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Tutti a tavola - I necci dei partigiani

di Elisabetta Piazzesi

I necci dei partigiani

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Tempo di castagne, odore di foglie bagnate, piccoli ciclamini tardivi si rivelano timidi tra i tronchi dell’antico castagneto. Con la farina di castagne si possono preparare i Necci, deliziose focaccine, cotte sul fuoco vivo dei camini, direttamente sulle lastre di pietra o sui testi di coccio foderati con le foglie più grandi del castagno. Avvolte in queste foglie venivano poi impilate per conservarle. Nel Mugello e nelle montagne pistoiesi si celebra la sagra del Neccio. Ogni anno, nella seconda domenica del mese di marzo, a San Quirico di Valleriana (PT), soprannominata la “svizzera pesciatina”. I necci sono legati a una leggenda che probabilmente nasconde un fondo di verità. In marzo infatti, durante la ritirata dei tedeschi su quelle montagne, molti partigiani trovarono rifugio nelle immense foreste , ricche di alberi di castagno. Le staffette partigiane, solitamente donne dei luoghi montani, percorrendo sentieri solo a loro conosciuti, portavano cibo, coperte e informazioni ai ragazzi nascosti nelle grotte o in precari rifugi. A quelle donne era dato un compito gravoso: non solo trasportare vettovaglie e messaggi in codice, ma anche curare le ferite e i malanni. Spesso venivano fermate dai soldati tedeschi che ispezionavano le grandi ceste di vimini in cui erano contenuti indumenti e attrezzi agricoli per nascondere la presenza di cibo, altrimenti ingiustificabile. Durante una di queste ispezioni, alla vista delle foglie di castagno (che contenevano i necci) il soldato tedesco, perplesso, chiese alla donna spiegazioni “Sono per accendere il fuoco nella mia capanna” fu la risposta. La staffetta quel giorno consegnò una cesta ricolma di gustosi necci che sfamarono il gruppetto di partigiani, il cui comandante era soprannominato “cicca”. Ingredienti: 500 gr di farina di castagne Acqua q.b. ½ bicchiere di latte intero Olio Per la farcitura: 400 gr di ricotta di mucca 1 cucchiaio di zucchero

Preparazione: Mescolate in una ciotola la ricotta setacciata con lo zucchero e mettete a riposare. In un’altra ciotola stemperate la farina di castagne con l’acqua e il latte che aggiungerete poco alla volta. Girate con una frusta per non formare grumi, fino a ottenere una crema morbida. Fate riposare per 15 minuti. Scaldate il fondo di una piccola padella antiaderente (in mancanza dell’apposito attrezzo di ferro con il lungo manico e la doppia piastra), con un ramaiolo versate il composto fino a ottenere una sorta di “frittella” alta ½ cm, che girerete delicatamente per cuocerla da ambo i lati. È deliziosa sia calda che fredda, meglio se farcita con la ricotta che avete preparato precedentemente. Ottima anche con marmellata del gusto a voi più gradito.

SPIRITO LIQUIDO

di Andrea Bertelli

El Mezcal no te emborracha, te pone Màgico

Il Mezcal è un distillato antico, ottenuto dalla distillazione del mosto fermentato di Agave, nota anche come “pianta magica” usata fin dai tempi dei Maya. Ha una denominazione di origine e per potersi chiamare Mezcal deve esser prodotto in una di queste sette regioni del Messico: Guerrero, Guanajuato, San Luis Potosi, Zacatecas, Durango, Tamaulipas, anche se la zona principale, che vanta quasi il 60% della produzione, è la regione di Oaxaca, a sud dello Stato. Il nome Mezcal prende ispirazione dall’idioma indio “METL”, dato all’agave per evidenziare la fertilità di questa pianta, i popoli di queste zone la utilizzavano come fonte di acqua, zucchero, fibre per confezionare utensili, cibo per animali e persino combustibile. La caratteristica principale del Mezcal è senza dubbio quella di sprigionare aromi e profumi floreali, fruttati e speziati, dal sapore rustico, ricco e avvolgente, in netto contrasto con la topografia delle regioni di provenienza, tutt’altro che fertili. I terreni, prevalentemente poveri e montuosi, negli anni, hanno ostacolato il proliferare delle coltivazioni intensive e una produzione massiva, aiutando così a salvaguardare la qualità della materia prima, e ancorando l’intero ciclo produttivo a processi di lavorazione artigianali. In patria questo distillato è consumato liscio o accompagnato con una fettina d’arancia, limone o lime e con un pizzico di polvere di peperoncino, o di sal de gusano (sale di verme essiccato, parassita dell’agave), ed è così che ve lo consiglio, per apprezzarlo a pieno, ma la storia non finisce qui e nel prossimo numero parleremo della produzione.

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