Speciale 150° Unità d'Italia

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Febbraio 2011

Inserto speciale 150° Unità d’Italia

Non è nostro intento delineare una storia del nostro Paese. Lo facciamo in classe con gli insegnanti e lo possiamo fare anche individualmente. Noi ci limitiamo a riportare, in estrema sintesi, le tappe fondamentali di questo cammino

L’unità d’Italia fu raggiunta, nel 1861, dopo la spedizione dei Mille di Garibaldi del 1860. A quel tempo l’Italia era solo una regione fisica, con confini che cambiavano spesso. L’unica eccezione fu lo Stato Pontificio che conservò le sue dimensioni fino al 1870, anno della Breccia di Porta Pia. All’epoca dei Mille l’Italia era quindi così divisa: a nord il Regno di Sardegna, quello Lombardo-Veneto e alcuni ducati (Parma, Toscana, Lucca, Modena). A sud dello Stato Pontificio si trovava invece il Regno delle Due Sicilie, governato dai Borboni. L’azione dei Mille andrà proprio a conquistare questo regno ed annetterlo alla nuova nazione italiana. La notte fra il 5 e il 6 maggio 1860, 1070 volontari partirono insieme a Garibaldi da Quarto, vicino a Genova. Raggiunsero Marsala e ottennero diversi successi contro i borboni: Garibaldi combatteva in nome di Vittorio Emanuele II e riuscì nel suo intento, ovvero quello di conquistare il Regno delle Due Sicilie ed annetterlo al Regno d’Italia. (Sara Babsi)

L'Italia liberale (1861-1914) Il Regno d'Italia (1861-1946) sorge nel 1861 dopo l'esito della seconda guerra di indipendenza e dopo i plebisciti degli altri territori conquistati. Con la prima convocazione del Parlamento italiano del 18 febbraio 1861 e la successiva proclamazione del 17 marzo, Vittorio Emanuele II fu il primo re d'Italia (1861-1878) Il neonato Stato, una monarchia costituzionale, si ritrovò, fin dai primi tempi, a tentare di risolvere problemi di standardizzazione delle leggi, di mancanza di risorse a causa delle casse statali vuote per le spese belliche, di creazione di una moneta unica per tutta la penisola e più in generale per i problemi di gestione di tutte le terre improvvisamente acquisite. A questi problemi, se ne aggiungevano altri, come ad esempio l'analfabetismo e la povertà diffusa, nonché la mancanza di infrastrutture. La questione che tenne banco nei primi anni della riunificazione d'Italia fu la questione meridionale ed il brigantaggio antisabaudo delle regioni meridionali (soprattutto tra il 1861 e il 1869). Il problema era noto come la "questione meridionale".

La destra storica La Destra storica, composta principalmente dall'alta borghesia e dai proprietari terrieri, formò il nuovo governo, che ebbe come primi obiettivi il completamento dell'unificazione nazionale, la costruzione del nuovo stato (per il quale si scelse un modello centralista, oggi messo in discussione dal federalismo) e il risanamento finanziario mediante nuove tasse che produssero scontento popolare e accentuarono il brigantaggio, represso con la forza. In politica estera, la Destra storica mantenne la tradizionale alleanza con la Francia, anche se le due nazioni si scontrarono in diverse questioni, prime fra tutte l'annessione del Veneto e la presa di Roma. Nel 1876 il governo venne esautorato per la prima volta non per autorità regia, bensì dal Parlamento (rivoluzione


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parlamentare). Ebbe così inizio l'epoca della Sinistra storica, guidata da Agostino Depretis. Finiva un'epoca: solo pochi anni dopo, Vittorio Emanuele II morì, e sul trono gli successe Umberto I.

colo. Non più repressione autoritaria, bensì accettazione delle proteste e quindi degli scioperi, purché non violenti né politici, con lo scopo (riuscito) di portare i socialisti nell'arco parlamentare.

La sinistra storica

Gli interventi più importanti di Giolitti furono la legislazione sociale e sul lavoro, il suffragio universale maschile, la nazionalizzazione delle ferrovie e delle assicurazioni, la riduzione del debito statale, lo sviluppo delle infrastrutture e dell'industria. In politica estera, ci fu il riavvicinamento dell'Italia alla Triplice intesa di Francia, Regno Unito e Russia. Fu continuata la politica coloniale nel Corno d'Africa, e dopo la guerra italo-turca, furono occupate Libia e Dodecaneso. Giolitti però fallì nel suo tentativo di arginare il nazionalismo come aveva costituzionalizzato i socialisti, e non riuscì quindi a impedire l'entrata dell'Italia nella prima guerra mondiale.

Agostino Depretis La Sinistra abbandonò l'obiettivo del pareggio di bilancio e avviò delle politiche di democratizzazione e ammodernamento del paese, investendo nell'istruzione pubblica, allargando il suffragio, e avviando una politica protezionistica di investimenti in infrastrutture e sviluppo dell'industria nazionale coll'intervento diretto dello stato nell'economia. Per ciò che concerne la politica estera Depretis abbandonò l'alleanza con la Francia, a causa della conquista da parte dello stato d'oltralpe della Tunisia. L'Italia entrò quindi nella Triplice Alleanza, alleandosi con la Germania e l'Impero austro-ungarico. Favorì lo sviluppo del colonialismo italiano, innanzitutto con l'occupazione di Massaua in Eritrea.

L'epoca giolittiana Giovanni Giolitti Dal 1901 al 1914 la storia e la politica italiana fu fortemente influenzata dai governi guidati da Giovanni Giolitti. Come neopresidente del Consiglio si trovò a dover affrontare, prima di tutto, l'ondata di diffuso malcontento che la politica Crispina aveva provocato con l'aumento dei prezzi. Ed è con questo primo confronto con le parti sociali che si evidenziò la ventata di novità che Giolitti portò nel panorama politico a cavallo tra il XIX ed il XX se-

L'avventura coloniale L'inizio del regno vide l'Italia impegnata anche in una serie di guerre di espansione coloniale. L'avventura cominciò nel novembre 1869 con l’occupazione della baia di Assab e poi la conquista dell’Eritrea ed Etiopia e si protrasse fino all’avvento della Repubblica con alterne vecende.

L'Italia nella prima guerra mondiale (1915-1918) Armando Diaz Nella prima guerra mondiale l'Italia rimase inizialmente neutrale, per poi scendere al fianco degli alleati il 23 maggio 1915 dopo la firma del segreto Patto di Londra. L'accordo prevedeva che l'Italia entrasse in guerra al fianco dell'Intesa entro un mese, ed in cambio avrebbe ottenuto, in caso di vittoria, il Trentino, il Tirolo fino al Brennero (Alto Adige), la Venezia Giulia, l'intera penisola istriana, con l'esclusione di Fiume, una parte della Dalmazia. Per quanto riguarda i possedimenti coloniali, l'Italia avrebbe conquistato l'arcipelago del Dodecaneso (occupato, ma non annesso a colonia dopo la guerra italo-turca), la base di Valona in Albania, il bacino carbonifero di Adalia in Turchia, nonché un'espansione delle colonie africane, a scapito della Germania (l'Italia in Africa possedeva già Libia, Somalia ed Eritrea).


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La di-

1915-1918 Lo stato italiano decise di entrare in guerra il 24 maggio 1915. Il comando dell'esercito venne affidato al generale Luigi Cadorna, che aveva come obiettivo il raggiungimento di Vienna passando per Lubiana. All'alba del 24 maggio il Regio Esercito sparò il primo colpo di cannone contro le postazioni austro-ungariche asserragliate a Cervignano del Friuli che, poche ore più tardi, divenne la prima città conquistata. All'alba dello stesso giorno la flotta austro-ungarica bombardò la stazione ferroviaria di Manfredonia; alle 23:56, bombardò Ancona. Lo stesso 24 maggio cadde il primo soldato italiano, Riccardo di Giusto. Il fronte aperto dall'Italia ebbe come teatro le Alpi, dallo Stelvio al mare Adriatico. Lo sforzo principale per sfondare il fronte fu concentrato nella regione delle valli Isonzo, in direzione di Lubiana. Dopo un'iniziale avanzata italiana, gli austro-ungarici ricevettero l'ordine di trincerarsi e resistere. Si arrivò così a una guerra posizione che continuò con pochi risultati e molte perdite nel corso del 1915, 1916, 1917. Nell'ottobre 1917 la Russia abbandonò il conflitto a causa della rivoluzione comunista. Le truppe degli Imperi Centrali furono spostate dal fronte orientale a quello occidentale. Visti gli esiti dell'ultima offensiva italiana e i rinforzi provenienti dal fronte orientale, austroungarici e tedeschi decisero di tentare l'avanzata. Il 24 ottobre gli austro-ungarici e i tedeschi ruppero il fronte convergendo su Caporetto e accerchiarono la 2ª Armata comandata dal generale Luigi Capello. Il generale Capello e Luigi Cadorna da tempo avevano il sospetto di un probabile attacco, ma sottovalutarono le notizie e l'effettiva capacità offensiva delle forze nemiche. Gli austriaci avanzarono per 150 km in direzione sud-ovest raggiungendo Udine in soli quattro giorni. L'unica armata che resistette al disastro fu la 3ª, guidata da Emanuele Filiberto di Savoia, cugino di Re Vittorio Emanuele III. Mappa dell'avanzata austro-ungarica tedesca in seguito alla rotta italiana La rottura del fronte di Caporetto provocò il crollo delle postazioni italiane lungo l'Isonzo, con la ritirata delle armate schierate dall'Adriatico fino alla Valsugana, in Trentino.

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sfatta portò alcune conseguenze: Cadorna venne rimosso dall'incarico e sostituito dal maresciallo Armando Diaz nel ruolo di capo di stato maggiore. Oltre a Cadorna perse il posto anche il generale Luigi Capello, ritenuto principale responsabile della sconfitta. Un altro effetto della disfatta fu l'elevato malcontento nelle truppe. I disordini furono frequenti, e molti si concludevano con sommarie fucilazioni. Gli austro-ungarici fermarono gli attacchi in attesa della primavera del 1918, preparando un'offensiva che li doveva portare a penetrare nella pianura veneta. L'offensiva austro-ungarica arrivò il 15 giugno: l'esercito dell'Impero attaccò con 66 divisioni nella battaglia del solstizio (15 - 23 giugno 1918), che vide gli italiani resistere all'assalto. Gli austro-ungarici persero le loro speranze, visto che il paese era ormai a un passo dal tracollo, assillato dall'impossibilità di continuare a sostenere lo sforzo bellico sul piano economico e su quello sociale, data l'incapacità dello Stato di farsi garante dell'integrità dello stato multinazionale asburgico. Con i popoli dell'impero asburgico sull'orlo della rivoluzione, l'Italia anticipò di un anno l'offensiva prevista per il 1919 per impegnare le riserve austroungariche ed impedire loro la prosecuzione dell'offensiva sul fronte francese. Da Vittorio Veneto, il 23 ottobre partì l'offensiva, con condizioni climatiche pessime. Gli italiani avanzarono rapidamente in Veneto, Friuli e Cadore e il 29 ottobre l'Austria-Ungheria si arrese. Il 3 novembre, a Villa Giusti, presso Padova l'esercito dell'Impero firmò l'armistizio.

Esito L'Italia completò la sua riunificazione nazionale acquisendo il Trentino-Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria ed alcuni territori del Friuli ancora irredenti e la città di Trieste. Queste regioni avevano fatto parte, fino ad allora, della Cisleitania nell'ambito dell'Impero austro-ungarico (ad eccezione della città di Fiume, incorporata nel Regno d'Italia nel 1924 e posta in Transleitania).


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Il ventennio fascista Dopo la Grande Guerra la situazione interna italiana era precaria: le casse statali erano quasi vuote anche perché la lira durante il conflitto aveva perso buona parte del suo valore, a fronte di un costo della vita aumentato di almeno il 450%. Scarseggiavano le materie prime e le industrie faticavano a convertire la produzione bellica in produzione di pace e ad assorbire l'abbondanza di manodopera accresciuta dai soldati di ritorno dal fronte. Per questi motivi nessun ceto sociale era soddisfatto, e soprattutto tra i benestanti s'insinuò il timore di una possibile rivoluzione comunista, sull'esempio russo. L'estrema fragilità socio-economica portò spesso a disordini, che il più delle volte venivano stroncati con metodi sbrigativi e sanguinari dalle forze armate. L'Italia nel 1924, con Fiume, Zara Inoltre al Regno d'Italia furono assegnate alcune compensazioni territoriali in Africa, come l'Oltregiuba in Somalia.

Ma il prezzo fu altissimo: 651.010 soldati, 589.000 civili per un totale di 1.240.000 morti su di una popolazione di soli 36 milioni, con la più alta mortalità nella fascia di età compresa tra 20 e 24 anni. Le conseguenze sociali ed economiche furono pesantissime: l'Italia con la sua economia basata sull'agricoltura perse una grossa fetta della sua forza-lavoro causando la rovina di moltissime famiglie. Tuttavia, l'Italia non vide riconosciuti i diritti territoriali acquisiti sulla Dalmazia con l'intervento a fianco degli alleati: in base al Patto di Londra con cui aveva negoziato la propria entrata in guerra, l'Italia avrebbe dovuto ottenere la Dalmazia settentrionale incluse le città di Zara, Sebenico e Tenin. Infatti, in base al principio della nazionalità propugnato dal presidente americano Woodrow Wilson, la Dalmazia venne annessa al neocostituito Regno dei Serbi, dei Croati e degli Sloveni, con l'eccezione di Zara (a maggioranza italiana) e dell'isola di Lagosta, che con altre tre isole vennero annesse all'Italia. Questo rifiuto degli Alleati di mantenere gli impegni sottoscritti nel Patto di Londra creò numerose tensioni nella politica italiana del primo dopoguerra, ed uno dei maggiori beneficiati fu Benito Mussolini con il suo "Fascismo".

Inoltre il trattato di pace firmato a Versailles non aveva portato nessun vantaggio importante all'Italia: infatti il patto (memorandum) di Londra, che prevedeva l'annessione all'Italia della Dalmazia, non venne rispettato e la Dalmazia venne assegnata al neonato Regno jugoslavo. Tra gli strati sociali più scontenti e più soggetti alle suggestioni ed alla propaganda nazionalista che, a seguito del Trattato di Pace, si infiammò ed alimentò il mito della vittoria mutilata, emersero le organizzazioni di reduci ed in particolare quelle che raccoglievano gli ex-arditi (truppe scelte d'assalto), presso le quali, al malcontento generalizzato, si aggiungeva il risentimento causato dal non aver ottenuto un adeguato riconoscimento per i sacrifici, il coraggio e lo sprezzo del pericolo dimostrati in anni di duri combattimenti al fronte. Tale era il contesto nel quale il 23 marzo 1919 Benito Mussolini fondò a Milano il primo fascio di combattimento, un nuovo movimento che espresse la volontà di «trasformare, se sarà inevitabile anche con metodi rivoluzionari, la vita italiana», autodefinendosi partito dell'ordine e riuscendo così a guadagnarsi la fiducia dei ceti più ricchi e conservatori, contrari a ogni agitazione e alle rivendicazioni sindacali che caratterizzarono il cosiddetto biennio rosso. Il momento pareva propizio per Mussolini, ed un forte contingente di 50.000 squadristi venne radunato nell'alto Lazio e mosse contro la Capitale, il 26


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ottobre 1922. Mentre l'Esercito si preparava a fronteggiare il colpo di mano fascista (con Badoglio principale sostenitore della linea dura) il re Vittorio Emanuele III si rifiutò di firmare il decreto di stato d'emergenza, costringendo alle dimissioni il presidente del consiglio Luigi Facta ed il suo governo. Le camicie nere marciarono sulla Capitale il 28 ottobre, senza incontrare alcuna resistenza. Il 30 ottobre, dopo la marcia su Roma, il re incaricò Benito Mussolini di formare il nuovo governo. Il capo del fascismo lasciò Milano per Roma, ed immediatamente si mise all'opera. A soli 39 anni Mussolini diveniva presidente del consiglio, il più giovane nella storia dell'Italia unita.

Il fascismo diventa dittatura Una volta eletto Presidente del Consiglio, Mussolini decise di rafforzare il proprio potere. In vista delle elezioni del 6 aprile 1924 Mussolini fece approvare una nuova legge elettorale ("Legge Acerbo") che avrebbe dato i tre quinti dei seggi alla lista che avesse raccolto il 40% dei voti. Il listone guidato da Mussolini ottenne il 64,9% dei voti. Il 30 maggio 1924 il deputato socialista Giacomo Matteotti prese la parola alla Camera contestando i risultati delle elezioni. Il 10 giugno 1924 Matteotti venne rapito e ucciso. Il 3 gennaio 1925 alla Camera Mussolini recitò il famoso discorso in cui si assunse ogni responsabilità per i fatti avvenuti: Con questo discorso Mussolini si era dichiarato dittatore. Nel biennio 1925-1926 vennero emanati una serie di provvedimenti liberticidi: furono sciolti tutti i partiti e le associazioni sindacali non fasciste, venne soppressa ogni libertà di stampa, di riunione o di parola, venne ripristinata la pena di morte e venne creato un Tribunale speciale con amplissimi poteri, in grado di mandare al confino con un semplice provvedimento amministrativo le persone sgradite al regime.

Politica interna Il fascismo in politica interna tentò di risolvere il problema della svalutazione della lira con misure quali la messa in commercio di pane con meno farina, l'aggiunta di alcool alla benzina, l'aumento delle ore da 8 a 9 senza variazioni di salario, l'istituzione della tassa sul celibato, la riduzione dei prezzi dei giornali, dei biglietti e dei francobolli ecc.

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L'11 febbraio 1929 furono firmati i Patti lateranensi, che stabilirono il mutuo riconoscimento tra il Regno d'Italia e lo Stato della Città del Vaticano. Con la ratifica del concordato la religione cattolica divenne la religione di stato in Italia, fu istituito l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole e fu riconosciuta la sovranità e l'indipendenza della Santa Sede. Il fascismo tentò pure di rendere "pura" la lingua italiana italianizzando i prestiti linguistici: per esempio "film" diventa "filmo", "taxi" diventa tassì", "cognac" diventa "arzante"; vengono italianizzati pure i toponimi stranieri in Valle d'Aosta e in Trentino Alto-Adige. Inoltre poiché il lei è considerato straniero, viene imposto l'uso del voi. L'11 ottobre 1935 l'Italia venne sanzionata per l'invasione dell'Etiopia. Le sanzioni in vigore dal 18 novembre consistono essenzialmente nell'embargo. In realtà fu soltanto la Gran Bretagna a osservare le regole imposte dalle sanzioni. In seguito all'embargo, la propaganda politica spinse affinché si consumassero solo prodotti italiani. Fu in pratica la nascita dell'autarchia, secondo la quale tutto doveva essere prodotto e consumato all'interno dello stato. Per esempio venne sostituito: la lana con il lanital (la lana di caseina), la benzina con il carburante nazionale (benzina con l'85% di alcool) mentre il caffè venne sostituito con il "caffè" d'orzo. Le sanzioni all'Italia avvicinarono Mussolini a Hitler, il dittatore nazista tedesco. Ben presto i due dittatori strinsero un'alleanza. Per far piacere a Hitler, Mussolini nel 1938 promulgò delle leggi razziali che privavarono di molti diritti civili e politici gli Ebrei (e tutte le altre "razze inferiori"): molti persero il lavoro solo perché Ebrei.

Politica estera L'Impero coloniale italiano nel 1940, nel momento di massima espansione.


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A partire dal 1926-27 l'Albania entrò gradualmente nella sfera d'influenza dell'Italia ma solo nell'aprile del 1939 fu occupata militarmente e le venne imposto come sovrano Vittorio Emanuele III.

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deti e con la successiva Conferenza di Monaco gli venne dato il lasciapassare per l'annessione di tutta la Cecoslovacchia mentre Mussolini, dopo l'Etiopia, stava cercando nuovi obiettivi per non perdere il passo dell'alleato tedesco. La vittima designata venne trovata nell'Albania. In due soli giorni (7-8 aprile 1939), con l'ausilio di 22.000 uomini e 140 carri armati, Tirana fu conquistata. Il 22 maggio 1939 venne firmato il Patto d'acciaio tra Germania e Italia.

La seconda guerra mondiale Alleata con la Germania (1940-1943) Il 10 giugno 1940 l'Italia entrò nella seconda guerra mondiale come alleata della Germania contro Francia e Regno Unito. Nel 1941 fu dichiarata guerra all'Unione Sovietica e con l'Impero giapponese agli Stati Uniti d'America. Mussolini, confortato dagli schiaccianti successi della Germania di Hitler, credeva in una guerra lampo risolta in breve tempo a favore dell'alleato tedesco, assieme al quale avrebbe potuto sedere al tavolo dei vincitori.

A seguito della completa conquista della Libia, avvenuta alla fine degli anni venti, Mussolini manifestò l'intenzione di dare un Impero all'Italia e l'unico territorio rimasto libero da ingerenze straniere era l'Abissinia, nonostante fosse membro della Società delle Nazioni. Il progetto d'invasione iniziò all'indomani della conclusione degli accordi sul trattato di amicizia e si concluse con l'ingresso dell'esercito italiano ad Addis Abeba il 5 maggio 1936. Quattro giorni dopo venne proclamata la nascita dell'Impero italiano e l'incoronazione di Vittorio Emanuele III come Imperatore d'Etiopia . Con la conquista di gran parte dell'Etiopia si procedette ad una ristrutturazione delle colonie del Corno d'Africa. Somalia, Eritrea ed Abissinia vennero riunite nel vicereame dell'Africa Orientale Italiana (AOI). Il progetto coloniale terminò con l'occupazione britannica dei territori soggetti al dominio italiano nel 1941. Dal 1938 in Europa si iniziò a respirare aria di guerra: Hitler aveva già annesso l'Austria e i Su-

In realtà le difficoltà oggettive delle truppe italiane e le ingenti forze a disposizione dell'alleanza nemica, portarono non poche sconfitte all'esercito regio. I primi scontri ebbero luogo il 21 giugno sulle Alpi, contro la Francia, ormai attaccata dai tedeschi con la tattica del blitzkrieg, che portò allo stato fascista italiano la sola conquista di una piccola striscia nel sud del Paese, riportando i confini a prima del 1850, con l'esclusione di Nizza. Nello stesso momento lo stato maggiore fascista concentrò le sue mire espansionistiche in Grecia. Pensando di non trovare alcuna resistenza le truppe italiane avanzarono in territorio greco, ma tra novembre e dicembre i Greci, aiutati anche dagli inglesi, passarono all'azione e costrinsero gli italiani a ritirarsi in Albania. L'insuccesso in Grecia causò la fine della Guerra parallela, così chiamata da Mussolini. Contemporaneamente si registrarono i primi insuccessi anche nelle colonie del corno d'Africa, culminati il 20 maggio con la resa del Duca d'Aosta dopo la battaglia sull'Amba Alagi. In questa occasione all'esercito italiano fu reso l'onore delle armi da parte dei britannici. L'11 aprile i tedeschi si impossessarono dell'area balcanica, concedendo allo stato fascista di mettere nominalmente a capo dello stato croato un rappresentante di casa Savoia. L'influenza italiana si limitò solamente alle zone costiere e, in base ad accordi con il


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capo del governo croato Ante Pavelic, l'Italia avrebbe avuto per 25 anni il dominio del litorale della Croazia. Nel 1942 le operazioni italiane si concentrarono in Unione Sovietica e Africa. In entrambi i fronti, grazie alle truppe tedesche si ebbero frequenti successi: in Russia si conquistarono vasti territori e si arrivò a controllare durante l'estate anche Stalingrado, mentre nel nord Africa Rommel si spinse in Egitto, conquistando varie città, ma a causa degli attacchi dell'aviazione angloamericana e dei rinforzi sempre meno frequenti si arrivò ad una sconfitta nella battaglia di El Alamein, che segnò la fine delle speranze dell'Asse di conquistare l'Egitto ed i campi petroliferi del Medio Oriente. La situazione peggiorò poi anche in Russia con l'avvicinarsi dell'inverno, infatti Mussolini non si era curato di rafforzare l'equipaggiamento delle truppe italiane Già nell'estate vi erano state pesanti decimazioni nell'esercito italiano e nel dicembre 1942 cominciano le prime pesanti sconfitte, seguite dalla ritirata. Le sconfitte sia sul fronte africano che su quello russo causarono in Italia vari scioperi e un calo di consensi nei confronti del fascismo e di Mussolini. Intanto, in Africa, proseguì la resistenza delle truppe italiane, mentre in Russia procedeva la ritirata. A maggio venne presa Tunisi, ultimo baluardo dell'esercito regio italiano e poche settimane più tardi anche le isole di Lampedusa e Pantelleria, dando inizio all'Operazione Husky.

La caduta del fascismo, la Repubblica di Salò e la resistenza (1943-1945) Le difficoltà militari colpirono anche Mussolini. Il 24 luglio 1943 si riunì il Gran Consiglio del Fascismo e il mattino seguente il duce venne sfiduciato. Vittorio Emanuele III decise quindi di sostituirlo a capo del governo con Pietro Badoglio. Proprio mentre si trovava a colloquio con il re, Mussolini venne arrestato. Intanto il nuovo capo del governo Badoglio stava trattando l'armistizio con gli Alleati, che venne firmato il 3 settembre e reso pubblico l'8. Il giorno successivo il re e Badoglio fuggirono da Roma, andando in Puglia, sotto la protezione di

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inglesi e americani. Sempre in questi giorni le truppe italiane, che non avevano ordini precisi (e nella coscienza popolare l'8 settembre viene ricordato come il giorno del "Tutti a casa"), vennero catturate dai soldati tedeschi e molti componenti dell'esercito finirono prigionieri. Il 12 settembre un reparto speciale tedesco liberò Mussolini, che venne incaricato di formare un nuovo regno nel nord Italia. Il Paese si trovò così diviso in due: il Regno del Sud a fianco degli alleati contro la Germania e la Repubblica Sociale Italiana, formata dai reduci fascisti. Di fatto, erano entrambi due stati-fantoccio, rispettivamente degli anglo-americani e dei tedeschi. In questo quadro drammatico, nacquero però le prime formazioni partigiane, che soprattutto nel centro-nord diedero vita al primo nucleo dell'Italia libera. Umberto di Savoia Il 22 gennaio 1944 gli anglo-americani sbarcarono nell'Italia centrale, nella zona compresa tra Anzio e Nettuno. L'attacco, comandato dal maggiore generale John P. Lucas, aveva lo scopo di aggirare le forze tedesche attestate sulla Linea Gustav e di liberare Roma. La lunga battaglia che ne derivò è comunemente conosciuta come “battaglia di Anzio”. Il 24 marzo i nazisti compirono l'eccidio delle Fosse Ardeatine. Fu un massacro, eseguito a Roma ai danni di 335 civili italiani, come atto di rappresaglia per un attacco eseguito da partigiani contro le truppe germaniche ed avvenuto il giorno prima in via Rasella. Per la sua efferatezza, l'alto numero di vittime, e per le tragiche circostanze che portarono al suo compimento, è diventato l'evento simbolo della rappresaglia nazista durante il periodo dell'occupazione. Le "Fosse Ardeatine", antiche cave di pozzolana site nei pressi della via Ardeatina, sono diventate un monumento a ricordo dei fatti e sono oggi visitabili.

Nel maggio 1944 si accresce la sottomissione della Repubblica Sociale Italiana nei confronti della Germania nazista. Il Trentino-Alto Adige, la provincia di Belluno e Tarvisio sono annesse al Terzo Reich. Il 5 giugno 1944, il giorno dopo la liberazione di Roma, Vittorio Emanuele III nomina il figlio Luogotenente


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Generale del Regno in base agli accordi tra le varie forze politiche che formano il Comitato di Liberazione Nazionale, che prevedono di «congelare» la questione istituzionale fino al termine del conflitto. Umberto, dunque, esercita di fatto le prerogative del sovrano senza tuttavia possedere la dignità di re, che rimane a Vittorio Emanuele III, rimasto in disparte a Salerno.

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comunicazione erano interrotte, il territorio era occupato dalle truppe angloamericane, ad eccezione dell'area triestina che venne velocemente occupata dai partigiani per un periodo di sei mesi, ritirandosi solo a seguito di un ultimatum alleato. Durante questo periodo i partigiani jugoslavi massacrarono le minoranze etniche italiane presenti nell'Istria e, per nascondere il crimine, gettarono gli innumerevoli cadaveri nelle foibe carsiche. Il numero di italiani morti a causa della guerra fu molto elevato: sono stimati tra 415000 (di cui 330000 militari e 85000 civili) e 443000 morti , stimando che la popolazione italiana all'inizio del conflitto fosse di 43.800.000 persone si arriva conteggiare circa una vittima ogni 100 italiani. Dalla fine della guerra fino agli anni cinquanta avvenne anche l'esodo istriano durante il quale gran parte della popolazione di lingua italiana (in quantità stimata tra un minimo 200.000 e un massimo 350.000 persone), abbandonò i territori istriani e dalmati, occupati dagli jugoslavi, rifugiandosi come profughi in Italia.

Grazie agli approvvigionamenti ottenuti nell'inverno tra il 1944 ed il 1945 in primavera gli alleati poterono lanciare l'offensiva contro l'esercito tedesco sfondando in più punti la linea gotica portando gli alleati alla liberazione il 21 aprile 1945 di Bologna. L'arrivo degli alleati a Milano fu anticipato dalla insurrezione partigiana proclamata dal CLN il 25 aprile, questa data sarà poi scelta come festività nazionale per ricordare la liberazione. Le truppe nazi-fasciste capitolarono il 29 aprile 1945, ed il 2 maggio il comando tedesco firmò a Caserta la resa delle sue truppe in Italia e per procura anche la resa formale dei reparti della RSI.

Epilogo del conflitto e costo della guerra Nell'aprile del 1945 le forze nazi-fasciste vennero sconfitte anche con il consistente contributo delle forze partigiane, formate da ex-militari sbandati dopo l'armistizio ma anche da donne, ragazzi ed anziani, e con un forte supporto delle popolazioni, che costò spesso gravi massacri per rappresaglia da parte delle forze occupanti. La fine della guerra vide l'Italia in condizioni critiche: i combattimenti risalendo la penisola ed i bombardamenti aerei avevano ridotto molte città e paesi a cumuli di macerie, le principali vie di

L'Italia repubblicana Dopo la fine della guerra in Italia lo scontento popolare, soprattutto nell'Italia settentrionale, nei confronti della monarchia era elevatissimo. Il 2 giugno del 1946 un referendum istituzionale sancì la fine della monarchia e la nascita della Repubblica Italiana; in contemporanea vennero eletti i delegati all'Assemblea Costituente. Per la prima volta in Italia, per questa occasione, anche la donne ebbero il diritto al voto. Il 1º luglio Enrico de Nicola viene nominato il primo Presidente della Repubblica Italiana. Il primo Presidente del Consiglio dei ministri fu Alcide De Gasperi, della Democrazia cristiana e, salvo poche eccezioni, dal 1946 al 1993 la Presidenza del Consiglio fu democristiana. La nuova costituzione repubblicana entrò in vigore il 1º gennaio 1948. Organizzazioni internazionali Membro NATO dal:

4 aprile 1949

Membro ONU dal:

14 dicembre 1955

Membro UE dal:

1º gennaio 1958

In questi anni si tentò di riparare i danni provocati prima dal fascismo e poi dalla guerra. L'Italia diventò un grande cantiere, anche grazie agli aiuti del Piano Marshall. Iniziava quello che fu chiamato il "miracolo economico". Il Prodotto interno lordo crebbe del 6.3%, un record nella storia del paese. Il


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reddito pro-capite passò da 350.000 a 571.000 lire. Tra il 1958 e il 1959 gli investimenti lordi crebbero del 10% e tra il 1961 e il 1962 l'incremento fu del 13%. Questi numeri ridussero sensibilmente il divario storico con i grandi Paesi europei: Inghilterra, Germania e Francia. La crescita del reddito pro capite produsse l'aumento dei consumi individuali che registrarono una crescita media di cinque punti percentuali l'anno. La domanda di beni durevoli (automobili, elettrodomestici, ecc. ) raggiunse una crescita annua pari al 10.4%. L'industria registrò una crescita pari all'84% tra il 1953 e il 1961. L'elevata disponibilità di manodopera era dovuta ad un forte flusso di migrazione dalle campagne alle città e dal sud verso il nord.

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rosso (le Brigate Rosse), accompagnato da quello nero (i gruppi neofascisti come i NAR) caratterizzando quelli che furono chiamati gli anni di piombo. Con gli anni ottanta iniziano quelli che Indro Montanelli chiamerà anni di fango. La strage di impronta fascista alla Stazione di Bologna e lo scandalo della loggia massonica P2 causarono un lento declino del potere dei sindacati e della partecipazione politica, crebbe inoltre la disaffezione per i partiti.

La caduta del Muro di Berlino nel 1989 ebbe ripercussioni anche in Italia, assumendo il significato di un crollo ideale dell'alternativa al capitalismo. L'anno successivo il PCI deliberò il proprio scioglimento, costituendo una nuova forza politica che abbandonò la tradizione comunista.

Questo notevole sviluppo fu possibile anche grazie all'intervento dello Stato nell'economia che intervenne con politiche economiche di stampo Keynesiano soprattutto attraverso l'aumento della spesa pubblica e la creazione di società a partecipazione statale.

Nel 1992 le indagini di Mani pulite sul fenomeno dilagante delle tangenti (lo scandalo venne chiamato "Tangentopoli"), portarono al coinvolgimento di numerosi esponenti nazionali e locali di tutto il pentapartito che, alle elezioni amministrative del 1994, fu duramente punito dall'indignazione degli elettori. Lo scandalo decretò la fine dei tradizionali partiti di governo.

Infine, contribuì alla crescita dell'Italia un fattore esterno, cioè, la creazione del Mercato comune europeo (MEC), preceduta dalla creazione, nel 1951, della Comunità europea del carbone e dell'acciaio e la creazione della CEE nel 1957, a cui l'Italia aderì immediatamente. Con la creazione del MEC vi fu l'apertura delle frontiere europee ai commerci, col conseguente aumento delle esportazioni e degli scambi commerciali europei.

Dagli anni del secondo dopoguerra fino ad oggi, Cosa nostra, la più potente organizzazione criminale presente in Sicilia e in Italia, ha esteso il suo potere negli ambienti della finanza e della politica italiana, arrivando addirittura a corrompere uomini politici e banchieri. Tra gli anni ottanta e gli anni novanta, i giudici siciliani Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, vittime essi stesse per la causa, aiutati da valenti uomini della polizia, sono riusciti a fare arrestare i maggiori membri di Cosa nostra.

L'immagine più nota dei due giudici, Falcone e Borsellino

Nel caos politico derivato dalla disintegrazione dell'ordine precedente emergeva un nuovo partito costituito dall'imprenditore Silvio Berlusconi, Forza Italia, che si poneva come alternativa al vecchio sistema pur inglobando alcuni dei suoi protagonisti. In questa fase, definita "Seconda Repubblica", si consolida il principio del bipolarismo e l'alternanza fra i governi dei due schieramenti di centrosinistra e centrodestra: dal 1996 al 2001 i governi dell'Ulivo, dal 2001 al 2006 quelli della Casa delle Libertà, dal 2006 quello dell'Unione, una nuova coalizione dei partiti di centro-sinistra e dal 2008 quello del Popolo della Libertà

Il 1968 vide l'Italia trasformarsi radicalmente sul piano sociale, in seguito alle migliorate condizioni di vita dovute al boom economico degli anni precedenti ed al sorgere di movimenti radicali, soprattutto comunisti, di giovani e operai, che portarono profonde modifiche al costume, alla mentalità generale e particolarmente alla scuola. Negli anni settanta alcuni dei numerosi movimenti politici, sorti negli anni precedenti, si estremizzarono e degenerarono nel terrorismo


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Carta d’identità della bandiera italiana

Nome: Tr icolor e Professione: bandier a nazionale italiana Data di nascita: 14 novembr e 1794 Luogo di nascita: Bologna 18 ottobre 1796 il Senato di Bologna, deliber ava i colori della bandiera nazionale: verde, il bianco ed il rosso. 1797: impiegato presso il Parlamento della Repubblica Cispadana. 1797-1814: adottato dal Regno Italico. 1831: emblema della Giovine Italia di Giuseppe Mazzini. 1834: adottato dalle truppe che tentarono di invadere la Savoia. 1848: marzo: durante le Cinque Giornate di Milano il re di Sardegna Carlo Alberto assicura al Governo provvisorio lombardo che le sue truppe, pronte a venire in aiuto per la prima guerra d'indipendenza, avrebbero marciato sotto le insegne del Tricolore. 1848: adottato dalle milizie borboniche e papali inviate in soccorso dei Lombardi, da Venezia e dal Governo insurrezionale della Sicilia. 12 febbraio 1849: adottato dalla Repubblica Romana. 14 marzo 1861: pr oclamato il Regno d' Italia. La bandiera continua ad essere, per consuetudine il Tricolore. 24 settembre 1923: il Regio Decr eto n. 2072, lo adotta come bandiera nazionale. 2 giugno 1946: nasce la Repubblica Italiana. 1947: il Tricolore è introdotto nella Costituzione repubblicana. Il significato dei colori: Verde: color e della sper anza di un’ Italia libera e unita Rosso: color e di Bologna Bianco: color e di Bologna

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L’inno di Mameli All’inizio era una poesia, anzi una canzone che andava molto in voga tra i combattenti italiani. Con la proclamazione della Repubblica divenne l’inno ufficiale italiano (con alcuni tagli). Questo “canto degl’italiani” venne scritto a Genova nel 1847 dallo studente patriota Goffredo Mameli a vent’anni e musicato poco dopo da un altro genovese Michele Novaro. E’ una poesia d’amore e di guerra. L’impeto e la melodia ne fecero il più bello e caratteristico canto dell’unificazione. Per questo motivo Giuseppe Verdi nel suo inno alle nazioni scelse l’Inno di Mameli (e non la Marcia Reale) per rappresentare la nostra patria ponendolo accanto a God Save The Queen e alla Marsigliese. Fu dunque naturale che 12 ottobre 1946 l’Inno di Mameli diventasse l’inno ufficiale della Repubblica Italiana. Questa di seguito è la versione integrale a cui sono stati effettuati dei tagli;

Fratelli d'Italia, L'Italia s'è desta; Dell'elmo di Scipio S'è cinta la testa. Dov'è la Vittoria? Le porga la chioma; Ché schiava di Roma Iddio la creò. Stringiamoci a coorte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò. Noi siamo da secoli Calpesti, derisi, Perché non siam popolo, Perché siam . Raccolgaci un'unica Bandiera, una speme; Di fonderci insieme Già l'ora suonò. Stringiamci a coorte! Siam pronti alla morte;


LUNARFOLLIE Italia chiamò. Uniamoci, amiamoci; L'unione e l'amore Rivelano ai popoli Le vie del Signore. Giuriamo far libero Il suolo natio: Uniti, per Dio, Chi vincer ci può? Stringiamci a coorte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò. Dall'Alpe a Sicilia, Dovunque è Legnano; Ogn'uom di Ferruccio Ha il core e la mano; I bimbi d'Italia Si chiaman Balilla; Il suon d'ogni squilla I Vespri suonò. Stringiamci a coorte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò. Son giunchi che piegano Le spade vendute; Già l'Aquila d'Austria Le penne ha perdute. Il sangue d'Italia E il sangue Polacco Bevé col Cosacco, Ma il cor le bruciò. Stringiamci a coorte! Siam pronti alla morte; Italia chiamò.

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IL GATTOPARDO Il nostro intento è proporre percorsi di lettura in qualche modo legati al 150 dell’unità d’Italia Vorremmo che la lettura diventasse una passione per tutti. Un buon libro oltre ad essere un amico ci aiuta a scoprire un pezzo della nostra storia e della nostra cultura e ad apprezzarlo per quello che ha significato. Questo ci rende cittadini avvertiti e consapevoli che non si fanno facilmente manipolare. Il primo libro che proponiamo è “Il Gattopardo”, capolavoro di Giuseppe Tomasi di Lampedusa che però non vide mai la sua opera data alle stampe, essendo scomparso nel 1957, un anno prima della pubblicazione del libro. La storia si sviluppa intorno alle vicende che coinvolgono il casato nobiliare dei Salina nel periodo dei moti risorgimentali ed inizia con lo sbarco dei Mille in Sicilia e la partenza di Tancredi – nipote di don Fabrizio, il Gattopardo – che decide di seguire i garibaldini. Esauritisi i momenti più tesi delle lotte, Tancredi Falconeri raggiunge la famiglia nella residenza estiva di Donnafugata, dove conosce la bella e ricca Angelica, figlia di don Calogero Sedara – di origini ben più umili e distanti dalla nobiltà dei Salina – personaggio che rappresenta la nuova borghesia, la classe degli “arricchiti”, ma comunque degni di essere considerati, tanto che Tancredi e Angelica convolano a nozze. È questo uno dei temi fondamentali dell’opera: l’inadeguatezza di una società ancora fondata sulla nobiltà di casta e della difficoltà di affrontare il cambiamento, nonostante la consapevolezza della necessità di farlo. Inizia così la decadenza della famiglia Salina, soprattutto con il rifiuto di don Fabrizio di occupare un seggio senatorio e con la sua esasperata introspezione che lo porta a bramare la morte. Il Gattopardo muore nel 1883, lasciandosi alle spalle villa Salina, ultima vestigia dei fasti del casato, ormai vetusta e colma solo di ricordi. Il racconto è diviso in episodi, perfettamente autonomi, sebbene legati ad un personaggio principale e pervasi dal senso di decadenza e fallimento che si può ricondurre anche al tema risorgimentale e al riconoscimento della Sicilia non come terra reale, ma solo come crocevia di popoli invasori, una sorta di non luogo. Per molto tempo diversi critici letterari hanno dibattuto sulla possibilità di definire romanzo storico l’opera di Tomasi di Lampedusa, senza giungere ad una reale conclusione, ma la mancanza di una definizione in questo senso non è importante: “Il Gattopardo” resta uno strumento validissimo per comprendere lo sviluppo della società risorgimentale, le aspettative deluse della nobiltà, le speranze della nuova borghesia e la voglia di emancipazione che ha spinto certi uomini ad indossare una camicia rossa.


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Oggi, il fatto di vivere in un Paese sostanzialmente unito, è per noi scontato, ma non è sempre stato cosi, non tutti i nostri avi hanno potuto definirsi italiani, come oggi noi ci chiamiamo e sentiamo di essere (almeno per me è cosi). Per molto tempo, infatti, l’ Italia non è stata unitaria ma frazionata in tanti staterelli. Il sentimento patriottico, in Italia, comincia a svilupparsi durante i secoli XIII e XIV, quando alcuni tra i più importanti esponenti intellettuali Italiani cominciano a diffondere, tramite le loro opere, un desiderio di unione, un senso di nazione, che si radica sempre più nella popolazione del tempo. Ma l’unificazione fu tutt’ altro che semplice; all’ interno dell’ Italia vi era ancora l’ influenza austriaca, e erano molte regioni sotto dominio straniero, e molte erano le idee di nazione che si confrontavano tra di loro. Si possono individuare alcuni personaggi di spicco, come ad esempio Giuseppe Mazzini, che aveva idee patriottiche e voleva uno stato unitario e repubblicano. A causa delle sue idee dovette espatriare a Marsiglia, dove fondò la Giovine Italia, un movimento che voleva raccogliere e sfruttare le spinte patriottiche. I suoi sforzi, però non ebbero esiti positivi, e fallirono a causa della poca organizzazione degli aderenti al movimento. Come conseguenza del suo fallimento, si ebbe quello che viene chiamato il biennio delle riforme (1846-48), che furono attuate da molti governi, e soprattutto, si misero in luce alcuni esponenti di un pensiero politico liberale più moderato rispetto al modello di Mazzini. Uno degli avvenimenti più importanti di questo periodo, è la promulgazione, da parte di Carlo Alberto, dello statuto albertino il 4 Marzo 1848. Negli anni 1847- 8, si ebbe quella che venne chiamata Primavera dei Popoli, nella quale una serie di rivolte in tutta Europa,

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sconvolse gli equilibri politici e modificò le alleanze. In Italia, il regno delle due Sicilie si fece promotore dell’ Unità, e la prima insurrezione in tal senso si ebbe con la Prima guerra d’ Indipendenza e con le Cinque Giornate di Milano. In questo periodo entrò nel governo piemontese Camillo Benso conte di Cavour, che divenne primo ministro, e che è considerato il promotore della idea di unione e di nazionalità. Il fallimento delle idee mazziniane lasciò spazio alla nascita, in Piemonte, della Società nazionale italiana. Nel biennio 1859-60, si ebbe la seconda guerra d’Indipendenza, caratterizzata dall’ alleanza fra Francia e Regno di Sardegna. La guerra si concluse con la ritirata dei francesi, e Cavour colse l’ occasione per fare un accordo con Napoleone III; che prevedeva la cessione alla Francia della Savoia e di Nizza, in cambio dell’ annessione di Emilia Romagna e Toscana al regno di Sardegna. La spedizione decisiva, fu quella dei mille di Garibaldi, con la quale vennero annesse Umbria e Marche, grazie ai contadini Sardi che si scontrarono con lo stato Pontificio a Castelfidardo; nel frattempo, in Sicilia, in nome di Garibaldi, venne vinta la battaglia di Calatafimi e fu conquistata Palermo. Solo a questo punto si poterono unire regioni del Nord e del Sud, incluso il Regno delle due Sicilie a quello che venne chiamato Regno d’ Italia. Il 21 ottobre 1860 fu formalizzato tramite referendum, che il nuovo Regno avrebbe avuto come guida la casa dei Savoia, e il 17 marzo 1861, Vittorio Emanuele II fu proclamato re d’ Italia, e Torino fu la nostra prima capitale, poi spostata a Firenze e infine, nel 1871, quando ormai l’ unificazione era definitivamente completata, Roma divenne la capitale d’Italia.. Non fu un processo semplice arrivare a quella che noi oggi chiamiamo Italia. E che è la nostra patria,.Quest’anno l’Italia compie 150 ANNI di UNIONE. Ci auguriamo di poter festeggiare l’anniversario della nostra Patria ancora e ancora e ancora. Matteo Cusato


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