mondo in quattro gruppi: a molto alto sviluppo umano, ad alto sviluppo umano, a medio sviluppo e a basso sviluppo umano. Negli ultimi decenni la maggior parte dei Paesi in via di sviluppo ha realizzato progressi impressionati nei campi della sanità, dell’istruzione e degli standard di vita fondamentali. Tuttavia i modelli di successo variano notevolmente, con alcuni Paesi che, a partire dal 1970, hanno perso terreno, come dimostra il Rapporto 2010: la Repubblica Democratica del Congo, lo Zambia e lo Zimbabwe sono gli unici Paesi che oggi registrano un ISU più basso rispetto al 1970, a causa della mortale combinazione di conflitti e AIDS che hanno

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abbassato l’aspettativa di vita. Complessivamente, però, le persone nel mondo sono oggi più sane, ricche, e istruite che in passato; tuttavia non tutti i trend sono positivi. C’è ancora molto che i Paesi possono fare per migliorare la vita delle persone anche in condizioni avverse. Questo processo richiede però coraggiose leadership locali come pure l’impegno continuativo della comunità internazionale. Rapporto tra ISU e PNL Tra i primi venti paesi della classifica ISU troviamo ben tredici paesi europei, due paesi asiatici (Giappone e Corea), e poi Australia, Nuova Zelanda, Stati Uniti, Canada e Israele. Tra i primi ventidue del PNL, invece, notiamo la presenza di molti mini-Stati, “paradisi fiscali” e Stati con enormi rendite petrolifere. Sembra quindi confermata l’ipotesi che la contabilità nazionale non rie-

sca a esprimere il reale benessere di una società e che l’utilizzo di altri indicatori (come l’ISU) sia preferibile. Gli ultimi trenta paesi del PNL e dell’ISU sono prevalentemente dell’Africa Sub sahariana, più alcuni dell’Asia centrale (Afghanistan, …) e dell’America centromeridionale (Haiti, …). Lo Zimbabwe è ultimo sia nella graduatoria ISU sia in quella del PNL. È solo nei bassissimi livelli della classifica che ISU e PNL danno risultati praticamente identici. L’Italia si colloca in una fascia alta della classifica ISU, occupando per quest'anno il 23° posto assoluto (con un indice pari a 0.854 e una speranza di vita pari a 81.4 anni che ci pone ai primissimi posti di questo indicatore) e al quarantaseiesimo posto nella graduatoria del PNL pro capite (con 26.619 $).


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Nei vent'anni di Rapporto, l’Italia ha superato il Regno Unito e il Lussemburgo, ma è stata superata da Spagna, Grecia e Hong Kong. Complessivamente, negli ultimi quaranta anni, l’aspettativa di vita nel mondo è balzata dai 59 anni del 1970 ai 70 del 2010; le iscrizioni scolastiche sono aumentate da appena il 55% per tutti i bambini in età di scuola primaria e secondaria al 70 percento; e il PNL pro capite è raddoppiato a più di 10mila dollari Usa. Le persone di ogni regione hanno condiviso questo progresso, seppur con grandi variabili. Tuttavia ci sono ancora grandissimi divari fra gli Stati in cima alla classifica e gli ultimi: per esempio nell’aspettativa di vita alla nascita, parliamo di una media di 80 anni circa per i Paesi a molto alto sviluppo umano e di 50 per quelli a basso sviluppo umano; sono 30 anni di media di differenza e questo è davvero uno scandalo, una intollerabile ingiustizia! (…) Analizzando i precedenti decenni d’indicatori di sviluppo, si può concludere che non esiste un collegamento automatico fra la crescita economica e il progresso umano (un esempio è la Nuova Zelanda che nella classifica ISU è terza con un valore pari al 0.907 su 1, mentre nella classifica del PNL pro capite è al 48° posto con 25.438 $). Facondini e Rosa e Miriam 4ª D

Come si calcola l’ISU? Il metodo di calcolo dell’ISU si basa sulle seguenti tre dimensioni:  Aspettativa di vita alla nascita  Anni medi di istruzione e Anni di istruzione obbligatoria  Reddito nazionale lordo pro capite E’ su questi 3 indicatori che viene costruito un Indice, che esprime un crescente benessere da 0 a 1.

Il Rapporto sullo Sviluppo Umano 2010 prosegue inoltre la tradizione innovativa dell’ISU, introducendo nuovi indicatori che affrontano fattori essenziali per lo sviluppo: (per questi nuovi indicatori si propongono tabelle a parte)  L’Indice di Sviluppo Umano corretto per la disuguaglianza (ISUD) Analizza i dati ISU mediante le lenti della disuguaglianza, correggendo i risultati ISU in modo da riflettere le disparità di reddito, salute e istruzione all’interno di un paese.  L’Indice di disuguaglianza di genere (IGD) Include i tassi di mortalità materna e la rappresentanza femminile nei parlamenti, è progettato per misurare l’impatto negativo sullo sviluppo umano di profonde disparità economiche e sociali esistenti tra uomini e donne  L’Indice multidimensionale di povertà (IMP) Analizza una serie di fattori multipli a livello del nucleo familiare, dagli standard di vita essenziali all’accesso all’istruzione scolastica, acqua pulita e assistenza


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Negli ultimi anni l’economia mondiale ha subito cambiamenti radicali, dovuti ad un’importante crescita dei paesi in via di sviluppo rispetto a quella dei paesi industrializzati. La nuova realtà economica mostra in primo piano i cosiddetti paesi BRIC ovvero Brasile, Russia, India e Cina. Queste nazioni che per molti sono sinonimo di povertà e degrado in realtà sono un’importante fonte di ricchezza Negli ultimi anni hanno registrato alti attivi commerciali, grazie anche ai numerosi investimenti effettuati; ne sono un esempio l’acquisto della Budweiser (la più tipica birra americana) da parte del Brasile o l’azienda automobilistica indiana Tata che ha comprato l’inglese Land Rover. Il forte incremento della loro economia ha fatto sì che i paesi BRIC costituissero nell’ultimo decennio il 30%

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del PIL mondiale, contribuendo per il 47% alla crescita dell’economia mondiale, contro il 40% della ricchezza mondiale prodotta da America e Europa. Un altro dato sorprendente proviene dall’Asia che da sola ha prodotto negli ultimi anni il 35% della ricchezza mondiale. Motore di questo progresso: la Cina. E’ proprio nella repubblica cinese che, nonostante l’alto tasso di povertà registrato tra la popolazione, si registra una crescita economica del 10% all’anno, contro il misero 2% per i più dinamici Paesi europei. La Cina deve la sua ricchezza al basso costo del lavoro e alla competitività in quasi tutti i settori commerciali, dall’industria tessile all’elettronica. Il 60% della produzione della Cina viene acquistato all’interno dello Stato e inoltre la Cina ha una delle economie più aperte al mondo: i 2/3 del suo

PIL derivano appunto dagli scambi con l’estero e il 30% della produzione interna è generato da multinazionali

estere e da joint ventures fra imprese cinesi e straniere. Ma il problema dell’adeguamento agli standard igienici e di sicurezza dovrà essere risolto dalla Cina se vuole continuare a crescere suoi mercati internazionali. I grandi risultati sono dovuti anche ad altri due importanti fattori: i finanziamenti pubblici erogati ai laboratori di ricerca universitari e a una politica che incentiva le multinazionali straniere a investire in centri di ricerca in Cina. Nel 2006 la Cina era la seconda economia al mondo per investimenti nella ricerca. La repubblica cinese offre neo laureati con salari inferiori a quelli degli occidentali


18 e quindi rende più conveniente alle multinazionali assumere e investire nella ricerca cinese; un esempio è dato dalla Microsoft, numero uno al mondo per produzione di software, che ha creato a Pechino un campus dove assumerà 5000 ricercatori cinesi. Proprio in Cina si trovano importanti facoltà universitarie conosciute in tutto il mondo e per questo motivo si presume che saranno sempre di più gli occidentali che si sposteranno in questo Stato per far carriera in campo scientifico. In Cina infatti, al contrario che nel resto del mondo, non si ha una “fuga di cervelli.” ma un ritorno: i laureati cinesi dopo essersi in passato formati all’estero, tornano nel loro paese natio perché sono consapevoli del fatto che lì le loro conoscenze saranno apprezzate e sfruttate, anche nel campo della formazione universitaria; quindi in prospettiva i campus cinesi saranno molto qualificati ed attireranno anche studenti dal resto del mondo. Chissa,forse anche da Brescia. Alice Fedeli 4 N

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I CINESI FINANZIANO GLI USA E COMPRANO DAI TEDESCHI (…) Al contrario di quanto pensano in tanti , la forza della Cina non risiede soltanto nei suoi salari lordi molto bassi. I redditi pagati a lavoratori, infatti, rappresentano solo il 20% del costo di produzione nella sua industria tessile e il 5% nel settore più all’avanguardia Un punto di forza della Cina, sottovalutato da molti, è l’alto livello dell’istruzione. A livello internazionale, infatti, i laureati e i ricercatori cinesi sono molto richiesti. La forza della Cina risiede anche nel considerevole volume dei suoi rapporti con l’estero. Il Pil cinese, infatti, deriva per 2/3 dall’interscambio con l’estero e il 30% della sua produzione interna deriva da aziende estere e da joint venture. La Repubblica popolare è, quindi, una potenza che produce ed esporta ma non è importante solo per questo, ma anche perché finan-

zia l’economia mondiale. Il Gigante giallo , infatti, finanzia il debito pubblico degli States sottoscrivendo i Buoni del Tesoro di Washington e acquista numerose imprese occidentali (…) La Cina inoltre è un gigante della domanda mondiale. La Repubblica Popolare Cinese, con più di 1˙300˙000˙000 abitanti, è il primo consumatore al mondo di energia e di molti altri beni. Questo Stato, quindi, rappresenta un ottimo mercato per i produttori di tutto il mondo. Anche l’Italia dovrebbe cercare di commerciare di più con questa nazione, dato che potrebbe rappresentare un enorme mercato di sbocco delle nostre esportazioni, se saremo in grado di diventare leader nelle produzioni più importanti del futuro. Rovelli Roberta 4^ N


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Il mondo intorno a noi sta cambiando completamente in poco tempo: i vecchi equilibri si sono ormai rotti e se ne verranno a creare di nuovi. Tutti noi continuiamo però ad avere una visione stereotipata dell’economia mondiale e del ruolo che ogni singolo Paese ha, che non rispecchia la realtà del XXI secolo. Iniziamo dall’America: abbiamo tutti l’idea che sia il centro del mondo, la prima e irremovibile superpotenza che non perderà mai la supremazia; ma ciò non è del tutto vero. Ci sono molti altri paesi nel mondo che si stanno sviluppando e stanno crescendo a ritmi molto più veloci degli USA. È inoltre diffusa l’idea che lo sviluppo asiatico si basi solo ed esclusivamente su salari bassi, sfruttamento della manodopera, capitalismo selvaggio e devastazione ambientale. In tutto ciò c’è del vero ma non è solo così: certamente i paesi asiatici, in particolar modo la Cina, devono ancora adeguarsi alle regole del commercio internazionale e prestare attenzione alle norme sulla salute, visto i precedenti scandali su prodotti nocivi, farmaci dannosi e così via. Ma ricordiamoci che Paesi come India e Cina hanno an-

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che investito molto in istruzione e ricerca, ritrovandosi ad avere ora giovani esperti e qualificati da far lavorare nelle proprie multinazionali. Sono molte anche le multinazionali occidentali che hanno deciso di investire in questi Paesi dove i salari sono bassi e i giovani sono più qualificati. un esempio chiaro è la CISCO, colosso californiano produttrice di network di comunicazione per internet, che ha reclutato 360 mila ingegneri in India. Ma di questo non ce ne accorgiamo perché troppo presi ad ascoltare i soliti luoghi comuni. (…) Il FMI ha calcolato che i BRIC hanno raggiunto il 30% del PIL mondiale e contribuito per il 47% alla crescita dell’economia. Questi Paesi investono all’estero e in borsa capitali 15 volte più grandi del Fidelity Magellan Fund, il più importante fondo comune di investimento USA: ciò vuol dire che la ricchezza di questi nuovi Paesi emergenti non si basa solamente sulla produzione inter-

na, ma anche sugli investimenti ed interscambi con l’estero. I BRIC stanno, infatti, iniziando a togliere al mondo occidentale il monopolio dei commerci e degli scambi commerciali e, per far questo, fra l’altro, puntano molto anche sull’istruzione. Cina ed India hanno da tempo messo l’università e la scuola al centro delle loro strategie di sviluppo: infatti, le università e le Business School cinesi scalano rapidamente le classifiche internazionali e le scuole indiane formano annualmente decine di migliaia di ingegneri e tecnici. Cosa che non succede in Italia. Questi dati e questi numeri sono importanti ed è indispensabile che tutti, Stati compresi, li sappiano per poter capire ,accettare e trovare un ruolo in questo nuovo mondo che sta cambiando intorno a noi e che ci riserva grandi novità, senza lasciar spazio ai vecchi stereotipi. Mondini Valentina 4 D


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INFORMIAMOCI MEGLIO Nella nostra vita sono sempre stati presenti gli stereotipi, che non ci fanno vedere le cose per come veramente stanno. Purtroppo ci facciamo influenzare troppo spesso dai luoghi comuni sempre più frequenti. Partendo dalla Cina, questo Paese così strano, così diverso dal nostro, in realtà è la seconda economia mondiale ed è al centesimo posto nel reddito pro capite. Quante cose non sappiamo e nemmeno immaginiamo sulla Cina, perché lo stereotipo che è diffuso su questo Paese ci mostra solo una parte della sua realtà. (…) La Cina è un Paese che si basa sui salari molto bassi e sullo sfruttamento della manodopera. Ma la Cina non è solo questo, si sono fatti importanti investimenti. Già oggi la superiorità cinese su alcune produzioni non si giustifica solo, ne principalmente, con i bassi salari. Un altro Paese di cui si può parlare è l’India, molto sviluppata nel settore siderurgico, nei servizi e nel manifatturiero. Anche qui la gente ha in mente uno stereotipo: l’India ci fa pensare alle mucche per strada, ad una confusione di colori, ad una visione spirituale della vita, ai santoni, ai guru, allo yoga, allo zen.. Invece vi è anche Bolli Wood,

il più grande centro mondiale dell’industria del cinema, e la “Bangalore Valley”, l’equivalente della “Silicon Valley” californiana. (…) L’india presenta tuttavia vari problemi: la mancanza di manager nei settori più elevati e nel pericolo che gli alti stipendi di questi, si diffondano in altri settori meno produttivi. Insomma questi sono solo due esempi di stereotipi, dovuti solamente alla mancanza di informazioni. Tra queste persone che sbagliavano pensiero, vi ero anche io. Se penso alla Cina, ad esempio, mi vengono in mente solo riso, milioni di

cellulari, tanto casino e..i samurai dei film! L’India la pensavo piena di ragazze con vestiti tutti colorati e il brillantino in fronte. Questo era ciò che pensavo prima di iniziare a documentarmi sull’argomento. Inoltre i consumatori italiani traggono dei vantaggi dalla cina o dall’India. . Chi non ha mai visto un negozio “Hao-May”? Un ristorante cinese? O un kebab? E quante persone entrano in questi posti a comprare? I BRIC aprono le loro aziende in occidente, e ne favoriscono così una crescita economica. Insomma, questi Paesi BRIC sono molto diversi dagli stereotipi che intasano la mente di milioni di persone. Quindi non sarebbe meglio informarsi di più? Bellorti francesca 4N


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SI SPOSTA IL CENTRO DEL MONDO A causa della recessione economicofinanziaria iniziata nel 2008, i redditi delle famiglie italiane hanno subito una riduzione, un episodio del quale non si sentiva parlare dal lontano 1995. Nel 2009 il reddito disponibile al costo dei fattori, cioè quello al netto delle tasse e dei contributi è sceso mediamente del 2,7%. Le famiglie che ne hanno risentito maggiormente sono quelle del nord-ovest (-4,1%), seguite da quelle del nord-est (-3,4%), centro e mezzogiorno (-1,8% e 1,2%). Non a caso è il nord quello che soffre di più, constatato che è quello maggiormente industrializzato d’ Italia. La spiegazione del fenomeno proviene da due fattori: la cassa integrazione e i licenziamenti a causa della crisi e la riduzione del reddito da capitale, gli utili distribuiti dalle imprese. La riduzione del reddito nazionale è stata calcolata a prezzi costanti rispetto all’ anno base 2008. La crisi mondiale, guardando bene la macchia d’olio in cui si è espansa, sembra però interessare le zone dell’Occi-

dente lasciando intatte quelle orientali e i Paesi come Cina e India. Infatti l’economia del XXI secolo ha spostato il proprio centro su altre regioni del mondo, dove la produzione cresce a ritmi eccezionali. Cina e India soprattutto ma anche Brasile e Russia sono ora il futuro, quello che negli anni ’40 del Novecento veniva chiamato “Il sogno americano”. Questi Paesi si sono sviluppati nei settori più importanti: hi-tech, energie rinnovabili, scienza e elettronica. I PIL di Cina e India aumentano da un anno con l’altro rispettivamente del 10% e dell’ 8%. La concorrenza agguerrita di questi stati non è data solo dal basso costo dei salari ma anche dalla presenza di molte “menti” che li guidano nella loro crescita. Tuttavia vi è un paradosso che durerà per molto tempo: il PIL medio procapite di questi paesi nonostante la loro competitività rimarrà anche nel 2030 pari ad 1/20 di quello di un americano. Saranno, usando un’ espressione di Federico Rampini, “le prime superpotenze povere della Storia” Luca Derpretis 4 N

Nord-Ovest

Nord-Est

Centro

Sud

Italia

-4,1%

-3,4%

-1,8%

-1,2%

-2,7%

VOLONTARIATO Il volontariato è un'attività libera e gratuita svolta per ragioni private e personali, che possono essere di solidarietà, di giustizia sociale, di altruismo o di qualsiasi altra natura. Può essere rivolta a persone in difficoltà, alla tutela della natura e degli animali, alla conservazione del patrimonio artistico e culturale. Nasce dalla spontanea volontà dei cittadini di fronte a problemi non risolti, o non affrontati, o mal gestiti dallo Stato e dal mercato. Per questo motivo il volontariato si inserisce nel "terzo settore" insieme ad altre organizzazioni che non rispondono alle logiche del profitto o del diritto pubblico. Il volontariato può essere prestato individualmente in modo più o meno episodico, o all'interno di una organizzazione strutturata che può garantire la formazione dei volontari, il loro coordinamento e la continuità dei servizi.


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Quali prospettive future per il nostro paese in questo mondo già così diverso da come l’hanno conosciuto i nostri genitori? Negli ultimi anni l’Italia ha intrapreso la strada per le energie rinnovabili. Nel nostro Paese sono già 100.000 gli addetti e il loro numero è in continua crescita, come l’interesse verso questo settore dell’economia ( uno studio recente ha dimostrato che ¾ degli italiani ritengono lo sviluppo di un’economia verde sia fondamentale per rendere il Paese più competitivo). Attualmente l’Italia occupa il nono posto nel mondo con 67 progetti eco-green. Uno dei più importanti è quello denominato Desertec, dove il nostro territorio avrà un ruolo fondamentale per tutta l’Europa. Esso prevede lo sfruttamento dell’ energia solare nel Sahara, un’ investimento di 400 miliardi di euro con i quali si costruirà una centrale solare di notevoli dimensioni con lo scopo di dare all’ UE, entro il 2050, il 15% del suo fabbisogno di elettricità. L’energia pulita prodotta passerà da condotti sottomarini che per la maggior parte giungeranno sul territorio italiano per poi collegarsi a quelli che si dirameranno negli altri Stati europei. Sempre nel nostro piccolo Paese è stato messo a punto un progetto per produrre biomasse ed estrarre energia senza il tra-

sporto a lunghe distanze che darà lavoro a 40 mila persone ed eviterà l’ emissione di 14 milioni di tonnellate di CO2. E’ l’ insistere su questa strada che può permettere all’ Italia di riformare la propria immagine e trovare un ruolo di punta nell’economia internazionale Dobbiamo puntare sulle energie rinnovabili per vari motivi: in primo luogo non possediamo riserve di gas o altre fonti di energia ricavabili dal suolo, che abbiamo dovuto sempre importare con il conseguente sostenimento di costi molto elevati. In secondo luogo, grazie alla posizione strategica nel Mediterraneo, la quale comporta che numerosi tubi che trasportano energie importate da altri Paesi attraversino l’Italia, diventeremmo improvvisamente un Paese esportatore per tutta l’Unione Europea. Tutto ciò ci favorirebbe non poco. Inoltre, a parte importanti considerazioni di tutela ambientale, a livello economico essere leader nel settore delle energie rinnovabili, ci assicurerebbe la possibilità di esportare tecnologie in un settore di sicuro avvenire e auspicabile sviluppo per il benessere dell’Italia e del Mondo nel suo insieme. Luca Depretis 4N


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DOCUMENTO FINALE DEL 18° CONVEGNO INTERREGIONALE DELLA STAMPA STUDENTESCA Premessa Oggi 4 marzo 2011 si è svolto ad Asti il 18° Convegno interregionale della stampa studentesca sul tema “150° dell’unità d’Italia: quali responsabilità per i giovani? - Prospettive da un Convegno diventato … maggiorenne”. Hanno partecipato, in rappresentanza di 60 redazioni di testate di Istituti secondari di 2° grado, 330 persone - studenti, insegnanti e dirigenti - provenienti da diverse regioni del nord Italia. Il Convegno ha visto coincidere due importanti ricorrenze: la prima storica, la seconda, per così dire, anagrafica. Affrontare un così importante traguardo per il nostro Paese ci è sembrato d’obbligo nell’anno in cui il Convegno raggiunge la maggiore età. Il contenuto dei lavori Per questo si è voluto favorire una più profonda riflessione sull’unità d’Italia, in particolare sulle implicazioni e le conseguenze che, a 150 anni dalla sua realizzazione, essa ha per il mondo dei giovani. Il Presidente Giorgio Napolitano ha affermato che le celebrazioni per l’unità “non sono tempo perso e denaro sprecato, ma fanno tutt’uno con l’impegno a lavorare per la soluzione dei problemi oggi aperti dinnanzi a noi”. Dunque non un’ottica di retorica rievocazione, ma un richiamo ad operare concretamente per promuovere i valori che sono propri della tradizione del nostro Paese e che furono alla base del suo Risorgimento. Sono perciò state significative, nei

lavori del pomeriggio, le sintetiche ed efficaci testimonianze che hanno documentato aspetti di “cittadinanza attiva” realizzati dai giovani partecipanti: dall’impegno nella redazione del proprio giornale a quello profuso per la realizzazione dei Convegni interregionali della stampa studentesca; dal sostegno ad iniziative per la difesa della legalità al contributo recato ad importanti manifestazioni culturali tenute sul territorio; dalla richiesta al Capo dello Stato di una degna celebrazione del 150° dell’unità all’approfondimento storico sull’apporto dei giovani al Risorgimento italiano; dall’impegno personale nella politica al coinvolgimento nella cooperazione internazionale, alla partecipazione a progetti di lotta contro le mafie. Il programma del mattino. I Convegnisti si sono suddivisi in dodici Commissioni, con l’obiettivo di avere ampio spazio per la loro partecipazione attraverso riflessioni, esperienze, proposte, suggerimenti. Ciascuna delle Commissioni ha focalizzato l’attenzione su un argomento relativo alle seguenti aree tematiche: il 150° dell’unità, i giornali di Istituto e rilevanti problematiche sociali. Per la prima area ci si è soffermati su: concetto di patria e sentimenti personali riguardo alla patria e ai suoi simboli, iniziative prese per il 150° nelle città di provenienza, effettiva realizzazione dell’unità, federalismo, rispetto delle regole, percezione della politica da parte del mondo giovanile. La riflessione sui giornali di Istituto si è concentr ata su quattro argomenti: possibile con-

tributo che possono recare nel loro ambiente riguardo ai problemi e ai temi trattati nel Convegno; vita redazionale: rapporto tra le componenti, successi, difficoltà; confronto tra giornali telematici e cartacei; giudizi sull’annuale Convegno interregionale, con spunti e idee per migliorarlo. Infine, per quanto riguarda le rilevanti problematiche sociali, si è dibattuto su cooper azione internazionale e azione della scuola in rapporto al disagio fisico, psichico e motorio. Il qualificato contributo portato dal giornalista Oscar Giannino e gli altri momenti previsti dal programma (saluto delle Autorità, filmato che ha aperto i lavori, baratto delle cose e delle idee, comunicazioni delle Commissioni in Assemblea plenaria), come del resto il semplice fatto di esserci incontrati tra tanti giovani e adulti di diverse città e regioni, hanno costituito un r iconoscimento e una condivisione della nostra passione e del nostro impegno per il giornalismo scolastico e ci hanno offerto motivazioni, spunti e idee per mantenerli vivi e per qualificarli. Il succo della giornata Quali responsabilità per i giovani derivano dalla celebrazione del 150° dell’unità nazionale? Innanzitutto per noi appartenenti alle redazioni scolastiche è l’impegno giornalistico il terreno su cui si gioca la responsabilità che ci deriva dalla celebrazione. Esso richiede da noi lavoro, perseveranza, collaborazione, riflessione critica, atten-


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zione alla realtà vicina e lontana, passione, coraggio di esporci, coraggio di contrastare talora con l’indifferenza di molti: si tratta, al tempo stesso, di valori che hanno animato quanti costruirono l’unità del Paese e del nostro contributo perché la sua celebrazione sia non formale, ma viva, operativa. Inoltre ci accomunano con tutti i giovani dotati di sensibilità civile e sociale altre parole risuonate nel Convegno, che rinviano a: patria, responsabilità, cittadinanza attiva, partecipazione, collaborazione, progettualità, legalità, lotta alle mafie, rinnovamento della scuola, animazione del territorio, impegno politico, solidarietà, volontariato, cooperazione internazionale. Si tratta di parole sincere, poiché sono nate da esperienze che abbiamo realmente vissute o che intendiamo vivere. Si tratta di parole significative e autorevoli, poiché sono in

sintonia con le parole scritte nella nostra Costituzione repubblicana. Nella nostra Costituzione infatti vediamo condensati i valori di cui ci sentiamo responsabili, che radicano l’Italia nella storia e la proiettano verso i necessari sviluppi futuri.

Una rinnovata richiesta: il Convegno nazionale Alla conclusione del 16° Convegno interregionale (Alessandria, 20 febbraio 2009) i partecipanti avanzarono al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca la proposta che fosse organizzato nella capitale un Convegno nazionale della stampa studentesca, come occasione di riconoscimento e di incentivo per le redazioni impegnate nella pubblicazione del Giornale di Istituto, che la circolare del M.P.I. n. 242 del 2 settembre 1988 definisce “strumento didattico-culturale, gestito da studenti (…) destinato ad ampliare la loro preparazione culturale e a consentirne una miglior resa sul piano didattico”. La proposta fu rinnovata alla conclusione del 17° Convegno (Torino, 6 marzo 2010). Anche questa volta rinnoviamo la nostra richiesta, confidando che per la terza volta essa non venga ignorata. Perché le proposte avanzate pacificamente debbono rimanere inascoltate? STUDENTI, INSEGNANTI E DIRIGENTI PARTECIPANTI AL 18° CONVEGNO INTERREGIONALE DELLA STAMPA STUDENTESCA

LUNARFOLLIE AUGURA UNA BUONA PASQUA SERENA A VOI AL PERSONALE E ALLE VOSTRE FAMIGLIE

IRONICO OMAGGIO AD UNGARETTI Ho trovato un “curioso omaggio” ad Ungaretti, un grande della poesia ermetica… è pur sempre un grande omaggio, un libro di poesie scritto con il suo stile e graffianti parole, a volte con doppi sensi. Grande capacità di uso del linguaggio, del quale riporto a seguito un paio di esempi: La battaglia di Gillette Radersi da buon soldato tutte le mattine. Al suolo. Ci strappa un sorriso, quasi una risata quest’uso delle parole, ma ci scontriamo con quello che la nostra coscienza ci dice: il senso del dovere del soldato ed il suo sacrificio (raso al suolo), non vanno derisi. Fratellanza Sento fin qui il pianto dei negri nelle piantagioni di cotone dell’Alabama. Forse dovrei mettere i doppi vetri. Anche questa ci strappa un sarcastico sorriso e anche qui facciamo i conti con i nostri tempi e la nostra coscienza. Con il buonismo e con l’averne abbastanza. Non nascondiamoci dietro ad un dito, ogni argomento ha un pro ed un contro in particolare in questi giorni in cui di sbarchi, emergenze sanitarie e sociali, ne si sente parlare ogni momento. La domanda del “ma poi cosa faremo? E loro cosa faranno?” ci è costantemente presente. Facciamo qualcosa, evitiamo di mettere i doppi vetri ! (Fonte: IL RISO ILLUMINA L’IMMENSO DI UNGARETTI Editoriale di MASSIMO ONOFRI 24 febbraio 2011)

A cura di Brotto Ilaria 2 A


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