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agosto - settembre 2009 anno II numero 5

SITI DI INTERESSE NAZIONALE Carbochimica: dalla nascita del polo industriale alla bonifica SITI CONTAMINATI La situazione nella provincia di Ferrara, patria di RemTech SCOMPUTO DEI COSTI DI BONIFICA Analizziamo la nuova legge regionale lombarda SPECIALE ANALISI DI RISCHIO Aspetti normativi e tecnici di un’importante fase dell’iter di bonifica

agosto - settembre 2009


The International Symposium on Contaminated Soils and Sediments R

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CD contenente i 42 atti del Simposio Internazionale


ecologia energia TECNOLOGIA AL SERVIZIO DELL’ECOLOGIA TESECO viene fondata nel 1984 e sin dal suo esordio opera nel settore ecologico. Recupero della materia, recupero di aree inquinate e produzione energetica da fonti rinnovabili sono i cardini dell’impegno TESECO, da sempre al servizio dell’ambiente. TESECO è interlocutore unico partner ideale in grado di agire con competenza, professionalità e passione nella gestione dei rifiuti speciali e nella bonifica di aree inquinate. TESECO è certificata UNI EN ISO 9001, UNI EN ISO 14001, OHSAS 18001 TESECO è a Pisa, Torino, Milano, Trieste, Terni, Brindisi e Messina.

TESECO – trattamento rifiuti TESECO è leader in Italia nel settore di trattamento dei rifiuti speciali e delle bonifiche di siti contaminati. L’azienda gestisce, nella propria sede di Pisa, una piattaforma polifunzionale per lo stoccaggio ed il trattamento dei rifiuti speciali e delle acque e dei terreni contaminati tra le più complete ed efficienti presenti nel Paese con l’impiego di impianto di inertizzazione; lavaggio terreni (soil washing); impianto di triturazione e adeguamento volumetrico; impianto chimico-fisico; impianto biologico; laboratori di analisi.

TESECO – Bonifiche Presente con i propri cantieri in tutta Italia TESECO costituisce un punto di riferimento insostituibile per il trattamento di aree contaminate con assoluta certezza della qualità e affidabilità del lavoro svolto, nel rispetto dei limiti tabellari imposti dalla normativa. Proponiamo alla committenza due diligence ambientale e analisi del rischio; indagini ambientali; bonifiche suolo e sottosuolo; gestione delle emergenze ambientali; global service ambientale; lavori a mare; riqualificazione ambientale.

TESECO Bonifiche da amianto TESECO affianca i clienti nelle operazioni di censimento della presenza di amianto in siti produttivi, strutture edili e navali, redige la mappatura del sito ed i progetti di bonifica, esegue gli interventi di messa in sicurezza o rimozione dei materiali e la loro sostituzione.

TESECO Energia TESECO è partner unico e qualificato in tutti i passaggi necessari per semplificare, ottimizzare e garantire alte prestazioni a chi scelga le potenzialità energetiche fotovoltaiche. L’azienda si pone come interlocutore capofila per la progettazione, realizzazione e gestione di centrali a biomasse per la produzione di energia elettrica, garantendo controllo e logistica nella scelta dei combustibili.

TESECO Sistema Integrato Qualità Ambiente Sicurezza Oggi TESECO è in grado di offrire la sua consulenza per l’ottenimento e il mantenimento delle certificazioni in base alle esigenze dell’azienda, in conformità alle normative vigenti e secondo i canoni: UNI EN ISO 9001 • UNI EN ISO 14001 • OHSAS 18001 Il servizio di consulenza TESECO si arricchisce con l’offerta di corsi di formazione su Qualità, Ambiente e Sicurezza in grado di soddisfare ogni tipo di committenza.

Sede Legale, Direzione Generale, Tecnica e Operativa Via C.L. Ragghianti, 12, Pisa. Tel. 050 987511 - Fax 050 987575

www.teseco.it



EDITORIALE

Siti di interesse nazionale in arrivo 1,7 miliardi di Euro

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uella dell’ultimo anno è, come si è letto sui principali quotidiani e sulle riviste di settore, la più grave crisi economica internazionale in cui siamo incorsi dalla metà degli anni ’70 ad oggi, con una flessione del PIL mondiale e un tasso di disoccupazione che, pare, potrebbe ancora aumentare nei prossimi mesi. Di tale scenario globale, il Documento di Programmazione Economico-Finanziaria 2010-2013 presentato dal Governo ha dovuto tener conto. Nello specifico, i problemi connessi alla protezione dell’ambiente hanno assunto sempre maggior rilievo in ambito economico, fino a svolgere un ruolo determinante nelle scelte politiche e negli interessi globali. “Le politiche ambientali in Italia, al pari di quanto sta accadendo in altri Paesi, rivestono una forte valenza non solo per la necessaria salvaguardia dell’ambiente e degli ecosistemi ma anche per la ripresa dell’economia secondo il modello della cd. green economy”; così recita il succitato Dpef nel capitolo dedicato all’ambiente e alla tutela del territorio. Nonostante la crisi economica che ancora grava su molti settori, ai fini di adempiere a tutti gli obblighi assunti in sede internazionale, il Ministero dell’economia e delle finanze ha confermato la necessità di destinare adeguate risorse finanziarie per le attività di bonifica dei siti contaminati, per la prevenzione del dissesto idrogeologico e per la salvaguardia delle risorse idriche e naturali del nostro Paese. Per il triennio 2010-2013 il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ha annunciato lo stanziamento di circa 1,7 miliardi di euro, che saranno destinati alla bonifica e al ripristino ambientale dei siti di interesse nazionale di cui ad oggi è definita una perimetrazione. In particolare, il documento Dpef esprime la necessità di “finanziare adeguatamente gli accordi di programma già sottoscritti per la bonifica e il ripristino ambientale dei 57 siti di interesse nazionale (SIN) inquinati”. L'attenzione sarà focalizzata “su 25 di essi il cui risanamento costituisce un'importante leva per la riqualificazione in termini produttivi e turistici delle aree interessate”. Il finanziamento di tali attività consentirebbe la restituzione di aree ad elevato rischio ambientale, offrendo inoltre l’opportunità di rilanciare le economie locali. A fronte di tale impegno assunto a livello nazionale, ci auspichiamo che le attività di tutela dell'ambiente costituiscano non un vincolo ma una grande opportunità di progresso e sviluppo economico per l’Italia. Massimo Viarenghi

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TITOLO

5 sommario

AGOSTO / SETTEMBRE 2009

ECO TECNOLOGIE PER L’AMBIENTE BONIFICHE E RIFIUTI www.ecoera.it

RUBRICHE ecoNews

22 POLIZZE ASSICURATIVE in materia di DANNO AMBIENTALE: tipologie di prodotto e determinazione del rischio

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Vetrina

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Convegni

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Libri

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STORIA DI COPERTINA PROVINCIA DI FERRARA: LA GESTIONE DEI SITI CONTAMINATI IN UN TERRITORIO VULNERABILE di Maeva Brunero Bronzin

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ATTUALITÁ

34 Analisi e pianificazione delle attività di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento dei RIFIUTI prodotti durante DISASTRI NATURALI e ANTROPICI

LA RACCOLTA DIFFERENZIATA FA SOSTA IN AUTOSTRADA di Maria Beatrice Celino LO SCOMPUTO DEI COSTI DI BONIFICA DAGLI ONERI DI URBANIZZAZIONE SECONDARIA di Federico Vanetti

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IL DANNO AMBIENTALE DAL PUNTO DI VISTA ASSICURATIVO di Massimo Viarenghi

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IL CENTRO COMMERCIALE SI FA ECOSOSTENIBILE di Veronica Monaco

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LA FABBRICA DELLE IDEE

72 Ricostruzione precisa della contaminazione e definizione mirata degli interventi di bonifica con l’impiego di MEMBRANE INTERFACE PROBE

NUOVE SOLUZIONI PER LA BONIFICA DEL MARE di Miriam Di Ciaula

THE BIG EYE LA GESTIONE DELLE ACQUE REFLUE NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO di Carlo Collivignarelli e Fausta Prandini

SICUREZZA nei cantieri temporanei e mobili, tutte le novità introdotte al Testo Unico 81/08 dal recente DECRETO CORRETTIVO

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REPORT PRODUZIONE E GESTIONE DI RIFIUTI ORIGINATI DA DISASTRI NATURALI E DI ORIGINE ANTROPICA di Antonella E. Santamaria e Federico G. A. Vagliasindi

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34

SPECIALE ANALISI DI RISCHIO SITO-SPECIFICA: UNA PROCEDURA IN CONTINUO AGGIORNAMENTO di Tina Corleto

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Anno 2 - Numero 5 Agosto - Settembre 2009

Direttore responsabile: Virginia Gambino Direttore editoriale: Massimo Viarenghi Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin

WORK IN PROGRESS BONIFICA DELL’AREA INTERNA ALL’EX OFFICINA DEL GAS A SAVIGLIANO di Andrea Terziano

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DEMOLIZIONE E BONIFICA FANNO SPETTACOLO NELL’ EX AREA MONTELUCE A PERUGIA di Maeva Brunero Bronzin

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BONIFICA E DEMOLIZIONE DI UN IMPIANTO DI DISTILLAZIONE BENZOLO di Andrea Terziano

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PROGETTI E TECNOLOGIE LA BIODEGRADAZIONE SELETTIVA DEGLI IPA PRESSO L’ARENILE DI CIVITANOVA MARCHE di Paolo Maggioni

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LA DISCIPLINA DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO: MODALITÁ PER UNA CORRETTA GESTIONE di Linda Collina e Mario Sunseri

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IL SITO DI INTERESSE NAZIONALE EX CARBOCHIMICA DI FIDENZA di Alessandra Bello

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IL SISTEMA MIP NELLA DEFINIZIONE DEL MODELLO CONCETTUALE DI UN SITO CONTAMINATO DA DNAPL di Rodolfo Chiastellaro e Roberto Gaveglio

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Comitato Scientifico: Direzione e coordinamento Tina Corleto Membri: Daniele Cazzuffi (Cesi spa – RemTech) Laura D'Aprile (ISPRA, Roma) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Roma) Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino) Grafica, disegni e impaginazione: PeVmedia – C.so Francia, 128 – 10143 Torino Stampa: C.P.M. spa, Via Puccini 64 – 20080 Milano

NORMATIVA CULTURA DEL RISCHIO: OBBLIGO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE NEL CAMPO DELLE MERCI PERICOLOSE di Filippo Bonfatti

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LA GESTIONE DEI BROWNFIELDS E LE OPPORTUNITA’ NEL DECOMMISSIONING INDUSTRIALE di Andrea Quaranta

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SICUREZZA SUL LAVORO: EMANATO IL DECRETO CORRETTIVO DEL TESTO UNICO di Marco Colombo

Collaboratori: Alessandra Bello, Filippo Bonfatti, Maria Beatrice Celino, Rodolfo Chiastellaro, Marco Colombo, Linda Collina, Carlo Collivignarelli, Miriam Di Ciaula, Roberto Gaveglio, Paolo Maggioni, Veronica Monaco, Anna Montefinese, Fausta Prandini, Andrea Quaranta, Antonella Santamaria, Mario Sunseri, Andrea Terziano, Federico Vanetti, Federico Vagliasindi

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Abbonamenti: Italia annuo € 30,00 - estero annuo € 50,00 - copia singola € 6,00. Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@vgambinoeditore.it – Spedizione in contrassegno Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: tel. 011.7802164 cell. 347.8206331 Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista, nonché la loro riproduzione, è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. Periodicità: bimestrale Poste Italiane Spa – Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – DCB Milano Registrazione: n. 390 del 24 giugno 2008

ASSOCIAZIONe STUDI AMBIENTALI DALLA COMMISSIONE EUROPEA UNA SPINTA ALL’EFFICIENZA ENERGETICA

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AD EXPOEDILIZIA 2009 SI PARLA DI RIFIUTI INERTI

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UN GRIDO D’ALLARME PER LA RACCOLTA DIFFERENZIATA

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Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione e Pubblicità: Virginia Gambino Editore S.r.l. Viale Monte Ceneri, 60 – 20155 Milano – Italy tel. 02.39260098 fax 02.39264081 - e-mail: redazione@vgambinoeditore.it Ai sensi del D. Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da Virginia Gambino Editore S.r.l. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.


econews

Federambiente chiede chiarimenti urgenti sull’IVA

In pensione le vecchie lampadine Il primo settembre le vecchie lampadine a incandescenza sono andate in pensione. è cominciato infatti il loro progressivo ritiro dagli scaffali di tutta Europa, come stabilito dalla Commissione Ue nel marzo scorso. L’obiettivo che ci si pone è il completo rimpiazzo entro il 2012 con quelle di ultima generazione a basso consumo. Si comincerà a mandare in soffitta le lampadine da 100 watts, quelle che comportano il maggior spreco di energia. A regime, secondo i calcoli di Bruxelles, la totale sostituzione con le lampadine fluocompatte o alogene permetterà di risparmiare 80 Tkw, quantificabili in 11 miliardi di euro l'anno, prevenendo così l'emissione di 32 milioni di tonnellate di CO2. E’ pur vero che le nuove lampadine sono più care, costando in media circa 5 euro, ma consentono di risparmiare fino all'80% di energia elettrica in un mese ed hanno una durata decisamente maggiore rispetto alle lampadine tradizionali. Il nodo che resta da sciogliere ora riguarda il destino delle lampadine a risparmio energetico. Infatti pur pagando l’ecocontributo il sistema di corretto smaltimento non è entrato completamente in vigore. Per il momento tutto è affidato alla buona volontà individuale.

Raccolta differenziata: primo premio a Verbania Secondo il rapporto dell'Istat “Indicatori ambientali urbani” è Verbania il Comune capoluogo in testa alla classifica della raccolta differenziata: nel 2008 ha raggiunto il 73,5% sul totale dei rifiuti. La maglia nera invece va a Messina (3,1%), preceduta di poco da Iglesias (3,8%), Palermo (4,6%), Isernia (5,3%) ed Enna (5,4%). Napoli, protagonista negli ultimi anni di emergenze rifiuti gravissime, è al 14,5%. Lo scorso anno sono stati 27 i Comuni che hanno raggiunto l'obiettivo del 45% di raccolta differenziata, secondo quanto disposto dalla normativa: tra i casi più clamorosi va citato quello di Salerno, passata dall'8,6% del 2007 al 48,9% del 2008. Il rapporto Istat affronta anche il capitolo acqua. Nel 2008, Agrigento è stato il Comune con il consumo pro capite di acqua più basso (35,6 m3 per abitante) e Massa quello con il consumo più alto (91,2 m3 per abitante). Il consumo medio è stato di 68,4 metri cubi per abitante, in calo dell'1,9% rispetto al 2007.

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Niente IVA sulla tariffa dei rifiuti dopo la sentenza della Consulta, ma ora servono “norme chiare”. Federambiente chiede un intervento del Governo. Con la sentenza numero 238 del 24 luglio 2009 la Corte Costituzionale ha stabilito che la tariffa sui rifiuti (Tia), in vigore attualmente in quasi 1.200 comuni italiani, avendo comunque natura tributaria come la vecchia tassa sui rifiuti (Tarsu), non può essere assoggettata al pagamento dell'IVA. La sentenza sembra mettere la parola fine a un dibattito che si trascina ormai da anni. Gli operatori del settore però chiedono che venga fatta definitiva chiarezza in sede legislativa a tutela delle proprie attività e anche dei cittadini, pertanto Federambiente chiede “un chiarimento definitivo anche alla luce del fatto che l'Agenzia delle entrate (soggetto preposto alla gestione dell'IVA) si é pronunciata, con una risoluzione antecedente alla sentenza della Corte costituzionale, in senso inverso”. Il caos burocratico, osserva Federambiente, rischia di suscitare aspettative nei cittadini e di creare danno all'operatività delle imprese associate nelle prossime attività di fatturazione. Federambiente e le imprese associate auspicano “una rapida iniziativa di modifica normativa che chiarisca in modo definitivo sia gli aspetti che attengono al pregresso sia soprattutto la disciplina futura”.

Nuovo decreto del Ministero sulle acque superficiali e sotterranee E’ stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale del 02/09/2009 il decreto relativo alla "individuazione delle informazioni territoriali e modalità per la raccolta, lo scambio e l'utilizzazione dei dati necessari alla predisposizione dei rapporti conoscitivi sullo stato di attuazione degli obblighi comunitari (direttiva 2000/60/Ce) e nazionali (Dlgs 152/06) in materia". La disciplina europea, infatti, istituisce un quadro di azione comunitaria per la protezione delle acque superficiali interne, delle acque costiere e sotterranee, da attuarsi attraverso l'ottimizzazione degli usi e promuovendo un approccio integrato e multidisciplinare. Dunque, l'Ispra (ex Apat) dovrà mettere a disposizione entro sessanta giorni dalla pubblicazione sulla G.U. le modalità, le specifiche, gli strati informativi Gis di base già disponibili e le codifiche per l'acquisizione dei dati, aggiornandoli. Quindi le Regioni, le Province e le Autorità di Bacino (ciascuno per la propria competenza) dovranno trasmettere entro le scadenze indicate dal Ministero i dati necessari alla definizione degli strati informativi Gis di riferimento nazionale, secondo modalità conformi al sistema informativo europeo Wise (Water Information System for Europe).


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econews

Per assicurare la più ampia divulgazione sullo stato di qualità delle acque in territorio nazionale, l'Ispra e il Ministero pubblicheranno on-line i risultati delle elaborazioni dei dati acquisiti. Dati che dovranno riguardare anche le sostanze chimiche. Le Regioni infatti, devono trasmettere, con cadenza biennale, l'elenco delle sostanze chimiche prioritarie e non scaricate, rilasciate o immesse nelle acque superficiali e sotterranee. Perché il fine è quello di predisporre un elenco nazionale delle sostanze chimiche inquinanti presenti sul territorio.

Casale monferrato: prosegue la bonifica dell'amianto Nel 1997 il Ministero dell'Ambiente aveva identificato come “area critica di Casale Monferrato” il territorio di 48 Comuni interessati alla bonifica di materiali contenenti amianto: la stima di allora aveva dato come risultato 1 milione di metri quadrati di materiale da rimuovere. Le bonifiche sono iniziate sul patrimonio pubblico nel 1998 e sulle proprietà private nel 2005, per queste ultime la gestione della bonifica è organizzata dal Comune di Casale, mediante bandi biennali che erogano contributi ai cittadini per incentivare la rimozione dell’amianto. Nel 2005 sono state presentate 1085 domande per mq. 489.301,19 mentre per il bando del 2007 le domande sono state 549 per mq. 291.154,94. Sommando quelli del patrimonio pubblico portano a circa 905.000 il totale generale dei metri quadrati contenenti amianto dei quali 315.000 sono già stati “trattati”. A questi dati si sommano quelli recentissimi del terzo bando del 2009, per il quale sono state presentate 491 domande per un totale di circa 245.000 mq, portando così il totale a 1.150.000 mq. L'impegno finanziario per questi tre bandi ammonta a 26,4 milioni di Euro. “Calcolando il delta tra le domande presentate nel 2005 e quelle presentate nel 2007 ritenevamo di trovarci di fronte ad un trend fortemente in calo” è stato il commento dell'assessore all'ambiente Vito De Luca. “Invece il numero di domande pervenuteci con il terzo bando ci fa pensare di non essere così vicini alla soluzione del problema. Poiché nel programma di governo di questa amministrazione è stato scritto a chiare lettere di voler portare a termine la totale bonifica da amianto, mi auspico di avere dai soggetti pubblici e privati la più ampia collaborazione per estirpare questo male che ha così pesantemente segnato la nostra Città e i suoi cittadini”.

A Venezia il Master universitario in diritto dell'ambiente L’Università Ca' Foscari di Venezia attiva, per l’anno accademico 2009/2010, il Master universitario di I livello in Diritto dell’Ambiente organizzato dal Dipartimento di Scienze Giuridiche.

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Il Master è realizzato per sovvenire alla richiesta di nuove competenze professionali derivanti dalla complessa domanda di capacità altamente qualificate nella gestione delle tematiche ambientali. Al riguardo, va evidenziato che il Codice dell’Ambiente, D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., ha innovato, sotto molteplici profili, l’intera materia, la quale pare tuttavia ancora oggi in continua evoluzione giurisprudenziale e normativa. Il Master ha come obiettivo la formazione di giuristi dell’ambiente che sappiano muoversi agevolmente nell’ambito di tale sistema in continua evoluzione, e proporsi come interpreti dei temi e dei problemi dell’ambiente in chiave pluridisciplinare e di comparazione nel contesto del diritto internazionale e in quello del diritto comunitario. Le figure professionali formate dal corso potranno inserirsi in aziende italiane ed europee con funzioni di consulenza e di programmazione; potranno accedere alle pubbliche amministrazioni chiamate a decidere direttamente sui temi dell’ambiente; acquisiranno una specializzazione anche in posizione di sostegno giuridico-scientifico a favore di gruppi, associazioni, istituti pubblici e privati che si occupano della materia ambientale.

Rifiuti da imballaggio, operativo l’accordo quadro ANCI - CONAI

L’Accordo, giunto al terzo rinnovo, ha durata quinquennale (2009-2013), ed è nato per dare impulso alla raccolta differenziata dei sei materiali di imballaggio: acciaio, alluminio, carta, legno, plastica e vetro. Ai Comuni che sottoscrivono le convenzioni, viene riconosciuto e garantito nel tempo un corrispettivo economico per i rifiuti di imballaggio raccolti e conferiti al Sistema Consortile, che ne garantisce l’avvio a riciclo. Tra le novità dell’Accordo spiccano il ritiro di tutti i rifiuti di imballaggio su tutto il territorio nazionale anche al di là degli obiettivi di legge, l’incremento dei corrispettivi, la spinta qualitativa alla raccolta, la promozione di modelli di raccolta, il sostegno alle aree in ritardo, il rinnovato impegno per la formazione e la comunicazione, l’allegato tecnico imballaggi in vetro e la sussidiarietà rispetto al mercato. Il Sistema Consortile, l’ANCI e le Aziende, dopo avere innescato un processo virtuoso che ha portato all’aumento della quantità di imballaggi raccolti e avviati a riciclo/recupero, si pongono ora l’obiettivo di puntare ad una maggiore qualità, sostenendo la crescita del riciclo in tutte le aree del Paese, con particolare attenzione a quelle tuttora in


ritardo. Ad oggi, sono circa 7.000 i Comuni convenzionati, per oltre 54 milioni di cittadini serviti e, nell’ultimo anno, l’ammontare dei corrispettivi economici riconosciuti ai Comuni per la raccolta differenziata dei rifiuti di imballaggio è stato di oltre 260 milioni di euro. Permangono forti differenze nei quantitativi di imballaggi raccolti e conferiti al sistema consortile, con il Nord che si attesta su 84 Kg per abitante convenzionato, il Centro su 51 Kg/ab e il Sud su 31 Kg/ab.

RILEGNO: cala la quantità ma aumenta la qualità

Questo è un dato che non deve stupire perché rispecchia quello della produzione, se si osservano le quantità. È un calo che corre parallelo a quello degli imballaggi in legno immessi al consumo sul territorio nazionale nel 2008, che si attesta su 2.720.000 tonnellate (-5% rispetto al 2007), conseguenza di una battuta d’arresto generale in Italia. Resta comunque soddisfacente la percentuale di imballaggi in legno avviati al recupero rispetto al totale dell’immesso al consumo, pari al 56% (che corrisponde a 1.519.637 tonnellate, recuperate complessivamente sia da Rilegno sia da soggetti terzi): il dato supera infatti abbondantemente l'obiettivo del 35% previsto dal Testo Unico Ambientale.

Cala il numero di imballaggi in legno circolante in Italia nel 2008, cala la quantità di rifiuti in legno avviati al recupero, ma cresce la qualità dei rifiuti raccolti e si mantiene stabile e capillare la diffusione del sistema coordinato da Rilegno, il Consorzio Nazionale per la raccolta, il recupero e il riciclo dei rifiuti di imballaggio di legno (pallet, cassette per l’ortofrutta, imballaggi industriali). 1.680.341 sono le tonnellate di rifiuti legnosi complessivi recuperate in gestione diretta dal Consorzio nel 2008 (-7% rispetto al 2007). Di queste il 55% sono rifiuti di imballaggio, per un totale di 919.622 tonnellate (-4% rispetto al 2007).

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STORIA DI COPERTINA

PROVINCIA DI FERRARA: LA GESTIONE DEI SITI CONTAMINATI IN UN TERRITORIO VULNERABILE Il Petrolchimico di ferrara è il sito inquinato più importante della Provincia, ma la vocazione chimica dell’industria ed una falda vulnerabile sono causa di numerosi fenomeni di contaminazione di Maeva Brunero Bronzin

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ono ormai imminenti le fiere di settore che ci porteranno nei prossimi mesi in territorio emiliano romagnolo ed anche per questa ragione abbiamo voluto intervistare la Dott.ssa Gabriella Dugoni, Dirigente del Servizio Politiche della Sostenibilità e Cooperazione internazionale della Provincia di Ferrara al fine di avere un quadro della situazione dei siti contaminati nel territorio provinciale.

Dott.ssa Gabriella Dugoni - Dirigente del Servizio Politiche della Sostenibilità e Cooperazione internazionale della Provincia di Ferrara

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Ci può illustrare la situazione generale dei siti contaminati presenti nella Provincia di Ferrara? Nella Provincia di Ferrara non è presente alcun sito contaminato di interesse nazionale, tuttavia vi sono alcune situazioni che, per l’estensione, il contesto in cui sono ubicate e la natura dei contaminanti, risultano particolarmente complesse ed onerose, e come tali necessitano di estrema attenzione. Mi riferisco nello specifico all’area del Polo Industriale Petrolchimico e ad altre zone non fisicamente contigue, ma che in passato sono state interessate da smaltimenti di rifiuti anche industriali del Petrolchimico stesso, nelle quali vi è una contaminazione diffusa di varie sostanze tra cui organoclorurati, ed in particolare CVM (Cloruro di Vinile Monomero). La pluralità di soggetti che intervengono nel risanamento dell’area industriale nel primo caso (sono infatti circa una decina le Società che vi operano) e la situazione di intensa urbanizzazione nel secondo caso, rendono particolarmente complesse le procedure e le operazioni di bonifica. Oltre ai siti soprariportati, le ulteriori situazioni di contaminazione nel nostro territorio riguar-

dano principalmente altre tipologie di attività produttive: la dismissione di Punti vendita e depositi di carburante, gli incidenti stradali che hanno comportato lo sversamento di sostanze inquinanti, le discariche abusive ed abbandono di rifiuti e la dismissione di impianti domestici funzionanti a gasolio. Quali ritiene siano le maggiori criticità del Vostro territorio in relazione alle problematiche di inquinamento del suolo e delle acque sotterranee? Il territorio della provincia di Ferrara, interamente pianeggiante e situato per circa il 50% al di sotto del livello medio mare, è caratterizzato da litologie ad alta variabilità sia laterale che verticale. Si tratta prevalentemente di miscele ternarie ALS (argilla-limo-sabbia), con predominanza della frazione limo argillosa tra un paleoalveo e l’altro e più sabbiosa in corrispondenza di cordoni dunosi e paleoalvei. L’assetto idrogeologico sotterraneo è caratterizzato da una prima falda libera, a tratti discontinua seguita in profondità da una serie di acquiferi in pressione, alcuni dei quali salmastri in quanto depositatisi in ambiente marino. Dalla situazione altimetrica del territorio è facile dedurre che la soggiacenza della falda è


molto prossima al piano campagna e quindi non vi è situazione di contaminazione che non interessi entrambe le matrici suolo ed acqua. Inoltre poiché i livelli argillosi che separano i vari acquiferi sotterranei possono presentare delle discontinuità o in alcuni casi non sono sufficientemente potenti e/o impermeabili da garantire la netta separazione degli stessi, una contaminazione può facilmente diffondersi e raggiungere più di un acquifero. Ulteriori elementi da non sottovalutare inoltre sono: il fenomeno della subsidenza che già agisce naturalmente causando costanti abbassamenti del territorio, particolarmente nelle aree di recente bonifica agraria, ed il richiamo di acque salmastre, fattori che possono entrambi essere incrementati applicando sistemi di bonifica che prevedano emungimenti prolungati e cospicui delle acque di falda. Infine, sulla base di una serie sufficientemente ampia di analisi di terreni effettuate per vari scopi sul nostro territorio provinciale, è risultato che i valori di alcuni metalli, in particolare ferro, manganese, zinco ed arsenico, sono già naturalmente superiori, e non di poco, alle CSC indicate dalla norma. Ciò comporta quindi una difficoltà nella determinazione sitospecifica del valore di contaminazione per i metalli di cui sopra. Ci può illustrare qual è lo stato di avanzamento degli interventi nel Polo Industriale Petrolchimico di Ferrara?

Polo Industriale Petrolchimico di Ferrara

A seguito della sottoscrizione di un accordo di programma, tutte le Aziende insediate nell’area del Petrolchimico hanno iniziato l’iter procedurale per la bonifica delle proprie aree. Mentre ciò è avvenuto singolarmente per le matrici superficiali (suolo e acquifero freatico), per l’acquifero confinato, la cosiddetta “falda profonda”, è stato elaborato un progetto unitario esteso a tutta l’area del sito industriale.

Distribuzione dei siti da bonificare sul territorio della Provincia di Ferrara

Per tutte le Aziende è stato approvato un Piano preliminare di bonifica in base alla vecchia normativa (D.M. 471/99), cui è seguita una richiesta di rimodulazione degli obiettivi di bonifica in base al D.Lgs 152/06. In seguito a ciò alcune Società hanno elaborato analisi di rischio e realizzato interventi di bonifica, mentre altre, sempre ai fini dell’adeguamento alla normativa vigente, stanno elaborando le Analisi di Rischio per le matrici superficiali nelle rispettive aree di competenza. Per quanto attiene alla falda profonda è stata approvata l’Analisi di Rischio ed il conseguente Progetto Operativo di bonifica. A seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs 152/2006 come è cambiato il Vostro ruolo nella gestione dei siti contaminati e come Vi relazionate con gli altri Enti coinvolti nell’iter di bonifica? Il ruolo della Provincia è sicuramente cambiato non solo per l’entrata in vigore del D.Lgs 152/06 ma anche e soprattutto a seguito della emanazione della L.R. 05/06 che ha trasferito alle Province le funzioni assegnate alla Regione dal decreto nazionale. In base a ciò la Provincia viene ad essere quindi l’Autorità competente per tutte le nuove procedure avviate in base al D.Lgs 152/06.

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STORIA DI COPERTINA

Per far fronte a questa nuova “responsabilità” è risultato fondamentale non solo potenziare l’organico, ma soprattutto acquisire la necessaria professionalità per garantire lo svolgimento corretto delle istruttorie tecniche, comprendenti la valutazione delle Analisi di Rischio elaborate dai proponenti, ed introdotte proprio dal decreto sopra citato. Peraltro si è anche attivata una stretta collaborazione con ISPRA che vede un rappresentante della Provincia di Ferrara tra i componenti del gruppo di lavoro che elabora le linee guida in materia di bonifiche e si è inoltre intensificato il rapporto con le altre Province della Regione, che spesso si rivolgono a noi per consulenze tecniche. Vista la vocazione chimica dell’industria ferrarese e le caratteristiche di vulnerabilità del Vostro territorio, ritiene siano molte le aree che in futuro necessiteranno di interventi di bonifica e che si andranno ad aggiungere alle situazioni già conosciute? Pur ritenendo che le situazioni più gravi di contaminazione del territorio legate all’attività di aziende del Settore chimico siano già emerse e vengano conseguentemente tenute sotto controllo, vi sono tuttavia alcune realtà per le quali dovrà essere accertata la necessità o meno di opere di bonifica. Mi riferisco in particolare ad aree produttive attive o in dismissione, nelle quali oltre alle contaminazioni dovute all’attività di processo, sono presenti fabbricati con coperture in eternit, cisterne interrate, trasformatori, ecc., vale a dire situazioni di potenziale inquinamento da verificare. Ulteriori problematiche potrebbero emergere a causa della pratica diffusa in passato, quando ancora non esistevano normative specifiche per lo smaltimento dei rifiuti, del riempimento di maceri (piccoli specchi d’acqua in collegamento diretto con l’acquifero freatico, utilizzati per la coltivazione della canapa) con rifiuti di varia natura, compresi quelli industriali. Nella gestione degli interventi, siano essi a carico di enti pubblici o privati, riscontrate in generale un atteggiamento collaborativo da parte dei vari attori coinvolti nelle procedure? La collaborazione fra Enti risulta elemento essenziale nella gestione delle procedure di bonifica. Con ARPA, nostro organismo tecnico di controllo, con ASL e con i Comuni si è instau-

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rato fin dall’inizio un rapporto molto stretto che ci permette di affrontare collegialmente i problemi che si pongono di volta in volta e di gestire le situazioni in modo coerente su tutto il territorio provinciale. Per quanto riguarda i soggetti privati cerchiamo di fornire tutto il supporto tecnico possibile, in particolar modo per l’elaborazione delle Analisi di Rischio, al fine di ottenere rapporti tecnicamente validi e conseguentemente approvabili in tempi rapidi dalla Conferenza dei Servizi. Credo che questa modalità operativa sia molto apprezzata dai tecnici esterni e stimola anche noi ad un aggiornamento continuo. RemtechExpo si tiene a Ferrara, Ecomondo ha come sede Rimini, a Ravenna si terrà Ravenna2009, la seconda edizione del Festival su rifiuti, acqua ed energia, questo solo per citare gli eventi del prossimo autunno. E’ un caso che tutte queste manifestazioni si concentrino

nella stessa Regione o ritiene che in Emilia Romagna più che altrove vi sia uno spiccato interesse nei confronti delle tematiche ambientali e nello specifico per il settore bonifiche e rifiuti? Riteniamo che il proliferare di eventi dedicati alle tematiche ambientali nella Regione Emilia Romagna non sia casuale ma derivi dalla concomitanza di due fattori principali: da un lato Enti Locali particolarmente attenti ed esigenti per quanto attiene alla salvaguardia delle matrici ambientali (suolo, acqua, aria) e dall’altro lato aziende e società private disponibili alla collaborazione ed alla ricerca di modalità sempre nuove di tutela e salvaguardia del territorio. A tutto ciò si aggiunge la presenza dell’Università che con l’attività di ricerca e a volte consulenza, garantisce un contributo scientifico elevato portando valore aggiunto al settore.

Fase di estrazione di un serbatoio interrato


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SARDINIA 2009 XII Simposio Internazionale sulla Gestione dei Rifiuti e sullo Scarico Controllato

5 - 9 ottobre 2009 - Santa Margherita di Pula, Cagliari Organizzato da: IWWG - International Waste Working Group

Con il supporto scientifico di: Università degli Studi di Padova (IT) Università Tecnica di Amburgo (DE)

COMITATO ESECUTIVO Raffaello COSSU - Università degli Studi di Padova (IT) Luis F. DIAZ - CalRecovery Inc., Concorde, CA (US) Rainer STEGMANN - Università Tecnica di Amburgo (DE) PRESENTAZIONE Le strategie e le tecnologie per la gestione dei rifiuti sono in continua evoluzione a livello internazionale. I Simposi Sardinia dal 1987 costituiscono il Forum di riferimento per gli esperti del settore e hanno testimoniato e contribuito nel corso degli ultimi vent’anni allo sviluppo dei moderni concetti di gestione integrata dei rifiuti con recupero di materiali ed energia e di smaltimento sostenibile dei residui. La scorsa edizione del Simposio nell'ottobre 2007 ha visto la partecipazione di oltre 1000 delegati da più di 80 paesi del mondo con l'esposizione di circa 600 relazioni. La XII edizione del Simposio Sardinia sarà incentrata sugli aspetti innovativi della gestione sostenibile dei

rifiuti, a partire dalle nuove tecnologie, verranno definiti lo stato dell'arte e i relativi casi studio, analizzando gli elementi controversi e confrontando le diverse esperienze a livello internazionale. Il Programma del Simposio, che si svilupperà in 5 giornate, prevede presentazioni orali suddivise in 8 Sessioni Parallele (Sessioni Generali, Sessioni Specializzate e Workshop) e presentazioni Poster. I lavori accettati sono stati selezionati in base alla qualità da un gruppo di Referee Internazionali, da un totale di oltre 700 abstract pervenuti da 62 paesi del mondo. Il programma dettagliato del Simposio è disponibile sul sito: www.sardiniasymposium.it SEGRETERIA ORGANIZZATIVA Eurowaste srl Via Beato Pellegrino 23 - 35137 Padova Contact: Anne Farmer Phone: +39 049 8726986 Fax: +39 049 8726987 e-mail: eurowaste@tin.it Per ulteriori e aggiornate informazioni consultare il sito web: www.sardiniasymposium.it SEDE DEL SIMPOSIO Il Forte Village Resort con i suoi numerosi hotel è situato in una splendida baia sulla costa sudoccidentale della Sardegna, a circa 40 km da Cagliari, all’interno di un parco naturale di 25 ettari. Ulteriori dettagli sono disponibili sul sito web: www.fortevillageresort.com

LINGUE UFFICIALI La lingua ufficiale del Simposio è l’Inglese; per questa edizione è inoltre prevista una sessione che si svolgerà interamente in lingua italiana. CORSI DI AGGIORNAMENTO Prima dell’inizio del Simposio, Domenica 4 Ottobre saranno tenuti dei corsi di aggiornamento, in lingua Inglese, organizzati a cura di IWWG (International Waste Working Group, www.iwwg.eu). I corsi sono rivolti ai delegati che volessero acquisire conoscenze di base utili a rendere più produttiva la partecipazione ai lavori del Simposio. Al momento sono previsti i seguenti corsi: Gestione dei Rifiuti nei Paesi in Via di Sviluppo, Processi ed emissioni in Discarica, Progettazione delle Discariche e delle Barriere, Gestione del Percolato, Gestione del Biogas, Valutazione delle Emissioni di Contaminanti sulla base di test di cessione con il software LeachXS, Compostaggio. La scheda di iscrizione ai Corsi è disponibile sul sito web del Simposio. ESPOSIZIONE COMMERCIALE Nel corso del Simposio nel Foyer adiacente alla sala conferenze si terrà un’esposizione commerciale dedicata alle aziende operanti nel settore della gestione dei rifiuti che potranno presentare la propria attività. Per ulteriori informazioni è possibile contattare: Eurowaste Srl Via Beato Pellegrino, 23 - 35137 Padova Tel. +39-049 8726986 Fax +39-049 8726987 e-mail: eurowaste@tin.it

Informazioni sulle modalità di iscrizione e il programma dettagliato del Simposio sono disponibili sul sito: www.sardiniasymposium.it


ATTUALITà

LA RACCOLTA DIFFERENZIATA FA SOSTA IN AUTOSTRADA CONAI e Autogrill con “Destinazione Ambiente” realizzano un progetto pilota che invita anche il viaggiatore a fare la raccolta differenziata di Maria Beatrice Celino

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’iniziativa si rivolge potenzialmente a 300 milioni di persone che ogni anno sostano nelle aree di ristoro delle autostrade italiane (di cui 200 milioni nelle aree gestite da Autogrill). La fase iniziale, condotta anche in collaborazione con Waste Italia, il Gruppo Hera e ID&A, interesserà cinque aree di sosta pilota per poi essere progressivamente estesa a tutti i punti vendita Autogrill distribuiti sulla rete autostradale italiana. Ogni anno nelle 420 aree di ristoro presenti nelle autostrade italiane sono prodotte circa 45.000 tonnellate di rifiuti. Secondo uno studio realizzato da CONAI, il 45% è costituito da organico (residui di cibo e bevande), quasi il 40% da vari materiali (acciaio, alluminio, carta e cartone, plastica, legno e vetro) e il 15% da altri rifiuti; mediamente un quarto del totale è costituito da imballaggi. Nel Centro-Sud risulta più elevata la frazione organica, mentre al Nord aumentano carta e cartone. Una volta a regime, 20/25.000 tonnellate di rifiuti annui potrebbero essere sottratte alla raccolta indifferenziata e avviate al riciclo portando anche ad una riduzione di CO2 di oltre 12.000 tonnellate annue. Nelle cinque aree di servizio interessate dall’iniziativa – Brianza Sud (MI), Villarboit Sud (NO), Limenella Ovest/Nord (PD), Limenella Est/Sud (PD) e Mensa (RA) – sono state già organizzate nel mese di luglio due giornate dimostrative con postazioni CONAI allestite ad hoc e finalizzate a sensibilizzare il consumatore sulle

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modalità con cui effettuare la raccolta differenziata trasformando i rifiuti in nuove risorse.

La parola a… Piero Perron - Presidente CONAI Com’è nato il progetto “Destinazione Ambiente”? È di grande interesse per CONAI promuovere comportamenti virtuosi da parte dei cittadini per una corretta attività di separazione dei rifiuti di imballaggio così da consentirne l’avvio a riciclo. Ma non solo, consideriamo estremamente importante che organizzazioni commerciali della dimensione di Autogrill affrontino il tema ambientale con determinazione e visione strategica. CONAI d’altronde è sempre interessato ad ampliare il proprio bacino di utenza anche al di fuori dei tradizionali canali di raccolta urbana. Contemporaneamente per Autogrill vi era interesse alla realizzazione di iniziative volte ad elevare il livello di sostenibilità della propria attività, così ci siamo incontrati e abbiamo messo a punto questa importante iniziativa. Questo progetto pensate possa essere replicabile per altre realtà? La prima replica deve essere per gli Autogrill, perché questa iniziativa dovrà essere estesa oltre ai 5 punti pilota; poi potrà essere certamente trasportata in altre realtà, studiando opportunamente come organizzare la raccolta in ragione della peculiarità dei punti di vendita.

Quali le difficoltà riscontrate nella realizzazione di questo progetto? C’è stata una buona collaborazione con Autogrill e quindi non ci sono state difficoltà particolari. Si è trattato principalmente di organizzare la raccolta di ciò che i cittadini mettono nei contenitori e quindi convogliarli in punti in cui possano essere svuotati destinando il contenuto al riciclo. Il ruolo organizzativo all’interno dell’area di servizio è di Autogrill. CONAI invece opera offrendo i propri centri di riciclaggio presso i quali anche i Comuni e altre aziende convergono per il recupero dei materiali raccolti.

Piero Perron, Presidente CONAI


Come pensate di educare il cliente di Autogrill? All’interno delle aree pilota il cittadino si trova di fronte ad un gran numero di contenitori e questo gli farà vedere che c’è la possibilità di conferire il rifiuto in modo differenziato. Oltre alle due giornate già organizzate, stiamo realizzando con Autogrill qualcosa di apposito per una maggiore sensibilizzazione. Con le centinaia di migliaia di visitatori che Autogrill riceve ogni anno CONAI non vuole perdere una vetrina così importante. Questo momento di crisi porterà ad un miglioramento dei comportamenti virtuosi? Non è facile rispondere e dobbiamo certo sperare in tal senso. Ciò che sta avvenendo è che di fronte ad una minore immissione di imballaggi, dovuta alla crisi, la raccolta non si è ridotta nella stessa misura, anzi, per alcuni materiali, in molte Regioni, continua ad aumentare. Possiamo quindi dire che, per il momento, la crisi non ha interrotto il processo di virtuosità innescato nel cittadino. A quali altre iniziative sta lavorando CONAI? Stiamo cercando di perfezionare le varie iniziative già in corso soprattutto nel sud Italia. Da tempo CONAI ha varato un Piano Sud e sta cercando di collaborare con quelle realtà che lo desiderano proprio per fare in modo che anche la raccolta differenziata di quell’area di assesti su basi solide.

contenimento e poi per la corretta gestione della parte ineliminabile. “Destinazione Ambiente” rientra nel progetto Afuture, un piano che di fatto ci ha permesso di realizzare il primo Autogrill ecosostenibile in Italia e ci ha consentito di organizzare altre aree di servizio nel rispetto dell’ambiente, ad esempio aree in cui siamo riusciti a tutelare il patrimonio archeologico nelle vicinanze dell’Autogrill, come ad esempio l’Archeo Mall di Casilina. Questa sensibilità ambientale non solo d’immagine si sta risvegliando nelle grandi organizzazioni commerciali? In particolare, in questo momento congiunturale dove è prioritario correlare lo sviluppo del proprio business con l’impatto ambientale generato e l’utilizzo intelligente delle risorse, questa sensibilità diventa una reale necessità. Autogrill ha interpretato questo momento come una grande occasione di sviluppo di efficienza, interrogandosi sui propri

La parola a… Giuseppe Cerroni – Direttore Generale del Gruppo Autogrill Come è nato il progetto “Destinazione Ambiente”? Rispettare l’ambiente è diventato un must. L’idea del progetto “Destinazione Ambiente” nasce dalla volontà di avviare la raccolta differenziata in autostrada e sensibilizzare il consumatore in viaggio sulla possibilità di trasformare i rifiuti in nuove risorse. Autogrill già effettua la raccolta differenziata per i rifiuti da imballaggio e per quelli derivanti dall’attività di lavorazione. La nuova iniziativa estende ora la raccolta differenziata al consumatore e si aggiunge ai progetti già avviati da tempo sulla gestione dei rifiuti innanzitutto per il loro

Giuseppe Cerroni, Direttore Generale Gruppo Autogrill

sistemi e processi, dalla logistica alla produzione del panino e alla sua conservazione, ma anche alla tecnologia edilizia dei propri fabbricati. E’ un progetto ambizioso, a forte impatto culturale perché investe tutta l’azienda che deve così creare un nuovo modo di fare impresa. Chi riuscirà a fare le stesse cose con meno risorse energetiche, sarà premiato, non solo dai risultati del proprio conto economico ma anche dalla clientela che si dimostra sempre più attenta a quelle realtà industriali che investono su queste politiche. Ci può parlare del progetto Afuture di Autogrill? Il progetto Afuture, vuol dire “il futuro” ma anche l’Autogrill del futuro, giocando con la A del nostro marchio. Un punto vendita in cui si consuma meno acqua, meno energia, meno packaging. Più sostenibile per l’ambiente e più leggero nella struttura dei costi. Questa ambizione di voler tracciare la sostenibilità delle nostre azioni lungo la filiera della produzione industriale ci ha fatto capire che il progetto era in primo luogo “culturale” e che avrebbe

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ATTUALITà

segnato la modifica dei comportamenti. Vista l’importanza strategica, abbiamo localizzato i principi lungo tre assi: • la responsabilità ambientale, secondo cui l’impatto generato dal nostro agire non deve avere ricadute sulle generazioni future che devono poter accedere e soddisfare i propri bisogni; • la responsabilità economica: generare del valore per l’azienda utilizzando la sostenibilità come veicolo catalizzatore; • la responsabilità sociale: patrimonio del

CONAI

CONAI è il consorzio privato senza fini di lucro costituito da produttori ed utilizzatori di imballaggi con la finalità di perseguire, in una logica di responsabilità condivisa fra cittadini, pubblica amministrazione ed imprese, gli obiettivi di legge di recupero e riciclo dei materiali di imballaggio. In più di dieci anni, ha garantito il recupero del 70% dei rifiuti di imballaggio immessi al consumo, di cui il 59% sono stati riciclati e la restante parte avviata a recupero energetico. Prima dell’istituzione del Conai due terzi degli imballaggi finivano in discarica, oggi la situazione si è ribaltata e sono soltanto un terzo.

Autogrill

Autogrill è il primo operatore al mondo nei servizi di ristorazione e retail per chi viaggia. Con ricavi per circa 5,8 miliardi di euro nel 2008, è presente in 43 Paesi con oltre 70.000 dipendenti e gestisce più di 5.500 punti vendita in oltre 1.200 location. Autogrill offre servizi alle persone in movimento e opera prevalentemente nei mercati in concessione, che consentono di pianificare le attività nel medio-lungo periodo. Il Food & Beverage, il Travel Retail & Duty-Free e l’In-Flight sono i tre settori di attività. Gli aeroporti e le autostrade sono i principali canali di attività del Gruppo, che opera anche nelle stazioni ferroviarie ed ha presenze selettive in centri commerciali, fiere, musei e città. La disponibilità di un portafoglio di oltre 350 marchi internazionali e locali, gestiti direttamente o in licenza, e la complementarietà dell’offerta di ristorazione e retail consentono ad Autogrill di rivolgersi a clienti e concedenti come fornitore globale di servizi per i viaggiatori. L’In-Flight rappresenta uno sviluppo delle attività collegate al network aeroportuale.

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progetto per tutti, un nostro locale deve essere accessibile a qualunque livello per disabilità fisica o per abitudine alimentare. Come vi state muovendo nel settore all’estero? Anche all’estero abbiamo portato questa coscienza, definendo le linee guida che sono: • semplificare i sistemi; • usare meno e meglio energia, acqua, packaging, ecc.; • riciclare; • sensibilizzare le coscienze. La realizzazione del Delaware Welcome Center in uscita da New York ci permetterà di sviluppare, attraverso una progettazione attenta anche alle nuove tecnologie, un’area di servizio innovativa già in fase di certificazione ambientale secondo il protocollo LEED. Il principio della certificazione ambientale diventa uno strumento di tutela e di rappresentazione di una nuova capacità di fare impresa. Crede che si possa arrivare a poter operare una selezione anche dei prodotti commercializzati: prodotti con imballaggi a basso impatto ambientale, piuttosto che prodotti locali per la riduzione dell’inquinamento dei trasporti, oppure prodotti di aziende seriamente impegnate nella riduzione dei consumi energetici, ecc.?

Abbiamo lavorato e stiamo lavorando con i fornitori di attrezzature, in particolare di frigoriferi e di attrezzature per la cottura degli alimenti; con i fornitori di ingredienti, per l’ottimizzazione dei loro imballi ed abbiamo lavorato per ridurre il nostro packaging riducendo al minimo ciò che mettiamo sul vassoio del cliente e che non produce alcun valore per il cliente stesso. Il primo risultato di questo progetto è la revisione dei contenitori usati nei locali Spizzico per patatine, arancini ed altri prodotti. In un anno ne consumiamo circa 10 milioni. Il vecchio contenitore di patatine medie pesava 8 grammi, oggi è sostituito da uno che pesa un solo grammo ed occupa molto meno spazio. Grazie a questa piccola innovazione: consumiamo meno carta, 45 tonnellate in meno in un anno. Significa salvare 681 alberi l’anno. Occupiamo 92 mc l’anno anziché 480, risparmiando 13 TIR per il trasporto dal fornitore ai nostri depositi, ed altri 13 dai depositi ai punti vendita. Questi TIR in meno significano 1500 kg di emissioni di CO2 in meno in atmosfera. Produciamo 70 tonnellate in meno di rifiuti, riducendo il numero dei carrelli che ogni sera i nostri punti vendita parcheggiano sui marciapiedi, che non sono un bel vedere e richiedono altri camion per essere trasportati in discarica, con ulteriore rilascio di CO2 in atmosfera.


LO SCOMPUTO DEI COSTI DI BONIFICA DAGLI ONERI DI URBANIZZAZIONE SECONDARIA La recente Legge Regionale lombarda n. 10/2009 contiene importanti incentivi e novità per favorire gli investimenti sulle aree dismesse soggette a bonifica di Federico Vanetti*

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l tema del recupero delle aree dismesse è sempre più attuale e di rilievo, in quanto destinato ad incidere non solo sul futuro volto delle città, ma anche sull'ambiente. Basti pensare che nella sola Lombardia le aree dismesse e potenzialmente contaminate sono circa 2.000, per un totale di quasi 21 milioni di chilometri quadrati, e il recupero delle stesse non può che rappresentare un'attività anche di interesse generale, in quanto volta a rigenerare e migliorare il tessuto urbano e, quindi, la qualità della vita dei cittadini. Uno dei maggiori ostacoli al recupero di tali aree è individuabile nelle bonifiche, che spesso rappresentano un'incognita per l'operatore privato che, dunque, preferisce investire su aree verdi (c.d. greenfields) a costi e con tempi certi, piuttosto che su aree contaminate, anche se più centrali e urbanizzate. A fronte di tale preoccupante tendenza, è evidente che il recupero e la riqualificazione delle aree dismesse deve essere incentivato attraverso strumenti idonei a bilanciare i dubbi e le incertezze relativi a tali opere. Oltre all'individuazione di nuove funzioni e de-

stinazioni più appetibili da insediare nell'area e ad una programmazione puntuale dell'intervento di riqualificazione con gli enti al fine di ottimizzarne i tempi, occorre affrontare anche il problema legato ai costi delle bonifiche. Tali costi, infatti, non sempre possono essere preliminarmente quantificati e, in molti casi, risultano superiori alle aspettative originarie, con conseguenti oneri aggiuntivi a carico degli sviluppatori. Una possibile soluzione per controbilanciare il rischio derivante dai costi delle bonifiche e, quindi, un potenziale incentivo per favorire gli investimenti sulle aree dismesse, poteva già essere individuato nello "scomputo" di tali costi dagli oneri di urbanizzazione secondaria ai sensi dell'art. 16 del d.p.r. 380/2001. Tuttavia, tale soluzione, nella maggior parte dei casi, non ha trovato consenso tra gli enti, non solo per l'impatto economico sulle casse comunali, ma anche per i dubbi applicativi dell'istituto. La specifica disciplina che governa le bonifiche e, in particolare, la ripartizione delle responsabilità tra i vari soggetti coinvolti ("chi

inquina paga") e la possibilità per l'Amministrazione, che agisce in via sostitutiva, di rivalersi sull'area bonificata possono, infatti, destare perplessità circa l'effettiva possibilità di scomputare i costi degli interventi di ripristino ambientale dagli oneri di urbanizzazione dovuti per l'attuazione di un progetto di riqualificazione. Sul punto, però, è recentemente intervenuta la Regione Lombardia che, con L.R. n. 10/2009, ha offerto nuovi spunti di riflessione.

La Legge regionale e lo "scomputo" La recente legge regionale contiene disposizioni in materia di ambiente e servizi di interesse economico generale. In particolare, l'art. 3, comma 1, lett. i) riscrive e sostituisce l'art. 21 della L.R. n. 26/2003 (Disciplina dei servizi locali di interesse economico generale. Norme in materia di gestione dei rifiuti, di energia, di utilizzo del sottosuolo e di risorse idriche), che aveva, ed ha tuttora, ad oggetto la "bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati".

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ATTUALITà

La nuova formulazione del citato articolo mira ad incentivare e promuovere la bonifica (o messa in sicurezza) dei siti contaminati, siano essi pubblici e/o privati, nonché il recupero socio economico delle relative aree. La norma, dunque, ripercorre, prima la disciplina applicabile alla bonifica dei siti pubblici, quindi considera anche quelli privati. Anche rispetto a questi ultimi, è prevista una novità rilevante. Il comma 5 del nuovo articolo 21 chiarisce che "gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente costituiscono opere di urbanizzazione secondaria di cui all'art. 44 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12". Il medesimo comma prosegue disponendo che "in deroga al disposto di cui all'art. 45 della medesima legge regionale, dette opere, esclusivamente se insistenti nei siti di interesse

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nale di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 426 (nuovi interventi in campo ambientale), ed eseguite da soggetti affidatari di cui al comma 2, ovvero da soggetti a questi equiparati o comunque a tali fine indicati dal presente articolo, sono da considerare a scomputo dagli oneri di urbanizzazione secondaria per l'importo corrispondente al 50 per cento del relativo ammontare, salva la facoltà, per i comuni, di ammettere lo scomputo, in considerazione della rilevanza della bonifica, anche per quote ulteriori". Il successivo comma 6, infine, prevede che "le agevolazioni ed incentivazioni finanziarie di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche ai medesimi soggetti interessati non responsabili qualora dimostrino di non aver avuto conoscenza, all'atto dell'acquisizione in disponibilità delle aree, della situazione di contaminazione, ovvero per i quali l'obbligo di bonifica sia

comunque sopravvenuto, in relazione a modifiche normative, all'acquisizione in disponibilità delle aree". Ai sensi del comma 7, tali agevolazioni si applicano, senza alcuna necessità di prova, al soggetto che acquisisce la proprietà delle aree nell'ambito di procedure fallimentari, concorsuali o, comunque, nell'ambito di procedure giudiziali di esecuzione. Le disposizioni appena citate, dunque, lasciano chiaramente intendere che i costi di bonifica sostenuti dai privati possono essere scomputati dagli oneri di urbanizzazione secondaria, seppur a certe condizioni. In particolare, il soggetto che procede alla bonifica non deve essere anche responsabile della contaminazione e non doveva essere a conoscenza della contaminazione al momento dell'acquisto dell'area ovvero, al momento dell'acquisto, non doveva sussistere alcun obbligo di bonifica (costituiscono, invece, eccezione a tale regola, i siti acquistati da una procedura fallimentare, concorsuale e/o esecutiva).


Le modalità di scomputo, inoltre, sembrerebbero riguardare solo i siti di interesse nazionale (SIN), ma sul punto occorre tornare nel prosieguo. Infine, lo scomputo è ammesso nella misura del 50% dei costi di bonifica, salva la possibilità per i Comuni di ammettere una quota superiore. Dei 3 "paletti", sicuramente quello che desta maggiori perplessità è l'espresso riferimento ai siti di interesse nazionale, in quanto, qualora la previsione dovesse essere letta nel senso di ritenere applicabile lo scomputo solo a tali siti, si avrebbe come inevitabile effetto quello di limitare eccessivamente l'applicazione di uno strumento innovativo e in grado di incentivare e favorire concretamente il recupero delle aree dismesse. Basti pensare che i siti di interesse nazionale in Lombardia sono solo 7, ossia una minima parte rispetto alle quasi 2.000 aree dismesse che interessano il territorio regionale. Si pone, quindi, il problema di comprendere se lo scomputo sia effettivamente ammesso solo per i siti di interesse nazionale, ovvero se possa essere applicato anche agli altri siti contaminati.

Lo "scomputo" previsto per i SIN Occorre, innanzitutto, considerare il campo di applicazione del nuovo art. 21 della L.R. 26/2003 rispetto allo scomputo. Come detto, tale disposizione recita che "in deroga al disposto di cui all'art. 45 della medesima legge regionale, dette opere, esclusivamente se insistenti nei siti di interesse nazionale di cui alla legge 9 dicembre 1998, n. 426 (nuovi interventi in campo ambientale), ed eseguite da soggetti affidatari di cui al comma 2, ovvero da soggetti a questi equiparati o comunque a tali fini indicati dal presente articolo, sono da considerare a scomputo dagli oneri di urbanizzazione secondaria per l'importo corrispondente al 50 per cento del relativo ammontare, salva la facoltà, per i comuni, di ammettere lo scomputo, in considerazione della rilevanza della bonifica, anche per quote ulteriori". La previsione appena richiamata, dunque, costituisce una deroga al normale istituto dello scomputo. Ma in che termini? L'art. 45 della LR 12/05, espressamente ri-

chiamato e derogato dal sopra citato art. 21, prevede che "a scomputo totale o parziale del contributo relativo agli oneri di urbanizzazione, gli interessati possono essere autorizzati a realizzare direttamente una o più opere di urbanizzazione primaria o secondaria, nel rispetto dell'articolo 2, comma 5, della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (Legge quadro in materia di lavori pubblici). I comuni determinano le modalità di presentazione dei progetti, di valutazione della loro congruità tecnico-economica e di prestazione di idonee garanzie finanziarie, nonché le sanzioni conseguenti in caso di in ottemperanza. Le opere, collaudate a cura del comune, sono acquisite alla proprietà comunale". Lo strumento dello scomputo, quindi, in linea generale, è ammissibile, ma previa autorizzazione da parte dei comuni, ai quali, dunque, è riservato il potere di stabilire se e come applicare tale strumento. Il privato, infatti, è legittimato a chiedere lo scomputo delle opere di urbanizzazione che intende realizzare direttamente, ma la scelta se ammettere o meno tale meccanismo è affidata all'amministrazione comunale.

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In sintesi: lo scomputo per i privati è una possibilità, ma non un diritto. In tale contesto, si inserisce il nuovo art. 21 della LR 26/03, che - come detto - deroga espressamente l'art. 45 della L.R. 12/2005. Tale deroga, tuttavia, riguarda solo le opere di bonifica "esclusivamente se insistenti nei siti di interesse nazionale …", le quali "sono da considerare a scomputo dagli oneri di urbanizzazione secondaria per l'importo corrispondente al 50 per cento del relativo ammontare". Ora, non v'è dubbio che le due disposizioni richiamate (articolo derogato e deroga) debbano essere interpretate e applicate in modo logico e coordinato.

puto almeno pari al 50% dei costi di bonifica è dovuto per legge agli aventi diritto (soggetti non responsabili che abbiano acquistato in "buonafede"), con conseguente compressione del potere discrezionale dei comuni, i quali non possono rifiutare tale scomputo. A conferma di tale possibile interpretazione, corre in aiuto la parte conclusiva del citato comma 5, che riconosce ai Comuni la possibilità di stabilire una quota di scomputo in misura anche superiore a quello indicato dalla norma ("… salva la facoltà, per i comuni, di ammettere lo scomputo, in considerazione della rilevanza della bonifica, anche per quote ulteriori…"). In questo caso, le Amministrazio-

delle opere di urbanizzazione secondaria, tale riferimento manca, invece, nella LR 12/2005, con conseguente dubbio se le bonifiche siano o meno incluse tra le opere di urbanizzazione. Il nuovo art. 21 della LR 26/2003 chiarisce definitivamente il punto, qualificando espressamente gli interventi di bonifica o di messa in sicurezza permanente quali opere di urbanizzazione secondaria. Tuttavia, rispetto ai siti contaminati "ordinari", la deroga prevista dal citato articolo 21 (e riferita all'art. 45 della L.R. 12/05) non ha effetto in quanto espressamente limitata ai soli siti di interesse nazionale. Occorre comprendere, dunque, in che termi-

Ad avviso di chi scrive, poiché l'art. 45 della L.R. 12/2005 condiziona la possibilità di scomputare un'opera alla preventiva autorizzazione da parte del comune, lasciando a quest'ultimo ampia discrezionalità di scelta sulle opere e sulle modalità di scomputo, la deroga a tale previsione dovrebbe essere letta nel senso di voler limitare, rispetto ai soli siti di interesse nazionale, tale discrezionalità, garantendo così agli aventi diritto un incentivo certo, non inferiore al 50% dei costi di bonifica. Il comma 5 dell'art. 21 andrebbe, dunque, letto nel senso di ritenere che, rispetto esclusivamente ai siti di interesse nazionale, lo scom-

ni comunali vengono nuovamente investite dei propri poteri e, quindi, possono autorizzare, o meno, scomputi superiori al 50% dei costi di bonifica (ma non inferiori).

ni sia ammissibile lo scomputo rispetto ai siti "ordinari". Questo, da un lato, deve considerarsi sicuramente ammissibile, in quanto - come detto - le opere di bonifica sono espressamente qualificate come opere di urbanizzazione secondaria, dall'altro, contrariamente a quanto previsto dai siti di interesse nazionale, deve essere preventivamente autorizzato dai comuni, che continuano a godere di discrezionalità nell'ammettere e regolare lo scomputo. L'operatore privato non può, dunque, vantare un diritto di legge allo scomputo, ma può unicamente chiedere e negoziare lo stesso con

Lo "scomputo" previsto per gli altri siticontaminati Si pone ora il problema di comprendere come debbano essere trattati i costi di bonifica relativi agli altri siti dismessi, non di interesse nazionale. Sebbene l'art. 16 del d.p.r. 280/01 consideri espressamente le opere di bonifica nell'elenco


le Amministrazioni comunali nell'ambito della definizione del progetto di riqualificazione. Attese le peculiari previsioni di legge che governano la bonifica dei siti contaminati (responsabilità del soggetto inquinatore e onere reale sulle aree bonificate d'ufficio), la scelta se ammettere o meno lo scomputo dovrebbe comunque tener conto dei principi indicati dalla Regione nel citato articolo 21 della LR 26/03, ossia la non responsabilità del soggetto che richiede lo scomputo e la non conoscenza della contaminazione al momento dell'acquisto dell'area, e ciò al fine di garantire una maggiore uniformità su tutto il territorio regionale. Invero, rispetto alla conoscenza della contaminazione, sembrerebbe ragionevole ritenere che siano comunque scomputabili anche quei costi di bonifica non previsti o non prevedibili al momento dell'acquisto dell'area, sebbene fosse già stata accertata o conosciuta la

contaminazione (es. era stata individuata una contaminazione che poi si è rivelata più grave ed onerosa del previsto). Inoltre, rispetto all'opportunità o meno di ammettere lo scomputo, occorre tenere presente anche l'orientamento del Consiglio di Stato, secondo cui "il diritto del titolare della concessione edilizia di realizzare in tutto o in parte le opere di urbanizzazione, sia primarie che secondarie, a scomputo dei relativi oneri, non implica una pretesa indiscriminata allo scomputo del valore di qualsiasi opera di urbanizzazione volontariamente eseguita dallo stesso al di fuori di un preventivo accordo con il comune, ma esclude che il medesimo comune possa - senza adeguata motivazione e con oggettivo indebito arricchimento - porre a servizio della collettività e dello stesso concessionario opere da quest'ultimo eseguite, senza che il relativo valore venga scomputato dalla prestazione patrimoniale imposta, di tipo

Geostream Srl

causale - ovvero, finalizzata appunto alla predisposizione di infrastrutture - corrispondente agli oneri di urbanizzazione" (tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, n. 716/2003 e n. 1209/1999). La decisione sopra riportata lascerebbe intendere che il diniego allo scomputo debba essere motivato e giustificato, soprattutto laddove le opere siano poi effettivamente eseguite dal privato, come nel caso delle bonifiche. Pertanto - ad avviso di chi scrive - non si tratta tanto di ammettere o meno lo scomputo (salvo i casi in cui il soggetto che lo richiede sia anche il responsabile della contaminazione ovvero abbia acquistato l'area ben consapevole dei costi delle bonifiche), quanto, invece, di determinare, caso per caso, la quota percentuale scomputabile dei costi di bonifica, a seconda dei casi specifici.

*Avvocato in Milano (DLA Piper)


ATTUALITà

IL DANNO AMBIENTALE DAL PUNTO DI VISTA ASSICURATIVO Le nuove disposizioni legislative inducono le compagnie assicuratrici a fornire polizze RC Inquinamento in risposta alle esigenze delle imprese italiane di Massimo Viarenghi

I

l rischio di danno all’ambiente è una particolare tipologia di rischio che la maggior parte delle imprese italiane, di qualsiasi settore e campo d’attività, ancora sottostima. Un'azienda, al giorno d’oggi, deve preoccuparsi di una serie di problematiche che, fino ad un decennio fa, erano di secondaria importanza, come la gestione dei rifiuti, le emissioni atmosferiche, il rischio di contaminazione dei suoli, la mancanza di risorse rinnovabili, ecc., mentre oggi richiedono una corretta gestione da parte del management aziendale. Il rischio

geom. Carlo Alberto Saccenti, loss adjuster SIA s.a.s.

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ambientale non deve essere visto, pertanto, solamente come l’evento catastrofico che può colpire le imprese e provocare danni materiali e la possibile interruzione dell’attività. Secondo il criterio ispiratore della direttiva del Parlamento e del Consiglio europei (2004/35/ CE) del 21 aprile 2004, la prevenzione e la riparazione del danno ambientale dovrebbero essere attuate applicando il principio “chi inquina paga”. Ricade dunque sugli operatori la responsabilità dei guasti provocati dalla loro attività; tale principio funge da stimolo per indurre i soggetti coinvolti ad adottare misure e a sviluppare pratiche per ridurre al minimo i rischi. Per approfondire l'argomento abbiamo parlato con il geom. Carlo Alberto Saccenti, loss adjuster della SIA s.a.s. Ci può spiegare cosa s'intende col termine “inquinamento”, nel campo assicurativo? Dal punto di vista giuridico, il termine “inquinamento” non è assolutamente chiaro, ma lo è molto di più con un approccio intuitivo. Ad eccezione del DPR n. 203 del 24/05/1988 (Attuazione delle direttive CEE numeri 80/779, 82/884, 84/360 e 85/203 concernenti norme in materia di qualità dell'aria, relativamente a specifici agenti inquinanti, e di inquinamento prodotto dagli impianti industriali, ai sensi dell'art. 15 della legge 16 aprile 1987, n. 183), decreto che regola e tratta delle sole emissioni

in atmosfera, non è presente nella legislazione italiana una definizione univoca del termine inquinamento e, soprattutto, non sono presenti criteri di valorizzazione economica del danno per il suo susseguente risarcimento. Il rischio di danno ambientale si riferisce alla possibilità che si verifichi un rilascio inquinante nell’ambiente che causi lesioni personali a terzi e/o danni materiali a beni di proprietà sia dell’assicurato sia di terzi e/o all’habitat naturale. Un sistema che attribuisca la responsabilità da inquinamento deve, da una parte, consentire una completa internalizzazione dei danni ambientali che altrimenti rimarrebbero a carico della collettività (breve periodo), dall’altra, costituire un incentivo all’adozione di misure preventive (investimenti) volte ad evitare danni ambientali (lungo periodo). La Costituzione Italiana non contiene riferimenti espliciti ai concetti di ambiente e di danno ambientale, nei termini in cui gli stessi vengono oggi utilizzati nel corpo giuridico nazionale ed europeo. Per una più facile interpretazione, senza doversi addentrare a ricercare nel testo costituzionale le singole norme che tutelano i diversi elementi che compongono unitariamente il bene “ambiente”, possiamo affermare che si tratta di inquinamento o danno all’ambiente, l’introduzione diretta o indiretta, a seguito di attività umana, di sostanze, vibrazioni, calore o


Sversamento accidentale di gasolio da serbatoi

rumore nell’aria, nell’acqua o nel terreno (sottosuolo compreso), che potrebbero nuocere alla salute umana o alla qualità dell’ambiente, causare il deterioramento di beni materiali, oppure danni o perturbazioni a valori ricreativi dell’ambiente o ad altri suoi legittimi usi. Gli oneri di responsabilità vengono ricercati nel soggetto che ha prodotto il danno e possono essere fondamentalmente di tre diversi tipi: civile, penale e amministrativa. L’onere che viene ottemperato dalla polizza RC Inquinamento è il risarcimento, per un importo non superiore al massimale assicurato, di tutte le somme necessarie a riportare lo stato dei luoghi allo stato appena antecedente il sinistro.

Quali sono le principali tipologie di rischi ambientali assicurabili e quali polizze rispondono alle esigenze di “assicurabilità” (ossia la possibilità, per una Compagnia Assicuratrice, di stabilire un premio adeguato al rischio concomitante) degli stessi? Innanzitutto è doveroso ricercare quale fase di produzione, il soggetto debba assicurare per i danni a terzi da inquinamento: 1. Fase di produzione, legata al concetto di impianto fisso e attività produttiva; 2. Fase di trasporto, relativa al trasporto di sostanze pericolose e non. Relativamente all’ambito preso in considerazione, alle esigenze assicurative della prima soddisfano la polizza RC Generale e la polizza RC da Inquinamento. Per la fase di trasporto merci, invece, occorre far riferimento alla polizza RC Auto (peraltro obbligatoria) e, da richiedere in abbinamento, la polizza RCD per le Operazioni di Carico e Scarico (estesa ai danni da inquinamento, solitamente esclusi). È indispensabile precisare che i prodotti di polizza sono assolutamente “elastici”, proprio per assecondare al meglio le diverse esigenze dei soggetti o destinatari a cui si riferiscono. A conferma di ciò si ricorda che non è assolutamente necessario ricorrere a tanti con-

tratti singoli quanti sono i tipi di rischio da cui l’assicurato si vuole garantire. L’assicurato, cliente della compagnia assicurativa, può fissare liberamente la portata ed i limiti contrattuali di ogni specifica copertura, effettuando la più completa e dettagliata analisi del rischio dell’oggetto dell’assicurazione a cui vuole fare specificamente riferimento. Come è possibile identificare il “rischio” oggetto di copertura assicurativa? Prescindendo dagli accordi contrattuali specifici, tengo a sottolineare la sostanziale differenza tra le due diverse tipologie di rischio: • Statico, riferito allo stabilimento • Dinamico, riferito alla fase di trasporto Dal punto di vista dell’analisi dei rischi (che richiede una trattazione a parte), la distinzione è tutt’altro che accademica, in quanto i risultati di detta analisi: • sono pesantemente influenzati dal fatto che, nel trasporto, la sensibilità ambientale dell’area in cui può accadere il danno risulta essere variabile rispetto alla casistica dell’insediamento; • possono influenzare pesantemente il calcolo dei premi assicurativi che il soggetto è tenuto a sostenere ai fini dell’attivazione della polizza stessa.

Operazioni di messa in sicurezza d’emergenza a seguito di un incidente stradale

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Intervento dei VV.F su un mezzo sinistrato

Per quanto riguarda il rischio dinamico sottolineo che la stima del danno massimo probabile, che influenza il calcolo del premio, può avvenire solo nel caso in cui sia nota o sia ipotizzata la situazione di massimo rischio; la risoluzione del problema è intuitivamente più complessa rispetto a quella del rischio statico. Ci sembra di capire che, per ogni attività lavorativa, esiste una polizza correlata ad ogni rischio assicurabile… Ai fini dell’individuazione delle “necessità” dell’utente (l’assicurato), propongo qui di seguito una schematica analisi, utile a comprendere a quali soggetti corrispondono determinate esigenze. Rischio statico - i soggetti possono essere il gestore della generica attività produttiva o di servizi e gli eventuali caricatori. Questi possono garantire l’attività assicurata contro i danni: • a terzi (tranne se dovuti ad inquinamento); • a terzi dovuti ad inquinamento. In entrambi i casi si fa riferimento, nella copertura dell’attività, all’insediamento nel quale la stessa viene svolta. Rischio Dinamico – i soggetti possono essere il committente del trasporto, nel caso in cui sia il proprietario della sostanza potenzialmente inquinante trasportata, e il vettore (con eventuali sub-vettori).

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Questi possono garantire l’attività assicurata contro tutti i danni che si verificassero durante la circolazione (comprese le fasi di sosta dovute alla circolazione) nei confronti di: • autoveicoli di proprietà; • merce, per effetto di collisione con altri veicoli; • merce, per effetto di errato stivaggio della stessa. In pratica, è possibile fare riferimento alle seguenti polizze: • Sia il committente che il vettore devono per legge assicurare i rispettivi mezzi per i danni da circolazione con la polizza RC Auto. • Il committente si può garantire per la sola responsabilità in qualità di committente o, al contrario, può scegliere una copertura più ampia che comprenda i danni prodotti dalla merce di cui è proprietario, anche nel caso in cui la responsabilità ricada su trasportatore o vettore. • La copertura assicurativa delle operazioni di carico e scarico effettuate con mezzi meccanici (includendo in esse anche lo scarico per caduta a gravità) viene fornita come integrazione alla polizza RC Generale, con clausola a parte per i danni da inquinamento. La copertura di tale operazione deve essere richiesta

esplicitamente dal titolare della copertura RC Auto, mentre per il committente il problema non si pone poiché l’obiettivo stesso della polizza è quello di garantirgli la copertura totale della fase di trasporto del bene, incluse le operazioni di carico e scarico del bene stesso. È fondamentale ricordare che l’ampiezza stessa della polizza RC Auto è in grado di garantire tutti quei danni (inquinamento incluso) la cui responsabilità è attribuibile all’assicurato. Al vettore attento basterà richiedere un adeguato massimale, tenendo conto della prevalenza della tipologia della merce da lui trattata e trasportata, senza dimenticare di richiedere inoltre l’attivazione della clausola di carico e scarico. Il concetto importante da far intendere a una azienda che intenda stipulare una polizza assicurativa per danno ambientale è che una polizza ambientale specifica riduce le potenziali aree di scopertura ed elimina le ambiguità, tutelando così in modo esaustivo le responsabilità introdotte dalla Direttiva Europea 2004/35/CE del Parlamento Europeo, attraverso la copertura, in aggiunta al classico risarcimento del danno a terzi e delle spese legali di difesa, di tipologie di rischi altrimenti non assicurabili.



ATTUALITà

IL CENTRO COMMERCIALE SI FA ECOSOSTENIBILE Aria, Fuoco, Terra e Acqua sono gli elementi rappresentati nel progetto “Ecocentro” dell’Oriocenter di Bergamo per sensibilizzare il pubblico all’ecologia ed al consumo sostenibile di Veronica Monaco

N

asce alle porte di Bergamo un’idea innovativa per avvicinare il grande pubblico ai temi dell’ecologia e della salvaguardia dell’ambiente. Commissionato dalla proprietà del Centro commerciale Oriocenter, la banca tedesca Commerz Real Bank AG, decisa a promuovere un evento su vasta scala che interessasse il consumo eco-sostenibile, prende il via un ricco programma di iniziative volte ad informare e formare i visitatori a pratiche quotidiane attente all’ambiente. Prende vita così il progetto Ecocentro, sviluppato dall’agenzia di comunicazione Canali&Co, che dal mese di luglio alla fine dell’anno coinvolgerà il pubblico con la creazione all’interno del Centro commerciale di un percorso tematico dedicato ai quattro elementi primari del nostro ecosistema: l’aria, l’acqua, la terra ed il fuoco. Grandiose strutture scenografiche (costruite con materiali a basso impatto ambientale) trasportano i visitatori all’interno di un mondo di abitudini, prodotti e tecnologie eco-sostenibili, in modo da sensibilizzare lo sviluppo di una coscienza ecologica nei consumatori ed ispirare good practices per il miglioramento del nostro pianeta. Gli allestimenti, proprio per la loro portata didascalica, sono stati pensati per evolvere nel tempo grazie alla collaborazione di aziende

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partner, che presenteranno nel corso dell’anno i risultati delle loro ricerche ed innovazioni tecnologiche con prodotti ecologici che interessano svariate tipologie merceologiche: dalla cosmesi agli elettrodomestici, dalle automobili all’edilizia.

ARIA, fuoco, TERRA, acqua L’Aria è vita. L’aumento delle emissioni di CO2 prodotte da industrie e autoveicoli e dal surriscaldamento terrestre stanno lentamente avvelenando l’aria che respiriamo. É dunque necessario incrementare l’utilizzo di tecnologie alternative che sfruttino le energie rinnovabili e rendere il risparmio energetico una pratica quotidiana estesa ad un’utenza allargata. Riscoprire la purezza e la leggerezza di questo elemento così impalpabile, eppure così imprescindibile: questo è il senso dell’installazione scelta da Oriocenter per ARIA. Quattro grandi lettere in legno e lamina, da cui partono, attraverso sistemi a ventola, getti d’aria volti a far svolazzare altrettante strutture di tessuto bianco sovrastanti. Anche l’Acqua è vita. Sempre più rara ed inquinata, elemento naturale da non sprecare e salvaguardare. Nel suo piccolo ogni uomo può maturare qualche piccolo accorgimento, che trasportato sui grandi numeri può modificare


sensibilmente le sorti del nostro ecosistema: non abusare di saponi e detersivi, non gettare rifiuti e sostanze inquinanti in acqua, non lasciare scorrere i rubinetti oltre il necessario. La location destinata all’ACQUA si concentra sulla dinamicità e flessibilità di questo elemento: quattro vasche trasparenti, al cui interno scorrono effervescenti bolle d’aria, delimitate da prismi effetto ghiaccio e illuminate da luci led a basso consumo che creano suggestivi effetti cromatici. E cosa dire della Terra? Fertile culla di vita, sostegno del nostro cammino. L’accumulo di rifiuti e le sostanze tossiche derivanti dai residui delle lavorazioni agricole ed industriali, il disboscamento, la desertificazione stanno mettendo a dura prova l’integrità del nostro suolo, che può essere preservato attraverso lo sviluppo all’interno della società di pratiche volte all’implementazione della raccolta differenziata, al consumo di prodotti biologici ed alla salvaguardia del patrimonio forestale del pianeta. TERRA è vegetazione: l’installazione dedicata è caratterizzata da strutture sferiche, collegate

da una rete di rampicanti e liane, su cui sono applicati elementi floreali, a ricreare un ecosistema silvestre. E infine il Fuoco: sinonimo di luce, calore, energia. Ed è proprio dall’utilizzo del calore prodotto dal fuoco che si possono sviluppare soluzioni alternative alla combustione nella produzione di energia elettrica e riscaldamento, attraverso l’utilizzo di pannelli solari e fotovoltaici. La location FUOCO mira a creare una sensazione di vigore e dinamicità tramite scenografie in legno e giochi di luce che simulano fulmini sospesi. A completare le installazioni posizionate all’interno del Centro commerciale, anche la facciata di Oriocenter si vestirà per l’occasione dei colori della Natura grazie a piante evergreen applicate all’esterno della struttura, come un vero e proprio “giardino verticale”.

LABORATORI E INCONTRI A TEMA Oltre al percorso interattivo, il progetto Eco-

centro propone al pubblico anche una serie di appuntamenti ludici e laboratori a tema. Dal 3 luglio al 20 settembre, gli educatori di Costa Edutainment animeranno i sabati e le domeniche del pubblico presso uno speciale exhibit dedicato all’ambiente marino. La struttura, ideata come una sorta di mappamondo dei mari, presenta una plancia gioco a tema su cui i partecipanti, trasformati in vere e proprie pedine, si cimenteranno in enigmi inerenti i mari nel mondo, i suoi abitanti e la sua salvaguardia. Sempre ai più piccoli è rivolta l’iniziativa del Credito Bergamasco, che per tutti i bambini tra gli 0 e i 12 anni, titolari di un libretto di risparmio Brucoconto, mette in palio un premio di 5.000 euro da destinare ad interventi di miglioria per un parco pubblico a scelta tra quelli del Comune di residenza del vincitore Sono infine previsti per la stagione autunnale molteplici incontri a tema rivolti al pubblico, che imparerà a prendere coscienza dei piccoli comportamenti quotidiani che ognuno di noi può mettere in atto per la tutela del pianeta Terra.

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Fabbrica delle idee

NUOVE SOLUZIONI PER LA BONIFICA DEL MARE L’eco-innovazione made in Puglia per il disinquinamento marino da spandimenti di idrocarburi di Miriam Di Ciaula *

è

Il sistema Oilsep Cc Ecology

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la storia di una delle eco-eccellenze italiane, quella di Michele Sanseverino. Così l’ANSA dell’11 luglio 2009 ha presentato l’imprenditore barese che nel 2005, dopo anni di sperimentazioni e studi, ha realizzato e brevettato un sistema di separazione fluidi destinato a divenire una soluzione per l'importante problematica di inquinamento acquatico. “Non sono un ingegnere, sono un ingegnoso”: conscio che, per quanto pregevole, un’idea da sola non basti, l’imprenditore pugliese è riuscito a superare i numerosi ostacoli che gli “innovatori” sono troppo spesso costretti a sopportare e ha costruito attorno alla sua intuizione una roccaforte che trova corpo in un’azienda di quattro persone, troppo piccola per ottenere fondi ma abbastanza grande da costruire un impianto innovativo dalle importanti applicazioni ambientali. L’invenzione è frutto di un’idea e di tecniche fai-da-te, perché il signor Sanseverino non ha ricevuto alcun fondo per la ricerca, nata dalla variante apportata ad una macchina utilizzata nel settore industriale di macchine filtranti e di manutenzione. L’Oilsep Cc Ecology è progettato per eliminare elementi di scarto industriali, idrocarburi e morchie gelatinose galleggianti, provenienti da industrie, piattaforme petrolifere e scarichi delle navi cisterne, disinquinando le acque di falda dei pozzi e le acque marine, per la salvaguardia dell’ambiente naturale ed acquatico. Il sistema, inoltre, consente di recuperare l’acqua, riducendo drasticamente gli sprechi e garantendo all’industria un elevato risparmio economico.


Test specifici confermano, infatti, che l’applicazione in contesti industriali consente una riduzione dei consumi di acqua di oltre l’80%, data la possibilità di reimpiego di quella regolarmente utilizzata, oltre a un notevole risparmio circa le spese di smaltimento dei reflui. La macchina permette di separare, al primo passaggio nell’unità separatrice, il 99% dei reflui contaminati delle acque trattate. L’applicazione della tecnologia in contesti ambientali consente di recuperare i carichi oleosi riversati in mare, bonificando così l’ambiente marino e le vicine coste: a tal fine l’impianto può essere montato a riva, per mantenere costantemente pulita l’acqua inquinata da scarichi industriali o altri flussi inquinanti. A differenza di altre tecnologie utilizzate per il disinquinamento marino, l'Oilsep Cc Ecology è in grado di separare i flussi liquidi in maniera assolutamente naturale, senza creare potenziali danni correlati all'aggiunta di additivi chimici che rischiano di danneggiare irrimediabil-

mente fauna e flora. Inoltre, sistemi alternativi a funi o sistemi “diskoil” costituiti da grossi dischi metallici rotanti in mare, a cui aderisce l’inquinante, successivamente ripulito attraverso dei raschiatori, consentono una capacità di recupero dei fluidi oleosi molto limitata rispetto ai tempi di intervento richiesti, con l'aggravante di dover utilizzare serbatoi di grandi dimensioni per contenere acqua ed inquinante. In risposta a tali inconvenienti, l’Oilsep Cc Ecology aspira e separa l’acqua depurata dall’inquinante, indipendentemente dalla sua densità; il prodotto contaminante viene raccolto in appositi serbatoi mentre l’acqua pulita rifluisce nel sito d’origine. A parità di liquidi trattati, i tempi di separazione si attestano intorno ad 1/20 rispetto alle comuni tecnologie di separazione. Una auspicabile evoluzione di questi impianti potrebbe essere la loro applicazione per lo sviluppo di una tecnologia che consenta la potabilizzazione dell’acqua trattata, un im-

pianto salva ambiente che veda come protagonista l’oro blu, la maggiore risorsa mondiale da preservare. Tutelare l’ambiente e ridimensionare gli attuali consumi d'acqua: questi i principi che ispirano gli impianti salva-ambiente che l’azienda si impegna a realizzare. Dopo aver suscitato l’interesse delle istituzioni e dei maggiori enti preposti alla tutela delle risorse ambientali, l'ideatore dell’Oilsep Cc Ecology punta all’attuazione di un importante progetto green-oriented che coinvolga aziende pubbliche e private. Il sig. Sanseverino, in partenza per l’Oman, Paese in cui si è riscontrato notevole interesse per l'applicazione e dove una sede è già attiva da aprile scorso, si augura che a beneficiare del suo brevetto siano il mare, le coste e l’intero patrimonio ambientale dell'Italia.

* Fluidotecnica Sanseverino s.r.l.


THE BIG EYE

LA GESTIONE DELLE ACQUE REFLUE NEI PAESI IN VIA DI SVILUPPO Nel IV Corso di aggiornamento organizzato all’Università di Brescia emergono utili indicazioni che tengono conto anche di fattori igienico-sanitari, socio-culturali ed economici di Carlo Collivignarelli e Fausta Prandini*

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e acque reflue, che contengono i residui delle sostanze che l'uomo utilizza per la sua alimentazione e per le sue attività quotidiane, possono essere suddivise in acque grigie, (provenienti dai lavandini, dal lavaggio del bucato, dalla cucina e da tutte le attività domestiche in genere) e in acque nere (costituite da materiali fecali e da urine). La loro raccolta ed evacuazione si rende necessaria per evitare sia l’inquinamento dell’ambiente, e più in particolare delle acque naturali, sia la propagazione di malattie infettive trasmesse da agenti patogeni contenuti soprattutto nelle sostanze fecali. Inoltre, nelle sostanze di origine fecale trovano sia nutrimento che habitat adatto alla riproduzione diversi tipi di mosche e zanzare, che a loro volta agiscono come propagatori dell’infezione. La dispersione di materiale fecale attira anche altri tipi di animali, quali roditori, che spargendo i prodotti di escrezione aumentano i rischi di malattia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che l’80% delle malattie nei Paesi del Sud del mondo sia dovuto alla cattiva qualità dell’am-

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biente (tifo, colera, diarrea, gastroenterite ed epatite, infezioni cutanee, parassitosi, malaria, ecc.). In particolare, si contano 4 miliardi di casi di diarrea all’anno che provocano 2,2 milioni di morti (soprattutto bambini sotto 5 anni). Tuttavia ancora oggi 2,5 miliardi di persone non beneficiano di un adeguato sistema di raccolta ed evacuazione delle acque di rifiuto ed in particolare nei Paesi in via di sviluppo la copertura è meno della metà di quella dei Paesi industrializzati (41% contro il 99%) [WHO, 2008]. E’ quindi fondamentale lo studio di sistemi di evacuazione di acque nere e di acque grigie, di trattamento e di riutilizzo. Nelle classificazioni comunemente utilizzate si possono distinguere i seguenti sistemi di raccolta e trattamento: • sistemi decentralizzati o centralizzati: in relazione al luogo di raccolta, utilizzo o trattamento del liquame (se in loco o se viene allontanato); • sistemi secchi o umidi: in relazione alla necessità di acqua.

L’evacuazione delle acque nere, nei Paesi in Via di Sviluppo, avviene in genere attraverso impianti che trattengono il refluo sul posto mediante l’uso di una buca scavata nel terreno, più o meno protetta. L’esempio più semplice è rappresentato dalle latrine a pozzo dove gli escrementi vengono rilasciati in un foro nel terreno, in cui successivamente subiscono un processo di decomposizione chimica e biologica. Il risultato è la formazione di un humus, composto da una parte solida, che rimane nella buca, e da una parte liquida che si disperde attraverso il terreno. In accordo con le preferenze sociologiche e culturali degli utilizzatori, possono essere utilizzati vari tipi di coperture e sovrastrutture. Vi sono però molte altre tipologie di latrine migliorate, come ad esempio la latrina ventilata che è dotata di una condotta di aerazione posta nella sovrastruttura così da ridurre la presenza di odori; la latrina con sciacquone, che a differenza delle precedenti necessita di acqua per il flussaggio (utilizzabile per questo solo in zone dove vi è la presenza di acqua) garantendo una notevole riduzione di odori. Inoltre, discorso a parte meritano le latri-


ne a compostaggio, che vengono dimensionate affinché la parte solida subisca un processo di stabilizzazione di tipo aerobico esotermico, che permette un abbattimento della carica patogena, così da garantire al personale addetto allo svuotamento e al recupero agronomico di lavorare in condizioni igieniche sicure. Un’ulteriore sistema che può essere adottato prevede la separazione delle urine dalle feci (feci e urine sono raccolte in 2 vasche separate); questo sistema permette il recupero delle urine come fertilizzanti (tal quali o diluite) visto che sono prive di agenti patogeni (se le persone sono sane), mentre le feci subiscono una degradazione, ad esempio mediante compostaggio, accompagnata da una riduzione di volume e peso facilitando così il trasporto ad un eventuale trattamento secondario. A livello decentralizzato vi sono anche le fosse settiche e Imhoff che, al contrario delle latrine viste precedentemente, non permettono la percolazione nel terreno circostante. Il liquame subisce in queste vasche una sedimentazione e una degradazione di tipo anaerobico; l’effluente è scaricato generalmente su suolo o riutilizzato, prestando attenzione a non conta-

minare le fonti di approvvigionamento potabile e a non causare problemi igienico sanitari. Per quanto riguarda gli impianti centralizzati applicati in contesti in via di sviluppo, i sistemi naturali di depurazione risultano essere quelli maggiormente utilizzati; in particolare, vi sono impianti a lagunaggio (vedi figura), costituiti da grossi bacini d’acqua, e a fitodepurazione nei quali la depurazione avviene per opera degli organismi vegetali presenti. Inoltre, è importante adottare delle tecniche di riutilizzo in agricoltura delle acque di scarico o dei fanghi così da sfruttare l’elevato contenuto di azoto e di altri elementi necessari alla crescita dei vegetali. E’ in questo ambito che il CeTAmb (Centro di Documentazione e Ricerca sulle Tecnologie Appropriate per la Gestione dell’Ambiente nei Paesi in via di Sviluppo) ha organizzato il IV Corso di aggiornamento “La gestione delle acque reflue nei Paesi a risorse limitate: aspetti tecnici ed igienico sanitari” allo scopo di fornire indicazioni utili alla gestione delle acque reflue nei Paesi in via di sviluppo considerando non solo gli aspetti tecnici, ma anche gli aspetti igienico-sanitari, socio-culturali

ed economici. Tutti questi fattori consentono di arrivare allo sviluppo di una tecnologia appropriata al contesto in esame e quindi di una tecnologia sostenibile. Il corso, organizzato il 14, 15 e 16 Luglio 2009 presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia è la continuazione di altri 3 corsi che hanno riguardato rispettivamente: le tecnologie appropriate per la gestione dell’ambiente (Luglio 2006), la gestione dei rifiuti solidi (Luglio 2007) e delle acque potabili nei Paesi in via di sviluppo (Luglio 2008). Il Corso era rivolto principalmente a: • operatori impegnati nel settore della cooperazione internazionale allo sviluppo; • ricercatori universitari e non; • studenti e persone sensibili a queste tematiche. L’attività svolta ha permesso di: • inquadrare i rischi sanitari legati ad una impropria gestione delle acque reflue con riferimento anche alla normativa internazionale in materia. A questa parte hanno preso parte relatori con esperienze mediche e biologiche che operano da numerosi anni nel settore della cooperazione;

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THE BIG EYE

• presentare le tecnologie appropriate ai Paesi in Via di Sviluppo (relativamente agli aspetti tecnici, gestionali, sociali, economici, ecc.) per il corretto collettamento, trattamento e smaltimento delle acque reflue e dei criteri per la loro scelta e pianificazione. Questa fase del corso è stata sviluppata sia da esperti che fanno parte o collaborano costantemente con il CeTAmb, sia da relatori internazionali con lunga esperienza specifica nel settore. Durante il Corso è stata dedicata una sessione all’illustrazione e alla rielaborazione di un caso di studio pratico, in cui i partecipanti hanno rielaborato alcune possibili soluzioni analizzandole quindi in modo approfondito e critico. Infine, il corso ha previsto una sessione dedicata alla presentazione delle attività di ricerca svolte nell’ambito del Dottorato in “Metodologie e tecniche appropriate nella coopera-

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zione internazionale allo sviluppo”, istituito presso l’Università degli Studi di Brescia nel 2008 con la finalità di formare professionisti della Cooperazione allo Sviluppo, in grado di pianificare, realizzare e valutare l’attività di intervento e di ricerca nell’ambito della cooperazione integrata e multisettoriale. In questa sessione i dottorandi hanno presentato e discusso lo stato di avanzamento delle rispettive ricerche sui temi: • delle infezioni da HIV; • delle infezioni tubercolari; • della malaria; • delle acque potabili; • dei rifiuti solidi; • delle acque di scarico; • dell’energia. Tali ricerche, condotte direttamente in campo (Burkina Faso, Egitto, India, Senegal e Somaliland), stanno già dando positivi apporti alla soluzione dei problemi pratici in quanto

si svolgono nell’ambito di Progetti concreti sviluppati in collaborazione con: • Associazioni locali; • ACRA (Milano); • CESVI (Bergamo); • Fondazione Tovini (Brescia); • Medicus Mund (Brescia); • Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

BIBLIOGRAFIA [1] WHO (2002). World health report; reducing risks, promoting healthy life. Geneva. [2] WHO (2004). Water, Sanitation and Hygiene link to Health. Facts and figures-update November WHO & UNICEF (2008) Progress on drinking water and sanitation: special focus on sanitation. World Health Organization/United Nations Children’s Found, Geneva/New York.

*CeTAmb, Università degli Studi di Brescia


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REPORT

PRODUZIONE E GESTIONE DI RIFIUTI ORIGINATI DA DISASTRI NATURALI E DI ORIGINE ANTROPICA prospettive per la risoluzione di emergenze ambientali durante disastri naturali e antropici con studi preventivi di pianificazione delle attività di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento di Antonella E. Santamaria e Federico G.A. Vagliasindi*

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a frequenza e la magnitudo delle diverse calamità naturali (terremoti, frane, alluvioni, tsunami, ecc.) hanno già da anni reso necessario lo sviluppo ed il ricorso a piani di protezione civile a livello nazionale, regionale e locale per un tempestivo intervento al fine di programmare le attività attraverso l’attribuzione di competenze e l’individuazione di procedure, attrezzature e strumenti per la gestione delle emergenze. Negli ultimi anni ai disastri naturali si sono aggiunti quelli di origine antropica, quali ad esempio l’attacco terroristico ed NBCR (Nucleare, Biologico, Chimico e Radiologico). Tradizionalmente, la priorità è quella di assicurare interventi atti a limitare, nell’immediatezza dell’evento, la perdità di vite umane e, nel seguito, evitare possibili emergenze ambientali ed igienico sanitarie. A partire dalla fine degli anni ’80 però, è risultata sempre più onerosa la gestione dei rifiuti originati da disastri naturali e di origine antropica, evidenziando la necessità di aggiornare la pianificazione di settore inserendo specifiche previsioni per la gestione

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dei rifiuti che possano essere implementate, anche al fine di ridurre l’impatto ambientale ed il costo degli interventi, in concomitanza con lo svolgimento delle attività di soccorso della popolazione e di messa in sicurezza delle aree interessate. Nel seguito sono sinteticamente illustrate le diverse classi di rifiuti prodotti dai diversi disastri, alcune esperienze maturate e le prospettive future.

Rifiuti prodotti, esperienze maturate e prospettive Sia i disastri naturali che quelli di origine antropica possono originare ingenti quantità di rifiuti: la quantità e la qualità di rifiuti originati da calamità naturali può essere fortemente impattata dalla componente antropica (ad es. uso del suolo). I rifiuti possono essere raggruppati in classi in funzione della loro origine e/o delle loro caratteristiche (Tabella 1). In particolare, tali rifiuti possono essere direttamente dovuti all’even-

to, quali ad esempio i rifiuti da crolli e demolizioni causati dai danni alle infrastrutture o agli edifici, o indirettamente generati, quali i rifiuti prodotti dall’attivazione dell’emergenza e dalle prime procedure atte ad evitare possibili emergenze ambientali ed igienico sanitarie. Inoltre il normale sistema di gestione integrata dei rifiuti può essere impattato in maniera significativa a seconda che l’evento interessi una vasta area o un’area ove è presente un impianto di trattamento/smaltimento. Numerosi sono gli eventi calamitosi verificatisi in Italia e all’estero che hanno evidenziato la necessità di una corretta pianificazione e gestione dei rifiuti generati. Il dissesto idrogeologico caratteristico di diverse porzioni del nostro territorio ha dato luogo nel tempo ad alcuni eventi significativi, quali la frana del Vajont, la frana in Valtellina e la frana di Sarno. Tali eventi hanno provocato, oltre a numerose morti, danni agli edifici dei centri abitati, alle vie di comunicazione, ai servizi primari, al paesaggio e causato pertanto la formazione di rifiuto. Rifiuti hanno avuto origine anche da


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Frana

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Maremoto

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Tromba d’aria

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Attacco su strutture

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strutture d’emergenza

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Rifiuti inerti

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Carcasse di animali

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mutate condizioni di vita

Rifiuti putrescibili

Evento sismico

Rifiuti generati da

Rifiuto verde

Origine antropica

Macchinari resi inutilizzabili

Origine Naturale

RIFIUTI INDIRETTAMENTE GENERATI

Rifiuti da crollo e demolizione DISASTRO

RIFIUTI DIRETTAMENTE GENERATI

Tabella 1. Eventi e tipologie di rifiuti generati

eventi alluvionali, quali ad esempio quelli verificatisi nel maggio 2007 in molte regioni come Veneto, Friuli, Emilia Romagna ma anche in Campania, che hanno causato danni al territorio. La produzione di rifiuto può essere associata oltre agli effetti primari di un evento calamitoso, anche agli effetti secondari. Ad esempio nel caso del terremoto dell’isola di Java in Indonesia del maggio 2006, oltre ai danni caratteristici degli eventi sismici è stata osservata anche la formazione di ceneri emesse dal vulcano Merapi, mentre per il terremoto dell’Oceano Indiano del 2004, la formazione di un’onda anomala ha comportato, tra gli altri, il ritrovamento di rifiuti tossici sulle coste. Altre esperienze hanno riguardato il verificarsi di uragani, come ad esempio l’uragano Andrew del 1992 in Florida, l’uragano Hugo del 1989 nel North Carolina e l’uragano Katrina che ha interessato la Louisiana nel 2005, occasioni per le quali è stata dimostrata l’utilità

di predisporre preventivamente un piano di emergenza di raccolta dei rifiuti prodotti. Ed ancora significativi risultano gli eventi quali la tromba d’aria in Liguria del 1994, il terremoto in Giappone del 1995, l’eruzione di ceneri in Sicilia del 2000, l’incendio dell’isola di Capri nel 2007. Anche disastri di origine antropica, come l’attentato terroristico dell’11 Settembre che ha provocato la distruzione totale dei due grattacieli del World Trade Center (Twin Towers) e delle aree circostanti, hanno dato luogo alla produzione di rifiuti per i quali è stato seguito l’approccio della differenziazione delle diverse classi di rifiuto direttamente sul sito e al riciclo degli stessi. Significativa è stata l’esperienza del terremoto che colpì la città di Los Angeles nel 1994. Le autorità avviarono, successivamente all’evento, un’intensa attività di recupero e riciclo che portò alla fine del programma, a riciclare oltre il 56% dei materiali raccolti a partire dal giorno

del terremoto e, pertanto, ad una significativa riduzione dei costi di smaltimento. Analogo approccio, volto alla gestione del rifiuto prodotto dall’evento mediante un apposito programma, è stato mantenuto nella Contea di Lincoln nel Missouri quando nel 1993 le piene del Midwest inondarono milioni di acri di terreno. In entrambi i casi il coinvolgimento dei cittadini ha rappresentato un’importante risorsa per il raggiungimento degli obiettivi prefissati. A livello nazionale, il recente terremoto in Abruzzo ha visto l’emanazione del Decreto Legge 28 aprile 2009, n. 39 “Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici nella regione Abruzzo nel mese di aprile 2009 e ulteriori interventi urgenti di protezione civile” (GU n. 97 del 28-4-2009) che ha stabilito varie deroghe alla normativa in materia di rifiuti relativamente alle aree colpite dal terremoto in Abruzzo, con riferimento a: • declassificazione dei rifiuti prodotti dalle demolizioni;

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REPORT

• eliminazione degli obblighi di documentazione dei rifiuti prodotti anche se pericolosi; • deroga alle procedure di bonifica; • deroga all’autorizzazione di impianti mobili; • deroga alla normativa ambientale per le discariche; è stato inoltre previsto il coordinamento ed il supporto tecnico-scientifico dell'ISPRA per le attività di stoccaggio, trasporto e smaltimento dei rifiuti. Le esperienze maturate evidenziano diverse problematiche. In primo luogo, le attività di ge-

Come testimoniato dagli eventi accaduti nel passato, nella maggior parte dei casi in assenza di una programmazione preventiva delle attività, al verificarsi dell’evento si è fatto ricorso a provvedimenti d’urgenza e si è manifestata la necessità di consultare, in momenti sicuramente concitati, i tecnici del settore al fine di individuare le modalità di raccolta dei rifiuti, individuare e predisporre le aree per gli stoccaggi provvisori, stabilire il destino del rifiuto, scelte che necessitano di studi di approfondimento delle caratteristiche del servizio

Rifiuti direttamente generati

di svolgere, durante l’emergenza, tutte le attività utili all’allontanamento del rifiuto dall’area e, soltanto successivamente, il trattamento ed il riuso dei materiali, fatta eccezione per quei rifiuti, quali i rifiuti inerti ed i rifiuti da crolli e demolizioni per i quali il trattamento consiste in una semplice frantumazione, selezione e classificazione. Inoltre, essendo i rifiuti indirettamente generati principalmente caratterizzati da una produzione successiva all’emergenza, gli stessi possono essere presi in considerazione soltanto a partire da tale fase. Rifiuti indirettamente generati

Definizione delle competenze dei singoli soggetti coinvolti Mappatura dei siti esistenti e potenziali di stoccaggio, trattamento e smaltimento Inventario mezzi disponibili Pianificazione

Educazione/sensibilizzazione della popolazione Analisi delle possibili modalità di

mento del servizio di smaltimento dei rifiuti

gestione di tali classi di rifiuti

FASE

Acquisizione informazioni sul normale svolgi-

Reperimento di risorse finanziarie Individuazione dei flussi di rifiuto Informazione della popolazione Raccolta, trattamento, riuso/riciclo, smaltimento

Emergenza

Monitoraggio delle caratteristiche

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quali-quantitative del rifiuto prodotto Controllo del flusso di rifiuto Tabella 2. Attività di gestione del rifiuto da evento calamitoso

stione dei rifiuti calamitosi sono caratterizzate dall’urgenza, al fine di provvedere all’allontanamento del rifiuto dall’area per consentire le operazioni di soccorso. Ciò risulta essere spesso ostacolato dall’impossibilità di percorrere le principali vie di accesso all’area e dalla possibile presenza di edifici pericolanti o parzialmente compromessi. Inoltre la mancanza di opportuni mezzi ed attrezzature nelle aree ritenute a rischio ed il verificarsi di conflitti di competenze fra i soggetti interessati possono essere causa di difficoltà nell’organizzazione delle prime operazioni di soccorso. Anche le caratteristiche del rifiuto, spesso variabili nel tempo e di natura eterogenea, e gli ingenti quantitativi prodotti costituiscono un ulteriore aggravio alla gestione e richiedono la disponibilità immediata di risorse finanziarie.

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già presente e delle risorse disponibili e/o reperibili sul territorio. Anche la limitata informazione e/o educazione della popolazione alla problematica può rappresentare un ostacolo allo svolgimento delle attività di risoluzione dell’emergenza essendo il cittadino interessato dagli effetti dell’evento calamitoso anche direttamente coinvolto dal processo di gestione dei rifiuti. Un mancato coinvolgimento è stato causa di opposizioni della popolazione riguardo le scelte operate. Sulla base delle esperienze esaminate è quindi necessario prevedere una serie di attività per una specifica pianificazione degli interventi (Tabella 2). Inoltre, in funzione delle caratteristiche dei possibili rifiuti, è possibile individuare i criteri di gestione di ciascuna classe di rifiuto (Tabella 3). Si evince quindi la necessità

Lo studio preventivo per ridurre l’emergenza ambientale Al fine di una ottimale e rapida risoluzione dell’emergenza, la gestione da rifiuti da disastri naturali e di origine antropica deve essere attuata sulla base di uno studio preventivo per la pianificazione delle attività. Tale “piano” deve comprendere un’analisi della realtà territoriale, delle strutture esistenti, delle singole figure potenzialmente coinvolte nell’emergenza e del servizio di gestione dei rifiuti fornito in condizioni normali. Deve inoltre individuare le possibili classi di rifiuti generati e le diverse alternative di raccolta, trattamento, recupero e smaltimento. La gestione dei rifiuti da disastri non dovrebbe comunque prescindere da quelle che sono le


indicazioni generali della normativa vigente ai fini della riduzione della produzione del rifiuto, del riciclo/riuso, del recupero energetico e di materia e dello smaltimento finale. Lo sviluppo ed il ricorso a tale strumento (Piano) potrà contribuire all’individuazione di soluzioni rapide, efficaci e più compatibili dal punto di vista ambientale.

Il presente lavoro è tratto da: Santamaria A. e Vagliasindi F.G.A., Rifiuti da disastri naturali e di origine antropica: problematiche, esperienze e criteri di redazione del piano integrato di gestione. Edizioni CSISA Onlus ISBN 887850-005-4, Settembre 2009 *Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università di Catania

CLASSE DI RIFIUTO

MODALITÀ DI GESTIONE

Rifiuto inerte Rifiuto da crolli e demolizioni

Rifiuto verde

in emergenza

successiva all’emergenza

Conglomerato cementizio

Recupero

Metalli

Recupero nel mercato del rottame

Polveri e terriccio

Recupero come materiale da costruzione

pregiato

Raccolta e Deposito temporaneo

misto

Riuso quale materiale da costruzione o nelle opere paesaggistiche Cogenerazione, compostaggio

Rifiuto da macchinari in disuso

Conferimento presso impianti di recupero

Rifiuti generati da mutate condizioni di vita

Termodistruzione/Conferimento in discarica

Rifiuti da eccesso di solidarietà

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Rifiuti da smantellamento di strutture di emergenza

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Tabella 3. Raccolta, trattamento e smaltimento dei rifiuti in relazione allo svolgimento dell’emergenza

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Speciale

Analisi di rischio sitospecifica: una procedura in coNTINUO aggiornamentO Normativa e linee guida sempre più specifiche, per evitare interpretazioni “soggettive” di una procedura di fondamentale importanza per definire un sito contaminato di Tina Corleto

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e fino a qualche anno fa definire un sito contaminato o non contaminato era questione di un mero confronto con limiti di accettabilità imposti dalla normativa, oggi l’effettiva contaminazione di un’area, industriale o residenziale che sia, può essere accertata solo previa elaborazione di una specifica procedura matematica definita “Analisi di rischio sanitario ambientale sito-specifica”. Tale procedura, di cui il Dm 471/1999 forniva solo le “linee direttrici”, è al giorno d’oggi ben delineata, secondo quanto previsto dal Dlgs 152/2006 e dal Dlgs 4/2008 (cd. “secondo Correttivo”). La presenza di sostanze contaminanti nelle matrici ambientali di un sito (suolo, sottosuolo e falda) non è sufficiente a determinare se quel sito dovrà essere bonificato o meno. La possibilità di puntare al ripristino completo del sito riportando le concentrazioni dei contaminanti presenti al di sotto dei limiti tabellari o ai livelli di fondo spesso risulta tecnicamente e/o economicamente impossibile. Altra possibilità è quella di valutare la contaminazione sulla base del suo possibile impatto sulla salute umana e sull’ecosistema circostante. Tale valutazione può essere affrontata

derivanti dalle perdite di serbatoi interrati, poi come procedura generale di valutazione [3]. I procedimenti suggeriti da RBCA per il calcolo dei livelli ammissibili di inquinanti nelle matrici ambientali considerate (suolo superficiale, suolo profondo, falda idrica) si basano su una serie di modelli per calcolare la ripartizione e il trasporto/attenuazione degli inquinanti fra le stesse matrici ambientali. Ai risultati di questi calcoli si applicano poi, per ogni via di esposizione e per ciascun inquinante, modelli che determinano, in base alla destinazione d’uso (residenziale o industriale/commerciale), l’assunzione di inquinante da parte degli individui che frequentano il sito o le sue vicinanze. L’applicazione dei parametri tossicologici a queste quantità determina l’entità del rischio cui è sottoposto l’individuo. Dal confronto dei risultati con i rischi accettabili, infine, si ricava a ritroso quale livello di inquinante è accettabile nel suolo e in falda. Figura 1. Principali vie di migrazione di un contaminante rilasciato sul suolo [4].

schematicamente in due modi: il confronto con concentrazioni-limite tabellari o il calcolo del rischio associato alla totalità delle sostanze inquinanti. Tali approcci sono riconducibili storicamente all’approccio ‘lista olandese’ e all’analisi ‘americana’, rispettivamente [1]. La più nota e autorevole procedura per l’analisi del rischio è quella contenuta nella norma americana RBCA (Risk-Based Corrective Action), emessa dall’American Society for Testing and Materials dapprima per trattare i casi di inquinamento da idrocarburi [2], in particolare quelli

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Speciale

Confronto con la precedente normativa

Il Dlgs 3 aprile 2006, n. 152 affronta specificatamente l’aspetto della bonifica dei siti contaminati nel Titolo V della sua Parte Quarta. Il Testo Unico Ambientale definisce “contaminato” un sito nel quale i valori delle concentrazioni soglia di rischio (CSR), determinati con l’applicazione della procedura di analisi di rischio sanitario e ambientale sito-specifica sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione, risultano superati. Nel caso in cui la contaminazione rilevata nelle matrici ambientali risulti inferiore ai valori di concentrazione soglia di contaminazione (CSC) oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori di concentrazione soglia di rischio (CSR) il sito va considerato “non contaminato” e, dunque, da non sottoporre a bonifica. Con il Dlgs 16 gennaio 2008, n. 4 sono state apportate modifiche al testo del citato Dlgs 152/2006; le novità riguardano fondamentalmente l’analisi del rischio di cui all’Allegato 1, mantenendo sostanzialmente invariata la restante parte del testo originario. Il recente testo legislativo opera, a differenza del Dm 471/1999, specifiche scelte circa alcuni aspetti applicativi dell’analisi di rischio, quali ad esempio il valore accettabile del rischio per le sostanze cancerogene, la scelta del punto di conformità per le acque sotterranee rispetto alla sorgente secondaria di contaminazione e

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l’analisi di rischio per le stesse acque di falda. Onde voler meglio approfondire alcuni aspetti critici della procedura, si espone un esame puntuale di quanto previsto dalla vigente normativa. Applicabilità e finalità dell’analisi di rischio: A differenza di quanto prevedeva il Dm 471/1999, “l'analisi di rischio si può applicare prima, durante e dopo le operazioni di bonifica o messa in sicurezza”. Soprattutto, la procedura deve essere applicata per calcolare “i livelli di contaminazione residua accettabili … sui quali impostare gli interventi di messa in sicurezza e/o di bonifica”. Il ricorso all’analisi di rischio previsto dalla normativa in vigore fino al 2006 poteva comportare importanti imitazioni d’uso del sito, poiché la procedura adottata rientrava nella “bonifica con misure di sicurezza”. Il Dm 471/1999 prevedeva infatti di applicare l’analisi di rischio solo “qualora il progetto preliminare di bonifica dimostri che i valori di concentrazione limite accettabili di cui all’articolo 3, comma 1, non possono essere raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili … in tal caso è possibile autorizzare interventi di bonifica con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria” (art. 5, comma 1). Il Dlgs 4/2008 consente invece di definire gli obiettivi di bonifica in modo sito-specifico, valori che risultano pertanto differenti a seconda delle caratteristiche geologiche, idrogeologiche, ecc. di ciascun sito. Principi su cui si fonda l’analisi di rischio: “Ai fini di una piena accettazione dei risultati dovrà essere posta una particolare cura nella scelta dei parametri da utilizzare nei calcoli, scelta che dovrà rispondere sia a criteri di conservatività, il principio della cautela è intrinseco alla procedura di analisi di rischio,

che a quelli di sito-specificità ricavabili dalle indagini di caratterizzazione svolte. L'individuazione e l'analisi dei potenziali percorsi di esposizione e dei bersagli e la definizione degli obiettivi di bonifica, in coerenza con gli orientamenti strategici più recenti, devono tenere presente la destinazione d'uso del sito prevista dagli strumenti di programmazione territoriale” (Dlgs 4/2008). Già il Dm 471/1999 prevedeva un calcolo del rischio sanitario “basato sul concetto di massima esposizione possibile, conservativo e protettivo per la salute”. Lo stesso principio viene ripreso dalla vigente normativa. Mentre, però, l’abrogato decreto prevedeva di svolgere l’analisi di rischio “considerando gli usi attuali e possibili nel futuro, delle diverse componenti ambientali, sulla base della destinazione d'uso prevista per il sito”, il decreto del 2008 impone di considerare esclusivamente la destinazione d’uso prevista dal piano regolatore comunale vigente al momento dell’elaborazione della procedura di calcolo. Si precisa che l’analisi di rischio deve essere applicata secondo le caratteristiche del sito prima di qualsiasi intervento di messa in sicurezza o di bonifica, onde calcolare obiettivi di bonifica che non tengano conto di attività che interrompano eventuali vie di migrazione dei contaminanti [5]. Componenti dell’analisi di rischio: “La scelta dei contaminanti indice, desunti dai risultati della caratterizzazione, deve tener conto dei seguenti fattori: • Superamento della o delle CSC, ovvero dei valori di fondo naturali • Livelli di tossicità • Grado di mobilità e persistenza nelle varie matrici ambientali • Correlabilità ad attività svolta nel sito • Frequenza dei valori superiori al CSC” La procedura dell’analisi di rischio va implementa considerando, quali contaminanti indicatori, le sostanze la cui presenza in sito supera le concentrazioni soglia di contaminazione definite dalla normativa o i “valori di fondo naturali”, intendendo con essi “le caratteristiche statistiche del contenuto naturale pedo-geochimico di una sostanza nei suoli”. Relativamente alla definizione delle sorgenti secondarie, il Dlgs 4/2008 prevede che “le


indagini di caratterizzazione dovranno portare alla valutazione della geometria della sorgente: tale valutazione dovrà necessariamente tenere conto delle dimensioni globali del sito, in modo da procedere, eventualmente, ad una suddivisione in aree omogenee sia per le caratteristiche idrogeologiche che per la presenza di sostanze contaminanti, da sottoporre individualmente ai calcoli di analisi di rischio”. La vigente normativa consente la suddivisione del sito in sub-aree, nel caso specifico in

cui risultino differenze nella contaminazione del sito o nelle caratteristiche idrogeologiche sito-specifiche. Tale precisazione era assente nel Dm 471/1999. “Le vie di esposizione per le quali occorre definire i parametri da introdurre nei calcoli sono le seguenti: • Suolo superficiale (compreso fra piano campagna e 1 metro di profondità). • Suolo profondo (compreso fra la base del precedente e la massima profondità indagata).

• Aria outdoor (porzione di ambiente aperto, aeriforme, dove si possono avere evaporazioni di sostanze inquinanti provenienti dai livelli più superficiali). • Aria indoor (porzione di ambiente aeriforme confinata in ambienti chiusi). • Acqua sotterranea (falda superficiale e/o profonda)”. Va fatto presente che, pur menzionando la procedura come “analisi di rischio sanitario e ambientale”, l’Allegato 1 del Dlgs 4/2008 non

Figura 2. Vie di migrazione e di esposizione considerate dalla procedura RBCA.

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Speciale

fornisce indicazioni circa il calcolo del rischio ecologico, ossia la valutazione degli impatti, a breve e a lungo periodo, che l’inquinamento può avere sull’ecosistema circostante. I recettori o bersagli della contaminazione considerati dalla normativa sono “i recettori umani, identificabili in residenti e/o lavoratori presenti nel sito (on-site) o persone che vivono al di fuori del sito (off-site)”. Di fondamentale importanza per il risultato finale della procedura è la scelta del punto di conformità che, per le acque sotterranee, “rappresenta il punto a valle idrogeologico della sorgente al quale deve essere garantito il ripristino dello stato originale (ecologico, chimico e/o quantitativo) del corpo idrico sotterraneo, onde consentire tutti i suoi usi potenziali... Il punto di conformità deve essere di norma fissato non oltre i confini del sito contaminato oggetto di bonifica e la relativa CSR per ciascun contaminante deve essere fissata equivalente alle CSC di cui all'Allegato 5 della parte quarta del decreto. Valori superiori possono essere ammissibili solo in caso di fondo naturale più elevato o di modifiche allo stato originario dovute all'inquinamento diffuso, ove accertati o validati dalla Autorità pubblica competente, o in caso di specifici minori obiettivi di qualità per il corpo idrico sotterraneo o per altri corpi idrici recettori, ove stabiliti e indicati dall'Autorità pubblica c ompetente, comunque compatibilmente con l'assenza di rischio igienico-sanitario per eventuali altri recettori a valle. A monte idrogeologico del punto di conformità così determinato e comunque limitatamente alle aree interne del sito in considerazione, la concentrazione dei contaminanti può risultare maggiore della CSR così determinata, purché compatibile con il rispetto della CSC al punto di conformità nonché compatibile con l'analisi del rischio igienico sanitario per ogni altro possibile recettore nell'area stessa”. Laddove il Dm 471/1999 lasciava sostanzialmente libera la scelta relativa all’ubicazione del POC, il Dlgs 4/2008 fissa ai confini del sito l’obiettivo di conformità della qualità delle acque sotterranee rispetto alle CSC di Tabella 2 Allegato 5 Titolo V Parte Quarta del Dlgs 152/2006. Una tale imposizione normativa consente, finalmente, di armonizzare le differenti modalità applicative finora utilizzate, che

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Figura 3. Schema del modello di trasporto dei vapori dalla falda in ambiente indoor.

Figura 4. Schema del modello di trasporto dei vapori dal suolo in ambiente indoor.

portavano a notevoli discrepanze sul valore degli obiettivi di bonifica calcolati. Infine, per quel che concerne l’accettabilità del rischio cancerogeno, la vigente normativa propone i valori di 1x10-6 come valore di rischio incrementale accettabile per la singola sostanza cancerogena e di 1x10-5 come valore di rischio incrementale accettabile cumula-

to per tutte le sostanze cancerogene; per le sostanze non cancerogene si mantiene inalterato il criterio del non superamento della dose tollerabile o accettabile definita per la sostanza (Hazard Index complessivo inferiore all’unità). Procedure di calcolo: a differenza di quanto riportato nell’ex Dm 471/1999, la vigente normativa propone una specifica metodologia


operativa, ossia la ASTM PS 104 “Standard provisional guide for Risk-Based Corrective Action” per il calcolo e la stima del rischio, riducendo in tal modo, quanto più possibile, le numerose aleatorietà finora presenti nell’applicazione della procedura.

L’univocità dei risultati A fronte di tutti i chiarimenti, peraltro non ancora del tutto esaustivi ai fini dell’applicazione dell’analisi di rischio, forniti dalla recente normativa ambientale, vi è inoltre da sottolineare la presenza del manuale “Criteri metodologici per l'applicazione dell'analisi assoluta di rischio ai siti contaminati” redatti dal gruppo di lavoro APAT-ARPA-ISS-ISPESL, di cui è stata presentata la seconda revisione a marzo 2008, che forniscono criteri e modalità di calcolo per la valutazione del rischio e degli obiettivi di bonifica sito-specifici per un'area potenzialmente contaminata.

Tra i numerosi allegati messi a disposizione dei progettisti del settore e degli Enti di controllo, si ritiene di fondamentale importanza l’Allegato N ai "Criteri metodologici", in cui alla procedura di calcolo del rischio viene

applicata l’analisi di sensibilità, indispensabile alla valutazione dell’effetto correlato alla variabilità e all’incertezza dei parametri che intervengono nelle procedure di calcolo sul risultato ottenuto.

Applicazione dell’analisi di rischio ai Punti Vendita carburante Nel giugno scorso è stata pubblicata sul sito dell’ISPRA (ex APAT) l’Appendice V ai “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati”, con l’obiettivo di fornire una metodologia specifica per l’applicazione dell’analisi di rischio ai Punti Vendita carburanti (PV). Vista la tipologia di contaminazione generalmente presente in tali siti e la relativamente modesta estensione areale degli stessi, si è in tal modo cercato di accelerare gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza e bonifica all’interno di questa particolare tipologia di sito industriale, allo scopo di evitare il propagarsi della contaminazione. L’ISPRA ha a tal fine elaborato una short-list di parametri sito-specifici da determinare ai fini dell’analisi di rischio per i PV. L’Appendice V sottolinea la necessità di prevedere, ai sensi dell'articolo 242, comma 5, del D.Lgs 152/06 e s.m.i. e del DLgs 30/2009, idonee campagne di monitoraggio dei suoli e delle acque di falda; tali monitoraggi sono da considerarsi propedeutici alla conclusione definitiva del procedimento di certificazione del sito.

Figura 5. Esempio di modello concettuale di un sito.

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Speciale Analisi di rischio

Grazie alla condivisione di tale analisi, è stata individuata una lista di parametri che debbono prioritariamente essere determinati mediante misure sito-specifiche, avendo focalizzato l’attenzione sulle equazioni relative al calcolo dei fattori di trasporto [6]. Oltre alla scelta del valore da attribuire ai numerosi parametri che concorrono al calcolo degli obiettivi di bonifica sito-specifici, è inoltre da sottolineare che esistono differenti software utilizzati a supporto della procedura, quali il programma Rome 2.1, sviluppato dall'ANPA (Agenzia Nazionale per la Protezione dell'Ambiente) in collaborazione con Environ Italy srl, il programma Giuditta 3.1, realizzato dalla Provincia di Milano, RBCA Tool Kit for Chemical Releases dell’americana Groundwater Services Inc. e Risc della BP Oil International. Tali programmi consentono di sviluppare i calcoli dell'analisi di rischio in maniera il più possibile attinente alle linee guida indicate da ISPRA (ex APAT), anche se nessuno dei quattro è in grado di riprodurle in maniera completa. Ciascun software presenta specifiche potenzialità ma anche alcuni problemi sia nell'inserimento dei dati che nel calcolo dei rischi o delle CSR, per cui il confronto dei risultati ottenuti con i diversi programmi ha consentito di cogliere sia le differenze legate alle scelte di modelli differenti sia quelle dovute ad errori prodotti nelle procedure. Nell’attesa di poter visionare la revisione n.3 dei Criteri metodologici, in corso di redazione da parte del gruppo guidato dall’ISPRA, i progettisti possono comunque fare riferimento a una normativa e a Linee guida nazionali che, in continua evoluzione, garantiscono comunque l’implementazione di una procedura ormai rodata e condivisa da Enti pubblici e privati.

BIBLIOGRAFIA [1] Visser W.F.J. (1993) Contaminated land policies in some industrialized countries, The Hague (The Netherlands), Technical Soil Protection Committee. [2] ASTM (American Society for Testing and Materials) (1995) E1739-95 standard guide for risk-based corrective action applied to petroleum release sites, West Conshohocken (PA), ASTM. [3] ASTM (American Society for Testing and Materials) (2004b) E2081-00e1 standard guide for risk-based corrective action, West Conshohocken (PA), ASTM International. [4] ENI (2005), Enciclopedia degli idrocarburi – Volume III - Nuovi sviluppi: energia, trasporti, sostenibilità, Istituto della Enciclopedia italiana fondata da Giovanni Treccani S.p.A. [5] Musmeci L. (2009) Bonifica di siti contaminati, Edizioni Ambiente. [6] APAT-ARPA-ISS-ISPESL (rev. 2, marzo 2008) Documento di riferimento per la determinazione e la validazione dei parametri sito-specifici utilizzati nell’applicazione dell’analisi di rischio ai sensi del DLgs 152/06.

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BONIFICA DELL’AREA INTERNA ALL’EX OFFICINA DEL GAS A SAVIGLIANO La presenza di idrocarburi in un contesto urbanizzato ha richiesto l’applicazione di particolari tecniche per ridurre i tempi di esecuzione e i disagi per la popolazione di Andrea Terziano

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ono in corso le operazioni di bonifica di un’area interna dell’ex officina del gas, di proprietà della società Italgas SpA, sita nel comune di Savigliano, in provincia di Cuneo. I lavori sono eseguiti dalla Demont Ambiente s.r.l., realtà più che affermata nel settore delle bonifiche.

La presenza di questo stabilimento in un contesto fortemente urbanizzato, e in aggiunta nei pressi della stazione ferroviaria, pone non pochi problemi per l’esecuzione delle operazioni di bonifica. Prima di analizzare nel dettaglio tali problematiche, però, è doverosa una descrizione delle attività di bonifica da svolgere.

Figura 1: Esecuzione di berlinese di consolidamento in prossimità di un edificio residenziale da preservare durante le fasi di scavo

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Sulla base di quanto emerso dalle indagini preliminari, sono state individuate due aree principali, una in prossimità delle ex vasche di catrame e l’altra della ex zona forni, nelle quali sussistevano problemi di contaminazione da IPA, a cui si deve aggiungere un hot spot in prossimità degli uffici Italgas. Schematicamente si prevedeva di procedere con la bonifica delle 3 aree in 2 fasi distinte. La prima riguardava lo scavo di due delle zone da bonificare, fino al raggiungimento della profondità prevista di circa 1,80 e 2,65 metri, mentre la seconda fase, che interessava l’area delle ex vasche catrame, richiedeva di approfondire lo scavo fino a 4,5 metri dal p.c. Lo scavo necessario alla bonifica dei terreni contaminati da idrocarburi poteva comportare, per la popolazione residente nelle vicinanze, emissioni in atmosfera di odori e di inquinanti nocivi per la salute oltre che difficili da tollerare, soprattutto considerando che i lavori erano in corso nel periodo estivo durante il quale in genere le finestre delle abitazioni vengono lasciate aperte. Si consideri inoltre che lo scavo dell’area delle ex vasche catrame andava effettuato in prossimità di edifici esistenti e da preservare, quali un edificio residenziale (Figura 1) ed un capannone utilizzato da Italgas come magazzino (Figura 2).


Tale circostanza ha imposto la realizzazione di opere di consolidamento preventivo di una certa rilevanza. Non ultimo, il protrarsi nel tempo dell’intervento ha finito con l’esasperare la cittadinanza residente e gli utenti della stazione ferroviaria, che hanno dovuto rinunciare ad un pezzo di strada e di parcheggio per far posto al cantiere. Vediamo meglio come Demont Ambiente s.r.l. ha affrontato e risolto queste problematiche. Le fasi di scavo delle aree ex zona forni ed ex vasche catrame, per evitare la diffusione esternamente alle aree di lavoro di eventuali polveri e odori, sono state effettuate all’interno di tendostrutture prefabbricate modulari in profilati di alluminio. Ogni modulo ha dimensioni di 5x10 m con una superficie coperta pari a 50 m2 per modulo, altezze ai lati di 4 m e altezze al colmo di 7,20 m. Data la logistica di cantiere e le modalità di scavo e carico del materiale contaminato, è stata predisposta una superficie coperta utile pari a 15x10 m per l’area ex forni e 20x10 m per l’area ex vasche catrame. Queste tendostrutture garantiscono sia il confinamento statico, mediante i teloni in PVC che le ricoprono, sia quello dinamico, tramite un impianto di estrattori e filtri a carboni attivi che consente di effettuare un cambio di aria all’ora. Le attività di scavo, eseguite all’interno delle tendostrutture, sono state condotte con mezzo meccanico attrezzato con benna di capacità pari a 1 m3. Sia gli operatori sia i

Figura 2: Capannone utilizzato da Italgas come magazzino, da preservare durante le fasi di scavo

Il cantiere in breve Committente: Italgas S.p.A. Importo lavori: € 1.100.000,00 Impresa: DEMONT AMBIENTE S.r.l. Consegna lavori: 15/06/2009 Fine lavori contrattuale: 15/06/2010 Fine lavori prevista: 31/12/2009 Oggetto appalto: BONIFICA DI UN’AREA INTERNA ALL’EX OFFICINA DEL GAS DI PROPRIETA’ DELLA SOCIETA’ ITALGAS SITA A SAVIGLIANO (CN). Descrizione Intervento: L’intervento consiste nella bonifica di 3 aree da effettuarsi in 2 fasi distinte. La prima fase prevede lo scavo di due delle zone da bonificare fino ad una profondità prevista di circa 1,80 e 2,65 metri mentre la seconda fase consiste nello scavo di un’area profonda fino a 4,5 metri da p.c. Per consentire l’effettuazione di tale ultimo scavo preliminarmente si realizzerà una struttura di contenimento delle pareti costituita da una berlinese. Tale opera strutturale, che raggiungerà una profondità massima di 10 metri da p.c., sarà costituita da 92 pali da 60 cm di diametro, da 52 micropali da 60 cm di diametro e da una trave di collegamento. Tutte le fasi di scavo delle 3 aree, per evitare la diffusione fuori dalle aree di lavoro di eventuali polveri e odori, saranno effettuate all’interno di una tendostruttura in acciaio ricoperta da teloni in PVC (confinamento statico) e tramite un impianto di estrattori e filtri a carboni attivi (confinamento dinamico) che garantiranno il ricambio d’aria all’interno della tensostruttura stessa. Quantità dei materiali: ca. 1.575 mc di materiale da scavare e movimentare Contaminazione: idrocarburi Fasi operative: • Realizzazione opere strutturali propedeutiche alle attività di escavazione e alle attività di montaggio della struttura di confinamento (solo per lo scavo spinto fino alla profondità di 4,5 metri da p.c.); • Smaltimento terre di risulta provenienti dagli scavi per la realizzazione della berlinese (solo per lo scavo spinto fino alla profondità di 4,5 metri da p.c.); • Montaggio della struttura di confinamento statico e dinamico; • Scavo del materiale contaminato all’interno della tendostruttura; • Smaltimento in discarica dei terreni scavati contaminati; • Sistemazione finale dell’area mediante reinterro degli scavi, ripristino sottoservizi, pavimentazioni e rimozione cantiere.

Figura 3: Operazioni di scavo e carico materiale eseguite direttamente all’interno delle tendostrutture

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work in progress

tecnici che hanno il compito di verificare le caratteristiche organolettiche del materiale per poterlo correttamente suddividere e stoccare, sono stati equipaggiati con maschere con filtri a carboni attivi. Il carico del materiale di risulta sui mezzi di trasporto è stato realizzato contestualmente allo scavo (Figura 3). Il terreno contaminato viene conferito direttamente presso impianti di smaltimento autorizzati. Il materiale privo di anomalie, o caratterizzato da anomalie modeste, viene stoccato in un deposito polmone avente superficie di circa 100 m2, sito in un‘area a nord del cantiere ed attrezzata per lo stoccaggio temporaneo. Successivamente tale materiale viene sottoposto ad analisi, in ragione di un campione ogni 100 m3, finalizzata alla definizione della sua corretta destinazione che potrà essere: smaltimento presso impianti autorizzati per riempimento verifica ECO_240x150:Layouto riutilizzo 1 17-02-2009 15:05 previa Pagina 2 del rispetto dei limiti di riferimento.

Si è scelto di attuare tale procedura sia perché i trattamenti di bonifica in sito non sarebbero stati economicamente vantaggiosi, viste le ridotte quantità di materiale da trattare, sia perché in questo modo si riducono notevolmente gli impatti sull’area circostante. Più particolare è invece l’effettuazione dello scavo di 4,5 metri, eseguito nell’area ex vasche catrame dove è stato necessario realizzare preliminarmente una struttura di contenimento delle pareti dello scavo stesso (berlinese). Tale opera strutturale, che raggiunge una profondità massima di 10 metri da p.c., è costituita da 92 pali da 60 cm di diametro, da 52 micropali e da una trave di collegamento. I pali sono stati realizzati mediante apposita trivella, e non infissi a percussione, in modo da ridurre al minimo le sollecitazioni prodotte sull’edificio residenziale posto al confine con il cantiere. Lo scopo della berlinese è quello di trasferire i carichi, dovuti alla presenza dell’abitazione confinante, più in profondità, svincolando quindi la porzione di

terreno da asportare per la bonifica dalla funzione di sostegno della casa stessa, evitando così la formazione di crepe e fessure nell’edificio privato. In ultimo Demont Ambiente s.r.l. ha operato una serie di scelte tecniche ed organizzative per permettere di riconsegnare il cantiere ad Italgas S.p.A. entro la fine del mese di dicembre 2009, e cioè dopo circa soli 6 mesi dalla consegna delle aree, con circa 6 mesi di anticipo rispetto alle tempistiche contrattuali. Queste scelte, che hanno incontrato il favore dell’Amministrazione Comunale, permettono di ridurre notevolmente tutti i disagi dovuti alla presenza del cantiere in un’area così fortemente antropizzata, e principalmente dovuti agli odori derivanti dai terreni contaminati, al transito dei mezzi di cantiere, alle modifiche alla viabilità locale ed alla riduzione dell’area destinata a parcheggio. Concluse le operazioni di bonifica, come richiesto dalla Committente, l’area verrà ripristinata mediante reinterro con materiale certificato.

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DEMOLIZIONE E BONIFICA FANNO SPETTACOLO NELLa EX AREA MONTELUCE A PERUGIA Le operazioni di riqualificazione dei vecchi padiglioni ospedalieri sono entrate nel vivo ed iniziate all’insegna dello spettacolo con l’organizzazione di una riuscitissima notte bianca della demolizione di Maeva Brunero Bronzin

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’area del Policlinico Monteluce si presenta come una piccola altura distante dal Centro Storico di Perugia solo poche centinaia di metri, immersa nel verde e caratterizzata dalla presenza degli edifici a padi-

glione dell’ex Policlinico. L’area, delimitata da due assi viari, la via del Giochetto e la Via Dal Pozzo, rappresenta un punto di snodo importante tra il centro storico ed il territorio vallivo circostante.

Vista aerea dell’ex Policlinico Monteluce; le operazioni di demolizione e bonifica lasceranno spazio al nuovo progetto di riqualificazione

La riqualificazione del Policlinico Monteluce di Perugia prevede la bonifica e successiva demolizione degli attuali padiglioni presenti preparando l’area per una trasformazione urbana e territoriale. L’intervento, che completa il processo di trasferimento delle strutture ospedaliere in una nuova sede restituendo alla città un intero quartiere, è promosso dalla Regione Umbria, dal Comune di Perugia, dall’Università degli Studi di Perugia e dall’Azienda Ospedaliera mediante un innovativo modello di partnership pubblico-privato. Sulla base di un Accordo di Programma per il recupero dell’area, la Regione Umbria e l’Università degli Studi di Perugia hanno conferito la proprietà dei beni al Comparto Monteluce di Fondo Umbria, il primo fondo immobiliare ad apporto pubblico impegnato in grandi progetti di rigenerazione urbana. Gestisce l’operazione BNP Paribas REIM SGR P.A., individuata mediante una gara ad evidenza pubblica.

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work in progress

In questo caso, l’utilizzo del fondo immobiliare rappresenta un’alternativa alla dismissione diretta delle aree, capace di attrarre risorse e capitali privati per l’attuazione di ampi progetti di riqualificazione. Grazie allo strumento, che associa management privato e governance pubblica, il progetto si distingue per l’attenzione alla qualità urbana.

Il progetto L’area si estende per 75.000 mq sulla sommità di una collina adiacente al Centro Storico, in una posizione di particolare pregio paesaggistico ed ambientale caratterizzata dalla presenza dell’ex convento delle Clarisse di S. Maria di Monteluce, fondato nel 1218 e successivamente trasformato in ospedale. Il progetto realizza un ampio mix funzionale: residenziale, commerciale, terziario e ricettivo, ma anche residenze per studenti e nuovi servizi, per un totale di 65.000 mq, oltre a parcheggi, piazze pedonali ed ampi spazi verdi. Proponendosi come nuovo polo urbano, su-

Demolizione di uno dei padiglioni in prossimità delle strade esterne con utilizzo di fog cannon e schermi di protezione

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pera il concetto di riqualificazione di un ambito e promuove la rigenerazione di una zona della città assai più estesa; nelle vicinanze saranno presto realizzate una nuova cittadella universitaria, un complesso di spazi dedicati ad attività sportive ed in futuro una stazione del mini-metro. Per assicurare la qualità progettuale sin dalle fasi di definizione del master plan, la Società di Gestione del Risparmio ha organizzato un concorso di idee. Sul tema si sono confrontati cinque studi di architettura di fama internazionale: Bolles+Wilson (Germania), Italo Rota (Italia), MVRDV (Olanda), Lacaton&Vassal (Francia) e Abalos&Herreros (Spagna).

Sulla base dell’idea progettuale, che ha ricevuto dall’INU il “premio urbanistica 2006”, lo studio Bolles+Wilson ha successivamente redatto il piano attuativo dell’area, approvato dal Comune il 6 ottobre 2008. La proposta dello studio tedesco, si distingue per il rapporto speciale che instaura con la topografia del luogo, come dimostra il modello in scala, realizzato sin dalle prime fasi progettuali. La composizione si articola attorno a due nuove grandi piazze pedonali, con l’intento di creare una nuova coreografia urbana, ossia una sequenza di spazi pubblici che si susseguono dalla piazza antistante il convento fino all’estremità opposta dell’area.

La notte bianca della demolizione Alla fine di luglio General Smontaggi ha iniziato la demolizione degli edifici lungo via del Giochetto, una delle principali vie di accesso alla città e al centro storico di Perugia. I lavori sono stati realizzati in periodo estivo proprio per ridurre al minimo i disagi per i cittadini. E’ stato creato un senso unico alternato presidiato e i lavori sono stati portati avanti h 24 dagli uomini di General Smontaggi. In occasione di questa demolizione così particolare l’azienda, di concerto con il Comune e con il fondo committente, ha organizzato una riuscitissima festa la notte del 31 luglio che ha visto la partecipazione di tutta la città. Abbiamo incontrato il geom. Danilo Caselli, Responsabile del cantiere, che ci ha spiegato in dettaglio questa particolare iniziativa pensata ed organizzata dall’azienda novarese “durante la festa con aree e intrattenimenti dedicati ai bambini e altre agli adulti sono stati distribuiti centinaia di gelati offerti da PNB Paribas appositamente creati per l’occasione: dal gusto Monteluce al gusto M’illumino d’immenso”. Continua Caselli “grandi e piccini hanno potuto vedere da vicino e toccare un enorme escavatore Komatsu Demolition da 340 quintali con un braccio lungo 22 metri che era a disposizione anche per le fotografie che i cittadini, i bambini e tutti quelli che sono intervenuti hanno ritirato gratuitamente nella settimana successiva presso uno studio fotografico sito a pochi passi dalla piazza”. Inoltre l’azienda novarese incaricata dell’intera demolizione ha regalato ai bambini intervenuti palloncini colorati e simpatici omaggi.


Il progetto rinuncia a corpi dominanti privilegiando una sequenza volumi “su misura” che proseguono la città storica ed rispettano la panoramicità del luogo. Per ragioni legate alla morfologia del luogo, le nuove costruzioni sono prevalentemente realizzate in luogo delle vecchie strutture ospedaliere. Tale soluzione limita i movimenti di terra, ma soprattutto conserva e valorizza la vegetazione esistente, oggetto di un approfondito censimento. L’intervento si caratterizza infine per un approccio rigoroso al tema della sostenibilità ambientale. Attraverso la redazione di un protocollo specifico, sono state definite le linee guida e gli obiettivi prestazionali per la proget-

tazione. Oltre che per il risparmio energetico, gli edifici del nuovo quartiere si distinguono per l’impiego integrato di soluzioni bioclimatiche volte al rispetto dell’ambiente ed al confort abitativo in genere.

Il cantiere per la riqualificazione dell’area A seguito del’approvazione del piano attuativo, della sottoscrizione della convenzione urbanistica e del completo trasferimento delle strutture sanitarie nel nuovo ospedale, la riqualificazione dell’area è entrata nella fase attuativa. Le prime attività – già in corso – riguardano la

La demolizione programmata dal 26 luglio al 22 agosto, non si è ovviamente interrotta durante la festa ma è diventata uno spettacolo nello spettacolo. “La demolizione in notturna sembrava quasi un set cinematografico con le tre torri faro che illuminavano a giorno l’area di lavoro. Durante le demolizioni 7 giorni su 7, pur operando con scavatori da 900 e 500 quintali e facendo complessivamente una produzione di 15.000 metri cubi di macerie, non abbiamo mai superato la soglia massima del rumore previsto di 72 decibel restando entro i 68 mentre dal 26 agosto abbiamo ripreso i lavori di demolizione per i padiglioni G,O,C,H,I” conclude Caselli. Il portone dell’ex ospedale durante lo svolgersi della festa è rimasto aperto e tutti hanno potuto vedere in assoluta sicurezza l’avanzamento lavori. Nell’androne allestito dell’ingresso di Monteluce è stato inoltre posizionato il plastico del quartiere che verrà e tutti hanno potuto ricevere risposte e soddisfare le curiosità del dopo demolizione. Prima di iniziare la demolizione con i mezzi meccanici, l’azienda novarese ha dovuto procedere con lo stacco manuale dei manufatti del vecchio ospedale da demolire dalla chiesa del ‘500. Le solette adiacenti sono state letteralmente asportate in blocchi interi con una superficie anche di 20m2.

demolizione degli edifici esistenti, con l’esclusione dei fabbricati del preesistente monastero, della cappella dell’ex ospedale e del padiglione E (chirurgia generale), dei quali il progetto prevede il recupero. Le lavorazioni sono state precedute da una dettagliata campagna di indagini ambientali volta a rintracciare la presenza di eventuali agenti inquinanti (amianto, lane minerali…) ed a valutare gli interventi necessari. Sono stati visivamente ispezionati tutti gli ambienti all’interno dei padiglioni ospedalieri, compresi i locali tecnologici. Sono stati eseguiti, all’occorrenza, piccoli assaggi distruttivi sulle opere murarie o sui materiali individuati;

Al lavoro anche uno escavatore Cat 365 Demolition da 650 quintali con braccio da 32 metri, con un’attrezzatura e delle pinze del peso di 22 quintali. Il fronte strada da demolire era lungo quasi 200 metri, ma prima ancora di poter posizionare gli escavatori per la demolizione del lunghissimo fronte strada gli uomini della General Smontaggi hanno dovuto demolire gli scantinati di uno o due piani adiacenti al perimetro e riempirli con le macerie per consentire ai Caterpillar di avvicinarsi. Al fine di evitare che detriti, proiezioni o materiali cadessero fuori dell’area di cantiere e dunque essere potenzialmente pericolosi, General Smontaggi ha allestito un enorme telo di mt 15 x 12 per un peso di 80 quintali in neoprene armato sostenuto da un’autogru da 90 tonnellate con un braccio di 35 metri. Il telo è stato posizionato proprio al limitare dell’area di lavoro ed è stato spostato mano a mano per seguire il lavoro degli escavatori. I tecnici della General Smontaggi hanno terminato il lavoro ben prima del cronoprogramma, riaprendo al traffico via del Giochetto già il 6 agosto. Durante l’attività di demolizione i fog cannon, strumenti molto simili ai cannoni sparaneve, hanno nebulizzato costantemente acqua per abbattere le polveri della demolizione.

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work in progress

le zone sono state identificate tramite le informazioni e le planimetrie fornite dal committente. Gli aspetti ambientali che sono stati valutati sono i seguenti: • presenza di amianto in coperture, nei rivestimenti isolanti, nelle pavimentazioni viniliche, nei materiali ignifughi e in manufatti a base di fibrocemeno, ecc; • presenza di fibre minerali artificiali (lane minerali e/o fibre ceramiche) in materiali isolanti di macchinari, tubazioni, pareti prefabbricate e controsoffitti; • presenza di trasformatori ed altre apparecchiature elettriche potenzialmente contenenti PCB; • presenza di bombole e serbatoi in pressione contenenti gas nocivi o halon; • presenza di apparecchi di condizionamento/refrigerazione che contengono gas dannosi allo strato di ozono (CFC). Durante l’ispezione sono stati prelevati i materiali a vista che potenzialmente potessero contenere amianto e materiali a base di fibre minerali artificiali, da sottoporre ad analisi di laboratorio. Le operazioni di campionatura sono state eseguite in modo da evitare dispersione di fibre: in particolare, quando possibile, si è prelevato materiale da punti fratturati altrimenti provvedendo ad inumidire la zona di prelievo e ad incapsulare a fine lavoro.

Gli uomini General Smontaggi protagonisti dell’intervento

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Sezionamento con disco diamantato delle porzioni di solaio confinante con il monastero da preservare

Sulla base dei risultati delle indagini, sono già state avviate le attività di bonifica, strip out, smontaggio e demolizione dei padiglioni, la cui esecuzione è curata dalla società General Smontaggi S.p.a. ed avrà una durata complessiva di circa 12 mesi. Le demolizioni saranno eseguite in modo controllato e tale da evitare crolli, mediante escavatori speciali da demolizione. Durante tutta

la durata saranno operativi cannoni ad acqua nebulizzata per ridurre al minimo la produzione delle polveri. I materiali di risulta saranno trattati in modo diversificato. I materiali rimossi nel corso degli smontaggi (ferro, legno, cartongesso, vetro, PVC…) verranno attentamente suddivisi per categorie ed in larga parte conferiti a centri di trasformazione autorizzati per il successivo riciclo. Il materiale della demolizione (calcestruzzo, laterizi, inerti in genere…) sarà frantumato in sito e trasformato in materia prima secondaria reimpiegabile nel corso delle successive lavorazioni (riempimenti, sottofondi…). Successivamente, prenderanno avvio le opere di urbanizzazione e la realizzazione degli interventi edilizi. Il cantiere procederà per lotti e stralci funzionali, in modo tale che la prima fase del progetto sia completata entro la fine del 2012. Gli interventi sul perimetro – tra i quali le residenze – potranno avere tempistiche di realizzazione diverse in funzione delle modalità di attuazione. In alternativa alla realizzazione diretta, il Fondo ha previsto la possibilità di cedere i lotti urbanizzati ad altri operatori. La cessione sarà in ogni caso vincolata al rispetto della qualità architettonica dell’intervento e dei progetti, già in corso di redazione.


Salone della Gestione dell’Energia e delle Energie Rinnovabili


Work in progress

BONIFICA E DEMOLIZIONE DI UN IMPIANTO DI DISTILLAZIONE BENZOLO Complesse procedure operative per la presenza di amianto, spazi operativi ridottissimi ed elevate altezze sono gli ingredienti di questo importante intervento di dismissione industriale di Andrea Terziano

L

’impianto oggetto dell’appalto si trovava all’interno degli stabilimenti della Italiana Coke di Cairo Montenotte e faceva parte del classico ciclo di recupero dei sottoprodotti del gas di cokeria; nello specifico consisteva in

una serie di colonne di distillazione e serbatoi di raccolta per la separazione del benzolo estratto dall’effluente gassoso proveniente dai forni mediante trattamento del gas con una miscela idrocarburica liquida denominata olio di lavaggio.

Interno sala benzolo - particolare coibentazione presente sugli impianti

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L’impianto di distillazione e recupero del benzolo cessò la sua attività all’incirca una decina di anni orsono quando valutazioni di economia aziendale fecero propendere per una drastica riduzione delle operazioni di recupero dei


sottoprodotti dal gas di cokeria e per un utilizzo più diretto e vantaggioso di tale gas come combustibile con recupero di energia. L’impianto venne quindi svuotato (ma non perfettamente drenato), isolato dal ciclo delle lavorazioni ed il reparto venne chiuso. Nel 2008 la committente decide la demolizione dell’impianto per un futuro riutilizzo dell’edificio in cui sorge; i lavori di dismissione vengono affidati alla società ligure Salpa srl. Dai primi sopralluoghi eseguiti dal personale specializzato di Salpa srl si è riscontrato una estesa presenza di rivestimenti in materiale friabile contenente amianto in condizioni di conservazione pessime. Le difficoltà di un preventivo intervento di bonifica da amianto si presentarono da subito considerevoli, sia per la presenza, a terra ed all’interno delle canaline delle linee interrate, di un notevole quantitativo di materiale friabile e polverulento potenzialmente contaminato, sia per la dimensione e l’altezza dei manufatti da bonificare. La necessità di allestire dei ponteggi in ambiente confinato, anche di una certa complessità data la densità impiantistica all’interno del locale, non ha rappresentato una difficoltà per Salpa srl, il cui settore ponteggi può contare su numerosi operatori dotati di abilitazione alla rimozione amianto. La difficoltà maggiore è invece rappresentata dal fatto che l’allestimento dei ponteggi non poteva prescindere dalla preventiva bonifica di tutte le superfici interne mediante aspirazione del materiale friabile accumulatosi nel corso degli anni. Il dialogo instaurato fin da subito con l’ASL di competenza ha trovato quindi d’accordo i soggetti coinvolti nel procedere ad una preventiva fase di aspirazione delle superfici interne.

Interno sala benzolo - particolare materiale friabile sparso a terra e nelle canaline

cuzione di campionamenti di aeriforme e una ispezione visiva da parte di Arpal ed ASL. A seguito dell’ispezione eseguita dagli enti e dei risultati dei campionamenti ambientali è stata successivamente confermata la possibilità di procedere all’allestimento delle opere di ponteggio per il raggiungimento delle parti coibentate in quota. A questo punto è stata avviata la fase vera e propria di rimozione dei coibenti delle colonne. Il dialogo con gli enti competenti ed i campionamenti ambientali relativi sia alla presenza di fibre, sia alla concentrazione di VOC all’interno del confinamento sono restati sempre costanti ed assidui per tutta la durata dei lavori, portando al riconoscimento delle condizioni di restituibilità dell’area.

Le attività di bonifica amianto I lavori sono iniziati con l’allestimento di un confinamento in modo da isolare completamente l’Edificio Benzolo comprensivo di una zona in cui posizionare un potente aspiratore Sibilia dotato di tramoggia per insacco automatico del materiale aspirato. La fase di aspirazione ha portato ad una prima bonifica di tutti i piani di calpestio dei locali interni e delle canaline ed è terminata con l’ese-

Particolare UDP – UDM e locale impianto aspirazione e sullo sfondo i finestroni del locale benzolo sigillati dal confinamento

Il drenaggio dei liquidi presenti Una volta eliminata la contaminazione da amianto il decommissioning dell’impianto ha previsto la fase di drenaggio di tutti i residui di prodotto interni a tubazioni ed impianti. La memoria storica del personale Italiana Coke relativa alle attività di dismissione e chiusura del reparto (ormai lontane nel tempo) non garantiva infatti la perfetta asportazione del prodotto interno. Si è proceduto alla sflangiatura controllata delle tubazioni di mandata ed aspirazione delle pompe che alimentavano le colonne e rimettevano in circolo l’olio di lavaggio debenzolato. I residui di prodotto, essenzialmente liquidi, sono stati via via raccolti in contenitori polmone e da qui costantemente aspirati mediante autospurgo. I tratti di tubazione sono stati quindi sezionati a freddo a valle del processo di bonifica dai residui idrocarburici partendo appunto dai tratti posti ai livelli più bassi (locali pompe interrati) verso i tratti afferenti agli impianti di distillazione interni al locale benzolo. Infine sono state drenate le colonne e gli impianti interni al locale benzolo attraverso l’apertura controllata di tutti i bocchelli e le valvole di fondo presenti. Tutte le operazioni di sflangiatura sono state eseguite rigorosamente a mano, mediante l’utilizzo di strumenti in materiale antiscintilla sotto il costante monitoraggio delle concentrazione di VOC nell’ambiente di lavoro.

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Work in progress

Lo smontaggio dell’impianto Una volta drenate le apparecchiature ed eliminate le tubazioni afferenti, si è proceduto con la fase di smontaggio e demolizione degli impianti benzolo. Questa fase ha presentato una difficoltà logistica non indifferente dovuta sia all’altezza delle colonne (15 m circa), sia al fatto che tutti questi impianti si trovavano all’interno di un locale con spazi non certo agevoli all’operatività dei mezzi.

IL CANTIERE IN BREVE COMMITTENTE: ITALIANA COKE SpA IMPRESA ESECUTRICE: SALPA srl CONSEGNA LAVORI: 03-11-2008 FINE LAVORI: 31-03-2009 OGGETTO APPALTO: Demolizione e bonifica ex impianto Benzolo CONTAMINAZIONE PRESENTE: Amianto nei rivestimenti di apparecchiature ed impianti e nel materiale polverulento a terra e nelle canaline all’interno del Locale Benzolo. Idrocarburi all’interno delle apparecchiature e delle tubazioni afferenti. Abbondante frazione liquida ad alto contenuto in benzolo ed IPA rinvenuta principalmente all’interno delle tubazioni e dei piatti più alti delle colonne ed una parte di morchie catramose costituite da frazione idrocarburiche pesanti rinvenuta sul fondo dei piatti inferiori delle colonne ed all’interno di scambiatori. FASI OPERATIVE ESEGUITE FASE BONIFICA AMIANTO • Confinamento dell’intero edificio Benzolo. • Aspirazione di tutte le superfici interne mediante aspiratore Sibilia dotato di tramoggia per insacco automatizzato del rifiuto. • Verifica visiva da parte degli organi competenti ASL. • Allestimento di ponteggi attorno ai manufatti da bonificare. • Rimozione dei coibenti in MCA da tutti gli elementi impiantistici comprese le tubazioni al di sotto del piano campagna dell’edificio. • Restituibilità delle aree da parte di Arpal-Asl. • Smontaggio ponteggi interni. • Rimozione del confinamento e smaltimento dei rifiuti prodotti. FASE DEMOLIZIONE DEI COMPONENTI E LAVAGGIO MATERIALE FERROSO • Drenaggio ed aspirazione mediante autospurgo delle linee afferenti agli impianti in corrispondenza del locale pompe. • Drenaggio delle linee aeree poste sui pipe rack in adiacenza alle pareti dell’edificio. • Cesoiatura selettiva delle tubazioni sui pipe rack in adiacenza alle pareti dell’edificio. • Apertura di varchi di accesso attrezzature e mezzi in corrispondenza dei finestroni dell’edificio. • Smontaggio e calata a terra mediante gru di sollevamento dei vari piatti delle colonne. • Contemporaneo lavaggio ad alta pressione delle parti asportate in bacino di raccolta reflui. • Alienazione del materiale ferroso.

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Operazioni all’interno del bacino di lavaggio

Non da ultimo si è presentato anche l’impedimento di non poter abbattere le tamponature in mattoni che dal locale benzolo guardano il piazzale esterno, sia per una questione di vincoli imposti dal successivo riutilizzo del fabbricato, sia perché un’analisi statica effettuata sull’edificio non aveva garantito la sicurezza dell’operazione. Queste difficoltà sono state risolte creando varchi d’accesso al locale, in corrispondenza dei grandi finestroni presenti sul lato del piazzale esterno, rimovibili senza pregiudicare la statica del fabbricato. Grazie all’apertura di questi varchi le sezioni di impianto generate dalle operazioni di smontaggio sono state movimentate e calate a terra mediante un’autogru posizionata all’esterno dell’edificio. L’unico mezzo che è stato introdotto all’interno del locale benzolo è una piccola piattaforma estensibile che ha consentito agli operatori di effettuare l’imbraco e lo smontaggio dei piatti delle colonne.


Le colonne sono state smontate piatto per piatto secondo la seguente procedura: • Preventivamente allo smontaggio veniva effettuato un controllo dell’esplosività interno all’apparecchiatura, sflangiando il passo d’uomo o la tubazione afferente più vicina alla sezione da asportare. • Se veniva rilevata esplosività >10% del LEL si procedeva ad un lavaggio interno con acqua in pressione, al fine di abbattere il più possibile i vapori organici ed inertizzare così la parte di apparecchiatura interessata dallo smontaggio. • Si ripeteva la procedura fino ad esplosività <10% LEL dopodiché si procedeva allo smontaggio della porzione di apparecchiatura e alla sua calata a terra all’esterno dell’edificio mediante autogru. Le apparecchiature diverse dalle colonne di distillazione sono state smontate seguendo le medesime procedure di verifica di esplosività

e di inertizzazione di eventuali residui. Tutti pezzi smontati sono stati estratti dall’edificio e calati a terra nel piazzale antistante il locale benzolo e successivamente lavati mediante getto di acqua ad alta pressione direttamente su di un bacino di raccolta acque messo a disposizione dalla committente. Le sezioni che presentavano grandi quantità di residui morchiosi non asportati dai drenaggi sono state aspirate mediante autospurgo, sempre presente durante tutta la durata delle operazioni. Le acque generate dal lavaggio ad alta pressione ed i residui di morchie venivano infine gestite e smaltite dalla committente. Ogni singolo pezzo generato dallo smontaggio, una volta bonificato dai residui di prodotto acora presenti e lavato, veniva poi ridotto volumetricamente a dimensioni “pronto forno” mediante escavatore meccanico dotato di cesoia idraulica ed avviato al recupero.

Demolizione e riduzione volumetrica degli elementi di impianto mediante escavatore dotato di cesoia da ferro

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PROGETTI E TECNOLOGIE

LA BIODEGRADAZIONE SELETTIVA DEGLI IPA PRESSO L’ARENILE DI CIVITANOVA MARCHE Valutazione dell’efficacia degradativa di miscele enzimatico batteriche su terreni contaminati da idrocarburi policiclici aromatici per la messa in sicurezza dell’arenile Sud di Civitanova Marche di Paolo Maggioni*

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el mese di maggio, l’imminente inizio della stagione balneare aveva fatto balzare agli onori della cronaca il caso della contaminazione del Litorale Sud di Civitanova Marche. Il lungomare in questione, già inserito all’interno della perimetrazione del Sito di Interesse Nazionale “Basso Bacino Fiume Chienti”, presentava un inquinamento dovuto a Idrocarburi Policiclici Aromatici in concentrazioni superiori alle CSC definite dal D.Lgs. 152/2006 per i siti ad uso verde/residenziale. Al fine di conciliare la necessità di messa in sicurezza dell’area con le esigenze dell’Amministrazione Comunale di rendere operative le attività turistiche degli stabilimenti balneari interessati da tale contaminazione, su incarico del Comune di Civitanova Marche, è stata valutata la fattibilità tecnica di un intervento di bonifica che consentisse di raggiungere “sinergicamente” entrambi gli obiettivi. Tale intervento di bonifica in situ si basa sulla degradazione microbiologica selettiva degli IPA presenti nel suolo mediante l’utilizzo di una miscela enzimatico-batterica specifica introdotta nel terreno.

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Figura 1: Litorale Sud del Comune di Civitanova Marche (MC)


Nel caso in esame la proposta degli Enti di controllo era volta ad interrompere uno dei percorsi di esposizione attivi mediante creazione di una “barriera” di suolo pulito di 40 cm di spessore da posare al di sopra del terreno in posto. L’ipotesi di intervento, su cui è stata eseguita la prova di trattabilità in oggetto, e che si ritiene possa essere conforme al Principio di Precauzione a cui fa riferimento la Comunicazione della Commissione Europea del 02/02/2000, si basa invece su una riduzione del rischio effettuata mediante la degradazione selettiva di composti inquinanti sino ad una concentrazione tale da determinare l’assenza di rischio sanitario ambientale. Il principio su cui si basa il metodo proposto è costituito da una variante della bioremediation dove con tale termine si fa riferimento alla degradazione dei composti inquinanti mediante la microflora autoctona presente nel terreno: la variante è costituita dall’utilizzo di miscele enzimatico-batteriche selezionate per la degradazione degli Idrocarburi Policiclici Aromatici. Si è adottata una procedura articolata secondo i seguenti criteri metodologici: a. indagine preliminare finalizzata all’acquisizione di tutti gli elementi utili, dal punto di vista storico-conoscitivo, cartografico, tecnico-logistico, organizzativo nonché relativa al coordinamento ed all’esecuzione degli interventi in loco; b. iniziative urgenti suggerite dai riscontri derivanti dall’indagine preliminare quali: • valutazione di tutte le fonti di inquinamento presenti nel sito, • descrizione delle caratteristiche chimico fisiche e di mobilità delle sostanze presenti, • individuazione dei bersagli, delle vie di esposizione e dei percorsi di migrazione attivi; c. accertamenti complessi che, prendendo in considerazione le diverse matrici ambientali, consentano di formulare caratterizzazione e progettazione della bonifica; d. valutazione geologica e pedologica del terreno al fine di valutare la quantità e la qualità dei prodotti da utilizzare; e. proposte di messa in sicurezza mediante mitigazione ambientale.

Processi di biodegradazione La rimozione biologica di un composto organico nei terreni può efficacemente avvenire quando si verificano le seguenti condizioni: • il contaminante sia degradabile e facilmente disponibile per i batteri; • il contaminante sia presente in concentrazioni non troppo elevate da risultare tossico per i microrganismi e non troppo basse da rendere trascurabili le velocità di degradazione; • i contaminanti non diano luogo, durante il metabolismo batterico, a prodotti intermedi che risultino più pericolosi per l’uomo e per l’ambiente del composto di partenza. Per il metabolismo in condizioni aerobiche risulta necessaria, oltre alla presenza dell’ossigeno, anche la presenza di substrati inorganici, principalmente azoto e fosforo, ed in minor misura anche di potassio, zolfo ed altri oligoelementi. Il rapporto C:N:P ottimale dipende dalle condizioni della matrice contaminata e dal tipo di contaminante presente: nel caso specifico risulta ottimale un rapporto 120:10:1. La degradazione dei contaminanti nei terreni può avvenire secondo due meccanismi: • degradazione metabolica, • degradazione cometabolica. Nella degradazione metabolica, tipica dei composti facilmente biodegradabili, i composti organici servono ai microrganismi come fonte di energia e di substrato carbonioso. La completa mineralizzazione per via metabolica comporta in genere la detossificazione del composto; laddove invece la degradazione non sia completa si possono avere, in alcuni casi, prodotti intermedi più tossici e più pericolosi di quelli iniziali. Il meccanismo degradativo alternativo per i composti organici resistenti alla degradazione metabolica (cosiddetti recalcitranti o refrattari) ed anche per quelli la cui degradazione metabolica avverrebbe troppo lentamente (cosiddetti persistenti) è il cometabolismo. Questo processo ha luogo quando un enzima metabolico prodotto da un microrganismo per degradare, in condizioni normali, una data sostanza (il substrato primario o cometabolita) determina contemporaneamente, ed in maniera per così dire fortuita, la degra-

dazione, spesso incompleta, di un secondo composto (il substrato secondario) non essenziale a sostenere la crescita microbiologica. Sebbene quindi il substrato secondario non rientri nel processo metabolico (anabolico, di costruzione di nuove cellule, e catabolico, di rilascio dell’energia necessaria a sopportare l’anabolismo) del microrganismo che degrada il cometabolita, altri microrganismi, presenti nelle acque potrebbero però utilizzare i prodotti di trasformazione cometabolica del substrato secondario come fonte propria di carbonio ed energia.

Figura 2: Grafici riportanti l’andamento nel tempo delle concentrazioni degli IPA selezionati per le tre tipologie di trattamento

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Figura 3: Istogramma riportante l’efficacia degradativa nelle tre condizioni di trattamento per gli IPA selezionati

Test di biotrattabilità Al fine di valutare le rese degradative sono state predisposte una serie di prove che hanno previsto di mettere a confronto tre condizioni differenti: • inoculo nei terreni di sostanze nutrienti; • inoculo nei terreni di sostanze nutrienti e di miscele enzimatico-batteriche; • terreno tal quale (condizione di natural attenuation). Il terreno è stato posto all’interno di vasche di sperimentazione cercando di mantenere condizioni quanto più possibile simili a quelle di campo, prevedendo il monitoraggio continuo di pH e temperatura. Sono state effettuate analisi chimiche rappresentative del tempo zero andando a ricercare i seguenti analiti: benzo(a) antracene, benzo(a)pirene, dibenzo(a,h)antracene e dibenzo(a,l)antracene.

u.m. CAMPIONE TERRENO

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UFC/g

seguito descritte. La carica dei microrganismi aerobici eterotrofi è stata determinata attraverso conta vitale con metodo di diluizioni seriali e coltura per inclusione su terreno con incubazione a 30°C per 72 ore. La concentrazione microbica è stata espressa in unità formanti colonia per grammi di suolo. Nella tabella seguente sono riportati i risultati analitici determinati al tempo zero nonché i valori relativi alla determinazione di ceppi autoctoni idrocarburo-ossidanti dopo l’aggiunta delle miscele enzimatico batteriche e dei nutrienti. Al fine di verificare la resa degradativa sono state poi determinate, per ciascuna delle tre vasche, le concentrazioni di benzo(a)antracene, benzo(a)pirene, dibenzo(a,h)antracene e dibenzo(a,l)antracene dopo 5 e 10 giorni dall’inizio del test. Gli andamenti delle concentrazioni nel tempo per ciascun analita sono riportati in Figura 2 mentre in Figura 3 l’istogramma fornisce un’indicazione delle rese di degradazione a seconda del tipo di trattamento (nutrienti più enzimi, nutrienti, non trattato).

Ipotesi procedurale In aggiunta alle analisi chimiche sono state effettuate le analisi microbiologiche per la determinazione della conta batterica totale e carbonio ossidante, e delle concentrazioni iniziali di azoto e fosforo. Successivamente i terreni sono stati suddivisi in 3 aliquote e disposti in tre vasche con le seguenti caratteristiche: • vasca con terreni trattati con miscela enzimatico-batterica, aggiunta di nutrienti ed immissione di aria; • vasca con terreni trattati con aggiunta di nutrienti ed immissione di aria; • vasca con terreni non trattati.

Analisi di laboratorio Durante le prove sono state eseguite le determinazioni chimiche e microbiologiche di

Accertata l’efficacia del trattamento sulla base dell’area interessata dalla contaminazione si ritiene applicabile la procedura di bonifica di seguito sintetizzata: • asportazione dei primi 20 cm di terreno non contaminato da effettuarsi con mezzi d’opera idonei; • preparazione del terreno da trattare mediante mezzo agricolo per la realizzazione di solchi di profondità pari a 15-20 cm; • introduzione del nutriente e della miscela enzimatico batterica nei solchi realizzati; • copertura con il terreno preventivamente asportato; • copertura con telo per limitare il dilavamento delle colture batteriche introdotte; • campionamento ed analisi, dopo 30 giorni, per la valutazione dei livelli di concentrazione raggiunti.

Conta batterica

Conta batterica

Conta batteri idro-

totale ante inoculo

totale dopo inoculo

carburo-ossidanti

1,2E+03

8,0E+08

3,0E+06


Conclusioni I terreni provenienti dal Litorale sud dell’arenile di Civitanova Marche si presentano particolarmente poveri di sostanza organica e per tale motivo si ritiene necessario un sostanziale apporto di carbonio prontamente disponibile sotto forma di nutriente per consentire l’ottimizzazione dei processi biologici degradativi. Come è stato infatti evidenziato dalle analisi effettuate, la crescita della microflora autoctona è particolarmente limitata e non consente quindi di raggiungere le concentrazioni limite imposte in tempistiche cantierabili. Al contrario invece, nei 10 giorni di esecuzione dei test di laboratorio, l’aggiunta di prodotti enzimatico-batterici ha permesso una resa di degradazione compresa tra il 50 e il 90% dimostrando pertanto l’applicabilità della tecnologia nel sito in esame tenendo conto di tempistiche che potranno essere di poco superiori ai 30 giorni.

Il Sito di Interesse Nazionale “Basso Bacino del Fiume Chienti” La perimetrazione del SIN del Basso Bacino del Fiume Chienti è stata definita mediante Decreto Ministeriale 26 Febbraio 2003. Essa comprende un’area vasta complessivamente 3832 ha di cui 1191 ha di superficie a mare e 2641 ha di superficie a terra. L’area della bassa valle del fiume Chienti è interessata dalla presenza di numerose aziende del settore calzaturiero che utilizzano composti organoalogenati per il lavaggio di fondi di calzature in poliuretano. I rifiuti di tali processi, classificati come pericolosi, sono stati sversati sul suolo, nel sottosuolo e nelle acque di falda attraverso pozzi. Gli inquinanti, costituiti prevalentemente da tricloroetano, tricloroetilene e tetracloroetilene, hanno contaminato una vasta area in sinistra idrografica del fiume Chienti, all’interno dei Comuni di Civitanova Marche, Montecosaro, Morrovalle, un'area più limitata in destra idrografica, limitatamente agli ultimi 2 km della foce del fiume, nel Comune di Porto Sant'Elpidio, ed un'area più ristretta sulla destra idrografica del fiume, nel Comune di Sant'Elpidio a Mare. I terreni sono costituiti prevalentemente da alluvioni sabbioso - ghiaiose molto vulnerabili. La situazione ambientale è molto critica in quanto l’inquinamento ha interessato molti pozzi privati utilizzati a scopo idropotabile nonché i pozzi delle centrali di sollevamento degli acquedotti di Montecosaro e Civitanova Marche, situati a valle dei punti di sversamento, costringendo i Comuni interessati a spendere ingenti cifre per la depurazione e potabilizzazione delle acque contaminate. (fonte D.M. 18 settembre 2001, n. 468 “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati”)

*Eurovix s.r.l.

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PROGETTI E TECNOLOGIE

LA DISCIPLINA DELLE TERRE E ROCCE DA SCAVO: MODALITA’ PER UNA CORRETTA GESTIONE Procedure operative, progettuali ed iter amministrativo, attraverso una rilettura della normativa nazionale, per gestire questi componenti, come sottoprodotti da destinare al riutilizzo di Linda Collina e Mario Sunseri*

L

a recente normativa ambientale (D. Lgs. n. 152 del 03/04/2006 “Norme in materia ambientale” e s.m.i.) regola le modalità di gestione considerando il terreno da scavo nella categoria dei rifiuti ma indicando allo stesso tempo gli strumenti e i metodi per gestire lo stesso come sottoprodotto da destinare al riutilizzo. Il presente contributo intende presentare gli elementi della normativa nazionale, di alcune normative regionali e dare un contributo alla lettura delle stesse al fine di indicare gli elementi tecnico-operativi per una corretta progettazione e gestione.

Cosa Prevede La Normativa Nazionale Il riferimento normativo di base è il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; l’elemento innovativo principale consiste nella possibilità che le terre e rocce da scavo possano essere ricondotte alla casistica dei sottoprodotti con due possibili destinazioni: • “Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati”;

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• “L’impiego di terre da scavo nei processi industriali come sottoprodotti, in sostituzione dei materiali di cava, è consentito nel rispetto delle condizioni fissate all’art. 183, comma 1, lettera p) [definizione di sottoprodotto]”; nel rispetto di specifiche condizioni e a seguito dell’esecuzione e presentazione di una specifica documentazione. Si sottolinea inoltre che a seguito della Legge 28 gennaio 2009, n. 2 i materiali naturali da scavo prodotti nel corso di attività di costruzione - ai sensi dell’art. 185, comma 1, lettera c bis, del D. Lgs. n. 152 del 03/04/2006 e s.m.i. - non rientrano nel campo di applicazione del Titolo I “Gestione dei rifiuti” della Parte IV del suddetto decreto solo nel caso in cui non siano contaminati e siano utilizzati allo stato naturale, a fini di costruzione, esclusivamente presso lo stesso sito di produzione e quindi non hanno necessità delle misure necessarie per ricondurle ai sottoprodotti. Le disposizioni relative alle terre e rocce da scavo si applicano ai materiali di scavo naturali e non ai materiali di origine antropica quali ad esempio: detriti da demolizione, re-

sidui di scarifica stradale, calcestruzzi, ecc. La presentazione della documentazione prevista per l’utilizzo come sottoprodotti è facoltativa in quanto necessaria esclusivamente al fine di qualificare i materiali di scavo quali sottoprodotti, in caso di mancanza della documentazione prescritta il materiale dovrà essere gestito come rifiuto. Per la destinazione a reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati (al di fuori del sito di produzione), le condizioni sono: A. impiego diretto nell’ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti; B. certezza dell’integrale utilizzo sin dalla fase della produzione; C. che l’utilizzo integrale della parte destinata a riutilizzo sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate;


D. garanzia di un elevato livello di tutela ambientale; E. accertamento che non provengano da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del D.lgs. n. 152/2006; F. le caratteristiche chimiche e chimico-fisiche siano tali che l’impiego nel sito prescelto non determini rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate ed avvenga nel rispetto delle norme di tutela delle acque superficiali e sotterranee, della flora, della fauna, degli habitat e delle aree naturali protette. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d’uso del medesimo, nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione; G. sia dimostrata la certezza del loro integrale utilizzo. L’art. 186, ai commi 2, 3 e 4 prevede che la sussistenza dei requisiti stabiliti al comma 1 debba essere dimostrata in modo diverso a seconda del tipo di intervento dal quale deriva la produzione di terre e rocce da scavo, e quindi per:

• opere sottoposte a V.I.A. e/o ad A.I.A.; • opere soggette a permesso a costruire o a denuncia di inizio attività (D.I.A.); • lavori pubblici non soggetti né a V.I.A., né a permesso a costruire, né a denuncia di inizio attività (D.I.A.). Quindi, ai sensi della normativa citata i materiali naturali da scavo possono essere utilizzati per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati o in sostituzione dei materiali di cava nei processi industriali purché si verifichino contemporaneamente le seguenti condizioni: • il riutilizzo avvenga senza necessità di alcun trattamento preventivo e/o trasformazione preliminare; • sia verificata l’idoneità qualitativa in relazione alla destinazione d’uso del sito in cui è previsto il riutilizzo; • sin dalla fase di produzione vi sia certezza dell’utilizzo in opere o interventi preventivamente individuati e definiti, anche nell’ambito dello stesso sito di produzione. Al fine di dimostrare il rispetto dei requisiti necessari per la corretta gestione dei materiali naturali da scavo, all’interno della documentazione progettuale presentata per il rilascio dell’autorizzazione o per l’ottenimento

dei titoli abilitativi necessari all’esecuzione dell’opera o intervento nell’ambito del quale sono previste attività che originano o riutilizzano detti materiali, deve essere incluso uno specifico progetto di gestione delle terre e rocce da scavo.

Il Progetto di riutilizzo delle terre e rocce da scavo Il produttore dovrà realizzare un progetto di riutilizzo delle terre e rocce da scavo, in cui si descrive e si dimostra che sono soddisfatte tutte le condizioni dell’art. 186 del D.Lgs, 152/06 e s.m.i. Il titolare/legale rappresentante della Società produttrice di terre e rocce da scavo dovrà presentare, ai sensi dell’art. 186 (commi 2, 3, 4, 7) apposita domanda di approvazione del progetto da cui si originano tali materiali (Valutazione di Impatto Ambientale, Autorizzazione Integrale Ambientale, Permesso di Costruire, Denuncia di Inizio Attività, Lavori Pubblici e Altri Interventi), all’autorità titolare del relativo procedimento di autorizzazione allo scavo (Provincia, Regione, Ministero e/o Comune) a cui allegherà il progetto di riutilizzo.

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Il progetto è una relazione tecnica, firmata dal Tecnico Responsabile del Progetto (professionista con competenze ingegneristiche, geologiche e chimiche), che deve descrivere e riportare in generale: • l’inquadramento generale del sito di produzione e di quello di riutilizzo dei materiali naturali da scavo, completo di cartografia ed elaborati grafici; • la descrizione dell’opera/intervento di produzione dei materiali naturali da scavo; • la descrizione delle opere e del sito in cui è previsto il riutilizzo dei materiali naturali da scavo, con elaborati tecnici e cartografici utili a definire la tipologia di opera/intervento e le modalità di realizzazione; • l’entità volumetrica di materiali naturali da scavo prodotta e quella destinata a successivo riutilizzo; • le modalità e i tempi dell’eventuale deposito dei materiali naturali da scavo;

• i cronoprogrammi delle attività di produzione e riutilizzo; • i metodi attivati per garantire la rintracciabilità del materiale, con particolare riferimento al riutilizzo in sito diverso da quello di produzione; • la descrizione delle indagini effettuate e dei metodi analitici utilizzati per accertare l’idoneità qualitativa dei materiali naturali da scavo in relazione alla destinazione d’uso del sito in cui è previsto il riutilizzo; • l’attestazione dell’idoneità qualitativa dei materiali naturali da scavo basata sulle risultanze dell’analisi storica del sito di produzione, delle verifiche analitiche eseguite e allegate e della destinazione d’uso del sito in cui è previsto il riutilizzo; • la dichiarazione sostitutiva di atto notorio per il riutilizzo dei materiali naturali da scavo (come da indicazioni/modulistica

generalmente fornita dagli uffici competenti). Al termine dei lavori, con la documentazione di collaudo e la comunicazione di fine lavori, gli interessati devono dichiarare e dimostrare l'effettivo e l’integrale riutilizzo di tali materiali ai sensi dell’art. 186 (comma1, lettera g), svincolando definitivamente le terre e rocce da scavo prodotte dal regime dei rifiuti, e/o dichiarare e dimostrare che i materiali di scavo non trattati come sottoprodotti sono stati gestiti come rifiuti, attraverso idonee documentazioni (p.e. copia dei FIR e copia del Registro di Carico/Scarico). L’autorità competente del procedimento deve accertare la veridicità di tutte le dichiarazioni presentate nel procedimento, ma in teoria può anche non intervenire e non fare analisi ma limitarsi a convalidare la documentazione presentata dal Produttore delle terre e rocce da scavo.

La caratterizzazione ambientale del sito di scavo La caratterizzazione del sito di scavo ai sensi dell’art. 186 (comma 1, lettere c, e, f; comma 6) è necessaria al produttore per poter preventivamente dimostrare che i materiali di risulta dello scavo sono sottoprodotti e quindi possono essere trasportati con il documento di trasporto e normali automezzi. Se non viene effettuata la caratterizzazione, tali materiali sono rifiuti speciali e quindi devono essere trattati come tali (F.I.R., Registro di Carico/Scarico, M.U.D., Idonei Mezzi di Trasporto, ecc …). Per essere sottoprodotti, i materiali di scavo devono: • essere creati da processi non direttamente destinati alla loro produzione; • soddisfare i requisiti merceologici (caratteristiche meccaniche e fisiche simili alle materie prime) e ambientali (non devono produrre emissioni ed impatti ambientali quali- e quanti-tativamente diversi dal sito del loro utilizzo); • il loro riutilizzo sia tecnicamente possibile senza la necessità di trattamenti o trasformazioni preliminari (sia merceologici che chimici) per soddisfare i requisiti merceologici e ambientali, ma li posseggano sin dalla produzione (si veda nota ultimo paragrafo); • garantire che tali materiali siano stati bonificati (l’avvenuta bonifica del sito deve essere già stata certificata) o non provengano da siti contaminati. Le principali fasi per la caratterizzazione sono:

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La Procedura di Riutilizzo Qualsiasi produttore di terre e rocce da scavo, comprese quelle derivanti da gallerie, che intende trattare i materiali di scavo come sottoprodotti (per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e/o rilevati) e non come rifiuti (da smaltire in discarica), deve svolgere la seguente procedura per il riutilizzo: A. Individuazione dell’intervento (art. 186, c. 1, lett. a, b): il produttore deve preventivamente trovare uno o più interventi che utilizzino integralmente e con certezza i sottoprodotti per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati; B. Caratterizzazione del sito di scavo (art. 186, c. 1, lett. c, e, f; art. 186, c. 6): il produttore, per poter utilizzare i materiali di scavo come sottoprodotti, deve preventivamente caratterizzarli, al fine di soddi1.

sfare i requisiti merceologici (devono avere caratteristiche simili alle rispettive materie prime) e ambientali (il loro impiego non deve dar luogo a emissioni e impatti ambientali quali- e quantitativamente diversi dal sito di utilizzo) e di garantire che tali materiali siano stati sottoposti a bonifica o non provengano da siti contaminati; C. Valutazione sull’effettivo riutilizzo (art. 186, c. 1, lett. c, d, e, f): il produttore, avendo stretto rapporti commerciali con chi deve riutilizzare i materiali di scavo, sapendo la destinazione d’uso del sito di riutilizzo e con i dati risultanti dalla caratterizzazione, valuta se effettivamente vi siano tutte le condizioni per definire tali materiali come sottoprodotti; D. Progetto di riutilizzo dei sottoprodotti di scavo (art. 186): il produttore deve preventivamente predisporre un progetto di riutilizzo dei sottoprodotti di scavo che di-

Scelta dei parametri di analisi: fase estremamente delicata in cui si devono scegliere tutti i parametri necessari per soddisfare i requisiti merceologici e ambientali essenziali a dimostrare che i materiali di risulta dello scavo sono sottoprodotti. 2. Campionamento: fase in cui si creano una serie di campioni rappresentativi dell’area, in cui avverrà lo scavo, che saranno sottoposti alle successive analisi. 3. Analisi: fase in cui i campioni prodotti sono sottoposti ad analisi chimico-fisiche e merceologiche, secondo i parametri di analisi scelti, al fine di determinare i valori ricercati in essi. I parametri di analisi da utilizzare per la caratterizzazione del sito in cui si produrranno i materiali da scavo sono suddivisi in parametri merceologici (parametri che consentono di vedere se le terre e rocce da scavo hanno caratteristiche geotecniche, chimiche, fisiche e meccaniche simili alle corrispettive materie prime commercializzate) e parametri ambientali, (parametri che consentono di garantire che le terre e rocce da scavo non diano luogo ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli consentiti ed autorizzati per il sito dove sono destinate ad essere utilizzate) La scelta dei parametri ambientali dipende da quello che c’è stato e c’è nel sito che sarà sottoposto allo scavo (aree residenziali, agricole, artigianali o industriali, e aree di stoccaggio rifiuti e/o materie prime) e dai potenziali contaminanti diffusi presenti nelle aree limitrofe (es: Idrocarburi, IPA, Solventi Clorurati, PCB, Metalli), derivanti dalle attività antropiche. La scelta del numero dei campionamenti necessari può essere fatta seguendo i “Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati” descritti nell’Allegato 2 Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/2006. Il campionamento deve essere svolto con metodiche tali da ottenere campioni rappresentativi dell’intero scavo. Il numero minimo di punti di campionamento è funzione delle superfici dello scavo: ad esempio con riferimento all’abrogato DM 471/99, n.5 (per superfici inferiori a 10.000 m2), 5-15 (10.000-50.000 m2), 15-60 (50.000-250.000 m2), 60-120 (250.000-500.000 m2) e 2 ogni 10.000 m2 (> 500.000 m2).

mostri che siano soddisfatte tutte le condizioni dell’art. 186.; E. Presentazione/Approvazione della domanda (art. 186, c. 2, 3, 4, 7): il produttore deve presentare apposita domanda (VIA, AIA, Permesso di Costruire, Denuncia di Inizio Attività, Lavori di Pubblica Utilità), all’autorità titolare del relativo procedimento di scavo (Provincia, Regione, Ministero e/o Comune) a cui allegherà il progetto di riutilizzo.

Le analisi dei campioni prelevati in campo devono essere svolte il più celermente possibile, con metodiche di analisi ufficiali e ricercando tutti i parametri precedentemente scelti. Le analisi sono a carico del produttore, per cui è consigliabile, se possibile, far effettuare le analisi a laboratori terzi certificati e non a laboratori interni, anche se certificati, per non ripetere le analisi e per dar maggior oggettività ai risultati ottenuti. Ai sensi dell’art. 186 (comma 1, lettere c, d, e, f) il produttore, avendo anche i risultati delle analisi merceologiche e chimiche, valuta se i materiali che deriveranno dall’escavazione dell’area rispettano tutte le condizioni per definirli sottoprodotti o rifiuti. Per i requisiti merceologici, le valutazione viene svolta attraverso il confronto con le caratteristiche fisiche e meccaniche delle corrispettive materie prime usualmente commercializzate, definiti all’interno dei precedenti accordi commerciali. Per i requisiti ambientali, la valutazione viene svolta attraverso il confronto con i “Valori di concentrazione limite accettabile nel suolo e nel sottosuolo riferiti alla specifica destinazione d’uso dei siti da bonificare” presenti nell’Allegato 5 - Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/2006 ed, eventualmente per i test di cessione, per confronto con i limiti tabellari dell’allegato 3 “Criteri per la determinazione del test di cessione” del D.M. 5 febbraio 1998 (funzione del sito di destinazione). Qualora non si dimostri il rispetto dei requisiti previsti dagli artt. 185 e 186 del D. Lgs. n. 152 del 03/04/2006 e s.m.i., i materiali derivanti dagli interventi di scavo dovranno essere sottoposti alle disposizioni in materia di gestione rifiuti di cui alla Parte IV del medesimo decreto. Nel caso si individui una contaminazione, intesa come superamento o pericolo concreto e attuale di superamento delle concentrazione soglia di contaminazione (CSC) come definite nell’Allegato 5 alla Parte IV del D. Lgs. n. 152 del 03/04/2006 e s.m.i., il responsabile dell’inquinamento o il proprietario o il gestore dell'area deve darne comunicazione alla Regione, alla Provincia ed al Comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione e di messa in sicurezza di emergenza secondo la procedura di cui all'articolo 242 del suddetto decreto.

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Cosa Prevedono Alcune Normative Regionali Regione Veneto Recentemente la Regione Veneto ha emanato il DGR 2424 del 08/08/2008. Tale DGR definisce in modo puntuale le “Procedure operative per la gestione delle terre e rocce da scavo ai sensi dell’articolo 186 del D.Lgs. 152/06 modificato dall’art. 2 comma 23 del D.Lgs. 04/08” (allegato A). In particolare l’Allegato A definisce: • Le procedure operative da utilizzare: le novità riguardano la possibilità di modificare la destinazione di effettivo utilizzo dei materiali di scavo (prima dell’inizio dello scavo, per tutti gli interventi, e durante lo scavo, per interventi di VIA e AIA), la semplificazione per i piccoli lavori di manutenzione e/o riparazione (sono esonerati dalla procedura se riutilizzati nel sito o se provengono da attività florovivaistiche, di manutenzione inferiore ai 200 mc o di manutenzione di alvei di scolo e irrigui) e l’esclusione di alcuni materiali (derivanti da miglioramenti fondiari, da escavazioni in alvei, in zone golenali di corsi d’acqua e spiagge e in fondali lacunali). • Le modalità operative per l’indagine ambientale: tali modalità variano in funzione del fatto che l’intervento sia in aree artigianali/industriali (protocollo visto), sia in aree bonificate (non sono necessarie indagini), sia in aree entro i 20m da grandi arterie stradali (campione medio entro -1m dal p.c. ed 1 ogni 3.000 mq), sia in corsi d’acqua (campione medio tra il fondo e le 2 pareti ed 1 ogni 200m, ridotto a 100m nei centri abitati) sia in altre aree (campione medio dello scavo, 1 ogni 3.000 mc e/o 500m). • Le metodologie di analisi: esse seguono i “Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati” all’Allegato 2 - Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06 e, in presenza di acque sotterranee e/o superficiali, è necessario effettuare il test di cessione secondo la Norma UNI EN 12457-2. I limiti di riferimento sono nelle tabelle 1 e 2 dell’Allegato 5 - Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06. • La modulistica: dichiarazione del tecnico da allegare al progetto, dichiarazione del committente e del tecnico prima dello scavo, dichiarazione di fine lavori e la documentazione di destinazione e qualità dei materiali di scavo.

Provincia Autonoma di Trento Recentemente la Provincia Autonoma di Trento ha emanato la DGP 2173 del 29/08/2008. Tale DGP definisce in modo puntuale le “Linee guida e indicazioni operative per l’utilizzo di terre e rocce derivanti da operazioni di scavo ai sensi dell’articolo 186 del D.Lgs. 152/06 modificato dal D.Lgs. 04/08”. In particolare l’Allegato definisce: • i presupposti per l’utilizzo; • le modalità di utilizzo; • i requisiti di qualità ambientale, in particolare i limiti sono in tabella 1 dell’Allegato 5 - Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06 e variano in funzione dell’utilizzo: < colonna A per aree verdi, residenziali e agricole e per processi industriali, < colonna B per aree commerciali e industriali e per produzione di asfalto e bitumi, > colonna B solo se dovuta a fenomeni naturali, riconosciuti e approvati e che sono usati in aree con valori maggiori; • il deposito temporaneo; • gli adempimenti e la documentazione, l’elaborato progettuale deve essere conforme al modello A; • le esclusioni: per scavi non superiori a 100 mc e per interventi di sistemazione idraulica e forestale non sono necessari l’indagine ambientale e l’elaborato progettuale ma prima di iniziare gli scavi serve solo una autodichiarazione (modello D) che attesta che i materiali provengono da aree non interessate da contaminazioni; • le modalità operative per la caratterizzazione, la verifica delle caratteristiche chimico-fisiche dei materiali viene fatta preventivamente con sondaggi o in fase di scavo: ogni 3.000 mc di suolo scavato viene prelevato un campione medio: se il terreno è boschivo il campione medio viene prelevato ogni 10.000 mc di materiale scavato. Il campionamento viene effettuato secondo la Norma UNI 10802. • le metodologie di analisi, seguono i “Criteri generali per la caratterizzazione dei siti contaminati” all’Allegato 2 - Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06 e, in presenza di acque sotterranee e/o superficiali e se i valori sono > colonna A è necessario effettuare il test di cessione (D.M. 05/02/1998 e s.m.i.). I limiti di riferimento sono nelle tab 1 e 2 dell’Allegato 5 - Parte IV - Titolo V del D.Lgs. 152/06.

Non necessariamente tutto il materiale scavato deve essere riutilizzato: la parte indicata nel progetto di riutilizzo, se ha tutte le caratteristiche necessarie, sarà un sottoprodotto mentre la frazione non preventivamente predisposta come tale sarà un rifiuto che deriva dalle attività di scavo e trattato come tale. È possibile, laddove le litologie lo consentono, riutilizzare i materiali scavati in processi industriali di produzione di inerti, ottenendo materiale con pezzature commercialmente idonee e rifiuti recuperabili (Decreto Ministeriale 5 febbraio 1998 e s.m.i.). Relativamente all’utilizzo nello stesso sito le terre e rocce da scavo non sono rifiuti quando:

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la modulistica: elaborato progettuale per l’utilizzo delle terre e rocce da scavo, documento di trasporto terre e rocce da scavo, dichiarazione di avvenuto utilizzo delle terre e rocce da scavo e la dichiarazione di non sottoposizione ad indagini ambientali. Regione Liguria A seguito dell’emanazione del D.Lgs. 152/06 modificato dal D.Lgs. 04/08 la Regione Liguria ha emesso una Delibera della Giunta Regionale (N° 859 del 18/07/2008) contenete i Criteri per l’utilizzo e la gestione delle terre e rocce da scavo. I presenti criteri riprendono le indicazioni del citato Decreto Legislativo precisando: • le procedure amministrative per il rilascio dell’autorizzazione ed il controllo ambientale; • i criteri per l’accertamento della qualità delle terre e rocce da scavo; • le indicazioni sui tipi di utilizzo ambientalmente compatibili; • le prescrizioni di carattere ambientale da seguirsi in fase di scavo, trasporto e deposito delle terre e rocce da scavo. La normativa può semplificarsi in 4 principali casi: CASO 1 Siti di produzione con potenziale inquinamento del suolo superficiale Aree prossime ad insediamenti che possano aver influenzato le caratteristiche del sito stesso mediante ricaduta delle emissioni in atmosfera, o entro una fascia di 20 m dal bordo stradale di strutture viarie di grande traffico: • l’accertamento della contaminazione è sempre richiesto, indipendentemente dal tipo di utilizzo previsto. CASO 2 Siti di produzione potenzialmente contaminati • l’accertamento della contaminazione è sempre richiesto, indipendentemente dal tipo di utilizzo previsto. La caratterizzazione delle aree potenzialmente contaminate, dovrà essere eseguita, per quanto non indicato di seguito, secondo i criteri dettati dall’allegato 2 del Titolo V della parte quarta del D.Lgs. 152/06. CASO 3 Siti di produzione interessati dalla presenza di Pietre Verdi È riportata la definizione delle proprietà petrografiche e strutturali dell’ammasso roccioso. E’ prevista la rilevazione del contenuto di amianto liberabile delle rocce e di amianto totale nei terreni. CASO 4 Altri casi • La caratterizzazione non è ritenuta obbligatoria.

• non sono contaminati: sul punto, si osserva che l’unico riferimento legislativo relativo alla contaminazione del suolo e del sottosuolo risiede nell’allegato 5, tabella 1, parte IV, Dlgs 152/2006. Pertanto, si ritiene che i riferimenti da prendere in ordine alla non contaminazione siano quelli reperibili in tale allegato; • sono impiegati “allo stato naturale”: impiegati “tal quali”, cioè senza alcun trattamento. Si ricorda che tutti questi elementi devono essere provati da parte di chi si vuole avvalere del relativo regime, in applicazione delle note regole sul regime di favore e dell’onere della prova. Pertanto, chi vuole fruire di tale regime dovrà dotarsi della “prova negativa”, acquisendo e facendo rimanere a disposizione delle Autorità di controllo tutto quanto dimostri i punti di cui sopra, come richiesti dalla nuova disciplina, primi tra tutti le analisi relative al non superamento dei limiti di cui all’allegato 5, tabella 1, parte IV, Dlgs 152/2006 e progetto approvato (o Dia) che preveda il reinterro in sito. *SGM Ingegneria s.r.l.

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Il Sito di Interesse Nazionale ex Carbochimica di Fidenza Dalla nascita di un polo industriale italiano alla bonifica e riqualificazione ambientale di uno dei principali Siti di Interesse Nazionale di Alessandra Bello*

I

l decreto ministeriale n. 468 del 18 settembre 2001 ha inserito Fidenza tra i Siti d’Interesse Nazionale (SIN) per la gravità e l'importanza dell'inquinamento riscontrato nel sottosuolo; tale sito include le ex discariche di Vallicella e Fornio, l’ex forno inceneritore di San Nicomede e le aree industriali occupate dalla ex Compagnia Italiana Petrolio e dalla Carbochimica spa.

Il polo petrolchimico di Fidenza Il polo petrolchimico di Fidenza (PR) nasce nel 1888, quando in Borgo San Donnino viene sottoscritto l’atto di nascita di uno stabilimento le cui produzioni sono connesse alla distillazione del catrame di carbon fossile e alla produzione di mattonelle combustibili. Dopo l’accorpamento con ditte analoghe, l’azienda amplia la propria attività e, nel 1929, nasce la CLEDCA, acronimo indicante le due principali lavorazioni (distillazione del catrame e olio per l’impregnazione e la conservazione del legno), che rappresenta un’importante opportunità di lavoro per la città di Fidenza. Successivamente diviene di proprietà della Carbochimica spa. Da allora e fino alla chiusura della società, avvenuta nel 2004, vengono prodotte nello sta-

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bilimento più di 30 sostanze e miscele chimiche diverse, tra materie prime e prodotti finiti derivanti dalla distillazione del carbon fossile e dalla lavorazione del “benzolo greggio”, su un’area di circa 80.000 mq. La produzione del “benzolo”, negli anni della seconda guerra mondiale, fa dello stabilimento un obiettivo militare strategico oggetto di numerose incursioni aeree. Dalla distillazione del catrame si ottenevano numerosi intermedi, di cui alcuni commercializzati anche al dettaglio come la pece da carbon fossile, altri destinati alla purificazione come l’olio naftalinoso, dal quale si distillava la naftalina. Queste lavorazioni originavano anche numerosi scarti come le acque di neutralizzazione degli acidi fenici, derivanti dal processo di produzione della naftalina stessa. Negli anni ‘70 e ‘80 molte lavorazioni vennero abbandonate (distillazione del benzolo, produzione di fenoli, lavorazione del catrame, produzione di nero fumo) e la produzione si semplificò notevolmente permettendo la realizzazione di impianti operanti in continuo e un ammodernamento complessivo del sistema produttivo. Nel 1951, nell’appezzamento attiguo a Carbochimica, sorse un nuovo stabilimento della

Foto storica scattata all’entrata dello stabilimento CLEDCA


Compagnia Italiana Petrolio (CIP), con produzione di piombo tetraetile e mercaptani. La CIP, azienda forte economicamente, fu però causa di numerosi incidenti ambientali tanto da essere soprannominata “la fabbrica della morte”. Venne chiusa nel 1970.

La situazione ambientale L’inquinamento del sottosuolo di Fidenza, sede delle industrie citate, è contemporaneo alla nascita stessa del polo petrolchimico. Allora non esistevano infatti né sistemi di controllo automatizzati né tantomeno l’odierna coscienza ambientale. Le lavorazioni avvenivano con sistemi discontinui, i prodotti e le materie prime erano stoccati prevalentemente in serbatoi sotterranei privi dei rigidi controlli di tenuta attuali. Nel 1988 venne eseguita la prima indagine ambientale del suolo da parte dell’Azienda USL di Parma nello stabilimento dismesso della CIP, già sede di numerosi incidenti ambientali, e che evidenziò la presenza nell’area di un diffuso inquinamento da piombo e piombo tetraetile (prodotto nello stabilimento stesso) e contemporaneamente e “inaspettatamente”, la presenza di concentrazioni significative di idrocarburi aromatici originati dalle lavorazioni svolte nello stabilimento della contigua Carbochimica. Negli anni ‘90, a fronte di tali caratterizzazioni ambientali e delle sollecitazioni degli enti locali, l’azienda Carbochimica spa realizzò i primi interventi di disinquinamento, mediante un sistema di estrazione dei contaminanti presenti nel sottosuolo (Bioslurping) costituito da circa 80 piccoli pozzi spinti fino alla profondità di circa 10 m dal p.c.

Dalla nascita dello stabilimento erano passati quasi 100 anni e per la prima volta si prendeva atto dello stato di avanzato inquinamento del sito, a cui si cercava di porre rimedio. Nel 2001 l’area dello stabilimento Carbochimica spa, insieme all’area ex CIP, nel frattempo acquisita dal Comune di Fidenza, alle discariche di Vallicella e di Fornio e all’ex inceneritore di San Nicomede, vennero racchiuse all'interno della perimetrazione del sito d’interesse nazionale di Fidenza per la gravità e la diffusione dell’inquinamento. Il Comune di Fidenza, a seguito del fallimento delle società Carbochimica spa, acquisì nel 2005 anche quest’area, potendo così riattivare gli interventi di messa in sicurezza approntati dalla Carbochimica e realizzare ulteriori interventi di messa in sicurezza di emergenza consistenti nella realizzazione di una barriera idraulica lungo il confine nord dei due ex stabilimenti e nel decomissioning di serbatoi interrati e cisterne individuate come potenziali fonti di contaminazione.

Verso la bonifica Le conoscenze storiche e le indagini ambientali pregresse sono state il punto di partenza per la caratterizzazione dell’area oggi denominata ex Carbochimica. La caratterizzazione del sito si è rivelata particolarmente complessa sia per il numero elevato di inquinanti presenti, sia per la loro distribuzione nei comparti suolo, sottosuolo e acque di falda. Al fine di caratterizzare qualitativamente e quantitativamente la contaminazione nelle diverse matrici ambientali e di definire il modello concettuale del sito, sono stati realizzati

Foto scattate all’interno di Carbochimica durante i bombardamenti

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Distribuzione dei contaminanti nel sottosuolo di Carbochimica

33 sondaggi spinti fino a profondità di 27 m dal p.c. (alcuni dei quali attrezzati a piezometro) sull’intera area del sito, ed in prossimità di zone in cui si ipotizzavano possibili sorgenti di contaminazione, per un totale di 128 campioni di terreno analizzati. Circa il 60% dei campioni ha evidenziato una non conformità rispetto ai limiti tabellari dell’allora vigente D.M. 471/99, relativi ai terreni ad uso commerciale e indu-

striale, con la prevalenza dei superamenti dei limiti di legge di naftalene, benzene, benzo(a) antracene, fenantrene, fluorantene e di altri Idrocarburi Policiclici Aromatici, prodotti caratteristici delle lavorazioni della Carbochimica spa e assumibili come marker della contaminazione del sito. E’ da sottolineare che la contaminazione, protrattasi nell’area per oltre un secolo, ha coinvolto, con modalità diffe-

renti, le matrici ambientali suolo e sottosuolo fino a 30 m dal p.c. Relativamente alla matrice acque sotterranee, è stata riscontrata una diffusa contaminazione organica sia nelle acque presenti nei livelli superficiali di sottosuolo sia nel primo acquifero confinato. Dalle informazioni pervenute nella fase di investigazione è stato possibile elaborare il Progetto preliminare di bonifica (già approvato Alcuni impianti e serbatoi presenti all’interno del sito

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dal Ministero dell’Ambiente) che prevede sia il decomissioning di tutte le strutture soprasuolo esistenti e dei serbatoi interrati (80 serbatoi fuori terra, 70 serbatoi interrati e circa 30 km di tubazioni che collegano i diversi impianti) sia la bonifica di suolo e sottosuolo. La diffusione a diversi livelli di profondità delle sostanze inquinanti presenti nell’area dello stabilimento rende necessario un trattamento di bonifica mirato a seconda delle caratteristiche sito-specifiche della matrice impattata e della tipologia e concentrazione dei contaminanti presenti. In base alla profondità dell’inquinamento e alle caratteristiche delle sostanze contaminanti sono pertanto state individuate diverse tecniche di bonifica potenzialmente applicabili. Il terreno inquinato in superficie (circa 1.000 m3) verrà trattato “on site” tramite la tecnologia delle Biopile. Lo strato argilloso che caratterizza il sottosuolo del sito fino a 10 metri di

profondità verrà sottoposto ad un trattamento combinato che consenta contemporaneamente l’estrazione del prodotto libero ancora presente sulla tavola d’acqua e l’aspirazione degli inquinanti volatili (Air sparging-Soil vapor extraction). Tale intervento coinvolgerà una superficie di circa 24.000 m2 e permetterà di trattare un volume di terreno di circa 220.000 m3. La bonifica della zona satura del terreno, compreso tra 15 m e 27 metri di profondità da p.c. (circa 80.000 m3), verrà trattato in situ iniettando nel sottosuolo microrganismi e nutrienti per favorire ed accelerare i processi spontanei di biodegradazione degli inquinanti. Il progetto preliminare inoltre prevedeva la realizzazione di alcuni test pilota propedeutici alla stesura del progetto definitivo di bonifica, da realizzare sia in campo sia in laboratorio e finalizzati a verificare la fattibilità e l’efficacia degli interventi di soil remediation proposti. Tali test sono attualmente in corso presso l’area.

I test di laboratorio sono principalmente stati progettati per fornire informazioni circa l’effettiva biodegradabilità degli inquinanti presenti nei livelli di terreno insaturo e saturo. I test in campo, che prevedono prove respirometriche, misure di permeabilità all’aria e una prova di fracturing pneumatico, sono stati progettati al fine di verificare l’effettiva applicabilità ed efficacia degli interventi proposti in fase preliminare, oltreché per poter definire il corretto dimensionamento dei singoli interventi. I risultati delle prove sperimentali faranno parte integrante del Progetto definitivo di bonifica che verrà presentato ai sensi dell’attuale normativa e permetteranno di fornire una valutazione tecnica ed economica di un intervento che consentirà di bonificare uno dei 57 Siti di Interesse Nazionale attualmente presenti in Italia.

* Sigmaprogetti s.r.l.

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Il sistema MIP nella definizione del modello concettuale di un sito contaminato da DNAPL L’approfondimento della caratterizzazione mediante Membrane Interface Probe ha permesso una ricostruzione più precisa della contaminazone ed una definizione più mirata degli interventi di bonifica di Rodolfo Chiastellaro e Roberto Gaveglio*

P

er progettare gli interventi di bonifica di un sito contaminato da Dense NonAqueous Phase Liquids (DNAPL), è necessaria un’approfondita conoscenza della distribuzione spaziale delle sorgenti secondarie di contaminazione [1]. Recentemente sono stati proposti vari sistemi innovativi per la caratterizzazione delle sorgenti secondarie di DNAPL. [2, 3]. Sul sito in esame, in relazione alla necessità di procedere rapidamente ad una caratterizzazione estensiva, si è scelto di procedere mediante l’approccio Triad Approach [4, 5].

E’ stata quindi condotta nell’area una campagna di indagine di approfondimento per ottenere informazioni di dettaglio sulla geologia del sottosuolo, sull’estensione verticale ed orizzontale delle aree contaminate già note e su eventuali ulteriori sorgenti secondarie di contaminazione. In passato sono stati utilizzati nel ciclo produttivo solventi clorurati quali tetracloroetilene (PCE) e tricloroetilene (TCE). L’assetto geologico è piuttosto complesso a causa della presenza di diverse formazioni stratificate: in

sintesi, il sottosuolo è costituito da sabbie fino alla profondità di 7 m, sabbie limose tra 7 m e 12 m ed un sottostante livello di limi. La soggiacenza dell’acqua sotterranea è di circa 7.5–11 m dal piano campagna. Il terreno e l’acqua sotterranea sono contaminati da solventi clorurati a causa di perdite accidentali pregresse tanto che un'estesa porzione di acqua sotterranea presenta concentrazioni di solventi clorurati dell’ordine di 50 mg/l. La Figura 1 riporta le linee di isoconcentrazione del TCE disciolto nelle acque sotterranee (la direzione di flusso dell’acqua sotterranea è dalla parte alta della figura verso la parte bassa). Per definire il piano di indagine di approfondimento, sulla base dei dati disponibili da precedenti caratterizzazioni, è stato predisposto un modello tridimensionale preliminare del sito. La Figura 2 riporta una sezione geologica desunta dal modello tridimensionale, nella quale si osserva un complesso assetto geologico del sottosuolo.

Metodologia Figura 1: Planimetria del sito con linee di isoconcentrazione del TCE disciolto nelle acque sotterranee

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L’indagine di approfondimento è stata eseguita principalmente mediante la tecnica MIP, a cui sono stati affiancati una campagna di Soil


Figura 2: Sezione verticale del sottosuolo, desunta dal modello tridimensionale costruito sulla base di precedenti caratterizzazioni

Figura 3: Sezione verticale del sottosuolo, desunta dal modello tridimensionale costruito sulla base delle indagini MIP

Figura 4: Sezione verticale di interpolazione dei valori misurati con MIP e delle concentrazioni di TCE nei campioni di terreno

Gas Survey, come primo screening, e tradizionali sondaggi ambientali, come calibrazione. La tecnica MIP prevede l’infissione nel sottosuolo di una punta metallica (diametro 1,5”, lunghezza 30 cm), riscaldata alla temperatura di 120°C e dotata di una membrana semipermeabile collegata ad alcuni strumenti. La punta metallica viene spinta ad una velocità di 0,3 m/min, utilizzando un’attrezzatura del tipo Geoprobe [6]. Le sostanze volatili presenti nel sottosuolo circostante la punta, anche per mezzo del calore da essa trasmesso, passano in fase gassosa e, dopo essere state captate da un sistema di aspirazione, vengono analizzate con un FID (Flame Ionization Detector), un PID (Photo Ionization Detector) ed un DELCD (Dry Electrolytic Conductivity Detector) particolarmente indicato per la ricerca di

Un modello concettuale affidabile è la chiave di successo di ogni progetto di bonifica. In un sito contaminato da DNAPL, il modello concettuale basato su precedenti indagini è stato approfondito e riformulato, mediante l’applicazione del MIP-Membrane Interface Probe. Il sottosuolo del sito in esame è costituito da un’alternanza di sabbie e limi; l’acqua sotterranea, la cui soggiacenza è di circa 7.5–11 m, è contaminata da solventi clorurati (TCE, PCE) in elevate concentrazioni. Per verificare lo stato ambientale del sottosuolo con un elevato livello di dettaglio è stata condotta, in associazione ad una campagna di sondaggi ambientali, una indagine di tipo semi-quantitativo mediante il MIP; quest’ultima ha previsto la lettura in foro di più di 7000 dati fisico-chimici, mediante i quali è stata ricostruita l’estensione delle aree contaminate nel terreno insaturo, saturo e di frangia capillare. Inoltre, grazie all’esito immediato delle indagini con MIP, è stato possibile adattare ed ottimizzare in corso d’opera il piano di indagine ambientale, secondo quanto previsto nel cosiddetto Triad Approach. L’elaborazione congiunta dei dati derivanti dal MIP e dalle indagini dirette, inserite in un modello tridimensionale, ha permesso di riformulare il modello concettuale del sito ed individuare le aree più contaminate, sulle quali intensificare gli interventi di bonifica.

composti clorurati. Vengono inoltre misurate la temperatura della punta e la conducibilità elettrica del terreno ad essa circostante.

Con la tecnica MIP si ottiene un’informazione di tipo semiquantitativo sulla presenza di sostanze contaminanti nel sottosuolo, con una

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PROGETTI E TECNOLOGIE

Figura 5: Sezione verticale di interpolazione dei valori misurati con MIP - DELCD > 0,7 V

densità di dati molto elevata sul profilo verticale. L’indagine con il MIP è stata condotta mediante la perforazione di n. 46 fori (profondi 17 m) e l’acquisizione oltre 7000 misure. L’indagine ha inoltre previsto la perforazione di n. 13 sondaggi ambientali tradizionali (profondi 13 m), con prelievo ed analisi chimica di laboratorio di campioni di terreno, i cui esiti sono stati correlati con i dati desunti dal MIP. Grazie all’esito immediato delle indagini con MIP è stato possibile adattare ed ottimizzare in corso d’opera il piano di indagine ambientale, spostando alcuni punti di perforazione.

Tutte le informazioni acquisite sono state interpolate ed utilizzate per la definizione di un modello tridimensionale: l’interpolazione dei dati è stata eseguita con il software “MVS/ EVS Version 9.13” (C Tech Development Corporation).

Risultati e conclusioni L’esame del modello tridimensionale ha permesso una più chiara comprensione dello stato geologico/ambientale del sottosuolo. La Figura 3 riporta una rielaborazione dell’assetto geologico del sito, sulla base delle inda-

gini di approfondimento eseguite: il modello ha evidenziato la presenza di stratificazioni più omogenee rispetto a quelle individuate con le precedenti caratterizzazioni. La Figura 4 rappresenta l’elaborazione dei dati rilevati con il MIP a confronto con gli esiti delle analisi chimiche di laboratorio sui campioni di terreno. In linea generale, le concentrazioni dei solventi clorurati restituite dalle analisi di laboratorio sono basse (valore massimo rilevato 15 mg/kg), anche nei punti in cui il MIP ha rilevato i valori più elevati. Nonostante l’applicazione di metodi di campionamento/traspor-

Figura 6: Vista in prospettiva delle interpolazioni dei valori misurati con MIP - DELCD > 0,7 V

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to idonei a limitare la dispersione di sostanze volatili nei campioni di terreno, le sole analisi chimiche di laboratorio non hanno permesso una buona perimetrazione delle aree contaminate. In tal senso, per una più aderente ricostruzione della realtà del sito, è stata fondamentale l’adozione della tecnica MIP. Come rappresentato nelle Figure 5 e 6, il modello ha permesso di perimetrare le aree maggiormente contaminate, mediante l’interpolazione e rappresentazione dei dati rilevati con il MIP. La tecnica ha inoltre permesso di evidenziare sia le dinamiche di migrazione nel sottosuolo della contaminazione, sia le relazioni esistenti tra i diversi livelli geologici ed il loro stato ambientale, ponendo così le basi per una efficace progettazione degli interventi di bonifica. La diffusione laterale della contaminazione nella zona insatura sabbiosa è molto inferiore a quella della zona satura limosa, dove la contaminazione è diffusa più in orizzontale che in verticale. Il DNAPL si è inoltre parzialmente accumulato nella parte superiore della frangia capillare, ed è migrato anche lungo la superficie inclinata di quest’ultima [7]. L’indagine ha permesso di verificare l’assenza di “sacche” di DNAPL in fase libera di dimensioni consistenti: questo fatto può essere ricondotto alle limitate differenze di conducibilità idraulica tra i diversi livelli geologici presenti in sito. Si è inoltre potuto verificare un progressivo approfondirsi della contaminazione lungo la direzione di deflusso delle acque sotterranee. Come rappresentato in Figura 6, dove sono riportate le curve di isoconcentrazione dei solventi clorurati nell’acqua sotterranea, il modello ha evidenziato una buona correlazione tra lo stato ambientale delle acque sotterranee, gli esiti delle indagini MIP nel terreno insaturo/ frangia capillare e le potenziali sorgenti primarie (pregresse) di contaminazione.

BONIFICHE AMBIENTALI INNOVAZIONE E BIOTECNOLOGIE Indagini preliminari Piani di caratterizzazione Analisi di rischio Studi di fattibilità Interventi di bonifica terreni C

M

Interventi di bonifica acque

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CM

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ISCRITTA ALL'ALBO NAZIONALE GESTORI AMBIENTALI CAT. 9-BONIFICA SITI

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CMY

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bibliografia [1] Parker B.L., Cherry J.A., Chapman S.W. and Guibeault M.A. (2003) Review and analysis of Chlorinated Solvent Dense Non-aqueous Phase Liquid Distributions in Five Sandy Aquifers, Vadose Zone Journal. 2, 116-137. [2] Rossabi J., Riha B.D., Eddy-Dilek C.A., Looney B.B. and Keith Hyde W. (2003) Recent Advances in Characterization of Vadose Zone Dense Non-aqueous Phase Liquid (DNAPL) in heterogeneous media, Env.& Eng. Geoscience. IX, No.1, 25-36. [3] Interstate Technology & Regulatory Council (ITRC) (2003) An Introduction to Characterizing Sites Contaminated with DNAPLs [4] Interstate Technology & Regulatory Council (ITRC) (2003) Technical and Regulatory Guidance for the Triad Approach: A New Paradigm for Environmental Project Management [5] Interstate Technology & Regulatory Council (ITRC) (2007) Triad Implementation Guide [6] ASTM Standard Practice for MIP Investigations D7352-07 [7] Cohen R.M. and Mercer J.M. (1993) DNAPL Site Evaluation

*Golder Associates s.r.l.

GIO.ECO srl - Via L. da Vinci,13 - 20090 - Segrate (MI) Tel 02 2132113 r.a. - Fax 02 2133826 info@gioecosrl.it - www.gioecosrl.it

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NORMATIVA

CULTURA DEL RISCHIO: OBBLIGO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE NEL CAMPO DELLE MERCI PERICOLOSE con il primo luglio è entrato in vigore a livello internazionale l’accordo ADR 2009 con importanti novità nella documentazione, gestione delle merci pericolose e formazione ed informazione del personale di Filippo Bonfatti*

L

’accordo ADR regolamenta il trasporto su strada delle merci pericolose, dalla fase di preparazione del collo da inoltrare o al riempimento di una cisterna, fino allo scarico presso il deposito finale. Con il Decreto Ministeriale del 4 settembre 1996 è diventato legge nazionale, quindi anche l’Italia, che già aveva aderito all’accordo limitatamente al trasporto internazionale, ha adottato i dettami della norma. La direttiva, che recepisce le linee delle raccomandazioni dell’ONU, viene aggiornata ogni due anni adeguandosi così al progresso tecnico e tecnologico dei nostri tempi. Si tratta dunque di una norma flessibile e costantemente al passo con i tempi, che trae spunto, nelle sue revisioni, dagli accadimenti

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quotidiani e dagli incidenti su strada che coinvolgono le merci pericolose. Il 1° gennaio 2009 è entrata in vigore la direttiva 2008/68/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 24 settembre 2008, relativa al trasporto interno di merci pericolose (cd. ADR 2009). La direttiva è stata pubblicata sulla G.U.U.E. L 260 del 30 settembre 2008. Come consuetudine, la direttiva prevedeva che a far data dalla sua entrata in vigore fosse concesso un periodo transitorio di 6 mesi, durante il quale cioè, ai sensi del paragrafo 1.6.1 e salvo disposizione contraria, le materie ed oggetti dell’ADR potevano essere trasportati fino al 30 giugno 2009 secondo le disposizioni dell’ADR 2007.

Se da un lato l’accordo ha introdotto importanti novità sia per quanto concerne la documentazione, sia nel campo della gestione stessa della merci, dall’altro ha confermato e sottolineato l’obbligo per le aziende di formare ed informare il proprio personale addetto alla gestione delle merci pericolose, anche in accordo ai dettami dell’attuale D.Lgs. 81/2008.

La formazione obbligatoria Il capitolo 1.3 della Parte 1 dell’Accordo ADR 2009 prevede che le persone impiegate presso gli operatori di cui al capitolo 1.4 (speditore, trasportatore, destinatario, caricatore, imballatore, riempitore), il cui campo d'attività com-


prende quindi il trasporto di merci pericolose, devono ricevere una formazione rispondente alle esigenze che le loro attività e responsabilità comportano durante il trasporto di merci pericolose. La formazione deve anche trattare disposizioni specifiche che si applicano alla sicurezza del trasporto di merci pericolose come riportato nel capitolo 1.10 della norma stessa. Questa formazione è destinata al personale non conducente di mezzi per il quale è invece presente un altro tipo di obbligo formativo, ovvero il conseguimento del certificato di formazione professionale ADR. La formazione del personale non conducente deve essere stata acquisita prima di assumere responsabilità concernenti il trasporto di merci pericolose (rif. nota 4 del paragrafo 1.3.1 della norma). La natura della formazione deve essere adeguata alle responsabilità ed alle funzioni della persona interessata ed è costituita da tre livelli, di seguito riportati. • Formazione di base: il personale deve familiarizzare con le disposizioni generali delle prescrizioni concernenti il trasporto di merci pericolose. • Formazione specifica: il personale deve ricevere una formazione dettagliata, direttamente proporzionale ai suoi compiti e alle sue responsabilità, alle disposizioni delle regolamentazioni concernenti il trasporto di merci pericolose. Nel caso in cui il trasporto di merci pericolose comporti un'operazione di trasporto multimodale, il personale deve essere informato delle disposizioni concernenti gli altri modi di trasporto. • Formazione in materia di sicurezza (intesa come “security” e non come “safety”): il personale deve ricevere una formazione riguardante i rischi e i pericoli che presentano le merci pericolose, in misura proporzionata alla gravità dei rischi di ferite o di esposizione derivanti dal verificarsi di incidenti durante il trasporto di merci pericolose, compreso il loro carico e scarico.

movimentazione in condizioni di sicurezza e negli interventi d'emergenza. Una descrizione dettagliata di tutta la formazione ricevuta dagli addetti deve essere conservata dal datore di lavoro e dal dipendente e deve essere verificata all’atto di una nuova assunzione. La formazione, ai sensi del paragrafo 1.3.3 della norma, deve avere carattere periodico al fine di tenere conto dei mutamenti legislativi o delle prassi aziendali, ad esempio, l’introduzione di nuove merci pericolose nel ciclo produttivo, l’acquisto di nuovi mezzi speciali, la multimodalità di trasporto o la riclassificazione di alcune merci pericolose. A tale proposito si ritiene utile fornire apposite dispense formative come materiale didattico agli addetti, in modo che possano apprendere al meglio gli argomenti. Per quanto concerne la formazione in materia di sicurezza, in riferimento a quanto dettato dal

capitolo 1.10 dell’accordo, si sottolinea che non è necessario che i corsi di aggiornamento sulla sicurezza siano unicamente collegati alle modifiche della regolamentazione, anzi è consigliato adottarli con regolarità in funzione di ogni intervenuta modifica di prassi aziendale, di contratto di fornitura o di tragitto. Tale formazione specifica deve comprendere la natura dei rischi riguardanti la sicurezza, il loro riconoscimento, le metodologie per ridurli e le azioni da intraprendere in caso di infrazioni alla sicurezza. Essa deve inoltre comprendere la consapevolezza dei piani di sicurezza, se esistenti, tenuto conto delle responsabilità e delle funzioni di ogni individuo nell’attuazione di tali piani. Ovviamente questo livello formativo è richiesto solo per la gestione di determinate tipologie di merci pericolose ad alto rischio (rif. tabella 1.10.5 dell’ADR 2009, riportata in figura 1),

Finalità e contenuti della formazione La formazione deve mirare a sensibilizzare il personale sulle procedure da seguire per la

Figura 1: Lista delle merci pericolose ad alto rischio (tabella 1.10.5 dell’ADR 2009)

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NORMATIVA

ovvero per quelle tabulate che superano i limiti di esenzione totale o parziale dell’ADR, ove applicabili. Sono esentate le aziende che gestiscono merci pericolose in esenzione parziale, ai sensi del 1.1.3.6 dell’ADR. Il paragrafo 8.2.3 dell’accordo ribadisce infine che le persone le cui funzioni hanno a che fare con il trasporto stradale di merci pericolose devono avere ricevuto, conformemente al capitolo 1.3 dell’ADR 2009, una formazione sulle disposizioni che regolano il trasporto di queste merci, rispondente alle loro responsabilità e funzioni. Questa prescrizione si applica, per esempio, al personale impiegato dal trasportatore o dallo speditore, al personale che carica e scarica le merci pericolose, al personale che lavora nei depositi intermedi o per le agenzie di spedizione ed a caricatori e conducenti di veicoli diversi da quelli aventi un certificato conformemente a 8.2.1 (riguardante il campo di applicazione dell’obbligo del patentino ADR), coinvolti nel trasporto di merci pericolose per strada.

Conducenti di mezzi per il trasporto di merci pericolose Giova ricordare che i conducenti di mezzi di trasporto di merci pericolose devono conseguire un certificato di formazione professionale rilasciato dall’autorità competente o da un organismo riconosciuto da quest’autorità, attestante la partecipazione ad un corso di formazione ed il superamento di un esame sui requisiti particolari che debbono essere soddisfatti durante il trasporto di merci pericolose (figura 2). L’esame viene sostenuto dopo che i conducenti hanno frequentato apposito corso di formazione di base ed eventuale integrazione per cisterna o per classi particolari. Anche questo corso deve essere approvato dall’autorità competente e deve comprendere una parte teorica ed esercitazioni pratiche individuali, trattando gli argomenti previsti al paragrafo 8.2.2.3.2 della norma edizione 2009. Nel corso dell’anno precedente la data di scadenza del certificato, il conducente deve frequentare un nuovo corso di aggiornamento, al termine del quale sarà sottoposto a nuovo esame di idoneità. Non trascurabile, infine, è il dettame di cui al 5.4.3.2 dell’ADR, ovvero l’obbligo per il trasportatore di assicurarsi che ogni membro dell’equipaggio interessato comprenda correttamente le istruzioni di sicurezza e sia capace di applicarle. Questa disposizione implica dunque uno specifico livello formativo da parte dell’azienda verso i propri conducenti.

Conclusioni

Figura 2: Certificato di formazione professionale rilasciato dall’autorità competente attestante la partecipazione ad un corso di formazione ed il superamento di un esame sui requisiti particolari che debbono essere soddisfatti durante il trasporto di merci pericolose

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La nuova edizione 2009 dell’accordo ADR conferma le disposizioni delle altre norme ambientali e di sicurezza, ovvero che il personale addetto alla gestione di merci pericolose, indipendentemente dal ruolo, deve essere formato, informato ed aggiornato in maniera congrua al proprio campo operativo.

Il livello e gli argomenti formativi variano quindi in funzione del ruolo aziendale e del tipo di attività della società, così come la periodicità che, pur rimanendo obbligatoria in caso di variazioni di regolamentazione, deve essere rispettata anche nel caso di variazioni significative delle prassi aziendali o per intervenuta modifica contrattuale. Si segnala infine che la formazione ADR non sostituisce, bensì integra la formazione prevista da altre norme (D.Lgs. n. 81/2008, D.M. 406/98 e relativa Delib. 16/07/98, D.Lgs. 152/06 e smi, R.D.147/1927, ecc.) e si pone l’obiettivo di minimizzare la probabilità dell’incidente (rischio), attraverso la prevenzione e la sensibilizzazione diretta del personale a monte e a valle del trasporto. Il trasportatore, ovvero il conducente, deve inoltre seguire il percorso formativo necessario all’acquisizione del certificato di formazione professionale (patentino) ADR, ad eccezione dei casi di esplicita esenzione. *DGSA ADR e consulente ambientale di Ecoricerche s.r.l.

I seminari sulle novità della nuova norma ADR Nel mese di settembre Ecoricerche organizza due seminari per illustrare le novità previste dal nuovo accordo ADR 2009. Gli argomenti trattati saranno finalizzati a comprendere le problematiche relative al trasporto su strada dei rifiuti, imparare a verificare le autorizzazioni e le relative prescrizioni, aggiornare le conoscenze dell'ADR 2009, conoscere i corretti comportamenti da adottare durante il trasporto e le sanzioni applicabil in caso di infrazioni della norma. I seminari si terranno: • il 22/09/09 alle ore 14.15 a Modena presso la Camera di Commercio Via Ganaceto, 134; • il 30/09/09 alle ore 15 presso la Sala Benelli (Confindustria Ravenna - Via Barbiani, 8-10) in occasione di “Ravenna 2009”. Per informazioni: formazione@ecoricerche.net


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LA GESTIONE DEI BROWNFIELDS E LE OPPORTUNITà NEL DECOMMISSIONING INDUSTRIALE il patrimonio industriale dismesso offre numerose opportunità a chi bonifica e ricostruisce, tuttavia le procedure amministrative sono macchinose e presentano molti aspetti critici e nebulosi di Andrea Quaranta*

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o sviluppo industriale si è trasformato in de-industrializzazione: in questo “aforisma” di Koll Schretzenmayer si possono scorgere molte delle principali problematiche connesse all’odierna bonifica dei siti industriali contaminati. Negli ultimi anni, il numero dei siti industriali obsoleti, inquinati, non più redditizi e, di conseguenza, abbandonati, è cresciuto in maniera esponenziale, unitamente all’elevato numero di siti militari smantellati all’indomani della fine della Guerra fredda. E così le odierne periferie – ma a volte anche ampi spazi in zone una volta periferiche, e oggi facenti parte del tessuto urbano – delle grandi aree urbane, sono caratterizzate dalla massiccia presenza di grandi edifici industriali dismessi, quartieri degradati, siti contaminati. Cosa fare di queste aree, in un contesto urbanistico che non può più espandersi? Quali fra le diverse, possibili soluzioni (restauro ambientale; conservazione edilizia; ristrutturazione; decommisioning) è opportuno scegliere? Quali sono le opportunità che il riutilizzo del patrimonio industriale dismesso offre a chi bonifica e ricostruisce?

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Il recupero dei c.d brownfields (aree abbandonate e degradate, in contrapposizione ai greenfields, aree verdi) si pone, oggi, al centro della programmazione urbanistica in quasi tutta Europa, ed è diventato oggetto di un crescente interesse anche da parte dei nostri legislatori (nazionale e regionali), che cercano di incentivare la riqualificazione ambientale ed urbanistica di tali aree, generando, al contempo, grandi opportunità di lavoro per gli operatori del settore. Nell’arco degli ultimi quindici anni nel nostro Paese si sono susseguiti: • i P.R.U.S.S.T. (Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio), che avevano obiettivi “generalisti” (la realizzazione di un sistema integrato di attività finalizzate all'ampliamento e alla realizzazione di insediamenti industriali, commerciali e artigianali, alla promozione turistico-ricettiva e alla riqualificazione di zone urbane centrali e periferiche interessate da fenomeni di degrado); • gli accordi di programma di cui all’art. 18 della L. 179/2002, che regola(va)no una procedura specifica per garantire la riqua-

lificazione delle aree dismesse e contaminate nei siti di importanza nazionale; • alcune leggi regionali (ad esempio, la L.R. Lombardia n. 1/07, che detta delle regole per il recupero delle aree industriali dismesse, “attività di pubblica utilità ed interesse generale”); • la disciplina sui siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale (art. 252-bis del c.d. Testo Unico Ambientale), con la quale il nostro legislatore ha inteso concentrare la propria attenzione sugli interessi di tipo economico e produttivo connessi alla realizzazione della bonifica, presupposto indispensabile per la progettazione di sviluppo urbano e di riqualificazione ambientale. Quest’ultima, recente, modifica, merita di essere analizzata più nel dettaglio. L’art. 252-bis del D.Lgs n. 152/06, così come modificato dal D.Lgs 4/08, dopo aver previsto l’individuazione – con decreto, da parte del Ministero dello Sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente, e previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autono-


me di Trento e Bolzano – dei siti di interesse pubblico ai fini dell'attuazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico produttivo, contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, anche non compresi nel Programma Nazionale di bonifica, nonché del termine per la conclusione delle conferenze di servizi, relative agli interventi di bonifica e di riconversione industriale, ha dettato le regole procedurali per la progettazione, approvazione e realizzazione dei progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate assieme agli interventi mirati allo sviluppo economico e produttivo. In estrema sintesi, la nuova procedura di bonifica è caratterizzata: • dal richiamo alla terminologia utilizzata dalla Direttiva 2004/35/CE, in materia di danno ambientale, che tradisce l’intento di sottrarre gli interventi de quibus alla disciplina generale in materia di bonifica dei siti contaminati, come confermato dall’espressa previsione che “gli interventi di riparazione sono approvati in deroga alle procedure di bonifica di cui alla parte IV del titolo V” del D.Lgs. n. 152/06. Tale esclusione riguarda solo l’iter pro-

cedurale ordinario previsto in materia di bonifiche, e non anche la tipologia degli interventi da attuare, in quanto nel testo dell’art. 252-bis si continua a fare riferimento alla messa in sicurezza, alla caratterizzazione e alla bonifica (e anche al “progetto preliminare”, previsto dalla vecchia normativa – D.M. n. 471/99 – ma non dal T.U.A., che prevede lo svolgimento di un’indagine preliminare per accertare il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione – CSC). In alcuni casi, tuttavia, il richiamo alla Direttiva 2004/35/ CE (art. 3, comma 1, lett. e): “azioni idonee a compensare le perdite temporanee di risorse e servizi, sulla base dell'Allegato II della direttiva 2004/35/CE”) appare non pertinente. Nello specificare, infatti che “a tal fine sono preferite le misure di miglioramento della sostenibilità ambientale degli impianti esistenti, sotto il profilo del miglioramento tecnologico produttivo e dell'implementazione dell'efficacia dei sistemi di depurazione e abbattimento delle emissioni”, il nostro legislatore sembra far riferimento a semplici investimenti sugli impianti finalizzati al miglioramento

delle prestazioni ambientali e non, invece, azioni di riparazione ambientale (nella direttiva, infatti, si definiscono “misure di riparazione compensativa” “qualsiasi azione intrapresa per compensare la perdita temporanea di risorse e/o servizi naturali dalla data del verificarsi del danno fino a quando la riparazione primaria non abbia prodotto un effetto completo”); • dal fatto che gli obiettivi di bonifica sono gli stessi stabiliti dalla disciplina generale (indicati nella Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V), anche se si prevede una specifica deroga nel caso in cui il progetto preliminare dimostri che tali limiti non possono essere raggiunti nonostante l'applicazione, secondo i principi della normativa comunitaria, delle migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili: in questo caso, la Conferenza di Servizi indetta dal Ministero dell'Ambiente “può autorizzare interventi di bonifica e ripristino ambientale con misure di sicurezza che garantiscano, comunque, la tutela ambientale e sanitaria anche se i valori di concentrazione residui previsti nel sito risultano superiori” a quelli stabiliti dalla cit. tabella;

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NORMATIVA

• dell’applicabilità ai siti storicamente inquinati (prima del 30 aprile 2006); • dalla previsione di accordi di programma come strumento per l’individuazione degli interventi di riparazione dei terreni e delle acque contaminate e di quelli per lo sviluppo economico, nonché per il coordinamento delle azioni per la determinazione dei tempi, delle modalità, del finanziamento ed di ogni altro connesso e funzionale adempimento per l'attuazione dei programmi e degli interventi di riconversione industriale. Con l’accordo di programma, che costituisce il momento centrale dell’intera procedura, in sostanza, si procederà all’individuazione, caso per caso, degli obiettivi di reindustrializzazione e degli interventi di bonifica e riparazione; a definire il piano economico finanziario degli investimenti, le modalità tecniche per l’esecuzione degli interventi con i relativi obblighi a carico dei responsabili e/o del proprietario del sito e la prestazione da parte di costoro di idonee garanzie finanziarie; a stabilire il coordinamento delle azioni; • dalla previsione di due Conferenze di servizi – aventi ad oggetto rispettivamente l'intervento di bonifica (indetta dal Ministero dell’Ambiente) e l'intervento di reindustrializzazione (indetta dal Ministero dello Sviluppo economico) – per l’approvazione dei provvedimenti relativi agli interventi individuati con l’accordo di programma. A tali conferenze, come già avviene in relazione alle bonifiche nei siti di interesse nazionale, partecipano tutti i soggetti pubblici e privati coinvolti, nonché gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma. L’assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali sostituisce gli atti di pertinenza di questi ultimi (autorizzazioni, concessioni, nulla osta, …); • dal riconoscimento dell’interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo (art. 252-bis, comma 4). Con questa disposizione il nostro legislatore

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pare abbia voluto giustificare l’erogazione di finanziamenti per la realizzazione degli interventi di bonifica (sia comunitari che statali, come il FAS, Fondo Aree Sottoutilizzate), o altre forme di “aiuti”, al fine di agevolare l’effettuazione, da parte di soggetti privati, di investimenti sugli impianti, finalizzati al miglioramento delle prestazioni ambientali (com’è accaduto nell’ambito dell’accordo di programma di Brindisi, ove è stato previsto che i costi degli investimenti sostenuti per il raggiungimento di prestazioni ambientali migliori rispetto a quelle imposte dalla normativa di settore vigente possano essere oggetto di un conguaglio con le somme dovute a titolo di risarcimento del danno ambientale); • dal “meccanismo” di individuazione del soggetto onerato. L’art. 252-bis del T.U.A. stabilisce che “gli oneri connessi alla messa in sicurezza e alla bonifica, nonché quelli conseguenti all'accertamento di ulteriori danni ambientali, sono a carico del soggetto responsabile della contaminazione, qualora sia individuato, esistente e solvibile. Il proprietario del sito contaminato è obbligato in via sussidiaria previa escussione del soggetto responsabile dell'inquinamento”. A differenza di quanto previsto dai principi generali in materia di bonifica dei siti contaminati (gli oneri di bonifica gravano solo sul responsabile dell’inquinamento, e il proprietario non colpevole può farsene carico, solo ove ne abbia interesse, esclusivamente per evitare l’esecuzione

d’ufficio da parte dell’amministrazione e la conseguente iscrizione dell’onere reale sull’area e la costituzione, sulla stessa, del privilegio speciale immobiliare. In ogni caso, il proprietario non colpevole può essere tenuto a rimborsare le spese degli interventi adottati dall’autorità competente solo nei limiti del valore di mercato del sito, con diritto di rivalsa nei confronti del responsabile dell’inquinamento), la disciplina sui siti di preminente interesse pubblico per la riconversione industriale prevede in capo al proprietario incolpevole obblighi di natura restitutoria e risarcitoria la cui entità potrebbe essere anche superiore al valore dell’area, senza alcuna possibilità di rivalsa nei confronti del reale responsabile dell’inquinamento! Nonostante la previsione di norme ad hoc, il recupero delle aree abbandonate e degradate ha stentato, in passato, a svilupparsi, soprattutto a causa della macchinosità delle procedure amministrative, degli elevati rischi e degli eccessivi costi connessi agli interventi di bonifica, che normalmente sono a carico degli sviluppatori, benché, spesso, incolpevoli dell’inquinamento. Anche la nuova normativa contiene numerosi aspetti critici, che rischiano di vanificare i pur nobili intenti che hanno ispirato la sua entrata in vigore. Mi riferisco, ad esempio, ai problemi interpretativo-applicativi che suscita la generica previsione della deroga alla procedure di bonifica prevista per l’approvazione degli interventi di


riparazione: riguarda i profili formali o entra nel merito della bonifica stessa? Oppure alla previsione dell’obbligo posto a carico del proprietario incolpevole della contaminazione, legato non più al valore del bene, ma al costo dell’intervento di bonifica (spesso notevolmente superiore…), che non sembra essere adeguatamente giustificato dall’interesse pubblico posto alla base della riconversione del sito. Oltre alle contraddizioni dovute alla previsione in tema di obiettivi di bonifica, sia in relazione ai principi generali in materia, dettati dal T.U.A. (che ha previsto l’analisi di rischio come strumento standardizzato per l’accertamento della contaminazione), sia con riferimento alle finalità dello stesso articolo 252-bis (recupero, anche economico, del sito dismesso; fissare gli obiettivi di bonifica alle CSC significa, infatti, aumentare i costi di bonifica), appaiono troppo macchinosi i meccanismi previsti per

gli accordi di programma (duplice conferenza di servizi) e troppo limitativi gli interventi di riconversione (industriale e di sviluppo economico produttivo) presi in considerazione: in quest’ultimo caso, la sola riconversione industriale (causa, fra l’altro, della precedente dismissione) potrebbe rivelarsi un obiettivo inadeguato per il recupero ottimale dell’area. Questi ostacoli, che rendono già estremamente difficile l’iter per la riconversione di estese aree dismesse, rendono praticamente impossibile il recupero di piccoli brownfields, localizzati, magari, in zone non strategiche dal punto di vista urbanistico. Occorrerebbero, quindi, incentivi concreti, volti a stimolare gli investimenti degli operatori nelle aree dismesse, partendo proprio dal trattamento dei costi di bonifica all’interno del progetto, affinché da costo aggiuntivo si trasformino in opportunità. In conclusione: nel corso degli ultimi anni sono

stati fatti alcuni passi avanti verso il recupero delle aree dismesse, che rappresentano sì un grave problema ambientale, da affrontare e risolvere, ma anche una grande opportunità di sviluppo economico-ambiente-sociale, che non dobbiamo lasciarci sfuggire, per realizzare, pro quota, un concreto sviluppo sostenibile. Tuttavia, il legislatore non ha ancora colto appieno queste potenzialità… Occorre, quindi, approfondire ulteriormente la tematica – ascoltando, senza preconcetti di parte, tutti gli stakeholder, senza che questo divenga un pretesto macchinoso di difesa di interessi particolari, o giustifichi i soliti rinvii del nostro legislatore, incapace, spesso, di prendere delle decisioni forti – affinché anche il recupero dei brownfields possa contribuire al miglioramento della qualità dell’ambiente e, di conseguenza, della vita di tutti noi. * Consulente legale www.naturagiuridica.com

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SICUREZZA SUL LAVORO: EMANATO IL DECRETO CORRETTIVO DEL TESTO UNICO Con il D.lgs. n. 106/09 sono state riscritte numerose norme del Testo unico sulla sicurezza sul lavoro che aveva avuto 16 mesi di difficile esistenza. Vediamo le principali novità inerenti i cantieri di Marco Colombo*

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ono entrate in vigore dal 20 agosto le modifiche al Decreto Legislativo 9 aprile 2008, n.81 introdotte dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, pubblicato sul supplemento ordinario n. 142/L alla Gazzetta ufficiale n. 180 del 5 agosto 2009. Oltre che procedere alla correzione dei numerosi errori presenti nell'articolato, errori non solo formali, il legislatore ha apportato al corpo normativo alcune significative modifiche che recepiscono le criticità emerse nell'applicazione del D.lgs 81, frutto, allora. di un'affrettata stesura, priva di un necessario confronto con gli operatori del settore. Nel complesso il provvedimento, ad un primo esame, risulta più chiaro, migliorando le regole ed introducendo concetti innovativi, nell'ottica generale di una semplificazione formale, anche se si riscontrano ancora alcune disposizioni non condivisibili. Il testo del D.lgs.106 è composto da ben 149 articoli oltre alla riscrittura di quasi tutti gli allegati,

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per un totale di 236 pagine di Gazzetta Ufficiale. Le innovazioni di ordine generale, che riguardano per lo più gli obblighi in capo alle imprese, sono riportate nella prima parte del decreto e, in sintesi, riguardano: • una generale semplificazione degli adempimenti formali; • la possibilità di dare “data certa” al documento aziendale di valutazione dei rischi attraverso la sottoscrizione del documento stesso da parte di più soggetti; • modifica dei casi in cui risulta obbligatorio la stesura del DUVRI; • introduzione di un nuovo sistema di qualificazione delle imprese; • adozione di modelli organizzativi di gestione; • nuovo ruolo di dei comitati paritetici territoriali; • introduzione della così detta “patente a punti” per le imprese edili; • rimodulazione delle sanzioni.

La seconda parte del decreto enuncia le modifiche apportate al titolo IV, ovvero alla disciplina dei cantieri temporanei e mobili (si veda il box di dettaglio). Sono state riviste anche le norme del capo II, relative ai lavori in quota, alla gestione del cantiere, nonché alla realizzazione dei ponteggi. Al titolo V è stato introdotto l'obbligo di emanare un apposito regolamento che disciplini la segnaletica nei lavori stradali. All'art.190 del titolo VIII è stato aggiunto il comma 5-bis, che letteralmente recita: L’emissione sonora di attrezzature di lavoro, macchine e impianti può essere stimata in fase preventiva facendo riferimento a livelli di rumore standard individuati da studi e misurazioni la cui validità è riconosciuta dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, riportando la fonte documentale cui si è fatto riferimento. Riscritti anche numerosi allegati, che per la precisione sono:


I, II, IIIA, IIIB, IV, V, VI, VII, VIII, IX, X, XI, XIII, XIV, XV, XVII, XVIII, XIX, XXI, XXII, XXIII, XXIV, XXV, XXVI, XXVII, XXIX, XXXI, XXXIII, XXXIV, XXXV, XXXVI, XXXVIII, XXXIX, XLVI, XLVIII, XLIX, L, LIDi estremo interesse per i progettisti l'allegato IV – Requisiti dei luoghi di lavoro. Nell'allegato XIV è stata meglio disciplinata la norma relativa ai corsi di aggiornamento quinquennali per coordinatori. Di notevole impatto è la modifica apportata all. XV sui contenuti minimi del PSC. E' stata infatti sostituito il concetto che la relazione del PSC dovesse contenere la valutazione dei rischi interferenti e aggiuntivi rispetto a quelli specifici delle imprese esecutrici, con l'obbligo di valutare adesso “i rischi concreti” in riferimento all'area di cantiere, alle lavorazioni ed alle loro interferenze. Tale modifica, sicuramente non necessaria, torna a creare confusione su quali debbano essere i rischi da valutare in sede di redazione del PSC. Se è vero che le imprese redigono il POS nel quale sono analizzati e valutati i rischi specifici di lavorazione, non si capisce perchè il coordinatore nella stesura del PSC debba anch'esso valutare tali rischi, che non incidono nelle scelte di coordinamento. A poco giova leggere la relazione di accompagnamento del provvedimento in Consiglio dei Ministri che testualmente recita: “Inoltre, viene eliminato dall’Allegato XV il riferimento ai “rischi aggiuntivi”, ultroneo rispetto alle finalità delle disposizioni in parola”. A meno che il legislatore non chiarisca meglio questo passaggio, che contrasta con tante altre disposizioni, comprese quelle dello stesso allegato, il contenzioso ed il consumo di carta sarà destinato ad aumentare. * Ingegnere, responsabile Commissione sicurezza lavoro Ordine Ingg. AL e Commissione sicurezza lavoro Federazione Ingg. Piemonte Val D'Aosta – Coordinatore del gruppo di lavoro del C.N.I. per studio modifiche al Titolo IV del D.lgs. 81

I numeri del nuovo decreto Il Decreto legislativo 106/09 contiene ben 149 articoli che modificano in maniera incisiva il Decreto legislativo n. 81/2008, con il fine di correggere gli errori materiali e tecnici contenuti nel D.Lgs. 81/2008, approvato, a Camere oramai sciolte, e superare le difficoltà operative, le criticità e le lacune evidenziate dai primi mesi di applicazione del cd. "testo Unico".

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NORMATIVA

CANTIERI TEMPORANEI E MOBILI: cosa è cambiato? Si riporta di seguito, articolo per articolo, un commento alle principali modifiche apportate al titolo IV capo1. Art. 88.Campo di applicazione Vengono ampliati, con l'aggiunta dei commi g-bis) e g-ter), i casi di esclusione dall'applicazione della disciplina di cui al capo I “ai lavori relativi a impianti elettrici, reti informatiche, gas, acqua, condizionamento e riscaldamento che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all’allegato X, alle attività di cui al decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 272, (normativa sulla sicurezza e salute dei lavoratori nell'espletamento di operazioni e servizi portuali) che non comportino lavori edili o di ingegneria civile di cui all’allegato X.” Art. 89. Definizioni Viene finalmente chiarito che la nomina del Responsabile dei Lavori è una libera facoltà del committente. Viene cancellata l'obbligatorietà per il progettista o il DL di ricoprire il ruolo di responsabile dei lavori. Si ribadisce che, nell'ambito dei LLPP, il responsabile dei Lavori coincide con il RUP. Nel comma f) si precisa che il ruolo di coordinatore per la sicurezza non può essere ricoperto dal datore di lavoro, da un suo dipendente, dal RSPP non solo delle imprese esecutrici ma anche delle imprese affidatarie, eccetto il caso in cui committente e impresa esecutrice coincidano. Al comma i) viene espressamente definita la disciplina delle imprese riunite in consorzio, attribuendo ai vari soggetti i rispettivi ruoli in materia. E' stato poi aggiunto il comma i bis) che definisce l'impresa esecutrice. Infine al comma l) è stato precisato che la verifica dei requisiti tecnico professionali delle imprese esecutrici deve essere effettuata in base agli specifici lavori da realizzare. Art. 90.Obblighi del committente o del responsabile dei lavori L'art. 90 ha subito notevoli modifiche, d'impatto anche rilevante. Viene ribadito che il committente o il responsabile dei lavori devono attenersi alle misure generali di tutela di cui all'art. 15 nelle fasi di progettazione dell'opera. In particolare: “al momento delle scelte architettoniche, tecniche ed organizzative, onde pianificare i vari lavori o fasi di lavoro che si svolgeranno simultaneamente o successivamente; all'atto della previsione della durata di realizzazione di questi vari lavori o fasi di lavoro.” E' stato aggiunto il comma 1-bis): Per i lavori pubblici l’attuazione di quanto previsto al comma 1 avviene nel rispetto dei compiti attribuiti al responsabile del procedimento e al progettista. Da un'attenta lettura del comma 1 risulta evidente come il Committente ed il progettista siano investiti da forti responsabilità, sia in assenza sia in presenza di coordinatori per la sicurezza. Al comma 2 viene sostituita la frase “il committente valuta” con il “Committente prende in considerazione” durante la progettazione dell'opera i documenti di cui all'art. 91 comma 1 lettera a) e b), ovvero il PSC ed il fascicolo. Non è pienamente chiaro il valore della modifica, si desume che il legislatore abbia voluto impegnare maggiormente il committente affinchè tenesse conto di quanto scritto nel PSC e nel fascicolo. Al comma 3) e 4) viene meglio precisato che la nomina dei coordinatori scatta in presenza di più imprese esecutrici, anche non in contemporanea. Pertanto nel conteggio vanno prese in considerazione solo le imprese esecutrici. La verifica dell'idoneità tecnico professionale di cui al comma 9) è un obbligo del Committente anche nel caso di affidamento dei lavori ad un'unica impresa

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o ad un lavoratore autonomo. Tale disposizione responsabilizza maggiormente il Committente, indipendentemente dall'entità dei lavori o della presenza dei coordinatori, nella scelta dell'impresa esecutrice o, ancor più, nell'affidamento dei lavori a lavoratori autonomi. Tale strumento di contrasto al lavoro nero si esplicita nell'obbligo di trasmissione della notifica preliminare e del DURC all'amministrazione che ha rilasciato il permesso di costruire o la DIA. L'assenza del DURC, come aggiunto nel comma 10, oppure l'assenza di PSC o del Fascicolo, oppure in mancanza di notifica preliminare comportano, oltre alle normali sanzioni, la sospensione del permesso di costruire o della DIA. Il comma 11 risulta già modificato dalla precedente legge 88 del luglio 2009, in particolare dall'art.39. In sostanza la modifica è diretta a fornire osservanza al dettato della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza 25 luglio 2008), la quale ha evidenziato come la nomina del coordinatore sia obbligatoria in ogni caso di compresenza di più imprese. Tuttavia, per facilitare l'esecuzione di piccoli lavori, la nomina del coordinatore in fase di progettazione non si applica ai lavori privati non soggetti a permesso di costruire in base alla normativa vigente e comunque di importo inferiore ad euro 100.000. In tal caso, le funzioni del coordinatore per la progettazione sono svolte dal coordinatore per l'esecuzione dei lavori. Ovvero il coordinatore per l'esecuzione, che dovrà essere nominato sempre in presenza di più imprese anche per lavori di piccola entità, dovrà redigere il PSC. Art. 91. Obblighi del coordinatore per la progettazione Sono due le modifiche apportate a questo articolo, la prima precisa che il coordinatore per la progettazione dovrà redigere un fascicolo adattato alle caratteristiche dell'opera, quindi non generico ma mirato all'intervento in progetto, la seconda, il comma b-bis), deriva sempre dall'art. 39 legge 88 del luglio 2009, impone al coordinatore l'obbligo di coordinare l'applicazione delle disposizioni contenute nell'art. 90 comma 1, ovvero di “affiancare” il committente affinchè in fase progettuale si applichino correttamente le misure di tutela di cui all'art.15. Art. 92. Obblighi del coordinatore per l'esecuzione dei lavori In questo articolo si trovano soltanto piccole modifiche al fine di raggiungere una maggior chiarezza nei contenuti. Art. 93. Responsabilità dei committenti e dei responsabili dei lavori Riscrittura di alcuni periodi al fine di precisare che il committente o responsabile dei lavori non sono esonerati dalle responsabilità connesse alle verifiche degli adempimenti in carico al coordinatore. Art. 94. Obblighi dei lavoratori autonomi Non modificato.


Art. 95. Misure generali di tutela Al comma 1 d) è stato aggiunto che i datori di lavoro devono anche controllare prima dell'utilizzo la manutenzione ed il controllo periodico degli apprestamenti, delle attrezzature di lavoro. Al punto g) si precisa che i datori di lavoro non devono solo cooperare fra loro ma devono anche coordinare le varie imprese ed i lavoratori autonomi. Art. 96. Obblighi dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti E' stato aggiunto il comma 1bis) che sancisce l'esclusione dalla redazione del POS nel caso di semplici forniture di materiali o attrezzature, fermo restando l'applicazione degli obblighi legati all'art.26, prequalifica, DUVRI, costi, ecc.). il secondo comma precisa che la redazione del POS unitamente all'accettazione del PSC costituisce assolvimento degli obblighi in capo all'impresa, per il cantiere interessato, di stesura del documento di valutazione dei rischi, di rispetto dell'articolo 26, commi 1, lettera b), 2, 3, e 5, e all'art.29, comma 3. Quest'ultimo, sostanzialmente impone un aggiornamento continuo del documento di valutazione dei rischi. Art. 97. Obblighi del datore di lavoro dell'impresa affidataria Gli emendamenti apportati a questo articolo sono di notevole portata. Innanzitutto si stabilisce che il datore di lavoro dell'impresa affidataria deve verificare le condizioni di sicurezza dei lavori affidati e l'applicazione delle disposizioni contenute nel PSC. Per lo svolgimento di tale attività il datore di lavoro, i dirigenti ed i preposti dovranno essere adeguatamente formati. E' stato inoltre aggiunto l'obbligo di corrispondere integralmente alle imprese esecutrici e subappaltatrici gli oneri per la sicurezza. In pratica si rafforza il concetto che l'impresa affidataria non può limitarsi ad una semplice gestione finanziaria dei lavori, ma deve partecipare attivamente, con personale qualificato, alla gestione della sicurezza nel cantiere e che la stessa impresa affidataria non può lucrare sui corrispettivi della sicurezza.

Art. 98. Requisiti professionali del coordinatore per la progettazione del coordinatore per l'esecuzione dei lavori Sono state apportate alcune correzioni formali ed è stata chiarita la validità degli attestati di partecipazione ai corsi per coordinatori rilasciati prima dell'entrata in vigore del d.lgs 81, fermo restando l'obbligo di aggiornamento. Art. 99. Notifica preliminare Non modificato. Art. 100. Piano di sicurezza e di coordinamento Sono stati estesi i casi di esclusione dall'applicazione dell'articolo, non solo ai lavori la cui esecuzione immediata è necessaria per prevenire incidenti imminenti o per organizzare urgenti misure di salvataggio, ma anche ai lavori necessari per garantire la continuità in condizioni di emergenza nell'erogazione di servizi essenziali per la popolazione quali corrente elettrica, acqua, gas, reti di comunicazione. Di notevole importanza è invece l'obbligo in capo al committente, o R.L., di verificare che l'impresa affidataria corrisponda ai subappaltatori gli oneri per la sicurezza e che il personale sia adeguatamente formato, vedi art. 97 comma 3bis e 3ter. In caso di lavori pubblici si applica inoltre quanto previsto dall'art. 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in materia di subappalti. Art. 101, 102, 104 Non modificati. L'art. 103 Modalità di previsione dei livelli di emissione sonora Soppresso.

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ASSOCIAZIONE STUDI AMBIENTALI

DALLA COMMISSIONE EUROPEA UNA SPINTA ALL’EFFICIENZA ENERGETICA E’ nato Build Up: il portale europeo per l’efficienza energetica degli edifici di Anna Montefinese

G

razie ad un'iniziativa della Commissione Europea è da poco online il portale europeo in lingua inglese costituito a titolo informativo per il campo dell'efficienza energetica degli edifici. Buildup.eu si propone infatti l’obiettivo di fornire le informazioni più aggiornate per favorire la riduzione dei consumi energetici del settore edile per rispondere alla suddetta crescente esigenza, trattandosi di un settore che, con il suo 40%, incide più di ogni altro sui consumi energetici e sul quale si può intervenire per contrastare il cambiamento climatico. Sicuramente il portale rappresenterà un efficace elemento contributivo per ingegneri, architetti, professionisti dell'edilizia e singoli

Andris Piebalgs, Commissario Europeo per l'Energia

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proprietari per potersi mantenere aggiornati sul quadro legislativo comunitario in materia di efficienza energetica degli edifici e sulle sue relative evoluzioni. Il portale può essere considerato sia uno strumento per informare il mercato riguardo alle novità dell’inquadramento legislativo che un mezzo molto utile per spunti e suggerimenti utili al fine di migliorare le performance energetiche di ogni edificio; il tutto affiancato da molti esempi di buone pratiche e consigli che potranno essere trasmessi utilizzando la caratteristica che contraddistinguerà il portale: l’interattività tra gli utenti. Andris Piebalgs, Commissario Europeo per l'Energia, a tal proposito ha dichiarato: “Il portale Build Up rappresenta uno strumento

nuovo che consentirà a professionisti, autorità locali e lavoratori del settore edile, di condividere la loro esperienza sul modo di ridurre il consumo energetico negli edifici. La diversità è un importante punto di forza della UE e BUILD UP promuoverà lo scambio di best practices, strumenti e tecnologie disponibili in tutta Europa per un’efficace attuazione delle misure di risparmio energetico negli edifici”.


Tra le sezioni del portale ne troviamo una dedicata agli eventi organizzati sul tema a livello europeo, una sulle recenti pubblicazioni ed una su casi reali, oltre ad essere fornita la possibilità di iscriversi o scaricare la newsletter contenente aggiornamenti ed eventi salienti relativi al periodo di riferimento. “Quando si parla di cambiamento climatico e della sicurezza dell'approvvigionamento energetico non si parla di un parametro facile da stabilire” ha aggiunto Andris Piebalgs “Pertanto sarà solo lavorando insieme che si potranno raggiungere obiettivi per realizzare un vero e proprio impatto”. Agli interessati ma anche semplicemente ai curiosi non resta che consultare il sito www.buildup.eu.

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ASSOCIAZIONE STUDI AMBIENTALI

AD EXPOEDILIZIA 2009 SI PARLA DI RIFIUTI INERTI Il convegno promosso dall’Associazione Studi Ambientali evidenzia i notevoli vantaggi derivanti dal riutilizzo dei materiali da costruzione e demolizione

R

ifiuti inerti: da problema a risorsa – I vantaggi dal riutilizzo. Questo è il tema di un convegno in programma a EXPOEDILIZIA 2009 che si svolgerà presso la Fiera di Roma dal 12 al 15 novembre 2009. Il programma prevede inoltre di affrontare argomentazioni sugli adempimenti legislativi che gli Enti Pubblici dovranno osservare in relazione al Decreto Legislativo n. 203 dell’8 Maggio 2003. L’iniziativa è promossa dall’Associazione “STUDI AMBIENTALI” in collaborazione con la società capofila del programma RECinert, per il recupero dei materiali inerti, e degli Ordini Professionali degli Ingegneri, degli Architetti e dei Geometri. La partecipazione è riservata ad amministratori e tecnici degli Enti Locali, Imprese e Professionisti. Il modulo di iscrizione e l’accredito per l’ingresso alla

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fiera è reperibile presso le segreterie degli Ordini Professionali o scaricabile dal sito www.studiambientali.org. Notevoli sono i vantaggi derivanti dal riutilizzo, in quanto si consente di ridurre lo smaltimento in discarica, di recuperare i rifiuti inerti in materiali idonei al reimpiego per la formazione di rilevati e sottofondi stradali, ai riempimenti di infrastrutture in rete, evitando con l’abbandono il degrado urbano oltre al notevole contenimento dell’uso di materiali naturali provenienti dall’attività estrattiva. Il progetto del “Programma RECinert” segna una svolta significativa per scongiurare dannosi e costosi smaltimenti in discarica e garantisce il ciclo completo del recupero: dalla raccolta al trasporto, stoccaggio, separazione e frantumazione, alla collocazione sul mercato dell’aggregato riciclato “RI-inerte”.

Il “RI-inerte”, prodotto conforme alla Circolare Min. Ambiente n. 5205/2005 ed iscritto al Repertorio del Riciclaggio presso il Ministero dell’Ambiente, è la nuova frontiera del riutilizzo dei materiali da costruzione e demolizione e risponde ai requisiti richiesti per l’applicazione da parte dei Comuni e degli Enti pubblici del Decreto Ministeriale n. 203/2003 (obbligo di coprire il fabbisogno con almeno il 30 per cento di materiale da riciclo nella realizzazione di opere pubbliche). L'idea ha ottenuto il riconoscimento dalla Direzione Generale di Legambiente "quale sistema concreto e innovativo per ridurre il degrado ambientale” e dall’Agenzia Europea dell’Ambiente (cfr. www.eea.europa.eu) quale iniziativa “rivolta contestualmente alla tutela ambientale e sviluppo sostenibile”.


UN GRIDO D’ALLARME PER LA RACCOLTA DIFFERENZIATA Focus sulle Regioni centro-meridionali per la difficoltà nel raggiungimento degli obiettivi con spreco di denaro, materiali ed impiantistica

N

ei mesi scorsi è stato presentato dall’ISPRA (ex APAT) l’undicesimo Rapporto Rifiuti, frutto di una attività di raccolta, analisi ed elaborazione dei dati, che conferma l’impegno dell’Istituto, la cui attività discende da specifici obblighi di legge che assegnano allo stesso il compito di organizzare e gestire la Sezione Nazionale del Catasto dei Rifiuti. Il Rapporto Rifiuti è anche uno strumento di diffusione dell’informazione ambientale al cittadino ed a tutte le diverse organizzazioni e strutture che operano nel tessuto sociale. Le informazioni si riferiscono all’anno 2007 per i rifiuti urbani ed all’anno 2006 per i rifiuti speciali. Dai dati disponibili si evidenzia che, per la prima volta, la produzione pro-capite dei rifiuti nel 2007, si è ridotta lievemente. Infatti, si è passati da 550 a 546 kg per abitante. Questo è l’unico dato positivo. La produzione complessiva è arrivata a circa 33 milioni di tonnellate. La raccolta differenziata evidenzia l’enorme divario tuttora esistente tra in Nord ed il Sud del Paese. Infatti mentre la media delle Regioni settentrionali è del 42%, nelle Regioni meridionali si ferma circa al 12%, mentre le Regioni del centro si assestano al 20,8%. Valutando il comportamento delle singole Regioni, dai dati ufficiali emerge che solo quattro Regioni settentrionali hanno raggiunto gli obiettivi prefissati (Lombardia, Piemonte, Trentino e Veneto) e tra queste il Trentino ed il Veneto hanno anticipato e superato anche l’obiettivo 2009. Tutte le altre sono abbondantemente sotto i limiti. Al Centro la Toscana ha superato di poco la soglia del 31% mentre nel

Meridione la Campania si assesta al 13%. Particolare è stato il risultato della Sardegna, che rispetto all’anno precedente ha migliorato di ben 7 punti percentuali, arrivando al 27,8%. Dalla situazione reale emerge il distacco esistente tra l’effettuato e gli obiettivi. La Direttiva Comunitaria n. 98/2008 prevede infatti qualità ed incremento degli obiettivi di riciclaggio mentre la normativa nazionale stabilisce la percentuale degli obiettivi per singolo Ambito Territoriale Ottimale. L’art. 205 del Testo Unico Ambientale stabilisce i termini per il raggiungimento degli obiettivi scaglionati al 35% entro il 31/12/2006, al 45% entro il 31/12/2008 ed al 65% entro il 31/12/2012. E’ evidente il distacco, nelle Regioni centromeridionali, tra il valore reale di raccolta effettuato ed il valore fissato dagli obiettivi. L’associazione “Studi Ambientali” ha analizzato i dati del Rapporto Rifiuti 2008 per fotografare il quadro generale. Nelle Regioni centro-meridionali si registra una produzione di rifiuti urbani pari a circa 15 milioni di tonnellate. Il raggiungimento degli obiettivi minimi di raccolta differenziata (35%) avrebbe consentito di differenziare 5.250.000 tonnellate evitando così di smaltire oltre 3 milioni di tonnellate rispetto a quanto raccolto (poco più di 2 milioni di tonnellate). Facendo invece una valutazione economica ed ambientale, da tale situazione emerge che il maggior costo di smaltimento dei rifiuti non differenziati è di circa 370 milioni di Euro (vedi tabella 1). Il Rapporto Rifiuti evidenzia inoltre che le quantità raccolte in modo differenziato sono inferiori alle quantità trattate dai singoli im-

pianti pertanto non si comprende la destinazione finale della differenza. Eccessivamente alta, inoltre, è la spesa che viene sostenuta annualmente per bonificare aree degradate lì dove non c’è interesse per il territorio oltre a precludere la possibilità di creare migliaia di posti di lavoro attuando un sistema di raccolta idoneo e che tuteli l’ambiente. Dal punto di vista ambientale, secondo l’Associazione, vi è un facile ricorso all’uso delle discariche abbreviandone la vita ed aumentandone i rischi oltre ad eliminare sotterrandoli, migliaia di tonnellate di prodotti recuperabili. Per questo il GRIDO D’ALLARME! Un grido d’allarme per lo spreco di circa 370 milioni di Euro! Un grido d’allarme per oltre 3 milioni di tonnellate di materiali non recuperati! Un grido d’allarme per migliaia di posti di lavoro! Un grido d’allarme per l’impiantistica giunta allo stremo! Di chi la colpa e chi dovrà dar conto di tutto questo? Gli Enti preposti ed interessati (Regioni, Province, Comuni, ATO Rifiuti) raccolgano il grido d’allarme ed attuino un’inversione di tendenza nella gestione dei rifiuti. OBIETTIVI DI RACCOLTA DIFFERENZIATA (Art. 205 del D.Lgs. 152/2006) Obiettivo

Percentuale

Periodo 31/12/2006

35%

31/12/2008

45%

31/12/2012

65%

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ASSOCIAZIONE STUDI AMBIENTALI

R.D.

t/anno

t/anno

TOSCANA

1.718.569

799.680

31,3

-3,70

63.587

7.630.440

UMBRIA

408.874

141.330

25

-10,0

40.887

4.906.440

MARCHE

676.275

183.392

21

-14,0

94.678

11.361.360

LAZIO

2.899.650

405.533

12,1

-22,9

664.019

79.682.280

ABRUZZO

564.776

129.839

18,6

-16,4

92.623

11.114.760

MOLISE

126.138

6.350

4,8

-30,2

38.093

4.571.160

CAMPANIA

2.439.569

385.120

13,5

-21,5

524.507

62.940.840

PUGLIA

1.937.947

191.100

8,9

-26,1

505.804

60.696.480

BASILICATA

224.147

19.856

8,1

-26,9

60.295

7.235.400

CALABRIA

828.069

86.293

9,1

-25,9

214.469

25.736.280

SICILIA

2.527.303

164.805

6,1

-28,9

730.390

87.646.800

SARDEGNA

620.215

240.470

27,8

-7,2

44.655

5.358.600

TOTALE

3.074.007

368.880.840

%

Differenza %/

Quantita-

Produzione RSU

REGIONE

obiettivo

tivo NON differenziato

Costo per NON differenziato

Tabella 1 - Quadro riepilogativo per Regione della raccolta rifiuti


vetrina

GEOSTREAM: TECNOLOGIA E KNOW-HOW AL SERVIZIO DELL’AMBIENTE Geostream s.r.l. è un’azienda italiana nata con l’obiettivo di offrire soluzioni e tecnologie per la bonifica di suoli ed acque di falda. Ad oggi, un elevato grado di specializzazione nel settore della progettazione e produzione di impianti per la bonifica e messa in sicurezza, nonché la gestione e la conduzione di impianti su tutto il territorio, pone Geostream in una posizione di leader nel settore. La società opera in Italia con sede legale ed operativa in Tarcento (UD). Geostream s.r.l. offre una vasta gamma di prodotti per le bonifiche ambientali quali: sistemi di pompaggio e trattamento acque (Pump&Treat), impianti di iniezione vapore (Steam Injection), combustori catalitici, separatori acqua/olio, sistemi di strippaggio acque (Stripping), impianti di alto-vuoto (Bio-Slurping) – estrazione multifase (MPE), pompe pneumatiche e pompe selettive (Skimmer). Tutti gli impianti Geostream sono versatili, di facile trasporto e installazione. La società opera in modo da identificare tutti i possibili scenari di fattibilità e di rischio al fine di ridurre ritardi e imprevisti di “campo”. La società è composta da uno staff di professionisti, esperti in montaggio meccanico, saldatura, sistemi elettrici, software PLC e gestione attività. Offre inoltre servizi di campionamento, monitoraggio ed intermediazione rifiuti.

ALLU: le Benne Vagliatrici e Disgregatrici e il Sistema di Stabilizzazione di Massa La Rammit S.p.A., con sede in Ariccia (RM), è distributrice in esclusiva per l’Italia dei prodotti della ALLU Finland OY, progettati e costruiti con una particolare attenzione per la salvaguardia dell’ambiente. Le Benne Vagliatrici e Disgregatrici ALLU, da montare su escavatori e pale gommate, sono dei macchinari versatili e facili da usare con qualsiasi tipologia di materiale, anche umido, in grado di vagliare e disgregare terreni inquinati e quindi di prepararli alle fasi successive dei trattamenti di decontaminazione. La gamma di Benne Vagliatrici e Disgregatrici ALLU Serie SM e SC si è arricchita quest’anno della nuova Benna Vagliatrice ALLU Serie D. La Benna Vagliatrice Serie D si distingue per il nuovo design “disk in disk”, ossia disco in disco, che, insieme ad una spaziatura fra i dischi più ridotta (15 o 25 mm a seconda del modello), è in grado di garantire una vagliatura più fine ed accurata del terreno e dei materiali di scarto, favorendone così il riciclaggio e il riutilizzo. Il Sistema di Stabilizzazione di Massa effettuato con i macchinari ALLU PM-PF, mediante la miscelazione all’interno di terreni incoerenti di agenti leganti, rappresenta un metodo rapido ed economico per il consolidamento dei terreni, per il trattamento di stabilizzazione/solidificazione dei siti contaminati o come intervento conclusivo di altre forme di bonifica. Il Sistema di Stabilizzazione ALLU è composto dalle unità ALLU PF Pressure Feeder, di capacità massima di 14 m3, ed ALLU PM Power Mix, un accessorio per escavatori di lunghezza massima di 5 m. Il primo può stipare e pressurizzare fino ad 8 bar diversi agenti leganti quali calce o cemento, i quali vengono iniettati nella massa da trattare secondo dosaggi estremamente accurati (monitorati da ALLU DAC Data Acquisition System) attraverso ugelli posti nella testa fresante di ALLU PM.

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vetrina

Ismes Divisione Ambiente e Territorio: eccellenze nella salvaguardia dell’ambiente ISMES Divisione Ambiente e Territorio di CESI S.p.A. vanta un marchio storico che da oltre cinquant’anni è sinonimo di eccellenza nel fornire servizi di ingegneria per la difesa del territorio, la mitigazione dei rischi naturali, la sicurezza delle strutture e la salvaguardia dell’ambiente Ciò consente a CESI, che già detiene un ruolo di leadership nel settore elettrico, di offrire ai propri Clienti servizi e consulenze a tutto campo e per ogni esigenza. ISMES offre servizi e prodotti alle Imprese, all’Industria ed alla Pubblica Amministrazione nel campo della pianificazione, sviluppo e riqualificazione del territorio; della qualità dell’ambiente; della gestione ambientale degli impianti industriali; della localizzazione e della progettazione civile di impianti di generazione da fonti rinnovabili; della progettazione di strutture civili complesse. Tali prodotti e servizi riguardano: • la valutazione della qualità dell’aria, delle acque e dei suoli; • la predisposizione dei piani di gestione dei bacini; • la caratterizzazione di siti contaminati e la progettazione degli interventi di bonifica; • gli studi di impatto ambientale; • i sistemi di monitoraggio territoriale e strutturale; • l’analisi del rischio sismico di edifici e grandi strutture.

Diemme Filtration si aggiudica AMORAS: Un progetto per la salvaguardia del porto di Anversa Diemme è stata incaricata da SeReAnt (Joint venture tra Dredging International-Deme Environmental Contractor-Jan De Nul-ENVISAN) per la realizzazione di un’importantissima fornitura di Filtri Pressa a Membrana per il progetto AMORAS. Il progetto sarà una soluzione definitiva ed ecologica per lo stoccaggio e il riciclaggio del materiale dragato nel porto di Anversa, uno dei più importanti al mondo, in modo da garantire un sufficiente passaggio al traffico navale. Il progetto AMORAS si compone di diverse fasi (dragaggio, dissabbiamento, separazione solido/liquido, purificazione dell’acqua, ecc). Diemme fornirà i filtri pressa per la fase più importante: l’impianto di disidratazione meccanica. Questa fornitura, che si attesta nel segmento alto dei contratti stipulati da Diemme Filtration, tra i 10 e i 15 Mil. di euro, consiste in 12 filtri pressa a membrana mod. GHT 2000, in grado di disidratare fino a 6000 t/anno (in termini di secco) del materiale dragato. Questi 12 filtri sono unità enormi, ognuna capace di contenere fino a 211 piastre da 2x2 m corrispondenti a una superficie di filtrazione vicina a 1500 m2. La duratura esperienza nel settore della disidratazione fanghi, la capacità di produrre macchinari di grandi dimensioni in tempi ristretti, alta affidabilità e tecnologia all’avanguardia sono stati solo alcuni dei punti di forza grazie ai quali Diemme ha sbaragliato la concorrenza.

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convegni

TRA POLIMERI TRADIZIONALI E BIOPLASTICHE, LA TERZA VIA: LA PLASTICA RICICLATA

Milano Fiori Assago (MI) 22 Settembre

Un interessante convegno organizzato da Federazione Gomma Plastica con la collaborazione di IPPR rivolto a tutte le imprese riciclatrici di rifiuti plastici, produttrici di manufatti ottenuti mediante l’impiego di materiali polimerici riciclati ed interessate allo sviluppo delle politiche di riduzione dei rifiuti e di valorizzazione dei polimeri da riciclo. www.federazionegommaplastica.it

Bonifiche e rigenerazione urbana: sinergie tra pubblico e privato

Ferrara 23 settembre

Le aree dismesse sono oggi un'importante risorsa immobiliare e sociale perché si trovano in punti centrali e strategici delle nostre città; per questa ragione il mercato della bonifica ambientale di aree contaminate dismesse sta assumendo un ruolo sempre più importante nella rigenerazione urbana. La relazione tra piano di caratterizzazione dell’area, progetto di bonifica e progetto urbanistico, le priorità nelle attività di bonifica e demolizione, gli strumenti urbanistici ed attuativi, la ricerca dei finanziatori, il controllo dei costi di bonifica e le sinergie tra pubblico e privato sono le tematiche che verranno approfondite nel corso dell’incontro lasciando la parola agli esperti del settore: pubbliche amministrazioni, società immobiliari ed operatori del settore. www.ecoera.it

The International Symposium on contaminated soils and sediments

Ferrara dal 23 al 24 settembre

Il Simposio Internazionale sarà articolato in tre sessioni di mezza giornata che avranno come tema: i sedimenti contaminati; le tecnologie di bonifica per suoli e acque sotterranee; le tecnologie di bonifica, ripristino ambientale ed analisi di rischio. In ciascuna sessione verranno presentati attività e casi applicativi da parte di relatori internazionali al fine di illustrare la situazione del settore in Europa ed in Nord America. Il Simposio si svolgerà all’interno di Remtech 2009, il terzo Salone sulle bonifiche dei Siti Contaminati e sulla riqualificazione del territorio che si terrà a Ferrara Fiere dal 23 al 25 settembre. www.remtechexpo.com

Ravenna2009: Rifiuti, acqua, energia. Sostenibilità e innovazione, città e territorio

Ravenna dal 30 settembre al 2 ottobre

Partendo dalla positiva esperienza di “Ravenna2008” anche quest’anno si svolgerà il festival su rifiuti, acqua, energia. Saranno tre giorni di incontri di tipo informativo – formativo dedicati alle tematiche tecnico-economiche con un ricco programma di eventi culturali. La manifestazione, basata su un mix efficace tra centro storico/territorio e integrazione/sviluppo delle tematiche rifiuti-acqua-energia, presenterà innovazioni di settore e casi di best practice con il coinvolgimento di enti locali ed associazioni per eventi culturali. www.ravenna2009.it

Sardinia 2009

S. Margherita di Pula (Ca) dal 5 al 9 ottobre

La dodicesima edizione del Sardinia Symposium si articola in un programma della durata di 5 giorni, dal 5 al 9 ottobre, e include due sessioni generali, cinque sessioni specializzate e workshop per un totale di sette sessioni parallele in lingua inglese. In questa edizione è inoltre in programma una sessione interamente in italiano. I lavori accettati sono stati selezionati in base alla qualità da un gruppo di Referee Internazionali, da un totale di quasi 800 abstract pervenuti da 62 paesi del mondo. www.sardiniasymposium.it

Settimana Europea per la riduzione dei rifiuti

Italia Dal 21 al 29 novembre

European Week for Waste Reduction (EWWR). Un evento chiave per promuovere azioni sostenibili volte alla prevenzione dei rifiuti e per porre in evidenza l’impatto dei nostri consumi sull’ambiente e sui cambiamenti climatici. L'evento si terrà dal 21 al 29 novembre 2009 in tutta Italia. Segreteria organizzativa: silvia.musso@cooperica.it

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libri

Diritto Ambientale. principi, norme, giurisprudenza a cura di claudia Pasqualini Salsa

Maggioli Editore (pagine 694 - € 40,00)

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on questa nuovissima nona edizione, tempestivamente aggiornata e completamente revisionata, il Manuale di Claudia Pasqualini Salsa, Avvocato cassazionista, esperto in diritto e legislazione ambientale, giornalista pubblicista, autore di volumi e docente in materia di diritto ambientale, si conferma testo di particolare gradimento per gli operatori del settore. Di grande valore pratico, è l'unico manuale ad esaminare in modo organico e lineare l'intera normativa ambientale, riuscendo ad evidenziarne i fondamenti, i principi e le regole in 694 pagine. L'esposizione, completata nella trattazione delle singole tematiche dall'apporto delle più recenti e significative pronunce giurisprudenziali, si presenta così suddivisa in undici dettagliate sezioni, affrontando in maniera esaustiva tematiche che fanno dalla gestione dei rifiuti all’inquinamento del suolo e delle acque. Le più recenti e significative pronunce della giurisprudenza ed un sapiente estratto del D.Lgs. 152/2006 completano la trattazione di ogni singola tematica.

Riciclicittà. Riuso delle aree dismesse e cultura del costruire a cura di Diana Alessandrini

Palombi Editore (pagine 143 - € 14,00)

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l tema del recupero delle aree dismesse ha conquistato anche in Italia la scena urbanistica ed architettonica; l’intero testo ripercorre il tema cardine dell’espansione consapevole delle aree urbane dismesse stimolando criticamente il lettore stesso sulle possibili trasformazioni di quelle architetture del passato che conservano il fascino, ma non più la loro funzionalità. La parola d'ordine è riciclare per evitare che le città del terzo millennio, sempre più affollate, dilaghino sul territorio, diventando delle monster city. "Riciclare per contenere le città nell’era dell'emergenza rifiuti" per evitare che in un prossimo futuro la Terra faccia la fine di una discarica. Insomma per "curare" le megalopoli, sfiancate dalla presenza dell'uomo, bisogna riciclare anche i vecchi e buoni insegnamenti di una volta, cominciando a programmare l'urbanistica, costruire con qualità, restaurare, rifunzionalizzare. Riciclicittà è un viaggio attualissimo tra i mali delle metropoli dell’Italia e non solo per capire qual è il nostro presente ma per scoprire come sarà il nostro futuro.

Rifiuti da costruzioni demolizioni e scavi. Guida alla corretta gestione - Obblighi e sanzioni - Normativa vigente a cura di Biancamaria De Rosa, Stefano Cicerani, Nicola Giovanni Grillo

Geva edizioni (pagine 200 - € 28,00)

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uesto manuale pratico, frutto dell’esperienza degli autori, è nato con lo scopo di costituire per le imprese del settore una guida sugli adempimenti e sulle procedure da seguire da chi opera nel cantiere per garantire la corretta gestione dei rifiuti. Ai singoli adempimenti ed alla gestione dei rifiuti in cantiere sono dedicate schede tematiche con un’interessante sintesi del quadro sanzionatorio ridisegnato dal nuovo decreto sulla sicurezza. Particolare attenzione è stata, inoltre, dedicata agli aspetti amministrativi e gestionali inerenti terre e rocce da scavo, in relazione alla possibilità della loro esclusione dal regime dei rifiuti. La pubblicazione si propone quindi come una pratica guida per la corretta applicazione delle norme sui rifiuti di costruzione, demolizione e scavo per tutte le imprese operanti nel settore edile, civile e per i consulenti ambientali.


The International Symposium on Contaminated Soils and Sediments R

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CD contenente i 42 atti del Simposio Internazionale


agosto - settembre 2009 anno II numero 5

SITI DI INTERESSE NAZIONALE Carbochimica: dalla nascita del polo industriale alla bonifica SITI CONTAMINATI La situazione nella provincia di Ferrara, patria di RemTech SCOMPUTO DEI COSTI DI BONIFICA Analizziamo la nuova legge regionale lombarda SPECIALE ANALISI DI RISCHIO Aspetti normativi e tecnici di un’importante fase dell’iter di bonifica

agosto - settembre 2009


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