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Aiutiamoli a casa loro
Satira
Aiutiamoli a casa loro
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di Antonella BUCCINI
Stazione centrale, piazza Garibaldi, Napoli. Sollevo lo sguardo sul cartellone: Napoli Torino Freccia Rossa Mille. Mille? Sarà un valore aggiunto mi dico. 10 minuti di ritardo. No, non è un valore aggiunto. Non perdo di vista la schermata, magari viene fuori il binario, diventa magicamente puntuale ed io perdo il treno. BINARIO 18, 15 minuti di ritardo. Sistemo la borsa, il cappotto, abbasso il ripiano, apro il giornale, flirto con il supplemento che conservo per dopo. La carrozza è quasi vuota: un’anziana due file più avanti, due ragazzi con le cuffiette di lato. Nessun bambino! Una buona notizia. Al quattordicesimo minuto di ritardo, in anticipo quindi, il treno parte. «Recupera, recupera - mi dice l’anziana mentre si avvia al wc - non si preoccupi». Le sorrido rassicurata come se le avessi chiesto consiglio. Abbasso lo sguardo chiudo le comunicazioni mi lancio nella lettura della prima pagina. Ius soli. “Abbiamo sbagliato tutto” tuona il Senatore. “In che senso, mi scusi” chiede il giornalista allarmato. “Sì sì, lo confermo, dovevamo approvare lo ius soli". "I migranti non erano un’emergenza” replica il Senatore. “Ma lei era il segretario del partito, avrebbe potuto…” suggerisce il giornalista. “Ma cosa dice” s’infervora il Senatore. Giro la pagina altrimenti m’innervosisco. “ La tolleranza va estirpata, dobbiamo salvare la nostra razza bianca” titolo a tutta pagina, intervista al Governatore.
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Stazione di A- F- R- A- G- O- L- A scandisce la voce della signora Trenitalia. E poi aggiunge tenete bassa la suoneria, potrebbe infastidire gli altri viaggiatori. Siamo partiti da 10 minuti e già ci fermiamo? Afragola? Mi guardo intorno. Sbircio dal finestrino. Un’ala in cemento ci viene incontro. Mi viene in mente un articolo letto tempo fa. Zaha Hadid: l’architetta iraniana che ha fatto il progetto. Forse il nulla che gira intorno a quella forma sinuosa è premeditato, forse sta lì per esaltare l’opera come un’installazione artistica? Non ci sono passeggeri in attesa né sembra ce ne siano in arrivo. Una sosta d’obbligo. Poi mi ricordo che è stata inaugurata più volte, che indaga la magistratura, che il primo bar è a due chilometri, che non c’è un’area per i taxi né un parcheggio per le auto. Mi ricaccio nel mio giornale: Gazzettino lombardo, politica regionale. Non mi ac-
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corgo subito che qualcuno è salito alla stazione di Afragola, non lo avevo proprio previsto. Si siedono di fronte a me. Uno ha gli occhiali da sole a specchio, una quarantina d’anni, la camicia aperta di almeno quattro bottoni, (ma fa freddo!) una catenina d’oro con una piccola croce. L’altro, più vecchio, un pantalone di una tuta che si allarga seguendo una pancia tonda tonda, un giubbino su una maglietta, una catena d’argento, braccialetti tutti uniti al polso, un anello con la pietra nera. Ogni tanto sollevo lo sguardo dal mio giornale, mi chiedo come fa Occhiali a specchio a non sentire freddo. Poi ritorno a leggere, dunque… razza bianca… «Nunzio, Nunzioooooo, mi sient????... Nunziooooo, ca un ci sta camp! Sto trasenno rint a na galleria… Nunzioooo» Braccialetti si agita al cellulare ed io lo osservo senza riserve, convinta che si renderà conto… che… «Nunzioooo», Nunzio non sente, cazzo. I ragazzi di lato hanno le cuffiette, la signora due file più in là magari ha l’ipoacusia (ma non l’avevano diagnosticata anche a me?). Occhiali a specchio figuriamoci se reagisce. Anzi armeggia anche lui con il cellulare. Oddio!
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«Mario, sì Mario, stamm ienn a Roma, sì sì a Roma, iamm a parla’ co’ sottosegretario, sì, sì Mario, proprio iss» Gesù, con la tuta e le catene con il sottosegretario? Passo al supplemento. Il fermento a Napoli. Il fermento culturale. Napoli città europea. «Mario, stamm a sentì, e’ cozze nun e putimmo mettere sotto a Baia, Hamma verè si ci ranno a concessione, là ci sta o castello, mo’ parlammo pure e chest, poi ce purtamm na bella spasella e’ pesce» e ride Occhiali a specchio, come Jonathan in Shining quando scrive “il mattino ha l’oro in bocca”. Vorrei parlare con la signora Trenitalia che ha invitato a tenere le suonerie basse. Vorrei dirle che non basta. Deve chiarire bene, non tutti hanno capito. Occhiali a specchio e Braccialetti se ne fottono. Mi agito sulla poltrona ma non faccio rumore. M’ignorano. Appoggio la testa ma ricordo improvvisamente che i poggiatesta sono più sozzi della tavoletta del cesso. Mi sollevo di scatto. Passa il carrello del bar. “Dui caffè” chiede Braccialetti, poi mi guarda, “signò o vulite pure vui?” “No, no grazie”, rispondo timida. Arriva il controllore. Magari interviene. Osserva i biglietti, il mio, i loro, lo sguardo spento. “Ce vulesse na bella sigaretta” dice Occhiali a specchio. Sì, sarebbe perfetto, penso. Riprendo il giornale, apro le pagine stizzita, ma sono evidentemente trasparente. Ritorno a “razza bianca”. «Allora Presidente che ne pensa della riduzione dei flussi nel mediterraneo?» «E’ una buona cosa, sa. Restano dalle loro parti, non fanno danni». «Certo ma i rifugiati, quelli che fuggono dalla fame, dalla guerra…» «Non facciamo confusione, giovanotto. Un conto è fuggire dalla fame, un conto è fuggire dalla guerra». «Sì, ma sono comunque dei disperati» «Non dica sciocchezze. Per la fame ci si può sempre arrangiare… prenda i napoletani ad esempio, ne hanno fatto un’arte». «E la guerra?».
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«Quella finisce, giovanotto. Guardi l’Italia, il boom economico, la seconda guerra mondiale è stata un volano. Piuttosto vorrei introdurre un altro argomento». «Quale Presidente?». «Le molestie». “Cosa c’entrano con l’immigrazione?”. «C’entrano, c’entrano. Tutti i negr… i neri hanno un affare considerevole». «Ma no, Presidente che dice?». «Dico che con quell’affare….stuprano le nostre donne. E’ vero che con quelle dimensioni sono quasi costretti. Il testosterone sa... Ma non è tollerabile». «Quindi in conclusione vanno aiutati a casa loro?». «Si assolutamente. Dovrebbero valorizzare le loro qualità». «Ad esempio?». «Lo sanno tutti che hanno il ritmo nel sangue!». Occhiali a specchio ha tirato fuori un temperino e ha iniziato a pulirsi le unghie Piego il giornale, chiudo gli occhi e mi arrendo al poggiatesta.
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Il Presidente tutto vestito di bianco balla con occhiali a specchio e braccialetti al suono di una rumba nella grande sala di un castello sul mare (Baia?). ... Ritmo, ritmo incita Occhiali a specchio. ... Su un lungo tavolo un buffet: cozze a gratin, soutè , crude, ripiene, lessate… ballano anche loro aprendo e chiudendo le valve. ... Nunziooooo! ... “Un due tre stella!” ammonisce il Presidente a un certo punto. ... Tutti si bloccano. ... Corro come una forsennata per i corridoi del palazzo e urlo disperata a tutti quelli che incontro: «Chiudete le porte presto, fate presto, aiutiamoli a casa loro!» . ... ... ... Mi sveglia la signora Trenitalia: stazione termini, arrivo con 20 minuti di ritardo.
Si scusa la signora Trenitalia per il disagio.
Cerco l’anziana due fila più in là per discutere del suo incomprensibile ottimismo.
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