Anno 18 Numero 5
Le nostre orecchie sono sempre aperte sul mondo. L’udito, fra tutti i sensi, è quello più idoneo ad arricchire la mente di nuove conoscenze. E’ per questo che lo usiamo tanto a scuola. Il pensiero trova infatti nel suono, ossia nella parola, la sua principale fonte di espressione. L’udito poi sancisce il legame sociale in quanto intende la voce umana e raccoglie la parola dell’altro. E’ depositario del linguaggio e permette di intendere, di capire. L’orecchio è allora l’organo mediante il quale il mondo viene conosciuto, compreso, apprezzato. Ogni suono è in qualche modo associato all’oggetto che lo provoca, ne costituisce la traccia sensibile, permette la comunicazione di cose e di idee. Ci rende solidali col mondo, mentre la vista lo tiene lontano, come su un palcoscenico. L’udito penetra al di là dello sguardo, popola il mondo di presenze, accoglie il passato e lo colloca nel presente sotto forma di cultura, permette di introdurre in noi i linguaggi della natura e ci emoziona con la sublime ricchezza della musica. Il suono, come l’odore, rivela l’al di là delle apparenze, costringe le cose a recare testimonianza della loro presenza anche quando sei ad occhi chiusi, lascia spazio all’attesa e la sua
I.I.S. LUNARDI - BS
trama è data dallo scorrere del tempo che diventa speranza. Allora l’udito è il senso dell’apprendimento, della sonorità del mondo, dell’interiorità che porta il mondo dentro di noi. Allora è importante ascoltare, interiorizzare, assorbire…. Come la spugna che si imbeve in ogni sua cellula e poi ridona quando è necessario. La Redazione
Marzo 2010
IN QUESTO NUMERO: Le novità della riforma pag. 3 Intervista al Preside pag. 6 Abravanel pag. 8 Viaggi Addio pag. 9 La scala di cristallo pag.10 Stampa studentesca pag.11 Allarme Alcool pag.15 Zacumi amaro pag.17 Via secondo me pag.18 Carburanti del futuro pag.20 Giustizia... pag.21 Primo bacio pag.22 Pianeta Musica pag.23 Pozzo Lunardi pag.24
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LUNARFOLLIE Credo di non aver dismesso
ALTROVE La solitudine è ascoltare il vento e
non poterlo raccontare a nessuno. (Jim Morrison) E' molto pericoloso ascoltare. Se
si sta ad ascoltare si può farsi convincere, e un uomo che si lascia convincere da un'argomentazione è una persona assolutamente irragionevole. (Oscar Wilde) Se dovessi ricominciare a vivere
la mia vita, adotterei come regola quella di leggere della poesia e di ascoltare della musica almeno una volta alla settimana, poiché, forse le parti del mio cervello ora atrofizzate sarebbero mantenute attive dall'uso. (Charles Darwin) Il grande segreto del recitare è
ascoltare la gente (Eli Wallach) La televisione è un mezzo di in-
trattenimento che permette a milioni di persone di ascoltare contemporaneamente la stessa barzelletta, e rimanere ugualmente sole. (Thomas Stearns Eliot)
REDAZIONE Archiati Elisa 4° L Ballini M. Chiara 1° Q Bettoni Alice 5° A Bozza Ylenia 4° L Brandolino Simona 1° Q Brotto Ilaria 1° Bua Federica 5° H Busi Andreas 5° F Cazzago Leonardo 5D Coletti Michela 1L Colombo Erica 2° L Crescini Marta 3° L Cusato Matteo 3° F Dafir Kenza 5° E Delle Fave Marco 2G De Vito Andrea 1° F Galati Valeria
mai l'abito del magistrato, che mi ha condotto a tentare di dare ai problemi politici un'inquadratura logica, a non chiudermi nella faziosità del particolare, ad ascoltare le ragioni dell'avversario, a riconoscerne, se del caso, la validità. E' questo uno dei motivi della mia non troppo brillante carriera politica. (Aldo Bozzi)
Ascoltare nell'altro ciò che gli fa
male di se stesso. Cercare di capire quel che sta sotto il suo cuore. E a poco a poco, anche in una terra travagliata dalle prove, si percepisce la speranza di Dio, o almeno la bella speranza umana. (Frere Roger)
La moltitudine è sempre pron-
Non si troverà mai la pace inte-
riore fino a quando non si imparerà ad ascoltare il cuore. (George Michael) Il bello della democrazia è pro-
prio questo: tutti possono parlare, ma non occorre ascoltare. (Enzo Biagi)
Sapeva ascoltare, e sapeva
I registi ad ogni film vedono
anche per gli altri. E' un atto di grande responsabilità. Si possono anche mettere i paraocchi per gli altri. Il regista non fa solo vedere, ma fa vivere una storia, fa ascoltare musica. Il film è un'esperienza molto complessa dove vedere è ovviamente determinante, ma anche ascoltare, sentire. (Wim Wenders)
Di Crescito Davide 4° L Govi Alessandra 3° F Guatta Samantha 1° BL Guidi Laura Krilova Daria 5° G Lanari Dayana 5° B Laudati Carla Lupoi Veronica 5° B Martinazzoli Lino Mattei Clarissa 1° BL Mattei Giuseppe Migliorati Elisa 3° L Mori Alice 1° BL Mucci Nadia 3° L Novali Chiara 4° F Noventa Milena 2° L Paoluzzi Miriam 5° B Pietroboni Silvia 1 L
ta ad ascoltare l'uomo forte, che sa imporsi a lei. Gli uomini riuniti in una folla perdono tutta la forza di volontà e si rimettono alla persona che possiede la qualità che ad essi manca. (Gustave Le Bon) leggere. Non i libri, quelli son buoni tutti, sapeva leggere la gente. I segni che la gente si porta addosso. (Alessandro Baricco) Parlare è da stupidi, tacere è
da codardi, ascoltare è da saggi. (Carlos Ruiz Zafón)
Pini Sara 5° B Preda Claudia 3° F Rossetti Francesca 1° BL Scardavilli Sara 2° F Schiano Rebecca Tolotti Michele 1 I Tomasoni Marta 1BL Lunarfollie viene pensato, prodotto, stampato e distribuito presso il CIMP dell’ IIS “A. LUNARDI” via Riccobelli, 47 - 25125 Brescia Tel. 030/2009508/9/0 Fax 030/390996 lunarfollie@lunardi.bs.it
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In questo numero proviamo a mettere a fuoco le principali nodi della riforma Gelmini con le sue luci e le sue ombre. Si tratta di problemi che riguardano tutti perché hanno a che fare con il nostro futuro. 1. Che fine fa l’autonomia scolastica? L’impressione è che sia ridotta a scaricabarile. Le scuole non conoscono ancora le linee guida in base alle quali i docenti dovranno predisporre le competenze, le abilità e le conoscenze che costituiscono l’insieme degli obiettivi da raggiungere. Ci chiediamo chi aggiornerà il personale docente e direttivo stanti i tempi ristretti e la mancanza di risorse? 2. I programmi e i libri di testo che verranno utilizzati ci sembrano in forte ritardo. Dovrebbero essere già pronti, in realtà siamo ancora in alto mare. 3. Il personale docente: ci sembra che vi sono dubbi su chi insegnerà cosa, sul numero e sull’utilizzo dei docenti che si ritroveranno senza o con poche classi, sull’attivazione di insegnamenti integrativi (che non siano scontati) o aggiuntivi con le ore di flessibilità. Il taglio con-
In particolare, nell’ambito del settore economico sono previsti due indirizzi: 1. Istituto tecnico per amministrazione, finanza e marketing 2. Istituto tecnico per il turismo
sistente di ore creerà certamente problemi di composizione delle cattedre. Veniamo a noi . Per gli Istituti tecnici i settori previsti sono due: a)quello tecnico – economico b) quello tecnico – tecnologico
Le ore settimanali previste sono 32. La riforma partirà con il prossimo anno scolastico. Siamo quindi in forte ritardo. Se a questo aggiungiamo che ci sarà un taglio alle risorse destinate alla scuola (già in atto), una forte riduzione del personale e un aumento del numero di alunni per classe ci sembra, almeno per ora e per quello che riusciamo a comprendere, che siano più le ombre che le luci che emergono dalla riforma Gelmini. Attivarci per rivendicare i nostri diritti, chiedere che non venga sempre penalizzata la cultura nè la formazione pensiamo sia un nostro preciso dovere. Nelle tabelle della pagina successiva possiamo vedere come saranno distribuite le ore nei cinque anni di corso.
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BIENNIO COMUNE AMMINISTRAZIONE FINANZA E MARKETING STRUTTURA
1 BIENNIO
MATERIE Italiano Inglese Storia Matematica Diritto Economia Scienze Integrate (Scienze della Terra e Biologia) Scienze Motorie e Sportive Religione Scienze Integrate (Fìsica) Scienze Integrate (Chimica) Geografìa Informatica Seconda Lingua Comunitaria Economia Aziendale TOTALE
I 4 3 2 4 2 2 2 1 2
II 4 3 2 4 2 2
TRIENNIO AMMINISTRAZIONE FINANZA E MARKETING
TRIENNIO RELAZIONI INTERNAZIONALI
1 2 3 2 3 2 32
3 2 3 2 32
STRUTTURA
2 BIENNIO
5 ANNO
STRUTTURA
2 BIENNIO
5 ANNO
MATERIE Italiano Inglese Storia Matematica Scienze Motorie e Sportive Religione Seconda Lingua Comunitaria Informatica Diritto Economia Politica Economia Aziendale TOTALE
III 4 3 2 3 2
IV 4 3 2 3 2
V 4 3 2 3 2
III 4 3 2 3 2
IV 4 3 2 3 2
V 4 3 2 3 2
1 3
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MATERIE Italiano Inglese Storia Matematica Scienze Motorie e Sportive Religione Seconda Lingua Comunitaria Terza Lingua Straniera Economia Aziendale e Geo Politica Diritto Relazioni internazionali Teconologia della Comunicazione TOTALE
2 2
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2 3
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TURISMO STRUTTURA MATERIE Italiano Inglese Storia Matematica Diritto Economia Scienze Integrate (Scienze della Terra e Biologia) Scienze Motorie e Sportive Religione Scienze Integrate (Fìsica) Scienze Integrate (Chimica) Geografia Informatica Seconda Lingua Comunitaria Terza Lingua Straniera Economia Aziendale Discipline Turistiche Aziendali Geografia Turistica Diritto Legislazione Turistica Arte e Territorio TOTALE
1 BIENNIO I II 4 4 3 3 2 2 4 4 2 2 2 2 2 2 1 1 2 2 3 3 2 2 3 3 2
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LICEO LINGUISTICO Materie Lingua e letteratura italiana Lingua Latina Lingua e cultura straniera 1 * Lingua e cultura straniera 2 * Lingua e cultura straniera 3 * Storia e Geografia Storia Filosofia Matematica ** Fisica Scienze Naturali *** Storia dell’Arte Scienze Motorie e Sportive Religione TOTALE
I 4 2 4 3 3 3
II 4 2 4 3 3 3
III 4
IV 4
V 4
3 4 4
3 4 4
3 4 4
2 2 3 3 2 2 2 2 2 2 2 2 2 1 1 1 27 27 30
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2 2 2 2 2 2 2 1 30
2 BIENNIO III IV 4 4 3 3 2 2 3 3
5 ANNO V 4 3 2 3
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* Sono comprese 33 ore annuali di conversazione col docente di madre lingua. ** Con informatica al 1° biennio *** Biologia, chimica e scienze della terra. NB= Dal primo anno del secondo biennio è previsto l’insegnamento in lingua straniera di una disciplina non linguistica (CLIL), compresa nell’area delle attività e degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti o nell’area degli insegnamenti attivabili dalle istituzioni scolastiche nei limiti del contingente di organico ad esse assegnato, tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie. Dal secondo anno del secondo biennio è previsto inoltre l’insegnamento, in una diversa lingua straniera, di una disciplina non linguistica (CLIL), compresa nell’area delle attività e degli insegnamenti obbligatori per tutti gli studenti o nell’area degli insegnamenti attivabili dalle istituzioni scolastiche nei limiti del contingente di organico ad esse assegnato, tenuto conto delle richieste degli studenti e delle loro famiglie.
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D. La riforma Gelmini toccherà anche noi. Si parla di una sorta di liceizzazione della scuola italiana e non si capisce che fine farà il Lunardi. Può spiegarci cosa concretamente ci aspetta dal prossimo anno. Che fine farà l’attuale liceo? risposta R. Questa mia risposta arriva un po’ tardi, in quanto ormai “i giochi sono fatti”. In ogni caso … repetita iuvant! Tutti hanno avuto notizia tramite i mezzi di informazione sulla ricaduta di questi decreti sulla nostra scuola e, in definitiva, sulla vita dei nostri studenti. Innanzitutto è opportuno precisare che le novità riguarderanno gli studenti che si iscriveranno alla classe prima nell’anno scolastico prossimo, perciò gli studenti attualmente iscritti al Lunardi (dalla classe prima alla classe quinta) possono stare tranquilli perché non ci sarà nessuna conseguenza: tutti i corsi proseguiranno fino al diploma secondo i programmi e gli indirizzi in atto attualmente. Per fare un esempio: chi frequenta la classe prima dell’indirizzo ERICA proseguirà con lo stesso indirizzo fino al diploma, lo stesso dicasi per chi frequenta l’indirizzo STA, PNI o il liceo. Per questi ultimi, addirittura, la situazione è migliorata in quanto la certezza della presenza del liceo linguistico darà stabilità a tutti i docenti attualmente presenti e, agli studenti, l’opportuna continuità didattica. L’unica novità apportata dalla riforma consisterà nella riduzione delle ore di lezione: tutti i corsi saranno di 32 ore settima-
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nali, contro le attuali 35 o 36. Come si può notare, nell’ambito della nuova scuola italiana il Lunardi mantiene l’identità che si era costruita negli anni: una scuola che prepara i giovani in campo economico -linguistico. È opportuno riconoscere ai decisori politici, in primo luogo al MIUR ed al Parlamento, ma anche all’assessore provinciale Peli, la disponibilità ad ascoltare le richieste della “scuola militante” e degli operatori scolastici; disponibilità che ha portato all’introduzione dell’indirizzo “Relazioni internazionali”, che recupera l’esperienza dell’ERICA (in un primo momento addirittura eliminato!) ed all’assegnazione del Liceo Linguistico. Preme sottolineare che questo risultato è stato conseguito grazie alla partecipazione appassionata di tutte le componenti scolastiche, in primo luogo dei rappresentanti dei
genitori i quali, unitamente ai docenti, che hanno fornito anche la necessaria consulenza scientifica, in più occasioni (ed a diversi livelli) sono intervenuti per far valere le nostre ragioni. Ora ci aspetta una stagione molto laboriosa: nei prossimi mesi dobbiamo riconfigurare l’offerta formativa dell’istituto per adeguarla ai nuovi obiettivi. Si tratta di ingegneria istituzionale (riconfigurare i corsi di studio) ma anche, e soprattutto, di pedagogia e didattica (rimodulare i programmi di tutte le materie). Non sarà facile: sarà necessaria la collaborazione disinteressata di tutti: docenti, genitori, studenti e personale ATA, per rinnovare quel periodo esaltante dei primi anni novanta, quando furono introdotti il PNI, l’ERICA e lo STA (allora chiamato LAG) D. La scuola deve trasmettere saperi ma anche valori.
LUNARFOLLIE Qual’é la sua idea di scuola e in essa quale ruolo chiede a noi studenti? R. la scuola deve essere una “comunità educante”, nella quale tutte le componenti apportano il loro contributo, nel rispetto reciproco. Ai docenti spetta trasmettere la loro “scienza” alle generazioni future. Gli studenti devono saper esplicare il loro “protagonismo”, coscienti che senza una guida autorevole rischiano di disperdere tutte le loro energie. D. Si parla molto di qualità dell’insegnamento, di eccellenza nella costruzione del proprio sapere e saper fare. Qual è la sua concezione al riguardo? R. la risposta mi porterebbe molto lontano. Se ci limitiamo alla nostra scuola, posso garantire che tutto il nostro personale è alla costante ricerca di migliorare la qualità del servizio reso agli studenti. Per quanto mi riguarda, il mio impegno costante è rivolto a mantenere alta la qualità delle strutture (laboratori, strumenti, spazi, organizzazione), perché sono convinto che la qualità dell’insegnamento dipenda anche dalla disponibilità di laboratori e strumenti all’altezza delle aspettative delle famiglie. D. Ci potrebbe dire le tre cose più importanti che chiede a noi studenti? R. amore per lo studio rispetto per l’ambiente speranze per il futuro D. Che ne pensa di Lunarfollie? Lei lo legge? R. la presenza (e la sopravvi-
7 venza!) di un giornale come il Lunarfollie mi stupisce ogni giorno. Mi chiedo: “come è possibile che un giornale interamente redatto e gestito da studenti possa uscire regolarmente, ogni mese, da oltre 18 anni?”. L’unica risposta possibile è la constatazione che, lungo gli anni, il Lunardi ha saputo creare una vera “comunità educante”, nella quale gli stu-
denti dimostrano serietà, capacità di prendersi responsabilità e mantenere gli impegni assunti, amore per questa scuola e grande capacità di discussione sui temi più caldi del momento. Ovviamente va dato merito anche ai docenti che hanno coordinato il lavoro in tutti questi anni: senza di loro il progetto sarebbe naufragato in poco tempo.
A Mio Padre
Ciao papà, ti vedo stanco sarà la sera che ti cade addosso, oppure gli anni che si fan sentire. E' strano come le montagne si inchinino al passaggio della vita, lasciando cadere a valle, le sue rocce sgretolatesi nel tempo. Li hai passati tutti i tuoi momenti, restando sempre attento ai tuoi presenti, e restare con lo sguardo al tuo passato di cui a noi figli molto hai dedicato. Mi hai fatto grande ma non solo fuori, io di te ho molto dentro. Quel che è stata la tua vita per contarla non bastan le dita di tutta quella gente che ti ha visto crescere e lottare contro la tua sorte. Starei una vita a raccontarmi di te, che oggi mi guardi con lo sguardo di un bambino e con il coraggio darebbe la sua vita, per farti vivere, la tua, un pò di più. grazie papà.
Giammarco de Vincentis
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Abravanel: la qualità della scuola è più urgente della disciplina Non è il caso del Lunardi ma la tentazione di usare il cinque in condotta per “normalizzare” gli studenti, cioè per renderli docili e ubbidienti sta spopolando in tutta Italia. E’ uno dei primi frutti della riforma Gelmini. Noi siamo per una scuola che metta al centro la persona dell’alunno, che stimoli la creatività, che creda nel valore non funzionale ma gratuito del sapere. Tutti possono sbagliare, ma in questo caso meglio i lavori socialmente utili (linea adottata dalla nostra scuola) che uno stupido e umiliante 5 in condotta. Riportiamo una intervista a Abravanel che ha studiato il problema. «Abravanel, il cinque in condotta è un segnale di scuola che funziona, seria, rigorosa o, invece, è un segnale di fallimento?». «A mio parere è un dibattito inutile, questo sul cinque in condotta. Discutiamo del tema sbagliato, non importa sapere se e quanto è aumentato il ricorso alle insufficienze in condotta. Stiamo assistendo a una querelle che è emblematica del disinteresse per la scuola pubblica italiana, sia da parte della maggioranza che dell’opposizione. Tornare a dare il voto per la disciplina
ha un senso ma non risolve nulla del problema spaventoso che riguarda la scuola italiana e quindi il Paese». Roger Abravanel, autore di “Meritocrazia, quattro proposte concrete per valorizzare il talento e rendere il nostro Paese più ricco e più giusto” (Garzanti), interviene sulla disputa del giorno
Che cosa succede? «Dobbiamo valutare la scuola e gli studenti dovremmo utilizzare i test, per misurare la capacità di comprensione dei nostri ragazzi dal momento che le verifiche Ocse-Pisa hanno dimostrato che la nostra scuola va malissimo, soprattutto al Sud. Nel problem solving, ossia nel ragionare anche di tipo pratico, nell’uso dei numeri per comprendere grafici o altro, o nella lettura, i nostri studenti si sono dimostrati un disastro. Verso i test nazionali e
standardizzati abbiamo infinite resistenze, la sinistra è notoriamente contraria, mentre la destra si concentra sui tagli». Perché tante resistenze? «Il rendimento degli alunni permette di misurare la qualità degli insegnanti, ecco perché i sindacati si schierano contro, temono i licenziamenti. Però sbagliano, valutare i ragazzi, e quindi i loro insegnanti, può servire a formare meglio i docenti. Comunque per i test qualche cosa si muove. Ho proposto al ministro una iniziativa intitolata “Pqm”, Progetto qualità e merito”. Come mai non ne sappiamo nulla? «Lo chieda alla Gelmini, per parte mia posso dire che con un gruppo di docenti abbiamo selezionato 450 scuole medie, al primo anno abbiamo fatto test per la matematica, guidati da professori della materia. Questi professori sono stati distaccati per insegnare agli insegnanti ad insegnare meglio. A maggio ripeteremo i test. La scuola ha un valore strategico, questo è importante, non la querelle sul 5 in condotta».
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“LE GITE E GLI STUDENTI INCONTROLLABILI: I PROF DICONO BASTA!” ADESSO INVECE DICIAMO BASTA NOI
Quanto emerge da un articolo pubblicato da una certa Annachiara Sacchi fa sembrare le gite scolastiche dei bordelli, con tanto di sbronze e droghe, e parla di diversi preoccupanti episodi. Come al solito ci troviamo davanti un’altra giornalista che fa sembrare noi studenti delle strane macchine da sesso sempre alla ricerca di questo tanto nominato sballo. Ci descrivono come una generazione ormai allo sbando che non fa altro che ubriacarsi dalla mattina alla sera, dipendere da un numero infinito di droghe, sia leggere che pesanti, e ricercare solo ed esclusivamente rapporti sessuali senza amore. Al giorno d’oggi siamo pieni di tutti questi esperti che non fanno altro che parlare male di noi e quindi terrorizzare i nostri genitori. Siamo pieni di psicologi e psichiatri che cercano di spiegarsi le cause del “tunnel” in cui credono ci siamo infilati. Ma sarà dav-
vero così? Noi ragazzi siamo tutti alcolizzati e drogati? Beh, sinceramente non mi pare proprio. Ho deciso di scrivere quest’articolo a nostra difesa, perché ormai pare che ci stiamo arrendendo all’idea che la società si è fatta di noi. Invece si sbagliano! È pieno il mondo di bravi ragazzi che si impegnano, lottano e ce la mettono tutta per realizzare i loro sogni. Tutti però parlano male di noi e hanno pregiudizi esagerati, incentivati dalle idee diffuse dai mass media. Ci sono sempre stati, in ogni generazione, ragazzi sbandati, senza ideali né sogni. Ma, mai, come sta succedendo a noi, ci si è trovati davanti ad un’infamazione di massa. È ora di dire basta e far capire veramente chi siamo! Gli episodi citati da questa Annachiara Sacchi, risultano preoccupanti, ma, come al solito, sembra si faccia di tutta l’erba un fascio. Nel suo articolo intervengono vari presidi
e insegnanti, di scuole e licei milanesi, per parlare delle loro esperienze durante le gite scolastiche. Si parla di studenti ingestibili che vanno in gita solo per far liberamente uso di sostanze e dar sfogo ai propri istinti sessuali repressi, come se certa gente avesse bisogno di andare in gita per far certe cose! Si parla di una studentessa tornata incinta dopo una gita ad Amsterdam, un ragazzino ubriaco in spiaggia e compagni che fanno a botte coi coetanei. La situazione è preoccupante e subito si è pronti ad eliminare il problema alla radice: «sta con le gite scolastiche!» dicono. I professori non vogliono prendersi le responsabilità, ma non lo ammettono, dicendo di non poter andare in gita per motivi di famiglia. Propongono perverse soluzioni, tipo chiudere gli studenti in camera, senza ottenere poi alcun risultato visto che ci sono le finestre per scappare. I presidi propongono soggiorni in famiglia, per avere maggior controllo. Sembra, insomma, di essere di fronte ad uno scenario da Bronx. Noi ragazzi non siamo più nemmeno esseri umani, ormai. Siamo bestie feroci di cui aver paura. Ma che, stiamo scherzando? E quelli più vecchi di noi che erano tutti santi? Si sta dif-
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fondendo una strana atmosfera nell’aria. La “generazione X” ci chiamano, quella senza ideali né valori. A me però pare che siete voi giornalisti che state diffondendo quest’idea generalizzata su di noi. Non nego che ci sono “cattivi” elementi fra di noi, ma quale generazione, quale epoca della storia, non ne ha conosciuti? Anzi, probabilmente, c’è stata gente molto, ma molto peggio di noi. Cosa siamo, gli ebrei del nuovo millennio? Il nuovo capro espiatorio? Ma fateci il piacere, lasciateci in pace. Mi rivolgo a voi giornalisti: perché non fate qualche articolo sugli elementi che ci sono in Parlamento e non ci lasciate stare? Probabilmente girano più cose strane là dentro, che nelle nostre gite scolastiche! Sono profondamente indignata e stanca di sentire questi giudizi universali. Se fossero tutte vere le cose che dicono su di noi ci sarebbe davvero da preoccuparsi dato che, fino a prova contraria, siamo noi il futuro! Invece potete stare tutti tranquilli, c’è ancora qualche elemento sano fra noi, sperando che non impazzisca prima del tempo e diventi come voi! Veronica Lupoi 5 B
Riflessi nello specchio “La scala di cristallo” Bene, figliolo, voglio dirti una cosa la vita per me non è stata una scala di cristallo. Ci furono chiodi e schegge e assi sconnesse e tratti senza tappeti sul pavimento. Ma per tutto il tempo ho continuato a salire e ho raggiunto pianerottoli voltato angoli e qualche volta ho camminato nel buio. Quindi, ragazzo, non tornare indietro. Non fermarti sui gradini perche' trovi che salire e' difficile. Non cadere adesso perche' io vado avanti. Sali con me... La vita per me non è stata una scala di cristallo. Di Huges
Trovo questa poesia molto significativa e bella, perchè parla di affetto, di speranza, di coraggio e forza. Hughes nonostante testimoni che la vita è stata difficile,che abbia attraversato momenti bui e faticato, cerca di infondere forza al ragazzo, che sta salendo la sua stessa scala, dicendogli di non fermarsi, di non demoralizzarsi, perchè salendo può raggiungere i suoi sogni. Ci sono delle soluzioni, dei motivi per continuare a salire nonostante le difficoltà, anche se gli occhi non vedono vie d'uscita, altri occhi forse la percepiscono. Quindi cerchiamo di non scoraggiarci, cerchiamo di non vedere solo i gradini, ma l'intera scala, la meta. Cerchiamo, anche se con fatica, di raggiungere quei piccoli pianerottoli che portano ai nostri desideri... E se la fatica è grande tendiamo la mano a chi sale la nostra stessa scala, qualche gradino più su. Ci aiuterà per un attimo. Continueremo con le nostre forze quando le difficoltà troppo grandi saranno superate ed avremo ripreso fiato per continuare la nostra salita. (E se questo era il pensiero di Hughes, possiamo fidarci). Ilaria Brotto 1 A
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XVII CONVEGNO NAZIONALE - NOI PRESENTI DA SEDICI ANNI Siamo partiti per Torino venerdì 5 marzo. Eravamo in tanti perchè con la redazione di Lunarfollie c’erano altri amici del Castelli, del Leonardo. Del Canossa, del Pascal di Manerbio, del don Milani di Montichiari. Oltre a una rappresentanza di studenti universitari . In tutto 54 persone impegnate a fare giornalismo studentesco nelle scuole di appartenenza. Scopo del viaggio era partecipare al XVII Convegno Interregionale della stampa studenteca sul tema: “Giovani, stili di vita, sostenibilità”. Sono 17 anni che ci si trova e noi partecipiamo da 16. Il Convegno si è tenuto per due volte a Brescia. Arrivati a Torino ci siamo sistemati all’Ostello OPEN 11, moderno e confortevole. Il mattino seguente di buon mattino ci siamo recati nell’aula magna del Politecnico di Torino, sede del Convegno. Qui abbiamo vissuto una intensa giornata di confronto. Eravamo 400 in rappresentanza di 70 redazioni. Tra le tante riflessioni ci ha colpito quella di Davide Mattiello, rappresentante di Libero che ci ha fortemente stimolato alla partecipazione attiva nella scuola e nelle istituzioni perchè prevalga mon il peggio che possiamo chiamare “spirito mafioso” ma il meglio di noi giovani che rappresentiamo il futuro.Nel pomeriggio abbiamo lavorato in 14 Commissioni
che hanno prodotto un interessante documento finale che proponiamo alla riflessione di tutti. DOCUMENTO FINALE APPROVATO DALL’ASSEMBLEA DEI PARTECIPANTI AL 17° CONVEGNO INTERREGIONALE DELLA STAMPA STUDENTESCA TORINO, 6 MARZO 2010 Premessa Oggi 6 marzo 2010 si è svolto a Torino il 17° Convegno interregionale della stampa
studentesca sul tema “Giovani, stili di vita, sostenibilità – Il contributo dei giornali studenteschi all’evento Torino 2010”. Alla conclusione dei lavori , noi 400 studenti e insegnanti partecipanti, rappresentanti di 70 redazioni di testare di Istituto di Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana, Liguria, Sardegna con questo documento vogliamo esporre alcune considerazioni. 1 - Natura del documento Abbiamo optato per un documento/testimonianza, un do-
12 cumento orientato all’impegno, che esprima quanto già facciamo e quanto intendiamo fare per favorire l’affermarsi di stili di vita capaci di promuovere una crescita più umana e responsabile della società in cui viviamo. Abbiamo cioè voluto applicare i concetti di stile di vita e di sostenibilità innanzitutto alla sfera della personalità e dei rapporti con gli altri (paragrafi 2 e 3), all’ambito delle risorse naturali e delle condizioni da garantire per la loro salvaguardia (paragrafo 4), alla ricerca dello “star bene” con noi stessi,con gli altri, nelle istituzioni e nell’ambiente. 2 – La realtà dei nostri Convegni Nell’ormai lunga storia degli annuali Convegni interregionali (giunti alla 17a edizione) abbiamo colto aspetti che connotano stili di vita autentici e conformi alla nostra sensibilità: - Protagonismo e dialogo intergenerazionale. Due rischi sono stati evitati: il passivo coinvolgimento dei giovani in strategie eterodirette e l’aprioristico rifiuto giovanile di progettare ed agire con gli adulti. In termini di stili di vita: no alla strumentalizzazione, no al silenzio tra le generazioni. - Collaborazione. Città di Regioni diverse hanno unito impegno e risorse per realiz-
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zare ogni anno un evento che non ha riscontri nel nostro Paese. Collaborazione dunque, non individualismo, non campanilismo. - Confronto. Far e insieme non elimina il confronto. In particolare il lavoro nelle Commissioni ci ha consentito di mettere in comune esperienze ed idee diverse, talora anche divergenti, che hanno rispecchiato le peculiarità dei percorsi personali, legate anche alle differenti identità dei territori e delle scuole di provenienza. Dunque: stile del confronto, dell’apertura e del dialogo. Di fronte a tanti segnali ed episodi di incomprensione e di esclusione presenti nella società, noi, giovani d’oggi, vogliamo essere la generazione del dialogo, quel dialogo che è capace di dare vita al futuro. In questa prospettiva non rinunciamo a sperare che possa essere accolta al più presto dal Ministero la proposta emersa nel precedente Convegno di Alessandria (20 febbraio 2009): convocare a Roma un
Convegno nazionale della stampa studentesca che, un quindicennio dopo quello tenuto nel 1995, dia uno spazio ancor più ampio all’incontro e al confronto tra quanti, studenti e insegnanti, dedicano impegno e passione, nelle scuole, alla redazione dei giornali. - Apertura culturale. Numer osi sono stati i temi di volta in volta affrontati nei nostri Convegni. Dalla discussione, così come dai contributi di esperti e testimoni, abbiamo ricavato stimoli per la nostra crescita e apertura mentale, per l’acquisizione di un’attitudine critica che contrasta con la piattezza e superficialità culturale in cui spesso ci imbattiamo in diversi ambienti. - Professionalità. Ha sempre avuto spazio il confronto sul nostro lavoro di redattori. Validi esperti ci hanno guidato nella riflessione sui meccanismi del giornale, sul rapporto giornalismo–verità, sulle nuove frontiere della telematica. Stimoli efficaci che ci hanno indirizzato ad un giornalismo competente, non improvvisato, scandalistico o disimpegnato, e che ci hanno fornito spunti e strumenti critici nei confronti di un utilizzo dei massmedia non funzionale alla promozione dell’uomo. - Impegno per la scuola. I Convegni hanno fatto incontrare migliaia di studenti e insegnanti provenienti da 13 Regioni, impegnandoli su
LUNARFOLLIE temi che, anche quando non sono stati esplicitamente centrati sulla scuola, sui suoi problemi e sui suoi cambiamenti, hanno consentito loro di approfondirne la conoscenza, di avanzare proposte costruttive di miglioramento e di scambiare significative esperienze educative. Questo non può che giovare ad una Istituzione che continua a manifestare un notevole deficit a livello comunicativo e in cui si coglie la tendenza a non tener conto del punto di vista dell’altro, soprattutto dello studente. - Impegno per la socialità e la legalità. La passione civile, che ha sempre animato i nostri appuntamenti annuali, si è particolarmente espressa allorché nel 15° Convegno (2008), in occasione del sessantesimo anniversario della sua entrata in vigore, abbiamo riflettuto sulla nostra Costituzione, vista come garanzia di un sano vivere democratico ispirato alla giustizia e alla solidarietà.
13 3 – Il nostro impegno nelle redazioni delle testate di Istituto. Troppo spesso il mondo giovanile viene letto in modo distorto da una stampa e da una gestione della politica non interessati ad elaborare un costruttivo punto di vista sui giovani.
Si procede pertanto per slogan, per sensazioni, dilatando soprattutto gli aspetti negativi e ignorando tutto il positivo che i giovani sanno esprimere. Alla costruzione di questo positivo noi riteniamo di partecipare. Pensiamo infatti che la presenza nelle scuole delle nostre redazioni costituisca, per i redattori e per i lettori, nonostante limiti e difficoltà, uno stimolo ad apprezzare e adottare stili di vita più autentici, se-
gnali della nostra ricerca di un mondo più sostenibile e più maturo. I nostri giornali infatti danno testimonianza: - di senso di appartenenza: in un ambiente spesso disgregato e distratto, la redazione è un gruppo che tesse relazioni nella sua scuola e che sente di appartenerle e perciò non è indifferente ai suoi problemi, ma se ne fa carico. No ad una frequenza della scuola individualistica ed utilitaristica, no alla fretta di chi non vede l’ora di andarsene, no a chi non costruisce alcun legame e non si assume alcuna responsabilità; - di impegno progettuale, che chiama in campo inventiva, lavoro, creatività, sentimento positivo del futuro. Siamo pronti ad investire intelligenza, energie e tempo per il futuro, quando riusciamo a coglierlo e viverlo come promettente, altrimenti ci sentiamo spinti a rifugiarci solo nel presente. No ad uno stile di vita studentesco passivo, inerte, annoiato, privo di passione per il futuro; - di fierezza d’animo, che ci rende capaci di sostenere, anche quando siamo solo un piccolo gruppo, l’ impegno con cui vogliamo esprimere e sviluppare, con libertà e senza paure, la nostra personalità. No ad un acritico adeguamento agli stili delle maggioranze, no al lasciarci trascinare, no all’essere anonimi gregari; - di esercizio di riflessione: sugli avvenimenti, sui problemi, sulle mentalità, sulle
14 persone. Viviamo in una società che ci ha rubato la verità e che non ci aiuta a cercarla: in ogni campo assistiamo sempre più spesso ad una falsificazione della realtà. Con i nostri servizi giornalistici noi cerchiamo di capire la verità e di proporla, dicendo no alla superficialità e alla falsità veicolate da organi di informazione che si sono dimenticati dei loro compiti fondamentali; di apertura alla realtà: quella della scuola, ma anche delle nostre città fino a quella mondiale. Le pagine delle nostre testate vogliono proporre la nostra attenzione alla realtà. No alla indifferenza e alla chiusura narcisistica su noi stessi; - di impegno identitario: cr ediamo che per i nostri Istituti i giornali siano uno strumento, forse modesto e non unico ma reale, in cui riconoscersi e con cui farsi riconoscere. Ricordiamo quanto Gandhi disse a un giornalista del New York Times: “Senza un giornale, un foglio di qualsiasi genere, non si può tenere unita una comunità”; - di gusto di divertici: ci piace essere redazione, organizzarci per comunicare, informare, inventare e proporre novità, sottoporre ai nostri lettori testi ironici, vignette graffianti, rubriche spassose. No ad un divertimento solo goliardico e sterile.
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4 – Uno sguardo alla realtà più ampia. Il Convegno di oggi non può certo, nel panorama mondiale, avere una incidenza risolutiva riguardo agli stili di vita e alla sostenibilità. Tuttavia ha realizzato i suoi obiettivi nella misura in cui è riuscito ad accendere o ad accrescere nelle nostre menti e nei nostri animi il disagio per i fenomeni nega-
tivi riscontrabili nell’attuale andamento del mondo e l’indignazione per le più vistose manipolazioni dell’uomo e della natura in funzione di strategie economiche e politiche orientate a conservare ed accentuare le ingiustizie e le disparità. In questa prospettiva lasciamo spazio a testimonianze (idee, reazioni, sentimenti, proposte…) emerse nei lavori della giornata. Ne abbiamo selezionate solo alcune, per ragioni di brevità, ma a noi sembrano significative e meritevoli di essere riprese e approfondite nei prossimi numeri delle nostre testate. In questo modo potremo diffondere nelle scuole la positiva ricaduta dei nostri lavori di oggi Torino, 6 marzo 2010
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Indagine del Ministero: Alcool a partire dai 12 anni
Una persona su dieci beve quotidianamente in quantità non moderate e il 15,9% non rispetta le indicazioni di consumo proposte dagli organi di tutela della salute. E per i più giovani arriva intorno ai 12 anni il momento del primo bicchiere, un'età che è la più bassa in Europa. Un consumo a rischio, perché prevalentemente fuori pasto. I dati vengono dalla relazione al Parlamento del ministero della Salute. I giovani bevono perché è l’ora dell’aperitivo, perché sono in giro con gli amici, perché così si sentono più grandi, perché lo fanno gli altri. Aumenta di anno in anno il consumo di bevande alcoliche tra i giovani italiani. E arriva intorno ai 12 anni il momento del primo bicchiere, un'età che è la più bassa in Europa e per la quale il consumo consigliato è pari a zero. Basti pensare che nel 2008, tra gli 11 e 15 anni, il 17,6% dei ragazzi ha consumato 'drink'. È un dato che preoccupa non poco. Un quadro epidemiologico, quello tracciato dal Ministero, da cui emerge la diffusio-
ne di comportamenti a rischio lontani dalla tradizione nazionale. Primo tra tutti il binge drinking, le cosiddette 'abbuffate' d'alcol fino all'ubriacatura, diffuse soprattutto nella popolazione maschile di 18-24 anni (22,1%) e di 25-44 (16,9%). “Sono anni che vediamo diminuire l’età in cui i ragazzi cominciano a bere – commenta il professor Emanuele Scafato, direttore del centro dell’Oms di ricerca sull’alcol e direttore dell’Osservatorio Nazionale Alcool dell’Istituto Superiore di Sanità – e sempre più spesso ci troviamo di fronte a un fenomeno che dimostra la voglia dei più piccoli di provocare, di apparire grandi e emancipati, disinibiti agli occhi degli altri: il binge drinking”. Ciò significa che ormai i ragazzi bevono per ubriacarsi e non solo il sa-
bato sera. Altra tipologia di consumo a rischio prevalente tra i giovani è, inoltre, il consumo fuori pasto, che ha riguardato nel 2008 il 31,7% dei maschi e il 21,3% delle femmine di età compresa fra gli 11 e i 24 anni. Nella stessa fascia di età, il 13,2% dei maschi e il 4,4% delle femmine ha praticato il binge drinking nel corso dell'anno Secondo l'Istituto superiore di sanità l'alcol sarà la terza causa di disabilità, mortalità e morbilità nei prossimi anni. L'alcool è oggi all'origine del 25% della mortalità giovanile dei ragazzi e del 10% di quella delle ragazze. Senza parlare delle morti sulle strade, correlate al consumo di alcolici: si stima che siano il 30% e il 50% del totale di tutti gli incidenti.
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Andate nel reparto maternità di qualsiasi ospedale. Guardate due culle vicine. I due neonati sembrano uguali, ambedue sani, vispi, vitali. Ma si può già dire che quello a sinistra, da adulto, guadagnerà almeno il 20 per cento in più di quello a destra, 2.500 euro al mese, ad esempio, invece di 2 mila. Come fate a dirlo? Semplice, quello a sinistra è figlio di un ingegnere. Non che quello a destra sia figlio di un barbone. Suo padre, in fondo, è ragioniere. La distanza fra i due titoli di studio paterni non sembra un abisso: ma è sufficiente per prevedere, con buona approssimazione, i loro, futuri, rispettivi redditi. Del resto, il bambino ancora più a destra, da adulto, porterà a casa non più di 1.500 euro al mese: suo padre è un operaio, che non è andato al di là delle medie inferiori. E' l'immagine preoccupante di una società immobile, pietrificata, con gerarchie sociali ed economiche pressoché immutabili, dove il merito individuale conta poco e in cui, dunque, salire la scala è una possibilità minima e precaria. Quanto pesa, dunque, lo stipendio di papà? In Italia, per quasi il 50 per cento. Questa, dicono le statistiche raccolte dall'Ocse, è la misura in cui il reddito dei figli riflette in Italia quello dei genitori. Nel senso che, in media, metà del vantaggio di reddito che un padre che guadagna molto ha su uno che guadagna
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poco si trasferisce comunque, automaticamente -a prescindere dai talenti e dalle storie individuali - al proprio figlio. Il risultato è il divario nei redditi, a seconda delle famiglie di provenienza. Avere un papà laureato, ad esempio, è una sorta di polizza assicurativa. Non solo perché, in Italia, il figlio dell'ingegnere ha quasi il 60 per cento di possibilità in più di laurearsi come papà, rispetto al figlio dell'operaio e, oltre il 30 per cento, rispetto al figlio del ragioniere. Ma perché la laurea in famiglia sottintende un background culturale e sociale più favorevole. E, dunque, il figlio di un laureato italiano (si laurei o meno egli stesso) guadagnerà, in media, il 50 per cento di più del figlio di uno che si è fermato alle medie inferiori. Una società in cui tutti, nel bene e nel male, sono- e restano-"figli di papà" è, per l'organizzazione dei paesi ricchi, anzitutto un problema economico: un immane spreco di risorse. "Primo- dice lo studiosocietà meno mobili tendono
più facilmente a sprecare o utilizzare male talenti e capacità. Secondo, la mancata uguaglianza di opportunità può influenzare le motivazioni, gli sforzi e, alla fine, la produttività dei suoi cittadini, con effetti negativi sulla efficienza complessiva e sul potenziale di crescita dell'economia". L'Ocse conclude che più è alta l'ineguaglianza sociale in un paese, più il paese è immobile. E l'Italia è uno dei paesi a più alto tasso di ineguaglianza, in Occidente. I due dati- l'immobilismo e l'ineguaglianza-e i loro effetti sull'economia bruciano. Se è vero che il figlio di un laureato ha maggiori probabilità di laurearsi a sua volta e, comunque, di guadagnare di più, status sociale non significa affatto, in Italia, essere più brillanti a scuola. Nella classifica dell'Ocse, l'Italia è uno dei paesi in cui l'ambiente familiare ha meno influenza sui risultati scolastici: il figlio dell'ingegnere non se la cava meglio del figlio dell'operaio in matematica. Con vantaggi per tutti: lo studio registra che aumentare il mix sociale all'interno delle scuole può migliorare i risultati degli studenti economicamente svantaggiati, senza che appaiano effetti negativi sui risultati complessivi. Il paradosso italiano è che preoccuparsi di assicurare a tutti
LUNARFOLLIE uguali opportunità scolastiche, a prescindere dalla famiglia, finisce per apparire, alla fine, inutile. E' come se il successo a scuola e quello nella vita, nel lavoro e nel reddito, fossero l'esito di due campionati diversi, separati, distinti e incomunicanti. Non solo, infatti, buona parte del futuro è già scritta nello stipendio di papà, ma dannarsi per studiare sembra servire a poco. I redditi dei figli tendono a replicare quelli dei padri, perché è assai raro, statisticamente, che qualcuno modifichi, in modo significativo, le proprie condizioni di partenza, diventando molto più ricco (o più povero). Fra il 2000 e il 2008, meno di una famiglia ricca su 100 è diventata povera. E solo una famiglia povera su 50 è diventata ricca. Oltre l'80 per cento dei poveri è rimasta povera o quasi. E quasi il 90 per cento dei ricchi è rimasto, più o meno confortevolmente, ricco. Pensate che ingiustizia e quanta strada abbiamo ancora davanti a noi. Giuma
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Lavoratori sfruttati. Tredici ore di turno per una paga di 2 euro al giorno: così erano impiegati gli operai della fabbrica cinese che produce 'Zakumi', il pupazzo simbolo di Sudafrica 2010. Bloccata la creazione di oltre 2 milioni di pezzi. Impiegavano lavoratori con turni di 13 ore, a una paga di 2 euro al giorno: per questo in Cina è stata sospesa la produzione della mascotte dei prossimi Mondiali sudafricani di calcio. La 'Shanghai Fashion Plastic Products & Gifts' è la fabbrica cinese incaricata di produrre il pupazzo 'Zakumi', mascotte dei Mondiali di calcio in Sudafrica: a decretare lo stop alla creazione di oltre 2 milioni e 300 mila pupazzi è stata la 'Global Brands Group', compagnia con sede a Singapore e detentrice dei diritti per la produzione del merchandising ufficiale della Coppa del Mondo, la quale aveva subappaltato alla ditta cinese
la fabbricazione delle mascotte. In seguito ad un'ispezione eseguita dalla compagnia di Singapore, è emerso che gli operai cinesi venivano pagati 2 euro al giorno e costretti a sostenere turni di lavoro di oltre 13 ore. L'eco della notizia è subito arrivata in Sudafrica, dove i sindacati hanno chiesto perché la produzione della mascotte non sia stata affidata a una ditta del loro stesso paese. Anche nello sport, come in tanti altri campi, domina l’interesse e la corruzione. Forse dovremmo tutti indignarci di più.
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Due compagne di prima hanno riflettuto sul tema della vita e ci hanno fatto avere il loro punto di vista. Volentieri lo pubblichiamo e sollecitiamo altri interventi. Non ti capita ma di chiederti cos’è la vita? La vita è un insieme di emozioni come felicità, gioia, amore ma anche tristezza, rabbia, sofferenza. Spicchi che compongono una grande e succosa arancia. La vita si può anche definire un contenitore di valori, cioè di cose davvero molto importanti come la famiglia o l’amicizia. In alcuni momenti si vede la vita come una sfida, una prova da superare per cui bisogna mettersi in gioco, lottare fino alla fine. Ma la vita è anche tutto quello che ci circonda e che vediamo, in ogni suo angolo e forma, è qualcosa d’immenso che racchiude tutto il mondo. Secondo me, la vita non è “oggettivamente” bella o brutta, dipende tutto da te, da come vivi le tue giornate e da come sai godere del tuo tempo in bene; da come riesci ad assaporare ogni momento, sia il più gioioso che il più duro, ed a raccoglierlo nel grande album dei tuoi ricordi che nessuno ti potrà mai rubare perché è lì nel tuo cuore e le sue pagine infinite aspettano ansiosamente che tu ci scriva qualcosa di importante, qualcosa di te.
A volte sembra che la vita sia come un lampo nell’universo e ti senti così piccolo e così solo, ma in realtà tu devi sentirti il lampo più forte e luminoso, devi trovare il coraggio di distinguerti dagli altri e fare vedere chi sei e nessuno ti lascerà mai più solo perché tu sei speciale, tu hai qualcosa che nessun altro ha e devi essere capace di farlo vedere. In alcuni momenti mi sembra di buttare via la mia vita come un disegno mal riuscito ma poi mi accorgo che non è ciò che veramente voglio, e a te è mai successo? Alcune volte mi capita di indossare una maschera perché ho paura di uscire fuori mentre dietro a quella sono sicura, so dove nascondermi e che nessuno mai mi troverà, ma non è così che si cresce, non è così che si vive.
E allora, in quei momenti, sola, con il viso bagnato dalle lacrime, mi chiedo perché tante persone non sono in grado di accettare la mia idea come io accetto la loro … Saper ascoltare è così difficile? Secondo me accettare un’idea diversa non è debolezza anzi un modo per diventare più maturi. Alcune volte quando sei lì solo, non sai cosa fare e non trovi il coraggio di fare niente, ti devi rifugiare in qualcosa e vorresti dimenticare, vorresti una magia e arriva una “polverina”, ma non è magia perché dopo tu ne vuoi ancora ed ancora e non ascolti più il tuo cuore che presto smetterà di battere e la tua mente non può ragionare perché non ce l’hai più; poi la tua vita non ha più senso, tu
LUNARFOLLIE non ha più un senso per vivere, il tuo cervello si dilegua come lacrime, tu ti dilegui e diventi polvere che qualcuno con indifferenza soffierà via. Così sparisci lasciando dolore perché non hai vissuto la tua vita, perché non hai trovato grazia in te stesso; lasci un segno nelle persone che ti volevano bene che piangono perché non sono stati capaci di fermarti, perché non sono state abbastanza vicine a te. In realtà, però, loro non c’entrano perché, quando ti trovi lì sul bivio tra due strade, sei tu che devi decidere se girare un’altra pagina del tuo album di ricordi o lasciarlo in bianco per sempre. Ballini Mariachiara 1 Q
Quante volte avremo letto o sentito la stessa domanda: che cos’è la vita? E da qui, la stessa risposta: nessuno può dirlo Forse non si può, davvero non si riesce a rispondere.
19 Alcuni direbbero che la vita è quel tragitto che accompagna l’uomo dalla sua nascita, altri che è un susseguirsi di emozioni indomabili, qualcosa impossibile da controllare; altri ancora sosterrebbero che bisognerebbe soltanto guardare avanti e non girarsi, magari dimenticando opportunamente aspetti dolorosi, ma che hanno certamente contribuito alla crescita personale; e ovviamente, se qualcuno invece si adagiasse nei ricordi, smarrirebbe la via del suo domani. Potrebbero essere argomentazioni valide, sicuramente, ma appaiono molto diverse, se messe a confronto tra loro. Da un lato abbiamo la visione della vita nel vero e proprio senso della parola, ossia della metafora di un cammino, dall’altro troviamo una concezione più soggettiva, legata alla sfera dei sentimenti, delle emozioni che quotidianamente la gente prova, e quindi l’altra faccia della medaglia, quella con l’aspetto meno concreto. Non siamo giudici, siamo uomini. Forse dovremmo solo vivere, senza porci troppe domande, senza cadere in dubbi, incertezze che ci tagliano il sentiero. Dovremmo solo vivere, sì. Ma siamo uomini, è vero; interrogarsi su questioni insolubili fa parte della nostra natura. Non possiamo neppure evitare di ragionare su fatti scomodi, che spesso cerchiamo però di nascondere alla nostra mente, come il motivo per cui moltissime popolazioni vivono in condizioni di degrado, senza soldi, né case, né speranze per il futuro. C’è ancora chi passa
la propria travagliata esistenza per strada, in vicoli di violenza e morte, senza riuscire mai a uscirne. E chi potrebbe aiutare queste persone invece gira la testa dall’altra parte, finge di non assistere a quelle scene di ordinario malessere, fa finta di non appartenere allo stesso mondo di quella povera gente e per questo, con molta ipocrisia, parla di “Terzo Mondo”. Inoltre ci sono i giovani. Spesso, quando la sera alzano un po’ il gomito, assumono sostanze stupefacenti e si mettono alla guida di auto diventate per l’occasione dei piccoli bolidi, rischiano di centrare l’unico, ultimo, fatale bersaglio della loro vita: un macabro faggio, o una quercia secolare. E restano così le loro foto, delle croci che mettono i brividi al solo pensiero della scena che i soccorritori hanno visto in quelle notti di nebbia e fari. Per non parlare di chi purtroppo vive senza godere al pieno delle gioie della vita, costretto a respirare attraverso macchinari, immobile nel letto; o chi non può osservare il mondo che lo circonda, seppur degradante, ma almeno lui può immaginarne uno migliore; e poi chi non può sentire le parole degli altri, ma cerca di intuirle attraverso segni; chi ha la lingua, ma è muta … Perciò la gente dovrebbe cercare di vivere appieno la vita, nel migliore dei modi, sforzandosi di migliorarla per quanto sia possibile, magari esistendo anche per chi non ce l’ha fatta a farlo. Simona Brandolino 1a Q
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I carburanti del futuro? Tabacco e pioppo Ogm Biocombustibili: da un fungo ecco il myco-diesel Da Usa e Germania nuove ricerche sulle fonti di energia rinnovabili La nostra società necessita urgentemente di fonti rinnovabili di energia che siano ampiamente distribuite, poco costose e non inquinanti. Una risposta sta già venendo dall'utilizzo delle piante per produrre biocarburanti. Quelli di prima generazione sono tuttavia messi in discussione perché la loro produzione sottrae quantità sostanziose di cibo e di terreno, e facendo per giunta salire i prezzi degli alimenti. Ma ora una nuova scoperta sul modo in cui avviene la fotosintesi, il processo basilare attraverso il quale le piante captano l'energia luminosa proveniente dal Sole e la convertono in energia chimica per la produzione di carboidrati, potrebbe portare a interessanti prospettive in campo energetico. Un gruppo di ricerca dell'Università dell'Arizona in collaborazione con il Max Planck Institute di Mülheim in Germania) ha condotto uno studio su un'alga verde unicellulare (Chlamydomonas reinhardtii) che potrebbe avere un valore generale di grande portata. Kevin Redding e i suoi collaboratori hanno indagato il «centro di reazione del fotosistema 1», punto cruciale della fase luminosa della fo-
tosintesi, individuando il momento in cui l'energia elettromagnetica della luce viene trasformata in energia chimica (alla fine della catena si produce glucosio). Cosa che solo le piante sanno fare. E' questo un evento nel processo fotosintetico che si avvia in un tempo rapidissimo, un picosecondo (un milionesimo di milionesimo di secondo). Gli scienziati hanno anche dimostrato che esistono due dispositivi per il trasferimento di elettroni al fine di migliorare la resa fotosintetica, e che possono essere attivati indipendentemente l'uno dall'altro. In prospettiva c'è un progetto ambizioso: massimizzare l'efficienza di questi due sistemi separati ma che cooperano, per realizzare una fotosintesi artificiale, che utilizzando la luce, sottragga CO2 dall'atmosfera,
produca un carburante pulito e facilmente disponibile. E' invece già una realtà la produzione di biocarburanti che superano quelli di prima generazione (come si è visto sotto accusa), attraverso nuove metodologie e nuove piante. Quelli di seconda generazione utilizzano infatti parti delle piante che andrebbero gettate, la biomassa di residui agricoli (mais) o erbe perenni non alimentari quali il Miscanthus o il Panicum virgatum o un arbusto, la Jatropha. Ma la risorsa più promettente sono le alghe, sia unicellulari (quali Chlorella, Botrycoccus) che pluricellulari (Gracilaria, Sargassum). Una terza generazione punta sulle modifiche genetiche di piante per renderle più produttive: è per esempio il caso degli alberi di pioppo ogm, ad alta resa, o del tabacco (le cui foglie sono ricche di olio). L'ultima generazione però utilizza microorganismi geneticamente modificati (come per esempio l'alga Chlamydomonas, di cui si conosce l'intero genoma). E recentemente è stato scoperto in Patagonia un fungo, Gliocladium roseum, per il cosidetto myco-diesel: è infatti in grado di convertire in idrocarburi la cellulosa.
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"Cinquecentomila firme sono un risultato incredibile, la dimostrazione che questa legge non può essere approvata perche' moltissime persone la vedono come un pericolo per il diritto e la giustizia. Consegniamo idealmente queste firme al presidente del Consiglio e ai presidenti delle Camere perchè sappiano che c'è un'Italia che non vuole leggi ad personam. Grazie a tutti coloro che hanno firmato. Vi diranno che è solo una minoranza e che firmare non costa nulla. Mi piacerebbe rispondere che una firma è la premessa dell'impegno, la voglia di sapere di partecipare, di promettere in qualche modo che il proprio nome è li a sostenere una idea di paese diverso, una difesa del diritto e non di un territorio politico. La giustizia non è di destra nè di sinistra. Migliaia di persone che chiedono al governo di ritirare una legge non sono una rumorosa minoranza, sono la democrazia". Presidente, ritiri quella norma del privilegio SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi,
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diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei. Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia. Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. È una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia. ROBERTO SAVIANO
NOTE SUL REGISTRO L'alunno *** viene allontanato dall'aula perche' utilizza lo sgabello come strumento musicale (percussioni)
"La classe si rifiuta di fare lezione e si autonomina soviet supremo" "Al suono della campana delle 13.30, la classe fuoriesce dall'aula come una mandria di bufali imbizzarriti travolgendomi e procurandomi una fitta di dolore al costato. Seguiranno provvedimenti disciplinari dopo opportuni accertamenti medici" "La classe muggisce""La classe mostra una indiscutibilmente coraggiosa omertà nei confronti dell'alunno che ha svuotato sul pavimento presso la cattedra una bottiglia di olio extravergine d'oliva Bertolli rinvenuta nel cestino dell'aula" "L'alunno M.G. al termine della ricreazione sale sul bancone adiacente la cattedra e dopo aver gridato: "Ondaaaa energeticaa" emise un rutto notevole che incitò la classe al delirio collettivo" L'alunno L.F. invece di sedersi come tutti i suoi compagni passa i primi 10 minuti della lezione a girare per la classe alla ricerca di insetti (cimici) per altro distraendo il sottoscritto"
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Premessa: il primo bacio dovrebbe essere un qualcosa di indimenticabile e indescrivibile. Ogni sensazione, ogni brivido è diverso da persona in persona. La cosa certa è che ogni pensiero, ogni remora si perde nel turbinio delle emozioni che in quel momento ci circondano. Ma il primo bacio, come deve essere veramente? Qualcuno dice che il suo primo bacio è stata la cosa più fantastica del mondo, qualcun’altro che non se lo aspettava, altri invece rammentano di essersi sentiti impacciati, impauriti. Qualche ragazza vorrebbe che il suo primo bacio fosse stato diverso, altre, che non lo hanno ancora dato, vorrebbero fosse un momento romantico, magari sotto la luna piena o al tramonto in spiaggia. Ma non tutto è come vorremmo o come ci sembra. Una volta il primo bacio era qualcosa di profondo, che si dava solo quando ci si sentiva pronti e si era sicuri di amare la persona che si aveva di fronte. Oggi le cose sono completamente diverse: le ragazze e anche i ragazzi non si pongono più gli ideali che c’ erano prima, oramai l’ unico obbiettivo è farsi accettare dalla compagnia in tutti i modi possi-
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bili. Ma proprio tutti sono così? Ci sono alcune ragazze che vedono il primo bacio come un’ avventura: sono ad una festa, sanno di essere accattivanti, vedono un ragazzo al quale non sono indifferenti. Hanno deciso che quella sera daranno il loro primo bacio, non importa chi sia, quanti anni abbia, l’ importante è che facciano quell’ esperienza che preme tanto loro. Poi, una volta che sono riuscite si credono grandi, ora sono pronte per passare a qualcos’ altro; magari prima usano ancora un po’ quel ragazzo per “allenarsi”, ma poi l’ avventura finisce e ci vuole qualcosa di nuovo. Altre ragazze vedono il primo bacio invece come un obbiettivo: magari la compagnia le incita a baciare qualcuno per non rimanere escluse ed esse non capiscono che così facendo perdono un momento della vita che vale la pena vivere a fondo, ma piuttosto che perdere gli “amici” preferiscono perdere qualcos’ altro. Infine ci sono ancora le ragazze, che potremmo definire sagge, che danno il primo bacio consapevoli della persona che hanno di fronte. La cosa che tutti noi possiamo augurarci è che in qualsiasi momento, per qualsiasi età, quest’esperienza possa essere vissuta con sincerità, nel pieno rispetto dei sentimenti di entrambi e, soprattutto, nel rispetto delle persone che siamo. Guatta Samantha 1BL. Qui sotto vi è riportata un’esperienza del primo bacio: La mia prima esperienza non fu bellissima, non fu indimenticabile come mi aspettavo, ma fu un’atroce delusione, forse perché pensavo che fosse davvero indimenticabile e bellissimo, ma purtrop-
po.. no, non fu così. Ma questa è solo la mia opinione, difatti ho chiesto a un po’ di persone e solo le persone adulte mi hanno risposto con un “ certo che me lo ricordo.. nei minimi particolari e fu bellissimo”. I ragazzi.. alcuni se lo ricordavano vagamente, altri non mi hanno risposto, ma solo una piccola parte mi ha detto che se lo ricorda benissimo come se lo stesse vivendo in questo momento. Quasi tutti i ragazzi hanno affermato che si sarebbero aspettati di più da un bacio, soprattutto dal PRIMO! Ma, non preoccupatevi, una parte mi ha risposto che è stato fantastico e che vorrebbero provare di nuovo la stessa sensazione. Io mi ricordo come fu il mio primo bacio, me lo ricordo nei minimi particolari, ma forse appunto perché non era come speravo. All’inizio mi sentii strana ma allo stesso tempo felice di aver potuto fare questa nuova esperienza. Mi ricordo che ero agitatissima, proprio perché non avevo mai provato niente di simile. Passai una serie di stati d’animo: -Agitazione: non sapevo come sarebbe andata a finire. -Paura e nervosismo: non sapevo come fare e avevo paura di sbagliare qualcosa nel bacio (come se ci fosse un modo migliore di un altro per poter baciare.. cosa che alcuni ritengono vera). Ma alla fine ero felice, anche se un po’ delusa, perché finalmente avevo provato quest’esperienza che mi ero immaginata da tempo. Marta Tomasoni 1BL
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I Muse sbancano i botteghini e conquistano San Siro Dopo un’interminabile serie di date sold out in tutto il mondo, la band inglese e il loro The Resistance Tour tornano in Italia e dopo Bologna e Torino si preannuncia l’ennesimo tutto esaurito. Il giorno 8 Giugno 2010 il trio con a capo l’estroso Matt Bellamy si esibirà a Milano, alla “Scala del Calcio”, di fronte a 70000 fan pronti per due ore di musica che varia dall’hard rock alla classica. I Muse hanno venduto fino ad ora più di 12 milioni di dischi e sono famosi per le loro stravaganti ed energiche esibizioni dal vivo, per il loro stile musicale molto eclettico (dall’Hard rock alla musica elettronica fino ad arrivare alla musica classica) e per i testi delle loro canzoni, i quali riguardano principalmente la vita, la guerra e l’apocalisse. Hanno vinto numerosi premi, la maggior parte dei quali grazie alle loro prestazioni live. Il leader del gruppo è il 32enne Matt Bellamy, cantante, chitarrista, pianista e tastierista, famoso per il suo enorme talento, l’eccentricità del suo abbigliamento, le distorsioni della sua chitarra e soprattutto il suo carisma che gli ha fatto conseguire numerosi premi, come ultimamente agli NME Awards dove Bellamy è stato nominato “The hottest male”.
La band nasce nel 1992 anche se il primo album di successo è Showbiz, datato 1999, il quale li fa conoscere al pubblico inglese; la conferma si ha nel 2001 con Origin of Symmetry, quando grazie a singoli come New Born e Plug in baby, la band riesce a farsi apprezzare anche fuori dal Regno Unito. Nel 2003 Absolution porta l’acclamazione dalla critica ed il primo contratto per un tour internazionale in Australia, Canada e negli Usa; il singolo Time is running out invade le radio di tutto il mondo, restando tutt’ora la canzone che nei concerti è cantata più a squarcia gola. Nel 2006 esce Black Holes and Revelation, un album con canzoni dai testi impegnati che riscuote un grande successo, vendendo oltre 3 milioni di copie; durante il tour la band si esibisce anche all’ Arena di Verona, ma la performance più mozzafiato ha luogo a Copenaghen, dove un fantascientifico gioco di laser fa da background alla canzone Starlight e lascia attoniti i presenti; la band entra ufficialmente nella leggenda grazie al concerto di Wembley che nel 2007 fa registrare in pochi giorni due sold out, per una vendita complessiva di 150000 biglietti. Il singolo estratto più conosciuto è sicu-
ramente Supermassive Black Holes, il quale compare nella tracklist della colonna sonora del film Twilight. Il 2009 è l’anno di “The Resistance”, il quale dopo una settimana era già in vetta alle classifiche di Italia, Olanda, Inghilterra e Australia; il tour ha toccato l’Italia in due occasioni ed ora il trio di Teignmouth ha l’occasione di entrare nella storia della musica del Belpaese, esibendosi a San Siro, stadio dal quale sono passate star come Bruce Springsteen e i Depeche Mode. Tutti i fan sono avvisati che gli ultimi biglietti stanno andando a ruba e si dovranno affrettare se non si vogliono perdere uno spettacolo irripetibile, fatto di chitarre distorte, pianoforte, la voce più unica che rara di Matt, il potente e preciso basso di Chris e la supersonica batteria di Dominic. Andrea 5 F
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