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Come ti taglio il deputato
Politica
Come ti taglio il deputato
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Aldo AVALLONE
Il taglio dei parlamentari, approvato a larghissima maggioranza nei giorni scorsi in quarta lettura dalla Camera, rappresenta un’assicurazione sulla vita per il governo in carica. Tanti senatori e deputati al primo mandato, che ragionevolmente ipotizzano di non essere rieletti in una futura tornata elettorale a Camere “ristrette”, faranno di tutto per portare a scadenza naturale la legislatura. Ricordiamo anche che per loro il diritto al vitalizio scatterà dopo quattro anni, sei mesi e un giorno di permanenza in Parlamento. Le prossime scadenze previste dall’iter legislativo sono le seguenti: entro tre mesi uno dei soggetti indicati dalla Costituzione (un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori, cinque Consigli regionali) potrà
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richiedere il referendum confermativo. Se questo dovesse succedere, si voterebbe a maggio-giugno 2020; poi, in caso di conferma del testo, scatterebbero i sessanta giorni concessi al governo per ridisegnare i collegi. Ma appare poco probabile una richiesta di referendum, in quanto il provvedimento riscuote largo gradimento da parte dell’opinione pubblica e nessuna forza politica in questo caso vorrà fare la parte di chi difende le poltrone. Si dirà che il taglio è pura propaganda e, in gran parte, è vero. Che i risparmi in termini economici saranno irrisori e anche questo è vero. Si può essere d’accordo o meno (personalmente non lo sono, preferisco una maggiore rappresentanza parlamentare piuttosto che una ridotta) ma questo conta poco. Anni di campagne mediatiche contro la cosiddetta casta hanno prodotto questo risultato di cui la maggiore responsabilità ricade proprio sulla politica che, troppo spesso, si è chiusa nei palazzi dimenticando, più o meno volutamente, il rapporto con i cittadini, e consentendo alla propaganda Cinque Stelle di avere buon gioco nel vincere la propria battaglia. Non sono mancati i mal di pancia nel votare la riforma; in quasi tutti i partiti, anche nel M5S, sono stati evidenti. Ma era nell’accordo di governo e, a mio avviso, è stato giusto da parte delle forze di maggioranza mantenere l’impegno sottoscritto con i 5 Stelle. Che lo si approvi o meno, il taglio è cosa fatta, ora occorre soprattutto compiere una riflessione su quanto accadrà in futuro per far sì che la riforma oltre che a tagliare il numero dei parlamentari non tagli anche la rappresentanza popolare. Serve una nuova legge elettorale. L’attuale “Rosatellum”, che elegge 232 deputati e 116 senatori attraverso i collegi uninominali, non garantirebbe la piena rappresentatività di tutte le forze politiche. La maggioranza che sostiene il governo, M5S, PD, LEU e Italia Viva, si è impegnata a presentare in Parlamento, entro il prossimo dicembre, un disegno di legge che si ponga l’obiettivo di “garantire più efficace-
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mente il pluralismo politico e territoriale, la parità di genere e il rispetto della giurisprudenza della Corte”. È cosa buona e giusta. È molto probabile che il progetto di nuova legge elettorale vada in direzione proporzionale con una soglia di sbarramento da concordare. Non è nemmeno chiaro se sarà previsto o meno un premio di maggioranza. Un’ulteriore possibilità potrebbe essere rappresentata da un sistema maggioritario a doppio turno, immaginabile evidentemente soltanto se la collaborazione tra PD e Movimento 5 Stelle, dovesse decollare per trasformarsi in un’alleanza tale da poter contrastare la destra nei collegi uninominali. Molto difficile, al momento, prevederne gli sviluppi. Le prossime elezioni regionali faranno da banco di prova.
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