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È indispensabile il tatto all’arte e alla cultura?
di Michele Baldini
Non giocheremo più a twister per un bel po’: questo, direbbe un collega (a seconda dei punti di vista) “è fattuale”. Eppure, come molti studi ci dimostrano, il tatto è tutt’altro che secondario nello sviluppo delle relazioni umane e nella percezione del piacere. Questo si collega al perché – forse – ci mancano così tanto i concerti dal vivo, gli spettacoli in presenza, persino i balli di gruppo nei villaggi turistici. Avevamo pensato ai Silent Disco (ricordo un tentativo di qualche anno fa in Santo Spirito per mettere freno alla malamovida), ai Blind Date, mai ai “No Touch Gig”. Diciamoci la verità: gli spazi virtuali per la cultura e l’intrattenimento ci sono. Anzi, sono forse più del necessario e talvolta riescono a essere multisensoriali, perlomeno vista e udito. Salto olfatto e gusto perché, al di là di qualche sperimentazione in campo avanguardistico, questi sono in qualche modo soddisfatti dai canali mediatici a tema culinario e dall’apertura parziale di ristoranti e pub. Giusto: i pub. Dal 5 febbraio in Giappone, sull’isola di Hokkaido, ha aperto un pub per persone sole. Ma non persone sole in cerca di amicizia: persone che vogliono – da sole – affogare nell’alcol o nel junk food le proprie tristezze. Chiusi dentro alcove collegate al servizio tramite tablet, che arriva in un certo senso “a domicilio”. E se in questo caso non biasimo la scelta dello Juden Highball (così si chiama) perché a volte è meglio ubriacarsi soli e chiusi da qualche parte, che in appartamento con mogli e figli sottomano o per strada al volante. Torniamo a noi: i concerti streaming, le mostre virtuali, le piattaforme tematiche di calcio, convegnistica e quant’altro non surrogano “la mancanza di tatto”, ma non sono mancate le trovate geniali. E non mi riferisco al Festival di SanRemo 2021, che si appresta a blindarsi per l’edizione in corso, né agli stadi vuoti pieni di florilegi folcloristici sugli spalti con qualche sparuto schiamazzo in appendice, che fa molto partita al campetto. Mi riferisco per esempio alla mirabile suite di concerti dei Flaming Lips in Oklahoma del gennaio scorso, in cui sia il gruppo sul palco, che i tecnici, che il pubblico, hanno seguito la performance sigillati all’interno di scenografiche sfere di nylon chiamate Space Bubbles. Pionieristico tentativo, certamente, ma anche svolta, probabilmente. Ci sono alternative? Si parla sempre più di Festival nel deserto con quarantene in entrata e uscita. E qualche sforzo in più per la logistica e la luminotecnica. Il modello c’è e si chiama E-Boded. L’ultima edizione si è svolta in ottobre 2020: quaranta giorni di musica Dopo i "Silent e visioni nel deserto palestinese come Cristo durante la Passione. Potrebbe essere l’occasione giusta per Disco" e le "Blind Date", è il ripartire, visto che il paese è anche il più avanti con il piano di vaccinazione e i potenti della Terra momento dei "No Touch Gig"studiano un modo per rilasciare il passaporto sanitario. Nel frattempo, in Nuova Zelanda, dove l’assenza di contaggi non obbliga le restrizioni, il concerto di un semisconosciuto gruppo, i Six60, ha fatto registrare il tutto esaurito...
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