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Rojava, l’”aguzzino di Ankara” uccide e ricatta. Va fermato

Esteri

Rojava, l’”aguzzino di Ankara” uccide e ricatta. Va fermato

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Umberto DE GIOVANNANGELI

Un popolo indomito combatte contro l’”Aguzzino di Ankara”. Combatte per difendere la propria vita, la propria identità nazionale, la democrazia e la libertà che sono a fondamento della sua storia e del suo presente. Un presente che Recep Tayyp Erdogan vorrebbe oggi annientare con la forza, scatenando l’invasione militare nel Rojava. Carnefice e ricattatore di una Europa pavida e di una Comunità internazionale imbelle e dunque complice dell’Aguzzino di Ankara. Se l'Ue ci accuserà di "occupazione" della Siria e ostacolerà la nostra "operazione" militare, "apriremo le porte a 3,6 milioni di rifugiati e li manderemo da voi", minaccia il . parlando ai leader provinciali del suo Akp. A meno di 24 ore dall'inizio dell'operazione militare "Fonte di pace" nel nord-est della Siria, "109 terroristi sono stati uccisi" dai raid della Turchia, ha aggiunto il “Sultano”. Ma secondo i curdi, i raid aerei hanno già

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provocato la morte di diversi civili nei villaggi frontalieri, dove si è scatenato il panico. “I nostri eroici commando – ha commentato la Difesa turca su Twitter – che stanno partecipando all’operazione continuano ad avanzare a est del fiume Eufrate nel nord della Siria”. Mentre continuano i raid aerei, in particolare sulla città di Ras al-Ain, i turchi sono riusciti a sfondare via terra le resistenze delle forze curdo-siriane nelle località di Bir Ashiq, Hawi, Kassas, nel distretto frontaliero di Tall Abyad. Fonti curde assicurano all’Ansa, che specifica l’impossibilità di verificare in maniera indipendente le informazioni, che miliziani affiliati all’Isis hanno attaccato le forze delle Ypg nella zona in cui la Turchia ha lanciato i raid. Le stesse fonti hanno detto ad al Arabiya di aver ucciso 5 soldati turchi negli scontri. Inoltre, specificano fonti delle Sdf, nella notte la Turchia ha bombardato una prigione in cui sono detenuti miliziani dell’Isis provenienti da “oltre 60 Paesi”. Il carcere colpito sarebbe quello di Chirkin nella zona di al-Qamishli. Per questo i curdi parlano del rischio di “una catastrofe che il mondo potrebbe non essere in grado di gestire in futuro”. La situazione è drammatica a Kobane, il più importante centro curdo nel Rojava, da questa mattina sotto il fuoco dell’artiglieria. Fonti locali riferiscono che la popolazione è terrorizzata, “teme un massacro da parte dei combattenti jihadisti” alleati della Turchia, e almeno mille persone si sono rifugiate in una grande base americana a Sud della città, sulla strada per Raqqa, vicino al cementificio della Lafarge, perché temono l’imminente ingresso delle truppe turche e arabe nella città. Altre centinaia di persone sono in fuga da Tall Abyad e Ras al-Ayn. Da Bruxelles, Ilham Ahmad, presidente del Consiglio Democratico siriano (Sdc), ha chiesto all’Unione europea di fermare l’aggressione turca che - dice - rischierebbe di risvegliare l’Isis e di riaprire un’era di violenze e genocidi. Da Roma, Ahmad Yousef, membro del consiglio esecutivo del Rojava (la Federazione della Siria del Nord) e docente dell’Università di Afrin, ha lanciato un appello: “Fermate gli attacchi. Quando la Turchia entrerà nel Rojava non potremo più controllare i campi e i detenuti dell’Isis andranno in tutto il mondo”, ha dichiarato nella conferenza stampa organizzata alla Camera dei deputati. “Se continuano gli attacchi la popolazione inizierà a fuggire dalla sua terra. Circa 2 milioni di persone fuggiranno. Sanno che se i miliziani jihadisti entreranno faranno massacri”, ha detto. E ha poi aggiunto: “Abbiamo catturato 12 mila esponenti di Daesh, abbiamo chiesto per loro un processo internazionale, ma nessun paese finora ha fatto nulla”. Fonti curde assicurano all’Ansa, che specifica l’impossibilità di verificare in maniera indipendente le informazioni, che miliziani affiliati all’Isis hanno attaccato le forze delle Ypg nella zona in cui la Turchia ha lanciato i raid. Le stesse fonti hanno detto ad al Arabiya di aver ucciso 5 soldati turchi negli scontri. Inoltre, specificano fonti delle Sdf, nella notte la Turchia ha bombardato una prigione in cui sono detenuti miliziani

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dell’Isis provenienti da “oltre 60 Paesi”. Il carcere colpito sarebbe quello di Chirkin nella zona di al-Qamishli. Per questo i curdi parlano del rischio di “una catastrofe che il mondo potrebbe non essere in grado di gestire in futuro”. Alla pavidità della diplomazia degli Stati fa da contraltare la mobilitazione dal basso che si diffonde sui social ma anche nelle piazze. Scrive su La Stampa Michele Sasso “La Rete, le onlus e migliaia di persone in Italia mobilitano via Web per sostenere il popolo curdo «schiacciato dal dittatore Erdogan.E’ un’onda che cresce ora dopo ora: c’è chi attacca il presidente Usa Trump per la sua azzardata dichiarazione “i curdi non ci hanno aiutato nella seconda guerra mondiale», c’è chi chiede rispetto per le donne impegnate nella guerra contro l’Isis , le’YPJ—l’Unità di Protezione delle Donne—che rappresenta, un unicum in tutto il Medio-Oriente di diritti civili, impegno sul campo e nuovo modello di società paritaria. C’è chi si fa un selfie con il copricapo tipico del Kurdistan o mette la bandiera gialla e verde del Rojava, il Kurdistan Siriano. E tanti, tantissimo lanciano lo stesso accorato appello: «Boicotta la guerra!».Il primo a lanciare un appello è stato due giorni fa il fumettista Zero Calcare che con la sua graphic novel “Kobane Calling” ha fatto conoscere la resistenza di questo popolo senza uno Stato: «Non lasciamo che Kobane torni sotto il giogo dello Stato islamico. Anche la Rete Disarmo chiede uno stop ad armi italiane verso la Turchia dopo l’inizio dei bombardamenti, dato che Ankara è uno dei principali clienti dell’industria bellica italiana: nel 2018 autorizzati 360 milioni di euro di vendite.Dal virtuale al reale ci sono anche le manifestazioni. “No all'occupazione turca in Siria” si legge su un grande striscione, "contro ogni fascismo" e "viva la resistenza kurda" su altri cartelli: va in scena a Roma la protesta della comunità curda residente in Italia, che sceglie la centralissima piazza Barberini per urlare la propria indignazione contro la mossa del presidente turco Erdogan e contro il presidente Usa Trump, e anche per chiedere all'Italia di intervenire a favore della pace. Non tanti, appena qualche decina, ma sicuramente rumorosi i rappresentanti della comunità curda che sono scesi in piazza con megafoni e bandiere, molte delle quali hanno anche stampato il volto del rivoluzionario curdo Abdullah Ocalan. «Per cinque anni - afferma la giovane Beritan Dumaz - la resistenza curda contro l'Isis è stata fondamentale. E ora dopo tutti questi sacrifici ci sentiamo traditi». Oltre a Roma, i curdi hanno manifestato anche a Milano e nei prossimi giorni, da qui al 12 ottobre, sono in programma altri raduni, di cui dà notizia la Rete Kurdistan Italia, in diverse città: a Genova, Torino, Empoli, Pisa, Padova, Bari, Bologna, Firenze, Catania, Bolzano, Udine, Parma, Napoli e Cosenza. E' stata indetta per domani a Firenze, dalla sigla “Assemblea fiorentina per il Kurdistan”, una manifestazione contro l'offensiva turca ricordando anche Lorenzo Orsetti, il 33enne fiorentino ucciso il 18 marzo dall'Isis mentre militava come

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volontario con le milizie curde”. E l’Italia che non si arrende all’Aguzzino di Ankara, che pretende dal Governo giallorosso molto più di una dichiarazione di condanna o parole al vento.

Roma ritiri il nostro ambasciatore da Ankara fino a quando la Turchia proseguirà la sua mattanza, ponga fine alla vendita d’armi a un regime guerrafondaio e liberticida, congeli le relazioni economiche oltre che quelle diplomatiche.

E alzi la voce in quella Nato dove sediamo al fianco dei carnefici turchi.

Fatti, non parole.

Lo dobbiamo a chi sta combattendo per la libertà.

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