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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 5 n. 21 DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone, 127 - 10095 Grugliasco (TO)

dicembre 2012 anno V numero 21

DECOMMISSIONING INDUSTRIALE VERSO L’ECCELLENZA TRA SOSTENIBILITà E SICUREZZA

TERRE E ROCCE DA SCAVO ABROGATO L’ART. 186 ORA IL NUOVO DECRETO RIFIUTI PERICOLOSI CARATTERISTICA DI PERICOLO H14 ECOTOSSICO SICUREZZA E BONIFICHE LA RIDUZIONE DEI RISCHI INIZIA DALLA PROGETTAZIONE

dicembre 2012




PeVmedia.com

ecologia energia 7(&12/2*,$ $/ 6(59,=,2 '(//·(&2/2*,$ 7(6(&2 YLHQH IRQGDWD QHO H VLQ GDO VXR HVRUGLR RSHUD QHO VHWWRUH HFRORJLFR 5HFXSHUR GHOOD PDWHULD UHFXSHUR GL DUHH LQTXLQDWH H SURGX]LRQH HQHUJHWLFD GD IRQWL ULQQRYDELOL VRQR L FDUGLQL GHOO·LPSHJQR 7(6(&2 GD VHPSUH DO VHUYL]LR GHOO·DPELHQWH 7(6(&2 q LQWHUORFXWRUH XQLFR SDUWQHU LGHDOH LQ JUDGR GL DJLUH FRQ FRPSHWHQ]D SURIHVVLRQDOLWj H SDVVLRQH QHOOD JHVWLRQH GHL ULӾXWL VSHFLDOL H QHOOD ERQLӾFD GL DUHH LQTXLQDWH 7(6(&2 q FHUWLӾFDWD 81, (1 ,62 81, (1 ,62 2+6$6 7(6(&2 q D 3LVD 7RULQR 0LODQR 7ULHVWH 7HUQL %ULQGLVL H 0HVVLQD

DECOMMISSIONING INDUSTRIALE VERSO L’ECCELLENZA TRA SOSTENIBILITà E SICUREZZA

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TERRE E ROCCE DA SCAVO ABROGATO L’ART. 186 ORA IL NUOVO DECRETO

nOn dare nienTe Per SCOnTaTO

RIFIUTI PERICOLOSI CARATTERISTICA DI PERICOLO H14 ECOTOSSICO

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SICUREZZA E BONIFICHE LA RIDUZIONE DEI RISCHI INIZIA DALLA PROGETTAZIONE

IngegnerIa applIcata alle demolIzIonI DEA ingEgnEriA hA Acquisito un’EspEriEnzA unicA E AltAmEntE spEciAlizzAtA nEl sEttorE DEllE DEmolizioni civili E inDustriAli. con il suo tEAm Di EspErti è in grADo Di progEttArE, rAzionAlizzArE E ottimizzArE l’intEro procEsso Di DEmolizionE con i migliori strumEnti Di cAlcolo E soluzioni innovAtivE

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PROGETTAZIONE E CONSULENZA

â– demolizioni tradizionali â– decommissioning di impianti â– demolizioni con esplosivi â– smontaggi strutturali â– simulazione del crollo â– modellazione strutturale â– verifiche delle fasi transitorie â– previsione impatti ambientali â– monitoraggi rumore e vibrazioni â– ottimizzazione dei costi di intervento S trada del Por t one, 125C - 10095 Gr ug liasco (TO) dicembre 2012

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INNOVAZIONE, RICERCA E SVILUPPO

GLOBAL SERVICE

IMPIANTI

_ 4.000.000 di euro per progetti nel periodo 2008-2012 _ Progetti: n ENERCLEAN “Idrogeno della combustione dell’alluminio” n GENERATOR “nuovo lampione per generare energia elettrica con fonte eolica e fotovoltaica ad elevata diffusività applicativa” n Trattamento percolato discariche n Unità mobile trattamento acque n Unità mobile trattamento fanghi n Impianto pilota di Osmosi

IMPIANTI MOBILI AUTORIZZATI

Sede principale Via Cimabue, 11/2 60019 Senigallia - An Tel. 071 6610040 Tel. 071 6610063 Fax 071 6610165 info@simam-spa.it www.simam-spa.it Sedi periferiche in Italia Assemini Cagliari Via Pio IX - Tel. 070 247394 Priolo Gargallo Siracusa Via Castel Lentini Tel. 0931 771406 Venezia - Marghera VEGA Parco Scientifico e Tecnologico di Venezia Via della Libertà, 12 Tel. 041 5093628 Principali sedi nel mondo Cina china@simam-spa.it Croazia info@simam.hr Costa d’Avorio simamci@simam-spa.it Senegal senegal@simam-spa.it

INGEGNERIA

AMBIENTE

RIFIUTI

SALUTE E SICUREZZA

ENERGIA

Autorizzazione alla realizzazione e utilizzo di 18 impianti mobili per il trattamento chimico-fisico (D9) di rifiuti liquidi costituiti da acque industriali ed acque di falda contaminate da inquinanti _ Impianti modulari skid mounted _ Moduli da 18 m3/h e da 36 m3/h _ Capacità totale di trattamento ca 600 _ CER trattati: n Rifiuti della raffinazione del petrolio, purificazione del gas naturale e trattamento pirolitico del carbone n Rifiuti dei processi chimici inorganici n Rifiuti dei processi chimici organici n Rifiuti della produzione, formulazione, fornitura ed uso di rivestimenti (pitture, vernici e smalti vetrati), adesivi, sigillanti e inchiostri per stampa n Rifiuti prodotti dal trattamento chimico superficiale e dal rivestimento di metalli ed altri materiali; idrometallurgia non ferrosa n Rifiuti prodotti dalla lavorazione e dal trattamento fisico e meccanico superficiale di metalli e plastica n Oli esauriti e residui di combustibili liquidi n Rifiuti non specificati altrimenti nell’elenco n Rifiuti prodotti da impianti di trattamento dei rifiuti, impianti di trattamento delle acque reflue fuori sito, nonché dalla potabilizzazione dell’acqua e dalla sua separazione per uso industriale _ Autorizzazioni ai sensi degli art. 208 e 210.


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Affidarsi a una realtà leader nel settore, partner capace di offrire le migliori soluzioni di imballaggio grazie a una consulenza attenta e mirata. Ottimizzare la distribuzione aziendale attraverso prodotti cuciti su misura, sviluppati con professionalità e passione da oltre settant’anni. Dotarsi di Big Bag, strumenti ideali per ogni materiale, in grado di garantire sicurezza e protezione in tutte le fasi di stoccaggio e trasporto. Essere Minini: spazio ai contenuti, giusto in forma.

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e d i tor ia l e

Rifiuti? Non solo ecomafia

N

ell’Italia della crisi economica, delle fabbriche che chiudono, della cassa integrazione, dei cali di fatturato per le aziende c’è un settore “imprenditoriale” in netta controtendenza che vanta fatturati da capogiro e che fa parlare dell’Italia nel mondo. Non parlo del Made in Italy anche se, con buona pace di quello vero, il termine calzerebbe a pennello, ma delle Ecomafie, un vero e proprio settore di business che nel 2011 ha fatturato 16,6 miliardi di Euro. I numeri forniti da Legambiente nel rapporto annuale sono veramente incredibili: quasi l’1% del PIL italiano (altro che manovre finanziarie…), 296 clan coinvolti, 4 reati ambientali all’ora con una crescita del 9,5% rispetto al 2010. Le attività con maggior introito sono il traffico illecito di rifiuti seguiti dall’abusivismo edilizio e dagli illeciti alimentali che dilagano in tutto il Paese. La criminalità organizzata nei settori ambientali è un cancro difficile da estirpare, radicato a tutti i livelli sociali e talmente entrato nell’ordinario comune che il termine rifiuti viene automaticamente collegato ad attività illecite. I numeri delle Ecomafie fanno notizia, se ne parla in telegiornali, approfondimenti, dibattiti televisivi; gli scandali attirano un pubblico elevato, ma non dimentichiamo che a lavorare nel settore dei rifiuti non ci sono solamente criminali e disonesti: il 97% di tutti i rifiuti prodotti in Italia è smaltito o differenziato in conformità alle normative ambientali da migliaia di aziende ed imprenditori virtuosi. Questo è un numero che non si legge mai negli articoli legati al settore dei rifiuti. Anche se la gestione dei rifiuti non rappresenta sicuramente il fiore all’occhiello per il nostro Paese, si dovrebbe parlare più spesso di quello che funziona, delle tecniche di trattamento innovative, dei consorzi virtuosi, delle percentuali di riciclaggio in continua crescita, delle idee che nascono ogni giorno per dare nuova vita a prodotti e scarti senza valore. In un mondo dove sono gli strumenti di informazione di massa che dettano regole e comportamenti sociali bisognerebbe trovare più spazio per le belle notizie perché un po’ di ottimismo, anche se non fa audience, in periodi come questi può solo farci bene!

Massimo Viarenghi

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21 s o m m a r i o

DICEMBRE 2012

ECO bonifiche rifiuti demolizioni

30 una STORIA DI DECOMMISSIONING E RIQUALIFICAZIONE per l'AREA DELLA RAFFINERIA BAYERNOIL DI INGOLSTADt IN GERMANIA

www.ecoera .it

RUBRICHE ecoNews Vetrina ecoappuntamenti Libri

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STORIA DI COPERTINA La ricerca dell’eccellenza di Massimo Viarenghi

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ATTUALITÀ

34 ANALISI PREVENTIVE E CONOSCENZA DEI LUOGHI PER PREVENIRE i rischi E MITIGARE I DANNI DERIVANTI DAL TERREMOTO

La nuova disciplina in materia di terre e rocce da scavo di Gian Luigi Soldi

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Rifiuti: crescita costante per la raccolta dell’umido di Bruno Vanzi

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Oltre 4000 visitatori a Ferrara per il salone delle bonifiche di Daniela Modonesi

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Ecoinnovazione e sostenibilità si danno appuntamento a Lione di Maria Beatrice Celino

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THE BIG EYE

54 LE FASI dell'intervento Di RIQUALIFICAZIONE DELL’AREA EX CIP ALL’INTERNO DEL SITO DI INTERESSE NAZIONALE DI FIDENZA

Germania: una storia di decommissioning e riqualificazione di Alessandro Aresu e Lorenz San Nicolò

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REPORT terremoto: Una scossa per la prevenzione di F. Emanuelli e S. Castiglioni

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SPECIALE La caratteristica di pericolo H14 - Ecotossico di F. Tommasi e L. Musmeci

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PANORAMA AZIENDE

63 SELEZIONE E TRATTAMENTO TRA I POSSIBILI SCENARI per SISTEMI INTEGRATI DI GESTIONE DEI RIFIUTI URBANI IN ROMANIA

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Anno 5 - Numero 21

Qui tutti i rifiuti sono ben accetti! di Maria Beatrice Celino

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IL GRUPPO MARAZZATO COMPIE 60 ANNI… AUGURI! di Maria Beatrice Celino

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Anno 5 - Numero 21 Dicembre 2012 Direttore responsabile: Massimo Viarenghi Direttore editoriale: Tina Corleto Direttore commerciale: Maria Beatrice Celino Coordinamento editoriale: Maeva Brunero Bronzin

TESTED Il primo drone marino in Italia è finalmente realtà! di Nicola Forzato

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WORK IN PROGRESS Biorisanamento passivo per un’area contaminata da idrocarburi di Roberto Cappelletti Area ex CIP: le fasi della riqualificazione di F. Castaldini, E. Saggese e G. Maranci

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Comitato Scientifico: Maria Rosaria Boni (Sapienza Università di Roma) Daniele Cazzuffi (Cesi spa – Remtech) Laura D'Aprile (ISPRA, Roma) Luciano De Propris (Consulente ambientale) Ennio Forte (Università degli studi di Napoli) Luciano Morselli (Università di Bologna) Andrea Quaranta (Giurista ambientale – Cuneo) Gian Luigi Soldi (Provincia di Torino) Federico Vagliasindi (Università di Catania) Maria Chiara Zanetti (Politecnico di Torino)

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Ufficio commerciale - Vendita spazi pubblicitari: Maria Beatrice Celino Tel. 011 7802164 Cell. 335 237390 e-mail: b.celino@deaedizioni.it

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PROGETTI E TECNOLOGIE La messa in sicurezza permanente della ex discarica Falck Cagiva di F. Angelotti, L. Bozzola, A. Bettinetti et al. Possibili scenari di sistemi integrati di trattamento rifiuti in Romania di G. Ionescu, E.C. Rada, M. Ragazzi e G. Merler Una tecnologia innovativa per rimuovere il mercurio dai terreni contaminati di V. Rivelli, I. Gandolfi, A. Franzetti et al.

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Le coperture assicurative per il rischio ambientale di Giovanni Faglia

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Grafica, disegni e impaginazione: PeVmedia - Via C. Vidua, 7G - 10144 Torino Abbonamenti: Italia annuo € 35,00 - estero annuo € 70,00 copia singola € 9,50 - arretrati € 11,50 Per abbonarsi è sufficiente fare richiesta a info@deaedizioni.it Stampa: Tipografica Derthona - s.s. per Genova, 3/I - 15057 Tortona (AL)

NORMATIVA Assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani di Daniele Carissimi

Collaboratori: Filippo Angelotti, Alessandro Aresu, Rosa Bertuzzi, Giuseppina Bestetti, Aldo Bettinetti, Luigi Bozzola, Roberto Cappelletti, Daniele Carissimi, Francesca Castaldini, Serena Castiglioni, Maria Beatrice Celino, Massimo Cella, Sergio Cordoni, Filippo Emanuelli, Giovanni Faglia, Nicola Forzato, Andrea Franzetti, Isabella Gandolfi, Gabriela Ionescu, Giuseppe Maranci, Alberto Marchi, Giacomo Merler, Daniela Modonesi, Francesco Montefinese, Loredana Musmeci, Gianpaolo Pontiggia, Elena Cristina Rada, Marco Ragazzi, Valentina Rivelli, Elisabetta Saggese, Lorenz San Nicolò, Gian Luigi Soldi, Federica Tommasi, Simone Venturini

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La progettazione in sicurezza degli interventi di bonifica di Massimo Cella

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Lo stoccaggio provvisorio dei fanghi di sedimentazione di Rosa Bertuzzi

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Responsabilità: la riproduzione delle illustrazioni e articoli pubblicati dalla rivista è riservata e non può avvenire senza espressa autorizzazione della Casa Editrice. I manoscritti e le illustrazioni inviati alla redazione non saranno restituiti, anche se non pubblicati, e la Casa Editrice non si assume responsabilità per il caso che si tratti di esemplari unici. La Casa Editrice non si assume responsabilità per i casi di eventuali errori contenuti negli articoli pubblicati o di errori in cui fosse incorsa nella loro riproduzione sulla rivista. La responsabilità di quanto espresso negli articoli firmati rimane esclusivamente agli Autori. Direzione, Redazione, Abbonamenti, Amministrazione:

ASSOCIAZIONe STUDI AMBIENTALI Aggiornamenti e notizie

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DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone 127 10095 Grugliasco (TO) Tel. 011 7802164 Fax 011 4047946 e-mail: info@deaedizioni.it www.deaedizioni.it

Organo Ufficiale dell'Associazione Studi Ambientali L’abbonamento è deducibile al 100%. Per la deducibilità del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento a norma D.P.R. 22/12/86 n. 917 artt. 50 e 75. Conservare il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficiente ad ogni effetto contabile. Non si rilasciano in ogni caso altre quietanze o fatture per i versamenti in c.c.p. Pubblicazione bimestrale Poste Italiane Spa – Sped. in a.p. D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art. 1, c. 1 – registrata presso il Tribunale di Torino il 19 ottobre 2009 al n. 56. Ai sensi del D.Lgs. 196/2003, informiamo che i dati personali vengono utilizzati esclusivamente per l’invio delle pubblicazioni edite da DEA edizioni s.a.s. Telefonando o scrivendo alla redazione è possibile esercitare tutti i diritti previsti dall’articolo 7 del D. Lgs. 196/2003.


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Modifiche al D.Lgs. 81/08 per i cantieri temporanei e mobili Sulla Gazzetta Ufficiale del 18 ottobre 2012 n. 244 è stata pubblicata la Legge 1 ottobre 2012, n. 178 "Modifiche al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, in materia di sicurezza sul lavoro per la bonifica degli ordigni bellici”. La nuova normativa modifica gli artt. 28, 91, 100 e 104 e gli allegati XI e XV del D.Lgs. 81 del 2008. La problematica sulla sicurezza è correlata ai frequenti ritrovamenti di materiale bellico che avvengono durante le attività di scavo, trivellazione o rilievi ambientali nel sottosuolo della nostra penisola. Per garantire la sicurezza dei lavoratori, si è ritenuto necessario apportare modifiche alla vigente normativa affinché venga fatta un’analisi preventiva di tale rischio. La Legge n. 178 prevede che nei cantieri temporanei o mobili venga effettuata la valutazione del rischio legato alla presenza di residuati bellici inesplosi, che possono venire alla luce durante le attività di scavo. Il Coordinatore per la Sicurezza in fase di Progettazione (CSP) dovrà occuparsi della valutazione e, nel caso in cui lo ritenga necessario, di richiedere la bonifica preventiva dell’area; il committente dovrà quindi occuparsi di identificare una ditta specializzata, in possesso dei requisiti riportati nel comma 4-bis art. 104 D.Lgs. 81/08: È considerata impresa specializzata, ai sensi del comma 2-bis dell’articolo 91, l’impresa in possesso di adeguata capacità tecnico-economica, che impiega idonee attrezzature e personale dotato di brevetti per l’espletamento delle attività relative alla bonifica sistematica e che risulta iscritta in un apposito albo istituito presso il Ministero della difesa. L’idoneità dell’impresa è verificata all’atto dell’iscrizione nell’albo e, successivamente, a scadenze biennali. Per effettuare la bonifica è necessario il parere vincolante delle autorità militari competenti, in merito alle regole tecniche da applicare in base alla collocazione geografica e al tipo di terreno; sarà inoltre necessaria la sorveglianza degli organismi competenti del Ministero della difesa, del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero della salute. L’albo delle aziende specializzate deve essere istituito da un decreto del Ministro della difesa, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, sentiti il Ministro dell’interno, il Ministro dello sviluppo economico e il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della Legge 178/2012. Con lo stesso decreto verranno identificati i criteri per ricevere l’idoneità e iscriversi all’albo. La Legge 178 diventerà efficace dopo sei mesi dall’entrata in vigore del decreto del Ministero della Difesa riguardante l’albo delle imprese specializzate.

Raccolta differenziata dell’alluminio: i risultati del 2011 Sono 40.800 le tonnellate di imballaggi in alluminio riciclate nel 2011, pari al 60,7% dell’immesso sul mercato. Il risultato è stato ottenuto grazie ai 5.500 Comuni italiani in cui è attiva la raccolta differenziata dell’alluminio per un totale di circa 45 milioni di abitanti.

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Anno 5 - Numero 21

“Alla luce degli eccellenti risultati conseguiti nel 2011 dal sistema di gestione degli imballaggi in alluminio, sia sul fronte interno alla filiera produttiva del packaging rispetto ai principi della prevenzione, sia su quello della raccolta, del riciclo e del recupero post consumo, ritengo che uno degli aspetti più significativi, da sottolineare, sia la conferma di un sistema produttivo e di un’industria del riciclo solidi dotati di grande flessibilità”. Sono queste le parole con cui Bruno Rea, Presidente di CIAL, ha aperto l’Assemblea ordinaria del Consorzio Imballaggi Alluminio, aggiungendo inoltre: “Siamo oggi, quindi, più che mai consapevoli, come rilevato nel recente rapporto dell’European Environment Agency, di come il riciclo, in particolare, costituisca una delle componenti più dinamiche della green-economy e di quale sia il suo contributo nell’affrontare alcune delle sfide più importanti e rilevanti che l’Europa ha davanti: dalla riduzione degli impatti ambientali dei processi e dei prodotti, al risparmio energetico e alla creazione di nuova occupazione, al rafforzamento delle risorse di base disponibili per l’economia”. Considerando recupero di energia e recupero di materia sono complessivamente 44.300 t gli imballaggi di alluminio recuperati in Italia, di cui 40.800 t sono destinate a riciclo e 3.500 t a recupero energetico in impianti di termovalorizzazione. La raccolta differenziata dell’alluminio permette di evitare emissioni di gas serra per 325mila tonnellate di CO2, consentendo un risparmio energetico per oltre 140mila TEP.

ALL'ILVA DI TARANTO L'IMPERATIVO è FARE IN FRETTA! Lo scorso 3 ottobre il "Decreto sulle misure urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio di Taranto" è diventato Legge. Dopo qualche giorno, la Procura ha dato all'Ilva, le cui aree risultano in parte sotto sequestro dal 25 luglio per il reato di disastro ambientale, l'ultimatum per avviare le operazioni di spegnimento delle cokerie e di alcuni altiforni. E così l'8 ottobre il direttore dello stabilimento Ilva di Taranto, Adolfo Buffo, ha dichiarato che entro fine novembre sarà spento l'altoforno 1 mentre l'altoforno 5, il più grande d'Europa, sarà fermato a luglio 2015 per poi essere ricostruito entro il 31 dicembre 2015. Con riferimento poi alla disposizione dei custodi di avviare la Progettazione Definitiva della copertura dei Parchi Minerali, è cessato immediatamente lo scarico sul suolo di fanghi ed è stata ridotta la giacenza dei materiali trasportati dall’area portuale e depositati nell’area Parchi, così com’è stata ridotta del 10% l'altezza dei nuovi cumuli. Nella tabella si riporta uno stralcio delle attività previste nel piano di adeguamento dell'Autorizzazione Integrata Ambientale presentato a ottobre 2012. Ilva si è impegnata a realizzare interventi che permetteranno la riduzione delle emissioni di polveri e altri inquinanti con un investimento straordinario del valore di circa 400 milioni di Euro.


odori sempre sotto controllo INTERVENTI DI CARATTERE GENERALE

inizio

fine

Interventi copertura cumuli calcare

1-gen-13

31-dic-13

Realizzazione nuove aree di deposito temporaneo rifiuti

1-ago-12

31-dic-13

inizio

fine

Impermeabilizzazione parchi e trattamento acqua per riutilizzo bagnatura cumuli

1-gen-13

31-mar-16

Installazione barriera frangivento parchi primari

1-ago-12

31-dic-12

Realizzazione fascia di rispetto di 55 m dal confine

1-ott-12

31-dic-12

Intensificazione filmatura cumuli (settimanale)

13-set-12

13-set-12

Riduzione della giacenza media dei parchi -19% sul 2011

7-set-12

21-set-12

Nuova Rete idrante per bagnatura cumuli

1-ott-12

31-dic-13

Interventi per limitare le emissioni diffuse di polveri da manipolazione e stoccaggio materiali polverulenti (fog cannon)

1-ott-12

31-mag-13

ALTOFORNO

inizio

fine

Nuovo impianto recupero calore cowper

1-lug-13

31-mar-16

Fermata AFO 1

1-dic-12

31-ott-13

PARCHI

C

M

Y

CM

Fermata AFO 5

1-lug-15

31-dic-15

COOKERIE

inizio

fine

Intensificazione attività manutenzione e registrazione porte a 600 hu/g

13-set-12

13-set-12

Rifacimento piani di carica

1-dic-12

31-mar-16

Fermata batteria 3-4 e rifacimento refrattari

1-lug-15

29-feb-16

Fermata batteria 5-6 e rifacimento refrattari

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Fermata batteria 11 e rifacimento refrattari

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ACCIAIERIA

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Adozione aspirazione desolforazione ghisa in siviera

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Captazione fumi dal tetto Acciaieria 1

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Nuovo sistema di depolverazione a tessuto

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AGGLOMERATO

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Installazione campionamento in continuo diossina

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Fermata linea AGL D e sostituzione elettrofiltro depolverazione

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Fermata linea AGL E e sostituzione elettrofiltro depolverazione

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Il primo naso elettronico, ideato e realizzato da Sacmi per effettuare monitoraggi olfattivi non presidiati in ambiente esterno. Un dispositivo unico al mondo che riconosce e classifica gli odori ambientali fornendo misurazioni oggettive e ripetibili anche in conformità alla norma UNI EN 13725. Facile da usare, minima manutenzione richiesta, la sua tecnologia brevettata gli consente di operare senza interruzione giorno e notte, in qualsiasi condizione di temperatura e umidità. Tenendo gli odori sotto controllo, EOS Ambiente permette alle aziende di monitorare nel tempo il proprio impatto olfattivo e consente agli enti di controllo di misurare oggettivamente il disagio generato dalle attività produttive.

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n e ws

Una vera rivoluzione per gli pneumatici dal 1° novembre Da novembre 2012 tutti gli pneumatici avranno un'etichetta. La novità è stata introdotta dal “Regolamento UE 1222/2009 che ha l’obiettivo di migliorare la sicurezza e l’efficienza economica ed ambientale del trasporto su strada attraverso la promozione di pneumatici più sicuri ed efficienti dal punto di vista dei consumi di carburante, con bassi livelli di rumorosità”. L'etichetta dovrà essere applicata a tutti i tipi di pneumatici destinati ad autovetture, veicoli commerciali leggeri e pesanti prodotti dopo il 1° luglio 2012 e valuterà i seguenti parametri: • l'impatto sui consumi di carburante, associato alla resistenza al rotolamento dei pneumatici; • l'impatto sulla sicurezza stradale, associato all'aderenza sul bagnato dei pneumatici; • il livello di rumorosità esterna dei pneumatici. La classificazione è articolata in sette categorie di merito, indicate dalla lettera A (la migliore) alla G (la meno efficiente o peggiore). Dal punto di vista della resistenza al rotolamento, per esempio, anche se i risultati possono variare a seconda dei veicoli e delle condizioni cli-

STADLER ITALIA Srl Via Scalabrini 26 - 29121 Piacenza T + 39 0523 1727768 F + 39 0523 1727767 Anno 5 - Numero 21 pietro.navarotto@w-stadler.de www.stadler-italia.it

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matiche, la differenza tra una categoria G ed una categoria A, per un equipaggiamento completo di pneumatici, può significare una riduzione del consumo di carburante del 7,5% e ancora di più per gli autocarri. Quella che avverrà il prossimo 1° novembre sarà una svolta decisiva sul piano della consapevolezza: l'etichetta permetterà al consumatore di valutarne oggettivamente l’efficienza economica e ambientale e la sicurezza. Sarà come acquistare un elettrodomestico: è uso comune ormai scegliere il frigorifero o la lavatrice anche in base alla «classe» riportata sull’etichetta. L’etichetta è un passo avanti, ma non basta. Restano dubbi sulla facile possibilità che essa si presti a usi non corretti o addirittura a contraffazione. Ci si augura quindi siano svolti opportuni controlli da parte delle Autorità preposte, al fine di non vanificare gli sforzi tecnologici finalizzati a migliorare efficienza economica, ambientale e sicurezza stradale.

Si riaprirà l’export delle navi tossiche?

Smantellare pare sia diventata la parola d’ordine nel settore marittimo. Infatti nei primi nove mesi del 2012 le navi demolite hanno già superato il tonnellaggio totale registrato lo scorso anno. L’immissione sul mercato di nuove unità e le pressioni sui noli marittimi incrementano l’interesse degli armatori per la vendita di navi vecchie, nonostante i prezzi siano piuttosto bassi. I Paesi in cui vengono destinate la maggior parte delle navi sono la Cina, la Turchia, ma soprattutto India e Bangladesh dove vengono rottamate circa la metà di tutte le navi dismesse nel mondo. Qui la valutazione si aggira intorno ai 350-375 dollari a tonnellata ma i lavoratori operano in condizioni di pericolo e costantemente sottoposti ai rischi derivanti dalla presenza di sostanze pericolose. Al momento la Commissione europea ha chiuso le esportazioni di navi costruite con materiali pericolosi verso cantieri extraeuropei, ma tale divieto sarà discusso nei prossimi giorni con la possibilità che vengano nuovamente autorizzate le esportazioni poiché la carenza di strutture tra i paesi dell’Unione non consente di far fronte allo smantellamento di tutte le navi in rottamazione. Le associazioni ambientaliste stanno già facendo sentire il loro dissenso chiedendo a gran voce all’Unione europea di adottare una politica di sviluppo del settore delle demolizioni, che permetta di operare in maniera sicura e non inquinante e di rilanciare in tal modo il settore dei cantieri navali.



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LA RICERCA DELL’ECCELLENZA È questo l’ambizioso obiettivo che il team di ingegneria di Syndial si è posto per ottimizzare il processo di dismissione di un sito industriale... vediamo come ci stanno riuscendo di Massimo Viarenghi

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opo un anno esatto dal nostro primo incontro siamo entrati ancora una volta nell’Head Quarter di Syndial S.p.A., la società del Gruppo Eni che svolge attività di gestione, bonifica e decommissioning di siti industriali dismessi, per sentire nuovamente il punto di vista e le strategie di questa società che rappresenta oggi un centro di eccellenza e un punto di riferimento per tutto il settore del decommissioning.

Ing. Manuel Marangon, Responsabile Ingegneria e Tecnologie Ambientali di Syndial

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Abbiamo chiesto all’ing. Manuel Marangon, Responsabile Ingegneria e Tecnologie Ambientali di Syndial, che oggi è a capo di un gruppo di esperti impiegati nello sviluppo e nell’ingegnerizzazione di progetti ambientali e di decommissioning, di raccontarci le attività svolte dal suo team di ingegneria per migliorare ed ottimizzare questi processi nei siti industriali. Sostenibilità ambientale dei progetti di bonifica, controllo e gestione della sicurezza in tutto il processo di dismissione di un sito, ingegnerizzazione di dettaglio delle demolizioni, semplificazione normativa sono i principali driver di Syndial nella ricerca dell’eccellenza. Sono passati 10 anni dalla nascità di Syndial è possibile tirare le somme di quello che avete fatto? In questi 10 anni Syndial ha attuato importanti interventi di bonifica configurandosi come uno dei principali operatori del settore. Sono state realizzate numerose bonifiche, a titolo esemplificativo e non esaustivo, si possono citare Cengio (messa in sicurezza del sito), Priolo (conterminazione a mare e impianto di trattamento delle acque di falda), Marghera (messa in sicurezza del sito), sono inoltre stati realizzati 20 impianti di trattamento acque di falda (TAF) asserviti alle varie opere bonifica. Il know how acquisito ci ha permesso di operare da oltre un anno anche come global client per altre aree di business del gruppo Eni (quali ad esempio Enipower, Eni Refining&Marketing, Versalis…), che stanno promuovendo azioni e interventi in campo ambientale.

Molto è già stato fatto da Syndial nell’ultimo decennio, ma molto resta ancora da fare e per questo stiamo cercando una collaborazione sempre più forte con gli Enti Pubblici al fine di ottenere le necessarie autorizzazioni in tempi certi e con percorsi condivisi. Bonifiche e sostenibilità: in Italia stiamo facendo abbastanza per bilanciare l'aspetto economico con la tutela delle risorse e della biodiversità e il miglioramento della qualità della vita? Gli interventi di bonifica costituiscono di per sé uno strumento per il miglioramento dell'ambiente, tuttavia anche per essi possono essere individuate, già in fase progettuale, soluzioni sostenibili a minore impatto complessivo per l'ambiente e le comunità. Coerentemente all'impegno di Eni per la sostenibilità, Syndial sta indirizzando i propri modelli operativi per gli interventi di risanamento ambientale verso processi maggiormente eco-compatibili, massimizzando al contempo l'efficacia ed efficienza dei processi stessi. In questo senso Syndial crede nelle tecnologie a basso impatto ambientale, che consentono di bonificare con tecniche il meno invasive possibile e che non creino ulteriori traumi all’ambiente ed al territorio. L’ottimizzazione di queste tecniche passa attraverso una fase di sperimentazione che oggi è possibile solo con un iter autorizzativo uguale a quello delle bonifiche, e la cui semplificazione porterebbe a ridurre i tempi di intervento e migliorarne l’efficacia.


L’impegno di Syndial si concretizza con il progetto "Sostenibilità applicata alle tecniche di bonifica" che si prefigge di ridurre l'impatto ambientale, sociale ed economico degli interventi, di migliorare l'immagine degli interventi, stabilire una leadership Syndial in materia di bonifiche tale da rappresentare il benchmark per il mercato nazionale. Operativamente l'applicazione dei principi di sostenibilità alla bonifica si traduce nella selezione della tecnologia più sostenibile fra quelle in grado di raggiungere gli obiettivi; nell’utilizzo di nuovi parametri rappresentativi dell'impatto della bonifica nel processo decisionale di scelta delle soluzioni tecniche nell'intero ciclo del progetto ed infine nell’ottimizzazione delle tecnologie in uso adeguandole al nuovo processo. In questo senso Syndial ed Eni partecipano e promuovono tavoli tecnici, con la partecipazione delle PPAA, finalizzati a definire gli strumenti e le metodologie migliori per applicare quanto più efficacemente ed in maniera riconosciuta le analisi di sostenibilità. Quali sono le azioni principali che state prevedendo per velocizzare i processi che porteranno alle bonifiche? L’integrazione e il coinvolgimento di tutti gli stakeholders verso la soluzione di un determinato problema ambientale e il coinvolgimento della comunità dei siti in cui operiamo attraverso l'interlocuzione con le autorità competenti locali sono i fattori principali che contribuiscono alla definizione di un intervento di bonifica efficace e sostenibile. Altrettanto importante è l’aspetto normativo che, di fatto, impone iter amministrativi molto lunghi ed articolati e che determinano dei tempi di autorizzazione e quindi di intervento che spesso non rispondono alle aspettative del territorio e di Syndial stessa, la cui mission è proprio quella di risolvere le problematiche ambientali. Guardando ad altre realtà europee ci si può rendere conto di come, in Italia, i tempi necessari per istruire ed approvare i progetti di bonifica, siano particolarmente dilatati. In questo senso ci confrontiamo costantemente con il Ministero dell’Ambiente, proponendo una collaborazione diretta e costruttiva; certo, una normativa semplificata, anche

per la parte di sperimentazione in campo delle tecnologie di bonifica, consentirebbe di iniziare i lavori prima e di intervenire in maniera più efficace con tecnologie già testate. Nel convegno del Salone Decommissioning dove sarete presenti, viene trattato il tema della sicurezza nelle attività di bonifica e demolizione degli impianti dismessi, ci potete dare qualche anticipazione su come si articola la gestione ed il controllo della sicurezza in un processo di dismissione? La sicurezza sul lavoro costituisce per Eni e per Syndial un obiettivo primario ed imprescindibile, con la consapevolezza che come società leader in Italia abbiamo anche la responsabilità di dare il buon esempio. Per essere i migliori non possiamo limitarci a fare efficacemente il nostro lavoro in termini di risultati economici e tecnologici; dobbiamo anche dimostrare di essere sicuri ed affidabili. Syndial ha ottenuto, negli anni, diverse certificazioni a testimonianza dell'impegno dimostrato in tutte le attività di bonifica e di riqualificazione ambientale (normativa UNI EN ISO 14001:2004), nonché per l'attenzione alla salute dei lavoratori e alla sicurezza sul lavoro (normativa OHSAS 18001:2007). In particolare, la prevenzione e il controllo dei rischi in materia di salute, sicurezza e ambiente nei processi di decommissioning è tenuto sotto controllo, in un’ottica di miglioramento continuo, operando in ogni fase degli interventi (vendor management, ingegneria, procurement, esecuzione progetti), mediante lo sviluppo e il costante aggiornamento di strumenti specifici aziendali. Un team di lavoro dedicato, costituito da tutte le funzioni societarie impattate nel processo di

decommissioning, assicura il controllo operativo di ogni fase del processo creando soluzioni specifiche per singoli aspetti ambientali, peculiari dell’intervento stesso. Il team opera per standardizzare i processi di ingegneria mediante lo sviluppo di strumenti e standard di progetto aventi l’obiettivo di trasferire una metodologia comune di approccio alla progettazione degli interventi di decommissioning attraverso:

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• l’identificazione dei livelli progettuali [piano – progetto – esecuzione] e la definizione dei corrispondenti requisiti minimi essenziali; • la definizione del flusso di lavoro, l’identificazione delle responsabilità e la gestione delle interfacce; • il coinvolgimento di associazioni e operatori del mercato di riferimento mediante l’organizzazione di tavoli tecnici e l’analisi e la comparazione delle procedure e tecniche utilizzate. Un altro progetto in corso riguarda la definizione di scoring model da applicare nella fase di assegnazione dell’appalto degli interventi di decommissioning, che premiano l’eccellenza dell’esecuzione e la salvaguardia del rispetto delle norme di salute e sicurezza. Infine stiamo anche predisponendo degli strumenti utili in fase di esecuzione quali check list per l’individuazione di fasi critiche e analisi di eventuali varianti rispetto al progetto. Visto il numero e l’importanza degli interventi di dismissione che sono in corso o in progetto all’interno dei vostri stabilimenti, ritengo che abbiate un ruolo fondamentale nel settore nel definire quelle che

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potremmo chiamare best practice soprattutto per ciò che concerne gli aspetti relativi alla sicurezza. In che modo ritenete di poter contribuire ad accrescere la sensibilità verso queste tematiche? Adottare le migliori tecnologie e le best practices per garantire la sicurezza e minimizzare l'impatto ambientale delle attività di bonifica dei siti contaminati è il nostro principale obiettivo. Tipicamente gli interventi di bonifica e demolizione comportano attività di cantiere affidate a ditte terze. Precise procedure aziendali HSE regolamentano: • il processo di approvvigionamento dei contrattisti, analizzando le fasi di selezione (attività di scouting, analisi di mercato, company profile), di qualifica e di monitoraggio delle performance in fase postcontrattuale; • il processo di formazione/informazione dei contrattisti sui rischi specifici esistenti nell'ambiente in cui andranno ad operare e sulle misure di prevenzione e protezione e di emergenza da adottare; • il processo di verifica dell’idoneità tecnico-professionale, organizzativa ed eco-

nomica finanziaria dei contrattisti e degli eventuali subappalti; • il processo di gestione delle attività di cantiere. Inoltre, il coinvolgimento dei main-contractors nell’implementazione in campo di soluzioni tecniche dettate dall’esperienza e dalle lesson learned che scaturiscono dal know how acquisito in questi 10 anni di bonifiche garantisce il rispetto delle normative e della buona tecnica contribuendo ad accrescere la sensibilità degli operatori di settore verso gli aspetti relativi alla sicurezza. Gli interventi di dismissione di impianti industriali, anche se di notevoli dimensioni e complessità non sono di fatto regolamentati dal punto di vista normativo in relazione a quelli che possono essere i rischi che caratterizzano nello specifico queste attività. Nel processo di dismissione, dalla progettazione alla realizzazione, in che modo ciascuna fase è in grado di determinare la sicurezza complessiva dell’intervento? L’efficacia e l’efficienza nella gestione degli interventi di decommissioning, dalla progettazione alla realizzazione, sono il frutto di supervisione e controllo accurato dei singoli step di progetto affidati a team multi specialistici dedicati. La fase progettuale è la prima che richiede particolare attenzione. Un progetto di decommissioning industriale contiene le linee guida e le modalità operative per l’esecuzione a regola d’arte delle attività di bonifica, smontaggio e demolizione delle strutture impiantistiche oggetto di intervento, senza prescindere dalla definizione delle attività correlate alla demolizione vera e propria, quali, in particolare, i relativi adempimenti/ vincoli in materia di ambiente, sicurezza e gestione dei materiali di risulta ai sensi della normativa vigente. Un progetto di decommissioning ben congegnato deve garantire un livello di dettaglio tale da vincolare le imprese esecutrici al rispetto dei requisiti minimi necessari per l’esecuzione dei lavori ed al rispetto degli standard del Committente, nonché degli eventuali vincoli peculiari dell’intervento di demolizione, fornendo informazioni complete in merito alle attività da eseguire. Pertanto un buon progetto di de-


commissioning non può prescindere da una profonda conoscenza tecnica degli impianti da demolire, del processo chimico di produzione industriale in essi applicato e dello stato di conservazione strutturale degli edifici/impianti oggetto di demolizione, incluse le informazioni in merito alle modalità di sospensione della produzione (es. messa in sicurezza delle apparecchiature, sezionamento linee). Un altro contenuto essenziale di un progetto di decommissioning è una dettagliata descrizione delle fasi in cui saranno articolati gli interventi, ovvero: • attività preliminari ed operazioni propedeutiche (segregazione idraulica, bonifica elettrica, isolamento sistema fognario, verifiche stabilità strutture/capacità portante del terreno, sezionamenti elettrostrumentali…); • svuotamento/bonifica delle apparecchiature dai materiali di riempimento (rimozione materiali contenenti amianto, svuotamento in opera delle apparecchiature dai materiali di riempimento, scoibentazioni); • smontaggio di apparecchiature e tubazioni; • trattamento/lavaggio dei circuiti e delle apparecchiature (lavaggio delle linee e delle apparecchiature in opera preventivamente alle attività di smontaggio, lavaggio all’interno di struttura confinata); • demolizione delle strutture e dei fabbricati (individuazione macro aree di intervento, criteri generali e mezzi impiegati per la demolizione delle strutture in calcestruzzo armato e delle parti metalliche); • gestione dei materiali di risulta e oneri autorizzativi (classificazione/codifica dei rifiuti prodotti, gestione dei flussi prodotti). Quali sono le principali criticità in un lavoro di decommissioning? In fase esecutiva, la gestione in sicurezza delle attività nei cantieri di decommissioning (smontaggio, bonifica, demolizione) deve essere assicurata dalla puntuale applicazione dei dettami del Titolo IV del D.Lgs. 81/08 e s.m.i. Per i siti produttivi, le maggiori criticità connesse all’esecuzione di lavori di decommissioning restano gli aspetti legati alla sicurezza dei lavoratori, specialmente nei casi di interferenze derivanti dall’esecuzione degli interventi di bonifica/smontaggio/demolizione con le altre attività del reparto e dello stabilimento ancora in esercizio. Per i siti in dismissione, i maggiori elementi di criticità si riscontrano laddove le condizioni generali degli item da demolire presentino evidenti segni di decadimento e deterioramento, con riferimento agli impianti, alle strutture, alle carpenterie metalliche, agli edifici e alle apparecchiature. In tali casi, l’Appaltatore dovrà, prima dell’inizio dei lavori, promuovere ed effettuare una verifica delle condizioni di conservazione e di stabilità di tutte le strutture oggetto di demolizione. Tale verifica, redatta e firmata da un professionista abilitato, dovrà contenere indicazioni sullo stato di sicurezza e agibilità degli impianti, oltre che prescrivere gli eventuali interventi di messa in sicurezza dei luoghi per renderli accessibili (ad es. sostituzione grigliati e/o passerelle, asportazione parti pericolanti, etc.).

Progettiamo un mondo sostenibile. Da 50 anni. Fondata in Canada nel 1960, Golder è oggi un’impresa globale che fornisce ovunque servizi per una migliore gestione del suolo, dell’ambiente e dell’energia. La nostra missione è “Engineering Earth’s Development, Preserving Earth’s Integrity” e sottolinea il nostro costante impegno verso la sostenibilità e verso l’eccellenza in campo tecnico e nella cura del servizio al cliente.

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attua l i tà

La nuova disciplina in materia di Terre e Rocce da Scavo Con l'entrata in vigore del D.M. 161/2012 è stato abrogato l’art. 186 del D.lgs. 152/2006 e con esso le numerose linee-guida locali di Gian Luigi Soldi*

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ulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 21 settembre 2012 è stato pubblicato il Decreto del Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare n. 161 del 10 agosto 2012. Il nuovo "Regolamento recante la disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo", entrato in vigore a decorrere dal 6 ottobre 2012, è stato varato con l’obiettivo di una riduzione dei costi connessi alla produzione e gestione dei materiali di scavo a seguito delle previsioni contenute nell'art. 49 del Decreto Legge 24 gennaio 2012, n. 1 convertito dalla Legge 24 marzo 2012, n. 27. Il nuovo Decreto non contiene indicazioni per la gestione dei cantieri di piccole dimensioni (“procedure semplificate”), per i quali l’art. 266 del D.Lgs. 152/06 ha previsto l’emanazione di una disciplina semplificata specifica, che riguarda la gestione delle terre e rocce da scavo la cui produzione non superi i 6.000 m3. Non risulterebbero comunque modificate le disposizioni ai sensi dell’art. 185 del D.Lgs. 152/06 comma 1 lettera c, che consentono di gestire al di fuori del regime dei rifiuti il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale scavato nel corso di attività di costruzione, ove è certo che lo stesso verrà utilizzato ai fini di costruzione nello stesso sito in cui è stato prelevato.

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Aspetti generali e ambito di applicazione Il Decreto conferma il principio che il materiale di scavo rientri nella definizione di sottoprodotto e non in quella di rifiuto, di cui all’art. 183 ed in applicazione dell’art. 184bis, comma 1 del D.Lgs. 152/06, qualora siano rispettate le seguenti quattro condizioni (art. 4): • deve essere generato durante la realizzazione dell'opera il cui scopo primario non è la sua produzione (vengono cioè escluse le attività di cava); • deve essere riusato nell'esecuzione della stessa o di un'altra opera oppure in processi produttivi in sostituzione del materiale di cava, in conformità al Piano di Utilizzo; • deve essere idoneo ad essere utilizzato direttamente senza alcun ulteriore trattamento diverso dalla normale pratica industriale, opportunamente definita (allegato 3); • il materiale da scavo deve soddisfare alcuni requisiti di qualità ambientale, con particolare riferimento ai limiti di cui alle Colonne A e B della tabella 1 dell’allegato 5 del D.Lgs. 152/06 (Concentrazioni Soglia di Contaminazione) o a valori di fondo naturale.

I materiali di scavo a cui si applica il Decreto (art. 1) sono rappresentati dal suolo e dal sottosuolo derivanti dalla realizzazione di opere quali scavi, perforazioni, palificazioni, gallerie, strade, livellazioni di opere in terra, ecc. ma si applica anche ai residui della lavorazione di materiali lapidei, purché non contengano sostanze pericolose. Nei materiali di scavo è ammessa la presenza di terreno di riporto di origine antropica, contenente fino al 20% di elementi antropici (allegato 9) nonché la presenza di elementi “estranei”, purché la composizione chimica media dell’intera massa non superi i limiti di concentrazione previsti. Ai sensi dell’art. 3, risultano esplicitamente esclusi i rifiuti provenienti direttamente dalla demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti, la cui gestione ricade nell’ambito della normativa in materia di rifiuti. Sono inoltre previste alcune disposizioni onerose per i Proponenti, e in particolare un tariffario per il rimborso delle spese sostenute dall’ARPA (o APPA) per le attività istruttorie e di controllo previste, nonchè la stipula di idonee garanzie finanziarie a tutela del buon fine del Piano di Utilizzo approvato. Tali oneri devono essere definiti da ISPRA entro tre mesi dalla pubblicazione del Decreto e successivamente adottati dal Ministero, mediante un tariffario nazionale.


Piano di Utilizzo: approvazione, durata e modifica

La procedura amministrativa prevista dal Decreto è centrata sull’art. 5 inerente il Piano di Utilizzo, il cui contenuto è dettagliatamente indicato nell’allegato 5, che stabilisce le modalità di produzione, gestione e riutilizzo dei materiali di scavo, indicando le tempistiche per la realizzazione delle opere. I soggetti interessati dalle procedure sono rappresentati dal Proponente che presenta il Piano di Utilizzo, distinto dall’Esecutore che lo attua eseguendo le opere di produzione e riutilizzo del materiale, dall’Autorità Competente che approva il Piano, dal Trasportatore, che trasporta il materiale al di fuori del sito di produzione, e dall’ARPA (o APPA) che collabora nelle istruttorie ed esegue i controlli. Il Piano deve essere presentato (anche in via telematica) all'Autorità Competente almeno 90 giorni prima dell'inizio dei lavori per la realizzazione dell'opera. L’Autorità Competente autorizza la realizzazione dell'opera dalla quale risulta la produzione dei materiali di scavo. Pertanto, nel caso più diffuso, per l’approvazione del Piano saranno maggiormente coinvolti i Comuni competenti al rilascio del titolo abilitativo edilizio. In caso di opere soggette a Valutazione di Impatto Ambientale o ad Autorizzazione Integrata Ambientale, l’Autorità Competente per l’approvazione sarà invece individuata nel Ministero, nelle Regioni o nelle Province, a seconda dei diversi casi definiti anche sulla base delle disposizioni regionali. Una volta ricevuto il Piano di Utilizzo, l’Autorità Competente può richiedere al Proponente, entro il termine di 30 giorni, una sua integrazione. Qualora l’Autorità non si pronunci entro il termine di 90 giorni dalla presentazione del Piano o dell’integrazione, vige la regola del silenzio-assenso

e il Proponente può gestire il materiale di scavo conformemente a quanto presentato. Per l’istruttoria, con provvedimento motivato (art. 5, c. 10), l’Autorità Competente può richiedere, entro 30 giorni dalla presentazione del Piano o della sua integrazione, il supporto tecnico dell’ARPA, che a sua volta dispone di 45 giorni per effettuare verifiche e indagini in contraddittorio con il Proponente e a spese di quest’ultimo ed infine per comunicarne gli esiti. Il Piano ha una durata definita e una volta scaduto viene meno la qualifica di sottoprodotto del materiale da scavo, con conseguente obbligo di gestire il medesimo come rifiuto e quindi di garantirne il conferimento ad un impianto autorizzato. Tale effetto si produce anche nel caso di violazione degli obblighi assunti nel Piano. È comunque possibile chiedere una proroga massima di un anno della durata del Piano, presentandone uno nuovo con due mesi di anticipo rispetto alla data di scadenza. è inoltre possibile da parte del proponente chiedere una Modifica del Piano di Utilizzo (art. 8), ripercorrendo la procedura di autorizzazione prevista nell’art. 5, qualora intervengano modifiche sostanziali, quali ad esempio un aumento del volume in banco del materiale di scavo oltre al 20%, una diversa destinazione intermedia/finale o una modifica delle tecnologie di scavo. Il Piano definisce inoltre le modalità e i tempi di deposito in attesa di utilizzo (art. 10) presso un sito di produzione, intermedio o di destinazione, all’interno dei quali il materiale dovrà essere identificato da apposita segnaletica e separato da altri materiali presenti. Nel caso di Situazioni di Emergenza dovute a causa di forza maggiore (art. 6) è prevista una deroga, per cui la sussistenza dei requisiti di applicabilità della norma è attestata mediante una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà prima dell’inizio dei lavori, con l’obbligo di presentare comunque un Piano di Utilizzo, entro il termine di 15 giorni dalla

predetta comunicazione. La suddetta deroga non è applicabile a siti sottoposti a procedure di bonifica. Sono stabilite disposizioni transitorie (art. 15), con le quali è previsto che entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore del Decreto, i progetti per i quali è in corso una procedura ai sensi delle preesistenti disposizioni dell’art. 186 del D.Lgs. 152/06 possono essere assoggettati alla nuova disciplina con la presentazione del Piano di Utilizzo.

Applicazione ai siti sottoposti a procedure di bonifica e presenza di fondo naturale

Nel caso di siti sottoposti a procedure di bonifica, il nuovo decreto ha eliminato l’esclusione a priori precedentemente prevista dall’art. 186 del D.Lgs. 152/06. L’applicabilità delle condizioni previste dal Decreto presso tali siti (art. 5, c. 5) è richiesta dal Proponente all’ARPA preventivamente alla presentazione del Piano di Utilizzo (60 giorni). Nel suddetto termine l’Agenzia deve verificare l'assenza nei materiali di scavo di condizioni di superamento delle CSC previste alla Tabella 1, allegato 5 alla parte IV del D.Lgs. 152/06, riferite alla destinazione d’uso urbanistica del sito. In caso di esito positivo delle verifiche il Proponente può presentare il Piano di Utilizzo che dovrà essere sottoposto alla procedura ordinaria di approvazione di cui all'art. 5. La suddetta procedura permetterebbe di gestire come sottoprodotto, a seguito di una precisa caratterizzazione e perimetrazione del sito di provenienza sottoposto a bonifica, anche materiale di scavo inquinato, fino ai limiti di concentrazione indicati alla colonna B della suddetta Tabella 1, allegato 5 alla parte IV del D.Lgs. 152/06, purché tali limiti siano compatibili con la destinazione d’uso urbanistica del sito di destinazione.

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attua l i tà

Situazione analoga si presenta nel caso in cui nel sito di provenienza del materiale di scavo siano rilevati superamenti per fenomeni naturali dei suddetti limiti tabellari. In tal caso (art. 5, c. 4) il Proponente, prima della presentazione del Piano di Utilizzo, può presentare all’Autorità Competente un piano di accertamento, da eseguire in contraddittorio con ARPA, per definire i valori di fondo naturale. Il sito di destinazione, qualora diverso da quello di produzione, dovrà presentare analoghe condizioni di superamento dei limiti per fondo naturale.

Decreto del Ministero dell'Ambiente e dell a tutel a del territorio e del mare n. 161 del 10/08/2012 La struttura del nuovo Regolamento si basa su 16 articoli e 9 allegati, che coinvolgono tutti i principali aspetti tecnici ed amministrativi della gestione, al di fuori del sito di produzione, delle terre e rocce da scavo. Art. 1 - Definizioni Art. 2 - Finalità Art. 3 - Ambiti di applicazione ed esclusione Art. 4 - Disposizioni generali Art. 5 - Piano di utilizzo Art. 6 - Situazioni di emergenza Art. 7 - Obblighi generali Art. 8 - Modifica del piano di utilizzo Art. 9 - Realizzazione del Piano di Utilizzo Art. 10 - Deposito in attesa di utilizzo Art. 11 - Trasporto Art. 12 - Dichiarazione di avvenuto utilizzo-D.A.U. Art. 13 - Gestione dei dati Art. 14 - Controlli e ispezioni Art. 15 - Disposizioni finali e transitorie Art. 16 - Clausola di riconoscimento reciproco Allegato 1 - Caratterizzazione ambientale dei materiali da scavo Allegato 2 - Procedure di campionamento in fase di progettazione Allegato 3 - Normale pratica industriale Allegato 4 - Procedure di caratterizzazione chimico-fisiche e accertamento delle qualità ambientali Allegato 5 - Piano di utilizzo Allegato 6 - Documento di trasporto Allegato 7 - Dichiarazione di avvenuto utilizzo D.A.U. Allegato 8 - Procedure di campionamento in fase esecutiva e per i controlli e le ispezioni Allegato 9 - Materiali di riporto di origine antropica

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Formul ari e modulistica d’obbligo: Trasporto ed Avvenuto Utilizzo

Oltre al Piano di Utilizzo e ai documenti correlati, il nuovo Regolamento richiede che il trasporto del materiale all’esterno del sito di produzione sia accompagnato da un apposito documento di trasporto (art. 11), in triplice o quadruplice copia a seconda dei casi, che dovrà essere conservato dalle parti interessate per almeno 5 anni. Il modello del suddetto “formulario” è contenuto nell’Allegato 6 del Regolamento. L’avvenuto utilizzo del materiale in conformità al Piano di Utilizzo deve essere inoltre attestato dall’Esecutore all’Autorità Competente mediante un’autocertificazione (D.A.U. Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo) il cui modello è contenuto nell’Allegato 7. Il Regolamento dispone che l’omessa dichiarazione comporti la cessazione della qualifica del materiale scavato come sottoprodotto.

caratterizzazione ambientale e modalità di utilizzo dei materiali da scavo

Il Decreto prevede agli Allegati 1, 2, 4 e 9 precise indicazioni per la caratterizzazione ambientale dei materiali di scavo, che deve essere svolta dal Proponente in fase di predisposizione del Piano di Utilizzo e comunque prima dell’inizio dello scavo. All’Allegato 8 è fatta comunque salva la possibilità di eseguire la caratterizzazione ambientale in corso d’opera solo nel caso in cui sia comprovata l’impossibilità di eseguire indagini ambientali propedeutiche alla realizzazione dell’opera da cui deriva la produzione dei materiali di scavo. In tal caso nel Piano di Utilizzo dovranno essere esposti i criteri generali di esecuzione di tale caratterizzazione in corso d’opera.

Procedure di campionamento e controllo in fase esecutiva

L’Allegato 8 del Regolamento stabilisce le modalità di verifica che dovranno essere effettuate dall’esecutore durante la realizzazione dell’opera nonché i controlli che dovranno essere eseguiti dall’ARPA in contraddittorio.

Per quanto riguarda le verifiche da parte dell’esecutore svolte in corso d’opera, sembrerebbe che queste non debbano essere attuate sistematicamente, ma solo nei seguenti casi: 1. qualora sia comprovata l’impossibilità di eseguire un’indagine ambientale propedeutica alla presentazione del Piano di Utilizzo; 2. qualora si faccia ricorso a metodologie di scavo in grado di determinare una potenziale contaminazione dei materiali; 3. in caso si riscontrino evidenze di potenziale contaminazione. Le verifiche da parte dell’ARPA (o APPA) devono invece essere svolte sistematicamente in contraddittorio direttamente sull’area di destinazione finale del materiale da scavo, sia a completamento che durante la posa in opera del materiale medesimo.

Commenti e considerazioni conclusive

Il nuovo Regolamento nazionale in materia di Terre e Rocce da Scavo era indubbiamente molto atteso affinché cessasse la “deriva regionale” di regole locali per l’applicazione dell’art. 186. Dall’esame del Decreto appare immediatamente una ridotta semplificazione della materia ed una conseguente blanda limitazione dei costi di gestione. L’onerosità delle nuove disposizioni nei confronti delle Imprese riguarda soprattutto l’elevato numero di indagini preliminari e di controlli da condurre, la necessità di prestare garanzie finanziarie e di rimborsare i costi derivanti dalle attività di controllo eseguite dall’ARPA, nonché gli obblighi di compilazione, trasmissione e conservazione della modulistica. Si evidenzia inoltre il rischio di incorrere in reati, anche gravi, nel caso di semplice violazione di adempimenti formali di natura burocratica. A titolo di esempio si cita la cessazione con effetto immediato della qualifica di sottoprodotto del materiale di scavo (art. 12) anche se gestito nel pieno rispetto del Piano di Utilizzo, in caso di omessa trasmissione della Dichiarazione di Avvenuto Utilizzo (D.A.U.), con conseguente qualifica del materiale come rifiuto e relative implicazioni amministrative e penali.


L’assenza di procedure semplificate al momento della pubblicazione del Regolamento, per le quali l’art. 266 del D.Lgs. 152/06 ha previsto l’emanazione di una disciplina specifica, rende inoltre praticamente insostenibile dal punto di vista amministrativo ed economico la gestione delle Terre e Rocce da Scavo al di fuori del regime dei rifiuti nel caso di “piccoli cantieri”. Il nuovo Regolamento implica anche un gravoso onere nei confronti della Pubblica Amministrazione, che dispone di tempi molto ridotti per l’esecuzione delle attività istruttorie e per le verifiche. In particolare l’onere della gestione dei procedimenti andrà a ricadere particolarmente sulle Amministrazioni Comunali, competenti nel rilascio del titolo abilitativo edilizio, in correlazione al quale dovrà essere valutato e approvato il Piano di Utilizzo dei materiali di scavo per la maggior parte dei procedimenti non sottoposti a VIA o AIA. Un onere particolarmente grave indubbiamente ricadrà sulle ARPA (o APPA) che sono coinvolte direttamente nelle attività istruttorie e di controllo, anche strumentale, con tempi di risposta molto ridotti. Le Agenzie dovranno rapidamente individuare criteri tecnici comuni per l’esecuzione delle attività di competenza,

con particolare riferimento ad aspetti complessi, come ad esempio le modalità di valutazione nei siti sottoposti alle procedure di bonifica o di quantificazione della presenza di materiali di origine antropica nei terreni di riporto. Si evidenzia inoltre la necessità di chiarimenti sul campo di applicazione della materia, come ad esempio i rapporti del nuovo Regolamento con le disposizioni ai sensi dell’art. 185 del D.Lgs. 152/06 c. 1, lettera c, che consentono di gestire al di fuori del regime dei rifiuti il suolo non contaminato e altro materiale allo stato naturale scavato nel corso di attività di costruzione, ove è certo che lo stesso verrà utilizzato ai fini di costruzione nello stesso sito in cui è stato prelevato, senza pertanto prevedere gravosi adempimenti tecnici e burocratici. Ultimo aspetto, ma non meno importante, è la scarsa attenzione che il nuovo Regolamento presta nei confronti del sito di destinazione del materiale di scavo. La procedura amministrativa di valutazione ed approvazione del Piano di Utilizzo, nonchè le successive comunicazioni correlate, non prevedono alcun coinvolgimento del Comune di destinazione del materiale o di deposito intermedio,

qualora diverso dal Comune di provenienza. Inoltre, la compatibilità del materiale di scavo presso il sito di destinazione viene considerata limitatamente alla composizione chimica, riferita ai limiti tabellari di cui alle CSC previste. A tal proposito sarebbe stata opportuna una valutazione di compatibilità anche rispetto ad altri caratteri più “naturalistici” dell’area di destinazione del terreno di scavo, con particolare riferimento agli aspetti geotecnici, idraulici, pedologici e paesaggistici, rispetto ai quali sia l’art. 186 del D.Lgs. 152/06 sia alcune linee guida regionali correlate avevano già fatto accenno. A tal proposito, immaginiamo quali danni alle caratteristiche naturali di un’area protetta o di un suolo agricolo potrebbe creare un terreno di riporto contenente fino al 20% di elementi antropici (es. mattoni o pezzi di calcestruzzo), oppure alla stabilità di un terreno in pendio, un reinterro costituito da materiale argilloso dotato di inadeguate proprietà geotecniche o idrauliche. *Provincia di Torino, Area Sviluppo Sostenibile e Pianificazione Ambientale

Caratterizzazione dei materiali di scavo Le indagini ambientali previste per la caratterizzazione del materiale di scavo sono analoghe a quelle adottate per la caratterizzazione dei siti sottoposti alle procedure di bonifica, con un minimo di 3 punti di indagine e di 3 campioni per ogni punto, setacciatura in campo al vaglio 2 cm e analisi di laboratorio riferite alla frazione passante i 2 mm, concentrazione finale riferita anche allo scheletro campionato. L’Allegato 4 indica un set analitico minimo di 12 parametri, comprensivo dell’amianto. Tale set può essere esteso in relazione alle possibili situazioni di inquinamento presso il sito, oppure ridotto nel caso di siti in cui la produzione di materiale di scavo sia compresa tra i 6.000 ed i 150.000 m3. I limiti di concentrazione per la caratterizzazione del materiale di scavo e per il suo utilizzo come sottoprodotto sono riferiti alle CSC di cui alle colonne A e B della Tabella 1, allegato 5 alla parte IV del D.Lgs. 152/06, relativi alla destinazione d’uso urbanistica del sito o ai valori di fondo naturale. A tal proposito, riferendosi alla destinazione finale del materiale scavato, si possono presentare due diverse situazioni: • nel caso in cui la concentrazione di inquinanti rientri nei limiti della colonna A (verde-residenziale), i materiali di scavo potranno essere utilizzati in qualunque sito, a prescindere dalla sua destinazione urbanistica; • nel caso in cui la concentrazione di inquinanti sia compresa tra i limiti della colonna A e quelli della colonna B (commerciale-industriale), i materiali di scavo potranno essere utilizzati presso siti a destinazione produttiva o commerciale oppure presso impianti industriali che prevedano la produzione di prodotti o manufatti merceologicamente ben distinti dai materiali di scavo, modificandone le loro caratteristiche chimico-fisiche iniziali. Le disposizioni del nuovo Decreto prevedono inoltre che, al fine di salvaguardare le acque sotterranee, nel caso del riutilizzo in condizioni di prossimità o di contatto con la falda (es. per il ritombamento di cave), sia garantito l’impiego di materiale conforme alla colonna A, a partire dal fondo del reinterro sino alla quota di massima escursione della falda più 1 metro di franco.

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Rifiuti: crescita costante per la raccolta dell’umido “Regina delle differenziate” l’umido si attesta quale rifiuto urbano più raccolto: ecco i dati del Rapporto promosso dal Consorzio Italiano Compostatori di Bruno Vanzi

O

ltre 4,2 milioni di tonnellate di umido raccolte nel 2010 che si stima siano aumentate a 4,5 milioni nel 2011. E’ questo il trend in costante crescita della raccolta di questo materiale che rappresenta il 40% delle raccolte differenziate nel nostro Paese. I numeri di questo settore sono stati presentati lo scorso 25 settembre durante l’incontro organizzato dal CIC, Consorzio Italiano Compostatori, in occasione del ventesimo anniversario del comparto. “In 20 anni”, ha evidenziato David Newman, Direttore del CIC, “sono state trattate circa 42 milioni di tonnellate di scarti organici (pari a quasi 1,5 volte la produzione italiana di rifiuti urbani in un anno). Per dare un’idea concreta, la raccolta differenziata e il compostaggio degli scarti umidi determinano

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Le esperienze di 20 anni di compostaggio L’incontro svoltosi il 25 settembre scorso presso la Biblioteca del Senato a Roma è stato anche l’occasione per presentare il libro dal titolo “Il compostaggio in Italia compie 20 anni”. Il volume, realizzato dal Consorzio Italiano Compostatori con la collaborazione di Ilaria Pedrini, ripercorre la storia del Consorzio attraverso la voce dei suoi protagonisti con lo scopo di valutare ed accrescere la consapevolezza di quanto è stato fatto nel settore in questo ventennio. Dopo una panoramica sui momenti principali della storia del Consorzio il libro racconta ciò che è diventato attraverso le parole degli uomini e delle donne che hanno contribuito al suo successo. Presidenti del CIC, ricercatori, agronomi, responsabili di enti pubblici, gestori di impianti, rappresentanti delle municipalizzate, assessori, produttori sono tutti testimoni e protagonisti nel raccontare come si è sviluppato questo settore, gli ostacoli che ha incontrato e gli obiettivi che ha conseguito.


ogni anno una riduzione della quantità di rifiuti in discarica pari a quella necessaria riempire l’intero Colosseo di Roma (oppure 8 volte il Duomo di Milano)”. Dagli ultimi dati disponibili, riferiti all’anno 2010, si conferma che la raccolta differenziata dell’umido (FORSU e frazioni organiche selezionate) e scarto verde rappresentano il 36% del totale dei rifiuti raccolti in maniera differenziata, con una crescita negli ultimi anni di quasi il 12%. Il trend di crescita è generalmente confermato in tutte le regioni e facendo riferimento alla quantità pro capite di rifiuti raccolti si attestano ai primi posti Veneto ed Emilia Romagna, dove la raccolta differenziata è stata avviata già da tempo, mentre segue immediatamente la Sardegna con un importante risultato vista la recente introduzione della raccolta. Umido e verde continuano a rappresentare la principale tipologia di scarti organici avviati a recupero in Italia come ben rappresentato nella figura 3. La crescita della raccolta ha comportato necessariamente uno sviluppo del sistema industriale ad essa collegato, prima con gli impianti di compostaggio e, più recentemente,

Figura 1. Quote delle filiere di recupero di Rifiuti Urbani in Italia 2010 (elaborazione CIC su dati ISPRA 2012)

con gli impianti di digestione anaerobica. In 17 anni, dal 1993 al 2010, si è infatti arrivati ad avere sul territorio italiano 257 impianti di compostaggio e 23 impianti di digestione anaerobica. Elemento fondamentale di una corretta raccolta differenziata è la qualità delle matrici

avviate a recupero. Grazie a sistematiche campagne di analisi merceologiche il CIC verifica costantemente la qualità dei materiali conferiti e dall’elaborazione di tali risultati emerge che il contenuto di materiali indesiderati e non compostabili (MNC) è pari in media al 5,4%. Numero

Quantità

impianti

autorizzata (t/a)

Cessata attività

Inattivo

2

1.758

In costruzione

Non disponibile

Operativo

21

850.136

TOTALE

23

851.894

Status operativo

Figura 2. Raccolta procapite di forsu e verde nel 2010 (elaborazioni CIC su dati ISPRA)

Stato operativo impianti

Cessata

di compostaggio 2010

attività

Totale NORD

Tabella 2. Impianti di digestione anerobica in Italia nel 2010 (elaborazione CIC su dati ISPRA 2012)

Inattivo

In costruzione

Non disponibile

Operativo

TOTALE

6

6

0

1

146

159

Totale CENTRO

0

2

2

1

62

67

Totale SUD

0

1

3

4

49

57

Totale complessivo

6

9

5

6

257

283

Tabella 1. Impianti di compostaggio in Italia nel 2010 (elaborazione CIC su dati ISPRA 2012)

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Figura 3. Incidenza del rifiuto urbano (umido & verde) sul totale dei rifiuti trattati in impianti di compostaggio

Questo dato è influenzato tra l’altro dalla tipologia di sacchetti impiegati per la raccolta differenziata che risultano essere ancora per la maggior parte dei casi non compostabili (56% sacchetti in plastica PE o in plastica oxo-degradabile). La messa al bando da gennaio 2011 dei sacchetti in plastica convenzionale ha contribuito sensibilmente alla variazione di questi dati ma è necessario comunque tenere conto di quanto tale problema incida economicamente sul processo. Il solo costo di smaltimento delle plastiche costa al settore circa 6,3 milioni di € a cui vanno aggiunti i costi di estrazione (vagliatura, pretrattamento, ecc.) arrivando quindi a 10-12 milioni di € all’anno.

impianti di compostaggio Gli impianti presenti in Italia sono distinti in quattro categorie in base alla quantità annua autorizzata: su 283 censiti nel 2010, sono 49 quelli che trattano fino a 1000 t/a mentre 234 trattano quantitativi superiori. Nel 2010 la capacità complessiva autorizzata è stata utilizzata per il 61%. La distribuzione sul territorio riflette lo sviluppo diversificato della raccolta differenziata nel Paese perciò nel Nord troviamo il 63% degli impianti con una capacità complessiva del 71%, mentre il Centro ed il Sud si spartiscono quasi equamente la quota restante. In relazione invece alla tipologia di rifiuti trattati è possibile notare una netta diminuzione degli scarti verdi spostandosi verso Sud dove, per contro, aumenta la quota di fanghi e altre matrici.

impianti di digestione anaerobica Gli impianti di digestione anaerobica sono in crescita sul territorio italiano e con capacità di trattamento elevate che portano ad una media di circa 50.000 t/a, escludendo i piccoli impianti del Trentino Alto Adige. Dai dati del censimento Ispra del 2010 su 23 impianti infatti solo 9 risultano autorizzati per quantitativi inferiori a 10.000 t/a. Il Nord Italia ospita la quasi totalità degli impianti (20) mentre sono 2 quelli ubicati al Centro ed uno in meridione. La capacità di trattamento autorizzata è stata sfruttata per il 67% nel 2010 con una tipologia di rifiuti che è costituita per il 99% da Forsu.

Il marchio di Compostabilità CIC A partire dall’anno 2006 il Consorzio Italiano Compostatori ha intrapreso la strada della certificazione, ovvero dell’attestazione sia della biodegradabilità ma, soprattutto, della compostabilità dei manufatti biodegradabili. La certificazione si fonda sul principio dell’idoneità alla compostabilità, assicurandone il “fine vita”. Certificare la compostabilità significa attestare che un manufatto definito più o meno genericamente “biodegradabile” sia anche “compostabile” nei tempi e nei modi dettati dalla buona pratica al compostaggio. Attualmente sono diverse le aziende che hanno conseguito il riconoscimento e che possono utilizzare un logo creato appositamente per rendere riconoscibili i prodotti certificati. A garanzia del consumatore ma anche per salvaguardare l’effettivo recupero di materia negli impianti di compostaggio, solo i manufatti che saranno accompagnati da questo logo avranno la certezza di essere stati testati operativamente, tecnicamente e scientificamente e potranno essere accettati senza problemi negli impianti di compostaggio italiani. Il Marchio “Compostabile CIC” è rilasciato a seguito di verifiche e controlli eseguiti dal Consorzio in collaborazione con Certiquality (società leader nel settore della certificazione). Il prodotto certificato deve rispondere a particolari requisiti stabiliti da un Regolamento che è stato elaborato sulla base di standard europei.

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Oltre 4.000 visitatori a Ferrara per il salone delle bonifiche Grazie a RemTech e Sismo, Ferrara guadagna sul campo il titolo di capitale internazionale della tutela ambientale: ecco le parole di Nicola Zanardi, Presidente di Ferrara Fiere di Daniela Modonesi*

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i sono chiusi RemTech e Sismo, i due Saloni altamente specializzati di Ferrara Fiere, con il coinvolgimento sempre più internazionale e qualificato di istituzioni, aziende, associazioni e mondo universitario. Oltre 4.000 visitatori e 150 aziende espositrici, 15 Paesi rappresentati e 7 delegazioni straniere di buyers, un programma congressuale scandito da oltre cento appuntamenti tra convegni, corsi di formazione, incontri tecnici, tavole rotonde: i numeri di RemTech, Sismo, Coast, Inertia e GeoThermForum ne decretano il successo, ogni anno crescente. “Sono risultati di grande prestigio, che ci qualificano come appuntamento di rilevanza almeno europea” – osserva Nicola Zanardi, Presidente di Ferrara Fiere –. La scelta di trattare tematiche di grande attualità e che impattano fortemente sugli specialisti ci ha premiati. A dimostrazione che – prosegue Zanardi –, malgrado il momento di recessione, bisogna credere nello sviluppo delle relazioni tra ricerca, industria, istituzioni e sistema dei controlli”. Tra gli eventi di spicco di quest’edizione, organizzata da Ferrara Fiere Congressi con il supporto di Eni Saipem, l’apertura del Ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che, riconoscendo la straordinaria importanza di RemTech e Sismo, ha esplicitamente affida-

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Anno 5 - Numero 21

to ai due Saloni il compito di contribuire alla messa in sicurezza del Paese. Da segnalare, tra i maggiori profili istituzionali intervenuti, anche Maurizio Pernice, Direttore della Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche del Ministero dell'Ambiente, e l’on. Gaetano Pecorella, Presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, che ha curato il “Corso di Alta Formazione sull’accertamento degli illeciti ambientali nel campo delle bonifiche”. Tra le novità dell’edizione 2012 spiccano le opportunità di incontro e di scambio con i principali buyers nazionali e internazionali: grazie al finanziamento della Regione EmiliaRomagna e in collaborazione con ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane, le aziende presenti a RemTech hanno potuto instaurare rapporti di lavoro e promuovere occasioni di business in Italia e all’estero. Ampio il coinvolgimento delle pubbliche amministrazioni e dell’università: tra le Regioni erano presenti in veste di espositori EmiliaRomagna, Veneto, Liguria, Lazio, Sardegna, Marche, Toscana e ARPA Umbria; mentre il mondo accademico è stato rappresentato dalle Università di Trieste, Padova e di Roma

Dal 19 al 21 settembre si è tenuta a Ferrara la 6a edizione di RemTech Expo, il Salone sulle Bonifiche dei Siti Contaminati e sulla Riqualificazione del Territorio. Anche quest’anno una particolare attenzione è stata riservata all’organizzazione di sessioni congressuali di elevato profilo tecnico-scientifico, che hanno visto la partecipazione di relatori nazionali ed internazionali di comprovata esperienza. Come già fatto nelle edizioni precedenti, gli atti dei convegni di RemTech, curati da Daniele Cazzuffi e Ilaria Pietrini, sono stati raccolti in un CD pubblicato e distribuito da DEA edizioni. Il CD contiene 51 contributi dedicati alle seguenti tematiche: • Tecnologie di trattamento dei terreni contaminati • Contaminazione, bonifica e riuso dei sedimenti • Monitoraggio degli inquinanti in fase vapore • Nuove prospettive per l’applicazione dell’analisi di rischio: evoluzione del quadro normativo e tecnico • Tecnologie per la bonifica delle acque di falda • Dragaggi e ripascimenti costieri • Caratterizzazione bio-idromeccanica dei rifiuti per la progettazione e l’ampliamento di discariche • Il Contratto di Fiume: strumento per la gestione e la riqualificazione dei paesaggi fluviali e delle aree a rischio idrogeologico Per informazioni e per acquistare il CD: DEA edizioni Tel. 011-7802164 www.ecoera.it info@deaedizioni.it.


BONIFICHE AMBIENTALI INNOVAZIONE E BIOTECNOLOGIE Indagini preliminari Piani di caratterizzazione Analisi di rischio Studi di fattibilità Interventi di bonifica terreni C

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“Tor Vergata”, promotrice insieme a ISPRA di un nuovissimo software gratuito – Risk-net –, per l’elaborazione dell’analisi di rischio sanitario ambientale. Se con il call for proposal "Saipem for Innovation", promosso in collaborazione con Eni Saipem, sono state individuate le proposte tecnologiche più interessanti per la bonifica di suoli, acque sotterranee e sedimenti, RemTech è stata l’occasione per presentare e avviare anche numerosi progetti europei e internazionali: HOMBRE (Holistic Management of Brownfield Regeneration), finanziato dalla Commissione Europea, ha affrontato il problema della rigenerazione dei Brownfields, i siti influenzati da usi precedenti, dismessi o sottoutilizzati; SuRF (SUstainable Remediation Forum) è stato il primo nel suo genere in Italia e ha offerto un’inedita opportunità di confronto e di promozione dell'utilizzo di pratiche sostenibili nelle attività di bonifica. Molto interesse – complici l’elevato livello scientifico ed espositivo del Salone e il recente terremoto in Emilia – ha catalizzato Sismo, il primo Salone in Italia sul rischio sismico. “Contestualizzare gli elementi di difesa del nostro patrimonio architettonico e immobiliare – conclude Zanardi – così profondamente ferito, ha fatto sì che tutte le innovazioni presentate a Sismo abbiamo incontrato il consenso degli operatori”. Proprio gli eventi dello scorso maggio sono stati al centro di uno degli appuntamenti più attesi di Sismo, che ha proposto anche convegni e incontri tecnici su terreni, interventi di alta tecnologia, normativa e costruito. Di grande richiamo le dimostrazioni offerte ogni giorno dalla Fondazione Eucentre attraverso la propria tavola vibrante, che simula perfettamente gli effetti devastanti dei sismi e mette in evidenza i limiti delle normali tecniche di costruzione.

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Ecoinnovazione e sostenibilità si danno appuntamento a Lione Al via la XXV edizione del Salone delle attrezzature, delle tecnologie e dei servizi per l’ambiente di Maria Beatrice Celino

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i avvicina l’appuntamento con il salone internazionale delle attrezzature, delle tecnologie e dei servizi per l’ambiente che si svolgerà dal 27 al 30 novembre 2012 presso il quartiere delle esposizioni Lyon Eurexpo. Il Pollutec riunirà quest’anno 2.400 espositori su un’area di circa 110.000 mq presentando un’offerta unica di ecoinnovazioni su tutti i settori: acqua, aria, energia, rifiuti, suoli, rischi e analisi/misura/controllo. Per conoscere quali novità ci aspettano a Lione e per comprendere meglio attorno a quali tematiche si sviluppa l’evento abbiamo intervistato Cristiana Rabusin, Direttore dello Sviluppo Internazionale di Pollutec. Quali sono le principali novità dell’edizione 2012 di Pollutec? Per quanto riguarda le novità della 25a edizione, quest’anno Pollutec pone l’accento sul tema della città sostenibile e intelligente, con l’evento di primo piano “Sustainable City solutions”, sull’industria sostenibile e accoglie l’Argentina come Paese invitato d’onore. Questi temi trasversali, che includono tutte le tecnologie e i settori esposti in fiera, saranno declinati in spazi interamente dedicati con stand, conferenze, webtv e visite di siti industriali nella provincia di Lione. Pensate che anche quest’edizione confermi gli ottimi risultati delle edizioni precedenti in relazione alla partecipazione estera? La partecipazione di espositori esteri con stand

individuali o collettivi è sempre in progressione e, dopo la pausa estiva, molte aziende stanno ancora riservando gli ultimi spazi espositivi a disposizione. Ciò conferma il carattere irrinunciabile di Pollutec e la sua posizione di fiera leader mondiale per le eco-industrie. La partecipazione italiana si situa al terzo posto dopo la Francia e la Germania e vede la presenza di aziende principalmente nel settore del riciclaggio, dei trattamenti rifiuti, delle pompe e altre attrezzature per i processi di depurazione delle acque reflue ma anche nel trattamento dell’aria interna ed esterna. Per quanto riguarda i visitatori extra europei, numerose delegazioni sono attese in particolare dai paesi dell’America Latina, dall’Africa, dal Maghreb e dall’Asia. Come si esprime all’interno del salone l’importanza del ruolo della ricerca per le green technologies? In tutte le fiere Pollutec, a Lione o nell’edizione parigina “Horizons”, il settore della ricerca, sviluppo, innovazione e investimenti nelle green technologies è fondamentale e presente. Centri di R&S, i 14 clusters francesi riuniti nel network Ecotech, spazi tematici dedicati alle applicazioni satellitari, membrane e fluidi supercritici, premi e trofei consegnati alle aziende che presentano tecniche innovative, conferenze tematiche e l’evento “le Cleantech” (presentazione di progetti di start up internazionali) completano l’offerta della fiera. Da notare che per la prima volta anche il prestigioso istituto tedesco Fraunhofer ha scelto la platea di Pol-

lutec per presentare e consegnare il premio ai vincitori del “German high Tech champions”. L’argomento centrale di Pollutec 2012 è la città sostenibile. In che modo emerge nella manifestazione la crescita di attenzione e soprattutto la necessità di seguire la strada della sostenibilità nella programmazione urbana? La città sostenibile è presente in fiera con un’offerta di tecnologie e servizi nel settore dell’energia e in particolare delle smart grids, delle tecnologie in grado di ridurre i consumi energetici, idrici, di materie prime, soluzioni per ridurre l’impatto delle attività cittadine sul territorio nel rispetto della biodiversità, tecnologie

Cristiana Rabusin, Direttore dello Sviluppo Internazionale di Pollutec

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e soluzioni per la bonifica urbana in particolare di terreni industriali fortemente inquinati. Ecomobilità, riciclaggio e valorizzazione energetica, raccolta differenziata dei rifiuti, lotta all’inquinamento atmosferico completano l’offerta. Per due giorni, il 27 e 28 novembre l’evento Sustainable city solutions offrirà un ricco programma di conferenze con plenarie e tavole rotonde con esperti internazionali e visite ai siti pilota della regione lionese riservati ai visitatori stranieri. Oltre alla conferenza di apertura

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Data

Dal 27 al 30 novembre 2012

Luogo

Eurexpo – Lione Francia

Superficie espositiva

110.000 m²

Settori

Acqua, aria, energia, rifiuti, suoli, rischi, analisi

Numero espositori

2.400

Paesi esteri presenti

35

Visitatori

75.000

Eventi speciali

Sustainable city solutions, Argentina paese invitato d’onore

inaugurata dal sindaco di Lione, il sindaco della città giapponese di Yokohama e un rappresentante argentino, uno spazio espositivo specifico con un forum di conferenze durante i quattro giorni della manifestazione e una web tv in live, completano l’offerta tematica. Forte dell’esperienza dell’edizione parigina la fiera di quest’anno vedrà confermata la presenza delle nuove filiere che si sono affacciate al settore recentemente? Mi riferisco all’ingegneria ecologica e bio-

diversità, alle applicazioni satellitari ed alla responsabilità sociale. Si, queste filiere presentate durante l’edizione di Pollutec Horizons nel 2011, sono presenti anche a Lione e dimostrano che la fiera nata 40 anni fa per ridurre gli inquinamenti di varie fonti, ha saputo adattarsi alle evoluzioni del mercato, delle tecnologie e dei comportamenti in materia ecologica proponendo una vasta gamma di soluzioni per conciliare ecologia, economia e rendere più competitive le aziende.


Grazie alla raccolta differenziata fatta da milioni di cittadini italiani, lattine per bevande, vaschette per alimenti, foglio sottile d’alluminio, scatolette, bombolette spray e tubetti, possono essere riciclati dando vita a nuovi imballaggi e altri oggetti in alluminio di uso quotidiano. L’alluminio si ricicla al 100% e all’infinito con un enorme risparmio di energia e materia. Partecipa alla raccolta differenziata degli imballaggi in alluminio seguendo le indicazioni del tuo Comune, CIAL – Consorzio per il Recupero e il Riciclo degli Imballaggi in Alluminio – ne promuove la raccolta e ne garantisce il riciclo su tutto il territorio nazionale.

raccolta differenziata

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Germania: una storia di decommissioning e riqualificazione ottime sinergie e un supporto multidisciplinare hanno permesso la dismissione e il recupero dell’area occupata da un’importante raffineria ad Ingolstadt di Alessandro Aresu e Lorenz San Nicolò*

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n questo articolo viene presentata la particolare storia della dismissione della raffineria di Ingolstadt in Germania. E’ particolare per Arcadis in quanto il suo ruolo di consulente è iniziato ancora quando la raffineria era operativa a pieno regime, circa 2 anni prima della dismissione, permettendo così di assistere il cliente sin dalle prime fasi decisionali, durante tutto il percorso di dismissione, fino alla completa riqualificazione delle aree. E’ particolare per il Committente, perché ha avuto l’occasione di seguire un percorso decisionale supportato da un gruppo di esperti interdisciplinari che gli ha permesso di prendere le decisioni ottimali nella piena consapevolezza delle conseguenze che ne sarebbero derivate. E’ stato inoltre particolare per gli Enti coinvolti perché è stato un esempio di ottima collaborazione tra pubblico e privato che ha consentito di tenere in opportuna considerazione anche le esigenze dell’amministrazione municipale. Infine il progetto in sé è particolare per le sue sfide di carattere tecnico, urbanistico, autorizzativo ma soprattutto per la tempistica veramente eccezionale nella quale si sta realizzando un intero nuovo quartiere della città di Ingolstadt. La Raffineria di Ingolstadt è una delle tre raffinerie della Bayernoil che negli anni ‘60 sono state costruite lungo il Danubio (frutto di una

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visione italiana: nel 1959 Enrico Mattei ebbe l’intuizione della strategicità di una pipeline transalpina con realizzazione di raffinerie in Baviera, idea che convinse l’allora Ministro per l’economia tedesco). La Bayernoil è una società consortile partecipata dalla OMV, dalla Ruhr Oil, dall’ENI e dalla British Petroleum. Tra le tre raffinerie quella oggetto degli interventi copre una superficie complessiva di 108 ettari ed è quella più vicina alla città, infatti si trova a soli 5 km dal centro storico di Ingolstadt.

Nel 2006 la Bayernoil attiva il cosiddetto programma ISAR per il miglioramento della sicurezza e per l’ottimizzazione produttiva. Uno dei punti di questo programma era la chiusura nel 2008 del sito produttivo di Ingolstadt e la rimodernizzazione completa delle altre due raffinerie di Neustadt e Vohburg. Ed è proprio il 2006 quando Arcadis, società internazionale che fornisce servizi di consulenza, progettazione, ingegneria e project management nel campo delle infrastrutture, delle risorse idriche, dell'ambiente e degli edifici (divisioni Infrastuc-

Figura 1. Foto aerea della primavera 2011 con evidenziate la subarea 1 (in giallo) e la subarea 2 (in rosso)


sviluppo e fare delle prime analisi economiche sulla loro fattibilità. Le alternative di base da un punto di vista urbanistico erano di creare un’ampia zona artigianale e commerciale oppure di realizzare un nuovo quarFigura 2. Planimetria con indicazione delle zone classificate contaminate per i tiere residenziale. parametri idrocarburi e/o BTEX (il rosso evidenzia la contaminazione del suolo e Da un punto di vista economico, ma anl’azzurro la contaminazione della falda) che con riferimento ture, Water, Environment, Buildings), viene in- allo sviluppo del tessuto urbano, si era più caricata di assistere Bayernoil nella realizzazio- propensi alla soluzione residenziale. La vicinanza con lo stabilimento automobilistico ne della dismissione e riqualificazione del sito. Definito che il sito di Ingolstadt doveva essere dell’Audi ha tuttavia creato un forte interesse dismesso, Bayernoil si è avvalsa del supporto nella creazione di spazi per attività artigianali. di Arcadis per la pianificazione ed esecuzio- L’idea dell’amministrazione comunale di rene delle varie fasi amministrative, progettuali alizzare un nuovo stadio e una nuova strada ed operative per condurre il procedimento in di accesso al centro urbano è stata valutata maniera ottimale sia dal punto di vista eco- positivamente e condivisa da tutte le parti innomico, ma anche sotto l’aspetto sociale, ur- teressate. Con questi presupposti è stata avbanistico ed ambientale, fornendo un input di viata la pianificazione di dettaglio e la suddiviassoluta priorità: tutti i costi ed investimenti sione dell’area in varie subaree con differenti del progetto dovevano essere alla fine coperti destinazioni. Il sito si trova all’interno della macroregione dalle vendite immobiliari. Il primo passo importante in questo proget- metropolitana di Monaco di Baviera che, tra to è stata quindi un’approfondita ed accurata le regioni metropolitane europee, è tra quelle valutazione degli assets. A tale scopo è stata con le migliori previsioni di crescita economicondotta una dettagliata analisi degli svilup- ca. In controtendenza con il resto del territorio pi immobiliari a livello locale ma anche nelle nazionale tedesco, per quest’area si prevede varie macroaree potenzialmente influenzate. un aumento della popolazione fino al 2025 del In base alle condizioni urbanistiche e socio- 7,5%. Da un punto di vista socioeconomico, economiche della zona e di tutta la regione le condizioni di contorno per una grande area sono stati analizzati diversi potenziali scenari residenziale sono quindi assolutamente valide. di sviluppo. Fondamentale è stato il coinvol- Nell’ambito di uno studio urbanistico è stato gimento dell’amministrazione comunale per analizzato in dettaglio se erano effettivamente poter tener conto delle esigenze dell’ammini- presenti tutti i presupposti per una conversiostrazione pubblica che quindi ha manifestato ne in zona residenziale dell’area (fasce di rila volontà di avere un nuovo stadio per il club spetto, infrastrutture, ecc.). L’idoneità del sito della città ed inoltre realizzare una nuova stra- è stata confermata ed è stata calcolata una da di accesso al centro cittadino per decon- potenzialità ottimale dell’area tra circa 1.500 e 3.000 abitanti. gestionare il traffico. E’ stata quindi effettuata una stima di massi- Quindi è stato sottoscritto un accordo di proma delle passività presenti sull’area, in primo gramma con gli enti comunali che impegnaluogo i costi di bonifica ed i costi di demolizio- va le parti coinvolte a sviluppare l’area con i ne. Dalla rielaborazione di questi input è stato criteri concordati. Un team interdisciplinare di possibile delineare le principali alternative di esperti di Arcadis ha dettagliatamente analiz-

zato tutti gli elementi che avrebbero potuto avere impatti negativi sul progetto. Sono stati minuziosamente analizzati gli aspetti ambientali con definizione degli obiettivi di bonifica, sono stati studiati gli effetti sull’ecosistema e gli impatti socio-economici. Una potenziale criticità era inoltre rappresentata dal pericolo di esondazione da parte del Danubio che scorre in diretta adiacenza al sito. Per l’impostazione architettonica e paesaggistica si è deciso di indire un concorso di idee a livello europeo. Europan, fondato nel 1988, è un programma europeo di concorsi, con cadenza biennale, rivolto a giovani architetti e progettisti di tutto il mondo e organizzato da una Federazione formata da circa 20 paesi europei. Per il sito di Ingolstadt sono state inoltrate 51 proposte progettuali. Una giuria composta da architetti e progettisti di fama internazionale, da un rappresentante di Bayernoil e da due esperti di Arcadis ha fatto una preselezione di 8 progetti dai quali è infine stato scelto il progetto vincitore. Questo progetto, denominato Ammerang, è stato elaborato da un gruppo di giovani architetti tedeschi e italiani dell’università di Monaco di Baviera. Per lo sviluppo e la commercializzazione, l’area della raffineria è stata suddivisa in due subaree con tempistiche realizzative diverse. L’Area 1, copre la parte meridionale dell’ex raffineria. In essa si trovavano il parco serbatoi per olio combustibile, il ponte di carico e la stazione ferroviaria. Per quest’area il Piano Urbanistico, approvato ancora nel settembre 2009, prevedeva una zona sportiva, con una superficie di 20 ettari, nella quale doveva essere realizzato il nuovo stadio dell’FC Ingolstadt. Questa zona è stata venduta al Comune e al FC Ingolstadt. Lo stadio è già in servizio da circa 2 anni. Oltre alla zona sportiva, il PU di quest’area include anche una zona artigianale con una superficie di 9 ettari. Tale area è completamente sgombera e bonificata e dal 2010 sono in atto le vendite delle parcelle che hanno superfici comprese tra 3.000 e 15.000 m2. Attualmente il 90% della zona artigianale è già stata venduta ed è in trattativa la vendita delle ultime due parcelle artigianali che si prevede di portare a termine entro il 2012.

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2002: la raffineria è a pieno regime

Negli anni 2010 e 2011 è stata realizzata la nuova strada comunale. L’Area 2 invece, che copre tutto il resto della raffineria, ha una superficie di 75 ettari e sarà adibita prevalentemente ad uso residenziale. Per quest’area è stato sottoscritto un accordo programmatico con l’amministrazione comunale che assicura appunto questa conversione d’uso. Per garantire il giusto inserimento nel Piano Urbanistico è in atto un’intensa collaborazione con gli amministratori comunali nella preparazione del piano di sviluppo cittadino. Dato il passato utilizzo dell’area come raffineria, è stata quindi ideata un'intensa campagna di “image creation” per dare all’area un nuovo volto e una nuova posizione nell'opinione pubblica e nei potenziali investitori. In Figura 1 è riportata una foto aerea che è stata scattata in primavera del 2011, quindi solo 2,5 anni dopo la fermata degli impianti della raffineria. Si può vedere che nell’Area 1, la zona a destinazione sportiva con lo stadio è già completata ed operativa. Lo stadio è stato inaugurato il 21 agosto 2010 e accoglie 15.000 persone con un parcheggio da 2500 posti auto. I costi di realizzazione sono stati di circa 20 M € ed il tempo di costruzione pari a 15 mesi. Come si vede sono anche completate le nuove strade di accesso, mentre l’area a destinazione artigianale è sgombera e pronta per la nuova edificazione. Nell’Area 2 invece sono ancora in esecuzione i lavori di demolizione. Le aree di processo e gran parte dei serbatoi sono già demoliti.

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2009: l’area della zona sportiva è sgombera, bonificata e pronta per la riedificazione

La commercializzazione delle aree viene accompagnata da una intensa attività di informazione e marketing seguita sempre dal team multidisciplinare di Arcadis. Sono stati creati due siti internet che permettono di ottenere informazioni sempre aggiornate sullo stato del progetto, la progressione degli iter amministrativi, delle attività di demolizione, etc. fornendo contemporaneamente informazioni specifiche per potenziali acquirenti. Per facilitare la commercializzazione sono stati ideati marchi appositi come il marchio della zona artigianale “al parco sportivo” e sono stati predisposti fascicoli informativi, flyer e altro materiale pubblicitario. Particolarmente importanti si sono rilevati gli eventi di informazione pubblica sul progetto ed il suo avanzamento e gli eventi finalizzati in modo più specifico alla commercializzazione. Questi sforzi hanno contribuito al successo del progetto: la vendita dell’Area 1, con la cessione dei 20 ettari della zona a destinazione sportiva e la vendita del 90% dei 9 ettari della zona artigianale, è quasi completata e sarà ultimata entro l’anno. L’inizio della vendita dell’Area 2 è invece previsto per il 2015. Nella fase di programmazione degli interventi di riqualificazione, le passività più importanti da valutare e quantificare erano ovviamente quelle connesse alla bonifica del sito. Si trattava infatti di un sito di raffineria che dopo quasi 50 anni di attività doveva essere completamente riconvertito, partendo dalle attività di decommissioning e di bonifica delle matrici ambientali. Una vera sfida è stata la progettazione ed ese-

cuzione in sicurezza della demolizione degli impianti. Fondamentale a tal fine è stata l'indagine di caratterizzazione iniziale eseguita con grande cura che ha permesso di ottenere un quadro molto completo sullo stato di contaminazione delle strutture da demolire, nonché una puntuale e precisa identificazione delle diverse tipologie di materiali coinvolti. In base alle conoscenze ricavate è stato possibile elaborare un progetto dedicato per le demolizioni e decommissioning ed effettuare una pianificazione molto dettagliata per la demolizione per singoli lotti, quantificando sin dall’inizio le strutture da bonificare, le quantità e le tipologie di smaltimenti da effettuare, le quantità di materiale recuperabile ecc. In più, tale approccio progettuale ha permesso una gestione della sicurezza efficace e puntuale, con minimizzazione dei rischi in fase operativa. La zona sportiva a sud, che accoglieva un parco serbatoi e la stazione ferroviaria, è stata interamente demolita negli anni 2008 e 2009. L’attuale zona artigianale è stata demolita nel 2009 e nella prima metà del 2010. Nel febbraio 2011 è stata completata la demolizione di tre parchi serbatoi nella parte meridionale dell’Area 2. La demolizione dell’area di processo è iniziata nel luglio 2011 e sarà terminata entro l’anno. La demolizione dell’area restante verrà effettuata per lotti, parallelamente alla bonifica del sottosuolo e verrà conclusa entro il 2015. Per quanto riguarda gli aspetti connessi alla contaminazione delle matrici ambientali, da un punto di vista geologico le condizioni di contorno non erano molto favorevoli in quanto


la raffineria giace su sedimenti molto permeabili che accolgono una falda ad elevata potenzialità che si trova a pochi metri dal piano campagna. Si è cominciato subito nel 2006 ad effettuare una dettagliata indagine di caratterizzazione del sito. In Figura 2 si nota che la contaminazione è molto diffusa in tutta l’area. Tuttavia le singole sorgenti hanno estensioni piuttosto limitate. Non si osservano plume particolarmente estesi anche perché gli unici contaminanti sono gli idrocarburi e i BTEX caratterizzati da una buona biodegradabilità. E’ importante sottolineare che le contaminazioni non hanno impattato aree esterne del sito. Per la bonifica dell’area sono state previste tecnologie abbastanza standardizzate: • Soil Vapor Extraction per contaminazioni del suolo da VOC; • scavo e trattamento off-site in impianti esterni; • in alcune zone è stata progettata una messa in sicurezza permanente mediante copertura sia in aree verdi che in aree pavimentate. Per la bonifica della falda sono in atto interventi di pump & treat con trattamento delle acque in un impianto biologico preesistente. Nella maggior parte delle aree viene applicato un intervento di attenuazione naturale monitorata (MNA). Nell’Area 1 sono terminati gli interventi di bonifica del suolo. Nella zona artigianale è ancora in atto un intervento di bonifica della falda, che tuttavia non ostacola la riedificazione. Nell’Area 2 gli interventi di bonifica sono ancora in corso ed è previsto che vengano terminati entro il 2015. Oltre alle criticità rappresentate dalle operazioni di bonifica e decommissioning, la vicinanza del sito al fiume Danubio ha richiesto uno studio approfondito e dedicato. L’area si trova a poche centinaia di metri dal fiume, inoltre la soggiacenza della falda nell’area è molto contenuta. I rischi di allagamento dell’area sono quindi essenzialmente due: il primo è legato all’esondazione del fiume Danubio mentre il secondo è associato ad una risalita del livello di falda ad una quota superiore al piano di campagna. Per valutare il rischio di esondazione del

Danubio sono state fatte verifiche con simulazioni della piena millenaria per il fiume ed è stato quindi controllato che tutti gli argini di protezione avessero un’altezza minima pari ad un metro sopra alla quota massima della piena millenaria. Tale criterio di protezione è risultato soddisfatto e quindi il rischio è stato considerato trascurabile. Le elaborazioni hanno invece evidenziato un rischio elevato associato all’allagamento in conseguenza di un innalzamento della falda acquifera. In alcune zone dell’area, la falda si trova infatti a meno di un metro dal p.c. I fenomeni che possono causare un significativo aumento del livello di falda sono per lo più dovuti ad una infiltrazione dal fiume Danubio durante eventi di piena straordinaria. Per simulare questi eventi straordinari sono state utilizzate le osservazioni piezometriche durante una piena straordinaria del Danubio del maggio 1999 e un evento straordinario di pioggia del Marzo 2001. Le simulazioni hanno rilevato che la maggiore risalita della falda che si può ipotizzare durante eventi straordinari è pari a ca. 0,5 metri (la falda è molto permeabile e caratterizzata da velocità di flusso molto elevate). Per garantire un margine di sicurezza è stata quindi definita una quota minima del piano campagna nelle varie zone dell’area. Questo ha reso necessario in alcune zone un innalzamento del p.c. di uno spessore fino a 2 m ca. Trovandosi in prossimità di un grande fiume, il sito è limitrofo ad alcuni importanti ecosistemi con una particolare fauna e flora. Anche se sembra strano, la stessa raffineria, con vaste aree che erano poco frequentate, ha contribuito allo sviluppo di ecosistemi di particolare interesse. Per garantire la compatibilità della riqualificazione dell’area con tali ecosistemi ed ottenere un'integrazione di questi nella futura configurazione dell’area, sono stati effettuati una serie di studi specialistici che hanno alla fine portato ad elaborare delle carte tematiche con particolari vincoli ambientali che i progettisti del concorso Europan erano tenuti a rispettare. Uno dei fattori determinanti nel successo del progetto è stata la creazione di una struttura composta da un Organo Consortile (rappre-

sentanti dei quattro shareholder), il Project Board (due rappresentanti degli Shareholder e due Amministratori della Bayernoil) ed Comitato di Coordinamento (un rappresentante degli Shareholder, un Amministratore della Bayernoil, un Responsabile di Progetto Bayernoil e un Responsabile di progetto Arcadis). La Bayernoil, come Committente, ha creato una propria struttura organizzativa interna coordinata da un responsabile progetto e divisa in un settore tecnica/ambiente e un settore per lo sviluppo immobiliare. Arcadis infine ha creato una struttura organizzativa che riflette l’organizzazione della Committente in modo da ottimizzare la comunicazione e il management del progetto: sotto un responsabile di progetto vi è un gruppo ambientale e un gruppo immobiliare che sono entrambi supportati da una serie di esperti in vari settori. La completa riqualificazione dell’ex Raffineria di Ingolstadt rappresenta un importante esempio di come aree potenzialmente critiche e con passività importanti possano essere completamente recuperate e valorizzate quando si crea una sinergia di intenti tra pubblico e privato e gli attori del processo sono supportati da consulenti in grado di offrire una progettazione integrata e multidisciplinare di alto profilo. *Arcadis Italia s.r.l.

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TERREMOTO: UNA SCOSSA PER LA PREVENZIONE Analisi preventive, consapevolezza dei rischi e conoscenza dei luoghi. Dall’esperienza del sisma in Emilia i punti fondamentali per mitigare e contenere i danni di Filippo Emanuelli* e Serena Castiglioni**

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l 20 e il 29 maggio 2012 l’Emilia Romagna ha tremato. Due eventi sismici di grande intensità hanno colpito la regione, provocando danni irreparabili alle persone e alle cose: popolazione sfollata, case, luoghi di culto e di arte, capannoni artigianali inagibili e attività produttive ferme.

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15.000 lavoratori in cassa integrazione o senza lavoro, di cui 5.000 del settore ingegneristico, 4.000 della produzione alimentare, 4.000 del settore biomedico e 2.000 del settore ceramico. Con 60.000 imprese questa zona dell’Emilia Romagna produce l’1% del PIL nazionale e il 10% del prodotto interno regionale. Una regione messa in ginocchio da un evento naturale imprevedibile. L’imprevedibilità delle calamità naturali, che giungono inaspettate, portando con sé una lunga scia di danni a cose e persone, è ciò che maggiormente lascia impotenti e incapaci di reagire. Da sempre l'uomo cerca di prevedere i fenomeni improvvisi e catastrofici ed oggi più che mai, in un’era ultratecnologica, dove tutto viaggia in tempo reale, si fa fatica a credere che l’arrivo di un terremoto non sia prevedibile… La polemica in merito alla prevedibilità dell’evento sismico, che da sempre aleggia nel mondo scientifico o pseudoscientifico, ha dilagato per settimane ed ancora non è sopita. La scienza può fare poco per prevedere un terremoto. Tuttavia la possibilità di limitare i pericoli è concreta: le aree sismiche sono delineate e mappate. L’area colpita dal terremoto è dal 2003 classificata con una pericolosità sismica medio-bassa (Zona 3 – Ordinanza PCM 3274 del 20/03/2003), in precedenza era considerata non soggetta a rischio sismico. Il sisma era dunque inaspettato: ha cambiato il territorio nel suo assetto urbano e paesag-

gistico, ha fatto collassare un sistema produttivo in pochi secondi. Non è il quando o il come su cui vogliamo focalizzare la nostra attenzione, ma sul fatto se si sarebbe potuto ridurre l’impatto di un evento così devastante con un’efficace azione preventiva. Centinaia di piccole medie imprese, ma anche multinazionali e aziende di grandi dimensioni, si sono trovate impreparate. L’evento sismico ha minato le certezze degli imprenditori, li ha trovati inadeguati nelle loro “solide” strutture e nella conoscenza del rischio derivante da una calamità. Tutti siamo portati a pensare “tanto a me non succede…” e quindi a sottovalutare le problematiche che potrebbero generarsi. Il terremoto del maggio scorso ha evidenziato

Figura 1. Interno del magazzino: vernici e solventi dispersi sul pavimento


che un evento sismico non porta solo alla distruzione di vite e di centri storici, ma anche di attività produttive con conseguente perdita di produzione sia nell’immediato sia nel futuro a breve e medio termine. L’attuale consapevolezza dovrebbe aiutare a predisporre un piano conoscitivo e razionale della propria realtà produttiva, non solo dal punto di vista dell’efficienza della produzione, ma anche, soprattutto, dei rischi diretti e indiretti conseguenti a eventi inaspettati. La normativa (D.Lgs. 81/08) impone che venga condotto il processo di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza, richiede quindi l’assoluta conoscenza dei rischi a cui è sottoposto un lavoratore nell’ambiente di lavoro al fine di prevenire eventuali incidenti ed infortuni. La normativa non prevede tuttavia che vengano valutati per le imprese i rischi connessi a eventi catastrofici. Il processo di valutazione dei rischi connessi a eventi calamitosi è fondamentale per poter pianificare adeguate misure di prevenzione, sia a livello di salute dei lavoratori sia di salvaguardia dell’ambiente. Partendo da questo presupposto risulta, quanto mai necessario, proseguire da un lato sulla strada della sensibilizzazione, e dall’altro sul percorso legislativo e amministrativo, affinché eventi simili siano affrontati nel miglior modo possibile, soprattutto attraverso la prevenzione. L’inadeguatezza delle strutture produttive e la mancanza di sistemi atti a fronteggiare tempestivamente i danni prodotti dall’evento sono sopperite, da un punto di vista ingegneristico, dalla normativa antisismica (D.M. 14/01/2008

- Norme Tecniche per le Costruzioni), che pone una base per la mitigazione del rischio sismico, garantendo che le strutture siano adeguatamente progettate a sopportare eventi eccezionali. Le strutture devono quindi rispondere a standard normativi, diminuendo il rischio di crollo e i danni provocati dallo “scuotimento” del terremoto. Ma la prevenzione non può riguardare esclusivamente la sicurezza degli edifici. La prevenzione deve partire dalla conoscenza del proprio sito produttivo, della propria azienda, in funzione degli scenari che potrebbero coinvolgerla in un evento improvviso e non ponderabile, a causa di rischi secondari quali la contaminazione delle matrici ambientali. Molti rischi legati alla tipologia di produzione, di materie prime utilizzate, di merci stoccate nei magazzini, molto spesso non sono adeguatamente valutati. Il terremoto, così come un'alluvione o un incendio, non solo possono danneggiare la struttura dell’azienda, ma possono provocare rilasci incontrollati di sostanze. Le procedure operative dei primi interventi dovrebbero essere conosciute dal personale aziendale formato ad intervenire nell’immediatezza dell’evento e successivamente essere supportato da ditte specializzate nelle emergenze ambientali. Belfor è riuscita a mettere a disposizione delle aziende la pianificazione nel disaster recovery, il coordinamento con strutture ingegneristiche e l’operatività nella fase di salvataggio per agevolare la ripresa delle attività aziendali. Uno degli interventi condotti successivamente

Figura 2. Interno del magazzino: rimozione del materiale con mezzi radiocomandati

al terremoto, in collaborazione con importanti aziende del settore del decommissioning, è stato messo in atto presso due siti produttivi di una multinazionale del settore chimico. I danni materiali registrati dalle strutture hanno portato all’inagibilità e conseguente necessità di demolizione di due capannoni adibiti a magazzino. L’intervento primario è consistito, dopo le opportune verifiche di stabilità delle strutture e l’attuazione delle necessarie misure di messa in sicurezza, nel recupero di merci e attrezzature all’interno dei capannoni in parte o totalmente compromessi. Il quantitativo di materiale stoccato era di circa 300.000 kg di prodotti chimici. Parte del materiale collocato su pallett e scaffalature era riversato a terra o in precaria condizione di stabilità. Molti prodotti erano sversati sui pavimenti. Il rischio da affrontare nell’intervento di rimozione, oltre al rischio incendio determinato dalla potenziale infiammabilità dei materiali e al collasso della struttura a seguito di ulteriori scosse di terremoto è stato il rischio determinato dalla pericolosità ambientale delle merci presenti. Una nuova scossa di terremoto o un incendio generato dal crollo improvviso della struttura avrebbe potuto causare un ulteriore sversamento nell’ambiente dei prodotti chimici arginati esclusivamente da un sistema di soglie rialzate. Il primo intervento è consistito nell’aspirazione delle acque contaminate da olio riversatesi nel locale pompe del sistema anticendio a causa della rottura del sistema di sprinkler. Un’attenta valutazione dei possibili bersagli (terreni, acque di falda e aria) e delle possibili vie di migrazione di prodotto

Figura 3. Area di stoccaggio e cernita dei materiali

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e/o prodotto misto alle acque di spegnimento di un eventuale incendio ha permesso di porre in opera dei presidi di messa in sicurezza preventivi atti a contenere e limitare le eventuali fuoriuscite di prodotti. E’ stata verificata la rete fognaria, la linea delle caditoie e del sistema di recupero delle acque di prima pioggia e si è proceduto alla messa in opera dei presidi di messa in sicurezza, quali cordolature in sabbia a delimitazione dell’area potenzialmente coinvolta e lungo le soglie delle porte, dei portoni e delle ribalte, posizionamento mediante mezzi meccanici radiocomandati di materiali assorbenti sui prodotti sversati internamente al capannone, chiusura dei tombini mediante posa di copritombini, sezionatura della condotta fognaria con la posa di palloni otturatori, realizzazione di aree di stoccaggio provvisorio dei materiali rimossi dal capannone, messa in opera di un sistema di recupero delle acque di spegnimento dell’eventuale incendio previo dimensionamento delle aree di contenimento e

Figura 4. Presidi di messa in sicurezza preventiva: sezionatura rete fognaria

Figura 5. Presidi di messa in sicurezza preventiva: sigillatura tombini

dei serbatoi necessari per il recupero dei reflui. È stato poi necessario un ulteriore sforzo, stavolta in termini di creatività, per identificare soluzioni alternative che permettessero il recupero dei beni e la loro successiva movimentazione all’esterno senza ricorrere all’operatività diretta dell’uomo. Nell’arco di pochi giorni si è riusciti ad attivare un sistema di videocontrollo che permettesse la gestione remota dei mezzi movimentati mediante telecomandi. Gli operatori hanno pilotato i mezzi a distanza di sicurezza, senza correre il benché minimo rischio. Tramite l’utilizzo di escavatori e forklift i pallet con i beni sono stati rimossi. Questo si-

stema ha consentito di recuperare presso uno dei magazzini circa 700 pallet nell’arco di quasi due settimane. La conoscenza del sito, con il recupero presso altre strutture delle planimetrie dei servizi e sottoservizi e, soprattutto, la memoria storica dei tecnici è stata fondamentale, per la predisposizione dei presidi di messa in sicurezza preventivi e per lo svolgimento delle operazioni. Ma molto spesso a seguito di eventi disastrosi non si ha la possibilità di avere a disposizione la cartografia del sito e la memoria storica pertanto sarebbe indispensabile un’opera preventiva che delinei gli scenari dei rischi conseguenti ad

Le parole di chi l’ha vissuto… Il 20 maggio scorso alle ore 4:03 un forte sisma di magnitudo 5.86 ha scosso per 20 secondi il Nord e parte del Centro Italia con epicentro a Finale Emilia. Il 29 maggio alle 9 del mattino l’episodio si è ripetuto: una scossa di magnitudo 5.8 con epicentro nella zona di Mirandola, Medolla e San Felice sul Panaro. E proprio a Mirandola dal 1970 troviamo la sede di Mantovanibenne, dove siamo andati a trovare Paolo Mantovani, il Vice Presidente, per farci raccontare come hanno vissuto e come stanno superando questa terribile esperienza. Può raccontarci come avete vissuto questi momenti e quali sono state le prime reazioni? L’impatto del terremoto è forte, immediato, ma quando le scosse finiscono impieghi del tempo a realizzare ciò che hai perso, cosa è accaduto a quello che hai costruito dopo anni di lavoro, 50 anni di lavoro nel 2013… Erano le 5 del mattino quando, dopo esserci assicurati che tutti stessimo bene, siamo venuti in fabbrica, perché questa è per noi come una seconda casa. Era ancora buio e continuavano ad avvertirsi delle scosse, si vedevano alcuni danni, i pannelli distaccati ma non si vedevano crolli importanti. Che la situazione fosse ben più grave ce ne siamo accorti durante la giornata quando siamo entrati e ci siamo resi conto che c’erano problemi di stabilità rilevanti. Ci siamo però anche resi conto che eravamo stati ben più fortunati di altri: al di là della strada c’erano aziende con strutture costruite 5 o 6 anni fa completamente rase al suolo, capannoni costruiti con prefabbricati montati a secco perché su un territorio considerato a sismicità bassa. Come avete gestito l’emergenza? Passati i primi momenti di inevitabile sconforto ci siamo subito messi all’opera e il giorno stesso abbiamo interpellato tecnici e ingegneri strutturali per valutare quali interventi eseguire e il giorno dopo, il 21, avevamo già in azienda le imprese che lavoravano, senza neppure sapere quale normativa sarebbe stata applicata da parte del Governo. Poi si sono verificate le scosse del 29, l’epicentro questa volta era a Mirandola e quindi le strutture sono state ulteriormente danneggiate, fortunatamente non abbiamo avuto né vittime né feriti, però abbiamo dovuto abbandonare l’idea di sistemare lo stabilimento. A questo punto c’è stata una settimana intera che possiamo definire di black out, con uffici e capannoni non agibili, transennati e pericolanti. Questa settimana ci è servita per rimetabolizzare la situazione e studiare una strategia da mettere in atto. Cosa è accaduto all’interno del processo produttivo? Il primo passo da fare era recuperare all’interno delle strutture tutti i semilavorati e i ricambi. Ci siamo mossi immediatamente per trovare una sede provvisoria in cui trasferire il magazzino ricambi, una scelta essenziale per poter garantire l’assistenza ai nostri clienti. Così dopo 10 giorni, grazie anche all’aiuto dei Vigili del Fuoco, avevamo svuotato il reparto ricambi a avevamo trasferito tutto all’interno di un magazzino vicino a Modena. Per i semilavorati invece ci siamo appoggiati ad artigiani della zona che ci hanno dato la loro disponibilità e presso i quali abbiamo potuto completare le lavorazioni mancanti. Dopo 25 giorni posso dire che l’attività era ripresa totalmente, dal servizio di assistenza e ricambi alla consegna di nuovi prodotti grazie ai nostri stabilimenti all’estero e grazie agli stock che siamo riusciti a salvare. Il fatto che la crisi e le strategie aziendali ci abbiano portato a delocalizzare all’estero la produzione in questo frangente è risultato importante e ci ha consentito di continuare a produrre.

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eventi calamitosi in grado di ridurre i tempi di intervento e limitare i danni verso l’ambiente. La preparazione delle aziende nell'affrontare un evento distruttivo come il terremoto deve essere tale da poter, in breve tempo, intervenire secondo procedure operative già definite: nella quotidianità viene prevista solitamente la possibilità di effettuare piccoli interventi che raramente coinvolgono la totalità dell’azienda, o, comunque, la coinvolgono in piena attività e non già in condizioni di emergenza. L’intervento di emergenza ambientale inserito in un contesto di emergenza vasta, come il sisma, risulta oltremodo complicato e maggiormente pericoloso. Una buona pianificazione degli interventi permette di affrontare rapidamente e in modo determinato l’emergenza ambientale. Tuttavia ogni sinistro, anche, se simile per tipologia o segmento aziendale è sempre diverso da ogni altro e quindi richiede la massima attenzione nella fase di analisi per comprendere e offrire la migliore soluzione nel minor tempo possibile.

Per aziende che utilizzano materiali pericolosi per l’ambiente è utile conoscere i bersagli di un’eventuale contaminazione e i percorsi di diffusione dei contaminanti. Valutare i potenziali elementi a rischio, quali suolo, sottosuolo, fiumi, torrenti, pozzi per acqua, ecc. è importante per indirizzare le prime misure di messa in sicurezza di emergenza, nel caso che il rilascio di sostanze sia ormai accaduto, o di messa in sicurezza preventiva, nel caso in cui i danni alle strutture e/o successive eventuali altre scosse sismiche possano provocare rilasci di sostanze nell’ambiente. Conoscere l’esistenza di elementi vulnerabili permette di stimare interventi mirati per la loro protezione: ad esempio conoscere la localizzazione di pozzi ad uso industriale interni al sito consente di predisporre adeguati presidi per isolarlo dal contaminante e proteggere la falda. Verificare le possibili vie di migrazione dei contaminanti, morfologia del sito ed avere la massima conoscenza dei

collettori fognari, delle linee di raccolta delle acque di prima pioggia, di eventuali cunicoli e sottoservizi ha sia la funzione di individuare dei dispositivi di interruzione delle vie di migrazione sia la funzione di indirizzare l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza per l’intercettazione del contaminante. Eventuali presidi di sezionamento delle linee devono comunque essere azionabili manualmente. Una corretta analisi preventiva delle problematiche ambientali conseguenti ad una calamità naturale, la maggiore consapevolezza dei rischi e una conoscenza approfondita del proprio insediamento faciliterebbero e permetterebbero di indirizzare gli interventi di mitigazione e di contenimento della contaminazione in tempi rapidi e di poter conseguentemente riprendere le attività produttive in tempi ristretti. * Belfor Italia S.r.l. ** Geologo Libero professionista

Qual è stata la reazione dei dipendenti? Dopo le scosse operai e impiegati sono immediatamente venuti tutti in azienda anche perché fortunatamente non ci sono stati feriti e nessuno ha subito danni importanti. Tutti hanno dato subito un’immediata disponibilità, volevano entrare, mettersi all’opera ma non si poteva assolutamente, era pericoloso e non lo abbiamo permesso. La reazione di tutti, imprenditori e collaboratori, è stata comunque quella di ripartire subito nonostante ciò che è accaduto. Sono stati tutti eccezionali, hanno dato dimostrazione di essere persone splendide che hanno cercato di dare il loro contributo all’azienda in un momento di estrema difficoltà per tutti. Come avete gestito le relazioni con i clienti? I clienti hanno subito fatto sentire la loro vicinanza, anche quelli che non conoscevo direttamente. Hanno chiamato, si sono offerti di venire ad aiutarci, ci hanno mandato i container per ricollocare gli uffici, un camper per la nostra famiglia, più che clienti sono amici… Devo ammettere che in alcuni momenti mi sono anche commosso per tutte queste dimostrazioni di solidarietà. Come trasformare questa esperienza in opportunità? Abbiamo passato dei momenti in famiglia di forte sconforto, tra il fatto che siamo dentro questa crisi che sembra peggiorare sempre, non si vede mai un segno positivo, poi c’è stato questo evento disastroso... Ma a parte qualche brevissimo istante in cui ci è passato per la mente di abbandonare tutto, lo sconforto è passato subito e ora stiamo già pensando al futuro. I lavori di rinnovamento dello stabilimento di Mirandola sono già in fase avanzata e una parte sarà senz’altro pronta a fine novembre, adeguata al 100% alle nuove normative. Poi nel 2013 l’azienda compie 50 anni e anche se saremo ancora impegnati a ricostruire ci fermeremo per festeggiare questo importante traguardo, ancor più importante perché abbiamo la consapevolezza che saranno i nostri primi 50 anni ma che ne seguiranno tanti altri ancora…

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La caratteristica di pericolo H14 – ecotossico La classificazione dei rifiuti pericolosi alla luce dell’evoluzione normativa: il caso H14 di Federica Tommasi e Loredana Musmeci*

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e più recenti disposizioni normative, con l’approvazione della Legge n. 28 del 24 marzo 2012[1] hanno comportato un repentino cambiamento circa le modalità di attribuzione della caratteristica di pericolo H14 ai rifiuti, come si era delineata, dal Natale 2010[2], nel contesto normativo europeo e nazionale. Con l’art. 3, comma 6, della Legge n. 28/2012, viene così sostituito il punto 5 dell’Allegato I del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.: “5. Nelle more dell'adozione, da parte del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di uno specifico decreto che stabilisca la procedura tecnica per l'attribuzione della caratteristica H14, sentito il parere dell'ISPRA, tale caratteristica viene attribuita ai rifiuti secondo le modalità dell'accordo ADR per la classe 9 - M6 e M7”. Tale cambiamento, in prima battuta, ci consente le seguenti osservazioni: • l’introduzione, ex novo nel panorama italiano, ai fini della classificazione per la caratteristica di pericolo H14, dell’Accordo ADR[3] secondo la Classe 9: M6 ed M7 - materie pericolose per l’ambiente acquatico, rispettivamente liquide e solide, versione 2010, entrata in vigore dal Luglio 2011 per il trasporto su gomma interno delle merci, anche pericolose per l’ambiente, in analogia all’Austria; • la Legge n. 28/2012 sostituisce il punto 5 dell'allegato D, ma lascia invariate le note 1 e 2 dell'allegato I, le quali rimandavano, per l’attribuzione delle caratteristiche di pericolo H4, H5, H6, H7, H8, H10, H11, ed

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H14 ai criteri dell'allegato VI, della Direttiva 67/548/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1967 ed ai limiti della Direttiva 1999/45/CE del Parlamento e del Consiglio europeo del 31 maggio 1999, che quindi rimangono vigenti per le caratteristiche di pericolo da H4 ad H8, H10 ed H11; • permane la necessità, riconfermata anche in questa modifica, della completa caratterizzazione del rifiuto con attribuzione della caratteristica di pericolo, anche per l’ecotossicità H14, qualora le sostanze o composti presenti nel rifiuto superino determinati valori soglia in analogia a quanto avviene per altre caratteristiche di pericolo nell’Allegato I del D.Lgs. 152/06 di recepimento della Decisione della Commissione 2000/532/CE del 3 maggio 2000. Con tale modifica apportata al D.Lgs. 152/06 e s.m.i. si variano consistentemente quindi solo le modalità di attribuzione della caratteristica di pericolo H14 per i rifiuti individuati con “voci speculari” introducendo la grande novità dell’utilizzo delle modalità dell’Accordo ADR.

IL PREGRESSO CONTESTO NORMATIVO PER LA CARATTERISTICA DI PERICOLO H14

La caratteristica di pericolo H14 entra prepotentemente sulla scena del contesto europeo con le modifiche e le novità apportate dalla Direttiva 2008/98/CE del 19 novembre 2008, la quale, tra le altre cose, al punto 14 delle premesse allineava pienamente la normativa

sui rifiuti a quella in materia di classificazione delle sostanze e preparati pericolosi (anche per le metodologie analitiche): “La classificazione dei rifiuti come pericolosi dovrebbe essere basata … sulla normativa comunitaria relativa alle sostanze chimiche, in particolare per quanto concerne la classificazione dei preparati come pericolosi, inclusi i valori limite di concentrazione usati a tal fine. I rifiuti pericolosi dovrebbero essere regolamentati con specifiche rigorose, al fine di impedire o limitare, per quanto possibile, le potenziali conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute umana di una gestione inadeguata…” Il D.Lgs. 205/10 ha rappresentato, in Italia, il recepimento della suddetta Direttiva, rendendo obbligatoria anche la determinazione della caratteristica di pericolo H14 “Ecotossico”, con particolare riferimento all’ambiente acquatico, con specifici rimandi alla normativa comunitaria per la classificazione, etichettatura ed imballaggio delle sostanze e delle miscele. Le note 1 e 2 dell’Allegato I rimandavano, infatti, alle modalità dettate dalle Direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE. In questo contesto, prima dell’entrata in vigore della Legge n. 28/2012: • il rifiuto doveva essere analizzato, e caratterizzato al fine di individuarne, nell’ambito del processo produttivo che lo originava, qualitativamente e quantitativamente tutte le plausibili componenti che potevano comportare un pericolo, da valutare ai fini del confronto con tutti i limiti relativi alle caratteristiche di pericolo, tra cui l’H14;


• il rifiuto, così concepito come una miscela, era soggetto ad una disamina analoga a quella che si intraprende in caso di classificazione di un preparato o miscela, rapportandosi per i limiti specifici di ogni singolo componente all’Allegato I della Direttiva 67/548/CEE (come modificato dall’Allegato VI - Tabella 3.2 - del Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1272/2008/CE del 16 dicembre 2008), ma valutato nel complesso come

miscela secondo le disposizioni della Direttiva 67/548/CEE (con tutti gli ATP e le attuazioni nazionali di cui alla precedente tabella), imputando eventuali limiti generici, applicate le metodiche di sommatoria dei singoli effetti delle sostanze, secondo i criteri stabiliti nella Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 1999/45/CE del 31 maggio 1999; • applicazione, ormai generalmente invalsa, del principio di massima cautela, ovvero

Contesto normativo europeo e nazionale per l a cl assificazione delle sostanze anche pericolose Normative madre in tema di classificazione delle classificazione delle sostanze anche pericolose: Direttiva n. 67/548/CEE e Direttiva n. 1999/45/CE Attuativi nazionali ed APT (adeguamenti ai progressi tecnici) al livello comunitario: • D.M.S. 28 febbraio 2006 (29° adeguamento Direttiva n. 67/548), e modificato con il D.M.S. 22 Marzo 2007 • Direttiva 2008/58 (30° adeguamento ai progressi tecnici Direttiva 67/548) • Direttiva 2009/2 (31° adeguamento ai progressi tecnici Direttiva 67/548) PER I PREPARATI PERICOLOSI • Decreto Legislativo n. 65/2003, come modificato con il D.M.S. 3 aprile 2007 (Recepimento della Direttiva 1999/45/CE) Tali disposizioni sono state radicalmente modificate dal: REGOLAMENTO CE n. 1272/2008 (CLP) del 16 Dicembre 2008, relativo alla classificazione, all'etichettatura e all'imballaggio delle sostanze e delle miscele, che adotta i criteri del GHS (Globally Harmonized System of Classification and Labelling of Chemicals) e sostituisce le Direttive 67/548/CEE e 1999/45/CE in maniera graduale, poi integrato con: • REGOLAMENTO CE n. 790/2009 • REGOLAMENTO CE n. 286/2011 ATTENZIONE: Nel contesto normativo nazionale, in funzione dello scadenziario (che si completerà a Giugno 2015) di entrata in vigore del CLP per i preparati, o miscele, vige ancora il Decreto Legislativo n. 65/2003 fino al Giugno 2015.

del “worst case scenario”: qualora, durante la determinazione analitica del rifiuto, non fosse immediata la determinazione della forma chimica del composto - sale, ossido, idrossido ecc. - in special modo per metalli e metalloidi, li si presupponeva tutti completamente nella forma più pericolosa alla luce dell’H14; • per determinare l’H14, utilizzo alternativo e sperimentale, del Parere congiunto ISS/ ISPRA[4] del 29/09/2011: in cui oltre alla versione semplificata dei criteri di sommatoria (1) (da 8 a 4 equazioni), si aggiungeva: (2) la semplificazione dei cut-off in ingresso per le sostanze pericolose presenti nel rifiuto (3) l’utilizzo dei limiti generici rispetto a quelli sostanza-specifici nelle equazioni, e (4) l’introduzione innovativa dell’utilizzo dei Biotest in caso di composizione non nota del rifiuto.

H14 ALLA LUCE DELLE NUOVE MODIFICHE DELLA NORMA AMBIENTALE: IMPLICAZIONI E SCENARI

L’introduzione, con la Legge n. 28/2012, dell’ADR per l’attribuzione della caratteristica di pericolo H14 ai rifiuti, comporta di fatto le seguenti implicazioni pratiche per gli operatori del settore - i detentori con l’onere della classificazione: • permanenza dell’obbligo della caratterizzazione del rifiuto, come in precedenza, ma di fatto si rileva un innalzamento dei limiti per l’imputazione della stessa caratteristica di pericolo, attestandosi, in maniera generica al 25% (ovverosia fino ad un massimo di 250.000 mg/kgss nel rifiuto di sostanze pericolose, senza limiti specifici per la pericolosità per l’ambiente), a meno dell’applicazione del fattore M per le categorie Acuta 1 e Cronica 1 che potrebbe portare anche a concentrazioni molto più basse (di ordini di grandezza compresi tra 10 e 10.000). • l’applicazione progressiva, nell’approccio concettuale di caratterizzazione del rifiuto, dei seguenti step sinteticamente riassuntivi della procedura ADR: 1. ricerca dei componenti della miscela che caratterizzano il rifiuto; 2. loro inquadramento attraverso i seguen-

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ti elementi: tossicità acuta e cronica di classe 1 e 2 per l’ambiente acquatico, bioaccumulazione e degradazione ai fini della classificazione; 3. in funzione delle reali possibilità di conoscere la composizione e la pericolosità del rifiuto, procedimento graduale di classificazione fondata sulle miscele provate, sui principi ponte, che però mal si applicano ai rifiuti, sul metodo della somma dei componenti classificati e/o l’applicazione di una formula di additività, secondo la procedura riassunta in Fig. 2.2.9.1.10.4.2[5]; 4. principio di conservatività rispetto ai risultati ottenuti in modi diversi, e/o rispetto al gruppo tassonomico più sensibile; 5. le somme ottenute tramite tale procedimento vengono confrontate coi limiti di cui alle Tabelle 2.2.9.1.10.4.6.2.2 e 2.2.9.1.10.4.6.3.3 con l’eventuale applicazione dei fattori moltiplicativi M come da Tabella 2.2.9.1.10.4.6.4; 6. nel caso non si abbiano informazioni utili sulla tossicità acuta e/o cronica della sostanza/e in miscela si rimanda a materie e miscele classificate come pericolose per l’ambiente acquatico sulla base del Regolamento n. 1272/2008/CE (denominato CLP) l’approccio è quello del Paragrafo 2.2.9.1.10.5, in cui però viene omessa la necessità di classificare composti preparati o miscele con frasi di rischio R52 ed R52-53, di fatto elidendo la nocività a lungo termine.

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Quanto appena detto, circa l’applicazione e l’utilizzo dell’ADR per l’H14 comporta: • la caratterizzazione completa del rifiuto individuandovi tutte le sostanze presenti, forme metalliche comprese, e dovendo determinare anche BCF e Kow, risultando di fatto inapplicabili i Principi Ponte (prima parte del punto 3 citato) enunciati nell’ADR, vista la grande variabilità dei rifiuti prodotti; • nel caso in cui si applichino i metodi della sommatoria enunciati nell’ADR, si deve, secondo questo dispositivo, comunque tener conto anche dei fattori moltiplicativi (i cosiddetti Fattori M), che peraltro saranno obbligo, all’entrata in vigore definitiva del CLP nel 2015; • qualora poi, per l’impossibilità di approfondire oltre un certo limite la caratterizzazione di un rifiuto a composizione non nota, si utilizzi l’opzione di classificare, ex novo secondo i dettami del CLP ciò comporta l’utilizzo della terna di saggi biologici su Daphnie, Pesci ed Alghe come specificato nel Regolamento n. 440/2008/CE. Nella pratica questa via risulta difficilmente interpretabile, percorribile e sostenibile economicamente per i seguenti motivi: 1. parlando di rifiuti non è chiaro quale possa essere la metodica per produrre l’eluato su cui testare in vivo il rifiuto, specialmente per alcune tipologie di rifiuto può diventare estremamente difficoltoso produrre un eluato (ad es. RAEE); 2. la sperimentazione animale su vertebrati è sempre più disincentivata a livello comunitario;

3. i costi ed i tempi lievitano ancor di più e risultano non compatibili con le tempistiche di gestione dei rifiuti; 4. nella pratica sul territorio nazionale non vi sono un numero sufficiente di laboratori che possano espletare tali analisi. Ricordiamo che l’utilizzo dei test normati dal CLP per la sperimentazione delle sostanze, avendo una logica una tantum, confliggono pesantemente sia con l’Animal Act[6] del 1986, ed in questo ambito l’ISS si fa promotore di una sempre migliore applicazione ed implementazione di soluzioni alternative ed aggiornamenti continui delle metodiche sperimentali nell’ottica della difesa delle specie animali. Inoltre, tali test, si potrebbero di fatto applicare, stabilita una norma univoca per la produzione di eluato, solo per quella parte di rifiuti che sono campionabili secondo norme acclarate nel mondo di gestione dei rifiuti quali la Norma UNI 10802:2004 “Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi. Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati”, rimanendo esclusi tutta una serie di rifiuti su cui la discussione è ancora completamente aperta quali ad esempio i RAEE. Di fatto con l’introduzione dell’ADR per l’H14, si interrompe l’utilizzo sperimentale del Parere ISS/ISPRA, che, a livello dei laboratori, degli Enti di Controllo, e degli operatori di settore, stava producendo un proficuo scambio di dati, sperimentazioni e risultati che andavano anche nel senso del miglioramento del parere stesso al fine di un suo risvolto normativo, come peraltro auspicato, nelle premesse dal legislatore. Di fatto le nuove modalità di classificazione dell’ADR rappresentano a una prima lettura superficiale un innalzamento generico dei valori limite per l’attribuzione della caratteristica di pericolo H14 ai rifiuti, ma di fatto pongono la gravissima problematica di come applicare i fattori M, nell’attesa della stesura di un provvedimento ministeriale ad hoc che disciplini la materia in maniera specifica ed indipendente.


Nome

Linee Guida

Specie

ELUATO Desmodesmus subspicatus,

Algae

ISO 8692 (ISO, 2004a)

Daphnie

ISO 6341 (ISO, 1966)

Daphnia magna

Batteri luminescenti

ISO 11348-1/2 (ISO, 2005)

Vibrio fischeri

Vermi di terra

ISO 11268-1 (ISO, 1977)

Eisenia fetida o Eisenia andrei

Piante

ISO 11268-2 (ISO, 2004b)

Avena sativa

Piante

ISO 11268-2 (ISO, 2004b)

Brassica rapa

Pseudokirchneriella subcapitata

SOLIDO

Tabella 1. Panoramica di cinque tra i test base facenti parte dei bioassay utilizzati nel Ring-Test internazionale

Si spera che questo provvedimento rappresenti una nuova opportunità per riprendere la via che si era intrapresa in precedenza, comunque reintroducendo la nocività a lungo termine, peraltro contenuta nella definizione stessa della fattispecie di pericolo H14, nonché la possibilità di percorrere la via, eventualmente preferenziale, dei saggi biologici sulle diverse specie tassonomiche di batteri, crostacei ed alghe (per la matrice delle piante acquatiche), nel rispetto delle norme comunitarie relative alla minimizzazione della sperimentazione animale a partire dall’Animal Act del 1986, e sostenibili sia economicamente, nel contesto della caratterizzazione del rifiuto, che nella fattività di pratiche di laboratorio che eventualmente si incrementerebbero, per ragioni di richiesta del mercato, esponenzialmente. A tal proposito si ricorda che il citato Parere ISS/ISPRA aveva suggerito una terna, solo per test su eluato secondo la UNI EN 14735:2005, di cui detto sopra, nella più ampia gamma proposta dalla letteratura internazionale[7] sui

test efficaci (Tabella 1) ed attuabili su fattispecie solide e liquide relative alle principali tipologie di rifiuti da indagare, per la caratterizzazione richiesta su H14, e che derivava dagli esiti di un Ring-Test internazionale. Proprio per le semplificazioni che il Parere congiunto ISS/ISPRA4 introduceva ne è stata caldeggiata l’introduzione da tutti gli stakeholders e dalle relative associazioni di categoria, in un frangente di reale sofferenza economica in cui le passività per la gestione dei rifiuti vengono percepite solo come un onere talvolta insostenibile oltre che sgradevole. La reale ed efficace tutela della salute umana e dell’ambiente e la sua sostenibilità non possono comunque non tener conto, da una parte dell’efficacia di un metodo diretto come quello dell’analisi biologica rifiuto-specifica, dall’altra della differenziazione da una normativa come quella della classificazione delle sostanze e miscele (CLP) il cui intento principe è ben altro, ed oramai sta divenendo un abito stretto nell’applicazione pedissequa al mondo dei rifiuti, per i quali di volta

in volta si dovrebbe scegliere un approccio più pragmatico e sostenibile, senza però mai rinunciare, da un lato all’efficacia del risultato e delle plausibili implicazioni pratiche su smaltimento e conferimento, dall’altro alla compatibilità con le richieste di economie di scala delle realtà produttive che devono gestire tali passività ambientali.

NOTE [1] Legge n. 28 del 24 marzo 2012: ”Conversione in legge, con modificazioni,del decreto legge 25 gennaio 2012, n. 2, recante misure straordinarie e urgenti in materia ambientale” [2] Decreto Legisltivo n. 205 del 03 dicembre 2010: “Disposizioni di attuazione della direttiva 2008/98/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008 relativa ai rifiuti e che abroga alcune direttive.” entrato in vigore il Natale 2010. [3] “Accord européen relatif au transport international des marchandises Dangereuses par Route”. Reperibile nel Sito Internet del Ministero delle infrastrutture e Trasporti. [4] “Parere ISPRA/ISS sulla classificazione dei rifiuti ai fini dell’attribuzione della caratteristica di pericolo H14 “Ecotossico”” del 29/09/2011 Prot. n. 40832 dell’Istituto Superiore di Sanità reperibile nel sito dell’ISS nella web page: http://www.iss.it/binary/ampp/ cont/Ecotx_rf.pdf. [5] La presente e le seguenti numerazioni di tabelle, paragrafi e figure si riferiscono alla versione ADR entrata in vigore dal luglio 2011. [6] Direttiva del Consiglio del 26 novembre 1986 concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini scientifici n. 86/609/CEE e successive implementazioni. [7] “Evaluation of biological methods for a future methodological implementation of the Hazard criterion H14 'ecotoxic' in the European waste list (2000/532/EC)”; Heidrun Moser, Joerg Roembke, Gerhild Donnevert and Roland Becker - Waste Manag Res 2011 29: 180 originally published online 29 April 2010.

*Dipartimento Ambiente e Connessa Prevenzione Primaria dell'ISS

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pa n or a m a a z i e n d e

QUI TUTTI I RIFIUTI SONO BEN ACCETTI! Stena Metall: 300 stabilimenti in Europa e non solo per riciclare dai metalli alle plastiche, dalla carta ai rifiuti pericolosi di Maria Beatrice Celino

L

eader nel settore del recycling a tutto campo dai metalli, alle plastiche, dalla carta ai rifiuti pericolosi Stena Metall è una società familiare con 300 stabilimenti localizzati principalmente in Europa. In Italia Stena Metall è presente con la sua divisione per il riciclaggio dei rifiuti elettronici, Stena Technoworld s.r.l., che conta 4 stabilimenti nel Nord Italia ed è in grado di trattare correttamente tutte le tipologie di rifiuti elettrici ed elettronici, quali frigoriferi, televisori, grandi elettrodomestici, elettronica di consumo come stampanti, fax, personal computer, lampade. Dal trattamento delle apparecchiature dismesse Stena recupera metalli, plastiche, vetro e altri materiali da reimmettere nei cicli produttivi. Per conoscere meglio il passato ed il futuro di questa realtà abbiamo intervistato l’ing. Alessandro Danesi, Direttore Mercato e membro del CdA di Stena Technoworld s.r.l. Quando e come nasce Stena Technoworld s.r.l.? Stena Metall nasce nel 1939 a Goteborg da Sten A. Olsson. La divisione dedicata al riciclaggio dell’elettronica nasce nel 1992 a Brakne Hoby nel sud della Svezia, fondata da Phar Oscar. Dopo un iniziale sviluppo indipendente viene rilevata da Stena nel 1995 ed è tuttora guidata dal fondatore, che oggi ricopre il ruolo di manager della business unit e ne ha curato l’espansione in Europa. Oggi Stena Technoworld è presente in molti paesi europei e ha posizioni di leadership nei paesi nordici, in Germania, Austria e Italia.

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In Italia Stena entra nel mercato del riciclaggio e recupero dei rifiuti elettronici ad inizio del 2009: nel corso del 2008 si ha la prima acquisizione di una quota di minoranza della S.I.A.T. di Castenedolo (BS), una delle società storiche del settore fondata dall’ing. Catterina molti anni prima; dopo un incremento di quota ad inizio 2010, il passo successivo di Stena è l’acquisizione del gruppo M.P. Ambiente dal gruppo Merloni e dei relativi impianti per il riciclaggio di frigoriferi e condizionatori di Cavenago di Brianza (MB) e per il riciclaggio di televisioni e di monitor Angiari (VR). Al momento, l’ultimo atto del piano di sviluppo di Stena in Italia è stato l’acquisizione nelle ultime settimane del 2010 della S.I.R.A. di Fossò (VE), un’altra azienda storica del trattamento dei rifiuti elettronici.

Ing. Alessandro Danesi, Direttore Mercato e membro del CdA di Stena Technoworld s.r.l.

Nel corso di tre anni di intenso lavoro, l’azienda, ha potuto implementare la propria presenza strategica in Italia diventando leader nel settore con una quota di circa il 25% del mercato. Oggi Stena rappresenta quindi una solida realtà industriale nel nostro Paese che può vantare il supporto della struttura Europea in termini di massa critica, competenze, ricerca sui materiali e sui processi di bonifica, lavorazione, trasferimento di know-how e capacità di valorizzazione dei materiali. Quali le motivazioni che hanno portato a questo nuovo assetto societario? Nell’agosto 2012 tutte le aziende del gruppo sono confluite in Stena Technoworld grazie ad un’operazione di fusione per incorporazione. Le ragioni che hanno portato a questa scelta sono la consapevolezza della necessità di un’integrazione delle diverse culture e competenze acquisite e un approccio comune al mercato. Da quest’anno il marchio Stena inizia a diffondersi nella consapevolezza degli operatori che puntano a servizi di qualità nel pieno rispetto delle normative ambientali. Sotto il profilo strategico la fusione non è solo un atto amministrativo ma rappresenta soprattutto un elemento di marketing che nasce dalla volontà di portare Stena ad essere un brand riconosciuto nel settore del recupero e riciclaggio dei rifiuti elettronici ma non solo, un interlocutore, quindi, a cui affidare le proprie necessità di recupero di rifiuti trovando un network di competenze e di impianti in grado di soddisfare le esigenze anche più complesse .


Consulenza Ingegneristica

PROGETTIAMO IL MONDO DI DOMANI

Qual è la situazione del mercato Italiano e quali le vostre aspettative? Il mercato italiano è un mercato ad alto potenziale in quanto il sistema raccoglie solo 4 dei circa 15 kg di RAEE generati pro-capite. Questa è stata una delle ragioni per cui la proprietà ha deciso di investire nel nostro paese. Tuttavia persistono alcuni elementi di criticità tra cui i flussi informali di RAEE all’esterno del sistema, ovvero operatori e commercianti che prelevano rifiuti attraverso flussi non tracciati e con tassi di recupero inadeguati e non conformi alle normative. Un’altra criticità è rappresentata dalla contrazione dei consumi e in particolare dalla crisi dell’edilizia, che hanno entrambi riflesso sui consumi di beni durevoli ed elettronici. In ogni caso la nostra aspettativa è di crescere nel volume trattato e di sviluppare e ottimizzare i processi di trattamento attraverso la ricerca e il miglioramento continui. Avete particolari progetti/iniziative in programma per il futuro? Stiamo lavorando molto sui processi a valle del primo trattamento, ovvero ad esempio il recupero dei metalli preziosi presenti nell’elettronica e nella nobilitazione delle frazioni metalliche. Su questo tema l’azienda sta investendo quasi 6 milioni di euro per un nuovo impianto automatico di separazione con una capacità di 50.000 ton per anno. Sarà un impianto di sistema, ovvero aperto non solo ai volumi interni alle aziende del gruppo, ma anche a tutti gli altri soggetti che oggi spuntano condizioni economiche peggiori per materiali con una componente metallica fine che oggi devono essere inviati all’estero. Stiamo inoltre lavorando per sviluppare nuovi prodotti utilizzando il vetro decadente dalla lavorazione dei tubi catodici e dai pannelli fotovoltaici. Su quest’ultimo tema Stena è uno dei pochi soggetti con un processo di trattamento dei pannelli fotovoltaici in grado sin da oggi di garantire un tasso di recupero vicino al 100% del peso del materiale.

Ricostruzione degli habitat naturali di transizione fra l’ambiente subacqueo e quello emerso caratteristici della laguna veneta degradati a seguito degli interventi antropici.

Settori

Servizi

AEROPORTI EDIFICI E ARCHITETTURA FERROVIE IMPIANTI DI TRATTAMENTO INGEGNERIA AMBIENTALE INGEGNERIA COSTIERA INGEGNERIA IDRAULICA OPERE MARITTIME PORTI STRADE E AUTOSTRADE

• Pianificazione Territoriale • Studio di Fattibilità • Studio di Impatto Ambientale • Progetto Preliminare e F.E.E.D. • Progetto Definitivo ed Esecutivo • Direzione Lavori • Controllo di Gestione Progetto • Management Consulting • Project Financing

Stena , un mondo di servizi garantiti Stena, multinazionale leader anche in Italia nel riciclaggio e recupero dei rifiuti, offre ai propri clienti una vasta gamma di servizi con elevati standard qualitativi come ad esempio: • trattamento di riciclaggio e recupero di tutte le tipologie di rifiuti elettrici ed elettronici; • alti tassi di recupero grazie alle tecnologie di avanguardia e a una rete internazionale di impianti di valorizzazione finale; • progetti personalizzati di logistica e trattamento di rifiuti elettronici da filiere B2B; • progettazione e gestione di dismissione di apparecchiature tecnologiche installate con partner certificati; • logistica e trattamento di estintori a fine vita; • distruzione di archivi elettronici per via magnetica e/o meccanica; • consulenza e assistenza per le esigenze del cliente sui temi ambientali e normativi. I NOSTRI UFFICI NEL MONDO Uffici in Italia: VERONA MILANO PATTI VENEZIA Branch: GIBUTI POLONIA QATAR ROMANIA TRINIDAD & TOBAGO URUGUAY Uffici di Progetto e/o Rappresentanza: ALBANIA INDIA IRAQ NICARAGUA UGANDA

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Il Gruppo


IL GRUPPO MARAZZATO COMPIE 60 ANNI… AUGURI! INNOVAZIONE CONTINUA E ATTENZIONE COSTANTE ALLE ESIGENZE DELLA CLIENTELA, QUESTA LA RICETTA PER RESTARE GIOVANI CON OLTRE MEZZO SECOLO DI ESPERIENZA SULLE SPALLE di Maria Beatrice Celino

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ltre 60 anni di storia fanno del Gruppo Marazzato una delle aziende da maggior tempo presenti sul mercato italiano delle soluzioni per l’ambiente. Una storia lunga, che dimostra la capacità dell’azienda di rispondere alle richieste dei clienti e alle necessità di innovazione richieste dal mercato, con una evoluzione continua che non si è mai fermata. Per conoscere un po’ meglio la storia dell’azienda e sapere come si prepara a festeggiare un traguardo così importante abbiamo incontrato Alberto Marazzato, l’attuale Amministratore Delegato.

Alberto Marazzato, Amministratore Delegato del Gruppo Marazzato

Quest’anno il Gruppo Marazzato compie 60 anni… Ci può raccontare da dove siete partiti per arrivare a questo importante anniversario? Il Gruppo Marazzato nasce nei primi anni 50 dalla volontà e dalla passione di Lucillo Marazzato, che, reduce dalla guerra, aveva deciso di creare una società di trasporti che sarebbe presto diventata una realtà di riferimento sul territorio tra la Val d’Aosta e il Piemonte. Già negli anni 60 l’azienda si era specializzata nel trasporto di prodotti chimici e petroliferi, arrivando ad ampliare il proprio parco mezzi e le tipologie di servizio offerto ai clienti. Per questo, nei primi anni 70, l’intuizione del figlio di Lucillo, Carlo, fu quella di aprire una nuova area di specializzazione: quella dei servizi ecologici e ambientali. Fu allora che nacque la Spurgo Service, società che divenne in breve leader di mercato, offrendo servizi di spurgo, disostruzione, trasporto rifiuti, trasporto di materiale liquido, anche pericoloso. L’attività ha sperimentato una crescita continua e negli anni 90 l’azienda ha aperto gran parte delle sedi locali ancora oggi attive. Gli anni 2000 sono stati gli anni che hanno visto l’ultimo passaggio generazionale e oggi alla guida dell’azienda ci siamo io e i miei fratelli, Luca e Davide, che abbiamo cercato di raccogliere da nostro padre le capacità e la voglia di offrire sempre nuove soluzioni alle necessità dei clienti in ambito ambientale.

Chi è oggi il Gruppo Marazzato? Oggi il Gruppo Marazzato è un’importante realtà che conta più di 180 persone ed un parco di oltre 200 mezzi e si pone come leader nel settore dei servizi ambientali. La nostra società opera a livello nazionale per numerosi servizi specializzati, pur mantenendo una forte presenza locale nel Nord Ovest. Il Gruppo può contare oggi su una lunga esperienza gestionale ed è dotato di un consolidato know-how tecnologico, potendo in tal modo fornire ad aziende, clienti pubblici e privati un servizio completo per la gestione delle problematiche ambientali. I continui investimenti in attrezzature, tecnologie per il trasporto, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti, corsi di formazione destinati alla qualificazione del personale, contribuiscono notevolmente alla realizzazione del nostro principale obiettivo: fornire ai clienti soluzioni tecnologicamente all’avanguardia per risolvere le problematiche ambientali. Per questo importante traguardo come intendete festeggiare? Certamente 60 anni sono un traguardo importante e sono poche le aziende nel nostro settore che possono vantare un simile primato. Anche per questo, abbiamo deciso un importante cambio di immagine per celebrare questo appuntamento: innoviamo, mantenendo le radici nella tradizione. Ma innoviamo anche per offrire al mercato un’immagine più corrispondente alla nostra realtà attuale.

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Sempre più spesso, infatti, ci troviamo a lavorare in ambiti che vanno al di là dei servizi di spurgo e sono sempre più focalizzati nella gestione rifiuti e nell’offerta di servizi avanzati, dalla consulenza alla formazione, alle bonifiche e alla realizzazione di servizi che pochi oggi sono in grado di effettuare, per competenze e capacità. Per questo abbiamo deciso di puntare sulle sinergie che abbiamo tra le diverse aziende del gruppo, presentandoci ai clienti con un’immagine unica e solidale. Inoltre, abbiamo voluto sottolineare la nostra attenzione verso l’ambiente, dove il mondo è un mezzo per rap-

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presentare il nostro impegno per un approccio etico e globale, e la nostra attenzione per le generazioni future. Come state affrontando questo difficile momento di mercato? Il 2012 non si è rivelato un anno semplice, come non lo sarà con tutta probabilità neanche il 2013. Era qualcosa che appariva già evidente nella seconda metà dell’anno scorso e anche per questo abbiamo deciso di strutturarci diversamente, introducendo alcune novità nella nostra organizzazione che ci stanno permettendo di affrontare questo periodo di difficoltà con razionalità e sangue freddo. E’

evidente che ci stiamo trovando a concorrere in un mercato sempre più competitivo, e la tensione sulla marginalità è forte, considerato anche l’aumento dei costi, come ad esempio il gasolio. Uno dei nostri fattori di vantaggio è sicuramente dato dalle nostre competenze uniche e distintive, oltre a sistemi interni per un controllo costante sulla gestione, e l’attenzione per il cliente, per conoscerne sempre lo stato e le opportunità aperte. Un altro fronte che ci sta aiutando è l’innovazione tecnologica, che ci porta a poter effettuare servizi con maggior efficienza e, internamente, ci permette di gestire al meglio il nostro flusso informativo, riducendo i tempi medi per la gestione delle pratiche, ottimizzando quindi anche l’impiego delle persone. Sono tempi difficili ma il nostro Gruppo ha la forza e le capacità di affrontarli e sono anzi orgoglioso del supporto che tutto il personale ha saputo dare quando abbiamo condiviso con tutti i nostri piani per il futuro. Il nostro obiettivo è quello di poter festeggiare insieme ai nostri nipoti i 100 anni di attività! In occasione degli anniversari si è soliti dire “100 di questi giorni”… come vi vedete proiettati in un futuro prossimo? Per il futuro abbiamo piani ambiziosi di crescita. Per quello stiamo investendo molto sulle persone e sulla formazione. E sempre per quello ci siamo dotati di nuovi collaboratori e manager, che ci aiuteranno ad affrontare le nuove sfide del mercato. Innanzitutto la creazione di una rete nazionale per sfruttare al meglio le sinergie con i partner su tutto il territorio italiano, e rispondere in tal modo alle richieste di clienti in qualsiasi parte d’Italia. Un progetto ambizioso, che vuole portare il Gruppo Marazzato ad essere nei prossimi anni uno degli interlocutori di riferimento per le soluzioni ambientali, a partire dai servizi ecologici su scala nazionale per arrivare alle bonifiche ambientali e al pieno supporto ai clienti nella gestione del ciclo completo dei rifiuti, consolidando la parte di formazione e consulenza. L’obiettivo evidente del Gruppo è quello di offrire ai clienti un supporto sempre più completo ed essere uno degli attori principali nel settore delle soluzioni ambientali in Italia.



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Il primo drone marino in Italia è finalmente realtà! è stato Presentato a Enna un innovativo strumento di misura sottomarino per la mappatura ed il monitoraggio ambientale della qualità delle acque di Nicola Forzato*

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o scorso 26 Settembre l’Università degli Studi di Enna “Kore” ed il marchio Watec.it, della società R.T. Environment s.r.l., hanno presentato al Lago Nicoletti di Enna lo strumento Ecomapper, strumento di misura sottomarino prodotto dalla società statunitense YSI, leader mondiale per la progettazione di strumentazione per il monitoraggio delle acque. L’Università degli Studi di Enna “Kore”, nell’ambito del progetto denominato SIBSAC - Sistema Integrato per la Bonifica e il trattamento di Sedimenti e Acque Contaminate ad elevata salinità - finanziato dal PON Ricerca e Competitività 2007-2013, ha acquisito questo strumento di misura sottomarino innovativo ed unico in Italia, capace di effettuare in autonomia rilievi batimetrici, analisi dello stato di qualità delle acque, misure di temperatura e di velocità dei corpi idrici nelle regioni costiere o nelle aree lacustri. L’evento puntava a divulgare ai pro-

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fessionisti e alle pubbliche amministrazioni che operano nel campo della salvaguardia delle aree marine costiere, l’importanza di utilizzare tecnologie particolarmente innovative, che, da oggi anche in Italia sono disponibili nel campo del monitoraggio ambientale. Durante la presentazione, il drone Ecomapper ha compiuto una prima analisi perfetta della zona monitorata, inviando in tempo reale ai tanti presenti i dati inerenti i diversi parametri chimici misurati (pH, torbidità, conducibilità, ossigeno disciolto, temperatura, profondità, clorofilla, blue algae) ed una batimetria dettagliata dei fondali del lago. Attraverso un software di gestione molto rapido ed intuitivo, i vari professori hanno programmato in piena sintonia le prime missioni dello strumento, decidendo in quali punti della mappa effettuare l’immersione dello strumento e quale porzione di lago tenere sotto monitoraggio. Grazie ad un’autonomia a lungo periodo e la

piena autonomia dello strumento, Ecomapper consente più monitoraggi giornalieri dell’area individuata e senza le solite pause per la manutenzione della sonda. Alla presenza delle più importanti entità statali e del mondo universitario sono state presentate alla stampa tutte le potenzialità di Ecomapper nonché le finalità legate al progetto SIBSAC finanziato dalla Comunità Europea. Il prodotto è stato presentato dal Preside della Facoltà di Ingegneria, Architettura e delle Scienze Motorie Prof. Giovanni Tesoriere, dai responsabili di SIBSAC, i Proff. Gabriele Freni, Antonio Messineo e Mauro De Marchis, dal Dott. Paolo Deimichei, della Watec.it, e dai Dott. Nick Martin ed Eloy Abascal della società YSI. Le molte autorità venute a toccare con mano lo strumento si sono dette entusiaste del prodotto, rimanendo favorevolmente sorprese dalle tante soluzioni che Ecomapper possiede e dalla sua facilità di utilizzo.


"Quella dei primati sta diventando una regola per la nostra giovane Università - spiegano i professori Freni e De Marchis -, infatti si tratta dell’ateneo con il corpo docente più giovane d’Italia, sita nel più alto capoluogo di Sicilia e collocata nel suo baricentro geografico e, cosa più importante, con la più alta percentuale di fuori sede delle Università siciliane e con il più alto tasso di investimenti in attrezzature di laboratorio negli ultimi anni. Adesso, l’arrivo del primo AUV Ecomapper di Italia, è un’altra importante tappa per noi e per la ricerca in siti acquiferi inquinati, e possiamo già dichiarare come lo strumento abbia subito dimostrato le sue grandi potenzialità proprio in uno dei laghi di Enna. Un bacino artificiale dove Ecomapper è riuscito in poche ore di lavoro a fornire un monitoraggio dell'invaso Nicoletti completo di batimetria, profili di corrente, qualità dell'acqua”. “Lo stesso strumento è stato presentato anche nella Notte della Ricerca Light 2012 di Palermo - continuano Freni e De Marchis - attirando una grande folla di studiosi e curiosi, e prossimamente sarà protagonista di un corso di approfondimento sulle potenzialità operative e di ricerca organizzato dalla Kore in collaborazione con il CNR; per quanto ci riguarda - concludono i professori - AUV Ecomapper si candida a divenire uno strumento di uso pressoché comune nel sistema di gestione ottimale di coste e bacini e delle ricerche volte all’ottimizzazione degli interventi di risanamento ambientale". L’Ecomapper consentirà di accedere ad aree ad alto rischio ambientale o caratterizzate da un’intensa attività antropica e di analizzare agevolmente la matrice acqua fornendo in modo immediato dati fondamentali alla tutela delle aree marine. Inoltre, il suo utilizzo risulterà particolarmente adatto in tutte le attività di monitoraggio e gestione delle aree marine protette, delle zone balneari, dei porti commerciali ad alto traffico nonché nell’ambito dei piani di gestione dei grandi invasi. L’assenza di pilota e la prontezza operativa dello strumento ne consentono anche l’utilizzo nell’ambito di teatri di emergenza ambientale come l’affondamento di navi container o petroliere o lo sversamento di contaminanti tossici e/o nocivi. Ecomapper verrà inoltre presentato all’Ordine degli Ingegneri di Roma il prossimo 4 Dicembre, in oc-

casione del seminario sulle nuove tecnologie per il monitoraggio marino organizzato dallo stesso Ordine in collaborazione con Watec.it; durante il workshop verranno illustrate e motivate le nuove tecnologie relative al monitoraggio idrico presenti in Italia e che interessano trasversalmente diversi settori dell’Ingegneria. All’interno del workshop sarà possibile analizzare ed affrontare nuovi concetti di monitoraggio, come le nuove tecnologie Fdom per il

controllo del dilavamento stradale o di cantiere, le nuove metodologie per le analisi dei metalli e, soprattutto, verrà esposto al pubblico l’Ecomapper, in modo tale da toccare con mano questo innovativo drone sottomarino ed ascoltare l’esperienza e le sensazioni positive avute nelle varie ricerche e monitoraggi dell’Università di Enna. *Unitec s.r.l.

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biorisanamento passivo per un’area contaminata da idrocarburi L’esecuzione di un intervento di bonifica di terreni e acque sotterranee contaminate mediante iniezione di reagenti in falda di Roberto Cappelletti

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partire dal mese di gennaio 2010, General Smontaggi S.p.A. ha effettuato una bonifica di un’area contaminata da Idrocarburi, presso uno stabilimento industriale dismesso, la cui storia produttiva ha avuto inizio nei primi anni 70 ed è terminata nei primi anni 2000. Le matrici coinvolte dalla contaminazione sono risultate essere i terreni al di sotto degli impianti e la falda freatica, con presenza di prodotto surnatante con spessori da centimetrici a decimetrici. L’intervento copre un’estensione inferiore ai 1000 m2 e combina la classica metodologia di bonifica, costituita da scavo e smaltimento, con un intervento di biorisanamento passivo in sito con l’immissione di reagenti.

Inquadramento del sito Il sito in oggetto si trova in un’area pianeggiante priva di rilievi o depressioni naturali. Da un punto di vista geologico, il territorio in esame è impostato su depositi fluviali e fluvioglaciali riferibili alla parte superiore del Pleistocene medio, Fluvioglaciale e Fluviale Riss. Data la notevole distanza dalle cerchie moreniche, i depositi assumono chiaramente una granulometria a carattere prettamente fluviale, variabile da grossolano a fine. Questi depositi sono costituiti da granulometrie a ghiaia

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eterometrica, in matrice sabbiosa e limosa. Nell’area dello stabilimento si riscontrano depositi a componente prevalentemente granulare grossolana (sabbie, ghiaie fino a ciottoli). Dal punto di vista idrogeologico, i piezometri installati nel corso delle indagini di caratterizzazione hanno consentito di individuare la superficie piezometrica ad una profondità compresa tra 3,0 m e 4,0 m da p.c. La conducibilità idraulica dell’acquifero superficiale è di 10-3 metri al secondo (m/s), la direzione del flusso di falda regionale è NNW-SSE. La stratigrafia prevede una sequenza costituita da materiale di riporto fino a circa due metri (laterizi, sabbia, ghiaia e ciottoli) e una sequenza naturale di sabbia, da media a grossolana, con presenza di ciottoli fino a circa 5 metri da piano campagna.

Fasi operative In fase di dismissione degli impianti era già stata effettuata un’azione di messa in sicurezza consistita nello scavo e smaltimento del terreno contaminato in adiacenza alle porzioni oggetto di demolizione, nella realizzazione di una rete di monitoraggio e nella messa in opera di oil skimmer passivi per il recupero del prodotto libero. Nei mesi successivi General Smontaggi ha condotto un’approfondita

caratterizzazione che ha portato alla stesura di un Progetto di Bonifica, associato ad un’Analisi di Rischio. L’approccio all’intervento di bonifica, con la sintetica descrizione delle singole fasi viene svolto secondo quest’ordine: 1. integrazione della rete di monitoraggio; 2. demolizione della soletta in cemento interferente con l’area di scavo; 3. realizzazione di baie di stoccaggio; 4. stoccaggio del cemento e del terreno di scavo; 5. vagliatura del terreno con maglia da 10 cm; 6. caratterizzazione dei materiali stoccati; 7. estrazione completa dell’olio surnatante; 8. iniezione di reagenti per facilitare la biodegradazione degli idrocarburi; 9. dosaggio di ORC sul fondo dello scavo per il biorisanamento delle acque sotterranee; 10. rinterro dello scavo e ripristino della pavimentazione; 11. monitoraggio della falda post operam (due anni). L’integrazione della rete di monitoraggio ha previsto la realizzazione di due ulteriori piezometri, portando il totale a 9 (monte, intermedi, valle), tutti da 4” e profondi 10 metri; nei 5 piezometri interessati dalla presenza di olio surnatante sono stati installati degli skimmer passivi periodicamente controllati e svuotati all’interno di una cisterna di raccolta.


Contestualmente alla realizzazione dei piezometri sono state allestite 12 baie di stoccaggio posizionando longitudinalmente due file di pannelli New Jersey rivestiti alla base con teli in HDPE; ogni cella disponeva di una superficie di 100 m2. Le baie sono state predisposte per ospitare le seguenti tipologie di materiali: • cemento, derivante dalla demolizione della soletta; • terreno tal quale, derivante dallo scavo; • terreno vagliato (frazione inferiore a 10 cm); • terreno vagliato (frazione superiore a 10 cm). Demolita la platea di calcestruzzo armato, con un martello demolitore montato su escavatore cingolato, è cominciato lo scavo del materiale fino a 4,5 metri da piano campagna, ovvero 50 cm al di sotto del livello di falda, cosicché potesse essere facilitata la successiva estrazione dell’olio surnatante e il dosaggio di reagenti in falda. Il materiale veniva quindi stoccato nelle baie mediante pala gommata in volumi di 100-150 m3. Ogni cumulo recava una chiara indicazione riguardo la provenienza (quota scavo e settore). Il terreno è stato quindi sottoposto a vagliatura mediante un vaglio a nastro situato nelle immediate vicinanze finalizzato alla separazione di due frazioni, una superiore e una inferiore ai 10 cm. I materiali in uscita dai due nastri venivano quindi ripresi, mediante pala gommata, e stoccati nuovamente nelle baie per essere sottoposti a determinazione analitica. La frazione Ø>10 cm è stata recuperata a

seguito dei riscontri analitici. Il test di cessione, eseguito in conformità a quanto indicato dal D.M. 05/02/1998, modificato dal D.M. 186/2006, ha evidenziato valori conformi ai parametri di cui all’allegato 3. La frazione Ø<10 cm è stata smaltita come rifiuto (circa 2.400 tonnellate con il codice 17.05.04 “terra e rocce diverse da quelle di cui alla voce 17.05.03”). Il cemento derivante dalla demolizione della soletta, per un quantitativo pari a 900 tonnellate, è stato smaltito con il codice 17.01.07 “miscugli o scorie di cemento, mattoni, mattonelle e ceramiche, diversi da quelli di cui alla voce 17.01.06”. Terminata la fase di scavo e raggiunta la quota di 4,5 metri da piano campagna, le pareti dello scavo sono state collaudate in contraddittorio con gli Enti per accertare il raggiungimento degli obiettivi di bonifica sui terreni insaturi. Per valutare l’efficacia dell’intervento in corrispondenza del mezzo saturo si è fatto riferimento ai controlli analitici condotti sulle acque sotterranee.

Ha così potuto avere inizio la fase di recupero dell’olio da parte di General Smontaggi. L’estrazione dell’olio dallo scavo è avvenuta mediante una pompa. Il pescante è stato posto in modo da avere l’aspirazione sempre in corrispondenza del pelo libero dell’acqua.

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La miscela olio/acqua estratta è stata inviata ad un disoleatore e successivamente smaltita. Al fine di incrementare il recupero dell’olio sono state posizionate, lungo tutto il perimetro dello scavo, delle barriere tubolari olioassorbenti galleggianti che venivano periodicamente sostituite e stesi, in galleggiamento sulla falda, fogli assorbenti per la rimozione del velo residuo di olio surnatante. Questa fase si è completata dopo circa un mese quando non si è più riscontrata ricarica di olio all’interno dello scavo. L’intervento di bonifica della falda da parte di General Smontaggi, mediante reagenti ha quindi potuto avere inizio. è consistito nell’iniezione in falda, in corrispondenza della frangia capillare, del composto ossidante RegenOx, prodotto dalla società Regenesis. Le iniezioni sono state eseguite in 33 perfori ravvicinati, ubicati in modo da ricoprire l’intera area di intervento. Tali perfori sono stati realizzati con strumentazione ad infissione diretta (direct push), mediante l’infissione nel terreno di una speciale punta di perforazione, dotata di ugelli laterali e collegata ad una pompa a pistone per l’iniezione di miscele in pressione. In ciascuna postazione sono state eseguite n. 3 iniezioni lungo la verticale, alle profondità di 3.7, 4.0 e 4.3 m da p.c., con lo stesso volume di miscela. Terminate le iniezioni i fori venivano progressivamente sigillati con cemento. Una volta concluse le iniezioni di RegenOx si

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è passati alla somministrazione di ORC, direttamente sull’acqua di falda. Con l’ausilio di un escavatore cingolato, General Smontaggi ha regolarizzato il fondo dello scavo in modo da garantire un battente uniforme d’acqua di almeno 50 cm su tutta la superficie; si sono quindi allestiti dei setti divisori in sabbia e ghiaia di provenienza esterna, alti 30 cm rispetto alla quota di falda, in modo da suddividere la superficie in “vasche”, larghe tre metri e di lunghezza pari a quella dello scavo, all’interno delle quali si è provveduto a versare il prodotto adeguatamente dosato. Tale operazione è stata eseguita entro il più breve tempo possibile dalla preparazione della miscela (mai oltre 20-30 minuti), onde evitare la formazione di coaguli. Il riempimento dello scavo è avanzato a strati in modo da garantire un adeguato e continuo grado di compattazione fino quasi a piano campagna. Raggiunta la quota finale, si è proceduto alla compattazione con rullo vibrante. Il materiale di riempimento è costituito da materiale naturale di cava di provenienza esterna con l’aggiunta del sopravaglio risultato conforme ai test di cessione. La fase finale, completata nel gennaio 2011, ha previsto la realizzazione di una platea in calcestruzzo armato, con interposta rete metallica elettrosaldata. Le fessure di espansione sono state sigillate mediante miscela bituminosa, in modo da evitare eventuali diffusioni di vapori.

Nell’ambito dell’intervento sono in corso campagne di monitoraggio trimestrali. Sui campioni prelevati vengono eseguite le seguenti determinazioni analitiche: • parametri chimico-fisici in campo: pH, conducibilità a 20°C, ossigeno disciolto, temperatura, potenziale redox; • metalli: ferro, manganese, nichel; • idrocarburi totali (FTIR); • carica batterica.

Conclusioni L’intervento di General Smontaggi è tutt’ora in corso con il monitoraggio della falda. La qualità delle acque al punto di conformità, situato a circa 50 metri dall’area di bonifica, è sempre risultata conforme alle Concentrazioni Soglia di Contaminazione per il parametro Idrocarburi. La soluzione di bonifica adottata da General Smontaggi, oltre a essersi dimostrata estremamente valida, ha permesso di evitare interferenze con le attività lavorative e di riqualificazione del sito rendendo pienamente fruibile l’area fin dal ripristino della soletta. La vagliatura in sito ed il successivo recupero dei materiali di scavo hanno ridotto i volumi di terreno destinati allo smaltimento e nel contempo hanno limitato l’apporto di materiale naturale di provenienza esterna per il riempimento del vuoto di scavo con indubbi vantaggi economici ed ambientali.



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AREA EX CIP: LE FASI DELLA RIQUALIFICAZIONE Messa in sicurezza e bonifica dell’area dell’ex Compagnia Italiana Petrolio all’interno del Sito di Interesse Nazionale di Fidenza di F. Castaldini, E. Saggese e G. Maranci*

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’area Industriale ex CIP, sita a Fidenza, in via Marconi, appartiene al sito di interesse nazionale “Fidenza”, istituito dal Ministero dell’Ambiente della Tutela del Territorio e del Mare con decreto 18 settembre 2001, n. 468 “Programma nazionale di bonifica e ripristino ambientale”. Tale area è stata acquisita dal comune di Fidenza dalla curatela fallimentare nel settembre 2001, per rendere effettivamente possibile l’avvio del recupero ambientale ed urbanistico.

Area Ex Cip Il Comune di Fidenza, a seguito dell’acquisizione della proprietà dell’area, avvenuta nel settembre 2001 dalla curatela fallimentare e conseguentemente all’assegnazione dei fondi sia da parte della Regione Emilia Romagna in prima istanza, sia da parte del Ministero dell’Ambiente, ha avviato le procedure previste dal D.M. 471/99 che sono definitivamente concluse con Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare prot. n. 4993 del 23 settembre 2008.

Il polo petrolchimico di Fidenza: cenni storici La storia industriale dell’area del “Polo di Via Marconi” in Fidenza, ha avuto inizio nel lontano 1888, con la costruzione di un opificio per la distillazione del catrame. Nel 1929, nacque la CLEDCA (Compagnia impregnazione del Legno e distillazione Carbone). Con l’avvento della 2° guerra mondiale, nei 5 anni che seguirono il 1940, lo stabilimento iniziò produzioni militari a cui conseguirono numerosi bombardamenti. Fu solo nell’anno 1951 che sul terreno adiacente sorse lo stabilimento della Compagnia Italiana Petrolio (C.I.P.) per la produzione di Piombotetraetile (TEL) che restò in attività fino al 1970, quando venne chiuso per Decreto Ministeriale e sottoposto a curatela fallimentare. Parallelamente, negli anni del boom economico, la CLEDCA entrò a far parte del gruppo Italgas, prendendo il nome di Carbochimica Italiana S.p.A. Nell’anno 1995 tale stabilimento venne venduto a due imprenditori privati e nel 2000, dopo un periodo di amministrazione controllata, la proprietà passò al Gruppo Brignoli fino al fallimento, avvenuto nel giugno del 2004. Le prime indagini ambientali sull’area risalgono agli anni ’80 a cura dell’Usl di Fidenza, che riscontrò una grave contaminazione del sottosuolo in entrambe le aree (ex CIP e Carbochimica): le analisi confermarono l’inquinamento da Piombo e Piombo TetraEtile (TEL) che interessava l’area ex CIP. Nell’adiacente area di Carbochimica, negli anni ’90, l’Usl verificò la presenza di inquinamento dato da contaminanti quali ad esempio IPA, solventi clorurati e fenoli. La proprietà a quei tempi si attivò effettuando una prima bonifica del sottosuolo, sospesa poi nel 2004 a causa del fallimento dell’azienda.

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A partire da quegli anni, sull’area sono stati eseguiti tre interventi di messa in sicurezza d’emergenza che hanno consentito la rimozione delle principali fonti di inquinamento attraverso: lo svuotamento e la bonifica di quattro serbatoi interrati; la chiusura mineraria dei pozzi esistenti, ritenuta necessaria in quanto i pozzi presenti non garantivano l’isolamento degli strati superficiali del suolo e quelli profondi; lo smaltimento delle acque meteoriche presenti nella piscina e nelle vasche pesantemente contaminate da TEL; l’esecuzione di trincee a protezione della piscina e delle vasche da acque di ruscellamento; la bonifica della tettoia in cemento amianto; la demolizione delle strutture ed edifici fuori terra pericolanti, propedeutici alla demolizione delle piattaforme interrate e successiva rimozione piattaforme interrate; lo smaltimento del materiale inquinato di risulta dalla demolizione opere fuori terra e interrate e lo smaltimento di terre da scotico risultate inquinate. Per impedire la contaminazione delle acque di prima falda è stata inoltre realizzata una barriera idraulica sul confine nord.

Messa in sicurezza e bonifica dell’area Alla fine del 2005 Unieco soc. coop., in associazione con Furia s.r.l., si è aggiudicata un appalto ed ha dato il via ad un processo di riqualificazione che sta tutt’ora coinvolgendo le aree ex CIP ed ex Carbochimica di Fidenza, nell’ambito di diversi step di messa in sicurezza e bonifica.


La Messa in Sicurezza dell’area ha comportato la rimozione e lo smaltimento di materiale fortemente contaminato (Piombo tetraetile, piombo, IPA e idrocarburi). Le lavorazioni hanno avuto inizio nel settembre del 2005 e si sono protratte fino al 1° semestre del 2007. Si è provveduto a conferire, nel rispetto delle normative vigenti, una quantità di rifiuti solidi e liquidi, pericolosi e non pericolosi, trattati/ smaltiti pari a circa 20.000 t presso gli impianti/discariche autorizzate in territorio nazionale. Le lavorazioni sono avvenute in ambiente dinamicamente confinato attraverso l’utilizzo di una tendostruttura semovente, dotata di sistemi di aerazione (con trattamento dell’aria mediante aspirazione forzata su carboni attivi) che ha seguito le aree di scavo per tutta la durata delle lavorazioni, al fine di minimizzare le emissioni in atmosfera di tali contaminanti. Nel dicembre 2008 i lavori sono ripresi con l’aggiudicazione di un altro appalto pubblico per la bonifica del primo stralcio funzionale. L’intervento prevedeva la rimozione dei materiali contenenti Piombo metallico, altri metalli, idrocarburi e Piombo Tetraetile residuato dai precedenti interventi di messa in sicurezza d’emergenza, sia dalle vasche che dai prospicienti terreni contaminati presenti all’interno dell’area ex CIP e la realizzazione di un impianto (campo prove) di Bioremediation attraverso la costruzione di una Biopila pilota. Unitamente alla fase di smaltimento dei terreni, questo primo stralcio funzionale è stato caratterizzato anche da lavorazioni di insaccamento/infustaggio ed allontanamento del materiale proveniente dalle rimozioni di residui derivanti dagli scavi di bonifica, utilizzando la stessa metodica di confinamento a mezzo di tendostruttura con ventilazione forzata, all’interno della quale sono state effettuate le operazioni di confezionamento del materiale contaminato. Durante le fasi di scavo e tutte le lavorazioni si è sempre mantenuta e implementata la barriera idraulica esistente a protezione della falda sottostante l’area. Il progetto pilota di bio-remediation della Biopila per la sperimentazione su scala reale “on site” del trattamento di terreni contaminati, ha previsto l’allestimento di una piazzola impermeabilizzata con sistema di raccolta del

Figura 1. Fasi della messa in sicurezza in ambiente confinato

percolato, trappola di condensa e filtro a c.a. completo di sistema di umidificazione e ventilazione, confermando la possibilità di un trattamento a “ciclo chiuso”. Partendo da una quantità iniziale di Idrocarburi presenti nel terreno superiori a 2.500 mg/kg, in 4 mesi si è ottenuta una riduzione di oltre l’87%, portando i valori di tali contaminanti al di sotto dei limiti previsti dalla normativa per la destinazione d’uso dell’area per siti industriali.

Tutti i lavori sono stati seguiti dagli organi competenti preposti al controllo, ARPA, AUSL, etc. L’ultima fase di bonifica del sito, mediante l’aggiudicazione di un’ulteriore gara di appalto denominata secondo stralcio funzionale, è iniziata nella primavera del 2011 ed è tutt’ora in corso. I lavori prevedono il completamento delle attività precedenti, lo scavo e lo smaltimento degli ultimi residui di terreni contenenti Pb metallico, TEL e idrocarburi e, a seguito dei

Figura 2. Fase di insaccamento in big bags del materiale

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Figura 3. Biopila pilota

risultati provenienti dal test pilota del primo stralcio funzionale, sono in fase di realizzazione 3 batterie di Biopile per il trattamento di circa 16.000 mc di terreno contaminato da Idrocarburi con tenori di Inquinanti variabili ma riconducibili a quelli della Biopila pilota.

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L’ATI aggiudicataria dell’appalto, come compensazione ambientale ha previsto che il terreno così bonificato verrà successivamente riutilizzato per la realizzazione di una “duna verde boscata”, in fregio alla ferrovia in una parte della nuova area produttiva, con funzioni di mitigazione ambientale e di nuova immagine delle aree poste lungo l’arteria ferroviaria. Il progetto prevede inoltre la realizzazione di un trattamento in situ tramite Bioslurpling per il risanamento di circa 6.000 mc di terreno contaminato non rimovibile per la presenza

su suolo di strutture esistenti di rilevanza architettonica. L’area oggetto dei lavori è adiacente all’area ex Carbochimica S.p.A. che sarà oggetto di dismissione degli impianti tecnologici e delle strutture fuori terra, bonifica del suolo e del sottosuolo. Gli interventi sopradescritti sono stati realizzati sotto la direzione tecnica ed il coordinamento operativo dei tecnici specialisti di Unieco soc. coop. e Furia s.r.l. I risultati ottenuti sono frutto della costante acquisizione di esperienza che, oramai da più decenni, caratterizza l’area bonifiche di Unieco ed il suo team di lavoro costituito da ingegneri, geologi, chimici e tecnici ambientali, in grado di realizzare anche interventi di bonifica di notevole complessità, sia legata alla tipologia che alla distribuzione dei materiali inquinati all’interno di aree industriali dismesse. *Unieco soc. coop.


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La messa in Sicurezza Permanente della Ex Discarica Falck Cagiva Capping e ripristino ambientale di un’area interessata dal deposito di ceneri e scorie di fonderia all’interno di una delle più importanti oasi naturalistiche della lombardia di F. Angelotti, L. Bozzola, A. Bettinetti, S. Venturini, A. Marchi e G. Pontiggia*

I

l sito oggetto di intervento è localizzato nel Pian di Spagna, una porzione di territorio lombardo di origine alluvionale e dalla morfologia prevalentemente pianeggiante che si sviluppa tra il Lago di Novate Mezzola a Nord-Est, il Lago di Como a SudOvest, il Fiume Mera a Nord ed il Fiume Adda a Sud. In particolare, il sito si colloca lungo il letto del paleo-alveo del Fiume Adda, nella porzione centro meridionale di un’area più estesa che, tra il 1972 ed il 1992, è stata interessata dal deposito di ceneri e scorie derivanti da attività di acciaieria e fonderia che si svolgevano negli stabilimenti di Dongo (CO) e di materiali inerti da scavi e demolizione, in parte provenienti dai medesimi stabilimenti. Il sito costituisce di fatto la vasca di stoccaggio dei rifiuti speciali realizzata nell’area tra il 1987 ed il 1988. La gestione dell’intera area come deposito non controllato di ceneri e scorie, unitamente al fatto che la stessa ricade in una zona umida di importanza internazionale (Riserva Naturale del Pian di Spagna e del Lago di Mezzola, istituita nel 1985, e coincidente con il sito SIC-ZPS IT2040042, appartenente alla Rete Natura 2000, tutelata ai sensi delle Direttive 922/43/CEE e 79/409/CEE), ha portato all’e-

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missione di numerose ordinanze rivolte alla proprietà da parte della Regione e dei Comuni interessati (Sorico e Gera Lario), al fine di procedere con gli interventi di messa in sicurezza e bonifica. Per varie ragioni, attribuibili anche ai cambi di proprietà degli stabilimenti di Dongo e dell’area, tali ordinanze sono state spesso disattese o solo in parte ottemperate. La Regione Lombardia ha quindi dato avvio (al momento si è conclusa la fase progettuale

e stanno per partire i lavori) ad un intervento di messa in sicurezza mediante copertura superficiale impermeabilizzante (“capping”) e contestuale realizzazione di un sistema di monitoraggio delle acque sotterranee dell’intera area in cui il sito si colloca, finalizzato a valutare e tenere sotto controllo lo stato delle risorse idriche sotterranee seguendone l’evoluzione nel tempo. Le acque sotterranee sono caratterizzate dalla presenza praticamente ubiquitaria di

L’intervento progettuale sviluppato riguarda la messa in sicurezza di un’area ubicata nel Pian di Spagna, a Nord del Lago di Como, che dal 1972 al 1992 è stata interessata dal deposito di ceneri e scorie derivanti da attività di acciaieria e fonderia che si svolgevano negli stabilimenti di Dongo (CO) e di materiali inerti da scavi e demolizione, in parte provenienti dai medesimi stabilimenti. L’intervento interessa la vasca di stoccaggio dei rifiuti speciali, operativa dal 1987 al 1992, e prevede la realizzazione di una copertura superficiale impermeabilizzante (“capping”), con contestuale allontanamento delle acque meteoriche e la realizzazione di un sistema di monitoraggio delle acque sotterranee dell’intera area in cui si colloca la vasca, finalizzato a valutare e tenere sotto controllo lo stato delle risorse idriche sotterranee seguendone l’evoluzione nel tempo. Nella progettazione sono stati adottati gli indirizzi ed criteri di riferimento contenuti in documenti tecnici e linee guida presenti nella letteratura scientifica nazionale ed internazionale (es.: US EPA), e nella normativa nazionale (D.Lgs. 36/03 e s.m.i.). Particolare attenzione è stata posta nella definizione degli interventi di ripristino ambientale, in virtù dell’elevata connotazione naturalistica in cui si inserisce il sito di intervento. Il Pian di Spagna, infatti, costituisce una delle più importanti oasi naturali della Regione Lombardia (Riserva Naturale del Pian di Spagna e del Lago di Mezzola, istituita nel 1985), tutelata anche dalla normativa della Comunità Europea (sito SIC-ZPS IT2040042, ai sensi delle Direttive 922/43/CEE e 79/409/CEE).


Il progetto: gli obiettivi In sintonia con le decisioni assunte dalla Conferenza di Servizi nella seduta del 7 Marzo 2012, recepite nel Decreto Dirigenziale dell’Unità Organizzativa di Tutela Ambientale del 19 Marzo 2012, n. 227, e nella seduta del 2 Luglio 2012, gli obiettivi del progetto consistono nella messa in sicurezza della sola vasca dei rifiuti speciali, sviluppando un intervento di copertura superficiale impermeabilizzante (“capping”) e di allontanamento delle acque meteoriche, e nella realizzazione di un sistema di monitoraggio delle acque sotterranee dell’intera area in cui si colloca la vasca.

Il progetto: elementi tecnici Figura 1. Stato attuale del sito di intervento e modello digitale del terreno

Figura 2. Sviluppo planoaltimetrico di progetto

Arsenico, prevalentemente attribuibile alle caratteristiche del substrato roccioso naturale che caratterizza il Pian di Spagna e le valli attigue (Valtellina, in particolare), e da episodi isolati per Zinco, Idrocarburi Policiclici Aromatici (IPA) Totali e Idrocarburi pesanti.

Inquadramento dell’intervento Il sito occupa una superficie di 7.255 m2 ed è interamente ricoperto di vegetazione. Salvo

qualche esemplare arboreo spontaneo e qualche specie nello strato erbaceo ed arbustivo, non si tratta di presenze significative di flora autoctona. La quota altimetrica è variabile tra circa 203 e 207 m s.l.m.; il sito occupa la porzione più rilevata dell’area in cui si colloca la cui altimetria è variabile tra 198 e 202 m s.l.m. Il sito è delimitato da argini in terra che di fatto costituiscono il limite della vasca dei rifiuti speciali; in alcuni tratti degli argini è osservabile il telo in PEAD, costituente la copertura impermeabile di fondo della vasca, che spesso presenta evidenti stati di degrado (rottura). In prossimità dello spigolo Nord-Ovest del sito è presente un manufatto in calcestruzzo che costituiva il sistema di raccolta del percolato della vasca; tale sistema è attualmente non funzionate ed in evidente stato di degrado.

L’intervento progettuale si compone delle seguenti opere e lavorazioni: rimozione della copertura vegetale esistente, messa in opera della copertura superficiale impermeabilizzante, messa in opera del sistema di captazione delle acque meteoriche, ripristino ambientale, gestione e manutenzione delle opere, sistema di monitoraggio delle acque sotterranee. Lo sviluppo plano-altimetrico di progetto interessa un’area più ampia del sito di intervento vero e proprio in quanto è necessario considerare la superficie di raccordo tra la copertura impermeabilizzante ed il piano campagna circostante, il recapito nella roggia (ubicata ad Ovest del margine occidentale) del sistema di captazione delle acque meteoriche e la superficie che sarà effettivamente interessata durante le fasi di costruzione (cantiere). La rimozione della copertura vegetale esistente interessa una superficie complessiva pari a 27.670 m2. Il taglio delle specie arbustive ed arboree è previsto sino alla quota del piano campagna, per evitare di portare a giorno le ceneri e le scorie depositate, ricoperte da un esiguo spessore di terreno vegetale. La soluzione proposta per la copertura superficiale impermeabilizzante trova riscontro negli indirizzi contenuti in documenti tecnici e linee guida presenti nella letteratura scientifica nazionale ed internazionale (es. US EPA), nonché nella normativa nazionale (D.Lgs. 36/03 e s.m.i.). I criteri considerati nell’identificazione della stratigrafia della copertura sono: isola-

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Figura 3. Stratigrafia per la copertura superficiale impermeabilizzante (quote lineari espresse in mm)

mento delle ceneri e delle scorie dall’ambiente esterno, minimizzazione delle infiltrazioni di acqua, riduzione della necessità di manutenzione, minimizzazione dei fenomeni di erosione, resistenza ai fenomeni di assestamento locali. Partendo dall’attuale piano campagna, la stratigrafia è composta da: 20 cm (spessore minimo) di materiale sabbioso tipo rilevato, tessuto non tessuto da 400 g/m2, 50 cm di argilla compattata, tessuto non tessuto da 600 g/m2, 20 cm di ghiaietto arrotondato Ø 20/40 mm, tessuto non tessuto da 400 g/m2, 20 cm di terreno vegetale (terra di coltivo). L’impermeabilizzazione vera e propria è costituita dallo strato di argilla compattata che consente di garantire una permeabilità pari o inferiore a 1x10-9 m/s. La base della stratigrafia è costituita da uno strato di materiale sabbioso tipo rilevato, con uno spessore minimo di 20 cm. Spessori maggiori sono previsti laddove si rende necessaria la regolarizzazione dell’attuale piano campagna, atta a formare una superficie avente la pendenza corretta per fare defluire le acque meteoriche nella prevista rete di canalette per la raccolta. Tutta la stratigrafia ha andamento parallelo al primo strato che ha dunque la funzione di regolarizzazione dell’attuale piano campagna ovvero permette la messa in opera degli strati soprastanti, salvo in prossimità della chiusura delle sezioni, dove i raccordi con il profilo attuale del terreno sono stati previsti con le pendenze permesse dall’angolo di attrito dei materiali utilizzati e laddove la rete di canalette costituisce una linea di impluvio.

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Lo strato drenante è costituito dallo strato in ghiaietto arrotondato che consente di ottenere una permeabilità pari a superiore a 1x10-4 m/s, permettendo, grazie alle pendenze imposte, il deflusso delle acque meteoriche verso la rete di canalette, immorsata nello strato di argilla, ed avente due punti di recapito nella roggia che scorre lungo il margine occidentale del sito. In prossimità della chiusura delle sezioni, cioè in prossimità della rete di canalette, il ghiaietto è inserito all’interno di strutture modulari a materasso, al fine di poter ottenere la sagoma desiderata garantendo il contenimento del materiale e la stabilità dello strato. Al di sopra del ghiaietto è previsto lo strato di terreno vegetale (terra di coltivo), con spessore 20 cm. Ciascun livello di materiale costituente la stratigrafia è contenuto all’interno di fogli di tessuto non tessuto, con massa aerica da 400 g/m2 o 600 g/m2, aventi funzione di garantire

una ripartizione uniforme dei carichi, evitando l’insorgere di cedimenti localizzati, e di garantire protezione e contenimento dei singoli strati. Costituiscono un’eccezione il primo strato, la cui parte inferiore appoggia sul terreno esistente, e l’ultimo strato, il terreno vegetale, che, come noto, deve essere libero sulla parte superficiale al fine di consentire i previsti interventi di ripristino ambientale. Nei tratti di chiusura delle sezioni, laddove la rete di canalette è immorsata nello strato di argilla, il tessuto non tessuto da 600 g/m2 è stato abbinato ad un geocomposito bentonitico di spessore 6÷10 mm, avente una permeabilità di 1x10-11 m/s, al fine di garantire il mantenimento delle caratteristiche di impermeabilità dello strato di argilla compattata anche laddove, per la presenza della rete di canalette, è stato necessario ridurne lo spessore. Il sistema di captazione delle acque meteoriche è costituito dalla combinazione dello strato drenante in ghiaietto arrotondato e di una doppia rete di canalette, lunga complessivamente 486 m e immorsata nello strato di argilla, per il recapito delle acque meteoriche alla roggia. La rete di canalette ha una sezione trapezoidale aperta ed è costituita da elementi prefabbricati in c.a.v. La sezione aperta consente una minore probabilità di occlusione a causa di fogliame, ramaglie e detriti, e rende più rapida e agevole la manutenzione che, di fatto, si riduce alla periodica pulizia con il ripristino della sezione utile di scorrimento. I tratti finali della rete, lunghi complessivamente 20 m, sono costituti da embrici pre-

Figura 4. Dettaglio della copertura superficiale impermeabilizzante (quote lineari espresse in mm)


Il sito di intervento sarà interessato solamente da attività di inerbimento dell’intera superficie di terreno vegetale posato; non è stata infatti prevista la piantumazione di specie arboree ed Figura 5. Sviluppo planimetrico degli interventi di ripristino ambientale arbustive in quanto fabbricati in c.a.v., in modo tale da accom- lo sviluppo delle radici potrebbe compropagnare il profilo dell’argine esistente della mettere la funzionalità della copertura suroggia e confinare la portata di deflusso, evi- perficiale impermeabilizzante. tando fenomeni di erosione localizzata. La Per l’inerbimento è stata scelta una miscela rete di canalette è stata dimensionata defi- di semi composta principalmente da graminendo la legge di pioggia sulla base di dati nacee e leguminose, di comune impiego nel pluviometrici registrati in stazioni prossime al caso di superfici rimaneggiate ed in grado di sito e con una verifica modellistica a moto migliorare le caratteristiche del terreno. vario mediante il software InfoWorks CS. Il Per l’area interessata dai lavori e l’area di progetto del ripristino ambientale è stato svi- cantiere esterna è stata prevista la messa in luppato con modalità differenti per il sito di posa di uno strato di terreno vegetale (terra intervento, l’area interessata dai lavori e l’a- di coltivo) con spessore 10 cm, e la pianrea di cantiere esterna. Le specie da utilizza- tumazione localizzata di specie arboree ed re sono tutte autoctone e scelte nel rispetto arbustive, previa stesa di ulteriori 30 cm di sia della normativa regionale ed in particolare terreno vegetale, per una superficie comdel “Quaderno Opere Tipo di Ingegneria Na- plessiva di 4.000 m2, atta a compensare le turalistica”, approvato con DGR n. 6/48740 perdite dovute alla rimozione della copertura del 29/02/2000, sia degli elenchi riportati nel vegetale esistente, vigente Piano della Riserva Naturale del Pian Il tipologico di impianto prevede la piantudi Spagna e del Lago di Mezzola. mazione di specie arboree ed arbustive; re-

alizzati gli impianti, tutte le superfici interessate dalla posa di terreno vegetale saranno seminate con una miscela analoga a quella impiegata per l’inerbimento dello strato di finitura della copertura superficiale impermeabilizzante. Le attività di gestione e manutenzione sono state previste con le seguenti finalità: mantenere in piena efficienza la rete per la raccolta delle acque meteoriche e di recapito alla roggia, controllare eventuali variazioni della pendenza fornita agli strati costituenti la copertura superficiale impermeabilizzante, controllare lo stato di attecchimento e salute delle specie piantumate e, nel caso, intervenire per ripristinare quanto previsto in progetto. Il sistema di monitoraggio delle acque sotterranee previsto è atto a definire nello spazio e a seguire nel tempo gli aspetti qualitativi degli acquiferi, al fine di valutare e tenere sotto controllo lo stato delle risorse idriche sotterranee, identificare eventuali superamenti di valori normativi di riferimento, definire concentrazioni di fondo e il differenziale di concentrazione “monte-valle” rispetto al sito, nonché seguirne l’evoluzione nel tempo. Le attività previste consistono in attività di rilievo della quota della falda e nell’esecuzione di analisi chimiche. Sono interessati sei piezometri esistenti e tre di nuova realizzazione. Le attività avranno durata di 5 anni, con l’esecuzione di due campagne di indagine annuali, corrispondenti a due periodi idrogeologicamente significativi, ovvero al periodo di magra e di maggiore ricarica della falda. *Technital S.p.A.

Figura 6. Sezione tipologica degli interventi di ripristino ambientale

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Possibili scenari di sistemi integrati di trattamento rifiuti in Romania La sELEZIONE E IL TRATTAMENTO DI RIFIUTI URBANI PER LA MASSIMIZZAZIONE DEL RECUPERO DI MATERIALI ED ENERGIA IN CONTESTI DI URBAN MINING di G. Ionescu* /**, E.C. Rada*, M. Ragazzi* e G. Merler*

L

e Direttive Europee in tema di gestione dei rifiuti comprendono riduzione, riuso, riciclaggio e recupero energetico. Questo articolo analizza i bilanci di massa ed energia di alcuni sistemi integrati per il trattamento dei rifiuti urbani (RU), focalizzandosi su selezione, trattamento e recupero energetico per un’area rumena reale (dal 1° gennaio 2007 la Romania è entrata a far parte della Comunità Europea). Le considerazioni sviluppate possono essere facilmente adattate anche ad alcune regioni italiane dove non si è ancora ottimizzata la gestione dei rifiuti. I casi scelti sono stati sviluppati tenendo in conto il ritardo dello sviluppo tecnologico nel settore, il ritardo nell’implementazione della raccolta differenziata (RD), il basso tasso di controlli effettuati sul rifiuto in ingresso a discarica. Per quest’ultimo punto, infatti, la legislazione nazionale ed europea impone obiettivi da raggiungere in termini di frazione biodegradabile ammessa a discarica. Oggigiorno in Romania circa il 95% dei RU viene smaltito a discarica senza pretrattamento, ma è prevista (decisione del Governo n. 349/2005), come anche negli altri stati EU, una riduzione della quantità di sostanza organica smaltita in discarica del 35% entro il 2013 e del 50% entro il 2016 rispetto all’anno 1995. Entro il 2017 (per deroga dalla Comunità Europea) dovrà venir inoltre disposta la chiusura

delle vecchie discariche a cielo aperto che non rispettano i criteri ambientali europei. Nel 2004, con decisione n. 621/2005 del Governo, sono state recepite anche le direttive 2004/12/ EC e 2005/20/EC riguardanti i rifiuti da imballaggio. Tali direttive prevedono la possibilità per il Paese di posporre al 2015 il raggiungimento dei seguenti obiettivi di riciclaggio o combustione con recupero energetico: il 60% per la frazione di carta/cartone, il 22,5% per le plastiche, il 60% per il vetro, il 50% per i metalli, il 15% per il legno e il riutilizzo/riciclaggio del 50% del RU entro il 2020. La RD, dove viene praticata, riguarda quei materiali da cui è possibile ricavare un beneficio anche economico; in accordo con i prezzi del mercato nazionale relativi all’anno 2011 il prezzo del PET varia tra 550 e 600 €/t e per quanto riguarda il materiale cellulosico siamo nell’ordine dei 120-140 €/t. In accordo con i valori dell’Agenzia Nazionale di Protezione per l’Ambiente, nel 2007, della quantità di imballaggi immessi sul mercato rumeno (1.287.018 t), solo il 37% è stata recuperata e il 31% riciclata. Attualmente, in Romania non sono operativi impianti di incenerimento per la valorizzazione energetica dei rifiuti ma è possibile la co-combustione di alcuni rifiuti speciali, in aggiunta ad altro combustibile, nei forni dei cementifici. Nel prosieguo dell’articolo, tenendo conto della cornice legislativa europea, della situa-

zione nazionale e tenendo conto dell’aumento atteso della RD, saranno analizzate e discusse alcune soluzioni atte al miglioramento della gestione e del trattamento dei rifiuti. Verranno analizzate alcune soluzioni di intervento a breve/medio e lungo termine: • scenario 1A (S1A) come azione a breve termine: bassa efficienza della RD, bio-essiccazione del RUR (rifiuto urbano residuo), generazione di CSS (Combustibile Solido Secondario) e sua co-combustione in cementifici; • scenario 1B (S1B) come azione a medio termine: bassa efficienza della RD, bio-essiccazione RUR, programmi take back (PTB), produzione di CSS e sua combustione in impianti di gassificazione; • scenario 2 (S2) come azione a lungo termine: media/alta efficienza della RD, bio-essiccazione RUR, PTB, produzione di CSS e sua combustione in impianti di gassificazione. Negli scenari S1A e S1B si è tenuto in conto quella che è l’attuale situazione della RD in Romania che viene applicata solamente alla raccolta della plastica, carta, vetro e metalli con un’efficienza del 10% circa su tali flussi. Nel primo caso considerato, data l’elevata quantità di materia organica presente, il rifiuto viene inviato a bio-essiccazione per poi procedere ad una separazione meccanica di ve-

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tro (separazione ottica), metalli (separazione magnetica), inerti (classificazione balistica); questi trattamenti permettono un aumento del materiale inviato a riciclaggio, del potere calorifico presente nel rifiuto (PCI) e ne diminuiscono la sua frazione non combustibile, i solidi non volatili (SNV). Il CSS così prodotto sostituisce parte del carbone alimentante il forno dei cementifici. Nello scenario S1B, gli scarti provenienti dal processo di riciclaggio (“PTB”) vengono aggiunti al RUR per incrementare il PCI del CSS da essi prodotto e per ridurre la quantità del volume smaltito a discarica; il combustibile così ottenuto dopo i vari pre-trattamenti, vista la sua omogeneità, viene inviato a gassificazione. Il terzo scenario (S2) propone una soluzione a lungo termine in cui è prevista, oltre alla bioessicazione, ai pre-trattamenti del rifiuto e una sua finale gassificazione, una buona RD per le frazioni di carta e cartone, plastica, vetro,

Figura 1. Bilancio di massa ed energia per il caso S1A

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metalli, legno. Viene inoltre tenuto in conto il materiale di scarto proveniente dal processo di riciclaggio. La composizione del RU in Romania mostra un’elevata percentuale di frazione organica (50%) e una bassa percentuale di materiale da imballaggi leggeri (22%) se comparata agli altri Paesi europei; essa fa riferimento ad una regione centrale del Paese di circa 2,5 milioni di abitanti che generano circa 1 milione di tonnellate all’anno di rifiuti. Il PCI di tale rifiuto, essendo minore di 7,5 MJ/kgRU, non lo rende molto adatto ad una combustione diretta. Il sistema integrato di gestione dei rifiuti urbani prende in considerazione i seguenti trattamenti di selezione per la separazione del rifiuto in differenti flussi: • raccolta Differenziata: materiale riciclabile e RUR; • processo di bio-essiccazione: Combustibile Solido Secondario (CSS1);

• processi meccanici avanzati per il miglioramento della classe del CSS tra cui: • separazione magnetica: recupero di metalli e CSS2; • separazione ottica: recupero di vetro e CSS3; • classificazione balistica: inerti e CSS4; • cementificio: parte del combustibile in ingresso è sostituito da CSS; • gassificazione: energia termica, elettrica e residui. Le efficienze e i consumi energetici utilizzati per la composizione dei bilanci di massa e di energia sono stati ricavati dalla letteratura di settore. In figura 1 viene riportato il bilancio di massa ed energia del caso S1A. Il 3,5% del rifiuto è raccolto attraverso raccolta differenziata e inviato a riciclaggio mentre la restante parte (RUR) è inviata a bio-essiccazione per la produzione di CSS1; tale trattamento provoca la

Figura 2. Bilancio di massa ed energia per il caso S1B


perdita del 32,6% della massa. I trattamenti meccanici a seguire riescono a recuperare dal flusso principale un 4% di metalli, 7% di vetro e un 6% di inerti. Grazie alla separazione di queste frazioni la percentuale di materiale inviato a riciclaggio è aumentata al 14%, il PCI aumenta del 56%, l’umidità diminuisce del 7%. Meno della metà del materiale originario in ingresso (487.450 tCSS4/anno) giunge dunque al cementificio. La diminuzione del materiale destinato a smaltimento in discarica (solo il 7,6%) permette di rispettare gli obblighi legislativi riguardanti il materiale biodegradabile a discarica, massimizzando lo smaltimento del materiale inerte e sfruttando la presenza dei cementifici. La diversità dello scenario S1B (figura 2) risiede nel tenere in conto degli scarti provenienti da selezione e recupero del materiale inviato a riciclaggio; tali scarti vengono inseriti nel flusso principale dei RUR e questo permette di aumentare la massa del CSS4 dell’1%. Il materiale inviato a recupero energetico attraverso gassificazione (CSS4) è pari al 49% e rispetto al primo caso presentato il PCICSS4 risulta essere simile. Analizzando la quantità del materiale destinato a discarica, la gassificazione produce un aumento del 19,2% di tale materiale ma la situazione risulta essere migliore di una combustione diretta del RUR che porterebbe ad un incremento del 36,1% del materiale smaltito a discarica. Questa differenza è dovuta alla presenza di pre-trattamenti per la separazione di parte del materiale riciclabile dal flusso di RUR. La gassificazione del CSS4 permette di disporre di una potenza termica di 90,1 MW ed elettrica di 45 MW (considerando una efficienza elettrica netta del 30%).

Figura 4. Confronto bilanci di massa

I bilanci di massa e di energia per lo scenario S2 sono riportati nella figura 3; tale scenario rispetta gli obiettivi posti a livello europeo relativi alla minimizzazione del materiale biodegradabile smaltito a discarica e alla valorizzazione del materiale riciclabile. La raccolta differenziata è composta prevalentemente dalla frazione organica con il 51%, seguita da carta (19%), vetro (14%), plastica e metalli (7%) e legno con l’1%. Grazie all’ingente quantità di rifiuto biodegradabile presente, è possibile sottoporre tale rifiuto a trattamenti di digestione anaerobica e compostaggio. Per la valorizzazione di tale flusso, nell’ultimo scenario, è stato scelto l’utilizzo del processo di compostaggio grazie alla sua semplicità di esecuzione e la sua efficienza (30%). Questo processo è già presente in Romania a scala pilota grazie all’utilizzo dei fondi strutturali europei. Il compost prodotto è pari al 5% dei RU prodotti. Solamente il flusso degli scarti dal riciclaggio della carta, cartone, plastica e legno, che rappresentano il 63,9% del totale, è inglobato nel CSS4 destinato a trattamento termico; gli scarti da riciclaggio del vetro e dei metalli vengono inviati direttamente a discarica in quanto presentano un elevato tenore di SNV. Il 36% del RUR viene separato dal flusso principale grazie ai trattamenti meccanici e biologici che ne tolgono la componente riciclabile e, considerando inoltre l’incremento della RD, viene aumentato

Figura 3. Bilancio di massa ed energia per il caso S2

dell’8% il materiale inviato a riciclaggio rispetto i casi precedenti. Anche in questo caso il sistema proposto permette una diminuzione del materiale inviato a discarica rispetto a una sua combustione diretta. Il materiale mandato a gassificazione nel caso S2 arriva a duplicare il suo contenuto energetico specifico arrivando ad un valore di PCI di 15 MJ/kg. La potenza termica netta sviluppabile dal processo è pari 103,5 MW mentre quella elettrica è pari a 51,7 MW. Il confronto dei bilanci di massa per tutti gli scenari è riportato in figura 4. Il terzo caso è quello che presenta le migliori performance di riciclaggio, grazie alla migliore RD, e presenta inoltre il tasso minore di smaltimento del rifiuto a discarica. La quantità di CSS4 inviata a trattamento termico decresce dal 49% (S1A, S1B) al 36% del caso S2 grazie all’aumento della separazione del vetro e metalli da RD; per tali motivi anche il contenuto di SNV decresce notevolmente. Dall’analisi dell’andamento del PCI che è riportato in figura 5 è possibile notare come dopo bio-essiccazione il PCI aumenti di circa il 35% in tutti i casi considerati.

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Figura 5. Andamento del PCI

È quindi chiaro come i pre-trattamenti riescano a migliorare le caratteristiche del CSS prodotto e la sua classe di appartenenza che, in base alle attuali leggi, può essere classificato come segue: • S1A: CSS1 classe: 5, x, y; CSS2 classe: 5, x, y; CSS3 classe: 4, x, y; CSS4 classe: 4, x, y; • S1B: CSS1 classe: 5, x, y; CSS2 classe: 4, x, y; CSS3 classe: 4, x, y; CSS4 classe: 4, x, y; • S2: CSS1 classe: 4, x, y; CSS2 classe: 4, x, y; CSS3 classe: 4, x, y; CSS4 classe: 3, x, y. Per quanto concerne invece il contenuto di

cloro (x) e mercurio (y) i dati a disposizione per comporre un bilancio sono limitati. Concludendo, tutti i casi analizzati mirano a ridurre il materiale inviato a discarica e ad aumentare il PCI del materiale inviato a trattamento termico: nel primo scenario proposto (S1A) il materiale verrebbe inviato ai cementifici già presenti nel Paese e utilizzato congiuntamente ai combustibili tradizionali. Questa soluzione non è ottimale per quanto riguarda il rispetto delle normative europee ma permetterebbe di ridurre il materiale smaltito a discarica e far fronte alla mancanza in tutto il territorio nazionale di impianti di incenerimento o di gassificazione. Il terzo scenario (S2) permetterebbe di raggiungere gli obiettivi nazionali ed europei per

il riciclaggio, per il recupero di massa ed energia grazie ad una combinazione di un’efficiente RD, ai trattamenti di selezione che aumentano l’omogeneità del rifiuto e ne aumentano il PCI; tale scenario si configura quindi come opzione sostenibile per il futuro della gestione dei rifiuti in Romania. Questo scenario è di interesse anche per regioni extra-romene dove la gestione dei rifiuti necessita un miglioramento organizzativo coerente con gli obiettivi imposti dall’UE. E’ evidente dagli schemi che non è possibile gestire i rifiuti urbani individuando soluzioni distinte per singoli flussi. Il sistema deve essere visto nel suo complesso, con l’obiettivo di recuperare risorse mediante iniziative integrate ed armonizzate, concetto, questo, riassunto nel termine “urban mining”. * Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Trento ** Dipartimento per la Produzione e utilizzo dell’Energia, Università Politecnica di Bucarest

Recuperare il cartongesso? Questa si che è magia Nel nuovo centro di Limbiate è attivo un impianto “state-of-the-art” in grado di operare la totale separazione del gesso dal cartone di rivestimento delle lastre, recuperando entrambi i materiali: il gesso si trasforma in manufatti, malte e cemento; la carta ritorna cartone.

Anno 5 - Numero 21 66www.cavaditrezzano.it

RECUPERO E RICICLO



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una tecnologia innovativa per rimuovere il mercurio dai terreni contaminati Scaling-up di un processo brevettato di rimozione biologica del mercurio organico e inorganico da suoli e sedimenti di V. Rivelli**, I. Gandolfi*, A. Franzetti*, S. Cordoni** e G. Bestetti*

L

e contaminazioni da mercurio sono molto frequenti in ambiente a causa del suo largo utilizzo in numerose applicazioni industriali come l’industria cloro-soda, i colorifici, le raffinerie e la preparazione della carta. La rimozione del mercurio da matrici ambientali contaminate avviene solitamente attraverso l’utilizzo di trattamenti chimico-fisici estremamente costosi a causa dell’elevata energia richiesta e degli elevati costi dei reagenti utilizzati, tra questi: desorbimento

Figura 1. Modello dell’operone mer in un microrganismo Gram-negativo (Barkay et al., 2003)

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termico, processi di stabilizzazione e mineralizzazione, soil washing/flushing (U.S. EPA 1998). In alternativa sono stati sviluppati dei metodi di rimozione biologici. Il primo tra questi è stato la fitoremediation (Krämer et al. 2005), dove i contaminanti rimossi dal terreno vengono accumulati dalle piante. Queste, però, oltre che presentare una bassa resistenza alla contaminazione, necessitano di tempi eccessivamente lunghi per il ripristino del sito. La resistenza batterica al mercurio è, invece, un fenotipo ben noto e ampiamente diffuso sia tra specie microbiche Gram-positive che Gram-negative (Osborn et al. 1997). Il principale meccanismo di resistenza è la reazione di riduzione dell’Hg2+ alla forma elementare Hg0, eseguita dall’enzima mercurio reduttasi. Alcuni microrganismi sono inoltre in grado di rompere il legame Hg-C all’interno di composti organomercurici, attraverso l’azione dell’enzima organomercurio liasi; quest’ultima è conosciuta come resistenza ad ampio spettro (Barkay et al. 2003) (Fig. 1). Il mercurio elementare viene poi rimosso dalla cellula tramite diffusione attraverso la parete cellulare e successiva volatilizzazione. Se tale processo avesse luogo all’interno di un sistema controllato, il mercurio ridotto potrebbe essere strippato da un flusso d’aria e successivamente raccolto in apposite

trappole, permettendo così la decontaminazione di matrici ambientali. L’elevato grado di adsorbimento degli ioni mercurio alle particelle del suolo ne riduce, però, la biodisponibilità; per questo motivo sono pochi i casi in cui microrganismi resistenti al mercurio sono stati utilizzati nella decontaminazione del suolo o di sedimenti; inoltre in letteratura sono scarse le informazioni riguardanti l’ottimizzazione delle condizioni sperimentali di tale processo.

Figura 2. Bioreattore da 400 l


Figura 3. Rimozione in percentuale del mercurio nelle diverse prove effettuate

Prove sperimentali Le prove sono state effettuate in un reattore da 400 litri (Fig. 2). Per le prove in slurry (rapporto suolo:acqua di 1:10 v/v) è stato utilizzato del suolo artificiale composto da 10% di torba, 20% di argilla e 70% di sabbia, precedentemente contaminato con HgCl2. La velocità di agitazione e il flusso d’aria in entrata sono stati mantenuti co­stanti per garantire l’omogeneità della fase slurry. Il flusso in uscita è stato fatto pas­sare attraverso una trappola di carbone attivo al fine di raccogliere il mercurio strippato. Trattamento 1 (prova in liquido) 2 (prova con inoculo) 3 (prova con inoculo) 4 (prova controllo) 5 (prova controllo)

Slurry

Figura 4. Conta batterica in piastra dei microrganismi resistenti al mercurio, quindi in grado di operare la rimozione

Al termine delle prove è stata calcolata la percentuale di mercurio residuo nella fase solida, nella fase acquosa e nelle trappole di carbone attivo. Tutte le analisi sono state effettuate usando uno spettrometro ad assorbimento atomico (AMA 254, Altech Ltd). È stata condotta una prima prova in liquido al fine di testare la tenuta del sistema: due prove con inoculo del ceppo Bacillus RM1, isolato da un terreno altamente contaminato da mercurio; due prove controllo senza il ceppo inoculato e una prova in presenza di citrato. Gli esperi-

Nutrienti

OD

Hg

Durata

inoculo

(ppm)

prova

1 g/l CO(NH2) No

3 g/l Na2HPO4

0,01

10

8 giorni

0,002

50

8 giorni

0,05

50

8 giorni

-

50

8 giorni

-

50

8 giorni

0,05

50

25 giorni

0,5 g/l Nutrient Broth 1 g/l CO(NH2) 1:10

3 g/l Na2HPO4 2,93 g/l K3PO4 1 g/l CO(NH2)

1:10

3 g/l Na2HPO4 2,93 g/l K3PO4 1 g/l CO(NH2)

1:10

3 g/l Na2HPO4 2,93 g/l K3PO4 1 g/l CO(NH2)

1:10

3 g/l Na2HPO4 2,93 g/l K3PO4 1 g/l CO(NH2)

6 (prova con citrato)

1:10

3 g/l Na2HPO4 2,93 g/l K3PO4 0,01 M Citrato

Tabella 1. Prove sperimentali effettuate nel bioreattore da 400 l

menti effettuati sono riassunti in Tabella 1. Per le analisi microbiologiche i campioni prelevati (100 μl) sono stati piastrati su terreno LD agarizzato selettivo, caratterizzato dalla presenza di 10 mg/l di Hg al fine di verificare la presenza del ceppo di Bacillus RM1, ove inoculato, e di valutare la popolazione di microrganismi resistenti al mercurio sviluppatasi e, quindi, in grado di operare il processo di rimozione. Le piastre sono state incubate a 30°C. Nelle prove 5 e 6, effettuate nel periodo invernale, la conta batterica è stata effettuata, incubando le piastre anche a 16°C e a 4°C.

Risultati Dall’analisi dei risultati ottenuti è evidente una netta differenza nell’efficienza di rimozione tra la prova in liquido (prova 1 con più del 90% di mercurio rimosso) e le prove in slurry (prove 2-5 con rimozione che varia dal 20 al 50%) (Fig. 3, Tab. 2), ciò è dovuto al fatto che in fase slurry il mercurio tende ad adsorbirsi alle particelle di suolo, riducendo così la sua biodisponibilità. Al fine di ovviare a questo problema sono state condotte delle prove in presenza di citrato (prova 6); in questo caso i tassi di rimozione del mercurio si sono spinti fino al 70% (Fig. 3, Tab. 2). Al fine di monitorare nel tempo il ceppo inoculato e la popolazione di mercurio-riduttori sviluppatasi nel bioreattore, sono state effettuate delle conte in piastra. Nella prova 3 le conte su terreno selettivo hanno confermato che il ceppo di Bacillus inoculato costituiva il microrganismo maggiormente rappresentato nel bioreattore. Nella prova 4 le conte su terreno selettivo hanno evidenziato la presenza di una variegata comunità di microrganismi resistenti al mercurio,

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quindi in grado di rimuoverlo, tra cui anche il ceppo di Bacillus utilizzato nelle prove precedenti. Nella prova 5 è evidente sia al tempo zero che al termine dell’esperimento una popolazione di microrganismi resistenti al mercurio morfologicamente differenti fra loro. Anche nella prova 6, sia al tempo 0 che al termine dell’esperimento, è presente una popolazione microbica resistente molto varia; tra questi è comunque riconoscibile il ceppo inoculato. In tutte le prove effettuate il titolo dei microrganismi è rimasto costante nel tempo (Fig. 4). è quindi ipotizzabile che, a causa della pressione selettiva, ed in seguito ad eventi di trasferimento genico, si sia sviluppata all’interno del bioreattore una comunità microbica psicrofila resistente al mercurio e, quindi, attiva nella sua rimozione. Per verificare tale ipotesi i campioni prelevati nel corso della prova 6 sono stati piastrati su terreno selettivo ed incubati a 16°C e a 4°C: in entrambi i casi è stata osservata una massiccia crescita batterica (Fig. 5).

Conclusioni Ad oggi, le applicazioni del biorisanamento alla rimozione del mercurio sono state sviluppate su scala pilota e non ancora su scala industriale (Wagner-Döbler et Al., 2003). Il problema principale che costituisce un serio ostacolo all’incremento dell’efficienza di processo, è rappresentato dall’adsorbimento del mercurio alle particelle di suolo, limitandone fortemente la biodisponibilità. In questo lavoro Gio.Eco s.r.l., azienda primaria nel settore delle bonifiche, unitamente con l'Università

di Milano - Bicocca, ha isolato dal suolo e successivamente caratterizzato dei batteri mercurio-resistenti, ha quindi condotto diverse prove in un bioreattore da 400 l per lo scaling-up di tale processo su scala industriale. I risultati delle suddette prove hanno confermato le buone potenzialità di questa tecnica. I tassi di rimozione del mercurio sono variati dal 20 al 50% nelle prove in slurry. È stato, inoltre, verificato l’effetto positivo del citrato; gli acidi organici tendono, infatti, ad aumentare la mobilità dei metalli nel suolo, incrementando così la biodisponibilità del mercurio e permettendo di arrivare a tassi di rimozione del 70%.

Implementazione dell a tecnologia tramite l’uso di BioBarriere

La Barriere Reattive Permeabili (PRB) sono una tecnologia di trattamento in situ delle acque sotterranee basata sull’intercettazione del pennacchio di contaminazione mediante l’inserimento nell’acquifero di una zona reattiva più permeabile rispetto all’acquifero stesso. I contaminanti vengono trattenuti e/o trasformati in prodotti meno pericolosi o mobili all’interno della zona reattiva della barriera. Le PRB tradizionali sono basate sull’utilizzo di meccanismi di tipo fisico o chimico-fisico per il trattamento degli inquinanti: i principali meccanismi coinvolti sono quelli di adsorbimento, precipitazione, ossidazione, dealogenizzazione riduttiva, ecc. Sulla base del meccanismo selezionato, i principali materiali di riempimento utilizzati sono ferro zero-valente, carbone attivo, calce, ecc.

Le BioBarriere (BB) rappresentano un’innovativa tipologia di PRB basate su meccanismi di tipo biologico per promuovere la trasformazione dei contaminanti. Alcune applicazioni su scala di laboratorio e limitate applicazioni di campo sono riportate nella letteratura scientifica riguardo l’utilizzo di BB per il trattamento di acque contaminate da idrocarburi. Del tutto innovativo sarebbe l’utilizzo di tale tecnologia per rimuovere con un meccanismo misto, biologico e chimico-fisico, metalli dalle falde contaminate.

Design sperimentale Gio.Eco ha allestito un sistema sperimentale costituito da una colonna in vetro di 50 cm di lunghezza e un diametro di 10 cm. Tale colonna, attrezzata con sistemi necessari all’insufflazione e alla raccolta di gas, presenta inoltre porte di campionamento delle acque. Gli esperimenti saranno condotti utilizzando della pomice che fungerà da materiale di supporto per i batteri. Tale materiale dovrà avere caratteristiche idonee per i seguenti aspetti: • proprietà idrauliche; • adesione della biomassa; • promozione dell’attività microbica. La pomice verrà attraversata da un flusso di acqua contaminata, il mercurio ridotto dai microrganismi verrà quindi strippato dall’acqua tramite insufflazione dal basso di aria. L’aria verrà poi raccolta e purificata dal mercurio attraverso filtri a carbone attivo (Fig. 6). Il monitoraggio dell’attività di rimozione del mercurio sarà effettuato nel corso delle prove prelevando campioni di acqua a diverse di-

% Hg Residuo Trattamento

Fase

Fase

Trappole di

Solida

Liquida

carbone

-

4,4

5,5

80,8

0,005

10,2

56,6

0,007

4,2

1 (prova in liquido) 2 (prova con inoculo) 3 (prova con inoculo)

Tabella 2. Risultati delle prove di degradazione

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Figura 5. Conta batterica in piastra dei microrganismi resistenti al mercurio nella prova 6: in presenza di citrato e con inoculo di Bacillus RM1, effettuata su terreno selettivo (10 mg/l di Hg). Piastra incubata a 16°C per 7 giorni (A) e piastra incubata a 4°C per 7 giorni (B)


Figura 6. Schema sperimentale del sistema (A) e prototipo realizzato per l’allestimento delle prove sperimentali su scala di laboratorio (B)

stanze dal punto di input e tramite l’analisi del materiale di riempimento e delle trappole di carbone attivo al termine delle prove. Nel corso delle prove verranno monitorati i seguenti parametri: • concentrazione di mercurio nell’acqua e nel materiale di riempimento; • quantità di mercurio intrappolato nel carbone attivo; • persistenza dell’inoculo batterico sul materiale di riempimento. Attraverso un approccio di tipo modellistico verranno successivamente analizzati i dati ottenuti nel corso degli esperimenti per ottenere i parametri cinetici che meglio descrivano le velocità degradative ottenute in colonna. Tali dati sono necessari per la progettazione e il dimensionamento di una biobarriera su scala di campo.

Bibliografia [1] Barkay T., Miller S.M., Summers A.O. 2003. Bacterial mercury resistance from atoms to ecosystems. FEMS Microbiol Rev, 27, 355-384. Krämer U. 2005. Phytoremediation: novel approaches to cleaning up polluted soils. Curr Opin Biotech, 16, 133-141. [2] Osborn A.M., Kenneth D.B., Strike P., Ritchie D.A. 1997. Distribution, diversity and evolution of the bacterial mercury resistance (mer) operon. FEMS Microbiol Rev, 19, 239-262. [3] U.S. EPA. 1998. Report “Analysis of alternatives to incineration for mercury wastes containing organics”. [4] Wagner-Döbler I. 2003. Pilot plant for bioremediation of mercurycontaining industrial wastewater. Appl Microbiol Biotechnol, 62, 124133.

*Università di Milano - Bicocca **Gio.Eco s.r.l.

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le coperture assicurative per il rischio ambientale la gestione innovativa del sinistro grazie all’evoluzione dei prodotti assicurativi di Giovanni Faglia*

I

l settore industriale è sempre più interessato al rischio ambientale, ma frequentemente la valutazione dei rischi e delle potenzialità dei danni da inquinamento non viene svolta in maniera corretta. Il principio “chi inquina paga” è una realtà nel nostro Paese già da diversi anni grazie alla normativa sulle bonifiche, ma vi è la sensazione che molte imprese non ne abbiano una precisa percezione. In particolare il tema della responsabilità ambientale riguarda non solo le attività considerate a rischio inquinamento (industrie chimiche, petrolifere, metalmeccaniche, settore rifiuti) ma gran parte delle attività industriali (ad es. le aziende alimentari e agricole, i depositi, la logistica, senza dimenticare le attività presso terzi quali il settore delle costruzioni o quello delle bonifiche ambientali). Anche il mercato assicurativo sta mostrando sempre maggiore attenzione per questo settore, con una crescita moderata ma costante della domanda di coperture specifiche da parte delle imprese e con la richiesta di prodotti assicurativi innovativi. Per i non addetti ai lavori ricordiamo che in Italia, il mercato delle polizze inquinamento è offerto dalle imprese aderenti al Pool Inquinamento (ad oggi 31 compagnie di assicurazione e 5 riassicuratori) e da alcuni assicuratori extra-Pool (Chartis, Ace, XL Insurance). Il Pool Inquinamento è un consorzio fra assicuratori e riassicuratori fondato nel 1979, pochi anni dopo l’incidente di Seveso, quando Confindustria chiese all’ANIA di creare una polizza dedicata e specifica per i danni da inquinamento improvviso e graduale. Questo tipo di

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rischio, che si caratterizza per una frequenza bassa e una gravità di danno molto elevata, resta tutt’oggi uno dei più complessi da gestire ed il Pool nacque proprio con lo scopo di studiare le problematiche di una materia nuova ma fondamentale per il mondo dell’impresa. Prima di allora, l’unico modo per le aziende di assicurare il rischio inquinamento era la cosiddetta estensione all’inquinamento accidentale su polizza RCG (Responsabilità Civile Generale) che purtroppo continua ad essere la modalità di copertura preferita dalle aziende ma che presenta le seguenti problematiche: • il concetto di accidentale trae in errore molte imprese, nel linguaggio comune significa infatti casuale, involontario fortuito, nel vocabolario assicurativo ha ben altro significato, di sicuro non quello di involontario o imprevisto. Mancando però una definizione certa di questo termine possiamo immaginare le difficoltà interpretative in caso di sinistro;

• la polizza RCG copre solo i danni a terzi e non quelli all’interno dell’azienda che spesso possono essere molto rilevanti; • presenta di regola sottolimiti molto ridotti e assolutamente insufficienti; • non copre i danni da inquinamento graduale; • è una copertura che è prestata senza analisi o valutazioni specifiche. Per sviluppare questo mercato abbiamo quindi cercato di offrire un prodotto assicurativo sempre migliore, con: • la massima semplificazione del testo di polizza Responsabilità Ambientale, rendendolo comprensibile anche per i non addetti ai lavori e conforme alle ultime novità legislative; • l’offerta di nuove garanzie prestate per dare la massima coperture alle imprese (spese di bonifica interne al sito, danno ambientale, danneggiamento beni all’interno dello stabilimento, garanzia amianto, etc.).


Quello che mancava nel mercato italiano era la possibilità per l’azienda assicurata, in caso di sinistro ambientale, di potersi avvalere del supporto di un’azienda specializzata nel pronto intervento e benevisa dall’Assicuratore. Il danno da inquinamento infatti è diverso dagli altri incidenti che possono capitare a un’azienda. Normalmente colpisce matrici ambientali (acqua e suolo) che impongono interventi di messa in sicurezza d’emergenza e bonifica sia sul proprio terreno che su quello di terzi con l’obbligo di autodenuncia alle Autorità. L’evento impone quindi un’attività immediata a carico del responsabile. L’impresa deve dotarsi, in tempi brevissimi, di consulenti, squadre di pronto intervento e avvocati qualificati. Quando si deve decidere in poche ore, la macchina organizzativa si complica ulteriormente. Le difficoltà stanno nel trovare partner qualificati, legali specializzati in diritto ambientale, nel lavorare fianco a fianco con l’ente pubblico e nel fronteggiare i possibili danni arrecati a terzi. Le operazioni di bonifica possono durare mesi (o addirittura anni) e i costi sono molto elevati. La qualità dei fornitori nel pronto intervento è fondamentale. In molti casi le prestazioni non sono adeguate e i costi applicati alle imprese non sono corretti. Questi aspetti comportano spesso problemi ingenti a carico degli imprenditori e contenziosi con le Assicurazioni. Per questo il Pool propone una soluzione pensata ad hoc per tutti i suoi Assicurati e che rappresenta un’assoluta novità nel mercato assicurativo delle polizze inquinamento: il servizio P.I.A. Inquinamento (Pronto Intervento Azienda Inquinamento). Un servizio che consente agli assicurati, in caso di emergenza, di ricevere supporto tecnico telefonico, ricevere l’assistenza di una squadra per il pronto intervento, avviare i primi sopralluoghi, attivare le comunicazioni d’urgenza nei confronti degli enti preposti, identificare gli interventi necessari per la bonifica, descrivere le attività di consulenza e di interfaccia con gli enti locali e gli organi di controllo sanitario e ambientale, emettere una proposta tecnico-economica relativa alle operazioni di messa in sicurezza. *Pool Inquinamento

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Assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani la potestà regolamentare municipale prima e dopo la manovra “Salva Italia” di Daniele Carissimi*

L

’assimilabilità dei rifiuti speciali a quelli urbani rappresenta un problema tutt’oggi dibattuto. Ai sensi dell’art. 184, commi 1 e 2 del D.Lgs. 152/06, i rifiuti sono oggetto di classificazione in categorie. Alla stregua dell’elemento dell’origine, si identificano, infatti, in “rifiuti urbani” e “rifiuti speciali”. Nella prima categoria vengono ricompresi i c.d. rifiuti assimilati agli urbani e vale a dire i rifiuti speciali non pericolosi prodotti da locali adibiti ad usi diversi dalla civile abitazione, che sono assimilati per quantità e qualità ai rifiuti urbani[1].

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L’individuazione dei rifiuti assimilati agli urbani avviene ad opera di regolamenti comunali. Ai sensi dell’art. 198, comma 2, D.Lgs. 152/06, infatti, è di competenza dei Comuni stabilire l’assimilazione, per qualità e quantità dei rifiuti speciali non pericolosi ai rifiuti urbani, secondo i criteri di cui all’art. 195, comma 2 lett. e). Tale art. 195, al comma 2 lett. e) - fino alla riforma Salva Italia del Governo Monti - provvedeva a delimitare il potere regolamentare municipale, in relazione ad alcune tipologie di rifiuti speciali, disponendo che “non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle aree produttive, compresi i magazzini di materie prime e di prodotti finiti, salvo i rifiuti prodotti negli uffici, nelle mense, negli

spacci, nei bar e nei locali al servizio dei lavoratori o comunque aperti al pubblico; allo stesso modo, non sono assimilabili ai rifiuti urbani i rifiuti che si formano nelle strutture di vendita con superficie due volte superiore ai limiti di cui all'articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo n. 114 del 1998. Per gli imballaggi secondari e terziari per i quali risulti documentato il non conferimento al servizio di gestione dei rifiuti urbani e l'avvio a recupero e riciclo diretto tramite soggetti autorizzati, non si applica la predetta tariffazione”.


L’art. 14, comma 46 della legge n. 214 del 2011 (c.d. “Salva Italia”) ha abrogato, tuttavia, le parole da “ai rifiuti assimilati” fino a “la predetta tariffazione”, contenute nell’art. 195, comma 2, lettera e), del D.Lgs. 152/06, facendo così venire meno un importante limite alla potestà regolamentare dei Comuni in ordine all’assimilazione, in attesa del decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che dovrà definire, entro novanta giorni, i criteri per l'assimilabilità ai rifiuti urbani. Ciò comporta che, ancora oggi, ci troviamo a convivere con un'assimilabilità problematica, perché priva di criteri definiti a livello statale: il decreto ministeriale, nonostante il decorso degli anni, infatti, non è sopraggiunto. Stante la mancanza del provvedimento statale, si versa, pertanto, “nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal D.Lgs. n. 152/2006” e, quindi, “in materia di assimilazione dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani, continuano ad applicarsi le disposizioni degli articoli 18, comma 2, lett. d), e 57, comma 1, del D.Lgs. n. 22/1997”[2]. Tanto che ancora oggi - sembra incredibile - si applicano gli indirizzi forniti con deliberazione dal Comitato interministeriale per i rifiuti del 27 luglio 1984[3]. Alla luce di tale conclusione se ne rileva che la manovra “Salva Italia”, nella pratica, si è tradotta in un ampliamento della potestà regolamentare municipale in materia di assimilabilità dei rifiuti. Si deve sottolineare, peraltro, che i Comuni manifestavano, già prima della riforma, una certa disinvoltura nel disporre l’assimilazione dei rifiuti urbani, approfittando dell’assenza di direttive statali a riguardo, di talché l’Autorità garante della concorrenza aveva, per questo, raccomandato alle istituzioni competenti “una seria riconsiderazione dell’istituto della c.d. assimilazione”, nell’attesa delle determinazioni generali previste dalla normativa vigente, ossia del decreto di cui all’articolo 195, comma 2, del D.Lgs. 152/06[4]. Tuttavia, molte amministrazioni comunali continuano ad estendere oltremodo la categoria dei rifiuti speciali assimilati a quelli urbani, ulteriormente supportate dall’abrogazione di delimitazioni precise al potere regolamentare. È dovuta pertanto intervenire nuovamente l’Antitrust, che, dal canto suo, sollecita una solerte formulazione del provvedimento mi-

nisteriale che stabilisca in maniera univoca i criteri per l’assimilabilità ai rifiuti urbani, al fine di definire gli ambiti di discrezionalità delle amministrazioni comunali nell’individuare quantità e qualità delle tipologie di rifiuti speciali da assimilare ai rifiuti urbani, così come previsto dall’articolo 198, comma 2, lettera g), del D.Lgs 152/06[5]. Vero è, infatti, che i Comuni hanno tutto l’interesse ad estendere i limiti dell’assimilazione: l’assimilazione per delibera comunale, guarda caso, è presupposto necessario e sufficiente per l’assoggettabilità alla Tarsu delle superfici di produzione di rifiuti speciali assimilati[6]. In mancanza delle indicazioni statali, è la delibera comunale di assimilazione ad indicare i criteri quantitativi ovvero la scelta della tipologia di rifiuti assimilabili e i criteri quantitativi, cioè i limiti massimi di produzione di rifiuti speciali entro i quali sussiste l’assimilabilità[7]. L’abrogazione, così, sembrerebbe aprire ai Comuni la possibilità di assimilare ai rifiuti urbani anche i rifiuti che si formano nelle aree produttive e, conseguentemente, di ampliare il campo di applicazione della Tariffa. Per lo meno, fin tanto che non sarà emanato l’apposito decreto ministeriale. Si segnala peraltro che anche l’art. 14 del D.L. n. 201/2011 che ha introdotto il nuovo tributo, c.d. TARES, consente ai Comuni di poter estendere la tariffa anche ai rifiuti industriali prodotti nelle aree produttive, creando, quindi, un potenziamento della capacità impositiva municipale. Sino all’emanazione del decreto statale sui criteri di assimilazione, i Comuni avranno, quindi, discrezionalità nell’assimilare ai rifiuti urbani quelli speciali: discrezionalità estesa, in virtù delle modifiche apportate all’art. 195, comma 2 lett. e) dalla manovra “Salva Italia”. A porre un limite ha così dovuto provvedere la Cassazione in una recente pronuncia, affermando che la delibera comunale di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani debba individuare il limite quantitativo dei rifiuti prodotti, altrimenti non è valida per esigere la Tarsu[8]. Nel caso di specie, si erano indicate nel regolamento comunale le sostanze assimilabili ai rifiuti urbani, senza specificazione dei limiti quantitativi.

Occorre, invece, l’indicazione anche dei limiti quantitativi, al fine di garantire l’adeguatezza del servizio di smaltimento dei rifiuti, arginando la tendenza municipale ad ampliare la possibilità di tassazione delle superfici, sostenuta da ragioni connesse al gettito del tributo. Un tentativo di contenimento della discrezionalità municipale è stato, a parere di chi scrive, ravvisato anche in altri recenti interventi della Corte di Cassazione[9] in merito all’assimilabilità dei rifiuti di imballaggio. Tali rifiuti, argomenta la Cassazione, in base al decreto Ronchi, sono oggetto di un regime speciale rispetto a quello dei rifiuti in genere. Ciò varrebbe in assoluto per gli imballaggi terziari, per i quali è stabilito il divieto di immissione nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani, cioè, in sostanza, il divieto di assoggettamento al regime di privativa comunale. Per gli imballaggi secondari, invece, sarebbe ammessa solo la raccolta differenziata da

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parte dei commercianti al dettaglio che non li avessero restituiti agli utilizzatori. I rifiuti degli imballaggi terziari, nonché quelli degli imballaggi secondari, ove non sia attivata la raccolta differenziata, non possono, quindi, essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani, con la conseguente disapplicazione dei regolamenti da parte del Giudice tributario. In conclusione, si auspica pertanto che il decreto statale possa fare presto chiarezza e contenere la discrezionalità eccessiva dell’autonomia municipale in tema di assimilabilità. In mancanza, rimaniamo nelle mani dei nostri amministratori che speriamo accolgano i buoni consigli delle autorità indipendenti e della magistratura.

NOTE [1] M. Santoloci- V.Vattani “ Rifiuti e non rifiuti”, 2012, p. 39. [2] All’art. 1, comma 184, lett. b) della Finanzia-

ria 2007, Legge 27 dicembre 2006, n. 296 [3] Delibera del Comitato Interministeriale del 27 luglio 1984 - “Disposizioni per la prima applicazione dell'articolo 4 del D.P.R. 10 settembre 1982, n. 915, concernente lo smaltimento dei rifiuti”. [4] Autorità garante della concorrenza, segnalazione 29 marzo 2012 (AS922)- “Criteri di assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani”, Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti [5] Autorità garante della concorrenza, segnalazione 29 marzo 2012 (AS922) cit. [6] Corte Cassazione, n. 14816/2010 [7] Corte Cassazione, n. 21342/2008 [8] Corte Cassazione, 13 giugno 2012, n. 9631 [9] Corte Cassazione, 18-01-2012, n. 627; Cassazione civile, Sez. VI, ordinanza del 9 luglio 2012, n. 11500

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LA PROGETTAZIONE IN SICUREZZA DEGLI INTERVENTI DI BONIFICA Obblighi e responsabilità delle figure coinvolte nell’iter progettuale e la riduzione dei rischi attraverso le nuove tecnologie di Massimo Cella*

I

l Testo Unico sulla Sicurezza ha previsto cambiamenti radicali nel panorama legislativo italiano. Il primo indiscutibile pregio è quello di accorpare in un’unica norma disposizioni che, in passato, erano disperse, in modo frammentario, nelle leggi e decreti presenti già dalla seconda metà degli anni ‘50. Detto accorpamento, oggi, permette di rendere fruibile, ai più, il Decreto facilitandone, di fatto, la consultazione. Non solo, il Testo Unico così strutturato avvia, inevitabilmente, una modifica radicale nel modo di affrontare la Sicurezza sul Lavoro, allineando tale impostazione alla fisiologica e necessaria evoluzione tecnico-scientifica degli strumenti utilizzati ed impiegati per contrastare il verificarsi di infortuni sui luoghi di lavoro e lo sviluppo di malattie professionali. Quanto sopra sommariamente descritto trova esatta conferma nell’evoluzione normativa che di fatto ha “sviluppato” il proprio interesse dal “sistema protezione”, principio introdotto con le norme degli anni ‘50, al “sistema prevenzione” che ha puntato, tra i principali obiettivi da raggiungere, l’introduzione del principio di “prevenzione” e, cioè, la necessità di dare, al lavoratore, esatta consapevolezza di quelli che potessero essere i rischi del luogo di lavoro prima che approcciasse al luogo stesso. Purtroppo, leggendo attentamente i dati statistici dell’ultimo ventennio, anche tale principio ha imposto un “corret-

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tivo” introdotto dal già citato D.Lgs. 81/08 che, con la previsione di un “sistema di gestione della sicurezza”, ha l’arduo obiettivo di ridurre sensibilmente le cd. morti bianche. Tale approccio “sistemico” trova, nel decreto 81, la sua massima espressione all’interno del Titolo IV, interamente dedicato ai cantieri temporanei e mobili. In questo articolato normativo si collocano, altresì, la quasi totalità dei cantieri di bonifica. Recependo integralmente la volontà del legislatore il Titolo IV regola, in modo stringente, l’intero processo costruttivo e di bonifica, con specifico riferimento sia all’aspetto procedurale/documentale, che con riferimento alle responsabilità giuridiche nella fase progettuale ed in quella esecutiva.

Proprio con specifico riferimento agli obblighi e alle responsabilità sancite dalla normativa si evidenzia come la stessa coinvolga, in primis, il Committente definito come “… il soggetto per conto del quale viene realizzata l’opera …” (cfr. art. 89 D.Lgs. 81/2008), e quindi l’imprenditore che affida i lavori di bonifica. Tale coinvolgimento si concretizza già dalle prime fasi progettuali. Al Committente viene infatti chiesto “… sin dalle fasi di progettazione dell’opera …” di attuare le scelte tecniche ed organizzative rispettando le Misure Generali di Tutela individuate dall’articolo 15 del Testo Unico.


Tra queste si evidenzia l’obbligo di “… eliminazione dei rischi … in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico …”, oltre al dovere di limitare il numero di lavoratori “… esposti al rischio …”. Non solo, rimane in capo al Committente, che ne assume le responsabilità, la pianificazione dei lavori o delle fasi di lavoro, l’individuazione delle figure che coordineranno dal punto di vista sicurezza sia la progettazione che l’esecuzione dei lavori (Coordinatore della Sicurezza in fase di Progettazione ed Esecuzione), oltre che la verifica dei requisiti delle imprese che eseguiranno le opere. Il Committente non può quindi prescindere da una conoscenza approfondita della norma oltre che delle tecnologie costruttive disponibili. È evidente, però, come al Committente possano difficilmente appartenere competenze tecniche così specifiche. Per questo motivo il legislatore prevede la possibilità di delegare tali incombenze a un soggetto terzo, denominato “Il Responsabile dei Lavori”, che si assume, in prima persona, tutti gli obblighi e le responsabilità derivanti dall’incarico conferitogli (cfr. art. 90 D.Lgs. 81/08). Altra figura cruciale coinvolta nel processo, e non sempre consapevole delle sue responsabilità relativamente alla sicurezza della commessa, è il Progettista. A quest’ultimo la norma affida tutte le responsabilità derivanti dalle sue scelte progettuali, attribuendogli, addirittura, il ruolo di

garante per l’eliminaIDENTIFICAZIONE DEI POSSIBILI EVENTI zione o la riduzione al DANNOSI A RISCHIO ALTO minimo dei rischi sul lavoro (cfr Allegato CADUTO DALL’ALTO da un piano rialzato, un ponteggio XV co. 1.1.1 lett. a) INCIDENTE ALLA GUIDA un veicolo, un mezzo di cantiere D.Lgs. 81/08). COLPITO DA una massa contundente, uno schizzo La delicatezza di tale incarico e l’assunSCHIACCIATO DA una massa in movimento zione delle responINVESTITO DA un veicolo o un mezzo di cantiere sabilità derivate in INCIDENTE A BORDO DI un veicolo o un mezzo di cantiere capo al progettista permettono, con il TRAVOLTO da masse solide o liquide conforto legislativo, che quest’ultimo collabori con il coordinatore movimento terra presenti nel cantiere stesso della sicurezza in fase di progettazione. No- oltre che alla presenza di scavi aperti di grandi nostante tale facoltà il Progettista non potrà dimensioni. mai esimersi dall’assumere le responsabilità In relazione poi al traffico veicolare si eviche la norma gli riconosce in considerazione denzia come il rischio non rimanga confinato all’interno dell’area di cantiere, ma si trasferidel proprio incarico. Da un’attenta disamina degli articoli inclusi sca, necessariamente, all’esterno. nel Titolo IV appare evidente come sia de- Ciò accade, ad esempio, quando il progetto di terminante, ancora prima di procedere alla bonifica privilegia il trasporto presso terzi per progettazione dell’opera, identificare figure le operazioni di smaltimento o di trattamento con elevate e specifiche competenze tecnico- del materiale. professionali alle quali far gestire in modo cor- Un ulteriore approfondimento porta all’indiviretto il “Sistema Sicurezza” individuato dalla duazione di un altro rischio spesso presente nei cantieri di bonifica: il “rischio polveri”. In norma. Per meglio comprendere come il Committen- questo caso il danno causato si concretizza te, il Responsabile dei Lavori ed il Progettista nello sviluppo di una malattia professionale. possano assolvere agli obblighi individuati Anche per questo rischio la probabilità audalla norma, considerando anche l’opportuni- menta quanto più alto è il numero di mezzi tà di utilizzare le più avanzate tecnologie a di- impegnati nelle operazioni e lavorazioni. sposizione, è opportuno introdurre alcuni dei Un’attenta progettazione che consideri sia le principali rischi presenti nei cantieri di bonifi- nuove tecnologie disponibili che le modalità di ca. Quanto qui individuato non potrà senz’al- esecuzione della bonifica può quindi, fuor di tro essere esaustivo, ma può considerarsi dubbio, ridurre o eliminare alla fonte alcuni dei uno spunto di riflessione al fine di acquisire rischi su esposti. maggiore consapevolezza sull’importanza di E’ doveroso ricordare, con riferimento al punto che precede, come una corretta attuazione tali nomine. Nella tabella è riportata una statistica dei ri- della norma e un utilizzo di risorse anche tecschi che hanno prodotto danni elevati alle niche in fase di progettazione, comportino una persone del settore delle costruzioni, che, certa riduzione dei costi, sia con riferimento a come detto, comprende anche il settore delle quelli legati direttamente alla commessa, tra i quali si evidenziano quelli della sicurezza e bonifiche (fonte INAIL). È possibile notare come, ad esclusione della gestionali, che quelli derivati da un infortunio caduta dall’alto, gli eventi dannosi riportati, o sviluppo di una malattia professionale (aupossono essere presenti in tutti i cantieri di mento premi INAIL, fermi cantiere, sanzioni). bonifica. Approfondendo l’analisi si può facil- Resta inteso che un ruolo determinante in tal mente comprendere come la probabilità che senso è rivestito dal corretto impiego di tectali situazioni si possano verificare sia diret- nologie disponibili in funzione anche di un tamente proporzionale al numero di mezzi adeguato “Sistema Sicurezza”.

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È chiaro che l’individuazione delle diverse mo- trattamento del terdalità di intervento a livello progettuale deve reno in sito. Tali motener conto del caso specifico, del contesto dalità ridurrebbero e delle condizioni al contorno dell’intervento decisamente i rischi stesso, ciò al fine di poter individuare corret- connessi alla movitamente quali siano i vantaggi e i pregiudizi mentazione prevache ogni metodologia può determinare. Tra le lentemente esterni tecnologie disponibili si potrebbe privilegiare al cantiere), ma pola CFA (pali ad elica continua) per la rimozione trebbero introdurre, di hot spot profondi. Tale scelta consentirebbe nell’area di cantiere, di eliminare i principali rischi dovuti agli sca- alcuni nuovi rischi vi, quali ad esempio il rischio seppellimento, specifici quali, ad caduta nello scavo (operando puntualmente) esempio, quelli relativi al montaggio di impianoltre che ridurre, sensibilmente, i volumi di ma- ti. A ciò si potrebbero aggiungere la gestione teriale rimosso, e, di conseguenza, diminuire i delle incombenze derivate dall’incremento rischi connessi alla movimentazione terra (in- delle misure atte ridurre le interferenze, quavestimento, incidente, polveri, ecc.). Per con- li ad esempio la delimitazione delle aree o la tro una simile tecnologia potrebbe, nei cantieri formazione specifica del personale. complessi, “impattare” sensibilmente nella ge- È pacifico dunque ritenere come le scelte intraprese in fase di progettazione debbano stione delle interferenze uomo-macchina. considerare aspetti. Da quanto tratvalutazioni possono essere fatte9:13 ok B DEPURACQUEAnaloghe 240X150.qxp:Layout 1 23-02-2010 Pagina numerosi 1 per tutte quelle tecnologie che consentono il tato nei paragrafi precedenti risulta eviden-

te come il Committente, il Responsabile dei Lavori e il Progettista non possano esimersi dalle proprie responsabilità anche nella progettazione dell’intervento che dovrà necessariamente tenere presente dell’evoluzione tecnologica senza, però, dimenticare tutti gli adempimenti imposti dalla norma in ambito di Igiene e Sicurezza sui luoghi di lavoro. * PLS s.r.l.

impianti per il trattamento del percolato da discarica

L’impianto per il trattamento del percolato che si origina nelle discariche di R.S.U. è stato sviluppato sulla base del know-how e dell’esperienza che Depuracque ha acquisito nel campo degli evaporatori sotto vuoto per il trattamento di reflui altamente inquinanti in oltre dieci anni di realizzazioni applicative in area industriale. Questo impianto risolve in maniera definitiva il problema del trattamento del percolato con una soluzione tecnologicamente avanzata ed economicamente vantaggiosa in termini di costi sia di investimento sia di esercizio. L’impianto comprende normalmente una opportuna sezione di finissaggio del condensato per la rimozione dell’ammoniaca (strippaggio-assorbimento con aria in circuito chiuAnno biologica 5 - Numero so) ed un eventuale trattamento di ossidazione a fanghi 21 attivati (processo S.B.R.).

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In funzione di specifiche esigenze sono stati eseguiti impianti con sezioni di preconcentrazione e di finissaggio su membrane. I vantaggi sono rilevanti in quanto la tecnologia adottata coperta da brevetto Depuracque: - comporta il trattamento specifico del refluo con effettivo abbattimento degli inquinanti evitando qualsiasi diluizione; - evita i rischi connessi alla fase di trasporto; - consente l’ottimale recupero energetico del biogas; il fabbisogno termico può inoltre essere soddisfatto con il solo utilizzo di acqua calda da raffreddamento dei gruppi di cogenerazione e pertanto ad effettivo costo zero;

- costituisce applicazione della migliore tecnologia oggi praticabile per i reflui ad alto contenuto inquinante; - risolve in maniera definitiva i problemi dello smaltimento del percolato in assenza di emissioni significative in atmosfera. La gamma di normale produzione prevede modelli con capacità fino a 10 m 3/h. Ad oggi sono stati realizzati impianti presso le discariche di: Pescantina (VR), Centa Taglio (VE), Pantaeco (LO), San Miniato (PI), Chianni (PI), Fermo (AP), Rosignano Marittimo (LI), Serravalle Pistoiese (PT), Giugliano in Campania (NA), Monsummano Terme (PT), Jesolo (VE), Peccioli (PI), Malagrotta (RM), Bracciano (RM).


lo stoccaggio provvisorio dei fanghi di sedimentazione Approfondimento sulle problematiche legate ai residui delle acque di processo e sulla relativa normativa e giurisprudenza di Rosa Bertuzzi*

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uando le acque di processo, derivanti dal lavaggio di impianti industriali, vengono conferite in un’unica vasca, le acque in questione generano una naturale sedimentazione sul fondo della stessa. Da qui emergono due diversi procedimenti: il primo, i fanghi, quali rifiuti, vengono regolarmente aspirati dallo spurghista e conferiti con documentazione ad impianti autorizzati. Il secondo, riguardante le acque di processo stesse che subiscono una serie di processi fisici e chimici di trasformazione nella temperatura e nella composizione, oltre che fenomeni complessi di sedimentazione. Nello specifico tali acque vengono classificate come scarico industriale, che si immette in condotta, regolarmente autorizzato. Importante è che il refluo finale (e non quello intermedio) rispetti i limiti tabellari. Il tutto è effettuato allo scopo di arrecare il minor impatto ambientale e garantire una maggiore qualità di gestione ambientale. Per quanto riguarda i materiali solidi derivanti dalla sedimentazione o decantazione delle acque, quale processo naturale, se l’impresa non ha l’intenzione di reimpiegarli, quali sottoprodotti, significa che tali materiali vengono classificati come rifiuti. Conseguentemente gli stessi sono sottoposti alla relativa disciplina. Pertanto i fanghi derivanti dalla sedimentazione naturale di deposito delle acque di processo o di lavaggio sono sottoposti alla sola disciplina normativa di cui all’art. 183 comma

1 lett. bb), del deposito temporaneo, ma non ricadono nella disciplina autorizzativa del trattamento di rifiuti. Tale affermazione si ricava anche da diverse sentenze, le quali trattano sempre impianti di sedimentazione naturale, ma che condannano esclusivamente la violazione dei limiti temporali del deposito temporaneo, ma mai prendono in considerazione la mancata autorizzazione di un impianto di trattamento.

FONDAMENTI LEGISLATIVI La sedimentazione naturale nel D.Lgs. 152/06, c.d. Testo Unico Ambientale, è solamente descritta dall’art. 74 comma 1 lettere ll) e mm) come: Art. 74 comma 1 Definizioni ll) trattamento primario: il trattamento delle acque reflue che comporti la sedimentazione dei solidi sospesi mediante processi fisici e/o chimico-fisici e/o altri, a seguito dei quali prima dello scarico il BOD5 delle acque in trattamento sia ridotto almeno del 20 per cento ed i solidi sospesi totali almeno del 50 per cento; mm) trattamento secondario: il trattamento delle acque reflue mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazione secondaria, o mediante altro processo in cui vengano comunque rispettati i requisiti di cui alla tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte terza del presente decreto.

Mentre per quanto riguarda i fanghi:

Art. 74 comma 1 Definizioni bb) fanghi: i fanghi residui, trattati o non trattati, provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.

Si ricorda che le acque reflue urbane sono la combinazione di acque reflue domestiche, di acque reflue industriali, e/o di quelle cosiddette di ruscellamento convogliate in reti fognarie, anche separate, e provenienti da agglomerato. Si riporta tale definizione allo scopo di individuare nella definizione di fanghi anche quello proveniente dai reflui industriali. Art. 127 Fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue 1. Ferma restando la disciplina di cui al decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi derivanti dal trattamento delle acque reflue sono sottoposti alla disciplina dei rifiuti, ove applicabile e alla fine del complessivo processo di trattamento effettuato nell’impianto di depurazione. I fanghi devono essere riutilizzati ogni qualvolta il loro reimpiego risulti appropriato. 2. E’ vietato lo smaltimento dei fanghi nelle acque superficiali dolci e salmastre.

Art. 133 Sanzioni amministrative 6. Chiunque, salvo che il fatto costituisca reato, non osservi il divieto di smaltimento dei fanghi previsto dall’articolo 127, comma 2, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da seimila euro a sessantamila euro.

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La norma tratta dei fanghi anche nella parte IV, in ambito rifiuti. Nello specifico: Art. 184 comma 1 Classificazione g) i rifiuti derivanti dall’attività di recupero e smaltimento di rifiuti, i fanghi prodotti dalla potabilizzazione e da altri trattamenti delle acque e dalla depurazione delle acque reflue e da abbattimento di fumi Art. 208 Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti 15. Gli impianti mobili di smaltimento o di recupero, esclusi gli impianti mobili che effettuano la disidratazione dei fanghi generati da impianti di depurazione e reimmettono l’acqua in testa al processo depurativo presso il quale operano, ed esclusi i casi in cui si provveda alla sola riduzione volumetrica e separazione delle frazioni estranee, sono autorizzati, in via definitiva, dalla regione ove l’interessato ha la sede legale o la società straniera proprietaria dell’impianto ha la sede di rappresentanza. Per lo svolgimento delle singole campagne di attività sul territorio nazionale, l’interessato, almeno sessanta giorni prima dell’installazione dell’impianto, deve comunicare alla regione nel cui territorio si trova il sito prescelto le specifiche dettagliate relative alla campagna di attività, allegando l’autorizzazione di cui al comma 1 e l’iscrizione all’Albo nazionale gestori ambientali, nonchè l’ulteriore documentazione richiesta. La regione può adottare prescrizioni integrative oppure può vietare l’attività con provvedimento motivato qualora lo svolgimento della stessa nello specifico sito non sia compatibile con la tutela dell’ambiente o della salute pubblica.

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In base alla lettura della norma, la sedimentazione, come processo, è classificata come trattamento primario o secondario, in base al processo biologico esperito, ma non è disciplinata puntualmente. In tutti i casi i fanghi, quali rifiuti, devono rispettare la disciplina in materia di raccolta e smaltimento degli stessi. Ne consegue che nell’ipotesi in cui la società provvedesse all'accumulo di una consistente quantità di detti fanghi nei letti di essiccamento, qualora risulti risalente nel tempo, costituisce attività di "stoccaggio" degli stessi, ossia un'attività di smaltimento consistente in operazioni di deposito preliminare di rifiuti, nonché di recupero degli stessi, consistente nella messa in riserva di materiali, non già un mero "deposito temporaneo", ossia un raggruppamento di rifiuti, prima della loro raccolta, nel luogo di produzione, per il quale è necessario che le successive operazioni di raccolta, recupero o smaltimento avvengano non oltre il successivo trimestre, ovvero il materiale raccolto non superi i venti metri cubi. Ma se tale attività non viene esercitata effettivamente, in quanto i fanghi vengono aspirati direttamente dalla vasca oggetto di deposito e conferiti direttamente agli impianti autorizzati, allora ciò non è autorizzabile in quanto rientrante nei limiti del deposito temporaneo. Si precisa che ogni qual volta che esce lo spurghista, all’interno del F.I.R. deve essere riportato il codice C.E.R. corretto. Si evidenzia, comunque, anche al fine della quantità e tempo di deposito nella vasca, che nel concetto giuridico di "stoccaggio" rientrano tutte le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B, nonché quelle di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell'allegato C. Per "deposito temporaneo" s'intende invece il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, a condizione che, trattandosi, come nel caso in specie di rifiuti speciali non pericolosi, siano raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito, ovvero, in alternativa, con cadenza annuale se

il quantitativo di rifiuti in deposito non supera i trenta metri cubi. Lo stoccaggio è la messa in riserva (R13) e recupero di materia (R3) con riferimento a rifiuti prodotti. Lo stoccaggio provvisorio, senza autorizzazione, di rifiuti integra il reato sancito dell’art. 256 del D.Lgs. 152/06 punito: 1. con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; 2. con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. Art. 256 Attività di gestione di rifiuti non autorizzata 1. Chiunque effettua un’attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione di cui agli articoli 208, 209, 210, 211, 212, 214, 215 e 216 è punito: a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi. 2. Le pene di cui al comma 1 si applicano ai titolari di imprese ed ai responsabili di enti che abbandonano o depositano in modo incontrollato i rifiuti ovvero li immettono nelle acque superficiali o sotterranee in violazione del divieto di cui al’ar-


ticolo 192, commi 1 e 2. 3. Chiunque realizza o gestisce una discarica non autorizzata è punito con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la pena dell’arresto da uno a tre anni e dell’ammenda da euro cinquemiladuecento a euro cinquantaduemila se la discarica è destinata, anche in parte, allo smaltimento di rifiuti pericolosi. Alla sentenza di condanna o alla sentenza emessa ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale, consegue la confisca dell’area sulla quale è realizzata la discarica abusiva se di proprietà dell’autore o del compartecipe al reato, fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi. 4. Le pene di cui ai commi 1, 2 e 3 sono ridotte della metà nelle ipotesi di inosservanza delle prescrizioni contenute o richiamate nelle autorizzazioni, nonché nelle ipotesi di carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni. 5. Chiunque, in violazione del divieto di cui all’articolo 187, effettua attività non consentite di miscelazione di rifiuti, è punito con la pena di cui al comma 1, lettera b). 6. Chiunque effettua il deposito temporaneo presso il luogo di produzione di rifiuti sanitari pericolosi, con violazione delle disposizioni di cui all’articolo 227, comma 1, lettera b), à punito con la pena dell’arresto da tre mesi ad un anno o con la pena dell’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro. Si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da duemilaseicento euro a quindicimilacinquecento euro per i quantitativi non superiori a duecento litri o quantità equivalenti.

7. Chiunque viola gli obblighi di cui agli articoli 231, commi 7, 8 e 9, 233, commi 12 e 13, e 234, comma 14, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da duecentosessanta euro a millecinquecentocinquanta euro. 8. I soggetti di cui agli articoli 233, 234, 235 e 236 che non adempiono agli obblighi di partecipazione ivi previsti sono puniti con una sanzione amministrativa pecuniaria da ottomila euro a quarantacinquemila euro, fatto comunque salvo l’obbligo di corrispondere i contributi pregressi. Sino all’adozione del decreto di cui all’articolo 234, comma 2, le sanzioni di cui al presente comma non sono applicabili ai soggetti di cui al medesimo articolo 234. 9. Le sanzioni di cui al comma 8 sono ridotte della metà nel caso di adesione effettuata entro il sessantesimo giorno dalla scadenza del termine per adempiere agli obblighi di partecipazione previsti dagli articoli 233, 234, 235 e 236.

Mentre se l’Ente gestore provvede al mero deposito preliminare di rifiuti finalizzato al sollecito compimento di una delle operazioni di smaltimento in senso stretto, sicché non si potrà, nel caso di specie, configurare "stoccaggio", ma al più "deposito temporaneo" (da intendersi "provvisorio" in quanto temporaneamente precedente ad altre operazioni) cioè il raggruppamento di rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti, purché ricorrano sei specifiche condizioni. Il deposito temporaneo di rifiuti non è soggetto ad autorizzazione, ma solo quando siano rispettate le dette specifiche condizioni. Il deposito temporaneo deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute. I rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti: con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito, ma solo quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi.

In tutti i casi, quando il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno. Art. 183 Definizioni bb) "deposito temporaneo": il raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, alle seguenti condizioni: 1) i rifiuti contenenti gli inquinanti organici persistenti di cui al regolamento (CE) 850/2004, e successive modificazioni, devono essere depositati nel rispetto delle norme tecniche che regolano lo stoccaggio e l’imballaggio dei rifiuti contenenti sostanze pericolose e gestiti conformemente al suddetto regolamento; 2) i rifiuti devono essere raccolti ed avviati alle operazioni di recupero o di smaltimento secondo una delle seguenti modalità alternative, a scelta del produttore dei rifiuti:con cadenza almeno trimestrale, indipendentemente dalle quantità in deposito; quando il quantitativo di rifiuti in deposito raggiunga complessivamente i 30 metri cubi di cui al massimo 10 metri cubi di rifiuti pericolosi. In ogni caso, allorché il quantitativo di rifiuti non superi il predetto limite all’anno, il deposito temporaneo non può avere durata superiore ad un anno; 3) il "deposito temporaneo" deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute; 4) devono essere rispettate le norme che disciplinano l’imballaggio e l’etichettatura delle sostanze pericolose; 5) per alcune categorie di rifiuto, individuate con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero per lo sviluppo economico, sono fissate le modalità di gestione del deposito temporaneo. Art. 208 Autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti 17. Fatti salvi l’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico da parte dei soggetti di cui all’articolo 190 ed il divieto di miscelazione di cui all’articolo 187, le disposizioni del presente articolo non si applicano al deposito temporaneo effettuato nel rispetto delle condizioni stabilite dall’articolo 183, comma 1, lettera m).

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FONDAMENTI GIURISPRUDENZIALI Risultano d’interesse le successive sentenze. Corte di Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 18032 del 27 marzo 2007 Il fango era contenuto in vasca di decantazione, in regime di deposito temporaneo. Durante un controllo dei N.O.E. è stato accertato che tali fanghi erano depositati da più di tredici mesi, qualificando uno stoccaggio e non un deposito temporaneo, in quanto sono stati superati i limiti temporali ai sensi dell’art. 183 comma 1 lett. m) di dodici mesi. Lo stoccaggio risulta una fase del procedimento di smaltimento dei rifiuti e come tale deve essere autorizzato. Anche in questa sentenza la suprema Corte non si sofferma sulla disciplina della sedimentazione o decantazione, ma condanna la società perché non ha rispettato la normativa in materia di deposito temporaneo. Corte di Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 8520 del 27 marzo 1998 Lo stoccaggio provvisorio, senza autorizzazione, di rifiuti tossico-nocivi integrava la contravvenzione punita ex art. 26 del D.P.R. n. 915 del 1982. In seguito all'entrata in vigore del D.Lgs. n. 22 del 1997, tale condotta deve essere qualificata come deposito incontrollato dei propri rifiuti pericolosi, sanzionato dall'art. 51, comma 2, del D.Lgs. suddetto. Nella fattispecie, l'imputata aveva effettuato, per alcuni anni, senza autorizzazione, all'interno del proprio stabilimento, lo stoccaggio provvisorio di fanghi di sedimentazione , in attesa di reperire una ditta che smaltisse detti rifiuti tossico-nocivi. Corte di Cassazione penale, Sez. III, sentenza n. 4007 del 19 febbraio 1999 Risulta contestato lo stoccaggio non autorizzato dei "fanghi di molazza" e delle "polveri di abbattimento dei fumi": rifiuti che la previgente normativa (d.p.r. 915-82) qualificava "tossico - nocivi" e che la nuova (D.Lgs. 22/97) definisce "pericolosi". Non può, di certo, ingenerare dubbi sulla identificazione del fatto punibile la diversa denominazione dell'attività contemplata dai due sistemi di norme, poiché lo "stoccaggio" non autorizzato, previsto è punito dal combinato disposto dagli artt. 16,1 co. lett. b e 26 del d.p.r. 915-82, lo è anche ai sensi del combinato disposto dagli artt. 28 e 51, 1 co. (lett. a o b a seconda che trattasi di rifiuti non pericolosi ovvero pericolosi). Lo "stoccaggio", inteso come "deposito", era, invero, secondo il d.p.r. 915-82 (artt. 16 e 26 cit.), una "fase" dell'attività di smaltimento lo è anche ai sensi del D.Lgs. 22/97, che, nell'elenco delle operazioni di smaltimento (v. allegato B al D.Lgs. 22/97 cit.) include nelle varie operazioni, sotto la lettera D 15, anche quella di "deposito preliminare" (da intendersi "provvisorio" in quanto temporaneamente precedente ad altre operazioni). È chiaro, pertanto, che la condotta, così come descritta nel capo di imputazione, è penalmente rilevante anche ai sensi del D.Lgs. 22/97. T.A.R. Milano Lombardia, Sez. IV, sentenza n. 5534 del 21 novembre 2008 In tema di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, il superamento dei limiti di capacità di trattamento del relativo impianto previsti dal D.M. 5 aprile 2006, n. 186 (nella specie, aumento dei fanghi derivanti dal macero), determina l'inapplicabilità della procedura semplificata e l'assoggettamento, invece, all'ordinaria procedura di valutazione ambientale.

Ai sensi dell'art. 23 del D.Lgs. 152/06, debbono essere assoggettati a valutazione di impatto ambientale – V.I.A. - , tra gli altri, gli "Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/ giorno, mediante operazioni di incenerimen-

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to o di trattamento di cui all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del presente decreto, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto" (lett. b) del punto 9 dell'elenco A, dell'All.

III alla parte seconda del D.Lgs. 152/06. In conclusione, qualora la società provveda ad effettuare un deposito temporaneo non dovrà richiedere alcuna autorizzazione. *Ambienterosa, Consulenze legali ambientali


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Nuova disciplina sull a gestione delle terre e rocce da scavo

presentare il Piano di Utilizzo secondo le modalità previste dall'articolo 5. 2. È facoltà dell'Autorità competente eseguire controlli e richiedere verifiche e integrazioni alla documentazione presentata. 3. La deroga di cui al comma 1 non può essere applicata a quanto disciplinato all'articolo 5, comma 5. Procedure semplificate (per interventi di modesta entità fino a 6mila mc) sono previste nel Decreto Semplificazioni tuttora in discussione e pertanto non ancora applicabili.

Pubblicato il nuovo Regolamento in vigore dal 6 ottobre 2012

E’ stato pubblicato sulla G.U. n. 221 del 21/09/2012, il Decreto del Ministro dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare n. 161 del 10/08/2012 inerente il nuovo Regolamento sulla Disciplina dell'utilizzazione delle terre e rocce da scavo - Criteri qualitativi da soddisfare per essere considerati sottoprodotti e non rifiuti - Attuazione articolo 49 del D.L. n. 1/2012 (Decreto Liberalizzazioni). Tale provvedimento consentirà adesso di migliorare l’uso delle risorse naturali, prevenire la produzione dei rifiuti e stabilire le procedure e le modalità affinché la gestione e l'utilizzo dei materiali da scavo avvenga senza pericolo per la salute dell'uomo e senza recare pregiudizio all'ambiente. Sono esclusi dall'ambito di applicazione del nuovo Regolamento i rifiuti provenienti direttamente dall'esecuzione di interventi di demolizione di edifici o altri manufatti preesistenti, la cui gestione è disciplinata ai sensi della parte quarta del D.Lgs. 152/06 (Testo Unico Ambientale). Sono a carico del proponente gli oneri per la redazione del Piano di Utilizzo nel quale devono essere dimostrati i requisiti previsti per non assoggettare alla disciplina sulla gestione dei rifiuti le terre e rocce da scavo prodotte. L'Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), entro tre mesi dalla pubblicazione del presente Regolamento, predisporrà un tariffario nazionale da applicare al proponente per la copertura dei costi sopportati dall'Agenzia Regionale di Protezione Ambientale (ARPA) o dall'Agenzia Provinciale di Protezione Ambientale (APPA) territorialmente competente per l'organizzazione e lo svolgimento delle attività di cui all'articolo 5 del Regolamento, individuando il costo minimo e un costo proporzionale ai volumi di materiale da scavo. Nei succes-

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LA SVOLTA GREEN NEL SETTORE EDILE La Filiera “RI-inerte” - Sardegna, rete produttiva e di servizi ecosostenibile, ha confermato i vantaggi di un rilancio nel settore per le imprese edili

sivi tre mesi il Ministro dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare adotterà, con proprio decreto, il tariffario nazionale, e definirà le modalità di stipula di idonee garanzie finanziarie qualora l'opera di progettazione ed il relativo Piano di Utilizzo non vada a buon fine. Nelle more di approvazione e adozione del tariffario nazionale, i costi sono definiti dai tariffari delle ARPA o APPA territorialmente competenti. Da una prima valutazione si evince che nel testo approvato non sono riportate modalità semplificate ma, rispetto alla procedura ordinaria indicata nell'art. 5, è riportata solo la procedura per le situazioni di emergenza (art. 6) la quale stabilisce che: 1. In deroga all'articolo 5, in situazioni di emergenza dovute a causa di forza maggiore, la sussistenza dei requisiti di cui all'articolo 4, comma 1, è attestata all'Autorità competente mediante una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà di cui all'articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, resa nella forma di cui all'allegato 7. Dalla data della predetta dichiarazione il materiale da scavo può essere gestito nel rispetto di quanto dichiarato. Entro quindici giorni dalla data di inizio lavori, il soggetto che ha rilasciato la dichiarazione di cui al precedente periodo deve comunque

Il recupero dei rifiuti inerti da C&D, ma anche (e soprattutto) la produzione di aggregati riciclati certificati attraverso una diversificazione in chiave eco-friendly, per le imprese del settore edile sono gli obiettivi su cui puntano le imprese e a cui guardano con favore gli Enti Locali. La Sardegna è una regione sensibile al problema per la corretta gestione dei materiali prodotti nell’attività di costruzione e demolizione. Lo dimostra il fatto che sul territorio regionale siano state avviate diverse iniziative che hanno aderito alla “Filiera RI-inerte”. La prima fase si è conclusa con l’adesione di realtà localizzate nei bacini di Bassacutena (OT), Bultei (SS), Ovodda (NU), Tortolì (OG) e Serramanna (VS). La Filiera “RI-inerte” – Sardegna, rete produttiva e di servizi eco-sostenibile è il progetto, avviato dall’Associazione “Studi Ambientali” in collaborazione con RECinert, per l’introduzione all’uso di aggregati riciclati certificati rinvenienti dal recupero di rifiuti inerti da C&D per la realizzazione di opere pubbliche e private. Le imprese aderenti all’iniziativa realizzano un impianto per il conferimento di rifiuti inerti e macerie edilizie da destinare alla produzione di aggregati riciclati certificati “RI-inerte” utilizzando il know-how già definito e l’assistenza necessaria per la progettazione e la realizzazione oltre ai servizi continuativi relativi alla produzione e certificazione. Tale atti-


vità rientra a pieno titolo tra le iniziative conformi alla normativa di settore per la gestione dei rifiuti e la produzione di aggregati riciclati certificati per l’utilizzo in opere di ingegneria civile del settore edile-stradale ed ambientale. In particolare la nuova versione del Testo Unico Ambientale impone a carico della P.A. l'obbligo di promuovere iniziative dirette a favorire il riutilizzo dei prodotti e la preparazione per il riutilizzo dei rifiuti mediante la realizzazione di centri di raccolta per il riutilizzo degli stessi. L'art. 181 del TUA, attribuisce ai Comuni il compito di predisporre ed adottare le misure necessarie per conseguire l'obietti-

vo di riutilizzo, entro il 2020, di almeno il 70% dei quantitativi di rifiuti inerti da C&D prodotti e prevedere l’utilizzo diretto per almeno il 30% del fabbisogno di materiali certificati ed iscritti al Repertorio del Riciclaggio, rinvenienti dalle operazioni di recupero dei rifiuti. Per facilitare il raggiungimento di questi obiettivi, le imprese aderenti, attraverso la partecipazione alla Filiera “RI-inerte”, realizzano un Centro di Raccolta e Recupero di rifiuti inerti da C&D ed utilizzano una serie di iniziative tali da permettere il rispetto degli obblighi e degli obiettivi che la normativa impone. Le strutture saranno a disposizione di comuni ed imprese del territorio. L’amministratore delegato della società P.P.T. Srl di Bassacutena (la prima società a partecipare all’iniziativa), Marco Pirredda, nel corso della cerimonia di consegna del

riconoscimento ottenuto quale impresa ecosostenibile durante la manifestazione EXPOEDILIZIA 2012 tenutasi recentemente alla Fiera di Roma, ha dichiarato “di essere molto soddisfatto della scelta di aderire alla filiera “RI-inerte” per i risultati ottenuti in quanto ha avuto modo di utilizzare ed apprezzare i servizi necessari per la realizzazione dell’impianto, l’assistenza nell’avvio dell’attività riducendo notevolmente gli investimenti ed entrando nel settore da protagonista con vantaggi economici già nel primo esercizio”. “Abbiamo creduto fortemente nell’iniziativa” ha dichiarato invece Pinuccio Cuguttu, amministratore della società Cuguttu Srl di Benetutti, anch’essa premiata, “al punto da programmare la realizzazione di tre Centri di Raccolta, il primo a Bultei, è stato già completato ed è in fase di avvio”. La società capofila del progetto ha avviato le attività in tutta la regione per la formazione ai tecnici dei vari ordini professionali e l’acquisizione di nuovi partner da aggregare alla filiera al fine di garantire la maggiore copertura territoriale.

LIFE+ Invito a presentare proposte 2013 Supporto finanziario per le organizzazioni europee che operano nel settore ambientale La Commissione europea invita le organizzazioni non governative europee che operano nel settore ambientale a presentare proposte per contributi finanziari per il 2013, si tratta dell’ultimo invito prima della nuova programmazione relativa al settennio 2014-2020. I contributi sono destinati a coprire le spese che le ONG europee che operano nel settore ambientale devono sostenere per svolgere le attività previste nel loro programma di lavoro annuale 2013. Le organizzazioni richiedenti devono operare a livello europeo singolarmente o in associazioni coordinate con una struttura ed attività che coprano almeno tre Stati membri dell'Unione europea. Attività e base associativa dovrebbero essere innanzitutto a livello europeo e non a livello internazionale. L'assistenza finanziaria ai sensi del presente invito a presentare proposte può essere fornita per attività che contribuiscano all'attuazione e allo sviluppo della politica e della legislazione ambientale. Le proposte saranno valutate sulla base della rilevanza politica e l'impatto potenziale del coinvolgimento nella definizione delle politiche in materia ambientale e l'attuazione in Europa, in relazione ai seguenti settori prioritari: • cambiamenti climatici; • natura e biodiversità; • ambiente e salute; • risorse naturali e rifiuti; • questioni orizzontali o trasversali (come la standardizzazione). Il termine per la presentazione delle proposte è il 31 ottobre 2012 ed il finanziamento disponibile ammonta a 9.000.000 di euro Il programma è uno strumento di cofinanziamento. La quota complessiva di assistenza dell'Unione europea non può superare il 70% delle spese ammissibili del richiedente per l'anno di assegnazione. Il periodo di ammissibilità della spesa può avere inizio il 1° gennaio 2013.

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LA NUOVA S.r.l.

SERVIZI E TECNOLOGIE ECOLOGICHE

S.E.M.P. si avvale di un team di professionisti in grado di dare risposte alle esigenze sempre più complesse del mercato. L’aggiornamento sulle nuove leggi in materia ambientale, la costante ricerca di nuove opportunità offerte dalla tecnologia al fine di migliorare i servizi legati alla gestione del rifiuto, fanno seguito alla volontà di essere sempre all’avanguardia nell’offerta di servizi ambientali. Fanno parte del gruppo S.E.M.P. la Nuova Spurpoz S.r.l. e Laboni S.r.l. a completamento del ventaglio di servizi offerti.

TECNOLOGIE E SERVIZI DI SPURGO

La Nuova Spurpoz è autorizzata alle bonifiche ambientali e alle bonifiche dei serbatoi interrati; è inoltre raccoglitore associato al Consorzio Nazionale Olii Vegetali. Opera nel settore degli spurghi industriali e civili, nei trasporti di rifiuti, nel prosciugamento in caso di allagamento. È attiva nelle videoispezioni.

PECI - CATRAMI OLII E GRASSI INDUSTRIALI - PRODOTTI CHIMICI

Laboni socio fondatore del consorzio nazionale di raccolta e trattamento olii vegetali e grassi animali del quale è tuttora socio - opera nel settore dello smaltimento e recupero di peci, catrami, olii e grassi industriali e di prodotti chimici.

Durante la manifestazione, SEMP in collaborazione con PASA, organizza il workshop:

Giovedì 08 Novembre 2012 • ore 14.00 Sala Noce - Ecomondo - Pad. A6 - Fiera Rimini

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“Regolamento di attuazione del DM 10 Agosto 2012 n. 161: Gestione delle terre e rocce da scavo verso la Green Remediation”


v e tr i n a

SIMAM: un altro uso dell’osmosi e delle membrane

Nell’ambito dei lavori di realizzazione di una nuova piattaforma off-shore in Azerbaijan per conto del cliente Compra Energy S.A., la società Renco S.p.A. ha incaricato Simam S.p.A., società di ingegneria e servizi di Senigallia, specializzata inter alia nella progettazione, costruzione, fornitura e gestione di impianti di trattamento acque, della realizzazione di un impianto “turn-key” per il trattamento e il condizionamento di acqua a servizio di una caldaia a vapore. L’impianto, containerizzato e dalla capacità produttiva di 3 m³/h, è stato progettato per la produzione di acqua a servizio di una caldaia a vapore da utilizzare nel processo di produzione di energia elettrica di una turbina SOLAR. L’impianto di trattamento e condizionamento dell’acqua è costituito dalle seguenti sezioni: filtrazione meccanica fino a 1 micron, sezione di degasaggio primario, sezione di osmosi inversa, sezione di degasazione avanzata, accumulo e rilancio finale al corpo recettore. La peculiarità dell’impianto progettato, costruito e testato da Simam è quella di abbattere la concentrazione di ossigeno disciolto nell’acqua trattata fino a livelli bassissimi (fino a sette parti per miliardo) nella sezione di degasazione avanzata. La deossigenazione dell’acqua è resa necessaria dal fatto che l’acqua trattata viene inviata in una caldaia, dove l’eccessiva presenza di ossigeno potrebbe causare malfunzionamenti (ruggine e rotture) dei componenti a contatto. Simam, grazie alle più innovative BAT (Best Avaiable Technologies), ha progettato e installato un sistema di deossigenazione a membrane sottovuoto, che, grazie al contatto dell’acqua con l’azoto permette l’abbattimento della concentrazione di ossigeno nell’acqua. Nel degasatore a membrana, il fluido di processo viene messo in contatto con un gas di flussaggio, attraverso una membrana idrofobica semipermeabile. In questa condizione, grazie alla differenza di pressione parziale dei gas tra le due fasi e data l’impossibilità di passaggio dell’acqua attraverso la membrana, avviene il passaggio del gas dal fluido alla corrente di scarico. L’azoto necessario al processo viene prodotto dall’impianto autonomamente, grazie all’installazione di un sistema di produzione azoto con filtri a setacci molecolari (CMS) che permettono la produzione di un gas altamente Puro (>99.995 %). Tutto il sistema a valle della sezione di degasazione è mantenuto polmonato per evitare che l’acqua trattata rientri in contatto con l’ambiente e quindi si “riossigeni”. La progettazione, la costruzione e la fornitura dell’impianto hanno richiesto 7 mesi di tempo. (Autore: Giulio D’Alesio)

VTN: ricerca e innovazione anche (e soprattutto) in tempo di crisi Dalla seconda metà del 2007 il mondo delle macchine da cantiere è afflitto da una gravissima crisi. Il trend sempre più negativo del mercato di riferimento è la conseguenza sia della congiuntura economica, che a poco a poco ha generato l’attuale situazione di recessione, sia della mancanza di una politica industriale che si ponga come obiettivo l’attuazione di iniziative mirate per la ripresa. Eppure, anche di fronte ad uno scenario così pesante, in cui tutti gli schemi tradizionali sono saltati, i cambiamenti continuano ad essere veloci e le aziende devono tempestivamente adeguarsi a dinamiche finora sconosciute per cogliere al volo le nuove prospettive che si presentano. Anche i periodi di crisi, infatti, se gestiti con razionalità e coerente lungimiranza, spesso rappresentano occasioni irripetibili per distinguersi e rafforzarsi sul mercato. La via di uscita che VTN Europe ha individuato quale opportunità per fronteggiare con il minor danno l’esasperante protrarsi di un contesto senza precedenti, è la verifica del proprio modello di organizzazione che, grazie a processi produttivi rivisti ed ottimizzati, consente la realizzazione di attrezzature ancora più competitive per prestazioni, affidabilità e prezzo. Dall’alto della sua solidità, e consapevole del proprio potenziale, VTN Europe è pronta ad affrontare sfide di mercato sempre più impegnative, forte di un marchio riconosciuto nel mondo per storia e tradizione, forte della capacità di rispondere in tempo reale anche alle richieste più specialistiche, e forte soprattutto di una filosofia che ha nella qualità, nell’innovazione, nell’eccellenza dei servizi ed ora anche nel rispetto per l’ambiente i valori di base. A Ecomondo, importante “Fiera Internazionale del Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile”, in programma a Rimini dal 7 al 10 Novembre, VTN Europe presenta alcuni modelli della sua rinnovata gamma di Cesoie, Pinze per movimentazione e Benne a polipo.

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SOFTWARE BIOENERGYDIADE PER UN'ENERGIA PULITA, CONTROLLATA E CERTIFICATA

Società Cooperativa Bilanciai, con i suoi 60 anni di storia nel mondo della pesatura, ha investito strumenti e risorse per creare soluzioni dedicate in particolare al settore delle bioenergie. Il software BioEnergyDiade è un software appositamente sviluppato per rispondere alle crescenti necessità del settore delle bioenergie. Facilità d’uso, velocità e affidabilità sono gli elementi che caratterizzano questo sistema che non è un semplice programma di pesatura ma un software per la raccolta strutturata, direttamente sul posto, dei dati necessari per una rendicontazione completa del flusso di prodotti che entrano ed escono dall’impianto nell’arco delle 24 ore. Il sistema è ottimizzato per il terminale DD2050 e DD1050, i terminali elettronici prodotti da Coop Bilanciai con elevate caratteristiche di flessibilità e affidabilità, collocabili sia in ambiente esterno sia in uffici/portinerie. Il software non necessita di un PC esterno per il suo funzionamento ma dispone di funzionalità per l’esportazione dei dati direttamente su un PC in rete o su chiave USB. Il caricamento dei dati del programma come tabelle, configurazione dei menu e opzioni, possono essere facilmente modificati tramite il servizio FTP integrato sul dispositivo. I dati raccolti dal sistema possono essere comodamente esportati su file in diversi formati. Società Cooperativa Bilanciai sarà presente alla prossima edizione Ecomondo Pad. A2 stand 001.

gamma di trasmettitori di pressione Keller per l'utilizzo in aree pericolose Keller S.p.A. ha presentato recentemente una gamma completa di trasmettitori di pressione per l’utilizzo in aree pericolose. Questi trasmettitori a sicurezza intrinseca offrono intervalli di misurazione compresi tra 0,2 bar e 1000 bar, vale a dire che si possono utilizzare per misurazioni in tutti i tipi di aree soggette a rischio esplosione di Gruppo II (gas), e in conformità alla Direttiva ATEX qui inerente. I modelli specifici appartenenti alla gamma di prodotti sono stati approvati rispettivamente anche per il Gruppo I (estrazioni minerarie) e per il Gruppo II (polveri). Le caratteristiche comuni a tutti i trasmettitori di pressione della linea Y comprendono un errore di temperatura estremamente ridotto, al quale corrisponde un’elevata precisione delle misurazioni. Grazie al sensore di temperatura incorporato e a un circuito digitale supplementare, è possibile suddividere l’intervallo delle temperature di funzionamento previste in molteplici sottointervalli, fino a 120, di ampiezza pari a 1,5 Kelvin (K). Durante il processo di calibratura in fabbrica, per ciascuno di questi sottointervalli si utilizza un modello matematico per calcolare i valori specifici di compensazione per il punto zero del TK (coefficiente di tempera­tura – N.d.T.) e di amplificazione del TK; i valori vengono poi memorizzati nel trasmettitore. Durante il funzionamento questi valori vengono inseriti nel percorso del segnale analogico in funzione della temperatura, senza ridurre la dinamica di elaborazione del segnale di 2 kHz. Di conseguenza, nel tipico arco di variazione della temperatura da -10°C a +80°C è possibile ottenere, ai fini della misurazione, una fascia di errore totale corrispondente, pari a ±0,8% FS. Questo valore comprende tutte le fonti di errore, dalla linearità alla tolleranza dell’intervallo. Una caratteristica aggiuntiva è data dal fatto che i trasmettitori di pressione della linea X di Keller (Serie 30) offrono un calcolo di valutazione elettronico, basato su micro-controllori, allo scopo di assicurare la massima precisione. Ogni trasmettitore è calibrato lungo l’intero campo di variazione della pressione e della temperatura. Questi dati di misurazione sono utilizzati per elaborare un modello matematico che permette la correzione di tutti gli errori riproducibili. In questo modo Keller può garantire un’elevata precisione, grazie a un’ampiezza della fascia di errore compresa entro il campo di variazione della pressione e della temperatura, il quale è interamente compensato. Al momento dell’acquisto, l’utilizzatore dei trasmettitori industriali può indicare una scelta specifica del campo di temperatura compensato, a seconda della rispettiva applicazione; ad esempio, -10…80°C oppure 10…40°C. Altrimenti, i trasmettitori di livello sono dotati normalmente di un campo compensato pari a 0…50°C. Il valore della pressione calcolato può essere prelevato attraverso l’interfaccia e viene elaborato, simultaneamente, come segnale analogico. In corrispondenza dell’uscita digitale, la fascia di errore tra 10…40°C corrisponde a un massimo di ±0,05% dell’intero campo di variazione. Un variegato assortimento di progetti strutturali, di formati per segnali elettrici e connessioni meccaniche, garantisce che questi trasmettitori di pressione a sicurezza intrinseca si possano impiegare per una grande varietà di applicazioni.

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ERACHECK: SOLUZIONE INNOVATIVA PER L’ANALISI Degli IDROCARBURI SENZA USO DI CFC

Eracheck nasce dalla collaborazione tra l’azienda austriaca QuantaRed Technologies uno spin-off dell’Istituto di Scienze dei Materiali dell’Università di Vienna, che ne detiene il brevetto, e la società Eralytics GmbH che lo produce e lo commercializza nel mondo. In Italia viene commercializzato dalla giovane azienda TQ Technologies for Quality Srl di Genova. Eracheck analizza il CicloEsano contenente gli idrocarburi estratti dalla bottiglia di campionamento dell’acqua da analizzare. Essendo di piccole dimensioni e necessitando di poca potenza di alimentazione elettrica, è possibile utilizzarlo in situ con l’ausilio di un inverter ed una presa da auto a 12 Volts. La sua tecnica di analisi utilizza la tecnologia ad assorbimento laser Quantum Cascate Laser (QCL-IR). La sua cella di misura viene riempita e termostatata in automatico tramite il pompaggio di pochi ml di solvente prelevato anche direttamente dal collo della bottiglia. Da notare che le fasi di estrazione coincidono esattamente con la procedura utilizzata con l’uso del Freon. Unica differenza è che il CicloEsano al contrario del Freon, galleggia sull’acqua ed è, quindi, aspirabile dall’Eracheck inserendo direttamente un tubetto di aspirazione nel collo della bottiglia. Nel 2011, questa tecnica analitica è stata riconosciuta a livello internazionale con la pubblicazione della norma ASTM D767811 (Standard Test Method for Total Petroleum Hydrocarbons (TPH) in Water and Wastewater with Solvent Extraction using Mid-IR Laser Spectroscopy). Questo fatto ha permesso di utilizzare una valida alternativa alle norme ASTM D3921 e della DIN38409-H18. La nuova tecnica analitica permette finalmente di non dover utilizzare il Freon dannoso per l’ambiente, una delle principali cause dell’aumento del buco dell’ozono atmosferico. Anche in Italia il metodo Eracheck sta dimostrando molto interesse e prove effettuate da utilizzatori e da laboratori interessati a valutarne l’efficacia, hanno dimostrato che si tratta dello strumento ideale nel campo industriale, petrolchimico, ma suscita ancora qualche perplessità nel caso di analisi di acque reflue da attività civili. Attività di studio sono attualmente in corso con importanti laboratori in Italia. Occorre capire che nella determinazione degli idrocarburi totali esistono differenti tecniche analitiche, alcune molto specifiche (GC-FID o GC-MS) che permettono la determinazione dei singoli composti presenti, ma che non sono in grado di analizzare con una sola tecnica di estrazione l’insieme molto ampio dei componenti idrocarburici presenti nei campioni di acqua. Da questo fatto nasce la necessità di concordare valori di riferimento univoci. .

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Sacmi: nasi elettronici per l’ambiente

Un naso elettronico capace di riconoscere e misurare tutti gli odori, 24 ore su 24, funzionando da solo e all’esterno, in tutte le condizioni atmosferiche. Si chiama EOS Ambiente e sarà presentato da Sacmi – pad. C1 stand n. 008 - in fiera a Rimini, a Ecomondo, dal 7 al 10 novembre 2012. Un dispositivo unico al mondo, fondamentale per riuscire a tenere sotto controllo non solo le emissioni potenzialmente nocive, ma anche quelle semplicemente sgradevoli, ad esempio di una raffineria o di una discarica. EOS Ambiente può contare su un sistema pneumatico per il campionamento dell’aria esterna e su sensori evoluti di gas ad ossidi metallici semiconduttori, collocati all’interno di un’apposita cella di misura brevettata da Sacmi. Grazie a questa soluzione il dispositivo richiede una manutenzione minima e funziona all’esterno 24 ore su 24 in qualsiasi condizione di temperatura e umidità. Attraverso questi sensori il naso elettronico rileva, esattamente come il naso umano, l’impronta olfattiva di ogni sostanza ma, a differenza di quel che può fare un uomo, riesce a riconoscere sempre con precisione la sostanza e a misurare con esattezza la sua concentrazione, anche quando la fonte è lontana e la percentuale nell’aria minima. Il sistema viene addestrato a rispondere alle varie concentrazioni odorose in analogia alla risposta del panel umano utilizzato in laboratorio secondo la norma UNI EN 13725 che definisce in modo univoco la scala di misura dell’odore con il concetto di “odour unit”. Quest’anno EOS Ambiente si rinnova con un look esterno più gradevole e moderno, un nuovo software di riconoscimento e classificazione degli odori e diversi miglioramenti nel sistema di campionamento dell’aria. Il tutto per garantire una precisione di misura senza uguali. EOS Ambiente è l’unico naso elettronico al mondo che dichiara nella misura quantitativa della concentrazione di odore uno scostamento massimo del 15% rispetto al dato misurato in laboratorio con il panel umano. Il naso elettronico può essere utilizzato così per monitorare con precisione le emissioni di discariche, impianti di compostaggio, termovalorizzatori, impianti con produzione di biogas, raffinerie e impianti chimici, allevamenti zootecnici, depuratori di acque reflue civili o industriali. Attività che generano emissioni non necessariamente nocive, ma spesso sgradevoli. In tutti questi casi EOS Ambiente può quantificare l’odore percepito dalla popolazione, verificare oggettivamente se rientra entro livelli tollerabili, analizzare gli eventuali scostamenti stagionali, ma anche funzionare come sistema di allarme per emissioni anomale o impreviste. EOS 101 Portable rende disponibile la tecnologia di EOS Ambiente a tutti quei clienti che non hanno l’esigenza di un monitoraggio continuo 24x7 ma che vogliono effettuare campionamenti spot per verificare le emissioni odorigene di un impianto. Pronto all’uso in pochi minuti, facile da programmare, rapido nella risposta e nell’azzerare i sensori per prepararsi ad un nuovo ciclo di misura grazie alla tecnologia Fast Sensor di SACMI. EOS 101 Portable è lo strumento ideale per tutti gli operatori del monitoraggio ambientale. EOS 101 Indoor è il primo naso elettronico di Sacmi per il monitoraggio della qualità d’aria in interni. Pensato per l’utilizzo in spazi chiusi potenzialmente soggetti ad alto inquinamento odoroso quali sale conferenze, cinema, sale d’aspetto, centri commerciali, negozi, rileva in continuo il livello di qualità dell’aria da un punto di vista odorigeno. Integrato nei sistemi di ricircolo, ventilazione e/o deodorizzazione, attiva e sospende automaticamente ed in modo ottimale questi dispositivi minimizzandone i consumi energetici e contribuendo con ciò ad un minor impatto ambientale della struttura in cui viene installato.

Topfiltro, la soluzione per le elettropompe per il percolato Il topfiltro è stato studiato dalla Officine di Trevi per prevenire l’intasamento dell’elettropompa in condizioni difficili. Questo topfiltro, realizzato con tubi filtranti Johnson®, può essere utilizzato in tutti i siti di discarica dove è presente acqua con sedimenti solidi, filamentosi, percolato. Se appropriatamente dimensionati installati e gestiti, i filtri possono aiutare ad ottenere un buon risparmio nei tempi di manutenzione ordinaria dell’impianto. Realizzati con una struttura cilindrica di acciaio inox rigido, presentano una superficie di contatto con il liquido molto grande. Alla base del cilindro di acciaio c’è un fondo termoplastico. Dal lato alto del cilindro di acciaio, un disco termoplastico sagomato permette il centraggio dell’elettropompa Officine di Trevi serie M. Un pratico sistema permette il facile smontaggio del kit filtro-pompa per un'agevole manutenzione. Il disegno delle fessure di aspirazione, che permettono al liquido di entrare all’interno del filtro, è stato studiato per ottimizzare il passaggio di corpi di modeste dimensioni. E’ indispensabile che il filtro sia libero da sedimenti per almeno il 30% della sua superficie per garantire un corretto funzionamento dell’elettropompa la cui aspirazione è posta al suo interno. Il cilindro del topfiltro ha un diametro esterno di 168 mm, con un ingombro massimo di 172 mm. Il topfiltro può lavorare immerso in liquidi che raggiungono una temperatura massima di 85°C.

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e invita Aziende Pubbliche e PrivateLA ad aderire alla Campagna di comunicazione APPUNTAMENTO CON QUALITA’ A NOVEMBRE

Il Gruppo Galgano presenta

la 24ª Campagna Nazionale Qualità e Innovazione nell’ambito della 18ª Settimana Europea (5-11 novembre 2012)

per testimoniare il ruolo strategico a beneficio del Sistema Paese sotto il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri

fra le numerose aziende aderenti all’iniziativa, i brand che aderiscono da oltre 10 anni

3M ITALIA ● ABB SACE Division ● ABBOTT ● ABOCA ● ACEA ● ACQUA MINERALE SAN BENEDETTO ● AGENDA DEL GIORNALISTA ● ALSTOM ● ANGELINI ● ANNUARIO QUALITA’ MAGAZINE ● ANSALDO SISTEMI INDUSTRIALI ● API RAFFINERIA DI ANCONA ● ARCO SPEDIZIONI ● ARD. F.LLI RACCANELLO ● ARTSANA GROUP ● ASE ● ASSOCIAZIONE ARTIGIANI VARESE ● ATTIVA ● AUTOMOBILE CLUB D’ITALIA ● BANCA MEDIOLANUM ● BANCA POPOLARE DI LANCIANO E SULMONA ● BASF ● BERTO E.G. INDUSTRIA TESSILE ● BIANCHI CUSCINETTI ● BIBLIOTECA NAZIONALE CENTRALE di ROMA ● BITRON ● BMW ITALIA ● BOERO BARTOLOMEO ● BOTTEGA VERDE ● BUREAU VERITAS ITALIA ● CAMERA DI COMMERCIO DI ANCONA ● CAMOTER COMMERCIALE ● CARLE & MONTANARI OPM ● CARONTE & TOURIST ● CENTRO CONGRESSI VILLE PONTI ● CENTRO RIFERIMENTO ONCOLOGICO ● CIP4 ● CIR FOOD ● CLN COILS LAMIERE NASTRI ● COMUNE DI SEGRATE ● COMUNE DI SETTIMO MILANESE ● CONFINDUSTRIA MONZA E BRIANZA ● CONFINDUSTRIA PESCARA ● CONSORZIO ZAI INTERPORTO QE ● CONTINUUS PROPERZI ● COOP.COSTRUZIONI ● COOPERATIVA VOLOENTIERI ● COOPSERVICE S. COOP. P.A. ● COSTERPLAST ● CREDITO TREVIGIANO ● CTM CAGLIARI ● DEA EDIZIONI RIVISTA ECO ● DELL’ORTO ● DELPHI ITALIA AUTOMOTIVE SYSTEMS ● DENSO THERMAL SYSTEMS ● ECCELLERE BUSINESS COMMUNITY ● EDIZIONI ANGELO GUERINI E ASSOCIATI ● ELDOR CORPORATION ● ELECTROLUX ITALIA ● ELETTROTECNICA ROLD ● EMERSON PROCESS MANAGEMENT ● ENAC ENTE NAZIONALE PER L’AVIAZIONE CIVILE ● ENEL INGEGNERIA E INNOVAZIONE ● ES ITALIA ETHICSPORT ● ESRI ITALIA ● ESTE ● EUROP ASSISTANCE ITALIA ● FAMECCANICA.DATA ● FARAONE ● FATER ● FERALPI SIDERURGICA ● FINE FOODS & PHARMACEUTICALS ● FONDAZIONE SVILUPPO COMPETENZE ● FRANDENT ● GESTIONE TRASPORTI METROPOLITANI ● GIOTTI ● GLOBAL ASSICURAZIONI ● GMSL ● GOGLIO COFIBOX ● GRANDI NAVI VELOCI ● GRANITIFIANDRE ● GRUPPO MAGGIOLI ● GUNA ● HARVARD BUSINESS REVIEW ITALIA ● HERMES ITALIA ● HONDA ITALIA ● I.M.E. ● ICCREA BANCAIMPRESA ● IPI ● IPSEN ● IREN ENERGIA ● ISEA ● KEDRION ● KLOPMAN ● L’ERBOLARIO LODI ● L’IMPRESA ● LAVAZZA ● LOMBARDINI ● LUXOTTICA ● MAGNETI MARELLI POWERTRAIN ● MAGNIFLEX ● MANIFATTURA CORONA ● MAPE ENGINE POWER GROUP ● MARCA GROUP ● MARCOLIN ● MARIO MODICA EDITORE: Spot and Web ● MEDIOLANUM CORPORATE UNIVERSITY ● MICHELIN ITALIANA ● MIMESI ● MONDOLIBERO ● MUKKI ● MUSTAD ● NATUZZI GROUP ● NOVARTIS FARMA ● OCME ● OLIMPIA AGENCY ● OTO MELARA ● PANINI ● PB FINESTRE ● PETRONAS LUBRICANTS ● PIRELLI TYRE ● PROVINCIA DI GROSSETO ● RCI Banque Succursale Italiana ● REED BUSINESS INFORMATION ● REGINA CATENE CALIBRATE ● REGIONE CAMPANIA ● RHIAG GROUP ● RIVISTA IL PERITO INDUSTRIALE ● RIVOIRA ● ROYAL CANIN ● SAFILO ● SANMARCO INFORMATICA ● SANOFI ● SANTA MARGHERITA ● SCHINDLER ● SDA EXPRESS COURIER ● SELEX ELSAG ● SIAD ● SIEL ENERGY & SAFETY ● SIKKENS ● SLIMPA ● SORIN GROUP ● SPEEDLINE (GRUPPO RONAL) ● STRETTO DI MESSINA ● TAKEDA ITALIA FARMACEUTICI ● TECNA EDITRICE ● TECNOCARTA ● TECNOMARCHE ● TELECOM ITALIA SPARKLE ● TELEMAT ● TENARISDALMINE ● TIMAC ● TVS ● UNIVAR ● VACANZE CULTURA. IT: Abruzzo Magazine ● VENETA CUCINE ● VISHAY SEMICONDUCTOR ITALIANA ● VITAVIVA ● WEBASTO ● XEROX ● ZOBELE HOLDING

Per informazioni tel 02.39605295 fax 02.39605212 relazioni.esterne@galganogroup.it www.galganogroup.it/gmq

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VI edizione

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dicembre 2012 Milano Palazzo delle Stelline

La più importante mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi di Green Procurement pubblico e privato

incontri one to one convegni workshop formativi premi e iniziative speciali area espositiva

www.forumcompraverde.it

in contemporanea con

IL SALONE DEI LAVORI VERDI Segreteria scientifica e Relazioni istituzionali Ecosistemi srl • tel. 06 68301407 Segreteria organizzativa Adescoop-Agenzia dell’Economia Sociale s.c. tel. 049 8726599


E COAP P U N TA ME N TI

Ecomondo

Rimini, dal 7 al 10 novembre

Riapre i battenti il 7 novembre la Fiera Internazionale del recupero di materia ed energia e dello sviluppo sostenibile, giunta quest’anno alla sedicesima edizione. Dopo lo straordinario successo del 2011, quest’anno la fiera sarà ancor più aperta ai nuovi mercati con un maggior sviluppo del profilo internazionale e puntando sui mercati di maggiore interesse. Ecomondo rappresenta un punto di riferimento per le imprese italiane ed europee che vedono nel rispetto dell´ambiente una chiave per la competitività e la sfida per il loro business. Anche quest’anno si terrà all’interno di Ecomondo Decommissioning, il Progetto speciale dedicato al processo di risanamento e demolizione delle aree dismesse civili e industriali, giunto ormai alla terza edizione. Decommissioning rappresenta un’importante opportunità per poter entrare in contatto con i principali buyers nazionali ed un'occasione per tutti gli operatori del settore di conoscere le ultime tendenze di questo mercato. www.ecomondo.com

Sicurezza

MILANO, Dal 7 al 9 novembre

Sullo sfondo di un mercato in grande fermento, che finalmente mostra un nuovo trend positivo, torna a Fiera Milano Sicurezza 2012, l’unico evento internazionale per i settori antintrusione, rilevazione antincendio, difese passive, home & building automation, sicurezza informatica, intelligence e antiterrorismo, prodotti e servizi per forze di polizia e vigilanza privata. Sicurezza è occasione di incontro e dialogo tra tutti i protagonisti del mercato – costruttori e distributori da un lato; installatori, sistemisti e grandi utilizzatori dall’altro. www.sicurezza.it

Pollutec

Lione, dal 27 al 30 novembre

Il Salone Internazionale delle attrezzature, delle tecnologie e dei servizi per l’ambiente è giunto alla venticinquesima edizione, che quest’anno si svolgerà a Lione e potrà contare su un’area espositiva di 110.000 metri quadrati e sulla presenza di oltre 2.400 espositori appartenenti a tutti i settori – acqua, aria, energia, rifiuti, suoli, rischi e analisi/misura/controllo. Un’offerta unica di ecoinnovazioni sia nell’ambito degli stand degli espositori che nell’ambito di premi e trofei. Al centro dell’edizione 2012 sarà la città sostenibile, un tema trasversale che sarà declinato nei vari settori espositivi. Il forum Città Sostenibile permetterà inoltre di presentare un’offerta di soluzioni promettenti e testimonianze di esperienze positive nell’ambito di uno spazio di discussione con numerosi esperti, soprattutto nei settori dell’energia e delle reti urbane intelligenti. Tante altre anticipazioni sulla fiera a pag. 27. www.pollutec.com

CompraVerde-BuyGreen

MILANO, dal 5 al 6 dicembre

Dal 5 al 6 dicembre si terrà CompraVerde-BuyGreen, il Forum Internazionale degli Acquisti Verdi, che quest’anno ha scelto come location Il Palazzo delle Stelline di Milano. Una mostra-convegno dedicata a politiche, progetti, beni e servizi di Green Procurement pubblico e privato Compra Verde è giunta ormai alla sesta edizione e proporrà a operatori e visitatori un programma culturale di alto profilo. Articolato in un programma culturale di alto livello, in una qualificata area espositiva e in numerose iniziative speciali, CompraVerde-BuyGreen si propone come punto d’incontro per i diversi attori coinvolti nella diffusione e attuazione degli acquisti verdi pubblici. www.forumcompraverde.it

Klimahouse

Bolzano, dal 24 al 27 gennaio

Klimahouse è la fiera leader del settore per l’efficienza energetica e la sostenibilità nell’edilizia giunta quest'anno all’ottava edizione. Klimahouse nasce dall’esigenza sempre crescente di costruire in maniera sostenibile, risparmiando energia e così rispettando l’ambiente. Klimahouse si svolge in Alto Adige, territorio all’avanguardia per quanto riguarda costruzioni sostenibili e risparmio energetico. In questo contesto Klimhouse mette a disposizione dell'espositore e del visitatore le competenze sviluppate in Alto Adige grazie all'offerta espositiva qualificata e assai specializzata dei suoi espositori e ad un programma convegnistico pensato proprio per fornire informazioni, trasferire competenze e rispondere alle esigenze di enti locali, imprese e professionisti del settore. www.fierabolzano.it/klimahouse

Fiera Agricola/BioEnergy Expo

Verona, dal 2 al 5 febbraio

Da oltre un secolo Fieragricola è il punto di riferimento nel panorama agricolo mondiale, l'unica manifestazione internazionale in Italia che presenta un'offerta completa delle tecnologie e dei prodotti nel settore della meccanica agricola, dell'allevamento, delle agro-forniture, delle energie rinnovabili e dei servizi per l'agricoltura. Al suo interno trova spazio Bioenergy Expo, il salone dedicato alle nuove forme di energia, fonte di reddito e chiave di lettura per interpretare strategicamente e concretamente una nuova sensibilità in grado di coniugare ambiente, imprenditorialità e sviluppo. Bioenergy Expo è il salone delle energie rinnovabili, concepito per offrire nuove opportunità di reddito e di risparmio agli imprenditori agricoli e per presentare agli operatori del settore energetico informazioni e novità riguardanti la produzione di energia da fonti agricole. www.fieragricola.it

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libri IL GEOLOGO AMBIENTALE

A cura di Luigi Maurizio Paternò

EPC Editore (pagine 334 - € 29,00) Il libro si presenta come una guida che segue ed illustra passo dopo passo l’iter di bonifica dei terreni e delle acque sotterranee come previsto dal Testo Unico Ambientale (D.Lgs. 152/06). Una risposta concreta alla domanda “come si diventa Geologi Ambientali?” viene data dall’autore che, dando per acquisite le basi teoriche della geologia e dell’idrogeologia applicate, si concentra su argomenti che consentono di comprendere come applicare le proprie conoscenze professionali. Il volume illustra, insieme allo sviluppo teorico e pratico di attività più “classiche”, anche alcuni principi fondamentali per i Project Manager di procedimenti di bonifica. Strutturata in 7 capitoli, l’opera affronta una serie di argomenti che partono dalla fase di inquadramento territoriale per approfondire poi l’analisi di rischio, la progettazione dell’intervento di bonifica, l’ottenimento della certificazione sino alla gestione delle terre e rocce da scavo. Il volume è corredato inoltre da un CD che contiene numerosi modelli che possono essere utilizzati come spunto e supporto nella gestione delle procedure, nel calcolo dei parametri geologici e nella presentazione e reportistica dei risultati. Un utile strumento sia per i professionisti che si avvicinano al mondo delle bonifiche sia per coloro che, pur avendone già esperienza, vogliono confrontare procedure e metodi utilizzati consolidando le proprie modalità operative oppure acquisendo i suggerimenti forniti da un autore di comprovata esperienza nel settore.

ECOMAFIA 2012 LE STORIE E I NUMERI DELLA CRIMINALITà AMBIENTALE

A cura dell’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente

Edizioni Ambiente (pagine 457 - € 24,00) Giunto alla diciannovesima edizione, il Rapporto Ecomafia, curato dall’Osservatorio Nazionale Ambiente e Legalità di Legambiente, è ormai un appuntamento immancabile nonché uno strumento di lavoro per coloro che hanno necessità di informarsi, parlare e scrivere di crimini ambientali. Lo stesso Roberto Saviano, che ne cura quest’anno la prefazione, si dichiara “sempre più convinto che senza questo dossier non sia possibile capire il paese” poiché quest’opera non rappresenta solo un aggiornamento su reati e profanazioni ambientali ma “perché racconta le dinamiche, i vettori, le economie che derivano dalla distruzione di ciò che rende l’Italia terra d’elezione nell’immaginario delle culture mondiali”. Il libro documenta infatti l’evoluzione delle attività dei clan nei vari settori, abusi edilizi, traffico illecito di rifiuti, energie pulite, ecc., con un focus dedicato quest’anno alle infiltrazioni della ‘ndrangheta al Nord in relazione anche alle grandi opere in corso per l’Expo 2015. Dalla lettura dei dati emerge un paese che assomiglia ad un campo di battaglia, con continui assalti ai propri tesori e alle proprie ricchezze storiche, artistiche e produttive. Con 33.817 reati ambientali accertati nel corso del 2011 si comprende come siano cifre impressionanti quelle raccolte in questo libro e quindi si comprende anche quanto sia importante il lavoro svolto dall’Osservatorio di Legambiente nel fornire ogni anno un quadro aggiornato di questo sconvolgente fenomeno italiano.

URBANISTICA, EDILIZIA E RISCHIO SISMICO

A cura di Alessandro Monaco e Roberto Monaco

Sistemi Editoriali (pagine 539 - € 45,00) Questa seconda edizione del volume è stata totalmente rivista poiché si rendeva necessario correlare le metodologie urbanistiche ed edilizie con il rischio sismico e gli hazard naturali. Inoltre il progresso tecnico scientifico degli ultimi anni, affiancato all’evoluzione normativa conseguente all’entrata in vigore delle Nuove Norme Tecniche per le costruzioni (ex D.M. 14 gennaio 2008), hanno fornito l’opportunità di rivedere l’opera, ampliandone il contenuto ed evidenziando maggiormente la correlazione tra la pianificazione urbanistica ed i principi generali di sicurezza e tutela dai potenziali rischi sismici e idrogeologici.L’autore parte dalla storia dei territori facendo un excursus dall’urbanesimo all’era moderna e soffermandosi sul rapporto tra territorio e collocazione strategica dei centri urbani. Quindi si passa alla sismologia, all’influenza dei terremoti sulle scelte urbanistiche e alla normativa sismica nazionale cui sono dedicati in modo diverso tre capitoli. L’opera si conclude con un approfondimento sugli aspetti urbanistici ed edilizi in relazione alla sicurezza sismica sugli edifici esistenti e sulla pianificazione territoriale. I recenti eventi sismici che hanno provocato disastri in Abruzzo nel 2009 e ancor più recentemente in Emilia Romagna confermano l’importanza di un opportuno riadeguamento urbanistico e quindi la triste attualità delle tematiche trattate in quest’opera.

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PeVmedia.com

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DECOMMISSIONING INDUSTRIALE VERSO L’ECCELLENZA TRA SOSTENIBILITà E SICUREZZA

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TERRE E ROCCE DA SCAVO ABROGATO L’ART. 186 ORA IL NUOVO DECRETO

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SICUREZZA E BONIFICHE LA RIDUZIONE DEI RISCHI INIZIA DALLA PROGETTAZIONE

IngegnerIa applIcata alle demolIzIonI DEA ingEgnEriA hA Acquisito un’EspEriEnzA unicA E AltAmEntE spEciAlizzAtA nEl sEttorE DEllE DEmolizioni civili E inDustriAli. con il suo tEAm Di EspErti è in grADo Di progEttArE, rAzionAlizzArE E ottimizzArE l’intEro procEsso Di DEmolizionE con i migliori strumEnti Di cAlcolo E soluzioni innovAtivE

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PROGETTAZIONE E CONSULENZA

â– demolizioni tradizionali â– decommissioning di impianti â– demolizioni con esplosivi â– smontaggi strutturali â– simulazione del crollo â– modellazione strutturale â– verifiche delle fasi transitorie â– previsione impatti ambientali â– monitoraggi rumore e vibrazioni â– ottimizzazione dei costi di intervento S trada del Por t one, 125C - 10095 Gr ug liasco (TO) dicembre 2012

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Tel. +39 011 7802164

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Poste Italiane Spa - Sped. in a.p. - D.L. 353/2003 conv. in L. 46/2004, art.1, c.1 - CB-NO/Torino – Anno 5 n. 21 DEA edizioni s.a.s. Strada del Portone, 127 - 10095 Grugliasco (TO)

dicembre 2012 anno V numero 21


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