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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 4 n. 13 DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone, 127 - 10095 Grugliasco (TO)

gennaio - febbraio 2011 anno iv numero 13

EXPO 2015 E RICONVERSIONi: un’occasione da non perdere per guardare a un futuro sostenibile

TESTO UNICO AMBIENTALE LUCI ED OMBRE SUI CAMBIAMENTI del NUOVO DECRETO CORRETTIVO MACCHINE MOVIMENTO TERRA report sulle soluzioni per contenere le emissioni inquinanti SITI DI INTERESSE NAZIONALE L’ITER DELLE OPERAZIONI DI BONIFICA DELLA DISCARICA DI PARITI

gennaio - febbraio 2011


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Sacchetti addio, ma non mancano le polemiche

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uecento anni questa è la data di scadenza di una busta di plastica di un supermercato, forse l’unica data che non abbiamo mai trovato scritta sui prodotti che acquistiamo andando a fare la spesa… Nella sola Europa il National Geographic stima che ogni anno vengono dispersi nell’ambiente 100 miliardi di sacchetti e buste di plastica che richiedono oltre due secoli per biodegradarsi. Il problema dell’inquinamento dei terreni e soprattutto dei mari per colpa dei tanto comodi sacchetti di plastica è noto ormai da decenni ma, sotto questo punto di vista ci sono delle buone notizie: dal primo di gennaio è infatti entrato in vigore il decreto milleproroghe che bandisce definitivamente il commercio e la distribuzione delle borse in plastica. Mentre i grossi centri sono in attesa di finire le loro scorte fornendo gratuitamente le buste ai clienti, sono pronte diverse alternative, dal nuovo sacchetto biodegradabile, che la grande distribuzione impiega già da tempo, alle alternative borse in stoffa o tela, riutilizzabili infinite volte. Ma non è tutto oro quello che luccica: rimangono infatti numerosi punti oscuri che lasciano in una condizione di forte indecisione i consumatori e gli esercizi commerciali. Il problema principale è che non esistono norme tecniche che specifichino cosa sia biodegradabile e cosa non lo sia, inoltre non è chiaro se vi sia la possibilità di adoperare o meno sacchetti di importazione, così come non sono specificate le sanzioni previste in caso di inadempienza. In questi giorni nel mirino dell’Antitrust sono finiti dei falsi eco-shopper pubblicizzati ingannevolmente come bio ma che di fatto erano solamente sacchetti di plastica tradizionali che, con l’aggiunta di un additivo, venivano presentati come biodegradabili. Se da una parte gli ambientalisti sono entusiasti di questa rivoluzione per la riduzione dei rifiuti nell’ambiente, dall’altra le associazioni del settore plastico denunciano importanti perdite di posti di lavoro per un settore che sta già soffrendo e che occupa oltre 4000 addetti. Indipendentemente dai punti di vista non si può che essere a favore di tale iniziativa di legge ed auspicare, nel breve termine, dei provvedimenti a sostegno del settore industriale con piani appositi di ristrutturazione della produzione. Dal punto di vista del consumatore infine, le polemiche non mancano perché i nuovi eco-shopper sarebbero meno resistenti e più cari di quelli tradizionali ma, d'altronde, ognuno di noi dovrebbe essere disposto a fare qualche sacrificio se il bene ultimo è la salvaguardia dell’ambiente.

Massimo Viarenghi

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gennaio/febbraio 2011

ECO bonifiche rifiuti demolizioni

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RUBRICHE

34 L’APPLICAZIONE DELL’ANALISI DI RISCHIO PER VALUTARE I DIVERSI SCENARI DI RIQUALIFICAZIONE DI UN’AREA BALNEARE SULLA COSTA TRIESTINA

ecoNews Vetrina ecoappuntamenti Libri

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STORIA DI COPERTINA Una nuova vision per la riqualificazione in attesa di expo 2015 di Massimo Viarenghi

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ATTUALITÀ

57 LA RISPOSTA INNOVATIVA CHE ARRIVA DAL BELGIO PER RISOLVERE I PROBLEMI LEGATI ALLA GESTIONE DEI SEDIMENTI FLUVIALI DELLA VALLONIA

71 IL RECUPERO architettonico e paesaggistico DELLA DISCARICA DI sassari alla luce delle esperienze di Barcellona, Tel Aviv e Sapporo

La gestione dei rifiuti: ecco cosa (non) cambia nel nostro Paese di Naide Della Pelle

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Una nuova prospettiva per promuovere la gestione sostenibile dei sedimenti di Andrea Barbanti

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Un approccio sostenibile, innovativo e... divertente al problema dei rifiuti di Maeva Brunero Bronzin

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Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento di M.R. Boni, C. Collivignarelli e F.G.A. Vagliasindi

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In arrivo a marzo l’evento internazionale dedicato al movimento terra di Maria Beatrice Celino

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THE BIG EYE Termovalorizzatori: dallo smaltimento rifiuti all’arredo urbano di Chiara De Marzi

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REPORT Macchine movimento terra: sulla strada dell’Eco di Costantino Radis

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SPECIALE

80 tutto ciò che prevede La normativa Europea per le modalità di gestione e smaltimento dei rifiuti prodotti dalle navi

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Anno 4 - Numero 13

possibilità di riqualificazione di un’importante area balneare di muggia di Paolo Bevilacqua e Laura D’Aprile

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PANORAMA AZIENDE Il Made in Italy di qualità di Maria Beatrice Celino

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Anno 4 - Numero 13 Gennaio - Febbraio 2011 Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore editoriale: Tina Corleto Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin

tested Ecco perché Rachel è una valida alternativa ai software ADR in commercio di Pamela A.C. Marescalco e Maria Chiara Zanetti

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WORK IN PROGRESS Bonifica della ex discarica Pariti 1-Liquami: risultati e aspetti operativi di C. Mariotti, M. Faieta, M. Croce e S. Acampora

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Biotecnologie applicate per la bonifica di MTBE in falda 48 di Patrizia Pretto e Roberto Ricci Tecniche innovative di decommissioning a Porto Torres di Stefano Chiavalon

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Processi meccanici ad hoc per il trattamento dei RAEE di Franco Ferrero

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L’esperienza del Belgio nel trattamento dei sedimenti contaminati di Davide Mosca

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Comitato Scientifico: Daniele Cazzuffi (Cesi spa – Remtech) Laura D'Aprile (ISPRA, Roma) Luciano De Propris (Ministero dell’ambiente) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Roma) Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino) Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7802164 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it Grafica, disegni e impaginazione: PeVmedia - C.so Francia, 128 - 10143 Torino

PROGETTI E TECNOLOGIE Applicazione dell’analisi di rischio ad una discarica per rifiuti speciali di Valerio Zolla e Antonio Di Molfetta

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Analisi del ciclo di fine vita dei veicoli del comparto bolognese di Cesare Saccani e Veronica Pacini

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Flusso di idrocarburi tra previsioni modellistiche e dati di campo di S. Puricelli, S. Saponaro e E. Sezenna

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Il recupero architettonico e paesaggistico della discarica di Scala Erre di Anna Artuso e Elena Cossu

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NORMATIVA La nuova disciplina dell’AIA alla luce delle modifiche del Testo Unico Ambientale di Ivana Brancaleone

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I rifiuti prodotti dalle navi: modalità di gestione e smaltimento di Rosa Bertuzzi

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Igiene e sicurezza sul lavoro negli impianti di trattamento dei RAEE di Emma Incocciati e Annalisa Guercio

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Abbonamenti: Italia annuo € 40,00 - estero annuo € 70,00 copia singola € 7,50 - arretrati € 10,00 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it Stampa: Tipografica Derthona - s.s. per Genova, 3/I - 15057 Tortona (AL) Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. La responsabilità di quanto espresso negli articoli firmati rimane esclusivamente agli Autori. Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione:

DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone 127 10095 Grugliasco (TO) Tel. 011 7802164 Fax 011 4047946 e-mail: info@deaedizioni.it www.deaedizioni.it

Organo Ufficiale dell'Associazione Studi Ambientali

ASSOCIAZIONe STUDI AMBIENTALI è Camigliano il comune più eco-sostenibile

Collaboratori: Salvatore Acampora, Anna Artuso, Andrea Barbanti, Rosa Bertuzzi, Paolo Bevilacqua, Maria Rosaria Boni, Ivana Brancaleone, Maria Beatrice Celino, Stefano Chiavalon, Carlo Collivignarelli, Elena Cossu, Maurizio Croce, Laura D’Aprile, Chiara De Marzi, Naide Della Pelle, Antonio Di Molfetta, Micaela Faieta, Franco Ferrero, Annalisa Guercio, Emma Incocciati, Pamela Alessia Chiara Marescalco, Claudio Mariotti, Anna Montefinese, Davide Mosca, Veronica Pacini, Patrizia Pretto, Sara Puricelli, Costantino Radis, Roberto Ricci, Cesare Saccani, Sabrina Saponaro, Elena Sezenna, Federico G.A. Vagliasindi, Maria Chiara Zanetti, Valerio Zolla

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L’abbonamento è deducibile al 100%. Per la deducibilità del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento a norma D.P.R. 22/12/86 n. 917 artt. 50 e 75. Conservare il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile. Non si rilasciano in ogni caso altre quietanze o fatture per i versamenti in c.c.p. Pubblicazione bimestrale Poste Italiane Spa – Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – registrata presso il Tribunale di Torino il 19 ottobre 2009 al n. 56. Ai sensi del D.Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da DEA edizioni s.a.s. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.


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DISASTRO AMBIENTALE A PORTO TORRES: UNA MAREA NERA MADE IN ITALY Se il 2010 si era chiuso con il disastro del Golfo del Messico, questo nuovo anno si apre con una pagina altrettanto buia per le condizioni dell’ambiente marino. Nei giorni scorsi sono stati eseguiti gli interventi di bonifica del catrame arrivato sulle spiagge di Ezzi Mannu e Stintino dopo il tragico incidente dell'11 ottobre, quando, durante le operazioni di scarico nella centrale E.On di Fiume Santo, oltre 10mila litri di olio combustibile sono stati riversati a largo di Porto Torres, nel nord della Sardegna, dalla nave petroliera Esmeralda. L’area interessata (da Porto Torres ai confini del Comune di Castelsardo) è stata immediatamente chiusa ai non addetti ai lavori per evitare alla popolazione il contatto con il materiale altamente inquinante e cancerogeno, che ha già decimato tanto i gabbiani quanto la fauna ittica delle zone colpite. L’intervento del nucleo anti-inquinamento e degli esperti in bonifiche non è riuscito, infatti, a contrastare lo sversamento, determinato, come affermato da un comunicato dell’azienda interessata, da un “imprevedibile guasto meccanico nella linea di drenaggio del collettore manichette posizionato all’interno della banchina”. L'Amministrazione comunale ha dato avvio alle operazioni di bonifica impiegando una nutrita squadra di barracelli e operai comunali, a cui si sono aggiunte le due squadre della società Verde Vita che, per conto della multinazionale E.On - proprietaria della termocentrale in cui si è verificato l'incidente hanno ripreso le operazioni di pulizia: la prima squadra è partita dal porto Minori in direzione della torre delle Saline, la seconda sta invece concentrando i lavori nella zona di Ezzi Mannu. “Speriamo di scongiurare il danno ambientale e di far rientrare entro breve tempo l'emergenza” ha affermato il sindaco di Stintino, preoccupato tanto dei danni ambientali quanto di quelli relativi all’immagine del luogo: “I Comuni spendono tanto per valorizzare e promuovere il territorio in Italia e all'estero, e poi tutto il lavoro viene inficiato da un incidente come questo”.

IL TAR STABILISCE IL DIRITTO DI ACCESSO ALLE INFORMAZIONI AMBIENTALI IN MATERIA DI BONIFICHE nei SIN

In questi giorni il Tar della Regione Lazio si è cimentato in una spinosa questione relativa alle richieste avanzate da una società operante nel settore della produzione di cemento, calcestruzzo e prodotti affini, all’interno del Sito di interesse nazionale (SIN) di Priolo. La società aveva richiesto la visione e l'estrazione di una serie di atti inerenti gli "Interventi di riqualificazione ambientale funzionali alla reindustrializzazione e infrastrutturazione delle aree comprese nel Sito di Interesse Nazionale di Priolo", senza però ottenere alcuna risposta da parte del Ministero. In seguito a tali circostanze il Tar ha stabilito, in linea di principio, che la società titolare di un impianto collocato all'interno di un Sito

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Anno 4 - Numero 13

di interesse nazionale e soggetta ad obbligo di bonifica ha il diritto di accedere alla documentazione attinente a problematiche di carattere ambientale. In capo alla società sussiste infatti il diritto di accesso alla documentazione amministrativa costituito dalla titolarità di un interesse qualificato, diretto, attuale e concreto alla conoscenza della richiesta documentazione, in funzione della tutela della propria posizione soggettiva. La società in questione è proprietaria di aree collocate nel SIN di Priolo, interessato dagli interventi di bonifica, conseguenti alla sua contaminazione, ed è quindi direttamente coinvolta nel procedimento di bonifica e di ripristino ambientale del sito, perché ritenuta responsabile e obbligata a tali operazioni. A prescindere dalla titolarità di uno specifico interesse in capo all'istante, sussiste comunque, nel caso in questione, la titolarità al diritto di accesso alle informazioni ambientali prevista dal D.Lgs. 195/2005 (di attuazione della direttiva comunitaria 2003/4/ Ce) che garantisce il diritto d'accesso all'informazione ambientale e stabilisce i termini, le condizioni fondamentali e le modalità per il suo esercizio. Secondo il disposto, l'autorità pubblica ha l'obbligo di rendere disponibile l'informazione ambientale detenuta a chiunque ne faccia richiesta, senza che debba dichiarare il proprio interesse. L'informazione ambientale riguarda qualsiasi informazione circa lo stato dell'ambiente (aria, suolo, territorio, siti naturali, ecc.), nonché i fattori (sostanze, energia, rumore, radiazioni, emissioni, ecc.) che possono incidere sull'ambiente stesso.

A PADOVA IL SALONE INTERNAZIONALE DELLE TECNOLOGIE PER L’ACQUA Torna dal 30 marzo al 4 aprile 2011 a PadovaFiere Hydrica, il Salone Internazionale delle tecnologie per l’acqua, un appuntamento che si presenta particolarmente ricco nei contenuti, grazie anche alla collaborazione di un Comitato Organizzativo d’eccellenza che vede in prima fila Federutility e coordinato dall'Istituto di Ricerca sulle Acque I.R.S.A., dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, e dal Dipartimento di Processi Chimici dell'Ingegneria dell'Università di Padova. E’ ben noto che la disponibilità di risorse idriche in molti Paesi sia già a livelli di criticità e che gli scenari futuri prevedono un peggioramento della situazione, ma negli ultimi anni una maggiore sensibilità ambientale ha favorito legislazioni con limiti agli scarichi sempre più severi e ha consentito l’investimento di cospicue risorse economiche in opere di disinquinamento con il risultato di avere, in molti casi, acqua depurata di buona qualità. Significativi progressi sono stati ottenuti


nel riuso delle acque in agricoltura, in un numero crescente di processi industriali, o nel loro riutilizzo indiretto a scopo potabile quale la ricarica delle acque di falda. Questi ed altri aspetti costituiranno gli argomenti dei dibattiti che si svolgeranno nelle Sessioni Congressuali, dove ampio spazio sarà riservato anche alla problematica relativa alla pianificazione dell’approvvigionamento, che necessita sempre più il coinvolgimento di amministratori con competenze di tipo gestionale. Particolare attenzione sarà dedicata al problema della tutela delle risorse idriche e alle seguenti questioni: se il livello di trattamento depurativo dell’acqua di scarico è adeguato alle esigenze qualitative dei possibili utilizzatori e come fronteggiare la variabilità della domanda. Tra le iniziative congressuali promosse da Hydrica 2011 segnaliamo: l’evoluzione del ruolo dei servizi pubblici nella moderna società; il recupero e riutilizzo delle acque reflue; la qualità dell’acqua potabile e salute pubblica; il funzionamento dei sistemi di misurazione e fatturazione delle acque; gli incentivi per la produzione delle energie rinnovabili termiche.

SMALTIMENTO DELLE SLOT MACHINE: DAL 2011 NUOVE RESPONSABILITà PER I PRODUTTORI DI RAEE

Se fino all’anno scorso i produttori di RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) avevano la possibilità di rivolgersi a consorzi specializzati per lo smaltimento di questa tipologia di rifiuti, dal 1° gennaio del 2011, in seguito alla nuova normativa prevista dal comma 4, art. 20, del D.Lgs. 151/2005, essi dovranno assumersi la responsabilità finanziaria della loro raccolta e gestione. Questi aspetti diventano dunque oneri precisi dei produttori, che dovranno garantire la capacità di sostenere le spese relative allo smaltimento dei vecchi macchinari. La normativa interessa da vicino anche i produttori di apparecchi da intrattenimento, costituiti in principal modo dalle slot machine, la cui rottamazione non prospetta certo uno scenario incoraggiante: nel 2010 i gestori hanno infatti incontrato molte difficoltà nello smaltimento di questi rifiuti e la situazione è destinata a peggiorare se si pensa alla prossima entrata in commercio delle Videolotteries (VLT). Queste nuove slot porteranno alla necessità di “rottamare” oltre 300mila tonnellate di apparecchi, uno smaltimento da oggi completamente a carico dei costruttori, i quali, per affrontare le ingenti spese, pensano già alla possibilità di creare un apposito soggetto a cui delegare lo smaltimento ad hoc dei RAEE.

BANDO PER LA RIMOZIONE DELL’AMIANTO: L’EMILIA -ROMAGNA STANZIA INGENTI FINANZIAMENTI

Nove milioni di euro è la cifra stanziata dalla Regione Emilia-Romagna per un bando, rivolto alle piccole e medie imprese locali, finalizzato alla realizzazione di interventi di rimozione dell’amianto e all’installazione di pannelli fotovoltaici. L’iniziativa punta a coniugare la qualificazione energetica con quella ambientale, inserendo il bando all’interno di un

più ampio programma di azioni e politiche volte alla sostenibilità ambientale. I finanziamenti (che non potranno superare i 150mila euro per singolo progetto) sono indirizzati alla rimozione e smaltimento di manufatti che contengono cemento-amianto, ma prevedono anche la possibilità di portare avanti interventi di coibentazione degli edifici climatizzati. È inoltre previsto che gli impianti fotovoltaici vengano realizzati esclusivamente sui tetti, in modo da impedire l’utilizzo di suolo per la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il Bando, come ha affermato l’Assessore alle attività produttive Gian Carlo Muzzarelli, mira tanto ha promuovere il rilancio della crescita sostenibile, quanto a supportare la riqualificazione delle imprese emiliano-romagnole, orientandole nella scelta di soluzioni energetiche ed ambientali sempre più efficienti.

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s to r i a di co p e rt i n a

UNA NUOVA VISION PER LA RIQUALIFICAZIONE IN ATTESA DI EXPO 2015 Il connubio tra sostenibilità, riqualificazione e bonifiche ambientali è il principale obiettivo dell’associazione Bonifichexpo2015 che propone un nuovo modo di reinventare le aree urbane lombarde di Massimo Viarenghi

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onifichexpo2015, è un’associazione senza fini di lucro presieduta dal Dott. Gianpietro Borghini e composta da ben 17 imprese che, guardando all’evento internazionale che si terrà a Milano tra quattro anni, pensa a progetti mirati come alberghi low-cost, residenze per anziani e poli di eccellenza con cui riqualificare aree dismesse del milanese e non solo. L’Expo 2015, Esposizione Universale di natura non commerciale, sarà dedicato ai grandi problemi dello sviluppo sostenibile, come indicato dal titolo scelto per questa nuova edizione: "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita". Expo rappresenta uno straordinario evento che darà visibilità alla tradizione, alla creatività e all’innovazione nel settore dell’alimentazione, raccogliendo tematiche già sviluppate dalle precedenti edizioni e riproponendole alla luce dei nuovi scenari globali, al centro dei quali si pone sicuramente il tema del diritto ad una alimentazione sana, sicura e sufficiente per tutto il pianeta. Saranno protagonisti della manifestazione anche i settori della scienza e della tecnologia, all’interno dei quali verranno proposti progetti volti a: • preservare la bio-diversità, rispettare l’ambiente in quanto eco-sistema dell’agricoltura, tutelare la qualità e la sicurezza del

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cibo, educare alla nutrizione per la salute e il benessere della persona; • individuare strumenti migliori di controllo e di innovazione, a partire dalle biotecnologie che non rappresentano una minaccia per l’ambiente e la salute, per garantire la disponibilità di cibo nutriente e sano e di acqua potabile e per l’irrigazione; • assicurare nuove fonti alimentari nelle aree del mondo dove l’agricoltura non è sviluppata o è minacciata dalla desertificazione dei terreni e delle foreste, dalle siccità e dalle carestie, dall’impoverimento ittico dei fiumi e dei mari. All’interno di questo quadro l’Associazione Bonifichexpo2015 si prefigge di operare sulla base di un preciso criterio di sostenibilità e di gestione integrata dell’ambiente urbano, proponendosi di

portare avanti una stretta collaborazione con gli enti pubblici coinvolti nei progetti. Ministero dell’Ambiente, dell’Istruzione, del Turismo e Regioni, Provincie e Comuni di Lombardia, Piemonte e Veneto rappresentano, infatti, gli interlocutori privilegiati. Per comprendere meglio le finalità e i progetti dell’Associazione abbiamo intervistato il Dott. Gianpietro Borghini e l’Ing. Vittorio Addis, rispettivamente Presidente e Vicepresidente di Bonifichexpo2015.


Giampietro Borghini Presidente Bonifichexpo2015

Vittorio Addis Vicepresidente Bonifichexpo2015

Presidente, da quali idee e con quali finalità nasce l’Associazione Bonifichexpo2015? Il gruppo di persone che compone Bonifichexpo2015 è nato qualche anno prima dell’associazione, esattamente nel 2007 quando, per precisa volontà dell’Università Bocconi di Milano, venne creato l’osservatorio sulle bonifiche, un team che porta avanti un’attività di ricerca economica sul legame esistente tra il settore bonifiche e riqualificazione del territorio, il quadro normativo relativo a tale ambito e le molteplici possibilità di azione, ovvero di mercato, che questo settore metteva a disposizione. All’interno dell’osservatorio trovano posto operatori della dinamica media impresa italiana, che operano a molteplici livelli e che hanno già acquisito una grande esperienza nel settore delle bonifiche e della riqualificazione urbana. All’interno del progetto di ricerca l’aspetto normativo riveste ovviamente un’importanza decisiva, tanto che gli obiettivi principali dell’osservatorio consistono proprio nell’analizzare le modalità con cui il mercato delle bonifiche è regolamentato e nel valutare se le norme vigenti in materia di bonifiche e riqualificazione siano realmente coerenti con i bisogni del settore. L’interesse della Bocconi è dettato in primo luogo da aspetti di tipo economico, e tra gli scopi del progetto c’è quello di valutare quale sarebbe l’impatto sul PIL del settore bonifiche nel caso in cui questo realmente funzionasse con vincoli normativi che garantiscano la collettività senza essere di ostacolo allo sviluppo economico. L’elemento di massima novità è rappresentato dal fatto che, mettendo in gioco operatori diversi, lo studio punta a dare rilievo a tutti gli aspetti multidisciplinari in cui si articola questo mercato e alle diverse modalità con cui le norme cogenti ne influenzano lo sviluppo e ne determinano le prospettive. Ed è a questo punto che nasce l’Associazione? Esattamente. L’osservatorio costituisce la premessa che ha determinato la nascita di Bonifichexpo2015, un variegato polo di aggregazione che oggi, sulla base delle esperienze e dei contatti acquisiti negli anni precedenti, comprende società di servizi specializzate in progettazione, costruzione e demolizione civile e industriale, imprese attive nel settore delle tecnologie e dei servizi integrati per l’ambiente, nel compar-

Spesso però anche i progetti migliori trovano nella normativa sbarramenti ed intoppi che ne rallentano il completamento o arrivano addirittura a bloccare gli investimenti. Bonifichexpo2015 pensa di avanzare delle proposte innovative sotto questo punto di vista? Le problematiche relative al quadro normativo costituiscono una questione fondamentale che Bonifichexpo2015 cercherà di affrontare proponendo interventi di interpretazione normativa che possano essere condotti operando in concerto con i diversi soggetti che compongono la filiera della riqualificazione, prime fra tutte le istituzioni oltreché il sistema finanziario. Quello a cui puntiamo è ottenere un quadro normativo rispondente alle esigenze effettive del mercato del decommissioning, che consenta di portare avanti il lavoro in tempi certi e nel pieno rispetto delle regole. Il problema maggiore che si deve affrontare quando si ha a che fare con opere di bonifica è soprattutto quello relativo ai tempi, ed è perciò necessario spingere affinché le normative esistenti diventino più adeguate alle necessità reali di chi decide di investire in queste aree, garantendo così sia un’ottimizzazione del lavoro, sia una sua attuazione in tempi ragionevoli. Per lavorare su un fronte comune Enti, imprese e sviluppatori devono condividere gli stessi obiettivi, rappresentati dalla sostenibilità economica, sociale ed ambientale di un processo di riqualificazione. La decisione di invitare i principali istituti finanziari italiani a diventare partner privilegiati dell’Associazione, ad esempio, muove proprio dalla volontà di lavorare insieme ai soggetti finanziatori, il cui appoggio è imprescindibile per la realizzazione di progetti che, come nel caso delle bonifiche, sono talvolta caratterizzati da un elevato tasso di incertezza. Nella Sua esperienza professionale di ingegnere Le è mai capitato di lavorare con Paesi stranieri il cui quadro normativo fosse realmente capace di rispondere alle esigenze degli operatori? Sì, mi è capitato di lavorare ad un progetto di valutazione ambientale con la Svizzera, un Paese non comunitario, dove mi sono trovato di fronte ad una situazione del tutto diversa rispetto a quella italiana. I funzionari svizzeri leggevano l’impianto normativo in termini molto rigorosi e vincolistici, senza la rigidità e l'incertezza che spesso caratterizzano la burocrazia italiana. Da entrambe le parti c’era il desiderio di lavorare insieme per concordare e condividere degli obiettivi che era interesse comune fossero raggiunti nel modo migliore e con il minor impiego

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s to r i a di co p e rt i n a

to edilizio e immobiliare, holding di soggetti finanziari e industriali focalizzati nel real estate, realtà specializzate nel campo dell’igiene ambientale e urbana compresa la realizzazione e gestione di impianti di stoccaggio, trattamento e smaltimento di rifiuti, bonifica e recupero di siti industriali dismessi e società realizzatrici di grandi opere e interventi a carattere turistico. L’idea di questa aggregazione nasce dalla volontà di mettere insieme imprese che hanno interesse a consolidare il proprio ruolo nel settore e che vedono nella coniugazione di innovazione, tecnologia e management del territorio una mossa vincente a livello economico e sociale: l’obiettivo che ci siamo proposti è infatti quello di suggerire e realizzare proposte congruenti con la riconversione sostenibile delle aree urbane, presentandoci, all’interno di questo scenario in continua trasformazione, come un centro pilota di sperimentazione in grado di individuare le potenzialità delle aree che necessitano di essere riutilizzate. La riqualificazione del territorio è una tematica fondamentale e sono centinaia in Italia le aree infrastrutturate, di grande interesse per la pubblica amministrazione, che necessitano di operazioni capaci di renderle idonee ad un nuovo utilizzo. Grazie ai molteplici apporti che un gruppo così variegato può fornire, Bonifichexpo2015 riesce a coniugare le competenze tecniche con quelle progettuali e gestionali, al fine di porre in atto interventi di riqualificazione sostenibile che mirano a risolvere problematiche inerenti al tessuto sociale ed economico del nostro Paese. Se negli ultimi decenni il mercato immobiliare ha subito importanti rallentamenti e modificazioni, sia la visione di un progetto di riquali-

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di tempo. In quell’occasione pubblico e privato hanno collaborato insieme per arrivare al miglior risultato possibile. Noi vorremmo sperimentare percorsi che vadano proprio in questa direzione, mettendo allo stesso tavolo tutti gli attori coinvolti: la parte degli operatori che apre e chiude la filiera bonifica-riqualificazione, la parte degli istituti di credito che sono il presupposto indispensabile per i progetti di riconversione, la parte scientifica, rappresentata in questo caso dall’Università Bocconi che valuta tutti gli aspetti anche in termini strettamente economici, ed infine la parte istituzionale, territoriale e legislativa costituita dalle Province e dalle Regioni. Ha parlato di interazione stretta tra pubblico e privato. Concretamente pensate di utilizzare anche fondi pubblici per la realizzazione di alcuni progetti? Sicuramente, anche se di fatto la possibilità di utilizzare tali fondi sarà strettamente connessa alla forza e alla qualità della nostra proposta. L’interesse nutrito dalle istituzioni governative per gli interventi di riqualificazione dovrebbe essere molto forte se si considera il grande problema costituito oggi dalle aree da recuperare in una Regione come, ad esempio, la Lombardia. Oggi quest’area conta circa 2.479 siti potenzialmente contaminati e 621 siti contaminati, di cui 7 di interesse nazionale (Polo chimico Pioltello-Rodano, Laghi di Mantova e Polo chimico, Broni, Brescia-Caffaro, Cerro al Lambro, Bovisa, Sesto San Giovanni) caratterizzati da particolari problematiche ambientali. Gli obiettivi che ci proponiamo sono quelli di portare avanti delle opere di riqualificazione di siti che rivestivano un’importanza socio-economica inimmaginabile fino a qualche anno fa, e che oggi richiedono di essere bonificati e recuperati in tempi ragionevoli. Recuperare un territorio già utilizzato in passato è una necessità imprescindibile e non può essere messa in secondo piano: ognuna di queste aree si porta dietro delle passività che si aggravano col passare del tempo e in una zona delicata come quella della pianura Padana, che ha vissuto un importante sviluppo industriale nel secolo scorso, è assolutamente indispensabile intervenire per recuperare il maggior numero di aree possibili. Il nostro obiettivo è quello di misurarci con i diversi enti, proponendo loro progetti concreti, che possano portare vantaggi tanto per la parte pubblica che per quella privata. Ma come intervenire sull’aspetto normativo? Come ho detto il passo principale è rappresentato dalla collaborazione e dal dialogo tra i vari soggetti e tra i responsabili dei diversi livelli della filiera di riqualificazione. Un altro progetto importante che stiamo portando avanti già dai tempi dell’osservatorio è la creazione di un’authority sulle bonifiche, un organismo super partes che si autofinanzi e che regoli anche il funzionamento degli enti di controllo sotto il profilo dei tempi. La creazione di un tale organo consentirebbe uno snellimento del sistema, garantendo sia la parte pubblica che quella privata sulla corretta attuazione delle procedure imposte dalle norme.


ficazione in un’area degradata e contaminata sia la costruzione di nuovi edifici su greenfields dovrà prendere in considerazione una serie di problemi ed aspetti, non solo economici ma anche di natura sociale, senza i quali sarebbe ormai impossibile dar vita a qualcosa di innovativo e realmente rispondente alle moderne esigenze. Il nostro gruppo di ricerca nasce Dott. Gianpietro Borghini, Presidente di proprio dalla volontà di capire Bonifichexpo2015 quali sono i bisogni del territorio, così da proporre idee che tengano conto di prospettive diverse e che siano competitive a livello nazionale e internazionale, operando secondo il principio di zero consumo di nuovo territorio. Il progetto degli alberghi low cost, ad esempio, riveste un’importanza decisiva nell’ottica dello sviluppo del mercato turistico italiano ed in particolare per quello legato all’esposizione mondiale del 2015: proponendo un’alternativa agli alberghi con prezzi elevati si può contare su una vasta clientela rappresentata dai giovani e dalle categorie medie, senza rinunciare però alla qualità. Il nome della vostra associazione definisce in modo chiaro l’ambito di intervento e soprattutto l’orizzonte temporale per la concretizzazione di queste iniziative… Certamente la nascita di questa iniziativa legata all’Expo 2015 non è assolutamente un caso. All’interno del motivo conduttore dell’evento è contenuto un concetto importante di sostenibilità e non è mai accaduto che un appuntamento di portata mondiale sia stato utilizzato per una riqualificazione urbana che abbia avuto ad oggetto le aree dismesse ed il processo di bonifica: questo rende Expo 2015 a Milano un’occasione speciale per arginare una situazione urbana ed ambientale oramai di emergenza conclamata. Se, come credo, queste iniziative avranno successo, l’orizzonte temporale potrà dilatarsi proponendo una nuova visione di riqualificazione non solo per le aree dell’Expo ma per tutte quelle del territorio nazionale.

Avete già delle idee e delle proposte concrete da sottoporre alla Regione? Per il momento stiamo ancora analizzando il territorio, ma a breve avremo sicuramente una vision concreta di quello che vorremo attuare. I riscontri al momento sono stati molto positivi e siamo profondamente soddisfatti di questo risultato. Ing. Vittorio Addis, Vicepresidente Noi intendiamo fornire collabodi Bonifichexpo2015 razione agli enti pubblici, senza mettere in discussione il nostro ruolo di operatori privati nell’ottica di una cooperazione reciproca finalizzata ad ottenere risultati condivisi. Che cosa vi aspettate dalla partecipazione ad Expo? Expo 2015 rappresenta un importante evento internazionale: noi riteniamo che il mondo imprenditoriale debba sentirsi parte attiva per fare in modo che il sistema Italia possa cogliere tutte le opportunità che questo evento ci fornisce. Per questo motivo abbiamo pensato che raggruppando medie imprese italiane con specifiche expertise si potesse creare un’associazione con dimensione sufficiente per attivare interventi di significativa rilevanza all’interno di Expo 2015. Speriamo di suscitare l’interesse puntando sul carattere innovativo dell’Associazione, la cui posizione è molto particolare: ci presentiamo, infatti, come un gruppo composito, una concertazione di soggetti diversi che vuole fornire un punto di riferimento organico e solido all’interno di un panorama caratterizzato da un grado elevato di frammentarietà. Siamo riusciti a mettere insieme un complesso di attori che comprendono l’intera filiera, dalla bonifica dell’area contaminata fino ad una sua riconversione congruente con le necessità del territorio. Per questo stiamo dialogando anche con istituti di credito, istituti di ricerca ed enti pubblici, così da garantire trasparenza, tempi certi e risultati che provengono da un confronto a più voci. La macchina è in movimento, Expo 2015 è vicino… speriamo di concretizzare il prima possibile quello che l’associazione sta promuovendo, che ad oggi è solo un programma ma che domani si concretizzerà con specifici progetti.

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La gestione dei rifiuti: ecco cosa (non) cambia nel nostro Paese Alla luce del nuovo decreto correttivo al TUA cerchiamo di comprendere cosa è cambiato nello scenario italiano del settore dei rifiuti di Naide Della Pelle*

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ul numero 8 di questa rivista, nell’intervista ad Andrea Quaranta, titolare dello studio di consulenza legale ambientale Natura Giuridica, il giurista ambientale, nel commentare una complessa e ben motivata sentenza in materia di rifiuti ed energia del TAR di Torino, metteva in risalto le numerose pecche della normativa ambientale – interpretata in modo sostenibile dal giudice amministrativo, nella sentenza oggetto del commento giuridico – confinata ad un ruolo marginale dalle infinite emergenze ambientali, dalla frammentarietà legislativa, dalla mancanza di coordinamento e da una (neanche tanto) malcelata predisposizione tutta italiana ad introdurre continuamente deroghe, proroghe, sanatorie. Questo il quadro desolante, nonostante da ormai quasi cinque anni sia entrato in vigore il c.d. “Testo Unico Ambientale”: un testo per niente unico (molti i settori esclusi), che finora ha già subito numerosi restyling, caratterizzati dal solito approccio settorial-emergenziale. Ultimo in ordine di tempo – dopo quello del giugno dello scorso anno (relativo alla valutazione d’impatto ambientale, all’autorizzazione integrata e alle emissioni in atmosfera) – il D.Lgs. 205 del 3 dicembre 2010, con il quale è stata recepita nel nostro ordinamento la direttiva 2008/98/

CE, in materia di gestione dei rifiuti. Ad un anno di distanza da quell’intervista, cerchiamo di capire cosa è cambiato nello scenario giuridico italiano del settore dei rifiuti. E soprattutto se è cambiato in meglio… Dott. Quaranta, il D.Lgs. 205/10, recepito una volta tanto entro i termini previsti, ha finalmente dato una sterzata alla politica ambientale in tema di gestione dei rifiuti nel nostro Paese? Se ci limitassimo ad una prima lettura superficiale – modalità troppo spesso praticata nel nostro Paese – la risposta non potrebbe che essere affermativa. Del resto sembra essere questo lo scopo principale del nostro legislatore: (vana)gloriarsi del raggiungimento di un traguardo. Non importa quale esso sia. Basta indicarne uno, e sbandierare il suo (presunto) raggiungimento ai quattro venti. Magari in periodi di profonda crisi istituzio-

nale, come quello attuale. Basta distogliere l’attenzione… Ci spieghi cos’è successo. Molto semplice: distogliere l’attenzione dai fatti, tanto da farli scomparire, e sostituirli con comunicati stampa “istituzionali” – che manipolano le notizie fino a stravolgerne il senso – è diventato uno sport molto praticato nel nostro Paese, in ogni settore del vivere quotidiano. La perenne emergenza rifiuti in Campania è lo specchio dell’incedere della nostra politica ambientale: la notizia non è come e perché si è arrivati a questa situazione, né tantomeno quali potrebbero essere gli strumenti per risolverla, evitando di continuare a tamponarla malamente. La notizia è che il “capo” di turno (del Governo, della protezione civile, …) ha promesso che “nel giro di tre giorni la situazione sarà risolta”.

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Fine delle trasmissioni. La realtà ridotta a vuote promesse da perenne campagna elettorale. Certo, se si prendono per buone le verità della televisione… Ma della riforma della normativa sui rifiuti in televisione non si è parlato. Solo qualche rapido accenno al fatto che da quest’anno sono stati messi al bando i sacchetti di plastica, per i quali, secondo la CNN, siamo famosi in tutto il mondo… In televisione non se ne parla perché non farebbe audience, e soprattutto perché parlarne spianerebbe la strada ad interrogativi scomodi, che è meglio sottacere. È molto più semplice, quindi, dare notizie flash, di corollario, e limitarsi a proclamare che il Governo ha raggiunto brillantemente il risultato, tanto atteso, di dare organicità alla normativa del settore. I fatti scompaiono, e rimane l’ilare sensazione che tutto vada bene. In linea con gli spot governativi che ci sentiamo propinare quotidianamente. Ci racconti, allora, quali sono le notizie... …innanzitutto una premessa: rispettare i termini posti dalla direttiva 2008/98/CE per il recepimento della stessa non deve essere considerata una notizia. E soprattutto non dev’essere spacciata per un risultato raggiunto. In un Paese normale, si tratta di un evento, appunto, normale. …e i fatti I fatti sono questi: il D.Lgs. 205/2010 – che non si è limitato a recepire la direttiva 2008/98/CE, ma è intervenuto a macchia di leopardo su altre parti del “Testo Unico Ambientale”, che nulla hanno a che vedere con la direttiva stessa (ad es. il SISTRI) – poteva essere l’occasione per riordinare effettivamente la raffazzonata normativa sulla gestione dei rifiuti, per renderla comprensibile, coordinata, sostenibile, operativa. E per cominciare a garantire all’ambiente quella tutela finora declamata, ma soffocata dai molteplici interessi economici in gioco. E una prima lettura superficiale potrebbe indurre a credere che questo risultato sia stato effettivamente, almeno sulla carta, raggiunto. Il cittadino che legge, infatti, non può che restare “ammaliato” dai paroloni che vengono spesso utilizzati nell’articolato normativo, in

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cui si parla di eco-bilanci, di promozione di strumenti economici, di sistemi di certificazione ambientale, di sistemi di qualità, di marchi ecologici, di efficienza, di sostenibilità e trasparenza. Di educazione ambientale… Di aria fritta, insomma, se a quelle parole non seguono i fatti: che nel nostro caso sono costituiti dai futuri(bili) decreti attuativi. Di pura forma, in definitiva: oltre che nella sostanza, come vedremo, il nostro disattento legislatore, come è già accaduto in altre occasioni (in materia di linee guida “rinnovabili”, solo per citarne una) è incappato in una sequela di errori di stampa, di numerazione, di note mancanti, di frasi sconnesse.

Dott. Andrea Quaranta, titolare dello studio di consulenza legale ambientale Natura Giuridica

Mi faccia capire: il D.Lgs. 205/2010 pone finalmente precisi limiti temporali per la raccolta differenziata; ha riaffermato una sostenibile gerarchia nella gestione dei rifiuti; ha introdotto il concetto di responsabilità estesa del produttore; ha modificato la nozione di sottoprodotto; ha… …l’elenco della novità potrebbe sicuramente continuare a lungo. Ma le novità non sono necessariamente positive, se non riescono a coniugare le esigenze di tutela dell’ambiente con quelle economiche degli operatori del settore, se sono incapaci di dare una sostenibile, autorevole e credibile prospettiva di crescita economico-ambientale-sociale al nostro Paese…

Al di là dell’approfondimento dei profili tecnico-giuridici – che saranno sicuramente oggetto di numerosi articoli, sui prossimi numeri della rivista, in cui verranno evidenziate le inefficienze della normativa, non solo in relazione alla tutela dell’ambiente, ma anche di quella della certezza del muoversi nel mondo giuridico da parte degli operatori del settore – è sufficiente sottolineare, rifacendomi all’elenco di “novità” da lei citato, che di per sé fissare limiti precisi temporali non ha alcun significato, se sprovvisto di credibili e applicabili sanzioni per gli amministratori inadempienti; che le sanzioni, in ogni caso, devono essere strettamente correlate ad un autorevole sistema di controlli, praticamente inesistente sul nostro territorio; che la gerarchia dei rifiuti rimane lettera morta se le numerose deroghe previste sono in grado di stravolgerla; che la responsabilità estesa del produttore, introdotta per “rafforzare la prevenzione e facilitare l’utilizzo efficiente delle risorse durante l’intero ciclo di vita, comprese le fasi di riutilizzo, riciclaggio e recupero dei rifiuti, evitando di compromettere la libera circolazione delle merci sul mercato”, corre il rischio di rimanere l’ennesima grida manzoniana, visto che la sua attuazione pratica è demandata a futuri decreti attuativi, che il Ministero dell’Ambiente potrà adottare; che la modifica della nozione di sottoprodotto (che pure è fondamentale per una sostenibile gestione di quelli che, in senso a-tecnico, per capirci, chiamo in questa sede “scarti di lavorazione”) compie un passo indietro, rispetto alla sofferta, e certo perfettibile, definizione elaborata solo due anni fa, perché se da un lato diminuisce le condizioni necessarie per la sua “configurabilità”, dall’altro non precisa concetti fondamentali come quello di “normale pratica industriale” e di “ulteriore trattamento”, che lasciano in ogni caso gli operatori del settore in uno stato di incertezza…. Cosa mi dice, invece, del riparto di competenze, in un periodo in cui non si fa che parlare di federalismo? Che, come al solito, ci troviamo di fronte a parole svuotate di significato. Il proliferare dei decreti ministeriali (alcuni, peraltro, facoltativi…) non fa che conferma-


re una visione centralistica della governance ambientale, sia pure smorzata dalle previsioni di coinvolgimento formale della Conferenza Unificata… Mi pare di capire che questi decreti ministeriali costituiscano una sorta di comoda scappatoia per rinviare la soluzione dei problemi… È proprio così. Il messaggio che passa è che la disciplina è stata cambiata. In meglio, ovviamente. Il risultato pratico, invece, è che, spesso, non è cambiato nulla, perché in mancanza di quei decreti attuativi, tutto rimane di fatto invariato. Ma tant’è: se ci limitiamo alle enunciazioni di principio… Soluzioni di principio come quella enunciata nel nuovo art. 179, laddove si parla di opzione ambientale che garantisca il miglior risultato complessivo… Ecco cosa si nasconde sotto la bella apparenza di una prima lettura. Parlare di opzione ambientale che consente di raggiungere il miglior risultato complessivo (per l’ambiente, la salute umana, l’economia), rimanda ad un criterio di buon senso pratico. Peccato, però, che le opzioni che garantiscono il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente siano demandati ai soliti decreti ministeriali, che potranno, se del caso, individuarle per singoli flussi di rifiuti. Il risultato pratico di questa operazione consiste nell’aprire indiscriminatamente la strada ad ulteriori scelte gestionali

in deroga alla gerarchia dei rifiuti: facile, visto che mancano regole sulla ponderazione da dare ai criteri con cui si devono valutare, con una “specifica analisi”, gli “impatti complessivi della produzione e della gestione dei rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse”. Facile, in un Paese che ha scelto l’emergenza come passepartout per prendere decisioni su misura, con grave discapito non solo della tutela dell’ambiente, ma anche della struttura del mercato e della concorrenza: un mercato in cui prevale non chi offre un servizio efficiente, efficace e sostenibile ma chi, grazie alle deroghe su misura, riesce a sfruttare le maglie dell’ordinamento.

Quali sono, in conclusione, le strade da percorrere per non continuare a rimanere un Paese che sempre più spesso viene definito immobile? Basterebbe una politica autorevole. Lungimirante. La scoordinata frammentarietà della disciplina, lasciata irrisolta anche da questa ennesima modifica, fa sì che la gestione integrata dei rifiuti continui ad essere… tramandata al futuro legislatore. In questa situazione la tutela dell’ambiente, della salute dell’uomo, del mercato, della coesione sociale, viene sempre più spesso “delegata” alla decretazione d’urgenza – inidonea, in quanto tale, a risolvere il problema alla radice – o “affidata” al buon senso del giudice di turno – impossibilitato, in quanto tale, a dettare regole valide per tutti. L’unica azione credibile, dopo anni di velleitarie politiche settoriali, consiste in interventi coordinati e razionali, strutturali e strutturati, sia in campo giuridico che in campo economico: una politica dell’ambiente integrata e di ampio respiro, dinamica, che sia al tempo stesso incentivante e dissuasiva, adeguata e, soprattutto, effettivamente operativa, capace di dare, finalmente, una seria e concreta risposta all’esigenza di tutela, troppo a lungo disattesa. Una politica all’insegna delle molteplici sostenibilità: ambientale, economica, finanziaria, sociale, fiscale, culturale, … *Giornalista pubblicista

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UNA NUOVA PROSPETTIVA per promuovere LA GESTIONE sostenibile DEI SEDIMENTI L’INTENSA ATTIVITà DEL NETWORK SEDNET PER LA DIFFUSIONE DI CONOSCENZE E LA SENSIBILIZZAZIONE DEI SOGGETTI INTERESSATI RACCHIUSA NEL PROSSIMO CONVEGNO INTERNAZIONALE DI VENEZIA di Andrea Barbanti*

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n un contesto normativo nazionale ed europeo tuttora vario, frammentato e parzialmente indefinito, il tema dei sedimenti rappresenta una questione importante, a volte fondamentale, nel quadro della corretta gestione dei fiumi, delle lagune e delle aree marino-costiere. I sedimenti devono essere gestiti nel momento in cui costituiscono un problema per l’ambiente a causa del loro livello di contaminazione, e/o quando si pone la necessità di una loro rimozione per consentire la navigazione o la realizzazione di opere marittime e di difesa. Secondo una stima approssimativa, si valuta che ogni anno il mantenimento dei porti europei richieda il dragaggio e la gestione di 200 milioni di metri cubi di sedimento, più o meno contaminato.

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Gestire i sedimenti significa essere in grado di affrontare tutte le fasi di un complicato processo di analisi e progettazione, che comprende la valutazione dello stato di contaminazione e del rischio sanitario ed ambientale associato, l’individuazione delle modalità di intervento in situ o ex situ, la definizione delle modalità di dragaggio e movimentazione, l’eventuale applicazione di tecniche di trattamento, la definizione delle modalità di riuso o smaltimento finale. Oggi risulta sempre più necessaria l’adozione di approcci e soluzioni sostenibili che si prefiggano come traguardo il migliore equilibrio fra valori ambientali e socio-economici, e che conside-

rino, ovunque possibile, il sedimento come “risorsa” e non come “rifiuto”: solo in questo modo, infatti, si potranno realizzare progetti integrati che favoriscano il riuso dei materiali movimentati e la valorizzazione territoriale delle aree in cui sono stati attuati gli interventi. Il tema dei “trattamenti” rappresenta, quindi, sempre di più, un tema centrale ed un ingrediente fondamentale per soluzioni integrate e sostenibili. Il dibattito internazionale su questi argomenti è da anni molto intenso ed è promosso soprattutto dai Paesi del Nord Europa, Olanda, Belgio e Germania in primis.


In questo contesto, nel 2002, attraverso un progetto triennale finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del 5° Programma Quadro, si è avviato il Network SedNet, che ha coinvolto decine di scienziati, tecnici, amministratori e portatori di interesse di tutti i Paesi europei. La missione di SedNet è sostanzialmente quella di promuovere la diffusione delle conoscenze tecnico-scientifiche per una corretta gestione dei sedimenti a scala di bacino ed in ambito marino costiero, e di sensibilizzare i decisori sulla problematica dei sedimenti in tutti i suoi aspetti (per maggiori informazioni: www.sednet.org). I risultati del progetto triennale sono stati raccolti in 4 monografie pubblicate nel 2006. Al termine del progetto, alcuni importanti soggetti che avevano promosso l’iniziativa nel 2002 hanno deciso di mantenere vivo il Network in modo autofinanziato. Attualmente SedNet prosegue quindi la sua missione, principalmente mediante la promozione e la partecipazione ad incontri, dibattiti e convegni, e attraverso la formulazione di pareri e raccomandazioni rivolti alla Commissione e ad altri soggetti richiedenti. Per l’Italia partecipano alle attività del Network ISPRA e Thetis S.p.A.. Fra le attività recenti del Network, degno di menzione è il Rapporto "Integration of Sediment in River Basin Management”, che riporta i risultati della tavola rotonda tenutasi in occasione del Convegno di Amburgo dell’Ottobre 2009 e che discute stato attuale, problematiche e necessità per l’inserimento degli interventi che riguardano i sedimenti nei Piani di Gestione a scala di Distretto Idrografico, richiesti dalla Direttiva Quadro sulle Acque (2000/60/CE). SedNet organizza inoltre, con cadenza annuale o bi-annuale, convegni internazionali in materia di gestione dei sedimenti, con focalizzazioni specifiche su temi, approcci ed aree geografiche diverse, che rappresentano da anni un punto di incontro fra ricercatori, professionisti, portatori di interesse pubblici e privati che, in modo diretto o indiretto, si occupano di sedimenti. SedNet annuncia ora il suo prossimo convegno internazionale, che si terrà dal 6 al 9 aprile 2011, presso la sede di Thetis S.p.A. all’Arsenale di Venezia, e sarà intitolato “Sediments

and Biodiversity: bridging the gap between science and policy”. Il titolo evidenzia l’importanza cruciale dei sedimenti per la biodiversità degli ecosistemi e pone l’attenzione sulla necessità di sviluppare ed adottare strategie e soluzioni di gestione adeguate in tal senso, valorizzando gli aspetti sistemici degli interventi. Altro messaggio contenuto nel titolo, e che riflette anche una delle missioni prefissate dal Network, è la necessità di un adeguato e costante trasferimento della conoscenza scientifica in azioni di governo del territorio, per promuovere soluzioni sostenibili ed ambientalmente efficaci. Il congresso è articolato in due parti: una parte con Sessioni Speciali (ambiti aperti al pubblico, ma chiusi nella struttura dei relatori), in cui sviluppare e focalizzare temi e messaggi, ed una parte più tradizionale, in forma di Conferenza aperta a coloro che hanno sottomesso abstracts. Gli argomenti delle 4 Sessioni Speciali sono: • dragaggio sostenibile dei porti del Mediterraneo: il futuro del sediment management; • i sedimenti e i cambiamenti climatici; • criteri di valutazione dei materiali dragati: situazione attuale e prospettive future; • l’importanza dei sedimenti per la biodiversità. La prima sessione, organizzata da ISPRA e da Thetis S.p.A., riguarda il tema caldissimo, in particolare per i porti italiani, della gestione in modalità ambientalmente ed economicamente sostenibili dei sedimenti dragati.

La sessione vede il supporto e la partecipazione di numerosi Enti, Amministrazioni, Agenzie, Organizzazioni nazionali e internazionali, fra cui diverse autorità portuali, e si concluderà con un‘ampia tavola rotonda. Gli obiettivi della sessione si possono sintetizzare in: • definire il quadro generale della situazione e delle necessità a scala di singolo Paese e di bacino mediterraneo; • presentare e discutere il ruolo e l’importanza di dragaggio, sviluppo e manutenzione, per lo sviluppo sostenibile dei porti e l’implementazione della Integrated Maritime Policy [COM(2007) 575 final and SEC(2007) 1278]; • esaminare la normativa vigente a livello comunitario e nei vari Paesi e valutarne differenze e necessità di armonizzazione; • esaminare e comparare approcci e soluzioni adottate nei vari Paesi e discutere come promuovere la diffusione di Best Management Practices; • individuare le principali questioni aperte e formulare raccomandazioni per il futuro. La sessione riguardante i sedimenti e i cambiamenti climatici intende prendere in esame, attraverso brevi relazioni ad invito e gruppi di lavoro focalizzati su diversi aspetti dell’argomento, le modalità in cui i cambiamenti climatici possono influenzare la mobilità ed il trasporto dei sedimenti, e la biodisponibilità e tossicità dei contaminanti ad essi associati. La sessione relativa ai criteri di valutazione dei materiali dragati, promossa dal forum multilaterale DGEplus, integra e completa il dibattito sviluppato

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nella sessione sui porti mediterranei, focalizzando una serie di aspetti tecnico-scientifici rilevanti per supportare scelte gestionali adeguate, sulla base delle esperienze e delle pratiche in corso nei principali Paesi europei. Infine, la sessione su sedimenti e biodiversità farà da volano alla Conferenza aperta, innescando il dibattito sul tema primario del congresso, attraverso alcune relazioni ad invito ed una parte di discussione e sintesi. La partecipazione al congresso si prefigura, sulla base delle adesioni sin qui ricevute, numerosa e qualificata, con rappresentanti di tutti i continenti. Al congresso sarà collegata una piccola parte di exhibition (molto informale) per dare la possibilità a soggetti vari (porti, amministrazioni, agenzie, società, consulenti) di presentarsi e favorire la conoscenza reciproca. *Thetis S.p.A., Steering Group SedNet (Fotografie realizzate da P.Rossetto)

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Un approccio sostenibile, innovativo e… divertente al problema dei rifiuti Recupero di energia e materiali con impiego di tecnologie innovative senza dimenticare l’importanza della comunicazione ambientale e la sensibilizzazione dei cittadini: l’esempio dell’ASM di Prato di Maeva Brunero Bronzin

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e spesso pensiamo che i rifiuti siano un argomento scomodo e noioso da affrontare, c’è chi proprio su questa tematica ha realizzato una campagna di comunicazione ambientale che gli è valsa il primo premio di un famoso concorso nazionale. A portare a casa l’ambito riconoscimento è stata la società pratese ASM – Ambiente, Servizi e Mobilità – che quest’anno ha vinto la sesta edizione di Bica, la Borsa internazionale della comunicazione ambientale, grazie al progetto “Insieme per produrre meno rifiuti”. ASM ha infatti realizzato, attraverso un linguaggio giovanile e incisivo, una strategia di comunicazione diffusa e capillare, fatta di tanti strumenti, iniziative e attività. Manifesti pubblicitari con Lupo Alberto, brochure e spot televisivi divertenti sono stati i mezzi utilizzati per veicolare messaggi legati ai servizi pubblici e alla sensibilizzazione dei cittadini a riguardo dei comportamenti più corretti per il rispetto dell’ambiente e l’uso razionale delle risorse: raccolta differenziata, raccolta dei rifiuti porta a porta, uso dei composter e delle isole ecologiche, ecc. In origine ASM era una piccola municipalizzata che si occupava dei servizi di nettezza urbana e dell'acquedotto, ma a partire dal 1975, mantenendo solo la gestione dei rifiuti, la società

inizia a portare avanti una serie di investimenti per l'acquisto di macchinari moderni che hanno consentito di velocizzare ed incrementare tutte le operazioni legate all'igiene urbana. Oggi ASM è una delle più importanti aziende dell'area provinciale di Prato ed ha recentemente esteso la sua zona di competenza anche ai Comuni di Cantagallo, Carmignano, Montemurlo, Poggio a Caiano, Vaiano e Vernio. "Quando ho assunto l’incarico di Presidente dell’ASM – afferma Alessandro Canova nell’editoriale della rivista della società – avevo ben chiaro quale sarebbe stato il mio impegno primario […] far sì che i rifiuti, certamente un peso per la comunità, potessero essere trasformati, con le migliori strategie disponibili sul mercato, in qualcosa di utile, come energia rinnovabile e materia prima secondaria". È proprio questa convinzione che guida le innumerevoli iniziative pro-

poste da ASM, come ad esempio la raccolta differenziata porta a porta, accolta con entusiasmo da parte dei cittadini e finalizzata a responsabilizzare maggiormente gli utenti nelle attività quotidiane di differenziazione. Sempre legata ai rifiuti domestici è l’adesione al siste-

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Olio commestibile commercializzato

kg 1.400.000.000 ca.

Olio vegetale esausto prodotto

kg 280.000.000 ca.

Residuo utenza domestica

kg 140.000.000 / 160.000.000

Residuo utenza commerciale

kg 55.000.000 / 60.000.000

Residuo industrie alimentari

kg 30.000.000 / 50.000.000

ma che consente di produrre energia a partire dallo sfruttamento dell’olio vegetale destinato allo smaltimento. Gli oli vegetali esausti sono, infatti, rifiuti che necessitano di un corretto smaltimento e non possono essere gettati insieme all’indifferenziato né tantomeno in fognatura. Essi sono solo in parte biodegradabili e il loro smaltimento nell'ambiente è molto dannoso per gli ecosistemi: un litro di olio rende non potabile circa un milione di litri d'acqua, quantità sufficiente per il fabbisogno di una persona per 14 anni mentre la loro combustione incontrollata genera emissioni e residui pericolosi. Ogni anno in Italia vengono riversate negli impianti fognari circa 150.000 tonnellate di olio vegetale esausto proveniente dalle utenze domestiche, una quantità davvero molto alta, determinata soprattutto dal fatto che le famiglie, in assenza di un servizio di recupero nel proprio territorio e in mancanza di precise informazioni a riguardo, si liberano spesso del liquido in modo autonomo, causando un ulteriore aggravio al problema dell’inquinamento ambientale. L'olio vegetale esausto costituisce, infatti, una minaccia di inquinamento per il sottosuolo, rendendo inutilizzabili pozzi per acqua potabile anche molto lontani; per la flora, impedendo alle radici delle piante l'assunzione delle sostanze nutritive; per qualsiasi specchio d'acqua, ostacolando l'ossigenazione e mettendo a rischio l'esistenza di flora e fauna; per i depuratori, compromettendone il corretto funzionamento. Secondo i dati forniti dal C.O.N.O.E., Consorzio Obbligatorio Nazionale di raccolta e trattamento Oli e grassi vegetali ed animali Esausti, l’olio commestibile commercializzato ogni anno ammonta a circa 1.400.000.000 kg, da cui si ottengono circa 280.000.000 kg di olio vegetale esausto. Una corretta raccolta differenziata potrebbe permettere di recuperare tale residuo, producendo un notevole risparmio economico sia attraverso il suo riutilizzo come

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materia prima, sia nell’ottica di una riduzione dei costi di manutenzione degli impianti di depurazione, gravemente danneggiati dalla sostanza viscosa che si forma nelle condutture. Ci troviamo quindi di fronte ad un residuo non utilizzato pari al 20%, circa 5 kg di olio vegetale pro capite che ogni anno viene restituito all'ambiente e che, essendo in gran parte costituito da residuo di fritture, è quindi ricco di sostanze inquinanti. Alla luce di questi pericoli l’impegno di ASM nel trattare lo smaltimento degli oli esausti e nel coinvolgere la comunità, intesa come l’insieme di enti, singole persone, attività commerciali, è un punto di merito all’interno di un panorama italiano spesso poco attento e sensibile a tali tematiche. Altra grande novità promossa da ASM è stata l’inaugurazione del nuovo impianto per la separazione, dal rifiuto indifferenziato, dei flussi di materiale plastico da destinare al mercato del riciclo. Il progetto promosso da Ariel - Advanced recycling implementations to elide landfilling – è stato cofinanziato dall'Unione Europa e vi hanno lavorato, insieme ad ASM, Publiambiente e Quadrifoglio, le tre aziende dei rifiuti, che coprono l'area metropolitana di Prato, Pistoia, Empolese-Valdelsa e Firenze. L'impianto è collocato nel Polo tecnologico di ASM, che fino ad oggi aveva ospitato le sperimentazioni effettuate con diversi macchinari a noleggio, utilizzati sia per misurare la capacità di recupero delle plastiche nel metodo di selezione dell'indifferenziato, sia per verificare la loro applicabilità agli impianti di selezione meccanica attualmente in uso in ciascuna delle aziende. Attraverso questa fase

iniziale sono stati, quindi, testati diversi macchinari, tra i quali è stato poi selezionato quello che meglio garantiva una lavorazione in grado di ricavare materiale plastico il più possibile appetibile rispetto alle richieste di mercato. Il funzionamento dei macchinari che compongono il nuovo impianto è tutt’altro che semplice: il materiale plastico viene individuato per mezzo di un riconoscimento ottico e separato dal resto del rifiuto con getti d'aria compressa localizzati; il sistema è inoltre in grado non solo di riconoscere le frazioni plastiche, ma anche di classificarle ed analizzarle singolarmente. Attraverso tecnologie innovative l’impianto consente, quindi, di ricavare materiale riciclabile da un rifiuto apparentemente sterile ed inutile, riducendo la quantità di rifiuti inviati all'incenerimento e determinando un grande vantaggio tanto in termini ambientali quanto in termini economici. Per tutto il 2011 l'impianto verrà tarato non solo con i rifiuti indifferenziati raccolti da ASM, ma anche con quelli provenienti da Publiambiente e Quadrifoglio. Si prevede anche la messa a punto di varie tipologie di campionatura che permetteranno alle società di presentarsi sul mercato con un ampio ventaglio di materiali recuperati da utilizzare in sostituzione della materia prima. In questa prospettiva il contribuito fornito da ASM alla corretta e responsabile gestione e valorizzazione dei rifiuti appare veramente determinante all’interno di un panorama italiano caratterizzato non solo da innumerevoli problematiche amministrative, ma anche, molto spesso, da una profonda e pericolosa indifferenza nei riguardi di queste tematiche.


Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento dal SiCon 2011 Un quadro aggiornato sul settore delle bonifiche in Italia di Maria Rosaria Boni*, Carlo Collivignarelli** e Federico G.A. Vagliasindi***

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n tutti i Paesi industrializzati la contaminazione del suolo e del sottosuolo costituisce un’emergenza ambientale di grande rilevanza. Secondo recenti stime (Ministero dell’Ambiente 2007) in Italia vi sono 13.000 siti potenzialmente contaminati. Di questi, 5.000 sono siti sicuramente da bonificare e 1.500 sono aree minerarie abbandonate; rimangono ancora da indagare i restanti 6.500 siti. Pur non essendo nota l’estensione del territorio nazionale contaminato, è utile evidenziare che i soli 57 siti di interesse nazionale (i cosiddetti SIN), interessano un totale di oltre 800.000 ettari di aree a terra e quasi 340.000 ettari di aree a mare. Appare evidente che il risanamento di tali aree richiede ingenti investimenti sia pubblici sia privati, che vanno utilizzati al meglio. Particolare attenzione va quindi posta nella scelta delle tecnologie di bonifica e/o messa in sicurezza, che devono risultare necessariamente efficaci e, per quanto possibile, economiche. Con l’obiettivo di fornire un quadro aggiornato su quanto è stato fatto in Italia nel settore degli interventi di bonifica è stato

predisposto il volume “Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento”. Aggiornando ed ampliando l’edizione del 2010, il testo si concentra nello specifico sui dettagli costruttivi e di gestione di interventi di risanamento e messa in sicurezza di siti contaminati previsti e condotti a scala industriale e sui risultati più recenti della ricerca scientifica sulle tecnologie di trattamento di suoli, acque sotterranee e sedimenti contaminati, affrontando aspetti di carattere tecnico/operativo. Il volume raccoglie i contributi presentati in occasione del Workshop “SiCon 2011 Siti contaminati: esperienze negli interventi di risanamento”, organizzato a Brescia dal 10 al 12 febbraio 2011 dai gruppi di Ingegneria Sanitaria Ambientale coordinati dai sottoscritti presso la Sapienza Università di Roma, l’Università degli Studi di Brescia e l’Università degli Studi di Catania, con la collaborazione dell’ANDIS (Associazione Nazionale di Ingegneria Sanitaria Ambientale) e del GITISA (Gruppo Italiano di Ingegneria Sanitaria Ambientale). In particolare, la prima parte del libro presenta lo stato dell’arte sulla bonifica di siti contaminati, approfondendo aspetti e problematiche relativi all’attuazione ed alla sostenibilità degli interventi, all’analisi di rischio, ai nuovi approcci e alle nuove tecnologie per il trattamento di acque e suoli contaminati e ad interventi per le discariche dismesse. La seconda, terza e quarta parte, rispettivamente, presentano diverse esperienze di messa

in sicurezza e bonifica di acquiferi, terreni e sedimenti contaminati, che hanno previsto il ricorso ad impianti a scala industriale con tecnologie convenzionali, avanzate e multiple. Nella quinta ed ultima parte, vengono infine descritte esperienze di messa in sicurezza, bonifica e recupero funzionale di siti di discarica. Il volume è quindi rivolto a tutti gli operatori interessati alla realizzazione e alla gestione di progetti e interventi di bonifica di acquiferi, suoli e sedimenti contaminati e siti di discarica, come ricercatori o tecnici-operativi provenienti da aziende, università ed Enti. I contributi e le esperienze maturate evidenziano: • la necessità di ricorrere a nuovi approcci sostenibili dal punto di vista ambientale ed economico; • lo sviluppo continuo di nuove tecnologie per il trattamento di acquiferi, suoli e sedimenti contaminati; • il ruolo rilevante degli interventi su sedimenti contaminati; • la specificità degli interventi per i siti di discarica. Le prossime edizioni del SiCon si svolgeranno a Taormina nel febbraio 2012 e a Roma nel 2013. Per maggiori informazioni sul volume degli Atti del SiCon: www.csisa.it o info@csisa.it. *Sapienza, Università di Roma **Università degli Studi di Brescia ***Università degli Studi di Catania

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In arrivo a marzo l’evento internazionale dedicato al movimento terra Tra sicurezza, normative ed innovazione sarà soprattutto la sostenibilità il tema portante della XXVIII edizione del Samoter di Maria Beatrice Celino

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orna quest'anno il Samoter, Salone Internazionale Triennale delle macchine movimento terra da cantiere e per l'edilizia, che nella sua XXVIII edizione prevede significativi incrementi in termini di espositori e visitatori. Nell’arco di quattro giornate verrà presentata al pubblico una vastissima gamma di proposte ed opportunità per il mercato delle costruzioni, tutte finalizzate a fornire importanti linee guida all'intero universo delle costruzioni, favorendo le scelte e la collaborazione con istituzioni, associazioni di categoria e imprese, e valorizzando le specificità produttive di ogni singolo segmento del comparto. Samoter si afferma così anche con questa edizione come fiera leader all’interno del panorama italiano e non solo. L’evento, in linea con l’alto profilo internazionale che lo ha sempre caratterizzato, sarà, infatti, un punto d'incontro tra i più importanti produttori ed operatori mondiali del mercato delle costruzioni e delle infrastrutture e permetterà di intrecciare importanti relazioni che coinvolgeranno professionisti, imprese edili e stradali, istituzioni e associazioni di categoria nazionali e ed internazionali nell’approfondimento di argomenti fondamentali per lo sviluppo del comparto. A trovare spazio all’interno della fiera saranno i settori movimento terra, calcestruzzo, stradale, perforazione, tunneling, estrazione, frantuma-

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zione, demolizione e riciclaggio, sollevamento e movimentazione, trasporti/veicoli e componenti. Il tema portante dell’evento è rappresentato dalla sostenibilità, argomento con il quale si mira a sensibilizzare il mondo dell’edilizia sulle nuove prospettive delle costruzioni. Sostenibilità è dunque la parola chiave ed il leit motiv di questo Samoter 2011, che punta a fornire un’occasione di conoscenza, formazione e approfondimento sulla materia, analizzandone i vari aspetti applicabili alla filiera delle costruzioni. La sicurezza e l’attenzione al processo edilizio, il rapporto tra ambiente ed economia, le normative tecniche, i prodotti, gli strumenti e l’innovazione, l’etica e la progettazione, rappresentano tutte tematiche che verranno affrontate all’interno dei numerosi eventi in programmazione. La sostenibilità sarà, non a caso, il focus del convegno di apertura 2 marzo ore 10.00, sul tema “Sustainable Design & Construction: Explorations in Trends and Best Practices”, che coinvolgerà in una tavola rotonda esperienze nazionali ed internazionali presentate in due sessioni di confronto tra il mercato nord americano ed europeo. Ampio spazio verrà riservato anche al settore dedicato alle macchine movimento terra, inteso sia come insieme di macchine per il cantiere edile sia come attrezzature e macchinari per il comparto delle grandi opere. L'esposizione di macchine, macchinari e attrezzature

è organizzata in aree tematiche denominate Samoter Special, percorsi dedicati ai singoli settori merceologici rappresentati dalla manifestazione. Ogni ambito sarà differenziato graficamente per facilitare il visitatore nell’individuazione del percorso d’interesse e a ciascuno dei 9 settori corrisponderà un’icona ed un colore di riconoscimento. Alcune giornate a tema affiancheranno poi gli stessi percorsi tramite eventi dinamici, seminari e convegni, che posso essere controllati direttamente sul sito della fiera. Importanti sono anche i partner in collaborazione con i quali Veronafiere ha realizzato l’evento: le principali associazioni italiane ed internazionali parteciperanno all’organizzazione di incontri specifici sui diversi argomenti protagonisti dei Samoter Special. Il tema della sostenibilità sarà trasversale a tutti i settori della manifestazione, tra cui il calcestruzzo, con incontri dedicati e organizzati in partnership con Atecap (Associazione tecnico economica del calcestruzzo preconfezionato), le gallerie e i lavori in sotterraneo con SIG (Società Italiana Gallerie), il mondo dei mezzi movimento terra e infine i veicoli in collaborazione con Anfia (Associazione Nazionale Fra Industrie Automobilistiche). Per il settore frantumazione e cave, in collaborazione con Anepla (Associazione Nazionale Produttori Estrattori Lapidei e Affini),


verranno organizzati seminari specifici, mentre per il sollevamento sono in calendario una serie di iniziative in partnership con IPAF (International Powered Access Federation). Nel settore del rental il convegno si svolge in collaborazione con ASSODIMI (Associazione distributori e noleggiatori di macchine industriali per le costruzioni), ASSONOLO ed ERA (European Rental Association), e infine SITEB (Associazione Italiana Bitume Asfalto Strade) organizzerà un seminario per il settore stradale. L’altro grande evento promosso da Samoter è, infine, il Concorso Internazionale Novità Samoter, una vetrina qualificata sull'evoluzione tecnica e tecnologica in cui viene premiata, ogni tre anni, l’industria mondiale delle macchine movimento terra e da cantiere, che presenta all’universo degli operatori commerciali il meglio della propria produzione. Nato nel 1973, il Premio Internazionale Samoter, costituisce un apprezzato e ambìto riconoscimento, che viene assegnato

a quanti si distinguono per aver operato per lo sviluppo e l'affermazione dell'attività edilcantieristica a livello nazionale ed internazionale nella piazza dell’innovazione tecnologica e della ricerca scientifica. Al Concorso verranno ammesse macchine, attrezzature, impianti e prototipi che risultino di nuova concezione o presentino innovazioni di pratico impiego o di fondamentale miglioramento delle macchine esistenti. Il premio viene assegnato tenendo conto delle novità e dei miglioramenti relativi al risparmio energetico, alla produttività, all’ergonomia, alla sicurezza nell’utilizzo, ma anche ad altri aspetti che conferiscano comunque un valore aggiunto al prodotto. Il Concorso Novità Tecniche, vinto nel 2008 dalle Officine Meccaniche di Ponzano Veneto con il sistema di gestione macchina Non Stop System, ospiterà quest’anno, in occasione del ventennale del Concorso, anche una nuova sezione dedicata alla sostenibilità. Per ulteriori informazioni www.samoter.com/it.

Presenti al Samoter 2011

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Termovalorizzatori: dallo smaltimento rifiuti all’arredo urbano In Europa c’è chi ha accettato la sfida di situare inceneritori in centro città, dove sistemi all’avanguardia e rispetto delle regole rendono questa tecnologia amica dei cittadini di Chiara De Marzi

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e i termovalorizzatori rappresentano oggi una delle opzioni ritenute più convincenti per affrontare in modo responsabile e produttivo lo smaltimento dei rifiuti, la questione della loro collocazione all’interno della geografia urbana solleva ancora dubbi e perplessità. Le discussioni

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sull’opportunità di installare impianti di incenerimento nei centri o nelle zone limitrofe alle città animano in questi giorni i dibattiti italiani, ma rivolgendo lo sguardo ad un più ampio orizzonte europeo sembra che altre nazioni abbiano affrontato e superato queste problematiche già da tempo. Città come Copenhagen e Roskilde in Danimarca, Vienna in Austria e Barcellona in Spagna vedono infatti sorgere nei loro quartieri centrali termovalorizzatori all’avanguardia, che non solo consentono un’efficiente gestione dei rifiuti ma, grazie alle loro caratteristiche estetico-architettoniche, si profilano spesso come vere e proprie opere d’arte di interesse turistico. A stupire meno è forse il caso della Danimarca, nota come Paese virtuoso in materia di lungimi-

ranti politiche ambientali e la cui “attitudine ecologica” porta a considerare i rifiuti una risorsa preziosa e una fonte rinnovabile a tutti gli effetti. Roskilde, città situata ad Est del Paese ed ex capitale fino al 1443, ospita oggi un inceneritore di ultima generazione, completamente ristrutturato nel 2008 sulla base di uno studio proposto dall’architetto olandese Erick Van Egeraat. Le ingenti dimensioni dell’impianto e la consapevolezza del suo notevole impatto nel contesto paesaggistico cittadino hanno portato ad elaborare un progetto in grado di coniugare elementi storici e industriali, dando vita ad un impianto che nella parte inferiore prende forma riflettendo i tetti delle fabbriche degli immediati dintorni e culmina poi in una cuspide alta 100 metri, ispirata all’antica Cattedrale gotica della città. Per la facciata sono stati tenuti in conto criteri di ventilazione ed impermeabilità, realizzando perciò uno strato interno che contiene tutte le aperture necessarie all’immagazzinamento della luce solare e alla circolazione dell’aria. Completamente integrato nell’ambito dell’architettura urbana, l’inceneritore, che sarà pronto nel 2013, utilizzerà le tecniche più recenti ed efficaci al fine di ricevere ed elaborare una grande quantità di rifiuti locali (da 260.000 a 350.000 ton/anno)


da cui ricavare elettricità e riscaldamento sufficienti a soddisfare ogni anno i bisogni di 60.000 famiglie. Caso analogo è quello del termovalorizzatore di Vestforbrænding a Copenhagen che, collocato alle porte della capitale, accoglie i rifiuti di tutta la provincia, destinati ad essere combusti e trasformati in energia. Se il timore che gli impianti di incenerimento possano rilasciare nell’aria sostanze nocive frena molto spesso il loro utilizzo e li rende invisi all’opinione pubblica, una combustione ottimale come quella condotta in questa città permette di ridurre in modo drastico la percentuale delle emissioni, tanto che gli ambientalisti danesi sono generalmente concordi nel giudicare la termovalorizzazione come la soluzione migliore. Per abbattere tali emissioni - secondo un’inchiesta del New York Times superiori in gran parte dei Paesi del 10-20% rispetto ai massimi consentiti dall’UE - l’inceneritore è stato dotato di innovativi filtri high-tech in grado di catturare gli inquinanti non smaltibili (diossina, acido cloridrico, anidride solforosa, metalli pesanti, piccoli particolati). Il termovalorizzatore è oggi in grado di trattare oltre 560 mila ton/anno di rifiuti e di produrre, dal loro incenerimento, oltre 245.000 MWh di energia elettrica, assicurando così alla rete locale di teleriscaldamento un apporto pari a 1.290.000 MWh termici. Alla fine del processo di combustione, restano 177 Kg di ceneri per ogni tonnellata bruciata, che vengono interamente riciclate e sottratte così alla discarica. Alla fine di un anno di lavoro, il calore e l’energia elettrica generati risparmiano alla città l’acquisto di 130mila tonnellate di petrolio. L’attenzione a tutti questi aspetti rende gli impianti di termovalorizzazione una realtà favorevolmente accettata in Danimarca, dove non solo riscuote successo l’idea di ottenere elettricità dalla spazzatura, ma è anche viva la consapevolezza degli innumerevoli vantaggi di una corretta valorizzazione dei rifiuti, i più importanti dei quali sono sicuramente una drastica riduzione delle discariche, il calo delle emissioni di biossido di carbonio, un ridotto costo dell’energia e una minor dipendenza da petrolio e metano. Un altro esempio di integrazione tra impianti e paesaggio urbano lo troviamo a Vienna, dove gran parte dei rifiuti locali vengono bru-

ciati nel centro della città. Nel 1987, quando un incendio distrusse il vecchio inceneritore, la progettazione del nuovo impianto venne affidata all’architetto Friedensreich Hundertwasser, che realizzò l’accattivante struttura a bulbo decorata con scintillati ceramiche colorate che possiamo oggi ammirare nel cuore della capitale. Straordinario impianto per lo smaltimento dei rifiuti, l’inceneritore Spittelau è, infatti, situato a pochi minuti dal Ring, proprio di fronte alla Facoltà di Economia e alla cattedrale di Santo Stefano, e costituisce una delle mete turistiche più importanti. Attraverso questo impianto Vienna è riuscita nell’impresa di conciliare i valori estetici con una serie di tecnologie che permettono di smaltire, dopo accurata selezione, 260mila tonnellate di rifiuti urbani, di produrre annualmente 40.000 MWh di elettricità e 470.000 MWh di teleriscaldamento: oltre all’incenerimento, il termovalorizzatore di Spittelau provvede quindi anche a riscaldare oltre un terzo delle abitazioni viennesi e, durante l’estate, a produrre aria condizio-

nata. Nelle fasi di avvio e spegnimento, e per far fronte alla domanda di calore nelle ore di punta, l’impianto brucia in un anno cinque milioni di metri cubi di metano, con i quali viene coperto circa il 10% della quantità di calore generata annualmente dallo stesso inceneritore. Per quanto riguarda le emissioni di sostanze nocive l’inceneritore emette ogni giorno circa 8 Kg di polveri e 12 milioni di picogrammi di diossine (dose giornaliera tollerabile da 90.000 viennesi) in perfetto rispetto dei limiti stabiliti dalle leggi austriache, ed è stato stimato che da una tonnellata di rifiuti sono ottenuti solo 900 g di polveri, che vengono fatti confluire in discarica (prima in quella cittadina, oggi in miniere dismesse di salgemma), senza ripercussioni per la salute o la qualità dell'aria. Ciascun abitante ha inoltre la possibilità di controllare in modo autonomo tramite internet i livelli delle emissioni, aggiornati in tempo reale ogni 30 minuti. La possibilità di ottenere energia a costi limitati e l’attenzione alle politiche di gestione dei rifiuti nell’ottica della salute pubblica, con-

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sentono ai cittadini austriaci di considerare la presenza di un inceneritore al centro della città come un fattore positivo e non come una minaccia. E’ infine interessante il caso dell’inceneritore di Barcellona, posto accanto a ristoranti, alberghi, un centro congressi e un auditorium nella grande Piazza Esplanada, vicino al centro della città. Si consideri che sotto il perimetro della piazza è stato collocato un enorme ed invisibile impianto di depurazione idrica, in cui l’acqua viene inizialmente convogliata in un’enorme sala dove avviene la decantazione. A questa seguono poi, per i vari procedimenti di depurazione, altre sale immense con vasche coperte collegate le une alle altre da tubature e corridoi sotterranei. Una volta processata e portata alla qualità prevista dalle normative europee, l’acqua depurata viene pompata in una conduttura e liberata a 3 km dalla costa. Grazie ad un efficiente processo di trattamento dell’aria nessuna traccia odorosa segnala la presenza del depuratore: questa viene “lavata” prima con acido solforico, poi con varichina e con soda caustica al fine di eliminare qualsiasi residuo di cattivi odori. Il termovalorizzatore è invece ben visibile a un centinaio di metri dalla piazza e perfettamente inserito all’interno dell’architettura urbana, molto moderna, del quartiere: i rifiuti (circa 300mila ton/anno) che vi giungono non vengono subito bruciati nelle quattro fornaci dell’inceneritore, ma nuovamente selezionati in un apposito impianto chiamato Eco-Parco.

Qui, filtri, nastri e altri macchinari compiono in modo autonomo le operazioni di raccolta differenziata che avrebbe dovuto svolgere il cittadino, separando carta, plastica, metalli e materiale organico e destinando i rifiuti non riutilizzabili all’inceneritore. Per impedire la fuoriuscita dell’odore, l’aria viene tenuta ad un livello di pressione più basso, in modo tale che, se la cupola dovesse aprirsi, l’aria potrebbe solo entrare, ma mai uscire. Su un totale di 100 tonnellate di rifiuti si ottengono 25 ton di scorie, di cui 22 riutilizzabili come materiale da costruzione. Con il calore sprigionato dall’incenerimento viene generata elettricità in grado di soddisfare i bisogni di una cittadina di 20mila abitanti. Infine per contrastare l’emissione delle sostanze nocive per i vicini abitanti è stato approntato un sistema di monitoraggio in tempo reale, in modo da controllare che i fumi prodotti rientrino nelle norme stabilite dall’UE. La coraggiosa decisione di collocare l’inceneritore nel centro di una moderna piazza appena ristrutturata è stata guidata dalla volontà di smaltire i rifiuti in situ, educando gli abitanti a prendere coscienza, attraverso il contatto “diretto” con la propria spazzatura, dell’importanza di una corretta raccolta differenziata. La sfida affrontata dalle città europee che abbiamo descritto deve essere quindi interpretata anche all’interno di un più ampio progetto di responsabilizzazione e sensibilizzazione civica: termovalorizzatori amici della città sono possibili, ma proprio la maggiore vici-

Inceneritore di Vienna – Alcuni dati tecnici L’impianto è costituito da due linee di combustione ciascuna formata da un forno a griglia, funzionante a T>800°C: ognuna di esse è in grado di termodistruggere 18 ton/h per un totale di 260.000 ton/anno. La depurazione dell’acqua viene realizzata con moderni impianti di filtraggio, in grado di rimuovere polveri sottili, metalli pesanti, acidi inquinanti e le ceneri di scarto ottenute alla fine del processo sono vendute alle industrie del cemento. I fumi vengono trattati mediante un apposito filtro elettrostatico (a 60 kV) per la rimozione delle fly ash e, successivamente, mediante uno scrubber in controcorrente a soda per la rimozione di HCl, HF, SO2 e metalli pesanti. Prima dell’emissione finale i fumi vengono fatti passare a 280°C attraverso un convertitore catalitico denominato DeNOx per la distruzione di NOx e Diossine. L’emissione dei fumi avviene attraverso la ciminiera dalla caratteristica forma ricoperta di pannelli a specchio, alta 126 m con un diametro interno di 2,5 m. Le acque dello scrubber vengono depurate e reimmesse in circolo. La parte residuale è scaricata in un canale che recapita nel Danubio. I vari contaminanti sono presenti nei fumi in concentrazioni molto basse ed in particolare Diossine e Furani sono presenti mediamente tra 20 e 40 pg/Nm3 come I-TEQ.

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nanza ai centri urbani rende assolutamente necessario il rispetto delle norme di sicurezza e l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. Se l’aspetto architettonico svolge un ruolo importante nell’integrazione tra impianti e ambiente cittadino, sono le caratteristiche strutturali degli inceneritori e gli elementi più strettamente legati ai processi di smaltimento e recupero a determinarne l’accettabilità da parte dell’opinione pubblica. I benefici oggettivi garantiti da un corretto iter di termovalorizzazione dovrebbero costituire il punto di forza nelle discussioni concernenti la loro collocazione e l’esempio dei Paesi vicini fornisce anche all’Italia, in questo periodo di pressanti dibattiti politici e problematiche legate alla “spazzatura nazionale”, un importante ed urgente spunto di riflessione.


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MACCHINE MOVIMENTO TERRA: SULLA STRADA DELL'ECO guidati dalle imposizioni normative o dall’attenzione per l’ambiente ecco come i principali costruttori si stanno muovendo verso la riduzione degli impatti ambientali di Costantino Radis

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e stringenti normative per la riduzione delle emissioni inquinanti stanno spingendo le case costruttrici a esplorare nuove strade progettuali. Se lo stimolo normativo vale più di quello etico, alla fine i risultati sono quelli che contano. Dopo i primi progetti approssimativi di macchine movimento terra ibride, tendenti più a fare immagine che a risolvere vere e proprie problematiche ambientali, si comincia a parlare seriamente di riduzione dell'impatto ambientale. Ma le soluzioni sono tutte ugualmente valide?

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Dura lex, Sed lex A parte i rari casi di alcuni costruttori da sempre propositivi in merito al contenimento delle emissioni inquinanti e al progredire delle dotazioni di sicurezza in modo del tutto indipendente dal dettato normativo, sembra che l'unico vero stimolo per una ricerca verso la salvaguardia ambientale siano leggi severe e fortemente stringenti. Non è un caso che le macchine movimento terra (e non soltanto loro!) abbiano avuto

un progresso così spinto in termini motoristici negli ultimi anni a questa parte. Ma non basta. Non si tratta solo di ridurre le emissioni inquinanti – che già è molto tenendo conto dell'arretratezza in cui da troppo tempo versava tutto il settore – ma di studiare soluzioni propulsive che si armonizzino con le macchine, ne consentano un impiego più comodo e prestazionale, ottimizzino le risorse disponibili cercando di allontanarsi, nel tempo, da una dipendenza dagli idrocarburi. Destinati, questi ultimi, non solo a esaurirsi ma anche a scopi ben più nobili di una semplice combustione che per di più si rivela a volte non eccessivamente efficiente.


La chimica organica ci insegna che molti materiali hanno saputo, se ben impiegati, migliorare moltissimo la qualità generale della nostra vita. Perché sprecare il petrolio per scopi meno nobili?

L a via dell'elettricità Per assurdo, un motore elettrico ha coppia infinita a un numero di giri pari a zero. Misteri dell'analisi matematica che ancora affascinano chi l'ha frequentata assiduamente e, a maggior ragione, chi ancora la frequenta. Un assurdo che però ben riassume le enormi potenzialità della propulsione elettrica. Tanto che, laddove sia possibile un suo impiego, molti costruttori non hanno esitato a farlo. Come, ad esempio, nell'estrazione mineraria a cielo aperto con escavatori, rovesci e frontali sia idraulici che a corde, e pale gommate a propulsione completamente elettrica. Senza contare i dumper a propulsione elettrica con generazione autonoma diesel. La differenza di costo fra un modello di impostazione tradizionale e un modello alimentato elettricamente è però oggi ancora tale da giustificare il maggior impegno economico solo in applicazioni, come quelle mining, in cui il coefficiente di utilizzo è molto elevato. La differenza fra il costo di acquisto iniziale viene infatti assorbita dal risparmio progressivo sui costi di gestione solo con un impiego continuo (si parla di macchine che lavorano almeno 22-23 ore al giorno per tutti i giorni dell'anno) in un arco temporale normalmente lungo in applicazioni normali e che invece, nel mining, è considerato come investimento a breve termine. Nel mercato normale del movimento terra, però, queste considerazioni non si possono applicare: i fattori di scala sono molto diversi e le condizioni di lavoro non permettono un'organizzazione tale da poter giustificare un impiego proficuo di mezzi ad alimentazione elettrica. Se in una miniera, infatti, è possibile programmare una logistica dei luoghi con un cavo di alimentazione che viene collocato in zone prestabilite secondo i piani di coltivazione, nei normali cantieri edili, ben anche con dimensioni più importanti come nel caso delle grandi opere pubbliche, questa impostazione è di fatto impraticabile. Le potenzialità della propulsione elettrica sono

enormi, soprattutto in ambito industriale, per la coppia disponibile in rapporto alla potenza installata e ai consumi unitari. Basti pensare, come esempio, all'impiego nei trasporti ferroviari. Senza contare l'emissione pari a zero laddove il mezzo sta lavorando. Non vogliamo entrare nel merito della produzione di energia elettrica: non è questo il luogo. Ma di fatto la propulsione elettrica può fare molto per la riduzione dei fattori inquinanti in atmosfera.

Ibridi: soluzione ideale?

que molto interessanti e, soprattutto, mirate a una ottimizzazione energetica complessiva.

Komatsu PC200-8 Hybrid Presentato in Europa durante il Bauma 2010, il Komatsu PC200LC-8 Hybrid è oggi l'escavatore che maggiormente si avvicina al concetto di macchina movimento terra ibrida come realmente si dovrebbe intendere. Questo escavatore è stato introdotto sul mercato giapponese nel giugno 2008, e ha dimostrato sul campo la sua efficacia nel ridurre il consumo di carburante e le emissioni in atmosfera. Macchina che si inserisce nel segmento più commercializzato degli escavatori idraulici, con un peso operativo che varia da 20 a 24 tonnellate, è dotato del sistema ibrido Komatsu: utilizza un motore/generatore elettrico per la rotazione della torretta, un condensatore e un motore diesel con accoppiato un motore elettrico. Il sistema ibrido sviluppato da Komatsu funziona in base al principio della rigenerazione e accumulo di energia mediante il sistema a condensatori Ultra Capacitor Komatsu. Questi consentono un rapido accumulo di energia e una trasmissione di potenza praticamente istantanea. L'energia cinetica generata durante la fase di decelerazione della torretta viene convertita in energia elettrica, inviata tramite l’inverter e quindi immagazzinata dai

Lo sviluppo di modelli ibridi è sicuramente una delle strade più idonee sia per contenere i consumi e le emissioni, che per mantenere quella flessibilità tipica delle macchine movimento terra comunemente intese. Negli ultimi anni si è assistito a una serie di macchine che, sull'onda più di una spinta emotiva che non sulla base di una vera e accurata ricerca scientifica, si sono proposte come “modelli ibridi” quando invece erano, in buona sostanza, delle semplici macchine (spesso escavatori idraulici) in cui dei motori elettrici venivano azionati da motori a gasolio di cilindrata e potenza minore rispetto a quanto solitamente impiegato su mezzi di quella classe. Non si tratta quindi di mezzi ibridi, ma semplicemente di mezzi in cui l'elettricità viene generata a gasolio. Le tecnologie ibride vere e proprie trovano oggi efficiente applicazione commerciale in due casi. Si tratta di un dozer e di un escavatore idraulico. Entrambe macchine di media potenza, provengono dalla ricerca tecnologica di Caterpillar e Komatsu: il CAT D7E e il Komatsu PC200LC-8 Hybrid. Nel caso del Caterpillar D7E non è possibile parlare di tecnologia ibrida vera e propria, ma le appli- Il dumper Liebherr T282B è uno degli esempi classici di ottimizzazione diesel-elettricazioni che vi trovano cità nel settore Mining, la generazione avviene tramite motore diesel e la trazione luogo sono comun- è elettrica

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il completo controllo delle funzioni della macchina. Anche il PC200LC-8 Hybrid è dotato del sistema KOMTRAX®, che invia le informazioni operative della macchina ad un sito web protetto mediante tecnologia wireless. Dati quali ore di funzionamento, consumo di carburante, posizione e utilizzo della macchina vengono inoltrati all'applicazione web per essere analizzati dal cliente. condensatori. Questa energia viene utilizzata molto rapidamente per la rotazione della torretta superiore e per coadiuvare il motore diesel, in base alle richieste dell'impianto idraulico, quando deve accelerare in condizioni di carico. I test eseguiti sull'escavatore idraulico standard PC200LC-8 e sul PC200LC-8 Hybrid hanno dimostrato che il modello ibrido riduce il consumo di carburante del 25-40% circa, a seconda delle applicazioni. Laddove ovviamente l'impiego della rotazione della torretta è più elevato, come nei cicli di carico a 90°, l'ottimizzazione è ovviamente più elevata. Tutti i componenti del sistema ibrido Komatsu sono realizzati dalla stessa azienda per garantire elevata affidabilità e durata. Il PC200LC-8 Hybrid è dotato del motore diesel Komatsu SAA4D107E-1, common-rail, turbocompresso, con postrefrigeratore ariaaria che fornisce una potenza di 148 HP. Il peso operativo varia da 19,8 a 21,4 ton, mentre la capacità della benna varia da 0,5 a 1,2 mc. Le prestazioni sono pari a quelle del Komatsu PC200LC-8 tradizionale. Così come del tutto identiche sono le dotazioni di serie e la cabina che garantisce un elevato comfort per l'operatore grazie alla telecamera posteriore, le sospensioni di tipo viscoso, il pannello di controllo con schermo LCD a colori che permette

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Il confronto con la tecnologia, ibrida e non, correntemente in uso

Le principali caratteristiche del PC200LC-8 Hybrid rispetto alle macchine movimento terra tradizionali e alle auto ibride si possono riassumere in poche righe. A differenza delle macchine movimento terra tradizionali, che normalmente utilizzano un motore idraulico per ruotare la struttura superiore, il modello ibrido utilizza per questo movimento un motore elettrico che funge da generatore durante il rallentamento della rotazione. Mentre le macchine tradizionali utilizzano esclusivamente motori diesel, l’escavatore ibrido Komatsu utilizza l’energia elettrica accumulata, anche per aiutare il motore diesel durante l'accelerazione. Il motore diesel lavora quindi a bassi giri, permettendo una combustione ad elevata efficienza. Inoltre, quando il motore gira in folle, l’escavatore riduce ulteriormente i giri, ottenendo così straordinarie riduzioni del consumo di carburante. Le auto ibride, quale principale metro di paragone conosciuto ai più, richiedono una grande quantità di energia elettrica nelle fasi di partenza e accelerazione. Possono però funzionare in seguito con un numero di giri del motore relativamente costante nelle fasi prevalenti di funzionamento. Le macchine da movimento terra, invece, devono far fronte a fluttuazioni dinamiche fre-

quenti dei giri del motore, ad esempio per la movimentazione di bracci e torretta durante il lavoro di scavo in cui la pompa dell'impianto idraulico richiede la massima coppia disponibile. Per coadiuvare il motore diesel durante queste fluttuazioni, il PC200LC-8 Hybrid è dotato di un motore elettrico ad esso accoppiato. Le batterie delle auto funzionano in base al principio della reazione chimica; scaricare energia richiede quindi tempo e questo le rende inadatte all'uso sulle macchine movimento terra. I condensatori, invece, sono in grado di accumulare, immagazzinare e scaricare energia in modo istantaneo ed efficace.

Caterpill ar D7E Da buon costruttore giapponese, Komatsu è forse più conosciuta per i suoi escavatori idraulici. Non è un caso se il suo primo prodotto ibrido sia proprio la sua macchina più venduta. Caterpillar è invece nata come azienda produttrice di macchine agricole e dozer. È forse questa la macchina movimento terra che maggiormente individua il costruttore americano e quindi Caterpillar non poteva smentire la sua secolare tradizione proponendo un do-

Il Clean Emission Module di Caterpillar è la tecnologia, applicata ai motori Acert, che permette di ridurre le emissioni inquinanti rispettando le soglie richieste dal Tier IV Interim e, prossimamente, dal Tier IV Final. Si tratta di un catalizzatore a metalli rari in cui i gas di scarico arrivano dopo essere transitati in un riscaldatore che li porta a circa 650°C


zer quale prima macchina a tecnologia ibrida. Si tratta di un ibrido sui generis in quanto è stata accoppiata la trazione elettrica – sfruttando quindi l'enorme coppia di questo tipo di motori – a una generazione diesel classica. Il motore diesel è un Caterpillar Acert C9.3 che sviluppa un potenza di 235 hp a 1.700 giri/ min. Il peso operativo del D7E varia da 21.600 a 28.170 kg a seconda degli allestimenti. Anche in questo caso si tratta di un mezzo che si inserisce nel pieno del mercato, andando a coprire un segmento particolarmente vivace. La trazione avviene elettricamente con un condensatore da 320 Volts e un generatore da 480 Volts. La trasmissione dell'elettricità nei circuiti avviene tramite un impianto che ha connessioni impiegate in tecnologie militari per garantire la massima sicurezza e affidabilità. La trasmissione finale alle ruote avviene ovviamente con dei classici riduttori azionati dai motori elettrici. Tutto il sistema è costantemente raffreddato ad acqua. Al D7E è applicata tutta la massima tecnologia Caterpillar nel campo dei dozer: troviamo quindi anche l'ausilio alla sterzata con il power-steering che caratterizza il modello superiore D8. Così come il carro System One che riduce le usure e ottimizza i consumi. Ovviamente è possibile applicare anche il sistema elettronico satellitare Accugrade di gestione e controllo delle varie fasi di lavoro che permette di ottimizzare il livellamento e la modellazione aiutando in modo concreto l'operatore. A parità di macchina e condizioni di lavoro, il Caterpillar D7E consente un risparmio di carburante che spazia dal 10 al 30%.

L a via del Tier IV: reali vantaggi o fumo negli occhi?

Se i due esempi che abbiamo appena riportato sono oggi il meglio che il mercato può offrire, la tecnologia motoristica tradizionale sta seguendo la strada della normativa cogente. Praticamente archiviato il Tier IIIA, siamo in vista del Tier IV Interim. Ogni azienda sta affrontando questa nuova sfida a proprio modo e, se da un lato ci sono soluzioni maggiormente convenzionali, dall'altro c'è un logico adattamento di quanto “disponibile in casa” con elementi che lasciano un po’ perplessi e incidono profondamente sull’architettura generale delle macchine. La maggior parte dei costruttori adotterà tecnologie con urea, direttamente derivate dal mercato automotive, che richiedono sicuramente maggiore attenzione nella gestione quotidiana dei mezzi, che potrebbe dare dei problemi in situazioni di temperature estremamente basse (necessario usare serbatoi fortemente coibentati per non ghiacciare il contenuto) ma che, al contempo, hanno il vantaggio di essere spesso impiegate su evoluzioni di motori già in uso e di cui si conosce perfettamente la manutenzione. Altri costruttori hanno invece preferito impiegare elementi catalizzanti che però, alla luce dei fatti, lavorano a temperature molto alte che possono arrivare anche a 650°C (con tutti i problemi del caso, soprattutto per gli escavatori idraulici che già soffrono di questo inconveniente per le ingenti coibentazioni mirate al contenimento delle emissioni sonore), nonché di ingombri tali da richiedere cofani

Il CEM di Caterpillar ha imposto una completa revisione dell'architettura degli escavatori idraulici del costruttore. Se nei modelli maggiori le differenze non si fanno troppo sentire, nei modelli più piccoli sorgono effettivamente dei problemi di ingombro e visibilità

Schema di funzionamento della trasmissione elettrica del Caterpillar D7E: le connessioni dei circuiti elettrici sono di tipo militare per garantire affidabilità e sicurezza; le tensioni spaziano dai 320 ai 480 Volts

veramente fuori misura in rapporto alla classe della macchina e al suo tipico impiego. Un esempio classico è dato dal Clean Emission Module di Caterpillar che, per adattare gli ottimi motori Acert alle stringenti normative Tier IV Interim e Tier IV Final, costringe a stravolgere, in un'ottica obiettivamente un po’ miope, le strutture degli escavatori e delle pale gommate, con risultati che sono sotto gli occhi di tutti. Ovviamente il costruttore deve potersi porre sul mercato con un’ottica competitiva ottimizzando le tecnologie presenti in casa, ma appare evidente come, se nel caso del D7E c’è stata un’approfondita ricerca con degli ulteriori e possibili sviluppi, in questo caso si sia stati obbligati a rispondere a un semplice dettato normativo senza in realtà fare proprio un vero tema di ricerca mirato al futuro. Sicuramente ne vedremo delle belle.

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spe c i a l e

POSSIBILITà DI RIQUALIFICAZIONE DI UN’IMPORTANTE AREA BALNEARE di muggia L’applicazione dell’analisi di rischio sito-specifica può essere utile ad indicare il destino di un sito pubblico attraverso differenti proposte d’intervento di Paolo Bevilacqua* e Laura D'Aprile**

L

'analisi di rischio sito-specifica prevista dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. costituisce un utile strumento di valutazione delle opzioni di riqualificazione attuabili in siti di interesse pubblico o privato. Il sito denominato “Acquario”, ubicato nel Comune di Muggia (TS), lungo circa 1 km e largo 30 m, è costituito da un terrapieno realizzato su un tratto di costa che collega Trieste con la Repubblica Slovena. La caratterizzazione chimica del terrapieno, costruito con materiali di riporto di varia provenienza, aveva evidenziato il superamento delle Concentrazioni Soglia di Contaminazione (CSC) definite dal D.Lgs. 152/06 per l'uso residenziale dei suoli, per IPA, metalli pesanti, Idrocarburi C>12 e PCB. Nel 2007 il Comune di Muggia ha affidato al CIGRA (Centro Interdipartimentale di Gestione e Recupero Ambientale) dell’Università degli Studi di Trieste la predisposizione e la realizzazione del

piano della caratterizzazione e dell’analisi di rischio sito specifica per il sito Acquario. Sono state condotte a tal fine una serie di indagini multidisciplinari integrate (geologiche, idrogeologiche, geochimiche, geofisiche, ambientali e di analisi di rischio) che hanno permesso di: • produrre un modello georeferenziato del sito; • determinare le proprietà fisiche medie dell’aggregato terreno-fluidi; • ricostruire la geometria e la natura dei terreni (naturali e di riporto); • riconoscere l’estensione e la natura dei fluido di saturazione presenti nel sottosuolo; • ricostruire il modello concettuale del sito e i principali processi di flusso e trasporto; • riconoscere e verificare la permeabilità del fronte mare e l’instabilità geostatica della scogliera; • determinare l’eventuale presenza di in-

Figura 1. Foto aree dell'area Acquario (CIGRA 2009): a sinistra la fase di colmata, a destra l’opera conclusa

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quinanti nel terreno eterogeneo di riporto, nei sedimenti a mare, nelle acque di falda sulla terraferma e nella colonna d’acqua in mare; • riconoscere nel sito Acquario quattro zonesorgente caratterizzate da diverse geometrie e spessori, permeabilità dell’acquifero, presenza e concentrazione di inquinanti; • eseguire l’analisi di rischio su ciascuna delle 4 zone individuate; • verificare lo stato di qualità dei sedimenti del tratto di costa prospiciente la scogliera perimetrale del terrapieno; • evidenziare la presenza di contaminanti in colonna d’acqua in associazione al particellato in sospensione. Nell'ambito delle attività di ricerca svolte dall'Università sono stati quindi raccolti, analizzati e confrontati tutti i dati disponibili: storici, geografici, geologici, idrogeologici, batimetrici, analisi chimiche, che sono stati successivamente inseriti in una banca di dati georiferita (ESRI ArcMap 9.2). Fra le elaborazioni più significative che sono state ottenute dalle ricerche dell'Università di Trieste si menziona: • la superficie topografica dell’attuale terreno e quella batimetrica dell’adiacente fondale marino; • la superficie della spiaggia sepolta (paleospiaggia) in raccordo all’adiacente fondale marino.


La differenza fra le griglie delle due superfici ha permesso di calcolare lo spessore del terrapieno e quindi il volume del materiale conferito. Il risultato finale di queste elaborazioni ha permesso di ottenere il modello tridimensionale del terrapieno, stimando in 95.000 m3 il volume del terreno di riporto e in 3.500 m3 il volume complessivo della scogliera artificiale.

El aborazione dell'analisi di rischio L'analisi di rischio sito-specifica è stata elaborata con lo scopo di individuare i valori delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR) definite dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i., a partire da valori di rischio individuale e cumulativo accettabile, posti pari a: • per le sostanze cancerogene: R=10-6 per il rischio individuale, R=10-5 per il rischio cumulato; • per le sostanze non cancerogene: HI = 1. Obiettivo dell'analisi è stato quello di valutare gli interventi necessari per l’utilizzo dell’area compatibilmente ai livelli accettabili di rischio sanitario-ambientale sopra indicati. L’analisi è stata condotta mediante l’applicazione del software Giuditta v.3.2, basato sugli standard ASTM E-1739-95 e PS-104-98 e disponibile gratuitamente sul sito della Provincia di Milano. La versione 3.2 del software tiene conto delle indicazioni del Tavolo Tecnico istituito da ISPRA (ex APAT), costituito da rappresentanti dell’ISS, ISPESL, ARPA e Regioni, che ha prodotto l'elaborato rev. 2 (marzo 2008) “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati”. Modello Concettuale del Sito

Le attività di ricostruzione del modello concettuale si sono basate su dati sito-specifici e sono finalizzate all’esplicitazione di tutte le variabili che possono influenzare il trasporto dei contaminanti, il loro arrivo ai bersagli individuati e le modalità di assunzione degli stessi. Sulla base delle risultanze delle attività di caratterizzazione condotte sul sito e delle ipotesi formulate in fase di elaborazione del Modello Concettuale Preliminare, sono state individuate 4 sorgenti di contaminazione spazialmente distinte per il Suolo Superficiale (SS) e per il Suolo Profondo (SP).

sorgente 1 CSR ver/res CSR comm/ind Cmax Quali contaminanti di SUPERFICIALE (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg) interesse sono state Benzo(a)antracene 0,61 2,87 0,76 selezionate tutte le Benzo(b)fluorantene 2,75 5,9 0,63 sostanze che presentano almeno un Benzo(a)pirene 0,1* 10* 0,43 superamento delle PCB 1,40E-01 0,52 0,22 CSC per ciascuna Arsenico 20* 50* 33,6 sorgente di contaminazione. Non essenDibenzo(a,e)pirene 0,1* 10* 0,28 do stato riscontrato Dibenzo(a,h)pirene 0,1* 10* 0,24 alcun superamento Dibenzo(a,l)pirene 0,1* 10* 0,72 delle CSC per le acque sotterranee, tale Mercurio 1,29 6,52 7,96 matrice non è stata sorgente 1 CSR ver/res CSR comm/ind Cmax presa in consideraprofondo (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg) zione ai fini dell’elaMercurio 1,81 10,4 18,22 borazione dell’analisi sorgente 2 CSR ver/res CSR comm/ind Cmax di rischio. In Figura SUPERFICIALE (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg) 2 viene rappresentata l’ubicazione indiBenzo(a)antracene 0,61 2,87 19,47 cativa delle quattro Benzo(b)fluorantene 2,75 5,9 12,75 sorgenti di contamiBenzo(a)pirene 0,1* 10* 8,44 nazione (S1 =sorgenIndeno(1,2,3te 1, S2=sorgente 3,82E-01 5* 3,72 cd)pirene 2, S3=sorgente 3 e Dibenzo(a,h) S4=sorgente 4). Per 0,1* 10* 2,3 antracene semplicità di rappresentazione e di elaDibenzo(a,e)pirene 0,1* 10* 6,64 borazione dell’analisi Dibenzo(a,h)pirene 0,1* 10* 8,96 di rischio sono state Dibenzo(a,l)pirene 0,1* 10* 15,21 assunte le stesse sorgente 2 CSR ver/res CSR comm/ind Cmax dimensioni per le sorgenti nel SS e nel profondo (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg) SP. In particolare, in Idrocarburi C13-C18 34,1 (232) 34,1 (498) 459 accordo con il prinMercurio 1,81 10,4 18,22 cipio di ragionevole sorgente 3 CSR ver/res CSR comm/ind Cmax conservatività, sono SUPERFICIALE (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg) state assunte le dimensioni maggiori tra Arsenico 20* 50* 23,5 quelle individuate riMercurio 1,29 6,52 4,9 spettivamente per SS sorgente 4 CSR ver/res CSR comm/ind Cmax e SP. Ai fini dell’appliSUPERFICIALE (mg/kg) (mg/kg) (mg/kg) cazione dell'analisi di rischio sono stati preDibenzo(a,e)pirene 0,1* 10* 0,22 si in considerazione: Dibenzo(a,l)pirene 0,1* 10* 0,17 • lo scenario di *pari alla CSC esposizione di Tabella 1. Risultati del calcolo delle CSR in relazione alle sorgenti di contaminazione tipo residenziale, in considerazione del potenziale utilizzo • lo scenario di esposizione di tipo indudel sito come area urbana ad uso verde/ striale/commerciale al fine di valutare gli ricreativo; interventi necessari in una condizione di

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spe c i a l e

Figura 2. Rappresentazione delle quattro sorgenti di contaminazione nel sito Acquario (CIGRA 2009)

esposizione meno restrittiva di quella residenziale. I potenziali percorsi di esposizione negli scenari residenziale e industriale sono costituiti dall’ingestione, contatto dermico e inalazione di vapori outdoor/indoor per il suolo superficiale, dall’inalazione di vapori outdoor/indoor per il suolo profondo. I fattori di esposizione per ciascuno scenario individuato e per i relativi bersagli sono tratti dal manuale ISPRA “Criteri metodologici per l’applicazione dell’analisi assoluta di rischio ai siti contaminati”, rev. 2. In merito al percorso di lisciviazione del SS e/o SP contaminato in falda, si è ritenuto opportuno sostituire l’attivazione di tale percorso e il potenziale rischio per il bersaglio mare, già individuato nel modello concettuale preliminare, con la verifica diretta del raggiungimento dei valori di CSC alla rete di monitoraggio (Punto di Conformità) che dovrà essere realizzata

lungo la linea di costa per l’intera estensione del sito contaminato. Tale scelta deriva dalle seguenti motivazioni: • la vicinanza del sito al mare (ci si trova sulla linea di costa), comporta una notevole difficoltà di simulare, attraverso modelli di analisi di rischio di livello 2, i fenomeni di interscambio tra acque marine e acque sotterranee che interessano l’area in esame; • sulla base dei dati di caratterizzazione non ci sono evidenze di contaminazione delle acque sotterranee; • la verifica diretta delle concentrazioni presenti nelle acque sotterranee consentirà anche di monitorare eventuali fenomeni di mobilizzazione degli inquinanti (ad es. metalli e Idrocarburi C>12) presenti nel suolo, a seguito di variazioni di pH e Potenziale Redox che risultano particolarmente frequenti in aree costiere a seguito di fenomeni di intrusione del cuneo salino. In merito alla volatilizzazione degli inquinanti, in relazione a quanto riportato nel manuale “Criteri metodologici” e nell'Appendice V dello stesso, si evidenzia che le equazioni per il calcolo del fattore di volatilizzazione outdoor e indoor rappresentano la capacità attuale di descrizione matematica dei fenomeni in un’analisi di rischio di Livello 2. Laddove l’applicazione di tali equazioni determini un valore di rischio non accettabile per tale via di esposizione, potranno essere eventual-

SORGENTE 1 Calcolo delle csr - verde/residenziale Le CSR definite per SS risultano superate per i parametri: benzo(a)antracene, benzo(a) pirene, PCB, arsenico, mercurio, dibenzo(a,e)pirene, dibenzo(a,h)pirene e dibenzo(a,l) pirene. Le CSR calcolate per SP risultano superate per il solo parametro mercurio. Calcolo delle CSR - commerciale/industriale Le CSR definite risultano superate per il parametro mercurio. Proposte di intervento: utilizzo verde/residenziale L’analisi condotta mostra la necessità, in tempi brevi, di un intervento di interruzione dei percorsi di esposizione da suolo superficiale. Per i contaminanti volatili, qualora si prevedesse la realizzazione di edifici chiusi, dovranno essere previste campagne di monitoraggio del soil gas e dell’aria indoor con periodicità da concordare con gli enti di controllo locali (Arpa e ASL). Analoghi monitoraggi dovranno essere previsti per l’aria outdoor in relazione alla presenza di mercurio. Proposte di intervento: utilizzo commerciale industriale In relazione al superamento delle CSC per il parametro mercurio, qualora si prevedesse la realizzazione di edifici chiusi, dovranno essere previste campagne di monitoraggio del soil gas e dell’aria indoor con periodicità da concordare con gli

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mente previste campagne di indagini (misure di soil-gas, campionamenti dell’aria indoor e outdoor) allo scopo di verificare i risultati ottenuti mediante l’applicazione del modello matematico. Pertanto ai fini della presente analisi di rischio, l’attivazione del percorso di inalazione indoor all’interno del software è stata sostituita dal vincolo di misura diretta delle concentrazioni in aria all’interno degli edifici che verranno eventualmente realizzati nell’area. Tale scelta è motivata inoltre dalle seguenti considerazioni aggiuntive: • nello scenario attuale non sono presenti sul sito spazi chiusi (capannoni, edifici, cabine, ecc.); • non si conoscono le caratteristiche degli edifici di futura realizzazione sul sito. I parametri sito-specifici sono stati selezionati sulla base delle indicazioni contenute nel documento ISPRA “Documento di riferimento per la determinazione e la validazione dei parametri sito-specifici” e delle risultanze delle indagini di caratterizzazione condotte. Per le proprietà chimico-fisiche e tossicologiche degli inquinanti indicatori elencati nelle tabelle sono stati assunti i valori della banca dati ISS-ISPESL, aggiornata a maggio 2008. Il valore di Kd per i metalli pesanti è stato assunto corrispondente a un pH di 6,8 e le proprietà tossicologiche per contatto dermico sono state poste pari alle proprietà corrispondenti all’esposizione per via orale.

enti di controllo locali (Arpa e ASL). Analoghi monitoraggi dovranno essere previsti per l’aria outdoor in relazione allo stesso parametro.

SORGENTE 2 Calcolo delle CSR - verde/residenziale Le CSR calcolate per SS risultano superate per i parametri: benzo(a)antracene, benzo(b)fluorantene, benzo(a)pirene, dibenzo(a,h)antracene, indeno(1,2,3-cd)pirene, dibenzo(a,e)pirene, dibenzo(a,h)pirene, dibenzo(a,l)pirene, dibenzo(a,i)pirene. Risultano inoltre superati i valori di CSR per il parametro idrocarburi alifatici C13C18 (SS e SP) e aromatici C13-C22 (SS). Calcolo delle CSR - commerciale/industriale Le CSR calcolate risultano superate per i parametri benzo(a)antracene, benzo(b) fluorantene e dibenzo(a,l)pirene nel SS. Proposte di intervento: utilizzo verde/residenziale L’analisi condotta mostra la necessità, in tempi brevi, di un intervento di interruzione dei percorsi di esposizione da SS. Per i contaminanti volatili, qualora si prevedesse la realizzazione di edifici chiusi, dovranno essere previste campagne di monitoraggio del soil gas e dell’aria indoor con periodicità da concordare con gli enti di controllo locali (Arpa e ASL). Analoghi monitoraggi dovranno essere previsti per l’aria outdoor.


Per gli “Idrocarburi C>12” e “Idrocarburi C<12”, sono stati inseriti come inquinanti indicatori le singole frazioni secondo la speciazione MADEP, le cui proprietà chimico-fisiche e tossicologiche sono contenute nella banca dati ISPESL-ISS. Le concentrazioni inserite per le singole classi sono quelle corrispondenti ai campioni che presentano la concentrazione massima per il parametro Idrocarburi C>12 per ciascuna sorgente, così come risultanti dai certificati analitici forniti. Calcolo delle Concentrazioni Soglia di Rischio (CSR)

Sono state eseguite distinte simulazioni in relazione alla: • sorgente di contaminazione (SS e SP); • modalità di esposizione (indoor e outdoor). La c lasse di composti “IPA totali” non è stata inserita tra gli inquinanti indicatori, ma sono stati considerati i singoli componenti della classe che hanno evidenziato un superamento della CSC. Nel seguito sono riportati e commentati i risultati dell'analisi di rischio in relazione ad ogni sorgente di contaminazione e ad ogni modalità di esposizione. Allo scopo di valutare anche in termini di costi/benefici le possibili opzioni di intervento, sono stati valutati due scenari: • scenario verde/residenziale; • scenario commerciale/industriale. Si evidenzia che il software Giuditta per alcune sostanze (ad es. IPA) indica in parentesi le CSR

calcolate e riporta come CSR il limite di solubilità della sostanza. In tali casi può essere verificata in modalità diretta l’accettabilità delle concentrazioni massime misurate e imposta tale concentrazione come CSR. Si osserva inoltre che, nei casi in cui le CSR risultino inferiori alle CSC, le CSC costituiscono limite di riferimento per la bonifica. Si evidenzia inoltre che, per il calcolo delle CSR sono state prese in considerazione tutte le sostanze per le quali si è verificato, mediante l'applicazione dell'analisi di rischio in modalità diretta (BASELINE RISK) il superamento dei limiti tollerabili. Nella tabella 2 sono riportati i risultati per ciascuna sorgente.

Osservazioni conclusive Il sito Acquario risulta essere un’importante area per lo sviluppo turistico e balneare del lungomare che dalla cittadina di Muggia porta alla repubblica slovena, essendo le zone balneari della costa che unisce Trieste alla Slovenia, per la loro stessa geologia/morfologia, molto ridotte. Lo studio condotto dal CIGRA dell’Università degli Studi di Trieste, per conto del Comune di Muggia, ha permesso di giungere a soluzioni di utilizzo di quest’area di circa 30.000 mq. Sulla base delle risultanze e delle valutazioni condotte, sono state quindi formulate le seguenti osservazioni per eventuali utilizzi del sito, o di sue porzioni, come zone verde/residenziale o come zone commerciali/industriali.

Proposte di intervento: utilizzo commerciale/industriale L’analisi condotta mostra la necessità, in tempi brevi, di un intervento di interruzione dei percorsi di esposizione da suolo superficiale. Per i contaminanti volatili, qualora si prevedesse la realizzazione di edifici chiusi, dovranno essere previste campagne di monitoraggio del soil gas e dell’aria indoor con periodicità da concordare con gli Enti di Controllo locali (Arpa e ASL).

SORGENTE 3 Calcolo delle CSR - verde/residenziale Le CSR calcolate per SS risultano superate per i parametri: arsenico e mercurio. Calcolo delle CSR - commerciale/industriale Non si evidenziano superamenti delle CSR calcolate. Proposte di intervento: utilizzo verde/residenziale L’analisi condotta mostra la necessità, in tempi brevi, di un intervento di interruzione dei percorsi di esposizione da suolo superficiale. Per i contaminanti volatili, qualora si prevedesse la realizzazione di edifici chiusi, dovranno essere previste campagne di monitoraggio del soil gas e dell’aria indoor con periodicità da concordare con gli enti di controllo locali (Arpa e ASL). Analoghi monitoraggi dovranno essere previsti per l’aria outdoor.

Si osserva che l’area denominata Acquario necessita di interventi di mitigazione del rischio/interruzione dei percorsi di esposizione prima di un eventuale utilizzo di tipo residenziale e limitati interventi nel caso di utilizzo industriale/commerciale. In aggiunta alle azioni indicate, è stata segnalata al Comune di Muggia anche la necessità di: • interventi di ripristino ambientale e di risistemazione geotecnica della scogliera, onde evitare il dilavamento dei materiali presenti nell’area da parte del moto ondoso (tale dilavamento è testimoniato dalle concentrazioni di sostanze riconducibili a quelle presenti nell’area Acquario nei sedimenti dell’area marina prospiciente il sito); • realizzazione di una rete di piezometri lungo la linea di costa che consenta di monitorare l’eventuale migrazione di contaminanti verso le acque di falda, non essendosi ad oggi verificati superamenti delle CSC in falda. Tale monitoraggio costituisce anche una prescrizione connessa alle risultanze dell’analisi di rischio, per la quale, come sopra detto, non è stato attivato il percorso di lisciviazione e trasporto in falda. *Direttore del CINIGeo **Responsabile Settore Siti Contaminati ISPRA

Proposte di intervento: utilizzo commerciale industriale In relazione alla presenza di mercurio, qualora si prevedesse la realizzazione di edifici chiusi, dovranno essere previste campagne di monitoraggio del soil gas e dell’aria indoor con periodicità da concordare con gli enti di controllo locali (Arpa e ASL).

SORGENTE 4 Calcolo delle CSR - verde/residenziale Le CSR definite per SS risultano superate per i parametri: dibenzo(a,e)pirene e dibenzo(a,l)pirene. Calcolo delle CSR - commerciale/industriale Non si evidenziano superamenti delle CSR calcolate. Proposte di intervento: utilizzo verde/residenziale L’analisi condotta mostra la necessità, in tempi brevi, di un intervento di interruzione dei percorsi di esposizione da suolo superficiale, cosa che può avvenire mediante realizzazione di una idonea copertura che consenta di isolare le matrici ambientali contaminate. Proposte di intervento: utilizzo commerciale industriale Non sussistono particolari vincoli a tale utilizzo.

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pa n o r ama az i e nd e

IL MADE IN ITALY DI QUALITà Diversificazione dei prodotti, sviluppo di nuovi mercati e un servizio ad alto livello: questa la filosofia che ha permesso a Canginibenne di espandersi anche nel 2010 di Maria Beatrice Celino

I

mmersa nel cuore dell’Appennino romagnolo, la sede di CanginiBenne occupa una superficie di 14.000 m2. Al core business principale, costituito da benne per macchine, attacchi rapidi e attrezzature per demolizione e riciclaggio, è stata introdotta recentemente, grazie alla lungimiranza aziendale, una gamma di nuovi prodotti; ce ne parla Giorgio Cangini, titolare dell’azienda. CanginiBenne è oggi un’azienda affermata, ma facendo un passo indietro quali sono stati i momenti significativi del vostro percorso? La CanginiBenne è nata oltre 20 anni fa come

Giorgio Cangini, titolare di CanginiBenne s.r.l.

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azienda produttrice di benne e attacchi rapidi per macchine movimento terra da 0,6 a 12 t. A tutt’oggi questi prodotti costituiscono il “core business” aziendale. Nel corso degli anni l’azienda è cresciuta e, per rimanere al passo con i tempi e le esigenze del mercato, ha ampliato la propria gamma introducendo attrezzature per la demolizione, manutenzione del verde, edilizia e manutenzione stradale. Nel nostro sito internet aziendale www.canginibenne.com è possibile conoscerne tutti i dettagli. In un mercato complesso come quello attuale quali sono le strategie che state mettendo in campo? La crescita interna è stato un obiettivo che la CanginiBenne ha perseguito e raggiunto durante questo periodo. Oggi l’azienda può contare su di un ufficio tecnico sempre aggiornato sulle esigenze e sulle richieste del cliente, un ufficio commerciale che cura con particolare attenzione il servizio post–vendita ed i contatti con i clienti, un ufficio marketing sempre attento ai cambi di tendenza e a mantenere l’immagine aziendale ad un livello elevato, un reparto produzione efficiente e un ufficio amministrazione impeccabile. Lo sviluppo aziendale, attraverso l’introduzione di nuove attrezzature ha permesso all’azienda di superare egregiamente la crisi del 2009, senza licenziamenti né cassa integrazione, mantenendo il fatturato a buoni livelli.

Si parla tanto di formazione ed innovazione tecnologica: cosa ci può dire in merito? La formazione e l’innovazione tecnologica sono un altro obiettivo importante, perseguito e raggiunto dalla CanginiBenne che investe in ricerca e sviluppo circa 10.000 ore l’anno; in merito a ricerca e sviluppo, coinvolgiamo ingegneri e progettisti che possono così dedicarsi allo studio di nuovi prodotti e al miglioramento di quelli esistenti. Crescendo è inevitabile l’espansione: quali sono i mercati che state esplorando? Nel 2010, oltre alla partecipazione a fiere importanti quali il Bauma di Monaco, il CTT di


PeVmedia.com

Mosca ed il Saie di Bologna, l’azienda ha ampliato la conoscenza dei mercati esteri; grazie ad un lavoro di internazionalizzazione, realizzato con missioni e visite ad importatori stranieri, sono state raccolte molte richieste da parte di aziende estere a distribuire il prodotto CanginiBenne nel proprio Paese.

Non parliamo solo di Europa ma anche di America Latina: Brasile, Perù, Cile, Australia, Russia e Africa. Per mantenere costante questo impegno di internazionalizzazione, nel 2011 parteciperemo ad altre manifestazioni importanti del settore come il Samoter a Verona, Conexpo a Las Vegas, CTT a Mosca, Intermat Middle East ad Abu Dhabi, oltre alla partecipazione ad altre fiere minori per dimensione, ma non meno importanti per il nostro settore. Offriamo inoltre, per chi fosse interessato a visitare una o più fiere tra quelle menzionate, la possibilità di contattare il nostro ufficio commerciale (0547/698020) per fornirvi qualsiasi informazione. Cosa vi aspettate e cosa vorrete realizzare in un prossimo futuro? Il 2011 sarà un anno di consolidamento dei mercati esteri, anche quelli di oltre oceano; riteniamo che questa sia un'attività importante per far conoscere il made in Italy di qualità.

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... informazione e visibilità hanno nuovo PESO è on-line il portale di informazione e aggiornamento sul mondo delle bonifiche, dei rifiuti e delle demolizioni.

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tested

ECCO PERCHÉ RACHEL È UNA VALIDA ALTERNATIVA AI SOFTWARE ADR IN COMMERCIO Schermata dopo schermata vi mostriamo le principali innovazioni contenute nel software sviluppato al Politecnico di Torino per la corretta elaborazione dell’analisi di rischio sanitaria ambientale di Pamela Alessia Chiara Marescalco e Maria Chiara Zanetti*

N

ello scorso numero di Eco abbiamo presentato l’uscita del nuovo software RACHEL, sviluppato al Politecnico di Torino per l’analisi di rischio sanitaria ambientale. In questo articolo ci soffermeremo invece su alcuni dettagli tecnici che permetteranno ai lettori di comprendere meglio caratteristiche e funzionalità del software. Per agevolare una più immediata comprensione del suo funzionamento, mettendo anche in luce l’attenzione posta al “restyling” grafico del software, riteniamo che il modo migliore sia mostrare e descrivere le principali schermate che si presentano all’utente durante l’utilizzo del programma. Iniziando dalla schermata principale, riportata in Figura 1, si evidenzia come sia possibile selezionare i contaminanti e visualizzarne le proprietà (Figura 4), editare le proprietà stesse (qualora la

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Anno 4 - Numero 13

banca dati ISS/ISPESL nel suo aggiornamento del maggio 2009 – che è stata presa come riferimento per il software – non suggerisca alcun valore per una determinata proprietà), selezionare la destinazione d’uso e individuare le sorgenti secondarie (Figura 2). Sulla base delle concentrazioni rappresentative inserite e dei parametri chimico fisici delle sostanze e del sito, RACHEL effettua in automatico il controllo sulla presenza di prodotto libero. L’utente può inoltre visualizzare i limiti di legge previsti dal D.Lgs. 152/06 (Figura 3) e, qualora la banca dati ISS proponga un limite di legge non fissato dal testo unico ambientale per una specifica sostanza, può inserirlo. Ciò non comporta una modifica della banca dati di origine, ma soltanto un salvataggio legato al progetto in corso. Il progetto può poi essere salvato in qualsiasi momento, dal menù file che si trova nella schermata principale. L’utente può inoltre accedere alla guida di riferimento dal menu Help, che si trova sulla barra degli strumenti. In Figura 5 viene riportata la schermata relativa ai parametri del suolo dove, come nel resto delle finestre, l’utente trova l’indicazione dei parametri di default suggeriti dalle linee guida ISPRA (ex APAT), parametri che

in qualunque caso è possibile modificare inserendo dati sito specifici. Lo stesso discorso vale per i parametri relativi alla geometria della sorgente, nel suolo saturo/insaturo. In ciascuna finestra viene data indicazione all’utente, mediante apposite icone, su quali siano i parametri che fanno riferimento a valori di bibliografia, su quali dati derivino da calcoli fatti sulla base dell’inserimento di altri parametri ed infine, in caso di inserimento incompleto o non corretto, un “warning” fornisce indicazione dell’errore commesso. Nella Figura 6 è riportata la schermata di selezione dei fattori di trasporto: si può notare come l’utente abbia la possibilità di inserire le concentrazioni misurate in aria presso il bersaglio, senza dover ricorrere al modello gaussiano per la volatilizzazione. Infine, tralasciando le sottofinestre relative all’inserimento dei parametri indoor e outdoor, si passa alla schermata riportata in Figura 7, dove si trovano i parametri relativi all’esposizione. Si noti che, sulla base della destinazione d’uso selezionata inizialmente,


Figura 1. Schermata principale

Figura 4. ProprietĂ dei contaminanti (Schermata parziale)

Figura 2. Selezione contaminanti e inserimento concentrazioni

Figura 5. Sottofinestra relativa ai parametri del suolo

Figura 3. Visualizzazione limiti di legge

Figura 6. Selezione dei modelli “fate and transport�

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tested

CARATTERISTICHE AVANZATO: • Risolutore veloce • Interfaccia interattiva • Modelli “fate and transport” • Possibilità di includere la presenza di prodotto libero • Classificazione MADEP e ISS/ISPESL per gli idrocarburi • Possibilità di evitare l’utilizzo del modello gaussiano semplificato per il trasporto VERSATILE: • Sorgenti di contaminazione definite dall’utente • Concentrazioni in aria definite dall’utente • Parametri sito–specifici inseriti dall’utente • Non è necessario cercare di volta in volta riferimenti alle linee guida (RACHEL suggerisce tutti i valori di default o suggeriti da ISPRA nelle relative interfacce) durante lo svolgimento del progetto SEMPLICE: • Interfaccia “friendly” • Visualizzazione semplice • Selezione immediata dei dati dalle banche dati • Output esportabili • Tutorial on line

Figura 7. Sottofinestra relativa ai parametri ed alle modalità di esposizione

risulteranno attive o non attive le celle relative ai parametri in uso per quel determinato scenario. Una volta completate tutte le sottofinestre, dalla barra degli strumenti “Analisi di rischio” è possibile selezionare l’analisi di rischio di livello I oppure di livello II in modalità forward e backward, o infine l’analisi di livello II in modalità soltanto backward. L’output finale di un’analisi di rischio di II livello è riportato a titolo di esempio in Figura 8.

CONCLUSIONI RACHEL è stato presentato ufficialmente il 25 Gennaio 2011 presso il Politecnico di Torino ed è ora disponibile per la commercializzazione. Il software è stato diffusamente testato dagli autori e confrontato con i criteri metodologici proposti da ISPRA/APAT (vedasi appendici ai criteri metodologici). RACHEL offre un’alternativa agli altri software comunemente usati, è integrato con la versione più aggiornata della banca dati delle so-

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Figura 8. Output esempio di analisi di rischio di livello II

stanze contaminanti redatta da ISPESL/ISS e segue i criteri metodologici per l’analisi di rischio sanitaria ambientale focalizzata sulla salute umana. La versione 1.0 attualmente disponibile verrà immediatamente adeguata qualora ci fosse-

ro aggiornamenti della banca dati ISS o modifiche nel testo unico ambientale/nei criteri metodologici. Per informazioni: pamela.marescalco@polito.it *DITAG, Politecnico di Torino


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wor k i n pro gr e ss

Bonifica della ex discarica Pariti 1-Liquami: risultati e aspetti operativI Un esempio di successo dell’intervento pubblico nella bonifica di una ex area di cava utilizzata in passato come discarica di rifiuti eterogenei, anche pericolosi di Claudio Mariotti*, Micaela Faieta*, Maurizio Croce** e Salvatore Acampora*

L

a discarica denominata “Pariti 1-Liquami”, ubicata in comune di Manfredonia (FG), occupa l’area di una ex cava di calcarenite, la cui attività di sfruttamento era cessata alla fine degli anni ’60, ed è compresa in un ambito territoriale piuttosto complicato dal punto di vista ambientale, in quanto interessato dalla compresenza di altre discariche di rifiuti, di varia tipologia, e di un esteso fenomeno di inquinamento delle acque di falda, proprio dovuto alle discariche. A seguito dell’apertura di una procedura di infrazione da parte della UE che imponeva la bonifica delle discariche “pubbliche” non a norma ubicate nel territorio di Manfredonia, l’intera zona è divenuta, a partire dal 2003-2004, oggetto di interventi di caratterizzazione, progettazione e bonifica/messa in sicurezza, mirati ad ottemperare agli obblighi imposti dalla Comunità e a ripristinare uno stato di qualità ambientale accettabile (Figura 1). Per la discarica Pariti 1-Liquami, dopo alcune indagini preliminari svolte nel periodo 2003– 2006, è stato redatto e realizzato un primo progetto di bonifica che riguardava un’area di cava di circa 2.900 m2, in cui si prevedeva di rimuovere circa 15.500 m3 di rifiuti smaltiti nella ex cava. L’intervento si è svolto nel periodo marzo 2008–gennaio 2009, ma nel cor-

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so delle attività, avvicinandosi alla porzione procedere ad una nuova campagna di indaEst dell’area di lavoro, fu constatata la pre- gine integrativa, ad una nuova progettazione senza di ulteriori, e molto maggiori, quantita- dell’intervento “definitivo” di bonifica e ad un tivi di rifiuti - imprevisti e imprevedibili in fase nuovo appalto. progettuale - all’interno di un altro ex bacino Nel nuovo progetto esecutivo era prevista la di cava, contiguo a quello già noto ed al di rimozione di un volume di rifiuti di circa 35.500 sotto della rampa di accesso alla cava stes- m3, ripartiti nei settori di nuova individuazione sa, in quantità che, ad una stima volumetrica S4Bis - costituito da un volume di rifiuti pari a preliminare, avrebbero comportato più che il circa 18.000 m3 - e NB - costituito da un voluraddoppio dei volumi oggetto dell’intervento in corso. Sia per motivi di sicurezza operativa, che per aspetti amministrativi connessi alla gestione dell’intervento secondo le normative vigenti in materia di appalti pubblici, non fu possibile rimuovere tutti i 15.500 m3 previsti inizialmente dal progetto esecutivo, ma solo una parte di questi (circa 11.700 m3), ed è stato quindi necessario Figura 1. Inquadramento generale del sito e sintesi degli interventi in atto


Figura 2. Vista dell’area di discarica prima dell’inizio dell’intervento

me di rifiuti di circa 17.500 m . Le modalità di intervento del nuovo progetto di bonifica della discarica Pariti 1-Liquami, per i due settori S4Bis e NB, prevedevano la tecnica denominata di “landfill-mining”, attraverso: • una cantierizzazione con realizzazione di “aree tecniche” di lavoro adeguatamente dimensionate e realizzate, con l’obiettivo di gestire i rifiuti escavati dalla ex-cava nel modo più rapido ed ambientalmente compatibile e con il massimo rispetto delle norme vigenti; • lo scavo e la cernita selettiva di tutti i materiali non naturali presenti nei due settori S4Bis e NB (nel seguito “rifiuti”); • la caratterizzazione chimica dei rifiuti rimossi ai sensi della normativa vigente ai fini di un loro smaltimento e/o recupero; • il conferimento dei rifiuti rimossi presso idonei impianti esterni di smaltimento o recupero. Obiettivo primario della bonifica era pertanto la rimozione di ogni fonte di inquinamento 3

presente nella cavità della ex-cava, ottimizzando nel contempo le misure di sicurezza in corso d’opera, in modo da impedire ogni diffusione dei contaminanti nelle falde acquifere e nell'atmosfera. In questa direzione, era prevista l'asportazione e la caratterizzazione, per cumuli omogenei, di tutti i rifiuti abbancati nei settori S4Bis e NB individuati all’interno della ex cava Pariti 1-Liquami. A valle dello svolgimento di regolare gara di appalto pubblica, in data 15 aprile 2010 le aree di cantiere sono state consegnate all’Impresa per l’avvio dell’intervento e quindi il 21 aprile immediatamente successivo, sono iniziate effettivamente le attività operative di cantiere, con la fase di accantieramento. Tale fase, in considerazione di rinvenimenti imprevisti ed imprevedibili connessi alla presenza di altri rifiuti depositati al di fuori della cavità della ex cava che hanno reso necessaria una variante operativa, si è protratta fino al 10 agosto, ed è stata realizzata attraverso: • il posizionamento della cartellonistica di cantiere e la posa in opera della recinzione provvisoria di protezione dell’area di cava; • la pulizia ed il decespugliamento delle aree di lavoro, di transito e delle zone ove era prevista la realizzazione delle Aree Tecniche; • il livellamento, ove necessario, dell’area di cantiere, tramite la rimozione ed il riporto del terreno superficiale, per la viabilità interna (piste di cantiere) e nelle superfici di realizzazione delle aree tecniche; • l’adeguamento e posizionamento della segnaletica interna per la viabilità di cantiere; • l’installazione di box servizi di cantiere

• •

(Direzione per l’Esecuzione del Contratto, Ufficio Direzione cantiere e pesa, Spogliatoio operai, Magazzino cantiere, Servizio igienico); l’allacciamento di utilities relative all’energia elettrica ed alla fornitura di acqua per il cantiere, che sono state fornite tramite allaccio alle relative reti dell’impianto di Messa in Sicurezza d’Emergenza della falda limitrofo al cantiere in oggetto; il ripristino e l’adeguamento alle specifiche progettuali del sistema di lavaggio ruote automezzi di cantiere; l'installazione della pesa mobile certificata; la predisposizione di un’Area Tecnica di Lavorazione destinata alla riduzione volumetrica del materiale mediante frantoio mobile, e di un’Area Tecnica di Stoccaggio/Caratterizzazione costituita da n. 8

Figura 3. Schema di accantieramento

Categoria

Peso (t)

Rifiuti classificabili con codice CER 170504 (da destinare a recupero),

50.187,91

smaltiti presso impianti autorizzati debitamente comunicati e verificati Rifiuti classificabili con codice CER 191302, inviati comunque a smaltimento diretto

5.464,18

in discarica come rifiuti pericolosi (a causa del valore di Solfati nell’eluato >2.000 ppm) Rifiuti classificabili con codice CER 191302, ma inviati a trattamento come rifiuti pericolosi non

3.128,75

direttamente smaltibili in discarica (a causa del valore di Solfati e D.O.C. nell’eluato > dei limiti imposti per lo smaltimento diretto a discarica per pericolosi) Peso TOTALE smaltito pari a

58.780,84

Volume complessivo di materiale escavato (assumendo come valore medio un p.s. pari a 1,6 t/m3)

36.738 m3

Tabella 1. Categorie di rifiuti rinvenute e gestite

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wor k i n pro gr e ss

celle, di circa 500 m3 cad. di capacità, con muri di contenimento autoportanti e copertura fissa, dotate di canalette di refluimento del percolato e tubazioni di mandata ad una vasca di raccolta dello stesso (Figura 4); • la predisposizione di un’Area di stoccaggio temporaneo degli eventuali rifiuti ingombranti, con tre scarrabili da 10 m3 cad. a disposizione; • la perforazione e posa in opera di n. 3 piezometri per il monitoraggio delle acque di falda in corso d’opera. Durante le prime fasi di accantieramento, a causa del rinvenimento imprevisto ed imprevedibile di materiali non idonei alla posa delle due aree tecniche previste in progetto senza interventi aggiuntivi, a partire dal 15 giugno ed a seguito dell’approvazione di una specifica variante, parallelamente al prosieguo della fase di cantierizzazione, sono iniziate le attività di escavo e caratterizzazione on-site dei rifiuti, mediante cumuli di circa 250 m3 cadauno. A partire dal 22 giugno 2010, a valle del ricevimento dei primi bollettini analitici relativi alle analisi di caratterizzazione dei rifiuti escavati (e della conseguente assegnazione del relativo Codice CER e della destinazione finale), è iniziato l’allontanamento dei rifiuti dall’area di

cantiere. I rifiuti materiali estratti dall’interno del corpo di cava sono stati trasportati, appena le Aree Tecniche sono state progressivamente disponibili, dapprima nell'Area destinata alla riduzione volumetrica dei rifiuti scavati (Area Tecnica di Lavorazione) e di seguito collocati nell’Area di Stoccaggio/Caratterizzazione. Nella fase iniziale si è provveduto a rimuovere i rifiuti nel settore NB, iniziando dalla porzione sommitale dello stesso ed operando per sezioni di scavo parallele ed orizzontali. Nella fase successiva, raggiunta la medesima quota della porzione sommitale tra il settore NB ed il settore S4Bis, e verificato che le condizioni di scavo in sicurezza fossero garantite, si è proceduto alla rimozione dei rifiuti in contemporanea su entrambi i settori, operando sempre per sezioni di scavo parallele ed orizzontali. L’attività di rimozione è stata conclusa con la messa a giorno del substrato di base della cava (calcarenite in posto), previa eventuale rimozione del primo strato di roccia alterata, posto a diretto contatto con i rifiuti (spessore dell’ordine decimetrico e fino al rinvenimento di materiale “visibilmente” pulito). Lo spessore dei rifiuti abbancati è stato riscontrato in un range che varia da pochi metri (3 o 4, in corrispondenza dei “gradoni” e “testimoni” rinvenuti) e fino a circa 10 m nella parte sud periferica del settore S4Bis, mentre

è variabile tra 10 m e 13,5 m nel settore NB. Sulla base della cernita preliminare condotta già in fase di scavo, e a seguito del passaggio nell’Area di Lavorazione, i rifiuti sono stati trasportati nelle celle di accumulo realizzate nell'Area Tecnica di Stoccaggio/Caratterizzazione, e ivi depositati in attesa di caratterizzazione analitica, per lotti omogenei costituiti dai cumuli/celle realizzati, per il solo tempo necessario all’attribuzione del corretto codice CER e poter quindi determinare la tipologia di impianto off site per il recapito finale. Le attività di caratterizzazione dei rifiuti escavati, sono state svolte secondo un protocollo analitico finalizzato ad identificare il corretto conferimento esterno dei materiali, come previsto dal progetto approvato. E’ stata eseguita l’analisi di caratterizzazione sia ai sensi del D.Lgs. 152/06, che del D.Lgs. 36/03 e del D.M. 03/08/2005, e tutte le necessarie analisi in funzione dei requisiti autorizzativi dell’impianto di conferimento finale (omologa di conferimento). Nel corso delle attività di rimozione dei rifiuti dalla cava sono stati rinvenuti, una volta rimosso circa il 60% di volume di rifiuti, ulteriori materiali “imprevisti”, costituiti da residui granulari nerastri, fortemente maleodoranti che, dal punto di vista analitico erano classificabili

Figura 4. – Vista dell’Area tecnica di Lavorazione realizzata ed in attività

Figura 5. Attività di escavo rifiuti nella cava

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Anno 4 - Numero 13

Figura 6. Tipologia e “stratigrafia” dei rifiuti escavati


sul tal quale con codice CER 191302 (e quindi delle pareti della ex cava, come previsto nel non pericolosi), ma che presentavano nell’elua- progetto approvato in sede ministeriale. Per to valori elevatissimi di solfati (>4000 ppm) e di quanto concerne il fondo, l'indagine è consiD.O.C. (>400 ppm), che hanno reso necessario stita nel prelievo, progressivo, di campioni, nei il loro trasporto ad un idoneo centro di tratta- settori individuati (NB e S4bis) o in porzioni di mento prima dello smaltimento successivo. questi, secondo un reticolo a maglia quadrata Tale rinvenimento imprevisto ha reso necessa- di area 100 m2. Per quanto concerne le pareti, ria un’ulteriore variante in corso d’opera finaliz- l'indagine è consistita nel prelievo, progressizata a definire in maniera ottimale – secondo vo, di campioni per aree di indagine non magquanto previsto dalla vigente legislazione in giori di circa 50 m2. Sono stati prelevati commateria di rifiuti e di gestione di appalti pub- plessivamente 52 campioni di fondo scavo e blici- le modalità di gestione e, soprattutto, di 70 campioni da pareti, di cui ARPA Foggia ha trattamento e destino finale di tali materiali. eseguito in due diverse giornate le verifiche di Le attività di escavo sono proseguite fino al 20 campionamento ed i prelievi in contradditorio settembre 2010, data in cui è stato completa- per un’aliquota del 10%. Dagli esiti analitici rito lo svuotamento totale della ex-cava, men- sultano presenti superamenti dei valori relativi tre l’allontanamento dei rifiuti dal cantiere è ai limiti RES di cui alla tabella 1, allegato 5 del stato completato definitivamente il 30 settem- Titolo V del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. per: bre dello stesso mese. Considerando le sole • il 55,7% dei campioni prelevati sulle pareattività di escavo e movimentazione dei rifiuti, ti, con evidente in particolare la presenza le attività si sono svolte complessivamente in di Stagno (in 39 campioni su 70) e di Idro77 giorni lavorativi effettivi, dal 15 giugno al carburi C>12 (in 20 su 70), mentre altre 30 settembre 2010, di cui 69 per la fase di casostanze sono presenti sporadicamente ratterizzazione e gestione interna al cantiere (Arsenico, Cobalto, Rame, Zinco, Piombo, e di trasporto a destino finale. Il volume comMetilfenolo, DDD-DDT-DDE, I-TEQ); plessivo dei rifiuti presenti nella discarica di • il 44% dei campioni prelevati sul fondo, Pariti 1 – Liquami, settori di scavo S4bis e NB con Stagno e Idrocarburi C>12 essenzial(stimato in fase di progettazione essere pari a mente. circa 35.500 m3 di rifiuti) è risultato al termine Tali evidenze, così come altre quantità di madelle attività essere pari a 36.738 m3, come si teriali di rifiuto impreviste rinvenute in corso d’opera durante le fasi di scavo nelle aree cirevince dalla tabella 1. Al di là della pura classificazione dei suddetti costanti la ex cava, confermano, per tale catemateriali di rifiuto, e per completezza di infor- goria di attività di bonifica, l’estrema variabilità mazione, la descrizione “merceologica” degli stessi è ascrivibile a: • rifiuti urbani indifferenziati, in gran parte bruciati; • fanghi (disidratati) di impianti di depurazione, urbani e/o industriali; • scorie e materiali residuali di lavorazioni industriali; • macerie e materiali di demolizione di varia origine; • residui ferrosi eterogenei (lamiere e, addirittura, qualche pezzo di binario ferroviario!); • rocce e materiale di miniera contenenti zolfo nativo. Contestualmente al completamento delle operazioni di scavo dei rifiuti è stata eseguita, Figura 7. Vista da Sud dell’area di cava al termine sulle porzioni di intervento dei settori S4bis e dello svuotamento (sullo sfondo le due aree tecniche in NB, l’attività di caratterizzazione del fondo e fase di movimentazione conclusiva)

“operativa” che si viene a determinare e, soprattutto, la necessità di definire rapidamente delle varianti tecniche, che impattano anche sulla parte economica dell’appalto, finalizzate a risolvere le criticità emerse e proseguire nell’intervento. Le soluzioni individuate sono state definite, sia tecnicamente che economicamente, secondo le procedure previste dalla normativa vigente in materia di appalti pubblici (D.Lgs. 163/06 e s.m.i.). Tale normativa, pensata per interventi ed opere ingegneristiche (costruzioni, ecc.) come già più volte segnalato in manifestazioni e pubblicazioni sull’argomento, appare estremamente rigida nel caso di interventi riguardanti la bonifica di aree inquinate in cui, nella maggior parte dei casi, non è materialmente possibile definire con l’esattezza pretesa dalla norma in materia di appalti, volumi e caratteri chimici di materiali da trattare, proprio per la variabilità areale e verticale propria degli stessi. Tale indeterminatezza “congenita” comporta in taluni casi la necessità di varianti operative molto pesanti, sia tecnicamente che economicamente, e tali da rendere necessaria la sospensione delle attività ed una nuova gara di appalto per il completamento degli interventi, se tali varianti superano le soglie fissate dalla norma stessa. Nel caso in oggetto, fortunatamente, le varianti tecnico-operative adottate hanno permesso di chiudere comunque l’intervento nei limiti della norma, con oneri finali complessivi per le lavorazioni pari a 5.947.000 €, raggiungendo l’obiettivo primario del soddisfacimento delle richieste della UE secondo la procedura di infrazione sussistente (ovvero la completa rimozione dei rifiuti stoccati nella ex cava), con solo 47 giorni di attività operativa in più rispetto al termine originario previsto in progetto, pur a fronte di un notevole incremento di attività, e comunque ampiamente nei termini massimi richiesti dall’Unione Europea, anche considerando che in tale periodo sono compresi due fermi cantiere, per complessivi 10 giorni, necessari per la definizione, approvazione ed autorizzazione delle varianti in corso d’opera occorse. *Sviluppo Italia Aree Produttive S.p.A. **Soggetto Attuatore per la bonifica delle discariche di Manfredonia, ex OPCM nn. 3793/09 e 3836/09

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g e nekr i co wor n pro gr e ss

BIOTECNOLOGIE APPLICATE PER LA BONIFICA DI MTBE IN FALDA Un sistema efficace e ad elevata sostenibilità per contrastare la diffusione sempre più preoccupante di MTBE nelle acque sotterranee di Patrizia Pretto e Roberto Ricci*

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l Metil Ter Butil Etere (MTBE) è un composto organico di sintesi impiegato dagli anni settanta come additivo per la benzina per aumentarne il numero di ottani, in sostituzione del piombo tetraetile. Tralasciando la questione legata all’omesso inserimento della concentrazione limite di tale composto nelle tabelle di riferimento legislativo relative ai valori massimi di concentrazione dei contaminati nelle matrici ambientali, le caratteristiche di elevata mobilità e potenziale tossicità del contaminante creano non poca preoccupazione e solo di recente sono state emanate direttive che fissano la concentrazione di tale composto in un limite di 10 µg/l nelle falde acquifere. L’MTBE, grazie all’elevata solubilità, si diffonde in aree molto estese, dove, in mancanza di un processo di rimozione, esso permane per lungo tempo. L’utilizzo ad uso potabile o irriguo delle acque inquinate provoca l’ingresso del contaminante nella filiera alimentare. Tale scenario, unito alla potenziale tossicità del composto, sta assumendo proporzioni assai preoccupanti. Le attuali biotecnologie, caratterizzate da elevata sostenibilità ambientale ed economica, rappresentano un sistema efficace per la soluzione di problematiche di contaminazioni considerate difficili da risanare. Biosearch Ambiente, nel corso di dieci anni di attività, ha sviluppato una notevole esperienza in tecniche di biorisanamento di sostanze recalcitranti come, appunto, l’MTBE. Il caso specifico descritto nel presente articolo

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riguarda un evento di contaminazione causato dal ribaltamento di una cisterna contenente benzina verde. Per risolvere la problematica di contaminazione è stato immediatamente predisposto un intervento di messa in sicurezza d’emergenza, consistente nel pompaggio e nel trattamento dell’acqua di falda inquinata, mentre successivamente è stato allestito un sistema di bonifica, tramite tecnologia Air Sparging e Soil Vapor Extraction. Dopo circa due anni e mezzo di trattamento la contaminazione era fortemente diminuita, ma le concentrazioni in falda risultavano comun-

que elevate: 905 µg/l per il parametro idrocarburi totali, 175 µg/l per il parametro MTBE. Il perdurare della contaminazione, ha portato alla ricerca di soluzioni alternative con il coinvolgimento di Biosearch Ambiente che, al fine di valutare la fattibilità di un intervento biotecnologico, ha provveduto ad eseguire un “Test in microcosmo”.

Test in microcosmo Nell’ambito del Test, svolto presso il laboratorio di microbiologia ambientale e molecolare di Biosearch Ambiente, sono stati utilizzati

Figura 1. Grafici di degradazione dei contaminanti in falda: per tutte le miscele di nutrienti provate si nota una diminuzione considerevole degli idrocarburi al settimo giorno, mentre MTBE e TAME risultano completamente degradati dopo 28 giorni per tre prove su quattro


per 35 giorni, durante i quali è stata monitorata la diminuzione di idrocarburi totali, MTBE e TAME (Ter Amil Metil Etere), altro composto aggiunto alla benzina verde, come riportato nella Figura 1. Dopo una settimana dall’inizio del Test si è rilevata una repentina diminuzione degli idrocarburi totali, che rallenta in seguito, ma prosegue fino al trentacinquesimo giorno ottenendo un abbattimento di circa il 70-80% per tutte le linee testate. Gli idrocarburi ancora presenti al termine del Test sono probabilmente rappresentati da policiclici o lineari ramificati, più recalcitranti alla degradazione e che necessitano di più tempo per essere biodegradati. L’MTBE e il TAME subiscono invece un iniziale aumento in soluzione, in concomitanza con la diminuzione degli idrocarburi, per poi essere abbattuti totalmente entro il giorno 28 dall’inizio dell’esperimento, ad eccezione di quanto è accaduto nella prova Meg, dove la soluzione adottata è stata inefficace. Questo andamento della concentrazione dell’MTBE si spiega con il fatto che la solubilità in acqua di questi composti compete con quella nella fase idrocarburica indisciolta in falda e, al diminuire della concentrazione di benzina dovuto al metabolismo batterico, si verifica un aumento dei composti ossigenati, quale appunto l’MTBE, in acqua. Dai grafici riportati nella Figura 1, è possibile osservare come la magCONTAMINANTE gior parte degli idrocarGiorno 123 Giorno 184 (µg/l) buri contenuti nella benzina vengano demoliti S1 S2 S3 S1 S2 S3 con facilità dai microrgaBenzene <1 <1 <1 <1 <1 <1 nismi se sono create le Toluene <1 <1 <1 <1 <1 <1 condizioni nutrizionali e chimico-fisiche ottimali, Etilbenzene <1 <1 <1 <1 <1 <1 mentre, al contrario, Xilene <1 <1 <1 <1 <1 <1 MTBE e TAME vengono Idrocarburi totali <10 37 <10 <10 <10 <10 biodegradati in un secondo tempo e soltanto MTBE <1 <1 <1 <1 <1 <1 in seguito alla completa TAME <1 <1 <1 <1 <1 <1 scomparsa degli idroTBA <1 <1 <1 <1 <1 <1 carburi leggeri e non ramificati. Tabella 1. Concentrazioni di idrocarburi volatili, totali, TBA e TAME misurate in All'inizio e alla fine della campo dopo 123 e 184 giorni dall’aggiunta dei nutrienti: come si può vedere, tutti i contaminanti sono assenti tranne 37 µg/l di idrocarburi totali in S2 a val- prova è stata misurale della sorgente iniziale di contaminazione, che risultano comunque azzerati ta anche la presenza di nell’analisi successiva. Si riportano qui anche le analisi eseguite su acqua prele- TBA (Ter Butil Alcol) in vata da S3 per confermare la totale assenza di inquinanti anche in questo punto quanto questo prodotto, piccoli quantitativi di suolo e acqua inquinati, provenienti dal sito oggetto di indagine: questi sono stati trattati con miscele diverse di micro e macro nutrienti e altri elementi atti a favorire lo sviluppo della flora microbica in grado di degradare i contaminanti. Questo metodo permette di creare in scala di laboratorio le condizioni che verranno successivamente applicate sulle aree da bonificare. I nutrienti utilizzati sono totalmente atossici per l’uomo e l’ambiente e non lasciano nessun tipo di residuo, così come la flora microbica composta da organismi ambientali, non pericolosi per la salute umana e che decrescono a bonifica ultimata. I nutrienti impiegati dipendono dalla natura degli inquinanti da trattare e la miscela che verrà utilizzata nella prova in campo è quella che ha dato i migliori risultati nell'abbattimento di concentrazione dei contaminanti testati. L’acqua della falda contaminata proveniente dal sito in questione è stata trasportata in laboratorio per l’allestimento di quattro microcosmi (M1, M2, M3 e Meg) ognuno dei quali conteneva una miscela di nutrienti diversa e un potenziale redox controllato. Il campione presentava un sottilissimo strato oleoso e iridescente in superficie e un caratteristico odore di carburante. Le prove sono state condotte mantenendo la temperatura della falda a 16°C

Figura 2. Piezometri eseguiti in campo e loro posizione rispetto al flusso di falda e alla presenza degli inquinanti

che è cancerogeno, può formarsi dalla degradazione incompleta dell’MTBE. L'assenza di tale composto, durante tutto l'esperimento, testimonia che non c’è stata formazione di sostanze tossiche nell'ambito dell'applicazione tecnologica.

Applicazione in campo Nella Figura 2 è rappresentata l’area di intervento, caratterizzata da una matrice permeabile che ha permesso la percolazione diretta del contaminante in falda, in corrispondenza del punto di sversamento, posto a monte del punto S1. Gli altri punti di monitoraggio S2 ed S3 sono posti a valle idrogeologica come indicato dalla freccia blu. Sulla base degli ottimi risultati ottenuti nel Test in microcosmo è stato organizzato l’intervento in campo, eseguito mediante iniezione diretta delle miscele di nutrienti in falda, tramite spargimento sull’area di terreno contaminato. La miscela M2, che ha fornito i migliori risultati in termini di efficienza e sostenibilità, è stata diluita in abbondante acqua secondo le quantità indicate dalla prova in microcosmo e distribuita in un raggio di circa 10 m attorno al punto S1. Lo spargimento è stato eseguito per tre volte, in un periodo complessivo di tre mesi, mentre il monitoraggio è proseguito per sette mesi, dimostrando un abbattimento totale sia dei composti ossigenati (cfr Figura 3), che degli idrocarburi (anche policiclici e ramificati più recalcitranti) entro 3-5 mesi, come riportato in Tabella 1. Al momento dello spargimento in campo della miscela di nutrienti formulata in laboratorio, la concentrazione misurata di MTBE in S1 era di 131 µg/l ed è aumentata fino a 840

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Figura 3. Abbattimento della concentrazione di MTBE nei piezometri S1 (a sinistra) e S2 (a destra)

µg/l al trentaseiesimo giorno. Questo fenomeno, esattamente come avvenuto nell’ambito del Test in microcosmo, testimonia una massiccia degradazione degli idrocarburi con rilascio di MTBE in soluzione acquosa, il quale però subisce una successiva rapida diminuzione, come attestato dall’analisi al novantaseiesimo giorno. Dopo 123 giorni il composto non è più presente in falda, risultato che, confermato dopo 180 giorni, testimonia il suo definitivo abbattimento nel punto più vicino all’iniziale fonte di contaminazione.

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Per S2 il risultato ottenuto è simile: dopo un iniziale aumento verificatosi al giorno 96 di 159 µg/l (le analisi del trentaseiesimo giorno non sono pervenute), si ha una diminuzione che continua fino al giorno 186 in cui si registrano 21 µg/l, segno che anche la contaminazione a valle, non solo è stata drasticamente diminuita, ma continua a calare dopo tre mesi dall’ultima aggiunta di nutrienti. Un’eliminazione più rapida e totale di tutti gli inquinanti può essere ottenuta aumentando l’area e la frequenza degli spargimenti delle miscele detossificanti.

Conclusioni I risultati ottenuti per la bonifica del sito in questione testimoniano che le biotecnologie applicate al contesto ambientale (bioremediation) costituiscono un sistema efficace ed economicamente sostenibile, che può essere affiancato ai tradizionali metodi di messa in sicurezza e trattamento per risolvere problemi di inquinamento in modo rapido e con impatto ambientale nullo. * Biosearch Ambiente s.r.l.


TECNICHE INNOVATIVE DI DECOMMISSIONING A PORTO TORRES Una perfetta sinergia tra progettazione ed esecuzione è stata determinante per la riuscita del complesso intervento di demolizione di 4 gruppi caldaie e ciminiere alte fino a 150 m di Stefano Chiavalon*

L

’impresa General Smontaggi ha acquisito e portato a termine il “decommissioning” di un lotto dello stabilimento Syndial S.p.a. di Porto Torres, costituito da quattro caldaie sospese da 2000 tonnellate ciascuna, tre ciminiere di cui due di 130 m di altezza ed una di 150 m e un capannone CTE. La demolizione è stata realizzata utilizzando tecniche innovative con particolare cura degli aspetti progettuali. Per la demolizione delle caldaie si è adottato il metodo della “calata” controllata mediante martinetti, mentre le ciminiere sono state abbattute tramite crollo indotto senza l’utilizzo di esplosivo. Trattandosi di tecniche di demolizione non convenzionali è stato fondamentale prevedere gli esiti di ogni singola azione effettuata in tutte le fasi di lavorazione, per garantire il massimo livello di sicurezza degli operatori in cantiere. Sia le operazioni di calata delle caldaie, sia le fasi del ribaltamento delle ciminiere sono state progettate e calcolate effettuando le verifiche strutturali di tutti gli elementi, simulando le effettive condizioni statiche e dinamiche di carico su modelli di calcolo tridimensionali agli elementi finiti. La modellazione ha consentito di prevedere e risolvere a priori le effettive problematiche tipiche delle demolizioni complesse, garantendo

la sicurezza delle operazioni in ogni fase esecutiva e la certezza del risultato. General Smontaggi ha investito negli anni ingenti risorse per approfondire i necessari aspetti progettuali e di simulazione applicati alla decostruzione di strutture complesse, garantendo un risultato rapido ed efficace operando nella massima sicurezza. Per lo sviluppo della progettazione strutturale l’impresa si è avvalsa della consulenza di una società di ingegneria di Torino (IPE progetti s.r.l.) specializzata in calcolo e simulazione strutturale con cui collabora da tempo, mettendo in campo un know-how sviluppato in anni di demolizioni e una perfetta sinergia tra chi opera e chi progetta.

Cal ata delle caldaie La struttura portante è stata completamente rilevata con tecnologia LASERSCAN e modellata inserendo anche la caldaia con l’effettiva distribuzione dei carichi interni. In questo modo si

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ha a disposizione un modello matematico fedele alla realtà su cui effettuare le simulazioni di tutte le fasi della decostruzione. Le caldaie, uguali fra loro, erano sospese tramite appensioni (28 barre di diametro 88,9 mm) ed erano disposte all’interno di una struttura a telaio spaziale in carpenteria metallica che ne sorreggeva l’intero carico tenendole sollevate da terra. A tale corpo principale erano annesse altre strutture metalliche atte a sorreggere i vari condotti fumi che convogliavano gli scarti della combustione alle 2 ciminiere. Internamente le caldaie erano costituite da fasci di tubi metallici di diametro 60 mm e spessore 5 mm uniti tra di loro a formare delle “arpe” e ripiegati su se stessi nella zona del bruciatore a formare dei grandi scambiatori. La maggior concentrazione di tubi era dislocata nella parte alta della caldaia, mentre la parte bassa risultava più libera. In sommità del corpo caldaia era presente un serbatoio cilindrico di espansione di diametro 2,50 m e spessore di parete 12 cm disposto in orizzontale in posizione trasversale rispetto alla caldaia, coperto da una baraccatura coibentata, appeso anch’esso al castello metallico. Anche tutta la superficie laterale della caldaia era rivestita da lamiera grecata e coibente. La caldaia è stata preparata, prima di effettuare la calata, rimuovendo tutte le parti accessorie e gli elementi strutturali di intralcio alla discesa. Innanzitutto sono state rimosse con ribaltamento controllato le strutture accessorie di sostegno dei condotti fumi e delle passerelle laterali. Prima del ribaltamento, inoltre, sono state verificate tutte le fasi transitorie che hanno portato alla rimozione di tutto il fronte pilastri anteriore senza utilizzare nessuna struttura di sostegno temporanea. Terminata la fase preparatoria sono stati installati in sommità della struttura portante due portali metallici progettati per accogliere i martinetti di sospensione e sorreggere l’intero carico della caldaia durante la discesa. Prima della calata sono state rimosse tutte le barre stabilizzatrici laterali che mantenevano fermo il grande pendolo-caldaia, sostituendole con guide progettate per consentirne la discesa

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come se scorresse su binari. In ultimo è stato sezionato il serbatoio d’espansione mediante taglio a caldo in quota a 45 m di altezza. La calata della caldaia è stata realizzata con l’utilizzo di appositi martinetti ad avanzamento continuo, denominati strandjack, posti in sommità del castello metallico, per un totale di 6 punti di appoggio e collegati alle travi portanti originali in modo da non modificare in alcun modo lo schema statico della struttura. Prima di procedere con il taglio delle travi portanti si è provveduto a precaricare i martinetti in modo da evitare ogni effetto impulsivo e poter effettuare i tagli in completa sicurezza lavorando su elementi pressoché scarichi ed esonerati dalla loro funzione portante. A distacco avvenuto è stato effettuato il collaudo e la taratura del sistema in modo da uniformare e registrare i carichi sui martinetti. La discesa è avvenuta a tratti di 30 cm percorsi in circa 15 secondi. In questo modo sono state portate le parti da smontare ad un’altezza utile da consentire la decostruzione, limitando l’altezza di caduta dei frammenti rimossi e allontanandoli mediante mezzi d’opera meccanici posti a debita distanza. La caldaia è risultata stabile e la discesa fluida grazie alle guide laterali che hanno consentito di contrastare gli effetti sfavorevoli del forte vento trasversale. Tutta la struttura


era continuamente monitorata e verificata in tempo reale dal simulatore di calcolo tenendo conto delle effettive condizioni ambientali presenti in situ e della posizione della caldaia in movimento. Per quanto riguarda i tiri, nelle funi dei martinetti si sono registrati valori pressoché uniformi e di entità massima pari a 130 t. Utilizzando 6 martinetti di portata pari a 200 t si è garantita la movimentazione del blocco di caldaia in piena sicurezza.

da tagli precedentemente effettuati sul fronte di caduta mediante seghe circolari. Tali tagli verticali sono stati progettati simmetrici con passo variabile in funzione delle criticità statiche che si ingenerano progressivamente con l’avanzare delle operazioni di demolizione della parete frontale. Sono stati utilizzati due mezzi meccanici radiocomandati, disposti lateralmente alla direzione di caduta, che hanno allargato l’apertura originaria fino a creare una bocca di lupo sufficientemente ampia da generare il ribaltamento per effetto della perdita di equilibrio del manufatto. Le operazioni di allargamento della cavità avvengono in sicurezza dal momento che i mezzi utilizzati sono tutti radiocomandati e disposti trasversalmente alla direzione di caduta. Inoltre l’avanzamento dell’apertura del buco sui lati della parete procede lentamente seguendo gli step definiti dalla scansione predisposta dai tagli iniziali. In tal modo si può controllare con sufficiente precisione l’effettiva direzione di caduta, con uno scarto di un solo grado rispetto alla direzione prevista. Il calcolo agli elementi finiti, utilizzando un’innovativa procedura di simulazione nel transiente temporale, ha permesso di stabilire con assoluta precisione l’istante in cui sarebbe iniziato il collasso, riducendo al minimo il rischio di crollo improvviso e l’incertezza della dire-

zione di caduta. Per le due torri da 128 m si è scelto di orientare la caduta nella direzione opposta all’apertura sul retro, con un’inclinazione di 10° rispetto al naturale asse di simmetria delle ciminiere per poter ottenere una sovrapposizione delle macerie nella zona centrale dell’area di cantiere. La torre da 150 m, invece, presentava una collocazione più delicata poiché circondata da strade e condutture da salvaguardare. La direzione di caduta era quindi imposta e compresa in un settore angolare di circa 30°. Grazie alla tecnica di allargamento a step e alle accurate simulazioni di calcolo condotte è stato possibile prevedere con assoluta precisione il punto di caduta e visualizzare in anteprima su calcolatore il cinematismo poi effettivamente avvenuto durante la demolizione reale. Il raggiungimento del collasso per ribaltamento della ciminiera è stato raggiunto ad un’ampiezza dell’apertura di circa 185° rispetto al centro della circonferenza di base. Quanto previsto nelle relazioni del piano di demolizione della ciminiera, relativamente all’incipienza del cinematismo e alle modalità di crollo, è stato confermato nella realtà registrando una piena corrispondenza con i modelli di calcolo prodotti e ottenendo un elevato grado di precisione della traiettoria di caduta. *General Smontaggi S.p.a.

Ciminiere Nel sito in questione erano collocate tre ciminiere in calcestruzzo armato a doppiacanna di spessore variabile con ingresso fumi in acciaio, pianta circolare e sezione rastremata in altezza. Le due torri in prossimità delle caldaie raggiungevano un’altezza di circa 128 m con base di 11 m di diametro, mentre la terza più isolata si elevava per 150 m con base di 10 m di diametro. La tecnica di demolizione adottata prevede di creare una prima apertura di 4 m di altezza per 5 m di larghezza sulla parte anteriore della ciminiera, ingrandendola progressivamente con mezzi meccanici disposti lateralmente e comandati a distanza fino al raggiungimento del completo sbaricentramento della struttura che ne provoca il ribaltamento. Le aperture sono state allargate a step definiti

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Processi meccanici ad hoc per il trattamento dei RAEE Per una tipologia di rifiuti in forte crescita, caratterizzati da sostanze pericolose ma anche da materiali preziosi, è necessario puntare su processi di riciclaggio appositamente progettati di Franco Ferrero*

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n Europa la raccolta regolamentata ed il riciclaggio di residui di apparecchiature elettriche ed elettroniche RAEE sta soppiantando procedure di smaltimento non controllate, come, ad esempio, il conferimento in discariche e in impianti di incenerimento. Le principali ragioni di questo sviluppo sono: • il volume dei rifiuti RAEE in forte crescita in Europa e nel mondo obbliga alla ricerca di soluzioni efficaci; • i RAEE a volte contengono sostanze che sono pericolose per la salute e per l’ambiente e richiedono appropriate soluzioni di smaltimento; • dai RAEE si possono recuperare preziose risorse secondarie. La direttiva comunitaria EU 2002/96 EC, che è stata tradotta in leggi nazionali dagli stati membri, definisce esattamente il termine WEEE/RAEE e stabilisce le tre seguenti categorie di trattamento: • riutilizzo o riciclaggio di materiali (riciclaggio meccanico); • riciclaggio “waste to energy” (combustione come combustibile sostitutivo o per recupero calore); • smaltimento (discarica o incenerimento in Waste Immobilization Plant WIP). Per il riciclaggio dei RAEE è inoltre prescritto che certi componenti pericolosi per l’ambiente o gruppi di materiali contenenti inquinanti (anche sostanze pericolose) debbano essere

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rimossi nel processo di trattamento (ad esempio batterie, condensatori contenenti PCB, circuiti stampati >10 cm², interruttori o lampade al mercurio, etc.), operazione da effettuarsi manualmente o in modo automatico, prima, durante o dopo il trattamento del rifiuto. La corretta scelta di un processo e di un impianto ingegnerizzato per il trattamento dei RAEE rappresenta una sfida importante per le società che operano nel settore. L’elevato grado qualitativo richiesto dal mercato per il materiale riciclato, in riferimento alle condizioni di economicità del trattamento, permette le seguenti considerazioni generali circa la scelta di un processo di riciclaggio adeguato: • un alto grado di automazione è essenziale per garantire un’operatività efficiente dal punto di vista dei costi e per raggiungere tassi di produzione elevati; • in generale un processo di trattamento meccanico con macinazione e successivi stadi di separazione garantisce risultati accettabili (smontaggio manuale o trattamento chimico sono poco adatti); • lo stadio di comminuzione deve liberare il materiale alimentato in modo che le successive fasi di selezione e cernita possano rimuovere, sulla base di criteri fisici, frazioni pulite vendibili; • il sistema di comminuzione deve essere capace di ridurre i pezzi alimentati alle di-

mensioni richieste, rompere i compositi e isolare i materiali; • si deve assicurare un sistema appropriato per rimuovere le sostanze pericolose; per raggiungere le quote di riciclaggio specificate non è più sufficiente la rimozione di quei metalli facili da vendere e facili da separare dal flusso complessivo dei materiali ed è inoltre necessario prendere in considerazione il progressivo incremento dell’utilizzo della plastica, rispetto a quello dei metalli che subirà una conseguente contrazione. L’ulteriore trattamento dell’ampia gamma di differenti tipologie di plastica sarà dunque un compito inevitabile per gli operatori europei del settore e i requisiti per un sistema di comminuzione sofisticato e orientato all’obiettivo diventeranno ancora maggiori. Il principale scopo del processo meccanico è perciò di separare materiali compositi e poi recuperare i diversi componenti liberati con la massima purezza possibile. I compositi si possono separare automaticamente solo con un appropriato sistema di comminuzione, cosicché la tecnologia di frantumazione e di separazione costituisce


un punto cruciale per l’intero processo di riciclaggio. Le macchine convenzionali basate su sistemi di taglio, molto diffuse negli impianti di riciclaggio, sono meno idonee per trattare i RAEE perché in genere non rompono i materiali compositi, ma si limitano a cesoiarli riducendone semplicemente le dimensioni. Inoltre questo tipo di mulini sono soggetti ad una elevata usura e sono molto suscettibili ai danni provocati dalla frequente introduzione di corpi solidi contenuti nel materiale alimentato. Per il trattamento dei RAEE sono perciò preferibili macchine di riduzione granulometrica basate su altri principi di funzionamento.

In particolare nel riciclaggio dei RAEE la fase di frantumazione primaria ha una influenza chiave sul comportamento del materiale nelle successive fasi di cernita/classifica del processo. Il mulino “RS” è una macchina flessibile che BHS ha fornito per numerose applicazioni in questo particolare settore del trattamento rifiuti. La macchina, di grandi dimensioni, è costituita come segue: • su di un robusto telaio di base è montato il massiccio corpo centrale che è dotato ai lati di due ampie porte a doppia parete montate in posizione opposta, internamente alle porte sono fissate delle barre verticali disposte in modo da formare una griglia e dietro di esse una tramoggia collettrice per lo scarico del materiale; • all’interno della camera cilindrica così delimitata, un rotore ad asse verticale ruota

trascinando degli “utensili” flessibili che vengono allineati dalla forza centrifuga quando lo shredder è in moto; • la macchina ha una solida tramoggia di alimentazione con dispositivi di limitazione della pressione in caso di esplosioni; • una serranda ad apertura idraulica posizionata sul fondo della camera di frantumazione è utilizzata per lo scarico automatico dei corpi infrantumabili; • la velocità periferica del rotore può variare tra 50 e 100 m/s in funzione della tipologia di materiali da trattare. La macchina è disponibile in tre diverse taglie: in funzione di queste dimensioni, il mulino può trattare alimentazioni con dimensioni massime in lunghezza comprese tra 300 e 1200 mm. Per i RAEE questo significa che tutti i diversi materiali sono idonei ad essere alimentati allo Shredder, inclusi frigoriferi interi. Il materiale alimentato entra nella camera di frantumazione obliquamente dall’alto ed è fortemente sollecitato da una combinazione di urti, impatti e forze di taglio impartiti dagli utensili di frantumazione del rotore. I materiali fragili si frantumano subito per impatto; i materiali compositi che spesso sono costituiti sia da elementi fragili che da parti tenaci e da parti soffici, sono rotti dagli urti e dalle forze di lacerazione che vengono generate dagli impatti con gli utensili (mazze) rotanti, dalla griglia e dagli altri materiali presenti nella camera. Una volta che il grado di liberazione richiesto è raggiunto, il materiale esce dalla camera di frantumazione attraverso la griglia senza più energia, viene raccolto nella tramoggia inferiore e scaricato su di un nastro trasportatore. Alimentazione, frantumazione e scarico sono realizzati in un processo continuo ed il risultato ottenuto è un mix di materiali di dimensione massima predefinita, in cui i metalli ed altri componenti sono essenzialmente liberati.

Un‘applicazione tipica è la frantumazione dei RAEE a dimensioni <40 mm. Per pezzature in alimentazione fino a 1200 mm trattate nella macchina media RS 2018 ciò significa un rapporto di riduzione attorno a 30 in un singolo passaggio. Questo tipo di processo è usato specialmente per materiali da cui sono stati preventivamente separati i componenti pericolosi. Un’altra applicazione è la liberazione primaria “soft” senza distruzione dei componenti pericolosi: i materiali compositi sono rotti fino alla liberazione delle frazioni pronte ad essere separate. L’obiettivo specifico è la liberazione di tutti i piccoli componenti che potenzialmente contengono materiali pericolosi (es. batterie, condensatori, etc.) senza distruggerli. Queste batterie possono essere poi rimosse manualmente dal flusso di materiale frantumato senza rilascio di sostanze pericolose; grazie alle caratteristiche di questo mulino, l'utente viene così risparmiato dai pesanti costi della preseparazione manuale dei componenti nocivi. Grazie alla sua grande flessibilità, il mulino RS Rotor-Shredder può pertanto essere utilizzato in impianti concepiti con pre-cernita manuale

Metalli ferrosi frazione >20 mm

Circuiti stampati

Metalli non ferrosi 3-6 mm

IL SISTEMA BHS PER LA COMMINUZIONE DEI RAEE Di seguito sono presentate due macchine che raggiungono i requisiti tecnologici ed economici per la comminuzione e liberazione in differenti stadi del processo di riciclaggio. La frantumazione

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dei RAEE, così come in installazioni con separazione (manuale) dei componenti pericolosi dopo la comminuzione. La separazione

Durante la fase di frantumazione primaria dei RAEE si forma una quantità considerevole di materiale inferiore a 20 mm; queste frazioni consistono in un mix di plastiche, materiali compositi, metalli ferrosi, metalli non ferrosi, frammenti di circuiti stampati come pure frammenti di legno, di gomma, di ceramica e vetro. Per migliorare l’efficienza dell’impianto e la quota di materiale riciclato, è almeno necessario separare tutti o quasi tutti i metalli presenti in queste frazioni. Questo si può realizzare utilizzando la separazione gravimetrica su tavole a scossa pneumatiche e successivamente separatori magnetici e a correnti parassite. Requisito indispensabile per un’efficace separazione con un alto tasso di recupero è, comunque, che i residui compositi plastica-metallo siano frantumati e che i metalli stessi siano ridotti a pezzi di forma arrotondata o pellettizzata. Con il mulino RPMV, BHS fornisce una macchina di processo che soddisfa pienamente questi requisiti per un’efficace separazione della frazione 0-20 mm. La macchina, montata su di un telaio di base in comune con la motorizzazione, è a sezione circolare, completamente rivestita e dotata di un anello di corazze di impatto nella camera di lavoro. Il rotore è reversibile, ad

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asse verticale, dotato di eiettori a forma di ferro di cavallo la cui distanza rispetto all’anello di impatto può essere regolata per mezzo di idonei distanziali nel range da 15 a 25 mm. Sopra il rotore, la macchina è chiusa da un coperchio brandeggiante che porta la bocca centrale di alimentazione. La velocità periferica del rotore può variare da 40 a 70 m/s. Il materiale entra nella macchina attraverso la bocca nel coperchio, cade sul rotore e viene accelerata verso la zona di impatto. Nello spazio compreso tra gli eiettori e la corazzatura anulare il materiale è sottoposto allo stress di frantumazione; il prodotto cade poi verticalmente fuori dalla macchina e, via apposita stone-box, evacuato per mezzo di un nastro trasportatore. Il tipo di stress ottenibile dipende dalle proprietà del materiale da trattare: ad esempio i materiali fragili sono soggetti ad una intensa comminuzione generata dagli stress di impatto, mentre plastiche morbide, cellulosa o legno sono soggetti solo ad una riduzione granulometrica grossolana o ad uno sfilacciamento dovuto agli stress di taglio e di attrito. I metalli subiscono invece una sorta di pellettizzazione dovuta a pieghe e compattazioni ripetute. I materiali compositi, come schede di circuiti stampati prefrantumati, vengono ridotti sfruttando la separazione dei substrati dalla scheda di base per effetto degli stress di taglio ed attrizione. In funzione del grado di liberazione e pellettizza-

zione richiesto, possono essere necessari da due a cinque passaggi del materiale alimentato, in quanto il tempo di permanenza all’interno della camera di lavoro è, per principio, molto breve. La produzione raggiungibile con i RAEE dipende dalla dimensione del mulino e dal numero di passaggi e può arrivare fino ad un max di 5 t/h. Esperienza di BHS negli impianti per il riciclo di RAEE

Nel trattamento dei solidi, il sistema di comminuzione determina il progetto del sistema di separazione. Allo stesso tempo il sistema di comminuzione deve essere progettato per assicurare la produzione di un mix che possa essere successivamente separato in frazioni commerciabili. Per questo motivo un adeguato sistema di riduzione granulometrica rappresenta il punto di partenza imprescindibile per la pianificazione tecnica di un impianto di riciclaggio di rifiuti di attrezzature elettriche ed elettroniche (RAEE).

Bibliografia [1] Electrical and Electronic Equipment Act (ElektroG), Bundesgesetzblatt (German Federal Law Gazette), vintage 2005, Part 1 No. 17, Bonn (Germany) from March 23, 2005 *Titolare RHT s.r.l. Dealer Italia BHS Sonthofen


L’esperienza del Belgio nel trattamento dei sedimenti contaminati Si chiama Sedisol la risposta innovativa e concreta per risolvere la problematica della gestione dei materiali provenienti dal dragaggio dei canali fluviali della Vallonia di Davide Mosca*

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l progetto Sedisol nasce dall’esigenza di trovare una soluzione concreta ai problemi legati alla gestione del materiale proveniente dalle attività di dragaggio, necessarie al fine di mantenere una certa profondità dei fondali dei canali fluviali e quindi per permettere il passaggio delle imbarcazioni. Storicamente la rete di canali fluviali della Vallonia (Federazione del Belgio Meridionale), che ammonta a circa 450 km di estensione, viene utilizzata come via di comunicazione da speciali navi a basso pescaggio per il trasporto fluviale, ai fini commerciali, di ogni tipo di bene. I trasporti per vie fluviali sono ormai riconosciuti come una chiave fondamentale per lo sviluppo sostenibile, soprattutto per i benefici che comportano in termini di consumo energetico, di riduzione dell'inquinamento, di riduzione delle emissioni di CO2, di riduzione della saturazione delle infrastrutture (ferrovie, strade, etc.), di incremento della sicurezza e quindi di volano per l’economia. I canali utilizzati per il trasporto per vie d’acqua, ricevono portate dai corsi d’acqua circostanti e perciò hanno la tendenza ad interrirsi con una velocità piuttosto elevata, riducendo così il tirante d’acqua necessario al passaggio delle navi commerciali. Ne consegue la necessità di intervenire con

una certa frequenza per rimuovere i volumi di sedimento accumulatisi e ripristinare i battenti minimi indispensabili. Dalla fine degli anni Novanta, con l’introduzione delle nuove normative nazionali che hanno recepito le direttive comunitarie in tema di ambiente, il materiale proveniente dalle attività di dragaggio è stato classificato non più come materiale di risulta delle lavorazioni, ma come rifiuto. Ciò ha comportato un differente approccio nella gestione, anche in considerazione del fatto che molto spesso analisi chimiche effettuate su tali matrici mettevano in evidenza la presenza di sostanze contaminanti (organiche, inorganiche, etc.), la cui origine era da ricondurre alle attività antropiche che insistono sul territorio circostante (industrie, attività commerciali, agricole, etc.). Nella pratica operativa, l’introduzione di tali nuove normative ha di fatto causato nella regione Vallonia, gravi problemi nell’esecuzione dei lavori di dragaggio necessari, cosa che ha avuto poi notevoli e talvolta gravi ripercussioni sulle attività commerciali di trasporto gestite dal Porto Autonomo di Charleroi (e quindi sui suoi introiti). Il motivo principale era ovviamente costituito dalla mancanza di soluzioni applicative per la

gestione di tali materiali, non potendo l’Amministrazione, trattandosi di volumetrie ingenti, sopportare l’onere economico dei costi per il conferimento diretto in discarica. Ad oggi si stima infatti che la totalità dei corsi d’acqua e fiumi della Vallonia necessitano di interventi di dragaggio per un volume complessivo di oltre 2.000.000 m3, di cui circa il 60% risulterebbero contaminati (prevalentemente da inorganici quali i metalli pesanti e da idrocarburi). Da qui è nata l’esigenza di trovare una nuova alternativa per la gestione, nel rispetto della normativa vigente, dei materiali contaminati provenienti dalle attività di dragaggio.

L a Soluzione: il Progetto Sedisol Nel 2004 si è dato pertanto inizio al progetto Sedisol, il cui obiettivo principale è quello di fornire soluzioni concrete e durature ai problemi derivanti dalla gestione del materiale di dragaggio contaminato, nell’ambito del territorio dalla regione Vallonia. Sedisol nasce su iniziativa pubblico-privata della società DEC – DEME Environmental Contractors NV (e precisamente attraverso la sua branch Vallona, la ECOTERRES SA), della SPAQuE SA (Società pubblica della regione

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Vallona per l’assistenza alla qualità dell’ambiente) e la Port Autonome de Charleroi (Porto Autonomo di Charleroi), le quali hanno costituito una Società mista pubblico-privata, appunto la Sedisol SA, mediante la forma del PPP (Partenariato Pubblico-Privato). Dopo un'intensa e lunga attività di ricerca e sviluppo e dopo numerose proposte di fattibilità, Sedisol ha completato i suoi studi specialistici ed è riuscita ad ottenere tutti i permessi necessari per l'installazione e l’utilizzo di un complesso industriale nella regione di Charleroi, interamente dedicato a tale attività di trattamento di sedimenti. Questa unità produttiva è ad oggi ormai completamente operativa, con una capacità di trattamento autorizzata di 235.000 m3/ anno, e ha iniziato, a metà del 2010, a trattare e recuperare su scala industriale i primi metri cubi di sedimenti provenienti dai dragaggi dei corsi d'acqua inquinati della regione vallona, contribuendo così allo sviluppo del trasporto fluviale. Nell'ambito di un accordo con la Solvay, Sedisol ha sviluppato un processo di trattamento chiamato Novosol®, il quale si basa sul principio della stabilizzazione dei metalli pesanti sotto forma di fosfato di calcio con l'aggiunta di acido fosforico. Tale tipologia di trattamento e disidratazione

Schematizzazione principio di funzionamento

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Anno 4 - Numero 13

è stata preventivamente testata dal 2004 al 2005 mediante un impianto pilota installato nell’area di Farciennes (Regione di Charleroi). Durante la fase di test è stata effettuata anche un’estesa campagna di prove e analisi, eseguite da vari laboratori universitari ed istituti di ricerca della Vallonia. Alla fine di questa campagna, il Ministero dell'Ambiente della Regione ha rilasciato a Sedisol, nell’aprile 2006, la certificazione necessaria all’applicazione di tale tecnologia. Tale approvazione ha aperto così la strada al riutilizzo, nel campo dei materiali per costruzioni civili, dei sedimenti di dragaggio trattati con la suddetta tecnologia, per la quale si è valutata una capacità di reimpiego intorno all’85-90% dei prodotti trattati (in ragione del raggiungimento delle condizioni e dei limiti imposti dalla normativa). Al termine del completamento di tutti gli studi e delle prove ingegneristiche necessarie, Sedisol ha infine ottenuto, nell'ottobre del 2008, i permessi obbligatori per l'installazione e l'esercizio dell’impianto di trattamento su scala industriale. Successivamente, il “concetto” Sedisol, è stato proposto in risposta ad un bando di gara pubblica, lanciato dalla regione Vallonia, al fine di stabilire le modalità di trattamento per circa 1.000.000 m3 di sedimenti contaminati (classi-

ficati come prodotti di categoria B ai sensi del Decreto del Governo Vallone del 30/11/1995) provenienti dai lavori di dragaggio gestiti dalla Direzione dei corsi d'acqua del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti vallone. La Regione Vallona ha quindi assegnato, nel novembre 2008, a valle della suddetta gara, il contratto ad un consorzio di imprese guidato dalla Ecoterres. Con tale atto, il progetto Sedisol è definitivamente passato alla fase operativa, con l’avvio dei lavori di costruzione dell’unità di trattamento sedimenti, avvenuta nel corso del 2009.

L a tecnologia di trattamento Sedisol La combinazione di varie tecnologie applicate in serie e finalizzate al trattamento e disidratazione dei sedimenti, è risultata particolarmente indicata in ragione delle caratteristiche intrinseche, di contaminazione e sito specifiche dei sedimenti presenti nella Regione vallona: • Fosfatazione (per il trattamento dell’inquinamento di tipo minerale): questa metodologia di stabilizzazione dei metalli pesanti mediante intrappolamento all’interno delle maglie di una struttura cristallina (formazione di fosfati di calcio ottenuta con l'aggiunta di acido fosforico) viene applicata all’interno dell’unità di trattamento. A tal fine è stato implementato un particolare sistema per l'iniezione di acido fosforico direttamente nei tubi attraverso i quali passano i sedimenti ed un sistema di serbatoi di maturazione, che permette alle reazioni chimiche di avvenire in maniera corretta. Questa unità di maturazione, è inoltre dotata di una parte dedicata al trattamento del gas che si genera da tali reazioni chimiche; • Bioremediation (per il trattamento dell’inquinamento da sostanze organiche tipo idrocarburi): mediante questo processo si favorisce la degradazione di alcuni composti organici contaminanti (idrocarburi) operata dai microrganismi naturalmente presenti all’interno del sedimento. Questa operazione si svolge all'aperto, all’interno di una cella di bioremediation, appositamente progettata e predisposta per questo scopo (cella impermeabilizzata di


superficie pari a circa 10.000 m2). La formazione di cumuli di forma tronco-piramidale e le frequenti operazioni di rivoltatura dei materiali precedentemente disidratati (nell’unità di trattamento), facilitano e ottimizzano tale processo di degradazione. Entrambe le tecniche di trattamento possono essere utilizzate da sole o in combinazione, a seconda della tipologia di inquinamento che interessa il sedimento; • Disidratazione: all’interno dell’unità di trattamento, vi sono diverse filtropresse a camere, il cui unico scopo è quello di disidratare meccanicamente il sedimento. Questa tecnica, già ampiamente collaudata nei settori industriale ed ambientale, ha fatto registrare risultati positivi anche nel trattamento dei materiali di dragaggio nella Regione vallona. Per facilitare la filtrazione del fango all’interno delle “camere”, è necessario impiegare agenti flocculanti, operazione eseguita mediante l'aggiunta al sedimento di calce, prima del pompaggio all’interno delle filtropresse. L’impianto di trattamento Sedisol è in grado anche di offrire la possibilità di uno stoccaggio temporaneo dei materiali (fino a 6.000 m3), prima del loro invio a recupero all’esterno (secondo le disposizioni del Decreto del Governo Vallone del 14 giugno 2001 e secondo il certificato di utilizzo emesso da Sedisol) ovvero a smaltimento, nonché la disponibilità di una banchina di carico per il trasporto fluviale del materiale trattato.

Scarico dei primi metri cubi di sedimenti

Ad oggi, i riutilizzi del materiale trattato si sono avuti principalmente in opere di riprofilatura con materiali sciolti, creazione di barriere antirumore, risistemazione paesaggistica, ripristino di siti, etc. Tutte le acque di processo provenienti dall’essiccazione (nella cella di bioremediation) e disidratazione dei fanghi, vengono raccolte in un bacino impermeabilizzato, da dove vengono pompate e trattate in un impianto di depurazione delle acque reflue, prima di poter essere scaricate liberamente nel corpo idrico superficiale (canale adiacente). I primi metri cubi di materiale contaminato sono stati conferiti e trattati con successo il 7 maggio 2010.

Conclusioni La realizzazione di questo progetto è il risultato di lunghi ed intensi sforzi orientati alla ricerca e allo sviluppo di nuove metodologie ed applicazioni nel campo del trattamento dei sedimenti contaminati. Uno dei risultati finali sarà quello di riuscire ad intensificare, mediante l’approfondimento dei fondali, l’uso del trasporto fluviale come via di comunicazione per gli scambi commerciali e ciò comporterà sull’ambiente una serie di effetti positivi correlati (riduzione del grado di saturazione della rete stradale ed autostradale, riduzione dell’inquinamento sia atmosferico che fluviale, riduzione delle emissioni di CO2, incremento della sicurezza dei trasporti, etc.).

È importante notare che la tecnologia sviluppata da Sedisol costituisce in Europa un primato almeno per i seguenti aspetti: • Sedisol rappresenta ad oggi l'unica realtà industriale in Europa in grado di stabilizzare chimicamente e disidratare oltre 300.000 tonnellate/anno di sedimenti contaminati provenienti da attività di dragaggio; • il processo di Stabilizzazione con fosfatazione di sedimenti di dragaggio contenenti metalli pesanti non è mai stato attuato in Europa su scala industriale; • il processo è progettato per gestire sedimenti ad alta densità, ovvero non necessita di alcuna aggiunta di acqua di processo (che poi andrebbe interamente trattata). In pratica il sedimento viene immesso nel processo alle stesse condizioni fisiche (contenuto d’acqua) con le quali arriva all’impianto. La creazione di questo progetto industriale rappresenta un’opportunità eccellente per tutte le regioni vicine, che possono così affrontare in maniera risolutiva il problema della gestione dei sedimenti contaminati. I sedimenti provenienti da queste regioni potrebbero essere indirizzati, nel medio termine, all’impianto di trattamento, fino a quando il “concetto” Sedisol non troverà anche sviluppi al di fuori della regione della Vallonia, attraverso la creazione di altre unità di trattamento fisse oppure mobili. *DEC Environmental Contractor

Veduta aerea dell’impianto di trattamento Sedisol

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APPLICAZIONE DELL’ANALISI DI RISCHIO AD UNA DISCARICA PER RIFIUTI SPECIALI La valutazione del rischio come strumento decisionale per la concessione di deroghe ai criteri di ammissibilità in discarica imposti dal recente D.M. 27/09/10 di Valerio Zolla e Antonio Di Molfetta*

C

on la recente pubblicazione del D.M. 27 settembre 2010, che ha abrogato il D.M. 3 agosto 2005 appena un anno dopo la sua applicazione, sono entrati in vigore i nuovi criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica. A meno di alcune modifiche di modesta entità, tutte in senso meno restrittivo, il nuovo Decreto ha sostanzialmente mantenuto l’impianto del precedente, confermando

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l’obiettivo del legislatore di impedire il conferimento in discarica di rifiuti reattivi, non stabilizzati, e di ridurre in questo modo l’impatto ambientale degli impianti di smaltimento. Tuttavia, nonostante le modifiche introdotte dal D.M. 27/09/2010, nell’odierna realtà nazionale i nuovi criteri di ammissibilità restano ardui da rispettare, quanto meno per alcune tipologie di rifiuti. Ciò vale, ad esempio, per i fanghi di depurazione delle acque reflue civili e industriali, o per le polveri prodotte dalle centrali termiche e dai termovalorizzatori: in questi casi, raggiungere la conformità rispetto ad alcuni parametri (es. DOC sull’eluato) è difficile anche a seguito dei processi di trattamento. Al fine di rispondere comunque alla contingente domanda di smaltimento, in attesa che l’adeguamento tecnologico consenta il raggiungimento degli obiettivi auspicati, i gestori degli impianti di smaltimento necessitano sovente di autorizzazioni ad operare in deroga ai valori limite previsti dalla legge. La concessione di deroghe rispetto ai criteri di ammissibilità è disciplinata dallo stesso D.M. 27/09/2010, all’art. 7 «Sottocategorie di discariche per rifiuti non pericolosi» e all’art. 10 «Deroghe». In entrambi i casi, il Decreto prevede che l’autorità territorialmente competente valuti la concessione di deroghe caso per

caso, in sede di rilascio dell’autorizzazione, tenendo conto delle caratteristiche dei rifiuti ammessi, della discarica e delle zone limitrofe. A tal fine, il gestore dovrà elaborare un'analisi del rischio, che dimostri come il conferimento di rifiuti in deroga ai valori limite di legge non comporti pericoli per l’ambiente. Come già avvenuto nel campo delle bonifiche, la nuova normativa conferisce all'analisi di rischio un ruolo di primaria importanza nel processo autorizzativo delle discariche, prescrivendone l’applicazione ogni qualvolta si richiedano criteri di ammissibilità meno restrittivi di quelli individuati dalla normativa. Il presente articolo intende illustrare brevemente le procedure previste per la valutazione del rischio connesso alle discariche, approfondendo in particolare il caso degli impianti di nuova realizzazione, di cui verrà mostrato un esempio applicativo.

LA PROCEDURA DI VALUTAZIONE DEL RISCHIO PER LE DISCARICHE

Come ricordato dalla Circolare n. 14963 del 30 giugno 2009 del M.A.T.T.M. (Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, ndr), a livello nazionale il documento di riferimento per l'analisi di rischio sulle disca-


riche è costituito dai “Criteri metodologici” pubblicati dall’APAT nel 2005, che rappresentano un adattamento al caso delle discariche della procedura RBCA (Risk Based Corrective Action), codificata e standardizzata fin dal 1995 dall’ASTM (American Society for Testing and Materials). RBCA è la procedura scientificamente e tecnicamente più avanzata per quantificare il reale rischio sanitario-ambientale connesso al rilascio di inquinanti nell’ambiente e per definire le strategie di gestione dei rischi individuati. L’esplicito richiamo ad un tale approccio, da parte del Ministero, sottolinea l’importanza di impostare la valutazione del rischio su basi ingegneristiche, rigorose e quantitative. Nel caso delle discariche, l’analisi di rischio ha l’obiettivo di valutare il rischio sanitarioambientale derivante dal conferimento di rifiuti con concentrazioni dei parametri in deroga rispetto a quanto stabilito dal D.M. 27/09/2010. Per raggiungere tale obiettivo occorre sviluppare un modello matematico del sito, in grado di quantificare, in termini di concentrazione degli inquinanti, gli impatti prodotti dalle emissioni in funzione delle caratteristiche dell’impianto di smaltimento, dei rifiuti ammessi e dell’ambiente circostante. Lo sviluppo del modello matematico passa dapprima attraverso la definizione di un modello concettuale/qualitativo e, successivamente, attraverso la parametrizzazione degli elementi che lo compongono (sorgente/ emissioni, percorsi di migrazione e bersagli). Sulla base dei risultati del modello è possibile valutare l'ammissibilità delle deroghe richieste ed individuare le soluzioni costruttive o gestionali più idonee per la mitigazione del rischio.

IL CASO DELLE DISCARICHE DI NUOVA REALIZZAZIONE: UN ESEMPIO APPLICATIVO

La procedura di analisi di rischio è applicabile con efficacia a qualunque tipologia di discarica. Senza dubbio, il caso che presenta le maggiori difficoltà è quello degli impianti di nuova realizzazione: in tali circostanze, non essendo possibile eseguire misurazioni sperimentali, la caratterizzazione dei rifiuti e delle emissioni deve essere effettuata indirettamen-

TABELLA 5

TABELLA 5

RICHIESTA DI

D.M. 03/08/05

D.M. 27/09/10

DEROGA

(mg/l)

(mg/l)

(mg/l)

DOC

80

100

1.000

TDS

6.000

10.000

18.000

Cromo totale

1

1

3

Rame

5

5

15

Molibdeno

1

1

3

Nichel

1

1

3

Piombo

1

1

3

Antimonio

0,07

0,07

0,21

PARAMETRO

Tabella 1. Deroghe richieste dal Gestore alle concentrazioni limite di legge

te, mediante l’attenta valutazione degli elaborati progettuali e l’esecuzione di indagini statistiche e di mercato sulla produzione dei rifiuti nel bacino di raccolta. Per comprendere meglio tali aspetti, verrà di seguito illustrato un caso di studio che riguarda una discarica per rifiuti speciali di nuova realizzazione, ubicata in Provincia di Torino. Per questo impianto il Gestore ha presentato un’istanza di autorizzazione come discarica per rifiuti non pericolosi di sottocategoria c), richiedendo una deroga ai sensi dell’art. 7 rispetto ai parametri riportati in Tab. 1. A supporto di tale richiesta è stato affidato agli scriventi l’incarico di eseguire un’analisi di rischio per l’impianto.

CARATTERISTICHE DELL’IMPIANTO E DEI RIFIUTI CONFERIBILI

Come prima fase dello studio sono stati acquisiti tutti gli elaborati progettuali e i piani di gestione operativa, gestione post-operativa e monitoraggio disposti dal Gestore, al fine di definire le caratteristiche costruttive e le modalità gestionali previste per l’impianto. Successivamente si è provveduto a determinare, in via estimativa, le caratteristiche dei rifiuti conferibili in discarica. Trattandosi di un impianto di nuova realizzazione, in collaborazione con il Gestore è stata condotta un’accurata analisi di mercato, estesa all’intero bacino di raccolta servito dall’impianto.

Tale studio ha permesso di individuare le tipologie di rifiuti più rappresentative ai fini della valutazione del rischio, ipotizzando i relativi flussi in ingresso sulla base della loro produzione prevista. Si è quindi provveduto alla caratterizzazione analitica delle tipologie di rifiuti individuate, prelevando un numero significativo di campioni dai principali produttori serviti dal Gestore. I dati raccolti sono stati utilizzati per stimare le caratteristiche delle emissioni prodotte dall’impianto.

CALCOLO DELLE EMISSIONI Nell’ambito dell’analisi di rischio, la discarica viene considerata come una sorgente primaria di emissioni che possono rappresentare un rischio più o meno elevato per l’uomo e per l’ambiente. La determinazione delle quantità e delle caratteristiche delle emissioni potenzialmente prodotte è un punto fondamentale per la caratterizzazione della discarica e va quindi affrontata impiegando appositi modelli reperibili in letteratura e validi a livello scientifico. Nel caso in esame, quali emissioni significative ai fini dell’analisi di rischio, sono state considerate il percolato, il biogas e le emissioni odorose: non è stata invece simulata la produzione di polveri e particolato, non essendo rilevante ai fini della valutazione delle deroghe richieste. Di seguito sono sinteticamente descritti i modelli analitici impiegati.

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Produzione ed emissione di percolato

La produzione di percolato (Lprod) è stata calcolata applicando alla discarica l’equazione di bilancio idrogeologico in forma semplificata, tenendo conto esclusivamente della variazione di umidità dei rifiuti (ΔUR) e dell’infiltrazione efficace (Ieff) attraverso la superficie (Atop):

L’infiltrazione efficace è stata calcolata in funzione delle precipitazioni annue tipiche dell’area e tenendo conto delle diverse caratteristiche della copertura al variare del tempo (copertura giornaliera, provvisoria o definitiva). Il calcolo della produzione di percolato ha permesso di determinare anche il rapporto liquido-solido (L/S), definito come il rapporto tra la somma cumulata della quantità di acqua infiltratasi nella discarica all’istante t e l’intera massa anidra di rifiuti presente al tempo t:

Il calcolo delle concentrazioni di inquinanti nel percolato, al variare del tempo, è stato condotto con riferimento ai soli parametri oggetto di deroga, a cui sono stati aggiunti Cl-, SO42e Fe2+. Per le specie volatili (DOC), il calcolo è stato effettuato considerando una diminuzione esponenziale della concentrazione nel tempo, in accordo con la seguente equazione:

in cui λ = 0.069 anni-1 è la costante di degradazione proposta dai Criteri Metodologici APAT corrispondente ad un tempo di dimezzamento di 10 anni. Per le altre specie, l’andamento delle concentrazioni nel tempo è stato calcolato in funzione del rapporto L/S, secondo la seguente equazione:

dove k è la costante di lisciviazione specifica per il contaminante e per la tipologia dei rifiuti. I parametri k e possono essere misurati sperimentalmente, mediante l’esecuzione di test di lisciviazione, oppure essere stimati in funzione dei risultati dei test di cessione. Considerati gli obiettivi dell’analisi di rischio,

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Anno 4 - Numero 13

nel caso in esame è stato adottato questo secondo approccio, più idoneo a verificare l’ammissibilità delle deroghe richieste. Le perdite di percolato dal fondo della discarica sono state stimate sulla base delle caratteristiche del sistema di impermeabilizzazione, tenendo conto della suddivisione in settori idraulici e ipotizzando un battente di percolato pari a 6 m: esso corrisponde al valore obiettivo previsto in progetto, moltiplicato per un coefficiente di sicurezza (CS = 3), che tiene conto dei possibili periodi di avaria dell’impianto di estrazione e delle eventuali differenze fra il battente misurato nei punti di monitoraggio e quello realmente presente sul fondo della discarica. Produzione ed emissione di biogas e di odori

In conformità a quanto suggerito dai Criteri Metodologici APAT, per stimare la produzione di biogas è stato utilizzato l’approccio sviluppato per l’Environmental Agency inglese da alcuni ricercatori e successivamente introdotto nel modello GasSim®, distribuito dalla Golder Associates. Si tratta essenzialmente di un modello di degradazione biologica che tiene conto della massa di carbonio organico (TOC) inizialmente presente nei rifiuti conferiti, suddivisa in frazione velocemente, mediamente e lentamente biodegradabile. Nel caso in esame, il valore medio rappresentativo di TOC è stato ricavato dalla caratterizzazione analitica dei rifiuti, mentre la frazione velocemente degradabile (fvel) è stata espressa in funzione del valore limite di DOC richiesto in deroga, tenendo conto del rapporto liquidosolido (L/S)test utilizzato nel test di cessione:

Mediante il modello sopradescritto è stata calcolata la massa di CH4 e CO2 prodotta dalla discarica in funzione del tempo. Tuttavia, il maggiore rischio sanitario-ambientale derivante dalle emissioni di biogas è rappresentato non tanto dai suoi costituenti principali, quanto piuttosto dai composti presenti in traccia. Ai fini della valutazione del rischio, nel caso in esame sono stati considerati i seguenti composti indicatori: • il benzene, classificato come sostanza cancerogena per l’uomo, per il quale la

Figura 1. Ubicazione del punto di esposizione e del punto di conformità

normativa nazionale prevede, come valore limite per la protezione della salute umana, una concentrazione media annua in atmosfera di 5 μg/m3; • acido solfidrico, o idrogeno solforato (H2S), di particolare interesse nel valutare l’impatto odorigeno delle emissioni di biogas dalla discarica. La soglia olfattiva media di H2S è pari a 34 μg/m3, ma i primi disturbi per odore sgradevole possono essere avvertiti ad una concentrazione di 7 μg/m3; • metil-mercaptano ed etil-mercaptano, riconosciuti fra i principali responsabili, insieme al H2S, delle emissioni odorigene delle discariche. La soglia olfattiva di tali composti è stimata rispettivamente pari a 4,3 e a 7,8 μg/m3. Trattandosi di un impianto di nuova realizzazione, la concentrazione di benzene e mercaptani è stata stimata sulla base dei valori medi riportati in letteratura. La produzione di H2S è invece stata calcolata in funzione della concentrazione di Fe2+ e SO42- presente nel percolato, tenendo conto del processo di solfato-riduzione:

Una volta calcolata la produzione di biogas, per determinare la frazione effettivamente emessa in atmosfera si è provveduto a stimare l’efficienza dell’impianto di captazione, sulla base delle caratteristiche di progetto (numero


e caratteristiche costruttive dei pozzetti, portata e depressione nominale, ecc.). Il valore così determinato è risultato pari ad almeno il 65% nelle aree sottoposte a copertura definitiva e al 40% nelle aree scoperte. Sulla base di tale valutazione è stata quindi determinata la portata di biogas effettivamente emessa in atmosfera.

PERCORSI DI PROPAGAZIONE Rilascio e dispersione del percolato

Per valutare i potenziali effetti sulla qualità delle acque sotterranee è stato simulato il percorso di lisciviazione e dispersione in falda del percolato, calcolando le concentrazioni raggiunte in un punto di conformità (POC) posto cautelativamente al confine della discarica (Fig. 1). Per ciascun contaminante, il rapporto fra la concentrazione raggiunta nel POC e la concentrazione presente nel percolato, al variare del tempo, è stato calcolato come segue:

essendo SAM il coefficiente di attenuazione del terreno non saturo, LDF il fattore di diluizione e DAF il fattore di attenuazione laterale in falda. La determinazione di tali parametri è stata effettuata sulla base delle caratteristiche idrogeologiche dell’acquifero, secondo una metodologia analoga a quella prevista dallo standard RBCA per i siti contaminati e dettagliatamente illustrata nei Criteri Metodologici APAT. Rilascio e dispersione di biogas e sostanze odorigene

Per valutare l’esposizione della popolazione residente al rischio di inalazione di contaminanti volatili e di sostanze odorigene, si è provveduto a calcolare il fattore di dispersione in atmosfera (ADF) relativamente alle emissioni di biogas. Esso corrisponde al rapporto tra la concentrazione della specie chimica nel punto di esposizione off-site (POE) e quella presente nel biogas emesso dalla discarica. Il fattore ADF è stato calcolato tenendo conto dei parametri meteoclimatici caratteristici dell’area, secondo una metodologia analoga a quella prevista dallo standard RBCA per i siti contaminati ed illustrata nei Criteri Metodologici APAT. Ai fini della valutazione del

rischio, come punto di esposizione è stata considerata l’abitazione civile più prossima all’impianto, che ricade ad una distanza di soli 600 m dalla discarica (Fig. 1).

RISULTATI DELL’ANALISI DI RISCHIO Con riferimento alle emissioni di percolato, l’analisi di rischio ha dimostrato che gli effetti sulla qualità delle acque sotterranee determinati dall’impianto, anche operando in deroga al D.M. 27/09/2010, sono del tutto trascurabili. Come esempio, in Tab. 2 sono riportate le massime concentrazioni di inquinanti calcolate nel percolato e al punto di conformità. Nonostante la ridotta distanza dalla discarica, le concentrazioni in falda risultano inferiori di alcuni ordini di grandezza ai valori limite previsti dalla normativa vigente (D.Lgs. 152/06, D.Lgs 30/09). Per quanto riguarda la dispersione di inquinanti in atmosfera, al punto di esposizione le concentrazioni di benzene sono risultate inferiori ai valori limite di legge (D.M. 60/02, oggi sostituito dal D.Lgs. 155/10); debolmente superiori alla soglia olfattiva di 7 μg/m3 sono invece risultate le concentrazioni massime di H2S. In accordo con il Gestore, come misura di mitigazione del rischio, si è quindi stabilito di potenziare il sistema di estrazione del biogas, aumentando il numero dei pozzetti di captazione fino a raggiungere un’efficienza pari ad

Figura 2. Concentrazioni di H2S calcolate dal modello al punto di esposizione, prima (Scenario 1) e dopo (Scenario 2) il potenziamento del sistema di captazione del biogas

almeno il 60% in fase di gestione operativa, e all’80% in fase post-operativa. Ripetendo le simulazioni in questo nuovo scenario, le concentrazioni di H2S al POE sono risultate sempre inferiori a 7 μg/m3, anche nelle condizioni di stabilità atmosferica più sfavorevoli (Fig. 2). In virtù dello studio effettuato e dei risultati ottenuti, il procedimento autorizzativo ha avuto un esito favorevole, con la concessione delle deroghe richieste per tutte le tipologie di rifiuti ammessi. Una volta completato e avviato l’impianto, attraverso il Piano di sorveglianza e controllo sarà possibile verificare i risultati ottenuti dall’analisi di rischio e il mantenimento delle condizioni di rilascio delle deroghe. *Bortolami-Di Molfetta s.r.l.

CONCENTRAZIONE

CONCENTRAZIONE

NEL PERCOLATO

AL POC

(mg/l)

(mg/l)

18.667

7,7

10 (1)

Cloruri (2)

13.427

5,6

250

Solfati

5.251

2,2

250

Cromo totale

3,0

1,2·10-3

0,05

Rame

15

6,2·10-3

1

Molibdeno

3,0

1,2·10-3

0,005

Nichel

3,0

1,2·10

0,02

Piombo

3,0

1,2·10

0,01

Antimonio

0,21

8,7·10

0,005

PARAMETRO DOC

(2)

CSC DI LEGGE

-3 -3 -5

(mg/l)

(1) CSC proposta da ARPA Veneto (nota n. 16559 del 16/02/08) per correlazione con il valore limite previsto per il COD per acque superficiali destinate alla potabilizzazione. (2) Sostanza rappresentativa del parametro TDS.

Tabella 2. Massime concentrazioni di inquinanti nel percolato e in falda calcolate dal modello

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ANALISI DEL CICLO DI FINE VITA DEI VEICOLI DEL COMPARTO BOLOGNESE L’importante ruolo della progettazione nel raggiungimento dei target della Direttiva 2000/53/CE di Cesare Saccani e Veronica Pacini*

C

on l’emanazione della Direttiva 2000/53/CE in materia di veicoli fuori uso, recepita in Italia con il D.Lgs. 209/2003, la Comunità europea ha introdotto novità importanti nel processo di fine vita dei veicoli, tra cui la definizione di target ambiziosi di reimpiego/recupero/riciclaggio. Agli Stati Membri era stato richiesto che, entro il termine del 1° Gennaio 2006, per tutti i veicoli fuori uso, la percentuale di reimpiego e recupero fosse almeno pari all'85% del peso medio del veicolo stesso, mentre la percentuale di reimpiego e riciclaggio pari almeno all'80%. Per il 2015 la Dir. richiede invece che la percentuale di reimpiego e recupero sia almeno pari al 95% del peso medio del veicolo, e la percentuale di reimpiego e riciclaggio almeno pari all’85% [1]. In principio i dati relativi al raggiungimento degli obiettivi per l’anno 2006 erano risultati davvero deludenti, poiché solo 13 Stati su 28 avevano raggiunto l’obiettivo di reimpiego/ riciclaggio, e soltanto 19 avevano raggiunto l’obiettivo di reimpiego/recupero prefissato. Tra questi l’Italia non era presente, con il suo 70,3% di reimpiego/riciclaggio e 72,7% di reimpiego/recupero [2,3]. La recente pubblicazione dei dati per gli anni 2007 e 2008 è però sicuramente più incoraggiante per il nostro Paese: nel 2007 l’Italia ha infatti raggiunto una percentuale di reimpiego/riciclaggio pari all’82,3% e di reimpiego/

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Anno 4 - Numero 13

recupero pari all’83,1%, mentre nel 2008 le percentuali si attestano rispettivamente a 84,3% e 87,1% [4]. Un forte impulso al raggiungimento degli obiettivi può essere fornito da quella che viene definita “progettazione eco-compatibile” di prodotto, un processo che tiene in considerazione, già in fase progettuale, gli impatti ambientali caratteristici dell’intero ciclo di vita, nel tentativo di minimizzarli. Infatti, mentre in passato la progettazione considerava soltanto in maniera marginale gli aspetti pratici dell’impatto ambientale relativo alla realizzazione del prodotto, con l’andare del tempo sono state sviluppate diverse metodologie specifiche volte a considerare, fin dalla fase progettuale, quantomeno i fattori più rilevanti che incidono sul ciclo di vita dei prodotti. La progettazione eco-compatibile è finalizzata a ridurre l’impatto ambientale dei prodotti e dei processi relativi al loro intero

ciclo di vita, identificando le azioni preventive più idonee a limitare gli effetti negativi ambientali ed energetici, anche attraverso la riduzione dei materiali impiegati nei prodotti, l’utilizzo di materiali non inquinanti, riciclabili o riutilizzabili e di componenti modulari per la semplificazione della struttura dei prodotti (design for assembly, design for disassembly, group technology). Nel 2006 il Dipartimento di Ingegneria Meccanica - DIEM - della Facoltà di Ingegneria di Bologna, al fine di comprendere l’influenza che una corretta progettazione può avere sul fine vita dei veicoli, ha condotto uno studio sul settore automobilistico nel comparto bolognese, con l’obiettivo di analizzare il ciclo di trattamento effettuato nel primo anello della filiera del recupero/riciclaggio, ovvero gli autodemolitori. Per le analisi sono stati utilizzati i dati estrapolati dal programma “International Dismantling

Figura 1. I principali attori coinvolti nella fase di fine vita dei veicoli


Information System (Idis)”, nato da un Consorzio Internazionale di costruttori automobilistici e destinato alle aziende di demolizione e riciclaggio, le dichiarazioni MUD (il Modello Unico di Dichiarazione Ambientale che la legge 70/94 impone di compilare ai soggetti che producono, gestiscono o trasportano i rifiuti) e le interviste alle stesse aziende operanti nel campo della demolizione dei veicoli, al fine di ottenere una stima di costi e prestazioni. In figura 1 si riportano i principali attori coinvolti nella fase di fine vita dei veicoli, dalla cessione da parte del concessionario, o privato, all’autodemolitore, fino alla fase di smaltimento e conferimento in discarica. Le operazioni svolte dall’autodemolitore prevedono lo smontaggio di alcune parti del mezzo e la composizione del “pacco carrozzeria”, definito come veicolo fuori uso pressato, non contenente liquidi né altre sostanze pericolose, che viene inviato all’impianto di frantumazione. Grazie ad interviste dirette con gli autodemolitori è stato possibile classificare le varie componenti del veicolo in tre tipologie, sulla base dei diversi trattamenti subìti. Se ne fornisce di seguito l’elenco: • parti per le quali il D.Lgs. 209/2003 prevede obbligatoriamente lo smontaggio, in quanto componenti pericolose, ed il drenaggio degli oli e dei liquidi; • componenti il cui smontaggio risulta economicamente conveniente, in vista di un conseguente riciclaggio e/o riutilizzo nel mercato del ricambio usato; • parti non economicamente convenienti da smontare, che vengono vendute attraverso il pacco carrozzeria al frantumatore che,

Stato al 2006

mediante riduzione volumetrica, è in grado di riciclare circa il 60% del materiale, grazie alla possibilità di separare le componenti metalliche (ferrose e non) del veicolo. A valle del processo di frantumazione il fluff, che comprende materiali quali plastiche, gomma, vetri, fibre tessili, così come altri materiali non metallici, viene per la gran parte smaltito in discarica. Negli ultimi anni sono stati fatti molti sforzi per promuovere lo sviluppo di tecnologie di post-frantumazione volte al trattamento di alcune frazioni merceologiche contenute nel fluff; sono stati ultilizzati processi di selezione meccanica, che consentono di ottenere materie plastiche in granuli, fibre e polveri e trattamenti termici per la produzione di combustibili, al fine di produrre energia come gas, o energia generata direttamente dalla produzione di calore. In questo senso un forte impulso può essere dato dall’analisi dei materiali che compongono la vettura e che faciliterebbero la fase di post-frantumazione. Il problema del reimpiego/riciclaggio dei componenti della vettura, non può però essere affrontato soltanto concentrando gli sforzi a valle del processo di frantumazione, in quanto una semplificazione delle procedure di disassemblaggio del veicolo consentirebbe direttamente all’autodemolitore di avviare molti componenti al reimpiego/riciclaggio. Tra le principali discriminanti che influenzano la scelta dell’autodemolitore riguardo alle parti da smontare e avviare direttamente al reimpiego/riciclaggio, fondamentale è sicuramente la quantificazione del tempo necessario allo svolgimento di tale operazione.

Bonifica

Riciclaggio

Riduzione volumetrica

Totale

(€/veicolo)

(€/veicolo)

(€/veicolo)

(€/veicolo)

-23

60

93

130

Prima ipotesi (aggiunge al riciclaggio

128 -23

63

88

plancia, vaschetta e serbatoio)

(extra costo: 2€) Equiparabile allo stato del 2006

Seconda ipotesi (aggiunge al riciclaggio vetri,

Alcuni componenti, infatti, nonostante siano caratterizzati da materiali facilmente riciclabili, difficilmente verranno destinati al riciclaggio dall’autodemolitore, a meno che la tipologia dei materiali che li compongono non renda l’operazione economicamente conveniente per chi la effettua. Ciò avviene, ad esempio, con i motori in cui, nonostante il tempo necessario per lo smontaggio sia elevato, il ritorno economico che si ottiene dalla vendita dello stesso ai riciclatori compensa largamente i costi sostenuti per la manodopera. Dallo studio condotto per il comparto bolognese, è emerso che i componenti che venivano obbligatoriamente smontati dall’autodemolitore per la bonifica del veicolo (oli esausti, olio freni, antigelo, batterie, oli idraulici, air bag,…) rappresentavano circa il 4,8% del peso totale del veicolo, le parti economicamente convenienti da smontare che venivano direttamente inviate al riciclaggio/riutilizzo (motore/cambio, catalizzatori) rappresentavano circa il 14,5% sul peso totale del veicolo, mentre i componenti restanti, inviati attraverso il pacco carrozzeria al frantumatore, erano circa l’80,7% sul peso totale del veicolo. Considerando anche il materiale a valle della frantumazione, il comparto bolognese oggetto dello studio, con quasi l’80% di materiale recuperato/riciclato sul peso totale del veicolo nel 2006, era ancora lontano dall’obiettivo minimo fissato per il 2015, che si attesta all’85%. Un approccio più attento alla fase progettuale potrebbe dare un notevole impulso al raggiungimento dei target imposti. In questo senso il caso di studio del comparto bolognese analizza due diversi scenari.

-23

paraurti, pneumatici, passaruote)

32

84

93 (extra costo: 37 €)

Tabella 1. Utili per veicolo stimati al 2006 e nei due differenti scenari

65


p roge t t i e t e cn o log ie

Reimpiego L’articolo 2 della direttiva 2000/53/CE definisce «reimpiego» le operazioni in virtù delle quali i componenti di un veicolo fuori uso sono utilizzati allo stesso scopo per cui erano stati originariamente concepiti.

Recupero L’articolo 2 della direttiva 2000/53/CE definisce «recupero» le pertinenti operazioni di cui all'allegato II parte B della direttiva 75/442/CEE: 1 utilizzazione principale come combustibile o come altro mezzo per produrre energia; 2 rigenerazione/recupero di solventi; 3 riciclo/recupero delle sostanze organiche non utilizzate come solventi; 4 riciclo/recupero dei metalli o dei composti metallici; 5 riciclo/recupero di altre sostanze inorganiche; 6 rigenerazione degli acidi o delle basi; 7 recupero dei prodotti che servono a captare gli inquinanti; 8 recupero dei prodotti provenienti dai catalizzatori; 9 rigenerazione o altri reimpieghi degli oli; 10 spandimento sul suolo a beneficio dell'agricoltura o dell'ecologia; 11 utilizzazione di rifiuti ottenuti da una delle operazioni indicate da 1 a 10; 12 scambio di rifiuti per sottoporli ad una delle operazioni indicate da 1 a 11; 13 messa in riserva di rifiuti per sottoporli a una delle operazioni indicate nei punti da 1 a 12.

Ricicl aggio L’articolo 2 della direttiva 2000/53/CE definisce «riciclaggio», il ritrattamento in un processo di produzione dei materiali di rifiuto per la loro funzione originaria o per altri fini, escluso il recupero di energia. Per recupero di energia si intende l'utilizzo di rifiuti combustibili quale mezzo per produrre energia mediante incenerimento diretto con o senza altri rifiuti ma con recupero del calore.

Il primo scenario ipotizza di aggiungere alle parti smontate dall’autodemolitore le componenti che potevano essere facilmente smontabili già allo stato attuale, ma che, per la tipologia di materiali con cui erano realizzate, non permettevano un semplice intervento di riciclaggio. E’ questo il caso della plancia, della vaschetta e del serbatoio, costituiti principalmente da polimeri accoppiati.

66

Anno 4 - Numero 13

Materiali e componenti

2002

2015

Materiale ferroso

68%

65%

Materiale non ferroso

8%

9%

Pneumatici

3%

3%

Plastica

10%

12%

Vetro

3%

3%

Batterie

1%

1%

Fluidi

2%

2%

Fibre tessili

1%

1%

Gomme

2%

2%

Altro

2%

2%

Tabella 2. Materiali e componenti di un veicolo a fine vita nel 2002 e proiezione per il 2015

Il secondo scenario aggiungeva invece le componenti già facilmente riciclabili ma difficilmente smontabili come, ad esempio, i vetri, i paraurti, gli pneumatici e i passaruote. E’ stata compiuta sia per lo stato attuale che per i due scenari sopra prospettati, una valutazione economica in grado di evidenziare, dal punto di vista dell’autodemolitore, gli utili derivanti dalla bonifica del veicolo, quelli derivanti dallo smontaggio e dalla relativa vendita dei componenti e del pacco carrozzeria. La tabella 1 riassume gli utili per auto per l’autodemolitore, stimati per i tre differenti casi, che derivano dalla differenza tra i ricavi di vendita dei materiali e i relativi costi, prevalentemente imputabili alla manodopera.

Considerando quindi il riciclaggio dei componenti che potevano essere facilmente riciclabili se costruiti con materiali idonei (prima ipotesi), si sarebbe dovuto sostenere un extra-costo esiguo rispetto allo stato attuale che va ad aumentare nettamente se si considera anche il riciclaggio dei componenti caratterizzati da un semplice riciclaggio, ma con difficili operazioni di smontaggio (seconda ipotesi). Ipotizzando quindi di riciclare, nella fase a monte del processo di frantumazione, anche i materiali che oggi non lo sono in quanto materiali plastici compositi, ovvero quelli considerati nel primo scenario, si arriverebbe ad una percentuale molto vicina all’obiettivo fissato: 84,4% contro l’85%.


Uno studio svolto da GHK (società di consulenza inglese che offre servizi multi-disciplinari sia nel settore pubblico che privato in Europa e in molti Paesi del mondo), in collaborazione con BIOS (società francese specializzata in ricerca e consulenza relativamente alle problematiche ambientali), evidenzia le quote di materiali contenuti in media in un veicolo a fine vita per il 2002 con una proiezione per il 2015. Dall’analisi si può notare che, dopo le componenti metalliche, i principali materiali dell’autovettura sono costituiti per circa il 10% in plastica, percentuale destinata a crescere nel tempo (nel 2015 la percentuale sarà del 12%), grazie alle caratteristiche intrinseche del materiale, che contribuiscono al miglioramento delle performance sia tecniche che estetiche della vettura [5]. Ad esempio, con il solo riciclaggio completo della plancia, spesso costituita da un’eterogeneità di materiali tale da renderne economicamente impossibile il riciclaggio, si potrebbe contribuire per circa l’1,4% al raggiungimento degli obiettivi imposti dalla direttiva sui veicoli; si otterrebbe inoltre una considerevole diminuzione della percentuale di materiale plastico conferito in discarica e dei conseguenti ben noti effetti negativi, come perdita di energia, emissioni di gas serra, acidificazione dell’aria e ossidazione fotochimica [6]. Il tutto è possibile soltanto se si opta, per la plancia così come per altri componenti attualmente non convenienti da smontare, per una scelta più oculata nei materiali, unita ad ulteriori interventi progettuali volti a semplificarne le operazioni di disassemblaggio. La Pubblica Amministrazione potrebbe avere un ruolo fondamentale nell’incentivare pratiche di ecodesign e, viceversa, nel disincentivare forme di progettazione che, in una prospettiva purtroppo assai concreta, tendono ad esporre il Paese a censure o sanzioni comunitarie, realizzando, un tal modo, un duplice danno alla Collettività: di ordine ambientale ed economico.

Bibliografia [1] Direttiva 2000/53/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 settembre 2000 relativa ai veicoli fuori uso [2] Policy Department Economic and Scientific Policy. “End of Life Vehicles (ELV) Directive. An assessment of the current state of implementation by Member States” [3] The European Parliament and the council. “Directive 2000/53/EC on end-of life Vehicles”, Official Journal of the European Communities, L 269/34 (2000) [4] http://epp.eurostat.ec.europa.eu/portal/page/portal/waste/data/wastestreams/elvs [5] GHK/BIOIS. “A study to examine the benefits of the End of Life Vehicles Directive and the costs and benefits of a revision of the 2015 targets for recycling, re-use and recovery under the ELV Directive, Final Report to DG Environment”, (2006) [6] Commission Staff Working Document. “Report from the Commission to the council end the European Parliament on the targets contained in directive 2000/53/EC on end of life vehicle” (2007)

*Università di Bologna

67


p roge t t i e t e cn o log ie

FLUSSO DI IDROCARBURI TRA PREVISIONI MODELLISTICHE E DATI DI CAMPO Da un’area industriale contaminata del nord Italia si ricavano le misure in campo per la verifica delle stime di flusso ottenute mediante applicazione di modelli analitici di Sara Puricelli, Sabrina Saponaro e Elena Sezenna*

L

'analisi di rischio per i siti potenzialmente contaminati può essere utilizzata per stimare il rischio di danni su recettori umani esposti alla contaminazione. Il rischio è proporzionale alla concentrazione dell'inquinante, al punto di esposizione del recettore, nella matrice ambientale coinvolta nella specifica via di esposizione. Negli ultimi anni, la ricerca si è focalizzata sull'inalazione di vapori, il cui impatto è direttamente proporzionale alla concentrazione di potenziale inquinante nell'aria inalata indoor (Cin) o outdoor (Cout). Per ottenere tali informazioni sono possibili quattro differenti approcci (Figura 1). L'approccio (1) è basato sulla misura della con-

centrazione nella sorgente secondaria (terreno insaturo o acque sotterranee), seguita dall'applicazione di un modello che renda conto della partizione e del trasporto dell'inquinante nel terreno insaturo, fino a piano campagna o alle fondazioni dell'edificio. Il flusso (massa di inquinante emessa per unità di superficie ed unità di tempo) si miscela quindi con l'aria ambiente (outdoor o indoor) ed è necessario applicare un modello di dispersione per calcolare Cin o Cout. Il terreno, le fratture nelle fondazioni e l'aria ambiente sono solitamente descritti da modelli estremamente semplificati e scarsamente rappresentativi, che si concretizzano in espressioni di calcolo analitiche. Inoltre, i valori per molti parametri di input non vengono misurati sito-specificamente ma sono adottati valori di default tratti dalla letteratura. Nell'approccio (2), le misure di concentrazione nel terreno o nelle acque sotterranee e la partizione del contaminante tra le fasi sono sostituite dal campionamento di gas interstiziale, in cui il Figura 1. Approcci possibili per la stima della concentrazione in aria am- contaminante è quantificato nella fase vapore. Tale biente

68

Anno 4 - Numero 13

tipo di misure non è influenzato dalle incertezze associate al modello di partizione, ma è fortemente influenzato da fattori ambientali quali l'umidità del terreno, la temperatura e la pressione atmosferica. Un'altra possibilità per le valutazioni outdoor è la misura del flusso emesso a piano campagna, limitando le applicazioni modellistiche alla dispersione in aria ambiente. Le misure di flusso indoor presentano problemi connessi alla localizzazione delle fratture (USEPA 1986). Infine, le concentrazioni di inquinante indoor e outdoor possono essere misurate campionando l'aria ambiente, bypassando completamente gli strumenti modellistici. In tal caso, i risultati possono essere affetti dai tenori di background, da sorgenti locali non ascrivibili alle sorgenti secondarie sotto piano campagna, dalla velocità del vento per l'outdoor e dai sistemi di condizionamento/riscaldamento per l'indoor. In questo lavoro è presentato un caso di studio ubicato nel nord Italia. La contaminazione di terreno e acque sotterranee ha avuto origine dalle attività industriali condotte in un'area adiacente. I contaminanti di interesse includono i solventi monoaromatici e gli idrocarburi del petrolio.


centrazioni soglia di contaminazione (CSC) per uso residenziale di cui al D.Lgs. 152/06 per i solventi monoaromatici (benzene, toluene, etilbenzene, xileni – BTEX) e per gli idrocarburi del petrolio C<12, Figura 2. Schema generale del sistema di campionamento con CFD principalmente nelIl sito è stato caratterizzato sotto i profili lo spessore di fluttuazione del livello di falda. geologico, idrogeologico e chimico, per lo Il fingerprinting nei terreni ha evidenziato mesviluppo del modello concettuale e per l'ac- diamente il 23%, il 54% e il 22% (su base quisizione dei dati di input necessari alla mo- massica) di alifatici C5-C8, alifatici C9-C12 e aromatici C9-C10 rispettivamente. Al confine dellazione. Sono state altresì effettuate misure con came- nord del sito, le acque dell'acquifero freatico ra di flusso, i cui risultati sono stati confrontati sono contaminate da benzene, toluene, etilcon i flussi stimati mediante l'applicazione del benzene, p-xilene e idrocarburi totali. Mediamente alifatici C5-C8, alifatici C9-C12 e aromodello analitico (ASTM 2004). matici C9-C10 disciolti sono rispettivamente pari a 30%, 15% e 55% degli idrocarburi totali. MATERIALS AND METHODS SITO

MISURE DI EMISSIONE

Il sito si estende su 19 ha ed è utilizzato per attività ricreative. Al confine nord è ubicato un impianto industriale attivo, presso il quale sversamenti accidentali verificatisi in passato hanno causato la contaminazione delle acque sotterranee. Il confine sud del sito è limitato dalla sponda di un fiume. La litostratigrafia del terreno può essere sintetizzata come segue: 1. terreno vegetale o pavimentazione, da piano campagna (p.c.) a -0, 5 m da p.c.; 2. materiale alloctono franco-sabbioso misto a mattoni e asfalto, da -0,5 a -1 m da p.c.; in alcuni punti di indagine, lo spessore di tale strato si estende fino a circa -10 m da p.c.; 3. sabbia medio-grossolana, fino a -17 m da p.c.; 4. argilla limosa, da -17 a -20 m da p.c. Lo strato 3) sopra menzionato ospita un acquifero freatico, isolato dall'acquifero più profondo dallo strato 4). Nell'acquifero freatico, l'acqua scorre verso SO. Durante l'anno il livello della tavola d'acqua fluttua tra circa -5 e -8 m da p.c., risultando influenzato dal fiume ubicato sotto gradiente. I campioni di terreno raccolti eccedono le con-

Sono state eseguite due campagne di monitoraggio di flusso medio diurno emesso da p.c. durante i periodi estivo e invernale. La temperatura media nel primo era di 33°C, mentre nel secondo di 4°C; il livello di falda era rispettivamente a -8 e -5,5 m da p.c. Le misure sono state effettuate con camera di flusso dinamica (CFD) (Zambelli, I). Il diametro della CFD è di 1,12 m, risultando in una superficie di suolo coperta A = 0,985 m2 e un volume interno di camera di 260 l. Quale flusso vettore è stata utilizzata aria essiccata e purificata, ad un flusso mantenuto costante a 7,5 l/min mediante mass flow controller (McMillan, USA) (Figura 2). I risultati dei bianchi di camera, effettuati prima e dopo ciascuna campagna, hanno permesso di non apportare correzioni di bias alle misure acquisite. I composti basso-bollenti sono stati campionati su carbone attivo e analizzati in accordo al metodo UNI EN 13649, gli alto-bollenti su cartuccia di XAD e analizzati secondo MADEP EPH 2009. Per ciascun punto di monitoraggio, il flusso medio emesso dal terreno esposto alla camera è stato calcolato come:

(1)

MODELLAZIONE DI EMISSIONE DI VAPORI

Si è fatto ricorso al modello analitico del Livello 2 di analisi di rischio di cui ad ASTM (2004). Per sorgente secondaria in acque sotterranee, la concentrazione in gas interstiziale appena sopra il livello di falda è stata calcolata come: (2)

L'attenuazione della concentrazione nel gas interstiziale dovuta al trasporto e il flusso emesso a p.c. sono stati calcolati con la legge di Fick (Farmer at al. 1980): (3)

Il coefficiente di diffusione efficace è stato calcolato come:

(4)

I valori delle proprietà fisico-chimiche dei contaminanti sono stati tratti dalla banca dati ISSISPESL (Maggio 2009). La zona vadosa è stata assunta come uno strato omogeneo, le cui proprietà chimicofisiche sono state poste pari ai valori medi derivanti dai dati sito-specifici come mostrato in Tabella 1. f = fcap (-)

0,31

fOC (%)

0,3

hcap (cm)

10

Lgw (m)

8,0 o 5,5

θ (-)

0,08

θ a (-)

0,23

θ cap (-)

0,30

θ cap,a (-)

0,01

Tabella 1. Dati di input per la modellazione dell'emissione di vapori

69


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RISULTATI E DISCUSSIONE

RINGRAZIAMENTI

Durante le campagne con CFD (Tabella 2), i flussi di BTEX sono risultati sempre inferiori al limite di determinazione analitica (DL). Le frazioni idrocarburiche MADEP sono state misurate solo durante la sessione invernale; alifatici C5-C8, alifatici C9-C12 e aromatici C9-C10 sono risultati <DL, con eccezione di due differenti punti di monitoraggio, presso i quali sono stati ottenuti un rateo di emissione di 610 µg/(m2 h) per gli alifatici C5-C8 e 1,6 µg/(m2 h) per gli alifatici C9-C12. Tali punti sono ubicati in corrispondenza di aree scarsamente caratterizzate in ragione della presenza di edifici e strutture. Il confronto tra i flussi misurati e le previsioni da modello è riportato in Tabella 2. Per benzene, alifatici C9-C12 e aromatici C9-C10, i flussi calcolati sono risultati fino ad un ordine di grandezza più alti di quelli misurati. Lo stesso comportamento è stato riscontrato per gli alifatici C5-C8, con l'esclusione del punto di monitoraggio sopra citato, dove il flusso misurato (5 volte più alto di quello calcolato) potrebbe essere dovuto a percorsi di migrazione preferenziale dei vapori o a prodotto libero non considerato nell'equazione (2). Per T, E e p-X, i bassi flussi predetti dal modello sono stati confermati dai risultati della camera di flusso dinamica CFD.

Le attività sono state finanziate da Regione Lombardia e Politecnico di Milano. Gli autori ringraziano il Comune.

Composto

Concentrazione nelle acque

BIBLIOGRAFIA [1] ASTM 2004. Standard guide for risk-based corrective action; E2081 [2] Farmer W.J., Yang M.S., Letey J., Spencer W.F. 1980. Hexachlorobenzene: its vapor pressure and vapor phase diffusion in soil, Soil Sci. Soc. Am. J. 44, 676-680 [3] USEPA 1986. Measurement of Gaseous Emission Rates From Land Surfaces Using an Emission Isolation Flux Chamber User's Guide. In: Research and Development, EPA/600/886/008 *Politecnico di Milano DIIAR, Sezione Ambientale

SIMBOLOGIA A Cgw CVgw,0

Superficie coperta dalla CFD [L2] Concentrazione di inquinante nella sorgente secondaria in falda [M/L3] Concentrazione nel gas interstiziale appena sopra il livello di falda [M/L3]

Da

Diffusività in aria del contaminante [L2/T]

Def

Coefficiente di diffusione efficace [L2/T]

Dw

Diffusività in acqua del contaminante [L2/T]

F

Flusso medio misurato con CFD [M/(L2 T)]

f

Porosità totale della zona insatura [-]

fcap

Porosità totale della frangia capillare [-]

H

Costante di Henry adimensionata [-]

hcap J

Spessore della frangia capillare [L] Flusso a p.c. calcolato [M/(L2 T)]

Lgw

Distanza tra sorgente in falda e p.c. [L]

MS

Massa di inquinante adsorbita su cartuccia [M]

Qin

Flusso di gas vettore in CFD [L3/T]

Qout

Flusso su cartuccia [L3/T]

tmeas

Durata di ciascun campionamento con CFD [T]

θ (-)

Contenuto volumetrico di acqua della zona insatura [-]

θ a (-)

Contenuto volumetrico di aria della zona insatura [-]

θ cap (-)

Contenuto volumetrico di acqua della frangia capillare [-]

θ cap,a (-) Contenuto volumetrico di aria della frangia capillare [-]

Flusso model-

Flusso model-

Flusso medio*

Flusso medio**

lato in condi-

lato in condi-

misurato in

misurato in

zioni estive

zioni invernali

estate (range)

inverno (range)

[µg/(m2 h)]

(µg/l) Benzene

570

3,6

3,7

2,1 (<1,9 - <2,5)

1,1 (<1,0 - <1,5)

Toluene

16

0,089

0,092

2,1 (<1,9 - <2,5)

1,1 (<1,0 - <1,5)

Etilbenzene

78

0,41

0,42

2,1 (<1,9 - <2,5)

1,1 (<1,0 - <1,5)

p-Xilene

135

0,75

0,77

2,1 (<1,9 - <2,5)

1,1 (<1,0 - <1,5)

Alifatici C5-C8

509

22

22

-

124 (<2,0 - 610)

Alifatici C9-C12

255

11

11

-

1,2 (<1,0 - 1,6)

Aromatici C9-C10

934

6,0

6,2

-

1,1 (<1,0 - <1,5)

* Numero di campioni n = 8 ** Numero di campioni n = 5 - non misurato

Tabella 2. Flussi da dati di campo e previsioni modellistiche (ai fini dell'analisi statistica, i valori <DL sono stati posti pari a DL)

70

Anno 4 - Numero 13


IL RECUPERO ARCHITETTONICO E PAESAGGISTICO DELLA DISCARICA DI SCALA ERRE Dalla riqualificazione delle discariche di Barcellona, Tel Aviv e Sapporo allo sviluppo del progetto di recupero della discarica di Sassari di Anna Artuso e Elena Cossu*

O

ggi il territorio non offre più spazi residuali da destinare allo smaltimento dei rifiuti, ma richiede che la loro gestione sia inserita all’interno di una pianificazione complessiva, capace di mettere in relazione le diverse componenti del territorio in un processo che conduce ad una destinazione d’uso dello spazio utile per la vita di una comunità organizzata. Lo smaltimento dei rifiuti, quindi, da destinazione d’uso dequalificante diventa uno strumento per costruire nuove destinazioni d’uso. L’atto pianificatorio connesso alla gestione ed alla realizzazione degli impianti di smaltimento deve consistere in un’attività progettuale che, integrandosi nelle strutture della forma urbana, contribuisca al disegno del territorio, e non deve essere solo conseguenza di esclusioni, di mascheramenti o di forzature dettate dall’emergenza (Linee Guida CTD, 1997).

L’atto pianificatorio, inoltre, deve tendere all’acquisizione del consenso contestualmente alle scelte decisive e, soprattutto, deve essere finalizzato alla restituzione di una pluralità di funzioni vocate sul territorio. In termini generali, affrontare la sistemazione finale dell’area di una discarica, studiare l’andamento morfologico e la sistemazione superficiale che questa avrà una volta terminata, significa innanzitutto scegliere il rapporto che questo nuovo inserimento realizzerà con l’intorno, sia naturale che culturale, determinando le future relazioni che si potranno instaurare. Si tratta quindi di riconsiderare le forme proprie dell’ambiente, la sua storia, le sue permanenze, la presenza di funzioni interessanti sul territorio, definendo in modo mirato quale sarà l’inserimento di questo volume nel contesto, quali funzioni potrà accogliere e quali specie arboree lo ricopriranno,

utilizzando la massa di rifiuti come elemento plastico per la ricostruzione di un paesaggio coerente e riqualificato.

PROGETTI DI RIQUALIFICAZIONE PAESAGGISTICA DI VECCHIE DISCARICHE

I concetti generali precedentemente esposti trovano un’applicazione concreta nei tre progetti seguenti, scelti tra i vari casi di riqualificazione paesaggistica di vecchie discariche realizzati in diversi Paesi del mondo. Esempio eloquente sotto il profilo del recupero del paesaggio è rappresentato dal progetto per la discarica di Barcellona. L’idea di convertire la più grossa discarica della città, chiusa per saturazione nel 2006, in campi agricoli, è venuta

71


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Figura 1. Vista generale dell’area riqualificata della discarica di Barcellona

sistemazione finale di un’ex area degradata. Morenuma Park si inserisce all’interno di un vasto progetto di riqualificazione urbana dell’area di Sapporo. La costruzione del Parco, che copre circa 190 ettari, fu completata nel 2005. E’ un caso unico nel suo genere, un parco completamente realizzato su una vecchia discarica (2.7 milioni di tonnellate di rifiuti) ad opera dello scultore e architetto paesaggista giapponese Isamu Noguchi. Il progetto consiste nella realizzazione di un parco all’interno del quale sono state distribuite varie funzioni legate allo svago, alla musica, alla scienza e alla ricerca, il tutto inserito in uno straordinario progetto di architettura dei giardini.

AMBITO TERRITORIALE DI RIFERIMENTO E FASI DEL RIPRISTINO DEL PROGETTO DI SCALA ERRE

Figura 2. Vista aerea riqualificata della discarica di Sapporo

agli architetti Battle y Roig che hanno vinto con il progetto “La Vall d’en Joan” categoria energia al World Architecture Festival 2008. I lavori per trasformare il sito sono partiti nel 2000 e sono stati completati all’inizio del 2008. La discarica ha servito la città di Barcellona e la sua area metropolitana per 30 anni e vi sono stati scaricati più di 20 milioni di tonnellate di rifiuti. Il restauro è consistito nella costruzione di undici terrazzamenti in cui sono state piantate specie native con scarsa domanda di acqua e compatibili con l’integrazione del paesaggio (Figura 1). È stata inoltre predisposta una rete di irrigazione su tutta l’area per facilitare il rinverdimento. E’ stato messo a punto un sistema di drenaggio sotterraneo per separare i liquidi contaminati e rendere l’acqua riutilizzabile per irrigare il parco. La discarica, inoltre, fornisce biogas per la produzione di energia elettrica. Alcuni rifiuti sono stati lasciati in superficie e messi in grosse gabbie d’acciaio per ricordare ai visitatori com’era prima il vecchio paesaggio.

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Anno 4 - Numero 13

Un altro importante esempio di riqualificazione paesaggistica e funzionale di un sito di discarica è rappresentato dal progetto di Hiriya per l'Ariel Sharon Park, in Israele. La trasformazione della discarica di Hiriya scaturisce dal concorso internazionale del 2004 per l’enorme discarica di Tel Aviv. Una montagna di rifiuti distribuita su un’area di oltre duemila acri che ha cambiato il suo carattere e la sua connotazione ed in cui elementi che si configuravano come detrattori del paesaggio si sono trasformati in un simbolo di rinnovamento ecologico. L'Ariel Sharon Park, opera dello studio Latz+Partner, una volta terminato diventerà uno dei più grandi parchi cittadini del mondo, con giardini tropicali, lunghi sentieri dedicati alle passeggiate a piedi o a cavallo, terrazze coltivate, boschi, laghi e aree gioco e pic-nic. Il terzo progetto riguarda la discarica di Sapporo, in Giappone. Si tratta probabilmente del Parco più complesso mai realizzato su una discarica e di sicuro l’esempio più riuscito di

Sulla base dei principi generali esposti, e di importanti progetti di riferimento, la sistemazione finale della discarica di Scala Erre, successivamente descritta, propone un’organizzazione formale che tiene conto delle necessità di recupero e delle caratteristiche paesaggistiche del territorio in cui è inserita, ed ipotizza nel contempo una possibilità concreta di utilizzo funzionale dell’area a partire dalla valorizzazione di una vocazione specifica del territorio. La zona appare fortemente degradata dalla presenza di cave di argilla che stravolgono in modo grave la continuità delle forme e dei colori del paesaggio naturale, in una situazione in cui la vegetazione, scarsa e disomogenea, non offre sufficienti barriere visive. Il Ripristino Ambientale della discarica di Scala Erre prevede sostanzialmente due fasi temporali cui corrispondono due scenari, uno provvisorio, della durata di circa di 10 anni, ed uno definitivo. Con la prima fase del Progetto di Ripristino Ambientale si realizza un’area verde progettata in ogni sua parte, ma con forti caratteristiche di naturalità che, oltre a contribuire al raggiungimento della stabilità biologica dell’ammasso dei rifiuti e ad assolvere alla ricostituzione delle linee preesistenti sconvolte dalle attività di cava del passato, e di discarica nel presente, configura un luogo di riqualificazione ambientale del verde.


L’intervento successivo consiste in un progetto complesso, che prevede un’ulteriore piantumazione del verde con le medesime specie della fase provvisoria integrate da essenze arboree che nello spessore di un metro hanno lo spazio necessario per radicare e svilupparsi.

PLANIVOLUMETRICO DELL’AREA L’analisi di tutti gli aspetti finora descritti ha costituito il punto di partenza per lo sviluppo del progetto di sistemazione generale. In Figura 3 si riporta la situazione planimetrica attuale, con evidenziati i vari settori della discarica chiusi, quelli ancora in esercizio, e quelli da costruire. Da un punto di vista paesaggistico, l’obiettivo principale perseguito è stato quello di realizzare una coerenza di forme e trattamento delle superfici tale da consentire l’inserimento dei nuovi volumi all’interno del paesaggio naturale circostante, e nel contempo caratterizzare il sito in maniera da renderlo riconoscibile da parte del fruitore. Dal punto di vista morfologico si è quindi scelto, guidati dall’osservazione delle specificità formali del paesaggio, di organizzare il volume in modo da ottenere tre grandi volumi principali, che si raccordano tra di loro con pendenze deboli e degradano verso il centro dell’area, in direzione del piazzale con due

terrazzamenti. L’elemento volumetrico principale della composizione si presenta come un grande colle di poco sopraelevato sul piano campagna, che riunisce in un unico volume le aree cui corrispondono i settori 1, 2, 3 e 3bis insieme ai settori 7, 8 e 9; raggiunge la massima altezza in corrispondenza dei settori più vecchi e si apre in direzione dell’impianto di compostaggio in modo da creare una superficie libera e aperta. L’intervento prevede inoltre il ripristino dei due laghetti esistenti in passato nell’area, per uno dei quali è stabilito anche un ampliamento ed una risagomatura per realizzare un bio-lago.

PROGETTAZIONE DEL VERDE NELLE FASI PROGETTUALI La distribuzione della vegetazione sull’area è pensata nel massimo rispetto del contesto paesaggistico originario ed esistente, ed è finalizzata oltre che agli aspetti tecnici precedentemente illustrati, al recupero funzionale dell’area che avverrà a completamento delle attività di conferimento dei rifiuti e della copertura definitiva dei settori. Quasi tutta l’area oggetto dell’intervento sarà coperta da un manto erboso costituito da un miscuglio di specie selezionate. Sul margine adiacente la strada è prevista la formazione di una “barriera verde” con la duplice funzione di schermare la vista della discarica durante la

fase operativa e di delimitarne il confine. In questa fase non sono state utilizzate specie arboree se non in alcuni punti ben precisi e al di fuori delle aree dei settori. Infatti, la copertura provvisoria, costituita da soli 30 cm di terreno, non è compatibile con la presenza di alberi o piante ad alto fusto. Di fronte ai pozzi di estrazione del biogas invece, verrà realizzata una cortina di lecci per mitigarne l’impatto visivo dall’interno dell’area. Sui piccoli pianori più elevati, maggiormente esposti all’azione del vento, è prevista la piantumazione in gran parte di specie cespugliose ed arbustive basse alternate a macchia libera (essenze della macchia mediterranea sarda). La distribuzione della vegetazione prevista nella fase finale riprende sostanzialmente il disegno del verde della fase precedente e si completa con la messa a dimora di alcune specie arboree complementari ad una serie di attività previste nel progetto di recupero funzionale. Sono state individuate le specie vegetali più comuni della zona entro la quale ricade l’area in esame e sono state collocate all’interno del parco a seconda delle esigenze progettuali. Alcuni esemplari di alberi da frutta quali ciliegio, pesco, fico, limone e corbezzolo saranno messi a dimora sulla sommità del colle principale in vista di un loro utilizzo all’interno del progetto di recupero funzionale.

Figura 3. Situazione planimetrica attuale e planimetria del progetto paesaggistico della discarica di Scala Erre

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p roge t t i e t e cn o log ie

Struttura del Parco dell a Ricerca Multidisciplinare Il parco di Ricerca prevede la distribuzione di una pluralità di attività e di funzioni pensate sulla base del progetto del verde: biolago, parcelle sperimentali e area orti, area fiori, coltivazioni per biocombustibili, serra sperimentale autosufficiente, vasche per la fitodepurazione, frutteto, vigneto ed uliveto sperimentale. L’area del piazzale antistante all’impianto di pretrattamento dei rifiuti verrà utilizzata per la coltivazione di parcelle sperimentali, all’interno delle quali sarà possibile fare sperimentazioni sulla crescita di qualsiasi tipo di pianta in relazione, ad esempio, al tipo di terreno, all’apporto di nutrienti ecc. Nelle immediate vicinanze è prevista la costruzione di una vasca per la fitodepurazione che può trovare interessanti applicazioni per la vicinanza con le parcelle sperimentali e con il bio lago. Infatti sul laghetto esistente è previsto l’ampliamento e la risagomatura del profilo unitamente agli interventi di preparazione del fondo per la realizzazione di un biolago, con area di rigenerazione ed area balenabile. I due terrazzamenti accoglieranno l’area fiori. Sul colle principale troveranno spazio il vigneto, l’uliveto ed il frutteto sperimentale nei quali sarà possibile condurre studi specifici di pertinenza delle scienze alimentari. Un’ampia area pianeggiante sarà coltivata a cereali ed altre colture opportune per consentire studi sui biocombustibili, su mangimi per animali, ecc. Nelle vicinanze dei pozzi di estrazione del biogas e del percolato verrà realizzata una serra sperimentale per florovivaistica, nella quale si recupererà l’energia termica (associata all’acqua calda prodotta dai motori di combustione del biogas) e si sfrutterà una parte della CO2 presente nei fumi degli stessi motori. La CO2 creerà un’atmosfera arricchita per la sintesi clorofilliana delle piante che si tradurrà in una più elevata produttività. Il carattere strumentale dell’iniziativa consentirà di valutare l’ottimizzazione delle forme di recupero energetico (riscaldamento/raffredamento), della tipologia di essenze coltivate e delle quote di arricchimento della CO2, con riguardo anche alle altre componenti del biogas ed ai loro effetti (CO, H2S, ecc.). Un altro aspetto interessante collegato alla presenza della serra è che il personale addetto all’attività florovivaistica, nella fase di aftercare, potrà essere utilmente utilizzato anche per operazioni di controllo, con un’ottimizzazione dell’impiego delle risorse umane. I percorsi all’interno del Parco, che nella sua interezza affronta diversi temi, sono pensati per una completa accessibilità e fruibilità dell’area. Questa destinazione d’uso consentirebbe inoltre, qualora se ne ravvisasse la possibilità, di riutilizzare gli edifici degli impianti come laboratori e sale conferenze.

Saranno piantati inoltre altri alberi di ulivo, ad integrazione degli esemplari precedentemente inseriti, per la realizzazione dell’uliveto sperimentale, e tre filari di vite. L’estremità sud dell’area dell’intero complesso, nella parte più pianeggiante, sarà coltivata a cereali ed altre colture selezionate.

DESTINAZIONI D’USO DELL’AREA Il Progetto di Ripristino Ambientale, strutturato per fasi successive, si completa in un intervento complessivo di più ampio respiro, che prevede un riutilizzo funzionale dell’intera area IPPC come Parco di Ricerca Multidisciplinare, concepito come un grande “Laboratorio a cielo aperto” in cui ogni area trova una sua specifica funzione, legata ad un determinato settore di studio. All’interno del parco naturale sarà possibile effettuare sperimentazioni legate a diversi settori scientifici, dove l’interazione tra le diverse discipline costituisce uno degli aspetti più interessanti. Le funzioni previste riguardano tematiche d’interesse per campi di studio differenti, che possono comunque inte-

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ragire reciprocamente trovando come grande tema comune quello dell’ambiente e della ricerca sostenibile: agraria, scienze ambientali, chimica, biologia, settore farmaceutico, veterinaria, geologia, archeologia, costituiscono una potenziale e consistente comunità d’interesse, formata da più soggetti, presenti nel territorio e all’interno della Provincia. La fruibilità del Centro sarebbe prerogativa di un’utenza localizzata all’interno dell’isola, ma un parco di ricerca così impostato avrebbe tutte le potenzialità per diventare un centro multidisciplinare altamente specializzato a livello internazionale, che potrebbe aprire ad interessanti collaborazioni con altre realtà della comunità scientifica nazionale ed estera.

CONCLUSIONI L’area reintegrata nel suo contesto originario deve essere letta non solo come una semplice area a verde, ma come uno spazio che acquista plusvalore caratterizzandosi con una valenza scientifica che si esplica all’interno di un contesto naturale.

L’intervento progettuale si inserisce armonicamente nel territorio, rispettando la morfologia del paesaggio circostante e ricreando la continuità spaziale nelle linee e nelle forme; esso, inoltre, consente di restituire al territorio la sua naturale vocazionalità arricchendolo di un valore aggiunto e di distribuire in modo composito una pluralità di funzioni con carattere di studio, sociale, culturale e ricreativo. Il parco possiede dunque tutte le qualità per divenire un polo di attrazione per il territorio circostante e per la comunità scientifica che gli gravita intorno (Centri di Ricerca, Università). L’area interessata dal progetto di ricomposizione ambientale vuole essere un esempio eloquente, sotto il profilo tecnico-scientifico, di recupero e riqualificazione ambientale di un’area dequalificata dalla presenza di una discarica, attraverso la realizzazione di un Parco di ricerca Multidisciplinare che possa essere di interesse sia per la popolazione, sia per realtà tecnico-scientifiche attive nel settore. *Studio di progettazione ARCOplan (arco.plan@libero.it)


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LA NUOVA DISCIPLINA DELL’AIA ALLA LUCE DELLE MODIFICHE DEL TESTO UNICO AMBIENTALE Prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento: analisi delle misure introdotte dal D.Lgs. 128/2010 per garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente di Ivana Brancaleone*

C

on il D.Lgs. 128 del 29 giugno 2010, entrato in vigore il 26 agosto 2010, è stato approvato un nuovo decreto correttivo del D.Lgs. 152/2006 (c.d. "testo unico" o "codice" ambientale). Il decreto è identificato come terzo correttivo al Testo Unico Ambientale (TUA), poichè in precedenza il D.Lgs. 152/2006 era già stato modificato dal D.Lgs. 4/2008 e dal D.L. 208/2008, convertito con modifiche dalla L. 13/2009. Il decreto in esame contiene rilevanti novità in diverse materie, quali principi generali, valutazione ambientale strategica (VAS), valutazione di impatto ambientale (VIA), autorizzazione ambientale integrata (AIA) ed emissioni in atmosfera, in quanto ha apportato diverse modifiche rispettivamente alle Parti I (Disposizioni comuni), II (VAS - VIA - IPPC) e V (Emissioni in atmosfera) del D.Lgs. 152/2006 recante “Norme in materia ambientale”. In particolare, sono significative le modifiche in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA), che, per la prima volta, viene inserita in maniera organica nel Testo Unico Ambientale, allo scopo di far convergere in un unico testo normativo le disposizioni riguar-

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danti le diverse autorizzazioni in materia ambientale, la verifica dell’impatto ambientale di nuovi progetti e opere, ed inoltre il collegamento tra le relative procedure amministrative. Altrettanto importanti sono le novità in materia di VAS e di VIA e, soprattutto, di emissioni in atmosfera, settore nel quale vengono riviste anche importanti definizioni contenute nella precedente normativa, con conseguenze pratiche di notevole rilevanza. Le modifiche alla Parte V hanno determinato il passaggio da un regime di “autorizzazione degli impianti”, ad uno di “autorizzazione degli stabilimenti”, con conseguenze su diverse disposizioni del Titolo I; è stato inoltre rivisto il sistema delle deroghe e modificato il Titolo II sugli impianti termici civili. Per quanto riguarda il regime transitorio ed i tempi

di adeguamento, l'art. 4 del D.Lgs. 128/2010, stabilisce che le Regioni e le Province autonome abbiano 12 mesi di tempo (entro il 26 agosto 2011) per adeguare il proprio ordinamento ai principi introdotti dalle nuove disposizioni. La Parte II del D.Lgs. 152/2006, ovvero quella riguardante le procedure di VIA, VAS e IPPC, è la parte finora maggiormente sottoposta alle modifiche normative intervenute nel corso di questi anni: il II correttivo (D.Lgs. 4/2008) aveva, infatti, interamente abrogato e riscritto la suddetta Parte II. Nello specifico, le norme del recente decreto relative alla Parte II costituiscono recepimento ed attuazione delle seguenti direttive (cfr. art. 4 TUA):


• Dir. 2001/42/CE - valutazione impatti di determinati piani e programmi sull'ambiente (VAS); • Dir. 85/337/CEE - valutazione impatto ambientale di progetti pubblici e privati (VIA); • Dir. 2008/1/CE - prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC). Con questo articolo intendiamo soffermarci sulle modifiche apportate dal D.Lgs. 128/2010 alla disciplina di settore riguardante la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento (IPPC) contenuta nella Parte II del D.Lgs. 152/2006 - TUA in particolare, l’AIA. Analizziamo di seguito le principali modifiche apportate alla suddetta disciplina.

Le modifiche in materia di Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA)

L'Autorizzazione Integrata Ambientale ha per oggetto la prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle attività di cui all'Allegato VIII al TUA come modificato dal D.Lgs. 128/2010, e prevede misure tese ad evitare, ove possibile, o a ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese anche le misure relative ai rifiuti, al fine di conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente. La direttiva IPPC è stata inizialmente recepita in Italia attraverso l'emanazione del D.Lgs. 372/1999, che disciplinava il rilascio, il rinnovo e il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale degli impianti esistenti ai fini dell’adeguamento del loro funzionamento alle disposizioni dettate dal decreto, escludendo dal campo di applicazione i nuovi impianti. Sono state emanate successivamente alcune disposizioni volte a completare la disciplina sull'autorizzazione integrata ambientale ed infine, con il D.Lgs. 59 del 18 febbraio 2005, che ha abrogato e sostituito il precedente D.Lgs. 372/1999, si è data attuazione integrale alla citata Direttiva IPPC 96/61/CE, estendendo la procedura autorizzatoria anche ai nuovi impianti. Come già evidenziato, il decreto correttivo (art. 2) ha introdotto la normativa dell’AIA e relativi allegati nel TUA (Parte II, Titolo III bis) con il recepimento della nuova Dir. 2008/1/ CE sulla prevenzione e riduzione integrate

dell’inquinamento (IPPC) e la conseguente abrogazione del precedente D.Lgs. 59 del 18 febbraio 2005. Il D.Lgs. 128/2010 ha infatti introdotto un nuovo Titolo III bis nella Parte II del TUA, rubricato appunto “L'autorizzazione integrata ambientale”. La disciplina della prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento proveniente dalle categorie di attività industriali elencate all'Allegato VIII prevede il rilascio, il rinnovo e il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale degli impianti soggetti alla normativa, nonché le modalità di esercizio degli stessi. Per quanto riguarda i contenuti, tra le modifiche più rilevanti è da segnalare senz’altro l’estensione della figura del gestore dell’impianto IPPC, che comprende ora, oltre a chi detiene o gestisce l'impianto, come previsto dalla precedente normativa, anche i soggetti che dispongono di “un potere economico determinante sull'esercizio tecnico dell'impianto” (art. 5 - lett. r-bis). Per il resto il decreto si limita a rendere organica la materia e ad inserirla nel codice, mantenendo una piena e continua operatività delle disposizioni trasposte: inserimento del nuovo titolo “Autorizzazione integrata ambientale”, e indicazione dei contenuti minimi della domanda di AIA da presentare all’autorità competente con tutte le informazioni principali relative all'impianto da autorizzare (art. 29-bis e ss. TUA) prevedendo anche, in taluni progetti, le interazioni necessarie con le disposizioni sulla VIA, anch’esse modificate dal D.Lgs. 128/2010.

Con il nuovo decreto vengono individuate, nell'ambito della procedura di Valutazione, modalità di semplificazione e coordinamento delle procedure autorizzative in campo ambientale (art. 10), comprese quelle previste in materia di prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento, in modo tale che la procedura per il rilascio dell’AIA sia coordinata all’interno del procedimento di VIA. L'AIA è il provvedimento autorizzativo necessario per l'esercizio di un impianto rientrante fra quelli di cui all'Allegato VIII del TUA, il cui scopo, come indicato nella lettera c) dell'art. 4 comma 4 introdotta dal D.Lgs. 128/2010, consiste nella previsione di misure volte a evitare o ridurre le emissioni nell'aria, nell'acqua e nel suolo, comprese anche le misure relative ai rifiuti, in modo da conseguire un livello elevato di protezione dell'ambiente (prevenzione e riduzione integrate dell'inquinamento). Mediante l'emanazione del provvedimento di AIA si vuole garantire un livello elevato di protezione generale dell'ambiente nell'ambito di una procedura complessiva in cui ogni fattore ambientale da tutelare venga preso in considerazione. Nel provvedimento di AIA confluiscono numerose autorizzazioni rilasciate in via autonoma, quali l'autorizzazione alle emissioni in atmosfera (fermi restando i profili concernenti aspetti sanitari); l'autorizzazione allo scarico; l'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti; l'autorizzazione allo smaltimento degli apparecchi con-

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tenenti PCB-PCT e quella relativa all'utilizzo dei fanghi derivanti dal processo di depurazione in agricoltura (vedi Allegato II Art. 9 - Allegato IX Parte II - Elenco delle autorizzazioni ambientali già in atto, sostituite dall’autorizzazione integrata ambientale). Le procedure di AIA avviate prima del 26 agosto 2010 (data di entrata in vigore del D.Lgs. 128/2010) si concludono in base alle norme vigenti al momento dell'avvio del procedimento (art. 4).

Procedimento per il ril ascio dell’AIA Un'Autorizzazione Integrata Ambientale può valere per uno o più impianti, o parti di essi, che siano localizzati sullo stesso sito e diretti dal medesimo gestore. L’autorità competente per il rilascio dell’AIA (art. 7) è il Ministero dell'Ambiente per gli impianti di competenza statale indicati nell’All. XII; oppure per gli altri impianti IPPC, l'autorità individuata dalla Regione o Provincia autonoma interessata. La domanda deve tracciare in una relazione tecnica i dati relativi all’impianto, che possono essere descritti anche in una sintesi non tecnica. Il nuovo art. 29-ter indica i contenuti minimi della domanda di AIA. In particolare, questa deve specificare all’autorità competente tutte le informazioni principali relative all'impianto da autorizzare quali: il tipo di impianto, la sua portata, l'ubicazione, le materie prime e ausiliarie, le sostanze e l'energia usate o prodotte dall'im-

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pianto, il tipo e l'entità delle emissioni, ecc. Possono essere utilizzate, ai fini della presentazione della domanda, le informazioni e le descrizioni fornite secondo un rapporto di sicurezza, elaborato conformemente alle norme previste sui rischi di incidenti rilevanti connessi a determinate attività industriali, o secondo la norma internazionale UNI EN ISO 14001, possono essere impiegati anche i dati prodotti per i siti registrati secondo il Regolamento comunitario EMAS, nonché altre informazioni fornite secondo qualunque altra normativa, a patto che rispettino uno o più dei requisiti richiesti per la domanda integrata. Tali informazioni possono essere incluse o allegate alla domanda. Tra le novità inserite dal D.Lgs. 128/2010 (cfr. art. 29 ter, c. 4 D.Lgs. 152/2006) nell’ambito della procedura autorizzativa, si segnala la definizione dei tempi per l’esame della domanda da parte dell’Autorità competente, la quale: • entro 30 gg. dalla presentazione della domanda verifica la completezza della documentazione presentata; • nel caso la domanda e la documentazione allegata risultino incomplete, potrà chiedere apposite integrazioni, entro un termine non inferiore a 30 gg. La domanda di AIA si intende ritirata nel caso in cui il proponente non depositi la documentazione completa degli elementi mancanti entro il termine indicato dall’autorità. Qualora le integrazioni richieste siano particolarmente

complesse è prevista la possibilità di richiedere una proroga del termine per la presentazione della documentazione integrativa. L’autorità competente, entro 30 giorni dal ricevimento della domanda, comunica al gestore la data di avvio del procedimento. È prevista una procedura di informazione e partecipazione del pubblico e si concedono 30 giorni di tempo per la presentazione di osservazioni all’autorità competente da parte di tutti i soggetti interessati. A tale scopo, entro 15 giorni dalla comunicazione, il gestore ha l’obbligo di pubblicare a sue spese su un quotidiano a diffusione provinciale o regionale, ovvero a diffusione nazionale nel caso di progetti che ricadono nell'ambito delle competenze statali, un annuncio contenente le seguenti informazioni: indicazione della localizzazione dell'impianto, del proprio nominativo, e del luogo ove è possibile prendere visione degli atti e trasmettere le osservazioni. Altra novità del decreto è la previsione che tali informazioni siano anche pubblicate dall'autorità competente nel proprio sito web. Lo strumento di coordinamento tra tutti i soggetti pubblici interessati (amministrazioni competenti in materia ambientale per l'esercizio degli impianti) è la conferenza dei servizi, che deve concludersi entro 60 giorni dalla scadenza del termine previsto per la presentazione delle osservazioni da parte dei soggetti interessati. L'art. 29-quater, comma 5, ne reintroduce l'obbligatorietà nel procedimento per giungere alla decisione finale sul rilascio dell’AIA (in precedenza, la conferenza dei servizi era stata resa facoltativa dal D.Lgs. 4/2008). Acquisite le determinazioni delle predette amministrazioni e considerate le eventuali osservazioni dei soggetti interessati, l'autorità competente rilascia, entro 150 giorni dalla presentazione della domanda (o entro 180 giorni nel caso di sospensione dovuta a richieste integrative), un’autorizzazione contenente le condizioni che garantiscono la conformità dell'impianto ai requisiti previsti dal decreto, o nega tale autorizzazione in caso di non conformità ai requisiti stessi. Come documenti di riferimento per il rilascio dell’AIA vengono individuati i BREF (BAT Reference Documents) pubblicati dalla Com-


missione Europea e le linee guida per l’individuazione e l’utilizzo delle migliori tecniche disponibili emanate con uno o più decreti dal Ministro dell'ambiente (art. 29 bis).

Contenuto dell’autorizzazione Ogni AIA concessa deve includere le modalità previste per la protezione dell'ambiente nel suo complesso, nonché l’indicazione delle autorizzazioni sostituite. Infatti, come già specificato, le autorizzazioni integrate ambientali rilasciate sostituiscono ad ogni effetto le autorizzazioni riportate nell'elenco dell'Allegato IX, secondo le modalità e gli effetti previsti dalle relative normative di settore. In particolare, l’AIA sostituisce la comunicazione per le operazioni di recupero rifiuti di cui all'art. 216 D.Lgs. 152/2006, ferma restando la possibilità di utilizzare successivamente le procedure semplificate previste dal capo V del TUA. L'autorizzazione deve

D

includere i valori limite di emissione (VLE) fissati per le sostanze inquinanti, in particolare quelle elencate nell'All. X, nonché i valori limite ai sensi della vigente normativa in materia di inquinamento acustico. Per il resto rimangono invariate le altre disposizioni previste dalla precedente normativa IPPC in materia di modifica degli impianti, di variazione del gestore, di rispetto delle condizioni contenute nell'AIA, nonché in relazione alla disciplina sanzionatoria. Il gestore avrà l’obbligo di raccogliere tutti i dati relativi ai controlli (art. 29 Decies) delle emissioni richiesti dall'AIA secondo le modalità e le frequenze stabilite nell'autorizzazione stessa e di trasmetterli all'Autorità competente e ai Comuni interessati. Le ARPA territoriali sono demandate all’effettuazione delle ispezioni ed alla trasmissione degli esiti all’Autorità Competente. I gestori degli impianti IPPC (All. VIII) trasmettono all'autorità competente e al Ministero

dell'ambiente, tramite l’ISPRA, entro il 30 aprile di ogni anno, i dati relativi alle emissioni in aria, acqua e suolo dell'anno precedente (art. 29 Undecies). L'Autorità competente provvede ogni 5 anni al rinnovo (art. 29 octies) delle condizioni dell'AIA con conseguente riesame dei dati, confermandole o aggiornandole. Il gestore, 6 mesi prima della scadenza, invia all'autorità competente una domanda di rinnovo, corredata da una relazione contenente un aggiornamento delle informazioni. Fino alla pronuncia dell'autorità competente, il gestore continua l'attività sulla base della precedente AIA. Nel caso di un impianto che, all'atto del rilascio dell'autorizzazione, risulti certificato secondo la norma internazionale UNI EN ISO 14001, ovvero registrato ai sensi del Regolamento comunitario EMAS, il rinnovo è effettuato rispettivamente ogni 6 oppure ogni 8 anni. *Studio Brancaleone

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I rifiuti prodotti dalle navi: modalità di gestione e smaltimento La normativa Europea vigente impone ai possessori delle navi e ai gestori dei porti oneri precisi, disciplinati da norme giuridiche troppo spesso non rispettate di Rosa Bertuzzi*

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a normativa che disciplina la gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e nei porti ha lo scopo di ridurre gli scarichi in mare, in particolare quelli illeciti, dei rifiuti stessi e dei residui del carico, prodotti da quelle navi che utilizzano porti situati nel territorio dello Stato, nonché di migliorare la disponibilità e l'utilizzo degli impianti portuali di raccolta per i suddetti rifiuti e residui. Una nave, infatti, durante il suo esercizio impatta in maniera significativa sull’ambiente: si pensi, ad esempio, ad operazioni di routine come quella di smaltimento dei rifiuti prodotti a bordo, o alle attività condotte nei porti, che generano rifiuti anche di natura pericolosa. La normativa giuridica di riferimento è contenuta nel D.Lgs. 24 giugno 2003 n. 182 (in G.U., 22 luglio, n. 168) “Attuazione della direttiva 2000/59/CE relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico”. Tale decreto recepisce la Direttiva CE n. 59/2000, relativa agli impianti portuali di rac-

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colta per i rifiuti prodotti dalle navi ed i residui del carico. E’ composto di 16 articoli e 4 allegati, che definiscono in modo puntuale l’ambito di applicazione e le modalità operative di gestione dei rifiuti navali e dei porti. Particolare importanza riveste, inoltre, la Marpol 73/78, elaborata per rispondere alla necessità di controllare e limitare il rilascio accidentale e deliberato in mare di idrocarburi ed altre sostanze pericolose, fra cui i rifiuti (ad essi è dedicato l’annesso V). E’ inoltre opportuno citare la L. 28 gennaio 1994, n. 84, (in G.U. 04 febbraio 1994, n. 28), di riordino della legislazione in materia portuale, nonché il D.Lgs. 152/06 (Testo Unico in materia ambientale) ed il Codice della navigazione.

DISCIPLINA GIURIDICA L’art. 2 del D.Lgs. 182/2003 fornisce una serie di puntuali definizioni che, unitamente al disposto dell’articolo 3, consentono di delimitare il campo di applicazione del decreto. L’articolo 2 individua infatti i concetti di: • nave: unità di qualsiasi tipo, che opera nell'ambiente marino, inclusi gli aliscafi, i veicoli a cuscino d'aria, i sommergibili, i galleggianti, nonché i pescherecci e i porti; • Marpol 73/78: convenzione internazionale del 1973 per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, come modificata dal relativo protocollo del 1978, in vigore nell'Unione europea alla data del 27 novembre 2000 e ratificata con legge 29 settembre 1980, n. 662; • rifiuti prodotti dalle navi: i rifiuti, incluse le acque reflue e i residui diversi da quelli del carico, ivi comprese le acque di sentina, prodotti a


bordo di una nave e che rientrano nell'ambito di applicazione degli allegati I, IV e V della Marpol 73/78, nonché i rifiuti associati al carico di cui alle linee guida definite a livello comunitario per l'attuazione dell'allegato V della Marpol 73/78; • residui del carico: i resti di qualsiasi materiale che costituisce il carico presente a bordo della nave, contenuto nella stiva o in cisterne, e che permane al termine delle operazioni di scarico o di pulizia, ivi comprese le acque di lavaggio (slop) e le acque di zavorra qualora venute a contatto con il carico o suoi residui; tali resti comprendono eccedenze di carico-scarico e fuoriuscite; • impianto portuale di raccolta: qualsiasi struttura fissa, galleggiante o mobile all'interno del porto dove, prima del loro avvio al recupero o allo smaltimento, possono essere conferiti i rifiuti prodotti dalla nave ed i residui del carico; • peschereccio: qualsiasi imbarcazione equipaggiata o utilizzata a fini commerciali per la cattura del pesce o di altre risorse marine viventi; • imbarcazione da diporto: unità di qualunque tipo a prescindere dal mezzo di propulsione, che viene usata con finalità sportive o ricreative; • porto: un luogo o un'area geografica cui siano state apportate migliorie e aggiunte attrezzature tali da consentire l'attracco di navi, pescherecci ed imbarcazioni da diporto; • autorità competente: l'Autorità portuale, ove istituita, o l'Autorità marittima. Più specificamente, ai sensi dell’art. 3, il D.Lgs. 182/03 si applica: • alle navi, compresi i pescherecci e le imbarcazioni da diporto, a prescindere dalla loro bandiera, che fanno scalo o che operano in un porto dello Stato, ad esclusione delle navi militari da guerra ed ausiliarie o di altre navi possedute o gestite dallo Stato, se impiegate solo per servizi statali a fini non commerciali; • ai porti dello Stato ove fanno scalo le navi di cui alla lettera a). Ogni porto è dotato, con oneri a carico del gestore del servizio, di impianti e servizi portuali

di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico adeguati in relazione alla classificazione dello stesso porto, laddove adottata, ovvero in relazione al traffico registrato nell'ultimo triennio. Il fine è quello di assicurare il rapido conferimento di detti rifiuti e residui, evitando ingiustificati ritardi e garantendo nel contempo standard di sicurezza per l'ambiente e per la salute dell'uomo raggiungibili con l'applicazione delle migliori tecnologie disponibili (art. 4). La capacità degli impianti portuali di raccolta realizzati, siano essi strutture fisse, mobili o galleggianti, è commisurata alla tipologia e al quantitativo di rifiuti prodotti e di residui del carico provenienti dalle navi che in via ordinaria approdano nel porto, tenuto conto delle esigenze operative degli utenti dello scalo, dell'ubicazione geografica e delle dimensioni del porto, della tipologia delle navi che vi fanno scalo, nonché delle esenzioni di cui all'articolo 7, comma 1 (vedi infra). Tali impianti devono inoltre conformarsi alle vigenti disposizioni di sicurezza e di prevenzione incendi (es. D.Lgs. 81/08, “Testo unico sulla salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”). E’ opportuno rilevare che, ai sensi dell’art. 18 della legge n. 81/1994, il soggetto pubblico o privato che intenda realizzare un impianto fisso di raccolta deve preventivamente ottenere il rilascio di una concessione demaniale da parte dell’Autorità portuale, limitatamente agli scali marittimi ove la stessa sia stata istituita. Tale autorizzazione tuttavia non è da sola sufficiente ai fini dell’espletamento delle attività di raccolta rifiuti: è altresì necessario l’ottenimento dell'autorizzazione rilasciata dalla Regione competente per territorio, la cui validità è di 5 anni (cfr. artt. 208 e ss. D.Lgs. 152/06).

Per quanto riguarda le operazioni di gestione dei rifiuti (trasporto, carico e scarico, ecc.) occorre fare riferimento all’art. 18 della legge n. 84/1994, che prevede la subordinazione ad un atto autorizzativo dell'Autorità Portuale, rilasciato previa verifica del possesso da parte del richiedente dei requisiti individuati tramite decreto del Ministro dei Trasporti, oppure di uno o più servizi portuali di cui al comma 1, da individuare nell'autorizzazione stessa. Le imprese autorizzate sono iscritte in appositi registri tenuti dall'autorità portuale, o laddove non istituita, dall'autorità marittima e sono soggette al pagamento di un canone annuo e alla prestazione di una cauzione determinati dalle medesime autorità. La durata dell’autorizzazione è identica a quella della concessione rilasciata ai sensi dell’art. 18 della medesima legge (v. supra). Le autorità portuali o, laddove non isti-

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tuite, le autorità marittime, inoltre, disciplinano e vigilano sull'espletamento delle operazioni e dei servizi portuali inerenti alla gestione dei rifiuti. L’art. 6 impone obblighi di notifica. Il comandante di una nave diretta verso uno scalo nazionale deve infatti notificare all’Autorità marittima, tramite apposito modulo: • nome della nave, indicativo radio, numero IMO; • stato di bandiera; • ora presunta di arrivo (ETA); • ora presunta di partenza (ETD); • precedente e successivo porto di scalo; • ultimo porto di scalo in cui sono stati conferiti i rifiuti prodotti dalla nave; • la dicitura “Intendete conferire tutti/alcuni/ nessuno dei vostri rifiuti in impianti portuali di raccolta; • tipo e quantitativo di rifiuti e residui da conferire o trattenuti a bordo e percentuale di stoccaggio della nave. La notifica deve effettuarsi: • almeno 24 ore prima dell'arrivo nel porto di scalo, se detto porto è noto; • non appena il porto di scalo è noto, qualora conosciuto a meno di 24 ore dall'arrivo; • prima della partenza dal porto di scalo precedente, se la durata del viaggio è inferiore a 24 ore. Ricevuta la notifica, l'Autorità Marittima trasmetterà le informazioni all'Autorità portuale, ai gestori dell'impianto di raccolta, agli uffici di Sanità Marittima ed agli Uffici Veterinari di porto. Le navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari possono fornire le informazioni di cui sopra cumulativamente all'Autorità

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Marittima dello scalo di conferimento dei rifiuti. Il comandante della nave, ogniqualvolta lascia il porto di approdo, conferisce i rifiuti prodotti dalla nave all'impianto portuale di raccolta prima di lasciare il porto (art. 7), salvo il caso di navi in servizio di linea con scali frequenti e regolari. Tuttavia la nave può proseguire verso il successivo porto di scalo senza avere adempiuto in deroga a tale prescrizione, previa autorizzazione dell'Autorità marittima che, avvalendosi dell'Autorità sanitaria marittima e del chimico del porto, ove presenti, abbia accertato per la stessa nave una capacità di stoccaggio sufficiente per i rifiuti già prodotti ed accumulati e per quelli che saranno prodotti fino al momento dell'arrivo presso il successivo porto di conferimento. L'Autorità competente, qualora ritenga che nel porto di conferimento previsto non siano disponibili impianti adeguati o nel caso in cui detto porto non sia conosciuto e sussista il rischio che i rifiuti vengano scaricati in mare, richiede alla nave di conferire i rifiuti prodotti prima di lasciare il porto. Ai rifiuti sanitari ed ai rifiuti alimentari prodotti a bordo di mezzi di trasporto che effettuano tragitti internazionali si applicano le disposizioni vigenti in materia. Per quanto riguarda i residui del carico (art. 10), il comandante della nave che fa scalo nel porto li conferisce ad un impianto di raccolta in base alle disposizioni della convenzione Marpol 73/78; tali residui saranno avviati in via prioritaria al riciclaggio ed al recupero nel rispetto della normativa vigente. Per assicurare il rispetto delle norme sopra descritte, l’art. 11 prevede che l'Autorità marittima esegua delle ispezioni. Nella scelta delle navi da ispezionare, l'Autorità marittima si interessa in particolare: • della nave che non ha adempiuto agli obblighi di notifica di cui all'articolo 6; • della nave per la quale le informazioni fornite dal comandante, ai sensi dell'articolo 6, possano far ritenere l'inosservanza delle disposizioni di cui agli articoli 7 e 10.

L’attività di accertamento consiste nella valutazione del modulo di notifica e della capacità di stoccaggio dei rifiuti a bordo in funzione degli spazi disponibili, della durata del viaggio nonché delle possibilità di successivo conferimento. Qualora l'Autorità marittima accerti la violazione degli articoli 7 e 10, essa provvede affinché la nave non lasci il porto fino al conferimento dei rifiuti e dei residui del carico all'impianto di raccolta, in misura tale da ottemperare ai citati articoli. Nell’ipotesi in cui la nave contravvenga al divieto di lasciare il porto, l'Autorità marittima del luogo informa immediatamente quella del successivo porto di scalo.

SANZIONI Sono infine previste delle sanzioni per il gestore dell'impianto e del servizio portuale di raccolta che non rispetti l’obbligo di notifica (sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 30.000). Inoltre, il comandante di una nave diversa da un peschereccio o da un'imbarcazione da diporto, che approdando in un porto non conferisce i rifiuti prodotti dalla nave ed i residui del carico, in violazione degli articoli 7 comma 1, e 10 comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 3.000 a euro 30.000 (sanzione prevista all'articolo 13, comma 3). In questo caso la violazione è segnalata dall'Autorità marittima al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Il comandante di un peschereccio o di un'imbarcazione da diporto che non conferisce i rifiuti prodotti ad un sistema di raccolta è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 103 a euro 500. Il D.Lgs. 182/03 è corredato, infine, di 4 allegati: • Allegato 1: prescrizioni relative al piano di raccolta e di gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui del carico; • Allegato 2: informazioni sul sistema di raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico da fornire agli utenti del porto; • Allegato 3: modulo di dichiarazione contenente le informazioni da notificare prima dell'entrata nel porto; • Allegato 4: criteri per la determinazione della tariffa di cui agli articoli 8 e 10.


GIURISPRUDENZA La giurisprudenza si è occupata più volte della tematica dei rifiuti prodotti dalle navi e dai porti. Con riferimento a quali sostanze possano essere ricondotte nell’ambito applicativo del D.Lgs. 182/03, si legge che “Gli slops (cioè le miscele contenenti idrocarburi derivanti dallo svuotamento dei bracci di carico delle navi e dallo scarico delle valvole di sicurezza), se sono effettivamente ed oggettivamente riutilizzati in un diverso ciclo produttivo, anche dopo aver subito un trattamento preventivo minimo (decantazione), fuoriescono dal regime dei rifiuti in virtù dell'art. 14 L. 178/02: essi possono essere considerati sottoprodotti se ricorrono i requisiti dettati dall'art. 183, comma 1. lett. p), D.Lgs. 152/06 (vale a dire: origine da un processo non direttamente finalizzato alla sua produzione, che può consistere anche nella produzione di un servizio come il trasporto di beni, assenza della volontà del produttore di disfarsene, reimpiego certo ed integrale, rispetto di standard merceologici e di tutela ambientale, riutilizzo senza necessità di trattamento preventivo, valore economico)” (Cassazione penale, sez. III, 30 settembre 2008, n. 41839). Sono invece considerati rifiuti (pericolosi) le acque di sentina che vengono raccolte e ritirate all'esito delle operazioni di pulizia delle navi (Cassazione penale, sez. III, 27 giugno 2003, n. 38567). Per quanto concerne le autorizzazioni, invece, è stata ritenuta legittima l'attribuzione del servizio di prelievo dei rifiuti da navi nelle rade e nei porti nazionali, in via temporanea e d'urgenza, mediante autorizzazione tempo-

ranea, al fine di sopperire ad urgenti esigenze nelle more del procedimento di concessione (Consiglio di Stato, sex. VI, 21 febbraio 2001, n. 895). Non è invece consentito che un soggetto, autorizzato dall'autorità portuale alla sola raccolta dei rifiuti solidi scaricati dalle navi, provveda di fatto alla raccolta ed allo stoccaggio di ogni altro rifiuto delle attività portuali in mancanza di ulteriore espressa autorizzazione (Tribunale di Genova, 25 febbraio 2003). La Cassazione civile, poi, con sentenza n. 19800 del 14 settembre 2006, è intervenuta in materia di sanzioni amministrative. In particolare, la Suprema Corte ha stabilito che “l'ordinanza della Capitaneria di Porto che vincoli le navi in ingresso nel porto a tempi (nella specie di non oltre ventiquattro ore) di consegna dei rifiuti di bordo (anche non alimentari), non è in contrasto con le disposizioni della convenzione internazionale di Londra del 2 novembre 1973 (Marpol 73/78) per la prevenzione dell'inquinamento causato da navi, ratificata in Italia con L. 29 settembre 1980 n. 662, sebbene tale convenzione, nello stabilire (allegato V) le linee guida dei piani di smaltimento dei rifiuti da adottare dalle singole navi, non imponga limiti temporali vincolanti per lo scarico. Conseguentemente, in caso di inottemperanza alle disposizioni regolamentari temporali imposte dalla Capitaneria è applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall'art. 1174 c. nav.”. Infine, la sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee del 25 settembre 2008, causa C-368/07, ha condannato l'Ita-

lia per omessa elaborazione ed applicazione dei piani di raccolta e gestione dei rifiuti per tutti i porti italiani. Lo Stato italiano risulta infatti inadempiente relativamente agli obblighi previsti dagli art. 5, n. 1 e 16, n.1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 27 novembre 2000, 2000/59/CE, relativa agli impianti portuali di raccolta per i rifiuti prodotti dalle navi e i residui del carico. Tale direttiva, infatti, impone ai Paesi dell’UE di ridurre gli scarichi in mare dei rifiuti prodotti dalle navi e dei residui di carico, di rafforzare la protezione dell'ambiente marino e di far sì che ogni porto abbia un piano adeguato di raccolta e di gestione dei rifiuti. Il ricorso arriva dopo numerose sollecitazioni da parte della Commissione delle comunità europee, che già nel luglio 2004 aveva chiesto alla Repubblica italiana la conferma dell'adozione dei piani di raccolta e di gestione dei rifiuti per tutti i porti italiani ed in particolare la trasmissione dei piani concernenti un campione di 19 porti. Nell'anno successivo lo Stato italiano aveva comunicato i piani di raccolta di alcuni porti (Napoli, Ravenna, Taranto e Trieste) ed i progetti di piani di raccolta di altri, portando la Commissione a formulare un parere motivato, in data 18 ottobre 2005, con il quale invitava a prendere i provvedimenti necessari per conformarsi alle normative entro i due mesi successivi. Alla scadenza del termine l'Italia non aveva ancora adottato piani di raccolta per 10 dei 19 porti segnalati dalla Commissione. *Ambienterosa, consulenze legali ambientali

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IGIENE E SICUREZZA SUL LAVORO NEGLI IMPIANTI DI TRATTAMENTO DEI RAEE LE SOLUZIONI ORGANIZZATIVE, LE TECNICHE E LE PROCEDURE OTTIMALI PER UNA PREVENZIONE GLOBALE SECONDO LA RICERCA CONDOTTA DALL’INAIL di Emma Incocciati e Annalisa Guercio*

G

li obiettivi del sistema di gestione dei RAEE in Italia sono stati definiti sulla base dell’emanazione di due Direttive europee: Dir. 2002/96/CE e Dir. 2003/108/CE. Precedentemente al loro recepimento nella nostra Legislazione, pur essendo nota la natura pericolosa per l’ambiente e per l’uomo dei relativi componenti, i RAEE non erano oggetto di una normativa specifica che ne disciplinasse il trattamento, la valorizzazione o il reimpiego. L’abbandono abusivo o, nella migliore delle ipotesi, lo smaltimento in discarica o l’incenerimento, senza riutilizzo di materie prime secondarie, erano conseguenza diretta del vuoto legislativo. Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 151/2005 si è affermato anche nel nostro Paese il concetto di gestione integrata del rifiuto che, fondamentalmente, consiste in: • messa in atto di azioni preventive, sia in termini di volume di apparecchiature prodotte sia in termini di tipologia e pericolosità dei relativi componenti, già nella fase di produzione delle AEE; • organizzazione del sistema di raccolta; • promozione del reimpiego, riciclaggio ed altre forme di recupero dei RAEE in modo da ridurne la quantità da avviare a smaltimento. In virtù dell’apparato legislativo vigente è attualmente operativo in Italia un sistema mul-

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ticonsortile costituito dai produttori di AEE responsabili della corretta gestione di questi rifiuti. I risultati già apprezzabili, in termini di efficienza ed efficacia, di tale sistema riguardano per lo più l’impatto positivo sull’ambiente della gestione dei RAEE. Nei soli primi nove mesi del 2010 il quantitativo di rifiuti raccolti dal sistema consortile ha raggiunto le 180.000 tonnellate ed è evidente che per ogni rifiuto avviato al corretto trattamento e, perciò, sottratto allo smaltimento in

discarica o all’incenerimento, si recuperano materiali riciclabili e si evitano emissioni in atmosfera e dispendi energetici particolarmente onerosi. Tuttavia, oltre che sotto il profilo ambientale, il sistema di gestione dei RAEE dovrebbe garantire un buon livello di efficacia anche in termini di tutela della salute e della sicurezza di quanti operano negli impianti di trattamento, siano essi della tipologia a ciclo integrale o parziale. Secondo stime FISE di qualche anno fa, la


fase finale del ciclo di vita delle apparecchiature elettriche ed elettroniche è gestita da circa 150 stabilimenti caratterizzati da un’attività di recupero-riciclaggio (FISE-UNIRE, 2006). Circa 30 imprese effettuano operazioni di disassemblaggio e 10-12 centri integrati eseguono cicli completi di trattamento. Il numero degli addetti al trattamento è circa pari a 1000 ma, sulla base dei crescenti volumi di rifiuto trattati, tale valore è da intendersi verosimilmente sottostimato. D’altra parte, dati INAIL attestano che per tale comparto il rischio, in termini di frequenza infortunistica, è quasi il triplo di quello medio del complesso Industria e Servizi. Nel periodo 2004-2009, l’Istituto Assicuratore ha infatti indennizzato 86 casi di infortuni ogni 1000 addetti per le aziende dei RAEE contro i 30 dei settori Industria e Servizi. Le azioni che più di altre espongono al rischio di infortunarsi sono camminare, salire, scendere e, in generale, movimentare carichi con o senza impiego di mezzi a motore. Schiacciamenti e contatti con agenti materiali duri o abrasivi rappresentano le tipologie più frequenti di eventi infortunistici mentre lussazioni, contusioni e ferite sono gli esiti più frequentemente registrati delle lesioni, prevalentemente a carico di mano, colonna vertebrale, viso e caviglie.

Se quindi, oltre al volume dei rifiuti trattati, è in tendenziale crescita anche il numero di quanti operano negli impianti di trattamento e la rischiosità delle lavorazioni svolte è tutt’altro che trascurabile, appare evidente la necessità di approntare tutte le azioni preventive più idonee a ridurre l’impatto dannoso dei processi produttivi sugli operatori, coniugando il concetto di tutela ambientale a quello di salute e sicurezza sul lavoro. In quest’ottica, se di tutela globale si parla, è necessario che i centri di raccolta e gli impianti di trattamento dei RAEE siano concepiti in accordo a tale obiettivo, da garantire e perseguire in tutte le fasi di vita dell’impianto, dalla progettazione fino alla dismissione. Da alcuni anni la Consulenza Tecnica Accertamento Rischi e Prevenzione dell’INAIL si occupa degli aspetti di igiene e sicurezza sul lavoro negli impianti di trattamento dei RAEE nell’ambito di un più ampio studio riguardante la gestione dei rifiuti e delle acque reflue. La finalità della ricerca specificamente condotta sui RAEE è quella di definire un percorso metodologico di valutazione dei rischi professionali, illustrare gli opportuni sistemi di prevenzione e protezione di tipo gestionale, organizzativo e tecnologicoprogettuale, indicando, ove possibile, gli interventi approntabili per migliorare le condizioni e gli ambienti di lavoro.

La complessità dei cicli tecnologici svolti negli impianti, unitamente alla varietà dei rifiuti trattati (si pensi all’eterogeneità dei 5 raggruppamenti dei RAEE previsti per legge) e alle caratteristiche degli spazi aziendali, non sempre idonei alle necessità lavorative, sono solo le criticità più rilevanti negli impianti di trattamento. I risultati dello studio condotto dall’INAIL sono confluiti in un prodotto editoriale presentato il 5 novembre scorso a Ecomondo durante un un Convegno avente per oggetto l’accordo INAIL-Federambiente per il miglioramento della salute e sicurezza nel settore ambientale. Dopo aver illustrato la metodologia di valutazione del rischio, fondata sulla suddivisione dell’intero ciclo di lavorazione in differenti fasi e sull’individuazione, per ciascuna di esse, delle fonti di pericolo, l’opuscolo fornisce alcuni cenni di legislazione sui RAEE, illustrando l’attuale sistema organizzativo per la gestione di tali rifiuti. Il trattamento negli impianti a ciclo integrale viene illustrato sia in modo generale che in riferimento a ciascuno dei cinque raggruppamenti in cui i RAEE vengono, a norma di legge, suddivisi nei centri di raccolta. L’individuazione di singole fasi lavorative permette di definire alcune “mansioni tipo” nonostante nel comparto, caratterizzato da

1. presa in carico

2. pretrattamento

3. messa in sicurezza

4. trattamento

5. smaltimento

6. recupero

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una componente di lavoro manuale piuttosto elevata, esista un certo grado di interscambiabilità di ruolo tra gli operatori. Vengono quindi analizzati i rischi professionali distinguendo quelli per la sicurezza (movimentazione dei carichi, circolazione di veicoli di trasporto, impiego di attrezzature, generazione di atmosfere esplosive e innesco di incendi, carenze strutturali) da quelli per la salute (agenti chimici e agenti fisici ovvero rischio rumore e movimentazione manuale dei carichi). L’analisi puntuale e sistematica dei rischi professionali è funzionale, coma già sottolineato, all’approntamento dei più idonei sistemi di prevenzione e protezione a difesa della sicurezza e della salute degli operatori. Tuttavia, negli impianti di trattamento oggetto dell’indagine condotta dall’INAIL, ciò che si è effettivamente riscontrato è che i rischi rilevabili sono generalmente comuni a tutte le fasi lavorative, a causa dell’assenza di compartimentazione in un ciclo di lavorazione complesso, della copresenza, in un unico ambiente di lavoro, di macchine, mezzi e sistemi di movimentazione e trasporto, nonché dell’impiego di numerose attrezzature e della manipolazione di sostanze pericolose. I rischi infortunistici sono dovuti all’interazione uomo-macchina/ impianto/attrezzatura e legati alla presenza di mulini, trituratori, nastri trasportatori, aspiratori, tornii, attrezzature a motore e non, portatili, messi in azione sia durante la normale attività, sia nello svolgimento di interventi manutentivi ordinari e straordinari. Fondamentale risulta il lay-out degli impianti e delle postazioni di lavoro ed il mantenimento degli spazi di movimento per gli operatori. Gli agenti di rischio per la salute sono legati essenzialmente alla presenza di numerose sorgenti sonore e alla dispersione di sostanze pericolose e polveri. All’emissione di rumore prodotta da trituratori e nastri trasportatori, se non adeguatamente isolati, si aggiungono altre attività in grado di produrre elevata rumorosità, come la rottura per l’avviamento a recupero del vetro

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del tubo catodico di televisori e monitor tramite martello, oppure il taglio con la sega del vetro che separa dal tubo catodico lo schermo da bonificare dalle polveri fluorescenti. Numerose sono le sostanze pericolose e, in genere, presenti nelle diverse fasi di lavorazione in forma di materiale per recupero di materia prima secondaria e di energia. Da frigoriferi, congelatori, surgelatori, condizionatori sono recuperati CFC, oli, lubrificanti e resine espanse contaminate e/o contenenti CFC, mercurio dagli interruttori, PCB dai condensatori. Da televisori, monitor e schermi provengono piombo, ossidi e solfuri di zinco, cadmio, fosfori; da computer, condensatori con PCB e interruttori a mercurio. Le polveri aerodisperse sono prodotte dalla triturazione delle schiume poliuretaniche isolanti in frigoriferi e condizionatori. L’elevata polverosità può essere causa diretta di incendi ed esplosioni, in presenza di fonti di innesco. Un’ampia sezione dell’opuscolo è dedicata ai sistemi di prevenzione e protezione approntabili. Gli interventi di prevenzione consistono sostanzialmente in: • misure organizzative: riconducibili alla definizione di ruolo e competenze degli attori

della sicurezza, essendo le competenze aspetti incrementabili attraverso specifici processi formativi, appartengono alle misure organizzative la formazione e l’addestramento dei lavoratori a comportamenti corretti; • misure tecniche: relative al corretto impiego e gestione di attrezzature e componenti delle attrezzature, strutture ed elementi; • misure procedurali: modalità di corretta esecuzione di processi operativi finalizzate al contenimento o all’eliminazione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori, e trasferite ai lavoratori attraverso un continuo addestramento, verificandone periodicamente la comprensione; • iniziative “politiche”: definizione di standard tecnici e qualitativi; verifiche periodiche del servizio e della qualità del trattamento; campagne informative presso l’utenza. L’adozione di sistemi di protezione risponde alla finalità di limitare i danni dell’esposizione ad agenti di rischio: la scelta di dispositivi di protezione, di cui è responsabile il datore di lavoro, deve avvenire previa valutazione del rischio, in considerazione della specifica attività espletata.


Organizzato da:

Segreteria operativa:

Salute sul luogo di lavoro: conoscenza e responsabilità

L’opuscolo dal titolo: “La sicurezza per gli operatori degli impianti di trattamento dei Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche (RAEE)”, pubblicato in forma di monografia INAIL (collana: “Rischio e prevenzione”), è rivolto a tutti i soggetti coinvolti, a vario titolo, nelle attività di trattamento dei RAEE, da coloro che operano in impianti dedicati al ciclo di messa in sicurezza, bonifica e recupero di materia prima a quanti, in qualità di produttori e distributori di apparecchiature elettriche ed elettroniche, sono chiamati a progettare e a gestire “in sicurezza” tali beni di consumo. Significativa, ai fini della realizzazione del prodotto editoriale, è stata la collaborazione con il Centro di Coordinamento RAEE e AssoRAEE con cui l’INAIL e la CONTARP hanno instaurato un rapporto di proficuo scambio e condivisione di idee.

13° Salone della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro

Bologna 3•5 maggio 2011

Il capitolo 5 dell’opuscolo illustra in modo sistematico le misure di prevenzione e protezione applicabili agli impianti e ai centri di raccolta: così, ad esempio, le misure procedurali applicabili sono state individuate per fasi di attività lavorativa e per tipologia di rifiuto, ossia per raggruppamento e per rischio. Per alcune di queste procedure sono stati anche indicati i contenuti minimi che dovrebbero essere tenuti in conto in fase di stesura. Il capitolo 6 consiste in una serie di schede di rischio nelle quali per ognuno dei rischi di cui si è trattato nei capitoli precedenti si riportano, in modo sintetico e schematico, gli effetti sulla salute, le fasi di lavoro in cui l’esposizione è maggiore, i fattori complementari o amplificanti il rischio, e i sistemi di prevenzione e di protezione approntabili. La molteplicità di figure coinvolte nella gestione dei RAEE (produttori, distributori, consumatori, operatori coinvolti nel trattamento) rende indubbiamente complesso fondare la progettazione, l’esercizio e la verifica della operatività della filiera sul concetto di tutela dei lavoratori oltre che di tutela ambientale. Nel contempo, la struttura impostata dalla legislazione consente alle aziende di avere punti di riferimento (Sistemi Collettivi, Centro di Coordinamento) anche per quanto riguarda la gestione della sicurezza, con il supporto delle Istituzioni. A tal proposito giova ricordare che anche l’INAIL, ai sensi dell’art. 9 del D.Lgs. 81/08, offre consulenza alle aziende (PMI) attraverso forme di sostegno tecnico e specialistico finalizzato da un lato all’approntamento di ogni strumento utile a ridurre la rischiosità delle attività lavorative e dall’altro all’individuazione degli elementi di innovazione tecnologica in materia con finalità prevenzionali.

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a sso ci a zi on e s t udi amb ien tali

è Camigliano il comune più eco-sostenibile Il Premio Urban Green dell’Associazione Studi Ambientali è stato consegnato all’ex Sindaco di Camigliano nel corso di Expoedilizia di Anna Montefinese

S

i è svolta nel corso di Expoedilizia e SITE, le manifestazioni dedicate all’edilizia, all’architettura e all’impiantistica tecnica tenutesi a Roma lo scorso novembre, la cerimonia di consegna del Premio Urban Green, promosso dall’Associazione Studi Ambientali nell’ambito del convegno “Le politiche ambientali di aziende e pubblica amministrazione”, che premia annualmente gli enti distintisi nell’attuazione di progetti di politica ambientale. Per l’edizione 2010 il premio è stato assegnato ai cittadini di Camigliano, comune di circa 1.800 abitanti della provincia di Caserta, e consegnato nelle mani dell’ormai ex Sindaco Vincenzo Cenname, già noto alle cronache per essere stato rimosso nonostante la sua amministrazione si sia dimostrata tra le più virtuose del Paese, e sia riuscita a conseguire un traguardo importante sul fronte della raccolta differenziata: oltre il 65% sul totale dei rifiuti prodotti nel Comune. “Nonostante le vicissitudini politiche che

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hanno portato alla mia rimozione e allo scioglimento del consiglio comunale, sono qui ad Expoedilizia per ritirare il Premio Urban Green dell’Associazione Studi Ambientali, così da far conoscere anche a Roma ed ai visitatori di questa importante rassegna nazionale, il buon esempio di Camigliano” ha dichiarato l’ex sindaco del paese del casertano, l’Ing. Vincenzo Cenname “attraverso provvedimenti semplici e grazie all’ottima risposta dei cittadini, siamo riusciti a raggiungere buoni risultati sul fronte della sostenibilità ambientale in un territorio notoriamente difficile. Il caso di Camigliano, come quelli meno noti di diversi comuni campani, è peraltro la dimostrazione che, se dotati degli strumenti e delle giuste informazioni, anche gli abitanti del Sud Italia possono e vogliono fare la raccolta differenziata, adottando comportamenti di tutela verso l’ambiente”. Il Comitato di Valutazione del Premio Urban Green ha voluto assegnare l’ambito riconoscimento ai Camiglianesi “per essere riusciti ad adottare su indicazione dell’amministrazione comunale comportamenti virtuosi in campo ambientale, così da raggiungere obiettivi considerevoli nonostante la carenza di infrastrutture ed impiantistica del contesto regionale”. Sono infatti numero-

si i progetti “verdi” che hanno consentito a Camigliano di aggiudicarsi il riconoscimento: dalle iniziative a sostegno della raccolta differenziata alla sostituzione delle lampade votive con led a basso consumo; dalla realizzazione di impianti fotovoltaici da 14kW sui plessi scolastici alla chiusura della cava calcarea che negli anni aveva portato alla distruzione delle colline attorno alla città, fino al blocco del procedimento di privatizzazione della gestione idrica. I vincitori sono stati premiati con una stampa pergamenata e l’Amministrazione Comunale si fregerà del logo “URBAN GREEN 2010”, a testimonianza del ruolo svolto nell’attuazione di progetti di politica ambientale. “Regolamenti e normative sono importanti, ma per portare a termine progetti eco-compatibili occorre partire dai comportamenti dei singoli” commenta Francesco Montefinese, responsabile dell’Associazione Studi Ambientali “c’è bisogno di creare nuovi stimoli e rinnovare la sensibilità e la partecipazione collettiva nei confronti del territorio e dell’ambiente, come bene primario la cui salvaguardia dipende da ciascuno di noi. Inoltre, cambiando la prospettiva di osservazione, l’ambiente può cessare di essere un vincolo e diventare opportunità concreta per la crescita delle imprese e del sistema produttivo”. Contributi importanti al convegno sono arrivati anche da Alessandro Dattilo dell’Agenzia di euro-progettazione “Esprit Communautaire” e da Alberto Simboli, docente all’università degli Studi G. D’Annunzio di Chieti-Pescara.


Regione Toscana Diritti Valori Innovazione Sostenibilità ONLUS

mostra-convegno internazionale

terrafutura buone pratiche di vita, di governo e d’impresa verso un futuro equo e sostenibile

abitare

firenze - fortezza da basso

20-22 maggio 2011

AVVIO DEI PARTENARIATI TRANSATLANTICI DI SCAMBIO TRA L’UNIONE EUROPEA E IL CANADA E’ rivolto ai consorzi di istituti d'istruzione superiore e di formazione dell'UE e del Canada l’invito a presentare proposte per i partenariati transatlantici di scambio (TEP) e quelli relativi ai partenariati transatlantici di laurea (TDP). Le proposte da parte dell'istituto capofila dell'UE devono essere inviate all'Agenzia esecutiva per l'istruzione, gli audiovisivi e la cultura entro e non oltre il 31 marzo 2011. Per quanto riguarda i progetti TEP, la cui durata massima è di 36 mesi (dal 1 ottobre 2011 al 30 settembre 2014), il sostegno è inteso a consentire ai consorzi di istituti d'istruzione superiore e di formazione dei Paesi coinvolti di eseguire programmi congiunti di studio e formazione e di realizzare la mobilità degli studenti e del personale docente e amministrativo. Per quanto concerne i progetti TDP, il sostegno è volto a sviluppare e realizzare programmi per il conseguimento di una laurea doppia o comune. La durata massima dei progetti è di 48 mesi (dal 1 ottobre 2011 al 30 settembre 2015) ed il bilancio UE disponibile per il loro finanziamento ammonta a 1.546.000 euro. Si prevede che nel 2011 saranno finanziati circa due progetti di partenariato transatlantico di laurea e cinque progetti di partenariato transatlantico di scambio, tra cui due dovrebbero avere come oggetto la formazione professionale. L'importo massimo del finanziamento da parte dell'UE sarà di 428.000 euro per un progetto TDP quadriennale e di 138.000 euro per un progetto TEP triennale. La guida al programma e i moduli per la presentazione delle proposte sono disponibili al seguente indirizzo Internet: eacea.ec.europa.eu/extcoop/canada/ index_en.htm.

produrre

VIII edizione ingresso libero

coltivare

• appuntamenti culturali • aree espositive • laboratori • animazioni e spettacoli

agire governare Terra Futura 2011 è promossa e organizzata da Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus per il sistema Banca Etica, Regione Toscana e Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale. È realizzata in partnership con Acli, Arci, Caritas Italiana, Cisl, Fiera delle Utopie Concrete, Legambiente. In collaborazione e con il patrocinio di Provincia di Firenze, Comune di Firenze, Firenze Fiera SpA e numerose altre realtà nazionali e internazionali.

Relazioni istituzionali e Programmazione culturale Fondazione Culturale Responsabilità Etica Onlus tel. +39 049 7399726 - email fondazione@bancaetica.org Organizzazione evento Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. tel. +39 049 8726599 - email info@terrafutura.it

www.terrafutura.it 89


vetrina

GRUPPI MOBILI DI FRANTUMAZIONE E VAGLIATURA SU CINGOLI BAIONI

Investimenti importanti quelli che la società Baioni Crushing Plants, leader in Italia nel settore della frantumazione, sta realizzando per offrire ai propri clienti presenti nei mercati europei, africani, medio orientali e nei Paesi ex sovietici una serie di prodotti e servizi ancor più efficienti. Tra quelli maggiormente innovativi sono da segnalare i gruppi mobili di frantumazione e vagliatura su cingoli, primi ed unici finora nel loro settore ad avere una doppia motorizzazione elettrica, sia per la produzione sia per la movimentazione, e gli impianti di chiarificazione delle acque torbide provenienti da processi produttivi, che hanno l’obiettivo di recuperare le acque di lavaggio e di ridurre gli inquinanti proteggendo l’ambiente. L’azienda fondata nel 1930 da Nazzareno Baioni, negli anni ’60, grazie all’attività del figlio Ulderico, presidente attuale della società, e alla fattiva collaborazione dei fratelli, fu inserita nell’elenco ufficiale dei fornitori dell’Onu. Oggi la terza generazione dei Baioni per competere sul mercato sfrutta i cinque punti di forza dell’azienda: ampiezza della gamma produttiva, affidabilità, semplicità di utilizzo, bassi costi di manutenzione, tecnologia collaudata. La Baioni è certificata ISO 9001/2000 dall’ente Rina.

SICUREZZA E PRODUTTIVITÀ SONO UNO STANDARD PER I TELESCOPICI JCB

JCB, primo costruttore al mondo nei movimentatori telescopici, introduce il sistema brevettato JCB Adaptive Load Control, un sistema di controllo del momento di carico pienamente conforme alla normativa industriale EN15000. Questo sistema verrà montato su tutti i modelli di movimentatori telescopici, Teletruk e Telemaster (pala con braccio telescopico) venduti in Europa e nei Paesi in cui, a partire dal 1° ottobre 2010, è entrata in vigore la normativa EN15000, introdotta per limitare le possibilità di ribaltamento in avanti dei sollevatori a sbraccio variabile durante l'esecuzione di operazioni di carico o posizionamento con macchina ferma su terreno compatto, stabile e piano, grazie all'uso di un sistema automatico. Il sistema JCB adattivo di controllo del carico è installato su macchine di diverso tipo e dimensioni della gamma e, di conseguenza, la sua applicazione varia in funzione del modello. I movimentatori telescopici con motore laterale e la gamma Telemaster prevedono un sistema brevettato di disabilitazione proporzionale delle funzioni idrauliche per limitare l'impatto dell'inerzia all'arresto del carico e per mantenere la velocità ciclo più alta possibile. Altri modelli offrono una versione di disabilitazione idraulica in due fasi, che in un primo momento riduce la velocità dell'utilizzatore idraulico e, in seguito, nel momento in cui viene raggiunto il limite previsto dal sistema automatico, arresta completamente il movimento del carico. In entrambi i casi, l'operatore ha sempre la possibilità di ritrarre o sollevare il carico per ripristinare una condizione di funzionamento di sicurezza. A seconda del tipo di macchina, il sistema JCB adattivo di controllo del carico abbina un dispositivo di disabilitazione idraulica proporzionale o in due fasi ad una serie di altri sensori controllati da una centralina di bordo, che regola di conseguenza la portata idraulica per le funzioni di estensione e abbassamento braccio. Con l'uso di un sistema di arresto proporzionale sulle macchine con altezze di sollevamento maggiore, il controllo adattivo del carico elimina il problema provocato da un brusco arresto, che accresce ulteriormente l'inerzia a causa degli effetti combinati del peso e dello sbraccio elevato, motivo principale del possibile ribaltamento in avanti della macchina. La riduzione proporzionale del flusso, usata per le macchine con sbraccio elevato, ottimizza anche la velocità di funzionamento in modo da non compromettere la capacità dell'operatore di sfruttare al meglio la macchina.

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NUOVO MINIESCAVATORE PC55MR-3 KOMATSU: PRESTAZIONI AI VERTICI DI CATEGORIA

Komatsu amplia oggi la già ricca Serie 3 introducendo il modello PC55MR-3, che va a sostituire il precedente miniescavatore PC50MR-2. Il nuovo PC55MR-3 nasce sotto il segno dell’efficienza: possiede infatti tutte le tradizionali performance delle Utility Komatsu, assieme a soluzioni tecniche suggerite direttamente dal mercato. Contraddistinto da una potenza netta di 29,5 kW/39,6 CV e da un peso operativo dai 5.160 ai 5.350 kg, il PC55MR-3 monta un motore di nuova generazione (Komatsu 4D88E-6), sviluppato per rispettare le norme più severe sulla riduzione delle emissioni (è infatti in linea con le normative Stage IIIA). Caratterizzato da robustezza, stabilità e da un raggio di rotazione ridotto, questo miniescavatore garantisce potenza e velocità di scavo notevoli, anche quando si lavora in spazi ristretti. Nonostante le dimensioni compatte, il PC55MR-3 presenta inoltre un livello di comfort senza eguali: la cabina, spaziosa e studiata nei minimi particolari per offrire all’operatore un ambiente di lavoro silenzioso e piacevole, è dotata di comandi PPC ergonomici e, a richiesta, di impianto di aria condizionata e sistema di ventilazione. Come tutte le macchine della serie 3, anche il PC55MR-3 è provvisto di sistema idraulico CLSS (Closed Load Sensing System) che garantisce non solo il massimo grado di precisione e controllo della macchina, anche nel caso di movimenti combinati, ma anche un'eccezionale semplicità d'uso. Estremamente versatile, questo miniescavatore consente molteplici configurazioni: braccio standard o lungo, cabina o tettuccio, cingoli in gomma, in acciaio o gli innovativi “roadliner”. La linea idraulica ausiliaria, a 1 o 2 vie, permette inoltre di utilizzare numerose attrezzature quali martello, trivella o benna mordente, solo per citare alcuni esempi. Tutti i punti che necessitano di manutenzione periodica sono facilmente accessibili tramite cofani. Anche la manutenzione straordinaria può essere eseguita da una sola persona. Infine, il PC55MR-3 è equipaggiato con il sistema di monitoraggio satellitare Komatsu Komtrax.

MB S.P.A. PARTECIPA ALLA FIERA SAMOTER A VERONA

MB S.p.A., azienda vicentina leader nella produzione e vendita di benne frantoio, parteciperà alla fiera Samoter in programma dal 2 al 6 marzo 2011 a Verona. Nonostante la crisi mondiale che sta coinvolgendo tutti i settori, MB sceglie anche per quest’anno di non fermarsi e di continuare ad investire non solo nella ricerca e sviluppo dei prodotti, ma anche nelle fiere. La partecipazione a numerosi eventi nazionali ed internazionali ha posto le basi per il successo dell’azienda, che è riuscita a diventare in pochi anni leader mondiale di settore. MB è fermamente convinta che sia di fondamentale importanza essere un punto di riferimento sia per la forza vendita che per i propri clienti, e riesce, con la presenza costante alle esposizioni, ad instaurare un duraturo rapporto di fiducia con i propri interlocutori. L’impegno costante mirato alla soddisfazione dei clienti, il continuo miglioramento dei risultati e una politica aziendale che punta alla qualità totale sono valori che MB segue sin dalla nascita. Oltre alle storiche benne frantoio, MB presenterà le sue ultime nate, le benne vaglianti, frutto di una costante ricerca effettuata da un preparato team, che consente all’azienda di essere sempre precorritrice con mezzi da lavoro indispensabili in cantiere. Due le aree espositive: una interna - padiglione 7, stand B9 - dove si potranno ammirare i modelli MB – e un’area demo (area “F”) dove sarà possibile assistere alla versatilità d’impiego delle benne. L’azienda berica sarà poi impegnata dal 22 al 26 marzo al Conexpo 2011 negli Stati Uniti, a Las Vegas. MB consolida il lavoro degli anni passati allargando i propri confini e aprendo filiali in Germania, Francia, Giappone e Stati Uniti.

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vetrina

NUOVO MULINO A MARTELLI FR1212. L’ULTIMO NATO DI CASA PARFER SITI

Oggi Parfer Siti, leader in Italia nella progettazione e fabbricazione di impianti di frantumazione, propone il nuovo mulino a martelli FR1212, il più piccolo della serie FR, pensato e realizzato per far fronte alle numerose richieste che quotidianamente arrivano da parte di quelle aziende che devono fare i conti con lo spazio a loro disposizione. Il progetto non ha tralasciato nessun particolare e tantomeno trascurato le esigenze oggettive di ogni utilizzatore tant’è che, nonostante le sue contenute dimensioni, l’impianto è dotato di tutti quegli elementi necessari ed indispensabili per l’ottimale funzionamento dell’intero ciclo produttivo, ovvero: un alimentatore a piastre metalliche (orizzontale) e un braccio con rullo alimentati dai rispettivi motori idraulici; un innovativo sistema di apertura del coperchio della cassa che include il sollevamento del rotore; un perfezionato sistema idraulico generale con unità centrale compatta ed ottimizzata; un impianto di aspirazione con venturi e corpo filtrante dotato di “ecosfere” che consentono di ottenere emissioni in atmosfera al di sotto dei 10 mg/Nm3; un facile e maneggevole alimentatore vibrante che permette interventi semplici; un tamburo magnetico, di nuova progettazione e concezione (a magneti permanenti), che serve per l’estrazione dei metalli ferrosi; un giunto idrodinamico, anch’esso innovativo, che consente al mulino di iniziare la propria marcia in un modo più rapido e senza “picchi” di partenza; nastri in gomma realizzati a lisca di pesce; un comodo “pin-puller” utile alla periodica sostituzione dei martelli e degli stellari; un radiocomando versatile, necessario alla manutenzione del pin-puller e dei nastri in gomma e una cabina di comando e controllo realizzata con pannelli coibentati e vetri antiproiettili. Tutto questo ad un prezzo che potrebbe sorprendere anche i più piccoli potenziali utilizzatori. Un impianto piccolo, economico ma con la tecnologia, le qualità e le prestazioni di sempre. Oltre agli impianti di frantumazione, Parfer Siti progetta e costruisce premacinatori, impianti di flottazione, linee di separazione, insonorizzazioni, presse cesoie compattatrici e cesoie a coccodrillo.

TREVI BENNE: NUOVO FRANTUMATORE MULTI KIT SERIE MK In occasione del Salone Internazionale del Movimento Terra “SAMOTER” che si terrà a Verona dal 2 al 6 Marzo 2011 l’azienda vicentina Trevi Benne S.p.A. presenterà ufficialmente al pubblico italiano il nuovo Frantumatore Multi Kit Serie MK. Verranno proposti in un corner dedicato tutti e 4 i modelli, dal più piccolo MK 15 del peso di 1.900 kg al modello più pesante pari a 3.800 kg. L’obiettivo è quello di creare un’attrezzatura polivalente e versatile per ogni condizione lavorativa utilizzando il corpo della Serie FR, top di gamma dall’azienda, agganciando e intercambiando diversi kit di demolizione, caratteristica peculiare della Serie MF, grazie ad un nuovo e innovativo sistema idraulico. Lo sgancio a principio idraulico dei kit dal corpo universale avviene in condizioni di assoluta sicurezza e consente all’operatore di diminuire notevolmente il tempo nelle operazioni di sostituzione con la conseguente riduzione del fermo macchina in cantiere. Ogni modello della Serie MK esposto sarà dotato di un diverso kit di demolizione: • il modello MK 15 con Kit Svizzero adatto per la riduzione immediata del tondino di armatura durante la frantumazione del calcestruzzo; • il modello MK 20 con Kit Combi per demolizioni di strutture in cemento armato con alta percentuale di materiale ferroso; • il modello MK 25 con Kit Cesoia indicato in cantieri e in depositi per la demolizione industriale e per il taglio di materiali ferrosi come profilati, lamiere, tubazioni; • il modello MK 35 con Kit Frantumatore adatto per ridurre elementi in cemento separando nel contempo il tondino di armatura dal calcestruzzo.

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Media Partner:

Exhibition Office: Ge.Fi. S.p.A. Viale Achille Papa 30 - 20149 Milano (Italy) T +39 02 31911911 F +39 02 31911920 italiarealestate@gestionefiere.com


IL

GRUPPO GALGANO a

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RINGRAZIA TUTTE LE AZIENDE CHE HANNO ADERITO ALLA

Campagna Nazionale Qualità "Noi ci siamo" nell'ambito della 16a Settimana Europea

per testimoniare il ruolo strategico della Qualità a beneficio del Sistema Italia

CON L’ADESIONE DEL

PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

E IL PATROCINIO DEI MINISTERI: Difesa, Gioventù, Politiche Europee, Pubblica Amministrazione e Innovazione, Sviluppo Economico, Turismo ABBIGLIAMENTO

FIMMA bottoni a pressione INDUSTRIES AERONAUTICO | SPAZIALE

AGUSTAWESTLAND THALES ITALIA difesa, aerospazio, sicurezza AGRO – FARMACEUTICO

ABOCA

ALIMENTARE | AGRO – ALIMENTARE

CANUTI pasta fresca e surgelata CHIQUITA ITALIA CONSORZIO TUTELA GRANA PADANO CORSINI BISCOTTI ESSSE CAFFÈ GELCO UNIPERSONALE GRUPPO ITALIANO VINI LAT BRI LAVAZZA MALGARA CHIARI e FORTI MUKKI NOSTROMO PARMALAT PELLINI CAFFÈ PEPSICO PERFETTI VAN MELLE TORREFAZIONE CAFFÈ KRIFI VEGETAL-PROGRESS AMBIENTE | BONIFICHE | SMALTIMENTI

ECOSFERA ISEA sistemi di depurazione reflui ARREDAMENTO | LEGNO

BABINI OFFICE DIVANI&DIVANI BY NATUZZI EUROMOBIL cucine componibili FONTANOT scale di ogni tempo OKITE SCAVOLINI STOSA CUCINE ZALF mobili ASSICURAZIONI

ICAP - SIRA MITENI FutureFluor NOVARTIS FARMA POLYNT RIVOIRA SANOFI - AVENTIS SAPIO gas tecnici puri purissimi medicinali SARGRAFICA SIAD SIGMA - TAU SIKKENS SIRCA resine e vernici per legno SOL GROUP gas tecnici, speciali, alimentari, medicinali e relativi impianti e servizi homecare TAKEDA ITALIA FARMACEUTICI TEVA ITALIA UNIVAR ZOBELE GROUP COMMERCIO

BIANCHI CUSCINETTI BOTTEGA VERDE CAMOTER COMMERCIALE selective quality recycling machines PARTESA PERKIN ELMER ITALIA ROYAL CANIN ITALIA nutrizione su misura per cani e gatti COMPONENTI AUTO

BRUGOLA OEB INDUSTRIALE CONTINENTAL AUTOMOTIVE ITALY COOPERATIVA VOLOENTIERI

Leadership

TVN MEDIA GROUP: Pubblicità Italia, Pubblicità Italia Today, AdV Strategie di Comunicazione, toBE-Lux[R]evolution VACANZECULTURA.IT: Abruzzo Magazine WORK PRESS: Bollettino del Lavoro ELETTRODOMESTICI

BITRON GROUP DAIKIN AIR CONDITIONING ITALY ELETTROTECNICA ROLD ELICA the hi life company FABER IRCA - ZOPPAS INDUSTRIES VORTICE ELETTROSOCIALI WHIRLPOOL EUROPE ELETTROMECCANICO | MAT. ELETTRICO

ABB - ABB SACE DIVISION ANSALDOENERGIA BTICINO IME - INDUSTRIA MOTORI ELETTRICI IMESA electrical engineering WEIDMÜLLER ELETTRONICO | ELETTROTECNICO

RICOH - NASHUATEC - INFOTEC – GESTETNER SAMSUNG ELECTRONICS ITALIA SELEX SISTEMI INTEGRATI TRASFOR trasformatori e induttanze VISHAY SEMICONDUCTOR ITALIANA ENTI DI FORMAZIONE | UNIVERSITÀ

CENTRO PRODUTTIVITÀ VENETO FONDAZIONE PATRIZIO PAOLETTI MEDIOLANUM CORPORATE UNIVERSITY POLITECNICO DI MILANO A.R.S.D. SERVIZIO QUALITÀ DI ATENEO

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CONTINUUS PROPERZI ENEL INGEGNERIA E INNOVAZIONE GEA Procomac MAIRE TECNIMONT SAIPEM INFORMATICA

CSC ELSAG DATAMAT EXPRIVIA OLIVETTI XEROX

ECOSUNTEK sistemi energetici da fonti rinnovabili EDISON SANITÀ | DISPOSITIVI MEDICI

A.I.A.S. MELFI - ONLUS AZIENDA OSPEDALIERA “G. SALVINI” AZIENDA OSPEDALIERA “ISTITUTI OSPITALIERI” DI CREMONA AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALE MAGGIORE DI CREMA AZIENDA SANITARIA DEL TRENTINO AZIENDA UNITÀ SANITARIA LOCALE DI VITERBO CENTRO RIFERIMENTO ONCOLOGICO CLINICA MEDITERRANEA JOHNSON & JOHNSON MEDICAL OSPEDALE CLASSIFICATO VILLA SALUS SERVIZI DI PUBBLICA UTILITÀ

MECCANICO

BAXI BIANCHI VENDING GROUP BREMBOMATIC PEDRALI ELECTROLUX ITALIA EMERSON PROCESS MANAGEMENT FAMECCANICA.DATA FONTECAL FRANDENT macchine agricole HARKEN ITALY HONDA ITALIA INDUSTRIALE INGERSOLL RAND - AIR SOLUTIONS IREM

Qualità Innovazione

PETROLIFERO | ENERGETICO

ACEA GRUPPO HERA PUBLIACQUA SERVIZI SOFTWARE

GMSL software SPC SANMARCO INFORMATICA - KNOWLEDGE COMPANY SEAC software editoria formazione T-TECH SISTEMI SERVIZI VARI

CASINÒ CAMPIONE D’ITALIA COOPSERVICE DEMOSKOPEA EUROPCAR ITALIA FONDAZIONE SVILUPPO E COMPETENZE

Leadership di Mercato

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ABARTH ALFA ROMEO BMW ITALIA FIAT FIAT PROFESSIONAL LANCIA MASERATI PAGANI AUTOMOBILI PEUGEOT AUTOMOBILI ITALIA RENAULT ITALIA BANCHE

BANCA AGRILEASING BANCA C.R. ASTI BANCA DI CREDITO COOPERATIVO DI ROMA BANCA POPOLARE DI PUGLIA E BASILICATA BANQUE PSA FINANCE DEXIA CREDIOP GRUPPO BANCARIO CREDITO VALTELLINESE ING DIRECT CAMERE DI COMMERCIO

CAMERA DI COMMERCIO DI ANCONA CAMERA DI COMMERCIO DI CHIETI CAMERA DI COMMERCIO DI LODI CAMERA DI COMMERCIO DI TREVISO CAMERA DI COMMERCIO DI VERONA CARTA

IPI Aseptic Packaging Systems LIC PACKAGING LUCART GROUP TECNOCARTA CEMENTI | LATERIZI

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CHIMICO | FARMACEUTICO | COSMESI

3M ITALIA ABBOTT ABIOGEN PHARMA ANGELINI ARTSANA GROUP BASF THE CHEMICAL COMPANY BRISTOL - MYERS SQUIBB CIP 4 COSMINT - Cosmetics Manufacturing ETHICSPORT - Integratori Professionali per lo Sport FARMIGEA FATER GINSANA

Quattro Pulsioni per una sola Passione:

la Competitività del nostro Paese

LOMBARDINI METAL WORK componenti per automazione pneumatica ASSEMBLEA LEGISLATIVA REGIONE EMILIA MOTOVARIO -ROMAGNA MUSTAD tecnologia delle viti AUTOMOBILE CLUB D’ITALIA OFFICINE MECCANICHE GALLETTI COMUNE DI BOLOGNA OPM COMUNE DI LUCCA OTIS ascensori, montacarichi, scale e COMUNE DI MILANO tappeti mobili COMUNE DI SEGRATE OTO MELARA COMUNE DI SETTIMO MILANESE RHEAVENDORS GROUP CONSIGLIO REGIONALE DEL VENETO ROMEO MAESTRI & FIGLI sistemi di cucitura CONSORZIO ZAI QUADRANTE EUROPA a punto metallico ENPALS SANDENVENDO EUROPE EDITORIA | MULTIMEDIA ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE SCHINDLER ADC GROUP: ADVexpress, NC - il giornale INAIL SCM GROUP macchine per il legno della nuova comunicazione, E20, E20express INPDAP SLIMPA ANNUARIO QUALITÀ CERTIFICATA INPS SMC ITALIA APIM: il Perito Industriale IPOST ISTITUTO POSTELEGRAFONICI SMITH INTERNATIONAL ITALIA CENTRO DI DOCUMENTAZIONE PROVINCIA DI GROSSETO SOCIETÀ COOPERATIVA BILANCIAI GIORNALISTICA: Agenda del Giornalista PROVINCIA DI RIMINI CAMPOGALLIANO COBALTO: B&G -Business&Gentlemen PROVINCIA DI SALERNO SPIRAX - SARCO DEA EDIZIONI/ECO REGIONE AUTONOMA VALLE D’AOSTA TECNOKAR TRAILERS ECCELLERE BUSINESS COMMUNITY Assessorato Attività Produttive TEREX EDITRICE LE FONTI REGIONE CAMPANIA Assessorato Agricoltura TERZI PROFILATI EDIZIONI GUERINI E ASSOCIATI REGIONE UMBRIA VIMEC ESTE SPORTELLO UNICO ASSOCIATO POLO VITAVIVA ITALIA GRUPPO EDITORIALE MONDOLIBERO ROSIGNANO MARITTIMO ZUCCHETTI RUBINETTERIA GRUPPO MAGGIOLI FOTO | CINE – OTTICA E COMPONENTI METALLURGICO L’IMPRESA BARBERINI lenti solari in vetro ALCOA MARIO MODICA EDITORE: Spot and Web LUXOTTICA GROUP FIAMM GOMMA | PLASTICA MEGLIOPOSSIBILE.IT HYDRO ALUMINIUM SLIM CROCCO NETWORK UNIVERSITÀ ITALIANE ORSOGRIL GROUP grigliati, recinzioni, GOGLIO COFIBOX NEXT EDITORE - ZeroUno cancelli e arredo urbano MICHELIN ITALIANA REED BUSINESS INFORMATION SAPA PROFILI TECNA EDITRICE: Leadership & Management SEALED AIR TEKFOR SOLVAY PADANAPLAST TRENTINO INDUSTRIALE TENARISDALMINE TVS non-stick cookware DELL’ORTO DELPHI IT. AUTOMOTIVE SYSTEMS DENSO THERMAL SYSTEMS EUROTIRE INDUSTRIALESUD - Automotive MAGNETI MARELLI POWERTRAIN MECCANOTECNICA UMBRA GROUP MORSE TEC EUROPE PIRELLI TYRE SPEEDLINE (gruppo RONAL) TEXNO nonwoven solutions TYCO ELECTRONICS AMP WEBASTO

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Il tema portante della Campagna di Comunicazione Galgano 2010 ha testimoniato che la Competitività dell’industria italiana può cambiare realmente la Storia del nostro Paese, perché la Qualità può essere ovunque, condiziona la nostra vita e dipende da tutti noi. Oggi, infatti, nelle aziende italiane è sempre più urgente creare valore per i clienti con Innovazione di prodotto, servizio e processo. Per prenotare sin d'ora l'adesione all'edizione 2011 tel. 02/39.605.295 - relazioni.esterne@galganogroup.it

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e coappunta me n t i

SAMOTER

VERONA, DAL 2 AL 6 MARZO

Fiera internazionale che propone all’interno di cinque giornate una serie di attività e iniziative a cui prenderanno parte i più importanti produttori ed operatori mondiali del mercato delle costruzioni, infrastrutture e grandi opere. L’evento, che punta a creare opportunità d’affari e a favorire l’incontro tra domanda e offerta, vedrà la partecipazione di numerosi soggetti, quali: istituzioni nazionali ed internazionali, associazioni di categoria italiane ed estere, imprese edili e stradali, professionisti e istituti universitari per approfondire le tematiche fondamentali allo sviluppo del settore. www.samoter.com

AMERICANA

MONTRÉAL, DAL 22 AL 24 MARZO

Per le sue dimensioni e la sua influenza, Americana rappresenta un evento favorevole al commercio e alle trattazioni tecniche, scientifiche e commerciali legate alla crescita sostenibile e costituisce un’occasione eccezionale ai fini dello sviluppo del mercato e della competenza degli organismi partecipanti. Durante lo svolgimento della fiera sarà condotto un ciclo di congressi scientifici internazionali di elevata qualità, a cui parteciperanno centinaia di espositori e migliaia di specialisti nel settore ambientale. www.americana.org

INTERSOL 2011

LIONE, DAL 28 AL 31 MARZO

Dopo il successo del 2010, Intersol lancia quest’anno una nuova edizione confermandosi come manifestazione di riferimento sul tema dei siti contaminati, tanto in ambito nazionale che internazionale. L’evento si svolgerà a Lione e vedrà la partecipazione di numerosi soggetti che, nel corso di quattro giornate, avranno la possibilità di assistere a numerosi interventi, ripartiti in apposite sessioni: Diritto e Gestione; Innovazioni scientifiche e tecnologiche; Gestione a lungo termine dei siti contaminati; Trasparenza e comunicazione. www.intersol.fr

HYDRICA

PADOVA, DAL 30 MARZO AL 2 APRILE

Salone biennale dedicato alla presentazione di soluzioni tecnologiche ed impiantistiche per i sistemi di gestione delle acque in ambito civile, industriale e agricolo. Saranno oggetto dei numerosi dibattiti anche il trattamento ed il riuso delle acque reflue, l’efficienza e il risparmio idrico nei differenti settori di applicazione: tematiche affrontate all’interno di un confronto altamente specializzato tra il mondo produttivo e tecnico-scientifico, i gestori e le amministrazioni. www.hydrica.org

SEDNET

VENEZIA, DAL 6 AL 9 APRILE

Prestigioso convegno internazionale dedicato quest’anno all’importanza dei sedimenti per la biodiversità degli ecosistemi: il titolo “Sediments and Biodiversity: bridging the gap between science and policy” pone l’attenzione sulla necessità di sviluppare ed adottare strategie e soluzioni di gestione adeguate rispetto a questo tema, valorizzando gli aspetti sistemici degli interventi. L’evento, articolato in quattro distinte sezioni, avrà per argomenti: il dragaggio sostenibile dei porti del Mediterraneo; i sedimenti e i cambiamenti climatici; i criteri di valutazione dei materiali dragati: situazione attuale e prospettive future; l’importanza dei sedimenti per la biodiversità. www.sednet.org

ENERGYMED

NAPOLI, dal 14 al 16 APRILE

Quarta edizione per la mostra-convegno sulle “Fonti Rinnovabili e l’Efficienza Energetica”, dedicata all'importanza dell’Energia nel Mediterraneo. Quest’anno l’evento ospiterà i massimi esperti del settore, all’interno di un ampio programma che prevede, oltre ad una serie di convegni e tavole rotonde, anche workshop sulle tematiche affrontate nel corso della fiera. Alla manifestazione parteciperanno aziende italiane e straniere, che avranno modo di confrontarsi sullo stato dei settori legati al solare, all’eolico, alle caldaie ad alta efficienza e a biomasse, ai veicoli a basso impatto ambientale ed ai servizi. www.energymed.it

AMBIENTE LAVORO 2011

bologna, DAL 3 AL 5 maggio

Fiera interamente dedicata al tema del lavoro, la nuova edizione di AMBIENTE LAVORO si presenta come un’occasione imperdibile per migliaia di persone che, accomunate da interessi professionali, avranno la possibilità incontrarsi e condividere conoscenze, progetti e intenzioni. L’evento si propone di sensibilizzare il pubblico sulle problematiche presenti all’interno degli ambienti di lavoro, sottolineando l’importanza del radicamento di una cultura della sicurezza nel nostro Paese. Particolare attenzione sarà rivolta al difficile equilibrio tra le necessità di una produzione competitiva e un rispetto dell’ambiente lavorativo costruito alla luce della responsabilità nei confronti delle generazioni future. www.ambientelavoro.it

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libri ESPLOSIVI E SECURITY. ANALISI E STUDIO DELLE CRITICITà NEI SETTORI: AEREOPORTUALE, MARITTIMO, POSTALE E SCENARI COMPLESSI A cura di Stefano Scaini e Alessia Maria Ruccio

Gruppo EPC LIBRI (pagine 160 - € 15,00) L’opera esamina il tema profondamente attuale della sicurezza di luoghi pubblici e privati, a fronte di possibili attacchi terroristici o di qualsivoglia tipologia di boicottaggio. Gli autori affrontano la questione proponendo dapprima un elenco aggiornato dei materiali esplodenti in circolazione e in seguito analizzando uno ad uno gli eventuali canali di dispersione in cui potrebbero essere immessi, come quello postale, portuale, aeroportuale ecc. L’obiettivo primario del volume, indirizzato in particolar modo agli addetti del settore, quali operatori di security, security managers o dirigenti del ramo, consiste nel fornire una fonte nuova e completa da cui attingere informazioni circa le innovative metodologie di ricerca dei dispositivi e dei materiali energetici utilizzati. Vengono inoltre fornite importanti indicazioni sia sulle modalità da seguire ai fini della ricerca e dell’ipotetico ritrovamento del suddetto materiale esplosivo, sia sullo sviluppo di forme di protezione indirizzate essenzialmente all’uomo, ma che si allargano anche alla tutela del patrimonio artistico. Una specifica attenzione viene infine riservata all’approfondimento degli effetti provocati dalla diffusione dei materiali esplosivi per mano criminale, includendo tra i casi in esame, anche quelli messi in atto da attentatori suicidi.

IL RESPONSABILE TECNICO DELLA GESTIONE RIFIUTI A cura di autori vari con il coordinamento di Eugenio Onori e Benedetta Bracchetti

Egaf Edizioni (pagine 335 - € 45,00) Alla redazione del volume hanno partecipato diversi autori, ciascuno competente in un settore specifico, ma tutti collegati da una fitta rete di intersezioni: la collaborazione di questo team eterogeneo ha dato vita ad una monografia professionale sul profilo del responsabile della gestione dei rifiuti. La figura in questione ha il compito di progettare e gestire pianificazioni in materia di ambiente e sanità, nel pieno rispetto della normativa di riferimento, occupandosi, inoltre, di creare un prodotto altamente qualitativo, di fare in modo che la prestazione data risulti efficiente e che lo stato degli strumenti utilizzati rimanga idoneo nel tempo. Affinché tali obiettivi possano essere raggiunti, è indispensabile che il responsabile tecnico possieda determinati requisiti. Un profilo professionale si delinea solo attraverso l’acquisizione di una profonda competenza nella materia, da consolidarsi mediante il conseguimento di un titolo di studio attinente, unito ad una buona dose di esperienza maturata nel settore, o, in alternativa, attraverso un corso di formazione specifico. In tal senso, questo testo si prefigge di affrontare una serie di argomenti che concorrono all’informazione/formazione dell’utente, partendo dagli elementi di ecologia e sicurezza ambientale, passando per l’ampia trattazione del tema rifiuti in ogni suo aspetto, fino ad arrivare alle note riguardanti l’albo dei gestori ambientali, le certificazioni ambientali ed infine la sicurezza sul lavoro.

AMIANTO: RESPONSABILITà E RISARCIMENTO DEI DANNI A cura di C. Altomare, M. Cucci, D. Ghio, V. Gregorc, F. Martini, N. Murgia e G. Rossi

Maggioli Editore (pagine 286 - € 32,00) Questo testo convoglia medicina e lavoro in un unico canale informativo, a cui l’utente professionista può attingere per munirsi degli strumenti utili a gestire una problematica attuale come quella dell’amianto. Quest’ultimo, tema profondamente legato anche alle questioni riguardanti la presenza di eternit nelle abitazioni civili ed al suo impiego industriale ed edilizio, rappresenta il fulcro dell’esame portato avanti nel volume. Pertanto, partendo dai noti fatti di cronaca che evidenziano quali siano state nel passato le tipologie di impiego dell’amianto, gli autori procedono con l’affrontare tutte le problematiche concernenti le patologie determinate dall’impiego di questo materiale. Sono oggetto di analisi sia le modalità di prevenzione che permettono di scongiurare il pericolo di contrarre malattie, sia, come contraltare, la spinosa questione del risarcimento dei danni nel caso di soggetti esposti. Il tema della sicurezza sul lavoro nelle attività di smaltimento non risulta quindi affatto marginale, ma anzi apre la strada al tema della riduzione del rischio e all’analisi delle direttive da consultare e seguire al fine di stipulare, ad esempio, un’idonea copertura assicurativa che possa garantire una compensazione economica dei danni subiti.

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Anno 4 - Numero 13


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gennaio - febbraio 2011 anno iv numero 13

EXPO 2015 E RICONVERSIONi: un’occasione da non perdere per guardare a un futuro sostenibile

TESTO UNICO AMBIENTALE LUCI ED OMBRE SUI CAMBIAMENTI del NUOVO DECRETO CORRETTIVO MACCHINE MOVIMENTO TERRA report sulle soluzioni per contenere le emissioni inquinanti SITI DI INTERESSE NAZIONALE L’ITER DELLE OPERAZIONI DI BONIFICA DELLA DISCARICA DI PARITI

gennaio - febbraio 2011


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