RECOVER magazine n. 44

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 11 n. 44 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino

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www.recoverweb.it

L’EUROPA DICHIARA GUERRA ALLA PLASTICA CON BANDI, LIMITI E OBBLIGHI DI GESTIONE DEI RIFIUTI DEMOLIZIONI AD AMATRICE: LA PARTICOLARITA’ DI UN INTERVENTO NELLE AREE COLPITE DAL SISMA

UN PROGETTO EUROPEO PER LA BONIFICA DEL MAR PICCOLO A TARANTO GRAZIE ALLA TECNOLOGIA DELLA MICROFILTRAZIONE LE LINEE PROGRAMMATICHE DEL MINISTRO COSTA PER RIMETTERE AL CENTRO L’AMBIENTE E LO SVILUPPO

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S O M M A R I O S OM M A R I O

RUBRICHE

News 4 Nad 75 Vetrina 76 Appuntamenti 79

PRIMO PIANO

L’ambiente prima di tutto

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di Massimo Viarenghi

Le sragioni del no

di Emilio Guidetti

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di Laura Veneri

La lotta alla plastica dell’Unione Europea di Maeva Brunero Bronzin

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di Bruno Vanzi

SPECIALE

L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) 44

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Toccare con mano l’innovazione

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di Laura Veneri

di Bruno Vanzi

di Marco Borroni

THE BIG EYE

Riciclare a 120 all’ora di Laura Veneri

FABBRICA DELLE IDEE

Le idee prendono la forma dell’acciaio di Bruno Vanzi

La regina dei metalli

di Laura Veneri

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L’analisi dei processi biologici di risanamento di acquiferi contaminati 55 di Claudio Sandrone e Andrea Campi

Un progetto europeo per la bonifica del Mar Piccolo a Taranto di Fabio Ibisco

Meccatronica e automazione al servizio della sostenibilità 27 Sostenibilità e calcestruzzo

di Bruno Vanzi

PROGETTI E TECNOLOGIE 22

di Gian Maria Brega

WORK IN PROGRESS

L’impianto integrato di Foligno

Grande successo a Ravenna per l’11° edizione di “Fare i conti con l’ambiente”

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Il giusto strumento per misurare la produttività in tempo reale

Demolire ad Amatrice 49

Promuovere la sicurezza 18

di Maria Beatrice Celino

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di Laura Veneri

di Giorgio Ghiringhelli et al.

ATTUALITÀ

PANORAMA AZIENDE

La sicurezza in cantiere

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Bonifica, recupero ambientale e sviluppo del territorio 62 di Andrea Sconocchia e Paolo De Angelis

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Riciclare con la demolizione selettiva e il BIM: il caso delle terme di Roselle di Francesca Astengo

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NORMATIVA

Ordine di rimozione di rifiuti e colpa del proprietario del sito

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La cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso

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di Cinzia Silvestri

di Rosa Bertuzzi e Andrea Tedaldi

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RIFLESSIONI SUI DANNI AMBIENTALI ED ECONOMICI CAUSATI IN ITALIA DALL’OPPOSIZIONE A QUALSIASI PROGETTO GREEN

14 L’AUTORITÀ DI REGOLAZIONE PER ENERGIA RETI E AMBIENTE (ARERA), UN’OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO PER IL SETTORE RIFIUTI URBANI

44 LO STUDIO DELLA DEMOLIZIONE SELETTIVA APPLICATO AL CASO DELLE TERME DI ROSELLE, UN EDIFICIO ABBANDONATO NEL COMUNE DI GROSSETO

64 I CRITERI SPECIFICI STABILITI DAL NUOVO DECRETO 28 MARZO 2018, N. 69 PER LA CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO DEL CONGLOMERATO BITUMINOSO

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RUBR I C H E

NEWS SARDEGNA, AGGIORNATO IL PIANO REGIONALE DELLE BONIFICHE Sono oltre 27mila gli ettari di superficie da bonificare mentre sono circa 17mila gli ettari sui quali sono già state avviate le procedure di bonifica.

Questo è quanto emerso dall’aggiornamento del Piano regionale delle bonifiche, una fotografia aggiornata dei siti inquinati dell’isola, dello stato dei lavori e delle priorità di intervento per i prossimi sei anni oltre che uno strumento di pianificazione per riportare i territori in sicurezza. “Le bonifiche sono sempre state una priorità del nostro programma e abbiamo compiuto importantissimi passi in avanti per dare impulso al risanamento dei territori e far valere il principio del ‘chi inquina paga’. Adesso, grazie al Piano, abbiamo un’immagine ancora più chiara e aggiornata in cui buona parte del territorio contaminato è in fase di caratterizzazione e di bonifica”, ha spiegato l’assessora della Difesa dell’Ambiente Donatella Spano. Dal censimento eseguito per realizzare il piano emerge che le bonifiche interessano 169 siti industriali distribuiti nelle province del territorio. Le aree da sottoporre ad attività di bonifica sono state classificate in siti interessati da attività industriali, siti interessati da attività minerarie dismesse, siti interessati da discariche dismesse di rifiuti urbani, siti interessati da contaminazioni legate all’utilizzo militare e punti vendita carburante. Il Piano, che ha una durata di sei anni, prevede nell’arco della sua vigenza un ulteriore fabbisogno finanziario stimato per circa 95 milioni di euro. “Le risorse saranno impegnate in base alle priorità definite dal Piano stesso - ha proseguito Donatella Spano -. Nel corso del 2018 abbiamo già avuto conferma di risorse sufficienti a coprire circa il 50 per cento del fabbisogno. Stiamo lavorando per arrivare alla copertura di tutti e sei gli anni, dando priorità a interventi iniziati che vorremo completare e per i quali già disponiamo di una dotazione finanziaria di oltre 150 milioni”.

AL VAGLIO LE IPOTESI DI DEMOLIZIONE DEL PONTE MORANDI Sono due aziende socie NAD le principali candidate per la demolizione dei monconi est ed ovest del ponte Morandi che il 14 agosto scorso è crollato accidentalmente causando la

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tragica perdita di 43 vite. Le soluzioni discusse nei vari tavoli di lavoro con tecnici di Autostrade e presentate al governatore Toti il 30 agosto scorso sono finalizzate alla riduzione dei tempi di intervento e alla sicurezza soprattutto per la parte strallata ad Est. Per la pila 10 non è previsto l’accesso di personale sul viadotto perciò è stato previsto un crollo controllato indotto grazie all’utilizzo di speciali escavatori radiocomandati e manovrati a distanza di sicurezza allestiti con martello demolitore. La sequenza di lavoro e i punti ove si è scelto di far collassare la struttura sono ancora top secret ma sembra certa ormai la sorte dei fabbricati sottostanti che collasseranno insieme al ponte, analogamente le attrezzature utilizzate verranno sacrificate nell’intervento. Per la Pila 11 ad oggi la miglior tecnica di demolizione prevista è quella con microcariche esplosive che, posizionate in punti predefiniti del ponte sono in grado di far collassare l’intera struttura.

La parte Ovest invece insiste direttamente su attività produttive che ad oggi sono in fascia rossa ma che dovranno riprendere il prima possibile la produzione. Per questa parte di ponte, sempre in cemento armato ma senza stralli (struttura con cantilever e gerber) non è possibile procedere con tecniche di demolizione che prevedono il crollo degli elementi strutturali del ponte senza provocare danni alle strutture sottostanti, sono perciò state sviluppate complesse procedure di smontaggio con utilizzo di gru ad elevata portata che consentono il sollevamento di grossi elementi anche a notevole distanza. I tempi necessari per il completamento dei lavori, indipendente da quello che si legge sui quotidiani, saranno di qualche mese per consentire anche la deferrizzazione e carico di tutte le macerie.

SERVONO ALTRI 50 MILIONI PER LA CAFFARO A fine agosto il sindaco Emilio Del Bono e l’assessore all’Ambiente Miriam Cominelli hanno fatto il punto della situazione sulla questione delle bonifiche della Caffaro. Secondo lo studio condotto da Aecom servirebbero altri 50 milioni da aggiungere ai 35 già disponibili per portare avanti la bonifica dell’area di 63 mila metri quadrati di parchi tra via Livorno,


Cacciamali, Fura, Ercolani e Parenzo Nord, ma anche il risanamento della parte industriale intorno alla Caffaro.

Il sindaco di Brescia si è quindi appellato al Governo, chiedendo più risorse economiche per la bonifica dell’ex sito industriale. Le risorse attualmente disponibili permettono di mettere in sicurezza la falda e bonificare la parte nord-ovest, ma servono altri contributi per il resto. C’è poi da considerare come bonificare le aree private e acquisire lo stabilimento, ma si vuole dedicare il 2019 proprio a questi fattori, partendo con i lavori. Su altri fronti, entro la primavera dello stesso anno sarà completato il risanamento al parco Passo Gavia, mentre in ottobre inizierà quello al campo Calvesi che sarà dotato della pista di atletica. Infine, via libera per aprire i cantieri al parco di via Parenzo e lanciata la gara per rendere più sicure le rogge.

no nell’applicazione del decreto. Si avrà un incremento delle apparecchiature elettriche ed elettroniche ed un conseguente aumento dei rifiuti da esse derivanti. Aumenteranno quindi le quantità di RAEE che dovranno essere raccolte per il raggiungimento degli obiettivi che prevedono un tasso di raccolta del 65% al 2019 (peso medio delle AEE immesse sul mercato nei 3 anni precedenti). Per comprendere meglio come interpretare le nuove disposizioni, il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato un documento contenente “Indicazioni operative per la definizione dell’ambito di applicazione “aperto” del Decreto Legislativo n. 49/2014”, si tratta di una sorta di vademecum rivolto agli operatori del settore, ovvero uno strumento di supporto per verificare se un prodotto rientri o meno nell’ambito di applicazione della direttiva RAEE.

PUBBLICATE LE BAT PER IL TRATTAMENTO DEI RIFIUTI

IMPORTANTI NOVITÀ NELL’APPLICAZIONE DELLA NORMATIVA RAEE

La commissione europea ha adottato le conclusioni sulle BAT (migliori tecniche disponibili) per gli impianti di trattamento dei rifiuti. Le nuove conclusioni sulle migliori tecniche disponibili approvate nella decisione della Commissione Europea del 10 agosto 2018, n. 2018/1147/UE oltre alla loro importanza per il settore europeo del trattamento dei rifiuti, svolgono anche un ruolo importante nel raggiungimento degli obiettivi della politica europea in materia di gestione dei rifiuti e dell’ambiente.

E’ entrata in vigore il 15 agosto 2018 un’importante modifica nel campo di applicazione della normativa sui Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE). In applicazione del decreto legislativo 49/2014, come previsto dalla direttiva 2012/19/UE sui rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche, dal 15 agosto si è passati dalle 10 categorie di RAEE previste in precedenza a 6 categorie: 3 categorie “tipologiche” e 3 categorie “aperte”, che fanno riferimento a parametri dimensionali. In questo modo se il produttore non è in grado di far ricadere i RAEE all’interno di una delle categorie tipologiche certamente potrà inserirli in una delle categorie aperte che si distinguono in: apparecchiature di grandi dimensioni (con almeno una dimensione esterna superiore a 50 cm); apparecchiature di piccole dimensioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm); piccole apparecchiature informatiche e per telecomunicazioni (con nessuna dimensione esterna superiore a 50 cm). Questo cambiamento porterà quasi certamente ad un incremento di prodotti che rientreran-

Se l’obiettivo principale di queste conclusioni risulta la riduzione delle emissioni prodotte dagli impianti di trattamento rifiuti, vengono anche disciplinate altre questioni ambientali, come l’efficienza energetica, efficienza delle risorse (consumo di acqua, riutilizzo e recupero dei materiali), prevenzione degli incidenti, rumore, odore e gestione dei residui. Il documento fa riferimento al settore nel suo insieme e le conclusioni si applicano alle seguenti attività: smaltimento (esclusa la discarica) o recupero di rifiuti pericolosi (capacità >10 Mg/giorno); smaltimento (esclusa la discarica) o recupero di rifiuti non pericolosi (capacità >50 Mg/giorno); recupero di rifiuti non pericolosi (capacità >75 Mg/giorno); deposito temporaneo di rifiuti pericolosi (capacità >50 Mg/giorno); trattamento a gestione indipendente di acque reflue provenienti da un’installazione

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RUBR I C H E

NEWS svolgente le attività precedenti. Gli impianti esistenti (autorizzati prima della pubblicazione delle conclusioni sulle BAT sulla GUCE) hanno 4 anni per conformarsi ai nuovi standard. Le nuove attività produttive in questo settore, invece, dovranno soddisfare immediatamente i nuovi requisiti. Per le emissioni atmosferiche, le conclusioni sulle BAT fanno riferimento ad una serie di tecniche come la copertura di apparecchiature per ridurre le concentrazioni di inquinanti emessi nell’aria. I BAT-AEL riguardano le polveri, i composti organici volatili totali, l’ammoniaca, l’acido cloridrico, il mercurio, i clorofluorocarburi e l’odore. Per le emissioni nell’acqua, le conclusioni sulle BAT si concentrano sulle tecniche per massimizzare il risparmio idrico e ottimizzare l’uso dell’acqua, compreso il suo ricircolo e il suo riutilizzo, nonché la separazione dei flussi di acque reflue in base al loro contenuto di sostanze inquinanti.

AL VIA LA DODICESIMA EDIZIONE DI REMTECH EXPO 2018 Si terrà a Ferrara dal 19 al 21 settembre RemTech Expo l’unico evento internazionale permanente specializzato sui temi delle bonifiche, coste, dissesto, clima, sismica, riqualificazione, rigenerazione, industria chimica. Tra le novità di questa edizione, meritano un posto di primo piano sia l’introduzione di tre nuovi segmenti tematici - RIGENERACITY, CLIMETECH e CHEMTECH – che l’istituzione di quattro tavoli permanenti di confronto pubblico-privati organizzati da Snpa e RemTech Expo, la nuova sessione “outdoor” Live Demonstration dedicata alle tecnologie innovative, e naturalmente la presentazione di RemBook, uno strumento innovativo di analisi del mercato e degli impatti economici delle bonifiche. L’agenda, ricca e articolata, prevede momenti congressuali focali tra i quali, la prima Conferenza del Sistema Nazionale Snpa, l’International Conference on Remediation European Markets and Technologies del JRC-EU, gli Stati Generali delle Bonifiche, Smart Ports, Rischi naturali e Cambiamenti climatici, Conoscenza del territorio e mitigazione del rischio sismico, Economia Circolare e gestione dei rifiuti, Riqualificazione e Rigenerazione per il rilancio del Paese, Industria Chimica e Sviluppo sostenibile. Sono numerose le sessioni in agenda dedicate alle reti e alle infrastrutture. I convegni in programma

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sono inoltre accreditati per l’aggiornamento professionale dei tecnici, degli avvocati e dei giornalisti. Prestigioso è anche l’elenco dei partner e il panel espositivo, con la partecipazione di alcuni importanti key player - Syndial, Sogin, Versalis, Enel - e imprese qualificate, enti pubblici, Snpa, Commissariati di Governo per la Bonifica delle discariche abusive e la Riambientalizzazione di Taranto, Protezione Civile, Vigili del Fuoco, Anci, Ance, Acer, Università, Centri Ricerca, progetti nazionali e internazionali. Ad arricchire il parterre, saranno le Delegazioni Straniere, appositamente invitate nell’ambito del progetto di internazionalizzazione, International RemTech, dedicato alle imprese espositrici e sviluppato grazie al contributo della Regione Emilia-Romagna. I Paesi target quest’anno sono la Cina, l’India, il Sud Africa, Tunisia, Algeria e Marocco e Brasile. Chiudono i tre giorni della manifestazione i Premi di Laurea e Dottorato, promossi da Assoreca, Fise AssoAmbiente, CNC, Unione Petrolifera, Università Sapienza, e gli Award per l’Innovazione Tecnologica, dedicati alle start-up innovative, lo Smart Port, lo Smart Rivers, il monitoraggio e la Geomatica, la Gestione delle Emergenze, che saranno consegnati durante lo storico evento serale Meet In RemTech dedicato alle attività di networking “off”.

CALABRIA: 42 MILIONI DI EURO PER BONIFICARE L’AMIANTO

La Regione Calabria ha ricevuto dal Ministero dell’Ambiente circa 42 milioni di euro per la bonifica dell’amianto all’interno degli edifici pubblici, a fronte dei 420 milioni del totale dei fondi stanziati in tutta Italia. I fondi saranno disponibili dopo la pubblicazione della delibera Cipe, provvedimento già passato al vaglio della Corte dei Conti. “L’Amministrazione regionale intende utilizzare questi fondi in concertazione con i Comuni, attraverso procedura diretta di affidamento” annuncia l’assessore all’Ambiente Antonella Rizzo. “Le priorità sono già state stabilite e riguarderanno ospedali, scuole e altre strutture pubbliche”. L’assessore ricorda l’approvazione della legge sul registro dei tumori, “una normativa, proposta dal consigliere regionale e presidente della III commissione consiliare Michele Mirabello, che si attendeva da tempo e che ha consentito di avviare i registri tumori in tutte le provincie calabresi dei quali l’80% ha già ottenuto la certificazione dell’Airtum, l’Associazione italiana registri tumori”.


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PR IMO

PI AN O

L’AMBIENTE PRIMA DI TUTTO SERGIO COSTA E LE LINEE PROGRAMMATICHE DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE: SFIDE E AZIONI PRATICHE PER RIMETTERE AL CENTRO L’AMBIENTE E LO SVILUPPO di Massimo Viarenghi Sergio Costa, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare

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l nuovo Ministro dell’Ambiente, insediatosi a inizio giugno 2018, è stato Generale dei Carabinieri della Forestale ed il suo nome è divenuto popolare per l’inchiesta sulla Terra dei Fuochi che dai primi anni duemila ha portato alla luce attività illecite legate allo smaltimento dei rifiuti nelle province di Caserta e Napoli. L’attenzione all’ambiente e ai reati ambientali sono state da sempre le caratteristiche del suo operato nell’Arma. Dopo il suo insediamento come Ministro dell’Ambiente, le prime decisioni che ha preso hanno riguardato la lotta alla plastica e agli imballaggi usa e getta nel Ministero (entro il 4 ottobre il Ministero dell’Ambiente sarà plastic free) e una rinnovata azione contro la Terra dei Fuochi. Sui social network ha infatti lanciato l’hashtag #iosonoambiente. In occasione del suo discorso al Senato, il Ministro Sergio Costa ha presentato le linee programmatiche del suo mandato che si esplicheranno principalmente in sei punti: • proseguire e rendere più ambiziosa la lotta ai cambiamenti climatici, attraverso la leva di uno sviluppo diverso, basato su una riduzione - fino alla eliminazione - dei fattori inquinanti, specialmente nel settore della mobilità; • salvaguardare la natura, contrastare la perdita di biodiversità, valorizzare l’acqua come bene comune; • impedire il consumo del suolo e prevenire il rischio idrogeologico; • assicurare la sicurezza del territorio attraverso la prevenzione e il contrasto dei danni ambientali e la lotta alle tante terre dei fuochi presenti nel nostro Paese; • governare la transizione verso l’economia circolare e rifiuti zero; • diminuire, fino ad azzerarle, le infrazioni inflitte al nostro Paese dall’Unione Europea. Ma vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

LOTTA AI CAMBIAMENTI CLIMATICI

La lotta ai cambiamenti climatici dovrà passare dalla realizzazione di politiche verdi, dovrà premere sulla mobilità sostenibile, ostacolare l’inquinamento con particolare attenzione alla qualità dell’aria e rafforzare il lavoro sulle valutazioni e autorizzazioni ambientali. Si dovranno creare i presupposti per lo sviluppo dei green jobs e la rinascita della competitività del sistema industriale italiano, con l’obiettivo di “decarbonizzare” e “defossilizzare” produzione e finanza e attuare norme

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P RI MO

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di sburocratizzazione ambientale. “Nelle strategie nazionali di sviluppo economico deve considerarsi prioritaria l’adozione di strumenti normativi efficaci a promuovere una sempre maggior diffusione di modelli di sviluppo sostenibile, la ricerca, l’innovazione e la formazione per lo sviluppo del lavoro ecologico, opportunità per le giovani generazioni di ripensare il loro futuro” - commenta Costa. Il Ministro presuppone il coinvolgimento delle Pubbliche Amministrazioni a tutti i livelli nella promozione del cambiamento “verde” per diventare un riferimento per l’adozione di buone pratiche, migliori tecniche e standard. È necessario implementare misure per incentivare l’efficientamento energetico degli edifici: gli immobili capaci di autoprodurre energia rappresentano la sfida del futuro; in questo senso deve essere orientata anche l’edilizia residenziale pubblica. Inoltre è imperativo adottare e sostenere presso tutte le sedi, anche internazionali, obiettivi più ambiziosi e vincolanti per la riduzione delle emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi: entro il 2030 taglio delle emissioni del 40% in UE. Puntare sulla mobilità sostenibile avviando un percorso finalizzato al progressivo calo dell’utilizzo di autoveicoli con motori alimentati a diesel e benzina, al fine di ridurre il numero di veicoli inquinanti e contribuire effettivamente al conseguimento e miglioramento degli obiettivi contenuti nell’accordo di Parigi e supportando con incentivi l’acquisto di veicoli ibridi ed elettrici. Ammodernare le linee ferroviarie locali, in quanto la ferrovia dovrà essere in grado di rivestire nuovamente il ruolo di principale sistema di trasporto ad alta densità in quanto, attualmente, rappresenta l’unica soluzione di mobilità sostenibile per le medie e lunghe percorrenze, contribuendo ad alleviare i problemi di congestione dei pendolari, di sicurezza e di pressione ambientale. Per contrastare l’inquinamento, con particolare attenzione alla qualità dell’aria saranno perseguite tutte le azioni opportune a porre rimedio al mancato rispetto dei limiti imposti dalle norme comunitarie in materia di qualità dell’aria, relativamente al particolato PM10 e al biossido di azoto NO2. Infine dovrà essere rafforzato il lavoro sulle valutazioni e autorizzazioni ambientali proteggendo i livelli occupazionali e promuovendo lo sviluppo industriale del Sud, attraverso un programma di riconversione economica che preveda le necessarie bonifiche, lo sviluppo della green economy, delle energie rinnovabili e dell’economia circolare.

SALVAGUARDIA DELLA NATURA, PROTEZIONE DEL MARE E VALORIZZAZIONE DELL’ACQUA COME BENE COMUNE

“I parchi nazionali e tutte le aree protette rappresentano un capitale ambientale su cui investire, sia in termini sociali sia in termini di ricerca sia, per quanto possibile, in termini economici legati alla sostenibilità. Devono rappresentare una risorsa per i giovani e per tutti i cittadini e non devono essere percepiti come un ostacolo scomodo alla propria quotidianità. Al fine di raggiungere lo scopo di attivare un rapporto virtuoso tra uomo e ambiente, gli interventi relativi a questa priorità tematica agiranno su diverse linee d’azione” sostiene Sergio Costa. Tra le azioni che il Ministero vuole intraprendere segnaliamo: la promozione di misure per limitare il marine litter e per il recupero dei rifiuti in mare, anche con il coinvolgimento dei pescatori, e per una sensibilizzazione attiva sul tema dei cittadini; l’introduzione di nuove norme sulla tutela del mare e nuove procedure per l’autorizzazione alla raccolta della plastica in mare, modificando opportunamente il Codice dell’Ambiente; l’ampliamento della pianta organica del Corpo delle Capitanerie di Porto con un piano straordinario di assunzioni. Per quanto riguarda la tutela dell’acqua, il Ministro si propone di garantire l’accesso all’acqua quale bene comune e diritto umano universale, anche attraverso gli strumenti normativi europei: • appoggiando la proposta di direttiva sulla qualità delle acque per il consumo umano, che nasce da una mobilitazione popolare senza precedenti, con quasi 2 milioni di cittadini europei intervenuti per chiedere all’Unione di garantire un accesso sufficiente all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari per tutti; • promozione del governo pubblico e partecipativo dell’intero ciclo integrato dell’acqua. I privati coinvolti nella fornitura, gestione e distribuzione dell’acqua dovrebbero essere adeguatamente monitorati dalle autorità competenti e il pubblico dovrebbe avere accesso a tutte le informazioni e i dati ambientali; • incentivare l’uso di sistemi per ridurre sprechi e dispersioni attraverso l’introduzione di nuove tecnologie già in uso in alcune parti del Paese e sensibilizzare l’opinione pubblica sulle problematiche relative all’inquinamento e alla dispersione delle acque; • diminuire le categorie di persone prive di accesso all’acqua, specificando che l’erogazione di un quantitativo minimo vitale non può essere sospesa;

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investimenti sul servizio idrico integrato di natura pubblica, applicando la volontà popolare espressa nel referendum del 2011, con particolare riferimento alla ristrutturazione della rete idrica, garantendo la qualità dell’acqua, le esigenze e la salute di ogni cittadino.

CONTRASTO AL CONSUMO DI SUOLO E AL DISSESTO IDROGEOLOGICO

“In relazione all’obiettivo del contrasto allo spreco del suolo e al dissesto idrogeologico, è mia intenzione avviare una serie di interventi diffusi in chiave preventiva di manutenzione ordinaria e straordinaria del suolo, anche come volano di spesa virtuosa e di creazione di lavoro nelle aree a forte rischio, oltre che azioni per responsabilizzare il cittadino sui rischi connessi alla tutela del territorio. Al riguardo sono felice di notare che per iniziativa di parlamentari di diverso colore politico è ripresa la discussione, interrottasi con la fine della scorsa legislatura, di un provvedimento che insista su tale tematica” sostiene il Ministro all’Ambiente. È da segnalare che dal 2 luglio con un decreto è stata chiusa Italiasicura, la struttura creata dal precedente governo per contrastare il dissesto idrogeologico e le competenze a riguardo sono tornate nelle mani del Ministero dell’Ambiente.

SICUREZZA DEL TERRITORIO E LOTTA ALLE TANTE TERRE DEI FUOCHI

“Garantire a ogni singolo cittadino una vita migliore in un ambiente salubre che gli permetta di non ammalarsi per cause dovute alla gestione criminale dei rifiuti è un dovere che non può passare in secondo piano. Per raggiungere tale obiettivo - dichiara il Ministro Costa - ho in programma l’attuazione di diverse iniziative”. Il neo Ministro si riferisce anzitutto a due questioni: • il rafforzamento delle misure già previste nell’ordinamento per prevenire e reprimere i reati ambientali, attraverso una parziale riforma della legge 68/2015, finalizzata a: • inasprire la risposta sanzionatoria per i reati ambientali contravvenzionali già previsti dalla legge (articoli 256 e 259 del Codice dell’Ambiente); • prevedere il sequestro e la confisca dei beni frutto di reati ambientali, come già previsto dall’ordinamento per i beni acquisiti dalla criminalità organizzata tramite attività illecite – una sorta di confisca allargata; • applicare il Daspo, ovvero un ordine di allontanamento, fino a 2 anni, nei confronti di chi si rende responsabile di trasporto abusivo, abbandono, sversamento e combustione illecita di rifiuti nei pressi di istituti scolastici, luoghi di cultura, parchi pubblici, mercati, siti turistici, ferrovie, aeroporti e stabilimenti balneari o nelle campagne; • introdurre la possibilità di arresto in flagranza differita per gli illeciti ambientali più gravi; • inasprire le previsioni relative al delitto di combustione illecita di rifiuti e roghi tossici; • riorganizzare il sistema e le competenze di polizia ambientale, al fine di rafforzare le attività di indagine riguardanti la protezione boschiva, la protezione del paesaggio, il settore riguardante i rifiuti, la protezione degli animali di affezione, selvatici o esotici e la repressione e la prevenzione dei reati ambientali; • prevedere il sequestro dei beni per chi inquina e ritiene di non pagare. • implementare l’attività di contrasto alle ecomafie e alle terre dei fuochi che esistono non solo al sud ma su tutto il territorio nazionale, operando a livello normativo, con la logica e il meccanismo del “chi inquina paga”, in maniera tale da: • riformare la governance sulla Terra dei fuochi prevista dal decreto-legge 136 del 2013, portando la competenza in capo al Ministero dell’Ambiente, tematica su cui stiamo già intervenendo con le previsioni del decreto-legge varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 2 luglio; • rivedere i meccanismi di governo e gli strumenti di messa in sicurezza e bonifica ambientale, soprattutto per le discariche cd. “orfane”, sbloccando i fondi fermi al Ministero e a Palazzo Chigi secondo criteri di rigorosa trasparenza; • introdurre nuove procedure per il riconoscimento dei suoli su cui poter attivare interventi di monitoraggio e analisi; • allargare il modello campano alle altre situazioni allarmanti per altri interventi in altre zone d’Italia.

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ECONOMIA CIRCOLARE E RIFIUTI ZERO

Questo obiettivo prende in considerazione l’implementazione di azioni che si collochino in una strategia di economia circolare, anziché lineare, con l’obiettivo di medio-lungo periodo di rifiuti zero e di una revisione del ciclo dei rifiuti e delle misure anti-inquinamento. “Tra le prime azioni del mio mandato - commenta Costa - ho lanciato da subito la campagna “plastic free”: ritengo doveroso che in tutte le amministrazioni pubbliche sia bandito l’uso di plastica, specialmente monouso. Le pubbliche amministrazioni devono essere da esempio di sostenibilità e di cultura ambientale per fornire ai cittadini una guida e un modello di riferimento”. L’economia circolare potrà essere favorita attraverso la progettazione di beni e fiscalità premianti per chi produce beni riciclabili e riutilizzabili; il ricorso alla raccolta domiciliare; azioni contro lo spreco alimentare; la realizzazione di centri di riparazione e riuso dei beni utilizzati; l’introduzione della banca dell’Usato.Il Ministro intende rivedere il ciclo dei rifiuti e il Programma Nazionale di Prevenzione dei Rifiuti, anche nel senso della circolarità economica, prevedendo: • incentivazione alla filiera corta di gestione, con il recupero di materia del compost per ridurre i fertilizzanti chimici e l’irrigazione; • forte riduzione del rifiuto prodotto, con una crescente percentuale di prodotto riciclato e contestualmente una drastica riduzione della quota di rifiuti smaltiti in discarica ed incenerimento, fino ad arrivare al graduale superamento di questi impianti, adottando metodi tecnologicamente avanzati ed alternativi; • introdurre norme per ridurre drasticamente l’utilizzo della plastica monouso, anche per legge, soprattutto presso le pubbliche amministrazioni; • riduzione del sistema degli imballaggi alla fonte con aiuti al produttore e al consumatore (IVA e crediti di imposta); • revisione delle norme sulla tracciabilità dei rifiuti speciali, ad esempio per gli pneumatici; • aggiornamento delle linee guida per la gestione operativa degli stoccaggi negli impianti di gestione dei rifiuti e per la prevenzione dei rischi e rafforzamento attività di vigilanza e monitoraggio sulla gestione dei rifiuti su base regionale, con coinvolgimento diretto delle prefetture; • interscambio informativo tra ISPRA e il Sistema Nazionale a rete per la protezione dell’ambiente con il Sistema delle Polizie Ambientali Nazionali; • definizione di un modello di governance complessiva sulla gestione dei dati della tracciabilità dei rifiuti a livello nazionale in accordo con tutti gli attori coinvolti, anche in vista della realizzazione di una banca dati per la gestione, elaborazione e fruibilità delle informazioni contenute nei documenti digitali indicati, funzionale all’adozione di politiche di sviluppo; • confronto e riorganizzazione dei Consorzi nazionali per il riciclaggio dei rifiuti mirato ad un’attenta verifica degli obiettivi di riciclaggio raggiunti nonché al coordinamento di azioni volte al contrasto dei fenomeni illeciti legati al traffico nazionale e internazionale dei rifiuti; • potenziamento dei controlli sulle importazioni ed esportazioni di rifiuti anche attraverso la revisione del Piano nazionale delle Ispezioni.

RIDUZIONE DELLE INFRAZIONI EUROPEE

L’attività di monitoraggio, controllo e risoluzione delle procedure di infrazione avrà carattere rilevante nel mandato del Ministro. L’obiettivo è quello di continuare a ottimizzare il percorso virtuoso di riduzione delle procedure di infrazione a carico dell’Italia, passate complessivamente dalle 117 del 2014 alle 59 di oggi. 13 di queste, ovvero circa il 22%, sono di natura ambientale, relative in particolare alle tematiche dell’inquinamento dell’aria, dei rifiuti e del trattamento delle acque reflue urbane. “Al fine di incidere maggiormente sulle politiche dell’Unione - ha dichiarato il Ministro - è mia intenzione, secondo quanto previsto dalla legge 234 del 2012, istituire una specifica task force, coordinata dall’Ufficio di Gabinetto con il contributo dell’ufficio legislativo e di un referente per ciascuna direzione generale e, ove opportuno, un rappresentante delle Regioni coinvolti dalla procedura di infrazione, per seguire ogni procedura e stabilire una road map con tempi certi per la sua soluzione, anche attraverso l’esercizio del potere sostitutivo”.

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A T T U A L I TÀ

LE SRAGIONI DEL NO

RIFLESSIONI SUI DANNI AMBIENTALI ED ECONOMICI CHE L’OPPOSIZIONE A QUALSIASI PROGETTO GREEN HA GENERATO IN ITALIA; MENTRE INDICHIAMO COME SOLUZIONE L’ECONOMIA CIRCOLARE di Emilio Guidetti*

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uesto articolo ha lo scopo di offrire un punto di vista, certamente non populista, sull’ambientalismo da social network, quasi mai organizzato e documentato che si oppone a qualsiasi progetto in campo ambientale, energetico e a volte anche manifatturiero sventolando il vessillo della salute delle nuove generazioni. Un ambientalismo che, probabilmente, ha fatto molti danni nel nostro Paese e, purtroppo, molti ne farà. Un ambientalismo fatto di slogan come “rifiuti zero”, “raccolta differenziata spinta”, “porta a porta integrale”, ecc; un ambientalismo in cui probabilmente si rischia di perdere di vista il fine ultimo ovvero quello di gestire correttamente il ciclo dei rifiuti. I rifiuti ci sono stati, ci sono e ci saranno sempre, sperare che spariscano solo a parlarne è piuttosto miope. L’auspicio è quello di offrire un punto di vista su cosa potrebbe rappresentare in termini economici e ambientali un corretto sistema di gestione dei rifiuti e dei disastri ambientali che l’opposizione preconcetta ha generato. Ha alimentato gli affari della malavita, ha alzato i prezzi del trattamento e dei trasporti; questi ultimi spesso mascherano vere e proprie migrazioni massive verso altre regioni o nazioni. Ha sostanzialmente innalzato i costi complessivi del sistema a danno proprio delle matrici ambientali che gli oppositori vorrebbero tutelare.

LE RESPONSABILITÀ DELLA POLITICA

Dire che vi sono responsabilità politiche in questo perverso meccanismo di implosione del “Sistema Italia” è facile quanto vero. Non sempre la pianificazione sulle tematiche dei rifiuti è stata basata su reali esigenze territoriali (che non significa provinciali) e non sempre la trasparenza offerta in sede di iter autorizzativo ha offerto tutte le informazioni necessarie o anche soltanto utili a comprendere le finalità del progetto in esame, d’altra parte ogni e qualsiasi omissione di dettagli coperti magari da segreto industriale è stata scambiata come il tentativo di avvelenare la gente senza dirglielo. All’interno del contesto normativo quindi l’impresa è tenuta a fornire tutte le informazioni necessarie o anche soltanto utili alla comprensione del progetto, l’Ente che deve autorizzare non ha tutte le professionalità necessarie alla valutazione del progetto che oggi coinvolgono molte competenze e questo rende difficile l’interlocuzione “fine”.

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Tutte le competenze necessarie vengono invece attinte a piene mani da motori di ricerca o dai social network da solerti commentatori che diffondono disinformazione e allarmismo tendenzialmente offerti con il modello “…ho letto che negli Stati Uniti per un impianto analogo sono state avvelenate X persone…”. Dove si tragga la convinzione che l’informazione è vera e che l’impianto sia proprio lo stesso resta un mistero.

I RIFIUTI CI SONO E CI SARANNO, SEMPRE

Uno dei migliori cavalli di battaglia, quasi un evergreen, degli oppositori è racchiuso nel concetto di “zero waste” ovvero nella utopica visione che i rifiuti possano arrivare a ridursi fino a non essere più un problema. Tutte le attività dell’uomo generano scarti comprese quelle di semplice manutenzione e gestione del patrimonio naturale o dei più elementari bisogni fisiologici dell’uomo (inteso come genere): da questo si generano sfalci e potature e fanghi biologici legati al trattamento degli effluenti domestici. Solo per queste brevi e forse banali considerazioni il concetto di zero waste non ha applicabilità reale. Se guardiamo i contenitori per la raccolta differenziata ed indifferenziata ci rendiamo conto come i rifiuti siano tanti in quantità e tanti in qualità anche ad una suddivisione molto sommaria. È difficile da comprendere come a fronte di una produzione pro capite di 480-580 kg/ anno come media nazionale con punte anche di 650-700 kg/anno nelle zone più ricche del Paese si possa pensare a concetti come rifiuti zero. La prevenzione dei rifiuti è certamente uno degli elementi fondanti della strategia europea ma impatterebbe su abitudini personali, enormi interessi economici delle multinazionali del food e non solo, organizzazioni di logistica e distribuzione che pare essere una strategia molto complicata. Sarebbe opportuno, volendo affrontare il problema in modo serio, rendere produttive ed economiche strategie come quelle del recupero e riciclaggio favorendo la nascita degli impianti e sostenendo la filiera dell’economia circolare vera, non certo quella dei convegni.

LA TARIFFA PUNTUALE: COS’È, COSA POTREBBE ESSERE

La normativa europea fa proprio il concetto “chi inquina paga” alla base delle direttive europee, anche in segmenti specifici come quello dei rifiuti elettrici ed elettronici e delle pile e accumulatori portatili, e la pianificazione deve quindi determinare l’apporto di ognuno di noi alla produzione dei rifiuti indifferenziati e alle corrette pratiche come la raccolta differenziata e l’utilizzo dei centri di raccolta comunali. Nelle aree del Paese dove la tariffazione puntuale è attiva e dove spesso è accompagnata dalle modifiche del sistema di raccolta (PAP, ecc.) è necessario determinare il quantitativo conferito attraverso l’utilizzo di tecnologie RFid che prevedono un tag sul contenitore dei rifiuti indifferenziati. Spesso il sistema di raccolta è condizionato a quantità indifferenziate predeterminate come per esempio lo svuotamento di un contenitore da 120 litri al mese compreso nella tariffa mentre le eccedenze devono essere remunerate al gestore del servizio. Il principio è certamente condivisibile e dovrebbe permettere a chi ha comportamenti virtuosi di vedersi ridotta la tariffa… in Svezia. In Italia invece si è assistito, soprattutto nelle aree confinanti con sistemi ancora non controllati, al traffico dei rifiuti con padri di famiglia che andando al lavoro depositavano l’ingombrante fardello fuori dal proprio territorio comunale per ridurre il fabbisogno di servizi accessori. Purtroppo una delle principali difficoltà nell’applicazione delle regole in Italia siamo proprio noi italiani che siamo tendenzialmente fantasiosi e poco avvezzi all’imposizione con punte di diamante in aree del Paese dove quest’arte è proverbiale e celebrata in molti film. Ma vediamo come potrebbe essere la tariffazione puntuale: uno specchio dell’anima o meglio uno specchio delle scelte di ognuno di noi, la misurazione della sostenibilità economica dell’ambientalismo. Il sistema di tariffazione dovrebbe quindi essere basato sulle scelte personali che ognuno di noi è disposto a fare ma soprattutto a sostenere; credo che non si sia ancora percepito come alcuni sovra costi del sistema sono poi spesati dalla totalità dei cittadini utenti e non solo da chi queste scelte le impone o le fa imporre.

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La tariffa dovrebbe quindi essere proporzionale ai costi che si devono sostenere; in pratica io che sono contrario agli inceneritori e mi batto per non averne sul mio territorio (scelta legittima sotto il profilo strettamente personale) e costringo quindi a portare il mio rifiuto indifferenziato a centinaia di chilometri devo pagare di più per essere coerente con le mie scelte. È certamente una provocazione ma è anche l’unico modo per avere piena contezza di quali e cosa siano le conseguenze delle scelte sul sistema complessivo.

UNA QUESTIONE DI DIMENSIONI

Laddove gli impianti esistono si assiste ad assurde diatribe sulla limitazione degli stessi piegando a ragioni politiche quelle tecniche. Nel settore manifatturiero, da sempre, si investono soldi e si dice che per pagarsi un macchinario deve lavorare il più possibile a volte anche su turni di 24 ore e sette giorni su sette. Nel settore sanitario privato vi sono case di cura che effettuano esami dalle 7 del mattino alle 22 della sera per ottimizzare la resa dei loro investimenti. Non si comprende quindi dove trovi ragioni la volontà popolare e, per ragioni elettorali, politica di limitare impianti che possono produrre ricchezza e con questa abbattere il loro impatto sul territorio. Ridurre la capacità produttiva di un impianto per la produzione di un bene porta, inevitabilmente a far costare di più il bene. Nessuno (sano di mente) si sognerebbe mai di limitare la capacità produttiva di uno stabilimento, di una casa di cura, di una centrale idroelettrica, per citare alcuni esempi, ed invece per gli impianti di trattamento dei rifiuti è prassi comune, tanto più nefasta quanto grandi sono gli investimenti sostenuti. Limitare gli investimenti e la loro capacità di generare reddito è paradossalmente, ed ancora una volta, nella direzione contraria a quella che gli ambientalisti social vorrebbero ottenere. Il problema territoriale deve essere superato con una logica di pianificazione sovra provinciale a sua volta sostenuta dalla politica; senza dovere per forza tirare in ballo la globalizzazione è necessario che siano superate logiche campanilistiche a favore di logiche industriali più efficaci. La pianificazione dell’assetto impiantistico deve tenere conto del fabbisogno complessivo (impianti di riciclaggio, inceneritori, discariche, depuratori) e distribuirli sul territorio per scelte tecniche e non politiche o, in un’ipotesi illuminata, il combinato disposto delle due. Vi sono aree dedicate ad accogliere questo tipo di impianti dalla pianificazione urbanistica, aree che con una gestione di qualità possono diventare veri e propri parchi ecologici da far visitare alle

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scolaresche e/o a visitatori interessati al tema del ciclo integrato del trattamento dei rifiuti.

IL CICLO INTEGRATO DEI RIFIUTI

Vale la pena ricordare, in questo spazio, che le scelte ideologiche siano perdenti su tutta la linea; si sente spesso dire che la soluzione è “zero rifiuti” oppure “raccolta differenziata spinta”, “incenerimento”, “riciclaggio” o altro. Prima di tutto si mettono sullo stesso piano livelli di intervento molto diversi e che agiscono su livelli molto diversi nella filiera della gestione; in particolare: • zero waste (fattibilità a parte) agisce sulla prevenzione del rifiuto; • la raccolta differenziata è un mezzo e non un fine per la corretta gestione dei rifiuti; • il riciclaggio (recupero di materia) ha dei limiti tecnici che fanno sì che in output abbiamo ancora scarti da gestire; • l’incenerimento è uno strumento che agisce solo su frazioni definite di rifiuto e non su tutte ed è pertanto focalizzato; • la discarica è anch’esso un impianto necessario per frazioni residuali di altri tipi di trattamento. Mettere sullo stesso piano tutte queste cose vuol dire alimentare della disinformazione per fini che sono ben diversi da quelli della tutela ambientale a cui tutti vogliamo ambire. Parlare seriamente di rifiuti vuol dire necessariamente parlare di ciclo integrato di gestione dove agiscano tutte le leve gestionali possibili evitando, come spesso accade, di salire su barricate ideologiche contrapponendo tesi antitetiche quando, ad un’analisi seria, sono fasi diverse di un unico ciclo di gestione.

UN CASO DI CRONACA: IL TERMOVALORIZZATORE DI PARMA

Colpisce proprio il caso del termovalorizzatore di Parma, prima osteggiato e posto al centro della prima campagna elettorale del Sindaco, poi giustamente reso operativo per non finire in una emergenza poi oggetto di “trattative” sul quantitativo per “salvaguardare la salute dei cittadini”. Il titolo di un articolo tratto da Repubblica.it nella cronaca di Parma recita “Termovalorizzatore di Parma, il report: non rilevati impatti sulla salute”. Approfondendo la lettura si riscontra che “non emergono rischi per la salute e per l’ambiente” e che per quanto concerne “la filiera agro-alimentare, attualmente la comparazione dei dati ante operam e post operam ha evidenziato cambiamenti di concentrazione pressoché nulli e sostanzialmente ininfluenti sulla qualità delle matrici”. Ed ancora “in relazione alla popolazione esposta, i primi


risultati di confronto tra soggetti esposti e soggetti non esposti non evidenziano alcuna associazione con le emissioni del termovalorizzatore, nemmeno all’interno dei biomarcatori urinari di lavoratori Iren presso il PAIP o dei detenuti e lavoratori del carcere di Via Burla”. Sicuramente in questo periodo verranno messi in discussione i risultati analitici del lavoro condotto perché l’unica verità possibile è quella dei social network che confronta dati del 1970 (con quel livello di tecnologia) e nega i dati oggettivi del 2018 rilevati da AUSL ed ARPAE perché non in linea con il pensiero diffuso che l’inceneritore fa male alla salute dei nostri figli. Anche in questo caso l’intento di tutelare la salute dei nostri figli andrebbe alimentato con la discussione di merito sul caso di specie; partecipando e non sottraendosi al confronto sui dati oggettivi, partecipando e non sottraendosi alle scelte di mitigazione e tutela, partecipando e non sottraendosi all’esame di eventuali problemi e delle possibili soluzioni. Vi sono certamente esempi di cattiva gestione dei rifiuti in diverse parti del Paese e in diverse epoche, cattivi esempi che però non possono essere la scusa per non guardare avanti rendendosi conto che alcune scelte sono necessarie e sono comunque migliore tutela dell’ambiente rispetto al non scegliere.

L’IMPATTO AMBIENTALE COMPLESSIVO

È probabilmente un punto di vista personale e non molto condiviso, immagino, quello che ritiene la valutazione dell’impatto ambientale non solo da circoscrivere all’impianto ma anche alle possibili conseguenze legate al fatto di non costruirlo. Quasi per caso mi sono confrontato pochi giorni fa con un risk manager di una grossa impresa in ben altro settore, localizzazione e contesto che mi ha spiegato come il suo lavoro sia finalizzato ad analizzare tutti i possibili rischi di una scelta del board. Tutti i possibili rischi di tutte le possibili matrici e quindi rischi finanziari, economici, ambientali, assicurativi, di mercato, energetici, ecc. Da qui il ragionamento sul fatto che certamente debba essere valutato il rischio intrinseco della costruzione di un impianto ma non possiamo dimenticare di valutare quali siano le conseguenze nel breve, medio e lungo termine della scelta di non costruirlo. È evidente che ognuno di noi ha una parte di responsabilità nella produzione dei rifiuti che derivano sia da attività di base che dalla legittima soddisfazione del gratificarsi sostituendo il televisore, il computer o altro. Se ognuno di noi ha responsabilità nell’inquinare (nell’accezione di produrre rifiuti), ognuno di noi deve comprendere come alcuni impianti sono necessari e che il rischio di non farli è molto più grande di quello del gestirne la presenza.

Non avere un impianto ci porterebbe ad una emergenza rifiuti, purtroppo film già visto in certe aree del Paese, con l’incendio dell’immondizia in strada, emergenze sanitarie legate alla presenza di topi o altri animali e via di seguito. Una valutazione d’impatto dovrebbe tenere conto anche della scelta di non fare, nefasta almeno come il fare male.

CONCLUSIONI

La tutela dell’ambiente sta a cuore a tutti anche senza per forza doversi manifestare sui social network e anche senza manifestare il proprio dissenso per qualsiasi genere d’impianto o installazione. Ritengo di essere ambientalista (essendo favorevole agli impianti) almeno come quelli/e che sono contrari e che dichiarano che sono contro per la salute dei propri figli. Ritengo che le procedure burocratiche di autorizzazione, l’inadeguatezza delle normative e una buona dose d’italianità, nell’accezione peggiore del termine, siano i mali di una corretta procedura di gestione. Le normative per il recupero dei rifiuti sono vecchie di decine di anni e non possono e non potranno mai essere al passo con l’evoluzione della tecnica; una pubblica amministrazione timorosa di qualunque atto e una politica sempre meno creduta lasciano spazio all’ambientalismo social che è contro a prescindere. Citando Francesco Guccini – Canzone di Notte n.2 “scusate non mi lego a questa schiera, morrò pecora nera!”. Il problema dei rifiuti esiste, inutile negarlo o pensare di risolverlo con slogan da stadio o citando studi di trent’anni fa o, ancora peggio, negando le evidenze oggettive delle misurazioni sul campo. È necessario che gli uffici della PA deputati alla pianificazione identifichino le necessità, che la politica ne appoggi le scelte e le condivida. È necessario che nel processo di maturazione delle scelte siano coinvolti i cittadini perché possano con buonsenso e apertura mentale offrire un contributo e/o avere le informazioni necessarie a comprendere; è anche necessario avere autorizzazioni e procedure chiare per consentire, a tutti, di verificare se la gestione è conforme al progetto e rispetta gli standard imposti. Non per ultimo occorre identificare degli indicatori chimici, energetici, ambientali o altro che siano in grado di misurare l’andamento; questi indicatori e le misure di mitigazione sono tanto più sostenibili quanto maggiori sono le dimensioni degli impianti, limitarli vuol dire, potenzialmente, limitare la possibilità di investire sulla mitigazione degli impatti ambientali. Non bisogna essere favorevoli a tutti costi ma nemmeno pregiudizialmente contrari; in entrambi i casi non facciamo un favore all’ambiente, al tessuto economico e ai nostri figli. *Ecoproject S.a.s. Correggio (RE)

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PROMUOVERE LA SICUREZZA SI È SVOLTO A BOLOGNA IPAF ANCH’IO, IL PIÙ IMPORTANTE EVENTO DELL’ANNO DEDICATO AL MONDO DEL SOLLEVAMENTO AEREO IN ITALIA di Laura Veneri

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PAF è la federazione internazionale che promuove la cultura della sicurezza nella produzione e utilizzo dei mezzi mobili di accesso aereo e l’applicazione dei mezzi più idonei e sicuri. Fornisce consulenza e promuove campagne per la sicurezza e programmi di formazione per una efficace prevenzione dei rischi e incidenti nei lavori in quota. In Italia ha all’attivo più di 100 soci e oltre 40 centri di formazione. A fine maggio la federazione ha organizzato a Bologna IPAF ANCH’IO, l’evento che ha visto presentazioni di prodotti e attrezzature, riflessioni sui temi più attuali del settore, grazie all’assemblea dei soci e di un convegno su “Produttività, sostenibilità e sicurezza: la costruzione del valore nel sollevamento aereo”. A conclusione della giornata, il recital Safety Blues sul tema delle morti bianche sul lavoro. Il tema degli infortuni sul lavoro è primario per IPAF che ha istituito una banca dati sugli incidenti per raccogliere e analizzare tutti gli infortuni causati dall’utilizzo improprio o poco prudente delle attrezzature di lavoro aereo allo scopo di informare al loro più sicuro utilizzo. Ogni anno IPAF stila un report accurato sulle cause della mortalità legata all’utilizzo delle piattaforme aeree, aggiornando le buone prassi per portare il rischio a zero. L’ultima campagna di sicurezza IPAF, ad esempio, indica le cause alla base delle cadute da piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE) e come evitarle, per garantire che chi lavora con le PLE pianifichi in anticipo come lavorare in modo sicuro,

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prima di iniziare l’intervento. Le piattaforme di lavoro mobili elevabili (PLE) offrono un accesso sicuro per il lavoro temporaneo in quota, e rappresentano l’opzione più sicura se gli interventi vengono correttamente pianificati e gestiti. Il lavoro in quota rimane un’attività ad alto rischio, ma gli incidenti si possono prevenire utilizzando le attrezzature appropriate, ad esempio le PLE, se accompagnate da pianificazione appropriata, valutazione del rischio, supervisione del lavoro in quota e se utilizzate da operatori specializzati, con competenze appropriate sulle attrezzature utilizzate. In occasione dell’evento IPAF ANCH’IO, Maurizio Quaranta, responsabile IPAF per l’Italia, ha raccontato che l’idea della giornata “nacque lo scorso anno, quando abbiamo maturato il desiderio di organizzare un’assemblea dei soci, momento di ritrovo e confronto sulle nostre attività e il nostro settore, insieme con i soci, appunto. Ma quest’idea non ci soddisfaceva appieno, mancava qualcosa, forse perché il nostro spirito e la nostra indole è più ‘inclusiva’ che ‘esclusiva’. Abbiamo anche pensato che nel 2018 il panorama fieristico nazionale non offriva un evento dedicato al sollevamento: da lì l’idea di dedicarsi con impegno a crearne uno. Quando poi è stato il momento di pensare al nome dell’evento, il desiderio era un titolo che desse l’idea di aggregazione, dell’inclusività appunto. Sì, perché per competenza e contenuti non possiamo limitarci allo zoccolo duro dei nostri cari e fidati soci produttori,

Maurizio Quaranta, responsabile IPAF per l’Italia

ma dobbiamo e possiamo andare oltre, includendo i noleggiatori, i distributori, i fornitori del mondo del sollevamento, cercando di prolungare il più possibile la filiera fino ad arrivare agli utilizzatori finali, gli operatori. Per questo siamo sui Social, per questo abbiamo una APP apposta per gli operatori. E così eccoci ad ‘IPAF ANCH’IO’, un’opportunità di incontro e scambio tra i nostri soci e i nostri Centri di formazione e i produttori, i noleggiatori, i distributori di piattaforme aeree, soci e non soci e, tra questi, il mercato; un luogo di presentazione di prodotti e attrezzature, di riflessione sui temi più attuali del settore, di creazione di legami professionali e, perché no, anche di svago”.


LA LOTTA ALLA PLASTICA DELL’UNIONE EUROPEA AL BANDO ALCUNI PRODOTTI MONOUSO E LIMITI AI PRODUTTORI CHE DOVRANNO RISPETTARE REQUISITI DI PROGETTAZIONE ED ETICHETTATURA E SOTTOSTARE A OBBLIGHI DI GESTIONE DEI RIFIUTI. LE RISPOSTE DEGLI INDUSTRIALI DEL SETTORE ALLE NUOVE NORME di Maeva Brunero Bronzin

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a Commissione europea vuole mettere al bando i dieci prodotti di plastica monouso che più inquinano le spiagge e i mari d’Europa. Le nuove norme europee avranno il fine di contrastare il costante aumento dei rifiuti di plastica negli oceani e nei mari e i danni che ne conseguono. Le plastiche monouso e i prodotti da pesca insieme rappresentano infatti il 70% dei rifiuti marini. Le nuove regole sono concepite per ottenere i migliori risultati, quindi non a tutti i prodotti si applicheranno le stesse misure: saranno messi al bando i prodotti di plastica monouso per i quali sono facilmente disponibili soluzioni alternative, mentre si limiterà l’uso di quelli di cui non esistono valide alternative riducendone il consumo a livello nazionale; i produttori dovranno poi rispettare requisiti di progettazione ed etichettatura e sottostare a obblighi di gestione e bonifica dei rifiuti. Con queste nuove norme l’Europa è la prima a intervenire incisivamente su un fronte che ha implicazioni mondiali. L’Unione europea sostiene che con le nuove norme le imprese guadagneranno in competitività: una normativa unica per l’intero mercato dell’UE offre alle imprese europee un trampolino per sviluppare economie di scala e rafforzare la competitività nel mercato mondiale in piena espansione dei prodotti sostenibili: con i sistemi di riutilizzo (come quelli di cauzione-rimborso) le imprese potranno contare su un approvvigionamento stabile di materiali di alta qualità; in altri casi, mosse dall’incentivo a ricercare soluzioni più sostenibili, potranno conquistare un vantaggio tecnologico sui loro concorrenti internazionali. Le nuove regole introdurranno il divieto di commercializzare determinati prodotti di plastica. Dove esistono alternative facilmente disponibili ed economicamente accessibili, i prodotti di plastica monouso saranno esclusi dal mercato. Il divieto si applicherà a bastoncini cotonati, posate, piatti, cannucce, mescolatori per bevande e aste per palloncini, tutti prodotti che dovranno essere fabbricati esclusivamente con materiali sostenibili. I contenitori per bevande in plastica monouso saranno ammessi solo se i tappi e i coperchi restano attaccati al contenitore. Gli Stati Europei dovranno ridurre l’uso di contenitori per alimenti e tazze per bevande in plastica. Potranno farlo fissando obiettivi nazionali di riduzione, mettendo a disposizione prodotti alternativi presso i punti vendita, o impedendo che i prodotti di plastica monouso siano forniti gratuitamente. I produttori contribuiranno a coprire i costi di gestione e bonifica dei rifiuti, come pure i costi delle misure di sensibilizzazione per i seguenti prodotti: contenitori per alimenti, pacchetti e involucri (ad esempio, per patatine e dolciumi), contenitori e tazze per bevande, prodotti del tabacco con filtro (come i mozziconi di siga-

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retta), salviette umidificate, palloncini e borse di plastica in materiale leggero. Gli obiettivi della strategia europea contro la plastica prevedono che entro il 2025 gli Stati membri dovranno raccogliere il 90% delle bottiglie di plastica monouso per bevande, ad esempio, introducendo sistemi di cauzionedeposito. Jyrki Katainen, vicepresidente responsabile per l’occupazione, la crescita, gli investimenti e la competitività, ha dichiarato: “La plastica è un materiale straordinario, che dobbiamo però usare in modo più responsabile. I prodotti di plastica monouso non sono una scelta intelligente né dal punto di vista economico né da quello ambientale, e le proposte presentate oggi aiuteranno le imprese e i consumatori a preferire alternative sostenibili. L’Europa ha qui l’opportunità di anticipare i tempi, creando prodotti che il mondo vorrà procurarsi nei decenni a venire e valorizzando le nostre preziose e limitate risorse. L’obiettivo per la raccolta delle bottiglie di plastica concorrerà anche a generare i volumi necessari a far prosperare il settore del riciclaggio”.

LE RISPOSTE DELL’INDUSTRIA ALLA PLASTIC STRATEGY EUROPEA

Si è tenuto a Milano il convegno “A circular future with plastics” in cui i trasformatori di materie plastiche europei ed italiani si sono confrontati per analizzare il mercato e le prospettive di sviluppo future. Con oltre 1 milione e 600 mila addetti in 50.000 aziende in tutta Europa e un volume di affari di 260 miliardi di euro l’anno, il settore della lavorazione di materiali plastici è un comparto strategico per l’Unione Europea sia sotto il profilo occupazionale che come fonte di approvvigionamento di una commodity indispensabile per innumerevoli settori industriali; la produzione europea è infatti di 50 milioni di tonnellate di manufatti in plastica. L’Italia vanta il 22% delle imprese europee del settore, circa 11mila, che fatturavano nel 2016 30 miliardi di euro. La produzione dell’industria di trasformazione delle materie plastiche italiana ha inoltre registrato nel 2017 un incremento del

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+2,3% dei volumi rispetto al 2016. “Il settore della trasformazione delle materie plastiche è formato principalmente da aziende a conduzione familiare che si affidano alle associazioni di settore per individuare le linee strategiche da perseguire - ha dichiarato Renato Zelcher neoeletto presidente di EuPC, European Plastic Converter -. In Europa 50.000 piccole e medie imprese sono da diversi mesi sotto una costante pressione dei legislatori e dobbiamo quindi affrontare le questioni comuni uniti come filiera. Gli Impegni Volontari proposti dall’industria, unitamente ad adeguati interventi normativi, potranno guidare tutti i soggetti coinvolti nella stessa direzione: una società maggiormente responsabile e un’industria della plastica ancora più sostenibile”. Un commento più severo è arrivato da Luca Iazzolino, Presidente di Unionplast, che ha dichiarato: “Dai nuovi obiettivi della Plastic Strategy alla Direttiva EU sugli articoli monouso, dalla proposta di una tassa europea al marine litter, lo scenario del settore risente di una generale percezione negativa e di un quadro legislativo incerto, peraltro spesso neanche suffragato da aspetti scientifici. Nessuno sembra rendersi conto di quali sarebbero le conseguenze per il sistema economico e sulla vita quotidiana di milioni di persone se bandi, divieti e nuove “imposte” dovessero concretizzarsi. L’Industria può sicuramente collaborare in fase di progettazione e realizzazione dei prodotti facilitandone in primis il riutilizzo post-consumo e, in secondo luogo, una gestione più efficiente ed efficace del riciclo. È comunque necessario il coinvolgimento attivo di tutti gli attori, industria, associazioni, consumatori fino alle Istituzioni per gli aspetti legislativi. In Italia, per primi credo in Europa, il nostro settore ha avviato un percorso di dialogo con gli stakeholder costituendo un Tavolo permanente di confronto finalizzato ad aumentare il riciclo della plastica e a migliorarne la qualità e gli sbocchi applicativi. È una forma innovativa di approccio al problema, che speriamo possa aiutarci a definire soluzioni equilibrate e concrete”. L’industria della plastica europea ha

Luca Iazzolino, Presidente di Unionplast

Elzbieta Bienkowska, Commissario Europeo per la crescita

Renato Zelcher, Presidente di EuPC, European Plastic Converter

già delineato una piattaforma di impegni volontari con cui si punta ad arrivare nel 2040 al riciclo del 70% dei rifiuti plastici per il packaging e al riciclo del 50% per tutti gli altri rifiuti in plastica. Ripensare la progettazione e la produzione dei prodotti facilitandone riutilizzo e riciclo post-consumo è sicuramente il primo passo in questa direzione ma è necessaria la collaborazione delle istituzioni sul piano normativo-regolamentario e una maggio-


re educazione del consumatore su una corretta e attenta gestione delle plastiche, in particolare quelle mono-uso. Presente alla due giorni di convegno, il Commissario Europeo per la crescita Elżbieta Bieńkowska ha dichiarato: “La domanda di materie plastiche in Unione Europea è pari a circa 49 milioni di tonnellate/anno, e al momento solo 2-3 milioni di tonnellate vengono riciclate ogni anno. Questa situazione è al contempo uno spreco in chiave economica e un danno ambientale. L’obiettivo della Commissione è di arrivare entro il 2025 a 10 milioni di tonnellate di plastica riciclata impiegate per produrre nuovi prodotti. È un target ambizioso, ma lavorando insieme all’industria europea, sono convinta che possiamo fare in modo che ciò diventi realtà, a beneficio di tutti. L’economia circolare è questo”. I cambiamenti in arrivo sono epocali e rappresentano sia sfide che opportunità, dal punto di vista tecnologico, organizzativo e di mercato. Le due giornate di lavoro promosse da EUPC, in collaborazione con Unionplast – Federazione Gomma Plastica, hanno evidenziato una volontà, da parte delle imprese, di entrare a far parte della soluzione, non solo contribuendo alla crescita quantitativa del riciclo, ma anche aiutando il miglioramento qualitativo del riciclato, individuando soluzioni tecniche e tecnologiche per ridurre i consumi energetici e soprattutto lavorando per trovare il giusto punto di equilibrio tra le esigenze funzionali che i prodotti in plastica devono assolvere (specie nei settori sensibili come quello dell’imballaggio alimentare) e la riduzione del loro impatto ambientale. Attraverso una progettazione e un design più consapevole, il dialogo e la collaborazione con gli stakeholder e un maggiore impegno nella comunicazione e nell’educazione del consumatore, l’industria europea può dare nel medio lungo periodo un contributo fondamentale alla circular economy, con l’introduzione di cambiamenti strutturali che investono tutta la filiera e che producono cultura, superando in efficacia potenziali interventi di limitazione o di bando che invece spesso danno solo l’impressione di un immediato successo, ma provocano invece danni a volte irreparabili ad interi settori dell’economia del continente.

L’INDUSTRIA DELLA TRASFORMAZIONE DELLE MATERIE PLASTICHE

In Italia il comparto della trasformazione della plastica oggi vede la presenza di circa 11.000 imprese (pari al 22% delle imprese europee del settore) con un fatturato nel 2017 di circa 31 miliardi di euro, in crescita del 2,3% rispetto al 2016. Di queste, 5.000 sono attive nella prima trasformazione e impiegano poco meno di 110.000 addetti (il 6,8% del totale degli addetti europei). A fronte di un mercato interno che continua a crescere abbastanza lentamente è grazie all’export che il settore riporta risultati positivi: le esportazioni di articoli in materie plastiche hanno raggiunto complessivamente nel 2017 un valore di 11,7 miliardi di euro (dato a preconsuntivo), con un incremento prossimo al 7% anno su anno. Ciò vuol dire che la quota dell’export sul totale della produzione italiana è pari al 38,7% (37,7% nel 2016) con un saldo commerciale positivo (export/import) di 5,2 miliardi di euro. Nel 2017, rispetto al passato si è registrato un aumento generalizzato degli impieghi di polimeri riciclati: del 10% per il PET (settore principale contenitori per alimenti); del 5,5 per il Polietilene (sacchi, tubi, imballaggi); del 3,5 per il Polipropilene e, straordinariamente, del 75% per il Polistirene, con impiego prevalente nel settore dell’edilizia per l’isolamento termico. L’ampio utilizzo di polimeri riciclati è anche favorito dalla consapevolezza degli italiani sulla riciclabilità e sulla necessità del riciclo, per incrementarne e migliorarne la qualità. A testimonianza di questo impegno la Federazione Gomma Plastica ha istituito un tavolo multi-stakeholder denominato “Tavolo Permanente Riciclo di Qualità” composto da: Federazione Gomma Plastica, IPPR-Istituto per la Promozione delle Plastiche da Riciclo, Corepla, Enea, ISPRA e Legambiente.

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GRANDE SUCCESSO a A RAVENNA PER L’11 EDIZIONE DI “FARE I CONTI CON L’AMBIENTE” TRE GIORNI CHE HANNO FATTO REGISTRARE UNA GRANDE PARTECIPAZIONE; ELEVATA QUALITÀ DEL PROGRAMMA CON FORMAZIONE ACCREDITATA DAGLI ORDINI PROFESSIONALI di Gian Maria Brega*

È

stata una tre giorni di incontri, di informazione, di approfondimenti e conoscenza sulle nuove tecnologie e sui processi industriali, coniugando cultura e solidarietà ed offrendo eventi d’arte e spettacolo. Il Festival formativo “Fare i conti con l’Ambiente” chiude con successo l’undicesima edizione tenutasi dal 16 al 18 maggio. Approfondimenti tematici sviluppati in collaborazione con reti esterne (associazioni, enti ed aziende), con il contributo del mondo delle università, dei ricercatori, dell’impresa, dei mass-media e del no-profit dedicati sia al mondo tecnico amministrativo sia ai cittadini.

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Ravenna2018 si conferma una delle manifestazioni “green” più originali del panorama italiano, con un format che miscela contenuti dall’alto valore tecnico-scientifico calati all’interno di un “palcoscenico” particolare come il centro storico di una delle principali città d’arte italiane. Efficace e originale è anche lo sviluppo “dal basso” dell’iniziativa, con il coinvolgimento di tutti gli attori (istituzioni, associazioni di categoria, imprese, ecc.) attraverso la regia di labelab, con un team di professionisti operante nel settore dei rifiuti, dell’acqua, dell’energia. E’ stata mantenuta la struttura delle passate edizioni con una programmazione integrata di

Conferenze, Workshop, Labmeeting (Seminari tecnici) ed Eventi Culturali. Sono inoltre ospitate quattro Scuole di Alta Formazione sui Rifiuti, Bonifiche, Sistemi Idrici e Servizi Pubblici Locali organizzate in collaborazione con i principali centri di ricerca italiani ed esteri. Tantissimi i temi trattati: economia circolare, startup, sviluppo sostenibile, offrendo il meglio delle Buone Pratiche Internazionali, riflessioni sull’inquinamento dell’aria, protezione dell’ambiente costiero, intelligenza artificiale, energia, decommissioning. E poi, ancora, biometano, end of waste, trattamento acque, normative ambientali, rifiuti da costruzione e demolizio-


ne, edilizia sostenibile, fotovoltaico, compostaggio, rifiuti urbani, responsabilità e management. Molto stimolante, come di consueto, la presenza del giornalista del Corriere della Sera Umberto Torelli per la conferenza sul tema - Nuovi mondi: “A.I. & Robot, amici o nemici?”, organizzata in collaborazione con il Rotary Club Ravenna Galla Placidia. Notevole anche il programma degli eventi culturali, con le performance di Emergenze Creative 2018, le iniziative del multiCentro di Sostenibilità Ambientale (CEAS) Ravenna - Agenda 21 e l’anteprima manifestazione con LA SCUOLA DELLE ENERGIE grazie alla collaborazione con l’ITS, corso di Tecnico Superiore per la Gestione e la Verifica di Impianti Energetici. Grande successo ha riscosso anche il progetto G100 lanciato da labelab, per offrire opportunità di formazione e relazione per 100 giovani neo-laureati nel corso dei prossimi 5 anni. Sono stati messi a disposizione 20 posti gratuiti all’interno delle 4 Scuole di Alta Formazione programmate all’interno di Ravenna2018-Fare i Conti con l’Ambiente: l’iniziativa verrà replicata nei prossimi 4 anni, con la convinzione che la formazione sia uno strumento fondamentale per acquisire maggiori conoscenze e competenze immediatamente spendibili nel mercato del lavoro. Per competere in un ambiente contraddistinto da cambiamenti sostanziali e continui, è fondamentale acquisire un bagaglio culturale e personale che aiuti i giovani ad entrare in maniera qualificata e qualificante nel mondo del lavoro.

“Voglio esprimere la mia più viva soddisfazione - ha affermato in una nota l’assessore all’Ambiente del Comune di Ravenna Gianandrea Baroncini - per l’andamento delle iniziative previste dall’evento Fare i conti con l’ambiente che sta ottenendo ampie adesioni e partecipazione. Mi preme evidenziare la qualità delle occasioni formative, la professionalità degli esperti, l’efficacia e le positive ripercussioni che senz’altro la manifestazione consentirà in termini di rilancio di una coscienza ambientale e civica e per l’uso e l’incremento di buone pratiche utili a vivere la quotidianità in sintonia con la natura e il mondo che ci circonda”. Arrivederci a Ravenna per la prossima edizione, dall’8 al 10 maggio 2019. www.labelab.it/ravenna2019 *Labelab

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TOCCARE CON MANO L’INNOVAZIONE TOM ENG, VICE PRESIDENTE DI TOMRA SORTING RECYCLING, CI AIUTA A FARE CHIAREZZA SULLA NUOVA NORMATIVA CINESE CHE PREOCCUPA I MERCATI E A CAPIRE COME OTTENERE IL MASSIMO DAL RICICLO di Laura Veneri

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l 2018 è iniziato all’insegna delle cattive notizie: la Cina ha imposto limiti estremamente stringenti sui materiali da riciclo ritirati. L’hanno chiamata la campagna contro la yang laji, ovvero la spazzatura straniera. I cinesi si sono stancati di ricevere materiale poco “pulito” e hanno deciso di ritirare prodotti con altissimi livelli di purezza e di vietarne altri. L’obiettivo del divieto è proteggere l’ambiente dai rifiuti sporchi o contenenti sostanze pericolose che entrano nel territorio cinese. Il più grande mercato al mondo ha quindi sbattuto la porta in faccia principalmente a Europa e Stati Uniti. Da qui il panico nei mercati e tra i riciclatori che si vedono chiusi in una morsa: l’Europa non è in grado di assorbire tutti i rifiuti che produce (anche se questa dovrebbe essere la scossa giusta per realizzare più impianti) e per ora non ci sono mercati che possono ritirare le quantità che prendeva la Cina. Che fare? Lo abbiamo chiesto a chi si occupa di produrre macchine per la selezione dei rifiuti: Tom Eng, responsabile della divisione Recycling di TOMRA Sorting Recycling. Sig. Eng, le notizie che sono arrivate dalla Cina preoccupano i nostri lettori: possiamo fare un po’ di chiarezza? L’inquietudine circa gli standard cinesi noti come “National Sword”, presentati per la prima volta all’Organizzazione Mondiale

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del Commercio nel luglio del 2017 sono stati adottati il 1° marzo 2018, e richiedono livelli di purezza più elevati nei materiali riciclabili che entrano nel Paese. La normativa cinese si dovrebbe ampliare entro la fine di quest’anno fino a comprendere un totale di 16 materiali mentre entro la fine del 2019 altri 16 potrebbero venire aggiunti. La “National Sword” ha messo in allarme l’industria del riciclo, richiedendo per la gran parte del materiale riciclabile in arrivo in Cina livelli di purezza superiori al 99,5%. Si tratta di un aumento significativo rispetto ai livelli del 90-95% precedentemente accettati, che avrà conseguenze di vasta portata dato che la Cina è il più grande importatore di materiale da riciclo al mondo. Avete da poco pubblicato un e-book, intitolato “National Sword – No Need for Fear”, in cui considerate differenti scenari per le aziende del riciclo. Si, abbiamo redatto un libro, liberamente scaricabile gratuitamente dal nostro sito, che si apre con un’analisi della situazione attuale, nella quale si avvisa che non sarà pratico per gli impianti di rottamazione e riciclo cercare un singolo Paese sostitutivo per l’esportazione dei rifiuti. È probabile che gli impianti di riciclo si trovino a dover suddividere le esportazioni di rifiuti tra più Paesi, con un conseguente aumento dei costi di vendita. Si possono prevede-

Tom Eng, responsabile della divisione Recycling di TOMRA Sorting Recycling

re aumenti anche dei costi di trasporto, in quanto le navi che trasportano rifiuti in Cina sono solitamente in grado di effettuare un viaggio di ritorno conveniente, carico di beni di consumo, mentre le navi che si recano in altri Paesi spesso richiedono un pagamento supplementare per il ritorno a vuoto. Cosa possono fare gli impianti di riciclo? Come è possibile aumentare la purezza del prodotto finito per poter esportare i rifiuti ancora in Cina? Un metodo a breve termine per aumentare i livelli di purezza con le attrezzature di riciclo esistenti è rallentare il nastro e aggiun-


gere operatori alla fase finale di cernita. Questo approccio può sembrare interessante perché richiede pochi investimenti iniziali, ma nel tempo aumenta in modo significativo i costi operativi. L’aggiunta di due o tre operatori può facilmente gonfiare i costi di lavorazione annuali di 82.000 euro o più, e una velocità di lavorazione più bassa ridurrà la produttività e il reddito. L’e-book spiega perché, per le aziende che cercano di soddisfare i nuovi standard, impiegare più operatori manuali non è un’opzione sostenibile e perché le soluzioni meccaniche basate su sensori sono finanziariamente più intelligenti. Investire su selettori di ultima generazione è la soluzione più sensata e più redditizia? Si, la migliore soluzione consiste nell’aggiornare la linea di riciclo aggiungendo tecnologie moderne alla configurazione esistente o costruendo un nuovo impianto. Questo ridurrà il numero di operatori manuali necessari, consentendo un utilizzo più efficiente della forza lavoro per ridurre le spese generali e i costi operativi a lungo termine. Il costo degli investimenti in nuove attrezzature viene rapidamente recuperato grazie all’aumento della produttività. La risposta alla nuova sfida lanciata dalla Cina è migliorare la qualità dei materiali riciclabili eliminando più impurità. Non tutte le aziende possono però permettersi di acquistare linee nuove o realizzare impianti nuovi… Non è necessario. Spesso è sufficiente aggiornare le apparecchiature con componenti aggiuntivi alla linea già funzionante per chi ha spazio, mentre per chi ne ha poco, è possibile aggiungere altre tecnologie alle apparecchiature esistenti nel circuito con bassi costi di installazione. Ad esempio, il nuovo sistema LOD (Laser Object Detection) di TOMRA può essere montato sulla stessa piattaforma dei sistemi AUTOSORT e FINDER per rilevare materiali come plastiche nere, gomma e vetro. Il sistema LOD può anche rimuovere i circuiti stampati (PCB) - e la tecnologia laser di TOMRA aumenta gli attuali livelli di purezza dei circuiti fino al quattro per cento, consentendo ai riciclatori di rottame di raggiungere i requisiti di purezza cinesi senza aumentare significativamente il consumo energetico e i costi.

Oppure pensiamo alla tecnologia avanzata di selezione LIBS (laser-induced breakdown spectroscopy) di TOMRA che può essere aggiunta a TOMRA X-TRACT e COMBISENSE. LIBS utilizza un laser in grado di monitorare l’intera larghezza del nastro, eliminando la complessa e costosa necessità di separare i materiali in singole corsie. Nella separazione di diverse leghe di alluminio lavorate, questo consente una precisione di selezione del 99% di purezza (o superiore) con una resa elevata da tre a sette tonnellate l’ora. Si è da poco conclusa la manifestazione fieristica più importante del settore rifiuti e riciclo. IFAT è stata un successo anche quest’anno? Sono stati tanti i visitatori che hanno visitato lo stand espositivo di TOMRA per conoscere le ultime soluzioni di selezione presentate nelle sezioni “Riciclo dei metalli” e “Rifiuti” e per scoprire le aspettative di TOMRA sulle future innovazioni, nelle aree “Economia circolare” e “Futuro”. L’enorme numero di professionisti del settore che ha partecipato a IFAT 2018 e l’alta qualità delle richieste ricevute da TOMRA dimostrano come la domanda di soluzioni di selezione sia in crescita. Ciò è in parte dovuto alle nuove normative più severe, come la politica cinese della “National Sword”, ma riflette anche la crescente consapevolezza ambientale dei consumatori. Sempre più paesi in tutto il mondo richiedono tecnologie di selezione e riciclo efficaci e c’è un reale interesse nei progressi futuri che si raggiungeranno grazie all’innovazione tecnologica. TOMRA ritiene che i progressi più significativi consisteranno nella maggiore sofisticazione dell’intelligenza artificiale, che è già integrata nelle macchine TOMRA in misura maggiore rispetto a qualsiasi altro produttore.

sviluppiamo dagli anni ’90. Possiamo chiamarla intelligenza artificiale, anche se è un termine generico, oppure potremmo dire che fabbrichiamo macchine intelligenti. Noi non utilizziamo un unico approccio quando dobbiamo sviluppare una nuova macchina. Usiamo diversi metodi basati sull’intelligenza artificiale che sono già all’avanguardia per le apparecchiature di selezione basate su sensori come ad esempio gli alberi decisionali, macchine a vettori di supporto (SVM) e reti neurali artificiali. Ora stiamo lavorando sull’autoapprendimento: un esempio è TOMRA TEACH-IN, in cui la macchina può comprendere il tipo di materiale da sola e decide autonomamente dove classificarlo. A proposito di innovazione, come saranno le macchine selezionatrici del futuro? I selettori saranno simili a quelli che abbiamo ora ma quello che è molto interessante è comprendere i dati. Oggi stiamo puntando molto sul concetto di espandere la tecnologia digitale. Le macchine selezionatrici ci forniscono moltissimi dati e statistiche che ci permettono di comprendere i flussi di rifiuti. Continuando a focalizzarsi sul futuro dell’innovazione, TOMRA ha compiuto grandi passi avanti nell’ulteriore miglioramento del suo approccio digitale a supporto dei clienti. A dimostrazione di ciò, abbiamo sviluppato TOMRA Insight, un sofisticato software e sistema telematico che fornisce ai clienti informazioni remote e in tempo reale sulla gestione e sulle prestazioni delle loro macchine per il riciclo. Avete presentato da poco una macchina che permette di separare le vaschette dalle bottiglie in PET: una vera rivoluzione! Si, la macchina si chiama SHARP EYE e consente di separare le vaschette in PET monostrato dalle bottiglie in PET. È una macchina inedita

Intelligenza artificiale? La selezione attraverso i sensori si basa sullo sviluppo continuo della tecnologia dei sensori stessi, che

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che, abbinata alla selezionatrice AUTOSORT di TOMRA, migliora la capacità di separare le vaschette multistrato dalle bottiglie. Le vaschette e le bottiglie, nonostante siano entrambe in PET, presentano delle minime differenze chimiche di materiale che diventano critiche nel processo di riciclo e quindi devono essere differenziate per ottenere dei prodotti riciclati equivalenti. Crediamo quindi che il mercato accoglierà favorevolmente la nuova tecnologia, anche per il fatto che bottiglie e vaschette in plastica monouso stanno aumentando

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notevolmente nella percentuale di rifiuti da riciclare. La plastica è un grande problema ambientale che bisogna affrontare con decisione per limitarne gli effetti negativi sull’ambiente. Cosa possiamo fare per avere un futuro sostenibile? L’economia circolare continua a guidare l’impegno di TOMRA verso un futuro sostenibile. A titolo esemplificativo, nel 2017 TOMRA ha sottoscritto la New Plastics Economy, un’iniziativa triennale guidata

dalla Fondazione Ellen MacArthur. Questa riunisce aziende, governi, scienziati e cittadini per accelerare la transizione verso un sistema globale delle materie plastiche guidato dai principi dell’economia circolare. I tre obiettivi principali del progetto sono: la creazione di un’economia del riutilizzo della plastica, la riduzione della dispersione dei rifiuti plastici nell’ambiente e la diminuzione della produzione di plastica da materie prime fossili. In particolare, come membri dell’iniziativa, l’obiettivo principale della nostra attività sono i rifiuti marini. I rifiuti plastici ne costituiscono la gran parte, per questo aumentare il valore della plastica recuperata – rendendo economicamente conveniente riciclarla e riutilizzarla – ridurrà i livelli di inquinamento di mari e oceani. Le nostre tecnologie sono in grado di cambiare il modo in cui la plastica viene riciclata, in termini di qualità e quantità, e stiamo cercando di rendere un contributo significativo allo sviluppo di un sistema globale di gestione della plastica che sia migliore del precedente.


MECCATRONICA E AUTOMAZIONE AL SERVIZIO DELLA SOSTENIBILITÀ ANCHE L’EDIZIONE 2018 DI SPS SI È CHIUSA CON SEGNALI POSITIVI: VISITATORI, ESPOSITORI E MERCATO IN ACCELERATA di Bruno Vanzi

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ltre 800 espositori confermano il successo dell’ottava edizione di SPS Italia che dal 22 al 24 maggio ha riunito a Parma le industrie che stanno scrivendo il futuro 4.0. Con oltre 35.000 visitatori SPS Italia quest’anno si riconferma come luogo dove confrontarsi sui temi più sfidanti dell’industria di domani: automazione, digitale, robotica. Tre giorni di applicazioni innovative dalle quali emerge il sapere fare che accomuna costruttori e fornitori di tecnologia. Il tutto senza dimenticare il ruolo delle competenze e delle abilità necessarie alla trasformazione dell’industria italiana: seminari, convegni e area cultura 4.0 hanno rappresentato un punto distintivo di questa edizione insieme al Digital District. SPS Italia si è confermato riferimento per la trasformazione digitale dell’impresa, dall’automazione al Cloud passando per l’intelligenza artificiale. Donald Wich, amministratore delegato di Messe Frankfurt Italia, che organizza la fiera, ha espresso grande soddisfazione per i risultati raggiunti “La tre giorni di incontro e confronto con l’industria italiana ha confermato le aspettative con una crescita di partecipazione in linea con quella degli spazi e del numero di aziende espositrici. I risultati rafforzano ulteriormente la posizione di SPS Italia come primo e unico riferimento sul territorio per la convergenza tra il mondo della produzione e quello delle tecnologie IT. Non più soltanto il luogo dove fare relazione e scoprire le ultime novità tecnologiche del settore ma sempre più una grande piattaforma di opportunità e aggiornamento”. Fabrizio Scovenna, Presidente Anie Automazione ha parlato in termini estremamente positivi: “Grazie a un’importante ripresa degli investimenti per il piano Impresa 4.0, abbiamo realizzato nel settore automazione una crescita del 13,5% in un anno con un fatturato che vola verso i 5 miliardi di euro. Il nostro comparto sta diventando strategico per la trasformazione del manifatturiero italiano verso il futuro. Restiamo il secondo mercato in Europa dopo la Germania, e nel mondo siamo dietro solo a Stati Uniti e Cina. Quello dell’automazione è un settore in grande salute, che si basa ampiamente anche sull’esportazione, questo ha aiutato i nostri brillanti risultati. Manifestazioni come questa servono ad affrontare al meglio le sfide del futuro”.

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B&R: TRASMISSIONE DIGITALE STANDARD PER HMI B&R ha recentemente introdotto la quarta generazione della sua tecnologia di trasmissione Smart Display Link (SDL). SDL4 è basata sullo standard HDBaseT 2.0, ampiamente adottato nel mondo IT, pertanto beneficia di grandi vantaggi in termini di reperibilità sul mercato, maturità e supporto di lungo periodo. Ogni collegamento tra PC industriale e dispositivo di visualizzazione può raggiungere i 100 metri. In questo modo è facile equipaggiare macchine e sistemi modulari con più pannelli operatore remoti, anche su lunghe distanze e, grazie alla possibilità di trasportare sia il segnale video sia quello degli accessori sul pannello, abbattendo drasticamente i cablaggi. SDL4 permette di trasmettere il segnale video e altri dati ausiliari, ad esempio per gli accessori montati su pannello, su distanze molto elevate, fino a 100 metri tra il PC e il pannello. Un ulteriore punto di forza di SDL4 è l’utilizzo di cavi Ethernet standard, che riduce drasticamente i costi e la reperibilità dei cavi per collegamenti, adatti anche alle lunghe distanze. Il cavo Ethernet e il connettore RJ45, entrambi molto sottili, permettono un passaggio agevole anche nelle situazioni con vincoli di spazio. Sono quindi perfetti quando si devono usare passanti per i cavi e sistemi di supporto a braccio snodati.

SICK: BIN PICKING SEMPLICE E RAPIDO Sviluppato per la localizzazione di oggetti in contenitori e cassoni, il sistema PLB (Part Locator Bin) di SICK viene impiegato per tutte le applicazioni in cui è necessario individuare in modo automatizzato la posizione di un componente che deve essere prelevato ed inserito all’interno di un processo produttivo. Implementato principalmente in soluzioni robotizzate, il cuore di questo sistema intelligente è ScanningRuler, una telecamera 3D che acquisisce immagini in alta qualità indipendentemente dai movimenti esterni e dalle variazioni di contrasto e colore. PLB utilizza i modelli CAD tridimensionali per localizzare all’interno della nuvola di punti l’oggetto, anche in presenza di scenari complessi. Il software incluso gestisce la completa rotazione 3D dei pezzi e la loro sovrapposizione per personalizzare ogni applicazione. Inoltre, controlla le collisioni durante la presa, impiega modelli CAD 3D dei pezzi e della pinza di presa come input e restituisce le possibili posizioni di presa in coordinate robot. Tutto questo avviene in totale sicurezza e con elevati standard di precisione, garantendo performance di alto livello e tempi di messa in servizio e lavorazione molto rapidi.

IL NUOVO SERVOAZIONAMENTO DIGITAX HD DI CONTROL TECHNIQUES Control Techniques, azienda di Nidec Corporation, ha presentato al mercato Italiano la nuova gamma di servoazionamenti. La nuova serie Digitax HD (0.7 Nm – 51 Nm con 153 Nm di picco / 1.5 A – 16 A con 48 A di picco) fornisce le migliori prestazioni e le migliori caratteristiche di flessibilità disponibili sul mercato, in un package straordinariamente compatto. Progettato specificamente per i sistemi di automazione con un elevato numero di assi, Digitax HD fornisce tutti i vantaggi di un sistema modulare con un DCbus comune, con la flessibilità di un azionamento standalone. La nuova serie è dedicata principalmente ad applicazioni servo altamente dinamiche e/o continue con elevato sovraccarico, con possibilità di controllo dei motori asincroni ed è inizialmente disponibile in due livelli funzionali. La versione M753 EtherCAT è dotato di uno switch EtherCAT a 2 porte per la facile integrazione in applicazioni di motion control centralizzate. Il supporto del protocollo EoE (Ethernet over EtherCAT) consente di collegare un PC e utilizzare strumenti software per la messa in servizio e il monitoraggio tramite la rete EtherCAT. In alternativa, l’opzione Base, M751, offre la flessibilità di configurazione grazie a due slot per moduli opzionali della gamma Unidrive M, come i controllori del movimento ad altre prestazioni con interfaccia PROFINET, Ethernet/IP o IEC61131 per il controllo decentralizzato della macchina. Con la comunicazione RS485 integrata, M751 integra un Advanced Motion Controller 1,5 assi per il motion control distribuito.

GEFRAN: INNOVAZIONE E FORMAZIONE TARGATI 4.0 Gefran interpreta la rivoluzione del 4.0 con una serie di prodotti dedicati, che rispondono alle esigenze di connettività ed efficienza, requisiti fondamentali per le imprese che desiderano aumentare la propria competitività. Tecnologia, innovazione e versatilità rappresentano il valore aggiunto del catalogo: azionamenti elettrici, sensori, piattaforme di automazione, regolatori e controllori di potenza in grado di innalzare l’efficienza dei processi produttivi, anche in chiave energetica. Prodotti connessi tra loro e al cloud per monitorare costantemente gli indici di produttività e pianificare le azioni di manutenzione, realizzati con materiali e processi eco-friendly e conformi alle più recenti normative di sicurezza. Tra le novità presentate in fiera, il selettore e configuratore prodotti: una applicazione multipiattaforma, integrata nel sito web di Gefran, che permette di individuare, in pochi semplici passaggi, il codice di ordinazione di sensori, regolatori e controllori di potenza.

LENZE MOBILE PER GLI AUTOBUS ELETTRICI Il produttore americano Proterra, uno dei pionieri dell’elettro-mobilità, sta sviluppando un bus elettrico che si ricarica in soli dieci minuti. Proterra ha deciso di utilizzare inverter per il controllo delle unità ausiliarie e ha scelto Lenze. Questi inverter sono stati progettati appositamente per le applicazioni mobili. “Abbiamo scelto Lenze perché il sistema MOBILE è modulare e funziona in modo affidabile” sottolinea l’azienda. Il compito del doppio inverter Mobile DCU 30/30’ è di convertire la corrente continua dalle batterie in corrente alternata su una base a frequenza controllata. La corrente alternata viene quindi utilizzata per azionare la pompa del servosterzo e anche i due motori elettrici per il compressore d’aria. Inoltre, un’ulteriore unità mobile - in questo caso, un DCU/PSU 30/5.6 con un convertitore DC/DC integrato - fornisce energia al sistema HVAC di fabbricazione tedesca, che è progettata per la massima efficienza. Poiché le perdite di potenza in queste tre aree influiscono direttamente sulla gamma del veicolo, il sistema MOBILE di Lenze garantisce un alto grado di efficienza durante la conversione DC-AC e anche nel caso del convertitore DC/DC. Anche la trazione elettrica per aria compressa e idraulica è stata progettata in modo tale che la frequenza del motore sia controllata in base alle esigenze. In questo modo, Proterra impedisce il funzionamento continuo delle unità ausiliarie a velocità fisse antieconomiche. Questa funzione fa risparmiare energia preziosa, che è quindi disponibile per la guida dell’autobus e aiuta anche ad estendere la sua gamma.

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SOSTENIBILITÀ E CALCESTRUZZO CARATTERISTICHE E PRESTAZIONI AMBIENTALI DI UN MATERIALE DALLE GRANDI QUALITÀ di Marco Borroni*

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i sostenibilità si parla molto, con significati diversi e talvolta molto vaghi; anche di calcestruzzo e cemento a volte si “straparla”, con accezioni generiche e spesso negative. Cerchiamo di mettere qualche punto fermo sul tema della sostenibilità delle costruzioni in calcestruzzo al di là dei luoghi comuni e delle opinioni.

CEMENTO E CALCESTRUZZO

Innanzitutto è necessario differenziare il materiale utilizzato nelle costruzioni, il calcestruzzo, da uno dei suoi componenti: il cemento. Indubbiamente il cemento è il principale artefice delle caratteristiche del calcestruzzo: la capacità di formare una pasta malleabile quando messo in contatto con l’acqua, e di indurire in poche ore fino a sviluppare una grande resistenza meccanica alla compressione conferiscono al calcestruzzo gran parte delle sue qualità come materiale da costruzione. Il cemento è anche, di contro, il componente che più penalizza il calcestruzzo quando se ne valutano gli impatti ambientali, in primo luogo per le emissioni di anidride carbonica (CO2) all’atto della sua produzione.

SOSTENIBILITÀ

La definizione di sostenibilità generalmente accettata è riferita a tre ambiti precisi: • Sociale - in questo senso il calcestruzzo, in quanto materiale prodotto localmente, apporta benefici alla stessa comunità in cui viene utilizzato; • Economico - si tratta di un materiale poco costoso in relazione alle prestazioni che può garantire, ed è facilmente reperibile. In particolare la sua durata nel tempo (se ben realizzato) ne ha fatto oggi il materiale da costruzione più utilizzato nel mondo; • Ambientale - su questo aspetto si scatenano i preconcetti e le prese di posizione ideologiche; per un ragionamento oggettivo invece è necessario partire dalla valutazione di sostenibilità della struttura completa che si vuole realizzare, con tutti i materiali che verranno utilizzati. La valutazione dovrà essere realizzata con dati certi e verificabili, secondo metodi riconosciuti e condivisi. Per chiarire: se di un materiale a “basso impatto ambientale” devo usarne il doppio, o devo aggiungere un altro componente per soddisfare altri requisiti che un materiale con peggiori caratteristiche unitarie mi garantisce, il risultato complessivo non è così scontato. Purtroppo fare i conti, e farli bene, è noioso, difficile e non ha nessuna presa sull’opinione pubblica.

Proviamo allora a tradurre in linguaggio semplice qualche concetto che è ampiamente verificabile anche conducendo analisi accurate ed approfondite coi più diffusi strumenti di valutazione.

PRESTAZIONI NEL TEMPO

La valutazione di sostenibilità deve comprendere tutta la vita utile di una struttura o di un fabbricato: il calcestruzzo opportunamente progettato, prodotto e messo in opera può garantire centinaia di anni di vita senza grandi interventi di manutenzione. Strutture in calcestruzzo di epoca romana sono ancora in ottime condizioni!

LA GIUSTA QUANTITÀ DI MATERIALE

Spesso la poca conoscenza delle caratteristiche del materiale fa sì che ne venga utilizzato più dello stretto necessario. Un progetto sostenibile sfrutta al meglio le prestazioni del materiale; con le opportune verifiche può essere conveniente scegliere un calcestruzzo di maggiori prestazioni (e maggior “peso” ambientale) ma ridurre le quantità complessive.

PRESTAZIONI AGGIUNTIVE

Quasi sempre il calcestruzzo viene usato solamente per le sue caratteristiche di resistenza strutturale. In realtà possiede naturalmente altre caratteristiche, ed altre possono essergli conferite, per garantire ulteriori prestazioni. Qualche esempio: • permeabilità ridotta, e possibilità di “autoriparazione” per sigillare eventuali microfessurazioni→ riduzione o eliminazione di sistemi di impermeabilizzazione aggiuntivi; • massa termica elevata: la capacità di assorbire calore durante il giorno e rilasciarlo la notte riduce gli sbalzi termici nei locali→ dimensionamento e funzionamento ridotto degli impianti di riscaldamento e raffrescamento; • resistenza al fuoco e non combustibilità→ nessun rilascio di gas tossici in caso di incendio, nessuna partecipazione alla combustione, caratteristiche meccaniche mantenute anche ad alta temperatura (non crolla un fabbricato ed una pavimentazione rimane servibile); nessuna necessità di protezioni aggiuntive al fuoco; • colore generalmente chiaro→ nel caso di pavimentazioni, ridotta necessità di illuminazione; • capacità drenante→ nel caso di pavimentazione elimina la necessità di sistemi di raccolta delle acque meteoriche, permettendo un naturale drenaggio nel sottosuolo;

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densità variabile: con opportune scelte degli aggregati si ottengono masse volumiche da 300 a oltre 3.000 kg/m3. Un punto fondamentale: tutte le proprietà aggiuntive non decadono anticipatamente nel tempo! Si mantengono a lungo quanto la resistenza meccanica di base.

RICICLO AL TERMINE DELLA VITA UTILE

La frantumazione dei residui ottenuti dalla demolizione di strutture in calcestruzzo permette di ottenere aggregati riutilizzabili per produrre altro calcestruzzo o, più spesso, per un riutilizzo diretto come strati di sottofondo o rilevati, riducendo comunque il consumo di altri materiali naturali. In ultimo si può sfatare anche un altro mito sul calcestruzzo: la sostenibilità estetica: ricordiamo che in fondo deriva dalla pietra ed è pietra, o, come è stato definito: pietra liquida. Permette di plasmare strutture con la massima libertà di forme ed anche il suo aspetto superficiale può essere modellato a piacimento. Il suo aspetto subirà poche variazioni nel tempo, come la pietra, e non necessiterà di frequenti interventi per proteggerne la superficie. Non sono solo le caratteristiche di resistenza meccanica, di durabilità agli agenti atmosferici, di flessibilità nella realizzazione di forme complesse ad aver fatto del calcestruzzo il materiale da costruzione più utilizzato del pianeta: oggi siamo in grado di governarne le prestazioni per inserirlo al meglio in un giusto quadro di sostenibilità delle costruzioni. *Buzzi Unicem


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RICICLARE A 120 ALL’ORA FOR.REC. HA REALIZZATO DUE NUOVI IMPIANTI TRA I PIÙ GRANDI AL MONDO IN GRADO DI RICICLARE 120 FRIGORIFERI ALL’ORA CIASCUNO di Laura Veneri

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a vita media di un frigorifero o di un congelatore è di circa 15 anni. Terminata la sua attività, il prodotto dovrà essere riciclato correttamente perché in alcune sue parti sono presenti gas e oli che possono inquinare l’ambiente. Nel corso degli anni di produzione di questa tipologia di apparecchiature sono state utilizzate prevalentemente due tipologie di gas per il raffreddamento: CFC e HCFC (dannosissimi per il loro potere ozono lesivo) e a base di pentano e isobutano (altamente infiammabili). A seguito del protocollo di Montreal e a causa della loro correlazione con l’allargamento del buco dell’ozono l’utilizzo dei CFC (Clorofluorocarburi) e dei HCFC (idroclorofluorocarburi) è stato vietato. Riciclare i frigoriferi non è quindi un’attività che si può improvvisare ma necessita uno studio approfondito e macchinari di ultima generazione. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Caon, socio fondatore di For.rec., in quanto la società ha acquisito due importanti commesse in Francia per la realizzazione di due impianti per il trattamento dei frigoriferi. Gli impianti sono in grado di trattare fino a 120 frigoriferi ogni ora e presentano caratteristiche uniche che solo l’azienda italiana è stata in grado di offrire. Dott. Caon, come è regolato il mercato del riciclaggio dei RAEE in Francia e come avete vinto due importanti bandi per la realizzazione di impianti per il trattamento dei RAEE R1? Circa un anno fa, il sistema collettivo francese dei consorzi di recupero e riciclaggio ha effettuato una riorganizzazione del settore. Il sistema ha commissionato uno studio delle quantità dei RAEE di tipologia R1 che il mercato avrebbe ritirato e trattato i prossimi anni sulle aree del paese deficitarie di impianti e ha commissionato un adeguamento delle strutture che si occupano del riciclaggio di questa tipologia di rifiuti in tutta la Francia istituendo dei bandi

per la costruzione di impianti. Grazie a questi bandi, For.rec. ha acquisito l’ordine di due nuovi impianti con due clienti differenti. Sono due commesse molto grosse che riguardano la realizzazione di impianti tra i più grandi al mondo in grado di riciclare 120 frigoriferi all’ora in entrambi i progetti. Abbiamo vinto i bandi in quanto siamo gli unici a offrire performance eccezionali su un’unica linea. I nostri competitor prevedevano soluzioni più complesse che necessitavano di due linee in parallelo. I due impianti che avete realizzato sono identici? No, presentano caratteristiche differenti ma hanno la stessa capacità di 120 frigoriferi all’ora. Il primo impianto realizzato è a Chambery, nel sud-est della Francia, mentre il secondo è a Bordeaux e sarà in consegna a fine settembre. I clienti hanno scelto due tipologie diverse di trattamento dei gas in funzione dei costi operativi differenti. Il problema maggiore del trattamento dei frigoriferi, riguarda appunto i gas che sono contenuti nelle schiume poliuretaniche di isolamento del frigorifero. Fino a qualche anno fa queste schiume contenevano clorofluorocarburi, pericolosi per il buco dell’ozono. Ora questi gas sono banditi dal mercato e da tanti anni non vengono più utilizzati per la creazione dei nuovi frigoriferi. I nuovi frigoriferi utilizzano il Pentano che è pericoloso perché è un gas infiammabile. La normativa prevede che questi gas non possano essere rilasciati nell’atmosfera e debbano essere recuperati. Esistono più sistemi per il trattamento. La società di Chambery ha deciso di adottare un sistema innovativo per la Francia. Il gruppo di Bordeaux, invece, ha optato per il recupero dei gas con un sistema criogenico: il gas viene aspirato

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durante il trattamento e sottoposto ad un trattamento termico a bassa temperatura, che ne cambia lo stato portandolo da quello gassoso a quello liquido e quindi facilmente stoccabile in contenitori per il trasporto ad aziende specializzate per lo smaltimento. Quali sono le fasi del riciclaggio dei frigoriferi che riguardano entrambi gli impianti? C’è una prima fase di pretrattamento in cui il frigorifero viene preparato ad essere introdotto nella linea di lavorazione. Il pretrattamento è manuale e gli operatori separano dal frigorifero alcuni componenti quali il cavo elettrico, gli eventuali ripiani in vetro, le lampade, le schede elettroniche e il legno. La fase successiva riguarda la messa in sicurezza o bonifica nella quale il frigorifero raggiunge la stazione di svuotamento del circuito refrigerante in cui il compressore o il circuito refrigerante vengono perforati per aspirare i gas e l’olio contenuti e inviati ad un sistema centralizzato che separa l’olio dal gas. Il compressore e il circuito refrigerante sono successivamente asportati da un operatore tramite cesoie ed inviati a riciclaggio specifico. Inizia quindi la parte automatizzata dell’impianto in cui il frigorifero entra nella fase di triturazione. In ogni impianto è presente una torre di triturazione dotata di macchine potenti che producono pezzi da 30 e 10 mm fino a polverizzare il poliuretano. Il frigorifero passa nella torre di triturazione dove ci sono due trituratori con caratteristiche diverse in sequenza. Il materiale ridotto in piccoli pezzi viene poi sottoposto alle varie fasi di separazione: separatori magnetici per il ferro, separatori aeraulici per il poliuretano, separatori densimetrici per il resto dei componenti. Queste operazioni fatte in sequenza ci consentono di separare integralmente tutti componenti, che sono ferro, alluminio, rame, poliuretano e plastica. Tutta questa fase è al chiuso per evitare che gli inquinanti si disperdano nell’ambiente. L’aria viene aspirata e filtrata e il gas inviato al sistema criogenico. Il poliuretano, che è il materiale più difficile da stoccare viene avviato ad un sistema di compattazione e pressato per poter essere trasportato al suo destino finale in sicurezza.

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STUDIO ISPRA SUGLI EFFETTI E LE ALTERNATIVE AGLI IDROFLUOROCARBURI Gli Idrofluorocarburi (HFC) sono i gas refrigeranti tra i più diffusi sul mercato; hanno sostituito in passato i Clorofluorocarburi (CFC) e gli Idroclorofluorocarburi (HCFC) dannosi per l’ozono. L’eliminazione completa del cloro dalla composizione dei refrigeranti ha portato all’introduzione degli HFC. Anch’essi, però, non risultano essere perfettamente eco-compatibili: il significativo aumento delle emissioni in atmosfera di questi gas contribuisce ad aumentare l’effetto serra ed è per questo che si sta avviando un percorso verso una loro graduale eliminazione. L’Unione Europea, già da diversi anni, ha adottato una severa politica di riduzione dell’uso degli HFC e la legislazione risulta in linea con gli obiettivi definiti nell’emendamento di Kigali al Protocollo di Montreal. Il Ministero dell’Ambiente ha siglato un Accordo di collaborazione tecnica con ISPRA per definire lo stato dell’arte in Italia in merito alle alternative non clima-alteranti agli HFC, basato su dati e informazioni derivanti dalle attività istituzionali dell’ISPRA, sull’analisi della letteratura scientifica internazionale e sul coinvolgimento delle associazioni di categoria e di altri stakeholder. I settori indagati sono stati la refrigerazione, la climatizzazione, le schiume, l’aerosol e i sistemi fissi di protezione antincendio, individuando per ognuno di essi gli HFC maggiormente impiegati, le sostanze e/o tecnologie alternative, i possibili punti di forza, le criticità del settore e le prospettive future. La ricognizione, la prima a livello nazionale, ha fatto emergere diverse criticità in relazione alla disponibilità dei dati necessari per fare un primo stato dell’arte del Sistema Paese. Dall’analisi condotta è emerso che il mercato si sta adeguando alle prescrizioni del Regolamento molto più rapidamente rispetto alle previsioni iniziali, con un’accelerazione verso i refrigeranti climate friendly, per effetto di strategie e logiche di mercato. Queste ultime da un lato hanno determinato nel 2017 un aumento esponenziale dei prezzi degli HFC con potere climalterante da parte dei distributori e dall’altro una riduzione della loro disponibilità sul mercato, tanto che alcuni utilizzatori già oggi denunciano difficoltà di approvvigionamento. Attualmente le alternative disponibili nel lungo periodo in grado di rispettare i vincoli più stringenti in termini di potere climalterante sono i refrigeranti naturali (anidride carbonica, idrocarburi e ammoniaca) e i gas refrigeranti fluorurati di IV generazione (HFO), ma per esigenze e criticità differenti non sono adeguate per tutti i settori. A differenza degli HFC, infatti, il passaggio a queste alternative comporta nuove criticità legate a tossicità, infiammabilità, corrosività, alte pressioni di lavoro e perdite in termini di efficienza energetica. Il settore della refrigerazione è stato il primo comparto a mettere in atto misure per adeguarsi al Regolamento F-gas, in quanto maggiore utilizzatore di due refrigeranti ad elevato potere climalterante. Il comparto della refrigerazione domestica è già migrato ai refrigeranti naturali: i frigoriferi domestici utilizzano da tempo l’isobutano come fluido frigorigeno. Nel campo della refrigerazione commerciale le alternative possibili dipendono dalla taglia e dal tipo di sistema. Il settore del condizionamento invece non risulta essere ancora pronto a passare a refrigeranti alternativi diversi dagli HFC ed anche mantenere in vita le attuali produzioni sta diventando sempre più difficile, a causa della drastica diminuzione della disponibilità degli HFC e dell’aumento del loro costo. Gli altri settori, schiume, aerosol e sistemi fissi di protezione antincendio sono pronti a passare alle alternative (refrigeranti naturali, HFO, o gas chimici), alcune della quali già utilizzate. Sebbene l’Italia non sia produttrice di sostanze refrigeranti, notevole è l’impegno delle nostre imprese nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e componenti nei settori che utilizzano gli HFC.


La peculiarità di questi impianti è quindi la capacità di trattamento? La novità in assoluto per entrambi gli impianti è il numero di frigoriferi trattati all’ora: una capacità che non ha precedenti. Rispetto ad impianti più tradizionali, abbiamo anche ampliato le operazioni automatizzate di pretrattamento. Tutti i nostri impianti sottostanno alla norma WEEE LABEX, che prevede che i frigoriferi in ingresso vengano catalogati, pesati e classificati in base alla dimensione (piccoli, medi, grandi), alla tipologia (congelatori) e alla carica (a CFC, a pentano, a ciclopentano). Tutta questa serie di classificazioni è stata automatizzata. Per la catalogazione c’è un sistema di pesatura automatica del frigorifero, poi un sistema laser legge le dimensioni del frigorifero e determina lo spessore dell’isolamento e quindi decide se è un congelatore o un frigorifero normale. Poi ci sono naturalmente dei controlli che deve fare l’operatore ma sono minimi. L’operatore ha a disposizione una pulsantiera e al passare del frigorifero o del pezzo determina le classificazioni che la macchina non è in grado di fare autonomamente. Quali macchine compongono la torre di triturazione? La torre è composta da: • pressore ad alte performance sia per velocità che per potenza; • trituratore bi-albero primario con nuovi bracci di reazione; • trituratore quadri-albero con bracci di reazione; • griglia ad alta resistenza all’usura per regolazione della pezzatura in uscita; • cabina coibentata con trasportatore vibrante e separatore magnetico.

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LE IDEE PRENDONO LA FORMA DELL’ACCIAIO SI È SVOLTA L’EDIZIONE 2018 DI SWEDISH STEEL PRIZE CHE PREMIA LE AZIENDE CHE HANNO UTILIZZATO L’ACCIAIO ALTORESISTENZIALE NEI LORO PROGETTI INNOVATIVI, RAGGIUNGENDO LE MIGLIORI PRESTAZIONI di Bruno Vanzi

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rano 4 finalisti, di cui 2 italiani, e la vittoria è andata proprio a uno di loro. Mantella Srl ha vinto lo Swedish Steel Prize, il premio assegnato al design più innovativo che si avvale dell’utilizzo di acciaio ad alte prestazioni, grazie al semirimorchio ribaltabile Stratosphere 3.0 che offre ai clienti un telaio con lo stesso peso di un telaio in alluminio, ma con proprietà meccaniche superiori. Mantella ha realizzato un design unico nel suo genere, una soluzione innovativa pensata per una generazione completamente nuova di rimorchi e cassoni. Infatti, questo semirimorchio vanta un’eccellente resistenza all’usura, una maggiore resistenza alla fatica e una riduzione del peso di circa il 30% rispetto al precedente telaio per rimorchio. Questo nuovo rimor-

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chio leggero ha migliorato la stabilità, garantendo costi operativi ridotti e alta efficienza di trasporto. “Abbiamo creato il semirimorchio ribaltabile più forte, più leggero, più efficiente e più bello che ci sia sul mercato mondiale. In linea con la missione della nostra azienda, abbiamo ottenuto risultati molto interessanti”, ha affermato Gregorio Mantella, Responsabile di stabilimento di Mantella. Il telaio è realizzato interamente in acciaio altoresistenziale con travi piegate a Z al posto del classico profilo saldato a doppia T. L’eliminazione delle travi saldate offre importanti miglioramenti in termini di resistenza alla fatica ed efficienza produttiva. Assicura inoltre un aumento della capacità di carico, pur mantenendo un peso ridotto. Inoltre, il cassone dello Stratosphere 3.0 è realizzato in acciaio resistente all’usura e garantisce quindi un’eccellente durata nel tempo. “Nel 2015 abbiamo iniziato a studiare le possibilità di impiego di tipologie di acciai altoresistenziali ad alte prestazioni nei telai dei semirimorchi, con risultati eccellenti in termini di peso e durata. Resistenza e leggerezza sono le caratteristiche che contraddistinguono i nostri veicoli. La partnership con SSAB ci ha permesso di ottenere veicoli dal design elegante, ad alte prestazioni, leggeri e resistenti, senza dimenticare l’aspetto estetico” ha dichiarato Mantella. L’altra azienda italiana in gara è stata la

CTE, nominata per la sua piattaforma aerea autocarrata MP 32.19, un nuovo prodotto competitivo che non ha eguali sul mercato. Con un’altezza massima di 32 metri e uno sbraccio di 19 metri, è montata su un piccolo camion da 7 tonnellate. Dispone inoltre di un esclusivo braccio di rotazione a 180 gradi che raggiunge punti di lavoro difficilmente accessibili, anche in posizioni angolari. “Il primo obiettivo era ottenere una maggiore efficienza e versatilità: un rendimento migliore in termini di altezza e raggio d’azione, ma su un veicolo compatto da 7 tonnellate - una soluzione unica al mondo. In più, volevamo offrire una maggiore rigidità strutturale per migliorare le condizioni di sicurezza sul lavoro, riducendo al contempo il peso complessivo”, ha spiegato Roberto Fenner, Director of Technology della CTE. Per ottenere le prestazioni e la leggerezza richieste, l’acciaio altoresistenziale è stato ampiamente utilizzato in tutto il telaio e il braccio. “Ciò che ha sempre caratterizzato il nostro marchio è la capacità di agevolare il lavoro. Grazie alla sua versatilità e facilità d’uso, CTE MP 32.19 rispecchia alla perfezione questo spirito: un risultato che abbiamo potuto raggiungere solo grazie alla sinergia tra il nostro design e gli acciai altoresistenziali utilizzati”, ha affermato Fenner. Gli altri due finalisti sono stati JAK Metalli Oy e Trufab Global.


JAK Metalli Oy dalla Finlandia ha inventato un sistema di taglio unico per la sfoltitura della vegetazione ai margini della strada che consente un’azione molto più controllata per piccoli alberi rispetto a trituratori convenzionali. La fresa funziona a soli 175 giri al minuto rispetto ai 1.500 giri al minuto dei tradizionali frantumatori a catena. Pertanto, il consumo di energia e i costi operativi sono estremamente ridotti e le condizioni di lavoro globali sono più sicure. “Il nostro obiettivo era sviluppare un modo migliore per tagliare erba e piccoli alberi con il minimo di forza e potenza. Ci siamo resi conto che per riuscirci serviva un design che consentisse di tagliare come una forbice invece che frantumare”, spiega Kimmo Tossavainen, Development Manager della JAK-Metalli. L’inventiva lama della fresa a spirale JAK sfrutta le geometrie di taglio al laser di un acciaio resistente all’usura, per una durata massimizzata. L’acciaio altoresistenziale è stato utilizzato nel braccio di taglio per ridurre al minimo il peso. “Miriamo a fornire una soluzione molto più resistente rispetto alle tradizionali frese a catena. Durante il processo di sviluppo, abbiamo calcolato che l’acciaio resistente all’usura sarebbe stato il materiale corretto da utilizzare. Senza questo tipo di acciaio non sarebbe stato possibile realizzare la fresa a spirale. L’acciaio resistente all’usura permette di ottenere un design leggero, resistente e forte”, spiega Tossavainen. L’australiana Trufab è stata nominata per il suo rimorchio per cereali Nyrex, una tramoggia a struttura modulare con una straordinaria capacità massima di 62.000 litri. Il veicolo pesa circa 700 kg in meno rispetto alle soluzioni precedenti, un aspetto che contribuisce a ridurre la compattazione del terreno e ottimizza il consumo di carburante. Il suo design moderno è praticamente esente da saldature, per una vita utile più lunga, mentre gli imballaggi flat-pack e la facilità di montaggio sono un’assoluta novità nell’agricoltura.

maggiore attenzione. Anzi, le proprietà dell’acciaio, combinate alla scelta del tipo di acciaio in base all’applicazione o al processo, possono letteralmente determinare il successo o il fallimento dell’attrezzatura. L’acciaio Hardox® esiste in una vasta gamma di qualità, larghezze e spessori. Indipendentemente dalla qualità o dallo spessore, il giusto equilibrio tra durezza, tenacità e lavorabilità è fondamentale per consentire una progettazione ottimale di apparecchiature e attrezzature, come pure per il raggiungimento di prestazioni elevate in ambienti aggressivi. Durezza e tenacità sono termini che descrivono le proprietà del materiale. Cerchiamo di chiarire meglio le caratteristiche dell’acciaio. La durezza è la resistenza dell’acciaio alla penetrazione e alla deformazione permanente (in forma di rientro, graffio, abrasione, taglio, ecc.) quando l’attrito viene appli-

cato sulla superficie. Più duro è l’acciaio, minore è la penetrazione. I bordi di materiale abrasivo hanno difficoltà a tagliare una superficie dura, quindi l’usura si riduce al minimo. La tempra al cuore è il trattamento termico in cui l’acciaio viene esposto prima al riscaldamento ad alta temperatura e poi a un raffreddamento controllato. Questo processo migliora la durezza non solo dello strato esterno, ma anche del nucleo dell’acciaio. La durezza al cuore si traduce in prestazioni migliori rispetto alla durezza solo in superficie. La tenacità è la capacità dell’acciaio di assorbire energia e di resistere alla rottura. Richiede duttilità e resistenza per far sì che, se sottoposto a stress fisico, possa deformarsi invece che frantumarsi. Un materiale tenace è vantaggioso perché è in grado di resistere alle cricche se sottoposto a deformazione plastica.

LE LAMIERE ANTIUSURA HARDOX® NELLE MACCHINE PER IL RICICLAGGIO

Vediamo ora quale lamiera prodotta da SSAB è perfetta per il settore dei rifiuti. In un settore industriale dove la produttività è tutto, l’acciaio utilizzato per la fabbricazione delle apparecchiature esige una

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Con una combinazione unica di durezza e tenacità, l’acciaio Hardox® possiede proprietà strutturali che lo distinguono dal tradizionale acciaio resistente all’abrasione, che è incline alla rottura e all’usura e richiede una sostituzione frequente. Normalmente, con l’aumentare della durezza, diminuisce la formabilità e la saldabilità dell’acciaio. La durezza della lamiera antiusura Hardox®, invece, permette di utilizzarla come acciaio strutturale: ne deriva che i fabbricatori possono piegarla, formarla e saldarla senza perderne le proprietà. Con la sua forza ad alto rendimento si possono realizzare progetti più razionali, utilizzando meno acciaio e mantenendo al contempo la resistenza del prodotto, e migliorando le prestazioni. La società australiana Pacific Shredder utilizza l’acciaio Hardox® nelle sue attrezzature di riciclaggio per realizzare trituratori che sono in grado di ridurre un’automobile in rottame in pochi secondi. Il trituratore è costituito essenzialmente da un tamburo da 60 t con 11 dischi rotore a cui sono fissati 12 o 16 martelli in manganese. Il rotore ruota a 500 giri/min e i martelli demoliscono le auto contro una serie di incudini, barre e griglie. L’interno è blindato con lamiere antiusura che impediscono al metallo volatile di erodere l’intera struttura. La lamiera antiusura Hardox® aiuta l’azienda a massimizzare l’operatività e a ridurre la manutenzione e i costi di esercizio sul lungo termine. Per loro un fermo macchina non comporta soltanto una perdita di produttività: è infatti necessario noleggiare una gru da 200 t per estrarre e riparare il rotore. Pertanto la durata è tutto. Visto il tipo di attività, l’unico modo per aumentare la redditività è prolungare la vita del trituratore. “Lo spessore supplementare e la maggiore tenacità garantiscono una maggiore durata ai nostri trituratori”, dichiara il proprietario Joe Beentjes “le nostre lamiere antiusura e i dischi rotore continuano a operare anche quando gli altri sono ormai ridotti a loro volta a un rottame”. La gamma SSAB offre lamiere antiusura Hardox® in spessori fino a 160 mm e durezze da 350 a 600 HBW. Gli spessori alti sono molto richiesti in ambiti quali il movimento terra e il riciclaggio, settori dove si riscontrano componenti fortemente soggetti ad usura quali frantoi, mulini, benne e applicazioni ferroviarie. Un acciaio senza elementi inquinanti a bassa lega come

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Hardox® è la chiave per ottenere eccellenti proprietà di lavorazione in officina, una curva di durezza piatta ed elevata tenacità.

HARDOX IN MY BODY® ASSICURA UN VALORE AGGIUNTO ALLE ATTREZZATURE

Molti produttori sfoggiano con orgoglio il logo Hardox in My Body® su attrezzature, macchinari o accessori per dimostrare di essere membri certificati del programma Hardox in My Body® di SSAB. Questo logo certifica che il prodotto è stato fabbricato utilizzando la lamiera antiusura Hardox® e che non è un’imitazione. Ciò significa che cassoni, benne, container, attrezzature per demolizione e riciclaggio o altre applicazioni hanno superato rigorosi controlli di qualità e sono stati approvati da SSAB in termini di saldatura, progettazione e processo di fabbricazione. MB Crusher, che produce alcune delle benne frantoio per demolizione e riciclaggio più vendute al mondo, è uno dei 400 membri internazionali facenti parte del programma. Tutte le sue benne frantoio sono realizzate con lamiera antiusura Hardox®. Un altro membro, Genesis Attachments, realizza le cesoie più grandi del mondo per la lavorazione e la demolizione di rottami. Le cesoie dei loro impressionanti frantumatori da 420 tonnellate riescono a troncare travi di acciaio di 2 metri di altezza e 85 millimetri di spessore, eppure gli operatori sostengono che lavorano senza intoppi. Come molti altri produttori, queste aziende collaborano con SSAB con l’obiettivo di sviluppare progetti innovativi che permetteranno di migliorare sia le prestazioni che il valore delle attrezzature usate nei loro prodotti. Altri membri del programma sono Trevi Benne, VTN Europe, Indeco e OSA Demolition Equipment. Ecco come funziona il programma. I clienti richiedono l’adesione a SSAB. Successivamente, gli esperti in usura e tecnologia strutturale di SSAB analizzano attentamente la qualità della saldatura, il processo di produzione e la progettazione del prodotto. Una volta approvato, il prodotto potrà essere commercializzato con la targa riportante un ID univoco che consente la tracciabilità dell’origine dei componenti, fino alla singola lamiera antiusura di acciaio utilizzata per la fabbricazione del prodotto.


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LA REGINA DEI METALLI È MAESTOSA, IMPONENTE, DECISA E POSSENTE LA NUOVA CESOIA VTN EUROPE CI 15000 R di Maria Beatrice Celino

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un esemplare unico nato in collaborazione con un’azienda specializzata nel trattamento dei metalli, la cesoia CI 15000 R di VTN che abbiamo visto all’opera. In pochi secondi è in grado di tagliare profili di ferro HEA 600 di spessore fino a 140 mm grazie alla geometria di taglio appositamente studiata per questo compito. Instancabile, in poco tempo riduce nella pezzatura richiesta il metallo da recuperare e solleva gli operatori da operazioni più rischiose quali il taglio a fiamma. Per vederla all’opera (e vi assicuriamo che è uno spettacolo) siamo andati alla Colfer di Villafranca di Verona, un’azienda specializzata nel recupero dei metalli, prossima a festeggiare i 30 anni di lavoro. Roberto Cobelli ha iniziato la sua attività nel settore dei metalli ferrosi e non ferrosi nel 1989 creando inizialmente un magazzino di stoccaggio. Poco alla volta, grazie ad un lavoro costante e risoluto, ha allargato la sua attività e oggi dirige un’azienda moderna il cui core business è il commercio e la lavorazione dei rottami ferrosi e non ferrosi. Un design ricercato negli uffici e nella palazzina centrale decorata da alberi preziosi celano a prima vista una realtà dalla grande operosità nella quale lavorano diversi addetti su macchine operatrici dotate di attrezza-

ture specifiche per il riciclaggio. A contorno, un traffico intenso di automezzi che scaricano o prelevano materiale. L’area operativa è prevalentemente al coperto per prevenire inquinamento (il materiale rimane più protetto) e per lavorare nel rispetto dell’ambiente. La Colfer opera infatti nel rispetto delle più severe normative ambientali sull’inquinamento. “Siamo uno dei pochi impianti in Veneto - ci spiega il titolare Roberto Cobelli - in cui si effettua una lavorazione a 360° su tutti materiali nel senso che abbiamo macchine che trattano il cavo di rame, macchine che lavorano le carrozzerie, presse compattatrici, la pressocesoia fissa, ecc. Possiamo definire la Colfer un centro specializzato nel trattamento dei metalli ferrosi e non ferrosi”. L’azienda ritira materiali da società del nord Italia ma ha collaborazioni anche con imprese del meridione, da cui preleva in maggior parte barattolame per la conserva. I camion portano presso il centro di trattamento il materiale da lavorare che viene dapprima sottoposto ad una iniziale verifica di conformità attraverso un portale radiometrico per il monitoraggio della radioattività e successivamente a controllo visivo. In seguito, il materiale viene stoccato, lavorato per la riduzione volumetrica, e preparato per essere impiegato nuovamente in acciaieria o fonderia. L’azienda è in grado di soddisfare richieste specifiche di qualità di vari materiali. “Serviamo anche aziende molto grosse - prosegue Cobelli - con le quali abbiamo contratti in essere da cui ritiriamo anche rifiuti non ferrosi all’occorrenza. Se un cliente ci richiede anche il ritiro di qualche cassone di carta o legno lo accontentiamo ma il nostro core business sono i metalli”. L’area dedicata alla lavorazione dei metalli è formata da tre grandi capannoni contigui che compongono il perimetro del cortile interno in cui i camion scaricano i materiali. I capannoni, altissimi, ospitano enormi cumuli di metalli e permettono di effettuare tutte le operazioni dei caricatori e degli escavatori al coperto. Poiché, come abbiamo detto, l’azienda è sensibile alle tematiche ambientali, il tetto dei capannoni è coperto da pannelli fotovoltaici per la generazione di energia pulita. L’azienda movimenta approssimativamente 15-16 mila tonnellate di materiale al mese.

LE ATTREZZATURE DEL CENTRO

Antonio Vaccaro, CEO di VTN Europe e Paolo Baratella, Product Manager VTN Europe accanto alla Cesoia CI 15000 R

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La nostra visita alla Colfer ci ha dato la possibilità di ammirare al lavoro la nuova CI 15000 R, ma guardando gli escavatori non ci sfugge che anche le altre attrezzature sono VTN. In aree diverse del centro di trattamento, lavorano escavatori su materiali diversi. Due cesoie VTN da 8 tonnellate sono impiegate in operazioni di routine, mentre uno spaccabinari dietro ad un mucchio si riconosce per il caratteristico rumore che emette quando la rotaia si spezza. Chiediamo al Sig. Cobelli da quanto tempo coopera con VTN Europe e scopriamo che è una collaborazione abbastanza recente: “Sono solo 4 anni che collaboriamo con VTN Europe. Prima avevo attrez-


zature di un altro costruttore, ma si è rotto il rapporto di fiducia. Per le realtà quali la nostra è importante avere a che fare con aziende serie, che ti forniscono assistenza continua e ti affiancano nel lavoro. VTN Europe si è sempre dimostrata tale; la qualità delle attrezzature è egregia; l’assistenza è immediata e il rapporto con le persone è ottimo”. Le attrezzature al centro di trattamento lavorano fino a 13 ore al giorno e sono sottoposte ad un altissimo stress soprattutto in rapporto al materiale che trattano. “Per questo motivo - continua Cobelli - è importante per le aziende che fanno il nostro lavoro che i problemi che capitano siano risolti nel più breve tempo possibile. E così è sempre stato”.

LA NUOVA CI 15000 R

Ci avviciniamo mentre sta lavorando. La nuova cesoia da 15 tonnellate taglia senza fatica grossi pezzi di acciaio e in pochi secondi sprigiona tutta la sua forza. La CI 15000 R è una cesoia idraulica della nuova serie R di VTN Europe, dove R sta per Revolution. La gamma della serie CI è composta da 12 modelli e la CI 15000 R, dall’alto dei suoi 6 metri di altezza, non è neppure il modello più grande. La nuova serie è stata ripensata nella struttura, nell’utilizzo di acciai speciali e i nuovi telai sono in grado di assorbire tutte le combinazioni di carico. Una caratteristica della nuova gamma CI-R è il cilindro montato in posizione rovesciata, ben protetto dagli urti e dai danneggiamenti mentre il puntale di penetrazione prevede uno speciale sistema di fissaggio che ne aumenta la resistenza. La rotazione è a 360 gradi ed è dotata di valvola di velocizzazione. “Questa attrezzatura è unica - ci spiegano Antonio Vaccaro, CEO di VTN e Paolo Baratella, Product Manager VTN - l’abbiamo sviluppata in collaborazione con Roberto Cobelli per soddisfare le sue necessità di produzione. Le caratteristiche di questa macchina sono nel disegno delle ganasce che presentano una geometria differente per tagliare materiale di elevato spessore e avere una maggior forza. Per la realizzazione ci sono voluti circa tre mesi di lavoro”. Colfer ha richiesto la nuova cesoia per tagliare i materiali più tenaci che prima venivano tagliati a fiamma. Grazie all’utilizzo di questa nuova attrezzatura, il taglio a fiamma non è più necessario e il lavoro degli operatori è più sicuro e produttivo. “È una macchina devastante: se non la vedete all’opera non potete capire cosa è in grado di fare” conclude Cobelli.

CESOIE IDRAULICHE CI-R SERIES

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LA SICUREZZA IN CANTIERE FASB LINEA 2, AZIENDA METALMECCANICA SPECIALIZZATA NELLA LAVORAZIONE DEI TUBI METALLICI, SI È RITAGLIATA NEGLI ANNI UNO SPAZIO NEI PRODOTTI PER LA SICUREZZA E LA PREVENZIONE DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO di Laura Veneri

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ome vuole la migliore tradizione, anche la storia di Fasb Linea 2 inizia in una piccola officina italiana. Siamo in provincia di Lecco, quando nel 1981 Luigi Fumagalli fonda la sua piccola azienda metalmeccanica specializzata nella lavorazione dei tubi metallici. Oggi la piccola azienda si è trasformata in un’industria che occupa una superficie di 10.000 metri quadrati, la metà coperti, offre lavoro a 24 dipendenti e fattura circa 4 milioni, di cui il 30% all’estero. Quella di Fasb Linea 2 è una storia di crescita costante, guidata da uno dei principi base dell’azienda: migliorare, sempre, ogni aspetto dei processi produttivi e delle singole competenze di ogni collaboratore, a qualsiasi livello. Una crescita di sostanza attraverso tappe progettate e raggiunte anche negli anni della crisi, quando Fasb Linea 2 decise di acquistare le apparecchiature per il taglio laser per conquistare un importante vantaggio nei confronti dei suoi competitor. I primi anni di attività hanno visto l’azienda occupata nei settori del garden, dell’automotive e dell’arredamento. Il contatto con importanti clienti e la necessità di soddisfare le loro esigenze hanno stimolato la creatività e convinto il management a sviluppare internamente nuove linee di prodotto. Oggi sono principalmente due i brand che caratterizzano l’attività di Fasb Linea 2 nella realizzazione di prodotti propri proposti sul mercato:

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FASB Tools e Transenne.net. L’obiettivo è comune ed è quello di produrre e proporre prodotti efficaci, durevoli e in grado di garantire la sicurezza delle persone; la destinazione d’uso riguarda invece due differenti target: da una parte la delimitazione di aree di lavoro temporaneo, che siano cantieristiche in genere o all’interno di aree industriali, dall’altra la delimitazione delle aree destinate a eventi pubblici, quali manifestazioni sportive, ludiche o spettacoli in genere, compreso il monitoraggio degli accessi e il controllo dei flussi. Le tappe più rappresentative della crescita iniziano nel 1993, quando viene installato il primo robot di saldatura, seguito, tre anni più tardi, dall’impianto di verniciatura automatizzato. La ricerca costante delle migliori e più innovative tecnologie produttive è uno dei segreti del successo di Fasb Linea 2 anche perché, contemporaneamente, lo sviluppo aziendale è sempre stato associato al perfezionamento costante delle competenze dei collaboratori. Nel 2004 è stato acquistato il primo impianto di taglio laser, mentre nel 2009, grazie anche all’acquisizione di nuovi importanti clienti, Fasb Linea 2 ha raddoppiato la capacità produttiva con la tecnica del taglio laser. Nel 2011, infine, tutte le macchine per la curvatura dei tubi sono state rinnovate, e sono anche state aggiunte nuove curvatubi elettriche che hanno permesso l’ampliamento delle lavorazioni e una maggiore

costanza dell’alto livello qualitativo. Fasb Linea 2, grazie alla sua organizzazione, propone il ciclo produttivo completo, dalla materia prima al prodotto finito, compreso l’assemblaggio finale. I reparti produttivi riguardano infatti le sezioni riservate al taglio tradizionale e laser, al rivestimento dei tubi in pvc, alla curvatura, alla lavorazione del trafilato e, per finire, alle operazioni di saldatura e di verniciatura. Nel 2013, sono stati effettuati i lavori di ristrutturazione e ampliamento della palazzina direzionale e degli spazi dedicati agli uffici. Spazi dedicati a un settore, quello della “Ricerca e Sviluppo” che è diventato nevralgico per la progettazione di nuovi prodotti e soluzioni, e per offrire ai clienti un supporto tecnico di prim’ordine per la definizione di soluzioni personalizzate. In questi anni è stato anche sviluppato il settore del marketing aziendale, che ha favorito l’incentivazione delle relazioni e quindi l’acquisizione di nuovi, importanti clienti gruppi industriali sia in Italia, sia all’estero. Ma lo sviluppo di Fasb Linea 2 ovviamente non si ferma qui perché l’azienda ha in serbo nuovi progetti, tra cui l’ampliamento degli spazi del settore produttivo con la costruzione di un nuovo capannone, adiacente a quello già esistente. Oltre alla sede principale di Cremella (LC), è stata inaugurata nel 2011 una seconda sede a Barzanò (LC). In questa location avviene l’assemblaggio finale di alcuni prodot-


ti, oltre allo stoccaggio dei prodotti finiti. Mentre si avvia con realistica fiducia al traguardo dei quarant’anni, Fasb Linea 2 continua a coltivare i valori dell’esperienza, dell’apertura alle nuove tecnologie, e anche del coraggio imprenditoriale che, fra il 2008 e il 2016, ha concretizzato l’idea che una crisi possa anche rappresentare una grande opportunità. Fasb Linea 2 ha saputo non perdere questa occasione e oggi si propone al mercato come preciso punto di riferimento per il suo specifico ambito merceologico.

FASB TOOLS

Il Decreto Legislativo 81/2008 prevede l’obbligo di predisporre la segnaletica per evidenziare la presenza di ostacoli e di punti di pericolo, nonché per indicare vie di circolazione all’interno delle aree industriali. A questa direttiva Fasb Linea 2 risponde con la Transenna Fasb Tools Safe Work e con la Transenna Fasb Tools Safe Industry. Qualunque intervento di manutenzione o la presenza di macchinari temporaneamente presenti in un’area va debitamente segnalata in modo efficace e visibile. La Transenna Fasb Tools Safe Work, caratterizzata dai colori bianco e rosso, comprende una struttura in acciaio, robusta, progettata per rimanere inalterata nel tempo, mentre la segnaletica è realizzata su materiale “flame retardant”, un tessuto ignifugo di Classe B1, quindi un prodotto sicuro sotto tutti i punti di vista. Questa transenna nasce quindi per delimitare e segnalare le aree di lavoro generiche: piccoli cantieri stradali, interventi sulle facciate esterne delle case con l’utilizzo di piattaforme aeree, manutenzione del bene pubblico, creazione di sbarramenti. Le Transenne Fasb Tools Safe Industry, riconoscibili dai colori giallo nero, sono state studiate e realizzate per segnalare e delimitare zone all’interno dei siti industriali o di stoccaggio dove possono sorgere situazioni di pericolo per gli operatori e per le persone in genere. Perfettamente rispondenti ai dettami della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, vengono utilizzate anche per indicare percorsi e vie di comunicazione all’interno dei capannoni, eventuali punti di pericolo in zone dove stanno avvenendo particolari lavorazioni o interventi di manutenzione di macchine o attrezzature. La loro particolarità è quella di garantire la sicurezza anche laddove la

temporaneità dell’intervento rende le procedure di gestione del rischio difficilmente applicabili per problematiche logistiche e metodologiche. A queste versatili peculiarità si deve aggiungere che le transenne modulari FASB Tools sono pieghevoli e associano un peso e un ingombro ridotti, qualità sempre gradite da chi deve movimentare e stoccare le attrezzature. Il loro formato facilita il trasporto che può comodamente avvenire su qualunque furgone e persino nel bagagliaio di un’automobile. Le Transenne Fasb Tools possono vantare caratteristiche di robustezza, maneggevolezza e praticità.

TRANSENNE.NET

La “Circolare Gabrielli” del 7 giugno 2017 e le norme successive fissano nuove e precise regole per la regolazione dei flussi e la gestione della sicurezza delle persone, in occasione di eventi che prevedano un forte afflusso di pubblico. La risposta di Transenne.net è la transenna Spazio MP2, un concentrato di innovazione e tecnologia al servizio della sicurezza. Si tratta di un prodotto realizzato con materiali resistenti ma al tempo stesso leggeri per un’agevole movimentazione e stoccaggio. La forma

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e struttura sono state create per dare garanzie di stabilità e sicurezza per il pubblico assiepato: per esempio non offrono la possibilità di appoggiare i piedi e quindi sono difficili da scavalcare, oppure anche semplicemente sporgersi, come è invece può avvenire con le tradizionali transenne a traversi. Spazio MP2 è un sistema modulare composto da una struttura metallica zincata e da una rete in HDPE molto robusta e colorata che esalta le doti di resistenza del prodotto, inattaccabile dagli agenti atmosferici, e quindi di lunga durata. Per l’efficace gestione e monitoraggio dei varchi d’ingresso nei luoghi dove si svolgono eventi di grande richiamo e che richiedono su indicazioni delle autorità il monitoraggio e il conteggio delle persone, la transenna Spazio MP2 viene dotata di accessori MP Counter, che permettono il conteggio delle persone. Questo dispositivo, dotato di centralina con display, e posizionato in ogni varco d’ingresso, è collegato con un server centrale che in tempo reale fornisce ai responsabili della sicurezza tutte le informazioni relative alle presenze, ed è facilmente consultabile su smartphone, tablet e personal computer.

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P A NO R A M A

A Z IEND E

IL GIUSTO STRUMENTO PER MISURARE LA PRODUTTIVITÀ IN TEMPO REALE LE SOLUZIONI PROPOSTE DA MA-ESTRO CONSENTONO DI RIDURRE I COSTI DI PRODUZIONE E OTTIMIZZARE I PROCESSI PRODUTTIVI E DI TRATTAMENTO DEI RIFIUTI di Bruno Vanzi

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asce nel 2006 l’azienda Ma-estro s.r.l. grazie alla volontà e alla competenza di Giorgio Manara, giovane imprenditore trentino nato e cresciuto nel mondo delle cave, con il preciso intento di offrire agli operatori del settore estrattivo una soluzione capace di misurare con precisione i costi di produzione e di ottimizzarla attraverso un sistema innovativo di gestione. Questa sua avventura è partita coi primi anni 2000 a causa di un’esigenza interna in quanto le Cave di Pilcante (di cui è anche titolare) non avevano uno strumento che gli permettesse di rilevare effettivamente il livello dei consumi energetici, la produzione e di conseguenza l’efficienza dell’impianto. Dopo un’attenta progettazione, grazie a un team di tecnici e di ingegneri specializzati riuscirono a rilevare le criticità dell’impianto e quindi le opportune azioni ai fini di ottimizzare tutti i processi produttivi. I risultati furono davvero sorprendenti e così, dopo questa esperienza nacque la Ma-estro nel 2006 per poter trasmettere questi valori a tutti gli imprenditori del settore. Infatti, Ma-estro non vende solo dei prodotti o dei servizi, ma una vera e propria filosofia di lavoro, un metodo consolidato negli anni che accompagna il cliente finale verso sistemi di gestione e controllo, semplici e intuitivi, costruiti sulla base delle reali necessità dei destinatari. Il core business della Ma-estro è sempre stato quello del settore delle cave e del materiale inerte ma da diversi anni questa azienda è presente anche nel settore del riciclaggio e l’ha integrato a tutti gli effetti fra i suoi segmenti di mercato principali. Oggigiorno infatti Ma-estro è presente in diversi settori: impianti di riciclaggio inerti, impianti di frantumazione, riciclaggio del vetro e del metallo ed impianti di trattamento dei rifiuti. A dimostrazione di ciò, l’azienda da diversi anni partecipa alla fiera Ecomondo di Rimini, che è la fiera italiana più importante del settore. Che si debbano produrre aggregati, vetro, recuperare metalli o riciclare rifiuti una cosa è certa: si sta gestendo un impianto con un processo molto variabile e discontinuo. Conoscere l’andamento della produzione permette, non solo di calcolarne con precisione il costo, ma anche e soprattutto di mettere in atto tutte le procedure corrette per ottimizzare al meglio l’impianto stesso. Vero è che al giorno d’oggi esistono sistemi di monitoraggio dell’energia e dei controlli di

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peso da installare sui vari nastri trasportatori, tuttavia, per ottenere un buon risultato, non bisogna limitarsi al controllo dell’energia consumata o ad un solo dato produttivo: indispensabile risulta monitorare con precisione ogni singolo processo, o meglio ogni singola macchina. Ci sono diverse analogie fra i processi nel settore delle cave e in quelli del riciclaggio, in quanto i processi risultano fra loro simili (nastri trasportatori, frantumazione, ecc…) ma è anche vero, allo stesso tempo, che ogni impianto e ogni processo presentano logiche estremamente diverse fra loro, quindi è necessario analizzare il comportamento dei singoli impianti e progettare una soluzione ad hoc per ottenere il miglior risultato. Oggi nel mondo industriale è presente un livello di tecnologia molto avanzato a livello di automazione, diagnostica, sensoristica, informatica ed elettronica ma non dobbiamo dimenticarci che essa mostra una concreta utilità se l’azienda è pronta per riceverla, ossia dispone di una serie di requisiti tecnici, strumentali e culturali. Ad esempio: quante volte vediamo la parola industria 4.0? Ma ci siamo chiesti se siamo veramente organizzati per sfruttare al meglio tutta la tecnologia che abbiamo oggi? Quante volte abbiamo acquistato sistemi mai utilizzati? Non serve a nulla quindi avere il massimo della tecnologia se la nostra struttura non riesce a gestirla. È fonda-


mentale dunque avere un sistema progettato su misura e condiviso con tutti gli addetti ai lavori, solo così otterremo il risultato ottimale. Giorgio Manara, avendo vissuto in prima battuta questo passaggio, ha capito che non era necessario solo proporre un prodotto o una soluzione, ma che serve ben altro per arrivare ad un obiettivo molto ambito come quello di ottimizzare e controllare realmente i costi produttivi. Il punto di forza dell’azienda è sicuramente l’esperienza consolidata nel settore, il saper valutare l’efficienza dell’impianto (di ogni singola macchina) e di conseguenza essere in grado di adottare tutte le soluzioni per ottimizzare la produzione e ridurre i costi. Ma-estro ha operato nel tempo con aziende di dimensioni molto eterogenee fra loro e il primo approccio è sempre quello di cercare di capire assieme al cliente, quali sono le sue REALI necessità, successivamente il team studia tutte le fasi di processo ed infine propone una soluzione ad hoc, progettata su misura. In realtà l’azienda oltre ad analizzare i singoli processi, ragiona con un’ottica per una visione molto più ampia, poiché il cliente ha la necessità di analizzare bene ciò che riguarda la gestione operativa e la parte amministrativa. Infatti, il più delle volte queste due aree aziendali non dialogano fra loro e da questo derivano varie problematiche che portano ad avere inefficienze interne. Un altro obiettivo di Ma-estro è quello di trasmettere le giuste informazioni ai vari reparti interessati. I sistemi Ma-estro presentano non sono solo dei vantaggi riconducibili all’ottimizzazione dei processi, ma anche a livello di operatività, di controllo, semplificazione delle mansioni oppure all’interpretazione dei dati che consentono sempre di avere una chiara visione delle eventuali criticità dell’impianto. Un ulteriore vantaggio consiste nel fatto che tutte le soluzioni non sono invasive, sono indipendenti dall’impianto e sono compatibili con qualsiasi sistema, anche molto datato. Ma più concretamente quali sono i sistemi o servizi che offre quest’azienda? Come funzionano? Come accennato prima, col primo approccio si tende a fornire un servizio di consulenza per valutare l’efficienza dell’impianto, monitorandolo per circa 2-3 settimane tramite una gamma di sensori siamo in grado di rilevare le criticità e l’efficienza di ogni singola macchina durante il processo produttivo. Alla fine di questo periodo viene consegnato un report di analisi e si propone anche una soluzione di ottimizzazione. Ad oggi il 90% dei clienti è andato oltre al semplice report ed ha accettato di proseguire con Ma-estro tramite un percorso strutturato per migliorare le inefficienze dell’impianto. Lo riteniamo un ottimo approccio per dimostrare la validità dei nostri sistemi. Il processo di ottimizzazione può essere suddiviso idealmente in due categorie: automazione e controllo. Solitamente Ma-estro propone prima un controllo sui dati di produzione come ad esempio: il livello di efficienza delle macchine, produttività, i consumi energetici, consumi di carburante, gestione manutenzioni e molto altro. Tutti questi dati vengono raccolti e visualizzati in TEMPO REALE in un unico portale web a cui è possibile accedere da qualsiasi postazione PC, tablet e smartphone. La visualizzazione di questi dati è molto semplice, intuitiva ed immediata, poiché è stata pensata per qualsiasi tipologia di operatore, è adatta anche per chi non possiede particolari competenze informatiche. L’automazione progettata da Ma-estro non si limita a svolgere automaticamente un processo manuale, ma grazie a tutte le informa-

zioni rilevate dal PLC questo sistema riesce a regolare il flusso di tutti gli alimentatori e quindi è possibile abbassare notevolmente i fermi impianto, i colli di bottiglia nella produzione e consente di far lavorare al meglio ogni singola macchina all’interno dell’intero processo. I benefici portati dai sistemi Ma-estro mediamente hanno un payback (rientro economico dall’investimento) fra gli 8 e i 12 mesi. Ovviamente dipende dalla tipologia di impianto e di investimento. I sistemi Ma-estro rispettano i requisiti per rientrare nell’Industria 4.0, perciò è possibile usufruire degli incentivi relativi all’iper-ammortamento del 250% per avere un notevole risparmio fiscale. L’azienda fornisce un servizio “chiavi in mano” e guida il cliente passo dopo passo anche nelle pratiche dell’Industria 4.0. Le numerose installazioni in Italia e all’estero (attualmente oltre 80), hanno fatto sì che l’intero staff accumulasse la giusta esperienza per offrire sempre la soluzione ottimale ad ogni problematica. Potrà sembrare assurdo ma abbiamo imparato (e ancora oggi continuiamo ad imparare) proprio dai nostri clienti, così oggi possiamo proporre la nostra esperienza ad altri imprenditori. Il mercato è in continua mutazione. Le aziende devono essere sempre più flessibili, attente alle esigenze della loro clientela, fare investimenti mirati e avere ritorni sul corto e medio periodo. Il territorio italiano è composto da piccole realtà, che sanno dare un valore aggiunto al loro prodotto proprio grazie alla loro flessibilità e rapidità di adattamento a nuove situazioni, ma che soffrono spesso di poca struttura e scarsa rete commerciale. Penso che in futuro si vedranno medie e grandi aziende estremamente flessibili e piccole aziende a supporto di queste grandi realtà che dovranno adottare gli stessi standard di controllo e qualità. L’obiettivo quindi rimane comune a tutti: ridurre i costi, conoscere le reali problematiche ed avere il giusto strumento per misurare la produttività in tempo reale e in modo semplice! Sembra un gioco? Lo è se utilizziamo lo strumento appropriato! Queste tecnologie inoltre permettono all’azienda di crescere e di attingere a personale più qualificato, che può lavorare anche con maggior serenità e in totale sicurezza avendo i giusti strumenti a disposizione. Hai un impianto di riciclaggio? Cosa aspetti! Contatta oggi stesso Ma-estro per una visita gratuita da parte di un tecnico specializzato!

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L’AUTORITÀ DI REGOLAZIONE PER ENERGIA RETI E AMBIENTE (ARERA) UN’OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO PER IL SETTORE RIFIUTI URBANI di Giorgio Ghiringhelli*, Giuseppe Sbarbaro** e Paolo Pagani**

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el 2016, il settore dell’igiene urbana ha registrato oltre 12 miliardi di euro di fatturato, occupando 90.433 addetti, con 1.821 operatori complessivi. La gestione dei rifiuti urbani ricomprende la raccolta, il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti. Nella gestione integrata del servizio, occorre innanzitutto distinguere tra le fasi a monte della filiera (raccolta, traporto e spazzamento) dalle fasi a valle (trattamento, smaltimento in discarica e recupero/riciclo). Ai servizi di base appena richiamati si sommano quelli aggiuntivi o accessori (gestione ecocentri, spazzamento strade, svuotamento cestini, etc.). Il perimetro del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti urbani è in parte definito dal concetto di assimilazione: la normativa attuale definisce il limite qualitativo dei rifiuti assimilabili, mentre la determinazione dei limiti quantitativi è stata di fatto demandata ai Comuni o alle autorità di governo, mentre è in discussione una bozza di nuovo DM che prevede l’introduzione di limiti quantitativi massimi per alcune categorie di attività economiche.

GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI: GOVERNANCE E MERCATO

L’assetto normativo del settore dei rifiuti ha registrato negli ultimi anni costanti e significativi mutamenti. Questo processo di cambiamento, ispirato a principi di matrice europea, si è svolto su versanti diversi: tanto su quello organizzativo e gestionale, quanto su quello più specificamente ambientale. Nel primo caso le discipline, sia europea che nazionale, riguardano il più ampio contesto dei servizi pubblici locali di interesse economico generale, a cui la gestione dei rifiuti urbani appartiene, in materia di affidamenti e gestione dei servizi, con riferimento alle direttive europee su appalti e concessioni e al loro recepimento nel Codice dei contratti pubblici. Nel secondo caso tali discipline, contenute in norme di carattere settoriale, si focalizzano su aspetti ambientali con l’obiettivo di promuovere e incentivare la transizione verso un’economia circolare.

L’ATTIVITÀ REGOLATORIA DELL’ARERA: FUNZIONI E POTERI

La Legge 27 dicembre 2017, n. 205 (cd Legge di Bilancio 2018) attribuisce all’Autorità – contestualmente ridenominata in Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA) – specifiche com-

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petenze anche in materia di rifiuti urbani a partire dal 2018. L’ARERA è un’autorità indipendente che ha la funzione di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l’efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l’attività di regolazione e di controllo. ARERA svolge tale funzione nei settori del gas e dell’energia elettrica fin dal 1995, anno della sua istituzione; per effetto di successivi provvedimenti di legge nel 2011 la sua azione è stata estesa al settore dei servizi idrici, nel 2014 al settore del teleriscaldamento e teleraffrescamento e dal 2018 al settore del ciclo dei rifiuti anche differenziati, urbani e assimilati. Nei limiti di quanto delegato, l’ARERA è uno dei rari casi in cui in un unico organo sono riuniti i 3 fondamentali poteri degli organi dello Stato: • legislativo, poiché ARERA ha il potere di determinare regolamenti; • esecutivo, poiché ARERA ha il potere di applicare i regolamenti; • giudiziario, poiché ARERA ha il potere di giudicare e sanzionare chi non rispetta i regolamenti. Tali poteri sono controbilanciati dalla magistratura amministrativa. Il potere di regolazione esercitato da ARERA si esplica mediante decisioni assunte dal Collegio in forma di Delibera di cui, previa notizia nella sezione “riunioni e incontri” del sito web dell’Autorità, è data pubblicità legale attraverso pubblicazione sul sito dell’Autorità. Per effettuare efficacemente l’attività di controllo e verifica il D.Lgs. 68/2001 prevede che il corpo della Guardia di Finanzia (GdF), in relazione alle proprie


Fonte: Utilitatis

competenze in materia economica e finanziaria, collabori con le Autorità Indipendenti che ne facciano richiesta e che nell’espletamento di tali attività i militari della GdF agiscano con le facoltà e i poteri previsti dalle leggi e dai regolamenti vigenti. ARERA e GdF collaborano in base a un Protocollo di Intesa (Del. 273/05) che prevede che la GdF agisca mediante il Nucleo Speciale per l’Energia e il Sistema Idrico (NSESI). Il nuovo soggetto è chiamato ad intervenire in un settore in cui fino ad oggi le competenze sono state ripartite tra Ministero, Regioni, Province, Comuni ed Enti di Governo d’ambito. Il processo comporterà presumibilmente una riorganizzazione di competenze e ruoli, con una necessaria crescita della funzione degli Enti di Governo d’ambito e una maggiore responsabilizzazione dei soggetti gestori, imprimendo un’accelerazione all’iter di completamento della governance locale. I poteri attribuiti all’ARERA in particolare riguardano le materie di: a. emanazione di direttive per la separazione contabile e amministrativa della gestione, la valutazione dei costi delle singole prestazioni, anche ai fini della corretta disaggregazione per funzioni, per area geografica e per categorie di utenze, e definizione di indici di valutazione dell’efficienza e dell’economicità delle gestioni a fronte dei servizi resi; b. definizione dei livelli di qualità dei servizi, sentiti le regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori, nonché vigilanza sulle modalità di erogazione dei servizi; c. diffusione della conoscenza e della trasparenza delle condizioni di svolgimento dei servizi a beneficio dell’utenza; d. tutela dei diritti degli utenti, anche tramite la valutazione di reclami, istanze e segnalazioni presentati dagli utenti e dai consumatori, singoli o associati; e. definizione di schemi tipo dei contratti di servizio di cui all’articolo 203 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152; f. predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio “chi inquina paga”;

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fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento; approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento; verifica della corretta redazione dei piani di ambito esprimendo osservazioni e rilievi; formulazione di proposte relativamente alle attività comprese nel sistema integrato di gestione dei rifiuti da assoggettare a regime di concessione o autorizzazione in relazione alle condizioni di concorrenza dei mercati; formulazione di proposte di revisione della disciplina vigente, segnalandone altresì i casi di gravi inadempienze e di non corretta applicazione; predisposizione di una relazione annuale alle Camere sull’attività svolta.

I PILASTRI DELL’ATTIVITÀ REGOLATORIA DELL’ARERA

La regolazione dei servizi pubblici si fonda su tre “pilastri”, ovvero tre elementi fondamentali sui quali poggia l’intero sistema di regolazione e che pertanto devono essere stabiliti con priorità: qualità, tariffe e unbundling. Si tratta di tre temi tra loro strettamente interconnessi, in quanto la disciplina dell’unbundling contabile fornisce all’Autorità un quadro informativo essenziale per la sua azione di regolazione economica, il cui fulcro è costituito dalla tariffa, la quale ha l’obiettivo di remunerare i costi efficienti sostenuti per fornire il servizio secondo livelli di qualità definiti e controllati.

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LA REGOLAZIONE DELLA QUALITÀ NEL SETTORE RIFIUTI

Sempre ai sensi della L. 205/2017 sono attribuite all’Autorità le funzioni di regolazione e controllo, in particolare in materia di definizione dei livelli di qualità dei servizi (sentiti le Regioni, i gestori e le associazioni dei consumatori) nonché di vigilanza sulle modalità di erogazione dei servizi stessi e la diffusione della conoscenza e della trasparenza delle condizioni di svolgimento dei servizi a beneficio dell’utenza oltre che di tutela dei diritti degli utenti, anche tramite la valutazione di reclami, istanze e segnalazioni presentati dagli utenti e dai consumatori, singoli o associati. In dettaglio possiamo riportare cosa si intende per “regolazione della qualità” traendo spunto ed esempio dalla regolazione della qualità commerciale/contrattuale già disciplinata dall’Autorità nei settori sottoposti anticipatamente alla sua azione di regolazione (energia elettrica, gas e servizio idrico). Innanzitutto l’Autorità individua prestazioni di qualità commerciale, ossia processi di competenza del gestore del servizio che hanno impatto sull’utente finale, come per esempio la preventivazione, la fatturazione, la risposta a reclami o richieste di informazione, ecc. In secondo luogo fissa alcuni requisiti essenziali riferibili al sistema organizzativo gestionale del gestore, ritenuti indispensabili per il sistema di garanzie dell’utente finale e per le funzioni di controllo che dovranno essere esercitate dalla stessa Autorità. Ciò premesso l’Autorità definisce indicatori di qualità commerciale, ossia misure della prestazione resa all’utente finale, come per esempio – scegliendo volutamente indicatori indipendenti dallo specifico servizio – il tempo di risposta motivata ai reclami scritti, il tempo di risposta motivata alle richieste di informazioni scritte, la periodicità di fatturazione, il tempo di attesa agli sportelli, etc. Con riferimento a ciascun indicatore l’Autorità fissa i livelli di qualità che il gestore dovrà garantire, distinguendoli tra: • specifici, ossia riferiti alla singola prestazione da garantire all’utente, prevedendo che in caso di mancato rispetto venga corrisposto un indennizzo automatico all’utente che ha subito il disservizio; • generali, ossia riferiti al complesso delle prestazioni rese nel corso di un dato periodo (solitamente un anno), prevedendo che in caso di mancato rispetto si possa giungere all’irrogazione di una sanzione.

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Tali norme hanno in genere un impatto molto rilevante sul sistema organizzativo gestionale del gestore del servizio, sia per la numerosità degli standard di qualità da garantire e tenere sotto controllo (nel settore idrico gli standard di qualità contrattuale sono ben 43!) che per la capillarità degli obblighi di registrazione che richiedono interventi rilevanti anche sul fronte dei sistemi informativi. Parte integrante del sistema di controllo e verifica della qualità è la trasparenza che deve garantire il soggetto gestore nei confronti delle utenze del servizio. Quanto finora illustrato attiene alla sfera della “qualità commerciale” (come è definita nel settore energia) o contrattuale (come è definita nel settore idrico), ma la regolazione della qualità operata da ARERA è estesa anche alla così detta “qualità tecnica” in genere associata a sistemi di incentivazione e penalità rivolti al soggetto gestore sulla base del raggiungimento o meno delle performance previste dall’Autorità. Nel settore rifiuti si annoverano a livello nazionale diversi tentativi di standardizzare e oggettivare la qualità tecnica dei servizi di raccolta differenziata, igiene urbana e recupero/smaltimento dei rifiuti, spesso con approfondimenti sui costi dei servizi che frequentemente sono correlati al cosiddetto “livello del servizio” (inteso come valutazione complessiva di efficacia/efficienza di un dato sistema in un certo contesto socio-urbanistico). Possono quindi essere identificati alcuni indicatori misurabili e oggettivi riferibili ai diversi servizi precedentemente richiamati, sostanzialmente dipendenti dalla modalità di erogazione dei servizi stessi (ad es. raccolta differenziata domiciliare o stradale, mezzi e personale utilizzato, frequenze di prelievo, etc.) ed altri indicatori specifici di natura “territoriale” (come ad es. dimensione del Comune, presenza di flussi turistici/pendolari, presenza di grandi utenze, orografia territoriale, etc.). La valutazione integrata delle due famiglie di indicatori permetterebbe di clusterizzare i risultati ottenendo delle “famiglie” di servizi cui poter associare, teoricamente, dei valori economici standard.

LA REGOLAZIONE DELLE TARIFFE

La raccolta dei rifiuti, in Italia, è storicamente stata remunerata attraverso la fiscalità generale e bisogna attendere il 1993 per l’introduzione della Tarsu (D.Lgs. 507/93) seguita nel 1997 – anno di pubblicazione del D.Lgs. 22/97 (cfr. “Decreto Ronchi”) – dalla cosiddetta “tariffa puntuale” (Tia, Tariffa igiene

ambientale) a cui si sono succedute la Tia1, Tia2, sub-Tia2, la Tarsu normalizzata (D.Lgs. 158/99), la Tares (2011) e alla fine Tari (2014), ovvero un’articolazione, insieme alla TASI, della componente servizi della nuova Imposta unica comunale – IUC. Il recente DM 20 aprile 2017 ha infine stabilito i criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico nel caso di applicazione della tariffa. Il tema della tariffa dei servizi di raccolta rifiuti ed igiene urbana è poi intimamente legato al concetto di qualità e relative variabili endogene ed esogene al servizio richiamate nel paragrafo precedente, che fanno sì che allo stato attuale sia molto complesso, nonostante i diversi tentativi effettuati da diversi portatori di interesse (associazioni di categoria degli operatori e/o dei Comuni e ancora mondo accademico) di definire dei “costi standard” universalmente accettati. In questo quadro sono attribuite all’Autorità le seguenti funzioni di regolazione e controllo, in particolare in materia di: • predisposizione ed aggiornamento del metodo tariffario per la determinazione dei corrispettivi del servizio integrato dei rifiuti e dei singoli servizi che costituiscono attività di gestione, a copertura dei costi di esercizio e di investimento, compresa la remunerazione dei capitali, sulla base della valutazione dei costi efficienti e del principio “chi inquina paga”; • fissazione dei criteri per la definizione delle tariffe di accesso agli impianti di trattamento; • approvazione delle tariffe definite, ai sensi della legislazione vigente, dall’ente di governo dell’ambito territoriale ottimale per il servizio integrato e dai gestori degli impianti di trattamento. Sulla strutturazione della tariffa sono possibili molte soluzioni diverse, che potrebbero svilupparsi nel corso del tempo partendo da modelli più semplici per poi arrivare a modelli più strutturati: dalla modulazione predeterminata o vincolata, ai sistemi di perequazione a livello di ambito, fino a sistemi di perequazione più estesi. Certamente una tariffa sui servizi di raccolta differenziata non potrà, almeno in quota parte, non essere connessa alle quantità conferite (in ossequio al principio “chi inquina paga” precedentemente richiamato), imponendo quindi norme in materia di misura delle quantità, che potrebbero riguardare la frazione secca oggetto di ritiro,


Fonte: Utilitalia

PRINCIPALI CARATTERISTICHE DELLA REGOLAZIONE NEL SISTEMA RIFIUTI E SUE PROBABILI TEMPISTICHE

altre frazioni oggetto di ritiro e conferimenti volontari degli utenti (ad esempio presso le isole ecologiche comunali o contenitori dotati di sistemi di riconoscimento dell’utente e di misura delle quantità conferite). Anche sulle attività di calcolo, fatturazione e rendicontazione l’impatto dell’Autorità potrebbe essere rilevante imponendo standard formali, destinati a incrementarsi (da norma di trasparenza fino a Bolletta 2.0) e algoritmi di calcolo dettagliati fino alla specificazione delle regole di arrotondamento intermedio, con diverse implicazioni sul rispetto di standard di qualità inerenti la fatturazione, rischio commerciale e gestione del credito, procedure di rettifica di fatturazione, ecc.

LA SEPARAZIONE CONTABILE (UNBUNDLING)

Le norme di separazione contabile costituiscono un cardine della regolazione a livello europeo e nazionale ed esistono diversi regimi di separazione contabile (ordinario, semplificato, consolidato, etc.). Per tutti i settori regolati da ARERA le norme di separazione contabile sono disciplinate dal Testo Integrato di Unbundling Contabile (TIUC). Il flusso informativo certo cui fa riferimento il TIUC si sostanzia nei cosiddetti Conti Annuali Separati (CAS), composti da prospetti economici (dettagli del conto economico), prospetti patrimoniali (dettagli dello stato patrimoniale), prospetti riepilogativi della movimentazione delle immobilizzazioni materiali e immateriali, nota di commento e grandezze fisiche e monetarie sottostanti i

conti annuali separati. I CAS sono sottoposti a revisione contabile da parte dello stesso soggetto cui è demandato il controllo contabile della società e sono trasmessi all’ARERA entro 90 giorni dall’approvazione del bilancio di esercizio. I conti annuali in questione sono denominati “separati” in quanto in estrema sintesi costituiscono la separazione del conto economico e dello stato patrimoniale per “attività” e per “comparti”, dove la stessa ARERA definisce: • l’attività come una fase operativa che può essere gestita come un’impresa separata; • il comparto, che costituisce un sottoinsieme di un’attività, come un’unità logico-organizzativa che individua un’aggregazione di valori economici e patrimoniali per destinazione più analitica rispetto alle attività. Il punto chiave affinché avvenga l’estensione dell’applicazione del TIUC al settore rifiuti riguarda la definizione delle attività (e dei comparti) del settore rifiuti: si tratta di un passaggio delicatissimo, perché l’attività non va vista soltanto come una mera destinazione contabile, ma come un centro di costo corrispondente ad una struttura organizzativa definita che utilizza risorse identificate per svolgere una determinata “fase operativa”. Un’articolazione delle attività che non fosse suscettibile di riflettersi nel modello organizzativo contabile metterebbe in seria difficoltà le imprese del settore rifiuti, che sono quindi chiamate a partecipare attivamente alla consultazione per scongiurare questa eventualità.

La regolazione operata da ARERA presenta alcune caratteristiche da tenere ben presenti, tra le quali: • ha una portata ampia e pertanto un impatto rilevante sugli operatori, perché ha la finalità di realizzare una riforma incisiva che persegue obiettivi alti e sfidanti; • è estremamente pervasiva, nel senso che incide profondamente sul modello societario, sul sistema di gestione, sul modello organizzativo, sulla gestione contabile, sui processi, sui sistemi informativi e su altri ambiti; • chiama le imprese ad una duplice sfida, imponendo tanto obiettivi di efficacia (per esempio sul fronte della qualità commerciale e tecnica) che di efficienza (attraverso la leva tariffaria); • la sfida diventa triplice perché prevede obblighi di registrazione capillare e di comunicazione di dati per finalità di regolazione e di controllo, chiamando le imprese ad un salto di qualità notevole in termini di sistemi organizzativi ed informativi. Il tempo concesso all’operatore “consapevole” per recepire la nuova normativa potrebbe essere molto poco, dato che ARERA con ogni probabilità si appresta ad “esportare” rapidamente nel settore rifiuti i modelli di regolazione già lungamente e gradualmente messi a punto in altri settori. Così ha fatto nel settore idrico, dove per esempio uno dei provvedimenti in assoluto più rilevanti – quello inerente la regolazione della qualità tecnica, di portata tale da costituire una vigorosa spinta all’aggregazione non potendo essere fronteggiato da operatori minori – è entrato in vigore 4 giorni dopo la sua approvazione, a valle di una consultazione formalmente durata appena 10 mesi e con un intervallo di soltanto 3 mesi dal momento in cui ARERA ha pubblicato i primi orientamenti fino a quando ha adottato il provvedimento finale. La figura che segue rappresenta in modo estremamente semplificato la durata dei primi cicli di regolazione nel settore energia, nel settore idrico e – del tutto ipoteticamente – nel settore rifiuti. * ARS ambiente s.r.l. e Università Cattaneo - LIUC **UTILITEAM s.r.l.

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PR O GRE SS

DEMOLIRE AD AMATRICE LE PARTICOLARITÀ DI UN INTERVENTO DI DEMOLIZIONE NELLE AREE COLPITE DAL SISMA di Bruno Vanzi

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’impresa milanese DAF facente parte del Gruppo Donzelli sta operando da ormai 4 mesi alla demolizione e trasporto rifiuti nel comune di Amatrice a seguito del sisma del 24 Agosto 2016. L’accordo quadro bandito dalla Regione Lazio e vinto in raggruppamento con l’impresa Garc comprende attività separazione dei rifiuti, caricamento, trasporto, recupero e smaltimento delle macerie e la demolizione degli edifici pericolanti per un totale di 500.000 mc vuoto per pieno e 370.000 tonnellate di macerie Abbiamo intervistato il geom. Massimiliano Donzelli, Direttore tecnico dell’impresa DAF, direttamente impegnato nella gestione di questo cantiere. Cosa vuol dire lavorare in un’area colpita dal sisma? Demolire un intero paese case, strade, edifici di servizi evacuati in fretta

e furia, abbandonati non per scelta ma per l’impossibilità di poterci rientrare fa un effetto molto diverso rispetto al cantiere tradizionale di demolizione di un’area o di un fabbricato dismesso. Non stiamo demolendo strutture in cemento armato o mattoni ma case di famiglie, sogni e speranze di vita che ora non ci sono più. Durante i lavori ci siamo trovati a dover conciliare le esigenze lavorative di produttività con tutte le necessità legate alla tragedia del terremoto che in un attimo ha spazzato via o reso inservibili le case di intere comunità. Una di queste attività era la messa in sicurezza delle abitazioni da eseguire nei fabbricati prima di iniziare le demolizioni per consentire almeno il recupero dei beni personali dei proprietari. Questo è stato sempre fatto con enorme piacere perché solo restando a contatto con le persone di Amatrice

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si può capire quanto sia importante per gli abitanti poter rientrare nelle loro abitazioni per recuperare almeno qualche valore affettivo, qualche ricordo che altrimenti andrebbe perduto per sempre durante i lavori. Quello che ci ha appagato veramente è la riconoscenza di queste persone

Geom. Massimiliano Donzelli, Direttore tecnico dell’impresa DAF

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che grazie al nostro aiuto sono rientrate in possesso di qualche pezzo delle loro vita. Ci puoi spiegare in cosa consistono i lavori che state eseguendo ad Amatrice? Le demolizioni in sé non sono complesse, trattandosi di edifici ordinari, piccole palazzine e fabbricati civili, tuttavia le condizioni di lavoro rispetto ad un’attività tradizionale sono diverse, le operazioni di strip out sono ridotte al minimo o impossibili a seconda della tipologia di fabbricato e

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del grado di danno inflitto dal sisma, quindi la separazione dei rifiuti viene eseguita con il braccio dell’escavatore durante la demolizione o in cumulo a terra. Lavorare inoltre su strutture lesionate da un sisma impone di utilizzare diverse cautele operative durante i lavori per evitare crolli incontrollati che dipendono, a seconda dei casi, dalla tipologia e dal numero di lesioni presenti. In ogni caso DAF per garantire sempre massime condizioni di sicurezza ha fatto largo impiego di mezzi radiocomandati a control-

lo remoto durante i lavori, in particolare un escavatore Volvo EC140 e EC220. Grazie a queste macchine, che abbiamo già utilizzato in diversi cantieri di demolizione civile e industriale, siamo riusciti a conciliare le condizioni operative e gli esigui spazi a disposizione con la sicurezza per i nostri operatori che potevano così manovrare sempre a distanza di sicurezza da tutte le strutture pericolanti. Anche dal punto di vista ambientale, nonostante le particolarità del cantiere, abbiamo cercato di operare sempre massimizzando il recupero; tutti i rifiuti sono stati separati e smaltiti per classi omogenee e le macerie prodotte dalle demolizioni sono state trattate con impianto semovente autorizzato di nostra proprietà e trasformate in materia prima riutilizzabile. Quali sono le carte vincenti per operare in un cantiere come quello di Amatrice? Se posso sintetizzare con tre parole, organizzazione, sicurezza e produttività che sono la base per tutti i nostri cantieri. Noi siamo ad Amatrice da 4 mesi e ad oggi abbiamo demolito circa 50.000 mc vpp di fabbricati; i lavori che ci aspettano sono ancora lunghi ma siamo perfettamente nei tempi. L’organizzazione delle risorse e dei mezzi è molto importante in primo luogo perché i nostri lavori sono propedeutici alla ricostruzione di queste aree, dobbiamo ridurre le tempistiche legate ai lavori di demolizione e lasciare il prima possibile le aree pronte per la ricostruzione. Infine vorrei aggiungere altri due aspetti fondamentali che sono direttamente collegati a questo cantiere: umanità e rispetto, valori che si acquisiscono solo restando a contatto con persone che in pochi secondi hanno perso tutto e hanno avuto la forza di rialzarsi e ricominciare. Poter in qualche modo contribuire a questo percorso seppur difficile di rinascita e ricostruzione, cancellando definitivamente i segni di questa tragedia, mi riempie di orgoglio.


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L’IMPIANTO INTEGRATO DI FOLIGNO QUALITÀ E TECNOLOGIA PER L’IMPIANTO CHE CHIUDE IL CERCHIO DEL RIFIUTO ORGANICO NELLA REGIONE UMBRIA di Laura Veneri

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stato da poco inaugurato l’impianto Foligno Biometano, deputato alla produzione di biometano e compost di qualità. Il nuovo impianto permette una migliore gestione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU), garantendo vantaggi ambientali e risparmi economici per il territorio. Abbiamo intervistato il team di Cesaro Mac Import Srl che si è occupato della progettazione e realizzazione. Uno degli ultimi impianti realizzati da Cesaro Mac Import è quello di Foligno Biometano. Quando è stato inaugurato e quali sono i partner con cui avete lavorato? Cesaro Mac Import ha ottenuto l’incarico per la realizzazione dell’impianto di Foligno dalla società Piemontese Asja spa, promotore dell’iniziativa attraverso un Project Financing, che ha indetto una procedura di selezione alla quale Cesaro Mac Import ha partecipato con un progetto innovativo, forte della sua esperienza nella realizzazione degli impianti integrati e nella fornitura dei macchinari necessari. L’impianto è stato inaugurato secondo programma il 31 maggio 2018 dopo 9 mesi di lavorazione. Partner e fornitori di eccellenza anche in questo impianto sono Hitachi Zosen Inova per i digestori e Doppstadt per i macchinari per il trattamento del rifiuto. Inoltre nella fase di pretrattamento è stata inserita una Tiger Depack HS 10 UNIT macchinario brevettato da Cesaro Mac Import per la pulizia dei sovvalli. È un impianto che si integra nel territorio? Come tutti gli impianti realizzati fino ad oggi da Cesaro Mac Import anche l’impianto di Foligno è stato progettato e realizzato per integrarsi nel territorio e per diventarne un elemento sinergico. L’im-

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Sezione di pretrattamento rifiuto organico da raccolta differenziata

pianto è inserito in un ambiente naturale da un certo punto di vista simile a quello di Faedo - TN, nel senso che anche in questo caso è circondato da culture agricole e da un ambiente naturale votato al turismo.In un territorio del genere un impianto con queste caratteristiche ha una valenza doppia, da un lato quella per cui è nato, cioè risolvere il problema annoso della gestione del rifiuto organico sul territorio in maniera efficiente ed efficace, e dall’altra di ritorno di visibilità dello stesso come struttura che si integra perfettamente nel territorio circostante e che ne diventa un elemento di eccellenza. I territori ad alta vocazione turistica e agricolo/ambientale sono attenti ad integrare sempre di più i due aspetti: riuscire a rendere un impianto di grandi dimensioni parte integrante di un territorio, accettato e apprezzato dalla popolazione residente e invisibile per la popolazione turistica. Quale quantità di rifiuto è in grado di trattare? È stato pensato per rendere la Regione Umbria autosufficiente? L’impianto è stato autorizzato a trattare 40.000 tonnellate anno di rifiuto organico

e 13.500 tonnellate di rifiuto verde. I rifiuti avranno provenienza territoriale attraverso il sistema di gestione dei rifiuti differenziati. Il rifiuto raccolto sul territorio verrà conferito giornalmente all’impianto rendendo il territorio di Foligno e dell’Umbria autonomo per quanto riguarda la gestione dei rifiuti organici. Riducendo così per i comuni i costi di trasporto ad impianti distanti potendo garantire un’efficiente rimozione del rifiuto organico che è quello che più ha caratteristiche impattanti sulla popolazione. Come si compone l’impianto? L’impianto integra due processi distinti di trattamento integrandoli: una prima fase di digestione anaerobica con tecnologia a secco e una seconda fase di compostaggio. L’impianto è composto da diverse aree che rappresentano le diverse fasi del processo. La prima area è il pretrattamento: in questa fase il rifiuto raccolto nell’area di Foligno viene conferito all’impianto all’interno di una fossa. Qui la criticità della gestione degli odori del rifiuto organico viene abbattuta attraverso un sistema di porte a chiusura ermetica e un sistema forzato di


filtraggio dell’aria. In questa fase il rifiuto organico e quello verde vengono triturati e vagliati per rimuovere le impurità (principalmente plastiche). In quest’area sono stati inseriti macchinari Doppstadt e una Tiger Depack HS10 UNIT. La gestione dell’area di pretrattamento è totalmente automatizzata e controllata da remoto attraverso un sistema software di gestione e controllo. La seconda fase è quella di digestione anaerobica in cui il materiale triturato e vagliato viene avviato a due digestori anaerobici ognuno dalla capacità di 20.000 t/a. Il materiale resta all’interno dei digestori circa 21 giorni. Durante il processo anaerobico vengono prodotti circa 6.000.000 Nmc/a di biogas che successivamente verranno trasformati in energia elettrica tramite un motore e in biometano grazie alla stazione di upgrading. Al termine del processo anaerobico di trattamento del rifiuto organico il digestato in uscita dai digestori viene inserito nel secondo processo aerobico nel quale il materiale viene miscelato con del materiale verde triturato al fine di strutturarlo e permetterne il compostaggio. Il materiale miscelato composto da digestato, rifiuto verde triturato e sovvalli di ricircolo viene introdotto nelle celle di compostaggio Il Girasole. Tali celle vengono riempite del materiale miscelato e chiuse per 14 giorni durante i quali il processo di compostaggio avviene in un’area a temperatura e umidità controllata grazie alle aie areate e all’innaffiamento. Al termine del processo di compostaggio il materiale viene estratto dai tunnel e avviato alla fase finale in aia di maturazione. In questa fase del processo il materiale compostato

Tiger Depack HS10 per la pulizia finale dei sovvalli

viene ulteriormente vagliato e posizionato in aie di maturazione. Al termine della maturazione che dura all’incirca 45 giorni il compost dopo le analisi finali è pronto per essere sparso nei campi come stabilizzante e fertilizzante. Il ciclo da rifiuto organico a compost di qualità e biometano dura 80 giorni. Riguardo alla linea di produzione del compost, possiamo descrivere quali macchine sono utilizzate e a quali trattamenti è sottoposto il rifiuto? Per prima cosa l’obiettivo finale è non avere più un rifiuto ma un prodotto. Infatti il sistema attuato per trattare il rifiuto organico consente di ottenere un composto privo di materie plastiche ed elementi che lo farebbero ricadere nella tipologia di rifiuto, al contrario il compost ottenuto dai sistemi integrati Cesaro Mac import è un importante prodotto per l’agricoltura con caratteristiche di fertilizzante e di stabilizzante. Utilizzato già con efficacia

Sezione di digestione anaerobica a secco

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nelle campagne trentine dove è entrato a far parte delle buone pratiche agricole dei coltivatori sia nella gestione dei vigneti che dei frutteti. Il compost ottenuto a Foligno sarà un prodotto di qualità con caratteristiche di grande valore per il comparto agricolo circostante. I macchinari utilizzati per la produzione del compost successivamente alla fase di digestione anaerobica sono: un miscelatore Doppstadt DM 215 E, tramogge Doppstadt, Vaglio Doppstadt SM 518 F, 8 biocelle Il Girasole, sistema di biofiltrazione con scrubber. La sezione che si occupa della produzione del biometano è il fiore all’occhiello di questo impianto. Ce ne può parlare? Nell’ottica di completare il processo di valorizzazione del rifiuto i due sistemi di digestione anaerobica e compostaggio vengono integrati con il processo di upgrading che consente di trasformare il biogas ottenuto nel processo di digestione anaerobica in biometano cioè un combustibile utilizzabile direttamente per la trazione degli autoveicoli. Tale processo è un tassello fondamentale che consente di chiudere il trattamento ottenendo 2 prodotti fondamentali il compost e il biometano. Un esempio perfetto di economia circolare che punta a risolvere una problematica importante come la gestione dei rifiuti organici prodotti da un territorio all’interno del territorio stesso senza la necessità di costosi trasferimenti. Quali sono le destinazioni del biometano prodotto? Il biometano ottenuto sarà utilizzato per la trazione diretta degli autoveicoli.

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L’ANALISI DEI PROCESSI BIOLOGICI DI RISANAMENTO DI ACQUIFERI CONTAMINATI STRUMENTI INNOVATIVI PER LA VALUTAZIONE E LA QUANTIFICAZIONE DEI PROCESSI DI BIODEGRADAZIONE A SUPPORTO DELLA PROGETTAZIONE E DELL’ESECUZIONE DI INTERVENTI DI BONIFICA di Claudio Sandrone e Andrea Campi*

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a degradazione biologica è oggi parte integrante della maggior parte delle strategie di intervento per il risanamento di siti contaminati, anche quando la tecnica di bonifica individuata non è la bioremediation propriamente detta. Ad esempio, la Monitored Natural Attenuation (MNA) è spesso impiegata a valle di trattamenti come l’ossidazione o la riduzione chimica in situ. Quindi, anche nei casi in cui la bioremediation non risulta essere la tecnica di trattamento prescelta, l’interpretazione dei fenomeni microbiologici si rivela molto spesso un aspetto di cruciale importanza nel processo di risanamento di un sito contaminato. Microbial Insights, Inc. è una società americana di biotecnologia ambientale (rappresentata in Italia da BAW s.r.l.) specializzata nello sviluppo e nell’applicazione di strumenti biologici molecolari all’avanguardia che permettono di quantificare le comunità batteriche e di valutare i processi biologici che avvengono in un sito contaminato; lo scopo principale di questi strumenti è ricavare dati utilizzabili per effettuare una valutazione più approfondita del sito ed ottenere una conoscenza più dettagliata di tali processi. Tra i principali strumenti di indagine utilizzabili si individuano il QuantArray®, il Compound Specific Isotope Analysis (CSIA)® e i campionatori Bio-Trap® per l’esecuzione di studi di microcosmo in situ. In particolare, il QuantArray® consente di verificare e quantificare la presenza di fenomeni di degradazione biologica dei contaminanti in sito; permette inoltre di valutare la necessità di inoculare microorganismi non presenti nel suolo o di stimolare la crescita microbica attraverso l’aggiunta di nutrienti o accettori/ donatori di elettroni, allo scopo di favorire i fenomeni biologici di degradazione. Lo strumento QuantArray® - Chlorinated consente con una singola analisi di quantificare simultaneamente i microorganismi responsabili della declorazione riduttiva, del cometabolismo aerobico e dei processi concorrenti; allo stesso modo QuantArray® - Petroleum rileva la presenza e la quantità di batteri operanti la biodegradazione aerobica e anaerobica degli idrocarburi del petrolio. Il Compound Specific Isotope Analysis (CSIA)® è un metodo analitico che misura il rapporto tra isotopi stabili di un contaminante. Questa misura, effettuata spesso in riferimento al rapporto 13 C/12C, può fornire una prova certa della capacità di degradazione di una sostanza contaminante ad opera dei batteri presenti

Figura 1. Concentrazioni batteriche prima (blu) e dopo (rosso) una singola iniezione di un donatore di elettroni in un sito contaminato da solventi clorurati; i microorganismi che operano la dealogenazione dei contaminanti (DHC, DHBt, DSM, ecc.) sono significativamente aumentati dopo l’iniezione. Il tratteggio in figura evidenzia la concentrazione batterica che permette una sufficiente degradazione dei contaminanti clorurati.

nell’acquifero. In molti composti, tra cui i solventi clorurati, il rapporto tra isotopi stabili varia infatti in modo prevedibile nel tempo. Tale evidenza è spiegata dal fatto che i legami formati dagli atomi di carbonio 12 sono leggermente più deboli rispetto a quelli formati dagli atomi di carbonio 13, perciò, con l’avanzare del tempo i composti che stanno subendo una degradazione si arricchiranno percentualmente dell’isotopo del carbonio più pesante, vedendo aumentare il proprio rapporto 13C/12C. Al contrario, i sottoprodotti che verranno a formarsi dai processi di degradazione avranno un rapporto 13C/12C molto basso, che aumenterà nel tempo qualora essi fossero oggetto di ulteriore degradazione. Quindi, se il QuantArray® dimostra la presenza di comunità batteriche in grado di degradare i composti di interesse, il CSIA® mostra come la degradazione dei contaminanti stia effettivamente avvenendo. Un tool interessante da utilizzare in sito per monitorare i processi di bio-degradazione è costituito dai campionatori denominati BioTrap®. Si tratta di strumenti di campionamento passivi costituiti da una matrice composta da granuli di piccole dimensioni (2-3 mm) realizzati in un materiale composito di Nomex® (25%) e di carbone attivo in polvere (75%) posti in un contenitore plastico

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fessurato. Il campionatore, una volta condizionato con i contaminanti di interesse, viene collocato in un pozzo di monitoraggio, sospeso in acqua nella porzione fenestrata del piezometro. La matrice di cui è composto viene colonizzata ben presto dai microorganismi presenti in falda, diventando di fatto un microcosmo in situ caratterizzato da un’elevata superficie specifica (~600 m2/g). Dopo circa 30 - 60 giorni dal posizionamento, il campionatore passivo può essere recuperato e, attraverso analisi genetiche, è possibile analizzare le comunità microbiche che vi si sono instaurate e valutare, attraverso l’analisi CSIA, se esse sono in grado di degradare i contaminanti di interesse. I punti cardine della tecnologia sono sicuramente la sua praticità, il costo contenuto e l’adattabilità a differenti casi di studio. Infatti, i campionatori Bio-Trap® sono disponibili in una varietà di configurazioni diverse per rispondere a esigenze di progetto sito-specifiche. I campionatori più comuni vengono definiti Standard Bio-Trap® e costituiscono semplici alternative agli approcci convenzionali per la raccolta di campioni di acqua di falda per analisi micro-biologiche. La maggior parte dei microorganismi infatti preferisce stare adesa ad una superficie, piuttosto che dispersa in acqua: le Standard Bio-Trap® forniscono un’elevata superficie specifica adatta ad essere presto colonizzata dai microorganismi. Si è dimostrato che

Figura 2. Rappresentazione di un campionatore passivo Bio-Trap® e della matrice di campionamento di cui è composto (Fonte: Microbial Insight, Inc.)

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Figura 3. Posizionamento di un campionatore Bio-Trap® in un piezometro di monitoraggio. Il dispositivo viene collocato in posizione sospesa e rimane tipicamente in posto per 30 – 60 giorni (Fonte: Microbial Insight, Inc.)

i risultati ottenuti con questo approccio consentono di minimizzare la variabilità dei dati ricavati rispetto ai tradizionali metodi di campionamento; inoltre i bio-film che si formano nelle Bio-Traps riflettono le variazioni spaziali e temporali della distribuzione microbica presente nell’acquifero, cosa che non può essere determinata con un’analisi biologica standard dell’acqua di falda. Le Standard Bio-Trap® vengono principalmente utilizzate nelle fasi di caratterizzazione del sito, per ottenere utili indicazioni progettuali, e di monitoraggio in corso d’opera, per valutare l’efficacia del processo di bonifica intrapreso. Attraverso le Standard Bio-Trap® è possibile infatti: • quantificare la presenza di specifici microorganismi in grado di degradare i contaminanti di interesse; • valutare la Monitored Natural Attenuation (MNA) in atto in sito; • confrontare le popolazioni microbiche esistenti in punti di campionamento differenti; • monitorare le variazioni delle comunità microbiche a seguito di interventi di biostimulation. Le Bio-Trap® possono essere anche opportunamente allestite per rispondere a esigenze particolari di studio, quali la valutazione dell’efficacia di trattamenti di bio-stimulation: si tratta delle Specialty Bio-Trap®, condizionate ad hoc con gli ammendanti, previsti dal progettista, prima di essere utilizzate. L’utilizzo di questi campionatori, per la verifica preliminare dell’applicabilità di una bio-stimulation, costituisce di fatto un approccio intermedio fra l’esecuzione di uno studio di microcosmo in laboratorio e un test pilota in campo. Le Bio-Trap® hanno però il

vantaggio di mitigare le principali criticità di questi due approcci: gli studi di microcosmo in laboratorio presentano spesso la problematica di non essere del tutto rappresentativi delle condizioni reali del sito, mentre i test pilota hanno spesso costi elevati. Le Specialty Bio-Trap® sono concepite per creare specifici microcosmi in situ che consentono di: • valutare la Monitored Natural Attenuation (MNA) in atto in sito rispetto ad una bio-stimulation; • confrontare l’efficacia di differenti ammendanti (lattato di sodio, melassa, reagenti commerciali, ecc.); • stimare i tassi relativi di degradazione per uno specifico contaminante in differenti condizioni di bio-stimolazione; • rispondere a domande specifiche come: • è in atto una degradazione del contaminante di interesse nel sito in esame? • l’aggiunta di nitrati/solfati come ammendanti stimolerà la bioremediation? • l’aggiunta di un determinato reagente incrementerà la popolazione di batteri che operano la bioremediation? Questi studi, che potremmo definire di “microcosmo in sito”, possono essere progettati per verificare un ampio spettro di approcci di risanamento, tuttavia, viene spesso utilizzata una configurazione che prevede l’utilizzo di tre unità Bio-Trap® nello stesso piezometro, corrispondenti alle più comuni opzioni di bonifica: 1. Unità MNA. L’unità MNA si configura come un’unità di controllo, non contiene accettori/donatori di elettroni o ammendanti, e permette di verifica-


re la Monitored Natural Attenuation; serve come termine di paragone per le altre unità; 2. Unità BioStimulated. L’unità BioStim contiene specifici donatori/accettori di elettroni o altri ammendanti per verificare l’efficacia della bio-stimulation; 3. Unità BioAugmented. L’unità BioAug viene commercializzata con specifiche colture batteriche e ammendanti per verificare la degradazione biologica che avviene a seguito di un processo di bio-augmentation. Il confronto dei risultati ottenuti consentirà di scegliere la migliore strategia di intervento per il sito in esame. In conclusione, gli strumenti sviluppati da Microbial Insights, Inc. possono costituire un importante supporto decisionale per valutare l’applicabilità e l’efficacia delle tecniche di bonifica che prevedono, anche marginalmente, processi di bio-risanamento. Attraverso una più approfondita conoscenza dei fenomeni biologici in atto nei siti contaminati è possibile migliorare gli interven-

Figura 4. Esempio di studio di microcosmo in campo con l’utilizzo dei campionatori Bio-Trap®. Tre unità di campionatori valutano in modo indipendente l’efficacia della Monitored Natural Attenuation, della biostimulation e della bioaugmentation (Fonte: Microbial Insight, Inc.)

ti di bonifica scegliendo le tecnologie più efficaci e ridurre quindi complessivamente i costi del risanamento. In alcuni casi poi, attraverso questi strumenti, è possibile dimostrare come i fenomeni di attenuazione

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naturale stiano già operando in modo efficace nella rimozione della contaminazione e non vi sia la necessità di intervenire in modo diverso. *BAW s.r.l.

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UN PROGETTO EUROPEO PER LA BONIFICA DEL MAR PICCOLO A TARANTO LIFE4MARPICCOLO: LA TECNOLOGIA DELLA MICROFILTRAZIONE PER LA RIMOZIONE DEI CONTAMINANTI DAI FONDALI E DALLE ACQUE SENZA ALTERARE LE DELICATE COMPONENTI BIOTICHE di Fabio Ibisco

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l Mar Piccolo è un bacino costiero che si estende a Nord della città di Taranto su una superficie di circa 20,7 km2. Nella zona centrale è diviso in due aree (primo e secondo seno) dal promontorio di Punta Penna e da Punta Pizzone. Nell’ambito degli ambienti costieri mediterranei, riveste un’importanza centrale sia dal punto di vista ambientale (è Ambiente Prioritario per la Direttiva Habitat, direttiva europea 92/43/CEE del 21/05/1992) sia economico. Il bacino è, infatti, caratterizzato da comunità di specie animali e vegetali (biocenosi) complesse che determinano un elevato livello di biodiversità, anche per le peculiari caratteristiche idrogeologiche. Proprio grazie a tali peculiarità, all’interno del Mar Piccolo sono presenti diversi impianti di mitilicoltura, nei quali viene allevato, tra le altre specie, anche il mitile mediterraneo (Mytilus galloprovincia). Il bacino è stato interessato dall’intenso processo di industrializzazione della città che ne ha determinato l’inserimento tra le prime quindici aree classificate “ad alto rischio ambientale” (Decreto Ministeriale n° 349 dell’08/07/1998). Successivamente, con il Decreto n. 468 del 18/09/2001, Taranto è stata inserita nel “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”. I maggiori insediamenti industriali che gravitano attorno all’area urbana di Taranto sono rappresentati dal centro siderurgico dell’ILVA (tra i più grandi d’Europa), dalla raffineria dell’ENI e dal cementificio Cementir. Questo intenso processo di industrializzazione ha determinato la produzione massiva di reflui e rifiuti i quali, attraverso inadeguate gestioni pas-

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sate, hanno causato una profonda contaminazione, in particolar modo da IPA, metalli pesanti e PCB, dei fondali e delle acque del Mar Piccolo. Soprattutto i contaminanti organici, presenti a concentrazioni relativamente alte negli strati superficiali dei sedimenti, per effetto di correnti e passaggio d’imbarcazioni, diffondono nelle acque sovrastanti rendendosi biodisponibili per microrganismi planctonici e mitili. Oltre a causare un danno ambientale di elevatissima entità all’intero ecosistema del bacino, l’accumulo di PCB nei prodotti di maricoltura ne rende fuori norma l’allevamento e la successiva commercializzazione, generando un notevole danno economico per le comunità locali, per le quali la maricoltura rappresenta un’importante fonte di reddito. I sedimenti mari-

ni rappresentano un comparto ambientale estremamente complesso, con modalità di formazione, caratteristiche chimico-fisiche, organismi viventi e tipi di contaminazione estremamente variabili. I materiali prodotti dalla degradazione meteorica (sia fisica che chimica), dall’erosione o formatisi direttamente per precipitazione chimica o per fissazione biogena, vengono trasportati dalla forza di gravità, dalle acque, dal vento o dai ghiacci in zone dove avviene la sedimentazione e l’accumulo. Lungo il tragitto tra luogo di provenienza e di deposizione finale si attuano normalmente vari processi, quali variazioni delle modalità di trasporto, della composizione e della tessitura del materiale. Quella dei sedimenti contaminati è una problematica piuttosto recente e, soprattutto nel nostro Paese, ricerche e risorse inve-


stite in tale settore risultano molto limitate. La scarsa attenzione a tale problematica è dovuta in gran parte all’assenza di una normativa ad hoc in materia. Infatti, contrariamente a quanto si è verificato in altri Paesi (quali Stati Uniti, Olanda e Germania), in Italia non è stata ancora emanata una legge che regolamenti organicamente il problema dei sedimenti; a tutt’oggi confrontarsi con il problema sedimenti si riduce al dragaggio e al conferimento in discarica controllata del materiale proveniente da aree portuali. Le aree del Mar Piccolo, soprattutto quelle limitrofe ai cantieri navali della base della marina militare, presentano elevate concentrazioni di mercurio e PCB. La qualità delle acque del Mar Piccolo, dal punto di vista microbiologico, è notevolmente migliorata in questi anni: molti degli scarichi urbani che venivano immessi nel bacino senza depurazione sono stati, infatti, avviati ad impianti di trattamento che ne hanno migliorato notevolmente la qualità. Al contrario, non si è osservata, nel tempo, un’analoga diminuzione della contaminazione di tipo chimico. La gravità della situazione ambientale del Mar Piccolo è da sempre al centro di interesse dei vari organi politici. Al fine di assicurare l’attuazione degli interventi previsti dal Protocollo d’Intesa del 26 luglio 2012, il Decreto Legge 129/2012, convertito senza modifiche con la legge n. 171/2012, ha disposto la nomina di un Commissario Straordinario con l’obiettivo di fronteggiare e superare le gravi situazioni di criticità ambientale e sanitaria accertate in relazione al sito di Taranto. Tra le modalità di bonifica attuabili per i sedimenti del Mar Piccolo, il dragaggio e il capping dei fondali sono le metodologie sul-

le quali le autorità si sono soffermate maggiormente. Tuttavia, entrambi gli approcci presentano aspetti positivi e negativi, ma in sostanza appaiono essere interventi troppo invasivi per il delicato equilibrio ecologico del Mar Piccolo. In questo contesto si inserisce il progetto Life4MarPiccolo (www.lifemarpiccolo.it) che propone un approccio metodologico alternativo alle tradizionali tecniche d’intervento e bonifica, basato sulla progettazione e messa in opera di un impianto pilota di depurazione che sfrutta la tecnologia della microfiltrazione. Questa da un lato garantirebbe un’elevata efficacia nella rimozione dei contaminanti sia dai fondali che dalle acque, dall’altro andrebbe ad agire in maniera non invasiva, senza alterare le delicate componenti biotiche che rendono l’ambiente naturale del bacino del Mar Piccolo, unico nel suo genere. Il progetto Life4MarPiccolo è cofinanziato dal Programma Life della Commissione Europea e realizzato sotto il coordinamento del Centro Ricerche ENEA Trisaia. Gli altri partner che collaborano al progetto Life4MarPiccolo sono: • Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche CNR IAMC - UOS di Taranto; • Comune di Taranto; • Genelab srl; • Nova Consulting srl.

OBIETTIVI

L’obiettivo generale del progetto Life4MarPiccolo è la riqualificazione ambientale del Mar Piccolo di Taranto, attraverso un’azione diretta di bonifica di porzioni discrete contaminate dei fondali e delle acque, mediante

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la progettazione e messa in opera di un impianto pilota di depurazione. Le acque e i fondali di questo bacino costiero risultano, infatti, gravemente contaminate da metalli pesanti, Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) e PoliCloroBifenili (PCB). Oltre a rappresentare un elemento di grave disturbo per il delicato equilibrio del bacino, l’inquinamento ha reso problematiche anche le attività di maricoltura, con notevoli danni a questo settore economico d’importanza nazionale. Nello specifico, gli obiettivi specifici possono essere così sintetizzati: • bonificare una porzione discreta del bacino (circa 3.000 mq) utilizzando un impianto pilota di depurazione basato sulla microfiltrazione a membrana e in grado di salvaguardare l’ecosistema presente. Tale approccio permetterà di abbattere significativamente la contaminazione da PCB, IPA e metalli pesanti dai fondali, e conseguentemente dalla colonna d’acqua, raggiungendo concentrazioni entro i limiti imposti dalle attuali norme nazionali e comunitarie. Per rendere l’impianto di depurazione ecocompatibile, verrà installato anche un impianto fotovoltaico in grado di produrre l’energia necessaria a garantirne l’auto-sostentamento; • fornire agli enti preposti validi strumenti per la gestione ecosostenibile delle aree marine. A tal fine verrà elaborato un protocollo d’intervento per il risanamento ambientale di siti marini costieri italiani ed europei (lagune interne, zone portuali, ecc.) con problematiche di inquinamento analoghe a quelle del Mar Piccolo di Taranto. L’elaborazione di questo protocollo prevede anche la realizzazione di un kit diagnostico multideterminativo per la valutazione della qualità delle acque marine.

L’IMPIANTO PILOTA

L’impianto pilota di depurazione si basa su un sistema SRU (Silt Removal Unit) costituito da un’unità mobile di risospensione e di captazione del sedimento e da un’unità fissa formata da un sistema di filtrazione di tipo MBR (Membrane Bio-Reactor). Per MBR si intende la combinazione di un processo a membrana di microfiltrazione o ultrafiltrazione con un bioreattore “a crescita sospesa”, in cui è possibile accumulare il sedimento.

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Rispetto ai sistemi tradizionali di filtrazione, la tecnologia MBR presenta numerosi vantaggi: piccolo ingombro, rimozione completa dall’effluente dei solidi sospesi, possibilità di operare ad elevate concentrazioni di biomassa, riutilizzo dell’effluente senza ulteriori trattamenti. Grazie ad un rapido sviluppo tecnologico, la tecnologia MBR è divenuta una strategia molto utilizzata per il

dei fanghi attivi nei sistemi di depurazione tradizionali, è la prima volta al mondo che questo approccio basato sulla microfiltrazione o sull’ultrafiltrazione tangenziale viene impiegato per il trattamento di acque marine contaminate da materiale nocivo in sospensione. La rimozione dei contaminanti verrà realizzata attraverso un prototipo che prevede:

trattamento ed il riutilizzo delle acque reflue urbane ed industriali, con impianti capaci di processare fino a 48 milioni di litri al giorno. Inoltre, semplici processi fisici consentono a questi impianti di mantenersi in efficienza a lungo e con bassissimi assorbimenti energetici. Sebbene la microfiltrazione venga solitamente impiegata per la concentrazione

la risospensione controllata del sedimento contaminato, la sua captazione selettiva ed infine il trattamento tramite filtrazione con sistema MBR. In questo modo sarà possibile effettuare una rimozione selettiva della frazione organica più fine del sedimento (la parte che rimane in sospensione più a lungo), evitando di agire sugli strati più profondi

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del fondale. Così facendo l’opera di depurazione risulta essere efficace perché agisce sulle porzioni più contaminate del sedimento e al tempo stesso a basso impatto sulle complesse biocenosi che popolano il benthos (a differenza di interventi altamente invasivi quali dragaggio o capping). In questo modo infatti si pratica una bonifica basata sulla eliminazione selettiva di contaminanti sospesi in acqua o adsorbiti su particelle solide sospese. Tale metodologia consente quindi di mantenere le peculiari caratteristiche di un ambiente annoverato dall’Unione Europea tra i siti di interesse comunitario (SIC) per via del suo particolare ecosistema, ai sensi della Direttiva Habitat 92/43/CEE Allegato I e II. L’impianto MBR produrrà una frazione di scarto, in cui si accumuleranno gli inquinanti aventi dimensioni molecolari maggiori della porosità delle membrane. Una parte di tale concentrato verrà sottoposta ad un processo di risanamento biologico operato da microrganismi fungini (mycoremediation). Il trattamento biologico dei rifiuti generati dall’attività di depurazione rappresenta un ulteriore carattere di innovazione del processo, in quanto si propone di valutare una gestione alternativa dei rifiuti contaminati che sia ecocompatibile, sostenibile ed economica. L’impianto, progettato da Genelab, è costituito da un’unità mobile di risospensione e captazione che opera sul fondo del mare, in un’area delimitata di circa 3.000 m2 nei pressi della riva. Un getto d’acqua a circa 1 m dal fondo sabbioso, crea una giusta turbolenza per risospendere il sedimento marino contaminato. Avvenuta la risospensione si attende il tempo necessario alla sedimentazione della parte più pesante e, successivamente, si procede alla captazione dell’acqua torbida con una pompa idraulica aspirante che invia la sospensione nell’impianto di filtrazione a terra. L’utilizzo delle membrane di microfiltrazione è governato da tutte le apparecchiature e controlli necessari per il suo funzionamento (pompe, serbatoio, quadro elettrico, strumentazione, ecc.) e impegna un’area di circa 150 m2, mentre l’alimentazione elettrica è garantita da un impianto fotovoltaico. L’unità di filtrazione a membrana è costituita da speciali tubicini porosi (fibre cave) che trattengono la frazione corpuscolare su cui sono adsorbiti i contaminanti e lasciano passare l’acqua purificata che viene reim-


messa in mare. Quindi, l’impianto restituisce acqua “decontaminata”, mentre la frazione di scarto dove si accumulano residui inquinati di maggiori dimensioni viene avviata a trattamento di “bioremediation” cioè di decontaminazione biologica operata da microrganismi che digeriscono (spaccano) le molecole organiche contaminanti. Questo è un altro elemento innovativo e assolutamente sostenibile del processo perché la depurazione è tutta biologica, non richiede l’impiego di sostanze chimiche, non genera altre sostanze tossiche e al contempo consente di chiudere il ciclo depurativo in maniera definitiva.

UN KIT PER UNA DIAGNOSI RAPIDA E A BASSO COSTO

Un altro aspetto importante del progetto Life4MarPiccolo è legato allo sviluppo di un kit molecolare per la diagnosi rapida e multideterminativa della qualità delle acque. Tale kit potrà essere utilizzato per la determinazione dello stato di salute di acque marine costiere con caratteristiche simili a quelle del Mar Piccolo di Taranto, quali i bacini lacustri mediterranei, che rappresentano un patrimonio di enorme valore sia a livello ambientale che a livello economico. Rispetto ai sistemi tradizionali di controllo qualitativo delle acque, questo kit presenta il vantaggio di fornire dati dettagliati direttamente sulla componente biotica correlata a presenza e tipo di agente inquinante (PCB, IPA, etc.) con una singola analisi rapida,

multi-determinativa e a basso costo. Questo kit verrà realizzato anche sulla base del monitoraggio integrato (chimico-fisico e meta-omico) condotto da personale specializzato del Centro Ricerche ENEA Trisaia e dell’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche IAMC CNR – UOS di Taranto. Si tratta di un monitoraggio con un elevato valore di originalità nel panorama italiano ed europeo. Sulla base di questo kit, sarà inoltre elaborato un protocollo di intervento per il risanamento ambientale, che rappresenta uno strumento essenziale nella gestione ecosostenibile di quelle aree marine costiere che hanno caratteristiche ambientali affini a quelle di Taranto, ossia che si trovano a dover affrontare problematiche legate a sedimenti marini fortemente inquinati.

IL PROBLEMA DEI SEDIMENTI INQUINATI IN ITALIA

Il risanamento di sedimenti contaminati di origine marina è un argomento di notevole importanza e attualità, in relazione agli ingenti volumi da gestire e trattare e alla presenza contemporanea, nella maggior parte dei casi, di inquinanti di diversa origine e natura. La problematica è piuttosto complessa; ad oggi, limitate ricerche e risorse risultano investite in Italia, in tale settore. Ciò è dovuto, in parte, all’assenza di una normativa ad hoc in materia, mai emanata nel nostro Paese, così come è invece avvenuto in altri (Olanda,

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Germania). In Italia, in particolare, il problema dei sedimenti contaminati ha assunto una rilevanza crescente negli ultimi anni, innanzitutto a seguito dell’identificazione dei siti di interesse nazionale da sottoporre ad interventi di risanamento (Legge 9 dicembre 1998, n. 426). La perimetrazione di tali siti ha permesso di stimare quantitativi ingenti di sedimenti che necessitano di interventi: 3.595 ettari nel sito di Porto Marghera, 820 ha nella zona industriale e marina antistante il sito di Napoli Centrale, circa 800 ha nella zona industriale e marina antistante i siti di Gela e Priolo, circa 8,6 km2 di aree marine nel sito di Manfredonia, circa 11.500 ha nel sito di Brindisi, circa 4.000 ha nel sito di Taranto, circa 850 ha nel sito di Piombino, circa 3.500 ha nei siti di Massa e Carrara, 75 km di fascia costiera Caserta-Napoli, un’area marina di circa 1.600 ha nel sito di Pitelli, nonché un tratto del fiume Bormida nel sito di Cengio/Saliceto, circa 4.600 ha di aree interessanti il torrente Marmazza, il fiume Toce, il lago Mergozzo, parte del lago Maggiore e il conoide del torrente Anza nel sito di Pieve Vergonte. In Europa, diverse aree portuali, lagune e fiumi presentano analoghe problematiche ambientali, ad esempio Ria Formosa in Portogallo, Mar Menor in Spagna, Étang de Thau in Francia, Golfo di Gera in Grecia. Si stima che circa il 5% delle aree costiere nei paesi industrializzati presentino sedimenti pericolosi sia per la salute umana che per l’ambiente.

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BONIFICA, RECUPERO AMBIENTALE E SVILUPPO DEL TERRITORIO ESPERIENZE A CONFRONTO SUL FITORIMEDIO AL IV WORKSHOP NAZIONALE DAL 19 AL 20 SETTEMBRE 2018 A REMTECH EXPO di Andrea Sconocchia e Paolo De Angelis*

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e fitotecnologie applicate al campo della bonifica dei siti contaminati incontrano un interesse sempre maggiore fra gli addetti ai lavori, ma anche fra gli amministratori pubblici che devono trovare soluzioni economiche, sostenibili e a basso impatto ambientale. L’impiego delle stesse è oggetto di studio ed applicazione già da molti anni sia negli Stati Uniti, dove dagli anni ’90 è stato impiegato in oltre 200 siti, sia in Europa anche se con applicazioni in situ

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ancora limitate. In Italia tale tecnologia di bonifica non ha raggiunto un livello d’impiego paragonabile a quello di altre tecnologie di bonifica, anche se negli ultimi anni i progetti e i momenti di incontro professionale dedicati a tale tema sono notevolmente aumentati. Gli interventi di bonifica basati sull’impiego di fitotecnologie consistono nell’applicazione di un insieme di tecniche di bonifica alternative o complementari alle tecniche tradizionali di rimozione/contenimento della

contaminazione dalle matrici ambientali. Tale approccio risulta prevalentemente impiegato per la gestione in situ della contaminazione valorizzando le capacità intrinseche di organismi viventi e l’utilizzo dell’energia solare, affidando alla natura il compito di disinquinare la natura stessa. In confronto ai metodi di bonifica tradizionali, i cosiddetti interventi “Phyto”, ove utilizzabili, risultano particolarmente competitivi; infatti a differenza di altre tecniche, in molti casi, consentono di attuare contestualmente bonifica, contenimento e riqualificazione ambientale. Si prestano, con ottimi risultati, sia per raggiungere obiettivi di prevenzione alla diffusione della contaminazione, mediante interruzione parziale o totale dei percorsi espositivi, sia per completare processi di bonifica, con successivo ripristino, e restituzione delle aree a vari usi. Va tuttavia ribadito che pur trattandosi di un approccio apparentemente semplice (coltivare piante) richiede una elevata e rigorosa professionalità sia nella predisposizione e valutazione dei progetti che nelle successive fasi attuative; infatti il coinvolgimento di organismi viventi determina il moltiplicarsi di variabili che rendono


ogni progetto unico e sito specifico. Va inoltre ricordata la natura marcatamente sostenibile degli interventi di fitobonifica nel corso dei quali l’utilizzo di energia, acqua e produzione di gas serra in fase di impianto, manutenzione, raccolta e restituzione dell’area risultano essere compensati dall’azione di bonifica basata sull’assorbimento dell’energia solare, produzione di biomasse, sequestro di CO2 e miglioramento della qualità dell’aria, oltre che dalla minima produzione di scarichi idrici e rifiuti. In diversi contesti, l’impiego di sistemi colturali basati su specie legnose consente la produzione di biomassa che può essere valorizzata, consentendo, in tal modo, di raggiungere gli obiettivi comunitari in materia di economia circolare e di fonti energetiche rinnovabili. In questa ottica l’approccio è quello di identificare sin dall’inizio, un processo che, di base, si propone di offrire contestualmente: un servizio (la gestione di un sito contaminato) ed un prodotto (la biomassa destinata ad un preciso impiego). L’approccio integrato sopra descritto necessita, per la sua definizione, della valutazione di un quadro più esteso rispetto a quello che verrebbe preso in considerazione per la sola gestione del sito contaminato. Sono rilevanti anche gli effetti “collaterali” derivanti da un tale approccio, difatti l’impianto di vegetazione su suolo comporta l’incremento della flora microbica e del contenuto di sostanza organica favorendo l’aumento di fertilità. La copertura vegetale dei suoli controlla intrinsecamente l’erosione, il ruscellamento, l’infiltrazione nelle acque sotterranee e l’emissione di polveri. Infine, va ricordato che l’approccio Pyto può essere anche utilizzato in fase di caratterizzazione per mappare una contaminazione, ovvero in fase di messa in sicurezza come strumento di contenimento ad integrazione di altri sistemi di bonifica. Dal punto di vista normativo, la legislazione italiana e di molti altri stati europei non ha attivato regolamenti specifici per l’approccio fitotecnologico, nel campo delle bonifiche; in alcuni casi, tuttavia, la legislazione nazionale ed europea contiene elementi che possono riguardarne o influenzarne l’applicazione. In Italia la comunità scientifica che si occupa di fitobonifiche (phytoremediation) ha iniziato ad aggregarsi all’incirca alla

fine del primo decennio del 2000. Nel 2008 l’Università degli Studi della Tuscia (attuale DIBAF) e il CNR (IBAF), coordinati da Arpa Umbria, si sono uniti per dar vita al progetto Remida (Remediation energy production & soil management) con lo scopo di offrire alle amministrazioni pubbliche uno strumento innovativo, sostenibile e versatile per la gestione dei siti contaminati e per creare un polo di aggregazione sul tema, organizzando workshop e seminari; ricordiamo in particolare gli incontri del 2011 e del 2013, primi eventi tecnici a livello nazionale sul tema. Qualche anno più tardi Reconnet (la Rete Nazionale sulla gestione e la Bonifica dei Siti Contaminati) ha costituito il gruppo di lavoro “Le fitotecnologie nella bonifica dei siti contaminati” andando a coinvolgere la comunità già presente, e perpetuando la tradizione degli incontri biennali, organizzando un workshop presso ISPRA agli inizi del 2016 e arrivando alla pubblicazione di un primo testo nazionale dedicato alle tecniche di fitorimedio, alla cui realizzazione hanno contribuito aziende, istituti di ricerca, università ed alcune Arpa. A poco più di due anni dall’appuntamento del 2016 viene proposto un nuovo incontro formativo/informativo volto ad aggiornare il quadro delle esperienze progettuali e applicative sviluppate nel campo del fitorimedio nel nostro Paese. L’incontro si svilupperà su due giornate, la prima dedicata alla formazione e la seconda all’aggiornamento, e si terrà all’interno di RemTech Expo i prossimi 19 e 20 settembre 2018. L’incontro ha l’intento

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di favorire l’aggiornamento tecnico e la condivisione delle informazioni su scala nazionale offrendo strumenti di valutazione dell’applicabilità e della qualità degli interventi di bonifica basati sulle fitotecnologie, favorendo un dibattito fra operatori del settore, utile ad individuare nuove strategie di intervento nel territorio, basate sulla valorizzazione e conservazione delle risorse naturali ed esaminando anche le problematiche amministrative/ autorizzative dei procedimenti in materia. L’incontro è suddiviso in due mezze giornate la prima è costituita da un corso indirizzato a tecnici delle pubbliche amministrazioni chiamati a valutare e/o controllare interventi di bonifica basati sull’impiego di fitotecnologie e a professionisti ed esperti che operano nel settore della riqualificazione e salvaguardia ambientale. Il tema affrontato riguarda gli interventi per la riduzione della diffusione degli inquinanti nelle acque superficiali e sub-superficiali, dal modello concettuale ai progetti di fitobonifica. La seconda sessione ha la finalità di illustrare casi applicativi di messa in sicurezza e bonifica o monitoraggio, mediante l’impiego di fitotecnologie; saranno quindi presentati interventi già completamente sviluppati (problematiche, soluzioni individuate, iter autorizzativi, criticità riscontrate e risultati conseguiti) o progetti in fase pilota (problematiche, soluzioni individuate e risultati preliminari). Gli atti del workshop saranno pubblicati, in formato digitale, e resi disponibili sul sito www.recoverweb.it. *Comitato di Indirizzo RemTech

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RICICLARE CON LA DEMOLIZIONE SELETTIVA E IL BIM: IL CASO DELLE TERME DI ROSELLE STUDIO DI DEMOLIZIONE SELETTIVA DI UN EDIFICIO ABBANDONATO A GROSSETO: GLI OBIETTIVI PRESTABILITI PER LA BUONA RIUSCITA DELLA DEMOLIZIONE SELETTIVA SONO IL CONTROLLO TOTALE DEI MATERIALI IN USCITA di Francesca Astengo*

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a demolizione selettiva dell’edificio abbandonato delle Ex Terme di Roselle a Grosseto (GR) ha rappresentato un interessante caso studio per una tesi di laurea magistrale in Ingegneria Edile-Architettura alla scuola Politecnica di Genova presentato nella sessione di Laurea dello scorso ottobre. Cuore della tesi e protagonista di questo articolo, è il progetto di demolizione selettiva delle strutture murarie delle Ex Terme di Roselle, partendo dalla descrizione degli eventi che hanno portato allo sviluppo di questa importante tecnica, arrivando fino alla separazione dei materiali, la controllabilità e tracciabilità di tutti i sottoprodotti di risulta da ogni operazione e una previsione esatta dei quantitativi che si generano. Attuando, quindi, procedure controllate e controllabili, la modellazione BIM (Building Information Modeling) ha rappresentato un ottimo strumento per ricostruire lo stato attuale delle strutture delle Ex terme di Roselle e per gestire il browser di progetto secondo le fasi della demolizione. Conclusione del lavoro, il confronto tra la demolizione selettiva proposta nella tesi e la demolizione “tradizionale” proposta dal

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bando di gara indetto nell’agosto 2017 dal Comune di Grosseto.

L’AUDIT PRE-DEMOLIZIONE

L’area di intervento della demolizione è a Roselle in provincia di Grosseto. Il caso delle Terme di Roselle è divenuto di dominio pubblico in quanto è stato presentato durante il servizio “Terme non Terminate” di Vittorio Brumotti nel celebre programma televisivo Striscia la Notizia. Nel servizio si vede il grande complesso Termale in-

custodito e abbandonato. L’intenzione del sindaco di Roselle è quindi liberare l’area da questi edifici percepiti come “ecomostri”, che rappresentano un disturbo allo skyline in bella mostra da quasi 40 anni. L’edificio doveva ospitare uno stabilimento termale curativo e i servizi annessi ma a causa di un contenzioso economico i lavori non furono mai finiti. Il terreno su cui insiste la struttura è pianeggiante. A patto di bonificare l’area dalla vegetazione infestante e dai rifiuti abusivi


quarto, e interasse 0,9 m per il piano terra.

LA MODELLAZIONE BIM

(tra cui lastre in eternit), il lotto risulta accessibile. A seguito di un sopralluogo, il corpo A dell’edificio, quello di maggiori dimensioni su cui si è focalizzata la tesi, appare in buono stato ma si vedono i segni del tempo, l’incuria e gli attacchi delle intemperie: vi sono numerose infiltrazioni provenienti dalla copertura e dalla mancanza dei serramenti; l’umidità sfoglia l’intonaco, distacca i fondelli in laterizio dei solai e aggredisce le armature; i copriferri, probabilmente sottodimensionati, mancano in numerosi punti a causa della carbonatazione; le fessure a “X” negli aggetti delle aree trattamento sono sintomo di deformazioni. Non vi sono zone inaccessibili all’interno dell’edificio o fatiscenti, ma vi sono zone a rischio caduta. Non sono presenti arredi, impianti, finiture e serramenti, per cui i materiali riscontrati durante il sopralluogo sono cemento, ferri delle armature, laterizi, lana di roccia/vetro, guaina bituminosa, legno dei telai, acciaio degli oblò, tubi flessibili per cavi elettrici in plastica nera e arancione, miscugli di calcinacci. Dalle tavole tecniche, i materiali impiegati sono cemento armato rbk300 e rbk250 con cavi di acciaio feB38k e feB44k e laterizi. Le resistenze medie, ottenute dalle prove in situ e dalle informazioni aggiuntive, sono ridotte per il Fattore di Confidenza FC, come prevede la normativa NTC 2008 cap. C8A.1.B.4. Il solaio era stato dimensionato con un carico variabile di 400 kg/m2, corrispondente a circa 4 kN/m2, riconducibile alla categoria C2 “ambienti suscettibili ad affollamento”

della tabella 3.1.II delle NTC 2008. È necessario calcolare i carichi variabili in base alle scelte operative della demolizione. Si tiene in considerazione il passaggio di mezzi pesanti fino a 30 kN compatibile con il passaggio di due bobcat453 che contemporaneamente raccolgono le macerie, oppure con un mini escavatore con una pinza da demolizione primaria montata. I solai dovranno reggere temporaneamente i cumuli di macerie prodotti (i bobcat provvederanno a raccoglierli e portarli nel vano ascensore affinché vengano smistati al piano terra) ed essendo stato progettato per una portata di 400 kg/m2 = 4 kN/m2, non può sostenere il carico di 11,4 kN/m2 dovuto a un mezzo pesante da 3 t. È necessario provvedere all’allestimento di strutture temporanee ausiliarie per reggere il solaio durante le fasi operative. Si prevede una struttura di sostegno di travi IPE 120 e puntelli di capacità 90 kN con interasse di 1,80 m per i piani dal primo al

Il programma utilizzato è “Revit Autodesk Student Version”, gli elementi dell’edificio vengono ricreati da oggetti parametrici ai quali vengono assegnate caratteristiche alfanumeriche per renderli identici ai reali; ogni oggetto contiene informazioni riguardo la geometria, il materiale costituente con le specifiche tecniche e i vincoli che lo legano alla struttura. Il programma, tra le numerose funzioni, possiede gli algoritmi per calcolare gli “abachi”: delle tabelle funzionali all’identificazione degli elementi tramite la loro posizione, la quantità di volume e la tipologia di materiale secondo la modalità “pieno per pieno”, riducendo il margine di errore che si effettua stimando un edificio “vuoto per pieno”.

CONFRONTO CON IL BANDO DI GARA

Il bando di gara per la demolizione totale delle strutture murarie degli edifici delle Ex Terme di Roselle (sia il corpo A sia il corpo B) ha preferito scelte concettuali e tecniche diverse dalla demolizione selettiva come la separazione dei materiali in 4 categorie (latero-cemento, plastico, ligneo, ferro) e il calcolo del volume “vuoto per pieno”. Le tecniche di demolizione previste sono di tipo meccanico. L’importo complessivo del bando per l’esecuzione dei lavori è (per il solo fabbricato A) pari a 227.201,4 €. Il cronoprogramma presentato tra gli elaborati tecnici del bando prevedeva in totale 18 settimane di lavoro. Le scelte della tesi, invece, riguardano una separazione molto spinta dei materiali, tan-

Modello della struttura delle Ex Terme di Roselle allo stato attuale

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FASE 5 Demolizione P4

FASE 9 Demolizione P2

IL PLANNING DELLA DEMOLIZIONE SELETTIVA: LE FASI Le prime attività da svolgere sono lo sgombero dei paletti, della catena e della recinzione e il ridimensionamento dell’ingresso per renderlo a misura dei mezzi pesanti che dovranno transitare; successivamente bisognerà contemporaneamente raccogliere i detriti abbandonati, bonificare l’area dalla vegetazione infestante e mettere in sicurezza i passaggi. Gli obiettivi prefissati per la buona riuscita della demolizione selettiva riguardano il perfetto controllo dei materiali omogenei in uscita da ogni fase. 0. Stato di fatto: acquisite informazioni dal sopralluogo, l’operazione di modellazione è stata la parte preponderante di tutto lo studio progettuale. Da questa fase vengono estrapolate le quantità in tonnellate dei materiali presenti nella struttura e ad

to da dividere in fasi diverse il calcestruzzo della struttura da quello dei solai mischiato al laterizio. Queste categorie sono computate poi negli abachi di progetto: lana di vetro/roccia, bitume, laterizio, calcestruzzo, latero-cemento, acciaio. Il progetto è stato studiato solo per l’edificio A (ma i concetti sono perfettamente applicabili anche al B) e, grazie alla modellazione BIM è stato effettuato un calcolo “pieno per pieno”. Il totale delle operazioni della demolizione selettiva al netto dei costi di trasporto macerie in centri di recupero e dei costi per la sicurezza, è di 402.326,54 €, il 43,5% in più rispetto al costo della demolizione previsto dal bando.Il vantaggio è indubbiamente ambientale, la selezione dei materiali e il conferimento in centri di recupero eviterebbe a 4248,5 t di macerie di finire in discarica, occupando suolo e inquinando. Il tempo stimato per la demolizione, in questo caso risulta di circa

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ogni materiale suddiviso per categoria omogenea viene assegnato un codice CER. 1. Allestimento del cantiere 2. Strip out e bonifica: prevede lo strip out dell’edificio, la bonifica da materiali potenzialmente pericolosi presenti. 3. Demolizioni preliminari piano copertura: dopo il piazzamento dei puntelli ai piani in questa fase hanno inizio le prime demolizioni per separazioni omogenee a partire dalla rimozione delle pareti murarie del casottino in copertura e conseguentemente dal taglio del solaio situato all’ultimo piano. 4. Operazioni preliminari P4: rimozione dei puntelli al quarto piano e il trasporto del mini escavatore con gru al medesimo piano. 5. Demolizione P4: Questa fase prevede la rimozione meccanica delle pareti in laterizio e dei solai che si trovano al piano soprastante del mini escavatore (i solai vengono demoliti dal basso verso l’alto), il taglio di un solaio e la demolizione dei muri sottostanti per far passare al piano inferiore i mini escavatori. 32 settimane, ossia 224 giorni, circa il 56,2% in più della demolizione proposta dal bando.

CONCLUSIONI

Il primo ostacolo all’applicabilità della demolizione selettiva è il costo che, purtroppo, non riesce a essere compensato dalla “rivendita” del materiale separato selettivamente perché “manca un anello”: il mercato del riciclato. Se esistesse una grande richiesta, ad esempio, di calcestruzzo armato frantumato proveniente da demolizioni il cui acquisto come materia prima seconda fosse finalizzato a renderlo un nuovo calcestruzzo armato strutturale, allora la demolizione selettiva diventerebbe l’unica scelta per le imprese. Ma attualmente il mercato del riciclo è ombreggiato da un alone di diffidenza, sfiducia e disinteresse, non solo dei compratori, ma anche del legislatore: le norme che regolano il mercato del riciclo e


FASE 13 Demolizione PT

FASE 15 Demolizione TOTALE 6. Operazioni preliminari P3: in questa fase vengono rimossi i puntelli del terzo piano, previo sollevamento con gru dei mini escavatori che si trovano al quarto piano. 7. Demolizione P3: questa fase prevede la rimozione meccanica delle pareti in laterizio e dei solai che si trovano al piano soprastante del mini escavatore e il taglio di un solaio e demolizione dei muri sottostanti per far passare al piano inferiore i mini escavatori. 8. Operazioni preliminari P2: in questa fase vengono rimossi i puntelli del secondo piano, previo sollevamento con gru dei mini escavatori che si trovano al terzo piano. 9. Demolizione P2: Questa fase prevede la rimozione meccanica delle pareti in laterizio e dei solai che si trovano al piano soprastante del mini escavatore e il taglio di un solaio e demolizione dei muri sottostanti per far passare i mini escavatori al piano inferiore. 10. Operazioni preliminari P1: In questa fase vengono rimossi i puntelli del primo pia-

no, previo sollevamento con gru dei mini escavatori che si trovano al secondo piano. 11. Demolizione P1: Questa fase prevede la rimozione meccanica delle pareti in laterizio e dei solai che si trovano al piano soprastante del mini escavatore e il taglio di un solaio e demolizione dei muri sottostanti per far passare i mini escavatori al piano inferiore. 12. Operazioni preliminari PT: In questa fase vengono rimossi i puntelli del piano terra, previo sollevamento con gru dei mini escavatori che si trovano al primo piano. 13. Demolizione PT: Questa fase prevede la rimozione meccanica delle pareti in laterizio e dei solai che si trovano al piano soprastante del mini escavatore. 14. Preparazione demolizione completa: in questa fase vengono smontati tutti i ponteggi per dare la possibilità di attuare l’ultima fase della demolizione. 15. Demolizione totale: consiste nella demolizione totale di tutte le strutture in calcestruzzo armato per fasce verticali utilizzando le pinze demolitrici primarie a braccio alto.

le tecniche di demolizione selettiva sono lacunose. La filiera economica dovrebbe riuscire a trovare la maniera di compensare questo 40% in più di costi di demolizione con la creazione di una domanda. L’applicazione del GPP agli appalti pubblici è sicuramente un passo avanti, ma risulta necessario intervenire anche nel privato. Mancano strumenti universalmente condivisi per la gestione corretta dei rifiuti, da attuarsi anche nei piccoli cantieri, anche a livello di micro demolizioni domestiche. Un secondo ostacolo è rappresentato dalla originalità degli edifici da demolire: non esiste una demolizione uguale all’altra, così come ogni edificio ha una sua identità e una sua condizione statica. Non sempre è possibile accedere all’interno degli edifici abbandonati in totale sicurezza, e non sempre è possibile prediligere tecniche manuali nei confronti di quelle massive. I costi della sicurezza sono maggiori. La tesi ha lo scopo di promuovere una scelta virtuosa indipendentemente dall’aspetto economi-

co, e per praticarla ha proposto l’utilizzo di due strumenti innovativi seguendo le linee guida dell’EU Construction and Demolition Waste Management Protocol, ossia gli step dell’AUDIT PRE-DEMOLIZIONE, e la modellazione BIM (Building Information Modeling) “pieno per pieno” le cui informazioni sono fruibili e condivisibili. Nell’inverno 2017-2018 le strutture murarie delle Ex Terme di Roselle sono state completamente demolite secondo le istruzioni del bando di gara. GP Project srl*

RINGRAZIAMENTI

Relatore: Arch. Enrico Dassori Correlatori: Ing. Ivan Poroli, Dott. Marco Mari Ringraziamenti per il supporto tecnico all’Ing. Alessandro Villani, al Geom. Carlo Romanengo, alla NAD e all’ufficio Tecnico del Comune di Grosseto

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NO RMA TI VA

ORDINE DI RIMOZIONE DI RIFIUTI E COLPA DEL PROPRIETARIO DEL SITO L’ATTRIBUZIONE DI RESPONSABILITÀ AL SOGGETTO PROPRIETARIO DEL SITO SECONDO LA RECENTE SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO N. 4781/2018 di Cinzia Silvestri*

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l divieto di abbandonare rifiuti trova disciplina nell’art. 192 [1] D.Lgs. 152/2006 che recita testualmente: 1. L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. 2. È altresì vietata l’immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. 3. Fatta salva l’applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull’area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il

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quale procede all’esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. Chiunque, in qualità di privato o società/azienda può essere destinatario di ordine di rimozione dei rifiuti abbandonati da terzi sui siti di proprietà purché “tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa”. La risposta ad eventuale ordinanza sindacale che ordina la rimozione dei rifiuti abbandonati da terzi consiste nell’affermare (provare) che l’abbandono di rifiuti o il deposito incontrollato non è imputabile (colpa) al proprietario del sito; e ciò in quanto l’obbligo giuridico di eliminare i rifiuti può sorgere solo a carico del proprietario “colpevole” [2]. La questione tuttavia è complessa. La recente sentenza del Consiglio di Stato 4781/2018 testimonia l’attribuzione di responsabilità al soggetto proprietario del sito per la violazione di specifiche norme cautelari che, nel caso in esame, risiedono nel generico dovere di cura e manutenzione della proprietà. Non rileva che il proprietario non abbia materialmente commesso o partecipato all’illecito altrui

(abbandono dei rifiuti); rileva il comportamento tenuto dal proprietario a fronte dell’illecito altrui.

IL CASO

Nel caso in esame l’arch. X veniva raggiunto da ordine sindacale ex art. 192 D.Lgs. 152/2006 di rimozione rifiuti “per lo stato di abbandono e degrado del terreno di sua proprietà a causa della presenza di un deposito incontrollato di rifiuti”. Il Comune riteneva che il terreno in questione era “facilmente controllabile dal proprietario” e l’area era priva di recinzione e di sbarra per impedire l’accesso di estranei. Il Consiglio di Stato individua la responsabilità del proprietario nella colpa specifica che si sostanzia nella lesione della generica norma di condotta del dovere di cura e manutenzione della proprietà. Il proprietario, pur non essendo autore materiale delle condotte di abbandono, è “colpevole” di non aver osservato gli obblighi di manutenzione e cura della proprietà imposti (nel caso di specie) dalla regolamentazione amministrativa del Comune.


RECINZIONI E SBARRE

La Corte riconosce che nessun obbligo di recinzione o di sbarramento può essere imposto al proprietario (per consolidata giurisprudenza) e che tale “omissione” non può certo integrare la responsabilità per colpa. La Corte afferma infatti che il giudizio di responsabilità si fonda su altri ed ulteriori autonomi presupposti (omessa cura e manutenzione della proprietà a prescindere). Tuttavia se è vero che non si può imporre al proprietario di erigere barriere sul proprio terreno (recinzioni o sbarre) per impedire l’illecito altrui, è innegabile che la magistratura (e l’amministrazione) considerano tale adempimento anche ai fini della valutazione della colpa o meglio della “diligenza” del proprietario.

CONSIDERAZIONI

Il legame tra “ordine di rimozione e colpa” ha provocato la ricerca dei confini entro i quali può ritenersi un soggetto “colpevole” e dunque responsabile anche dell’abbandono effettuato concretamente da soggetti terzi, nel proprio sito di proprietà. Limiti e confini che si misurano con altre esigenze, prettamente civilistiche e amministrative, ed impongono di tenere in considerazione l’interesse alla “rimozione” che sottende alla “salute pubblica”. La responsabilità può sorgere anche e solo evocando il dovere di cura e manutenzione del proprio sito [3] che può concretarsi anche nella “...trascuratezza, superficialità o anche indifferenza dello stesso che nulla abbia fatto e non abbia adottato alcuna cautela volta ad evitare che vi sia in concreto l’abbandono dei rifiuti...”(cfr. TAR Sicilia 1495/2018). *Studio Legale Ambiente

NOTE

[1] L’articolo 192 non ha subito modifiche dall’entrata in vigore del D.Lgs. 152/2006 [2] S’intende per proprietario incolpevole colui al quale non è attribuibile alcuna condotta commissiva in concorso all’illecito di abbandono dei rifiuti. [3] Vero è che l’indagine sulla colpa, quale presupposto per l’ordine di rimozione dei rifiuti, vede lambire la responsabilità oggettiva (di posizione o presunta) ovvero la responsabilità per fatto altrui.


NO RMA TI VA

LA CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO DEL CONGLOMERATO BITUMINOSO I CRITERI SPECIFICI STABILITI DAL NUOVO DECRETO MATTM DEL 28 MARZO 2018, N. 69 di Rosa Bertuzzi e Andrea Tedaldi*

L

o scorso 3 luglio è entrato in vigore il nuovo regolamento ministeriale recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso ai sensi dell’art. 184-ter, c. 2 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (cd. Codice dell’ambiente, di seguito “cod. amb.”), il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare 28 marzo 2018, n. 69 (“DM MATTM 69/2018”). Tale regolamento, come si avrà modo di vedere, stabilisce i criteri specifici affinché il conglomerato bituminoso, ossia il rifiuto costituito dalla miscela di inerti e leganti bituminosi proveniente da operazioni di fresatura a freddo o di demolizione delle pavimentazioni in conglomerato bituminoso, cessi di essere qualificato come rifiuto a seguito di una o più operazioni di recupero e assuma la qualifica di “granulato di conglomerato bituminoso”, non più rifiuto ma prodotto. Per comprendere la portata e l’importanza del DM MATTM 69/2018, occorre fare una breve premessa sul quadro normativo in materia di cessazione della qualifica di rifiuto [1] e sulla qualificazione giuridica del conglomerato bituminoso.

ALCUNE PREMESSE IN MATERIA DI CESSAZIONE DELLA QUALIFICA DI RIFIUTO

Come noto, per “cessazione della qualifica di rifiuto” o “end-of-waste” (“EoW”) si intende un processo di recupero a cui vengono sottoposti i rifiuti, a seguito del quale questi acquisiscono la natura di prodotti. L’attuale disciplina in materia di EoW è dettata dall’art. 184-ter cod. amb., il cui comma 1 stabilisce le condizioni generali da rispettare nella fissazione dei criteri specifici in materia di EoW: “un rifiuto cessa di essere tale, quando è stato sottoposto a un’operazione di recupero, incluso il riciclaggio e la preparazione per il riutilizzo, e soddisfi i criteri specifici, da adottare nel rispetto delle seguenti condizioni: a) la sostanza o l’oggetto è comunemente utilizzato per scopi specifici; b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto; c) la sostanza o l’oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; d) l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana”. I criteri specifici che devono essere soddisfatti dal materiale sottoposto a recupero devono essere adottati in conformità a quanto stabilito dalla disciplina europea ovvero, in mancanza di criteri comunitari, caso per caso per specifiche tipologie di rifiuto, attraverso uno o più decreti del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Nelle more dell’emanazione dei decreti ministeriali, il comma 3 dell’art. 184-ter cod. amb. fissa un regime transitorio, prevedendo che continuino ad applicarsi le disposizioni di cui ai decreti MATTM del 5 febbraio 1998, 12 giugno 2002, n. 161 e 17 novembre 2005, n. 269 (i quali dettano specifiche previsioni per le attività di recupero di rifiuti non pericolosi, pericolosi e pericolosi provenienti dalle navi, esercitate in regime semplificato) e rinviando all’art. 9-bis, lett. a) e b) del D.L. 6 novembre 2008, n. 172 (convertito, con modificazioni, dalla L. 30 dicembre 2008, n. 210). Pure in considerazione del numero esiguo di regolamenti europei e ministeriali in materia di EoW finora adottati [2], con la circolare 1 luglio 2016, n. 10045, il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (“MATTM”) aveva chiarito che le Regioni (o gli Enti da questa individuati) possono in via residuale, in sede di rilascio delle singole autorizzazioni ordinarie degli impianti di recupero dei rifiuti o di Autorizzazione Integrata Ambientale, definire i criteri di EoW rispetto a rifiuti che non sono stati oggetto di apposita disciplina comunitaria o ministeriale, previo riscontro della sussistenza delle summenzionate

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condizioni di cui al comma 1 dell’art. 184-ter cod. amb. Come noto, tuttavia, con la sentenza n. 1229 del 28 febbraio scorso il Consiglio di Stato ha negato la possibilità di dettare i criteri in materia di EoW caso per caso, creando una grande incertezza a livello operativo in tutti quei casi in cui un operatore vorrebbe sottoporre a EoW rifiuti non regolati da regolamenti europei o ministeriali. In questo senso, l’adozione del DM MATTM 69/2018 risulta particolarmente importante in quanto, fissando i criteri in materia di EoW del conglomerato bituminoso, prevede la possibilità che tale rifiuto - laddove siano rispettati i criteri dettati dal decreto ministeriale stesso e le condizioni generali di cui all’art. 184-ter, c. 1 cod. amb. - possa acquisire la qualifica di prodotto. Peraltro, giova rilevare che, in risposta ad un’interrogazione alla Camera, lo

scorso 19 luglio il MATTM ha annunciato una modifica all’art. 184-ter cod. amb., al fine di consentire l’adozione di autorizzazioni “caso per caso” alla cessazione della qualifica di rifiuto. Soluzione, questa, che risulterebbe del resto in linea con la direttiva 2018/851/ UE del 30 maggio scorso [3] (la quale dovrà essere recepita dall’Italia entro il 5 luglio 2020) che ha modificato la direttiva rifiuti 2008/98/CE.

CENNI SULLA NATURA GIURIDICA DEL CONGLOMERATO BITUMINOSO

Chiarito il quadro normativo in materia di “cessazione della qualifica di rifiuto” in cui si inserisce l’adozione del DM 69/2018, occorre ora soffermarsi sulla natura giuridica del conglomerato bituminoso. Al riguardo, la giurisprudenza si è a più riprese pronunciata sulla qualificazione del “fresato d’asfalto”, ossia il conglomerato bituminoso recuperato mediante fresatura del rivestimento stradale. Il fresato d’asfalto è generalmente qualificato quale rifiuto speciale ai sensi dell’art. 184, c. 3 cod. amb., di cui è produttore il soggetto che effettua la scarifica della pavimentazione stradale [4], così che la

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sua gestione dovrà essere effettuata nel rispetto delle regole in materia di classificazione, deposito, tracciabilità, trasporto, invio a recupero o smaltimento fissate dal Codice dell’Ambiente. La giurisprudenza amministrativa ha tuttavia ammesso che il fresato d’asfalto possa anche essere qualificato come sottoprodotto ai sensi dell’art. 184-bis cod. amb., qualora sia “inserito in un ciclo produttivo, ossia se viene utilizzato senza nessun trattamento diverso dalla normale pratica industriale (di fatto vengono effettuate solo operazioni di cernita e di selezione, che non possono essere, tuttavia, considerate operazioni di trasformazione preliminare…) in un impianto che ne preveda l’impiego nello stesso ciclo di produzione, e precisamente per il reimpiego del materiale come componente del prodotto finale trattato nell’ambito dello stesso impianto” e alla condizione che l’impianto che utilizza il fresato come sottoprodotto non stocchi quantitativi di fresato “che eccedono rispetto al fabbisogno del proprio ciclo produttivo, perché la giacenza del materiale in attesa di un futuro reimpiego (nella stessa sede o altrove) integra la fase dello stoccaggio e pone il problema della permanenza del rifiuto, che invece va esclusa per quella limitata provvista di materiale che

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rientra quantitativamente nel normale processo di lavorazione dell’impianto” (T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. II, 10 agosto 2012, n. 2182; nello stesso senso, Cons. Stato, Sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4151 e Cons. Stato, Sez. IV, 6 ottobre 2014, n. 4978). Ebbene, pur consapevoli delle incertezze giurisprudenziali in materia e della presenza di pronunce di senso avverso [5], laddove risultino rispettate le condizioni fissate dall’art. 184-bis cod. amb. [6, 7], il fresato pare dunque poter essere qualificato quale sottoprodotto. Conferma in tal senso si rinviene, del resto, dalla lettura del DM MATTM 69/2018, il quale - come anticipato -

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fissa i criteri per la cessazione della qualifica di rifiuto del conglomerato bituminoso, facendo però salva la possibilità che esso sia “qualificato come sottoprodotto ai sensi e per gli effetti dell’articolo 184-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”.

IL NUOVO DM MATTM 69/2018

Ai sensi dell’art. 3 del DM MATTM 69/2018, il conglomerato bituminoso cessa di essere qualificato come rifiuto, ed acquisisce la qualifica di “granulato di conglomerato bituminoso”, se soddisfa i seguenti criteri: 1. è utilizzabile per gli scopi specifici indicati nella parte a) dell’Allegato 1;

2. risponde

agli standard previsti dalle norme UNI EN 13108-8 (serie da 1-7) o UNI EN 13242 in funzione dello scopo specifico previsto; 3. risulta conforme alle specifiche indicate nella parte b) dell’Allegato 1. Fra gli scopi specifici per i quali il granulato di conglomerato bituminoso è comunemente utilizzato, la parte a) dell’Allegato 1 indica i seguenti: • miscele bituminose prodotte con un sistema di miscelazione a caldo nel rispetto della norma UNI EN 13108 (serie da 1-7); • miscele bituminose prodotte con un sistema di miscelazione a freddo;


produzione di aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l’impiego nella costruzione di strade, in conformità alla norma armonizzata UNI EN 13242, ad esclusione dei recuperi ambientali. Dovranno inoltre essere rispettate le specifiche dettate dalla parte b) dell’Allegato 1, la quale impone verifiche tanto sui rifiuti in ingresso all’impianto (finalizzate a verificare l’assenza di materiale diverso dal conglomerato bituminoso) quanto sul granulato di conglomerato bituminoso. Il granulato dovrà essere sottoposto a test a campione volti a rilevare il rispetto del livello massimo di concentrazione di amianto ed idrocarburi policiclici aromatici (IPA) fissato dall’Allegato, a test di cessione secondo il metodo di cui all’Allegato 3 al DM MATTM 5 febbraio 1998, e a verifiche volte ad analizzare le caratteristiche prestazionali del granulato. Ai sensi dell’art. 4, il rispetto dei criteri di cui all’art. 3 deve essere attestato

dal produttore (per tale intendendosi, il gestore di un impianto autorizzato per la produzione di granulato di conglomerato bituminoso) tramite una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, la quale deve essere redatta al termine del processo produttivo di ciascun lotto di conglomerato (ossia per ogni quantitativo di conglomerato prodotto non superiore a 3.000 m³) secondo il modulo di cui all’Allegato 2 e deve essere inviata all’autorità competente e all’agenzia di protezione ambientale territorialmente competente. La dichiarazione di conformità deve inoltre essere conservata presso l’impianto di produzione, o presso la sede legale del produttore, insieme ad un campione di ciascun lotto di granulato di conglomerato bituminoso prodotto (i campioni devono essere conservati per cinque anni), per possibili controlli da parte delle autorità amministrative. Come previsto dall’art. 5, l’obbligo di conservazione dei campioni non si applica alle imprese registrate ai sensi del regolamento n. 1221/2009/CE (EMAS)

e alle imprese in possesso della certificazione ambientale UNI EN ISO 14001, rilasciata da organismo accreditato ai sensi della normativa vigente. L’art. 6 detta infine le disposizioni per l’adeguamento degli impianti in essere, stabilendo che “il produttore, entro centoventi giorni dall’entrata in vigore dello stesso, presenta all’autorità competente un aggiornamento della comunicazione effettuata ai sensi dell’articolo 216 o un’istanza di aggiornamento dell’autorizzazione ai sensi del Titolo III-bis della Parte II e del Titolo I, Capo IV, della Parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152”. I detentori delle autorizzazioni già rilasciate, in forma semplificata e ordinaria, dovranno dunque presentare un’istanza di aggiornamento entro il 31 ottobre 2018; nel frattempo, il granulato di conglomerato bituminoso prodotto può essere utilizzato se presenta caratteristiche conformi ai criteri di cui all’art. 3, attestate mediante dichiarazione di conformità ai sensi dell’art. 4. *Studio AmbienteRosa, Consulenze legali ambientali

NOTE

[1] Per un approfondimento si rimanda ad un precedente articolo pubblicato su questa rivista, R. Bertuzzi, La cessazione della qualifica di rifiuto. Ricostruzione della disciplina in materia di end-of-waste alla luce della sentenza Cons. Stato n. 1229/2018, in Recover Magazine, n. 43/2018. [2] Allo stato, a livello europeo, sono stati adottati solo tre regolamenti in materia di EoW, dedicati ai rottami metallici (regolamento n. 333/2011/UE), di vetro (regolamento n. 1179/2012/ UE) e di rame (regolamento n. 715/2013/UE). Il MATTM ha poi emanato il D.M. 14 febbraio 2013, n. 22, “Regolamento recante disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS)”, fornendo in seguito alcuni chiarimenti interpretativi con circolare del 27 marzo 2018, ed ha trasmesso al Consiglio di Stato per il parere di competenza lo schema di regolamento in materia di EoW dei materiali derivanti dal trattamento dei prodotti assorbenti per la persona (PAP, cioè soprattutto pannolini, pannoloni e assorbenti). [3] La direttiva 2018/851/UE ha modificato il paragrafo 4 dell’art. 6 della direttiva 2008/98/CE nei seguenti termini: “Laddove non siano stati stabiliti criteri a livello di Unione o a livello nazionale ai sensi, rispettivamente, del paragrafo 2 o del paragrafo 3, gli Stati membri possono decidere caso per caso o adottare misure appropriate al fine di verificare che determinati rifiuti abbiano cessato di essere tali in base alle condizioni di cui al paragrafo 1, rispecchiando, ove necessario, i requisiti di cui al paragrafo 2, lettere da a) a e), e tenendo conto dei valori limite per le sostanze inquinanti e di tutti i possibili effetti negativi sull’ambiente sulla salute umana. Tali decisioni adottate caso per caso non devono essere notificate alla Commissione in conformità alla direttiva (UE) 2015/1535”. [4] Al riguardo, la definizione di produttore (materiale e giuridico) di rifiuti è fissata dall’art. 183, c. 1, lett. f) cod. amb., ai sensi del quale è produttore di rifiuti “il soggetto la cui attività produce rifiuti e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione (produttore iniziale) o chiunque effettui operazioni di pretrattamento, di miscelazione o altre operazioni che hanno modificato la natura o la composizione di detti rifiuti (nuovo produttore)”. [5] Per le resistenze alla qualificazione del fresato d’asfalto quale sottoprodotto, si rimanda a due recenti pronunce della Corte di Cassazione, sezione penale: “i materiali che residuano da lavori di demolizione (“fresato d’asfalto” derivante dalle attività di scarifica di una pista aeroportuale) rientrano nel novero dei rifiuti per presunzione ex lege iuris tantum, ferma restando la possibilità di gestire gli stessi come sottoprodotti purché ricorrano tutte le condizioni di cui all’art. 184 bis d.lgs. 152/06: in particolare, da un lato, il requisito della certezza dell’utilizzo del sottoprodotto va apprezzato con riferimento esclusivo alla fase della produzione e, dall’altro lato, per accertare se il trattamento cui è sottoposto il materiale prima del riutilizzo possa rientrare nella “normale pratica industriale”, vanno esclusi gli interventi manipolativi del residuo diversi da quelli ordinariamente effettuati nel processo produttivo nel quale viene utilizzato (nella specie, ai fini del suo riutilizzo quale componente del nuovo conglomerato bituminoso, il fresato non veniva impiegato “tal quale”, ma era sottoposto a una lavorazione a caldo, che, attraverso la miscelazione con altre componenti vergini, dava luogo a un materiale diverso da quello originario)” (Cass. Pen., Sez. III, 28 giugno 2017, n. 53136, in Foro it. 2018, 2, II, 134; nello stesso senso, Cass. Pen., Sez. sez. III, 8 febbraio 2018, n. 24865). [6] L’art. 184-bis cod. amb. fissa le seguenti condizioni affinché una sostanza od oggetto sia qualificabile quale sottoprodotto e non rifiuto: a) la sostanza o l’oggetto è originato da un processo di produzione, di cui costituisce parte integrante, e il cui scopo primario non è la produzione di tale sostanza od oggetto; b) è certo che la sostanza o l’oggetto sarà utilizzato, nel corso dello stesso o di un successivo processo di produzione o di utilizzazione, da parte del produttore o di terzi; c) la sostanza o l’oggetto può essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale; d) l’ulteriore utilizzo è legale, ossia la sostanza o l’oggetto soddisfa, per l’utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell’ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull’ambiente o la salute umana. [7] Per un approfondimento si rimanda ad un nostro precedente articolo pubblicato su questa rivista, R. Bertuzzi, A. Tedaldi, Nuovi strumenti di orientamento in materia di sottoprodotti. I cambiamenti nella disciplina dei sottoprodotti con il D.M. n. 264/2016 e la circolare MATTM n.7619/2017, in Recover Magazine, n. 41/2017.

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R U B RI CH E

N A D NUOVI SOCI PER NAD

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i eravamo lasciati in marzo con un proposito, quello di sviluppare un’attività volta all’ampliamento della base associativa, consapevoli che solo creare una “massa critica” potesse rappresentare per l’associazione una maggiore capacità di essere efficaci alla luce della possibilità da parte dell’associazione, di partecipare a tavoli di lavoro a Roma e a Bruxelles anche attraverso le attività di EDA – European Demolition Association. Per questo motivo il 21 maggio è stata organizzata una giornata divulgativa presso la sede associativa di NAD, con lo scopo di illustrare alle aziende interessate ad approfondire, come l’associazione ha lavorato in questi anni, come è cambiato il mercato e quale possibilità di sviluppo ci aspetta alla luce dei cambiamenti in atto. Ad illustrare situazioni e scenari il Presidente di NAD, Emilio Omini, che ha introdotto la giornata e a seguire l’ing. Ivan Poroli, Coordinatore della Commissione tecnica, che ha illustrato come, anche se oggi alcuni traguardi sono stati raggiunti, il lavoro da fare sia ancora tanto e come sia necessario farlo insieme. A conclusione dell’incontro, all’interno della tavola rotonda le aziende hanno potuto esprimere i propri punti di vista su quelli che potrebbero essere obiettivi condivisi. Tra le ipotesi di sviluppo anche la possibilità di un allargamento

della base associativa che veda coinvolte le imprese del settore bonifiche e gli studi di ingegneria. All’incontro erano presenti i rappresentanti di diverse realtà del settore che hanno colto la chiamata ad approfondire e valutare la possibilità di aderire a NAD. Ad oggi tra le prime ad aderire Prandelli Santo srl di Villa Carcina BS, Pro.Ger. srl di Villa d’Adda BG, Ducoli Achille srl di Esine BG, DAF Costruzioni stradali srl del Gruppo Donzelli di Milano MI, Rigato srl di Marghera VE . In questo momento di interesse e fermento il nostro settore si è trovato ad affrontare i tristi fatti di Genova con il crollo del Ponte Morandi. Tra le imprese che hanno prestato i primi soccorsi al fine di agevolare lo spostamento dei grossi massi in cemento e velocizzare i salvataggi ed i ritrovamenti delle persone coinvolte c’era anche un’azienda socia NAD, Demolscavi sas. Ancora una volta le imprese di demolizione si trovano in prima linea a svolgere un importante e delicato lavoro specialistico e a lottare contro il tempo dettato dal pericolo delle possibili precipitazioni atmosferiche che avrebbero potuto far degenerare una situazione già disperata. La nuova stagione autunnale sarà come di consueto ricca di eventi e anche quest’anno l’associazione interverrà mercoledì 19 settembre 2018, alle

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ore 9.30 presso la fiera RemtechExpo, all’interno del convegno dal titolo “Conferenza Nazionale sull’Economia Circolare applicata alla gestione dei rifiuti da Costruzione & Demolizione: le proposte normative per il miglioramento della filiera”. Coordinatori del convegno saranno Stefano Cicerani (CS Inertia) e Roberto Coizet (Centro Materiali Rinnovabili). Questo il programma: • Lo stato dell’arte della normativa sull’End of Waste e del sottoprodotto - Paola Ficco, Giurista Ambientale • Criteri end-of-waste per i rifiuti inerti da C&D e demolizione selettiva - Francesco Mundo, ISPRA • I luoghi di raggruppamento per la raccolta degli scarti edili - Roberto Coizet, CMR • Demolizione selettiva: quando e perché è opportuna - Ivan Poroli, NAD • Proposte di utilizzo di aggregati riciclati artificiali - Paolo Barberi, ANPAR • Le esperienze della filiera del PVC europea nel recupero e riciclo del fine vita - Carlo Ciotti, PVC Forum Italia • La marcatura CE degli aggregati artificiali/industriali: il caso di aggregato di vetro da RAEE - Massimo De Vincentiis, ABICERT

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INCOFIN: LAVORARE IN TOTALE SICUREZZA CON LA CABINA PRESSURIZZATA

La ditta Agrinord Srl gestisce un impianto di trattamento biologico di rifiuti urbani e speciali non pericolosi, mediante stabilizzazione aerobica (compostaggio) e digestione anaerobica, per la produzione di ammendanti e fertilizzanti organici e misto organici. L’impianto tratta esclusivamente materiali di natura organica quali frazione organica da raccolta differenziata (FORSU) e degli ortomercati, rifiuti da attività produttive e di trasformazione nei settori agricolo e alimentare, rifiuti speciali provenienti da processi depurativi di acque reflue civili e di industrie agroalimentari e residui verdi e lignocellulosici derivanti dalla manutenzione del verde pubblico e privato. La produzione di compost di qualità è assicurata attraverso una costante azione di controllo delle materie prime e del processo biologico; tutte le fasi produttive e il compost prodotto sono sottoposti a costanti e rigorosi controlli analitici al fine di garantirne lo standard qualitativo previsto. L’impianto è autorizzato al trattamento di 76.600 t/anno (di cui 10.000 t/anno all’anaerobico). Già in possesso della certificazione ambientale ISO 14001:2015, l’azienda ha puntato l’attenzione sulla qualità, ottenendo così la certificazione ISO 9001:2015 e sulla sicurezza ottenendo brillantemente la certificazione OHSAS 18001:2007. Grazie a questa filosofia, in azienda sono stati scelti i sistemi di pressurizzazione e filtrazione aria Bmair distribuiti da Incofin srl, che danno all’operatore l’immediato beneficio di non inalare le sostanze che creano disturbi superficiali (tosse, lacrimazione, bruciore o prurito sulla pelle) facilitando la costante presenza della forza lavoro. Da non sottovalutare l’aspetto pratico per i lavoratori: anche il mezzo e i componenti interni alla cabina (molto onerosi) beneficiano della presenza di Bmair, infatti l’aria inquinata da sostanze aggressive è dannosa anche per le parti meccaniche ed elettriche del mezzo. Basti pensare agli effetti dei vapori di ammoniaca per esempio sugli scambiatori di calore del condizionatore. Con i filtri combinati polveri sottili e carboni attivi appositamente dedicati, Bmair è in grado di dare una soluzione su misura per le tipologie di inquinanti presenti nell’impianto. L’ultima installazione ha portato ad applicare il sistema Mao-22 con filtri combinati polveri sottili P3H13 e carboni attivi per l’eliminazione di spore, batteri, virus, vapori di ammoniaca sul nuovissimo trattore Fendt 936 Vario. Oltre all’ultimo arrivato nel parco mezzi troviamo anche una pala Volvo ed una pala Caterpillar che lavorano nel capannone posto in depressione per evitare la fuoriuscita di odori dall’impianto. I responsabili delle manutenzioni del parco mezzi e gli operatori affermano che “i lavoratori sono molto più sereni da quando abbiamo installato i dispositivi, a primo impatto c’è stato un abbattimento totale della parte odorigena migliorando la qualità del lavoro in cabina, favorendo così il benessere sul posto di lavoro senza obblighi di ulteriori maschere filtranti. Con il computer di bordo abbiamo anche la sicurezza che la pressione venga costantemente mantenuta e possiamo sapere in anticipo quando avvisare il responsabile per il riordino dei filtri”. Incofin grazie alla partnership con Bmair è in campo ogni giorno per poter salvaguardare la salute e il comfort degli operatori che passano gran parte delle loro giornate lavorative nei mezzi da lavoro evitando i possibili contatti con sostanze fortemente odorigene e caratteristiche nella lavorazione dei rifiuti.

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OTTIMIZZARE IL PROCESSO DI BIOSTABILIZZAZIONE? CON LE BIOTECNOLOGIE EUROVIX SI PUÒ! Le biotecnologie presentano potenzialità sorprendenti, spesso poco conosciute, in grado di agevolare notevolmente l’attività di gestione di masse organiche putrescibili. La componente organica dei rifiuti, se non sottoposta prontamente a processi controllati di degradazione biologica, è potenziale fonte di enormi problematiche di natura odorigena, oltre che logistiche: se da una parte vige l’obbligo del trattamento dei rifiuti prima dello smaltimento finale (sancito dal D.Lgs. 36/2003 e s.m.i.) pienamente operativo dal 2013, dall’altra ci si ritrova frequentemente a fare i conti con impianti sottodimensionati e tempistiche gestionali in netto contrasto con le performance biologiche attese. In tali situazioni il gestore incontra nelle biotecnologie Eurovix un formidabile alleato. Si tratta di formulati a principio attivo enzimaticomicrobico, in grado di metabolizzare un ampio spettro di sostanze organiche (anche recalcitranti). Il tutto prevenendo significativamente la formazione di maleodoranze, con conseguente riduzione del carico avviato ai presidi ambientali a valle (scrubber, biofiltri). La vera rivoluzione Eurovix consiste nell’intervenire in seno al processo di trattamento (all’interno delle masse solide da stabilizzare), indirizzando il processo verso condizioni ideali per una fermentazione controllata. Non semplice inoculo, ma modulatore della crescita microbica: tale è la natura delle specifiche biotecnologie Eurovix S.p.A.

ENERGIE RINNOVABILI: GOLDER OFFRE CONSULENZA E SUPPORTO IN TUTTE LE FASI DI SVILUPPO Il mercato energetico è sempre più caratterizzato dalla ricerca di soluzioni innovative e sostenibili. Golder, come Technical Advisor per i maggiori operatori mondiali delle energie rinnovabili, si muove con professionalità e innovazione su nuove frontiere come grid parity e storage, diffondendo tecnologie energetiche sostenibili nei paesi emergenti. Assistiamo i Clienti in ogni fase del ciclo di vita delle centrali: dalla scelta del sito alla progettazione, costruzione, O&M e dismissione. I servizi offerti per lo sviluppo di impianti eolici, fotovoltaici, geotermici, biomassa o idrici sono: • pianificazione e scelta del sito idoneo; • fattibilità tecnico economica, valutazione di impatti ambientali e sociali, interventi di mitigazione e permitting; • progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva dell’impianto; • DL e Coordinamento della Sicurezza; • messa in servizio degli impianti tramite piani annuali di monitoraggio, e sistemi di gestione ambientale, salute e sicurezza (ISO14001, OHSAS 18001); • decommissioning e soluzioni integrate per la mitigazione di impatti ambientali in fase di chiusura con riduzione di tempi e costi. I nostri servizi di Due Diligence di impianti solari ed eolici danno gli strumenti per valutare la convenienza di acquisizioni e dismissioni, individuando rischi economico-finanziari e problemi tecnici e/o ambientali connessi. Il nostro obiettivo è di offrire un supporto alle aziende impegnate nello sviluppo sostenibile del mercato energetico mondiale.

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DF MINI DUO ASB: L’ABBATTITORE DI POLVERI STUDIATO APPOSITAMENTE PER OPERARE IN PRESENZA DI AMIANTO Nel nostro Paese, da qualche anno ormai, la rimozione dell’amianto durante le demolizioni è una problematica che è spesso dibattuta e sulla quale si è legiferato, e lo si sta ancora facendo, molto. A causa della tossicità rappresentata dalle sue polveri, è necessario un abbattimento mirato con l’uso di strumenti specializzati per questo tipo di applicazione. Generac Mobile Products, grazie alla professionalità acquisita in più di vent’anni di esperienza, è un’azienda che fornisce al mercato prodotti mirati e tramite la propria linea di abbattitori di polvere DF Ecology, ha studiato un sistema appositamente per la rimozione delle polveri di amianto: il DF Mini Duo ASB. Questo modello estremamente compatto è composto da un’unità principale dotata di serbatoio d’acqua da 70 litri e connessione elettrica con presa domestica, più due unità “satellite” ognuna dotata di testine spray che nebulizzano l’acqua fino a 8 metri di distanza. Il DF Mini Duo ASB di Generac Mobile Products è stato progettato specificatamente per l’utilizzo durante lavori di rimozione amianto, dato che l’assenza di ventole permette all’operatore di abbattere la polvere nociva senza spargerla in aria. La possibilità di avere due satelliti con cavi di lunghezza variabile permette, inoltre, di posizionare l’operatore e l’unità base in un ambiente protetto, lontano dalla zona dove si sta operando la rimozione, in tutta sicurezza. Per ulteriori informazioni sulla linea DF Ecology vi invitiamo a consultare il sito www.dfecology.it. Generac Mobile Products sarà anche presente alla fiera Ecomondo nella Hall C5, stand 122.

GRUPPO MARAZZATO: BONIFICHE AMBIENTALI IN TUTTA ITALIA Il Gruppo Marazzato è impegnato da oltre 65 anni nella fornitura di soluzioni a problematiche ambientali di industrie, pubblica amministrazione e aziende multiutilities nazionali. Da diversi anni il Gruppo ha intrapreso un percorso di specializzazione nel settore delle bonifiche ambientali investendo in competenze e risorse in questo ambito, per offrire un servizio a 360 gradi non solo a livello locale ma su tutto il territorio italiano. Il Gruppo Marazzato propone soluzioni specifiche per tutte le fasi delle bonifiche: dalle indagini ambientali preliminari alla caratterizzazione, dalla progettazione ai servizi operativi, nel rispetto e tutela dell’ambiente. Risultati fondamentali di questo percorso - che ha portato il settore bonifiche a diventare il core business aziendale - sono la realizzazione della rete nazionale d’imprese Beetaly e l’acquisizione della Piattaforma Polifunzionale di Villastellone per lo smaltimento e recupero dei rifiuti derivanti dalle attività del Gruppo. Grazie all’impegno nella formazione di personale altamente specializzato ed i costanti investimenti nel parco mezzi, il Gruppo dispone delle competenze e della flessibilità necessaria per offrire anche servizi di Pronto Intervento Ambientale a livello nazionale.

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APPUNTAMENTI GEOFLUID

PIACENZA, DAL 3 AL 6 OTTOBRE

Geofluid, Mostra Internazionale delle Tecnologie ed Attrezzature per la Ricerca, Estrazione e Trasporto dei Fluidi Sotterranei, è la più importante manifestazione specializzata nei comparti della perforazione e dei lavori nel sottosuolo, che includono indagini geognostiche, applicazioni geologiche e geotecniche. L’edizione dei 40 anni ha già fatto registrare il tutto esaurito con numeri da record che prevedono oltre 32.000 mq di spazi espositivi, oltre 300 espositori, di cui il 20% provenienti dall’estero. La manifestazione si svilupperà nelle aree tematiche Geofluid, Geotech, Geotunnel e Geocontrol a cui da quest’anno si affianca Geofluid Green quale contenitore di novità di tre linee di indirizzo: Geotermia, Gas e GNL.

www.geofluid.it

VENICE

VENEZIA, DAL 15 AL 18 OTTOBRE

Si terrà come di consueto a Venezia presso la Scuola Grande di San Giovanni Evangelista la settima edizione del Simposio Venice su Energia da Biomasse e Rifiuti, uno degli eventi principali a livello mondiale grazie all’altissima qualità del programma scientifico, all’internazionalità del convegno, all’autorevolezza delle commissioni scientifiche e alle incredibili opportunità di networking e business. Il Simposio sarà strutturato con 3 giornate dedicate alla presentazione di articoli scientifici, una giornata di visite tecniche a impianti di produzione di energia da biomasse e rifiuti, 6 sessioni orali parallele e ancora sessioni poster, area commerciale per aziende attive nel settore, forum e business session per aziende e start up.

www.venicesymposium.it

ACCADUEO

BOLOGNA, DAL 17 AL 19 OTTOBRE

Tecnologie idriche, trattamento delle acque, distribuzione e sostenibilità, questi i temi centrali della prossima edizione di H2O, Mostra internazionale dell’acqua organizzata da BolognaFiere. La nuova edizione valorizzerà tanto l’interesse pubblico quanto la filiera industriale, grazie a 3 percorsi tematici: Urban dedicato ai servizi idrici, dalle tecnologie alla gestione della risorsa acqua; Industry pensato per i fornitori e i produttori di tecnologie, sistemi di trattamento e servizi dedicati alla gestione delle acque in ambito industriale; CH4 un focus speciale dedicato alle tecnologie e ai sistemi per il trasporto e la distribuzione del gas rivolto a un settore al centro di importanti prospettive di sviluppo. In concomitanza con H20, nel Quartiere fieristico di Bologna, si svolgerà Ambiente Lavoro, il 18° salone della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

www.accadueo.com

RIMINI, DAL 6 AL 9 NOVEMBRE

ECOMONDO

Un evento internazionale con un format innovativo che unisce in un’unica piattaforma tutti i settori dell’economia circolare: dal recupero di materia ed energia allo sviluppo sostenibile. Ecomondo si posiziona come appuntamento di riferimento a livello internazionale per incontrare le aziende leader di mercato, conoscere trend, innovazioni e nuove tecnologie. Nell’edizione 2018 spiccano le nuove priorità normative, di ricerca e formazione sul fronte dell’economia circolare, i nuovi processi, anche 4.0, e prodotti annessi alla sua adozione a livello industriale, nelle città e nei territori. Si conferma anche quest’anno Decommissioning, con gli Stati Generali delle Demolizioni. Un appuntamento di approfondimento tecnico su normativa, tecnologie e sicurezza nelle demolizioni civili e industriali.

www.ecomondo.com

POLLUTEC

LIONE, DAL 27 AL 30 NOVEMBRE

Quest’anno, il marchio Pollutec celebra 40 anni! Oggi la fiera è al tempo stesso una vetrina dell’ambiente – Pollutec rappresenta un concentrato unico di eco innovazioni e di tecnologie verdi, un evento unificatore – riunisce tutte le filiere e gli operatori del settore e contribuisce a sostenere le emergenze delle filiere. Pollutec è diventato un appuntamento internazionale imperdibile per tutti gli operatori economici dell’ambiente e del clima: eco-industrie, collettività, professionisti di tutti i settori industriali o terziari. Immagine riflessa della diversità e della ricchezza dei mercati, è inoltre l’occasione per scoprire le tendenze future del mercato. In questa edizione 2018 Pollutec affiancherà le aziende, le città e i territori nella realizzazione di progetti e creerà delle opportunità concrete per rispondere alle sfide ecologiche, economiche e sociali.

www.pollutec.com

MCT PETROLCHIMICO

SAN DONATO MILANESE, 29 NOVEMBRE

mcT Petrolchimico – Mostra Convegno Tecnologie per l’Industria Petrolchimica è un evento verticale giunto alla decima edizione che unisce una parte espositiva a una componente formativa. I visitatori dispongono di un’area espositiva con i leader di settore; numerosi convegni, workshop, corsi; coffee-break e buffet offerti dagli sponsor; atti dei convegni scaricabili in PDF; attestati di presenza e crediti formativi. mcT Petrolchimico Milano si svolge in concomitanza con mcT Safety, Security, Anti-Fire, mcT Cyber Security, mcT ATEX.

www.eiomfiere.it

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Anno 11 - Numero 44 – Settembre 2018 ISSN 2421-2938

Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Francesca Astengo, Rosa Bertuzzi, Marco Borroni, Andrea Campi, Maria Beatrice Celino, Paolo De Angelis, Giorgio Ghiringhelli, Emilio Guidetti, Paolo Pagani, Claudio Sandrone, Giuseppe Sbarbaro, Andrea Sconocchia, Cinzia Silvestri, Andrea Tedaldi, Laura Veneri.

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solo 40€ per 1 anno e 75€ per 2 anni

Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (CESI spa) Laura D’Aprile (MATTM, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Città Metropolitana di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Mariachiara Zanetti (Politecnico di Torino)

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Telefona allo 011 749 79 64

Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7497964 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it

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Grafica, disegni e impaginazione: Roberto Fatiga - email: grafica.advespa@gmail.com Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 75,00 copia singola € 12,00 - arretrati € 14,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it

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L’EUROPA DICHIARA GUERRA ALLA PLASTICA CON BANDI, LIMITI E OBBLIGHI DI GESTIONE DEI RIFIUTI DEMOLIZIONI AD AMATRICE: LA PARTICOLARITA’ DI UN INTERVENTO NELLE AREE COLPITE DAL SISMA

UN PROGETTO EUROPEO PER LA BONIFICA DEL MAR PICCOLO A TARANTO GRAZIE ALLA TECNOLOGIA DELLA MICROFILTRAZIONE LE LINEE PROGRAMMATICHE DEL MINISTRO COSTA PER RIMETTERE AL CENTRO L’AMBIENTE E LO SVILUPPO

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