N°46
M A R Z O 2019
www.recoverweb.it
Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 12 n. 46 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino
È TEMPO DI BAUMA, LA FIERA DEL SETTORE DELLE MACCHINE MOVIMENTO TERRA PIÙ GRANDE AL MONDO
RICICLAGGIO E NUOVE SOLUZIONI PER IL RECUPERO E LO SMALTIMENTO DELLE MATERIE PLASTICHE
DAGLI INVESTIMENTI NELLA GREEN ECONOMY AL RILANCIO DELL’OCCUPAZIONE IN ITALIA
ROBOT DA DEMOLIZIONE AL LAVORO NEL PROGETTO DELLA GARE LA DEFENSE A PARIGI
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S O M M A R I O S OM M A R I O
RUBRICHE
News 4 Nad 85 Appuntamenti 87
PRIMO PIANO
di Massimo Viarenghi
ATTUALITÀ
Nessuno vuole la verità
di Emilio Guidetti
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Genova volta pagina 21 di Bruno Vanzi
Il settore delle bonifiche si è incontrato a Brescia
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2017: meno rifiuti, inceneritori e discariche
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di Mentore Vaccari
di Bruno Vanzi
PANORAMA AZIENDE
Il trattamento dei rifiuti nel Sud del mondo di Maria Beatrice Celino
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Plastica, pericolosa per l’ambiente se non raccolta e trattata
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di Laura Veneri
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Sempre avanti
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di Maria Beatrice Celino
WORK IN PROGRESS
Robot da demolizione al lavoro a Parigi per la gare La Défense
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Il nuovo impianto di Cavaglià
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La demolizione delle Aule Rosse, il piccolo ecomostro di Parma
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di Bruno Vanzi
di Laura Veneri
di Valentina Salati
PROGETTI E TECNOLOGIE
Upgrading del biogas e liquefazione della CO2 e del biometano di Laura Veneri
Nuovo impianto di sperimentazione e ricerca per il trattamento dei rifiuti
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Bauma, senza rivali
di Maeva Brunero Bronzin
Dalla green economy il rilancio dell’occupazione in Italia
di Maria Beatrice Celino
SPECIALE
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NORMATIVA
Appalti: avvalimento e certificazioni anche ambientali
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I nuovi obblighi per impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti
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di Cinzia Silvestri
di Rosa Bertuzzi e Andrea Tedaldi
RIFLESSIONI SUL PROBLEMA DEI RIFIUTI IN ITALIA, TRA PROMESSE NON MANTENUTE, IMPIANTI CHE NON CI SONO E LE IMMANCABILI QUESTIONI POLITICHE
14 GENOVA VOLTA PAGINA GRAZIE ALL’INIZIO DELLE OPERAZIONI DI DEMOLIZIONE E SMONTAGGIO DEL VIADOTTO MORANDI A SEGUITO DEL CROLLO DEL 14 AGOSTO SCORSO
21 INAUGURATO A CAVAGLIÀ IN PROVINCIA DI BIELLA IL NUOVO IMPIANTO PER LA SELEZIONE E IL RECUPERO DELLA PLASTICA DI A2A
66 ANALISI DELL’ART. 26-BIS DEL D.L. 113/2018 E DELLE RECENTI CIRCOLARI ESPLICATIVE CHE IMPONGONO NUOVI OBBLIGHI PER GLI IMPIANTI DI STOCCAGGIO E LAVORAZIONE DEI RIFIUTI
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NEWS GLI INVESTIMENTI DELLE IMPRESE INDUSTRIALI PER LA PROTEZIONE DELL’AMBIENTE
NASCE IL REGISTRO ELETTRONICO NAZIONALE PER LA TRACCIABILITÀ DEI RIFIUTI
Secondo il recente report ISTAT pubblicato all’inizio di marzo, risulta che nel 2016 si è registrata una moderata crescita pari a 1.437 milioni di euro (+2,3% rispetto al 2015) degli investimenti realizzati delle imprese industriali per la protezione dell’ambiente. Le imprese di piccola e media dimensione sono le più attive con un incremento del +12,9%, per le grandi imprese si registra invece una lieve flessione pari a -0,4%. La quota di investimenti fissi lordi destinati alla protezione dell’ambiente si è ridotta nell’industria (3,9% rispetto a 4,1% del 2015) e in misura ancora più contenuta nella manifattura (1,9%, -0,1 punti percentuali). Il rapporto rileva che gli investimenti per la protezione dell’ambiente sono ancora prevalentemente orientati verso impianti e attrezzature di tipo end-of-pipe, ossia volti a rimuovere l’inquinamento già causato (956 milioni di euro), anche se si registra una flessione del 2,3% rispetto al 2015. La crescita è modesta ma il peso degli investimenti in tecnologie più avanzate (481 milioni di euro) è invece in netta espansione sul 2015 (+12,9%).
“Il Sistri è stato uno dei più grandi sprechi nella gestione dei rifiuti speciali” queste sono le parole con cui il Ministro dell’Ambiente Costa ha definitivamente chiuso il capitolo Sistri, un sistema che non è mai entrato effettivamente in funzione, ma che ha comportato costi, per le imprese e per lo Stato, che hanno superato i 141 milioni di euro. Con la Legge 12/2019, che ha convertito il D.L. 135/2018, il cosiddetto Decreto Semplificazioni, il Sistri è stato ufficialmente soppresso. La stessa Legge però ha anche introdotto un nuovo sistema di tracciabilità grazie all’istituzione del Registro elettronico nazionale per la tracciabilità dei rifiuti, un nuovo Sistri potremmo dire, sempre se questa definizione non portasse già con sé un giudizio implicito negativo legato al suo predecessore… Il Registro sarà gestito direttamente dal Ministero dell’Ambiente e i soggetti tenuti a iscriversi sono gli enti e le imprese che effettuano il trattamento dei rifiuti, i produttori di rifiuti pericolosi, gli enti e le imprese che raccolgono o trasportano rifiuti pericolosi a titolo professionale o che operano in qualità di commercianti e intermediari di rifiuti pericolosi, i Consorzi istituiti per il recupero e il riciclaggio di particolari tipologie di rifiuti e, con riferimento ai rifiuti non pericolosi, i soggetti di cui all’articolo 189, comma 3, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Le modalità di gestione e funzionamento del Registro elettronico nazionale, così come le modalità di iscrizione e gli adempimenti cui sono tenuti i diversi soggetti, dovranno essere definite con decreto da parte del Ministero dell’Ambiente. Al momento si hanno due certezze: la prima è che l’iscrizione al Registro comporterà un contributo annuale da parte degli iscritti e la seconda è che la violazione dell’obbligo di iscrizione, e il mancato versamento del contributo, comporteranno sanzioni amministrative pecuniarie. Fino alla piena operatività del nuovo sistema restano in vigore gli adempimenti previgenti, per il resto attendiamo, fiduciosi.
Nel 2016 si registra una nuova diminuzione della spesa per la gestione dei rifiuti (-5,7 punti percentuali). Più di un terzo della spesa è destinato alle attività di protezione e recupero del suolo e delle acque di falda e superficiali, nell’abbattimento del rumore, nella protezione del paesaggio e dalle radiazioni, nelle attività di ricerca e sviluppo finalizzate alla protezione dell’ambiente (39,0% del totale), e nella gestione delle acque reflue (33,6%). Le attività più inquinanti restano petrolio e metallurgia: quasi il 50% della spesa per investimenti ambientali nel settore manifatturiero proviene dalla fabbricazione di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio (18,4%), dalla metallurgia (18,1%) e dalla fabbricazione di prodotti chimici (13%). Ma rispetto al 2015 tale quota si riduce del 10%, segnalando una maggiore differenziazione settoriale negli investimenti per la tutela ambientale.
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ECONOMIA CIRCOLARE A PORTO MARGHERA Syndial - società ambientale di Eni - e Veritas - multiutility che effettua la raccolta, la valorizzazione e il trattamento dei rifiuti nel territorio veneziano - hanno firmato in marzo un protocollo di intesa per la progettazione e la realizzazione congiunta di un impianto industriale che trasformerà la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU) in bio olio e bio metano in un’area dismessa e bonificata del petrolchimico di Porto Marghera. Nell’impianto, che verrà realizzato da Syndial su un’area di proprietà, confluiranno 100mila tonnellate/anno di FORSU e altre frazioni di scarti a matrice umida provenienti dalla raccolta differenziata dell’area metropolitana di Venezia e dal mercato di settore fornite da Veritas.
La tecnologia Waste to fuel che verrà applicata è frutto della ricerca messa a punto nel Centro Eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara ed è già stata sperimentata in un impianto pilota avviato lo scorso dicembre a Gela. Questa tecnologia innovativa consente di replicare in poche ore, in un impianto industriale a basso impatto ambientale, un processo che la natura compie in milioni di anni, cioè trasformare biomasse preistoriche in energia tramite la produzione di bio olio e bio metano. Il bio olio sarà impiegabile direttamente come combustibile, privo di zolfo, per i mezzi navali oppure inviato a un successivo stadio di raffinazione per la produzione di biocarburanti da impiegare nei trasporti. Inoltre l’acqua recuperata dal trattamento del rifiuto umido (pari a circa il 70%), sarà utilizzata per usi industriali e irrigui. Per la realizzazione del progetto le due società stimano che sarà necessario un investimento che si aggira intorno ai 60 milioni di euro, condizionato dall’ottenimento delle autorizzazioni; l’impianto potrà trattare fino a 150mila tonnellate/anno di rifiuti organici, e potrebbe impiegare almeno 40 risorse, fra addetti diretti e indiretti a impianto in marcia, a cui si aggiungono le imprese terze per i lavori di costruzione.
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NEWS DDL “CANTIERE AMBIENTE”: LA MESSA IN SICUREZZA DAL RISCHIO IDROGEOLOGICO Nell’ambito del piano “Proteggi Italia” per la protezione e messa in sicurezza del territorio - che prevede l’impiego di undici miliardi di euro per interventi contro il dissesto idrogeologico nel triennio 2019-2021 -, il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa ha presentato il DDL “Cantiere ambiente”, un piano dettagliato che vuole riordinare il sistema affastellato di disposizioni normative e razionalizzare risorse e poteri.
Per far fronte all’oggettivo ritardo nella progettazione da parte delle regioni è stata elaborata una vera e propria legge quadro che vede il Ministero dell’Ambiente al centro della progettazione e realizzazione delle opere, come un hub che si interfaccia con le regioni e le altre istituzioni competenti. Il ddl prevede che entro 60 giorni vengano definiti i cantieri da aprire attraverso conferenze di servizio con le autorità di bacino e i commissari. Il finanziamento dei progetti cantierabili viene coperto con il sistema degli acconti garantiti, che dovrebbe semplificare e ridurre i trasferimenti: il 30% dell’importo indicato viene immediatamente erogato, mentre le tranches successive verranno corrisposte in relazione allo stato di avanzamento dei lavori. Viene introdotta la figura del green manager, il referente, presso la pubblica amministrazione, dell’implementazione ambientale così come i NOS, i nuclei di supporto operativo, figure tecniche che vengono attivate su richiesta delle regioni. Presso il Ministero viene creata una struttura tecnica operativa che, in coordinamento con la cabina di regia di Palazzo Chigi, assiste la fase progettuale e cammina al fianco dei Commissari. Il portale ReNDiS (Repertorio Nazionale degli interventi per la Difesa del Suolo), sviluppato a partire dal 2005, verrà utilizzato come database ma non più come algoritmo che determina le priorità dei progetti evitando di lasciar fuori dalla scala di priorità i piccoli centri abitati.
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IL DISTRETTO DEL CUOIO ENTRA NELL’ECONOMIA CIRCOLARE Lo storico distretto conciario di Santa Croce sull’Arno entra in un circuito virtuoso di economia circolare grazie a un accordo d’intesa siglato da Regione Toscana, Associazione Conciatori e Rea impianti. Il distretto, 330,44 km² al confine tra le provincie di Pisa e Firenze, è specializzato nella produzione di cuoio, calzature e articoli in pelle. Il suo indotto è caratterizzato dalla presenza di ditte specializzate in prodotti chimici per la concia. Attualmente vengono conferite in discarica 50mila tonnellate di scarti prodotti da conciatori e pellettieri; 20mila tonnellate di carniccio e rasature vengono recuperate per produrre concimi, inoltre la lavorazione produce 70mila tonnellate di fanghi. L’accordo vuole favorire la realizzazione di investimenti finalizzati alla riduzione della quantità di rifiuti fino a eliminare lo smaltimento in discarica di fanghi di depurazione e di scarti della lavorazione conciaria per ricavare concime organico di alta qualità e conglomerati bituminosi e cementizi. Gli impianti di depurazione e quello di trattamento fanghi siti a Santa Croce varranno potenziati. L’impianto di trattamento dei sottoprodotti di origine conciaria sarà modificato in modo che dalla linea di lavorazione del carniccio si possa recuperare la quasi totalità del grasso e ottenere un nuovo concime solido organofosfatico. Per risparmiare energia termica sarà installato un impianto di nanofiltrazione per la parziale concentrazione dell’idrolizzato da carniccio. La linea di lavorazione delle rasature al cromo verrà modificata in modo tale da recuperare tutto il cromo - da reinserire nel ciclo conciario tramite l’impianto di trattamento cromo gestito da Aquarno spa - e ridurre di più dell’85% i residui da inviare in discarica. Nell’attesa che vengano realizzati i nuovi impianti (fase transitoria quantificata in tre anni) l’accordo assicura lo smaltimento dei rifiuti non recuperabili prodotti presso la discarica di Scapigliato (Cecina) di Rea Impianti. La Regione Toscana s’impegna ad assicurare la conclusione dei procedimenti amministrativi necessari per la realizzazione degli impianti a servizio delle aziende rappresentate dall’Associazione dei conciatori, mentre un Tavolo coordinato dall’assessore all’ambiente Federica Fratoni presidierà costantemente le fasi di attuazione del protocollo d’intesa.
FIRMATO L’ACCORDO PER IL SIN DELLA VALLE DEL SACCO Il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti e il Ministro dell’Ambiente Sergio Costa hanno firmato il 7 marzo scorso un accordo di programma per il risanamento del SIN della Valle del fiume Sacco. L’accordo prevede lo stanziamento di oltre 53 milioni di euro che verranno suddivisi in 29,7 milioni destinati a interventi di immediata attuazione e circa 24 milioni per attività da programmare e realizzare entro il 2023. La Regione Lazio gestirà tutti gli aspetti tecnici e finanziari degli interventi di bonifica e potrà ricorrere sia alla forma della gestione diretta sia all’affidamento di prestazioni di servizio e di lavori all’esterno, incluse le proprie società in house nel rispetto delle disposizioni comunitarie e nazionali in materia. Il Comitato di Indirizzo e Controllo, composto da un rappresentante del Ministero e tre rappresentanti della Regione, di Ispra e di Arpa Lazio, avrà il compito di garantire un’adeguata azione di governance e controllo sullo sviluppo degli interventi. Nel documento sono state ripartite le risorse
per realizzare i piani di caratterizzazione e la messa in sicurezza permanente di 10 siti in provincia di Frosinone e 2 nel comprensorio industriale di Colleferro. La bonifica è prevista solo per la Caffaro (1,2 milioni). 1,7 milioni di euro sono stati destinati per il monitoraggio acque per uso potabile, irriguo e domestico; 4 milioni di euro per la caratterizzazione delle aree agricole ripariali e 960mila euro per un programma di valutazione epidemiologica nei Comuni che ricadono nel SIN. Per l’ex discarica di via Le Lame a Frosinone per il momento sono richiesti degli interventi di manutenzione sulle opere di Messa in Sicurezza di Emergenza già effettuate, e verrà completata la caratterizzazione. 2,9 milioni di euro sono stati stanziati per l’ex Polveriera di Anagni. Per i tre siti nel comune di Ceccano: 1,3 milioni sono destinati per all’ex Snia BPD Bosco Faito; un milione per all’ex Annunziata e 972mila euro all’ex cava Anime Sante. 1,4 milioni sono stati previsti per l’ex Cartiera di Ferentino e 561mila euro per i Ponti della Selva di Paliano. La scelta di suddividere i fondi destinati fra interventi di immediata attuazione e interventi da programmarsi e il mancato coinvolgimento dei cittadini sulle scelte relative alla reindustrializzazione previsti dall’accordo non hanno mancato di suscitare polemiche.
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DALLA GREEN ECONOMY IL RILANCIO DELL’OCCUPAZIONE IN ITALIA AGLI STATI GENERALI DELLA GREEN ECONOMY 2018 IL TEMA CENTRALE È L’OCCUPAZIONE: PUNTARE E INVESTIRE SULLO SVILUPPO DELLA GREEN ECONOMY IN ITALIA PUÒ GENERARE LA CREAZIONE DI NUOVI POSTI DI LAVORO di Massimo Viarenghi
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n occasione dell’ultima edizione di Ecomondo a Rimini si sono riuniti per il settimo anno consecutivo gli Stati Generali della Green Economy, promossi dal Consiglio Nazionale della Green Economy, composto da 66 organizzazioni di imprese rappresentative del settore in Italia, in collaborazione con il Ministero dell’Ambiente. L’evento, organizzato anche con il supporto tecnico della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, ha sottoposto ai rappresentanti del Governo e del Parlamento un documento con le priorità per la XVIII legislatura per avviare uno sviluppo più solido, robusto ed esteso della green economy italiana e dell’occupazione green.
La green economy, secondo l’UNEP (United Nations Environment Programme), è un generatore netto di posti di lavoro. A livello globale, ad esempio, l’industria del solare fotovoltaico ha registrato anche nel 2017 un ulteriore record rispetto agli anni pre-
cedenti, con l’occupazione aumentata dell’8,7% e, secondo l’Agenzia internazionale per l’energia, l’azione per il clima determinerà una creazione netta di circa 18 milioni di posti di lavoro a livello mondiale entro il 2030 rispetto al percorso business-as-usual.
DAVIDE CRIPPA, SOTTOSEGRETARIO MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO “È evidente oggigiorno che il rapporto tra imprese e ambiente stia cambiando. Nei loro modelli di business, le imprese stanno sempre più inserendo la tematica ambientale, non a caso in Italia le aziende green rappresentano il 27% del totale, percentuale che sale al 33,8% nell’ambito dell’industria manifatturiera”.
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EDO RONCHI, PRESIDENTE FONDAZIONE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE “Con questa relazione ci proponiamo di intervenire nel dibattito nazionale, ed europeo, sull’aumento degli investimenti – pubblici e privati – necessari per dare consistenza, stabilità e sostenibilità alla ripresa economica e all’aumento dell’occupazione. Sulla necessità che gli investimenti, pubblici e privati, debbano aumentare c’è in genere ampio consenso. Minore è invece la riflessione, il dibattito pubblico, su quali debbano essere gli investimenti. I vantaggi economici di questi investimenti green sono molteplici: il primo riguarda i costi evitati dell’inquinamento e di altri impatti ambientali; il secondo la capacità di queste scelte green di attivare, con investimenti pubblici, effetti moltiplicatori anche di quelli privati; il terzo vantaggio sta nella capacità di utilizzare e promuovere innovazione, diffusione di buone pratiche e buone tecniche. La grande partecipazione agli Stati Generali della Green Economy 2018 conferma la vitalità della green economy italiana. Ora ci aspettiamo che la politica sappia interpretare questa forte spinta e contribuisca con scelte normative adeguate, a partire dall’urgente ridefinizione dell’end of waste”. Sono stati quattro i temi principali di questa settima edizione: • le città, laboratori della green economy; • le nuove direttive europee rifiuti e circular economy: indicazioni per il recepimento; • la mobilità futura: less, electric, green and shared; • la green economy nell’agricoltura italiana e la nuova politica agricola comune (PAC). La Relazione 2018 sullo stato della green economy, il documento introduttivo degli Stati generali, propone uno studio sugli impatti per l’economia e per l’occupazione delle seguenti 10 misure: a. rilanciare le fonti energetiche rinnovabili in attuazione dell’Accordo di Parigi; b. accelerare e rendere più incisivi gli interventi di riqualificazione energetica di abitazioni, scuole e uffici; c. realizzare un programma nazionale di rigenerazione urbana; d. sviluppare le diverse filiere del riutilizzo e del riciclo dei rifiuti in
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direzione dei nuovi obiettivi per l’economia circolare; rilanciare la spesa per la ricerca e lo sviluppo in materia ambientale;
attivare alcune misure strategiche per una mobilità sostenibile. L’insieme di queste misure di green economy, che richiederebbero in media tra 7 e 8 miliardi di investimenti pubblici annui per i prossimi cinque anni, sostiene la Fondazione, attiverebbe 21,4 miliardi di investimenti privati annui, generando un valore di produzione di 74 miliardi e in media 440mila nuovi posti di lavoro green ogni anno che, tenendo conto dell’indotto, arriverebbero a oltre 660mila. L’impatto occupazionale è stato calcolato per ciascuna misura di green economy individuata. I settori a più alto coefficiente occupazionale, considerando i prossimi 5 anni, sono le fonti rinnovabili con il 32% del totale degli occupati (circa 702.000 posti di lavoro diretti e indiretti), seguiti dall’agricoltura biologica e di qualità con il 18% del totale degli occupati (circa
ANDREA ORLANDO, COMMISSIONE TERRITORIO E AMBIENTE CAMERA DEI DEPUTATI “La green economy deve entrare pienamente nei tavoli in cui si decidono le politiche industriali. Dovrebbe entrare nel Ministero dello Sviluppo Economico più di quanto non sia già avvenuto. I prossimi piani industriali del paese devono essere concepiti guardando all’interesse primario della green economy”.
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riqualificare il sistema idrico nazionale; realizzare un programma di interventi per la riduzione del rischio idrogeologico; rafforzare l’agricoltura biologica, le produzioni agricole tipiche e di qualità e rilanciare la gestione forestale sostenibile; completare le bonifiche dei siti contaminati di interesse nazionale;
393.000 posti di lavoro, in questo caso solo diretti), dalla rigenerazione urbana con il 12% (circa 255.000 posti di lavoro), dall’efficientamento degli edifici con il 9% (oltre 197.000 occupati), dalla riqualificazione del sistema idrico con l’8% (circa 178.000 posti di lavoro) e dalla bonifica dei siti contaminati con il 5% (circa 117.000 posti di lavoro). Completano il quadro il settore rifiuti, incentrato sul passaggio dall’econo-
RAIMONDO ORSINI, DIRETTORE FONDAZIONE SVILUPPO SOSTENIBILE “I trend internazionali della green economy dipingono una situazione sia positiva che negativa. Negativa perché le pressioni ambientali, come la crisi climatica, che sta subendo il nostro paese sono sempre più veloci. Se guardiamo le emissioni a livello globale, anche dopo l’accordo di Parigi, notiamo che non c’è stata diminuzione ma c’è stato un aumento di CO2 e questo è negativo. I cambiamenti in atto non sono sufficienti a rallentare la crisi climatico-ecologica in corso. Un altro dato negativo riguarda il consumo di acqua, che cresce più velocemente rispetto alla crescita demografica. II dato positivo è che il 61% degli investimenti sulle energie è dedicato alle rinnovabili e che le previsioni per i veicoli elettrici sono in aumento”.
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mia lineare a quella circolare con il 5% degli occupati, la mobilità sostenibile e l’eco-innovazione entrambe con il 2% di posti di lavoro e infine la prevenzione del rischio idrogeologico con lo 0,7% degli occupati. La Relazione 2018 fornisce anche un aggiornamento sull’andamento dei settori strategici della green economy in Italia registrando eccellenze e cadute. L’Italia nel 2017 ottiene buoni “voti” in economia circolare (è prima fra i grandi Paesi europei), agricoltura bio-
MARIA ALESSANDRA GALLONE, COMMISSIONE TERRITORIO E AMBIENTE DEL SENATO “Ho scelto la Commissione Ambiente perché ritengo l’ambiente la tematica fondamentale per il nostro futuro. Dal primo giorno in Commissione ho chiesto al Ministro di porre attenzione prioritaria alla questione end of waste perché essenziale per la nostra economia”. logica e anche eco-innovazione, ma ha ancora molto da fare sul consumo di suolo, la tutela della biodiversità e la decarbonizzazione.
170 Mtep tra 2014 e 2017, segnalando una difficoltà delle politiche di efficienza energetica. Nel 2017 le fonti rinnovabili soddisfano il 17,7% del fabbisogno di energia. Dopo un periodo di crescita sostenuta tra il 2005 e il 2013, nell’ultimo quinquennio il progresso nelle rinnovabili è stato più moderato, anche se i dati del primo semestre del 2018, particolarmente piovoso, indicano che la produzione idroelettrica è tornata a crescere.
ECONOMIA CIRCOLARE E USO EFFICIENTE DELLE RISORSE
Per tasso di circolarità, l’Italia, con il 18,5%, è prima fra i cinque principali Paesi europei e ha una buona produttività delle risorse (misurata in euro di Pil per kg di risorse consumate) nell’ambito della quale è al secondo posto fra i cinque principali Paesi europei. Nel 2016 sono stati riciclati in Italia 13,55 milioni di tonnellate di rifiuti urbani, pari al 45% e questo permette all’Italia di posizionarsi al secondo posto in Europa dietro alla Germania, risalendo di una posizione rispetto al 2014, con un’ottima performance (67%) in particolare nel settore dei rifiuti d’imballaggio. Anche nel riciclo dei rifiuti speciali siamo fra i leader in Europa: nel 2016 sono state riciclate in Italia circa 91,8 Mt di rifiuti speciali, pari al 65% di quelli prodotti. Sulla base del contesto normativo eu-
SERGIO COSTA, MINISTRO DELL’AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE “L’Italia non è all’anno zero in green economy. Investire in green economy significa fare economia circolare e l’economia circolare deve sostituire l’economia lineare perché le risorse non sono illimitate. Nella Finanziaria abbiamo inserito misure per facilitare questo processo. Gli spunti che sono arrivati dalla Relazione presentata sono tanti: il 25% delle imprese italiane investe nel green e l’84% ha interesse a tutelare l’ambiente. La cosa interessante è che nella produzione dei rifiuti noi siamo molto virtuosi in Europa. L’Italia non ha mai avuto materie prime (a parte sole e vento) e ha inventato quella che oggi chiamiamo economia circolare prima che diventasse un vocabolo sulla bocca di tutti”. ropeo e dell’analisi dello stato dell’arte di riutilizzo, raccolta differenziata e riciclo delle frazioni di rifiuti, si possono definire le seguenti misure che l’Italia potrebbe sviluppare nei prossimi cinque anni. 1. Raggiungimento del 70% di raccolta differenziata in tutto il Paese. 2. Riutilizzo o preparazione per il riutilizzo del 10% medio delle frazioni merceologiche dei rifiuti urbani potenzialmente riutilizzabili:
EMISSIONI DI GAS SERRA
Secondo stime preliminari, nel 2017 le emissioni di gas serra in Italia potrebbero essere nuovamente cresciute, anche se di poco: in ogni caso negli ultimi quattro anni, con una modesta ripresa economica, il processo di decarbonizzazione nazionale, come anche nel resto d’Europa, sembra essersi fermato.
FONTI RINNOVABILI ED EFFICIENZA ENERGETICA
Nell’ultimo triennio, in concomitanza di una modesta ripresa economica, i consumi di energia sono tornati a crescere, passando da 166 Mtep a oltre
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7. Reimpiego
CATIA BASTIOLI, AMMINISTRATORE DELEGATO NOVAMONT “La plastica non è buona o cattiva ma si tratta di come utilizziamo le tecnologie e gestiamo le risorse. […] Dobbiamo diminuire la quantità e lavorare con saggezza sulle risorse. Pensiamo alla plastica. Tra 25 anni arriveremo a un miliardo di tonnellate di plastica. Non possiamo fare riciclo senza pensare il modo in cui produciamo gli oggetti”.
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imballaggi in vetro e in plastica, RAEE, tessili e ingombranti. Realizzazione di impianti di trattamento (aerobico, integrato anaerobico/aerobico e produzione di biometano) della frazione organica dei rifiuti urbani, necessari a soddisfare l’incremento di raccolta della frazione organica, e adeguamento impiantistico di almeno il 70% degli impianti di digestione aerobica e anaerobica già in esercizio. Riciclo degli imballaggi al 78% rispetto all’immesso al consumo, ripartito in modo proporzionale tra le sei filiere di materiali. Riciclo dell’85% di rifiuti da C&D calcolato rispetto ai rifiuti prodotti. Raccolta dei RAEE al 70% rispetto all’immesso al consumo.
e riciclo dei veicoli a fine vita al 90% calcolato rispetto ai veicoli trattati. 8. Recupero di materia degli pneumatici fuori uso al 60% rispetto al rifiuto gestito. Sulla base di queste ipotesi è stata calcolata la spesa complessiva (investimenti + costi di esercizio) che ammonta cumulativamente a 9,3 miliardi di euro nel quinquennio considerato.
ECO-INNOVAZIONE
Per quanto riguarda l’eco-innovazione, secondo l’indicatore Eco-IS (Eco-Innovation Scoreboard) l’Italia con un punteggio di 113 si posiziona al di sopra della media Ue28 di 100, al pari con l’Austria, ma dopo Svezia, Finlandia, Germania e Danimarca.
AGRICOLTURA
L’agricoltura biologica nel 2017 ha raggiunto 1,8 milioni di ettari, un incremento del 20% rispetto al 2016. Dopo la Spagna, l’Italia è il Paese europeo con la più ampia superficie di agricoltura biologica, davanti a Francia e Germania, e aumentano anche le produzioni agricole di qualità certificata che, a fine 2016, hanno raggiunto il valore di 15 miliardi.
TERRITORIO E CAPITALE NATURALE
Il consumo di suolo nel 2017 ha continuato ad aumentare al ritmo di 15 ettari al giorno: l’Italia resta fra i Paesi europei con la più alta percentuale di consumo di suolo in relazione alla superficie. Nonostante un patrimonio naturale tra i più importanti al mondo, la spesa per la protezione della biodi-
versità e del paesaggio in Italia è molto bassa e diminuita da 689 nel 2010 a 524,7 milioni nel 2017.
MOBILITÀ SOSTENIBILE
L’Italia è il Paese europeo dove circola la quota maggiore di mezzi con alimentazione diversa rispetto ai carburanti tradizionali (benzina e diesel) sul totale dei veicoli, il 12,7%, maggiore di quasi nove punti percentuali rispetto alla Germania. Il dato italiano è sostenuto dalla diffusione della flotta a gas (Gpl/metano), che con 3,16 milioni di veicoli (tra auto, veicoli commerciali leggeri e pesanti) rappresenta il 53% della flotta a gas europea. Ma non va altrettanto bene per i nuovi veicoli ecologici: nella top ten delle vendite del 2017 né nella categoria dei veicoli ibridi, né in quelli ibridi plug-in né in quelli elettrici figura un’auto prodotta in Italia.
FABRIZIO TUCCI, COORDINATORE GDL NAZIONALE ESPERTI DEL GREEN CITY NETWORK “L’azione principale che dobbiamo intraprendere per la dimensione delle green city che ad oggi rappresentano una realtà tutta da costruire, è fare propria la frase di Antonie Antoine De Saint-Exupéry “l’importante non è prevedere il futuro ma renderlo possibile”. Ma, perché cominciare proprio dalle città? 4 miliardi di abitanti su 7 vivono nelle città. Esse producono l’85% del PIL mondiale; erodono il 75% delle risorse; più dell’80% dei suoli sono sigillati in modo impermeabile e infine perdono il 40% dell’acqua prima di essere utilizzata. Questi sono solo alcuni dei numeri che rendono quanto mai necessario e impellente, intervenire”.
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NESSUNO VUOLE LA VERITÀ RIFLESSIONI CAUSTICHE SUL PROBLEMA DEI RIFIUTI IN ITALIA, TRA SLOGAN ACCATTIVANTI, PROMESSE NON MANTENUTE, IMPIANTI CHE NON CI SONO E LA POLITICA CHE NE FA TERRENO DI SCONTRO COME SE I RIFIUTI AVESSERO UN COLORE di Emilio Guidetti*
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essuno vuole la verità è un titolo preso in prestito da un mio concittadino: Germano Nicolini classe 1919 noto come il “Diavolo” il suo soprannome in battaglia, medaglia d’argento al valor militare. Germano Nicolini è stato protagonista di una vicenda giudiziaria durata molti anni a seguito dell’uccisione di un parroco, Don Pessina, e per il quale venne ingiustamente condannato a 22 anni di carcere, dieci scontati, e definitivamente riabilitato solo nel 1994. La vicenda, per me, ha un ulteriore significato conoscendo entrambi i figli dei protagonisti e avendo vissuto, seppur indirettamente, le fasi nelle quali il figlio dell’esecutore materiale ha spinto il padre a confessare per riabilitare il padre dell’amico che era stato ingiustamente accusato e condannato. Storie d’altri tempi si dirà; certamente lo sono ma danno il significato profondo alle parole amicizia, coraggio, onore. Ho scelto di prendere in prestito questo titolo perché rappresenta, in ben altro contesto e periodo, la scelta di molti cittadini, organizzazioni, esperti di varie materie sul tema dei rifiuti. Si preferisce affrontare in maniera romantica il problema facendosi convincere che le soluzioni sono racchiuse negli slogan “rifiuti zero”, “raccolta porta a porta”, “economia circolare” e molti altri che riempiono la bocca, i giornali e i convegni.
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PERCHÉ NON VOGLIAMO AFFRONTARE IL PROBLEMA?
calcolare l’imposizione fiscale necessaria a coprire i costi. L’ultima evoluzione della tassa rifiuti, poi tariffa è la TARIP la tariffazione puntuale che, in linea teorica, dovrebbe premiare i comportamenti virtuosi e penalizzare quelli meno virtuosi o palesemente scorretti. Il costo della gestione dei rifiuti non è quindi indipendente dai comportamenti dei cittadini di un territorio e dalla loro correttezza nei comportamenti che tengono nelle fasi di conferimento ai cassonetti, alle modalità di differenziazione del rifiuto, all’abbandono dei rifiuti o al conferimento scorretto. È abbastanza diffusa, purtroppo, la pratica della migrazione dei rifiuti da territori dove vi sono maggiori restrizioni (TARIP) a quelli dove si è ancora in un regime meno definito (tassa o tariffa), comportamenti scorretti che generano un incremento delle quantità in campo a Comuni che si vedono poi costretti a incrementare la tariffa ai propri cittadini anche se questi si sono comportati in modo corretto. Un’altra piaga, abbastanza evidente anche in territori evoluti, è quella dell’abbandono dei rifiuti che possiamo dividere in due categorie: • abbandono da pigrizia: quello di chi non riesce per non meglio precisate difficoltà motorie ad aprire il cassonetto e abbandona il sacchetto ai piedi del contenitore; • abbandono multiplo: quello di chi ha deciso di svuotare la cantina o il solaio e si sente in diritto di abbandonare pneumatici, rottami edili, plastiche varie lungo le strade o nei campi adiacenti. Questi fenomeni, evidentemente censurabili, sono causa dell’incremento dei costi perché, come facilmente comprensibile, gestire la raccolta dei rifiuti abbandonati è decisamente più oneroso.
Ci saranno certamente ragioni profonde e diffuse nell’atteggiamento che vede protagonisti tutti noi o comunque una buona parte nel non affrontare il problema dei rifiuti. Al massimo il problema ci tocca se vediamo pieno il cassonetto sotto casa, se non sono passati all’orario prestabilito per raccogliere il bidone della raccolta porta a porta o, ancora, se dopo un evento di paese non sono stati adeguatamente rimossi i segni della festa con interventi rapidi, chirurgici li definirebbero gli amanti dei war-games, almeno così erano definiti i bombardamenti in televisione, prima di scoprire che di chirurgico c’era ben poco sul terreno dove cadevano le bombe. Un ulteriore elemento che suscita la comune indignazione è legato all’orario in cui passa il camion che non deve essere troppo presto per evitare di turbare il sonno ma nemmeno troppo tardi per evitare di vedercelo davanti mentre andiamo al lavoro. Il problema dei rifiuti è quindi strettamente legato all’impatto che hanno sulla nostra vita quotidiana o sulle nostre abitudini di vita. Cosa succede dopo avere messo il nostro contenitore nel cassonetto o nel bidoncino (magari anche differenziando male o inserendo rifiuti che non dovrebbero esserci) non è un problema che ci riguarda. Se però non cominciamo a gestire i rifiuti in un modo più consono alle esigenze che sono maturate saremo sempre più spesso in emergenza e perennemente disposti a pagare qualsiasi cifra per avviare al recupero e/o allo smaltimento i rifiuti che produciamo. Spostare i rifiuti da una parte all’altra della penisola oppure all’estero è un costo enorme sia sotto il profilo economico che ambientale ed è la conseguenza di una disastrosa NON politica industriale di gestione dei rifiuti. La non politica è stata favorita da slogan e promesse, quasi sempre mancate, che piacevano molto ai cittadini in campagna elettorale: “ridurremo il quantitativo dei rifiuti”, “passeremo al porta a porta spinto”, “non apriremo più inceneritori”, “differenziando spenderemo meno”. Sono certamente slogan e promesse accattivanti che fanno breccia nel cuore e nella pancia delle persone ma che sono servite solamente a far aumentare il problema della gestione dei rifiuti in Italia e dove non sono aumentati i problemi sono aumentati i costi.
L’IMPIANTO INQUINA, I CAMION NO?!
Tra le bizzarrie del dibattito non posso mancare di sottolineare quella che contrappone chi vuole realizzare un impianto di trattamento e i comitati che spontaneamente o anche “meno spontaneamente” si costituiscono sul territorio. Anche in questo caso, l’argomento è già stato accennato, non si può affermare che è tutta colpa dei comitati se non si costruiscono impianti e che questi non abbiano qualche (o più di qualche) ragione nel proclamare la loro diffidenza rispetto al nascente impianto. Sono troppi i casi giunti all’onore, si fa per dire, della cronaca, in cui dietro qualche impianto si nascondeva malaffare oppure una spregiudicata attitudine a operazioni non lecite. Non di meno i componenti dei comitati però valutano in modo a mio parere non completo l’impatto ambientale complessivo rispetto al contesto. A parte poche aziende virtuose che hanno mezzi a metano o elettrici, in Italia, la gran parte della flotta di automezzi che sono in giro per raccogliere i rifiuti sono alimentati a gasolio e non sono nemmeno troppo recenti. L’incremento della raccolta porta a porta, prescindendo dal contesto territoriale in cui si è chiamati a farla, ha portato all’incremento delle percorrenze chilometriche o al numero delle uscite dei camion o del numero dei camion sul terri-
COSTI DELLA GESTIONE E COMPORTAMENTI
Annualmente, ove presenti, gli Enti di Governo degli Ambiti, approvano il PEF (piano economico finanziario) dei singoli Comuni del territorio che, secondo regole prestabilite, definisce il costo complessivo della gestione dei rifiuti in un territorio. Se un Sindaco ritiene il suo territorio meritevole di servizi aggiuntivi o modalità di raccolta più capillari lo può inserire nelle previsioni di spesa dell’anno successivo attraverso il PEF. La somma totale derivante dalla pianificazione dei servizi viene poi divisa per il numero di contribuenti per
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torio; ambientalmente non un grande risultato. È comprensibile come un cittadino possa essere legittimamente preoccupato dell’incremento del traffico veicolare che potrebbe generare la realizzazione di un impianto di trattamento dei rifiuti ma dovrebbe, almeno altrettanto, preoccuparlo l’incremento del traffico generato dalla raccolta porta a porta. Si badi bene che l’autore non ne è un detrattore a prescindere, è una persona che ritiene che il sistema di raccolta debba essere adeguato al contesto territoriale in cui lo si progetta e, probabilmente, nello stesso comune geografico vi sono diverse situazioni che non possono essere affrontate con lo stesso metodo: centro storico, aree artigianali o industriali, periferie, frazioni poco popolate. Un semplice principio che prevede un adeguato strumento in funzione del contesto operativo, un principio tra l’altro utilizzato da tutti noi nella vita quotidiana, a casa e a lavoro. E se cambiassimo il punto di vista?! Se provassimo a pensare di ottenere lo stesso risultato in modo diverso?!
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MENO CAMION, PIÙ IMPIANTI (QUELLI CHE SERVONO)
Proviamo ora a pensare perché dobbiamo diversificare, quale sia la finalità ultima dello “sforzo” che ci viene richiesto. Si potrebbe facilmente affermare che la differenziazione serve per garantire che i materiali raccolti abbiano la purezza sufficiente per essere avviati al recupero in modo ottimale e garantendo la migliore performance possibile al sistema. Se questo è il fine della raccolta differenziata potremmo pensare di aggiungerci un altro elemento importante: “ottenere questo risultato con il minore impatto ambientale possibile” riducendo quindi le percorrenze dei mezzi e le emissioni. È utile ricordare che non tutte le aree del Paese hanno la dotazione impiantistica necessaria e, spesso, i rifiuti devono sostenere trasporti di diverse decine di chilometri, a volte centinaia. Avendo una dotazione di impianti di prima selezione adeguata e tecnologicamente di avanguardia potremmo permetterci di raccogliere alcune frazioni insieme e lasciare l’incombenza
all’impianto di dividere le frazioni con mezzi e tecnologie di alto livello. Questi impianti sono infatti equipaggiati di nastri di cernita manuali, dove personale specializzato allontana gli scarti, e da una serie di macchinari: vagli balistici, setacci, selettori ottici, ecc. in grado di separare in modo efficace le singole frazioni di rifiuto da avviare al recupero nella filiera a valle. Alla luce di quanto ipotizzato, avendo una dotazione di impianti adeguata, si potrebbe seriamente pensare alla riduzione delle frazioni di raccolta; per esempio: • raccolta organico e indifferenziato con lo stesso camion a doppia vasca da destinare a due linee produttive dello stesso impianto di destinazione; • raccolta multimateriale con un unico camion affidando la separazione agli impianti di destino e garantendo almeno la stessa riciclabilità del sistema attuale. Sarebbe davvero interessante misurare, in un territorio, le performance ambientali complessive della filiera associandole anche a una valutazione dell’impatto economico e sociale dei
diversi sistemi; affidarsi ai numeri per decidere e non agli slogan. Poter dire “ho valutato che riesco a riciclare almeno la stessa quantità di rifiuti rispetto al sistema precedente, lo faccio con meno emissioni di CO2, lo faccio dando da lavorare a quattro persone in più ma, complessivamente, la filiera è vantaggiosa”.
NON TUTTO È RICICLABILE
A una visione superficiale potrebbe apparire che tutto quello che viene messo all’interno del cassonetto dei rifiuti sia recuperabile e recuperato. Il cittadino sarebbe tentato di pensare di avere fatto tutto quello che era nelle sue possibilità, non è così! Sono molte le false verità che aleggiano sul settore dei rifiuti e che inducono i profani a pensare che tutto si risolva dopo aver operato una buona differenziazione; non molti sanno che i rifiuti che dovrebbero andare nel cassonetto, per esempio di plastica, dovrebbero essere solo quelli riferiti agli imballaggi. In altre parole i giocattoli, per fare un esempio, non sono rifiuti che potrebbero essere conferiti nel cassonetto
della plastica e, se conferiti, devono essere separati dall’impianto di selezione e posti nello “scarto” in quanto le filiere del recupero non sono titolate a prenderli in carico. La stessa cosa vale per altre frazioni merceologiche come la carta, il vetro, il legno, ecc. dove fisiologicamente all’interno delle quantità di raccolta vi sono percentuali di materiali non recuperabili che devono essere avviati al recupero energetico oppure allo smaltimento. Una percezione questa che non è presente nel sentire comune, nelle persone della strada, nella percezione della “signora Maria” che si cita negli esempi. Una percezione errata che ha, come conseguenza, quella di pensare che gli impianti non servono, basta differenziare. L’argomento del misurare l’effettivo recupero rispetto al totale raccolto è già stato trattato dal sottoscritto in altro articolo della stessa rivista ma lo sottolineo nuovamente, con forza. Le direttive europee, ad esempio sui R.A.E.E. impongono una percentuale di recupero minimo crescente nel tempo per garantire l’incremento del-
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le performance tecniche e ambientali dell’intero sistema di trattamento, una sorta di incentivo normativo a trovare soluzioni sempre migliori al problema del recupero e del riciclaggio dei rifiuti riducendo la quantità di quelli da avviare ai termovalorizzatori o alle discariche.
LA PREPARAZIONE PER IL RIUTILIZZO
Lo ammetto, non mi ha mai affascinato, non mi ha mai convinto, non mi ha mai interessato. Sono stato colpito anche io dalla sindrome del “giudico senza conoscere” e mi sono fatto l’idea che il riuso fosse un modo per evitare di gestire la filiera del rifiuto, un modo furbesco per fare del mercato di prodotti ormai desueti. Ho avuto il piacere poi di vedere un’esperienza molto importante, in provincia di Brescia che invece gestisce questo tassello della filiera dei rifiuti in modo eccezionalmente efficiente e corretto, che ne fa anche un modello occupazionale e sociale di eccellenza. Sviluppare i centri del riuso, in una forma codificata e controllata, potrebbe essere un elemento di gestione non
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trascurabile riducendo la quantità di rifiuti avviati al recupero di materia, energetico e/o allo smaltimento favorendone il recupero per la finalità per la quale sono stati progettati. Quello che è scarto per te potrebbe essere una risorsa per me. Vi sono filiere, segnatamente quella degli elettrodomestici, dove la preparazione al riutilizzo sottende attrezzature, competenze e responsabilità di cui è difficile organizzare il flusso, ma vi sono invece molti “non ancora rifiuti” che vengono scartati per sopraggiunta mancanza di spazio o perché si è semplicemente deciso che non sono più funzionali all’interno dei nostri spazi abitativi. La preparazione per il riutilizzo potrebbe sviluppare interessanti progetti, anche sociali, che darebbero opportunità di lavoro riducendo nel contempo la quantità di rifiuti da avviare a trattamento. Giudicare senza tutte le informazioni e gli approfondimenti necessari è sbagliato! Ne ho fatto le spese anche io.
LA FILIERA DEL NON RIFIUTO
Certamente il concetto di economia circolare è affascinante e pienamente condivisibile; ci resta da capire come attuarla in un modo industrialmente compatibile. Il presupposto fondamentale dell’economia circolare è la cessazione della qualifica di rifiuto ai sensi dell’articolo 184/ter del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.; il cosiddetto End of Waste. Il concetto sotteso alla definizione è quello che
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al termine della filiera di recupero il prodotto che ne esce possa essere utilizzato all’interno di un processo produttivo senza le autorizzazioni tipiche del mondo dei rifiuti e viaggiando quindi con un normale documento di trasporto. Per esempio al termine del processo di recupero di un polimero plastico lo stesso potrà fregiarsi del titolo di prodotto e potrà essere venduto a un utilizzatore finale come una merce qualsiasi. Ovviamente la cessazione della qualifica di rifiuto è oggetto di specifica autorizzazione e di una buona dose di polemiche e di pareri contrastanti che hanno ingessato, e lo stanno ancora facendo, il sistema del recupero. La normativa ambientale a cui si vorrebbe far riferimento è, in Italia, legata a un decreto legislativo del 5 febbraio 1998 (datato) e/o a regolamenti end of waste emananti dalla UE che al momento riguardano filiere definite di rifiuto, principalmente metalli ferrosi e non ferrosi. L’economia circolare è fatta però, soprattutto, di filiere che non sono compendiate nelle norme (perché dal 1998 il mondo è andato avanti) o nei regolamenti UE (perché non sono di interesse comunitario per quantità o diffusione) e restano quindi nella difficoltà. Non molto tempo fa il Consiglio di Stato aveva affermato che è compito del legislatore nazionale definire i criteri; principio in sé giusto ma che mai potrebbe seguire l’evoluzione tecnologica del mondo moderno e le diverse specificità. Forse spetterebbe più al
legislatore nazionale definire, in fretta, i criteri che la PA deve adottare per autorizzare un End of Waste. Omogenizzando questi potremmo pensare di avere una minore disparità geografica nelle opportunità di recupero. Un principio che rimanda alla legislazione nazionale, che per natura ha tempi molto lunghi, non saprebbe mai cogliere le specificità territoriali o piccole filiere di eccellenza che potrebbero dare opportunità al territorio; vi sono filiere di rifiuto che non destano interesse a livello nazionale ma che risolverebbero problemi nel contesto territoriale in cui vengono prodotti. L’ottenimento dell’End of Waste è un ulteriore tassello nello sviluppo dell’economica circolare, una condizione necessaria ma non esaustiva del problema. Occorre che i prodotti che derivano dalla valorizzazione dei rifiuti trovino sbocchi di mercato che possano garantire la tenuta della filiera pur in presenza di due distinte problematiche: • la filiera di prodotti che contengono materiali riciclati ma che non ne rivelano l’utilizzo perché esteticamente gradevoli ma che hanno come unico elemento la sostenibilità industriale della filiera; • la filiera dei prodotti che contengono materiali riciclati e che però ne rivelano la presenza per imperfezioni estetiche e che hanno il problema dell’impatto sul consumatore finale. In altre parole inserire una sabbia di vetro all’interno di un prodotto cerami-
co ha la sola necessità, definito l’impasto, di comprendere se la materia prima abbia un costo accettabile per l’industria che lo utilizza mentre, ad esempio, un prodotto contenente le gomme di un PFU riciclato potrebbe avere difettosità estetiche che possano renderlo non gradito al cliente. Occorre quindi sviluppare una politica industriale di sostegno alla filiera del NON rifiuto; vanno in questo senso i criteri ambientali minimi negli appalti ma potrebbero esserci forme incentivanti per la PA e per i privati che comprano materiali green e che ne sostengono la filiera. È indubbio che l’intera economia circolare si sostiene partendo dalla fine, garantendo che i prodotti che si generano abbiamo appeal sul mercato e che il mercato possa, in quantità e qualità, sostenere la filiera. Si sostiene garantendo che le imprese serie che hanno progetti industriali per la trasformazione dei rifiuti in risorse possano svilupparle in tempi industriali e non biblici e possano quindi
cogliere le opportunità che il mercato offre loro. Anche nella trattazione di questo argomento appare evidente come una politica fatta di slogan non serva a nulla se non incastrata in una più complessiva strategia della filiera di gestione.
CONCLUSIONI
Ancora una volta, in conclusione, ritengo doveroso ricordare come sia necessario prescindere dagli slogan e contribuire, ognuno per la propria parte, alla risoluzione del problema: nei comportamenti quotidiani, nel momento in cui si conferiscono i rifiuti al sistema di raccolta, nel momento in cui si è chiamati a decidere se serva o meno un impianto di trattamento e a quali logiche deve appartenere. Ho già avuto modo di dire che il problema dei rifiuti non si risolve con gli slogan, che il concetto di rifiuti zero (nella sua estremizzazione) è impraticabile mentre invece parte integrante e sostanziale dell’approccio della “pi-
ramide delle priorità di gestione” ne è un tassello fondamentale. Cerco di ridurre la produzione dei rifiuti, ad esempio sviluppando la filiera del riuso (di cui ammetto in passato di essere stato molto scettico), mi doto di un sistema impiantistico adeguato a ridurre il numero di mezzi garantendo però pari performance di riciclo e infine gli scarti li valorizzo energeticamente e gli “scarti degli scarti” li porto a smaltimento vedendo però la discarica come un impianto e non come un luogo di perdizione. Mentre dormivo ho sognato che in un territorio, uno qualsiasi, una serie di Sindaci, un gestore illuminato, dei comitati proattivi e dei cittadini volenterosi si siedono intorno a un tavolo e misurano lo stato dell’arte e poi cambiano il modello e misurano ancora, poi lo ottimizzano e misurano nuovamente fino a trovare il modello migliore (non quello perfetto) da adottare. Poi mi sono svegliato! *Ecoproject S.a.s.
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GENOVA VOLTA PAGINA SONO INIZIATE LE OPERAZIONI DI DEMOLIZIONE E SMONTAGGIO DEL VIADOTTO MORANDI A GENOVA A SEGUITO DEL CROLLO AVVENUTO IL 14 AGOSTO 2018 di Bruno Vanzi
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l 14 agosto 2018 rimarrà impresso nella mente di molti per il tragico crollo del viadotto Polcevera dell’autostrada A10, noto come Ponte Morandi. I giorni a seguire sono stati spesi nelle incessanti ricerche per trovare i superstiti. Le vittime del crollo sono state 43 e numerose famiglie sono state costrette ad abbandonare le loro case perché situate sotto il ponte. Nella fase emergenziale i Vigili del Fuoco hanno coordinato le operazioni di demolizione per la messa in sicurezza del viadotto grazie all’aiuto delle prime aziende di demolizione che sono prontamente intervenute, quali Vangi, Demolscavi e Global Costruzioni. I lavori di demolizione del viadotto sul Polcevera sono iniziati a quattro mesi dal crollo. Come riportato nel decreto “Affidamento dell’appalto pubblico dei lavori
per la realizzazione, in estrema urgenza, di tutte le opere per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica o in altro sito dei materiali di risulta del Viadotto Polcevera in Genova”, i lavori di demolizione sono stati affidati a un’ATI composta da: Fagioli Spa, Fratelli Omini Spa, Ipe Progetti Srl e Ireos Spa. Le ditte Fagioli e Omini sono state protagoniste delle operazioni di recupero e demolizione della Costa Concordia. “Due imprese diverse - spiegava Paolo Cremonini, direttore progetti speciali Fagioli Spa, in occasione dell’affidamento dei lavori - con una affinità comune: in entrambi i casi si tratta di intervenire su strutture esistenti che hanno subito un danno. Quando si affrontano lavori di questa portata le incognite sono tante, non sappiamo, pur essendoci preparati in questi mesi, come
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il ponte si comporterà. Non abbiamo paura, siamo molto concentrati”. “Per ridurre i tempi di demolizione - continuava Cremonini - si lavorerà in parallelo: sulla parte ovest verranno utilizzati gli stessi martinetti idraulici, strand jack, utilizzati per la Concordia. Montati sulle impalcature alzeranno le travi, verranno tagliati denti di appoggio con le cesoie da demolizione della ditta Omini e le travi verranno calate a terra”. Mentre scriviamo il cantiere è attivo e le fasi della demolizione sono in corso. Di seguito descriviamo le prime fasi della demolizione che è stata avviata nei primi due mesi del 2019. A fine dicembre 2018, sono iniziati i primi lavori di smontaggio dello stabile in area ex Amiu, situato sotto il viadotto, propedeutici alla demolizione del ponte.
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Nell’area ex Amiu è stata effettuata anche la bonifica dei serbatoi di carburante che erano di servizio ai mezzi Amiu mediante inertizzazione. All’inizio dell’anno, mentre gli addetti proseguivano alla separazione dei materiali di risulta degli edifici demoliti, sia a levante che a ponente erano in corso le indagini geotecniche necessarie al posizionamento delle grosse autogru per lo smontaggio degli impalcati del ponte. Sono stati effettuati rilievi topografici sul lato ovest del ponte e sono iniziate le prove di carico sul troncone ovest. A terra, in via Porro, il 14 gennaio è cominciata la costruzione delle torri per la messa in sicurezza del troncone est. Il 17 gennaio sono iniziate le operazioni di scarifica dell’asfalto e rimozione dei newjersey sul troncone ovest per l’alleggerimento degli impalcati: le operazioni erano necessarie per procedere allo smontaggio e al trasporto a terra del troncone. Mentre sul viadotto proseguivano i lavori di alleggerimento del troncone ovest, si iniziava anche con la stabilizzazione della pila 8 e si procedeva anche alla differenziazione del materiale di risulta (metalli, detriti) per avviarlo al recupero. Le macerie derivanti dalla demolizione degli edifici presenti in quest’area sono state differenziate e trasportate in un im-
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IL NUOVO PONTE DI PIANO PER LA CITTÀ DI GENOVA L’infrastruttura sarà realizzata sulla stessa giacitura del Ponte Morandi, con i necessari adeguamenti normativi alla sezione dell’impalcato e ai raggi di curvatura degli svincoli e delle immissioni. Il principio progettuale è quello della semplicità: il ponte dovrà avere una presenza discreta e sobria, rinunciando a una monumentalità autoreferenziale. Per ottenere una sezione ridotta dell’impalcato verranno realizzati numerosi appoggi. Il progetto prevede 19 pile in cemento armato di sezione ellittica (3x9,5 metri) posizionati con un passo costante di 50 metri, a eccezione della campata sul torrente Polcevera e sulle linee ferroviarie, dove l’interasse passa da 50 a 100 metri. L’impalcato è realizzato in struttura mista acciaio - cls con un’altezza complessiva della carpenteria metallica di 4,3 metri al centro della sezione di impalcato. Sono previste tre corsie per senso di marcia in ottemperanza della normativa vigente per infrastrutture di questa categoria. Il bordo del ponte è caratterizzato da una barriera protettiva antivento su un disegno che integra un sistema di approvvigionamento energetico fotovoltaico.
Progetto del nuovo ponte di Renzo Piano ©Commissario Ricostruzione Genova
TECNOLOGIE PER LA SICUREZZA DI PONTI E VIADOTTI A sei mesi dal crollo del viadotto Polcevera a Genova, l’Enea ha tenuto un convegno dal titolo “Monitoraggio e valutazione di ponti e viadotti - Stato dell’arte e prospettive” per illustrare le ultime tecnologie disponibili sul mercato per individuare rapidamente elementi di degrado su ponti e viadotti. L’evento, cui hanno partecipato i massimi esperti del settore si proponeva di individuare soluzioni per la salvaguardia e la manutenzione preventiva di queste infrastrutture strategiche. “I crolli di ponti e viadotti che si sono verificati negli ultimi anni suggeriscono che, come le persone, anche le strutture hanno bisogno di check-up programmati. Oggi siamo in grado di controllarle di continuo grazie a sistemi di monitoraggio avanzati che consentono di individuare danneggiamenti già nella loro fase iniziale. Le tecnologie offrono la possibilità di rimediare in tempo, prima che il degrado si aggravi e richieda interventi più pesanti e costosi” spiega Paolo Clemente del laboratorio ENEA di “Tecnologie per la dinamica delle strutture e la prevenzione del rischio sismico e idrogeologico”. Per il check-up di ponti e viadotti, ENEA propone il sistema dell’interferometria radar, basato su uno strumento simile a una macchina fotografica, in grado di misurare le vibrazioni di una campata, di una pila di un viadotto o di un ponte anche da remoto. L’interferometria radar fornisce la possibilità di effettuare misurazioni dinamiche praticamente su tutte le strutture e, in base ai rilievi ottenuti, definire una scala di priorità sia per gli approfondimenti sperimentali che per gli interventi da realizzare. I costi di misurazione sono notevolmente ridotti rispetto alle tecniche tradizionali e consentono ai tecnici di eseguire un lavoro di elaborazione e interpretazione dei dati di notevole precisione pur senza accedere alla struttura. Per il rilievo continuo del comportamento dei ponti, l’ENEA propone sensori a fibra ottica in grado di eseguire a costi accessibili un monitoraggio anche con un elevato numero di punti di rilevazione. Questo sistema può rappresentare il punto di partenza per un progetto/processo di prevenzione su ponti e viadotti che, in base ai risultati del monitoraggio continuo, favorisca una manutenzione preventiva in tempo reale.
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pianto autorizzato a Carcare (SV). Nel frattempo si procedeva con lo strip out dei capannoni in area di cantiere: si demolivano i fabbricati presenti nell’area per fare spazio alle parti di ponte che sono state successivamente calate a terra. In data 25 gennaio si continuava con la messa sicurezza della pila 8; veniva posizionato sul troncone ovest del ponte un contrappeso che, insieme al cravattamento della pila 8, serviva per la messa in sicurezza del tratto. Successivamente sono state portate avanti nuove prove di carico e si è proceduto al taglio delle metallerie e la scarificatura. Anche sul lato est si lavorava per la messa in sicurezza delle pile con delle speciali “gabbie”. Mentre si lavorava alla scarifica e all’alleggerimento del lato ovest si procedeva anche con la preparazione e messa in sicurezza delle aree di cantiere che insistevano sulla massicciata ferroviaria. Nel cantiere lato est nell’area occupata dalla massicciata ferroviaria, gli operai sono intervenuti con una serie di attività preventive a salvaguardia della salute e dell’ambiente che sono state eseguite per bloccare l’emissione di qualsiasi sostanza che vi potesse essere eventualmente contenuta. Le aree in questione sono state trattate con incapsulanti a base vinilica, assolutamente innocui, con lo scopo di preparare il fondo dell’area di cantiere e proteggere il substrato di proprietà RFI, Rete Ferroviaria Italiana. Al di sopra dello strato colorato è stato steso, inoltre, un telo in tessuto non tessuto e uno strato di tout venant per consentire il transito in sicurezza dei mezzi operativi.
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A inizio febbraio sono iniziati i lavori per predisporre i lunghi cavi che sono serviti per portare a terra la trave tampone del lato ovest del ponte. La prima trave tampone a essere calata è stata quella compresa tra la pila 8 e la pila 7. Grazie all’utilizzo di una gru con un braccio di oltre 90 metri sono stati trasportati sul ponte strand jack e travi di supporto. In tutto si calcola siano state rimosse dall’impalcato circa 2000 tonnellate di peso, tra asfalto (scarificato) e new jersey (trasportati a terra). Sull’impalcato sono stati demoliti i giunti stradali per permettere il taglio dei denti di appoggio delle travi. Il 9 febbraio alle 18.20 si è concluso con successo lo smontaggio dell’impalcato tampone numero 8. Il raggruppamento dei demolitori ha lavorato, incessantemente e ha rispettato i massimi standard di sicurezza, per portare a termine il primo importante passo di un progetto unico nel suo genere. L’impalcato del peso di 916 tonnellate è stato abbassato con precisione chirurgica e millimetrica, lasciando 1 solo centim etro di spazio ai due lati delle travi che lo compongono. La trave tampone è stata fatta scendere alla velocità di cinque metri all’ora. “È un’impresa - ha dichiarato il presidente di Omini Spa, Emilio Omini - che per noi, come per il progetto Concordia, è stata realizzata concentrandoci soprattutto nella fase di progettazione che abbiamo affrontato con attenzione fin nei più piccoli dettagli. La nostra grande soddisfazione è stata constatare che tutto è andato come previsto”. La pila 8, rimasta “isolata” dal resto del troncone ovest del ponte è stata “spogliata” dei contrappesi, strand jack e tutto quello che è servito per il calo a terra della trave tampone. Seguendo lo stesso procedimento e lavoro di preparazione eseguito per la trave tampone 8 (posizionamento dei contrappesi, degli strand jack, dei cavi, taglio al diamante...) le operazioni sono state replicate anche per gli impalcati 7 e 6 e ora dovranno essere ripetute anche sulle altre tre travi tampone rimaste. Le fasi sopra descritte riguardano i primi due mesi effettivi della demolizione che sta cambiando il volto di Genova.
IL SETTORE DELLE BONIFICHE SI È INCONTRATO A BRESCIA L’EDIZIONE 2019 DEL SICON CONFERMA L’IMPORTANZA DELL’EVENTO REGISTRANDO UN INCREMENTO DEGLI ISCRITTI E DEI CASI STUDIO PRESENTATI di Mentore Vaccari*
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i è conclusa giovedì 14 febbraio 2019, presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università degli Studi di Brescia, la decima edizione di “SiCon - Siti Contaminati”, l’importante workshop tecnico-scientifico dedicato ai temi del risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati a scala industriale. La manifestazione è organizzata dai gruppi di Ingegneria Sanitaria Ambientale presso l’Università degli Studi di Brescia, l’Università degli Studi di Catania e la Sapienza Università di Roma, con la collaborazione dell’ANDIS (Associazione Nazionale di Ingegneria Sanitaria Ambientale) e del GITISA (Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria Ambientale). SiCon è divenuto negli anni un punto di riferimento per il settore delle bonifiche, un’occasione di proficuo confronto tra gli operatori del settore e vuole mettere a disposizione dei partecipanti un ampio quadro di quanto è stato ad oggi realizzato nel campo delle bonifiche, con specifico risalto agli aspetti tecnico-operativi. Con questo obiettivo e con l’intenzione di sensibilizzare gli operatori del settore su questa tematica, è stato tracciato un quadro complessivo della situazione italiana in fatto di siti contaminati, interventi effettuati e tecnologie adottate. Nello specifico sono stati illustrati (an-
che nel dettaglio costruttivo/gestionale) casi di studio di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati a scala industriale. L’edizione 2019 ha contato oltre 50 relatori, con un incremento dei casi studio presentati di circa il 8% (da 40 dell’edizione 2016, si è passati a 43 in questa edizione, a cui si sono aggiunti una trentina di contributi per la sessio-
ne ricerca). È stato inoltre registrato un aumento del 20% di iscritti rispetto alla precedente edizione di Brescia, in arrivo dall’intero territorio nazionale, oltre alla partecipazione attiva e in crescita di aziende in qualità di partner e in qualità di relatori. La prossima edizione del SiCon si svolgerà a Roma nel 2020. *Università degli Studi di Brescia
IL QUADRO ITALIANO TRACCIATO DA SICON SiCon ha fornito un quadro aggiornato del settore delle bonifiche in Italia che è possibile sintetizzare con i seguenti numeri: • 8.450 siti potenzialmente contaminati • 2.050 siti contaminati con interventi avviati • 2.600 siti contaminati in attesa di intervento • 2.900 siti bonificati Nello specifico si contano 41 SIN, ovvero Siti di Interesse Nazionale, di cui 171.000 ha di terra e 77.000 ha di aree marine. In Regione Lombardia si trovano 5 SIN. Le principali classi di inquinanti riscontrate nei SIN sono metalli pesanti, idrocarburi e solventi clorurati.
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2017: MENO RIFIUTI, INCENERITORI E DISCARICHE IL RAPPORTO RIFIUTI DELL’ISPRA REGISTRA UN CALO NELLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI IN ITALIA E UNA RIDUZIONE DEL NUMERO DI INCENERITORI E DISCARICHE ATTIVE di Bruno Vanzi
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dati disponibili elaborati da Ispra sono stati forniti da Eurostat e riguardano il 2016. Il 30% dei rifiuti urbani gestiti nei 28 Paesi europei è avviato a riciclaggio, il 16,6% a compostaggio e digestione anaerobica, mentre il 28,5% e il 25% sono, rispettivamente, inceneriti e smaltiti in discarica. Con riferimento allo smaltimento in discarica, si passa dallo 0,6% della Svezia al 91,8% di Malta. Oltre alla Svezia, anche il Belgio, la Danimarca, i Paesi Bassi e la Germania fanno registrare percentuali molto basse (fino all’1,5%) di smaltimento in discarica, mentre, all’estremo opposto, Croazia, Romania, Cipro e Grecia smaltiscono in discarica una percentuale di rifiuti urbani compresa tra il 78,4% e l’82,3%. Eccezion fatta per la Spagna e la Grecia, i Paesi nei quali il ricorso alla discarica interessa oltre il 55% dei rifiuti urbani gestiti sono tutti di recente accesso all’UE. L’Italia smaltisce in discarica il 27,6% dei rifiuti urbani trattati. In Europa si assiste a un incremento della percentuale di rifiuti avviati a incenerimento (dal 27,3% al 28,5%), a riciclaggio (dal 29,8% al 29,9%) e a compostaggio e digestione anaerobica (dal 16% al 16,5%). Guardando ai nuovi Stati membri, la riduzione della percentuale di smaltimento in discarica si accompagna a un incremento delle percentuali relative all’incenerimento, al riciclaggio e al trattamento biologico, che passano rispettivamente dal 10,8% al 13,6%, dal 21,7% al 23,3% e dal 6,6% all’8%. Gli incrementi rilevati nei nuovi Stati membri delle forme di trattamento alternative alla discarica sembrerebbero indicare che gli stessi stiano sviluppando un sistema impiantistico che va nella direzione di una maggiore aderenza alla gerarchia fissata a livello unionale.
PRODUZIONE DEI RIFIUTI URBANI IN ITALIA
Si attesta a 29,6 milioni di tonnellate la produzione di rifiuti urbani, segnando una riduzione dell’1,7% rispetto al 2016. Dopo l’aumento riscontrato tra il 2015 e il 2016, sul quale aveva peraltro anche influito il cambiamento della metodologia di calcolo (inclusione nella quota degli RU dei rifiuti inerti derivanti da piccoli interventi di manutenzione delle abitazioni), si rileva dunque una nuova contrazione della produzione. Raffrontando il dato 2017 con quello 2013 si riscontra, nel quinquennio, una sostanziale stabilità della produzione (+0,08%). Dopo il brusco calo del biennio 2011/2012 - concomitante con la contrazione dei valori del prodotto interno lordo e dei consumi delle famiglie - la produzione si mantiene su valori quasi sempre inferiori a 30 milioni di tonnellate. Il calo si riscontra in tutte le macroaree geografiche, risultando pari al -2,2% nel Sud, al -2% nel Centro e al -1,4% nel Nord. La maggiore contrazione si osserva per l’Umbria (-4,2%), seguita da Molise (-3,1%), Basilicata (-2,8%) e Toscana (-2,7%). Sono tutte in Emilia Romagna le province dove si producono più rifiuti urbani per abitante: in testa Rimini con 727 kg, un dato comunque in calo rispetto ai 740 kg del 2016; seguono Ravenna (721), Forlì-Cesena (710) e Reggio Emilia (708). Va specificato che i dati dell’Emilia Romagna, così come quelli del Centro Italia, risentono di regolamenti comunali in base ai quali vengono assimilate ai rifiuti urbani anche tipologie similari di rifiuti speciali derivanti da attività commerciali, aziende artigianali e di servizio.
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RACCOLTA DIFFERENZIATA
Nel 2017 la raccolta differenziata in Italia raggiunge la percentuale di 55,5%. In valore assoluto, la raccolta differenziata si attesta a circa 16,4 milioni di tonnellate, aumentando di poco più di 600 mila tonnellate rispetto al 2016. Un contributo rilevante all’aumento della percentuale è, quindi, ascrivibile alla riduzione della produzione del rifiuto urbano indifferenziato, -1,1 milioni di tonnellate tra il 2016 e il 2017. La raccolta pro capite nazionale è pari a 272 kg per abitante per anno, con valori di 333 kg per abitante nel Nord (+5 kg per abitante rispetto al 2016), 279 kg per abitante nel Centro (+13 kg) e 185 kg per abitante nel Sud (+16 kg). Con riferimento al quinquennio 2013-2016, si rileva un incremento di 79 kg per abitante per anno nelle regioni del Centro Italia, di 67 kg in quelle del Nord e di 56 kg nel Sud. Su scala nazionale la raccolta differenziata pro capite fa segnare, nel quinquennio, una crescita di 66 kg per abitante per anno. I valori della differenziata sono più alti al Nord (66,2%), più bassi al Sud (41,9%), mentre il Centro Italia si colloca poco al di sotto della media nazionale (51,8%). Guardando alle diverse situazioni territoriali, sono 13 le regioni che raccolgono in maniera differenziata oltre la metà dei rifiuti urbani annualmente prodotti. È sempre il Veneto la regione con la più alta percentuale di raccolta differenziata pari al 73,6%, seguita da Trentino Alto Adige con il 72%, Lombardia con il 69,6% e Friuli Venezia Giulia con il 65,5%. Si collocano al di sopra del 60% di raccolta differenziata l’Emilia Romagna (63,8%), le Marche (63,2%), la Sardegna (63,1%), l’Umbria (61,7%) e la Valle d’Aosta (61,1%); e al di sopra del 55% (valore medio nazionale) il Piemonte (59,3%) e l’Abruzzo (56%). Toscana e Campania fanno rilevare percentuali di raccolta rispettivamente pari al 53,9% e 52,8%. La Liguria fa registrare una percentuale del 48,8%, il Lazio del 45,5% e la Basilicata, con una crescita di oltre 6 punti rispetto al 2016, del 45,3%. Superiore al 40% è la percentuale della Puglia (40,4%, +6 punti rispetto al 2016) e prossima a tale valore quella della Calabria (39,7%, +6,4 punti). Il Molise supera per la prima volta la soglia del 30%, attestandosi al 30,7%, e la Sicilia quella del 20%, con un tasso di raccolta del 21,7%. Da segnalare le buone performance di cinque regioni del Sud Italia che tra 2016 e 2017 hanno fatto un salto di oltre 6 punti nella percentuale di raccolta differenziata, anche se rimangono sotto il valore medio nazionale (55,5%): si tratta di Basilicata (45,3%), Puglia (40,4%), Calabria (39,7%), Molise (30,7%) e Sicilia (21,7%). Il valore più alto in Italia di raccolta differenziata viene raggiunto dalla provincia di Treviso con l’87,8%, seguita da Mantova (86,6%), Belluno (83,4%) e Pordenone (81,6%). Le peggiori città con le più basse percentuali di raccolta differenziata provinciali invece sono tutte in Sicilia: è ancora Enna fanalino di coda (11,3%), mentre a Siracusa (15,3%) e Palermo (17,3%) si è avuta una crescita delle percentuali di 6 punti nell’ultimo anno.
COME VENGONO TRATTATI E SMALTITI I RIFIUTI RACCOLTI
Nel 2017 sono risultati operativi 644 impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti urbani. Di questi, 340 sono dedicati al trattamento della frazione organica della raccolta differenziata (285 impianti di compostaggio, 31 impianti per il trattamento integrato aerobico/ anaerobico e 24 impianti di digestione anaerobica), 130 sono impianti per il trattamento intermedio di tipo meccanico o meccanico biologico dei rifiuti, 123 sono impianti di discarica a cui si aggiungono 39 impianti di incenerimento e 12 impianti industriali che effettuano il coincenerimento dei rifiuti urbani. Non tutte le regioni sono dotate delle necessarie infrastrutture di trattamento dei rifiuti. La scarsità degli impianti fa sì che in molti contesti territoriali si assista a un trasferimento dei rifiuti raccolti in altre regioni o all’estero.
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Lo smaltimento in discarica, pari a 6,9 milioni di tonnellate, interessa il 23% dei rifiuti urbani prodotti, evidenziando una riduzione del 6,8%. Nel 2017 le discariche operative sono 123, undici in meno rispetto all’anno precedente. Il riciclaggio delle diverse frazioni provenienti dalla raccolta differenziata o dagli impianti di trattamento meccanico biologico dei rifiuti urbani raggiunge, nel suo complesso, il 47% della produzione: il 20% è costituito dal recupero di materia della frazione organica (umido+verde) e oltre il 27% dal recupero delle altre frazioni merceologiche. Gli inceneritori attivi nel 2017 sono 39, due in meno rispetto ai 41 del 2016. I rifiuti urbani inceneriti, comprensivi del Combustibile Solido Secondario (CSS), della frazione secca e del bioessiccato ottenuti dal trattamento meccanico dei rifiuti urbani stessi, sono quasi 5,3 milioni di tonnellate (-2,5% rispetto al 2016). Il 70% circa dei rifiuti viene trattato al Nord, l’11% al Centro e quasi il 19% al Sud. Va precisato che in Italia tutti gli impianti di incenerimento recuperano energia, elettrica o termica; complessivamente sono stati recuperati nel 2017 quasi 4,5 milioni di MWh di energia elettrica e 2 milioni di MWh di energia termica.
IMPORT ED EXPORT RIFIUTI
Nel 2017 l’Italia ha esportato 355 mila tonnellate di rifiuti urbani, prevalentemente CSS derivante dal trattamento di rifiuti urbani (rappresenta il 37,1% dei rifiuti esportati). I principali Paesi di esportazione sono stati Austria e Ungheria. Per quanto riguarda l’import, sono state circa 213mila le tonnellate di rifiuti del circuito urbano importate nel 2017. Il maggior quantitativo proviene dalla Svizzera, con circa 72mila tonnellate, corrispondente al 33,6% del totale importato; seguono la Francia con il 19,7% e la Germania con il 15,2%. I rifiuti importati sono costituiti prevalentemente da rifiuti di imballaggio in vetro, destinati a impianti di recupero e lavorazione del vetro situati perlopiù in Lombardia.
IL COSTO DEL CICLO DEI RIFIUTI URBANI
L’analisi economica condotta sui dati MUD, per l’anno 2017, su un totale di 6.345 comuni, rileva, a livello nazionale, che il costo totale medio pro capite annuo è pari, nel 2017, a 171,19 euro/abitante per anno. A livello territoriale il costo totale annuo pro capite, del servizio, risulta pari a 151,16 euro/abitante per anno al Nord, a 206,88 euro/abitante per anno al Centro e a 182,27 euro/abitante per anno al Sud. Il Rapporto contiene anche uno studio sui comuni che applicano il regime di tariffazione puntuale basato sull’utilizzo di sistemi di rilevazione e quantificazione della produzione dei rifiuti riferiti a ogni singola utenza servita. L’analisi economica, che ha riguardato un campione di 341 comuni aventi una popolazione di 2.520.117 abitanti, mostra che, in generale, i comuni che applicano il regime della tariffazione puntuale presentano un costo totale medio pro capite a carico del cittadino inferiore rispetto ai comuni a Tari normalizzata.
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IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI NEL SUD DEL MONDO IN SUD AMERICA, E IN PARTICOLAR MODO IN CILE, IL MERCATO È ANCORA AGLI ALBORI E FORREC HA OBIETTIVI DI ESPANSIONE IMPORTANTI. NE ABBIAMO PARLATO CON IL DEALER CILENO di Maria Beatrice Celino
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irko Franceschi è il titolare e Responsabile commerciale della Società SMF Servicios Limitada assieme al socio e Responsabile tecnico Sig. Cesar San Martin. Abbiamo avuto il piacere di intervistare il Sig. Franceschi, italiano di origine trapiantato da parecchi anni in Cile, che coordina le attività aziendali, seguendo la presenza di Forrec nel mercato cileno e si muove in tutto il territorio e nei paesi limitrofi come Perù, Bolivia e Argentina, portando avanti grandi progetti di sviluppo del marchio. La collaborazione con il Sales Executive di Forrec, Fabrizio Caon, è molto attiva, tanto che la semplice cooperazione commerciale si è evoluta, in breve tempo, in un sostegno a 360 gradi con il coinvolgimento di tutta la parte tecnica di progettazione e assistenza post-vendita. Da quanti anni fate parte del network Forrec? Come si è sviluppato il rapporto tra l’azienda e la vostra agenzia? Ho conosciuto Forrec circa 2 anni fa, in un periodo in cui l’azienda stava cercando dei collaboratori per sondare meglio il mercato cileno. Ho avuto modo di incontrare Fabrizio Caon attraverso una società con cui lavoro e si è creata subito sintonia, così, successivamente a una fase di studio del mercato ci siamo resi conto che il Paese era pronto per la tecnologia proposta da Forrec e il terreno era fertile per
contatti interessanti. La prima vendita, a un importante gruppo impegnato nel settore rifiuti speciali pericolosi, si è subito concretizzata. Come avviene il trattamento e il riciclo dei rifiuti in Cile? A livello governativo come viene impostata la gestione dei rifiuti? C’è da dire che il Cile è una realtà fra le più evolute in Sud America, già nell’ottica di una gestione più organizzata dei rifiuti, questo è il motivo principale per cui Forrec ha trovato subito spazio per le proprie tecnologie. Anche se la raccolta differenziata è ancora in una fase iniziale e per il momento applicata soltanto ad alcuni centri, le discariche ci sono e i rifiuti, giusto per dare una misura delle quantità, vengono convogliati con dei treni. Santiago del Cile, la capitale, ha più di 6,5 milioni di abitanti mentre l’intero Cile ha circa 18 milioni di abitanti, questo conferma la necessità di avere una gestione corretta dei rifiuti, soprattutto nei centri urbani più importanti. SMF Servicios Limitada: come nasce e quale ruolo ricopre? SMF nasce da un’esigenza nuova del mercato di acquisire tecnologia europea per risolvere problemi legati al trattamento dei rifiuti, ma nasce soprattutto dal mio vissuto professionale e da una precedente esperienza spagnola nello stesso ambito che mi ha dato la preparazione adatta a rispondere proprio alle richieste di questo Paese.
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Mirko Franceschi, titolare e Responsabile commerciale della Società SMF Servicios Limitada (a sinistra) e Fabrizio Caon, Sales Executive di Forrec (a destra)
Quali sono stati i principali cambiamenti che hanno influenzato la gestione dei rifiuti negli ultimi anni in Cile? In che modo gli impianti Forrec hanno saputo rispondere a questi cambiamenti e quali sono le tipologie di impianto più richieste? Recentemente è stata approvata la legge sulla Responsabilità dei Produttori, detta REP, e senza dubbio ci ha fatto fare un salto in avanti come Paese. Si dovranno raggiungere degli obiettivi nel corso dei prossimi anni e per questo ci siamo preparati e siamo pronti per supportare le potenziali necessità di soluzioni tecnologiche che Forrec possiede. Bisogna ricordare che lo stato del Cile ha un territorio molto vasto e questo ha permesso che nel passato i
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rifiuti venissero semplicemente scaricati in zone desertiche. Un esempio di questa tipologia di soluzione ci viene dalle miniere, situate soprattutto nella parte nord del paese, dove pneumatici speciali OTR, di circa 4 metri di diametro e 4-5 tonnellate di peso, sono stati stoccati per anni. La maggiore sensibilità del governo verso l’impatto ambientale che questa tipologia di rifiuti può avere, ha portato alla necessità di gestirne correttamente lo smaltimento. SMF e Forrec hanno risposto prontamente a questa richiesta e siamo riusciti a dare una soluzione di trattamento e riciclaggio che permette di produrre materia prima seconda da utilizzare in applicazioni industriali. Il cambiamento è quindi partito da una maggiore attenzione all’impatto che i rifiuti speciali possono avere nell’ambiente e all’importanza della valorizzazione. Gli impianti più richiesti riguardano quindi il trattamento degli pneumatici, dei rifiuti pericolosi, dei rifiuti solidi urbani, delle plastiche, però ci sono progetti anche per i RAEE e per i rifiuti industriali in generale. Quali sono le caratteristiche dei sistemi e degli impianti Forrec che i clienti apprezzano maggiormente? Forrec ha dimostrato di avere una tecnologia innovativa e performante anche con grossi quantitativi di rifiuti, inoltre l’azienda propone impianti su misura che si adattano perfettamente alle necessità dei clienti. Il made in Italy e la tecnologia europea che lo accompagna sono elementi fondamentali e molto apprezzati in Cile, inoltre Forrec ha una grande esperienza nel settore ed è in grado di dare una consulenza a 360 gradi. Se poi si aggiunge che la garanzia ufficiale è appoggiata direttamente nel mercato, con questo si genera una condizione unica in relazione alla concorrenza. Quali strumenti utilizzate per comunicare i valori e le caratteristiche degli impianti e delle realizzazioni Forrec? Quali iniziative avete attivato per lo sviluppo della vostra rete commerciale? Siamo soci attivi di una importante Associazione di Categoria, AEPA (Asociación de Empresas y Profesionales para el Medio Ambiente) e non dimentichiamo mai di pubblicare e condividere notizie che riguardano i piccoli e grandi traguardi sui social, in modo particolare siamo attivi su LinkedIn, ma anche su una piattaforma di addetti ai lavori, Mecalux Logismarket, in cui ho condiviso i prodotti di Forrec e che periodicamente aggiorno, da qui arrivano buoni contatti nel settore. Siamo anche inserzionisti in una rivista specializzata in tematiche ambientali, Induambiente. Dal 2015 siamo stati presenti come espositori alle fiere biennali: FERIA AMBIENTAL 2015, EDIFICA 2017 e in settembre parteciperemo a FIMAS 2019, a Santiago. Come giudichereste l’esperienza avuta finora con il personale Forrec attivo nelle diverse aeree? Oltre alla buona collaborazione con Fabrizio Caon, che ci segue dal punto di vista commerciale con precisione e attenzione, è stato molto importante il sostegno e l’assistenza data dall’ufficio tecnico di Forrec, che ci ha permesso di
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formare il nostro personale. Le prime referenze in Cile hanno anche consentito di apprendere la corretta gestione delle macchine e degli impianti grazie al training del personale di Forrec. Il fatto di riuscire a comunicare in italiano sicuramente facilita il passaggio di informazioni e il nostro ufficio si è occupato di tradurre in spagnolo tutta la documentazione necessaria alla presentazione dell’azienda e dei suoi prodotti. A conti fatti direi che l’esperienza è buona e i risultati lo stanno dimostrando. Come si è chiuso l’anno 2018 e quali sono le prospettive aziendali per il futuro? Il 2018 è stato l’anno che ha visto le prime vendite, che sono anche la vetrina per Forrec in Cile; è stato l’anno della concretizzazione del lavoro fatto in precedenza ed è anche stato l’anno in cui questo Paese è entrato in contatto con la realtà di Forrec. Hidronor, primo cliente dell’azienda in Cile, ha già confermato un upgrade dell’impianto con tecnologie finalizzate alla sicurezza, previsto per la consegna nel 2019, e importanti progetti per il trattamento degli pneumatici e dei rifiuti solidi urbani e pericolosi. Nel 2018 abbiamo trasferito la nostra sede in una zona industriale di Santiago, in un’area dove sono stati creati, oltre agli uffici commerciali, spazi dedicati alla manutenzione con un’officina gestita dal nostro personale per l’assistenza in loco delle macchine. Oltre alla manutenzione si garantiscono riparazioni e ricondizionamento delle parti usurate delle macchine (coltelli), servizio che ci permette di presentarci a futuri acquirenti come un partner strategico che appoggia il cliente a 360 gradi e senza intermediazioni, con personale e struttura propria. Il 2019 promette molto bene, porteremo avanti la nostra azione di marketing nel territorio Cileno e contiamo di avere i primi risultati anche dai Paesi limitrofi (Perù e Bolivia), i progetti sono concreti e l’interesse molto alto.
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NUOVO IMPIANTO DI SPERIMENTAZIONE E RICERCA PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI INARRESTABILE IL PROCESSO DI SVILUPPO DI CESARO MAC IMPORT CHE HA INAUGURATO IL PROPRIO IMPIANTO PER LA RICERCA DEDICATO AI CLIENTI di Maria Beatrice Celino
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Eraclea, in provincia di Venezia, è stato inaugurato l’impianto di sperimentazione e ricerca di Cesaro Mac Import Srl: un capannone dedicato alle macchine Steinert per testare sul materiale dei clienti quali siano le soluzioni tecnologiche migliori a seconda delle differenti tipologie di rifiuti da separare. La novità era già stata diffusa in occasione della fiera Ecomondo a novembre ma per l’inaugurazione ufficiale è stato necessario aspettare il 10 dicembre. Alla presenza della famiglia Cesaro al completo e delle autorità locali è intervenuto come ospite Stefano Ciafani, Presidente di Legambiente che ha visitato l’impianto e si è complimentato con l’azienda per l’alto livello tecnologico dei prodotti presentati. L’impianto di ricerca e sviluppo voluto da Cesaro Mac Import è finalizzato a studiare nuovi processi tecnologici e ad aiutare i clienti nella scelta delle migliori tecnologie per la selezione dei rifiuti. Cesaro Mac Import, distributore esclusivo in Italia di Doppstadt e Sennebogen e produttore del processo Il Girasole Tunnel Composting e del macchinario Tiger Depack, ha deciso di ampliare l’offerta della sua gamma anche alla selezione dei rifiuti con le macchine Steinert, di cui è dealer in Italia per il settore già da alcuni anni. Steinert è un’azienda tedesca che vanta una storia centenaria in quanto è nata nel 1889. Oggi è tra le principali aziende che producono macchine per la selezione ottica e la separazione magnetica nei campi dell’industria del riciclaggio e del settore minerario. Un partner importante, così come lo sono gli altri brand seguiti da Cesaro Mac Import. A fare gli onori di casa e a introdurre la giornata è stato Osvaldo Cesaro, il fondatore della società, che ha ringraziato i partecipanti e salutato le molte autorità presenti. Successivamente ha preso la parola Marco Bono, di Cesaro Mac Import, che ha avuto il compito di presentare il nuovo impianto. “Perché siamo qui oggi?” - ha subito chiesto alla platea il dott. Bono – “Siamo qui per l’attitudine della Cesaro Mac Import a sperimentare e fare ricerca. Se questa non fosse stata la volontà di Cesaro, oggi non saremo qui”. E non
poteva sintetizzare meglio la cura e l’impegno che la società ha profuso in questi anni in cui è cresciuta proprio grazie al valore fondante del lavoro di sperimentazione e ricerca. Cesaro Mac Import non è solo un rivenditore di macchinari e impianti ma è un’azienda mossa dalla voglia di fare sempre qualcosa di nuovo nel settore dei rifiuti e dell’ambiente. Cesaro è stato uno dei precursori del settore progettando con i suoi partner di fiducia soluzioni che dessero la possibilità da un lato, di riciclare e di recuperare materia preziosa e dall’altro, di ridurre il volume del materiale inviato a discarica. Così è stato anche nel settore del compostaggio per il quale ha studiato una tecnologia di insufflazione in tunnel, il Girasole Tunnel Composting, che è pioniera nel settore del compost e che oggi conta più di 100 installazioni solo in Italia, per arrivare poi al fiore all’occhiello l’impianto integrato, come quello di Faedo, un connubio tra digestione anaerobica e compostaggio che non produce scarti (il tutto rappresenta un circuito virtuoso). Ultimo in termini di tempo ma non di importanza è l’innovativo macchinario brevettato dalla società che sta vendendo in tutto il mondo: il Tiger Depack, un separatore nato per dividere la frazione organica della forsu dai prodotti confezionati. Caratteristica
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fondamentale di questo macchinario è la sua flessibilità di utilizzo che lo ha portato a essere utilizzato anche nel settore della produzione industriale come efficace strumento di ottimizzazione del processo per il recupero dei prodotti fuori standard da catena di montaggio o dei residui da magazzino (potendo così recuperare il contenuto dall’imballo in due matrici riutilizzabili). “Dopo tutte queste innovazioni, arriviamo alla giornata di oggi - conclude Bono - una data importante perché la società compie un altro passo in avanti. Le prime sperimentazioni condotte hanno come obiettivo la riduzione del volume delle plastiche scartate. I motivi che hanno spinto Cesaro Mac Import a realizzare l’impianto sono due: il primo è la valorizzazione, dare nuova vita a prodotti di scarto che vengono chiamati rifiuti e che in determinate filiere non vengono considerati riciclabili. Il secondo motivo è creare economia circolare: un prodotto di scarto torna a essere materia prima dopo essere stato trattato”. Ancora una volta Cesaro Mac Import intercetta un nuovo spazio di sviluppo e un nuovo bisogno sempre più sentito dalla comunità e non più solo argomento da addetti di settore. L’impianto avrà come opportunità quella di poter essere testato con diverse tipologie di matrici che fino a oggi sono state considerate inseparabili. Per cominciare nelle prime fasi di prova è stata presa in considerazione la filiera della carta. Le cartiere a oggi producono molti scarti (pulper) composti da: plastiche, metalli, polpa di carta e acqua. Trasformare questi scarti in materia prima permette di abbattere i costi di gestione, ridurre i quantitativi di rifiuto che finiscono in discarica e dare vita a nuovi prodotti. Grazie alle tecnologie Cesaro Mac Import oggi è possibile fare tutto questo. Combinando Tiger Depack e i selettori ottici Steinert il concetto di economia circolare si trasforma in realtà. La versione della macchina Tiger Depack PPS studiata per il settore delle cartiere offre la possibilità di recuperare fino al 90% della fibra di carta che andava persa e che può ritornare in circolo e produrre nuova carta. Inoltre con il trattamento nella Tiger Depack PPS si recupera una grande percentuale di plastica pulita e che può essere direttamente lavorata. Dobbiamo pensare che a oggi l’LDPE, il polietilene a bassa densità in
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IL COMMENTO DI STEFANO CIAFANI, PRESIDENTE DI LEGAMBIENTE “Abbiamo collaborato con la Cesaro Mac Import negli ultimi due anni specialmente con Legambiente Veneto, in occasione dell’Eco forum a cui l’azienda ha partecipato. L’esempio che porta la Cesaro Mac Import è molto importante perché illustra cosa avviene dopo la raccolta differenziata e aiuta i cittadini a capire cosa accade ai rifiuti dopo che sono stati da loro differenziati. Dopo lo sforzo fatto in casa dai cittadini per differenziare, dopo le risorse messe dalle amministrazioni comunali e dalle società di igiene urbana, è necessario raccontare l’industria che c’è dietro alla corretta gestione dei rifiuti e che permette loro di avere nuova vita. In questo paese c’è da fare una grande operazione culturale. I cittadini devono essere informati da una parte e tranquillizzati dall’altra che l’impiantistica per promuovere il ciclo dei rifiuti è un’impiantistica che permette di superare la stagione delle discariche e dei termovalorizzatori. Ad esempio gli impianti di digestione anaerobica in Italia sono utili alla corretta gestione dei rifiuti e all’economia circolare e concretizzano queste due parole di cui si parla tanto. È importante realizzare impianti e industrializzare la filiera dei rifiuti per chiudere il ciclo. Per fare economia circolare in questo paese serve l’industria che ricicla i rifiuti e che brevetta i macchinari che sono assolutamente funzionali al ciclo dei rifiuti. Faccio i complimenti a nome dell’associazione alla Cesaro Mac Import perché tante conquiste che faremo in futuro sono figlie dell’ingegno e del sudore delle persone”.
Da sinistra Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, Marco Bono, Osvaldo Cesaro e Gianni Zorzi.
da quello delle vaschette di plastica. Oggi l’impianto è disponibile a tutti i clienti che vogliano testare la separazione del proprio prodotto per ricavarne matrici pulite.
COME SI COMPONE L’IMPIANTO DI SPERIMENTAZIONE E RICERCA
granulo pronto per essere utilizzato, varia la quotazione in base al prezzo del petrolio, ma oscilla tra i 500 e gli 800 € a tonnellata. Non recuperare queste plastiche è quindi fonte di mancato guadagno. Passaggio conclusivo verso l’economia circolare è l’impianto per la separazione delle plastiche Steinert, in cui vengono convogliati i materiali plastici che escono
dalla Tiger e che verranno differenziati nelle varie matrici plastiche (è possibile separare anche solo un tipo di polimero). La selezione che offrono le macchine Steinert è veramente ad alti livelli grazie ai sofisticati software di cui sono dotati i selettori. Grazie ai selettori ottici è possibile selezionare talmente tante sequenze d’onda che si può distinguere il PET delle bottigliette
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L’impianto da poco inaugurato è composto principalmente da tre macchinari. La prima macchina della linea è un deferrizzatore, ossia un macchinario che tramite dei magneti riesce a rimuovere il ferro. La seconda macchina è un ECS e serve per la rimozione dei metalli non ferrosi come alluminio, rame, ottone, ecc. Alla fine di questi due passaggi in sequenza si trova un macchinario chiamato selettore ottico costituito da sensori che possono selezionare il polimero richiesto. La prima sperimentazione avviata dalla società riguarda il pulper da cartiera ma le tecnologie presenti nell’impianto permettono differenti e più complesse selezioni. Questo offre la possibilità di guardare al futuro con nuovi cicli e pensare a nuove filiere.
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SEMPRE AVANTI ECCO LE NOVITÀ CHE BONFIGLIOLI ESPORRÀ AL BAUMA 2019 E CHE ABBIAMO POTUTO VEDERE IN ANTEPRIMA DURANTE UNA VISITA PRESSO LA O&K AD HATTINGEN IN GERMANIA di Maria Beatrice Celino
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cquisizioni, investimenti, nuovi stabilimenti e prodotti sono in estrema sintesi Bonfiglioli, un gruppo che progetta, produce e distribuisce a livello mondiale una vasta gamma di motoriduttori, dispositivi di azionamento, riduttori epicicloidali e inverter. Nel 2018, per il terzo anno consecutivo, Bonfiglioli ha registrato una crescita con un fatturato totale di 913 milioni di euro e un incremento di circa il 13% rispetto al 2017. Ora si avvicina al bauma 2019 pronto per nuove sfide tecnologiche e di espansione, come ci è stato anticipato durante una visita presso gli stabilimenti O&K ad Hattingen in Germania dove sono stati presentati ai giornalisti i nuovi prodotti che saranno svelati al grande pubblico del bauma. La Cina, l’India e gli Stati Uniti sono le regioni in cui il Gruppo Bonfiglioli ha registrato una crescita maggiore ma è ancora l’Europa il mercato più consolidato in termini di tendenze tra le varie industrie. Le tecnologie per le macchine mobili hanno generato oltre il 45% del fatturato totale, mentre le unità per le turbine eoliche hanno rappresentato il 13% del fatturato. I ricavi rimanenti sono stati generati da dispositivi per applicazioni industriali. Secondo Fausto Carboni, amministratore delegato del Gruppo Bonfiglioli “è stato un anno molto entusiasmante; il piano di investimenti di 158 milioni di euro in tre anni (2017-2019) e il forte impegno del team globale di Bonfiglioli hanno supportato una crescita straordinaria e, allo stesso tempo, fornito una solida base per lo sviluppo futuro in termini di tecnologie, processi e servizi”. Nel settore dei macchinari per le costruzioni, negli ultimi 2 anni, Bonfiglioli è cresciuta a livello globale del 6-7% più velocemente rispetto alle altre società presenti sul mercato, confermandosi come leader di mercato globale nelle tecnologie degli ingranaggi. Stati Uniti, Cina e India hanno raddoppiato complessivamente i ricavi negli ultimi 2 anni. Oltre allo standard di qualità altamente riconosciuto, le chiavi del successo sono l’allargamento del portafoglio dei prodotti adatto a un’ampia gamma di applicazioni, lo sviluppo di soluzioni personalizzate combinate e la recente inte-
Fausto Carboni, amministratore delegato del Gruppo Bonfiglioli
Stefano Callegati, Country Manager O&K Antriebstechnik GmbH
grazione di O&K. Infatti, nel 2018 Bonfiglioli ha perfezionato l’acquisizione di O&K Antriebstechnik GmbH a Hattingen, divenendo unico proprietario dell’azienda tedesca. L’acquisizione, iniziata alla fine del 2015 ha prodotto un’accelerazione del mercato e le vendite
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Roberto Antonaci, Sales & Business development manager O&K
dei prodotti a marchio O&K sono aumentate da 36 milioni di euro di ricavi consolidati nel 2015 a circa 71 milioni di euro nel 2018. La tendenza positiva dovrebbe continuare nel 2019, anche grazie a nuovi e più efficienti prodotti e allo sviluppo di nuove applicazioni nel settore marittimo e offshore. Ma la presenza di Bonfiglioli in Germania non è solo relativa a O&K e nel 2019 festeggia i 30 anni, con 3 stabilimenti produttivi attivi, un fatturato di 155 milioni di euro e 346 impiegati. Stefano Callegati, Country Manager O&K Antriebstechnik GmbH, ha presentato l’azienda e i suoi 140 anni di storia, che l’hanno portata dall’anno della costituzione nel 1876 fino all’acquisizione di Bonfiglioli nel 2018. “Lo stabilimento di produzione O&K ad Hattingen occupa una superficie di oltre 32.700 m2 - spiega Callegati - e produce circa 9.000 pezzi all’anno. O&K è tra i principali produttori al mondo di azionamenti epicicloidali e sviluppa, produce e offre una gamma completa di motoriduttori, riduttori per rotazione e tamburi fresa per applicazioni mobili, oltre che riduttori per arga-
Marco Cesari, Direttore Generale della Business Unit Mobility & Wind Industries
ni, passerelle e scale mobili. Le dimensioni sempre più compatte consentono di installare le unità dove lo spazio è ridotto, ma O&K è in grado anche di fornire i riduttori più grandi mai realizzati al mondo, adattati per le pale da escavazione e le gru cingolate di grandi dimensioni”. Successivamente Roberto Antonaci, Sales & Business development manager O&K ha presentato nello specifico le vendite dei prodotti O&K nel mondo: “Tra il 2017 e il 2018 abbiamo registrato una crescita molto importante in tutti i mercati mondiali, con maggiorazioni del 14% sul mercato europeo, del 61% negli Usa, del
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64% in Sud America, del 91% in Australia e del 71% in Cina dove il mercato vale 43 milioni di euro”. Nel 2018 Bonfiglioli ha inaugurato in Italia la nuova linea di produzione per il settore dell’elettromobilità a Forlì. Le stime mondiali al 2030 prevedono che il 48% dei nuovi veicoli venduti saranno elettrici o ibridi. Il nuovo stabilimento di Bonfiglioli, che occupa un’area di circa 10.000 m2, è stato realizzato in 12 mesi ed è dedicato interamente alla produzione di assali elettrici per trasmissioni e comandi ruote di varie dimensioni. Anche in questo caso, Bonfiglioli ha realizzato il nuovo impianto con un approccio “green”, implementando misure di risparmio e di generazione energia, come l’edificio di classe energetica A2, l’illuminazione totalmente a LED, l’impianto fotovoltaico posizionato sul tetto in modalità autoconsumo, e un sistema di recupero del calore dei compressori, tutto ciò consentirà allo stabilimento di risparmiare annualmente circa 1 MWh, ovvero oltre 300 tCO2. Con un totale di 39.000 m2 dicati alla produzione, lo stabilimento di Forlì offre prodotti a 200 clienti nel settore delle costruzioni, dell’energia eolica, della logistica e intralogistica, nel marino, con una vasta gamma di prodotti che includono yaw e pitch drive, riduttori per comando ruote, riduttori per traslazione, per rotazione e per argano. Anche la flessibilità è uno dei principali concetti su cui si basa la realizzazione della nuova linea di assemblaggio, che garantisce la capacità di gestire 25.000 prodotti all’anno, da 70 kg a 1.200 kg, con tempi ridotti di settaggio della macchina. Secondo Marco Cesari, Direttore Generale della Business Unit Mobility & Wind Industries “Questa espansione offre all’azienda l’opportunità di supportare meglio i nostri clienti con soluzioni innovative per veicoli elettrici e ibridi industriali e commerciali. Abbiamo deciso di utilizzare la migliore tecnologia 4.0, al fine di creare processi flessibili e migliorare gli standard di qualità e produttività”. Sempre nel 2018, è stato inaugurato uno stabilimento produttivo a Chennai, in India. Il nuovo stabilimento di 14.000 m2 è adiacente allo stabilimento esistente ed è dotato di linee di assemblaggio all’avanguardia, un centro di ricerca e sviluppo e laboratori per i test che soddisfano i più elevati standard di qualità e sicurezza. Con una capacità annua di 75.000 unità, Bonfiglioli può gestire senza problemi tutti i mercati esistenti e nuovi, così come i clienti nei settori off-highway, edilizia, minerario, agricolo e movimentazione materiali. La strategia di estensione prosegue nel 2019 con EVO, l’impianto principale per la tecnologia dei motoriduttori industriali con sede a Bologna. Rappresenterà una piattaforma di trasformazione per il passaggio a processi digitalizzati in conformità con le best practice dell’industria 4.0. EVO è concepito attorno a questi principi, per una rivoluzione digitale con l’uomo al centro della tecnologia, seguendo la Digital Re-Training di Bonfiglioli, il primo esempio concreto in Italia di un approccio olistico allo sviluppo delle competenze, insieme a un corso di riqualificazione che include contenuti tecnici e culturali. Per questi motivi, come ha ricordato Stefano Baldi, Global Sales Director Mobility & Wind Industries Business Unit, “Bonfiglioli e O&K sono i leader nella progettazione, produzione e distribuzione di motoriduttori, riduttori epicicloidali e azionamenti elettronici che soddisfano le richieste più estreme ed esigenti nel campo industriale dell’automazione, delle macchine mobili e dell’energia rinnovabile. La gamma dei nostri prodotti è la più vasta e seguiamo
za, efficiente ed economica dedicata ai sollevatori telescopici ma adatta anche ad altre applicazioni” - ha spiegato Andrea Torcelli, CTO Bonfiglioli. Il variatore meccanico brevettato (Europa, Stati Uniti e Asia), che è il cuore di questo nuovo prodotto è il risultato di oltre 15 anni di sviluppo presso CVTCORP, il partner canadese di Bonfiglioli. Consente agli OEM di ridimensionare il motore fornendo al contempo una facilità operativa senza pari e miglioramenti delle prestazioni complessive del veicolo nell’intervallo del 20-30%. La coppia e la potenza vengono trasferite ininterrottamente attraverso 6 rulli azionati, grazie alla lubrificazione elettroidrodinamica, che impedisce il contatto tra metallo e metallo garantendo il corretto trasferimento della coppia senza slittamenti. “Grazie alle sue caratteristiche tecniche speciali, ECGenius è la trasmissione a variazione continua più affidabile ed efficiente sul mercato” conclude Torcelli. Il design robusto è concepito per gestire forti sollecitazioni tipiche dell’applicazione, mentre il sistema di controllo preciso e stabile non è affatto influenzato dalle variazioni di carico. La trasmissione è stata testata con oltre 500.000 ore di test cumulative in laboratorio e dagli OEM nelle applicazioni reali. L’architettura della trazione CVT (trasmissione a variazione di velocità continua) offre cambi di velocità dolci, senza soluzione di continuità e senza salti attraverso un infinito numero di velocità di avanzamento. E l’innovativo design della trasmissione con controllo e frizione avanzati riduce il numero di componenti meccaniche, riducendo quindi le perdite meccaniche e vischiose.
Andrea Torcelli, CTO Bonfiglioli (a sinistra) e Stefano Baldi, Global Sales Director Mobility & Wind Industries (a destra)
tutti i settori industriali”. Il 2019 sarà un anno importante anche per le nuove tecnologie e soluzioni lanciate, a partire dal più importante appuntamento per il settore delle costruzioni, la fiera bauma di Monaco, dove, oltre alle tradizionali linee di prodotto, verranno esposti nuovi riduttori elettrici per i frantoi; nuovi prodotti elettrici per mini escavatori; e due nuove soluzioni IIOT. L’innovazione più rilevante tra i nuovi prodotti è rappresentata da ECGenius, la trasmissione a variazione continua sviluppata in collaborazione con la società canadese CVT Corp. “ECGenius è una trasmissione a variazione continua ad alta poten-
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BAUMA, SENZA RIVALI È LA FIERA DEL SETTORE DELLE MACCHINE MOVIMENTO TERRA PIÙ GRANDE AL MONDO. E QUEST’ANNO SARÀ ANCORA PIÙ GRANDE
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di Laura Veneri
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IL MERCATO NEL 2018
ltre 3500 espositori da 55 nazioni: è un nuovo record della manifestazione sulle macchine movimento terra più grande al mondo. Ma non solo, anche la superficie espositiva è aumentata, come ricorda Klaus Dittrich, Presidente e CEO di Messe München: “Il settore è in piena espansione, e questo si riflette anche sulla crescita di bauma. Abbiamo tenuto conto dell’aumento della domanda e ampliato il nostro sito nella zona est di Monaco a 614.000 metri quadrati. Il nostro obiettivo è offrire una piattaforma al maggior numero possibile di espositori”. Non resta quindi che prepararci per tempo e non arrivare in fiera senza sapere quali aree visitare. Quali espositori visitare? Quali novità di prodotto scoprire? Quali innovazioni vedere al lavoro nell’area Demo o nell’area della realtà virtuale? In questa edizione, per la prima volta, i visitatori al padiglione B0 potranno vivere virtualmente il settore, grazie alla realtà virtuale e aumentata. Noi abbiamo partecipato agli incontri con i principali espositori, che ci hanno anticipato le novità che porteranno in fiera. Vediamo però prima com’è l’andamento del mercato in Italia. Dall’8 Aprile tutti a Monaco di Baviera!
L’Osservatorio vendite macchine e impianti per le costruzioni del CRESME, promosso da Cantiermacchine-Ascomac, registra nel 4° trimestre 2018 un segno +: il mercato interno di macchine movimento terra e lavori stradali, con 5.126 macchine vendute o destinate alle flotte noleggio, cresce rispetto alle vendite realizzate nel 4° trimestre 2017 del +6,7%. Prosegue quindi la crescita cominciata nel 1° trimestre 2014, crescita costante nel corso degli ultimi 5 anni. Il 2018 registra 14.770 macchine vendute o destinate alle flotte noleggio, un aumento del +15,7% rispetto al 2017, e addirittura del +33,0% rispetto al 2016, anno in cui erano state rilevate 11.103 macchine. Con il 2018 si chiude così il quinto anno di crescita della vendita e del noleggio di macchine movimento terra e per le costruzioni dopo il picco minimo toccato nel 2013, con 6.089 macchie vendute. Va sottolineato però che i livelli pre-crisi erano molto più alti e che nel 2008 le macchine vendute erano state 24.158: nel 2018 siamo ancora a -39% rispetto al 2008. La fase di ripresa della vendita di macchine è iniziata nel 2014
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con 6.778 macchine, ma è con il 2015 che vi è stata una accelerazione nelle vendite: nel 1° trimestre la crescita è stata pari al +15,3%, nel 2° trimestre pari al +40,2%, nel 3° trimestre del +42,8% e nel 4° trimestre del +37,5%; il 2015 si è chiuso con il +34,7% rispetto al 2014. E la dinamica positiva delle vendite/noleggi è continuata a un ritmo ancora più serrato anche nel 2016 (nel 1° trimestre 2016 il mercato ha registrato un incremento pari al +24,3% rispetto al 1° trimestre 2015, nel 2° trimestre il +17,5%, nel 3° trimestre il +15,0% e nell’ultimo trimestre il +27,5%) e nel 2017 (nel 1° trimestre la variazione è stata pari al +7,2%, nel 2° trimestre pari al +6,2%, nel 3° trimestre del +27,9% e nell’ultimo trimestre del +18,1%). La crescita è continuata, come abbiamo visto, anche nel 2018: nel 1° trimestre l’incremento è stato pari al +27,4%, nel 2° trimestre del +21,8%, nel 3° trimestre del 15,5% e nel 4° trimestre del +6,7%. Nonostante il tasso di crescita più contenuto il 4° trimestre del 2018 segna un importante picco su base trimestrale per il mondo delle macchine per le costruzioni. L’analisi dei dati per tipologia di macchine mostra che nel 4° trimestre 2018, la tipologia di prodotto che più degli altri ha beneficiato della crescita del mercato interno è stata quella dei sollevatori telescopici che, con 95 macchine vendute o destinate alle flotte noleggio, registra un incremento del +691,7% rispetto al 4° trimestre 2017. Questo settore non registrava un valore positivo dal 1° trimestre 2017, +143,8%. Il mercato è trainato dalle macchine movimento terra tradizionali, rappresentative
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del 27,9% dell’intero comparto, che registrano il +6,6% rispetto al 4° trimestre 2017; delle 1.431 macchine movimento terra vendute o noleggiate, il 57,9% pari a 828 macchine, sono escavatori cingolati e superano il dato delle vendite del 4° trimestre 2017 del +6,7%. Anche per gli escavatori gommati, in crescita dal 2° trimestre 2017, le vendite realizzate in questi ultimi 3 mesi del 2018 hanno registrato un incremento del +17,6%. Le pale gommate con 495 macchine crescono del +5,8% mentre si segnala che i dozer con solamente 7 macchine vendute o noleggiate registrano una flessione del -41,7%. I dati della rilevazione ISTAT sul commercio estero nel periodo gennaio-ottobre 2018, confermano la crescita del settore; le importazioni di macchine per le costruzioni e lavori stradali aumentano a fine periodo del +13,5% su base annua. Anche le esportazioni, nonostante la flessione di agosto con il -3%, sono in crescita nella totalizzazione degli ultimi dieci mesi con il +6,2%. E con un saldo in attivo di 1.608,9 milioni di euro la bilancia commerciale supera il valore registrato nel periodo gennaio-ottobre 2017 del +2,7%.
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CATEGORIA 2: COMPONENTI E SISTEMI DIGITALI
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CATEGORIA 1: MACCHINE
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E-Power Pipe®, Herrenknecht AG. E-Power Pipe® è un metodo senza
Bomag Ion Dust Shield, Bomag GmbH. La tecnologia Ion Dust Shield è la soluzione che riduce la polvere e protegge così sia l’operatore che l’ambiente. Positioning system DokaXact, Doka GmbH. È il primo sistema interattivo basato su sensori per il controllo della posizione delle casseforme. PAVE-TM, Moba Mobile Automation AG. PAVE-TM è l’unico sistema al mondo per la misurazione automatica dello spessore dello strato nella costruzione di strade.
CATEGORIA 3: COSTRUZIONI (LAVORI, METODO, PROCESSI)
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BAUMA INNOVATION AWARD
Sono 15 i candidati al bauma Innovation award e solo il 7 aprile sarà aggiudicato il prestigioso premio. La lista dei nominati suddivisi in categorie è la seguente.
scavo per l’installazione economica ed ecologica di cavi interrati. 370 EC-B, è attualmente la gru più grande, Liebherr-Werk Biberach GmbH. La nuova fresatrice a freddo con MILL ASSIST, Wirtgen GmbH.
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b-project, Bauer Spezialtiefbau GmbH. Il sistema registra tutti i dati di costruzione rilevanti sistematicamente e digitalmente, li collega in modo mirato e li analizza automaticamente. Produzione mobile di Max Bögl Stiftung & Co. KG. Le Hybrid Towers della Max Bögl Wind AG sono famose per la loro altezza del mozzo elevata e contribuiscono alla generazione efficiente di energia elet-
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trica utilizzando l’energia eolica. Tecniche costruttive innovative per l’industria delle costruzioni di domani, Ed. Züblin AG, Directorate Stuttgart.
CATEGORIA 4: RICERCA E SVILUPPO
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Conti-E Impulse Comminution, Technical Mining Academy of Freiberg, Institute for Mineral Processing Machines. Driver Guidance 4.0, Università di Monaco di Baviera. Rimozione definita di calcestruzzo altamente armato, Karlsruhe Institute for Technology (KIT).
CATEGORIA 5: DESIGN
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INTUSI interfaccia intuitivo, LiebherrHydraulikbagger GmbH. • Mecalac TV1200, Mecalac Construction Equipment. • Design HDD system drill 2019, Tracto-Technik GmbH & Co. KG. Nelle pagine seguenti sono illustrate le anteprime delle novità che saranno presentate al bauma. Fotografie © Messe München
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PROMOVE
HALL B5.326
In occasione dei suoi 30 anni dall’inizio dell’attività nel mondo della demolizione Promove presenta al bauma la nuova serie di frantumatori fissi partendo dal primo nato CF130 e la pinza multifunzione FMK2000 con il sistema di sostituzione rapida delle chele. Il CF130 è un frantumatore fisso da 13 quintali super compatto ed eccezionalmente manovrabile (solo 1,7 m di altezza), costruito interamente in Hardox 400 e concepito come unico blocco senza alcuna saldatura tra corpo e chela fissa per garantire una incomparabile robustezza della struttura. Progettato con attenzione ai minimi dettagli il CF130 monta le tre file di denti sfalsati tra loro per poter tranciare il materiale prima della frantumazione e con una larghezza della mascella fissa di 500 mm per poter accogliere più materiale. La pinza multifunzione FMK2000 è un’attrezzatura innovativa che permette di cambiare i differenti kit di chele in modo rapido e direttamente in cantiere. Il sistema innovativo di agganciosgancio, semi automatico, è studiato per operare la sostituzione in cantiere, in sicurezza e rapidamente: è sufficiente ruotare una maniglia per assicurare e rilasciare l’intero kit chele. Tutta la struttura, come pure i differenti kit di frantumazione, è realizzata in materiale antiusura per un peso complessivo di 2000 kg.
GENERAC MOBILE
HALL A5.526
Quest’anno a Monaco di Baviera la fiera Bauma raggiunge la trentaduesima edizione. Generac® Mobile assieme alla sister company Pramac hanno deciso di raddoppiare presentandosi con due stand, uno interno e uno esterno, nei quali verranno esposti gruppi elettrogeni, torri d’illuminazione e cannoni per l’abbattimento della polvere, puntando a mostrare l’ampiezza della propria gamma prodotti che unisce il rispetto per l’ambiente alla riduzione dei costi operativi. Per la linea torri faro, tra i vari modelli verranno esposte anche delle novità importanti come i modelli CUBE+ Hyper e Hydro Power Box 360, dotati di speciali proiettori LED da 320W orientabili singolarmente in qualsiasi direzione, grazie ai quali l’operatore può facilmente adattare l’orientamento dei fasci di luce ottenendo un’illuminazione fino a 360°. Questi proiettori possono anche essere equipaggiati con pannelli antiabbaglianti opzionali da installare al bisogno. Tecnologia, innovazione e sicurezza Made in Generac® Mobile. Grande curiosità ci sarà attorno all’innovativa V20 Hybrid, la versione ibrida della famiglia V20, nonché modello di punta della linea torri faro, che fa della durata di utilizzo delle batterie e dell’affidabilità il suo fiore all’occhiello. Per il gruppo Generac® questa inoltre sarà un’ottima occasione per festeggiare insieme ai visitatori i 60 anni dalla fondazione della società americana. Oltre mezzo secolo di storia, di professionalità e di continua innovazione per venire incontro ai sempre più numerosi cambiamenti del mercato e alle necessità dei propri clienti. Per festeggiare assieme a noi e vedere tutti i nostri modelli esposti, ci potete trovare allo stand indoor A5.526 e allo stand outdoor 45A.8 tra le hall A4 e A5.
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VTN EUROPE
HALL B5.413
Da più di 45 anni VTN pensa e realizza attrezzature sempre più innovative per migliorare e facilitare il lavoro di chi opera nel movimento terra, nell’industria, nella demolizione e nel riciclaggio. Modelli unici, di alto livello tecnico e qualitativo, capaci di rispondere alle aspettative anche degli specialisti più esigenti e di soddisfare tutte le necessità del cantiere. VTN Europe non è solo un brand, ma un prezioso patrimonio di storia e tradizione, di cultura e passione per il lavoro. Un’azienda esportatrice nel mondo del made in Italy, che nel tempo ha investito per affrontare anche le sfide impossibili, che ha collezionato successi e che si è fatta apprezzare ovunque per il valore della propria produzione e l’eccellenza dei suoi servizi. VTN si appresta a presentare al BAUMA di Monaco, la più importante vetrina mondiale del 2019, alcune novità di prodotto che caratterizzano ancora una volta, qualora ve ne fosse bisogno, l’intuizione, il dinamismo e lo spirito di squadra del proprio team “Ricerca e Sviluppo”. Tutte le attrezzature esposte allo stand meriterebbero la giusta presentazione. Vogliamo però catturare la curiosità e l’attenzione degli addetti più esperti su alcune nuove proposte. Come cambiare ogni tipo di attrezzatura con connessioni idrauliche in tutta sicurezza dalla cabina dell’escavatore e senza scendere dal posto di guida? Con il nuovo sistema di attacco rapido LINK o MATIC, VTN rende possibile l’operazione in modo semplice, sicuro e veloce. Come aumentare le prestazioni di un’attrezzatura da demolizione e diminuire i consumi della macchina operatrice? Attraverso l’utilizzo di uno speciale dispositivo idraulico che lo permette. Il nuovo CK 22 Plus+ ne rappresenta la sintesi: consente di abbassare le pressioni di esercizio garantendo elevata forza di penetrazione e frantumazione, oltre a cicli di lavoro più veloci e rapidi. Non meno importante è infine il nuovo frantumatore per la demolizione secondaria VF 23HM dotato di magnete incorporato ad azionamento esclusivamente idraulico (Power Unit interna) di elevata potenza.
HINOWA
HALL C4.325
L’attenzione di Hinowa nei confronti della politica ambientale ‐ posta sia durante la fase di progettazione delle proprie macchine, sia lungo l’intero processo produttivo ‐ si concretizzerà al bauma 2019 con uno stand “green”, in cui spiccheranno la nuova gamma di macchine elettriche e bi‐energy e molte iniziative “ecologiche”. Da oltre 30 anni Hinowa, con sede a Nogara, in provincia di Verona, si occupa di realizzare macchinari per lavorazioni in altezza e movimento terra, quali piattaforme aeree, minidumper ed elevatori cingolati all’avanguardia e di qualità, per professionisti che operano in differenti settori. In occasione del bauma Hinowa presenterà all’interno dei suoi due stand una rappresentanza delle sue innovazioni in tema ambientale. L’attenzione sarà riservata in particolare al minidumper cingolato HS701, che verrà proposto agli operatori del settore anche con cassone piano a sponde reclinabili, nonché nella nuova versione elettrica (“E”), e alle nuove piattaforme cingolate LL33 bienergy e LL26 bi‐energy (entrambe con batterie al litio e motore a combustione). Ennesime testimonianze di innovazione, queste, da parte di un’azienda che anche per la sua attività quotidiana ha optato per una spiccata salvaguardia ambientale, utilizzando pannelli solari ed efficaci sistemi di depurazione delle acque reflue per i suoi stabilimenti, nonché l’utilizzo di vernici ad acqua e oli biodegradabili durante l’intero ciclo di produzione delle sue macchine. Anche grazie a questa visione ecologica, Hinowa si è sempre distinta per la qualità dei componenti utilizzati e per la ricerca di soluzioni tecnologicamente all’avanguardia che l’hanno portata a diventare un punto di riferimento per il suo settore sia in Italia che all’estero.
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SSAB
HALL A6.439
SSAB è convinta che il rispetto dell’ambiente favorisca anche una buona gestione imprenditoriale. Per questo motivo, l’azienda è fermamente impegnata a ridurre il proprio impatto ambientale e quello dei clienti, operando in tante maniere diverse: in quanto firmatari del Global Compact delle Nazioni Unite, mediante l’adesione a progetti e organizzazioni di ricerca ambientale e ottimizzando processi produttivi, procedure e politiche. Attraverso il programma SSAB EcoUpgraded, i clienti possono passare all’acciaio altoresistenziale e ridurre il peso delle loro attrezzature, migliorare il risparmio di carburante e prolungare la durata utile del prodotto, tutti fattori che hanno grande impatto sull’ambiente. Passando dall’acciaio standard a quello altoresistenziale, i clienti sono in grado di ridurre il peso del prodotto finale mantenendo la stessa resistenza e aumentando durata e produttività. Dal punto di vista del ciclo di vita, quest’aspetto è fondamentale perché la maggior parte dell’impatto ambientale negativo deriva dalla fase di utilizzo di un prodotto. E poiché l’acciaio altoresistenziale è più resistente dell’acciaio dolce di tipo convenzionale, serve meno acciaio per fabbricare il prodotto, con conseguente riduzione anche delle emissioni di CO2. Un prodotto SSAB EcoUpgraded genererà un risparmio di CO2 superiore alla quantità di CO2 emessa durante la produzione della parte prima del passaggio. L’entità del risparmio varia a seconda del progetto e dalla criticità del peso. SSAB esamina ogni specifica applicazione e confronta il potenziale risparmio di CO2 nella fase di utilizzo con la CO2 emessa durante la produzione.
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HYUNDAI CONSTRUCTION EQUIPMENT EUROPE
HALL FM.812/A
In occasione di bauma, Hyundai Construction Equipment Europe presenterà 15 prodotti, di cui 6 verranno mostrati in Europa per la prima volta. Da tempo si attendevano aggiunte alla gamma come la macchina da 1 tonnellata HX10 A e la HX85A CR da 8,5 tonnellate per gli escavatori compatti. Il programma include anche il lancio dei nuovi modelli di pale gommate ed escavatori compatibili con la gamma Stage V: l’HX85A CR, l’HX220A L, l’HX300A L e l’HL960A. Il nuovo modello HX900 L, progettato specificamente per le esigenze dell’industria edile ed estrattiva europea, sostituirà l’R800LC-9. Questa macchina da 90 tonnellate è stata sviluppata grazie a una tecnologia leader del settore per offrire un livello di produttività eccellente. Subito dopo la gigantesca R1200-9 da 120 tonnellate, l’HX900 L è la macchina Hyundai più grande della gamma.
HIAB
HALL FN.926/1
Nel 2016, Hiab, azienda del gruppo Cargotec, ha presentato HiVision, un nuovo sistema rivoluzionario per l’azionamento delle gru che ha cambiato le regole del gioco nel settore della movimentazione dei carichi. Ora, a due anni dal lancio, Hiab ha venduto le proprie gru equipaggiate con HiVision in più di 10 Paesi e si è aggiudicata diversi premi per l’innovazione. Inoltre, il sistema di controllo è stato approvato dall’azienda di revisione dei veicoli europei Dekra e certificato da TÜV Rheinland, fornitore leader internazionale di servizi tecnici. Ora l’auspicio di Hiab è che i clienti continuino a investire in altre gru HiVision per le proprie flotte. HiVision è una modalità di azionamento delle gru completamente nuova. Infatti, permette di azionare la gru direttamente dalla cabina dell’autocarro per mezzo di occhiali 3D per la realtà virtuale e telecamere. In tal modo si ottiene una panoramica perfetta dell’area di lavoro, in tutta sicurezza e comodità dal proprio sedile. Nel caso delle gru forestali, una pratica piuttosto comune è quella di azionare la gru da un sedile situato in alto oppure da una cabina entrambi montati direttamente sulla colonna della gru. La postazione di lavoro è rimasta praticamente inalterata da quando è stato introdotto il sedile alto dal marchio JONSERED di Hiab nel 1961, nonostante l’introduzione delle cabine da parte di Hiab alla fine degli anni ‘80. Con il lancio di HiVision alla fiera Bauma 2016, Hiab è stata la prima azienda del settore a presentare una soluzione veramente innovativa per l’azionamento delle gru forestali, in grado di incrementare sicurezza, ergonomia e produttività. “Lo sviluppo di HiVision è stato incentrato interamente sul miglioramento dell’ambiente di lavoro e della sicurezza degli operatori. Ma abbiamo puntato anche sulla produttività e sulla riduzione dei costi per le aziende dei nostri clienti. Eravamo perfettamente consapevoli che si trattava di una soluzione radicale, ma offriva anche l’opportunità di allontanare l’operatore da un ambiente rischioso alla cabina di un autocarro, cioè la posizione di lavoro più comoda e sicura in assoluto durante il carico. Inoltre, la riduzione di peso si sarebbe tradotta nella possibilità di aumentare il carico utile”, afferma Toni Ahvenlampi, Product Manager HiVision, Forestry and Recycling Cranes, Hiab. .
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TORNERIA BERGAMINI Torneria Bergamini è nata negli anni ‘70 come azienda meccanica. Dal 2004 ha iniziato a entrare nel mercato come costruttore per attrezzature nel settore recycling. Al bauma saranno esposte le spazzatrici che vanno applicate a ruspe, sollevatori telescopici o carrelli elevatori. Queste scope industriali funzionano a spinta e vengono impiegate per la pulizia di tutte le superfici da residui di materiali ferrosi, plastici, legname, vetro e qualsiasi altro inerte. La gamma delle scope industriali è ampia e si differenzia per tipologia e dimensioni. Le scope sono dotate di ciuffi in acciaio e polipropilene rinforzato intercambiabili e particolarmente resistenti. Torneria Bergamini non produce solo scope industriali e da tanti anni è presente sul mercato internazionale con prodotti di propria costruzione tra cui cesoie idrauliche, spelacavi, magneti, demolitori per motori elettrici.
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TREVI BENNE
HALL C5.424
Dall’8 al 14 Aprile, in occasione del bauma di Monaco, fiera leader mondiale per la costruzione, edilizia e macchine da miniera, Trevi Benne Spa sarà presente nel nuovo Padiglione C5 - Stand 424 proponendo al pubblico ben 11 attrezzature da demolizione, riciclaggio, movimento terra e forestale. Come da tradizione un ampio spazio living sarà dedicato all’accoglienza dei visitatori e distributori, a testimonianza di quello che è lo spirito di ospitalità che da oltre venticinque anni contraddistingue Trevi Benne. Una delle più importanti novità tecnologiche sviluppate dall’azienda vicentina è l’IMPACT BOOSTER, una valvola idraulica installata sul cilindro che moltiplica la pressione di esercizio tre volte rispetto a quella in ingresso. Due le attrezzature da demolizione equipaggiate con il dispositivo moltiplicatore di potenza IMPACT BOOSTER esposte a Monaco: il Multi Kit MK 28P, un frantumatore universale costituito da un telaio a cui vengono agganciati diversi kit da demolizione e taglio metalli e il FrantumaFrantumatore Multi Attachment Modello MA 25 con Kit tore Girevole FR 23P un’atSvizzero adatto per la riduzione immediata del tondino trezzatura performante sia di armatura durante la frantumazione del calcestruzzo. per la demolizione primaria che secondaria. Trevi Benne inoltre presenterà al pubblico internazionale una nuova generazione di Frantumatore Multi Funzione: la Serie MA. È l’espressione perfetta di produttività ed efficienza. Un mix perfetto di potenza in frantumazione, rapidità nel ciclo apri/chiudi e affidabilità in cantiere. Disponibile nella versione con Kit Combi e Kit Svizzero è senza dubbio l’attrezzatura ideale per ogni processo di demolizione: dall’abbattimento e frantumazione di strutture in cemento, al taglio dei tondini di armatura e profili metallici. Al pubblico verrà proposto il modello MA 25 con Kit Combi del peso di 2.700 kg. Il Multi Attachment MA è già disponibile in 5 differenti classi di peso, dal modello MA 18 di 1.900 kg al modello MA 65 di 11.000 kg!
SENNEBOGEN
HALL FM.712
La storia di successo della fiera internazionale bauma ha inizio nel 1954, con solo 58 espositori riuniti sul terreno del Theresienwiese di Monaco di Baviera. Ad oggi l’area espositiva e il numero degli espositori sono aumentati di 50 volte. La ditta SENNEBOGEN è stata tra i primi espositori e partecipa alla manifestazione ininterrottamente dal 1959. Nel 2019 festeggia quindi il 60° anniversario di presenza al bauma. Un successo per l’azienda a gestione familiare di Straubing, nella Bassa Baviera. Oggi SENNEBOGEN, con alle spalle una storia aziendale di oltre 67 anni, è leader mondiale in numerosi campi della movimentazione dei materiali e della tecnologia delle gru. Nell’edizione 2019 SENNEBOGEN rappresenterà ancora il “cuore verde” del bauma. Al centro dello spazio espositivo all’aperto, su un’area complessiva di oltre 2.000 m², ad aprile saranno esposti 11 esemplari: dal piccolo sollevatore telescopico al grande escavatore a fune. Ancora una volta la Fiera di Monaco sarà per una settimana il luogo d’incontro tra appassionati di macchine per l’edilizia, clienti e produttori di tutto il mondo. Bauma continua a crescere incessantemente e, con lei, il numero degli espositori. Anche per SENNEBOGEN bauma 2019 sarà un anno record. Mai prima d’ora, infatti, si sono visti un team di venditori e partner commerciali così nutrito, una gamma di prodotti così completa e tanta trepidazione come nell’anno del 60° anniversario di partecipazione alla fiera di aprile.
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NLMK CLABECQ
HALL A6.333
Quard® è un acciaio resistente all’abrasione progettato per resistere all’usura in tutte le applicazioni più sollecitate, quali quelle nel settore del movimento terra, delle costruzioni, delle attività estrattive in miniere e cave e nell’industria del riciclaggio. La resistenza all’abrasione di Quard® lo rende il prodotto ideale per grandi macchine in condizioni di lavoro estreme. Quard® è prodotto da NLMK Clabecq, uno dei più importanti produttori di acciaio di alta qualità a livello mondiale e con un livello di capitalizzazione senza eguali nel settore siderurgico. Quard® è generato con la tecnologia più avanzata sia nella produzione della bramma di partenza che per i processi di laminazione e i successivi trattamenti termici, linee specificamente progettate per la produzione di lamiere temprate e rinvenute larghe e sottili a vantaggio dei trasformatori e degli utilizzatori finali. NLMK produce anche Quend®, la linea di prodotti di lamiere in acciaio da costruzione ad alto limite di snervamento per applicazioni che richiedono alta capacità di carico, come ad esempio sollevamento o trasporto. Quard® è ideale per la costruzione di benne, lame, ribaltabili, mulini, frantumatori, nastri trasportatori, container, trinciatrici, macchine da taglio, cicloni, tramogge, ecc. nel settore del riciclaggio, movimento terra, fabbricazione impianti industriali, miniere e cave.
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CATERPILLAR
HALL B6.106
Caterpillar esporrà 64 macchine, 20 delle quali sono delle nuove introduzioni, i prodotti più all’avanguardia che Caterpillar abbia mai presentato al salone bauma di Monaco. L’esposizione Caterpillar occuperà una superficie di oltre 9.000 m² nel padiglione principale interno B6. Le pale gommate mostrano come Caterpillar non solo sia in grado di offrire una grande possibilità di scelta tra le dimensioni dei modelli, ma come possa anche permettere ai clienti di scegliere tra diversi tipi di apparati propulsori. Sarà possibile vedere i movimentatori di rifiuti 950 GC, 950M, 962M, 986K e 992K, oltre a diversi modelli XE (966M XE, 972M XE e 988K XE). I modelli 966M XE e 972M XE sono dotati di sistema di trasmissione a sequenza parallela Caterpillar che combina la trasmissione idrostatica con una sequenza di ingranaggi meccanici paralleli per fornire una trasmissione variabile continua che innesca rapporti flessibili per un funzionamento del motore a livelli professionali, garantendo la massima efficienza dei consumi in tutte le condizioni di lavoro. La tecnologia XE, presente sui modelli 966M XE e 972M XE, offre un’efficienza maggiore del 35% rispetto alle pale gommate con trasmissione powershift tradizionale. Il modello 988K XE è la prima pala elettrico/diesel dell’azienda, utilizza un motore di trazione con sistema a riluttanza, un generatore e un inverter associati ad assali e scatola ingranaggi meccanica. Il modello 988K XE porta l’efficienza dei consumi e la produttività a nuovi livelli. La scelta continua con gli escavatori Cat® di nuova generazione: verranno presentati i nuovi modelli 330 GC, 330 e 336. Il 330 e il 336 sono dotati di tecnologia Cat Connect integrata in grado di aumentare l’efficienza operativa fino al 45% in più rispetto alle operazioni di livellamento tradizionali e possono migliorare l’efficienza dei consumi del 20% rispetto ai modelli precedenti. Tra i modelli in mostra vi sono la pala cingolata 973K e gli escavatori idraulici modello 325F, 340F UHD (configurazione ultra-highdemolition) e 390F. Gli escavatori gommati saranno rappresentati dai modelli M314F, M315F, M317F e M318F. Tra i movimentatori di materiali sono inclusi i modelli MH3024 e MH3026.
EMICONTROLS
HALL C5.512
Emicontrols presenta V22Orca, la macchina abbattimento polveri studiata appositamente per i Paesi freddi. Se, a causa delle temperature rigide, non è più possibile abbattere le polveri tramite nebulizzazione, la V22Orca produce immediatamente neve, una novità assoluta sul mercato. In realtà esistevano già singole soluzioni che impiegavano normali generatori di neve, ma la neve è troppo asciutta per legarsi in modo efficiente alla polvere. Inoltre i cannoni sparaneve non funzionano in estate, perché richiedono troppa acqua e producono gocce troppo grosse. Per di più non sono abbastanza stabili per essere impiegati come applicazioni mobili (ad esempio su camion). Anche le macchine abbattimento polveri con riscaldamento incorporato, a partire da certe temperature sotto lo zero, presentano limiti, generando solo pioggia ghiacciata. La V22Orca garantisce un abbattimento polveri efficace nell’arco di tutto l’anno. Questa soluzione ibrida potrebbe essere definita “macchina per condizioni estreme”, visto che in estate abbatte agevolmente ed efficacemente le polveri fino a +50° (tramite nebulizzazione), mentre d’inverno arriva fino a -25° (con la neve).
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WALVOIL
HALL A3.339
Walvoil SXP EVO, evoluzione della valvola direzionale SXP già premiata quale novità tecnica a Eima International 2018, è un innovativo sistema per pale caricatrici e altri mezzi di sollevamento, che sarà presentato al bauma Monaco 2019. Il fulcro del sistema è rappresentato dalla nuova valvola direzionale brevettata Walvoil SXP, in grado di passare da un circuito serie a un circuito parallelo rilevando unicamente la pressione del circuito di lavoro della macchina e gestendo questo parametro assieme alle informazioni impostate dall’utilizzatore. Il sistema aumenta l’efficienza e la produttività della macchina, in quanto il circuito di serie non convenzionale riduce drasticamente il tempo di ciclo; la massima capacità di carico e la sensazione dell’operatore sono invariate rispetto al sistema tradizionale grazie al passaggio senza interruzioni alla configurazione parallela. Grazie al nuovo sistema brevettato Walvoil SXP, è possibile superare la tradizionale dicotomia tra le valvole in circuito Serie (che ottimizzano la velocità e la controllabilità) e le valvole in circuito Parallelo (che ottimizzano la capacità di carico), utilizzando un sistema che può sfruttare al meglio i benefici di entrambi i circuiti.
CMB CMB S.r.l. è un’azienda specializzata nella progettazione e realizzazione di attrezzature idrauliche all’avanguardia per la demolizione, il forestale e la movimentazione. Da un’importante esperienza evoluta nel corso degli anni e grazie ai continui investimenti in risorse umane e avanzate tecnologie, CMB viene riconosciuta e stimata nel mercato internazionale per la sua serietà, l’elevato livello organizzativo ma soprattutto per la notevole qualità dei suoi prodotti. La vasta gamma di attrezzature associate a soluzioni personalizzate consente di soddisfare anche le richieste più complesse. Progettati per resistere nel tempo, i componenti sottoposti a usura e a sollecitazioni di tenuta meccanica sono realizzati in HARDOX. Elevate prestazioni e grande affidabilità sono garantite dall’utilizzo di componenti elettrici e idraulici delle migliori marche. Tutto ciò che può offrire CMB è qualità, servizio pre e post-vendita, e raggiungimento della massima soddisfazione dell’utilizzatore finale.
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PLASTICA, PERICOLOSA PER L’AMBIENTE SE NON RACCOLTA E TRATTATA RIFIUTI DI PLASTICA, RICICLAGGIO E NUOVE SOLUZIONI PER RECUPERARLA E SMALTIRLA di Maeva Brunero Bronzin
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a plastica non è una sola, ma si declina in varie tipologie che accompagnano la nostra vita. Sarebbe più corretto parlare di materie plastiche, ognuna con le sue caratteristiche, le sue peculiarità e le sue applicazioni ma nel linguaggio comune parliamo generalmente di “plastica”. Da qualche anno, la parola “plastica” è associata nell’immaginario comune all’inquinamento da plastica. Cerchiamo di capire meglio come vengono trattati i rifiuti in plastica attraverso impianti dedicati, riciclo e nuove soluzioni per intercettarli al fine di limitare l’inquinamento.
PRODUZIONE DI PLASTICA E TRATTAMENTO DEI RIFIUTI IN EUROPA
La plastica è ovunque negli oggetti che ci circondano. Negli ultimi decenni, dal dopoguerra, la produzione di plastica è aumentata esponenzialmente passando dal milione e mezzo di tonnellate del 1950 ai 322 milioni di tonnellate del 2015. Con l’incremento della produzione si è avuta una conseguente impennata dei rifiuti derivanti da questo materiale. L’Unione Europea ha già adottato delle misure per ridurre la quantità dei rifiuti di plastica, e l’inevitabile inquinamento, approvando una strategia per aumentare i tassi di riciclaggio e vietare l’uso di certi prodotti monouso o contenenti microplastiche. Uno degli obiettivi della strategia europea per contrastare i rifiuti di plastica è quello di rendere
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tutti gli imballaggi riutilizzabili o riciclabili entro il 2030. Inoltre a dicembre 2018 i legislatori europei, Parlamento e Consiglio, hanno approvato il divieto dell’uso di alcuni prodotti in plastica monouso, come posate, piatti e bastoncini per palloncini, e l’obbligo per i produttori di imballaggi in plastica di contribuire ai costi di raccolta dei rifiuti di tali prodotti. Le norme relative alla riduzione dei sacchetti di plastica più comuni e più inquinanti erano state approvate dal Parlamento nel 2015. Ogni anno gli europei producono 26 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, ma meno del 30% viene raccolto per essere riciclato. Una parte viene esportata per essere smaltita da paesi terzi mentre il resto finisce in discarica, viene incenerito oppure, nel peggiore dei casi, non viene raccolto e finisce per disperdersi nell’ambiente, inquinando soprattutto foreste, spiagge, fiumi e mari. In Europa la termovalorizzazione è il modo più utilizzato per smaltire i rifiuti di plastica, seguito dallo smaltimento in discarica. Di tutti i rifiuti di plastica generati, la media europea di quelli raccolti per il riciclaggio è solo del 30%, con differenze molto grandi da paese a paese. Metà della plastica raccolta per il riciclaggio viene esportata per essere trattata nei paesi al di fuori dell’UE. I motivi per cui viene esportata includono la mancanza di strutture, di tecnologia o di risorse finanziarie adeguate a trattare localmente i rifiuti. In pas-
sato una fetta significativa dei rifiuti di plastica esportati veniva spedita in Cina, ma di recente il paese ha bloccato l’importazione di tali rifiuti, imponendo ai paesi europei di trovare altre soluzioni. Il riciclaggio di una così piccola percentuale di rifiuti in plastica in Europa implica grosse perdite sia per l’economia che per l’ambiente. Ogni anno la produzione e l’incenerimento della plastica nel mondo emette approssimativamente 400 milioni di tonnellate di CO2 ma una parte di queste emissioni potrebbe essere evitata con un riciclaggio più efficace.
I PROBLEMI DEL RICICLAGGIO DELLA PLASTICA
Il problema maggiore che ostacola il riciclaggio della plastica riguarda la qualità e il prezzo dei prodotti riciclati, se paragonati con quelli dei prodotti nuovi di zecca. Le aziende che trasformano la plastica hanno bisogno di una grande quantità di materiale riciclato, la produzione deve rispondere a specifiche di controllo molto severe e il prezzo deve restare competitivo. Dal momento che le plastiche sono facilmente adattabili ai singoli bisogni (funzionali o estetici) di ogni produttore, la diversità dei materiali grezzi complica ulteriormente i processi di riciclo, il che incide sul costo e sulla qualità del prodotto finale. Di conseguenza, la domanda di plastica riciclata ammonta solo al 6% rispetto alla domanda complessiva di plastica in Europa. Un mercato interno per le materie prime secondarie è necessario per ga-
delle microplastiche presenti nell’oceano, derivano principalmente dal lavaggio di capi sintetici (35% delle microplastiche primarie), dall’abrasione degli pneumatici durante la guida (28%), dai prodotti per la cura del corpo (per esempio, le micro-particelle dello scrub facciale) 2%. Le microplastiche secondarie sono prodotte dalla degradazione degli oggetti di plastica più grandi, come buste di plastica, bottiglie o reti da pesca e rappresentano circa il 68-81% delle microplastiche presenti nell’oceano. Le quantità di microplastiche presenti negli oceani sono in aumento. Nel 2017 l’ONU ha dichiarato che ci sono 51mila miliardi di particelle di microplastica nei mari, 500 volte più numerose di tutte le stelle della nostra galassia. Le microplastiche presenti in mare possono essere inghiottite dagli animali marini. Attraverso la catena alimentare, la plastica ingerita dai pesci può così arrivare direttamente nel nostro cibo. Le microplastiche sono state trovate negli alimenti e nelle bevande, compresi birra, miele e acqua del rubinetto. Per cui, non c’è nulla di cui stupirsi se di recente sono state trovate particelle di plastica anche nelle feci umane. Gli effetti sulla salute sono ancora ignoti, ma spesso la plastica contiene degli additivi, come agenti stabilizzatori o ignifughi, e altre possibili sostanze chimiche tossiche che possono essere dannose per gli animali o gli umani che li ingeriscono. Per ridurre la dispersione delle microplastiche, gli europar-
rantire la transizione verso un’economia circolare, dicono i legislatori. L’Unione Europea sta lavorando per proporre degli standard sulla qualità per creare fiducia e rafforzare il mercato della plastica secondaria, tenendo conto dei diversi gradi di riciclaggio compatibili con i diversi usi, garantendone al tempo stesso la sicurezza, ad esempio quando la plastica riciclata è utilizzata in contenitori per alimenti. Inoltre sarebbe interessante se gli Stati membri dell’Unione per incentivare il riutilizzo dei materiali agissero con misure economiche quali la possibilità di ridurre l’IVA sui prodotti contenenti materiali riciclati.
INQUINAMENTO DA PLASTICA
L’87% dei cittadini europei si dichiara preoccupato per l’impatto ambientale della plastica. Nell’Unione Europea infatti la produzione globale annua di plastica ha raggiunto i 322 milioni di tonnellate nel 2015, e si prevede che raddoppierà nei prossimi 20 anni. La plastica rappresenta l’85% dei rifiuti delle spiagge e oltre l’80% dei rifiuti marini. Uno dei problemi maggiori è rappresentato dalle microplastiche, minuscoli pezzi di materiale plastico la cui dimensione solitamente non supera i 5 millimetri. In base alla loro origine, possono essere suddivise in due categorie principali: microplastiche primarie e secondarie. Le microplastiche primarie, si stima rappresentino il 15-31%
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lamentari hanno richiesto che l’utilizzo di microplastiche appositamente aggiunte, ad esempio nei cosmetici e nei prodotti per la cura personale e per la pulizia, venga vietato entro il 2020.
E IN ITALIA?
Per avere un’idea dei numeri sulla raccolta differenziata e sul riciclo ci affidiamo ai dati Corepla del 2017. Nel 2017 sono oltre 1 milione le tonnellate (+11,7% rispetto al 2016) raccolte in modo differenziato. Numeri importanti sia per il comparto che per i circa 7.000 Comuni che hanno avviato il servizio di raccolta. I risultati sono da attribuirsi soprattutto a due fattori: un incremento significativo della raccolta in zone storicamente difficili come il Mezzogiorno e l’ulteriore aumento anche tra “i primi della classe” (ad esempio, l’Emilia Romagna passa da 18 a 22 kg/ab/anno). Il servizio di raccolta è capillare: sono circa 7.000 i Comuni serviti e oltre 56 milioni i cittadini coinvolti. Nel 2017 sono stati riconosciuti da Corepla oltre 310 milioni di euro ai Comuni o ai loro operatori delegati, a copertura dei maggiori
oneri sostenuti per l’effettuazione dei servizi di raccolta differenziata degli imballaggi in plastica. Oltre alla crescita della raccolta differenziata si segnala un aumento del tasso di riciclo. Sono 562.000 le tonnellate di rifiuti di imballaggio in plastica provenienti dalla raccolta differenziata domestica riciclate nel 2017 alle quali vanno ad aggiungersi le 24.780 provenienti dalle piattaforme da superfici private per un totale di 586.786 tonnellate. A questa cifra vanno aggiunti i quantitativi di imballaggi in plastica riciclati da operatori industriali indipendenti provenienti dalle attività commerciali e industriali pari a 400.000 tonnellate, per un riciclo complessivo di circa 986.000 tonnellate. Sono stati recuperati anche quegli imballaggi che ancora faticano a trovare sbocchi industriali verso il riciclo meccanico e il mercato delle plastiche riciclate. Circa 324.000 tonnellate sono state utilizzate per produrre energia al posto di combustibili fossili. È importante anche il contributo Corepla al bilancio energetico del Paese. Con il riciclo degli imballaggi in plastica provenienti dalle raccolte differenziate, nel 2017 sono stati risparmiati oltre 8mila GWh.
DA IMBALLAGGIO IN PLASTICA A IMBALLAGGIO IN PLASTICA RICICLATA Le casse in plastica riciclata di CONIP, il Consorzio Nazionale Imballaggi Plastica, sono un esempio di closed loop di economia circolare. Le casse per ortofrutta sono prodotte con plastica riciclata certificata e riciclabile al 100%. Attraverso la creazione del closed loop, meccanismo che consente di riutilizzare la materia prima seconda proveniente dal riciclo dei propri imballaggi per produrre nuove casse, il Consorzio garantisce vantaggi economici, ambientali, sociali. Con il reimpiego della plastica riciclata, nel 2017 sono stati prodotti nuovi imballaggi per un totale di 85,9mila tonnellate facendo risparmiare oltre 40 milioni di euro di importazioni di petrolio all’anno - il costo di 770mila barili di greggio - e 133mila t di materia prima vergine, il peso di 13 Tour Eiffel, ed evitando l’emissione di 148mila t di gas serra, pari all’inquinamento generato da 60mila auto in un anno. Il Consorzio costituisce un esempio di economia circolare concreto e funzionante, basato su un rapporto stretto tra gli attori del circuito consortile: produttori, utilizzatori, raccoglitori, riciclatori. Il settore che utilizza maggiormente le casse in plastica riciclata prodotte dal circuito è quello ortofrutticolo: vengono preservate le proprietà organolettiche e nutrizionali dei prodotti e si assicurano standard igienici e ottimi risultati nella catena del freddo, mantenendone immutato l’aspetto.
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PLASTIC ODYSSEY, LA BARCA ALIMENTATA DAI RIFIUTI IN PLASTICA Un gruppo di giovani francesi ha prodotto il primo esemplare di catamarano che usa come combustibile plastica in scaglie. Dopo la sperimentazione avvenuta in questi mesi, il gruppo di Plastic Odyssey si prepara a un lungo viaggio che prenderà il via nel 2020 e durerà 3 anni. L’obiettivo non è ripulire gli oceani, inquinati dalla plastica, ma sensibilizzare le persone in giro per il mondo sul riciclo, facendo vedere cosa si può fare in particolare con la plastica e come si possono creare oggetti partendo dai rifiuti. L’impianto di bordo trita la plastica e la riduce in fiocchi di circa 5 mm; questi vengono successivamente riscaldati a 420°C in assenza d’ossigeno per romperne le molecole e trasformarli in gas. Quindi arriva la fase di distillazione. La macchina tratta 4 o 5 kg di rifiuti plastici l’ora producendo 3 litri di carburante grazie al processo di pirolisi. Il carburante prodotto potrebbe essere una preziosa fonte di energia per piccole barche da pesca, motocicli o generatori diesel utilizzati nelle zone rurali. In sostituzione del combustibile fossile, evita l’ulteriore estrazione di petrolio e quindi le emissioni di CO2 e altri pericoli ad esso correlati. Inoltre, poiché la plastica è già un materiale raffinato, il carburante prodotto emette il 20% in meno di emissioni di CO2 rispetto ai combustibili fossili.
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A BEDIZZOLE L’IMPIANTO CON LA TECNOLOGIA MYREPLAST Maire Tecnimont attraverso la controllata NextChem entra nel settore dell’Economia Circolare, investendo nello sviluppo del suo primo impianto avanzato di riciclo meccanico della plastica. L’impianto, situato a Bedizzole, in provincia di Brescia, sarà gestito da una nuova società, MyReplast Industries, controllata da NextChem e per una percentuale di minoranza da imprenditori locali. L’impianto, che si basa su un modello di business economicamente sostenibile senza ricorso ad alcun tipo di incentivo pubblico, gode delle seguenti caratteristiche: • importante capacità produttiva - l’impianto è attualmente tra i più grandi d’Europa ed è in grado di produrre a regime circa 40mila tonnellate all’anno di polimeri riciclati; • alta flessibilità - il complesso è in grado di trattare varie tipologie di rifiuto plastico in ingresso, sia nell’ambito dei residui della produzione industriale (ad esempio, componenti delle autovetture, scarti di produzione di packaging alimentare e industriale), sia nel campo post-consumo, materiale proveniente cioè dalla selezione della raccolta differenziata urbana; • eccellente qualità del prodotto finito - il polimero riciclato ha una elevata qualità, con un’efficienza di riciclo di circa il 95%. L’impianto di MyReplast Industries realizza un prodotto di qualità che consente il suo riutilizzo massivo per prodotti ad alto valore aggiunto. Nella Circular Economy, il riciclo meccanico offre alta efficienza energetica e grande flessibilità nel trattamento di varie tipologie di rifiuto plastico. NextChem punta a combinarle con il proprio know-how sviluppato per rigenerare il polimero riciclato, migliorandone le caratteristiche tecniche. Il polimero riciclato in uscita dall’impianto MyReplast avrà, infatti, le caratteristiche per approcciare mercati “premium” ad alto valore aggiunto, colmando quindi quel gap qualitativo tra plastica riciclata e plastica vergine (cioè
RICONVERSIONE DI IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI PET A IMPIANTO PER LA PRODUZIONE DI BIOPLASTICHE Inaugurato a fine 2018 a Patrica, in provincia di Frosinone, l’impianto di Mater-Biopolymer, società interamente controllata dal gruppo Novamont, è dedicato alla produzione di ORIGO-BI®, biopoliesteri ad alto grado di rinnovabilità, e componenti delle bioplastiche compostabili MATER-BI®. Lo stabilimento nasce dalla riconversione dell’ex impianto Mossi & Ghisolfi, dedicato alla produzione di PET; le diverse sezioni dell’impianto sono state rigenerate, modificate e in alcuni casi totalmente rinnovate, applicando su scala continua le tecnologie innovative sviluppate da Novamont. Si tratta di tecnologie in grado di utilizzare le materie prime della filiera Novamont - biobutandiolo e acido azelaico, monomeri bio-based - per la produzione di biopoliesteri ORIGO-BI® attraverso un processo sempre più sostenibile, costantemente orientato alla riduzione delle emissioni. Mater-Biopolymer, inoltre, è dotata di un complesso sistema di utility che permette di minimizzare i costi e gli sprechi attraverso il recupero degli scarti, in un’ottica di economia circolare e sostenibilità. L’approccio alla valorizzazione dei residui ha consentito la messa a punto di un processo di purificazione delle acque reflue per ottenere tetraidrofurano (THF), un intermedio chimico strategico per l’industria chimica e farmaceutica, per la prima volta al mondo da fonti rinnovabili (bio-THF). Il THF può essere usato come solvente chimico e nel settore farmaceutico. Con una capacità produttiva di 100mila tonnellate all’anno di ORIGO-BI® e su una superficie totale di 140.000 mq, il sito di Patrica occupa circa 90 dipendenti, senza considerare l’occupazione indiretta funzionale alla sua operatività (manutenzione, movimentazione materiali, etc.) e quella indotta. Lavora in
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proveniente direttamente dagli idrocarburi di origine fossile). Attraverso questa operazione, NextChem dispone, inoltre, di un reference plant su scala industriale da poter replicare per i propri clienti in relazione alle importanti opportunità di mercato a livello internazionale. L’Unione Europea, in particolare, ha fissato tra i propri obiettivi quello di aumentare dall’attuale 5% al 17% entro il 2025 la quota di plastica riciclata sul totale della produzione continentale e per raggiungere tale incremento, pari a circa 12 milioni di tonnellate, serviranno tra soli sei anni ben 175 nuovi impianti di riciclo e selezione, con una capacità pari a 50mila tonnellate ciascuno. Inoltre, dal punto di vista territoriale le opportunità di mercato sono maggiori in prossimità dei centri di produzione e raccolta del materiale che funge da “carica” per l’impianto. Il settore della produzione di plastica riciclata si presta al modello del project development, sia per la dimensione contenuta dell’investimento rispetto agli impianti tradizionali di produzione di plastica, sia per il contenuto tecnologico specifico. Di conseguenza, Maire Tecnimont affianca al tradizionale approccio da contrattista un nuovo modello di business da realizzatore, co-developer ed operatore di impianti. Pierroberto Folgiero, Amministratore Delegato Gruppo Maire Tecnimont, ha commentato: “Siamo entusiasti di aver realizzato uno step importante della nostra strategia di Green Acceleration, verso una nuova economia sostenibile della plastica. L’applicazione delle nostre competenze da tecnologi e impiantisti al nuovo business del riciclo meccanico offre interessantissime opportunità in un settore che ha bisogno di industrializzare il ciclo di rigenerazione dei materiali plastici. Maire Tecnimont, grazie alla propria leadership nella realizzazione di impianti di produzione di polimeri da idrocarburi, può svolgere un ruolo da acceleratore dell’Economia Circolare, che consiste nel riutilizzo e nel riciclo dei polimeri per creare nuova materia prima ed evitare la dispersione nell’ambiente. In questo campo l’Italia può ambire a guidare la transizione verso la chimica verde grazie alla sua grande tradizione di ricerca, tecnologia e di industria”.
stretta collaborazione con la Ricerca e Sviluppo Novamont per testare nuovi poliesteri e varianti di processo per l’utilizzo di materie prime rinnovabili. Dal punto di vista dell’impatto ambientale, la riconversione della seconda linea di produzione e il recupero del THF hanno consentito di generare vantaggi ambientali in termini di riduzione di emissioni di CO2 e di chilometri di trasporto su ruota evitati così quantificabili: • 246.000 tonnellate di emissioni di CO2 equivalente l’anno evitate; • 1.296.000 km di trasporto su ruota evitati, relativi al trasporto dei reflui contenenti THF che venivano smaltititi all’esterno del sito. Mater-Biopolymer, in linea con la strategia Novamont basata sull’utilizzo di tecnologie prime al mondo per la rivitalizzazione di siti deindustrializzati, rappresenta un esempio virtuoso di sviluppo industriale in una logica di rigenerazione territoriale e di valorizzazione delle infrastrutture dismesse. L’impianto costituisce un ulteriore passo avanti nel modello di bioraffineria integrata nei territori promosso da Novamont, che ad oggi conta 6 siti riattivati e tra loro interconnessi, 4 tecnologie proprietarie e una serie di impianti di servizio fortemente innovativi, a loro volta in grado di produrre nuovi prodotti. “Lo sforzo di industrializzazione realizzato da Novamont negli ultimi anni è stato enorme e ha pochi uguali a livello europeo”, ha dichiarato Catia Bastioli, amministratore delegato di Novamont. “Dobbiamo però essere coscienti del fatto che quanto fin qui costruito non avrà rilevanza se non sapremo utilizzarlo per moltiplicare i casi di rigenerazione territoriale al punto che questi prevalgano su quelli di degradazione. Insomma, dobbiamo lavorare insieme verso un approccio rigenerativo delle risorse naturali che non deve essere visto come un limite ma come una grande opportunità di ridisegnare su basi sostenibili la nostra società con le radici nei territori, più inclusiva e contributiva, dove i piccoli e i grandi trovano uno spazio equo. In tutto questo il mondo dell’agricoltura e il suolo e la sua preservazione e rigenerazione sono fondamentali e vitali”.
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LA BARRIERA DI BOLLE La cortina di bolle che consente la deflessione delle materie plastiche nell’acqua e quindi facilita il loro recupero, grazie alla comprovata tecnologia BubbleTubing® e alla vasta ricerca condotta da The Great Bubble Barrier, è uno dei concetti più innovativi studiati per il recupero della plastica in torrenti e fiumi, prima che finiscano nei mari e negli oceani. L’idea originale di creare una barriera di bolle per limitare la diffusione della plastica nei fiumi e arginare così il suo viaggio verso gli oceani è di tre giovani donne dei Paesi Bassi che fondarono la compagnia The Great Bubble Barrier. Dopo i test di laboratorio, nel novembre 2017 hanno condotto un test su larga scala posizionando una barriera di 180 metri nel fiume IJssel vicino a Kampen. Gli oggetti di prova sono stati posizionati a monte della barriera di bolle e sono stati poi guidati nel sistema di raccolta sul lato del fiume. L’ampio progetto pilota è stato condotto in collaborazione con l’Autorità idrica nazionale olandese e ha superato le aspettative. La ricerca e i risultati sono stati supervisionati e confermati da un istituto di ricerca affermato. I vantaggi di questo sistema sono enormi. Da un lato, una barriera a bolle non influenza il traffico marino o la fauna selvatica - navi e pesci possono facilmente passare attraverso; dall’altro il BubbleTubing®, il tubo di bolle, che crea la Bubble Barrier ha numerosi altri vantaggi, come l’ossigenazione dell’acqua e il conseguente miglioramento della qualità. L’idea e la prova del concetto di The Great Bubble Barrier hanno ottenuto il primo premio da Postcode Lottery Green Challenge 2018, una delle più grandi competizioni mondiali nel campo dell’imprenditoria sostenibile tenutasi lo scorso settembre. BubbleTubing®, il tubo che crea la barriera di bolle è distribuito in Francia da Probul.fr. È un tubo diffusore subacqueo certificato, progettato e fabbricato in Canada con specifiche rigorose prescritte da Canadianpond.ca Products Ltd, leader nel settore di gestione e trattamento dell’acqua. BubbleTubing® è un tubo lineare, flessibile, durevole, facile da installare e mantenere che consuma poca energia e ha uno dei migliori tassi di trasferimento di ossigeno nel settore. Il BubbleTubing® produce piccole bolle d’aria, di dimensioni di meno di 1 mm all’uscita del diffusore, che si alzano lentamente dal fondo per garantire un trasferimento sostanziale ed efficiente di ossigeno. Queste bolle creano veri schermi nell’acqua, tende di bolle che formano una barriera per fermare la diffusione della plastica nei fiumi, offrendo una moltitudine di applicazioni e possibilità per proteggere la fauna marina e l’ambiente. BubbleTubing® può essere utilizzato anche per creare tende a bolle che controllano il passaggio di piante acquatiche invasive ed erba o per contenere olii o petrolio.
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ROBOT DA DEMOLIZIONE AL LAVORO A PARIGI PER LA GARE LA DEFENSE QUATTRO DIFFERENTI MODELLI DI ROBOT BROKK LAVORANO ALLO SCAVO DELLA ROCCIA GARANTENDO ESTREMA TUTELA PER L’OPERATORE CHE MANOVRA IL ROBOT A DISTANZA DI SICUREZZA di Bruno Vanzi
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otto l’edificio del CNIT, nel centro finanziario di Parigi, è in costruzione la nuova stazione sotterranea dei treni RER E, parte dell’imponente progetto di sviluppo della capitale francese, chiamata Le Grand Paris. Per sostenere la nuova struttura sono in fase di scavo 60 pozzi temporanei di circa 5 m di diametro e 20 m di profondità necessari ad al-
loggiare gli imponenti pilastri. I pozzi temporanei sono scavati nella roccia con metodi meccanici e verranno realizzati in circa dieci mesi dall’autunno 2018 alla primavera 2019. Il cantiere si sviluppa al disotto del 5° livello del garage del CNIT, prevalentemente in sotterraneo, ed è organizzato in 3 turni di lavoro al giorno per 5 giorni alla settimana e 2 turni il sabato.
Figura 1. Schema dei pozzi per la costruzione della nuova stazione ferroviaria RER E sotto l’edificio CNIT, nel centro finanziario di Parigi
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Il terreno da scavare, a partire dalla sommità dei pozzi, è costituito da strati suborizzontali, generalmente con spessore inferiore al metro, composti da marne e calcari grossolani, con resistenza da bassa a media e fratturazione generalmente scarsa sino a monolitico. Per permettere il lavoro nei pozzi, la falda freatica è stata abbassata di circa 7 m, da circa 16 m a circa 23 m dall’imbocco dei pozzi. Lo scavo della roccia è eseguito con robot da demolizione radiocomandati elettrici forniti da Brokk, alternati a ogni metro di avanzamento con le operazioni di stabilizzazione delle pareti. Quattro diversi modelli Brokk sono impiegati: Brokk 110 da circa 11 q incluso martello idraulico da 150 kg; Brokk 160 e la sua nuova evoluzione Brokk 170 da circa 1,8 t con martelli idraulici da 200 kg e Brokk 200 da circa 2,4 t incluso martello idraulico da 300 kg. Il modello Brokk 200 è stato fornito anche con braccio speciale corto, per migliorare la manovrabilità e aumentare la velocità di lavoro nei pozzi.
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I robot da demolizione Brokk sono macchine ideate specificamente per lavorare in spazi ristretti, hanno un ingombro minimo e sono dotati di potenti motori elettrici che attuano i loro sistemi idraulici. I robot Brokk possono lavorare in continuo con i loro martelli idraulici senza interruzione, 24 ore al giorno, con minima manutenzione e senza risentire delle vibrazioni e di stress meccanici o termici. Il radiocomando permette all’operatore di comandare a distanza i robot, rimanendo al di fuori delle aree di rischio, mantenendo l’adeguata sicurezza e con la possibilità di posizionarsi ove necessario per avere la visuale adeguata sulle operazioni in corso. L’alimentazione elettrica permette di lavorare in spazi chiusi senza emettere gas di scarico mantenendo al minimo la rumorosità del motore; inoltre il motore elettrico non richiede nessuna manutenzione per tutto il suo ciclo di vita. I martelli idraulici Brokk, sviluppati in oltre quarant’anni di evoluzione, sono in grado
di demolire le bancate di calcari con resistenza da debole sino ad alta, anche oltre i 100 MPa e monolitiche. Dopo la demolizione della roccia con i martelli idraulici, sui robot Brokk ven-
Figura 2. Schema d’esecuzione di un pozzo presso la nuova stazione RER E sotto il CNIT di Parigi. Nello schema, a una profondità di circa 8 metri è rappresentato un Brokk modello 170 dotato di martello idraulico da 200 kg e il cestello per lo smarino
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gono montate benne per caricare il materiale di risulta in cestelli sollevati mediante il carro ponte posto alla sommità del pozzo, (figura 2). L’operazione di sostituzione del martello idraulico con la benna sui robot Brokk è semplice e rapida e viene eseguita da un solo operatore. In figura 2 si nota come lo spazio di manovra sia particolarmente ristretto, e come il radiocomando permetta di comandare il robot dalla piattaforma sopraelevata, senza obbligare l’operatore a scendere sul fondo. L’esposizione degli operatori alla zona di scavo può essere quindi minimizzata. I cestelli riempiti con lo smarino vengono sollevati dal carro ponte e sostituiti con cestelli vuoti. I cestelli pieni vengono depositati al bordo dei pozzi e da lì successivamente trasportati in area di stoccaggio mediante carrelli elevatori telescopici. Infine, le operazioni di stabilizzazione delle pareti eseguite utilizzano pompe per calcestruzzo e pompe peristaltiche. Il controllo delle geometrie e delle quote dello scavo viene eseguito ogni 5 m e l’eventuale regolazione delle pareti viene eseguita dai robot Brokk utilizzando teste fresanti a doppio tamburo. I 60 pozzi totali sono suddivisi in tre lotti di 20 pozzi ciascuno, assegnati a tre diversi contrattisti che sono due società italiane e una francese, tutte e tre affidatesi a Brokk per lo scavo dei pozzi. Ogni società contrattista lavora
contemporaneamente a 4 pozzi con 4 squadre distinte. In totale nel cantiere RER E si trovano circa 15 robot Brokk, tra unità al lavoro e unità di backup. Le produttività sinora raggiunte variano da 0,4 m a circa 1 m di avanzamento lineare per giorno in singolo pozzo, incluse tutte le operazioni di scavo in roccia, rimozione dello smarino e stabilizzazione delle pareti.
IL PROGETTO GRAND PARIS
Grand Paris è il più grande progetto europeo di rinnovamento urbano: un investimento da 32 miliardi di euro per modernizzare e sviluppare i trasporti nella Paris Region. La metropoli di Parigi è interessata da questo programma finanziato dal governo e dalle amministrazioni locali per lo sviluppo economico e di riorganizzazione dell’agglomerazione parigina. Gli scopi ambiziosi del progetto sono il miglioramento degli ambienti di vita degli abitanti, la correzione delle disuguaglianze territoriali e la costruzione di una città sostenibile. È stato stanziato un investimento di 27 miliardi di euro per la costruzione di una circonvallazione attorno a Parigi tramite una metropolitana automatica: il Grand Paris Express che dovrebbe essere completato entro il 2030. Saranno realizzati 200 km di linee di metropolitana automatica e 68 nuove stazioni che collegheranno i poli del Grand Paris, i 3 aeroporti e le stazioni dell’alta velocità. Nasceranno nuovi poli d’attività, di cui tre quartieri d’affari, 5 campus dedicati alla ricerca, all’innovazione e all’insegnamento superiore e 9 luoghi di produzione, servizi e logistica. Il progetto Grand Paris prevede uno sviluppo urbano su grande scala con 100 nuovi quartieri che accoglieranno abitazioni residenziali e attività commerciali, poli universitari e centri culturali, in particolar modo nelle vicinanze delle stazioni e la costruzione di 70mila alloggi all’anno. Il progetto Grand Paris vuole anche immaginare la città di domani, sostenibile, inventiva e solidale. Questo progetto renderà Paris Region una metropoli del XXI secolo particolarmente attrattiva.
Figura 3. Operazioni di smarino in uno dei pozzi
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IL NUOVO IMPIANTO DI CAVAGLIÀ IN PROVINCIA DI BIELLA È STATO INAUGURATO IL NUOVO IMPIANTO A2A PER IL RECUPERO DELLA PLASTICA di Laura Veneri
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n piena coerenza col pacchetto EU di Economia Circolare il piano industriale di A2A Ambiente pone forte attenzione allo sviluppo di impianti per il trattamento delle frazioni da raccolta differenziata RD finalizzato al recupero di materia. In questo ambito si colloca la costruzione dell’impianto di selezione della plastica (CSS) da RD presso il sito A2A Ambiente di Cavaglià. L’impianto rientra nella filiera del consorzio COREPLA e svolge il ruolo di centro di selezione degli imballaggi da RD da avviare alle filiere del riciclo per la loro valorizzazione e trasformazione in MPS. L’impianto ha una capacità di trattamento di 45.000 t/anno (pari a 150 t/giorno) che, considerando il valore medio di raccolta pro capite annua della plastica nel nord Italia (26 kg/ab), corrisponde ad un bacino di oltre 1,7 M abitanti. Le soluzioni tecniche impiegate si collocano allo stato dell’arte delle tecnolo-
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gie di separazione per il riconoscimento automatico degli oggetti e dei materiali. La sicurezza è assicurata da 33 telecamere per monitorare l’operatività dell’impianto e sono stati installati i più completi presidi antincendio basati su sensori a tripla tecnologia (fiamma, fumo e scintilla). Inoltre molti sono gli accorgimenti progettuali finalizzati all’efficienza energetica e ambientale dell’impianto. Alcuni esempi: • la struttura dell’impianto include materiali ad alto isolamento termico per ridurre la dispersione termica; • sul tetto dell’impianto sono installati pannelli fotovoltaici per 300 kW, al fine di contribuire per 330.000 kWh/ anno a limitare l’utilizzo di fonti non rinnovabili; • le acque meteoriche sono riutilizzate all’interno del sito in modo da ridurre il consumo di acqua.
L’impianto ha anche un notevole impatto occupazionale sulla realtà locale impiegando circa 60 persone.
LE FASI DELLA LAVORAZIONE DELLA PLASTICA
Per comprendere il ruolo dell’attività svolta dagli impianti di selezione è necessario considerare il fatto che ogni materia plastica è costituita da un polimero con caratteristiche fisiche, chimiche e meccaniche proprie e per poter essere riciclata deve essere separata per tipologia (es. polimero, colore), in modo che le aziende che producono nuovi prodotti possano utilizzare il polimero più idoneo. L’attività svolta dall’impianto può essere schematizzata nelle 4 fasi principali descritte di seguito. Inoltre, poiché l’impianto può ricevere anche frazioni da RD multimateriale costituite da plastica e metalli, a queste si aggiunge la separazione dei metalli tramite magneti o
dispositivi a correnti indotte dislocati in varie posizioni nell’impianto in grado di separare sia i metalli magnetici (ferrosi) sia quelli non magnetici (alluminio).
FASE 1 APRISACCHI In questa fase vengono lacerati i sacchetti e si rende uniforme il flusso di materiale in ingresso. Il materiale in ingresso viene scaricato dai mezzi di trasporto nella zona di ricezione e può essere sfuso o pressato in balle. Le balle vengono aperte manualmente e il materiale imballato viene mischiato al materiale sfuso e inviato al trituratore aprisacchi. COME FUNZIONA Il trituratore aprisacchi è costituito da due alberi paralleli controrotanti su cui sono installate le lame di taglio. Gli alberi ruotano lentamente (20-30 rpm) perché lo scopo non è quello di triturare finemente il materiale ma di lacerare i sacchetti e rendere uniforme il flusso di materiale in ingresso all’impianto. Un sistema automatico di sicurezza inverte il moto di rotazione nel caso qualche oggetto voluminoso e resistente si incastrasse tra le lame. lindro (tamburo) inclinato e forato che ruota all’interno di una struttura fissa. I fori del tamburo sono di diametro crescente lungo la lunghezza del tamburo. Il materiale viene immesso all’estremità più alta del cilindro e per effetto della rotazione e dell’inclinazione viene rivoltato più volte. Il materiale attraversa il cilindro per tutta la sua lunghezza, venendo più volte in contatto con la parete forata. Le particelle più minute (<50 mm) attraversano la parete del vaglio nella prima parte e vengono così separate. Il materiale intermedio (>50 mm <250 mm) attraversa la parete del vaglio nella sezione successiva ed è a sua volta separato. Il materiale più grossolano, rimanendo all’interno del vaglio, raggiunge l’altra estremità del tamburo.
FASE 2
La separazione meccanica è costituita da macchine in grado di differenziare i materiali in base a: dimensione, forma e peso. Per le operazioni di separazione meccanica l’impianto utilizza tre macchine differenti, il vaglio rotante separa gli oggetti plastici esclusivamente per dimensione differenziando tre frazioni come illustrato nello schema. Il separatore balistico (o vibrante) separa gli oggetti per forma distinguendo tra materiali bidimensionali, materiali tridimensionali e materiali fini. Il separatore aeraulico (windshifter) separa invece per peso distinguendo tra materiale pesante e leggero. SEPARAZIONE MECCANICA - VAGLIO ROTANTE Separa i materiali per dimensione in tre frazioni, sovvallo >250 mm, sottovaglio grande compreso tra 250 mm e 50 mm, sottovaglio fine <50 mm. Il sottovaglio fine confluisce in una delle frazioni finali dell’impianto (Plasmix fine). COME FUNZIONA Il vaglio rotante (a tamburo) a tre flussi è costituito da un ci-
SEPARAZIONE MECCANICA - SEPARATORE BALISTICO Il separatore balistico separa per forma e peso in 2 frazioni (2D, 3D) più un residuo fine. Il residuo fine confluisce nel flusso finale di Plasmix fine. COME FUNZIONA Il separatore balistico è costituito da griglie basculanti e vibranti all’interno di una struttura fissa. I materiali in ingresso alla macchina cadono sulle griglie. Il movimento vibratorio e sussultorio delle griglie basculanti genera nei materiali movimenti differenti a seconda della forma e del peso dei materiali stessi. I materiali duri, pesanti e tipicamente tridimensionali come contenitori per liquidi o bottiglie in PET si muovono in una direzione e vengono separati. I materiali morbidi, leggeri e piatti come fogli e film si muovono in direzione opposta e vengono separati. Il residuo fine attraversa la griglia e cade al di sotto. SEPARAZIONE MECCANICA - SEPARATORE AERAULICO Il separatore aeraulico separa i materiali in 2 frazioni in base al peso: materiali pesanti e materiali leggeri. COME FUNZIONA Nel separatore aeraulico (windshifter) i materiali vengono
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investiti da un flusso di aria generata da un ventilatore. I materiali leggeri vengono trasportati dal flusso d’aria verso l’alto e raccolti in una camera dedicata da cui viene aspirata l’aria. I materiali pesanti invece cadono per gravità e vengono raccolti da un nastro dedicato.
tipo di polimero degli oggetti. Il SW invia il segnale agli ugelli posti sotto il nastro che emettono un getto di aria compressa in corrispondenza dell’oggetto da separare che viene “lanciato” lontano e raccolto separatamente.
FASE 3
CONTROLLO QUALITÀ - PICKING MANUALE La separazione manuale (picking manuale) effettuata da operatori, è necessaria a valle della separazione meccanica e ottica per aumentare la purezza delle frazioni separate correggendo gli errori di separazione e di lettura delle macchine. È previsto un nastro dedicato di picking manuale per ogni flusso di materiale generato. COME FUNZIONA L’impianto seleziona 9 tipologie di materiali destinati al recupero di materia (PET incolore, PET azzurrato, PET colorato, Polistirene, Polipropilene, contenitori in Polietilene, film colorato e film neutro e cassette in Polipropilene. Tutti i materiali non inclusi in queste frazioni sono uniti in un flusso unico denominato Plasmix (che include anche la frazione estranea erroneamente inclusa nella RD dai cittadini) destinato a smaltimento tramite termovalorizzazione.
SEPARAZIONE OTTICA E A INFRAROSSI In questa fase, ad alto contenuto tecnologico, i materiali vengono differenziati in base alle caratteristiche fisico/chimiche: per polimero o per colore in base alle tipologie di materiali o tipologie merceologiche richieste dalle filiere della produzione di MPS plastica. COME FUNZIONA La separazione ottica e a infrarossi è eseguita da scanner in grado di leggere le caratteristiche fisiche dei materiali (polimero, colore) e separarle in base a tali criteri. Sono installati scanner a doppia tecnologia: ottica (range del visibile) e a infrarossi (range del NIR - Near Infra Red). I materiali scorrono su un nastro e la loro immagine viene letta dalle telecamere. Attraverso l’analisi dell’immagine nello spettro ottico e in quello dell’infrarosso vicino, il SW riconosce la forma, il colore e il
FASE 4
PELLENC S.T. PARTNER PRIVILEGIATO DI A2A AMBIENTE Il nuovo impianto per la plastica realizzato da A2A Ambiente a Cavaglià, in provincia di Biella, rappresenta un perfetto esempio di economia circolare integrata col territorio. Si tratta di un impianto preposto a ricevere i rifiuti plastici che, attraverso l’utilizzo di innovativi macchinari di selezione, Mistral+ della Pellenc S.T., saranno divisi in diversi flussi per singolo materiale (es: PE, PET, PP, film,…) per essere successivamente inviati a recupero. Dall’attività dell’impianto si otterranno inoltre metalli ferrosi, non ferrosi e scarti che saranno inviati anch’essi a recupero. Dopo la riduzione del flusso attraverso un vaglio rotante e uno balistico, per dividere i materiali rotolanti da quelli piatti, le frazioni rimaste vengono convogliate verso il “cuore” della selezione automatizzata, costituita da 8 scanner ottici Pellenc S.T. ad altissima tecnologia, in grado di riconoscere i polimeri e suddividerli per tipologia, forma e colore, il tutto in maniera automatizzata, grazie alle tecnologie NIR e Vision abbinate, della Mistral+ DVI. La plastica può essere selezionata per tipo di polimero (polietilene, polipropilene, PET, PVC, ecc.), per colore (azzurra, trasparente, colorata) e può venire separata dalle eventuali impurità presenti sul nastro. A seconda delle applicazioni che si vogliono ottenere e della tipologia di materiale che si desidera selezionare, i sensori di ognuno degli otto lettori ottici sono combinati assieme in modo diverso: è possibile, ad esempio, utilizzare il primo lettore per selezionare solo bottiglie in polietilene, e di conseguenza far analizzare il materiale rimanente al secondo lettore, che seleziona gli altri polimeri. Una volta selezionate le singole frazioni, queste entrano nella stazione di cernita manuale, dove il personale addetto può effettuare il controllo di qualità finale. Sono 9 i tipi di plastiche differenti che l’impianto tratta, seleziona, divide e consente quindi di avviare a recupero. Un secondo impianto di selezione e recupero plastica, gemello di quello di Cavaglià, realizzato da A2A Ambiente, con la fornitura dei selettori ottici Pellenc S.T., è in allestimento a Muggiano in Lombardia e sarà operativo dal mese di marzo 2019. .
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LA DEMOLIZIONE DELLE AULE ROSSE, IL PICCOLO ECOMOSTRO DI PARMA UNA DEMOLIZIONE IMPROROGABILE CHE IL GRUPPO COSMO HA COMPIUTO IN MENO DI UN MESE di Valentina Salati
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’oggetto della demolizione apparentemente semplice che il Gruppo Cosmo ha eseguito sono le cosiddette “Aule Rosse” dell’Università di Parma. Sono state definite anche un “piccolo ecomostro” che doveva supplire per pochi anni alla carenza di aule per le lezioni universitarie, ma che alla fine sono state utilizzate per quasi 50 anni. A due passi dal parco pubblico più bello della città di Parma, il Parco Ducale sorto alla fine del 1500 per opera dei Farnese, le Aule Rosse hanno da sempre imbruttito un angolo tranquillo della città di Parma che nel 2020 si appresta a diventare Ca-
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pitale della Cultura e necessita quindi di apparire più bella. Situate nel quartiere dell’Oltretorrente, le “Aule Rosse” affiancavano l’Ospedale Vecchio, un edificio del 1200 che oggi ospita numerose istituzioni culturali e diverse biblioteche. “Grazie alla demolizione, si potrà procedere all’accantieramento del progetto di valorizzazione e riqualificazione della Grande Crociera dell’Ospedale Vecchio ha spiegato l’Assessore alla Pianificazione e Sviluppo del Territorio e delle Opere Pubbliche del Comune di Parma, Michele Alinovi - obiettivo di Parma 2020 Capitale della Cultura e, successivamente, que-
sto luogo ritrovato diventerà uno spazio pubblico libero e fruibile, che permetterà il collegamento prospettico e di percorsi tra l’Ospedale Vecchio e il Parco Ducale, con positive ricadute sul quartiere dell’Oltretorrente”. Le Aule Rosse sono state realizzate alle fine degli anni Sessanta a seguito di una convenzione del 1968 tra Comune e Università. Con quella convenzione il Comune di Parma acconsentiva, per far fronte alle esigenze della popolazione studentesca e in attesa della costruzione di un nuovo insediamento universitario, alla realizzazione provvisoria del complesso
delle Aule Rosse di via Kennedy, “sostituite” in anni recenti da un nuovo polo didattico inaugurato nel 2013.
CARATTERISTICHE DELLA STRUTTURA DA DEMOLIRE E OPERAZIONI DI DEMOLIZIONE
L’edificio delle Aule Rosse, monopiano e parzialmente interrato, aveva una superficie coperta di circa 665 mq, per una volumetria di 2.122 mc. La struttura in elevazione era in acciaio, mentre la struttura al di sotto del piano campagna era in conglomerato cementizio armato. L’intervento di demolizione, affidato a Cosmo Ambiente, è iniziato a fine gennaio 2019 e si è concluso in meno di un mese. Il Gruppo Cosmo, di cui Cosmo Ambiente fa parte, è un gruppo di tre aziende a conduzione familiare. Fondato nel 1960 da Gino Cosmo e specializzatosi grazie allo spirito imprenditoriale dei figli, oggi il Gruppo opera nel settore del movimento terra, delle demolizioni, della realizzazione di strade e autostrade, delle bonifiche e nel settore dei rifiuti grazie a un innovativo impianto dedicato al recupero e smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi. Il cantiere di demolizione potrebbe apparire ai più un cantiere di facile esecuzione, ma i tempi di realizzazione, i materiali da demolire e da bonificare e la vicinanza alle abitazioni e ad aree sensibili della città dimostrano che non è così. La struttura era vicina a edifici abitati e a strade cittadine che durante le operazioni di demolizione non sono mai state chiuse al traffico. La prima difficoltà che il Gruppo Cosmo ha dovuto affrontare è stata la mancanza di spazi dove stoccare i rifiuti da smaltire e per la logistica dei mezzi da demolizione. È stato quindi necessario pianificare ogni fase della demolizione secondo step precisi, programmati e ottimizzati, come ci ha spiegato Massimo Curletto, responsabile di cantiere del Gruppo Cosmo: “Abbiamo attuato rigorose misure di controllo ambientale e di pianificazione intervenendo in spazi esigui che penalizzano la libertà di manovra degli escavatori e degli autocarri. Abbiamo lavorato in un contesto urbano abbastanza complicato con abitazioni civili e aree verdi molto vicine all’area da demolire per cui abbiamo dovuto fare molta attenzione al
contenimento delle polveri e dei rumori. Ciò che ha reso stimolante e importante il cantiere per noi è stata la durata: in un solo mese di lavorazione abbiamo restituito l’area alla città”. La prima parte di approccio al cantiere di demolizione ha riguardato lo strip out, ossia l’estrazione e la differenziazione di tutti i rifiuti non pericolosi direttamente in cantiere, fase da completare prima di poter procedere con l’abbattimento delle strutture. Il legno dei banchi e delle sedie, il ferro delle sedute e tutte le tipologie di rifiuti presenti nelle aule sono state rimosse prima della bonifica e della demolizione e stoccate in aree dedicate per consentire l’abbattimento successivo dell’edificio. È stato necessario prevedere attività di bonifica preliminare alla demolizione perché nell’edificio erano presenti differenti tipologie di amianto. L’amianto era presente nelle pareti della struttura. Una volta rimosso in sicurezza è stato temporaneamente stoccato in big bags per il successivo smaltimento. Sono state inoltre compiute attività di bonifica degli impianti della caldaia e del serbatoio interrato. A seguito delle attività di bonifica è iniziata la demolizione tradizionale della struttura fuori terra in ferro e successivamente del calcestruzzo e del cemento armato delle fondazioni. Date le ridotte dimensioni del cantiere si è operato con un solo escavatore dotato di un’attrezzatura combinata che permette di sostituire il kit da demolizione a seconda del materiale da demolire. Cosmo ha deciso per questa demolizione di utilizzare un’attrezza-
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tura Trevi Benne MK 18P completo di Kit Combi del peso di 2.100 kg. Inizialmente per la demolizione sono state tagliate le parti metalliche che fungevano da scheletro della struttura. Successivamente si è provveduto alla demolizione del calcestruzzo armato, alla rimozione delle pavimentazioni e delle fondazioni. Il cantiere è stato portato a termine garantendo il minimo disturbo al vicinato. L’ultima fase del cantiere, prima dello sgombero è stata quella di livellamento e riempimento dell’area con terreno vegetale. Nell’area non sorgerà un nuovo edificio ma rimarrà un cortile pavimentato con in testa il prato, a servizio del sottocrociera dell’Ospedale Vecchio. Le operazioni di recupero di suolo prendono il nome di de-sealing: desigillazione di suoli precedentemente impermeabilizzati. Liberare suolo permeabile e restituirlo alla città per ricreare zone verdi, utili al microclima e ai cambiamenti climatici.
AULE ROSSE, ESEMPIO DI DE-SEALING (DE-SIGILLAZIONE)
Il suolo è vulnerabile e va tutelato. È un ecosistema vivente essenziale che sta perdendo la sua battaglia con l’uomo che lo cementifica senza sosta. Gli ultimi dati ISPRA attestano il consumo di suolo nel 2017 su una media di 15 ettari al giorno, ovvero 54 km quadrati all’anno. Una trasformazione di poco meno di 2 metri quadrati di suolo che, nell’ultimo periodo, sono stati irreversibilmente persi ogni secondo. Dagli anni 50 al 2017 la co-
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pertura artificiale del suolo è passata dal 2,7% al 7,65% (+180%), intaccando ormai 23.063 chilometri quadrati del nostro territorio. Il tema del consumo di suolo è prioritario per il progetto europeo Soil4life di cui l’Italia è protagonista. Il suolo è maltrattato, abusato, coperto e impermeabilizzato dall’edificazione senza limiti, inquinato dalle attività industriali, sovrasfruttato da un uso agricolo e zootecnico poco attento. Cofinanziato dalla Commissione Europea con il programma Life, il progetto Soil4Life parte dalla consapevolezza dell’importanza del suolo nella lotta e nell’adattamento ai cambiamenti climatici, che sono anche una minaccia seria per la sicurezza alimentare, per arrivare alla promozione di alcune scelte indispensabili per invertire la direzione nel rapporto uomo-terra. Bastano pochi numeri per comprendere come quello del suolo sia tutt’altro che un ruolo secondario. Nel terreno del nostro pianeta sono stoccati 1.550 miliardi di tonnellate di carbonio, una quantità pari a ben 6 volte l’aumento della CO2 atmosferica dall’epoca preindustriale ad oggi, ciò significa che uno squilibrio a livello globale della biochimica del suolo è in grado di moltiplicare gli effetti del cambiamento climatico per come li abbiamo conosciuti fino ad ora. Ma anche che, al contrario, una buona gestione di coltivazioni, pascoli e foreste può dare un formidabile contributo allo sforzo globale di riduzione delle emissioni climalteranti, permettendo di sottrarre all’atmosfera enormi quantità di carbonio. Per l’Italia, ciò si traduce nell’affrontare due grandi emergenze: mettere un freno al consumo indiscriminato di suolo e sviluppare una
efficace politica di orientamento rivolta al settore agricolo. La demolizione delle aule rosse dell’Università di Parma è un esempio di saldo positivo di suolo: a seguito della demolizione della struttura non è infatti prevista nessuna ricostruzione. Positivo il commento del magnifico Rettore dell’Università di Parma, Paolo Andrei, che si è così espresso: “L’Università ha risposto positivamente all’invito del Comune garantendo il proprio impegno in un’azione che, tra l’altro, porterà alla riqualificazione di un importante comparto dell’Oltretrorrente. Mi preme sottolineare che non si tratta solo di una demolizione, tra l’altro ai piedi di un bene architettonico storico, ma di un esempio virtuoso di rigenerazione urbana con attenzione all’ambiente e saldo positivo di suolo: l’Università interviene per demolire senza ricostruzione, anziché per costruire, restituendo suolo libero alla città, tra l’altro in pieno centro e in un’area che collega Parco Ducale e Ospedale Vecchio”. Gli fa eco Paolo Giandebiaggi, docente del Dipartimento di Ingegneria e Architettura dell’Ateneo, che ha aggiunto: “Dire addio a queste aule dispiace perché qui c’è la storia di molti docenti e di molti studenti, ma la situazione dell’edificio era di fatto improrogabile. La nostra Area Edilizia sta seguendo i lavori in modo molto puntuale, anche perché non è una demolizione semplice. Questa è una vera operazione di de-sealing, cosa di cui tutti parlano ma che in realtà pochi fanno: si impiegano risorse non per costruire ma per demolire, per liberare suolo, per restituire territorio non coperto e non impermeabilizzato, e per smaltire i materiali”.
FRANTUMATORE MULTI KIT CON BOOSTER SERIE MK PREMIUM Il Frantumatore Multi Kit Serie MK è un’attrezzatura polifunzionale costituita da un corpo universale a cui vengono agganciati diversi kit di demolizione grazie a un innovativo sistema di sgancio idraulico senza dover rimuovere perni strutturali manualmente. La Serie MK, nei modelli da 2 a 4,5 t, è stata equipaggiata con il Booster, una delle più importanti novità tecnologiche sviluppate dall’azienda vicentina. Il Booster è una valvola idraulica integrata al cilindro che consente di moltiplicare la potenza – intesa come pressione di esercizio dell’escavatore – raggiungendo un picco di 750 bar, entrando in azione in modo automatico quando il materiale da demolire offre una grande resistenza. Con questo dispositivo le prestazioni di lavoro aumentano mediamente di un 20% grazie alla maggior forza di frantumazione e velocità raggiunta. In sostanza, quando ci si trova in cantiere, ridurre il ciclo di apertura/ chiusura delle ganasce si traduce in tempo guadagnato e in un sostanziale incremento di produttività. Il Frantumatore Multi Kit è disponibile nella versione con Kit Frantumatore, Kit Combi, Kit Pinza e Kit Cesoia.
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UPGRADING DEL BIOGAS E LIQUEFAZIONE DELLA CO2 E DEL BIOMETANO VANTAGGI AMBIENTALI E POSSIBILI APPLICAZIONI DELLA TECNOLOGIA CRIOGENICA CRYO PUR di Laura Veneri
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a società francese Cryo Pur ha sede vicino a Parigi ed è specializzata nella progettazione e nella costruzione di dispositivi industriali per la purificazione del biogas, la liquefazione del biometano e la liquefazione della CO2. I gas da trattare provengono dalla digestione anaerobica, da rifiuti agricoli e agro-industriali, dalla frazione organica dei rifiuti solidi urbani o dei fanghi di depurazione delle acque nonché da gas di discarica. Il dispositivo nasce per rispondere a un bisogno del mercato in materia di liquefazione per impianti di biogas di taglia media da produzione agricola e FORSU. Combinando la criogenia sia per la purificazione del biogas che per la liquefazione del biometano, un impianto di taglia media diventa infatti economicamente più fattibile, senza che questo impedisca al dispositivo di essere adattato a un’applicazione di pura micro-liquefazione del biometano o del gas naturale. Cryo Pur è nata dall’esperienza decennale del suo fondatore, il dott. Denis Clodic, autore del primo brevetto sulla cattura criogenica della CO2 nel 2001. La motivazione alla base degli studi e delle sperimentazioni di allora era la cattura della CO2 nell’ambito degli obiettivi del Protocollo di Kyoto. Grazie a questi studi, il dott. Clodic è stato
co-vincitore del Premio Nobel per la Pace 2007 per il suo lavoro con l’IPCC, gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici. Durante questo tempo, consapevole dell’interesse industriale ad applicare questa tecnologia nel campo della purificazione del biogas, il dott. Clodic ha deciso di sviluppare il primo progetto pilota da laboratorio nel 2003 e poi il primo impianto di dimostrazione su scala industriale nel 2006. Nel marzo del 2013 il dispositivo di purificazione e liquefazione è stato scelto per il progetto denominato BioGNVAL, pilotato da Suez (leader mondiale nella gestione di impianti di trattamento delle acque) e finanziato in parte dall’ADEME (Agenzia francese per la gestione dell’ambiente e dell’energia). In questo progetto, il team del dott. Clodic è stato incaricato della progettazione, costruzione, installazione e avviamento dell’impianto industriale dimostrativo di produzione di Bio-GNL e bioCO2 liquida a partire dal biogas prodotto (120 Nm3/ora) a Valenton, la seconda più grande stazione di trattamento delle acque reflue dell’area parigina, di proprietà del SIAAP su un sito classificato Seveso. Sulla scorta del successo di questo impianto dimostrativo industriale, che ha mostrato il superamento di tutte le sfide tecniche affrontate, evidenziando le ottime prestazioni della
Sistema di carico e scarico di ISO container di BioGNL (Greenville Energy)
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tecnologia oltre che la sua affidabilità, è stata costituita nel maggio 2015 la società Cryo Pur, che ha iniziato la commercializzazione della sua tecnologia. L’innovazione tecnologica è sempre al centro dell’attività di Cryo Pur, che oggi vanta un expertise unica nel campo della liquefazione dei gas contenuti nel biogas. Cryo Pur è proprietaria di questa tecnologia, protetta da 6 brevetti internazionali.
LA TECNOLOGIA CRIOGENICA CRYO PUR
Negli ultimi 15 anni la tecnologia Cryo Pur è stata sviluppata e consolidata per proporre un prodotto industriale affidabile per l’upgrading del biogas e la liquefazione del biometano (Bio-GNL) e della Bio-CO2 per impianti medio-piccoli (70-2000 Nm3/ora). Cryo Pur apre nuove prospettive per la costruzione di nuove infrastrutture energetiche decentralizzate a basse emissioni di carbonio che applicano l’economia circolare. I principali prodotti ottenuti possono quindi essere così facilmente valorizzati: • il Bio-GNL è un carburante sostenibile per trasporto pesante su gomma e trasporto marittimo. È una chiave per la transizione energetica nel settore dei trasporti, che è il più dipendente dal petrolio;
Layout del dispositivo Cryo Pur di Greenville
•
il Bio-GNL consente nuovi progetti di produzione di biometano dove non è possibile l’immissione diretta nella rete del gas, offrendo nuove soluzioni per lo stoccaggio e il trasporto di biometano; • la Bio-CO2 è un sottoprodotto interessante ma sottovalutato del progetto biometano. Invece di scaricare CO2 nell’atmosfera, Cryo Pur produce CO2 liquida pura che può essere utilizzata in varie applicazioni: serre, refrigerazione nei trasporti, industria chimica, ecc. L’impianto standard applicato nel settore agro-biogas è composto da: • digestore anaerobico alimentato da sottoprodotti agricoli e/o da FORSU - Questo impianto produce biogas grezzo, la cui composizione è generalmente circa 55% CH4 e 45% CO2. Oggi in Italia questo gas viene per lo più utilizzato per la produzione di elettricità. Per valorizzarlo come biocarburante avanzato è necessario effettuare l’upgrading di questo biogas in modo da recuperare il biometano puro. • impianto di upgrading del biogas - L’impianto industriale fornito da Cryo Pur è in grado di effettuare l’upgrading del biogas nello stesso processo e recuperare più del 99% del biometano per liquefarlo, in modo da utilizzarlo direttamente come Bio-GNL. Parallelamente, il dispositivo può recuperare circa il 90% della CO2 presente nel biogas, sotto forma liquida. Il biometano liquido (Bio-GNL) da biogas viene consegnato al cliente alla pressione di 2 bar(g), conforme alla norma europea EN 16723-2
•
“Gas naturale e biometano da utilizzare nei trasporti e biometano per iniezione nella rete di gas naturale - Parte 2: Specifiche dei carburanti per autotrazione”; la CO2 liquida viene consegnata all’acquirente a una purezza di CO2 superiore al 99,99% v/v. sistema di distribuzione e stoccaggio per Bio-GNL e Bio-CO2 liquida - In funzione del modo in cui questi prodotti saranno valorizzati si potrà disporre di uno stoccaggio liquido di CO2 e GNL per il ritiro e trasporto verso l’utente finale, o in alternativa per un distributore locale del GNL (distributore di pompe per autocarri).
PERCHÈ PRODURRE BIO-GNL E BIO-CO2 LIQUIDA
Oggi l’uso del GNL per mezzi pesanti è in forte sviluppo in Europa, grazie anche al lancio di nuovi veicoli più efficienti oltre che alle sem-
pre più diffuse infrastrutture di distribuzione. Il Bio-GNL rappresenta quindi una soluzione a breve termine come carburante sostenibile in sostituzione dei carburanti fossili come il diesel, permettendo la riduzione delle emissioni di gas serra, NOx e polveri sottili rispetto al diesel. Inoltre il Bio-GNL è immagazzinabile e trasportabile facilmente; il che consente progetti per il biometano anche quando la rete del gas è remota o ha una capacità limitata. Spesso infatti, in Italia, si incontrano difficoltà dovute alle distanze di connessione, alle limitate capacità della rete di distribuzione, alla pressione di erogazione da raggiungere quando si tratta di rete di trasporto, a tempistiche lunghe per permessi e connessione, da cui il BioGNL permette di affrancarsi. In parallelo la Bio-CO2 liquida è un co-prodotto della produzione di biometano, oggi invece quasi sempre disperso in atmosfera. Il processo Cryo Pur permette la produzione
Impianto Cryo Pur di Greenville
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Portata nominale biogas [Nm3/h]
Portata minimale biogas [Nm3/h]
Portata massimale biogas [Nm3/h]
Produzione nominale di Bio-GNL [t/giorno]
Produzione nominale di CO2 liquida [t/giorno]
CP 70
70
35
85
0,7
1,3
CP 150
150
75
180
1,4
2,8 4,7
Modello
CP 250
250
125
300
2,3
CP 500
500
250
600
4,7
9,5
CP 800
800
400
960
7,5
15,2
CP 1000
1000
500
1200
9,3
19,0
CP 1500
1500
750
1800
14,0
28,4
CP 2000
2000
1000
2400
18,7
37,9
Principale gamma di impianti Cryo Pur proposti
della CO2 liquida pura, valorizzabile in numerose applicazioni industriali: serre, ghiaccio carbonico, trasporto frigorifero, materiali da costruzione.
3.
PROCESSO PRINCIPALE
Andando più a fondo nella tecnologia di upgrading e di liquefazione, il dispositivo Cryo Pur utilizza una tecnologia di upgrading criogenico: la CO2 viene congelata a una temperatura di -120°C per separarla dal metano. Ciò consente di raggiungere l’elevato livello di purezza del metano richiesto per la liquefazione. Il dispositivo include il pretrattamento per rimuovere acqua e sostanze inquinanti (H2S, VOC, silossani) prima della separazione della CO2. Il processo include 5 passaggi: • Pretrattamento 1. Trattamento del biogas con carboni attivi nel primo sottosistema per rimuovere l’H2S; 2. Raffreddamento del biogas a -40°C nel
•
4.
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5.
secondo sottosistema: il vapore acqueo viene alternativamente congelato e scongelato su due scambiatori di calore; Raffreddamento del biogas a -75°C nel terzo sottosistema: il vapore acqueo residuo viene alternativamente congelato e scongelato su due scambiatori di calore. Cattura della CO2 Raffreddamento del biogas a -120°C nel quarto sottosistema: la CO2 viene alternativamente congelata e scongelata per garantire un contenuto di CO2 di 50 ppm prima della liquefazione. Liquefazione Compressione del biometano a 14 bar(g) e liquefazione nel quinto sottosistema a -120°C. Il biometano liquido viene quindi espanso fino a raggiungere -160°C e trasferito al serbatoio di stoccaggio tampone criogenico dopo il polishing; il boil-off viene riciclato e liquefatto di nuovo nell’unità.
Il Bio-GNL è prodotto a una pressione di 2 bar(g).
PRINCIPALI VANTAGGI
La tecnologia Cryo Pur mostra numerosi vantaggi. I principali sono i seguenti: • un processo integrato di purificazioneliquefazione compatibile con le portate degli impianti biogas esistenti, permettendo così un minore CAPEX e OPEX, una maggiore facilità nella gestione del progetto e una più grande affidabilità; • un dispositivo integrato che limita i rischi legati alla moltiplicazione delle interfacce tra le diverse tecnologie; • l’upgrading del biogas si ottiene evitando gli offgas e quindi senza perdita di metano, garantendo il massimo tasso di recupero del biometano; • la produzione di 2 prodotti puri: il BioGNL, che può essere usato come carburante per i veicoli pesanti e la BioCO2 liquida, che in certe regioni può raggiungere un valore significativo, raggiungendo fino il 10% di ricavo addizionale; • il miglioramento dell’efficienza energetica con un sistema a consumo elettrico ottimizzato e la possibilità di recupero del calore; • costi di gestione contenuti: la separazione fisica dei gas non richiede materiali di consumo (tranne il carbone attivo nella fase di pretrattamento); • un’alta disponibilità dell’impianto grazie alla qualità del materiale e alla ridondanza dei componenti essenziali.
BIOGNVAL (FRANCIA) Come parte del progetto BioGNVal, Cryo Pur ha implementato con successo la progettazione, l’assemblaggio, l’installazione e la messa in servizio di un dimostratore industriale che produce biometano liquido e CO2 liquida da biogas, presso l’impianto di trattamento delle acque reflue di Valenton, in Francia. Il dimostratore industriale, con una capacità di 120 Nm3/ora di biogas grezzo, è stato inaugurato ufficialmente il 9 maggio 2016 ed è stato operativo fino ad aprile 2017.
Dimostratore Industriale di BioGNVAL (120 Nm3/ora di Biogas)
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GREENVILLE ENERGY (REGNO UNITO) Nel gennaio 2018, Cryo Pur ha avviato il primo impianto commerciale che trasforma il biogas in Bio-GNL in un’azienda agricola. L’impianto è stato realizzato nel sito di Greenville Energy Ltd, un’importante azienda agricola che opera in Irlanda del Nord. Dal suo avvio l’impianto ha prodotto continuativamente Bio-GNL e fornito alle industrie locali energia verde e calore, oltre a CO2 liquida per uso industriale. L’unità ha una capacità di 3 tonnellate al giorno di Bio-GNL. L’impianto tratta 300 Nm3/h di biogas proveniente dalla digestione anaerobica di reflui zootecnici da allevamento bovino e dalla frazione organica di rifiuti domestici. La tecnologia Cryo Pur combina l’upgrading criogenico con la liquefazione del biometano. Oltre al GNL, il dispositivo produce anche CO2 liquida, con una purezza superiore al 99,99%, utilizzata come gas liquido industriale per alimentare le serre, per la produzione di freddo industriale oltre che presso macelli di pollame. Oggi è l’unica unità di produzione di biometano liquido al mondo a produrre biometano liquido in continuo e in condizioni operative, con un progetto su piccola scala (<1500 Nm3/h biogas grezzo). Il progetto di Greenville Energy apre la strada a una produzione efficiente di Bio-GNL per molti siti di produzione di biogas, non solo di grandi dimensioni, che cercano opzioni per valorizzare al meglio il biometano. Si tratta di una pietra miliare nello sviluppo del Bio-GNL; un combustibile pulito e rinnovabile per il trasporto su gomma.
Impianto Cryo Pur di Greenville
PRINCIPALI APPLICAZIONI
Il dispositivo Cryo Pur è adatto a trattare il biogas prodotto da qualsiasi tipo di rifiuto organico (fanghi di origine agricola, industriale, acque reflue, biogas da rifiuti domestici) e apre nuove opportunità per il settore del biogas: • produzione di carburante per veicoli pesanti (Bio-GNL), • produzione di biometano da gas di discarica, • immissione/combustione a distanza di biometano, • produzione di Bio-CO2 liquida.
VERSATILITÀ DELLA TECNOLOGIA
La tecnologia Cryo Pur può essere declinata in diverse soluzioni a seconda delle necessità
del progetto. Se non c’è possibilità o interesse nel valorizzare la CO2, Cryo Pur propone soluzioni alternative integrate di liquefazione del biometano abbinate a sistemi di upgrading. In questo modo si ottiene, in una fornitura unica, un dispositivo che permette il trattamento del biogas con rilascio della CO2 nell’atmosfera e la liquefazione del biometano con la tecnologia provata di Cryo Pur. I principali vantaggi di questa soluzione sono un’ottimizzazione ulteriore dei consumi elettrici e un impianto più snello in termini di layout. Questo ultimo step di polishing (diminuzione del contenuto in CO2 sotto i 50 ppm) e liquefazione, può anche essere proposto indipendentemente dalla fornitura di upgrading nel caso, per esempio, di un impianto di tratta-
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mento di biogas e produzione di biometano gassoso già in funzione come anche per la liquefazione di gas di rete.
CONCLUSIONI
Questo articolo dimostra che i dispositivi di upgrading del biogas e di liquefazione del biometano basato sulla tecnologia Cryo Pur permettono di raggiungere un’eccellente fattibilità nell’attuale contesto italiano. Inoltre, grazie al facile utilizzo del dispositivo e una limitata attività di manutenzione, la produzione di Bio-GNL darà la possibilità di sostituire il carburante tradizionale con un elevato beneficio ambientale in termini di riduzione delle emissioni di CO2. Con l’aumento del consumo di GNL per i trasporti e con circa 1300 comuni fuori dalla rete nazionale del gas, la domanda di GNL in futuro aumenterà in modo significativo. Attraverso la sua tecnologia, Cryo Pur offre una risposta innovativa alle tre principali sfide affrontate dalla nostra società, ovvero il cambiamento climatico, l’inquinamento atmosferico e le questioni legate alla dipendenza energetica. Grazie a un’esperienza unica consolidata con l’avviamento dei due primi impianti integrati di upgrading e liquefazione di biogas in Europa, il team Cryo Pur consta di 28 ingegneri, ricercatori e tecnici in grado di unire l’eccellenza scientifica con la progettazione industriale dinamica, per offrire soluzioni tecniche affidabili e rispondere al meglio alle esigenze del mercato. Il mercato italiano è strategico per Cryo Pur che ha aperto un ufficio commerciale dedicato a Verona e prevede a breve la creazione di una filiale italiana per l’attività di supporto tecnico agli impianti.
BIBLIOGRAFIA
[1] Decreto Biometano DM 2 marzo 2018 Ministero dello sviluppo economico [2] Procedure Applicative del DM 2 Marzo 2018; GSE:https://www.gse.it/documenti_site/Documenti%20GSE/Servizi%20per%20te/BIOMETANO/Procedure%20applicative%20DM%20 2%20marzo%202018_18062018.pdf [3] Video di presentazione del progetto BIOGNVAL; Cryo Pur: https://www.youtube.com/ watch?v=3aIBxP9NDwQ [4] Video di presentazione dell’impianto di liquefazione di Greenville Energy Ltd; Cryo Pur: https://www.youtube.com/watch?v=0XsMsR8 5duU&list=PLzam6Evbs9zX4zkXLgdWkVwHa0 UhJ5N83
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APPALTI: AVVALIMENTO E CERTIFICAZIONI ANCHE AMBIENTALI LA POSIZIONE DELLA CAPOGRUPPO CEDENTE E DEL CESSIONARIO ALLA LUCE DELLA SENTENZA T.A.R. LOMBARDIA - BRESCIA, N. 802/2018 di Cinzia Silvestri*
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a questione dell’avvalimento delle certificazioni non è stata pacifica e anzi costituisce buon esempio della spaccatura tra decisioni (sentenze) della magistratura e pareri precontenziosi [1] dell’Anac (art. 211 Codice appalti); poteri e posizioni a volte discordi tra loro e forieri di confusione applicativa. L’avvalimento delle certificazioni anche ambientali è ammesso purché risulti da chiaro testo contrattuale l’effettivo affidamento tra impresa ausiliaria e ausiliata (cfr. art. 89 Codice appalti).
AVVALIMENTO
L’articolo 89 del Codice dei contratti pubblici (D.lgs. 50/2016), disciplina l’istituto dell’avvalimento che permette all’operatore economico di avvalersi della capacità, dei requisiti di carattere economico, finanziario, tecnico e professionale, di altri soggetti, per partecipare a una procedura di gara. Non sono oggetto di avvalimento i re-
quisiti di ordine generale e quelli d’idoneità professionale. L’art. 89 D.lgs. 50/2016 esclude espressamente l’avvalimento dell’iscrizione all’albo dei gestori ambientali. L’anno 2017 si distingue per avere precisato, a mezzo di sentenze e pareri, i contenuti e limiti dell’avvalimento anche con riferimento alle certificazioni ambientali.
CERTIFICAZIONI AMBIENTALI E GIURISPRUDENZA
Le certificazioni anche ambientali - si pensi ad esempio alle certificazioni di qualità (ISO 9001), certificazioni ambientali (ISO 14001), certificazioni di sicurezza sul lavoro (OHSAS 18001), EMAS - e la loro inclusione nell’avvalimento non è stata accolta con uniformità. La Giurisprudenza si è espressa prevalentemente [2] in senso favorevole all’inclusione delle certificazioni nei requisiti suscettibili di avvalimento. L’esclusione
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dall’avvalimento dei requisiti delle certificazioni di qualità creava disparità di trattamento e non trovava giustificazione normativa. L’adunanza plenaria del CdS 23/2016 si esprimeva a favore dell’avvalimento; così la sentenza del CdS 2903/2016 (in tema di EMAS); la sentenza del CdS 2953/2017 (EN ISO) e poi la sentenza del CdS 3710/2017. Si badi comunque che l’avvalimento delle certificazioni subisce preciso distinguo a seconda del caso di specie; utile a riguardo la lettura della sentenza del TAR Toscana n. 185/2019 che ribadisce il limite dell’avvalimento delle certificazioni che ha la funzione di ampliare il novero dei concorrenti ma non può mai tramutarsi in uno strumento volto a conseguire una più elevata valutazione dell’offerta.
CERTIFICAZIONI E ANAC PARERE PREC. N. 837/2017
L’ANAC si esprimeva in senso contrario alla giurisprudenza consolidata,
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dell’Unione europea e di quelli desumibili dalla giurisprudenza amministrativa in materia, imponendo che il contratto di avvalimento indichi nel dettaglio le risorse e i mezzi prestati, con particolare riguardo ai casi in cui l’oggetto di avvalimento sia costituito da certificazioni di qualità o certificati attestanti il possesso di adeguata organizzazione imprenditoriale ai fini della partecipazione alla gara [...]””.
ANAC RIEPILOGO APRILE 2018
con parere di precontenzioso 837 del 27/7/2017: “l’Autorità ha più volte ribadito di ritenere inammissibile l’avvalimento della certificazione di qualità, giacché questa non risulterebbe annoverabile tra i requisiti di capacità economico-finanziaria o tecnico-organizzativa dell’operatore economico, ma sarebbe, invece, riconducibile a quei requisiti che, pur non essendo elencati dall’art. 80 del D.lgs. n. 50/2016, sono connotati da un’intrinseca natura soggettiva, in quanto acquisiti sulla base di elementi strettamente collegati alla capacità soggettiva dell’operatore e non scindibili da esso…”.
RIPENSAMENTO ANAC PARERE PREC. N. 1085/2017
Decisiva la novella del Codice Appalti intervenuta con D.lgs. 56 del 16/4/2017 e vigente al 20/5/17 - che ha inserito nell’art. 89 il seguente inciso finale: “il contratto di avvalimento contiene a pena di nullità la specificazione dei requisiti forniti e delle risorse messe a disposizione dall’impresa ausiliaria” [3]. Il concorrente è tenuto a presentare alla stazione appaltante un contratto preciso ed esaustivo, declinato con concretezza (indicazione mezzi, personale,...) che renda evidenza che il rapporto con la società ausiliaria che detiene il requisito (ad esempio, certificazione ambientale) sia di reale partecipazione e condivisione. La genericità del rapporto tra concorrente e ausiliario comporta la nullità del contratto che deve avere forma scritta. Ebbene, l’ANAC, con parere di precontenzioso 1085 del 25/10/2017, riesa-
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mina la situazione utilizzando, per giustificare tale revirement, la sentenza del CdS 3710/2017 - intervenuta proprio lo stesso giorno in cui è stato emesso il parere di precontenzioso n. 837 del 27/7/2017 - nonché la novella all’art. 89 del Codice Appalti (intervenuta a dire il vero anche prima del Parere di precontenzioso 837/2017). Recita l’ANAC nel parere 1085/2017 vista la giurisprudenza più recente (Cons. Stato sez. V 27 luglio 2017, n. 3710) secondo la quale “quando oggetto dell’avvalimento è la certificazione di qualità di cui la concorrente è priva, occorre, ai fini dell’idoneità del contratto, che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse, che, complessivamente considerata, le ha consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 febbraio 2017, n. 852; Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2017, n. 2225, con considerazioni riferite al prestito dell’attestazione S.O.A., che valgono a maggior ragione per il prestito della certificazione di qualità). La qualità risulta, infatti, inscindibile dal complesso dell’impresa che rimane in capo all’ausiliaria” è stato anche affermato (Tar Lazio Roma sez. II 14 luglio 2017, n. 8520) che: “L’ammissibilità dell’avvalimento della certificazione di qualità costituisce un dato pacifico nel nuovo codice dei contratti, laddove uno specifico criterio di delega (art. 1, comma 1, lett. zz) del D.lgs 11/2016) prevedeva “[la] revisione della disciplina vigente in materia di avvalimento, nel rispetto dei princìpi
La questione viene riassunta dall’ANAC nell’aprile del 2018 nell’illustrare la rassegna e riepilogo dei pareri di precontenzioso (cfr. sito ANAC): “Rimanendo in tema di requisiti connotati da un’implicita soggettività, l’Autorità ha dapprima sancito l’inammissibilità dell’istituto dell’avvalimento per le certificazioni di qualità, ribadendo il proprio orientamento più volte espresso (Parere di Precontenzioso n. 837 del 27 luglio 2017). È stato infatti ritenuto che la certificazione di qualità, essendo intimamente correlata alla capacità di un operatore economico di organizzare i propri processi produttivi e le proprie risorse conformemente a standard riconosciuti ottimali, non è cedibile ad altre organizzazioni se disgiunta dall’intero complesso aziendale in capo al quale è stato riconosciuto il sistema di qualità. Sulla scorta di giurisprudenza recente (Cons. di Stato, sez. V, 27 luglio 2017, n. 3710), il richiamato orientamento dell’Autorità si è in seguito evoluto nel senso di considerare ammissibile l’avvalimento della certificazione di qualità a condizione che l’ausiliaria metta a disposizione dell’ausiliata l’intera organizzazione aziendale, comprensiva di tutti i fattori della produzione e di tutte le risorse che le hanno consentito di acquisire la certificazione di qualità da mettere a disposizione (Parere di Precontenzioso n. 1085 del 25 ottobre 2017)”. *Studio Legale Ambiente
NOTE
[1] Soft law – il parere di precontenzioso vincolante è impugnabile avanti alla Giustizia Amministrativa. [2] Contra cfr. Consiglio di Stato sez. III, sentenza n. 5695 del 19.11.2014. [3] Il tema dell’avvalimento è stato di recente precisato dalla sentenza del CdS 755/2019.
I NUOVI OBBLIGHI PER IMPIANTI DI STOCCAGGIO E LAVORAZIONE DEI RIFIUTI ANALISI DELL’ART. 26-BIS DEL D.L. 113/2018 E DELLE RECENTI CIRCOLARI ESPLICATIVE di Rosa Bertuzzi* e Andrea Tedaldi
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ella Gazzetta Ufficiale n. 281 del 3 dicembre 2018 è stata pubblicata la Legge di conversione 1 dicembre 2018, n. 132 del Decreto-Legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante “Disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonché misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” (cd. Decreto sicurezza). Fra le numerose novità contenute in tale Decreto sono da segnalare i nuovi obblighi in capo agli impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, rispetto ai quali alcune recenti circolari del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare e del Ministero dell’Interno sono intervenute a fare chiarezza.
IL PIANO DI EMERGENZA INTERNA
L’art. 26-bis del D.L. 113/2018 prevede l’obbligo per i gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, di predisporre un Piano di Emergenza Interna (di seguito “PEI”), allo scopo di: a. controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l’ambiente e per i beni; b. mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti; c. informare adeguatamente i lavoratori e i servizi di emergenza e le autorità locali competenti; d. provvedere al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente rilevante.
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La disposizione in esame, adottata a seguito dell’intensificarsi degli episodi di roghi dolosi all’interno di impianti di rifiuti, pone dunque un nuovo obbligo in capo a tutti i gestori degli impianti di stoccaggio e trattamento di rifiuti, esistenti o di nuova costruzione: la redazione di un Piano di Emergenza Interna, volto a disciplinare le ipotesi di rischio genericamente individuate, al fine di minimizzare il più possibile i pericoli per la salute umana e per l’ambiente che possono prodursi per effetto delle attività che si svolgono negli impianti di gestione dei rifiuti. Nel porre gli obiettivi che devono essere perseguiti, l’art. 26-bis non fornisce tuttavia ulteriori e più precise indicazioni sul contenuto del PEI, prevedendo unicamente che il piano di emergenza interno deve essere riesaminato, sperimentato e - se necessario - aggiornato dal gestore, previa consultazione
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del personale che lavora nell’impianto, ivi compreso il personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, a intervalli appropriati e (comunque) non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti nell’impianto e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidente rilevante. Inoltre, l’art. 26-bis prevede che, per gli impianti esistenti, il PEI dovesse essere predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del D.L. 113/2018: andava, pertanto, trasmesso al Prefetto territorialmente competente entro il 4 marzo 2019.
d.
IL PIANO DI EMERGENZA ESTERNA
IMPIANTI INTERESSATI ED ESCLUSI
Altra importante novità introdotta dall’art. 26-bis del D.L. 113/2018 è rappresentata dall’introduzione del Piano di Emergenza Esterna (“PEE”). Per gli impianti di stoccaggio e trattamento rifiuti, infatti, è stato anche previsto che il Prefetto competente per territorio, d’intesa con le Regioni e con gli Enti Locali interessati, deve predisporre il Piano di Emergenza Esterna all’impianto, sulla base delle informazioni fornite dal gestore dell’impianto medesimo e sulla base di linee guida che dovranno essere emanate dal Presidente del Consiglio dei Ministri, e dovrà altresì coordinarne l’attuazione. Pure tale Piano, al pari del PEI, si pone come obiettivo il rafforzamento della sicurezza degli impianti di stoccaggio e lavorazione dei rifiuti, e nel dettaglio è volto a: a. controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per l’ambiente e per i beni; b. mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute umana e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti, in particolare mediante la cooperazione rafforzata con l’organizzazione di protezione civile negli interventi di soccorso; c. informare adeguatamente la popolazione, i servizi di emergenza e le autorità locali competenti;
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provvedere sulla base delle disposizioni vigenti al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente rilevante. Il Prefetto dovrà redigere il PEE entro dodici mesi dal ricevimento delle informazioni necessarie da parte del gestore e tale Piano sarà riesaminato, sperimentato e, se necessario, aggiornato, previa consultazione della popolazione, dal Prefetto a intervalli appropriati e (comunque) non superiori a tre anni. La revisione dovrà tenere conto dei cambiamenti avvenuti negli impianti e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di incidenti rilevanti.
Come si coglie dall’analisi della disposizione in esame, l’art. 26-bis rimanda, nel linguaggio utilizzato, ai pericoli di incidenti rilevanti e dunque al D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105 (“Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo del pericolo di incidenti rilevanti connessi con sostanze pericolose”, cd. Direttiva Seveso III), nonché al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 (“Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”), senza però contenere alcun riferimento né all’uno né all’altro decreto. A tal proposito, i rapporti fra le varie normative sono stati chiariti dal Mini-
stero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (“MATTM”) con la circolare n. 1121 del 21 gennaio 2019, recante “Linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi”, emanata a seguito dei diffusi e frequenti episodi di incendi in impianti di trattamento di rifiuti che hanno recentemente interessato il territorio nazionale. Tale circolare ha ricordato come il piano di emergenza sia già uno strumento obbligatorio per i luoghi di lavoro in cui sono impiegati più di dieci lavoratori, ai sensi dell’art. 5 del D.M. 10 marzo 1998 (recante “Criteri generali di sicurezza antincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”) [1]. I piani redatti sulla base del Decreto ministeriale citato dovranno pertanto, unicamente, essere adeguati - entro il 4 marzo 2019 - con il recepimento dei contenuti dell’art. 26-bis. Da ultimo, ulteriori chiarimenti sono stati forniti con la circolare del Ministero dell’Interno e del MATTM n. 2730 del 13 febbraio 2019, la quale ha precisato che l’art. 26-bis non si applica agli impianti che ricadano nel summenzionato D.Lgs. 105/2015, ossia agli “impianti a rischio di incidente rilevante” sottoposti alla normativa Seveso. Sui gestori di tali impianti, infatti, graveranno obblighi ben più pregnanti, dovendo predisporre il PEI e fornire ai Prefetti competenti le necessarie informazioni per la stesura del PEE secondo la
disciplina specifica e di particolare rigore fissata dal D.Lgs. 105/2015 e non quella generale di cui all’art. 26-bis del D.L. 113/2018 [2]. Viceversa, i gestori di impianti di stoccaggio e trattamento di rifiuti non ricadenti nel campo di applicazione del D.Lgs. 105/2015, esistenti o di nuova costruzione, dovranno predisporre le pianificazioni di emergenza di cui all’art. 26-bis citato, secondo quanto contemplato dal D.Lgs. 81/2008 e dal comma 1 del medesimo art. 26-bis, nonché fornire ogni altro elemento utile per la predisposizione del PEE da parte del Prefetto competente. A tal riguardo, si osservi inoltre che molte delle informazioni richieste per il PEI da fornire al Prefetto sono già contenute nella documentazione predisposta ai sensi del D.Lgs. 81/2008 ai fini della valutazione dei rischi. Tale documentazione potrà pertanto essere utilizzata anche per assolvere agli obblighi previsti dal Decreto sicurezza, previo suo adeguamento (se del caso) agli obiettivi del comma 1 dell’art. 26bis. Ciò, del resto, trova indirettamente conferma anche nella menzionata circolare n. 2730/2019 del Ministero dell’Interno e del MATTM, la quale richiama espressamente il D.Lgs. 81/2008 ai fini della predisposizione del PEI.
INFORMAZIONI DA FORNIRE PER IL PEE
La circolare n. 2730/2019 indica inoltre le informazioni che i gestori degli impianti di stoccaggio e trattamento di rifiuti devono fornire ai Prefetti per l’elaborazione del PEE, in attesa dell’emanazione del decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri (ai sensi del comma 9 dell’art. 26-bis) che stabilirà le linee guida per la predisposizione dei PEE e la relativa informazione alla popolazione. A tal riguardo, viene precisato che i gestori sono tenuti a effettuare una descrizione dell’impianto con adeguate informazioni, tra cui: a. ragione sociale e indirizzo dell’impianto; b. nominativo e recapiti del gestore dell’impianto e del responsabile per la sicurezza; c. descrizione dell’attività svolta e dei relativi processi, indicazione del numero degli addetti; d. elenco delle autorizzazioni/certificazioni nel campo ambientale e della sicurezza in possesso della società; e. planimetria generale dalla quale risultino l’ubicazione dell’attività, il contesto territoriale circostante, le condizioni di accessibilità all’area e di viabilità;
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piante in scala adeguata degli edifici e delle aree all’aperto utilizzate per le attività recanti l’indicazione degli elementi caratteristici: layout dell’impianto, con identificazione delle aree di accettazione in ingresso, delle aree di stoccaggio e trattamento e degli impianti tecnici, degli uffici e delle misure di sicurezza e protezione riportate nella relazione tecnica; relazione tecnica contenente almeno i seguenti elementi: 1) quantità e tipologia dei rifiuti gestiti e indicazione della massima capacità di stoccaggio istantanea consentita. Nel caso l’impianto gestisca rifiuti pericolosi, devono essere indicate le relative caratteristiche di pericolo e specificate le modalità di gestione adottate; 2) descrizione degli impianti tecnici; 3) descrizione delle misure di sicurezza e protezione adottate, anche in relazione alla gestione dell’impianto;
UN SINDACO PERSEGUE LO STATO FRANCESE PER “INACTION CLIMATIQUE”. UNA PREMIÈRE IN FRANCIA... E IN ITALIA? Sono noti a tutti, per la vasta eco ad essi riservata dai mezzi di informazione, i cortei generatisi a partire dalle manifestazioni della giovane svedese Greta Thunberg per denunciare l’inazione dei Governi contro la lotta al cambiamento climatico. È forse meno noto, quanto meno in Italia, il recente ricorso promosso, innanzi al Consiglio di Stato francese, dal sindaco di Grande-Synthe (un comune nel nord della Francia) contro lo Stato francese per “inaction climatique”. Dopo che il ricorso amministrativo presentato al Ministero della Transizione ecologica e solidale non aveva trovato risposta, nel gennaio scorso il sindaco ha percorso la strada giudiziaria: una première in Francia, alla quale si accompagna il recente deposito di un ulteriore ricorso amministrativo al Ministero da parte di quattro ONG, anch’esso volto a veder dichiarata l’inazione dello Stato nella lotta ai cambiamenti climatici. Con il ricorso al Consiglio di Stato si chiede di ingiungere al Governo di cambiare la propria politica ambientale, garantendo il rispetto degli impegni climatici assunti dalla Francia a livello nazionale e internazionale. Un’azione, questa, che il sindaco giustifica (fra l’altro) in ragione degli impatti che i cambiamenti climatici potrebbero generare sulla sua città, situata su un polder e interessata dalla sommersione marina in caso di aumento del livello del mare. Non rimane dunque ora che aspettare l’esito del giudizio e i suoi impatti a livello europeo e nazionale.
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descrizione, dei possibili effetti sulla salute umana e sull’ambiente che possono essere causati da un eventuale incendio, esplosione o rilascio/spandimento; descrizione delle misure adottate nel sito per prevenire gli incidenti e per limitarne le conseguenze per la salute umana, per l’ambiente e per i beni; descrizione delle misure previste
NOTE
per provvedere al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente; k. descrizione delle disposizioni per avvisare tempestivamente, le autorità competenti per gli interventi in caso di emergenza (Vigili del fuoco, Prefettura, ARPA, ecc.). Tale elenco di informazioni è comunque da ritenersi non esaustivo e i Prefetti potranno autonomamente richiedere,
caso per caso, informazioni aggiuntive, necessarie per l’elaborazione del PEE. Peraltro, sulla base delle informazioni assunte dalla documentazione trasmessa dal gestore, il Prefetto, qualora non siano ragionevolmente prevedibili effetti all’esterno dell’impianto provocati dagli incidenti individuati nell’ambito della valutazione del rischio, potrà decidere di non predisporre il PEE. *Studio Ambienterosa s.r.l. - consulenze legali ambientali
[1] Ai sensi dell’art. 5 del D.M. 10 marzo 1998 (rubricato “Gestione dell’emergenza in caso di incendio”), “1. All’esito della valutazione dei rischi d’incendio, il datore di lavoro adotta le necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio riportandole in un piano di emergenza elaborato in conformità ai criteri di cui all’allegato VIII. 2. Ad eccezione delle aziende di cui all’articolo 3, comma 2, del presente decreto [ovvero ad eccezione delle attività soggette al controllo da parte dei Comandi provinciali dei vigili del fuoco ai sensi dal decreto del Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 577], per i luoghi di lavoro ove sono occupati meno di 10 dipendenti, il datore di lavoro non è tenuto alla redazione del piano di emergenza, ferma restando l’adozione delle necessarie misure organizzative e gestionali da attuare in caso di incendio”. [2] A tal riguardo, la circolare n. 2730/2019 del Ministero dell’Interno e del MATTM chiarisce che le previsioni contenute nell’art. 26-bis sono volte a disciplinare ipotesi di rischio genericamente individuate, al fine di minimizzare il più possibile i pericoli per la salute umana e per l’ambiente che possono prodursi per effetto delle attività che si svolgono nei diversi impianti di gestione dei rifiuti. Le norme del D.Lgs. 105/2015 riguardano invece ipotesi di rischio specificamente individuate essenzialmente con riferimento a parametri quantitativi di sostanze pericolose, al fine di regolare con una disciplina specifica e di particolare rigore i casi in cui i potenziali incidenti sono in grado di arrecare i danni più intensi ed estesi. Da ciò deriva che, laddove gli impianti di stoccaggio e trattamento di rifiuti ricadano nell’ambito del D.Lgs. 105/2015, i relativi gestori dovranno attenersi alle disposizioni del medesimo decreto sia nel predisporre il PEI (per gli stabilimenti di soglia inferiore si richiama il comma 6 dell’art. 20 del medesimo decreto legislativo), sia nel fornire ai Prefetti competenti le necessarie informazioni per la stesura del PEE, non dovendo viceversa dare seguito anche alle disposizioni di cui all’art. 26-bis in parola, trattandosi di adempimenti ridondanti.
N A D PROSEGUE L’ATTIVITÀ
R U B RI CH E
DI SVILUPPO E AMPLIAMENTO DELLA BASE ASSOCIATIVA
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n occasione dell’Assemblea generale dei soci NAD - Associazione Nazionale Demolitori Italiani, riunitasi il 29 novembre 2018 presso “Villa lo Zerbino” a Genova, per il consueto incontro di fine anno, è stata colta l’occasione per il consueto resoconto annuale. Il Presidente Omini ha illustrato il percorso associativo svolto al fine di portare l’associazione ad un rinnovamento attraverso l’allargamento della base associativa alle imprese che si occupano di bonifiche, trattamento rifiuti e agli studi di ingegneria. Nel secondo semestre hanno aderito nove nuove aziende: DAF Costruzioni Stradali Srl, DEAM Ingegneria Srl, Ducoli Achille Srl, Prandelli Santo Srl, PRO.GER Srl, RI.FORM.A. Tecnica Srl, Rigato Srl, Sani Rino Snc di Sani Alfredo e C., Tanningher Giuseppe. L’Assemblea ha inoltre proceduto al rinnovo del Consiglio direttivo nominando i seguenti componenti: Alex Bonacina - PRO.GER Srl, Pietro Cosola - Demolscavi di Cosola S. & C. Sas, Massimiliano Donzelli - DAF Costruzioni Stradali Srl, Leonardo Milioti - Desmotec Srl, Bruno Montalbetti - Montalbetti SpA, Piero Montalbetti - Montalbetti SpA, Emilio Omini - F.lli Omini SpA, Giuseppe Panseri - Despe SpA, Stefano Panseri - Despe SpA, Mario Sabolo - General Smontaggi SpA, Massimo Viarenghi - DEAM Ingegneria Srl e Donato Zaccagnini - Somi Impianti Demolizioni Srl. Nella giornata del 25 gennaio 2019, in occasione del primo Consiglio direttivo, si è proceduto al rinnovo delle cariche sociali per il triennio 2019-2021.
Alla Presidenza è stato riconfermato Emilio Omini – F.lli Omini SpA. “Sono onorato dalla fiducia che mi è stata riconfermata - afferma il Presidente - che mi darà modo di proseguire nel percorso di sviluppo iniziato lo scorso anno. È necessario divulgare sempre con maggior forza l’importante ruolo della nostra associazione per la diffusione della cultura e della professionalità delle nostre imprese e nel rafforzamento della consapevolezza del nostro ruolo in Italia e in Europa”. Alla Vice-presidenza è stato nominato Piero Montalbetti - Montalbetti SpA mentre la guida della Commissione Tecnica è stata affidata all’ing. Mas-
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simo Viarenghi - DEAM Ingegneria Srl. “Consapevole dell’ottimo retaggio di chi mi ha preceduto – afferma l’ing. Viarenghi - sono onorato della fiducia che i membri del Consiglio direttivo e il Presidente hanno riposto in me affidandomi questo incarico. Cercherò di adoperarmi con professionalità e impegno per contribuire al percorso di crescita e rinnovamento della nostra associazione. Grazie al lavoro di tutta la commissione tecnica sono sicuro che NAD potrà divulgare in modo sempre più capillare ed efficace i principi della buona demolizione e della gestione di tutto il processo demolitivo”.
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APPUNTAMENTI
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APPUNTAMENTI BIOMETANO DAY
TORTONA, 21 MARZO
Biometano Day è l’appuntamento annuale del settore biogas/biometano, dalle materie prime, sottoprodotti agricoli e frazione organica dei rifiuti, alle tecnologie di produzione e raffinazione, fino all’immissione in rete e all’utilizzo nell’autotrazione. Biometano Day è come sempre un’occasione di aggiornamento sulla situazione legislativa relativa alle bioenergie, come anche sulle soluzioni tecnologiche e sulle prospettive economiche delle filiere collegate al biogas/biometano.
www.agroenergia.eu
SEDNET
DUBROVNIK, DAL 3 AL 5 APRILE
L’undicesima edizione della conferenza internazionale SedNet “Sediment as a Dynamic Natural Resource: from Catchment to Open Sea” sarà organizzata in collaborazione con l’Institute Ruđer Bošković e l’Università di Dubrovnik e con la partecipazione di IAEA. Nelle sessioni si analizzerà il modo in cui si sviluppano politiche e piani per affrontare i problemi, spesso interconnessi, che si pongono lungo il viaggio dalle aree montane alle acque più profonde; come deve essere valutata la qualità dei sedimenti, i sedimenti come servizio ecosistemico e il modo in cui i sedimenti in eccesso possono essere utilizzati in modo benefico. Si esamineranno anche le sfide poste dalle influenze antropogeniche, dallo sfruttamento delle risorse e dai cambiamenti climatici, nonché dai problemi emergenti, come i contaminanti derivanti dallo scarico di rifiuti.
www.sednet.org
MCM
SAN DONATO MILANESE, 18 APRILE
MCM Milano - Mostra Convegno Manutenzione Industriale è un evento verticale giunto alla quattordicesima edizione che unisce una parte espositiva a una componente formativa. I visitatori dispongono di: un’area espositiva con i leader di settore; numerosi convegni, workshop, corsi; coffee-break e buffet offerti dagli sponsor; atti dei convegni scaricabili in PDF; attestati di presenza e crediti formativi. MCM Milano si svolge in concomitanza con SAVE Milano, mcT Alimentare, mcT Visione e Tracciabilità.
www.mcmonline.it
RAVENNA2019
RAVENNA, DALL’8 AL 10 MAGGIO
“Fare i conti con l’Ambiente” (Ravenna 2019) è l’evento tecnico-scientifico e festival culturale riguardante il tema rifiuti, acqua, energia, bonifiche e sostenibilità ambientale, che si svolge interamente nel centro storico di Ravenna, all’interno di sale attrezzate e nell’area pedonale. Si tratta di un evento a tutta formazione, durante il quale sono previsti diversi incontri accreditati dai diversi ordini professionali (Ingegneri, Avvocati, Periti Agrari, Agronomi-Forestali, Geologi e Geometri) che danno la possibilità ai partecipanti di ottenere crediti professionali.
www.labelab.it/ravenna2019
FORLENER
ERBA (CO), DAL 17 AL 19 MAGGIO
Dal 2001 Forlener è la principale manifestazione nazionale che valorizza e mette in mostra prodotti, servizi e tecnologie secondo una logica di filiera: dalla gestione forestale, al taglio, raccolta e lavorazione del legno, fino alla sua valorizzazione energetica ai vari livelli di potenza, riscaldamento domestico privato e collettivo, cogenerazione. L’originale format che prevede dimostrazioni e prove pratiche di macchine, attrezzature per la lavorazione del legno e apparecchi termici, offre al visitatore una straordinaria opportunità per saggiare le caratteristiche operative dei prodotti, fare confronti diretti, valutare la resa, la facilità d’uso e la sicurezza.
www.forlener.it
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PARMA, DAL 28 AL 30 MAGGIO
SPS Italia è la piattaforma di riferimento in Italia per l’automazione industriale e digitale, che riunisce in tre giorni tutti gli attori della filiera: OEMs, utilizzatori e clienti finali, partner della distribuzione, system integrator, stampa specializzata e università. L’edizione 2018 si è chiusa con cifre record: 35.188 visitatori (+6% sul 2017) e 808 espositori (+9,5% sul 2017). Fiera di soluzioni e non solo di prodotti, si caratterizza per la presenza di tutti i principali fornitori di componenti e sistemi per l’automazione e per l’attenzione posta alle soluzioni tecnologiche alla base di Smart Manufacturing e Industria 4.0.
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Anno 12 - Numero 46 – Marzo 2019 ISSN 2421-2938
Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Rosa Bertuzzi, Maria Beatrice Celino, Emilio Guidetti, Valentina Salati, Cinzia Silvestri, Andrea Tedaldi, Mentore Vaccari, Laura Veneri.
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