Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D. L. 353/2003 cov. in L. 46/2004, art1, c1 - CB-NO/Torino - Anno 11 n. 45 - ISSN 2421-2938 DEA edizioni s.a.s. Corso Tassoni 79/4 - 10143 Torino
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DICEMBRE 2 0 1 8
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E DI TO R I A L E
EDITORIALE 10 ANNI FA… Sarà senza dubbio una frase retorica ma sembra davvero ieri quando ci siamo lanciati in questa avventura editoriale con la volontà di dare il nostro contributo ad un settore che stava crescendo ma che per molti poteva rappresentare una delle tante bolle destinate prima o poi a scoppiare. La bolla oggi, dopo 10 anni, si è ampliata a dismisura a dimostrazione che le problematiche ambientali, purtroppo, sono tutt’altro che fenomeni passeggeri tanto che la ricerca di soluzioni efficaci ha dato il via ad un nuovo settore che ormai tutti chiamano green economy. Non possiamo certo dimenticare il fatto che in questi 10 anni si è attraversata anche una delle peggiori crisi economiche della storia ma è giusto ricordare che, nonostante il contesto, noi abbiamo continuato a credere in questo progetto investendo tempo e risorse per ampliare i servizi offerti, seguendo e talvolta anticipando le tendenze di un mercato in continuo cambiamento. Detto questo resta solo la parte più importante, fare i dovuti e sinceri ringraziamenti a tutti coloro i quali hanno creduto in noi e in ciò che proponiamo. Un grazie va quindi a chi ha lavorato con noi, a chi ha investito risorse, a chi ha dedicato del tempo per dare il proprio contributo, a chi ci ha incoraggiato e anche a chi con le sue critiche ci ha consentito di crescere in questi 10 anni e nei prossimi che verranno.
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S O M M A R I O S OM M A R I O
RUBRICHE
News 8 Vetrina 104 Appuntamenti 110
PRIMO PIANO
L’ora del cambiamento
di Massimo Viarenghi
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Perché ci siamo anche noi nel mondo del compost?
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Una squadra dove nessuno resta mai in panchina
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di Giorgia Compagni
di Bruno Vanzi
SPECIALE
ATTUALITÀ
Io rifiuto, tu rifiuti, noi ricicliamo!
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È tempo di… Ecomondo
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di Emilio Guidetti.
Città sostenibili: un binomio possibile
di Maeva Brunero Bronzin
I numeri delle mancate demolizioni in Italia di Maeva Brunero Bronzin
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di Laura Veneri
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A Torino nasce il laboratorio per le tecnologie sostenibili future 24 di Bruno Vanzi
40 anni di Pollutec di Laura Veneri
FABBRICA DELLE IDEE
Prevenire il marine litter partendo dai fiumi di Maeva Brunero Bronzin
PANORAMA AZIENDE
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WORK IN PROGRESS
Un mondo d’acciaio
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L’ultima corsa del bus
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di Laura Veneri
di Laura Veneri
PROGETTI E TECNOLOGIE 31
Come trattare il gas di discarica a basso potere calorifico? LIFE RE Mida presenta le soluzioni!
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di Elena Rossi e Isabella Pecorini
Essere parte della soluzione
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Il reimpiego della fibra tessile proveniente dal recupero di PFU
Il connubio vincente
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NORMATIVA
di Maria Beatrice Celino
di Bruno Vanzi
Analizzatori specifici per oli e grassi, idrocarburi totali, indice di idrocarburi 41 di Dario Panetta
Una carrellata di novità di Maria Beatrice Celino
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Non solo trituratori 49 di Bruno Vanzi
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di Massimo Carassai
La suddivisione delle responsabilità nel caso di avvicendamenti societari di Rosa Bertuzzi
Bonifica, rimozione e responsabilità: il concetto di “più probabile che non” di Cinzia Silvestri
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I NUMERI DELLE MANCATE DEMOLIZIONI IN ITALIA TRA ABUSIVISMO EDILIZIO, ORDINANZE DI DEMOLIZIONE E NON APPLICAZIONE DELLA LEGGE
22 IL FUTURO DEL RECUPERO DI MATERIA IN ITALIA: UN’OPPORTUNITÀ CHE SI SCONTRA CON DIFFICOLTÀ AUTORIZZATIVE, PRECONCETTI ED IMPREPARAZIONE
59 ALLA SCOPERTA DI ECOMONDO: TRA NOVITÀ NORMATIVE, RICERCA, INDUSTRIA 4.0 E INNOVAZIONI TECNOLOGICHE DELL’ECONOMIA CIRCOLARE
65 IL TRATTAMENTO DEL GAS DI DISCARICA RESIDUALE GRAZIE A TECNOLOGIE INNOVATIVE UTILI ALLA RIDUZIONE DELL’EFFETTO SERRA
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RUBR I C H E
NEWS EMERGENZA FANGHI Con la sentenza del Tar Lombardia n. 1782 del 20 luglio 2018 si è determinata la cosiddetta emergenza fanghi che ha tenuto in allarme l’intero servizio idrico integrato. Il Tribunale amministrativo, infatti, ha annullato una delibera della Giunta Fontana portando allo stop dello spandimento in agricoltura dei fanghi da depurazione e creando incertezza su tutto il territorio nazionale. A questo problema si è provato a porre una “soluzione tampone” con il DL emergenze, in vigore dal 29 settembre scorso nel quale appunto l’art. 41 dispone che, in attesa di rivedere tutta la disciplina di settore, il riferimento normativo rimane il D.Lgs. 99/1922.
Lo stesso art. 41 introduce un limite specifico di 1000 mg/ kg per gli idrocarburi C10-C40, limite che si intende comunque rispettato se la ricerca dei marker di cancerogenicità fornisce valori inferiori a quelli definiti ai sensi della nota L, contenuta nell’allegato VI del regolamento (CE) n. 1272/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, richiamata nella decisione 955/2014/UE della Commissione del 16 dicembre 2008. Una situazione di emergenza che è ben lontana dall’essere conclusa se si considera che in Italia la produzione annuale di fanghi è stimata intorno ai 5 milioni di tonnellate e che il nostro Paese è afflitto da un grave deficit impiantistico sia per quanto riguarda gli impianti di trattamento fanghi sia per i termovalorizzatori. Le percentuali sul destino dei fanghi mostrano infatti come il 25% di quanto prodotto viene smaltito in discarica, mentre il 46% è impiegato per la produzione di compost, il 38% per lo spandimento in agricoltura e il 6% a termovalorizzazione. In attesa quindi della revisione organica della normativa di settore, promessa dal decreto legge 28 settembre 2018, n. 109, restano comunque troppe incertezze e poche ga-
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ranzie per la salute e per l’ambiente, situazione che poco si adatta ad un Paese come il nostro, simbolo dell’agroalimentare di qualità.
AD AMSTERDAM SI VA A PESCA DI PLASTICA RICICLATA Tra i numerosi progetti innovativi nati negli ultimi tempi per risolvere il grave problema delle plastiche e del marine litter, va sicuramente segnalata la lodevole e “folcloristica” iniziativa messa in atto da Plastic Whale sui canali di Amsterdam. Azione e partecipazione sono le parole d’ordine dell’impresa sociale no profit avviata da Marius Smit con la mission di liberare le acque del pianeta dai rifiuti plastici e chiudere il product lifecycle attraverso il riciclo. Il tour è prenotabile su airbnb come esperienza a impatto sociale. Offre una visita guidata di due ore alla città di Amsterdam e la possibilità di contribuire alla salvaguardia del pianeta pescando plastica e gustando insieme bevande e snack. È accessibile a tutti al costo di 25 euro a persona e il ricavato è interamente destinato a finanziare il progetto. Il gruppo di Plastic Fisher sale a bordo di una piccola imbarcazione, rigorosamente elettrica, su cui è leggibile la frase “This boat is made of Amsterdam Canal Plastic” armato di retini da pesca ed eventuale giacca a vento dati in dotazione. Il visitatore può partecipare alla pesca o semplicemente godersi la gita in barca. L’iniziativa sta riscuotendo un successo impressionante e vanta ad oggi la partecipazione di 15.540 persone che hanno contribuito a raccogliere 146.000 bottiglie di plastica e 2.914 borse colme di rifiuti utilizzati per la costruzione di una flotta di 9 imbarcazioni. La scorsa primavera Plastic Whale ha avviato in partnership con Vepa la produzione di una linea di mobili da ufficio in plastica riciclata con un design ispirato al progetto. La prima collezione, lanciata a febbraio, comprende tavolo da riunione, sedie, lampade e pannelli fonoassorbenti. A sua volta, parte del ricavato è reinvestito in iniziative contro l’inquinamento e programmi educativi rivolti alle scuole, in un circolo virtuoso che fa bene all’ambiente.
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NEWS LE BIOENERGIE GUIDERANNO LA CRESCITA DELLE RINNOVABILI Dall’ultimo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Iea) sulle prospettive del mercato, “Rinnovabili 2018”, emerge come le bioenergie avranno la crescita maggiore fra le risorse rinnovabili fra il 2018 e il 2023, consolidando il loro ruolo fondamentale nella costruzione di un solido mix di rinnovabili e fornendo la garanzia di un sistema energetico più sicuro e sostenibile. Nei prossimi 5 anni, stando al rapporto Iea, le rinnovabili continueranno la loro espansione arrivando a coprire il 40% della crescita del consumo globale di energia. Il loro utilizzo continuerà a crescere più rapidamente nel settore elettrico, e rappresenterà quasi un terzo della produzione mondiale di energia nel 2023.
Meno positive sembrano essere invece le prospettive delle rinnovabili nel trasporto poiché, a causa di politiche di sostegno più deboli, il loro impiego si espanderà più lentamente nei settori del trasporto e del riscaldamento. Secondo il direttore esecutivo della Iea, Fatih Birol “le moderne bioenergie sono il gigante trascurato nel campo delle energie rinnovabili, la loro quota nel consumo mondiale delle rinnovabili è circa del 50% oggi, in altre parole come idroelettrico, eolico, solare e tutte le altre messe insieme. Noi ci aspettiamo che le moderne bioenergie continueranno a guidare il settore e che abbiano enormi prospettive di ulteriore crescita. Ma giuste politiche e regole rigorose di sostenibilità saranno essenziali per far conseguire il loro pieno potenziale”.
strutturale. Le procure e le forze di polizia stanno indagando anche a seguito di una direttiva inviata alle prefetture affinché vengano individuati i siti sensibili dal punto di vista ambientale. “Nelle more della costruzione della legge sulle Terre dei Fuochi, alla quale stiamo lavorando, cominciamo a declinare quali sono gli impianti a rischio” queste le parole del Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa. Lo stesso Ministro ha inoltre illustrato le principali novità del progetto di legge sui rifiuti all’interno del quale verrà inserito l’elenco dei siti che gestiscono materiale sensibile per l’ambiente, il rafforzamento dei controlli negli impianti, l’obbligo di fideiussione bancaria per chi vuole aprire un impianto di trattamento, l’inasprimento delle pene, il daspo ambientale e il sequestro allargato dei beni dei responsabili.
COLLISIONE NAVI IN CORSICA: FLOTTA DEL MINISTERO ALL’OPERA Si sono concluse le operazioni di svuotamento e recupero, dalla cassa danneggiata dalla collisione, del carburante ancora presente a bordo della nave Virginia da parte del rimorchiatore greco “AEGIS I”, che ha raggiunto l’area interessata dalla collisione avvenuta il 7 ottobre tra due mercantili al largo della Corsica. Le operazioni di svuotamento del carburante sono state fortemente volute dal Ministero dell’Ambiente che, nel suo ruolo di focal point nazionale dell’Accordo RAMOGE ha richiesto esplicitamente alla Prefettura Marittima francese,
NUOVI INCENDI NEGLI STOCCAGGI DI RIFIUTI E PREVISIONI NORMATIVE Dopo gli ultimi roghi che hanno interessato 2 depositi di rifiuti dell’hinterland milanese e che ci hanno mostrato una città dal cielo plumbeo e con odore nauseabondo di plastiche bruciate, si ritorna a parlare della strana incidenza degli incendi nei siti di stoccaggio rifiuti. Si parla di una media di 300 roghi negli ultimi 3 anni, una circostanza anomala che prima non si verificava con una tale frequenza e che fa pensare che si tratti di un problema
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NEWS che ha coordinato gli interventi, di attuare prioritariamente questa misura al fine di limitare l’inquinamento marino. Le acque antistanti l’Arcipelago toscano hanno visto impegnati i mezzi della Guardia Costiera italiana e mezzi antinquinamento della flotta del Ministero dell’Ambiente, in attività di monitoraggio al fine di prevenire ogni possibile danno in questa zona di mare di particolare interesse ambientale. Le quattro navi della flotta disinquinante nazionale erano presenti da subito sul luogo dell’incidente e hanno contribuito in maniera rilevante a recuperare circa 280 metri cubi di prodotto petrolifero sversato. “Gli interventi tempestivi - aggiunge il ministro Costa - hanno fatto tesoro dell’esercitazione antinquinamento RAMOGEPol 2018 svoltasi meno di un mese fa nell’Arcipelago de La Maddalena, una simulazione internazionale finalizzata alla risposta in caso di inquinamento da idrocarburi in mare, alla quale ho preso parte. Già in quella occasione abbiamo testato le nostre capacità e le operazioni di questi giorni hanno confermato l’ottimale livello di operatività congiunta sia nazionale sia internazionale. Il mio plauso, dunque, e il mio ringraziamento va sia al personale del mio Dicastero che alla Guardia Costiera, la cui professionalità ha permesso di lavorare in un clima di serena sinergia”.
390 MILIARDI DI DOLLARI DALLA CHIUSURA DELLE CENTRALI A CARBONE IN CINA Si ipotizza un risparmio di 390 miliardi di dollari, questo è l’importo che deriverebbe dalla chiusura in Cina delle centrali elettriche a carbone in perdita secondo lo studio di Carbon Tracker, il think tank finanziario indipendente che utilizza le immagini satellitari per valutare l’uso quotidiano e la redditività continua di ciascuna centrale elettrica a combustibili fossili. Con oltre 1000 centrali a carbone operative la Cina produce 4,3 miliardi di tonnellate di emissioni di CO2 all’anno. Attualmente, secondo Carbon Tracker le centrali in perdita sono il 40% del totale ma nel 2040 la percentuale potrebbe salire al 95% a causa dei costi legati alle normative sull’in-
quinamento e al prezzo crescente del carbone. Risulterebbe certamente più conveniente costruire impianti eolici e avviare progressivamente la dismissione delle centrali in perdita entro il 2021, osserva Carbon Tracker. Matt Gray, responsabile del settore energetico e delle utility di Carbon Tracker, spiega che “se la Cina non riuscirà a dismettere gli impianti a carbone, il mondo non riuscirà a contenere i pericolosi cambiamenti climatici. La nostra analisi dimostra che è negli interessi finanziari della Cina ritirare il carbone in modo coerente con l’accordo di Parigi”.
NAD AL PALAZZO DEI GRUPPI PARLAMENTARI DELLA CAMERA DEI DEPUTATI Il giorno 8 ottobre a Roma si è tenuto l’incontro tra NAD - Associazione Nazionale Demolitori Italiani, nella persona del suo presidente Emilio Omini e dell’ing. Ivan Poroli, Coordinatore della Commissione tecnica, e il Deputato Capogruppo M5s per la Commissione attività produttive ing. Andrea Vallascas, il dott. Luchino Corrias suo collaboratore e la dott.ssa Laura Dell’Agli. L’incontro, richiesto dallo stesso Capogruppo, è stato propedeutico ad approfondire i temi relativi al settore delle demolizioni e dello smaltimento dei rifiuti che ne derivano e a come poterli far convergere correttamente in un’ottica di economia circolare.
Sempre di economia circolare e delle problematiche legate al settore si parlerà all’evento Decommissioning - Stati Generali delle Demolizioni, alla sua nona edizione, che si terrà come di consueto a Rimini, nel contesto della manifestazione Ecomondo l’8 novembre mattina e vedrà presenti alla tavola rotonda, oltre a NAD, anche Syndial, Audis, Cassa Depositi e Prestiti, Sogin e numerose aziende del settore. Per quanto riguarda gli ultimi sviluppi associativi, NAD dà il benvenuto ad altre tre aziende soci effettivi: Tanningher Giuseppe, DEAM Ingegneria Srl, Ri.for.ma Tecnica Srl e Sani Rino s.n.c. che vanno ad aggiungersi ai nuovi ingressi degli ultimi mesi.
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L’ORA DEL CAMBIAMENTO L’ASSOCIAZIONE UNIRE È DIVENTATA UNICIRCULAR, UN NUOVO NOME CHE CHIARISCE L’INTENTO, OVVERO RAPPRESENTARE LE “FABBRICHE” DELL’ECONOMIA CIRCOLARE AIUTANDOLE NEL LORO PERCORSO VERSO LE ISTITUZIONI, GLI STAKEHOLDER E IL MERCATO di Massimo Viarenghi
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NICIRCULAR – Unione Imprese Economia Circolare fa parte di FISE – Federazione Imprese di Servizi e rappresenta un sistema che abbraccia numerose attività imprenditoriali: dal recupero di materia dai residui e dai rifiuti, riciclo e produzione di materie e prodotti secondari, re-manufacturing, preparazione per il riutilizzo di beni, componenti e articoli, ai servizi e alla logistica utili a modelli di business “circolari”. Proprio al tema dell’economia circolare è stato dedicato il 5° Rapporto AgiCensis “Perché all’Italia conviene l’economia circolare”, da cui emerge che è un ambito in cui l’Italia ha buone carte da giocare. Siamo il Paese con il più basso consumo di materiali grezzi in Europa, tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate, al primo posto per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi e si stima che l’industria del riciclo produca l’1% circa del Pil. Sono i numeri a dire che il nostro Paese è un punto di
riferimento in Europa quando si parla di economia circolare. Abbiamo il più basso consumo domestico di materiali grezzi: 8,5 tonnellate pro-capite contro le 13,5 della media europea. Siamo tra i più bravi ad estrarre valore dalle risorse utilizzate: 3,34 euro per ogni kg di risorse, contro un valore medio europeo di 2,20 euro per kg. Siamo al primo posto per circolazione di materiali recuperati all’interno dei processi produttivi: il 18,5% di riutilizzo contro il 10,7% della Germania. Sulla totalità dei rifiuti prodotti (129 milioni di tonnellate), solo il 21% viene avviato allo smaltimento (contro il 49% della media europea). Sulla totalità dei rifiuti trattati, l’Italia ne avvia al riciclo il 76,9% (il 36,2% nella media Ue). Nel 1999 il 68% dei rifiuti urbani veniva mandato direttamente allo smaltimento, ma oggi questa percentuale è scesa all’8% circa. Si stima che la sola industria del riciclo produca 12,6 miliardi di euro di valore aggiunto (circa l’1% del Pil). Abbiamo parlato con Andrea Fluttero,
Andrea Fluttero, Presidente di FISE UNICIRCULAR
Presidente FISE UNICIRCULAR, del rinnovamento dell’associazione e delle necessità che hanno le imprese della filiera. A inizio anno FISE UNIRE si è trasformata in FISE UNICIRCULAR. Perché questo cambiamento? Lo abbiamo deciso negli ultimi mesi del 2017 in considerazione di un approccio che stava cambiando sul tema del riciclo non più visto come un servizio ausiliario dell’economia lineare (produci, consumi, smaltisci) ma un vero e proprio anello dell’economia della catena circolare che ha una sua autonomia e una sua complessità. L’economia circolare, ossia ridurre, riusare e riciclare, è la possibilità di cogliere nuovi modelli di business, che possono assicurare vantaggi economici, am-
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bientali e occupazionali. È un modello complesso. Partendo dall’esperienza maturata nel mondo del riciclo il cambio di nome vuole rappresentare un’ambizione che abbiamo che è quella di allargare la nostra capacità di rappresentare non solo più le realtà produttive del riciclo ma quelle più ampie dell’economia circolare. Lo abbiamo fatto quindi per essere in linea con l’evoluzione che sta avendo il nostro sviluppo economico.
semplice ma l’ambizione è quella perché crediamo che avere un’associazione grande che rappresenti tutto il mondo del post consumo, ci permetterà di essere più ascoltati e autorevoli quando parliamo con gli altri pezzi della filiera che sono i decisori politici e l’opinione pubblica. UNICIRCULAR vuole inoltre essere un luogo di confronto e networking in cui le aziende associate possano scambiare esperienze, creare progetti e sviluppare il proprio business.
Quali sono le associazioni che fanno parte di UNICIRCULAR? Rappresentiamo da anni una serie di settori e ora stiamo cercando di allargare aggregando altre associazioni per avere ancora maggiore autorevolezza. Attualmente ad esempio abbiamo associazioni che fanno parte di UNICIRCULAR e che lavorano nell’ambito del fine vita dell’auto, delle apparecchiature elettriche ed elettroniche, del materiale da costruzione e demolizione, dell’abbigliamento e recentemente un’associazione che rappresenta le piattaforme di post raccolta. L’intento è essere un’associazione che rappresenta tutto il mondo del post consumo quindi stiamo dialogando con associazioni di altre filiere. Passare dal dialogo all’aggregazione non è un discorso
Le nuove direttive europee sono un’opportunità per le imprese italiane? Per le imprese italiane dell’economia circolare le direttive europee sono una grande opportunità. L’organizzazione e la strutturazione del mondo del riciclo in Italia è nata con il Decreto Ronchi nel 1997. A vent’anni di distanza l’esperienza che è maturata con la nascita delle filiere degli imballaggi trova oggi recepimento nella direttiva europea sui rifiuti e l’opportunità di migliorare le leggi a sostegno di questi settori per consentire loro di svilupparsi meglio. La stessa evoluzione tecnologica è molto cambiata rispetto agli anni del Decreto Ronchi. Quindi oggi, l’esperienza normativa da un lato e quella tecnologica dall’altro, insieme all’opportunità di recepire le direttive europee, consentono di migliorare molto
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le nostre leggi e noi come associazione possiamo dare consigli affinché il legislatore comprenda le caratteristiche del tessuto di ogni filiera. Noi auspichiamo nei prossimi mesi un dialogo tra parlamento e governo da una parte e operatori dall’altra in cui possano emergere miglioramenti e modifiche alle leggi esistenti che tengano conto delle direttive europee e dell’esperienza acquisita in questi anni in modo da creare un contesto di norme più favorevole rispetto a quanto è stato finora per far crescere ancora di più questo settore e per ridurre il quantitativo di materia prima che non viene avviata a riciclaggio. Le imprese italiane sono un’eccellenza per quanto riguarda il recupero e il riciclo. Abbiamo forse però bisogno di aziende che “chiudano il cerchio” di questa economia in Italia per evitare alti livelli di esportazione. Qual è il punto di vista dell’associazione? Per aumentare la quantità di aziende e di materiale che rinasce da materia prima seconda abbiamo bisogno di due cose: la prima è migliorare l’input ovvero non si può pensare che chi produce lo faccia senza preoccuparsi di prevedere la riciclabilità dei prodotti. È necessaria una maggior attenzione all’ecodesign e all’eco progettazione, non a caso ci sono direttive ad hoc a riguardo. La progettazione ecosostenibile di un oggetto è un elemento indispensabile nella società attuale. Mano a mano che aumenteranno i prodotti che sono
stati progettati con un occhio al fine vita aumenteranno i tassi di riciclo e la qualità dei rifiuti riciclati. Il secondo tassello sono i decreti end of waste, ossia la cessazione della qualifica di rifiuto. Semplificando, l’obiettivo è avere dei materiali con caratteristiche tali che non possano più essere classificati come rifiuti e che, con il cosiddetto end of waste, possano essere immessi sul mercato per essere riutilizzati. Non dimentichiamo però che è sempre fondamentale anche l’impegno dei cittadini per una raccolta differenziata di qualità in quanto tutti gli anelli della filiera possono dare un miglioramento complessivo. Le restrizioni della Cina alle importazioni hanno influito negativamente sul mercato? La Cina importava molto materiale soprattutto plastica e carta di bassa qualità con un alto livello di impurità. L’esportazione di questo genere di materiale a noi risolveva un problema in quanto potevamo continuare a fare una raccolta differenziata di scarsa qualità e rivenderla in Cina. Il mercato cinese ritirava infatti a costi minori di quanto non costi smaltire questo genere di rifiuto in casa nostra, ad esempio attraverso la termovalorizzazione. Dal momento che la Cina ha deciso di bloccare il ritiro di materiale di bassa qualità siamo obbligati a fare meglio. È chiaramente un problema ma è un problema che spinge a migliorarci.
A T T U A L I TÀ
CITTÀ SOSTENIBILI: UN BINOMIO POSSIBILE I CENTRI URBANI SONO I PROTAGONISTI DEL PROSSIMO FUTURO SOSTENIBILE. LE PREVISIONI DI CRESCITA DEMOGRAFICA NELLE GRANDI CITTÀ RENDONO NECESSARIA L’ATTUAZIONE DI POLITICHE LEGATE ALLA SOSTENIBILITÀ di Maeva Brunero Bronzin
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ggi il 55% della popolazione mondiale vive in aree urbane, una percentuale che dovrebbe aumentare al 68% entro il 2050. Le proiezioni mostrano che l’urbanizzazione, il graduale spostamento dalle aree rurali a quelle urbane, combinata con la crescita globale mondiale potrebbe aggiungere altri 2,5 miliardi di persone ai centri urbani entro il 2050, un incremento che sta interessando principalmente Asia e Africa, secondo quanto dimostrano i dati delle Nazioni Unite aggiornati al 2018. Nel futuro, l’aumento della popolazione urbana mondiale sarà prevalentemente concentrata in pochi paesi. India, Cina e Nigeria rappresenteranno insieme il 35% della crescita presunta tra il 2018 e il 2050. Si prevede che entro questa data l’India aggiungerà 416 milioni di abitanti delle città, la Cina 255 milioni e la Nigeria 189 milioni. La popolazione urbana del mondo è cresciuta rapidamente da 751 milioni nel 1950 a 4,2 miliardi nel 2018. L’Asia, nonostante il suo livello relativamente più basso di urbanizzazione, ospita il 54% della popolazione urbana mondiale, seguita da Europa e Africa con il 13% ciascuno. Oggi le regioni più urbanizzate comprendono l’America del Nord (con l’82% della popolazione che vive in aree urbane nel 2018), l’America Latina e i Caraibi (81%), l’Europa (74%) e l’Oceania (68%). L’Africa rimane per lo più rurale, con il 43% della sua popolazione che vive nei grandi centri. Alcune città hanno registrato un declino della popolazione negli ultimi anni. Questo fenomeno, conseguenza della contrazio-
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A settembre 2015 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, corredata da una lista di 17 obiettivi riguardanti tutte le dimensioni della vita umana e del pianeta, che dovranno essere raggiunti da tutti i paesi del mondo entro il 2030.
ne economica e di catastrofi naturali, si è concentrato in Asia e in Europa. In alcuni centri del Giappone e della Repubblica di Corea (ad esempio Nagasaki e Busan) si è riscontrato un declino della popolazione tra il 2000 e il 2018. Diverse città in paesi dell’Europa orientale, come la Polonia, la Romania, la Russia e l’Ucraina, hanno registrato un calo degli abitanti. Le cause in questo caso sono da ricercare nella bassa fertilità e nell’emigrazione. A livello globale, si prevede che un numero inferiore di città vedrà il declino delle loro popolazioni da oggi fino al 2030, rispetto a quanto accaduto negli ultimi due decenni. La popolazione rurale del mondo è cresciuta lentamente dal 1950 e dovrebbe raggiungere il suo picco in pochi anni. Attualmente il dato si attesta sui 3,4 miliardi e dovrebbe aumentare leggermente, per poi scendere a 3,1 miliardi entro il 2050. Africa e Asia ospitano quasi il 90% della popolazione rurale mondiale nel 2018. L’India ha la più grande popolazione rurale (893 milioni), seguita dalla Cina (578 milioni).
MEGA CITTÀ
Tokyo è la città più grande del mondo con un agglomerato di 37 milioni di abitanti, seguita da Nuova Delhi con 29 milioni, Shanghai con 26 milioni e Città del Messico e São Paulo, ciascuna con circa 22 milioni di abitanti. Il Cairo, Mumbai, Pechino e Dhaka hanno quasi 20 milioni di abitanti. Entro il 2020, si prevede che la popolazione di Tokyo inizierà a diminuire, per contro Nuova Delhi continuerà a crescere e diventerà la città più popolosa del mondo intorno al 2028. Secondo le stime entro il 2030 il mondo avrà 43 megalopoli con oltre 10 milioni di abitanti, la maggior parte delle quali in regioni in via di sviluppo. Tuttavia, alcuni degli agglomerati urbani a più rapida crescita sono città con meno di 1 milione di abitanti, molti dei quali situati in Asia e in Africa. Mentre una persona su otto vive in una delle 33 megalopoli in tutto il mondo, quasi la metà degli abitanti del mondo risiede in insediamenti molto più piccoli con meno di 500.000 abitanti.
L’URBANIZZAZIONE SOSTENIBILE È LA CHIAVE
I dati che abbiamo riportato un po’ spaventano. Come possiamo sopravvivere a queste mega città e non farci risucchiare in un turbine di inquinamento e malattie? L’unica soluzione è comprendere le tendenze chiave dell’urbanizzazione che potrebbe svilupparsi nei prossimi anni per l’attuazione dell’agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, e creare un nuovo quadro di sviluppo urbano. Mentre il mondo continua a urbanizzarsi, lo sviluppo sostenibile dipende sempre più dalla gestione efficace della crescita urbana, specialmente nei paesi a reddito basso e medio-basso dove si prevede che il ritmo di urbanizzazione sia più veloce. Molti paesi affronteranno sfide nel soddisfare le esigenze delle loro popolazioni urbane in crescita, tra cui alloggi, trasporti, sistemi energetici e altre infrastrutture, nonché per l’occupazione e i servizi di base come l’istruzione e l’assistenza sanitaria. Sono necessarie politiche integrate per migliorare la vita degli abitanti delle aree urbane e rurali, rafforzando nel contempo i collegamenti tra queste aree, sulla base dei loro legami economici, sociali e ambientali. Per fare sì che i benefici dell’urbanizzazione siano pienamente condivisi e inclusivi, le politiche per gestire la crescita urbana
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CITTÀ VIRTUOSE Riportiamo una serie di strategie messe in atto da alcune città che si sono distinte negli ultimi anni in un’ottica di sviluppo sostenibile (Fonte: GSE).
ANVERSA Anversa è una città del Belgio settentrionale che conta più di 500.000 abitanti, ma soprattutto è il secondo porto più grande d’Europa, uno snodo nevralgico per il Belgio e i Paesi limitrofi. Intorno alla città corre un sistema autostradale ad anello a sei corsie che collega Anversa con le principali città del Belgio (Bruxelles, Liegi e Gant). L’anello spesso è congestionato dal traffico e crea problemi alla circolazione che si riverberano anche all’interno del centro urbano. La strategia di Anversa per la mobilità: “Mobility Masterplan” prevede che entro il 2020 almeno la metà dei chilometri percorsi giornalmente nella Regione sia fatta mediante l’utilizzo di modalità di trasporto sostenibili. Poiché le autorità locali da sole non sono sufficientemente attrezzate per risolvere il problema è stato richiesto l’aiuto dei privati. Le aziende che offrono servizi di mobilità sono invitate, attraverso un sistema di gare denominato “Marketplace for Mobility”, a proporre modalità di trasporto sostenibili che includono: bike e car sharing e pooling, veicoli elettrici, smart mobility apps e soluzioni logistiche. In cambio le amministrazioni della Regione e della città di Anversa erogano un supporto economico e forniscono un aiuto alla diffusione e allo sviluppo dei servizi proposti. Il progetto è stato lanciato nel settembre 2016 e a settembre 2017, dopo un anno, aveva già coinvolto 40 partner. I servizi offerti includono car e bike sharing e anche soluzioni logistiche innovative, quali lo sfruttamento dei canali della città per movimentare le merci. Per quanto riguarda i progetti presentati in seguito al primo bando ne sono stati selezionati 10. Essi offrono un mix di soluzioni focalizzate su passeggeri e merci, coprono varie modalità di trasporto e cercano di ottenere risultati diversi: intermodalità, riduzione del tempo necessario per completare un processo specifico e aumento dell’efficienza di un servizio. Tra i progetti selezionati si segnalano: • Blue Line Logistics: gestisce un’innovativa flotta per la navigazione interna che funge da alternativa per il trasporto di merci utilizzando le vie navigabili interne. • Avantida: una piattaforma per impedire il trasporto di container vuoti. È prevista una compensazione in denaro per ogni container vuoto di cui è evitato il trasporto. • Mellow Cabs: un sistema di taxi basato su veicoli elettrici compatti.
BRISTOL Bristol è stata dichiarata dalla Commissione europea “European Green Capital 2015”. Il caso di Bristol è interessante perché le autorità cittadine hanno agito con successo in ogni ambito della sostenibilità mediante un approccio integrato guidato da un gruppo di lavoro intersettoriale appositamente costituito già nel 2007 (Bristol Green Capital Partnership). Bristol ha sviluppato e reso pubblica una metodologia per misurare, documentare e condividere i suoi traguardi tanto che ormai si parla di metodo Bristol come esempio di buona pratica per la sostenibilità urbana. È stata creata una valuta alternativa (Bristol Pound) per favorire il commercio di prossimità ed è stata creata una piattaforma, Go Green, in cui le piccole imprese condividono buone pratiche per favorire la green economy. È stato operato un forte impegno nella riduzione dei consumi domestici, nella produzione di energia da fonti rinnovabili e nello sviluppo del teleriscaldamento. Nel settore dei trasporti, sono stati attuati investimenti nella mobilità dolce in particolare in quella ciclabile, estensione del limite di velocità a 30 km/h all’80% del tessuto stradale urbano, smart ticketing e smarter bus stops. È stato dato un forte impulso per l’aumento della raccolta differenziata e del riciclaggio e sono stati realizzati i cosiddetti reuse hub dove le persone possono donare, scambiare o acquistare oggetti usati.
FRANCOFORTE Francoforte nel 2015 è stata considerata la città più sostenibile secondo il “Sustainable Cities Index” Francoforte ha dimostrato negli anni un forte impegno nel migliorare le prestazioni energetiche e ambientali del proprio contesto urbano grazie a una serie di azioni: • investimenti pubblici e privati nell’efficienza energetica; • efficienza nella produzione energetica grazie in particolare allo sviluppo degli impianti di cogenerazione; • edifici: i nuovi edifici devono essere passivi. La città sta inoltre attuando un’ambiziosa politica di green procurement, in particolare nel settore dell’edilizia: vietato ad esempio l’uso del legname tropicale e del PVC. Sono state redatte linee guida per la costruzione cost-effective; • mobilità elettrica: nell’ambito della strategia di “e-mobility 2025 di Francoforte”, un gran numero di progetti promuove l’uso di autovetture e altri veicoli elettrici, l’infrastruttura di ricarica necessaria e l’interconnessione di diversi mezzi di trasporto.
SEOUL Seoul ha conseguito negli ultimi anni risultati di rilievo in chiave di sostenibilità, ottenendo importanti riconoscimenti a livello internazionale (Nazioni Unite, ecc.). Nell’arco di 3 anni e mezzo (2011 – 2014) è stato ridotto il fabbisogno di energia dalle precedenti fonti di approvvigionamento per circa 2 Mtep (pari alla produzione di una centrale nucleare di oltre 2 GW). Uno degli strumenti per il risparmio energetico è il programma “Eco mileage”, un programma volontario in base al quale le famiglie e le imprese sono guidate ad adottare misure di risparmio energetico premiate attraverso punti con i quali è possibile acquistare prodotti green. Il sistema è gestito attraverso una piattaforma in cui si acquisiscono i dati di consumo e si verificano i risparmi conseguiti, in termini di emissioni, a seguito delle iniziative di efficienza e di risparmio energetico adottate. Il programma ha dimostrato un notevole successo con la partecipazione di 1,6 milioni di utenti e la riduzione del consumo energetico pari a -0,4 Mtep e delle emissioni di gas a effetto serra pari a -0,8 MtCO2.
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LONDRA Il piano “Healthy Streets of London” presentato nel dicembre 2016 punta a rimodernare e revisionare le strade della metropoli britannica per incoraggiare i londinesi a muoversi a piedi o in bicicletta. Si tratta di un piano con una visione di lungo termine con ottica al 2030 con i seguenti obiettivi: • migliorare l’ambiente urbano mettendo a disposizione più spazio per i pedoni e i ciclisti, non necessariamente attraverso la creazione di isole pedonali o piste ciclabili, ma anche attraverso l’allargamento dei marciapiedi e la riduzione delle carreggiate riservate alle auto; è inoltre previsto un nuovo design degli spazi pubblici in modo da favorire la socialità; • dare priorità all’efficientamento del trasporto pubblico, al rafforzamento dell’intermodalità tra trasporto pubblico e percorsi pedonali e ciclabili, alla messa in sicurezza delle strade e all’abbellimento dell’arredo urbano; • ricostituire il tessuto commerciale di prossimità e rendere i servizi più a portata di mano: piccoli negozi, scuole, luoghi di lavoro e tempo libero. Le analisi degli impatti del piano mostrano che se ogni londinese camminasse per 20 minuti al giorno, il risparmio in termini di spesa sanitaria pubblica sarebbe di circa 1,9 miliardi di euro.
devono garantire a tutti l’accesso a infrastrutture e servizi sociali (alloggio, istruzione, assistenza sanitaria, lavoro dignitoso, ambiente sicuro) concentrandosi sui bisogni dei poveri urbani e di altri gruppi vulnerabili. Il GSE ha pubblicato uno studio che individua le buone pratiche urbane in materia di sviluppo sostenibile. “Città sostenibili: buone pratiche nel mondo”, questo il titolo del rapporto, parte dal presupposto che i centri urbani possano e debbano giocare un ruolo da protagonisti per il perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, così come indicato nell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Una consapevolezza derivante dal fatto che nei centri urbani si concentra l’80% delle attività economiche globali e, di conseguenza, la maggior parte delle emissioni climalteranti. Lo studio GSE individua alcune buone pratiche ed esperienze virtuose sperimentate in città del mondo di diffe-
renti dimensioni, condizioni e localizzazioni, potenzialmente applicabili anche ad altri centri urbani. Tra le città analizzate figurano ad esempio: Milano, vincitrice dell’Eurocities Award nel 2015, grazie a progetti come l’Area C, una nuova linea della metropolitana e il Pass Mobility, che hanno consentito di ridurre l’uso dell’auto privata del 30%; Zurigo, al primo posto nel 2016 per il Sustainable Cities Index relativo alle buone pratiche di sostenibilità urbana, soprattutto in tema di riduzione delle emissioni; Anversa, che ha avviato il Market Place Mobility, per decongestionare il traffico attorno a quello che è il secondo porto più grande d’Europa; Parigi, che nel 2015 ha ospitato la COP 21, summit internazionale sui Cambiamenti climatici, e sta puntando molto sulla mobilità elettrica, anche attraverso piani di aiuti per i taxi, e fondi di garanzia per sostenere la bancabilità di progetti nel comparto dello sviluppo sostenibile.
A T T U A L I TÀ
I NUMERI DELLE MANCATE DEMOLIZIONI IN ITALIA L’ABUSIVISMO EDILIZIO, LE ORDINANZE DI DEMOLIZIONE, LA NON APPLICAZIONE DELLA LEGGE E LE DEMOLIZIONI MANCATE NEL RAPPORTO DI LEGAMBIENTE “ABBATTI L’ABUSO” di Maeva Brunero Bronzin
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egambiente ha pubblicato un interessante dossier dal titolo “Abbatti l’Abuso” in cui evidenzia quanto poco siano effettuati gli abbattimenti degli immobili colpiti da ordinanze di demolizione. L’associazione ambientalista ha contattato i comuni italiani sottoponendo loro un questionario in cui chiedeva di fornire alcune informazioni relative all’attività di contrasto all’abusivismo edilizio sul proprio territorio a partire dal 2004, anno successivo all’ultimo condono edilizio. Nel dettaglio, i dati richiesti sono stati: il numero di ordinanze di demolizione emesse, il numero di ordinanze eseguite, il numero di immobili regolarmente trascritti al patrimonio immobiliare comunale, così come obbligatoriamente si deve fare per legge. “Ne esce uno spaccato che lungi dall’avere le pretese di un censimento o di uno studio statistico, conferma la sostanziale inerzia di fronte all’abusivismo e alle prescrizioni di legge rispetto alle procedure sanzionatorie e di ripristino della legalità”- afferma l’associazione. L’indagine è stata realizzata su 1.804 comuni (il 22,6% del totale) e i risultati sono presto detti: 71.450 immobili colpiti da ordinanze di demolizione, più dell’80% però non ancora eseguite. Non solo non si demolisce, ma neppure si acquisisce al patrimonio pubblico come prevedrebbe la legge: appena il 3,2% di questi immobili risulta infatti trascritto dai Comuni nei registri immobiliari. Oltre 6.000 comuni italiani non hanno risposto al questionario e 82 hanno negato la diffusione delle informazioni. Secondo i numeri pubblicati dal dossier di Legambiente, in Italia risultano essere stati abbattuti solo 14.018 immobili rispetto ai 71.450 colpiti complessivamente da ordinanze di demolizione negli ultimi 15 anni: praticamente appena il 19,6% delle case dichiarate abusive. Valutando il rapporto tra ordini di demolizione e abbattimenti, la performance migliore è quella del Friuli Venezia Giulia, con il 65,1%; quella peggiore è della Campania, con il 3% di esecuzioni. Se si considera il numero assoluto di ordinanze, allora la prospettiva si corregge: il Friuli Venezia Giulia ha un tasso di demolizioni alto a fronte di un numero basso di ordinanze (l’1,1% a livello nazionale), mentre la Campania detiene il record di ordinanze, oltre il 23% del totale nazionale. Risultano buoni i risultati della Lombardia, che con il 6,9% delle ordinanze nazionali ne ha eseguite il 37,3%, del Veneto (9,5% delle ordinanze nazionali di cui eseguite il 31,5%) e della Toscana (7,1% delle ordinanze nazionali di cui eseguite il 24,8%). Se guardiamo alle regioni storicamente più esposte al fenomeno dell’abusivismo, la Sicilia ha il 9,3% del totale nazionale delle ordinanze emesse e di queste ne ha eseguite il 16,4%, la Puglia ha abbattuto il 16,3% degli immobili colpiti da ordinanza che sono il 3,2% del dato nazionale, la Calabria, sul 3,9% delle ordinanze nazionali ha solo il 6% delle esecuzioni. L’abusivismo lungo costa è sempre stato quello quantitativamente maggioritario e lo confermano anche i dati sugli abbattimenti: se nei comuni dell’entroterra la media delle ordinanze di demolizione è di 23,3 a comune, spostandosi al mare, il dato decuplica, arrivando a 247,5 ordini di abbattimenti. Come uscire da questo pantano? Legambiente propone nuove norme e chiede al Parlamento di intervenire con una proposta legislativa che renda più rapido ed efficace l’istituto delle demolizioni degli immobili abusivi, avocando innanzitutto la responsabilità delle procedure di demolizione agli organi dello Stato, nella figura dei prefetti, esonerando da tale onere i responsabili degli uffici tecnici comunali e i sindaci. Contestualmente, è necessario intervenire su altri tre aspetti significativi che concorrono all’efficacia delle procedure di ripristino della legalità in materia di abusivismo: il controllo della Corte dei Conti sul danno erariale prodotto; il rapporto tra la prescrizione del reato di abusivismo e la demolizione; l’effetto dei ricorsi per via amministrativa sull’iter delle demolizioni. Infine Legambiente propone di istituire un fondo di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025 per chiudere la stagione dei condoni edilizi e completare finalmente l’esame di milioni di pratiche ancora inevase e sepolte negli uffici comunali (secondo uno studio di Sogeea nel 2016 risultano ancora inevase 5.392.716 pratiche
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di condono edilizio, alcune addirittura risalenti al primo, quello del 1985). Procedendo, infine, all’emersione degli immobili non accatastati, le cosiddette “case fantasma”. “E’ bene, così come proponiamo, che la futura responsabilità sulle demolizioni passi ai Prefetti, per togliere qualsiasi alibi a chi, anche su queste vergogne, ha cercato e cerca consensi elettorali, ma è bene ricordare che continuano ad esistere, per fortuna, sindaci onesti, come quelli di Carini o di Altavilla Milicia che con tenacia, coraggio e determinazione non si sono fermati, hanno continuato ad abbattere, liberando i loro territori da scempi, illegalità e obbrobrioso cemento. A loro va il nostro plauso e ringraziamento”, ha dichiarato Gianfranco Zanna, presidente di Legambiente Sicilia. La normativa attuale prevede la trascrizione degli immobili che devono essere abbattuti nel patrimonio immobiliare pubblico: secondo la legge, infatti, il patrimonio edilizio abusivo, colpito da ordine di abbattimento non eseguito entro i tempi di legge, è a tutti gli effetti proprietà del Comune, che lo demolisce in danno dell’ex proprietario o può destinarlo a usi di pubblica utilità. “È però evidente che negli uffici comunali preposti quasi nessuno pensa di dover seguire queste prescrizioni, visto che rispetto ai 57.432 abusi non demoliti censiti da Legambiente solo 1.850 (appena il 3%) risulta oggetto di acquisizione al patrimonio comunale. Così le case restano nella di-
sponibilità degli abusivi che ne godono senza alcun titolo e senza oneri, nell’indifferenza più totale” - commentano dall’associazione. Una prassi consolidata, purtroppo, che però si scontra con l’applicazione della legge. Ne sanno qualcosa dirigenti e amministratori del comune di Lettere, in provincia di Napoli, che la Corte dei Conti, con sentenza del novembre scorso, ha condannato per omessa riscossione di canoni di occupazione e dei tributi relativi a due immobili abusivi acquisiti al patrimonio comunale, ma di fatto rimasti nelle mani dei proprietari. Un caso raro, quasi unico purtroppo. Ma che potrebbe rappresentare un esempio se altre Procure dovessero seguire la strada indicata dalla Procura generale di Napoli, autrice della citazione in giudizio. Per fortuna ci sono anche aree del nostro Paese in cui, seppur lentamente, gli abusi vengono abbattuti. È il caso del Salento, dove la Procura della Repubblica di Lecce prosegue da alcuni anni con gli interventi di demolizione. Qualche buona notizia arriva anche dalla Calabria, dove a febbraio i proprietari di un abuso in costruzione, a pochi metri dal mare nell’area marina protetta di Capo Rizzuto, nel crotonese, hanno deciso di abbatterlo senza aspettare che lo facesse il Comune o la Procura. E sono in corso quest’anno interventi di autodemolizione nel comune di Rocca di Papa, cittadina dei Castelli Romani, su ordine della Procura di Velletri, così come sono stati abbattuti all’inizio dell’anno due immobili in un territorio difficile come quello di Casal di Principe e di Caserta costruiti in aree a vincolo di inedificabilità. Sempre in Campania, le ruspe sono entrate in azione a Terzigno, dove era stato realizzato abusivamente un intero impianto sportivo all’interno del Parco nazionale del Vesuvio.
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A TORINO NASCE IL LABORATORIO PER LE TECNOLOGIE SOSTENIBILI FUTURE DALLA SINERGIA TRA ISTITUTO ITALIANO DI TECNOLOGIA, ENVIRONMENT PARK E POLITECNICO DI TORINO, UN NUOVO CONCETTO DI INSEDIAMENTO AD ALTO CONTENUTO TECNOLOGICO di Bruno Vanzi
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naugurato a Torino il nuovo centro di ricerca IIT, Istituto Italiano di Tecnologia, per le tecnologie future sostenibili. Il fine dei nuovi laboratori, insediati presso l’Environment Park, sarà sviluppare soluzioni innovative in grado di ridurre l’impatto negativo delle attività umane sul pianeta. Tre soggetti d’eccellenza, IIT, Envipark e Politecnico, hanno deciso di unire competenze e forze sui temi della sostenibilità, con l’idea di dare vita a un “miglio dell’energia e della sostenibilità”, di cui il Centro IIT è uno dei primi esempi concreti. L’obiettivo comune su cui si focalizzerà il Centre for Sustainable Future Technologies dell’IIT è lavorare su progetti per la riduzione dell’impatto dell’emissione di CO2 e per il miglioramento dell’efficienza dell’utilizzo delle energie alternative e delle materie prime. Il Centro IIT, di circa 1100 metri quadri e all’interno del quale opereranno 27 ricercatori e 18 studenti di dottorato, oltre a ricercatori affiliati del Politecnico di Torino, borsisti e tesisti, si trasferisce all’Environment Park, grazie alla collaborazione tra Istituto Italiano di Tecnologia e Politecnico di Torino, all’interno di un programma di potenziamento dei laboratori del Parco scientifico torinese, finalizzato alla realizzazione di ricerca applicata e trasferimento tecnologico nei settori della produzione e utilizzo sostenibile dell’energia e delle materie prime e dei processi innovativi di recupero e riutilizzo della CO2. Tra i primi progetti allo studio nel Centre for Sustainable Future Technologies i team multidisciplinari stanno già lavorando a Recode ed Engicoin, entrambi sostenuti dall’Unione Europea nell’ambito dello sviluppo dell’economia circolare. Recode punta a trasformare l’anidride carbonica prodotta nei cementifici in una risorsa per la produzione di additivi che aumentano le prestazioni del cemento stesso, attraverso lo sviluppo di sostanze liquide capaci di assorbire e, successivamente, rilasciare anidride carbonica. La CO2 catturata sarà poi utilizzata nel processo di produzione di nanoparticelle di calcio, l’acido
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ossalico, l’acido formico e la glicina, da utilizzare come additivi nel cemento armato. I laboratori di Torino si occuperanno della fase di testing, mentre sarà presto istituito un impianto pilota ad Atene, nel cementificio Titan, partner del progetto, dove verranno verificate su larga scala la bontà del processo complessivo, primo passo per una successiva industrializzazione. Il progetto Engicoin ha invece l’obiettivo di costruire una piattaforma per il trattamento dei rifiuti organici, basata sulla digestione di diverse famiglie di microbi e da cui è possibile ottenere la produzione di sostanze chimiche, come bioplastiche, acido lattico e acetone. Il processo di integrazione sarà garantito attraverso lo sfruttamento di fonti di calore a basso grado, flussi di gas ed energia elettrica a basso prezzo, prodotta durante la notte da un motore di cogenerazione alimentato a biogas. Il Politecnico, per parte sua, sta trasferendo all’Environment Park attività legate all’energia e alla sostenibilità ambientale, mettendo a sistema la ricerca verticale di diversi Dipartimenti e quella più orizzontale dei Centri interdipartimentali, collegando questi laboratori alle attività dell’Energy Center. Tra queste, saranno potenziati attraverso una nuova infrastruttura di ricerca i laboratori focalizzati sullo sviluppo di processi biotecnologici, elettrochimici e termochimici innovativi, per la formazione di prodotti ad elevato valore aggiunto da materie prime rinnovabili (CO2, biomasse), che garantiscano una gestione dei processi sostenibile, ricorrendo alla modellizzazione di scenari per una solida analisi delle strategie energetiche. Troverà una collocazione in questi spazi anche il Centro di competenza “SEASTAR - Sustainable Energy Applied Sciences, Technology & Advanced Research”, fondato da DGS UNMIG - Direzione Generale per la Sicurezza anche ambientale delle attività minerarie ed energetiche del Ministero dello Sviluppo Economico e dal Politecnico: un polo multidisciplinare che svolgerà attività di studio, ricerca e innovazione tecnologica nell’ambito della sicu-
rezza, anche ambientale, degli impianti di ricerca e coltivazione degli idrocarburi in mare. È in previsione, poi, il trasferimento a Environment Park dell’attività di ricerca legata all’efficienza energetica edilizia e alla valutazione della qualità ambientale indoor. “Envipark, eccellenza del territorio torinese, si conferma il punto di riferimento dell’innovazione per le tecnologie sostenibili a livello italiano - sottolinea Davide Canavesio, Amministratore Delegato di Environment Park - e si pone come luogo fisico fertile per le aziende che vogliono sviluppare progetti di green economy, utilizzando laboratori e competenze che solo qui si possono trovare in tale concentrazione. Questa tipologia di insediamento rappresenta una modalità innovativa, basata sulla stretta sinergia con gli enti di ricerca, il cui obiettivo è porre le condizioni per rendere accessibile al sistema delle imprese la ricerca e le infrastrutture ad alto contenuto tecnologico”. “La situazione che vive oggi il nostro pianeta è quello di un debito di sostenibilità - dichiara Roberto Cingolani, Direttore Scientifico di IIT -, ne sono un esempio l’inquinamento delle acque, le emissioni di gas tossici, l’aumento dei rifiuti, come la plastica che danneggia l’ecosistema marino, ma anche la riduzione della biodiversità. Si tratta di una situazione complessa, che vede interessate le diverse regioni del mondo in modo differente. È quindi fondamentale investire nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie che riducano l’impatto dell’attività umana sull’ambiente, nel breve e nel lungo periodo. Le ricerche svolte nei nuovi laboratori di IIT all’Environment Park vanno proprio in questa direzione e, gra-
zie anche alla collaborazione con il Politecnico di Torino, credo che potremo contribuire a rendere la Terra un luogo più salutare”. “Environment Park e IIT stanno diventando sempre più partner strategici per l’Ateneo - commenta il Rettore del Politecnico Guido Saracco - Stiamo creando un vero e proprio ‘miglio dell’energia’, che parte dai nostri laboratori nella sede storica del Politecnico, passando per l’Energy Center e arrivando all’Environment Park, che sarà il cuore della ricerca su tutti i temi che riguardano, in senso ampio, non solo l’energia ma lo sviluppo sostenibile, l’ambiente e le clean technologies. Questo permetterà di creare un grande spazio urbano, una vera e propria infrastruttura di ricerca condivisa dove tutti i partner potranno operare in modo sinergico”.
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40 ANNI DI POLLUTEC LA FIERA È DIVENTATA UN APPUNTAMENTO INTERNAZIONALE IMPERDIBILE PER TUTTI GLI OPERATORI ECONOMICI DELL’AMBIENTE E DEL CLIMA di Laura Veneri
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ono passati 40 anni dalla prima edizione del salone francese dedicato alle attrezzature per il trattamento dell’inquinamento e dei rifiuti; tanti sono gli anni trascorsi ma la fiera e i temi non sono invecchiati, anzi, si sono rinnovati e oggi Pollutec è al tempo stesso una vetrina dell’ambiente, in quanto rappresenta un concentrato unico di eco innovazioni e di tecnologie verdi, e un evento unificatore, che riunisce tutte le filiere e gli operatori del settore e contribuisce a sostenere le emergenze delle filiere. In questa edizione 2018 Pollutec affiancherà le aziende, le città e i territori nella realizzazione di progetti e creerà delle opportunità concrete per rispondere alle sfide ecologiche, economiche e sociali. La fiera offre soluzioni che permettono di utilizzare le risorse in un modo più efficace, di lottare contro i cambiamenti climatici e i suoi impatti territoriali, di migliorare le condizioni di vita e di preservare la biodiversità. Recover ha intervistato Stéphanie GayTorrente, Direttore di Pollutec, per carpire informazioni utili e organizzare la visita alla prossima edizione della fiera che si terrà dal 27 al 30 novembre a Lyon Eurexpo.
Pollutec compie 40 anni. Che iniziative saranno organizzate per celebrare la manifestazione? Stiamo preparando alcune sorprese per i nostri visitatori ed espositori… in particolare un libro sui 40 anni di Pollutec, che ripercorrerà la storia del marchio e dell’evoluzione della filiera; questo libro sarà composto da numerose testimonianze e interviste. Chiederemo ai visitatori di inviarci i loro migliori ricordi sui social network, dove creeremo una story dedicata. Infine, abbiamo pubblicato un giornale online, “capteurs d’avenir” che è possibile scoprire fin da ora (blog.pollutec.com). La transizione verso un’economia circolare è un obiettivo europeo. L’economia circolare è un tema “caldo” anche per Pollutec? In effetti, l’Europa ha adottato un Pacchetto Economia circolare con obiettivi ambiziosi fortemente focalizzati sui rifiuti e il riciclaggio. La Francia, dal canto suo, ha pubblicato in aprile i suoi intenti che comprendono 50 misure in grado di soddisfare tutti gli attori: cittadini e consumatori, collettività, aziende, Stato ed enti pubblici. Le misure annunciate riguardano essenzialmente lo smista-
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mento, il riciclaggio e la valorizzazione dei rifiuti. Ma alle aziende si chiede anche di produrre “meglio”. Pollutec infatti pone fortemente l’accento sull’economia circolare nel senso più ampio del termine: tutte le pratiche cioè che permettano di preservare, sfruttare al meglio e sprecare meno le risorse naturali (aria, acqua, suolo e materie prime). Sono inoltre presentati beni e servizi a basso impatto ambientale o energetico, soluzioni che facilitano il riutilizzo o il riciclaggio di nuovi materiali. In questo contesto, proponiamo un importante focus sulla tematica cruciale della plastica. Oggi l’Europa produce 25 milioni di tonnellate di rifiuti in plastica all’anno, ma meno del 30% vengono raccolti per essere riciclati. E a livello mondiale, le materie plastiche rappresentano l’85% dei rifiuti trovati sulle spiagge, senza parlare delle microplastiche di cui non sappiamo ancora misurare la portata… Questa edizione 2018 accoglie inoltre il primo Summit internazionale per le città e i territori impegnati nell’economia circolare, il cui obiettivo principale è favorire la realizzazione di progetti territoriali sulla base di cooperazioni tra attori pubblici, privati e società civile.
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D’altronde, Pollutec propone numerose animazioni specifiche per illustrare le trasformazioni delle diverse filiere verso dei modelli di economia circolare - veicoli fuori uso, rifiuti elettrici ed elettronici ed in particolare i telefoni cellulari, smaltimento dei rifiuti da cantiere e delle imbarcazioni al termine della loro vita utile - con la possibilità di assistere anche a sessioni di smantellamento “live”. Pollutec accoglie un Paese d’Onore ospite in ogni edizione. Quest’anno sarà il Burkina Faso, uno stato che sta vivendo una crescita economica importante… L’obiettivo è di approfittare di Pollutec per far conoscere le opportunità di un paese creando incontri sul salone tra gli attori pubblici e privati del paese prescelto e i nostri visitatori ed espositori che non hanno gli strumenti per recarsi in questi paesi. Batio Bassiere, Ministro dell’Ambiente dell’Economia Verde e del Cambiamento Climatico e le sue équipe coordinano la partecipazione degli attori pubblici e privati a Pollutec. Presenteranno numerosi progetti focalizzati su 5 tematiche: • acqua, in particolare sui bisogni di approvvigionamento di acqua potabile; • rifiuti, si tratta di esigenze specifiche, come la raccolta e il riciclaggio dei pannelli fotovoltaici che, a differenza della Francia, rappresentano dei beni di consumo comuni che è possibile acquistare al mercato di strada; • energia, ricordiamo ad esempio l’inaugurazione dello scorso anno del più grande impianto fotovoltaico alla presenza di Emmanuel Macron; • città sostenibile, una tematica importante in un contesto di forte urbanizzazione per il continente africano; • agricoltura sostenibile, in un paese dove l’economia si basa soprattutto sull’agricoltura e sulla trasformazione delle sue materie prime, si cerca di ridurre gli impatti di queste attività, il paese ad esempio è il primo esportatore di cotone e cerca soluzioni per i sotto prodotti della coltivazione di karité.
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In che modo la Francia può essere un partner importante dei paesi in via di sviluppo? Il secondo obiettivo per il paese d’onore prescelto è quello di farlo beneficiare delle esperienze di collaborazioni esistenti tra il paese all’onore e gli operatori in particolare francesi. Per quanto riguarda il Burkina-Faso beneficiamo della lunga esperienza di attori lionesi in Burkina-Faso e più in particolare a Ouagadougou. Dal 1993 infatti, Ouagadougou e Lione cooperano sul tema dei servizi municipali e della gestione urbana: sfide importanti per la città africana che sta conoscendo una crescita urbana esponenziale! Le sfide ambientali del prossimo futuro sono molte. I visitatori della fiera troveranno delle risposte e soluzioni applicabili alla quotidianità? Sì è vero, le sfide ambientali e climatiche sono molteplici. È necessario decarbonizzare le nostre risorse di energia, ridurre i consumi energetici nell’edilizia, nei trasporti e nell’industria, gestire meglio le risorse, preservare la biodiversità, e molto altro ancora. Pollutec rappresenta a questo proposito un concentrato di soluzioni per tutti i settori trattati: acqua, aria, rifiuti, rischi, energia, efficienza energetica, bonifiche, ecc. Quest’anno, tra le innovazioni già dichiarate dagli espositori sul sito del salone, molte permettono di fornire delle risposte nel quotidiano. Alcune riguardano la salute, come in particola-
re il dispositivo del gruppo Suez che si basa su microalghe che permettono di purificare l’aria urbana e valorizzare la CO2 in energia verde, oppure il sistema di rilevazione in 48 ore della Legionella pneumophila nell’acqua proposta da C4Hydro. In termini di comfort edilizio, Ecomesure propone una soluzione che ottimizza la ventilazione in base alla qualità dell’aria esterna e dell’aria interna. Per facilitare inoltre nel quotidiano il lavoro degli operatori ecologici, Eurovoirie lancia un aspiratore elettrico che si sposta in modo autonomo: l’operatore deve solo orientare il tubo flessibile e si affatica meno. Allo stesso modo, gli operatori di smistamento dei rifiuti avranno la possibilità di misurare il numero dei loro gesti grazie a orologi connessi. Altre soluzioni permettono ai ristoranti o a piccole collettività di disimballare i prodotti alimentari dal loro packaging in unità adatte (di piccola taglia). Infine una nuova gamma di soluzioni permette di riutilizzare dei terreni bonificati in materiali alternativi in base al loro uso (progetti di sviluppo, tecniche stradali, paesaggistica). Che importanza ricoprono gli espositori e i visitatori italiani per la manifestazione? Dopo la Francia e la Svizzera, l’Italia è il terzo paese meglio rappresentato per numero di partecipanti. Per quanto riguarda gli espositori, già una sessantina di aziende sono iscritte. Tra queste alcuni leader italiani che espongono a Pollutec da numerose edizioni.
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PREVENIRE IL MARINE LITTER PARTENDO DAI FIUMI I RIFIUTI MARINI PROVENGONO PER L’80% DALLA TERRAFERMA (FONTE UNEP), IL PROGETTO PILOTA “IL PO D’AMARE” MIRA A RACCOGLIERE LE PLASTICHE IN AMBIENTE FLUVIALE PER EVITARNE LA DIFFUSIONE IN MARE di Maeva Brunero Bronzin
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ulle acque del Po, in località Pontelagoscuro, sul territorio del Comune di Ferrara, è in atto una sperimentazione portata avanti da Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Corepla e Castalia, e realizzata in collaborazione con l’Autorità di Bacino per il Po e con il patrocinio del Comune di Ferrara e AIPO (Agenzia Interregionale per il fiume Po). Il progetto prevede l’utilizzo di tecniche innovative per il recu-
pero, la selezione e infine l’avvio al riciclo di rifiuti polimerici intercettandoli nei corsi d’acqua prima che vengano dispersi in mare. Abbiamo avuto il piacere di incontrare l’ing. Lorenzo Barone, direttore tecnico di Castalia Consorzio Stabile S.C.p.A, e farci raccontare nel dettaglio in che cosa consiste e come funziona il sistema di intercettazione e recupero delle plastiche da loro ideato. Il sistema che avete progettato sfrutta le caratteristiche dei rifiuti plastici, come funziona? Stiamo cercando di perfezionare un sistema semplice, innovativo e non invasivo che permetta di agire senza interferire con l’habitat del fiume. È costituito da barriere tubolari galleggianti in polietilene posizionate sul corso del fiume secondo angolazioni utili a intercettare, a seconda della corrente, materiali con una determinata densità e che all’interno contengono aria e hanno quindi una galleggiabilità superiore. Gli altri corpi, i tronchi ad esempio, urtano le barriere e, subendo ancora la spinta della corrente, vengono spinti al di sotto, al contrario dei rifiuti polimerici intercettati che, per il loro differente peso specifico, vengono a convogliarsi nelle aree di raccolta delimitate dalle
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di plastica. La posizione individuata attualmente è a circa 90 km dalla foce del Po, in modo da ovviare ai processi di risalita dell’acqua di mare che non ci avrebbero consentito di sfruttare la corrente unidirezionale, e a valle di un’ansa del fiume dove il materiale galleggiante viene naturalmente dirottato. Avete progettato una nuova tipologia di barriera o riadattato un sistema già utilizzato in precedenza? Nella primissima fase sperimentale abbiamo impiegato le attrezzature che abitualmente utilizziamo nelle nostre attività di antinquinamento in mare. Queste ci hanno consentito di valutare le caratteristiche ed i quantitativi dei materiali tipicamente trasportati dai fiumi. In seguito abbiamo progettato, costruito e sperimentato diversi prototipi di barriere con lo scopo di ridurre al minimo le interferenze con l’ambiente e ottimizzare la selezione del materiale raccolto. Ad oggi il sistema (in attesa di brevettazione) è studiato in modo da consentire di modulare e riadattare l’assetto in funzione dell’intensità della corrente.
barriere e poi prelevati giornalmente. I tubolari sono fissati a terra solo su una sponda, anche perché il fiume è navigabile, mentre dall’altra parte sono ancorati sul fondo. Le barriere sono inoltre dotate di un sistema di sicurezza di sgancio che le protegge da eventuali violenti impatti con oggetti di grosse dimensioni trasportati dal fiume. Vi siete già fatti un’idea dei risultati che si possono ottenere? Al momento, dopo tre mesi di sperimentazione - abbiamo iniziato l’attività il 18 luglio -, possiamo dire che il sistema funziona. Dobbiamo soltanto attendere i mesi più piovosi quando si determinerà l’innalzamento del livello del fiume e l’aumento della corrente per testarne la resistenza. Il materiale recuperato al momento è quantificabile in circa 5 chili al giorno, ma i risultati che abbiamo ottenuto finora ci sembrano positivi. Abbiamo infatti attivato un sistema di telecamere che funziona ventiquattr’ore su ventiquattro dal quale si è rilevato che la quantità di plastica che passa in questo periodo nel fiume non è elevata. Da quanto abbiamo potuto verificare al momento riusciamo a convogliare almeno il 90% dei rifiuti plastici intercettati sulla sezione del fiume dove è presente la barriera. C’è un motivo particolare per cui il progetto è stato messo in atto su questo tratto del Po? Abbiamo scelto di sperimentare il nostro sistema sul Po perché essendo il principale fiume italiano che attraversa 13 Province distribuite su 4 Regioni densamente abitate dovrebbe essere quello che raccoglie più plastica. È però da rilevare che quando abbiamo lanciato la sperimentazione sul Sarno, in un periodo estivo, abbiamo raccolto in una notte sola più di 50 chili
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Che tempi vi siete dati e qual è lo sviluppo del progetto? Fino a metà novembre rimaniamo in posizione portando avanti la sperimentazione a carico nostro, e avremo il resoconto del quantitativo raccolto. Vediamo che risultati otteniamo e se sono positivi ci auspichiamo che siano le Amministrazioni o le Autorità di Bacino a sposare il progetto. Corepla ha dato la sua disponibilità come ultima maglia della catena del sistema, per raccogliere la plastica e completare l’iter per il riciclo. La plastica raccolta infatti non ha problematiche legate alla salinità superficiale proprio perché in questo caso siamo sul fiume. Alcune amministrazioni come la Regione Lazio ci hanno contattato perché vorrebbero che un sistema del genere venisse posizionato sul Tevere, quindi stiamo cercando di muoverci in questa direzione, tenendo conto che ogni fiume ha una sua peculiarità. Certo un sistema di questo genere con delle piccole modifiche dovrebbe essere adattabile a tutte le realtà. Quindi l’unico limite a livello fisico di questo tipo di sistema è il fatto che per la navigabilità bisogna lasciare delle aree libere? Il sistema è progettato per poter essere modulare e quindi adattato a diversi scenari senza mai ostruire interamente il fiume. A differenza del mare, dove c’è una componente percentuale determinata dal vento, il materiale plastico nei fiumi è portato quasi totalmente a valle dalla corrente. Questo ci consente di individuare le anse dove i materiali galleggianti andranno naturalmente ad accumularsi e quindi scegliere il luogo ottimale dove andare a posizionare la barriera e il punto di raccolta senza limitare la navigabilità del corso d’acqua. Quali tipologie di plastiche vengono raccolte? Bottiglie di plastica per alimenti - principalmente acqua minerale, dal momento che l’Italia è tra i principali consumatori in Europa, e bevande gassate -, flaconi per i detersivi e una piccola percentuale di oggetti tipo piccoli giocattoli in plasti-
ca. Il materiale recuperato è assolutamente compatibile con gli impianti di riciclo e verrà riutilizzato per produrre gli stessi tipi di prodotti. L’inquinamento delle plastiche è un fenomeno diffuso e costante del tempo, prevedete che questo tipo di azione che state sperimentando diventi una soluzione fissa? Le azioni necessarie per ridurre la sempre più massiccia presenza di plastica nei nostri mari sono ovviamente tante. Riteniamo che il nostro sistema sia una di queste e che possa essere veramente efficace solo se implementata su larga scala e mantenuta nel tempo in modo da ridurre in maniera significativa l’apporto di nuovi inquinanti in mare. Rispetto alla raccolta delle plastiche direttamente in mare, l’Italia sta facendo qualcosa? Si vedono un sacco di idee su YouTube, prodotte magari all’estero da start up... I sistemi proposti sono effettivamente tanti ma sono ideati o per raccogliere piccole quantità in acque protette o legate all’utilizzo di mezzi marittimi con costi alti e con un elevato carbon footprint. In genere le spese sono sostenute dalle amministrazioni pubbliche, ed è più economico ed efficace cercare di risolvere il problema sui fiumi prima che arrivi in mare. In ogni caso riteniamo che l’attenzione che viene posta sul problema dell’inquinamento da plastica e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica siano un elemento importante. Pen-
so che in continenti come l’Europa e il Nord America siamo a buon punto, non so se si potranno ottenere a breve termine gli stessi risultati in altri continenti come l’Africa o gli stati a sud dell’Asia, come Pakistan o India, per esempio, dove i problemi sono di diversa natura. Qualcuno diceva infatti che la sensibilità ambientale di ogni stato è direttamente proporzionale al benessere dello stato. Noi oggi stiamo agendo sul Mediterraneo che è un mare chiuso e quindi particolarmente sensibile. L’Italia in questo contesto ha un ruolo importante e ritengo abbia il dovere di contribuire incisivamente affinché l’inquinamento almeno in quest’area del pianeta si riduca. È vero che esistono sistemi che potrebbero essere applicati a rimorchio, dietro alle imbarcazioni che già navigano, che potrebbero raccogliere in modo passivo quello che trovano? Io non ne conosco: è difficile che una nave da crociera si presti ad un lavoro del genere, devono essere delle unità specializzate a recuperare le plastiche. Una volta Castalia faceva la raccolta per conto del Ministero dell’Ambiente, le navi addette alla vigilanza che uscivano la mattina per verificare l’eventuale presenza di macchie di idrocarburi, raccoglievano i rifiuti galleggianti di una certa consistenza che incontravano lungo il percorso come plastica, tronchi galleggianti pericolosi per la navigazione, rifiuti convogliati in mare dai fiumi che si rinvenivano a fronte di piogge consistenti.
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ESSERE PARTE DELLA SOLUZIONE MARTIN MAIRHOFER E ALEX RAICH SONO GLI INSTANCABILI TITOLARI DELLA ECOTEC SOLUTION. LI ABBIAMO INCONTRATI PER FARCI RACCONTARE QUALCHE ANTICIPAZIONE SULLE MACCHINE CHE SARANNO PRESENTATE ALLA FIERA ECOMONDO DI RIMINI di Maria Beatrice Celino
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ovità commerciali, nuove soluzioni tecnologiche, obiettivi di crescita sono solo alcune domande che abbiamo posto a Martin Mairhofer e Alex Raich, i titolari della Ecotec Solution, l’azienda in provincia di Bolzano che da alcuni anni si sta facendo conoscere per l’alta qualità delle macchine di cui è distributore esclusivo in Italia e per la fiducia di cui gode il personale. Ecotec Solution nasce nel 2015 in un momento in cui il mercato risente ancora pesantemente della crisi. Nonostante tutto, oggi si è ritagliata una buona fetta di mercato. Qual è il “segreto del vostro successo”? Non c’è un segreto ma una combinazione di fattori e tanto impegno. Un impegno quotidiano che, affiancato alla nostra proposta di marchi e macchine performanti e di qualità, garantisce i risultati. Dedichiamo la massima attenzione alle necessità dei clienti per trovare la soluzione ideale per ognuno. Ogni cliente, infatti, non è uguale all’altro e l’ascolto delle singole esigenze premia il rapporto. Non da ultimo offriamo un servizio di post vendita per cui non lo lasciamo solo dopo l’acquisto delle macchine. Inoltre le nostre macchine sono di affidabilità tedesca e già questa è un’altra garanzia. Poco alla volta siete cresciuti e oggi siete una bella squadra. Quanto è importante lo
spirito di gruppo per portare avanti progetti di crescita? Crediamo molto nel nostro team e stiamo investendo in questo, infatti, ci troviamo in una fase di cambiamento per affrontare il passo della crescita aziendale. Stiamo investendo in personale interno ed esterno, sul fronte dell’assistenza e sul fronte commerciale. Avere una squadra allineata, competente e motivata è tutto quello che conta. Abbiamo delineato una nostra visione interna, che mette al centro la soddisfazione del nostro team e questo avrà come conseguenza il gradimento dei nostri clienti e partner. In pochi anni avete acquisito collaborazioni con marchi conosciuti a livello mondiale. Con i vostri prodotti coprite tutte le fasi del trattamento dei rifiuti? Attualmente stiamo consolidando alcuni campi di applicazione del trattamento rifiuti. Il nostro obiettivo è di avere una vasta gamma di tecnologie da offrire ai clienti in esclusiva per il mercato italiano. Questo ci dà la possibilità di essere competenti e di poter scegliere la soluzione migliore per il cliente. Le tecnologie principali dei processi di trattamento, come i trituratori e le tecnologie di separazione sono coperte nel nostro portfolio da marchi importanti come Untha, Eurec e Binder+Co. Per la parte di macchinari mobili stiamo ampliando la nostra gamma. Per tutte le esigenze che non riusciamo a soddisfare direttamente ci appoggiamo ai nostri
partner grazie ai quali possiamo garantire una copertura totale di tutte le fasi del trattamento rifiuti. Il mercato attualmente in Italia è in salute? Ci sono tante richieste, perché il mercato è in una fase difficile e gli operatori cercano di trovare soluzioni per il futuro e al tempo stesso di incrementare i loro profitti. I contributi per l’industria 4.0, per l’iperammortamento e per le agevolazioni della Sabatini sono un segnale molto positivo che aiuta le vendite ma quello che non permette al mercato un reale rilancio è la mancata emanazione di norme chiare, che sta frenando gli investimenti. Vi siete specializzati nella fornitura di singoli macchinari o siete in grado di progettare impianti completi? La nostra specializzazione è nella fornitura di macchinari, ovviamente ogni macchina ha come scopo un risultato finale di un processo di trattamento che può essere più o meno complesso e ampio. Negli ultimi anni abbiamo acquisito una competenza molto importante, lavorando su tanti progetti, e perciò riusciamo a offrire soluzioni sempre più vaste. Oggi siamo in grado di progettare impianti, ad esempio di CSS da rifiuti, in 3D con un investimento fino a circa 3 milioni di Euro. Ogni progetto è personalizzato sul cliente. Oltre alla nostra esperienza lavorativa, tramite le nostre case madri internazio-
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BIVITEC E BREEZER LA SOLUZIONE INTELLIGENTE PER UN COMPOST DI QUALITÀ La combinazione del vaglio vibrante BIVITEC e del separatore ad aria BREEZER di Binder+Co offre una soluzione geniale, semplice e altamente efficiente per la lavorazione del compost. Le disposizioni più rigorose introdotte nei regolamenti sui concimi ultimamente hanno creato qualche preoccupazione in molti compostatori. Grazie a questa soluzione, Binder+Co è in grado di garantire una percentuale minima di sostanze estranee nel prodotto finale.
Come funziona?
Il vaglio “flip flow” BIVITEC funziona col principio della doppia oscillazione: i tappeti di vagliatura flessibili vengono alternativamente flessi e distesi grazie al movimento creato da un motore elettrico e da un eccentrico. In questo modo vengono trasmessi al compost alti valori di accelerazione facendolo letteralmente “saltare” sui tappeti stessi. Questo movimento unito all’inclinazione del piano vagliante fa sì che il materiale scorra senza ausilio di ulteriori accorgimenti. Il moto oscillatorio inoltre, mantiene liberi i fori dei tappeti. I piani di vagliatura dinamici di BIVITEC assicurano una selezione efficiente e precisa del compost, mentre il rialzo sulle pareti laterali del vaglio (sistema “a corno di bue”) impedisce il passaggio di elementi di grandi dimensioni nella parte inferiore. In questo modo, è possibile una vagliatura fino a 4 mm aumentando in modo determinante la qualità del proprio prodotto. I parametri di oscillazione possono essere modificati con facilità tramite la regolazione delle masse eccentriche, così come il numero e la grammatura dei supporti di giunzione in gomma, permettendo di pianificare gli interventi di manutenzione. Per questo motivo BIVITEC rimane la macchina perfetta anche al variare delle impostazioni dei parametri di lavoro. Con il passaggio attraverso il vaglio “flip flow” BIVITEC, avviene la separazione della parte fine dal resto del materiale; la prima viene raccolta al di sotto della macchina per semplice caduta, mentre il resto del materiale cade all’interno del separatore ad aria BREEZER. Qui attraverso un sistema combinato balistico/aeraulico vengono separate per caduta e tramite un getto d’aria tarato e calibrato le parti più pesanti (per esempio residui legnosi recuperabili) dalle parti più leggere e volatili (plastiche o altri elementi inquinanti). Un rullo di separazione orientabile, in combinazione con i getti d’aria anch’essi modulabili, permette di regolare il grado di separazione del materiale. Binder+Co ed Ecotec Solution sono in grado di fornire soluzioni personalizzate: dalla singola macchina, all’impianto completo, finanche all’inserimento delle macchine in impianti già esistenti. Vantaggi principali: • Compost di altissima qualità • Massima flessibilità • Totale pianificazione • Facile installazione • Effetto autopulente • Interventi di pulizia minimi • Elevata disponibilità dell’impianto
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nali abbiamo accesso a tantissimi progetti e referenze che ci possono favorire molto. Le faccio un esempio: se un cliente ci commissiona un impianto per la separazione del vetro, noi di Ecotec Solution ci possiamo appoggiare alla Binder che vanta impianti realizzati in tutto il mondo e questo è un grandissimo valore aggiunto. Per le aziende che acquistano un macchinario è molto importante la manutenzione. Come affiancate il cliente nel post vendita? Noi siamo nati nel settore dei rifiuti, perciò sappiamo che i rifiuti non si fermano mai e i clienti devono sempre essere operativi perciò dedichiamo particolare attenzione al post vendita. Abbiamo personale tecnico ben formato internamente che riesce a dialogare con i vari operatori sul posto e svolge un fondamentale lavoro di tramite. Tutto il personale è trilingue: italiano, tedesco, inglese e dialoga costantemente tra cliente e casa madre. Quando vendiamo una macchina il nostro personale tecnico affianca il cliente dandogli una formazione di base che gli permette di intervenire nei casi di prima necessità seguendo le nostre indicazioni via telefono oppure via accesso remoto sulle macchine. Presso alcuni clienti abbiamo infatti installato software grazie ai quali possiamo agire da remoto per capire quali sono i motivi che hanno portato una macchina a fermarsi e per risolvere direttamente il problema. Noi titolari siamo continuamente informati sui casi di priorità alta e la soluzione di eventuali problemi si inserisce in precedenza sui nostri compiti. Disponiamo di personale tecnico esterno che si muove sul territorio ma ci appoggiamo anche a officine locali che sono nostri partner e che hanno ricevuto una formazione a riguardo per cui possono intervenire tempestivamente in caso di problemi. In questi anni ci avete stupito con importanti novità di nuove relazioni commerciali. Possiamo pensare che continuerete a farlo? Stiamo scrivendo il nostro piano strategico 2019-2022 e ci poniamo obiettivi di crescita importanti. Questi sviluppi arriveranno dal consolidamento del nostro modello di business e del nostro portfolio macchine attuale, con qualche novità tecnologica… Ecotec Solution sarà presente alla fiera Ecomondo di Rimini, Pad A3, stand 174.
IL NUOVO SISTEMA X-CUTTER UNTHA XR, PER UNA PRODUTTIVITÀ ANCORA PIÙ ELEVATA Elevate prestazioni, massima flessibilità e ancora maggiore affidabilità nella triturazione di diversi materiali: questo è il risultato del costante sviluppo della classe XR. Grazie a numerose innovazioni, la macchina ora può essere adattata ancora meglio alle diverse esigenze dei clienti. Una delle caratteristiche più rilevanti è il nuovo sistema di taglio X-Cutter, progettato per portate ancora più elevate, in particolare per trattamento in un unico passaggio di rifiuti e di CSS. Con il sistema X-Cutter è possibile ottenere una pezzatura da 80 mm a 30 mm. La pezzatura esatta viene definita tramite una griglia forata. Uno spintore interno spinge il materiale contro il rotore dotato di coltelli a strisce ad uso quadruplo. Il rotore è protetto contro l’usura grazie alle piastre in Hardox saldate, che lo rendono molto resistente. Grazie ai vari sistemi di taglio, potenze di azionamento superiori e diversi rapporti di trasmissione, la classe XR è ideale per il trattamento di molti flussi di materiale. Sono possibili pezzature da 30 mm a 400 mm con portate da 10 t/h a 70 t/h. Inoltre, la lavorazione di materiale non trattato e intriturabile non è un problema per la robusta classe XR. Un sistema di evacuazione intriturabili consente un rapido prelievo dei corpi estranei e quindi di ridurre al minimo i tempi di fermo del trituratore.
Sistema d’azionamento economico
L’esclusivo sistema di azionamento “Untha Eco Drive” garantisce un consumo energetico particolarmente basso e prestazioni superiori rispetto ai sistemi d’azionamento tradizionali. L’azionamento diretto esente da usura riduce i costi di manutenzione in quanto non richiede l’utilizzo di cinghie o mozzi rotore. I motori raffreddati ad acqua non necessitano di raffreddamento ad aria e non sono soggetti a guasti termici.
Elevata disponibilità
L’elevata manutenibilità e facilità di servizio consente al personale operativo di lavorare in modo confortevole, rapido e sicuro in posizione eretta. Le barre di taglio regolabili esternamente e il sistema di cambio griglie rapido rendono la classe XR pronta all’uso in breve tempo. “Con l‘ultimo sviluppo in casa Untha, grazie al nuovo sistema X-Cutter per la serie Untha XR, riusciamo ad offrire un‘innovativa soluzione per la triturazione fino a 30 mm di pezzatura di materiali pretrattati. Rispetto ai classici raffinatori per la produzione di CSS, riusciamo a sfruttare tutti i vantaggi di un trituratore a rotazione lenta e ad offrire così il massimo della produzione con il minimo dei costi di gestione. Dopo i successi degli ultimi anni nella vendita dei trituratori Untha XR ai migliori gestori di rifiuti in Italia, adesso possiamo offrire una soluzione ancora più performante per la produzione di CDR/CSS” spiegano i titolari della Ecotec Solution, Martin Mairhofer e Alex Raich.
Campi d’applicazione
La serie XR è adatta alla lavorazione di rifiuti industriali e commerciali, RSU, rifiuti ingombranti, legname di scarto, trecce di pulper, scarti di produzione, balle di materia plastica e molte altre applicazioni.
Caratteristiche di qualità • • • • • • • •
Elevate prestazioni Concetti di taglio efficaci Barre di taglio regolabili Pezzatura definita Sistema spintore interno Sistema di evacuazione intriturabili efficiente Risparmio energetico Untha Eco Drive Elevata manutenibilità e facilità di servizio
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IL CONNUBIO VINCENTE NELLA LABORIOSA ROMAGNA PER LA CONSEGNA DI DUE MACCHINE DI IMPIANTI INDUSTRIALI di Bruno Vanzi
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a Romagna è una terra “calda” in cui la gente lavora con passione e dedizione. Così come la Società Cooperativa Braccianti Riminese che, con oltre 70 anni di storia alle spalle, opera prevalentemente nel settore delle infrastrutture edili e nello specifico nella costruzione e manutenzione di opere stradali, ove vanta una lunga esperienza e una riconosciuta capacità tecnica e operativa. Sono un vanto per la cooperativa anche la realizzazione di grandi urbanizzazioni e connesse viabilità per importanti parchi tematici, quali il “Parco di Mirabilandia” a Ravenna e il “Parco Oltremare” a Riccione (RN). Ma la Cooperativa non è solo strade perché possiede grande esperienza nella costruzione di acquedotti, gasdotti, fognature e discariche. Recover si è recata presso la seconda sede della società a San Leo (la sede primaria è a Rimini) dove la cooperativa possiede una grande area in cui operano impianti di conglomerato e impianti di calcestruzzo, e dove si la-
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vorano rifiuti e macerie. A riceverci Gabriele Paci, di CBR, insieme a Ennio Dedè e Emanuele Vignali, di Impianti Industriali, che hanno da poco consegnato due macchine Powerscreen. Le due macchine che Impianti Industriali ha fornito alla CBR sono il frantoio ad urto Trakpactor 260SR e il vaglio Warrior 1200. “Le macchine che abbiamo preso - ci spiega Paci - sono destinate ad un nuovo lavoro sulla E45. Le abbiamo scelte su consiglio di Dedè e Vignali perché vogliamo provare a fare dei conglomerati cementizi per sottofondo stradale. Abbiamo vinto un appalto di tre anni insieme ad altre imprese del territorio. Il lavoro che stiamo portando avanti è un risanamento profondo, ossia togliamo l’asfalto per circa 80 cm fino a che non si trova lo strato ammalorato. A questo punto viene rifatto il manto con uno stabilizzato di misto cementato, uno stabilizzato di bitume e una base di conglomerato. Per farlo utilizzeremo molto materiale da recupero che queste macchine
Powerscreen ci permetteranno di riciclare”. “Il frantoio Trakpactor 260 è un frantoio ad urto ad asse orizzontale cingolato compatto progettato per il settore del riciclaggio e della demolizione - ci spiega Dedè - l’impianto è in grado di lavorare una vasta tipologia di materiali con livelli di produzione elevati. Inoltre è versatile, facile da utilizzare e permette di risparmiare carburante grazie al sistema di trasmissione diretta”. Il frantoio può essere usato da solo o in abbinamento al vaglio Warrior 1200. “Il modello Power Screen Warrior 1200 - ci spiega Vignali - è il vaglio di preselezione più compatto attualmente disponibile sul mercato, pur avendo una superficie vagliante per entrambi i piani pari a mm 3600 x 1200 ed una meccanica che garantisce una vibrazione incredibilmente energica ed efficace anche con i materiali più impaccanti e problematici. Nonostante l’ingombro, con un vaglio energico al centro, il Warrior 1200 non teme la
concorrenza. Realizzato sulla base del Warrior 600, prodotto di notevole successo, il Warrior 1200 vanta un’eccellente accessibilità sia dalla parte superiore che da quella sottostante il box vibrante con tempi di sostituzione reti rapidissimi ed operazioni realmente semplici ed agevoli. Facili manutenzioni e costi di esercizio ridottissimi”. Il Warrior 1200 è un vaglio inclinato multiuso per impieghi gravosi a due piani, adatto ad operazioni di stoccaggio, vagliatura a monte e a valle del frantoio o utilizzabile come unità autono-
ma. Il suo energico vaglio è compatibile con barre Bofor, vagli a pettine, maglie tessute e piastre perforate insieme ad altri tipi di reti specifiche a seconda dell’applicazione. I vantaggi per gli utenti includono tempi di messa in funzione rapidi e semplicità di utilizzo grazie ai nastri laterali a ripiegamento idraulico, traslazione a due velocità e conversione a due frazioni rapida. Il vaglio Warrior 1200 è dotato di tramoggia da 5 mc e di un nastro di alimentazione lungo 1000 mm appositamente studiato per impieghi gravosi
che rifornisce un vaglio a cassone a due piani con due cuscinetti che, vibrando, fa passare il materiale attraverso reti di aperture diverse e successivamente sui nastri trasportatori. La CBR ha per ora noleggiato gli impianti mobili, ma dati i notevoli risultati che le macchine stanno fornendo, è facile aspettarsi che il noleggio si tramuti in acquisto.Impianti Industriali è un’azienda di fiducia condotta da professionisti del settore che affiancano il cliente nella scelta delle macchine più adatte alle singole necessità lavorative.
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ANALIZZATORI SPECIFICI PER OLI E GRASSI, IDROCARBURI TOTALI, INDICE DI IDROCARBURI TUTTE LE SOLUZIONI DISTRIBUITE DA TQ PER IL MONITORAGGIO DELLA QUALITÀ DELL’ACQUA di Dario Panetta*
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ue giovani case produttrici di strumentazione scientifica, distribuite in esclusiva per l’Italia da TQ Technologies for Quality, contribuiscono al monitoraggio della qualità dell’acqua con la produzione di analizzatori specifici per la determinazione del contenuto di Idrocarburi Totali, compresi composti volatili, con la possibilità di differenziare velocemente tra sostanze polari (TOG) e quelle di origine petrolifera (TPH) oltre che la determinazione dell’Indice di Idrocarburi. Si tratta di apparati scientifici innovativi e unici in questo settore analitico: • Falcon Analytical, azienda Americana specializzata nella produzione di Gascromatografi Ultra-Fast, compatti, da laboratorio e da processo; • Eralytics GmbH, con sede a Vienna, specializzata in strumentazione trasportabile, da laboratorio, per analisi nel settore petrolifero.
LA SOLUZIONE DI FALCON ANALYTICAL
La nascita di Falcon Analytical, nel 2007, avviene per proporre al mercato il risultato dei loro studi, il gascromatografo Ultra-Fast CALIDUS, che grazie al Modulo Colonna brevettato diventerà uno strumento destinato a cambiare radicalmente il mondo della gascromatografia. I fondatori di Falcon Analytical iniziano la messa a punto della loro colonna GC negli anni 80 quando erano distributori e produttori in USA di gascromatografi
da processo in OEM. Relativamente al monitoraggio dell’inquinamento Falcon Analytical viene incontro agli analisti proponendo un metodo ultrarapido per la determinazione dell’“Indice di Idrocarburi”, ovvero gli idrocarburi apolari nelle acque, compresi tra C10 e C40, come indicato dalla norma UNI EN ISO 93772:2002. Il parametro “idrocarburi totali” è molto generico, dato che in teoria potrebbe includere tutti gli idrocarburi esistenti in natura, indipendentemente dal numero di atomi di carbonio, dalla tossicità e pericolosità degli stessi. Gli idrocarburi possono avere varie origini, petrolifera, biogenica, animale e vegetale, con pesi molecolari e caratteristiche chimicofisiche differenti. Essendo una famiglia di composti, il parametro “idrocarburi totali” viene espresso in relazione al metodo utilizzato. Il metodo UNI EN ISO 9377-2:2002 descrive la determinazione per via gascromatografica con rivelatore a ionizzazione di fiamma (GCFID) della frazione estraibile relativa a idrocarburi con tempi di ritenzione compresi tra n-decano e n-tetracontano esclusi. Il GC Ultra-Fast CALIDUS permette una analisi di “idrocarburi totali” ogni 5 minuti! Questo è il tempo totale tra iniezioni successive. È dotato di un sistema di campio-
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namento con una tradizionale porta d’iniezione split/ splitless e purga del setto gommoso, caratteristica necessaria a prevenire contaminazioni dei campioni tra analisi successive. Per rispettare la norma UNI EN ISO 9377-2:2002 il sistema utilizza una colonna in acciaio inox con fase 100% dimetil-polisilossano, più resistente delle tradizionali colonne in quarzo fuso.
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cazioni interessanti sono la determinazione della distribuzione del range di ebollizione dei distillati di petrolio a norma ASTM D7798 (SimDist versione Ultra-Fast della norma ASTM D2887), l’analisi di gas fissi e idrocarburi presenti nel gas metano, la determinazione in continuo dei VOC nell’aria, per dirne alcuni. Le colonne utilizzabili nel Calidus sono quelle in acciaio inox reperibili dall’ampio catalogo della casa Restek.
LA SOLUZIONE DI ERALYTICS
È possibile configurare lo strumento per iniezioni manuali o con autocampionatore, per liquidi o anche per spazio di testa. La versione del campionatore con spazio di testa possiede 6 posizioni riscaldanti e un software che minimizza i tempi morti tra l’analisi e la preparazione del campione. Con questa configurazione il CALIDUS risulta l’unico GC Ultra-Fast sul mercato che riesce a determinare il parametro “idrocarburi totali” nella sua interezza, quantificando sia gli idrocarburi leggeri, C<12 (EPA 5021A + EPA 8270D), che quelli pesanti, 10<C<40 (UNI EN ISO 9377-2:2002), con un unico strumento. Seguendo il metodo UNI EN ISO 9377-2:2002 con i gascromatografi tradizionali, tra un’analisi e l’altra possono trascorrere 30 minuti o anche di più. Utilizzando i sistemi brevettati che costituiscono il CALIDUS, queste analisi si possono eseguire in meno di 4 minuti. Il gascromatografo CALIDUS è uno strumento dalle caratteristiche uniche. L’idea rivoluzionaria consiste nell’utilizzare la colonna stessa quale elemento riscaldante, per effetto Joule. Il modulo colonna brevettato, PTCM (Programmable Temperature Column Module) contiene una classica colonna Restek in acciaio inox che non viene, così, riscaldata per induzione. La sua estremamente bassa inerzia termica consente di eseguire analisi da 10 a 50 volte più velocemente rispetto ai gascromatografi tradizionali senza perdere in risoluzione. Questo sistema di riscaldamento/raffreddamento Ultra-Fast unito alla portabilità e ai bassi consumi energetici rende il gascromatografo CALIDUS ideale per eseguire veloci analisi di laboratorio e sul campo, con precisioni e accuratezze paragonabili ai classici gascromatografi. Il CALIDUS, essendo idoneo ad iniezioni di campioni liquidi e gassosi, può essere utilizzato per analisi Ultra-Fast in moltissimi settori, come il settore petrolifero, l’industria chimica, alimentare e ambientale. Altre appli-
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Un altro strumento distribuito in esclusiva da TQ Technologies for Quality è l’analizzatore di idrocarburi e grassi totali Eracheck, della casa viennese Eralytics, nata anche lei nel 2007. Eracheck è l’unico dispositivo al mondo ad essere conforme alla norma ASTM D7678-17 (Standard Test Method for Total Oil and Grease, TOG, and Total Petroleum Hydrocarbons, TPH, in Water and Wastewater with Solvent Extraction using Mid-IR Laser Spectroscopy) ed è l’analizzatore IR di oilin-water più ecologico sul mercato. A differenza dei metodi FTIR che prevedono solventi fluoro-clorurati per l’estrazione degli idrocarburi, le analisi con Eracheck si eseguono a seguito di estrazione con il più ecologico cicloesano. I solventi fluoroclorurati (CFC) sono dannosi per lo strato di ozono dell’atmosfera terrestre e fortunatamente sono stati banditi dal Protocollo di Montreal, nel 1987. Gli strumenti Eralytics sono gli unici strumenti sul mercato che, utilizzando solventi CFC-free per l’estrazione e per l’analisi, riescono a raggiungere precisioni migliori rispetto alla norma ASTM D3921, ormai in disuso. Inoltre il cicloesano è 20 volte più economico dei solventi CFC sempre più difficili da reperire. La determinazione avviene in automatico analizzando il solvente di estrazione contenente gli idrocarburi estratti da circa un litro di acqua. I solventi indicati dalla norma ASTM D7678 sono Cicloesano o Ciclopentano. L’estrazione si effettua direttamente nella bottiglia di campionamento utilizzata per il prelievo dell’acqua campione, consentendo l’analisi di tutto il contenuto di olio o grasso nel contenitore, anche quello che rimarrebbe sulle pareti. Eracheck necessita della lettura del “bianco” aspirando attraverso la cella di analisi IR auto-pulente, in maniera automatica, prima il Cicloesano o Ciclopentano puri e poi il campione estratto (TOG - Total Oil and Grease). Per il monitoraggio del TPH (Total Petroleum Hydrocarbon) il campione viene fatto passare attraverso un filtro a cartuccia di Florisil®, posizionato in linea al tubetto di carico. L’uso di una cartuccia “usa e getta” di Florisil® riduce il tempo occorrente al passaggio attraverso la classica colonna (circa 20-30 minuti) necessitando di soli 40 secondi ulteriori al tempo usuale di circa 2 minuti. Eracheck è uno strumento brevettato ed unico. La sua tecnologia innovativa è basata sull’utilizzo di un potente Laser IR, compatto e stabile, QCL-IR (Quantum Cascade Laser Infra-Red – QuantaRed Technologies). Grazie ad un rivelatore estremamente sensibile, possono essere rilevate anche differenze minime di concentrazione. Eracheck riesce
Modello
Tecnica
Solvente
Norma
Ciclo di analisi
Alimentazioni
Potenza Peso
ERACHECK Pro
QCL-IR
cicloesano
ASTM D7678-17
3 min
220 VAC
80 W
7 kg
ERACHECK Eco
QCL-IR
cicloesano
ASTM D7678-17 (corr)
8 min
220 VAC
80 W
7 kg
CALIDUS
Ultra-Fast GC
n-esano
UNI EN ISO 9377-2:2002
5 min
220 VAC + H2 + HC free Air
300 W
9 kg
a discriminare le vicine lunghezze d’onda del Cicloesano o Ciclopentano dalle lunghezze d’onda degli altri idrocarburi, per la caratteristica del Laser che eccita solo le bande di stretching, caratteristiche dei gruppi -CH3 (1370-1380 cm-1, 7.25 – 7.30 µm). Esiste una versione più economica, l’Eracheck ECO, che invece di utilizzare una sorgente IR Laser utilizza un sistema a filtri. I tempi di analisi si allungano fino a 8 minuti ed è correlabile alla norma ASTM D7678-17.
CONCLUSIONI
TQ Technologies for Quality ha la possibilità di fornire entrambe le soluzioni a utenti diversi, all’industria e agli Enti di controllo che, pur con obiettivi e competenze differenti sono uniti da un’unica necessità, il controllo rapido della qualità delle acque. I chimici analisti di entrambi i settori possono utilizzare l’Eracheck, il mid-IR con il QCL di Eralytics (ASTM D7678) o il GC-FID Calidus di Falcon Analytics (UNI EN ISO 9377-2:2002). Entrambe le norme di riferimento prevedono un limite di rive-
labilità pari a 0,1 mg/l e l’operazione di estrazione degli idrocarburi totali dalla bottiglia di acqua è identica per entrambi gli apparati, salvo che nell’uso di Cicloesano o Ciclopentano per il primo metodo e di n-Esano o per il secondo. L’Eracheck è molto più semplice da utilizzare. Basta premere un bottone per iniziare la lettura del bianco e del solvente di estrazione ma, come per la tecnica FTIR (ASTM D3921) che, però, utilizza solventi CFC o clorurati, “vede” solo i composti contenenti nella molecola gruppi funzionali CH3. Il Calidus essendo un Gascromatografo, rileva la presenza di tutti i componenti idrocarburici estratti dal campione di acqua e il suo uso è stato reso così semplice da poter essere utilizzato anche da personale non prettamente da laboratorio. Le dimensioni ridotte dei due apparati li rendono ideali anche per analisi rapide in campo. TQ Technologies for Quality Srl dispone di unità dimostrative, mobili, di entrambi gli apparati e saranno visionabili e funzionanti a Ecomondo 2018, Pad D2 stand 007. *TQ Technologies for Quality
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UNA CARRELLATA DI NOVITÀ CESARO MAC IMPORT PRESENTA LE ULTIME INNOVAZIONI DAI PARTNER COMMERCIALI di Maria Beatrice Celino
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ono tante le innovazioni che si potranno ammirare presso lo stand Cesaro Mac Import in occasione di Ecomondo 2018. L’azienda veneta, dealer esclusivo di importanti marchi specializzati nel riciclaggio, ha deciso di presentare al mercato italiano gli ultimi prodotti Doppstadt, Sennebogen, Steinert e Tiger. Le case produttrici, quest’anno, complice l’edizione della fiera IFAT a Monaco di Baviera, hanno messo sul mercato diversi prodotti innovativi. Iniziamo da Doppstadt che proprio in occasione di IFAT aveva esibito al grande pubblico il nuovo Doppstadt Inventhor Type 9. I più fortunati hanno avuto il piacere di ammirare il nuovo trituratore in occasione dell’Inventhour, il tour europeo per mostrare agli addetti ai lavori le caratteristiche dell’ultimo modello della casa tedesca. Sette tappe in Europa di cui una in Italia che è stata organizzata da Doppstadt in collaborazione con il dealer Cesaro Mac Import. Nella tappa italiana, l’evento si è tenuto presso un’importante azienda di trattamento rifiuti del Nord Italia. Una giornata impeccabile in cui l’accoglienza della famiglia Cesaro si è dimostrata come sempre unica nell’ospitare clienti e giornalisti. Gli specialisti di prodotto Doppstadt e Cesaro hanno dappri-
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ma presentato le peculiarità della nuova macchina evidenziando le caratteristiche che la rendono più prestante, quali le poche interruzioni nel lavoro accompagnate da una elevata produzione oraria, oppure la possibilità di impiego nella triturazione di varie frazioni e i bassi costi d’esercizio. Una macchina silenziosissima dotata di una robusta struttura. Il nuovo sistema di trasmissione si chiama Vario Direct Drive e permette appunto l’inversione del rullo durante il funzionamento e la regolazione del numero di giri in maniera indipendente dai giri del motore Diesel, l’avvio e l’arresto del rullo sotto carico (con la tramoggia piena), compresa l’inversione sotto carico. Inoltre i tecnici hanno dimostrato in pochi minuti quanto sia rapida la manutenzione e la sostituzione dei componenti soggetti ad usura grazie all’apertura laterale del portellone del pettine, tipico dei trituratori fissi della serie DW di Doppstadt, come il Ceron 306. Il nastro, può essere lungo fino a 12 metri per raggiungere un’altezza di scarico di quasi 7 metri. Per permettere al cliente di scegliere, sono state mantenute le due versioni gommata e cingolata. Terminata la presentazione, si è passati dalle parole ai fatti. Il trituratore industriale, dopo essere stato aperto per permettere la visione dei
componenti interni, è stato posizionato in pochi minuti nel piazzale dell’azienda e ha iniziato a tritare inizialmente rifiuti misti. Successivamente è stato spostato in un’altra area per la riduzione del legno. Molte e positive le reazioni dei clienti alla vista delle performance della macchina. Coloro che non hanno potuto vedere la macchina all’opera potranno ammirarla presso lo stand Cesaro Mac Import nel padiglione A1 Stand 135 dove i tecnici dell’azienda saranno a diposizione per spiegare nel dettaglio le particolarità tecniche del nuovo trituratore. Altra novità Doppstadt è KIMO, il nuovo mulino a resa elevata, disponibile in due versioni: KIMO Type 16 e KIMO Type 20. KIMO è ideale per tritare rifiuti ad alto potere calorifico. Se posizionato alla fine di una linea di lavorazione dei rifiuti, questa macchina produce un prodotto di dimensioni uniformi con eccellenti proprietà di combustione per essere avviato a termovalorizzazione. Nel suo formato più compatto, il KIMO Type 16, è ideale per le attività standard: è in grado di ridurre ad una pezzatura definita rifiuti di packaging o scarti metallici. Nel caso si abbia bisogno di maggiore potenza allora si può optare per il KIMO Type 20: con il suo rotore da 2.000 mm e il motore da 315 kW, è in
grado di eguagliare i livelli di prestazione soliti nei mulini con una lunghezza del rotore di 3.000 mm. Queste macchine sminuzzano film plastici e imballaggi leggeri, tappeti e pneumatici di scarto pre-triturati, e possono anche gestire facilmente rottami di cavi, radiatori per auto o RAEE. I blocchi di taglio regolabili garantiscono una qualità di taglio costantente elevata. Passando dall’arancione Doppstadt al verde Sennebogen sono due i movimentatori che Cesaro Mac Import presenterà presso lo stand a Ecomondo: il nuovo sollevatore telescopico Sennebogen 355 E e il caricatore compatto Sennebogen 817 E. Il caricatore di materiali Sennebogen 817 Serie E è una macchina compatta ideale per la gestione e il riciclaggio dei rifiuti. Si muove agile nei centri di riciclaggio per le operazioni di smistamento e caricamento grazie ai movimenti sensibili e veloci che lo caratterizzano. Ha un peso operativo di sole 17 t e dimensioni compatte con 2,54 m di larghezza 4,61 m di lunghezza e 3,20 m di altezza. Il caricatore è ecologico in quanto produce basse emissioni acustiche e di scarico, garantendo al contempo elevate capacità di carico anche quando completamente esteso grazie alla struttura rinforzata del braccio. L’operatore, inoltre, può godere del massimo comfort grazie alla nuova cabina multicab che consente un’elevazione fino ad un livello degli occhi confortevole di 5,20 m. I modelli dell’attuale serie E di Sennebogen offrono soluzioni personalizzate per la movimentazione dei materiali, comprese tutte le attività di riciclaggio e smistamento. Oltre ai nuovi caricatori di materiali compatti Sennebogen 817 E, il pubblico presente in fiera potrà conoscere il nuovo sollevatore telescopico Sennebogen 355. Anche questa macchina è dotata della cabina elevabile multicab con tutti i comfort per gli operatori. In questo caricatore l’operatore può godere di una visuale a 360 gradi tutt’intorno e raggiungere i 4,25 metri di altezza che gli permettono di caricare in tutta sicurezza i cassoni degli autocarri. Infatti nessun componente della macchina ostruisce la visuale, un vantaggio imbattibile che consente al conducente di vedere ogni rimorchio o container dal piano di calpestio in modo che il materiale possa esse-
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re caricato con maggiore precisione. Oltre a garantire la sicurezza e semplificare il lavoro durante il carico, l’elevata posizione della cabina offre anche vantaggi in termini di comfort. Il parabrezza continuo in un unico pezzo realizzato in vetro stratificato di sicurezza, i grandi finestrini laterali e il pannello in vetro sul tetto si uniscono per offrire una vista perfetta e una sensazione di lusso. Con un peso operativo di 11,5 t, un’altezza massima di sollevamento di 8,5 m e una capacità di 5,5 t, il nuovo 355 E offre non solo soluzioni di applicazione versatili, ma anche la possibilità di montare una vasta gamma di accessori. Dotato di una struttura particolarmente robusta e componenti di alta qualità, il 355 E è progettato per operare in continuo. Tutti i suoi componenti sono ottimizzati per una durata senza compromessi. Una delle sue caratteristiche speciali è il cinematismo a Z della testa del braccio: tipica delle pale gommate aumenta enormemente le coppie di spunto nelle operazioni di scavo, rendendo la macchina ancora più affidabile. Altra novità in casa Cesaro Mac Import è EddyC Move di Steinert, il nuovo sistema mobile per la separazione dei metalli non ferrosi e ferrosi in un unico passaggio. Steinert è leader mondiale nella produzione di sistemi per la separazione di metalli ferrosi e non ferrosi e grazie al proprio “know how” ha sviluppato un sistema mobile per la separazione della frazione ferrosa e non ferrosa. Lo Steinert EddyC
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Move combina separatori di comprovata funzionalità con la mobilità e flessibilità di un sistema mobile. La maggior parte dei materiali frantumati e vagliati contengono metalli ferrosi quali chiodi, bulloni e metalli non ferrosi (alluminio, rame, ottone, ecc…). Per mezzo dello Steinert EddyC Move questi materiali possono facilmente essere recuperati durante il lavoro. La combinazione tra la flessibilità di lavoro in luoghi differenti, e l’autonomia da fonti energetiche permette di avere un sistema autosufficiente. Le caratteristiche principali di questa macchina sono: • versione mobile montata su scarrabile o carro gommato; • separatore metalli non ferrosi con sistema a poli eccentrici; • separazione del metallo ferroso grazie agli Steinert UMP; • generatore integrato; • lavorazione materiale fino a 300 mm; • nastri di scarico materiale richiudibili idraulicamente. Infine ma non per ultimo, l’altra macchina presente in fiera sarà il Tiger Depack la macchina ideata dalla Cesaro Mac Import per il de-packaging che negli ultimi anni sta avendo un successo mondiale perché molto versatile nelle applicazioni. Tiger Depack HS5 è la versione più piccola del Tiger, mentre il 20 PPS è la soluzione ideale per il settore della carta. La tecnologia della Tiger Depack è brevettata e si distingue rispetto alle prin-
cipali tecnologie concorrenti perché è stata studiata anche per l’inserimento in impianti di produzione già avviati e ideata perché nel mercato non era presente un sistema performante in questo settore capace di rispondere con un’unica macchina ad esigenze specifiche. Tiger Depack è dotata di una tecnologia che è in grado di ottenere due matrici in uscita con due flussi di buona qualità entrambi utilizzabili. Ulteriore elemento che contraddistingue tutta la linea Tiger Depack è la compattezza. Si tratta di un macchinario All In One in tutte le sue versioni semplice ed intuitivo nell’utilizzo. La versione HS5 è specifica per essere inserita in ambiti operativi e spazi ristretti, mantenendo la capacità di separazione e sconfezionamento delle versioni più grandi con in più la possibilità di essere alimentata a quote più basse nella versione Low Profile. La versione HS20 PPS è nata per soddisfare le esigenze specifiche del trattamento di pulper da cartiera. La macchina può essere inserita in cicli di lavorazione già avviati, sia al chiuso che all’aperto grazie alle ridotte dimensioni: occupa solo 21 metri quadrati. Grazie al suo sistema di selezione è in grado in un unico passaggio di ridurre fino al 70% il materiale che altrimenti verrebbe inviato a smaltimento in discarica o termovalorizzazione e soprattutto è in grado di recuperare il 95% di fibra di carta dalla sostanza secca immessa.
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NON SOLO TRITURATORI 50 ANNI DI ESPERIENZA NELLA LAVORAZIONE DEI RIFIUTI, FANNO DI VECOPLAN UN’AZIENDA IN GRADO DI OFFRIRE SOLUZIONI SPECIFICHE PER IL SETTORE DEL RICICLAGGIO di Bruno Vanzi
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ggigiorno la specializzazione richiesta nei vari comparti delle aziende che trattano rifiuti richiede prodotti dedicati. Per questo motivo e complice una duratura esperienza, Vecoplan ha studiato differenti macchine a seconda delle diverse necessità di triturazione. Sempre più aziende produttrici, quali ad esempio produttori di imballaggi, fanno affidamento su plastiche rigide come il polietilene o ancora più rigide e resistenti al calore come il polipropilene. Materiali come PA, POM e PET, con le loro notevoli proprietà meccaniche, vengono sempre più utilizzati sia per materiali strutturali, sia come materiale universale per la costruzione di macchine. Queste plastiche rigide
hanno proprietà speciali ma, allo stesso tempo, sono molto difficili da triturare. Al fine di proteggere l’ambiente e di salvaguardare i materiali grezzi, sempre più frequentemente, le aziende trasformatrici reimmettono i residui di trattamento nel ciclo di produzione sotto forma di scarti. Vecoplan, con la stretta collaborazione dei suoi clienti, ha lanciato il potente ed estremamente robusto trituratore monorotore Heavy Duty (VHD 1600 T) per processare efficacemente questo materiale. La base della nuova realizzazione è il potente VAZ 1600 XL la cui caratteristica principale è la capacità nella riduzione di pezzi di plastica difficili. Per assicurare un funzionamento prolungato e indistruttibile, i progettisti di Vecoplan hanno rielaborato
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e ridisegnato quasi tutti i componenti per renderli più robusti e rinforzati. La cassa macchina è ora dotata di pareti spesse e saldate, pareti laterali rinforzate e un basamento macchina più robusto per assicurare un funzionamento potente e senza guasti, garantendo la massima durata. Gli ingegneri Vecoplan hanno aumentato il basamento e conferito una forma angolare alla piastra di base per minimizzare la forza d’impatto del materiale in ingresso. Nella zona rotore e nel vano griglia, è stata aumentata la distanza tra la superficie del rotore e la parete laterale. Questo previene che fili e nastri si aggroviglino attorno all’albero rotore. Anche il passaggio libero di materiali verso il basso diminuisce l’usura tra il rotore e la parete laterale. Inoltre,
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la rielaborazione sia dell’accoppiamento tra l’albero di azionamento e i cuscinetti rotore, sia degli elementi di fissaggio a bassa usura e sostituibili sul rotore e sulle pareti laterali, aiutano a prevenire l’ingresso di materiali e il loro successivo deposito nella zona dei cuscinetti. Questo aumenta la durata di funzionamento e migliora le operazioni di manutenzione. In base alle differenti esigenze, Vecoplan può installare un motore HiTorc da 111, 134 o 155 kW per i rotori. Questo funziona in modo dinamico, accelera rapidamente e sviluppa un elevato momento torcente. L’azionamento è allestito totalmente senza elementi meccanici come riduttori, cinghie, giunti o centraline idrauliche. Inoltre, l’usura e la manutenzione sono minime rispetto agli azionamenti meccanici e idraulici. Grazie al fissaggio diretto del motore all’albero rotore, non si manifesta alcuna perdita di potenza nel sistema di trazione e, di conseguenza, l’HiTorc raggiunge una elevata efficienza energetica. Può essere controllato a velocità tra i 60 e i 230 giri al minuto. Al fine di aumentare la portata con i materiali di facile triturazione, l’utente può semplicemente aumentare la potenza nominale. L’elevato momento torcente, disponibile per tutto il range di velocità, permette un avviamento sicuro e immediato anche sotto carico. Anche la gamma di trituratori V-ECO è stata studiata per la triturazione della plastica. Queste macchine sono di semplice manutenzione, riparazione e funzionamento.
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Il fondo oscillante ad apertura idraulica e la griglia oscillante facilitano l’accesso al rotore per l’operatore. Sarà così possibile rimuovere immediatamente corpi metallici, ruotare o sostituire facilmente le controlame e riconfigurare la macchina, ad esempio, sostituendo la griglia con una di diametro differente quando si cambia prodotto. Il materiale viene alimentato continuamente grazie al design angolare del basamento macchina e al cassetto spintore regolabile. Queste due caratteristiche assicurano un funzionamento sicuro e continuo. Un IBC può essere triturato in soli 30 secondi. Il cliente, in questo modo, risparmia tempo, riduce considerevolmente l’area di stoccaggio e, inoltre, ottimizza la sua efficienza economica relativa ai costi e alla quantità di materiale grezzo utilizzato. Il sistema può processare fino a 5.000 kg di materiale all’ora. Il portfolio dell’azienda specialista nella triturazione include anche macchine potenti per la lavorazione di combustibili alternativi. A tale riguardo, Vecoplan ha presentato un nuovo macchinario, il nuovo trituratore primario monorotore Vecoplan VEZ 3200 TTV. Il trituratore primario è la soluzione migliore per la lavorazione sia di rifiuti industriali e scarti di produzione, sia di rifiuti ingombranti e domestici per convertirli poi in CDR/CSS di alta qualità. L’azionamento brevettato HiTorc® garantisce elevato risparmio energetico, un’accurata rilevazione dei corpi estranei, minimizzando i tempi di fermo macchina;
il rotore W assicura una portata costante ed elevata. Anche l’accesso alla macchina per eseguire operazioni di service e manutenzione è stato ottimizzato, minimizzandone così i costi. In presenza di parti particolarmente dure come lunghe parti metalliche, il metal detector agisce e protegge la macchina. Grazie al flap idraulico, i corpi metallici vengono rimossi all’istante - la macchina si ferma solo momentaneamente. Vecoplan si dimostra quindi un fornitore leader nel campo delle tecnologie per il riciclaggio e il trattamento dei rifiuti. A novembre, presso lo stand 013 nel padiglione A2, i visitatori della fiera Ecomondo avranno la possibilità di conoscere direttamente quest’azienda e di avere una prima impressione sulla sua comprovata esperienza e sull’ampia gamma di prodotti disponibili. Tra questi, si trovano i potenti trituratori ad alta efficienza energetica in grado di processare in modo efficace diverse tipologie di materie plastiche postconsumo e post-industriali, tessuti, fibre, scarti di legno, rifiuti urbani, commerciali e industriali. Anche in casi in cui il materiale in ingresso risulta difficile da trattare, i clienti ottengono sempre un prodotto in uscita di alta qualità e costante. Per la fiera Ecomondo, Vecoplan si focalizzerà su una tematica chiave: la valorizzazione energetica dei rifiuti. Vecoplan è anche in grado di fornire ai clienti installazioni di alta qualità per lo stoccaggio, dosaggio, trasporto e trattamento meccanico di un’ampia varietà di materiali, al fine di ottenere un prodotto privo di corpi estranei e impurità. In questo modo, i rifiuti urbani possono essere alimentati in impianti a biogas per ottenere combustibili solidi secondari. Vecoplan fornisce, inoltre, sistemi di triturazione ad elevate performance per linee di triturazione primaria e secondaria per la produzione di combustibile solido secondario nei cementifici. Il sistema include inoltre un’adeguata ed efficiente tecnologia di trasporto e stoccaggio. Vecoplan è in grado di produrre soluzioni su misura per ogni singola applicazione infatti ha messo al centro delle sue attività la soluzione dei problemi dei clienti. Decisivi in questo senso sono la consulenza nella fase preliminare, la realizzazione di un design robusto, un ottimo rapporto qualità-prezzo e la corretta gestione dell’ordine.
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PERCHÈ CI SIAMO ANCHE NOI NEL MONDO DEL COMPOST? VERMEER ITALIA È UN MARCHIO NUOVO NEL SETTORE, MA HA LE COMPETENZE PER GIOCARSI LA PARTITA CON GLI ALTRI PRODUTTORI E IMPORTATORI DI MACCHINARI SPECIALIZZATI di Giorgia Compagni*
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’era bisogno di un altro produttore di macchinari per il compost? Secondo noi, decisamente sì. Bisogna dare la possibilità agli esperti di settore di scegliere con consapevolezza il mezzo migliore per il proprio lavoro. Perché limitarsi alle macchine dei “soliti noti” quando noi possiamo offrire un servizio ottimale? Perché comprare dagli stessi se noi possiamo garantire una squadra che ti assista in ogni fase produttiva? Vale la pena analizzare la questione. Gli specialisti di settore non hanno tempo da perdere. Hanno bisogno di un equipaggiamento robusto, che permetta loro di completare in modo efficace il lavoro. Finché le macchine sono nuove in teoria va tutto bene. Come si fa però quando le ore di lavoro iniziano ad accumularsi e le macchine invecchiano? È lì che si misurano parole come “affidabilità” e “assistenza tecnica”. È in questo momento che si scopre davvero qual è il valore del bene che avete acquistato. Parlando di valore è automatico pensare anche al costo del mezzo, un altro elemento che ovviamente non possiamo sottovalutare. Quanto è giusto pagare per una macchina? Per rispondere, bisogna oggettivamente pensare a diversi aspetti. Per quanto tempo posso usare la macchina che sto comprando? Qual è la sua vita
operativa e cosa posso fare per far sì che sia la più lunga possibile? Il modo migliore per fare una valutazione completa è considerare il costo della macchina in relazione alla sua produttività a lungo termine. Se il mezzo che stai acquistando avrà lunga vita, allora stai facendo l’investimento giusto. Come è possibile sapere se il tuo mezzo potrà garantirti produttività a lungo termine? Ci sono due aspetti che bisogna tenere in considerazione: potenzialità tecniche del mezzo e assistenza qualificata da parte del fornitore. Con questi due elementi sarai in grado di fare una valutazione efficace prima di affrontare ogni investimento. Quali sono gli elementi che permettono di far sì che il valore di un mezzo si mantenga elevato nel tempo? Prima di tutto la robustezza strutturale; le parti meccaniche devono essere solide, per poter sostenere ritmi di lavoro impegnativi. Secondo, l’impiantistica semplice ed ottimizzata; i sistemi elettronici del mezzo devono essere di qualità. Terzo, il software di gestione del mezzo, che deve essere avanzato, al passo con le innovazioni più recenti, ma allo stesso tempo intuitivo e semplice da usare, perché questo semplifica notevolmente la formazione operatori. Quarto, la macchina deve essere “easy to fix”, come dicono gli americani, cioè “facile da riparare”; ogni parte del mezzo deve essere facil-
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care il motore, che ti consegnino ricambi in tempi rapidissimi anche in cantiere. Hai bisogno di tutto questo per lavorare in modo professionale e distinguerti nel tuo settore. Vermeer Italia è in grado di darti questo supporto. Forse siamo ancora poco noti nel settore del compost, ma abbiamo una lunga tradizione cominciata in America nel 1948 in settori importanti (lavorazione biomassa, posa condotte e sottoservizi, sbancamenti infrastrutturali) che ci ha permesso di perfezionare i nostri prodotti e il nostro servizio. Siamo in grado di proporti equipaggiamento robusto e all’avanguardia e personale tecnico a supporto del tuo lavoro.
L’EQUIPAGGIAMENTO
mente raggiungibile e le parti devono poter essere sostituite in modo rapido, per non essere costretti a tenere fermo un mezzo per troppo tempo. Infine, bisogna aver sempre presente anche il valore residuo della macchina. Una volta che avete portato il vostro mezzo a fine ciclo e volete venderlo, potete proporlo sul mercato ad un costo ancora competitivo? Certo, se avete “curato” la vostra macchina a dovere. Come si fa a curare la macchina? Con un supporto tecnico specializzato. È il servizio assistenza che fa davvero la differenza nella scelta di un partner tecnico. Il reparto service del tuo fornitore deve essere sempre al tuo fianco, non solo quando serve un intervento d’emergenza ma anche e soprattutto nella pianificazione di tutte quelle attività (tagliandi, sostituzioni parti d’usura, assistenza in previsione di lavori extra, consulenza tecnica e settaggio per nuovi progetti) che permettono di mantenere la tua macchina al top. Devi poter contare su una squadra di tecnici preparati, che possano darti consigli utili per i progetti nuovi, che ti spieghino come fare per far lavorare la tua macchina al meglio senza affati-
Quali sono quindi i prodotti della linea compost? Vermeer ha sviluppato tre linee principali specifiche per la produzione di compost di qualità, una per ogni fase di lavorazione, ovvero triturazione, ossigenazione e vagliatura. • Trituratori orizzontali - Sono mezzi robusti e produttivi e possono essere allestiti su ruote, su cingoli o con allestimento fisso statico e motore elettrico. Ciò è utile per poter spostare ogni macchina facilmente, se necessario, nei diversi centri di trattamento materiale. I trituratori più noti sono sicuramente i modelli HG4000, con motore Fiat Tier 4 Final da 515 hp (384 kW) e il “fratello” più potente HG6000, equipaggiato con un motore CAT C18 ACERT Tier 4 Final da 755 hp (563 kW), ma ci sono anche mezzi più potenti, a seconda delle necessità della tua azienda. • Rivoltatori di compost - Permettono una migliore ossigenazione del cumulo. Vermeer propone sistemi sia PTO (quindi per aggancio a trattore) che a motore indipendente. Il modello più recente sulla linea è il rivoltatore CT718, che è “a scavalco”, quindi passa sopra il cumulo e convoglia il materiale nell’ampio tamburo, che lo rivolta in modo sistematico. • Vagli rotativi - Il modello che si sta affermando sempre più nel settore è il TR620, che presenta una caratteristica pressoché unica rispetto ai modelli della concorrenza. L’allestimento a diverse configurazioni di nastri trasportatori permette fino a 3 selezioni da un unico materiale in entrata, che possono diventare 4 con l’aggiunta del selettore del materiale in ingresso, per dividere immediatamente il materiale di pezzatura più grossolana. Meno passaggi di lavorazione che ti permettono di individuare subito qual è il prodotto finito e qual è quello che ha bisogno di essere rilavorato. * Vermeer Italia
IL SERVIZIO ASSISTENZA Vermeer Italia è una presenza affermata in Italia da 25 anni. Dal 1993 rappresenta la Vermeer Manufacturing Company, una società che fin dalla sua fondazione nel 1948 a Pella, USA, ha sviluppato linee innovative per diversi settori di applicazione. Accanto alle linee industriali (perforatori orizzontali, trencher, frese), Vermeer si è specializzata nel tempo in equipaggiamenti dedicati ai professionisti del settore ambientale, diventando una presenza rilevante anche nel campo della cura del verde, della lavorazione di biomassa legnosa e della produzione di compost. Il reparto Service di Vermeer Italia è strutturato in modo da poter assistere professionisti su tutto il territorio nazionale. Questo è possibile grazie al coordinamento tra la sede centrale di Nogarole Rocca, Verona, e le sedi operative di Roma, Bari e Caltanissetta. Gli interventi di personale specializzato e la fornitura di ricambi originali avvengono in tempi davvero competitivi. Ti interessa approfondire il discorso con un tecnico? Possiamo aiutarti a valutare se l’equipaggiamento Vermeer ti può dare il supporto che stai cercando. Visita il sito www.vermeeritalia.it e contattaci per saperne di più: 045/6702625 Se passi per Ecomondo ci trovi nel padiglione D3 – stand 115. Vieni a trovarci!
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UNA SQUADRA DOVE NESSUNO RESTA MAI IN PANCHINA ITQ PROJECT TRASFORMA OGNI INTERVENTO DI BONIFICA IN UNA STRAORDINARIA OPERA COLLETTIVA GRAZIE A UNA FORMAZIONE COMPATTA IN CUI TUTTI SONO CAMPIONI INSOSTITUIBILI di Bruno Vanzi
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a storia di ITQ Poject è una storia di famiglia e di un gruppo di collaboratori che dal 2010 hanno scelto di ascoltare l’ambiente, proteggerlo e rispettarlo. I suoi fondatori, la famiglia Qarri, per migliorare la loro condizione, dopo la caduta del regime in Albania, si sono trasferiti in Italia dove hanno fondato questa realtà che oggi conta oltre 90 dipendenti e un fatturato in continua crescita. Una storia fatta di persone quindi che ancora oggi sono l’asset più importante di ITQ, dentro e fuori dall’azienda, a partire dai lavoratori fino ad arrivare ai clienti e ai committenti. Per scoprire qualcosa in più di questa realtà e dei servizi che offre abbiamo incontrato Ilirjan Qarri, Direttore Tecnico di ITQ Project. Ci racconta come è nata ITQ Project e quali sono i traguardi che avete raggiunto in questi anni? Inizialmente ITQ Project installava impianti fotovoltaici, lavorando su tutto il territorio italiano, successivamente, alla fine del ciclo del mercato del fotovoltaico anticipando i tempi ed il cambiamento, abbiamo deciso di specializzarci nel settore delle bonifiche ambientali. La nostra missione è quella di assicurare ad ogni persona che gli ambienti nei quali ogni giorno passa gran parte della propria vita, siano posti sicuri in cui vivere. Vogliamo diventare un punto di riferimento in Italia per quanto riguarda le bonifiche ambientali, attraverso la promozione della conoscenza dei “pericoli” che ci circondano e la divulgazione dei comportamenti corretti da tenere per vivere in un ambiente migliore. I nostri valori primari sono la cura dell’ambiente e la salute della
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Panoramica del team di ITQ Project, al centro Ilirjan Qarri, Direttore Tecnico di ITQ Project
persona, due aspetti della vita che vanno di pari passo e non possono essere trattati distintamente. In questi anni abbiamo raggiunto traguardi sempre più importanti per quantità e qualità delle lavorazioni eseguite e tutto ciò è stato possibile grazie al lavoro di team affiatato e compatto, che ci ha consentito di arrivare al raddoppio del fatturato. Ma il fatturato non è l’unica cosa ad essere aumentata, perché sono incrementate anche le specializzazioni nelle lavorazioni, come nello strip-out degli edifici, in cui le squadre, magistralmente dirette da abili capi squadra hanno raggiunto ottimi livelli di competenza e di esecuzione. Ci può spiegare meglio quali sono le caratteristiche dell’ambiente in cui ITQ si trova a operare? Diciamo che possiamo definirci “igienisti ambientali” che con le dovute cautele, con il giusto metodo e la paziente lavorazione, riportano allo stato originario situazioni di degrado, inquinamento e contaminazione. Le caratteristiche dell’ambiente in cui ITQ Project opera sono, nella quasi totalità dei casi, ostili. Nella migliore delle ipotesi richiedono una grande attenzione da parte di operatori e addetti, che vengono istruiti, formati e dotati di ogni attrezzatura necessaria e utile a evitare infortuni o conseguenze per la salute.
Entrando nel dettaglio quali sono i servizi offerti da ITQ? ITQ ha quattro settori principali in cui opera: strip-out e demolizioni selettive, bonifica di terreni inquinati, bonifica di materiali contenenti amianto in matrice friabile, bonifica di materiali contenenti amianto in matrice compatta. Una menzione a parte la merita poi il settore costruzioni di ITQ Project: ITQ Engineering. Una realtà che si è sviluppata come conseguenza delle richieste di “completamento” dei lavori di decostruzione, data la soddisfazione nel risultato dell’esecuzione dei lavori di bonifica/strip-out e la volontà di non dover avere molteplici imprese per arrivare al risultato finale. Il nostro campo d’azione è esteso in tutta Italia, senza limitazioni. Indipendentemente dal tipo di servizio e dal luogo di esecuzione il nostro punto fermo rimane la sicurezza: la salute delle persone è importante e va tutelata in tutti i modi possibili, il nostro obiettivo è essere come una famiglia in cui ogni componente “guarda l’altro” in maniera da avere un controllo ed una sicurezza raddoppiati. Parlando di persone, quali sono le risorse su cui puntate e che rendono ITQ una realtà unica? ITQ Project punta principalmente sul valore umano impiegato in azienda e in cantiere. La ricerca del personale è una fase continua e incessante che termina quando viene trovato il talento che si adatta perfettamente alla posizione che deve ricoprire. Ogni dipendente viene formato, istruito, dotato di ogni DPI necessario, gli vengono fatti conseguire i patentini necessari allo svolgimento delle attività a lui assegnate, osservato nello svolgimento dei propri compiti e se lavorativamente e caratterialmente si dimostra capace, viene fatto crescere come responsabilità e mansioni all’interno della struttura. Questo è valido sia per chi lavora in cantiere sia per chi lavora negli uffici poiché in entrambe le aree l’impiego di risorse umane è importante: nei cantieri sono infatti impiegate 70 persone e negli uffici 20. Come si è sviluppata ITQ dal punto di vista finanziario? Lo sviluppo finanziario di ITQ Project negli ultimi tre anni ha portato al raddoppio del fatturato. Dai 2 milioni di euro a chiusura
I SERVIZI OFFERTI DA ITQ PROJECT ITQ si pone come interlocutore unico e partner completo per ognuna di queste attività: ogni fase di lavorazione, dalla consulenza allo smaltimento rifiuti, viene eseguita in un’ottica di consegna “chiavi in mano”.
Strip-out e demolizioni selettive
Rimuovere e smontare mobili, pavimenti, impianti elettrici e termoidraulici, separare fisicamente materiali differenti e smaltirli correttamente nelle discariche, smantellare elementi strutturali e non: è proprio in questo settore che la completezza del servizio offerto da ITQ diventa fondamentale per differenziarsi dai competitor, così come l’ottimizzazione dei tempi di lavoro, grazie all’impiego di mezzi meccanici di proprietà, con una conseguente riduzione dell’attività manuale e un aumento del livello di sicurezza. È importante che dietro a ogni demolizione esista un progetto preciso e dettagliato, esattamente come avviene quando si deve costruire: una bonifica non eseguita in modo corretto condiziona la fattibilità di qualsiasi immobile futuro.
Bonifica di terreni inquinati
Le conseguenze dell’inquinamento di un terreno possono essere devastanti: per questa ragione è necessario intervenire tempestivamente, rispettando normative e procedure piuttosto rigide. Si comincia dai campionamenti e dalle analisi, si prosegue con la caratterizzazione del terreno e solo successivamente si procede con la bonifica dell’area e la rimozione del terreno contaminato. Qualora non sia possibile rimuovere i terreni inquinati, ITQ si occupa della messa in sicurezza permanente dell’area, mediante barriere verticali e orizzontali in grado di isolare le fonti di inquinamento in modo definitivo.
Bonifica di materiali contenenti amianto in matrice friabile
La bonifica di manufatti contenenti amianto in matrice friabile richiede una procedura lunga e complessa: dal prelievo dei campioni da analizzare per la caratterizzazione, alla redazione del Piano di Lavoro fino all’esecuzione della bonifica, smaltimento rifiuti e campionamenti ambientali. Lo svolgimento dell’attività di bonifica prevede l’isolamento dell’area interessata in una scatola ermetica dove tutte le operazioni di rimozione e asportazione previste, saranno effettuate esclusivamente attraverso un tunnel di decontaminazione.
Bonifica di materiali contenenti amianto in matrice compatta
Grazie alla natura dell’agente inquinante, ogni intervento di rimozione, incapsulamento e smaltimento di manufatti contenenti amianto in matrice compatta può essere effettuato con rapidità, che si tratti di lastre di copertura, canne fumarie, serbatoi idrici, pavimenti vinilici, tamponature o tubazioni. Si parte sempre dal prelievo dei campioni e dalla successiva analisi per la caratterizzazione, fino ad arrivare alla redazione e presentazione del Piano di Lavoro e all’esecuzione della bonifica e dello smaltimento rifiuti.
del 2016, siamo passati ai 4,5 milioni del 2017 e ad una aspettativa di chiusura del 2018 a quota 7,8 milioni. La svolta decisiva l’abbiamo avuta nel 2016 quando abbiamo deciso di passare da un’azienda artigianale a conduzione familiare a una società strutturata con reparti ben distinti, procedure aziendali definite
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e organigramma pubblicato. La solidità dell’azienda è data dai mezzi e dalle infrastrutture di proprietà di ITQ, ma soprattutto dalla professionalità e preparazione delle risorse umane che la compongono. Infatti la vera solidità, al di là di quelli che sono i beni aziendali, è garantita proprio dal team di persone che lavorano in ITQ.
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IO RIFIUTO, TU RIFIUTI, NOI RICICLIAMO! IL FUTURO DEL RECUPERO DI MATERIA IN ITALIA TRA DIFFICOLTÀ AUTORIZZATIVE E REALI PROSPETTIVE DI MERCATO. UN’OPPORTUNITÀ AMBIENTALE CHE SCONTA PRECONCETTI E IMPREPARAZIONE di Emilio Guidetti*
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avoro nel settore dei rifiuti da circa vent’anni, credo di averlo fatto in modo professionale cercando di privilegiare sempre il recupero di materia anche quando non era così scontato o conveniente farlo. In tempi lontanissimi avviai una procedura per il recupero di scarti nel settore dei laterizi ottenendo l’autorizzazione dall’autorità competente che, forse, nemmeno comprendeva le finalità di recuperare rifiuti in un mercato davvero remunerativo. Non molti giorni fa accendo la televisione e vedo su una rete nazionale un
servizio sul recupero di una particolare tipologia di rifiuti in agricoltura dove si evidenziavano illeciti, sforamenti dai limiti tabellari, recupero di rifiuti più sulla carta che nella sostanza. Ho provato molta rabbia perché pochi (per fortuna) esempi nefasti compromettono la credibilità di un intero sistema industriale che potrebbe garantire risorse economiche ai territori in cui opera completando il ciclo virtuoso che è alla base dell’economia circolare. Di recente ho scritto un articolo che era intitolato “le Sragioni del NO!” e che
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analizzava i danni ambientali dell’opposizione a tutto; ed invece le ragioni?! Le ragioni, che analizzeremo solo in via superficiale, sono certamente giustificate (non sempre ma spesso) da esempi di cattiva gestione dei rifiuti che vengono proposti dai servizi giornalistici, dalle lamentele inascoltate dei cittadini, da una tendenziale ed incrementale disaffezione per le ragioni della politica (nell’accezione più alta del termine). La convinzione che se uno lavora nel settore dei rifiuti debba per forza avere qualcosa da nascondere è ormai diffu-
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sa a molti livelli e condiziona spesso e male le scelte degli enti chiamati ad autorizzare (o più spesso a negare) i necessari trattamenti. Uno scenario di contesto avvilente che sembra precludere qualsiasi possibilità di inversione di tendenza. Vogliamo provare a non arrenderci!
IL RECUPERO DI MATERIA
Il recupero di materia è uno dei livelli della piramide che rappresenta la gerarchia per il trattamento dei rifiuti definita dalla UE, meno “figo” della prevenzione, appena sotto il riuso inteso come prolungamento della vita utile dei prodotti. Probabilmente però è la tipologia di trattamento più diffusa sul territorio nazionale, e non solo, e quella che concettualmente è più vicina al nostro modo di pensare nel settore del trattamento dei rifiuti. Prendo un’apparecchiatura, un mobile, un imballaggio, un assemblato di varie componenti e lo scompongo meccanicamente fino ad ottenere delle materie prime (end of waste) oppure delle componenti che avvio ad altri impianti di recupero. Pensiamo per esempio alla filiera dei RAEE dove prendo un’apparecchiatura obsoleta e ne ricavo componenti (HDD, FDD, ecc.) che mando al trattamento secondario in altri impianti e/o materie prime (metalli e plastiche) che posso immettere nuovamente nella filiera di produzione; non di meno è parte di questo segmento la filiera dei consorzi degli imballaggi i cui impianti sono specializzati nel recupero delle diverse frazioni, plastica, vetro, legno, ecc. Ancora, in questo segmento, la filiera di raccolta e trattamento delle pile ed accumulatori portatili e delle batterie per autotrazione dalle quali si ricavano materiali importanti come il piombo, il litio, ecc. La filiera del recupero di materia è quindi particolarmente importante perché si generano delle materie prime, anche strategiche, recuperandole dalle componenti ed apparecchiature a fine vita. Il concetto di urban mining mira proprio a definire le risorse materiali che si possono recuperare guardando i nostri rifiuti con un occhio diverso da quello che li classifica come un problema; il concetto è stato tendenzialmente coniato riferendosi ai materiali recuperati dai rifiuti elettrici ed elettronici ma, estendendolo, non sono di minore importanza le materie prime come il vetro, la plastica nelle sue diverse composizioni, il legno, la carta, ecc. Molte di queste materie prime, recuperate dai rifiuti, hanno un costo economico e ambientale decisamente minore rispetto a quando devono essere prodotte partendo da materie prime vergini.
ILLUSIONI DA ORIENTE
Il sistema del recupero di materia italiano, ma forse dovrei dire europeo, ha vissuto per molti anni con l’illusione proveniente da Oriente (Cina soprattutto) che vi era un fiorente mercato dei prodotti di bassa qualità in Oriente e qui conveniva fare le cose semplici e remunerative destinando nel Sol Levante tutte quelle miscele di prodotti o materiali che non era facile recuperare in Italia. Questa situazione di oggettiva comodità operativa (ed economica) ha probabilmente depresso le capacità e le voglie di investire in ulteriore tecnologia o ricerca e sviluppo per migliorare la separazione dei materiali affidandoci, mani e piedi, alle ghiotte opportunità economiche che provenivano da Oriente.
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Lasciando per un momento perdere alcune osservazioni, peraltro documentate, circa il tangibile inquinamento da plastica dovuto, anche, da attività di selezione fatte a bordo delle navi ci si vuole focalizzare sulla circostanza di avere abdicato a terzi il ruolo di protagonista del mercato italiano del recycling. Molte volte la tecnologia che viene utilizzata, anche all’estero, è italiana o comunque europea ed in grado di ottenere ottime performance di recycling rate rispetto all’input, una tecnologia che molto spesso non è possibile applicare in patria per le difficoltà autorizzative e socio ambientali. Non sono tra quelli che pensano che all’estero (Germania, Nord Europa in genere) vi siano solo eccellenze e in Italia solo problemi, sono però consapevole che nel Nord Europa fanno le stesse cose nostre (forse peggio) ma certamente più rapidamente e con regole del gioco certe. L’illusione che ad Oriente ci fossero opportunità infinite di conferimento di materiali di dubbia qualità ha creato un beneficio economico per pochi ma, sicuramente, un danno ambientale e strategico di prospettiva. Sarebbe ora di rendersene conto!
NOI RICICLIAMO, E POI?!
Ho avuto modo, in diverse sedi e in diversi articoli come questo di parlare del concetto di filiera di gestione dei rifiuti, in altre parole quel complesso di attività che vanno dal conferimento nel cassonetto (o contenitore domestico), alla raccolta, all’avvio al recupero di materia, energetico e infine allo smaltimento. Quella appena descritta è, come ho detto, la filiera di gestione del rifiuto; non basta! Se vogliamo dare vita e prospettiva al recupero di materia occorre che si aggiunga un altro tassello che è l’ultimo pezzo funzionale, la filiera del NON rifiuto. Sotto il profilo lessicale sembra quasi una contraddizione però, quelli definiti ai sensi dell’articolo 184/ter del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. sono classificati End of Waste o ancora “rifiuto che cessa di essere tale” o, con una licenza poetica, un NON rifiuto. Dall’esperienza di ormai vent’anni tra materie prime secondarie, mercuriali ed end of waste ho maturato la salda opinione che nessuna filiera industriale “seria” introduce un materiale che non abbia le caratteristiche minime per garantire che il prodotto finale di quel ciclo produttivo sia vendibile ed esteticamente gradevole. La circostanza che il prodotto arrivi dal riciclaggio dei rifiuti e che possa quindi, nel caso dei materiali edili, essere aderente ad alcuni requisiti per l’accreditamento LEED è un plus aggiuntivo che viene certamente valutato una volta che sono soddisfatti i prerequisiti tecnici di base. Introduco una materia prima di recupero (o come amo io dire “sostitutiva”) nel mio ciclo produttivo perché soddisfa i requisiti che chiederei alla materia prima naturale ed associa a questo l’eco compatibilità e i benefici dell’accreditamento LEED se produco materiali edili. Questo in sostanza potrebbe essere un ragionamento complessivo di chi è chiamato a decidere sulla sostituzione di materie prime in luogo di quelle naturali. Quali conseguenze ha questa affermazione per il settore industriale del riciclaggio in Italia?! La principale conseguenza, a medio lungo termine positiva, è quella di
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vedere implementato un vero e proprio sistema industriale italiano del riciclaggio, fatto non solo di tecnologie e di sapere fare le cose ma anche di poterle applicare sul proprio territorio. Un sistema industriale in grado di effettuare investimenti in tecnologia ma anche in sistemi di controllo dei processi e delle materie prima in uscita e che, contestualmente, garantisce il territorio su cui insiste e le aziende che operano a valle della filiera del recupero.
FILIERE CONSOLIDATE E FILIERE DA CONSOLIDARE
Quando parliamo di filiere di gestione dei rifiuti nasce sempre la curiosità di sapere quali siano i destini finali dei prodotti recuperati e quali i benefici ambientali o, piuttosto, nell’immaginario collettivo, “dove sia finito il rifiuto” e quali conseguenze ci siano per le future generazioni. Come si diceva in premessa, purtroppo, tutta la filiera di gestione dei rifiuti (non esente da responsabilità) è vista in modo sospettoso per i troppi casi di malaffare che la cronaca registra frequentemente. Da qui deriva una generale diffidenza su qualsiasi proposta operativa di recupero e riciclaggio di rifiuti sul proprio territorio con conseguente nascita di comitati contro (mai ho visto in questo settore nascere un comitato pro). Prima di tutto va detto che vi sono materiali che possono essere riciclati all’infinito, il tipico esempio è l’alluminio, e materiali come le plastiche che hanno un’ottima possibilità di riutilizzo, magari non nello stesso segmento ma comunque garantendo il recupero. Vi sono poi altri materiali di recupero che danno un effettivo e concreto beneficio al prodotto (maggiore resistenza meccanica, maggiore durabilità) oppure al processo produttivo in cui vengono impiegati (riduzione delle temperature di cottura e quindi emissioni di CO2, miglioramento del comportamento dei materiali a parità di processo produttivo, riduzione
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dell’impiego di materie prime naturali). Per alcune filiere si parla addirittura di interesse strategico legato al recupero di materie prime di difficile reperimento a causa dell’esaurimento delle miniere che li contengono o difficile accessibilità delle stesse per problematiche politiche, sociali che a volte sfociano in vere e proprie guerre. Non di meno vi possono essere politiche di tutela di alcuni Stati che hanno queste materie prime e che le utilizzano come vantaggio competitivo a livello strategico. Queste premesse portano a dire che gli impianti di recupero devono trovare la loro giusta dimensione all’interno di queste filiere di gestione e all’interno dei contesti territoriali più idonei ad ospitarli. L’Italia ha bisogno di impianti di recupero e riciclaggio che possano consentirgli di incrementare la propria competitività strategica in questo settore e alle proprie imprese di non guardare sempre e solo all’estero come sbocco finale di molte tipologie di rifiuti riciclabili per i quali in Italia non vi sono non tanto le conoscenze ma l’opportunità di fare. L‘illusione da Oriente ha frenato una parte della ricerca su nuovi processi e materiali perché, economicamente, conveniva caricare i container e spedirli verso Paesi che per il basso costo della manodopera potevano occuparsi di questi riciclaggi a basso valore aggiunto. Occorre quindi sostenere le filiere consolidate nelle frazioni meno pregiate al fine di garantire un recupero integrale dei rifiuti trattati, il termine sostenere non è da considerare alla stregua di sussistenza ma di azioni di marketing, di promozione e sostegno all’impiego di materiali riciclati, di promozione della consapevolezza dell’utente nell’impiego di materiali provenienti dal recupero e riciclaggio. Sostenere quindi la filiera del non rifiuto! Se le filiere consolidate hanno, a mio giudizio, bisogno di un sostegno solo per una frazione delle loro complesse attività, le filiere non consolidate ne-
cessitano di un più costante ed invasivo supporto legato alla probabile non convenienza economica immediata delle attività che stanno facendo. La non immediata profittabilità del processo allo studio non è però sinonimo di fallimento perché, molto spesso, il conto che si va a fare è miope quando non preconcetto. Miope perché per molto tempo si confrontava un processo di recupero con il costo del collocamento a discarica che, in Italia, è sempre stato basso e visto, anche dal legislatore, come via maestra per il trattamento dei rifiuti. È probabile che io non sia il solo che si ricorda le infinite proroghe per il collocamento a discarica dei rifiuti che avevano un potere calorifico superiore ai 13.000 kJ/kg togliendo quindi ogni prospettiva e certezza ai processi, per esempio, di trattamento meccanico. Sostegno alla filiera del recupero delle filiere non consolidate significa anche dare prospettive certe al sistema industriale che deve nascere e svilupparsi attraverso scelte legislative chiare e percorsi di adeguamento precisi e rispettati.
HOUDINI È ANCORA TRA NOI?!
Harry Houdini è stato uno dei più famosi illusionisti della storia, erano i primi anni del novecento. E di illusione si parla anche per le conseguenze che provocano le implementazioni o modifiche delle normative ambientali in Italia. L’illusione che si crei un mercato, l’illusione che si possa fare impresa seriamente, l’illusione di giocare a regole certe e condivise. Poi l’amara realtà, alla fine del gioco o del sogno, ci porta a constatare che molto spesso anche se implementate le regole poi cambiano nel tempo, a volte anche nello spazio. Non a caso è stato citato il tema delle infinite proroghe sul collocamento a discarica dei rifiuti con potere calorifico maggiore di 13 MJ/kg perché è il tipico esempio dell’incedere italiano. Esiste un obbligo normativo di cui allegramente ignoro le conseguenze fino
al momento prima della scadenza, a quel punto il cosiddetto “sistema” fa presente al legislatore che non ci sono più i termini per l’adeguamento e questi, mosso a compassione, fa la cosa che in Italia ci riesce meglio la proroga (e a volte anche la deroga) per spostare in avanti il traguardo. Riparte la danza dove tutti parlano delle conseguenze dell’adeguamento ipotizzando il blocco del sistema del recupero, il licenziamento di moltitudini di lavoratori e lavoratrici e altre nefaste conseguenze. All’approssimarsi della nuova scadenza si segnala al legislatore che, purtroppo, il sistema non ha potuto adeguarsi e via di proroga… infinite volte. Le conseguenze nefaste del fatto che possiamo sempre contare su una proroga o una deroga sono sostanzialmente le stesse di quelle provocate dalle illusioni da Oriente, la percezione che è più facile imboccare la via più semplice ma certamente meno prospettica, per noi e per le generazioni future. Il problema delle autorizzazioni è già stato trattato in altro articolo sulla stessa rivista come uno degli elementi ostativi allo sviluppo di una filiera industriale del recupero e riciclaggio, non di meno vorrei però citare la prospettiva strategica come altro elemento di disturbo per il settore industriale. Non a caso è stato citato il caso delle continue proroghe del collocamento a discarica dei rifiuti con elevato potere calorifico come paradigma delle modalità con cui, proprio il legislatore, toglie certezza al sistema industriale che vorrebbe nascere e svilupparsi. Se è vero che il rischio d’impresa è contemplato in un’attività imprenditoriale è altrettanto vero che appare impossibile pensare di implementare un settore industriale che un giorno percorre una via e il giorno dopo la via esattamente opposta.
RIFIUTI CHE BRUCIANO, ESISTE UN PROBLEMA?
Sono ormai cronaca giornaliera i de-
positi di rifiuti che bruciano, sono 250 negli ultimi due anni secondo un famoso quotidiano nazionale (articolo del 2017) che commenta “non è normale”; secondo i dati di Legambiente dopo il doppio episodio in Lombardia sono 33 i casi (in Lombardia si suppone) tra il 2015 ed il 2018. Sono certamente troppi! Le responsabilità vengono speditivamente attribuite agli affari della malavita (probabilmente davvero presente) oppure ad imprenditori senza scrupoli che pensano di risolvere il problema dell’avvio al recupero e/o smaltimento finale con il fuoco. Problema risolto! Purtroppo questa visione, pur parzialmente vera, è da ritenersi limitata e come tale miope; una visione che bolla il fenomeno come malaffare dimenticandosi che esiste, ed è grave, un problema strutturale del sistema di avvio al recupero e smaltimento in Italia. Vi sono molteplici impianti di stoccaggio e/o primo trattamento dei rifiuti a valle dei quali non esiste impiantistica c.d. “finale” ovvero quegli impianti che finalizzano il processo ricavando nuove materie prime, termovalorizzando quelle frazioni di rifiuti idonee a questo processo e/o, alla fine, mettendo a discarica le frazioni non recuperabili né come materiali né come energia. Questo è il vero problema che deve essere affrontato con un’attenta pianificazione sovraordinata che supera l’ipocrisia dell’autosufficienza del proprio campanile e consente all’intera filiera di svilupparsi all’interno delle regole e dei controlli che, probabilmente, devono essere più incisivi e severi per favorire coloro che lavorano bene (e ce ne sono tanti/e) e fermino quelli che passano sotto l’asticella della legalità. La produzione di rifiuti di ognuno di noi è continua nell’arco dell’anno, basta guardare la quantità di sacchetti o bidoni che mettiamo di fronte all’ingresso per la raccolta; nessuno di noi è disposto a tollerare che il proprio rifiuto resti davanti a casa per più del tempo strettamente necessario al servizio di raccolta. Se il servizio non è efficiente
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scriviamo al Sindaco, lo postiamo su Facebook (che ho deciso di non utilizzare) perché riteniamo un nostro diritto avere la città pulita. Credo nessuno si sia mai interrogato su cosa succede dopo o, se lo ha fatto, deve avere tratto qualche conclusione affrettata o non corretta se si ritiene di bollare come unicamente malavitoso il problema degli incendi negli impianti di trattamento. Manca una filiera consolidata di gestione dei rifiuti che arrivi alla cessazione della qualifica (End of Waste) o a distruggerli termicamente sfruttandone l’energia prodotta. Mentre combattiamo la malavita dovremmo essere capaci di analizzare il problema nella sua interezza.
CONCLUSIONI
Il paragrafo delle conclusioni è via via sempre più imbarazzante: cosa possiamo concludere dopo la trattazione fatta? Possiamo concludere che è necessario un cambio di rotta che vada a favorire la nascita di un sistema industriale con regole certe e scenari prospettici adeguati a garantire una seria pianificazione industriale. Occorre favorire la filiera del non rifiuto o, più correttamente del non più rifiuto o, meglio ancora del riprodotto! Se la filiera di gestione dei rifiuti può essere regolata con leggi e normative almeno nella parte generale credo che servano almeno due elementi di innovazione: • criteri di cessazione del rifiuto tecnici e non normativi in modo da mantenere il passo con l’evoluzione tecnologica; • formazione, informazione e sensibilizzazione sul ruolo che ognuno di noi può giocare per ridurre i rifiuti, recuperarli al meglio e dare vita e valore ai riprodotti. Nella speranza che (se mi daranno l’occasione di scrivere ancora sul tema) non debba saltare il paragrafo delle conclusioni per sopraggiunta vergogna. *Ecoproject S.a.s.
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È TEMPO DI… ECOMONDO SCOPRIAMO LE NOVITÀ DELL’EDIZIONE 2018 DI ECOMONDO: DAI TEMI ALLE NOVITÀ NORMATIVE, DALLA RICERCA ALL’INDUSTRIA 4.0, DALLE NOVITÀ TECNOLOGICHE ALL’ECONOMIA CIRCOLARE di Laura Veneri
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orna la fiera sull’ambiente per eccellenza. Torna e come ogni anno si rinnova proponendo argomenti nuovi e d’attualità ma consolidando i temi che l’hanno fatta crescere. Numerosissimi i convegni di respiro nazionale e internazionale: la strategia europea sulla plastica e i suoi sviluppi; le esperienze di bioeconomia circolare nei Paesi Ocse; l’industria 4.0 applicata alla gestione e utilizzo dei rifiuti; tutela, recupero e riuso della risorsa idrica; a cui si aggiungono gli Stati Generali della Green Economy (quasi un evento dentro l’evento); la progettazione ecosostenibile; il biometano; la conferenza sul fosforo e tanto altro ancora. La conferenza sulla Strategia europea sulla Plastica, si rivolgerà alla platea dell’industria della plastica biobased e biodegradabile così come a quella della plastica tradizionale, chiamate a nuove sfide del mercato. Ammonta infatti a 25,8 milioni di tonnellate la quantità di plastica prodotta in Europa ogni anno, mentre 49 milioni di tonnellate è il peso dei rifiuti plastici: meno del 40% viene riciclato. Strettamente connessa all’argomento plastiche, la problematica dei rifiuti marini (marine litter) si conferma tema caro ad Ecomondo che riproporrà per il terzo anno consecutivo, insieme a Legambiente e ad Enea, la conferenza sulla prevenzione e gestione dei rifiuti marini, con i massimi esperti internazionali del settore pronti a mettere a disposizione le più recenti conoscenze e competenze in materia. L’avanguardia della ricerca e delle sue applicazioni nella gestione e valorizzazione della risorsa idrica sarà un altro capitolo importante di Ecomondo, con la sezione Global Water Expo in stretta collaborazione con Utilitalia. Evento di punta, che si terrà per la prima volta in Italia, e per la prima volta in un Paese del sud Europa, sarà l’European Nutrient Event, una due giorni organizzata a Ecomondo dall’European Sustainable Phosphorus Platform, organismo che a livello europeo insieme ad alcuni Stati membri promuove la ricerca intorno al recupero dalle acque reflue municipali del fosforo, una materia prima che comporta diverse criticità. Come dimostra il progetto Horizon 2020 SMART-Plant, a coordinamento italiano, le tecnologie per il recupero di fosforo ed altri materiali di valore dal trattamento delle acque reflue sono ad oggi disponibili e già in corso di validazione presso impianti di depurazione esistenti, sia in Italia che in Europa. A frenare, soprattutto in Italia, percorsi di economia circolare sono le barriere o le incertezze legislative e regolatorie. Barriere ed incertezze che hanno creato recentemente “l’emergenza fanghi”, con la sentenza del Tar della Lombardia (20 luglio) che ha bloccato il riutilizzo in agricoltura dei fanghi prodotti dai depuratori. Problematica che interessa tutto il paese poiché in Italia, sono circa 5 milioni le tonnellate di fanghi prodotte ogni anno dai depuratori. L’industria 4.0 per una maggiore efficienza nella gestione e utilizzo dei rifiuti sarà invece al centro di un incontro organizzato dal Comitato tecnico-scientifico di Ecomondo insieme al CNR e alle Università di San Marino e di Bologna. La robotica e l’automazione sono infatti essenziali per migliorare la selezione dei rifiuti dopo la raccolta mentre l’Internet of Things e il data analytic contribuiscono a rendere più intelligenti i processi della logistica. Tra gli eventi da ricordare anche la decima edizione del Premio per lo Sviluppo Sostenibile promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile in collaborazione con Ecomondo. Anche il biometano sarà un tema cui la manifestazione dedicherà molto spazio. Il decreto interministeriale dello scorso 2 marzo (il cosiddetto decreto bis, 4,7 milioni di incentivi sul piatto) ha posto le basi per favorire l’utilizzo delle fonti rinnovabili (biocarburanti) nel settore dei trasporti, ulteriore step di una transizione energetica dai combustibili fossili ormai inarrestabile. Quella che va ad aprirsi è una nuova fase di investimenti che si calcola porterà, grazie al potenziale di gas rinnovabile producibile al 2030, ad un giro di affari complessivo di circa 85,8 mld di euro e 21mila nuovi posti di lavoro (Fonte Althesys). Queste sono solo alcune anticipazioni ma Ecomondo è molto di più e per questo vi anticipiamo qualche novità tecnologica da parte di alcuni espositori.
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BROKK Anche quest’anno Brokk, leader mondiale nei Robot da demolizione, espone ad Ecomondo presentando grandi novità. La casa svedese ha infatti realizzato un aggiornamento profondo su tutta la gamma, specialmente nelle classi medio grandi. Vediamo cosa è cambiato dopo l’introduzione della tecnologia SmartPowerTM che permette di utilizzare in pieno la potenza del motore elettrico, monitorando costantemente i parametri di funzionamento e variando la potenza elettronicamente. Questa tecnologia consente di avere più portata idraulica e quindi la possibilità di utilizzo di utensili più potenti e pesanti. La tecnologia sviluppata da Brokk è stata introdotta dapprima con il Brokk 280 da 30 q e successivamente con il B110 da 10 q che pur mantenendo inalterata la classe di utensili dei predecessori, ha aumentato la potenza del 30% e si traduce con il martello idraulico in più colpi al minuto per una più rapida demolizione. Gli ingegneri della Brokk che hanno progettato il nuovo modello da 16 q, hanno avuto la possibilità di avere molta potenza idraulica in più, tanto da poter pensare ad una macchina dalle dimensioni analoghe, ma con un martello più pesante e potente come il BHB305 da 300 kg. È nata così una nuova macchina, il B200 dal peso di 20 q che, pur mantenendo le stesse dimensioni del 160, ha ulteriori vantaggi, quali un braccio più lungo che arriva fino a 5 m con la forza idraulica per poter alimentare un utensile da 300 kg. Il mercato però impone per motivi di peso, una macchina leggera e così il B160 diventa il nuovo B170 con le stesse caratteristiche di peso, portata e carico utensile di 200 kg del predecessore, ma con il 30% in più di potenza, grazie a SmartPowerTM. Con l’arrivo del B200, il B280 va in pensione anticipata e diventa la prima macchina della Brokk ad uscire di produzione in un lasso di tempo breve. Dalle sue radici però nasce una nuova classe di robot il B300 che ha dimensioni leggermente superiori al 280, ha un peso di quasi 40 q e alimenta un potente martello da 450 kg il BHB455. Anche Darda, azienda produttrice di pinze frantumatrici controllata da Brokk, presenta nuovi modelli: la CC440 con apertura da 44 cm per il B170, la CC480 per il B200 con apertura da 46 cm, la CC480 per il B200 con apertura di 46 cm e infine la CC580 per il B300 con apertura di 56 cm. La gamma di pinze Darda è anche disponibile per escavatori tradizionali tramite la rete commerciale Brokk. Con questa nuova gamma la Brokk impone nuovi standard nei Robot da demolizione che saranno visibili ad Ecomondo. Non ultimo, la presenza di Aquajet, leader nei robot da idrodemolizione, che presenterà il nuovo sistema ERGO che vanta l’ambizione di sostituire con un sistema robotizzato l’utilizzo di pericolose lance manuali.
COOP BILANCIAI Coop Bilanciai presenta a Ecomondo il nuovo terminale di pesatura DD2060X-SERIES. Potenza, autonomia, velocità operativa, programmabilità, prestazioni di alto livello sono le peculiarità innovative di questo terminale. Disponibile con applicazioni software pensate per integrare le operazioni di pesatura e di logistica: automazione del controllo accessi e della gestione code, monitoraggio di carico e scarico del materiale. DD2060X-SERIES consente la condivisione dati da e verso i propri sistemi gestionali tramite connessioni LAN, WAN o Cloud. Il design innovativo, la grafica accattivante e il robusto display industriale touchscreen a colori da 12,1” ad alta visibilità, anche in esposizione al sole diretto, permettono di compiere le operazioni in modo semplice e intuitivo. Solido e modulare, il terminale è pensato per crescere insieme alle nuove esigenze dell’azienda, grazie alle possibili espansioni hardware e software. Il terminale dispone di Ethernet TCP/IP, Wi-Fi, USB multipla e RS-232/422 di serie, 4G, GPRS, GSM e semplifica le operazioni di controllo grazie a tasti di scelta rapida, controllo vocale, interfono integrato (VOIP) e telecamere. La Serie DD2060 X è omologata per operazioni di pesatura ai fini di transazioni commerciali secondo la direttiva 2014/31/UE e OIMLR76.
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ECOSTAR Ecostar sarà presente a Ecomondo con 2 vagli a dischi dinamico Hexact, di 2 e 3 metri di superficie vagliante. Hexact è il vaglio a dischi che sfrutta la tecnologia Dynamic Disc Screening (DDS) e che utilizza sezioni modulari da 2 o 3 metri. La tecnologia Dynamic Disc Screen, essendo più efficiente dei sistemi vaglianti tradizionali, consente di utilizzare superfici vaglianti più contenute, mentre la modularità di Hexact permette di commisurare le potenzialità della macchina in funzione, delle effettive esigenze di lavoro e dello spazio disponibile del committente. Questo si traduce in un notevole risparmio sui costi di investimento iniziali necessari a realizzare l’impianto di riciclaggio, in quanto diminuiscono i costi relativi allo spazio e alle strutture accessorie, quali nastri trasportatori e strutture di supporto. Il vaglio a dischi Hexact consente di ridurre i costi in strutture fino all’80% e i costi relativi ai nastri trasportatori fino al 30% rispetto ai vagli tradizionali. L’efficienza della tecnologia Dynamic Disc Screening consente inoltre di utilizzare un solo motore elettrico da 7,5 kW per ogni 20 t/h di materiale da vagliare. In questa maniera il vaglio a dischi Hexact è molto conveniente anche dal punto di vista dei consumi, fino al 70% in meno rispetto ai sistemi di vaglio tradizionali. La tecnologia Dynamic Disc Screening (vaglio a dischi dinamico) è un sistema brevettato Ecostar che consente di vagliare qualsiasi tipo di materiale con grande precisione, riducendo al minimo l’attorcigliamento e l’intasamento dei materiali, riducendo i fermi macchina e i costi legati alla pulizia e alla manutenzione. Ecostar è sinonimo della più avanzata e raffinata tecnologia nel settore della separazione meccanica dei rifiuti e dei materiali di scarto. Grazie alla tecnologia brevettata Dynamic Disc Screening, oggi molte tipologie di rifiuto possono essere impiegate con efficienza per fornire combustibili e fonti d’energia pulite, come biomassa e CSS, oppure sostanze utili all’agricoltura e alla silvicoltura, come il compost. La tecnologia Ecostar rivoluziona gli standard acquisiti in termini di consumo, performance produttiva, ingombro, aspettativa d’ammortamento, ritorno economico e di emissioni provocate nel corso del processo.
EUROVIX La gestione dei fanghi di depurazione in Italia evidenzia innumerevoli criticità che hanno portato ad aumentare considerevolmente i costi di smaltimento o recupero dei fanghi. Oggi dunque l’obiettivo principale da perseguire in ambito depurazione delle acque nel trattamento fanghi è ridurne la produzione. Emerge quindi sempre più attuale ed urgente utilizzare tecniche efficaci che consentano la gestione corretta e sostenibile dei fanghi nonché la sostanziale e apprezzabile riduzione della loro produzione. Eurovix S.p.A., ha messo a punto e brevettato da alcuni anni il Sistema “Energy Saving”. Si tratta di una tecnica gestionale per la riduzione della produzione del fango di supero e dei consumi energetici in ossidazione. Tale tecnica consiste nell’utilizzo, direttamente nel processo biologico, di un bioattivatore atto ad aumentare l’efficienza dei fenomeni di idrolisi e successiva liquefazione di una parte dei solidi sospesi adsorbiti sul fango, incrementare i processi di demolizione ossidativa enzimatica a scapito di crescita protoplasmatica ed ottimizzare il trasferimento di ossigeno a livello cellulare. Numerose sono le applicazioni in scala reale del Sistema Energy Saving che Eurovix S.p.A. ha effettuato fino ad oggi che hanno restituito range di riduzione della produzione di fanghi del 15-30% della massa secca rispetto ad analogo periodo stagionale.
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FORREC Da qualche anno nel mercato, Forrec trova soluzioni efficaci alle richieste dei propri interlocutori; l’esperienza nel settore e la preparazione tecnica offerta dall’ufficio di ricerca e sviluppo garantiscono una risposta sempre attenta e risolutiva. Forrec presenta una gamma di 60 differenti modelli di macchine e impianti chiavi-in-mano per qualsiasi tipo di rifiuto solido urbano e industriale, squadre di assistenza presso il cliente, call center, assistenza remota e magazzino ricambi fornito per manutenzioni programmate ed emergenze. Molti gli orizzonti esplorati e moltissimi i traguardi raggiunti, in modo particolare negli ultimi due anni, tempo in cui l’azienda ha realizzato importanti progetti che riguardano il trattamento degli RSU con una linea in grado di ridurre i passaggi nella preparazione del materiale, garantendo un output di qualità con un trituratore primario (multilaceratore FR) e un vaglio, evitando la macinazione secondaria. Oltre al trattamento del rifiuto urbano, nel 2018 due importanti aziende francesi hanno scelto la tecnologia e l’esperienza Forrec applicata al trattamento dei frigoriferi per la realizzazione dei loro impianti che sono i più grandi al mondo per capacità in ingresso: 120 frigoriferi/ora. Forrec ha inoltre aggiunto il mulino a martelli alle proprie tecnologie, come elemento di raffinazione negli impianti di trattamento RAEE (R4), dei motori elettrici e dei metalli ferrosi e non, questa macchina sarà presentata alla fiera Ecomondo. Ricerca e sviluppo sempre attivi e nuovi progetti in fase di definizione, team preparato e attento alle richieste del mercato e appuntamenti immancabili in Europa e nel mondo, questo e molto di più all’orizzonte di un’azienda giovane e dinamica sempre pronta alle nuove sfide.
GENERAC MOBILE PRODUCTS Anche quest’anno Generac Mobile Products, tramite il brand DF Ecology, presenterà la propria gamma di abbattitori polvere e torri faro. Oltre all’ormai riconosciuto e apprezzato dal mercato DF Smart, modello ideale per la piccola cantieristica e facilmente manovrabile da un singolo operatore grazie alle comode maniglie e al peso ridotto, ai visitatori verrà svelato un prodotto nuovo: il DF 3000 MPT (Mobile Power Tank), uno dei due modelli “all-in-one” della gamma Dust Fighters. È infatti equipaggiato con un serbatoio d’acqua da 1000 litri e da un gruppo elettrogeno dedicato al funzionamento del cannone nebulizzatore, per una totale autonomia. Questo modello è disponibile su base, in modo che possa essere eventualmente installato ad esempio sul pianale di un veicolo, oppure su carrello stradale omologato o a traino lento da cantiere. L’autonomia del DF 3000 MPT è di ben 160 minuti e il getto d’acqua nebulizzata può arrivare ad una distanza di circa 20 metri. Il serbatoio in plastica rappresenta un vantaggio sia per il peso della macchina (solo 490 kg a secco), sia per la maggior resistenza ad eventuali urti. Oltre alla linea per l’abbattimento polvere, Generac esporrà ad Ecomondo il modello di torre faro CUBE+ Hyper: anche questa è una novità assoluta, in quanto il gruppo fari con cui è equipaggiata è completamente orientabile da parte dell’utilizzatore passando da una posizione dei proiettori tradizionalmente frontale, fino ad arrivare ad una copertura di 360 gradi. Con la macchina possono essere forniti inoltre dei pannelli antiabbagliamento da poter utilizzare al bisogno, ad esempio durante lavori notturni stradali. La gamma di prodotti presenti allo stand verrà completata con il Generatore a Gas GA13000 della società partner PR Industrial.
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MA-ESTRO Q-ADVICE è il servizio di consulenza offerto da Ma-estro che permette di conoscere i reali costi produttivi, i consumi energetici e l’efficienza delle macchine in modo tale da valutare la reale potenzialità dell’impianto. Vengono installati dei sensori e dei sistemi che monitorano in modo costante l’intero processo produttivo per registrare tutte le informazioni in modo automatico. Il periodo di monitoraggio varia a seconda della dimensione e della tipologia di impianto ma solitamente è compreso tra le due e le quattro settimane. In questo lasso di tempo verranno effettuate tutte le prove necessarie per testare il comportamento dell’impianto, quindi tutto questo studio consente di effettuare una “fotografia” del processo produttivo e dei suoi relativi punti critici. In qualsiasi momento il cliente potrà controllare i dati registrati attraverso un portale web. Una volta concluso lo studio, il cliente avrà due scelte: • potrà proseguire questo percorso con Ma-estro progettando insieme una soluzione per ottimizzare i processi produttivi, da cui verrà scalato l’importo del servizio Q-ADVICE in base al successivo acquisto di un sistema Ma-estro; • o potrà accettare solamente la relazione presentata da Ma-estro che riporta i dati delle analisi effettuate. Oltre il 90% dei clienti ha proseguito con Ma-estro dopo la consegna della relazione. Ad oggi Ma-estro vanta oltre 100 installazioni in ambito nazionale e internazionale.
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MOLINARI Allo stand dell’azienda bergamasca la macchina più piccola della gamma, il monoalbero TP1200, e la versione più grande, la TP3500. Soluzioni sempre più apprezzate anche sui mercati internazionali e in grado di garantire ottime performance in termini di consumi energetici, produzione e manutenzione. Dal “piccolo” TPm1200, trituratore monoalbero con spintore e rotore di 1200 mm, al “fratello maggiore”, il trituratore bialbero TP3500 lungo 3500 mm. La filiera del recycling corre sui binari dell’innovazione allo stand di Molinari, azienda di Lenna, in provincia di Bergamo, specializzata nella realizzazione di trituratori, granulatori industriali e macchinari per la frantumazione di materiale proveniente da scarti di produzione, post-consumo e biomasse. Dalla plastica, al legno, all’alluminio fino agli pneumatici fuori uso, l’azienda guidata da Giovanni Gervasoni torna alla fiera Ecomondo con la sua ampia gamma di soluzioni personalizzate per il servizio del recycling e del waste-to-energy: “Sono otto anni che non manchiamo a Rimini, una importante vetrina internazionale per esporre in anteprima assoluta - sottolinea Gervasoni -. Nelle ultime due edizioni abbiamo infatti presentato in fiera i nostri trituratori primari della gamma TP: nel 2016 il bialbero TP2000 e nel 2017 il monoalbero TP2000. Quest’anno ci siamo concentrati ancora sulla triturazione primaria ed esporremo la macchina più piccola della gamma, la TP1200, e la versione più grande, la TP3500. La prima è pensata per le aziende che hanno necessità di triturare piccoli quantitativi o manufatti poco ingombranti senza rinunciare però alla robustezza, elemento fondante del know-how Molinari. La seconda macchina è stata progettata per una centrale a biomasse in Costa d’Avorio che dovrà trattare rami di palma lunghi fino a 3 metri. Per ovviare alle difficoltà di carico del materiale, in collaborazione con il cliente abbiamo allungato i rotori di un metro, portandoli fino a 3500 mm”. Novità che rilanciano la vocazione dell’azienda bergamasca all’innovazione dei suoi prodotti, progettando e costruendo macchinari dove la robustezza, i ricercati angoli di taglio e le ridotte velocità di rotazione degli alberi garantiscono ottime performance produttive e risparmi energetici importanti. Valori che sono alla base della gamma dei trituratori primari, il fiore all’occhiello della produzione Molinari: “In Francia abbiamo venduto 4 macchine in un settore molto esigente come quello della triturazione degli pneumatici fuori uso destinati a diventare combustibile alternativo per i cementifici. La Francia è un mercato molto difficile, regolamentato dal consorzio Aliapur che ha creato uno standard per le dimensioni della ciabatta, degli pneumatici triturati e della quantità di ferro che fuoriesce”. Entrare sul mercato francese ha rappresentato un’opportunità per Molinari non solo in termini commerciali: “È stata una sfida perché le nostre macchine non erano mai state testate conferma Gervasoni -. Abbiamo infatti siglato una partnership con un’azienda locale che ha applicato il sistema Aliapur sulla nostra macchina per renderla performante secondo gli standard richiesti. I risultati sono stati ottimi: i test hanno riguardato un trituratore destinato solo agli pneumatici di camion, contenenti molto acciaio. La sfida era arrivare a 1800-2000 tonnellate senza dover affilare le lame. Noi siamo arrivati a più di 4000 tonnellate: una prova di resistenza e affidabilità che tradotta in termini economici vuol dire ridurre della metà i costi di manutenzione ed evitare i fermi macchina”.
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TECNO GROUP Anche quest’anno Tecno Group non mancherà all’appuntamento con Ecomondo, un momento importante per incontrare i clienti ma soprattutto per conoscere nuove realtà italiane e straniere. Chi passerà presso lo stand avrà la possibilità di vedere tutto quello che l’azienda è in grado di produrre. Ci saranno due tamburi con forature diverse, completi di flange e coclea, chiaramente con misure ridotte adeguate allo spazio “fieristico”. Ci saranno diverse lamiere forate per trituratori, cippatori e mulini, piegate, calandrate, con fori e piatti di fissaggio o comunque fatte a disegno a campione. Tecno Group utilizza lamiere che vanno dal ferro all’HB 600 per i vari gradi di usura del materiale vagliato. Nello stand si potranno vedere tutte le reti a filo che l’azienda produce, dalle maglie quadre con filo in acciaio ad altissima resistenza e/o in acciaio inox per applicazioni più gravose, reti anti intasanti ad onda o ad arpa per materiali umidi e impaccanti. Poi ci sarà un ampio spazio dedicato al poliuretano: pannelli per vagli rotanti, pannelli modulari ad incastro, con corde di tensionamento per vagli vibranti, lastre per vagliatura e rivestimento. In un’area dello stand saranno presentati i prodotti in gomma: lamiere forate rivestite in gomma per vagli sgrossatori rotanti e vibranti, lastre in gomma per vagliatura di sabbie fini, lamiere rivestite in gomma per rivestire canale, silos e zone dell’impianto ad alto grado di usura. Ci sarà uno spazio dedicato agli accessori, in primis i rulli per nastri trasportatori, prodotti con materiali di altissima qualità, tappeti in gomma, tasselli di fissaggio in gomma e poliuretano, lardoni, barre e cunei di fissaggio, bulloni e dadi di varie misure e molti altri prodotti di uso quotidiano negli impianti di inerti, riciclaggio, compost, ecc. Tecno Group sarà lieta di incontrare al padiglione D3 presso lo stand 190 tutti coloro che vorranno delle informazioni o semplicemente salutare e con l’occasione bere un caffè. Durante tutto il periodo della fiera potrete incontrare il personale della Tecno Group che durante l’anno passa nei vostri impianti o che sentite telefonicamente, saranno presenti: Angelo Gallucci, Piersandro Pregno, Francesco Laudicina e Daphné Mounier.
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SERVICE POMPE Service Pompe Srl, azienda di Pierantonio, Perugia, da anni attiva nel segmento stradale, dal 2018 è stata promossa come importatrice unica per il territorio italiano di tutti i prodotti a marchio Tana. Tana Oy è una azienda finlandese fondata negli anni ‘70, per la progettazione, costruzione e vendita di compattatori da discarica. La sua sede principale è Jyväskylä. I compattatori Tana, forti del loro rullo a larghezza totale e telaio scatolare rigido, offrono ai propri utilizzatori importanti vantaggi. Tana Oy dichiara che l’impiego dei propri compattatori negli impianti, conferisce un indice di compattazione superiore del 10% minimo rispetto ai tradizionali compattatori mobili. Dal 2003 Tana ha poi iniziato la produzione di trituratori ed oggi la gamma, giunta alla sua IV generazione, consta di due modelli: Tana Shark 440 e 220. Nei trituratori Tana è possibile definire la pezzatura in uscita in funzione sia della tipologia di griglia vagliante posta al di sotto del rotore, che anche dei controcoltelli montati sulla parete laterale apribile. Tana dichiara infatti che con i propri mezzi è possibile triturare da 50 mm fino ai 500 mm sempre e solo con la stessa macchina, a patto che, naturalmente, si cambino griglia e controcoltelli. La tipologia di denti installati sul rotore invece, è unica: non ne esistono di diverse dimensioni e forme poiché a differenza di quanto offerto dei maggiori competitor nel mercato, i trituratori Tana tagliano e non strappano. L’alto contenuto tecnologico presente nei compattatori e nei trituratori Tana con i sistemi Protrack® e ProLock® permette ai macchinari Tana di accedere alle agevolazioni dell’Industria 4.0.
SOTRAFA Sotrafa ha iniziato il 2018 con ottime notizie: l’avvio della sua seconda linea di produzione nella Divisione Geosintetici. Questo nuovo investimento nell’impianto produttivo dotato di sistema di fabbricazione a testa piana calandrata, consolida la crescita della società in questo settore e rappresenta un ulteriore passo avanti nel progetto SOT22 (progetto di crescita ed espansione societaria progettato nel 2015). Oltre alla sua vasta esperienza nella trasformazione delle materie plastiche, Sotrafa riesce così a rafforzare e a dare un ulteriore slancio alla Divisione Geosintetici, che sinora ha prodotto e fornito a livello mondiale più di 90 milioni di m2 di geomembrane, con molteplici applicazioni nel settore idraulico, ambientale, minerario, stradale, edile, ecc. Sotrafa collabora da anni con le imprese nazionali ed internazionali più importanti di questi ed altri settori e riceve il consenso e il supporto di qualificati professionisti. La nuova linea di produzione delle geomembrane ALVATECH si affianca alla precedente unità produttiva ed aggiunge funzionalità come: • incremento della capacità produttiva; • innovazione. Sotrafa è il centro di produzione europeo con la più elevata tecnologia applicata nella produzione di geomembrane (nuovi sistemi di raffreddamento dei rulli calandrati, controllo dello spessore, nuovo miscelatore e sistema di dosaggio, nuovo sistema di miscelazione dell’estrusore, aumento della lunghezza del tratto di raffreddamento e stabilizzazione della geomembrana prodotta). Queste importanti migliorie, il costante progresso, insieme alla professionalità del personale, fanno di Sotrafa una delle più grandi scommesse per il futuro della produzione di Geosintetici in tutto il mondo.
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VTN Quando si dice ECOMONDO è come aprire un libro interamente dedicato al riciclaggio. Quando si parla di riciclaggio non si può non entrare nell’universo VTN e proiettarsi tra i suoi modelli di attrezzature specificatamente dedicate alla lavorazione e al recupero dei materiali. All’importante appuntamento riminese l’azienda vicentina, condotta dagli eredi del suo fondatore Nerio Vaccaro, esporrà al grande pubblico la nuova cesoia CI 10000 R. Con un peso di circa 10 ton la CI 10000 R è impiegabile al posto benna su escavatori da almeno 85 ton, e posto braccio su escavatori da 55-60 ton. Fa parte della serie R di recente realizzazione, per ora composta da 12 modelli. R come “REVOLUTION”, a testimoniare che l’obiettivo di migliorare e perfezionare il prodotto, anche quando lo stesso è comunque già molto apprezzato dal mercato, per VTN resta una peculiarità. E come sempre si tratta di una sfida, una delle tante, da affrontare con la determinazione di sempre per vincerla e per lasciare un’altra indelebile traccia sul mercato di quella che è l’attività del team di specialisti della ricerca e sviluppo VTN. E per restare in tema di novità, non meno importante e quindi altrettanto degno di menzione è l’ingresso di VTN nel mondo del “forestale”, per ora con due linee di prodotti caratterizzate da grande versatilità per il disboscamento, la manutenzione e la bonifica di aree verdi. Allo stand verrà esposto il modello della pinza taglia tronchi W 1100 per escavatori da 13 a 35 ton. Evolvere il prodotto non solo nel design, ma soprattutto nella sua struttura, realizzarlo con i migliori acciai altoresistenziali di ultima generazione, pensare, progettare e costruire nuove attrezzature dalle prestazioni sempre più performanti, ma nello stesso tempo anche più affidabili, per VTN rimane la priorità.
TOMRA AUTOSORT è una delle macchine selezionatrici di TOMRA più vendute al mondo. Oggi, è disponibile con un nuovo sensore: SHARP EYE, un’innovazione ottenuta grazie al potenziamento dell’esclusivo scanner a infrarossi FLYING BEAM® del marchio norvegese. Focalizzandosi sull’area del nastro sottoposta a scansione, FLYING BEAM distingue anche le più sottili differenze molecolari dei materiali. Oggi, grazie alla maggiore intensità luminosa del nuovo sensore ottico SHARP EYE, è possibile individuare anche le caratteristiche dei materiali più difficili da distinguere. Diverse le applicazioni e i pacchetti di utilizzo di AUTOSORT con SHARP EYE: le più rivoluzionarie sono l’ultimissima applicazione di disinchiostrazione e la differenziazione tra vaschette in PET monouso e bottiglie in PET. La domanda di carta disinchiostrata è in continua crescita. Ovunque vi è la necessità e il potenziale per migliorare i tassi di riciclo della carta. A questo scopo, occorre migliorare le tecniche di rimozione dell’inchiostro dai prodotti cartacei e la cernita dei materiali adatti alla disinchiostrazione. TOMRA ha la soluzione: la combinazione della selezionatrice AUTOSORT con la tecnologia SHARP EYE, calibrata per identificare i materiali adatti alla disinchiostrazione. Grazie al nuovo sensore, nei casi in cui prima era necessario un processo in due fasi per ottenere un recupero di carta riciclabile superiore al 90%, ora è possibile raggiungere tassi fino al 96% con un solo passaggio. Per scoprire come funziona SHARP EYE nell’applicazione relativa alla disinchiostrazione, TOMRA ha recentemente pubblicato online un E-book scaricabile gratuitamente. Differenze minime ma critiche nelle proprietà chimiche delle vaschette alimentari e delle bottiglie in PET fanno sì che i due materiali debbano essere separati prima di essere riciclati. AUTOSORT di TOMRA abbina lo scanner FLYING BEAM®, con il nuovo sensore SHARP EYE con lente maggiorata ad intensità luminosa superiore. Questo consente ad AUTOSORT di individuare anche le più sottili differenze molecolari dei materiali in modo da differenziare le vaschette in PET monostrato dalle bottiglie in PET. AUTOSORT funziona come un sistema combinato, che rileva materiale e colore assieme alla granulometria per ottenere un’efficienza di selezione uguale o superiore al 95%.
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UN MONDO D’ACCIAIO FERALPI, TRA I PRINCIPALI PRODUTTORI SIDERURGICI IN EUROPA, FESTEGGIA CINQUANT’ANNI DI ATTIVITÀ. IL GRUPPO CONIUGA SIDERURGIA E ATTENZIONE ALL’AMBIENTE, ANCHE GRAZIE ALLE STRUMENTAZIONI PER IL CONTROLLO DELLA RADIOATTIVITÀ FORNITE DA BRUMOLA di Laura Veneri
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l Gruppo Feralpi è tra i principali produttori siderurgici in Europa ed è specializzato nella produzione di acciai destinati all’edilizia. Dalla capogruppo Feralpi Siderurgica, fondata nel 1968 a Lonato del Garda, in provincia di Brescia, un percorso di crescita continua ha dato vita ad un Gruppo che oggi produce oltre due milioni di tonnellate all’anno di acciaio e laminati ed occupa stabilmente oltre 1.500 dipendenti tra Italia, Europa e Nord Africa. In cinquant’anni di attività la struttura si è ramificata secondo una direttrice internazionale che ha saputo dare la
giusta risposta ad un settore sempre più globalizzato. Partendo dalla tradizione siderurgica, il business si è sviluppato anche secondo una strategia di diversificazione in nuovi prodotti e mercati attraverso processi di crescita interna ed esterna grazie a molteplici acquisizioni. Carlo Pasini, prematuramente scomparso nel 1983, fonda la società nel 1968 su un’area di 500.000 m2. Nel giro di pochi anni la crescita continua, grazie anche all’attivazione del raccordo ferroviario, e porta alla costruzione di un laminatoio, di altri due forni e di nuova colata continua per le billet-
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te, mentre l’attenzione per l’ambiente determina l’installazione dell’impianto di depurazione fumi. Gli anni ‘90 sono un difficile periodo per la siderurgia italiana e Feralpi rilancia investendo oltre confine fondando aziende o compiendo acquisizioni in Sassonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Romania. Per la gestione di un gruppo europeo in espansione e sempre più diversificato nasce Feralpi Holding. Attraverso questo nuovo assetto, il Gruppo Feralpi prosegue la tradizione storica della siderurgia al servizio dell’edilizia, diversificandola e collegandola ai settori dell’ambiente, dell’energia, dell’ittica e
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Ercole Tolettini, Responsabile Sistema di Gestione Ambientale di Feralpi Siderurgica
della finanza. Dopo l’internazionalizzazione – che ha visto il Gruppo radicare la propria presenza anche in Algeria è il tempo della verticalizzazione con nuove acquisizioni strategiche, mentre proseguono gli investimenti a Lonato del Garda con l’installazione in acciaieria (nel 2011) di un nuovo forno fusorio altamente innovativo, in grado di ottimizzare la gestione da parte degli operatori in totale sicurezza. Oggi il Gruppo è attivo nei settori degli acciai speciali, della lavorazione a freddo dell’acciaio, della carpenteria metallica. Feralpi infatti significa più del “semplice” acciaio per l’edilizia. Con la controllata Nuova Defim Orsogril offre al mercato nazionale e internazionale reti, recinzioni e grigliati, mentre con Presider, Presider Armatures e Metallurgica Piemontese Lavorazioni fornisce un servizio di lavorazione e posa in opera di tondo presagomato e carpen-
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teria metallica. Il Gruppo spazia anche in altri settori come quello dell’ambiente e ittico cui si aggiungono attività di natura finanziaria e di gestione di partecipazioni. Fin dalle sue origini, la missione di questo Gruppo sempre più esteso non è soltanto quella di produrre i migliori acciai per l’edilizia, ma di farlo nel modo più sostenibile possibile, ovvero abbattendo i consumi e le emissioni utilizzando le migliori tecnologie disponibili, oppure brevettandone di nuove grazie ad un’intensa attività interna di innovazione e ricerca. Nella produzione di acciaio, una parte importante la riveste il rottame che torna a nuova vita con la fusione, grazie all’infinita riciclabilità del prodotto. Abbiamo incontrato Ercole Tolettini, Responsabile Sistema di Gestione Ambientale di Feralpi Siderurgica, per conoscere meglio la società ma soprattutto per comprendere un esempio virtuoso e concreto di economia circolare. Tolettini, come si chiude la filiera del recupero dei metalli e da dove ricevete le materie prime che trattate? Feralpi Siderurgica è un processo siderurgico di seconda fusione e quindi attraverso il forno elettrico recupera circa 1.200.000 tonnellate di rottame ferroso all’anno. Gli operatori autorizzati a raccogliere rottame ferroso sul territorio nazionale ed europeo ci inviano la materia prima per la nostra attività. Il rottame, prima di essere accettato e sottoposto a fusione è sottoposto a controlli di vari livelli: una prima verifica avviene attraverso i portali radiometrici, poi ci sono
controlli documentali, specifici e visivi che permettono di avviare al recupero nel forno elettrico il materiale ferroso oppure dirottarlo agli impianti di trattamento che all’interno dell’azienda si occupano della riduzione volumetrica, oppure ancora alla frantumazione o la diretta pulizia. Il recupero finale avviene nel forno elettrico, un forno da 120 tonnellate che in meno di 40 minuti fonde a 1600°C il rottame ferroso e lo trasforma in acciaio liquido per essere nuovamente trasformato in prodotto finito, cioè tondo per cemento armato e i suoi derivati. Che rapporto avete con i consorzi di recupero? “Nessuna azienda è un’isola” potremmo dire. Logiche di filiera e progetti condivisi sono necessari per tradurre la sostenibilità in concretezza. Quindi collaboriamo apertamente con alcuni consorzi, ad esempio con Ricrea effettuiamo campagne di comunicazione ambientale sul recupero dell’acciaio che è infinitamente riutilizzabile. Avete da poco festeggiato cinquant’anni di attività. Com’è il mercato in Italia dal punto di vista della vostra esperienza? Purtroppo, il mercato italiano dal 2008 è stagnante. Il nostro settore è legato all’edilizia che, come sappiamo, è piuttosto in stallo. Proprio per questo abbiamo dovuto diversificare aumentando la quota di esportazione sia per il Nord Africa che nei Paesi europei a noi confinanti come Svizzera e Francia. Abbiamo anche diversificato su altri prodotti di alta gamma e quindi siamo riusciti a superare il momento di
LA STRUMENTAZIONE BRUMOLA IN AZIONE PRESSO LO STABILIMENTO FERALPI DI LONATO DEL GARDA Gli strumenti per il controllo delle radiazioni in Feralpi sono state fornite da Brumola. Nello specifico l’azienda ha fornito la strumentazione di seguito descritta.
Portali radiometrici per il controllo dei carichi in ingresso all’impianto
I 4 portali radiometrici (3 su ingressi carrai e 1 su ingresso ferroviario) sono precisamente: • 2 Portali Thermo Scientific FHT 1388 S a 4 rivelatori da 25 litri ciascuno e unità di controllo SGS2. I pannelli rivelatori sono dotati di scintillatori plastici ad alta efficienza. I contenitori sono fatti di plastica, tipo PE, stabilizzata contro i raggi UV, resistenti alla corrosione, agli agenti atmosferici e alle vibrazioni (IP53). La radiazione diffusa di bassa energia non viene attenuata dal sottile strato di PE, e la catena elettronica è stata realizzata in maniera da consentire di tenere la soglia energetica estremamente bassa, ottimizzando la rilevabilità di sorgenti molto schermate. L’unità di controllo e allarme è costituita da un robusto PC, adatto al funzionamento in ambiente industriale, con schermo piatto LCD da 17 pollici, Windows, il Software del portale SGS (Safety Guard System) e una stampante b/n A4 per i report di misura. Collegando il PC in rete è possibile usufruire dell’assistenza remota. • 1 Portale Thermo Scientific ASM IV a 4 rivelatori aggiornato a unità di controllo SGS2. • 1 Portale Thermo Scientific ASM IV a 4 rivelatori.
Area monitor
Thermo Scientific RadEye Area Monitor è una stazione di monitoraggio fissa che utilizza la tecnologia degli strumenti del gruppo RadEye. Questi strumenti sono stati sviluppati per rispondere alla necessità di avere maggiore compattezza senza però rinunciare alla sensibilità e alla qualità della misura. La possibilità di installare tali strumenti a parete fornisce una stazione di monitoraggio dell’area a costi contenuti. In caso di superamento delle prestabilite soglie d’allarme l’Area Monitor fornisce un’immediata risposta acustica e visiva. La portabilità del RadEye permette anche di poter sganciare lo strumento e utilizzarlo momentaneamente come portatile.
Dust Monitor (monitore delle polveri di acciaieria) Brumola Cesidust
È un monitore spettrometrico per le polveri di acciaieria con rivelatore a scintillazione (Bromuro di Lantanio) per la discriminazione tra il Cesio 137 e altri radioisotopi naturali con energie simili.
Sistema di spettrometria a basso fondo per provini di colata Provetto 3”x3”
Sistema di spettrometria a basso fondo per determinare l’eventuale contaminazione del prodotto, testando il provino di colata. difficoltà. Abbiamo dovuto modificare i nostri orizzonti, in Italia il mercato non è ripartito anche perché le infrastrutture e i grossi appalti sono ancora fermi e non si riesce a far risollevare la domanda ai livelli di dieci anni fa. In altre regioni d’Europa, invece, il mercato ha ripreso slancio. A titolo di esempio, abbiamo un’azienda gemella in Germania che rivende tutti i prodotti nel mercato locale perché il sistema paese non si è mai fermato.
dello di economia circolare per il rottame ferroso che altrimenti andrebbe disperso nell’ambiente. Nello specifico in Feralpi già da prima degli anni 2000 abbiamo fatto nostro il motto “produrre e crescere nel rispetto dell’ambiente” e quindi la società ha
sempre implementato politiche ambientali e sistemi di gestione certificati con le norme più restrittive come la ISO 14001 e la Dichiarazione Ambientale EMAS. Inoltre, dal 2004 pubblichiamo regolarmente un bilancio di sostenibilità.
Nell’immaginario comune quando parliamo di siderurgia ci immaginiamo un’industria ambientalmente molto impattante. Quali sono le politiche che portate avanti per il rispetto dell’ambiente e per avere un’industria pulita con poche emissioni? In realtà la siderurgia applica il mo-
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Quindi, facciamo della sostenibilità ambientale una componente strategica di sviluppo. Tra l’altro, proprio per questo abbiamo cercato a monte e a valle di integrarci con aziende per controllare tutto il processo della filiera e quindi stiamo sviluppando nuovi modelli su quello che è il recupero dei residui di lavorazione che poi ritornano in azienda sottoforma di prodotti di uso comune creando modelli di economia circolare sostenibile. Negli ultimi anni si è spinto molto sull’industrializzazione 4.0. Per voi quanto è importante questo tema e come si applica al mondo della siderurgia? Il tema dell’industrializzazione è centrale per noi, sia per quanto riguarda l’implementazione della sicurezza in azienda sia per la digitalizzazione. Feralpi negli ultimi tre anni ha investito
più di 6 milioni di euro proprio per la digitalizzazione spinta. Direi che Feralpi in questo è molto impegnata vedendo nelle nuove tecnologie una direttrice di sviluppo molto importante. Robotizzazione e digitalizzazione dei processi garantiscono sicuramente ambienti di lavoro più sicuri, ma in realtà i vantaggi sono molti di più. Parliamo tantissimo di smart city e di ambienti sempre più connessi. Le imprese non possono esserlo da meno se vogliono essere competitive, e quindi capaci di cogliere i benefici della trasformazione digitale, e al tempo stesso essere più sostenibili perché la “fabbrica 4.0” è un sistema sempre più efficiente e, quindi, capace di ridurre il proprio impatto ambientale. Come vi relazionate con la comunità e il territorio? Il rapporto con il territorio e la comunità è sempre stato aperto. Facciamo
L’ACCIAIO È IL MATERIALE PIÙ RICICLATO IN EUROPA L’Italia si conferma un’eccellenza nella raccolta differenziata degli imballaggi in acciaio, come barattoli per pomodori e scatolette per tonno, bombolette spray, tappi corona, latte, scatole per dolci e liquori, fusti, fustini e capsule per vasetti. Nel 2017 nel nostro Paese (dati RICREA) ne sono state avviate al riciclo 361.403 tonnellate, un quantitativo sufficiente per realizzare ben 3.600 chilometri di binari ferroviari, in grado di collegare Bari e Mosca. Il tasso di recupero, pari al 75,3% rispetto alle quantità immesse a consumo, ci posiziona tra i migliori in Europa. Rispetto all’anno precedente, gli indicatori operativi segnalano un aumento della quantità di imballaggi immessi a consumo (479.737 tonnellate, in crescita del +1,3%) e dei Comuni coinvolti in convenzioni (5.666), con una popolazione servita che ha raggiunto quota 82%. L’acciaio è il materiale più riciclato in Europa: è facile da differenziare e viene riciclato all’infinito senza perdere le proprie intrinseche qualità. Grazie alle 361.403 tonnellate di acciaio recuperato dagli imballaggi in Italia nel 2017 si è ottenuto un risparmio diretto di 686.660 tonnellate di minerali di ferro e di 216.842 tonnellate di carbone, oltre che di 646.922 tonnellate di CO2.
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della trasparenza un punto imprescindibile della nostra governance. Siamo convinti che l’impresa sia un vero patrimonio collettivo e che sia una responsabilità propria dell’impresa agire sul territorio per creare e condividere valore con la comunità in cui è inserita. Non solo, partiamo dal fatto che l’azienda è fatta sicuramente di tanta tecnologia, ma è fatta prima di tutto da uomini e donne. Ecco perché ci occupiamo anche di progetti condivisi sul territorio per la crescita sociale e sportiva della comunità sostenendo squadre di calcio, di ciclismo, di triathlon ma portiamo avanti anche progetti culturali e sociali. È un approccio che è stato tra i valori fondanti del Gruppo, sta a noi dare continuità a questa visione in cui continuiamo a riconoscerci. Per la sicurezza dell’ambiente e delle persone vi siete rivolti a Brumola Srl. Quali sono gli strumenti che vi ha fornito per lo stabilimento di Lonato? Brumola ci ha aiutato ad implementare tutto il controllo sia della materia in ingresso che del processo per quanto riguarda i controlli radiometrici. Ad esempio, abbiamo installato sulle pese in ingresso quattro rilevatori radiometrici a portale, abbiamo inserito due monitor d’area per il forno elettrico, l’impianto di aspirazione fumi e un pozzetto per il controllo della colata e la ricerca di radionuclidi all’interno dell’acciaio. La strumentazione fornita ci permette di produrre regolarmente controllando sia la materia prima in ingresso che il processo produttivo durante il suo normale svolgimento. Tutto in sicurezza sia per l’uomo che per l’ambiente. Com’è il rapporto con il fornitore Brumola per quanto riguarda la manutenzione? Brumola per noi è un partner ideale. Può contare, e noi con loro, su personale molto qualificato. Gli interventi programmati di manutenzione o eventuali emergenze vengono gestiti velocemente e puntualmente con soddisfazione da parte nostra. Abbiamo un rapporto consolidato che dura almeno da una decina di anni.
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L’ULTIMA CORSA DEL BUS UNA CESOIA TREVI BENNE PER LA DEMOLIZIONE DI UN AUTOBUS PRESSO UN AUTODEMOLITORE SPECIALIZZATO IN PROVINCIA DI MILANO di Laura Veneri
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uando si visita un autodemolitore ci si aspetta un cimitero di carcasse di automobili una sopra l’altra che formano muri impenetrabili. Ma non tutti gli autodemolitori sono uguali e gli amici di Trevi Benne ci hanno fatto scoprire un autodemolitore che si è distinto dagli altri per la specialità dei mezzi che ritira. Presso la Pastori Pierluigi srl ci sono sì rottami di auto, ma troviamo soprattutto pullman, container, caravan, camion e autobus. L’azienda si è ritagliata una nicchia nel settore dei rottami, guardando oltre il ritiro locale di automobili da demolire. I Pastori ci assicurano che le operazioni cui è sottoposto un mezzo pesante per la demolizione sono le stesse di quelle di un’autovettura; bisogna solo “pensare più in grande”. Ed è stato proprio un autobus ad essere ridotto in piccoli pezzi da una cesoia Trevi Benne CS 40RS davanti ai nostri occhi. Quel che ci ha maggiormente colpito è stato in quanto poco tempo i mezzi e le attrezzature della Pastori Pierluigi srl hanno demolito il mezzo, bonificandolo, togliendo le parti recuperabili quali le gomme, riducendone i volumi con la cesoia e dividendo i materiali per il successivo recupero: il tutto secondo la stringente normativa che impone norme severe per i veicoli a fine vita. Ma andiamo per ordine. “Ne lavoriamo circa 2 al giorno - ci raccontano Pietro, Dario e Maddalena, i figli di Pierluigi, detto Gigi, Pastori. - Ci siamo specializzati in questa attività che non si discosta da quella di un normale autodemolitore. Siamo un’azienda familiare con cinquant’anni di esperienza nel settore. Ci occupiamo di autodemolizione e ritiriamo rottami metallici dalle aziende che producono scarti metallici o dalle aziende che effettuano demolizioni”. L’attività di un autodemolitore che opera al giorno d’oggi è quanto di più lontano ci sia dal vecchio “sfasciacarrozze” che compattava le automobili in cubi senza preoccuparsi di dividere quanto ancora re-
A sinistra Christian Tadiotto e Simone Piva di Trevi Benne e a destra Pietro e Dario Pastori della Pastori Luigi srl
cuperabile, al massimo rivendeva qualche pezzo di ricambio dal veicolo a fine vita. Oggi è un’attività che deve essere svolta in sicurezza per la salvaguardia dell’ambiente e delle persone. Le vetture contengono rifiuti pericolosi come l’olio e le batterie, per citare i più comuni, che devono essere trattati secondo la normativa vigente. Se l’attività è fatta da un’azienda competente è possibile recuperare molti materiali differenti e dar vita ad un processo di economia circolare. Secondo gli ultimi dati disponibili sul mercato (L’Italia del Riciclo 2017), il numero degli impianti di autodemolizione operativi in Italia supera le 1.500 unità, che gestiscono ogni anno 1 milione di tonnellate di veicoli. L’associazione di categoria sostiene che il settore necessiti di urgenti interventi normativi capaci di: contrastare, anche attraverso il coinvolgimento in ambito UE, l’emorragia di veicoli all’estero che sottrae all’industria del reimpiego e riciclo preziosi materiali; contrastare la diffusione di pratiche scorrette e illegali; garantire una
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stretta tracciabilità dei rifiuti derivanti dal trattamento dei veicoli stessi; premiare gli impianti performanti sia ambientalmente che in termini di obiettivi per incentivare la qualificazione della filiera. Ci facciamo spiegare meglio le attività che devono essere effettuate per una corretta demolizione dei veicoli. “Tutti i veicoli a fine vita e tutti i materiali che entrano nel nostro centro - ci spiegano i Pastori -, sono pesati all’ingresso e sottoposti a verifica delle radiazioni come prevede la normativa. Successivamente per quanto riguarda i veicoli vengono effettuate delle operazioni che hanno come scopo il recupero o il reimpiego come lo smontaggio di alcune parti. Poi viene avviata la fase della bonifica che prevede la rimozione degli accumulatori dei serbatoi, di tutti i liquidi quali l’olio motore, l’olio trasmissione per citarne alcuni e di tutti i liquidi refrigeranti, ecc. Infine si procede alla demolizione vera e propria dopo aver provveduto allo smontaggio del motore, degli assali e della trasmissione”.
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Qui entra in scena la protagonista di questa storia: la cesoia Trevi Benne CS 40RS che, guidata dall’escavatore Liebherr “marchiato” Gigi Demolition in onore del fondatore della società Pierluigi, ha attaccato la carcassa dell’autobus sminuzzandola senza il minimo sforzo. Trevi Benne, la società specializzata nella produzione di attrezzature è sinonimo di affidabilità e qualità. Non a caso la Pastori Pierluigi srl ha scelto un’attrezzatura Trevi Benne per rinnovare il parco attrezzi. “La cesoia CS 40 - ci spiega Simone Piva, Area Manager Trevi Benne - assieme al modello più grande CS 50, è la più venduta in questo mercato. La cesoia da poco consegnata alla Pastori è un’attrezzatura da 4.000 kg che va montata al posto del braccio dell’escavatore. È una cesoia idraulica concepita per il taglio del rottame ferroso. È dotata di rotazione idraulica a 360 gradi, valvola moltiplicatrice di velocità e lame regolabili e reversibili”. Affinché ci sia sempre un taglio perfetto le lame devono essere sempre ben regolate. Trevi Benne ha studiato la possibilità di far girare al cliente le lame per sfruttarne i quattro lati e allungarne la vita. La gamma di cesoie Trevi Benne è molto ampia e dispone di 14 modelli: si parte dalla più piccola di 300 kg fino alla più grande di 19.500 kg (CS 200RS). Chiediamo quindi a Christian Tadiotto, responsabile marketing Trevi Benne, come è avvenuto il contatto con l’azienda. “In questo caso specifico ha avuto la meglio la rete commerciale Trevi Benne, oltre alla buona reputazione che ci precede. Il cliente si sente tranquillo quando è affiancato da un concessionario specializzato che conosce il mercato e propone l’attrezzatura idonea secondo le singole necessità e che sarà in grado di sostenerlo in tutta la fase del post-vendita e della manutenzione. Naturalmente interveniamo direttamente anche come azienda per la parte tecnica e per fornire la formazione al cliente finale per il ricambio lame. Per quanto riguarda la manutenzione programmata, invece, il cliente è seguito dal concessionario. La vita media di una attrezzatura può triplicare se mantenuta bene”. La cesoia è un’attrezzatura robusta che però necessita di manutenzione giornaliera perché sottoposta a molta usura. “La manutenzione giornaliera, a carico dell’utilizzatore, è semplice da eseguire - ci spiega Piva - e consta nel controllare il serraggio dei bulloni, nell’ingrassare le parti soggette a movimento, nel controllare che le lame siano a filo in modo che il taglio sia sempre perfetto. Poi ci sono manutenzioni mensili che effettua il concessionario affinché l’attrezzatura sia sempre performante”. In poche ore non è rimasto nulla che faccia comprendere che la cesoia abbia demolito un autobus. Rimangono solo materiali che rinasceranno a nuova vita e non smetteranno di viaggiare verso altre avventure.
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COME TRATTARE IL GAS DI DISCARICA A BASSO POTERE CALORIFICO? LIFE RE MIDA PRESENTA LE SOLUZIONI! GRAZIE AL PROGETTO EUROPEO LIFE RE MIDA SONO STATE SVILUPPATE TECNOLOGIE INNOVATIVE PER LA GESTIONE DEL GAS DI DISCARICA RESIDUALE A BASSO POTERE CALORIFICO, UTILI ALLA RIDUZIONE DELL’EFFETTO SERRA E ALLA MITIGAZIONE DEGLI IMPATTI DOVUTI ALLE EMISSIONI DI GAS IN TRACCIA di Elena Rossi e Isabella Pecorini*
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ochi immaginano che gli impianti di discarica, anche dopo la loro chiusura, continuino a produrre biogas che, se non correttamente gestito, può essere emesso causando impatti significativi sull’ambiente. Il gas di discarica, prodotto naturalmente dalla degradazione anaerobica della materia organica contenuta nei rifiuti, è costituito principalmente da metano (CH4) e anidride carbonica (CO2), entrambi gas serra. Possono inoltre essere presenti in traccia, ovvero in concentrazioni volumetriche comprese fra ppm e ppb, più di 200 composti organici volatili (NMVOCs), sostanze potenzialmente tossiche o a bassa soglia di percezione olfattiva. Le emissioni del gas di discarica possono quindi determinare impatti sull’ambiente e rischi per la salute umana a livello locale, regionale e globale. Per questo, la normativa di settore (Directive 1999/31/EC, recepita dal D.Lgs. 36/2003) definisce una serie di strategie e misure tecniche volte a minimizzare le emissioni incontrollate che prevedono essenzialmente: • l’estrazione ed il trattamento termico del gas di discarica; • la messa in opera di uno specifico sistema di copertura; • la riduzione del quantitativo di rifiuti urbani biodegradabili avviati a smaltimento e il divieto di conferimento di rifiuti non trattati. Non sempre tuttavia queste misure risultano efficaci e in particolare si verificano alcune criticità quando il volume di gas prodotto e la concentrazione di metano in esso contenuto sono bassi (gas di discarica residuale). Tali condizioni si possono verificare sia al temine dell’attività di conferimento, quando la sostanza organica all’interno dei rifiuti è stata in gran parte già degradata, sia in fase di gestione,
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quando per contenere le emissioni odorigene spesso si massimizzano le aspirazioni in area di coltivazione. Anche se la combustione del gas di discarica residuale non è tecnicamente praticabile, se non mediante l’aggiunta di combustibile ausiliario, ad oggi la normativa prevede per il suo trattamento unicamente il recupero energetico o la termodistruzione. LIFE RE Mida LIFE14 CCM/IT/000464 (www.liferemida.it) ha come obiettivo quello di dimostrare l’applicabilità della biofiltrazione, quale tecnologia complementare efficace proprio per il trattamento del gas di discarica residuale. Nei sistemi biofiltranti infatti l’ossidazione del CH4 e l’abbattimento dei composti in traccia avviene per via biologica, mediante l’utilizzo di media filtranti in cui vengono mantenute condizioni ottimali per lo sviluppo di specifiche flore batteriche. Il Progetto RE Mida è stato finanziato nell’ambito del Programma LIFE Climate Action - Climate Change Mitigation, programma comunitario che finanzia progetti utili allo sviluppo e all’attuazione delle politiche europee in materia di diritto ambientale. Il Progetto ha una durata di tre anni (01/01/2016 – 31/12/2018) ed un budget totale di circa 855.600 € di cui 513.000 € di cofinanziamento europeo. Il Progetto è coordinato dal Waste Valorization Group (gruppo di ricerca del Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università degli Studi di Firenze), e vede la partecipazione di un partner istituzionale (Regione Toscana – Settore Servizi Pubblici Locali) e di due partner industriali (Centro Servizi Ambiente Impianti S.p.A. e Sienambiente S.p.A.).
OBIETTIVI DEL PROGETTO
LIFE RE Mida è un progetto dimostrativo finalizzato allo sviluppo di tecnologie innovative per la gestione del gas di
discarica residuale a basso potere calorifico, utili alla riduzione dell’effetto serra e alla mitigazione degli impatti dovuti alle emissioni di gas in traccia. Il progetto ha visto la realizzazione di due impianti di biofiltrazione full-scale presso due discariche pilota: • un biofiltro, collegato al sistema di estrazione del gas di discarica presso la discarica di Podere il Pero (Castiglion Fibocchi, Arezzo); • un sistema di biofiltrazione passivo (biowindows), per il trattamento dei gas residuali presso l’impianto di discarica di Le Fornaci di Monticiano (Siena). I principali obiettivi e i risultati attesi sono: • dimostrare la sostenibilità tecnica, economica e ambientale delle tecnologie proposte; • promuovere la revisione e l’aggiornamento della Directive 1999/31/EC, in particolare relativamente alla gestione e al trattamento dei gas di discarica a basso potere calorifico; • coinvolgere gli enti pubblici e le aziende che lavorano nell’ambito della gestione degli impianti di discarica nella diffusione di tecnologie innovative.
Il prototipo biofiltro presso la discarica di Podere il Pero gestita da CSAI S.p.A (foto: Progetto LIFE RE Mida)
ATTIVITÀ DI PROGETTO
Le principali attività hanno previsto la caratterizzazione delle due discariche pilota mediante: • la raccolta e l’analisi delle informazioni relative alla tipologia e alla quantità di rifiuti conferiti; • lo studio dei modelli di produzione del gas di discarica; • l’analisi dello storico di quantità e qualità del biogas effettivamente estratto; • la stima dei flussi emissivi dalle coperture e lo studio delle condizioni climatiche sito specifiche. Dopo lo studio conoscitivo, utile al dimensionamento dei due sistemi e all’ottenimento di una autorizzazione ambientale specifica (Art. 211 D.Lgs. 152/2016, autorizzazione alle attività sperimentali nella gestione rifiuti), i due prototipi sono stati progettati e realizzati. Presso la discarica di Podere il Pero è stato costruito un sistema di biofiltrazione attiva, biofiltro. Il prototipo è in calcestruzzo e ha una lunghezza di 18 m, una larghezza di 15 m e una superficie di 270 m 2. Il modulo di biofiltrazione è composto da uno strato drenante di fondo in ghiaia con spessore di 20 cm e uno strato di materiale filtrante, compost misto a sabbia, con spessore di 150 cm. Inoltre, per impedire l’afflusso meteorico e controllare l’umidità del materiale, sono stati installati un sistema di copertura e di irrigazione. Il biofiltro viene alimentato con il biogas estratto direttamente dai moduli di coltivazione più vecchi dell’impianto e viene addotto allo strato biofiltrante attraverso un sistema di collettori collegati ad una soffiante che spilla la portata necessaria dal sistema di estrazione presente in impianto. Presso il sito Le Fornaci di Monticiano sono stati invece realizzati 7 prototipi di biofiltrazione passiva (biowindows) poiché non è presente qui un sistema di estrazione attivo in quanto la chiusura di questa discarica è avvenuta prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 36/2003. Ogni dispositivo
Il prototipo biowindow presso la discarica di Le Fornaci gestita da Sienambiente S.p.A (foto: Progetto LIFE RE Mida)
è stato posizionato direttamente all’interno della copertura definitiva della discarica e composto da tre strati, dal basso: geogriglia, strato drenante in ghiaia di 20 cm per la distribuzione uniforme dei gas, strato biofiltrante di compost misto a sabbia con spessore di 120 cm. I lavori di costruzione sono terminati nel novembre 2016 e da allora i due prototipi sono sottoposti ad un attento piano di monitoraggio e controllo. Duplice è l’obiettivo delle attività di monitoraggio: studiare il processo di biofiltrazione per il controllo dei parametri forzanti e valutare le performance dei sistemi in termini di efficienze di abbattimento degli inquinanti in ingresso. In particolare sono previste le seguenti attività: • controllo del flusso di gas in entrata ed in uscita ai sistemi pilota (chiusura dei bilanci di massa); • campionamento e analisi dei gas interstiziali per lo studio dei profili delle concentrazioni (CH4, CO 2, H2S, O 2 e VOC); • campionamenti con camera di accumulo dinamica per l’analisi dei composti a bassa soglia olfattiva (analisi delle concentrazioni/analisi odorimetriche). Ad oggi sono state completate circa 41 campagne di misura con l’obiettivo di studiare il funzionamento delle due tecnologie per almeno 4 semestri completi. L’obiettivo è infatti quello di approfondire lo studio del processo in riferimento
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Particolari delle attività di monitoraggio dei prototipi (foto: Progetto LIFE RE Mida)
Delegazione della Regione Toscana e della Comunità Europea in visita al biofiltro presso la discarica di Podere il Pero
alle condizioni meteo-ambientali stagionali e definire con attenzione le attività di manutenzione necessarie al mantenimento di elevate performance.
RISULTATI RAGGIUNTI E RISULTATI ATTESI
Superata la fase di start-up necessaria all’acclimatazione delle flore batteriche, i valori di concentrazione dei gas interstiziali hanno sempre indicato la presenza di una flora batterica metanotrofica attiva in entrambi i prototipi. Dall’inizio del progetto ad oggi LIFE RE Mida ha contribuito ad evitare più di 2700 t di CO2 equivalenti! Relativamente al biofiltro, per il momento abbiamo misurato efficienze di ossidazione mediamente pari al 71% nel primo semestre (gennaio – giugno 2017), al 65% nel secondo (luglio – dicembre 2017). Nell’ultimo semestre di riferimento (gennaio - giugno 2018) le attività in campo si sono focalizzate sulla valutazione della risposta del biofiltro ad alcune manutenzioni eseguite ad inizio anno e alla variazione del carico in ingresso che precedentemente era mantenuto fra circa 160 e 550 gCH4/m 2 giorno (corrispondente a
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una portata di gas di discarica costante pari a 20 Nm3/h e a una concentrazione media di CH4 in ingresso del 20% v/v). Le efficienze di ossidazione si attestano su valori compresi tra il 65-70%. Relativamente alle biowindows, sistemi di biofiltrazione passiva in cui pertanto non è possibile una regolazione del carico in ingresso, abbiamo per il momento osservato un’elevata efficienza di ossidazione in ogni monitoraggio (compresa fra il 65% e il 100%), indicando quindi una buona risposta di questo sistema alla variazione delle condizioni meteo-ambientali. L’elevato numero di monitoraggi effettuati ci permetterà di valutare quali attività di manutenzione ordinaria possano rivelarsi utili alla corretta gestione di questi dispositivi, che sono stati pensati per applicazioni in discariche di vecchia generazione chiuse da tempo o in siti sottoposti ad interventi di bonifica. Il team è infatti impegnato a stimare adesso i costi di attività di manutenzione come: la bagnatura del letto filtrante o l’installazione di un sistema automatizzato, interventi di sostituzione del media filtrante o il suo ricondizionamento, l’apporto di nuovo materiale per il verificarsi di cedimenti localizzati, il mantenimento e la ricostruzione di sistemi di regimazione delle acque di ruscellamento. Oltre allo studio delle efficienze di ossidazione del CH4, l’obiettivo del progetto è anche la valutazione delle efficienze di abbattimento dei VOC e dei composti odorigeni. Per questo ad oggi sono state allestite 8 campagne di misura con camera di accumulo dinamica (4 per sito pilota). I risultati ad oggi ottenuti mostrano una buona capacità di abbattimento anche di questi composti e in particolare le flore batteriche risultano efficaci sui composti ossigenati (chetoni, eteri, esteri, alcoli), i terpeni e l’idrogeno solforato.
LINEE GUIDA PER LA GESTIONE DEL GAS DI DISCARICA IN FASE DI POST GESTIONE
Obiettivo finale e più importante della strategia di replicazione del progetto è la redazione e l’adozione da parte della Regione Toscana delle Linee Guida per la gestione del gas di discarica in fase di post-gestione. LIFE RE Mida si rivolge principalmente a tecnologi che lavorano a vario titolo nell’ambito della gestione degli impianti di discarica, dai direttori tecnici e responsabili impianto ai funzionari e dirigenti di autorità ed enti pubblici locali e regionali. Gli stakeholder sono direttamente coinvolti nella redazione delle Linee Guida stesse affinché esse siano effettivamente condivise dagli utilizzatori finali. La stesura del documento in forma preliminare è iniziata da poco e per il momento tutti i partner sono al lavoro su diversi capitoli, ognuno per la propria area di competenza. Le Linee Guida ricostruiranno il quadro conoscitivo e lo stato dell’arte rispetto alla gestione del gas di discarica, forniranno dettagli sul processo di ossidazione biologica e sulle tecnologie utilizzabili, indicheranno gli elementi essenziali per la valutazione di fattibilità e guideranno al dimensionamento, alla realizzazione, alla gestione e al monitoraggio dei sistemi biofiltranti. *Dipartimento di Ingegneria Industriale - DIEF, Università di Firenze
GRAZIE ALL’INNOVATIVA RICERCA RIDOTTI I GAS SERRA EMESSI DALLE DISCARICHE POST-MORTEM RE MIDA, L’IMPEGNO DI SIENAMBIENTE Nella sua trentennale storia aziendale, Sienambiente ha sempre riservato una grande attenzione all’ambiente e al territorio della provincia di Siena dove opera gestendo gli impianti a servizio del ciclo dei rifiuti. Un’attenzione messa in pratica tutti i giorni nel corso di un’attività che ha assicurato, fin dagli anni ’90, l’autosufficienza impiantistica al territorio provinciale. La partecipazione al progetto europeo Life RE Mida, di cui Sienambiente è partner, è la conferma di una strategia ambientale precisa. “Abbiamo fortemente creduto in questa sperimentazione mettendo a disposizione le nostre strutture e il nostro personale per una ricerca che va nella direzione dello sviluppo sostenibile e del rispetto delle straordinarie Alessandro Fabbrini, presidente di Sienambiente bellezze naturalistiche del nostro territorio - dichiara Alessandro Fabbrini, presidente di Sienambiente - Si tratta di un ulteriore passo avanti e di un rafforzamento dell’impegno di Sienambiente nella riduzione dei gas climalteranti emessi anche dalle discariche chiuse. Una problematica che grazie a questo innovativo studio possiamo gestire nella maniera più corretta e meno impattante possibile. I risultati ottenuti fino ad oggi sono molto incoraggianti e se questo sistema verrà riconosciuto come efficace, rappresenterà un aspetto molto positivo sia per i nostri impianti che per tutte le altre discariche in fase post mortem”. Nell’ambito dell’iniziativa, Sienambiente ha installato nella discarica chiusa di Monticiano 7 biofiltri (biowindows) realizzati con il compost Terra di Siena prodotto nei propri impianti di Pian delle Cortine (Asciano) e Poggio alla Billa (Abbadia San Salvatore). Nel corso dell’attività, i biofiltri hanno permesso di catturare e inertizzare i principali gas responsabili dell’effetto serra e dare importanti informazioni ai fini della sperimentazione. Durante i circa due anni di monitoraggio, infatti, attraverso controlli analitici è stata accertata l’efficacia dell’impianto pilota messo a punto, dimostrando che il sistema consente la riduzione dell’emissione di gas climalteranti e il contenimento di emissioni odorigene e inquinanti. Questi risultati, sono particolarmente interessanti perché si possono ottenere anche quando le caratteristiche del biogas non consentono (per ragioni di sostenibilità tecnica e economica) di ricorrere ai trattamenti canonici previsti anche dalla normativa vigente, ovvero quelli consistenti nella combustione e recupero energetico.
L’impianto pilota di Sienambiente
La discarica chiusa di Monticiano, Siena, dove è stata realizzata la sperimentazione
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IL REIMPIEGO DELLA FIBRA TESSILE PROVENIENTE DAL RECUPERO DI PFU NUOVE PROSPETTIVE PER IL RIUSO DELLA FIBRA TESSILE PRESENTE NEI PFU CHE NEL MERCATO ODIERNO NON HA IMPIEGHI E VIENE SMALTITA IN DISCARICA O INCENERITA di Massimo Carassai*
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l Progetto “Recycling of textile fibres from end-of-life tyres for production of new asphalts and plastic compounds”, cofinanziato dalla CE nell’ambito del programma LIFE codice LIFE14 ENV/IT/000160, ha portato ad applicazione industriale il riuso della fibra tessile proveniente dal recupero di PFU (Pneumatici Fuori Uso). Il PFU è un rifiuto e alla luce della vigente normativa può seguire due diversi percorsi di trattamento: recupero di materiale o recupero di energia. Dal recupero di materiali da PFU si ottengono, dopo opportune lavorazioni, gomma elastomerica in granuli, acciaio armonico e fibra tessile costituita in prevalenza da nylon, rayon e simili. I granuli di gomma e l’acciaio armonico
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vengono reimpiegati come materia prima seconda in molteplici applicazioni. La fibra tessile, che rappresenta circa il 10% in peso del PFU, ad oggi non ha ancora alcun impiego e viene smaltita in discarica o avviata ad incenerimento, con quanto ne consegue in termini di costi ambientali ed economici.
LA FIBRA TESSILE CONTENUTA NEI PFU
Le principali caratteristiche base della fibra tessile sono: • composizione base: nylon, rayon ecc.; • rappresenta circa il 10% del PFU (in peso); • la quantità prodotta in Europa è di
circa 320.000 t/anno (in Italia circa 40.000 t/anno); • caratteristiche (medie): diametro 23 µm, lunghezza 6 mm, densità 85 gr/ cm3. Nel contesto dato, gli obiettivi del Progetto REFIBRE Life erano: • riduzione della quantità di rifiuto che attualmente viene avviato a discarica o a termodistruzione, attraverso il reimpiego della fibra tessile proveniente dal recupero di PFU; • produzione di materiali addizionati con fibra tessile proveniente dal recupero di PFU, aventi caratteristiche tecniche superiori a quelle attuali, per conseguire un allungamento della loro vita media; • valorizzazione commerciale della fibra tessile recuperata, da cui consegue una maggiore convenienza economica ad intraprendere il percorso del recupero di materiale, rispetto al recupero di energia; in tal modo si intende orientare verso questa pratica, ambientalmente virtuosa, il trattamento del PFU; • replicabilità dell’attività e dei suoi risultati negli altri paesi UE. Il Progetto REFIBRE Life costituisce la naturale evoluzione di un’attività di R&S svolta da Steca SpA e Tires SpA, con
altri partner e diversi Accademici, finanziata nell’ambito del POR MARCHE FESR 2007-2013 - Intervento 1.1.104.02 “Promozione di ricerca industriale e dello sviluppo sperimentale in filiere tecnologiche-produttive”, denominato: RTP Process - Progettazione e sviluppo di un nuovo prodotto derivante dal riuso della fibra tessile di scarto dal processo di frantumazione dei PFU. Da tale attività di ricerca, che ha esplorato molteplici percorsi di possibile riuso della fibra tessile da PFU, sono emerse due applicazioni particolarmente interessanti: • Conglomerati bituminosi di base: la fibra tessile opportunamente dosata nel conglomerato bituminoso di base (binder), conferisce alla pavimentazione stradale una maggiore resistenza a fatica; ciò permette di allungare notevolmente la vita media della pavimentazione; • Compound: la fibra tessile, combinata in proporzioni opportune con altre materie plastiche (es. polipropilene e simili), conferisce al compound così ottenuto un notevole incremento della resistenza all’urto, senza che si modifichino in maniera apprezzabile le altre caratteristiche meccaniche; questo rende il compound adatto alla produzione di carter di ogni tipo, componenti sotto cofano per automotive e prodotti analoghi. Le azioni che si sono intraprese nel Progetto REFIBRE Life erano finalizzate alla industrializzazione dei processi di produzione di conglomerati bituminosi di base modificati con fibra tessile proveniente dal recupero di PFU e di compound di polipropilene- fibra, per la loro immissione sul mercato come prodotto finito. Le azioni attuate sono state le seguenti: • trattamento della tela, in uscita dall’impianto di recupero PFU, per renderla compatibile con le successive fasi di lavorazione; • ottimizzazione delle miscele in relazione alle successive lavorazioni; • verifiche sul campo dei miglioramenti fisico/meccanici del prodotto finito.
per le sue caratteristiche fisiche risulta difficilmente lavorabile in quanto “non dosabile”. Inoltre il materiale, avendo una bassa densità, ha un elevato costo di trasporto. È stata pertanto fatta un’indagine di mercato per valutare la soluzione più idonea e gradita dagli utilizzatori finali. È emerso che avere il prodotto in forma di pellet rappresenta la soluzione ottimale in quanto non richiede modifiche negli impianti di lavorazione poiché già predisposti a lavorare queste tipologie di prodotti/additivi. Il team di progetto si è concentrato sullo studio della tecnologia più idonea alla compressione della tela. L’aspetto chiave è rappresentato dal controllare la temperatura evitando che si modifichino e degradino le caratteristiche fisiche della fibra che rappresentano l’elemento chiave del progetto. È stato progettato è costruito un prototipo in grado di lavorare la fibra tessile che ha dato risultati ottimi. L’azienda che ha sviluppato il prototipo è la Tires Spa. L’ultima fase del progetto è stata quella di validare in campo i dati ottenuti precedentemente in laboratorio. Nei due campi di applicazione previsti nel progetto sono quindi state valutate le performance “in campo”.
CONGLOMERATI BITUMINOSI
Per valutare le prestazioni del bitume modificato sono state fatte delle serie di test sulle Autostrade A24 e A25 (Strada dei Parchi) a diverse quote di altitudine,
TRATTAMENTO DELLA FIBRA TESSILE
La fibra tessile da PFU è un materiale che
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per verificare il comportamento in funzione del clima, e per ciascuna tratta nei diversi strati: binder, tappeto di usura tradizionale e tappeto usura Splittmastix Asphalt (Sma). Ad opportune cadenze temporali sono state prelevate delle carote di materiale che sono state sottoposte a diversi test in laboratorio.
Inoltre sono state effettuate delle prove in campo con un macchinario di ultima generazione Dynatest 8012 Fast Falling Weight Deflectometer (FFWD), che misura le deflessioni che un carico impulsivo produce in corrispondenza di diversi punti superficiali, situati a differenti distanze dalla piastra di carico. I componenti, in precedenza azionati idraulicamente, sono stati sostituiti da un sistema più avanzato, che consente di eseguire le misurazioni molto più velocemente rispetto ad un tradizionale FWD. Sia le prove in laboratorio che in campo hanno confermato i risultati osservati per i conglomerati confezionati in laboratorio, in particolare: • proprietà di resistenza e rigidezza simili; • migliore comportamento a fatica. Altro aspetto di particolare rilevanza notato è che le fibre tessili si comportano anche in modo simile alle fibre di cellulosa, cioè hanno una funzione di “assorbente” permettendo di trattenere il bitume evitando “lo scolo” dello stesso in fase di trasporto. In conclusione si può affermare che: • le fibre tessili da PFU possono essere impiegate nei conglomerati bituminosi a caldo; • il mix design delle miscele contenenti fibre da PFU deve essere eseguito con attenzione, determinando anche il contenuto ottimo di filler; • le fibre da PFU rispetto a quelle di cellulosa impediscono al legante di scolare con maggior efficacia;
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P ROG ETTI
E
TE CNO LO G IE
diversi prodotti mettendo a confronto compound con varie % di fibra e compound a base di polipropilene vergine. Sono stati effettuati diversi test meccanici di trazione (modulo di Young, sforzo, deformazione); i dati mostrano come i parametri rimangono sostanzialmente invariati. Particolarmente interessante è invece il Test ad impatto Izod che ha evidenziato un comportamento migliore dei materiali contenenti la fibra anche rispetto al compound con polipropilene vergine. Il test ha evidenziato che i valori dell’impatto sono pressoché simili al variare della quantità di fibra. Ma ha anche evidenziato che all’aumentare della quantità di fibra la superficie fratturata dall’impatto è sempre minore. Questa ultima caratteristica fa presupporre che l’effettiva energia necessaria a generare
Tipo di miscela per usura drenante
Peso miscela [g]
Peso residuo [g]
Senza fibre
490
13,1
0,3% fibre di cellulosa
490
5,4
0,3% fibre da PFU
490
2,4
• •
le fibre da PFU non determinano un incremento significativo delle proprietà resistenti delle miscele; la presenza delle fibre da PFU comporta un notevole incremento di resistenza a fatica.
COMPOUND PLASTICI
Sono stati realizzati numerosi mix design miscelando la fibra tessile da PFU con diversi materiali, in varie percentuali ed utilizzando diverse tecnologie di lavorazione. L’azienda che ha sviluppato i prodotti è la Tecnofilm Spa. Generalmente l’aggiunta di fibra ha comportato un aumento della resistenza all’urto del prodotto finito. La soluzione più interessante è rappresentata dal compound realizzato utilizzando come base polipropilene da recupero. Considerata la composizione del prodotto e la sua forma fisica questo è idoneo ad un impiego generale sia in estrusione che in iniezione; può essere aggiunto a qualsiasi Polimero Termoplastico, compatibile con il polipropilene. Per valutare le prestazioni del compound sono stati realizzati
Master REF/PP al 60% in peso di fibra
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PP7PE post consumo
la stessa superficie di frattura aumenti all’aumentare della quantità di fibra. In conclusione si può affermare che: • dai compound realizzati in laboratorio partendo dal semilavorato realizzato da Tecnofilm con il 60% in peso di fibre e da PP/PE da post consumo emerge come le fibre non generano importanti diminuzioni delle caratteristiche meccaniche come modulo di Young e resistenze a trazione mentre comportano un aumento della resistenza ad impatto; • da questo quadro delle proprietà e da un esame visivo dei provini emerge che la maggiore resistenza ad impatto è generata dalla maggiore energia che serve per “sfilare” le fibre dalla matrice; • nella realizzazione dei bancali con materiale da post consumo e fibre questo aumento delle proprietà ad impatto è ancora più evidente portando il valore del post consumo a valori che normalmente ha il PP copolimero; • analizzando l’effetto delle fibre su un PP vergine per uso nei paraurti si nota come ci sia anche in questo caso un aumento dell’energia di impatto ma non paragonabile a quello che si ha nell’utilizzo di una matrice proveniente da post consumo la quale presenta inizialmente valori relativamente bassi rispetto al PP copolimero vergine.
ANALISI LCA
Infine si è provveduto ad effettuare una analisi LCA (Life Cycle Assessment) per valutare l’impatto ambientale del progetto. Sono stati messi a confronto vari scenari per l’utilizzo della fibra, in particolare: • smaltimento della fibra tessile in discarica, • recupero energetico della fibra tessile in discarica, • impiego della fibra tessile nei conglomerati bituminosi, • impiego della fibra tessile nei compound plastici (1° tecnologia), • impiego della fibra tessile nei compound plastici (2° tecnologia). In conclusione, considerando quello che è il parametro più rappresentativo, costituito dalla CO2 equivalente, i risultati ottenuti sono i seguenti: • impiego della fibra tessile nei conglomerati bituminosi risparmio di 4 kg CO2eq/kg fibra; • impiego della fibra tessile nei compound plastici - risparmio di 2 kg CO2eq/kg fibra. È stata effettuata anche una analisi di tipo CBA (COST BENEFIT ANALYSIS) che ha dimostrato la sostenibilità economica del progetto. *Project leader REFIBRE LIFE
NOTE
Progetto: REFIBRE Life Per maggiori informazioni www.refibre.eu Partner del progetto: Steca Spa, Tecnofilm Spa, Tires Spa, Toto Costruzioni Spa Supporto Tecnico Esterno: Università Politecnica delle Marche, Università di Perugia, Fabbioni e Partner
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LA SUDDIVISIONE DELLE RESPONSABILITÀ NEL CASO DI AVVICENDAMENTI SOCIETARI LA POSIZIONE DELLA CAPOGRUPPO CEDENTE E DEL CESSIONARIO ALLA LUCE DELLA SENTENZA T.A.R. LOMBARDIA - BRESCIA, N. 802/2018 di Rosa Bertuzzi*
L
a sentenza n. 802 del 9 agosto scorso pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, sede di Brescia, offre l’occasione per affrontare l’importante tema del passaggio delle responsabilità ambientali e degli obblighi di bonifica e messa in sicurezza in caso di modifiche societarie che abbiano interessato la persona giuridica responsabile di episodi di contaminazione. Al riguardo, è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza amministrativa la fattispecie della fusione per incorporazione. Determinandosi una cessione a titolo universale dei rapporti attivi e passivi fra società incorporata e incorporante, si ha un subentro di quest’ultima nelle responsabilità ambientali (e nei conseguenti obblighi di bonifica e messa in sicurezza) derivanti da contaminazioni riconducibili alla pregressa attività dell’incorporata [1]. Anche il caso della circolazione di quote o di partecipazioni azionarie della società responsabile dell’inquinamento non sembra
destare particolari perplessità, rimanendo invariata l’identità del soggetto inquinante. Analogamente, pure in occasione di un mutamento di denominazione sociale le responsabilità ambientali permangono a carico della società che ha modificato denominazione. Più complessa è invece la fattispecie della cessione d’azienda o di ramo d’azienda, postasi al centro di varie pronunce giurisprudenziali (non sempre conformi), alle quali si è andata ad aggiungere la sentenza in esame, riferita all’interessante caso della cessione di società controllate, ritenute responsabili di contaminazioni ambientali, da parte della capogruppo.
LA RESPONSABILITÀ DELLA CAPOGRUPPO PER LE CONTAMINAZIONI PROVOCATE DALLE CONTROLLATE
La pronuncia trae origine dal ricorso proposto da una società, a
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cui era stata attribuita la prevalente responsabilità della presenza di contaminanti nei terreni e nelle acque in corrispondenza dei vecchi impianti di un ex stabilimento industriale a Mantova e nei cui confronti l’Amministrazione aveva dunque adottato vari ordini di messa in sicurezza e bonifica. Il principale motivo di ricorso, assunto dalla società ricorrente a fondamento della propria “irresponsabilità” ambientale, ruotava proprio attorno ai vari passaggi societari che - nel corso degli anni - avevano interessato le “vecchie” società controllate del gruppo operanti a Mantova. In buona sostanza, la ricorrente sosteneva che, avendo a suo tempo ceduto tali società, le conseguenze derivanti dalle eventuali contaminazioni provocate (anteriormente alla cessione) dalle società in precedenza controllate sarebbero a carico del gruppo cessionario. Di diverso avviso sono tuttavia i giudici amministrativi, i quali affermano che le riorganizzazioni societarie infragruppo non sono mai opponibili all’amministrazione quando abbiano lo scopo, o il risultato, di rendere più difficile il conseguimento degli obiettivi di messa in sicurezza e di bonifica delle aree inquinate. L’attività delle società controllate deve infatti essere vista in una logica di gruppo in quanto tali società sono vettori delle decisioni imprenditoriali del gruppo, a vantaggio del quale operano. Da qui due importanti principi affermati dal Tribunale Amministrativo Regionale: • la cancellazione o la trasformazione della società controllata che gestiva l’attività all’origine dell’inquinamento non libera la capogruppo, anche qualora l’attività imprenditoriale inquinante sia stata nel frattempo dismessa con successiva liquidazione della società controllata; • quando la società controllata responsabile dell’inquinamento passa, per conferimento o tramite altra operazione societaria, ad un diverso gruppo, il gruppo cedente rimane obbligato alla messa in sicurezza e alla bonifica, salvo consenso dell’Amministrazione titolare dell’interesse pubblico coinvolto [2]. Ciò chiarito, i giudici si interrogano poi se il gruppo acquirente assuma una responsabilità in solido per le obbligazioni derivanti dalla gestione aziendale pregressa. Anche a tal riguardo, il T.A.R. formula interessanti considerazioni. Ritiene infatti che la norma applicabile non sia l’art. 2558, c. 1 c.c., riguardante il subentro automatico dell’acquirente nei contratti aziendali, ma l’art. 2560, c. 2 c.c., che prevede la responsabilità solidale dell’acquirente per i debiti che risultano dai libri contabili obbligatori. Conseguentemente, in analogia con tale disposizione, i giudici affermano che l’acquirente risponde del danno ambientale solo se già accertato in un provvedimento amministrativo divenuto pubblico, oppure se vi era una conoscenza diretta della situazione per effetto di accordi con il cedente [3].
UNO SGUARDO AL PANORAMA GIURISPRUDENZIALE: LA RESPONSABILITÀ DEL SOGGETTO CEDENTE
La sentenza in esame, nel riconoscere la titolarità degli obblighi di bonifica e messa in sicurezza in capo alla società capogruppo (cedente) per le contaminazioni causate dall’attività delle società controllate poi cedute ad un soggetto terzo (cessionario), rappresenta un ulteriore tassello a quello che pare
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ormai andando affermandosi quale principio consolidato. Già in passato la giurisprudenza, infatti, aveva ritenuto sussistente la responsabilità ambientale del soggetto cedente in caso di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, qualora contaminazioni fossero accorse durante la gestione del cedente (a tal riguardo, cfr. T.A.R. Toscana, Sez. I, 1 febbraio 2016, n. 164). Ciò non è altro che l’applicazione del generale principio di matrice comunitaria “chi inquina paga”, in virtù del quale gli obblighi di bonifica e di messa in sicurezza devono pesare in capo al soggetto responsabile dell’inquinamento. Una diversa conclusione, del resto, consentirebbe un’agevole elusione di tale principio, liberando il soggetto responsabile della contaminazione e scaricandone le conseguenze sull’incolpevole subentrante.
CONTRASTI IN MERITO ALLA RESPONSABILITÀ DEL SOGGETTO CESSIONARIO
Maggiori incertezze si annidano invece attorno alla responsabilità del soggetto cessionario. In linea generale potrebbe ritenersi che in capo al cessionario non incombano obblighi di bonifica e messa in sicurezza. Il cessionario rappresenta infatti una nuova entità giuridica e, in applicazione del sopra richiamato principio “chi inquina paga”, tali obblighi pesano sul soggetto responsabile della contaminazione e non dovrebbero invece essere collegati all’azienda oggetto della cessione. Il cessionario risulterebbe dunque libero da responsabilità ambientali per contaminazioni accorse nel periodo precedente la cessione, salvo qualora abbia espressamente assunto obblighi di bonifica e messa in sicurezza a titolo convenzionale [4]. In altre occasioni i giudici amministrativi sono tuttavia giunti a soluzioni diametralmente opposte, estendendo sic et simpliciter la responsabilità ambientale al cessionario (in solido con il cedente), indipendentemente dalla presenza di un qualsivoglia titolo convenzionale. Tale soluzione si basa su un’interpretazione estensiva dell’oggetto della cessione, l’azienda, la quale è considerata come comprensiva di tutto ciò che ha contribuito alla produzione industriale, inclusa l’eventuale attività di inquinamento. L’azienda comprende anche le situazioni di contaminazione che “porta in dote” per effetto della pregressa gestione operativa del cedente. Nell’affermare la responsabilità del cessionario, inoltre, i giudici fanno pure riferimento pure ad un principio di equità, richiamando espressamente il brocardo latino “cuius commoda, eius et incommoda”, secondo il quale chi trae vantaggio da una situazione deve sopportarne anche le eventuali conseguenze negative [5]. In questo contrasto giurisprudenziale, si colloca la sentenza del T.A.R. Brescia in esame, la quale
pare porsi in una posizione mediana rispetto alla prima impostazione, che esclude in radice obblighi ambientali in capo al cessionario (salvo il caso in cui li abbia assunti a titolo convenzionale), e il filone giurisprudenziale più radicale che considera il cessionario sempre corresponsabile e coobbligato in solido alla bonifica e alla messa in sicurezza. Nella pronuncia dell’agosto scorso, infatti, i giudici ritengono applicabile non l’art. 2558, c. 1 c.c. (che potrebbe essere posto a fondamento del subentro automatico del cessionario negli obblighi ambientali), bensì l’art. 2560, c. 2 c.c., affermando che il cessionario risponderà del danno ambientale qualora, al momento della cessione, fosse a conoscenza della situazione ambientale compromessa del sito (e così qualora la contaminazione fosse stata accertata in un provvedimento amministrativo pubblico oppure fosse emersa durante le fasi contrattuali con il cedente). È come, in altre parole, se il T.A.R. stesse dicendo che nel momento in cui il cessionario ha proseguito nell’acquisto di un sito pur consapevole del suo stato di inquinamento, ha accettato implicitamente di essere responsabile in solido con il cedente. E questo, forse, è proprio l’aspetto maggiormente innovativo della sentenza n. 802 del 9 agosto scorso pronunciata dal Tribunale Amministrativo Regionale di Brescia, stante le numerose ricadute pratiche che potrebbe comportare a livello di trasmissione delle responsabilità ambientali in occasione della cessione di un sito contaminato. * Studio AmbienteRosa, Consulenze legali ambientali
NOTE
[1] Per un’interessante individuazione della titolarità delle responsabilità e degli obblighi ambientali in caso di mutamenti societari, cfr. T.A.R. Piemonte, Sez. I, 13 maggio 2016, n. 674. [2] Il T.A.R. fonda tale principio sull’applicazione della regola generale sulla cessione d’azienda di cui all’art. 2560, c. 1 c.c., a mente della quale “l’alienante non è liberato dai debiti, inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, se non risulta che i creditori vi hanno consentito”. [3] Nel caso in esame, il T.A.R. non ritiene sussistere nessuna di tali condizioni. In effetti, le caratteristiche dell’inquinamento, le responsabilità della contaminazione e l’ordine di grandezza dei costi di bonifica sono elementi che sono sati valutati dall’Amministrazione solo a distanza di molti anni dal passaggio della proprietà e della gestione dell’impianto al cessionario. Quest’ultimo, dunque, risponde solo per il contributo alla contaminazione apportato dopo il subentro. [4] Al riguardo, si rimanda a T.A.R. Toscana, Sez. II, 22 aprile 2013, n. 667, in cui i giudici amministrativi hanno riconosciuto la successione del cessionario negli obblighi di bonifica e nei consequenziali procedimenti amministrativi instaurati dal cedente, in ragione delle previsioni di un Protocollo d’intesa stipulato fra cedente e cessionario (peraltro, tale subingresso era stato consacrato pure da delibere dell’Amministrazione). [5] Al riguardo, cfr. T.A.R. Puglia-Lecce, Sez. I, 6 febbraio 2014, n. 339 e T.A.R. Valle d’Aosta, Sez. I, 8 agosto 2015, n. 64, secondo cui “la necessità di proteggere la società e l’ambiente dall’inquinamento e di evitare che il ricorso agli strumenti giuridici possa permettere a chi ha inquinato di sottrarsi all’obbligo di eliminare l’inquinamento e le conseguenze dello stesso portano ad evidenziare l’immedesimazione dell’azienda e del suo titolare, cioè la responsabilità (anche) dell’attuale titolare per ciò che ha contribuito alla costruzione dell’azienda quale si configura nell’attualità”.
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BONIFICA, RIMOZIONE E RESPONSABILITÀ: IL CONCETTO DI “PIÙ PROBABILE CHE NON” ANALISI DELLA SENTENZA DEL TAR LOMBARDIA BRESCIA N. 766/2018 di Cinzia Silvestri*
È
interessante il percorso del TAR nell’individuare la responsabilità del proprietario che crede essere incolpevole ma in realtà non lo è. La questione attiene all’onere di bonifica in capo ad una Società non solo sul proprio terreno di proprietà e dunque sul sito in cui svolgeva la propria attività industriale ma anche lungo le “sponde del Mincio” ossia in zona perimetrale e limitrofa al sito ed esterna. La Società si oppone a questa residuale bonifica adducendo di non esserne responsabile e portando in giudizio elementi che pongono dubbio sulla riconducibilità dell’evento alla sua attività. Il TAR espone il lungo decalogo che conferma la responsabilità solo di colui che ha inquinato (chi inquina paga) e conclude però che la Società è la “responsabile” anche dell’inquinamento dell’area limitrofa (non di sua proprietà) applicando il principio civilistico del “più probabile che non”. Secondo il TAR gli elementi di causa riconducevano la responsabilità alla Società con alta probabilità. Continua il TAR adducendo che la prova a discarico - ovvero che l’inquinamento dell’area esterna non era riferibile alla società bensì ad altri soggetti - era a carico della società, tenuta anche ad indicare nome e cognome della terza inquinatrice. Il TAR dunque impone l’onere che incombe alla amministrazione di ricercare il “colpevole”, a carico della Società stessa.
b.
c.
d.
IL TAR SI ESPRIME SULLA RESPONSABILITÀ DI CHI HA INQUINATO
Il TAR riporta i principi elaborati dalla giurisprudenza che ribadiscono l’obbligo del responsabile di procedere alla bonifica. Si badi che il TAR richiama però l’art. 192 D.Lgs. 152/2006 che propriamente indica la rimozione dei rifiuti in combinato disposto con gli articoli 242 D.Lgs. 152/2006 che si riferiscono al diverso contesto della bonifica propriamente detta: a. a carico del proprietario o di coloro che a qualunque titolo abbiano la disponibilità dell’area interessata dall’abbandono dei rifiuti, non è configurabile una responsabilità oggettiva o per fatto altrui (in solido con l’autore materiale del fatto), occorrendo che la violazione sia a questi im-
e.
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putabile a titolo di dolo o colpa in base agli accertamenti effettuati dagli organi ed Enti preposti al controllo...; per quanto riguarda l’attuale assetto degli obblighi di messa in sicurezza di emergenza, bonifica e ripristino ambientale (Parte IV – Titolo V del D.Lgs. menzionato), la giurisprudenza nazionale ed euro-unitaria sono ormai sostanzialmente concordi nel riconoscerne l’insussistenza nei confronti del proprietario dell’area che risulti incolpevole delle condotte generative della contaminazione…; l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (cfr. sentenza 25/9/2013 n. 21) ha chiarito che l’amministrazione non può imporre al proprietario di un’area contaminata, il quale non sia l’autore dell’inquinamento, l’obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica – di cui all’articolo 240, comma 1, lettere m) e p) del D.Lgs. 152/2006 – in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole restano limitati a quanto espressamente previsto dall’articolo 253 del medesimo D.Lgs. in tema di oneri reali e privilegi speciali immobiliari (...); tale sistema di ripartizione dei compiti e delle responsabilità è stato ritenuto compatibile con le regole comunitarie in materia (cfr. sentenza Corte di Giustizia 4/3/2015 nella causa C-534/13), e al più il proprietario non responsabile dell’inquinamento “potrà essere chiamato, nel caso, a rispondere sul piano patrimoniale e a tale titolo potrà essere tenuto al rimborso delle spese relative agli interventi effettuati dall’autorità competente nel limite del valore di mercato del sito determinato dopo l’esecuzione di tali interventi, secondo quanto desumibile dal contenuto dell’art. 253 del codice dell’ambiente” (...); in definitiva, gli interventi di riparazione, messa in sicurezza, bonifica e ripristino gravano esclusivamente sul responsabile della contaminazione, cioè sul soggetto al quale sia imputabile l’inquinamento (cfr. art. 242, commi 2 e seguenti del D.Lgs. 152/2006); il proprietario non responsabile dell’inquinamento, ai sensi dell’art. 245 comma 2, è tenuto soltanto ad adottare le misure di prevenzione di cui all’art. 240, comma 1, lett. i),
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ovvero “le iniziative per contrastare un evento, un atto o un’omissione che ha creato una minaccia imminente per la salute o per l’ambiente intesa come rischio sufficientemente probabile che si verifichi un danno sotto il profilo sanitario o ambientale in un futuro prossimo, al fine di impedire o minimizzare il realizzarsi di tale minaccia (...)”.
IL TAR INTRODUCE IL PRINCIPIO DEL “PIÙ PROBABILE CHE NON”
Continua il TAR introducendo il principio del “più probabile che non” indicatore civilistico che permette di attribuire responsabilità. Si è così sostenuto che, in punto di accertamento della sussistenza del predetto rapporto eziologico tra attività industriale svolta nell’area ed inquinamento della medesima è applicabile il canone – elaborato in ambito civilistico – del “più probabile che non”, secondo il quale per affermare il legame causale non è necessario raggiungere un livello di probabilità (logica) prossimo a uno (cioè la certezza), bensì è sufficiente dimostrare un grado di probabilità maggiore della metà, cioè del 50% ... la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (C-188/07), nell’interpretare il principio “chi inquina paga” (che consiste nell’addossare ai soggetti responsabili i costi cui occorre far fronte per prevenire, ridurre o eliminare l’inquinamento prodotto), fornisce una nozione di causa in termini di aumento del rischio, ovvero come contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell’inquinamento; la giurisprudenza nazionale, di converso, ha a più riprese... rilevato
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che il suo positivo riscontro può basarsi anche su elementi indiziari, quali la tipica riconducibilità dell’inquinamento rilevato all’attività industriale condotta sul fondo in quanto “la prova può essere data in via diretta o indiretta, ossia, in quest’ultimo caso, l’amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale può avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 c.c.”.
LA DIFFERENZA TRA IL PRINCIPIO CIVILISTICO DELLA CAUSALITÀ E QUELLO PENALISTICO
Continua il TAR precisando la differenza tra il principio civilistico della causalità e quello penalistico. In materia di accertamento del nesso causale tra operatore e inquinamento, nel rispetto del principio “chi inquina paga”, il criterio oggi maggiormente applicato è quello civilistico del “più probabile che non”, escludendo invece la possibilità di applicare il criterio di imputazione penalistico della responsabilità, che richiede una certezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”.
LA VICINANZA DELL’IMPIANTO AL SITO INQUINATO
Continua il TAR dando rilevanza alla “vicinanza” dell’impianto al sito inquinato: “riguardo all’individuazione del responsabile… si è affermato che è possibile presumere l’esistenza di un nesso di causalità tra determinati operatori e l’inquinamento accertato attraverso indizi plausibili, quali la vicinanza dell’impianto dell’operatore all’inquinamento accertato e la corri-
spondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell’esercizio della sua attività. Quando disponga di indizi di tal genere, l’Autorità competente è allora in condizione di dimostrare un nesso di causalità tra le attività degli operatori e l’inquinamento diffuso rilevato”.
LA RICONDUCIBILITÀ DELL’INQUINAMENTO ALLA SOCIETÀ
Conclude il TAR ritenendo provata la riconducibilità dell’inquinamento alla Società: “La conclusione circa un collegamento tra l’inquinamento e l’attività della Società ricorrente si rivela dunque attendibile per i predetti gravi, precisi e concordanti elementi, senza che ulteriori (ipotetici) concorrenti fattori causativi siano idonei a escludere la responsabilità. In questo contesto, non è accettabile il rilievo per cui la ricorrente non ha mai svolto attività specifica in loco, alla luce della prossimità dell’area con quella interessata dalla produzione”.
L’ONERE DI INDAGINE GRAVA SULLA SOCIETÀ?
Continua il TAR imputando alla Società un vero e proprio onere di indagine e di ricerca del colpevole che non si limita alla prova della non riconducibilità dell’inquinamento ma anche alla indicazione di nome e cognome dell’inquinatore terzo, sollevando dunque l’amministrazione da tale onere istituzionale: “...è nota la difficoltà dei soggetti coinvolti di riuscire a fornire la prova del “dato alternativo”, e tuttavia il soggetto
individuato come responsabile non può limitarsi a ventilare genericamente il dubbio circa una possibile responsabilità di terzi, ma dovrebbe provare e documentare con pari analiticità la reale dinamica degli avvenimenti e indicare a quale altra impresa, in virtù di una specifica e determinata causalità, debba addebitarsi la condotta causativa dell’inquinamento.
LA SOCIETÀ NON È TENUTA ALLA RIMOZIONE DEI RIFIUTI
Il TAR riconosce che la Società non è tenuta alla rimozione (diversa dalla bonifica) dei rifiuti al di fuori della sua proprietà e tuttavia evoca una più elevata diligenza che parrebbe esentata solo sulla prova di particolare onerosità della rimozione: vale a dire che solo in caso di onerosa rimozione la società sarebbe esentata: “Quanto alla prescrizione relativa ai rifiuti abbandonati, è evidente che la medesima è valida per la porzione di area di proprietà della parte ricorrente. Sotto altro profilo, ritiene il Collegio che, nelle aree ad elevato rischio ambientale come quella di cui si controverte (nelle quali i fenomeni di inquinamento sono conclamati), insorge a carico del proprietario un onere di diligenza superiore a quello esigibile presso la generalità dei consociati e anche presso i titolari di una qualsiasi attività produttiva. In aggiunta, parte ricorrente non ha dato conto della particolare onerosità della procedura di rimozione del materiale rinvenuto all’esterno…”. *Studio Legale Ambiente
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GOLDER ASSOCIATES PUNTA SULLE RINNOVABILI
Il mercato energetico è sempre più caratterizzato dalla ricerca di soluzioni innovative e sostenibili. In quest’ottica Golder si propone nel ruolo di Technical Advisor per i maggiori operatori mondiali nel settore delle energie rinnovabili, muovendosi con professionalità e innovazione su nuove frontiere come grid parity e storage, supportando la diffusione di tecnologie energetiche sostenibili che permettano di ridurre la dipendenza dalle fonti fossili. Multinazionale canadese operante da oltre 50 anni nel campo delle scienze ambientali, dell’ingegneria geotecnica e dell’energia, Golder con oltre 6500 dipendenti e più di 165 sedi nel mondo (di cui 4 in Italia) affianca ai servizi tradizionali di monitoraggio, progettazione e direzione lavori in ambito geotecnico e ambientale, mirate a uno sviluppo sostenibile degli obiettivi di business del Cliente, attività di ingegneria nel campo delle fonti rinnovabili, attraverso singoli interventi mirati o soluzioni “chiavi in mano” in ogni parte del mondo. La pluriennale esperienza della Società, sia nella progettazione di nuovi impianti che nella gestione di quelli esistenti, supporta i Clienti in ogni fase del ciclo di vita: dalla scelta del sito fino alla dismissione, passando per progettazione, costruzione e attività di O&M. Negli ultimi anni l’attività di Golder nel campo delle fonti rinnovabili ha spaziato dagli studi specialistici, come le indagini geotecniche per impianti fotovoltaici in Africa Settentrionale o gli studi acustici per impianti eolici in Europa, fino alla progettazione (preliminare, definitiva ed esecutiva) di wind farm e parchi solari in Italia e nel mondo, sia di piccola che di grande taglia. Dal piccolo impianto fotovoltaico da installare sui tetti dell’Ambasciata italiana in india, fino ai grandi parchi solari con potenza di decine di MW da realizzarsi in Italia ed in Africa Subsahariana (Etiopia, Senegal, Sudafrica e Zambia), l’esperienza e la professionalità di Golder supporta il cliente sia nelle fasi di sviluppo che nelle attività di progettazione e realizzazione delle opere, fornendo la propria consulenza anche alla gestione della sicurezza in fase di cantiere. In campo eolico, inoltre, Golder affianca alla progettazione di nuovi impianti il repowering di impianti esistenti, coniugando l’ottimizzazione della produzione energetica rinnovabile con la mitigazione degli impatti socio-ambientali nelle aree geografiche interessate (Vietnam, Russia, Italia, ecc.). I servizi offerti per lo sviluppo di impianti eolici, fotovoltaici, geotermici, a biomassa o idrici sono: • Pianificazione e scelta del sito idoneo in conformità ai vincoli e alle caratteristiche geografiche e morfologiche dell’area di interesse. • Fattibilità tecnico-economica, mirante a valutare gli impatti ambientali potenzialmente negativi e le ricadute sociali, con l’individuazione degli interventi di mitigazione. • Studi di impatto ambientale e permitting con un costante supporto tecnico nell’acquisizione dei permessi necessari alla realizzazione dell’impianto. • Progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva. • Direzione Lavori e Coordinamento della Sicurezza, per la gestione dei progetti in accordo ai piani di costruzione e ai requisiti normativi. • Messa in servizio degli impianti tramite piani annuali di monitoraggio e bonifica, di gestione dei rifiuti e sistemi di gestione ambientale, salute e sicurezza (ISO14001, OHSAS 18001). • Decommissioning con l’individuazione di soluzioni integrate atte a mitigare gli impatti ambientali derivanti dalla chiusura dell’impianto, a ridurre i tempi e i costi. In un mercato in cui sono numerosi i casi di acquisizione o dismissione degli impianti, Golder fornisce al Cliente anche servizi di Due Diligence per impianti solari ed eolici, individuando i rischi economico-finanziari ed i problemi tecnici e/o ambientali connessi alla transazione. L’obiettivo di Golder Associates è di supportare con professionalità, esperienza ed entusiasmo le Aziende impegnate nello sviluppo sostenibile del mercato energetico mondiale.
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COMETFER L’ESPERIENZA CONSOLIDATA NEL RECUPERO DEI MATERIALI METALLICI
Negli ultimi anni, il recupero e il riutilizzo dei materiali è diventato argomento sempre più importante: l’economia circolare è il tema attuale. Il mondo genera quotidianamente un’enorme quantità di rifiuti; il recupero e il riciclaggio degli stessi sono le uniche soluzioni per evitare disastrose ricadute sul prezioso ambiente che ci circonda. Tuttavia, al giorno d’oggi il progresso tecnologico e scientifico consente di riciclare quasi tutto, dalla carta alla plastica, al tessuto, al vetro, al legno e ai metalli e le aziende che operano nel settore assumono, dunque, un ruolo centrale per la salvaguardia dell’ambiente. COMETFER si occupa del recupero, della lavorazione e della conseguente commercializzazione di tutti i rottami metallici oltre che della gestione dei rifiuti di altri materiali selezionati. L’azienda è orgogliosa di proporre ai propri clienti competenza e professionalità nelle operazioni di raccolta e consegna, attribuendo grande importanza non solo al servizio offerto, ma al continuo aggiornamento dei processi tecnologici e aziendali oltre che di gestione dei rifiuti. COMETFER - con sede in San Stino di Livenza (VE) - è tra i leader in Italia nel settore del recupero di tutti i materiali metallici, grazie a una consolidata e pluridecennale esperienza, a una costante attenzione alle esigenze dei propri clienti e fornitori, all’instancabile e continua ricerca di una visione globale e innovativa, nel pieno rispetto delle normative di settore.
STS ITALIA: SENSORISTICA AFFIDABILE PER TUTTI I TIPI DI APPLICAZIONE Una vasta gamma di prodotti, unita ad un alto grado di specializzazione nel campo della sensoristica di pressione, permettono alla STS Italia di rispondere ad un ampio ventaglio di esigenze e richieste per le misure di livello e di pressione stessa, sia in ambito ambientale che ecologico. Prodotti altamente affidabili e un elevato standard qualitativo, garantiscono le soluzioni più idonee alle esigenze applicative della clientela. Tutti questi elementi rendono i prodotti STS un’ottima proposta anche per applicazioni come quelle nei siti contaminati o per la decontaminazione delle acque sotterranee di luoghi come discariche o raffinerie, dove servono sonde di livello resistenti a sostanze pericolose e aggressive spesso presenti in queste aree. STS fornisce misuratori di livello con materiali di diversa natura quali acciaio inossidabile, titanio e PVDF. Per quanto riguarda il cavo della sonda vengono utilizzati PE, PUR e FEP. STS si avvale di un affidabile supporto tecnico-commerciale che fornisce in tempi brevi la risposta più adeguata alle diverse problematiche della clientela.
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MELONI: A STORY IN MOTION, UN’EVOLUZIONE CONTINUA A SERVIZIO DEL CLIENTE Meloni opera nel comparto del sollevamento, della movimentazione e dello stoccaggio, offrendo macchinari riconosciuti dal mercato di riferimento per la loro qualità e per la bontà del servizio di post-vendita. Carroponti e nastri trasportatori, accessori sotto gancio, carri trasbordatori, argani, gru a bandiera sono solo alcuni dei prodotti che compongono l’offerta Meloni, destinata a un’ampia gamma di settori produttivi: nucleare, aerospaziale, ferroviario, navale, siderurgico, energetico solo per citarne alcuni. Competenza e flessibilità rendono i prodotti Meloni altamente affidabili e specifici per il campo in cui vengono utilizzati. All’interno di uno stesso settore, tale specificità si differenzia ulteriormente per offrire al cliente finale una reale soluzione su misura. Il capitale umano, il know-how specialistico e la continua innovazione sono i driver principali che hanno consentito all’azienda di affermarsi in maniera consapevole e sostenibile in uno scenario competitivo nazionale e internazionale che evolve rapidamente. “Non de-localizzare ma mantenere salda la produzione nell’indotto locale, valorizzandone la competenza specialistica”, questa è la sfida raccolta dalla direzione Meloni. Nell’ambito dell’Energy from Waste, il marchio Meloni® viene riconosciuto come leader di prodotto per la decennale esperienza maturata attraverso la collaborazione con i major player di settore a livello nazionale e internazionale.
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VETRINA
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ECOMEDIT: UN NUOVO SISTEMA ROBOTIZZATO DI BONIFICA SERBATOI NO MAN ENTRY
L’accesso all’interno di un serbatoio adibito allo stoccaggio di prodotti pericolosi e non, finalizzato alla sua pulizia e manutenzione, espone i lavoratori a numerosi rischi dovuti a diversi fattori: difficoltà di accesso e uscita dal serbatoio a causa delle dimensioni ridotte dei passi d’uomo, condizioni di areazione spesso insufficienti e frequente presenza di vapori tossico-nocivi ed infiammabili, difficoltà di movimento per la geometria del manufatto, difficoltà di comunicazione tra gli operatori all’interno del serbatoio e quelli in assistenza all’esterno. La presenza di questi fattori di rischio, fa sì che per operare in assoluta sicurezza siano indispensabili una perfetta conoscenza dello scenario di intervento, la predisposizione di adeguate procedure operative, l’utilizzo di attrezzature e dispositivi per i quali è richiesta una specifica formazione e addestramento all’uso. Per tali motivi queste attività possono essere svolte unicamente da imprese che, ai sensi del DPR 177/11, siano qualificate a operare in ambienti sospetti di inquinamento o confinati e sempre sotto la supervisione di un rappresentante del datore di lavoro della committente, anch’esso adeguatamente informato, formato e addestrato in materia. EcoMedit, con la sua pluridecennale esperienza nel settore, dispone di attrezzature idonee e personale qualificato e oggi è in grado di garantire una ancora maggiore sicurezza di intervento in tutte le situazioni più difficili attraverso sistemi robotizzati di accesso “NO MAN ENTRY” certificati ATEX per operare in luoghi altamente esplosivi. Grazie al sistema idropneumatico automatizzato, l’unità remota di dimensioni ridotte viene inserita nel serbatoio dal passo d’uomo collegata a un sistema di idro-pressione per il lavaggio del fondo e delle pareti interne, a un automezzo di aspirazione per il recupero dei fanghi con le acque residue e pilotata esternamente da un operatore attraverso un monitor di controllo che consente di seguire in diretta tutte le operazioni fino a completa bonifica gas-free. Tale sistema innovativo permette in situazioni particolarmente a rischio di consegnare, operando in tutta sicurezza, il serbatoio pronto per qualsiasi successiva attività di manutenzione.
VAUCHÉ BIOMA ITALIA, PROGETTISTI E COSTRUTTORI DI IMPIANTI DI SELEZIONE DEI RIFIUTI PER VOCAZIONE Vauché Bioma Italia, presente sul mercato italiano dal 1996, rappresenta la Vauché s.a., azienda familiare che vanta oltre 150 anni di storia e i suoi impianti sono diffusi su tutto il territorio nazionale e anche all’estero. Vauché Bioma Italia progetta e realizza chiavi in mano impianti per la selezione, il trattamento e il riciclaggio dei rifiuti. Plastica, carta, imballaggi, rifiuti da raccolta differenziata e di derivazione industriale grazie agli impianti progettati da Vauché Bioma Italia possono essere valorizzati per tornare a nuova vita. L’esperienza e la conoscenza dei diversi tipi di rifiuti permettono la realizzazione di impianti in grado di adattarsi anche a spazi di piccole dimensioni, senza per questo dover trascurare la qualità del prodotto finito. Vauché Bioma Italia è inoltre in grado di ideare impianti modulari che con piccoli accorgimenti possono essere adattati per modificare il tipo di rifiuto in ingresso. Grazie alla competenza acquisita in molti anni di lavoro sul campo, l’azienda è in grado di trovare le migliori soluzioni impiantistiche alle diverse richieste dei clienti, fornendo anche singoli macchinari da inserire in impianti già avviati in modo da renderli ancora più performanti.
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SERIE M5 DI KELLER: PER MISURAZIONI STATICHE ED ESTREMAMENTE DINAMICHE DELLA PRESSIONE FINO A 50 KHZ Con la Serie M5, KELLER AG definisce i criteri per la tecnica di misurazione della pressione. La combinazione di un nuovo sensore per le misurazioni statiche ed estremamente dinamiche (fino a 50 kHz), campo di temperatura di funzionamento (fino a 180°C), accuratezza di misurazione (± 0,1 %FS), dimensioni (collegamento M5) e condizionamento dei segnali remoto e preciso (0…10 V) è del tutto innovativa. L’elemento chiave per la misurazione delle variazioni estremamente dinamiche della pressione è il contatto, il più possibile diretto, del sensore con il fluido. A tal fine, i progettisti di KELLER hanno trovato una soluzione micromeccanica, senza membrana selettiva di separazione o tubo capillare e senza prodotti sigillanti o adesivi. Nella Serie M5, il sensore in silicio è saldato sul retro di un supporto che consente lo studio del comportamento dei fluidi, che viene montato a incasso nella linea di pressione. Tale raffinatezza di progettazione consente di effettuare misurazioni dinamiche di ampiezza di banda pari a 0,50 kHz e presenta molti vantaggi aggiuntivi come: l’eccellente riduzione della manodopera necessaria per il montaggio e dei rumori strutturali, l’ampia compatibilità con il fluido nonché la longevità grazie agli strati di ossido protettivo. La Serie M5 risulta essere molto efficace anche perché garantisce una sovrappressione fino a 5 volte il campo di misurazione e la linea di pressione, con una filettatura di soli ø 5 per misurazioni in luoghi poco accessibili. I sensori di pressione della Serie M5 sono ideati per temperature di funzionamento comprese tra -40°C e +180°C, con un margine di errore totale minimo (errori di temperatura compresi) di ± 1%. Senza il dispositivo remoto di trasformazione dei segnali, i sensori sono forniti con il margine tipico del segnale in uscita di 80 mV (@ 1 mA di corrente) e corredati di certificato di taratura individuale. Per le misurazioni di pressione assoluta, sono disponibili i campi di misurazione a 3 bar, 10 bar e 30 bar. La separazione del sensore di pressione e del dispositivo di trasformazione dei segnali consente di effettuare misurazioni in prossimità anche di impianti compatti, a carico termico elevato. Per non restringere l’ampio campo di variazioni dinamiche del sensore di pressione piezoresistente da 50 kHz, i progettisti di KELLER hanno messo da parte la digitalizzazione del segnale di misurazione per il condizionamento. Il percorso del segnale puramente analogico è invece calibrato in tempo reale utilizzando la soluzione elettronica di compensazione interamente gestita da un microprocessore. In tal modo, il segnale in uscita potenziato a 0…10 V conserva tutta la dinamica del segnale del sensore. Il controllo della catena di misura composta dal sensore di pressione e dal dispositivo di trasformazione dei segnali ha luogo in fabbrica, dopo aver verificato i parametri di taratura individuali. Anche il campo di temperatura di funzionamento dell’elettronica remota soddisfa i requisiti straordinari, ovvero l’intervallo compreso tra -40…+ 125 °C, da individuarsi, per esempio, sui banchi di collaudo dei motori.
VENTILAZIONE INDUSTRIALE: SISTEMI DI ABBATTIMENTO SOSTANZE LESIVE PER L’OZONO Ventilazione Industriale opera nel campo della depurazione e trattamento degli effluenti gassosi inquinati da quasi 50 anni in territorio nazionale e internazionale. Abbiamo realizzato un impianto per l’abbattimento dei CFC (Cloro Fluoro Carburi) derivanti dallo smaltimento dei frigoriferi dismessi. Ad oggi il 70% dei frigoriferi da smaltire contengono schiume di poliuretano espanse con CFC e questo inquinante, essendo un composto ozonolesivo, deve per legge essere catturato e depurato. Il sistema realizzato da Ventilazione Industriale prevede la captazione dei gas direttamente dai sistemi di triturazione e la successiva depurazione attraverso quattro diversi gradi di abbattimento (depolverazione, combustione, neutralizzazione degli acidi derivanti dalla combustione, adsorbimento su carbone attivo). Il sistema di abbattimento prevede un’emissione di CFC residuo al di sotto di 20 grammi all’ora. L’impianto è caratterizzato da un contenuto investimento iniziale e da un ridotto costo di gestione. L’impianto funziona completamente in automatico e può essere progettato per lavorare a cicli di 24 ore al giorno.
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APPUNTAMENTI POLLUTEC
LIONE, DAL 27 AL 30 NOVEMBRE 2018
Quest’anno, il marchio Pollutec celebra 40 anni! Oggi la fiera è al tempo stesso una vetrina dell’ambiente – Pollutec rappresenta un concentrato unico di eco innovazioni e di tecnologie verdi, un evento unificatore – riunisce tutte le filiere e gli operatori del settore e contribuisce a sostenere le emergenze delle filiere. Pollutec è diventato un appuntamento internazionale imperdibile per tutti gli operatori economici dell’ambiente e del clima: eco-industrie, collettività, professionisti di tutti i settori industriali o terziari. Immagine riflessa della diversità e della ricchezza dei mercati, è inoltre l’occasione per scoprire le tendenze future del mercato. In questa edizione 2018 Pollutec affiancherà le aziende, le città e i territori nella realizzazione di progetti e creerà delle opportunità concrete per rispondere alle sfide ecologiche, economiche e sociali.
www.pollutec.com
MCT PETROLCHIMICO
SAN DONATO MILANESE, 29 NOVEMBRE 2018
mcT Petrolchimico – Mostra Convegno Tecnologie per l’Industria Petrolchimica è un evento verticale giunto alla decima edizione che unisce una parte espositiva a una componente formativa. I visitatori dispongono di un’area espositiva con i leader di settore; numerosi convegni, workshop, corsi; coffee-break e buffet offerti dagli sponsor; atti dei convegni scaricabili in PDF; attestati di presenza e crediti formativi. mcT Petrolchimico Milano si svolge in concomitanza con mcT Safety, Security, Anti-Fire, mcT Cyber Security, mcT ATEX.
www.eiomfiere.it/mctpetrolchimico_milano
SICON
BRESCIA, DAL 12 AL 14 FEBBRAIO 2019
Il workshop SiCon, Esperienze negli interventi di risanamento, ci attende in questa edizione presso la Facoltà di Ingegneria dell’Università di Brescia dove verranno analizzati e condivisi casi di studio e interventi a scala reale di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati, con particolare approfondimento degli aspetti procedurali e tecnico-operativi, favorendo altresì il confronto tra Accademia, Enti ed Istituzioni, Associazioni di categoria e comparto Industriale e dei Servizi. Sono inoltre previsti, in un’area dedicata, spazi espositivi a disposizione delle aziende del settore.
www.csisa.it/sicon2019.html
OMC
RAVENNA, DAL 27 AL 29 MARZO 2019
L’Offshore Mediterranean Conference & Exhibition è l’evento biennale che riunisce le maggiori oil company europee, del Nord Africa e del Medio Oriente a Ravenna. Sarà possibile partecipare a numerosi workshop di approfondimento e aggiornamenti professionali con esperti del settore. L’amministratore delegato di Eni Claudio Descalzi e il ministro del petrolio egiziano Tarek El Molla saranno fra gli ospiti di maggior rilievo della XIV edizione, che si profila di assoluto livello sia per la tematica scelta “Expanding the Mediterranean Energy Sector – Fuelling Regional Growth”, sia per la qualità dei papers.
www.omc2019.it
MECSPE
PARMA, DAL 28 AL 30 MARZO 2019
Mecpse è la fiera di riferimento per l’industria manifatturiera. Suddivisa in 12 Saloni tematici che offrono al visitatore una panoramica completa su materiali, macchine e tecnologie innovative e alle iniziative uniche come Fabbrica Digitale 4.0, la manifestazione rappresenta la via italiana per l’industria 4.0. L’edizione 2019 rafforzerà ulteriormente il posizionamento di MECSPE come fiera internazionale delle tecnologie per l’innovazione, focalizzando l’attenzione su quegli ambiti applicativi che rappresentano le sfide che il comparto manifatturiero dovrà affrontare nel prossimo futuro.
www.mecspe.com
BAUMA
MONACO DI BAVIERA, DALL’8 AL 14 APRILE 2019
Si aprirà l’8 aprile a Monaco il Salone Internazionale di Macchine per l’Edilizia, Materiali da Costruzione e Industria Estrattiva con interessanti innovazioni legate agli azionamenti e ai motori verdi per le macchine per l’edilizia. Alla scorsa edizione nel 2016 sono stati registrati numeri da record: 605.000 metri quadrati di esposizione, 3.425 espositori e 583.736 visitatori da oltre 200 Paesi. Tutti i settori industriali, tutti i principali produttori, tutte le maggiori innovazioni saranno in mostra al Bauma, fiera leader nel Mondo e piattaforma d’eccellenza per gli esperti che si occupano di macchine per la costruzione e per la lavorazione dei materiali edili, macchine movimento terra e attrezzature dedicate al settore minerario.
www.bauma.de
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APPUNTAMENTI
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Anno 11 - Numero 45 – Dicembre 2018 ISSN 2421-2938
Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin Collaboratori: Rosa Bertuzzi, Massimo Carassai, Maria Beatrice Celino, Giorgia Compagni, Emilio Guidetti, Dario Panetta, Isabella Pecorini, Elena Rossi, Cinzia Silvestri, Laura Veneri.
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solo 40€ per 1 anno e 75€ per 2 anni
Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (CESI spa) Laura D’Aprile (MATTM, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Città Metropolitana di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Mariachiara Zanetti (Politecnico di Torino)
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