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Eravamo quattro amici al bar. Breve intervista atipica a Gianni Cuperlo

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Eravamo quattro amici al bar. Breve intervista atipica a Gianni Cuperlo

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Antonella GOLINELLI

Quindi, sabato 7 settembre sono andata a Ravenna alla Festa Nazionale de l'Unità.

Una settimana di organizzazione, anche di più a dirla proprio tutta, per organizzare un incontro di amici di lunga data da mezza Italia.

Premessa: durante gli anni del mio impegno politico ho conosciuto tante persone. Veramente tante. Quasi tutte veramente pregevoli.

Molti sono diventati amici, persone con cui ci si raccontano i fatti della vita, ci si confronta, cui si chiede un consiglio.

Non è scontato. Detto questo, tra previsti e imprevisti, casi e sorprese, ho incontrato il mondo. Il mio mondo. O almeno una parte importante del mio mondo. Non ho più parte attiva ma mantengo ostinatamente i rapporti interpersonali.

L'occasione era l'intervista a Gianni Cuperlo di Luca Telese.

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Si parlava di Berlinguer. Non ne tratterò qui perché sbobinerò l'intervento e lo trascriverò.

Confesso sia stato affascinante ascoltare il racconto di episodi che appartengono alla mia giovinezza, il ricordare pezzi di vita con importanti ricadute nell'esistenza di ognuno di noi.

Una sala sempre sull'orlo della commozione, azzarderei anche un bel po' di rimpianto di ciò che sarebbe potuto essere.

Ma è andata cosi. Approfittando della conoscenza mi sono lanciata. Ho posto, a latere, due domande a Cuperlo.

Mi sono improvvisata quello che non sono, ma volevo sapere due cose e ho chiesto.

Sì, lo confesso, è un brutto vizio che ho e se non ho risposte, insisto. Ammetto di non essere stata a mio agio in un ruolo non mio. Mi pare di approfittare. Ma è un mio problema.

Non ci sono foto delle facce perché i miei accompagnatori non hanno pensato di ritrarre la scena.

Chissà perché. Ma forse è meglio. Ecco il risultato

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Io – Perché Peppe (Provenzano) è ministro e tu no? Sarebbe stato bellissimo vedere i due che hanno rifiutato una candidatura per motivi nobili essere entrambi ministri

Cup – “Ah ma perché lui è più bravo!”

Io (borbottando) – Dai, smettila!

Cup – “No, no no. È una risposta serissima! Poi lui l'hanno fatto ministro del mezzogiorno a me potevano fare al massimo ministro dell'impero austroungarico”.

Io – Ma tu hai idea degli operatori della cultura, come sarebbero stati contenti? Avevano già fatto la bocca alle chiacchiere

Cup – “Va bene cosi. Serve anche stare al partito e dare una mano. Serve dare una mano mai come adesso. Il governo è importante ma non è tutto. Il partito è impor-

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tante ma non è tutto. Dividiamoci le responsabilità”.

Io – A questo proposito: come li recuperate quelli di Sherwood?

Cup – “Quelli che stanno a Sherwood? Con un po' di fatica. Cercando di diventare un po' di più Robin Hood e meno sceriffo di Nottingham”.

Da Sherwood è tutto.

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