DIRIGENTE - Giugno 2020

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GIUGNO 2020

LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

RIPARTIAMO dalle

COMPETENZE ed ENTRIAMO nel “MERITO” Intervista a Marco Bucci

Modello Genova Leadership

Il nostro ruolo nella “nuova normalità”

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Editoriale a cura del presidente Manageritalia

INNOVAZIONE E NUOVA STRATEGIA D’IMPRESA

I

l ritorno alla normalità procede con passo incerto e parziale, mostrando però un’Italia che prova a rimettersi in cammino anche se con un forte sentiment di preoccupazione. L’emergenza del coronavirus ha aggravato la situazione nel mondo del lavoro che già conoscevamo purtroppo bene. L’autunno si annuncia caldo. Ma abbiamo già tutti chiaro l’obiettivo che non possiamo arrenderci, nelle probabili crisi aziendali che ci troveremo ad affrontare, all’estrema ratio dell’espulsione di collaboratori e dirigenti. Bensì, anche grazie ai dirigenti, dobbiamo volgere a un cambio di strategia d’impresa, al ridisegno innovativo di attività economiche che possano continuare a creare nuovo reddito e nuova occupazione e un aumento della produttività dell’intero sistema Paese. E per ottenere questi risultati occorre avere una maggiore cultura manageriale, sia nel privato che nel pubblico. Come sempre, alta è l’attenzione di Manageritalia per cogliere, anticipare e soddisfare tutte le esigenze dei propri associati, a partire da quelli dei settori più vulnerabili particolarmente colpiti dalla crisi a seguito della pandemia, offrendo loro tutta l’assistenza necessaria in modo da tutelare la comunità manageriale anche ai fini dello sviluppo del Paese stesso. Per inciso, vorrei mettere in guardia i manager da pseudo difensori dalla dubbia competenza e credibilità. Il nostro consiglio è sempre quello di rivolgervi a Manageritalia, preparata per assistere tutti i colleghi attraverso i supporti sindacali sul territorio, l’attività di XLabor e i qualificati studi associati convenzionati che hanno una conoscenza approfondita del nostro contratto.

Dopo due mesi di lavoro, il piano della task force guidata da Vittorio Colao è arrivato sul tavolo del premier. Tanti i temi trattati e le soluzioni prospettate, per la maggior parte condivisibili e oggettivamente utili per la ripresa. Le idee per il rilancio dell’Italia non mancano, piuttosto il timore riguarda la loro realizzazione nonostante la disponibilità in questo momento eccezionale di risorse. Quali siano le cose da fare per il Paese, a questo punto, dovremmo saperlo tutti. Il problema è il come. È lì che occorre concentrare gli sforzi: “fare”, “fare presto”, “fare il prima possibile”. Per uscire dalla paralisi nella quale si trova il Paese occorre un piano di modernizzazione a tutto campo e di rimozione delle arretratezze per disegnare un’Italia migliore da consegnare alle nuove generazioni. Tassello indispensabile di questo piano è il ritorno alla valorizzazione delle competenze e alla loro selezione meritocratica, fattori indispensabili per la ripresa del Paese. Riconoscere e premiare il merito valorizza la professionalità e le competenze e consente un aumento della produttività dell’intero sistema Paese. Non resta che augurarsi che il governo guardi lontano, curi i mali endemici e prospetti un futuro verso uno sviluppo equo e sostenibile della società e in cui cittadini e imprese possano lavorare insieme per il rilancio del Paese. In una logica costruttiva, come ha invitato a fare il Capo dello Stato in occasione della festa della Repubblica appellandosi all’unità morale degli italiani, in modo che si sentano responsabili l’uno dell’altro, una generazione con l’altra, un territorio con l’altro, un ambiente sociale con l’altro e pronti a ritrovarsi “tutti parte di una stessa storia”. Guido Carella guido.carella@manageritalia.it

GIUGNO 2020 - DIRIGENTE GENNAIO/FEBBRAIO 2015

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Sommario Copertina  6 Diamo spazio e ruolo al talento  9 Puntiamo su merito e competenze 14 Maratona con i Manager La corsa continua Manageritalia 16 Ripartiamo… anche dal nostro supporto Interviste Mario Mantovani 18  Lavoro: manager fondamentali per la ripartenza Marco Bucci 29 Modello Genova Franco Amicucci 50 E-learning, il futuro è oggi Gabriella Guenzi 56 Un certificato per le competenze Diritto 22 Covid-19 e infortuni sul lavoro: facciamo il punto

25 Massimo Fiaschi L’opinione Innovazione 26 Machine learning: il business è servito Turismo 32 Innovazione sostenibile Occupazione 36 Managerialità per ripartire Leadership 38 Il nostro ruolo “nella nuova normalità” Formazione 42 Intervista alla resilienza

RUBRICHE 48 Osservatorio legislativo 60 Pillole di benessere 61 Arte 62 Libri 63 Letture per manager 64 Lettere

InfoMANAGER Fasdac 73 Tamponi e test sierologici per il coronavirus Fondo Mario Negri 77 Borse di studio, novità e scadenze Assidir 78 Con MyClinic un medico a portata di click Cfmt 80 Corsi di formazione 81 Start: la formazione personalizzata per il tuo domani

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LA RIVISTA DI MANAGERITALIA

RIPARTIAMO dalle

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COMPETENZE ed ENTRIAMO nel “MERITO” Intervista a Marco Bucci

Modello Genova

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA Federazione nazionale dei dirigenti, quadri e professional del commercio, trasporti, turismo, servizi, terziario avanzato Fondo assistenza sanitaria dirigenti aziende commerciali

Fondo di previdenza Mario Negri

CFMT Centro di formazione management del terziario

Associazione Antonio Pastore

Leadership

Il nostro ruolo nella “nuova normalità”

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DEI DIRIGENTI, QUADRI ED EXECUTIVE PROFESSIONAL DEL TERZIARIO Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - Decreto Legge 353/03 (convertito in Legge 27/2/04, n. 46) art.1, comma 1 - DCB/MI -  2,20 (abbonamento annuo  16,50)

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Copertina

DIAMO SPAZIO E RUOLO AL TALENTO L’emergenza ha puntato i riflettori sui numerosi profili di professionisti italiani da anni all’estero, interpellati tra l’altro spesso negli ultimi mesi per decifrare la natura del virus e gli sviluppi della pandemia. Le loro storie rivelano che la meritocrazia da noi fatica a emergere. Eppure, per reimmaginare il nostro Paese, abbiamo un disperato bisogno di tutti loro

Maria Cristina Origlia giornalista e vicepresidente Forum della Meritocrazia

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S

IAMO SUBISSATI ogni giorno di dichiarazioni sull’importanza delle competenze per progettare una ripresa all’altezza delle apettative. A ragione, perché l’Italia ne ha bisogno come l’aria e questo già prima della pandemia, che ha messo a nudo le nostre debolezze. Ma guardiamo in faccia la realtà. Sicuramente non vi sarà sfuggito durante questi mesi di paura e incertezza quante professionalità italiane, con ruoli prestigiosi in giro per il mondo, ci hanno spiegato sui media la natura del virus e le sue conseguenze sulle nostre vite e sul futuro. E se avete avuto modo di scorrere i nomi di scienziati, economisti, manager ecc. ingaggiati nelle taskforce, in particolare quella guidata da Vittorio Colao, preposto alla programmazione della ripartenza, vi sarete resi conto che sono diversi gli economisti italiani dallo standing internazionale – donne e uomini – richiamati dall’estero, a partire dallo stesso Colao.

Cosa rivelano le storie di chi ha scelto di andarsene Questo non per voler restringere i confini attorno alle Alpi, anzi, piuttosto per mostrare ancora una volta quanto il nostro Paese non abbia saputo offrire opportunità sufficientemente attraenti e riconosciute ad alti potenziali, sia italiani sia stranieri. E queste sono considerazioni valide, ma generali. Ascoltare direttamente le avventure o, meglio, disavventure di tanti di loro, noti al grande pubblico: è molto istruttivo, oltre che disarmante. È quanto ho fatto nel mio lavoro di ricerca con dieci protagonisti del nostro tempo, di cui ho intrecciato i percorsi di vita e di crescita professionale nel libro Questione di merito. Dieci proposte per l’Italia (vedi box). Potrei raccontarvi di Luciano Floridi, professore ordinario di Filosofia ed etica dell’informazione all’università di Oxford, dove dirige anche il Digital Ethic Lab. C’è stato un momento della sua vita, poco più che trentenne, in cui ha accarezzato la possibilità di tornare in Italia e dare il suo contributo al paese che l’aveva formato. È stato quando ha vinto un concorso come professore associato all’università di Bari. L’euforia è durata poco. Dopo i primi mesi si è reso conto di quanto il suo impegno non rilevasse e non fosse riconosciuto. Una situazione paradossale, ammette, in cui avrebbe potuto non ottemperare ai suoi doveri di insegnamento, rimanendosene comodamente

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Copertina ad Oxford. Poi la situazione si è rivelata in tutta la sua drammaticità, quando gli è stato chiarito che non sarebbe mai potuto diventare professore ordinario perché semplicemente non era di lì e non aveva le entrature giuste. Del resto, il sistema si basava sulla cooptazione... Insomma, la sua fulgida intelligenza, le sue eccellenti competenze e la sua serietà professionale non bastavano. Anzi, diciamocelo, davano un certo fastidio!

La sua scelta di rimanere negli Usa è stata sofferta, è andata avanti e inCome sarebbe oggi dietro tra i due continenti un paio di il nostro Paese se non volte, prima di accettare l’amara veavessimo perso tante rità e scegliere di avviare definitivamenti talentuose, da mente la sua carriera negli Stati Univent’anni a questa parte, ti. Dove, peraltro, riconosce di aver potuto ambire a tutto, conciliando perché fuggite all’estero un lavoro prestigioso con una famio perché hanno scelto glia numerosa. Ma anche altri protagonisti del libro rimasti in Italia handi rimanere in patria no raccontato, ahimè, diverse circoe sono rimasti bloccati stanze in cui il loro merito è stato dalle logiche dominanti? L’eccellenza fa paura calpestato, perché in Italia l’eccellenOppure potrei accennarvi la storia di za spaventa e troppo spesso non abFederica Saliola, da oltre quindici anbiamo il coraggio di premiarla. Cerni alla World Bank di Washington, dove oggi è lead tamente un contesto sfidante è più faticoso, ma se geeconomist e direttore del World development report stito in modo equilibrato e inclusivo non può che por2019. Era una studentessa modello alla Sapienza e a Tor tare valore all’individuo e competitività al Paese. Vegata ed è stata addirittura insignita dall’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi del Il potenziale inespresso vicino a noi prestigioso premio Leonardo per una tesi particolarQuanti di noi sanno, per esperienza diretta sulla promente brillante. Ma quando per caso ha fatto un’espepria pelle o guardandosi intorno, quanto potenziale rienza di ricerca in una università americana si è iminespresso c’è nel Paese, scientemente ostacolato da provvisamente resa conto di quanto il sistema accadelogiche di potere e non di valorizzazione delle compemico italiano fosse ingessato e soggiogato al potere dei tenze, che troppo spesso prevalgono negli ambienti di cosiddetti “baroni”, che non fanno altro che difendere lavoro sia pubblici che privati? i loro privilegi e ostacolare l’innovazione. E allora possiamo chiederci: come sarebbe oggi il no-

Da marzo in libreria Questione di merito. Dieci proposte per l’Italia, a cura di Maria Cristina Origlia (Guerini, 2020). Il declino dell’Italia è un destino inevitabile? Le dieci storie qui raccolte dimostrano che non è così. In Italia e all’estero – dall’Italia partiti e, spesso, in Italia tornati – ci sono scienziati, filosofi, economisti che hanno costruito le loro carriere sull’impegno, sulla serietà e sul rispetto verso se stessi e le proprie scelte. Un libro pieno di idee, proposte, esperienze di persone che possono essere d’ispirazione per il nostro presente.

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stro Paese se non avessimo perso tante menti talentuose, da vent’anni a questa parte, perché fuggite all’estero o perché hanno scelto di rimanere in patria e sono rimasti bloccati dalle logiche dominanti? E come sarebbe composto il nostro mercato del lavoro se dal 2013 al 2018, per citare gli ultimi dati, non se ne fossero andati oltre 200mila giovani, di cui la maggior parte alti potenziali? Oggi non abbiamo più tempo. Se non possiamo recuperare quanto fatto in passato, possiamo e dobbiamo smettere di indugiare e avviare un’autentica svolta meritocratica. Un’occasione storica come questa per re-immaginare l’Italia non si ripresenterà facilmente. 


Copertina

PUNTIAMO SU MERITO E COMPETENZE Secondo una recente indagine che ha coinvolto oltre 1.600 manager, il nostro Paese ha urgente bisogno di una maggiore e diffusa cultura manageriale in grado di garantire metodi di valutazione obiettivi, trasparenti e premianti nel lavoro pubblico e privato. Fondamentale una “svolta meritocratica” a livello di governo, nazionale e locale Cosimo Finzi amministratore delegato AstraRicerche

R

IFLETTORI PUNTATI su obiettivi, Mbo management by objectives, meritocrazia e competenze: questo il focus dell’indagine che AstraRicerche ha svolto per conto di Cida tra marzo e inizio maggio.

Diamo uno sguardo a quello che è emerso per delineare, secondo i manager, le priorità per la ripartenza dopo una fase complessa. In linea generale possiamo osservare che il campione appare sostanzialmente compatto su alcune affermazio-

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Copertina ni. Quasi tutti (97,4%) ritengono che mettere al centro 30,6% è vero (molto o abbastanza) che una rivoluzione delle scelte pubbliche e private il merito porterebbe a un meritocratica è possibile da qui a 5-6 anni in Italia, menmigliore sviluppo economico e sociale, dando anche tre il 35,4% non concorda (indicando poco o per niente). vantaggi alle organizzazioni (pubbliche o private), che Da notare che a concordare sono molto più i manager sarebbero così in grado di attirare e conservare al suo del privato (34%) che quelli del pubblico (22%). interno i talenti (95,5%), ma anche di vincere sfide di Tra i motivi fondamentali per la difficoltà della meribusiness più delle aziende che si basano su rapporti di tocrazia in Italia c’è il diffuso ricorso a reti informali di aiuto tra attori consenzienti e non metipo familistico o relazionale (79,8%), ritocratici (86,3%). Non a caso, l’89,5% insieme all’inerzia al cambiamento Emergono afferma che il concetto di Mbo andrebdi chi ora è avvantaggiato dalla sua be esteso, nel pubblico e nel privato, assenza o debolezza (84,2%), ma analcune critiche all’idea alle figure “alte” e intermedie, essenche il timore di gran parte della podi meritocrazia do grave il fatto che manchi soprattutpolazione italiana, che potrebbe ese di applicazione to per alcune figure apicali (80,4%), sere svantaggiata in un contesto più dell’Mbo, ponendo ottenendo miglioramenti in termini di sfidante (59,9%). partecipazione, di risultati di team e di fatto dei “warning” dell’intera organizzazione (86,2%). Meritocrazia e Mbo: per il futuro. Per l’82,8% il merito non è tenuto in alcuni importanti “warning” In particolare, sufficiente considerazione in Italia Emergono alcune critiche all’idea di (un po’ meglio nel settore privato: per meritocrazia e di applicazione del per tre intervistati su il 57,6% nelle aziende italiane la regoManagement by objectives, ponendo cinque la meritocrazia la è la scarsa valorizzazione del meridi fatto dei “warning” per il futuro. favorisce chi parte to; il bicchiere è chiaramente mezzo In particolare, per tre intervistati su vuoto…). E, più nello specifico, per cinque (59,9%) la meritocrazia favoda una posizione l’84,4% il merito non è un criterio delrisce chi parte da una posizione di di vantaggio la pubblica amministrazione italiana, vantaggio perché è più facile divenperché è più facile ma dovrebbe esserlo, visto che il tare eccellenti in un contesto fertile. diventare eccellenti 93,8% afferma che la svolta meritocraPer il 57,2% l’Mbo è spesso utilizzato tica dovrebbe essere una priorità per per contrattare un fisso minore. Per in un contesto fertile i governi nazionale e locali, mentre un il 37,1% è difficile o impossibile defiminore 74,5% concorda sulla scarsa nire un corretto Mbo per alcune funpresenza nel dibattito pubblico del merito e della merizioni e ruoli e un ben superiore 74,1% indica che il tocrazia. problema è nella cultura del top management. Il 58,6% Per il 94% la meritocrazia andrebbe insegnata ai più afferma invece che definire in modo chiaro e valutabipiccoli (per imparare che è giusto premiare chi merita). le gli Mbo è difficile per la mancanza di strumenti di Ben il 74,5% indica la risposta “molto”, rendendo questa misurazione/valutazione validi ed efficaci. affermazione una delle più intensamente apprezzate. Per il 32,6% l’applicazione di Mbo rischia di produrre

Un futuro incerto A dividere nettamente chi risponde è la prospettiva futura e i motivi della visione da qui a pochi anni. Per il

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distorsioni nel lavoro perché spinge a concentrarsi sugli obiettivi concordati a scapito dell’interesse generale dell’organizzazione. Per il 30,5% la definizione di Mbo causa tensioni e stress in azienda.


Meritocrazia e merito: la tipologia ad hoc

donne, 40-49enni, general manager o nel marketing/ comunicazione). Il 19,6% è positivo, ma non entusiasta: è il tipo maggiormente convinto che la definizione e applicazione di Mbo aiuti a migliorare la partecipazione, i risultati del team, dell’intera organizzazione e/o quelli aziendali; è sopra la media uomo, nella funzione commerciale/vendite o hr/amministrazione. Ben il 24,2% è neutro (pur avendo attualmente un Mbo), la sua valutazione complessivamente è positiva ma non sembra ritenere la meritocrazia un tema fondamentale. Il tipo più ampio (24,9%) è parzialmente negativo: da una parte pensa che il concetto di Mbo andrebbe esteso il più possibile nelle aziende e nelle organizzazioni

In base alle risposte su merito, meritocrazia e Mbo, sono stati definiti cinque tipi, che qui vengono presentati per la prima volta. I più convinti (fautori) costituiscono il 21% del campione. Chi vi appartiene ritiene che il concetto di Mbo andrebbe esteso nelle aziende e nelle organizzazioni pubbliche il più possibile (almeno alle posizioni intermedie) e che non prevedere Mbo per le figure più elevate sia una grave mancanza per un’azienda. Inoltre ritiene che la definizione e applicazione di Mbo aiuti a migliorare la partecipazione, i risultati del team, dell’intera organizzazione e/o quelli aziendali e che gli Mbo siano validi, interessanti per il trattamento fiscale del lavoratore (si tratta in particolare di

MERITO E COMPETENZE: l’indagine di AstraRicerche per Cida su 1.600 intervistati - marzo /maggio 2020

Uomini

71%

31,1% 22,6% 13,1% 13% 4,7%

65,6% aziende private 43,7% iscritti a Manageritalia 21,9% iscritti a Federmanager Donne

17,1%

29% Tipo di azienda

iscritti a Cida funzione pubblica

Dimensione aziendale 28%

34,7%

29,2%

21,8%

16,2%

Multinazionali italiane

general management commerciale/vendite produzione/logistica hr/amministrazione/finanza marketing/comunicazione

Distribuzione territoriale Nord-ovest Nord-est Centro e Sud

49,1%

Multinazionali straniere

Nazionali italiane

< 50 dipendenti

≥ 50 e < 250 dipendenti

> 1.000 dipendenti

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Copertina pubbliche (almeno alle posizioni intermedie), dall’altra evidenzia che definire in modo chiaro e ben valutabile gli Mbo è spesso difficile per la mancanza di una cultura di merito presso il top management e per la mancanza di strumenti di misurazione/valutazione validi ed efficaci. Non solo: sostiene che la definizione e applicazione di Mbo crea stress, tensioni interne all’azienda, difficoltà gestionali. Il tipo più negativo è costituito dal 10,3% del campione: soprattutto uomo, nel Nordest, under 40enne, afferma che gli Mbo sono spesso utilizzati dalle aziende e dalle organizzazioni pubbliche non come incentivo reale, bensì per proporre un “fisso” più basso, definire in modo chiaro e ben valutabile gli Mbo rischia di produrre distorsioni nel lavoro perché spinge a concentrarsi su tali obiettivi anche a scapito dell’interesse generale dell’azienda (collaborazione tra funzioni, visione di lungo periodo…) e per alcune funzioni/ruoli è quasi impossibile definire corretti Mbo.

Mbo: l’opinione di chi ce l’ha Quasi due terzi degli intervistati hanno un Mbo (66,2%) con forti differenze, innanzitutto tra privato (73%) e pubblico (45%), ma non solo: molto di più per i dirigenti giovani (fino ai 50 anni è il 74%), per chi – nel privato – lavora nel commerciale/vendite (78%) o come general manager (73%), per gli uomini (71%, con le donne “ferme” al 55%). Molti dirigenti hanno avuto esperienza di Mbo nell’azienda in cui sono attualmente o in aziende precedenti (19%), mentre il 14,8% non ne ha mai avuto esperienza diretta (45% nella pubblica amministrazione, 7% nel privato). Tra chi attualmente ha un rapporto di lavoro che non prevede Mbo, solo l’11,1% preferirebbe restare nella situazione attuale.

Un focus sugli obiettivi Concentriamo la nostra attenzione su chi attualmente ha una retribuzione variabile/Mbo. A proporre gli obiettivi è quasi sempre l’azienda (solo per il 18,9% degli intervistati è il dirigente), in metà dei casi (40,6%) definendoli unilateralmente, nell’altra metà (un iden-

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tico 40,6%) discutendoli e quindi co-decidendoli con il diretto interessato. Nel privato la co-decisione (45%) è molto più diffusa che nel pubblico (18%), dove, invece, prevale nettamente la decisione dei superiori (66%) senza discussione. Nelle aziende nazionali c’è una maggiore apertura al confronto (o persino alla proposta da parte del dirigente) rispetto a quelle multinazionali. Il dirigente è il primo propositore degli obiettivi, soprattutto nelle aziende con fatturato minore (fino a dieci milioni di euro). Gli obiettivi da raggiungere sono molto difficili, particolarmente sfidanti per il 10,8% dei rispondenti. Per quasi due terzi sono difficili (65,1%), mentre per uno su quattro sono abbastanza facilmente raggiungibili (22,7%) o persino molto facili da ottenere (1,4%). Anche in merito a questa domanda le differenze tra pubblico e privato sono notevoli: nel pubblico quasi un intervistato su due ritiene gli obiettivi facilmente raggiungi-


bili, nel privato meno di uno su cinque. D’altra parte, secondo il 12% la misurazione del raggiungimento degli obiettivi è essenzialmente soggettiva e un ulteriore 28% dice che è intermedia tra soggettività e oggettività. Di nuovo, il pubblico ha percentuali molto diverse dal privato: nella pubblica amministrazione, infatti, la soggettività arriva al 28% e il mix soggettivooggettivo supera il 40%. Il peso degli obiettivi individuali è mediamente inferiore alla metà (41,4%) del totale: la restante parte è più relativa all’intera organizzazione (mediamente 35,5%) che al team/funzione/divisione (23,1%). Ma anche in questo caso si hanno soluzioni molto differenti, basti pensare che il 10,8% degli intervistati è valutato solo in merito a obiettivi individuali e, al contrario, l’8% solo in base a obiettivi aziendali. Nella pubblica amministrazione gli obiettivi individuali contano molto più rispetto al mondo del “privato”.

Il tipico periodo di valutazione è quello annuale seguito dal breve termine, mentre il lungo termine si ferma al 10,1%. Quasi un intervistato su due (46,6%) ha definito l’Mbo dopo l’inizio del periodo di riferimento, ma di solito è stato almeno definito un perimetro chiaro per la sua applicazione (più del 20% lamenta una definizione non chiara). Per poco meno di un rispondente su due tra gli obiettivi non c’è il miglioramento delle competenze: quando c’è si tratta spesso di soft skill, 33,8% personali e 29,5% del team, “pesano” molto meno le hard skill: 19,9% personali e 19,3% del team. Da notare che il miglioramento delle soft skill personali è molto più indicato nella pubblica amministrazione (46%).

Mbo: quale valore? Il valore dell’Mbo è considerato adeguato agli obiettivi da raggiungere (65,5%) e un effettivo incentivo per l’impegno (65,6%). Non mancano i dirigenti che criticano il valore dell’Mbo: per il 18,8% non è un vero sprone a dare il massimo. Sotto questo aspetto la differenza tra il privato (72% di apprezzamento) e il pubblico (28%) è davvero enorme. Spesso al raggiungimento degli obiettivi si ottiene un variabile compreso tra il 20% e il 39% della retribuzione fissa (54,2% del campione) o inferiore (33,9%). La media è il 23,6% del ”fisso”. In realtà, l’Mbo è spesso a scaglioni (non “on/off”): per il pubblico, al contrario, predomina nettamente il modello “tutto o niente” (63%). L’Mbo è “aggiornabile” se il contesto muta: è avvenuto per il 31%, è previsto che sia modificabile (ma non è stato modificato) per un ulteriore 27,2%. Per il 41,9% non è modificabile (e la percentuale sale al 62% presso i dirigenti della pubblica amministrazione). Infine, negli ultimi due anni, mediamente sono stati ottenuti i due terzi del valore dell’Mbo, corrispondenti al raggiungimento del 100% degli obiettivi (ma la varietà è altissima: il 40% dei dirigenti ha ottenuto il 100% o più dell’Mbo stabilito, il 33% meno del 50% del valore-target). 

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Copertina

LA CORSA CONTINUA

«L’

Non ci siamo mai fermati e stiamo facendo tesoro di tante idee, spunti e suggerimenti concreti emersi durante l’evento streaming di Cida del 2 maggio. Per mettere le competenze dei manager e delle alte professionalità al servizio della ripresa del Paese

APPELLO a rimboccarsi le maniche lanciato ieri dal premier Giuseppe Conte per affrontare la Fase 2 del Covid-19 non è sufficiente. Se non si mobilitano le professionalità necessarie, se non si mettono in campo tutte le competenze di cui il nostro Paese può disporre, la tanto agognata ripartenza rimarrà una bella frase dei discorsi di circostanza». Così usciva sui media il presidente Cida e vicepresidente Manageritalia Mario Mantovani il 6 maggio, in vista del varo del decreto legge Rilancio, oggetto di un incontro a distanza fra il governo e i sindacati confederali.

Il ruolo del management Un messaggio chiaro, propositivo, diretto alle istituzioni, alla politica, al governo, al Paese per accogliere le aperture venute dal governo, che Mantovani ha così motivato: «Si dice che serve un nuovo “patto sociale” per coniugare modernità, equità e promuovere forme di sviluppo partecipativo. Benissimo, se questo è il nuovo corso della politica per dare corpo e sostanza alla Fase 2, i dirigenti, pubblici e privati, i professionisti, sono pronti: nella sanità, nella scuola, nella pubblica amministrazione, nelle fabbriche,

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nei servizi, nell’agricoltura. Abbiamo, infatti, competenze e proposte per agire tempestivamente e gestire le situazioni di crisi. Abbiamo l’energia e le idee per sostenere e alimentare questo grande sforzo di crescita e sviluppo».

Contratti e welfare sempre al centro Numerose le idee e le proposte presentate nei tanti incontri istituzionali e via web che abbiamo fatto in questo mese intenso. Per esempio, quanto espresso sempre da Mario Mantovani in merito a contratti, welfare e trasformazioni del lavoro: «Sempre in tema di ripartenza, va fatto tesoro dell’esperienza vissuta durante il lockdown. I settori caratterizzati da contratti collettivi che prevedono misure di welfare, e le aziende che hanno scelto queste forme contrattuali (prestazioni previdenziali, sanitarie, o destinate alla formazione), hanno reagito meglio alla crisi pandemica. Una risposta più efficace in termini di minore preoccupazione dei lavoratori, di riduzione del ricorso alla sanità pubblica e di maggiori risorse per fronteggiare le discontinuità occupazionali. Insomma, un sistema, quello del welfare aziendale, che svolge una funzione pubblica anche se è di natura privata. Quindi è sbagliato valutarlo come componente del cuneo fiscale o


considerarlo un benefit. Cida porrà questa problematica nei tavoli di lavoro con il governo in tema di riforma fiscale, che ci auguriamo vengano al più presto convocati».

Lavoro di qualità, competenze e istruzione E poi il 4 giugno, delineando un determinante punto fermo per ripartire: «Il nostro non è un Paese low cost e non può certo basare la sua ripartenza sul lavoro sottopagato o precario. La priorità è il lavoro di qualità, che significa competenze e istruzione, adeguatamente remunerate. Per fare questo occorrono risorse e, come Cida, chiediamo di investire una parte delle ingenti risorse che il governo sta mettendo in campo per risollevarci dalla pesante recessione, proprio per migliorare la qualità del lavoro e non limitarsi a politiche passive e di assistenza, pur necessarie».

Burocrazia e pubblica amministrazione Tra le ultime proposte, quella del 9 giugno in tema di burocrazia, con la richiesta di «introdurre 2.500 esperti di organizzazione del lavoro nelle pubbliche amministrazioni, di cui 7/800 dirigenti: avrebbe un costo irrisorio rispetto alle risorse del recovery fund e darebbe una brusca accelerata all’efficienza della macchina burocratica». Queste proposte, così come altre ancora in preparazione per essere presentate al governo nell’imminente fase di confronto, sono frutto di un continuo lavoro di ascolto dei manager nostri associati che confluiscono in Cida, per arrivare a livello istituzionale con la forza e il peso di chi rappresenta tutto il management pubblico e privato e le altre professionalità. Nella pubblica amministrazione, prima ancora di parlare dei pur necessari criteri di valutazione del merito e dell’autonomia della dirigenza, è infatti necessario introdurre e implementare processi organizzativi in molti casi carenti o del tutto assenti. A questo investimento sul capitale umano vanno però sommati gli investimenti fissi in infrastrutture, come quello sulla fibra ottica.

Economia: salvare tutti, puntare su chi ha valore «L’altra gamba da rinforzare per far correre l’economia – ha recentemente sostenuto Mantovani – è quella delle

aziende, liberando le energie, togliendo vincoli e limiti inutili. E facendo avanzare le aziende migliori, in termini di capitale, di organizzazione del lavoro, visione strategica, con salti di crescita, anche tramite aggregazioni. A costo di essere criticati, va ricordato che non si possono salvare tutte le aziende pre-Covid-19. Occorre certamente salvare le persone, i lavoratori e anche gli imprenditori, ma il sistema, per correre, ha bisogno di imprese sane e competitive. Proprio quelle dove il concetto di merito è compreso e adottato, al contrario delle aziende che s’illudono di ritornare allo status quo ante e continuano a premiare la sola fedeltà».

Merito e manager: binomio vincente Mai come ora è necessario ripetere un messaggio che ci caratterizza: valorizzazione del merito, organizzazioni del lavoro efficaci, aziende competitive e pubblica amministrazione efficiente sono parti di un tutto e l’una è sinergica all’altra. «È evidente che in questo meccanismo virtuoso il ruolo del manager è centrale, sia nel pubblico che nel privato. Dal dirigente scolastico, cui va riconosciuta autonomia e indipendenza, a quello privato, cui spetta gestire un’organizzazione del lavoro in evoluzione, che richiede continui aggiornamenti. Diremo al governo che il tempo a disposizione per intervenire è poco e che la velocità nel prendere decisioni operative è fondamentale per far ripartire l’Italia. Ecco perché porteremo idee e progetti realistici, immediatamente attuabili, incentrati sulla cultura manageriale, fatta di competenze e valorizzazione del merito. Senza farsi suggestionare dal mito delle grandi riforme del fisco, della previdenza, della politica industriale, una fase che affronteremo più avanti. L’Italia non sta ripartendo e lascia le sue persone migliori in panchina» così Mantovani nella presentazione di quanto “bolle in pentola” in vista di prossimi importanti incontri istituzionali. Siamo sicuri oggi come non mai di avere il diritto e il dovere di lottare, perché questi concetti e punti focali per la ripresa trovino finalmente applicazione in un Paese che ne ha assoluto bisogno. 

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Manageritalia

RIPARTIAMO… ANCHE DAL NOSTRO SUPPORTO Finito il lockdown, siamo alla Fase 3. Ora serve ripartire davvero: noi siamo sempre al vostro fianco

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L’

ESTATE e ancor più l’autunno si preannunciano tempi sfidanti, per non dire difficili, per tutti noi. Ne siamo consci e i quotidiani rapporti di servizio e di scambio di opinioni con i nostri associati e le frequenti indagini ce lo fotografano nelle sue particolarità e nella dinamica evolutiva. Siamo usciti dal lockdown fisico, che non aveva mai bloccato il nostro supporto volto a una maggiore digitalizzazione e totalmente a distanza, e stiamo riprendendo a operare come sempre, ma portandoci dietro le opportunità emerse con forza da questo improvviso e obbligato cambio di rotta nella vita professionale e personale di tutti noi. Non sarà un autunno facile, ma lo affronteremo nel migliore dei modi. A livello istituzionale ci

stiamo muovendo per portare come e più di sempre il nostro contributo alla ripresa e a uno sviluppo che non può che venire da un definitivo cambio di rotta che metta al centro competenze e responsabilità (vedi articolo a pag. 14). E qui i manager, e noi con voi e per voi, hanno tanto da dire e da fare.

Supporto professionale A livello di servizi, abbiamo offerto la nostra consulenza puntuale e di qualità per utilizzare al meglio quanto di positivo e utile c’è nelle piaghe dei vari decreti emanati dal governo, sia per i manager che per i loro collaboratori e la loro azienda. Non poche le richieste di informazioni e consulenze su congedo parentale, smart working per chi ha figli fino a 14 anni, bonus baby


sitter/centri estivi, estensione legge 104, bonus per i liberi professionisti e tanto altro anche riguardo le aziende. Siamo al lavoro per dare informazioni, consulenza e assistenza ai dirigenti, ma non solo, date le inevitabili difficoltà in azienda. Oltre a contratti di solidarietà e tagli della retribuzione, stanno arrivando anche alcune uscite dall’azienda. Vari i motivi e le modalità, dal licenziamento all’accordo consensuale. E qui non possiamo che raccomandarvi, in caso di necessità, di interpellare subito il servizio sindacale/contrattuale delle Associazioni territoriali per utilizzare al meglio, e a tempo debito, tutte le tutele che il contratto prevede. Interpellare Manageritalia e i nostri professionisti, che hanno un’ampia esperienza e

stanno gestendo le dinamiche attuali anche alla luce dell’emergenza Covid-19, è il punto di partenza, se ci si trova nella situazione di dover chiudere un rapporto di lavoro, per avere poi la consapevolezza di avere ottenuto il massimo possibile. E comunque resta anche il punto di partenza per qualsiasi altra scelta.

Per favorire questa managerializzazione, Manageritalia ha messo in campo con Confcommercio, affidandolo a Cfmt, il progetto “Imprese e manager: insieme per ripartire”, che mette validi manager a supporto di aziende che dopo l’emergenza Covid-19 devono ripartire con slancio (vedi pag. 36).

Promozione della managerialità

Servizi per la persona e la famiglia

Quindi, contattate la struttura: noi ci siamo sempre! Anche per gestire l’avvio di nuove collaborazioni o contratti in azienda che, seppure più limitato, oggi c’è e ci sarà anche in futuro. Infatti, se ci saranno aziende che ridurranno il personale, ci saranno sempre anche quelle che, per vari motivi e con varie modalità, ne devono inserire di nuovo. E, come appare palese ai più, se il Paese vorrà riprendersi, le aziende oggi poco managerializzate dovranno partire dal colmare questo gap. Certo, servono nuove competenze e la digitalizzazione, anche e soprattutto come mindset, è al centro delle richieste delle aziende che vogliono restare e crescere sul mercato. Per questo con il nostro centro di formazione Cfmt, ma anche con la certificazione di Digital innovation manager (vedi pag. 56), il podcast Atomi & Bit (vedi pag. 54) e molto altro, stiamo spingendo per una vera trasformazione digitale.

A questo si affiancano la maggiore flessibilità messa in campo dai fondi contrattuali, come nel caso del Fasdac, nei termini per il rimborso delle pratiche sanitarie, o come il possibile utilizzo, in caso di difficoltà legate al reddito, del riscatto di quanto accumulato presso i fondi. Poi ci sono i nuovi servizi, offerti agli associati all’interno della quota annua d’iscrizione a Manageritalia, quali la polizza stipulata con Unisalute che assicura tutti gli associati (sino a 70 anni, limite imposto dalle compagnie assicurative) contro il Covid-19 e MyClinic di Europ Assistance, il servizio digitale per la salute a favore di tutti gli associati e dei loro familiari (vedi pag. 78). Insomma, noi ci siamo e insieme faremo tutto quanto serve ed è nelle nostre corde per ripartire davvero e tutti insieme. La forza e la solidarietà di una grande comunità come la nostra serve anche a questo. 

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Intervista

LAVORO: MANAGER FONDAMENTALI PER LA RIPARTENZA In questa nuova fase della gestione dell’emergenza coronavirus, ripartiamo dal lavoro. Servono più competenze e persone capaci di assumere responsabilità nuove e crescenti. In altre parole, servono più manager e managerialità. Ne parliamo con Mario Mantovani, presidente Cida, vicepresidente Manageritalia e autore del libro Il lavoro ha un futuro, anzi tre.

Mario Mantovani, presidente Cida, vicepresidente Manageritalia.

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Cosa è accaduto al lavoro degli italiani, dal punto di vista normativo, contrattuale e operativo, in questo periodo di emergenza coronavirus? «Se mai ci fossero stati dubbi, il valore della contrattazione collettiva ha trovato pieno risalto, consentendo di evitare, per la maggior parte dei lavoratori, la spirale della disoccupazione e della mancanza di redditi, con provvedimenti semplici e immediati, quali il blocco dei licenziamenti. Purtroppo, la disparità, ormai pericolosa e anacronistica, tra lavoro “dipendente” e lavoro “autonomo”, si è palesata soprattutto nella gestione dei sussidi: cassa integra-

zione in deroga da un lato e reddito d’emergenza dall’altro, entrambi peraltro varati tra dubbi e complessità realizzative. Il lavoro generalizzato da remoto, il nuovo concetto di attività “indispensabili” e i vincoli d’accesso alle sedi fisiche hanno poi aperto nuovi filoni organizzativi e contrattuali, introducendo nuove variabili, la cui portata nei prossimi accordi sarà probabilmente elevata». Cosa trarne in termini di opportunità da sfruttare e/o minacce da evitare nella fase di ripresa? «Dell’opportunità di rendere strutturale lo smart working stiamo tutti parlando: è reale, ma ri-


chiede un’opera approfondita di messa a punto organizzativa, normativa e anche personale. È una sfida anche per le famiglie, le nostre case non sono progettate per consentirci di lavorare con continuità, ogni giorno. La vera minaccia è invece rappresentata dalla contrazione di alcuni settori, come il turismo e gli spettacoli, e di conseguenza delle professionalità che li caratterizzano. È poi probabile che si acceleri la transizione, ovunque sia possibile, verso forme di lavoro robotico o comunque privo di apporto umano». Cambierà tutto o niente? «Le aziende più organizzate e dotate di capitali, sia finanziari che umani, potranno accelerare cambiamenti già intrapresi e introdurre nuove modalità di servizio. Per contro, molte altre cercheranno di ricreare il più rapidamente possibile le condizioni precedenti. Non dobbiamo quindi esagera-

re la portata dei cambiamenti indotti dallo shock epidemico, ma servirà sviluppare nuove capacità di adattamento». E i contratti, le leggi sul lavoro e gli accordi aziendali come dovranno cambiare? Sarà il trionfo dello smart working o emergeranno anche altre richieste? «È l’occasione giusta per aprire una nuova stagione contrattuale che superi la distinzione tra lavoro dipendente e autonomo, entrambi in evoluzione verso il lavoro “organizzato”. Se viene meno la centralità del luogo e dell’orario di lavoro, perché dovrebbero rimanere disparità così profonde nel welfare e nella flessibilità organizzativa? Regolando compiutamente lo smart working dobbiamo provare a superare alcune rigidità del mondo del lavoro e, soprattutto, la “concorrenza” contrattuale, fiscale e previdenziale tra categorie e professioni».

«L’emergenza coronavirus è l’occasione giusta per aprire una nuova stagione contrattuale che superi la distinzione tra lavoro dipendente e autonomo, entrambi in evoluzione verso il lavoro “organizzato”. Se viene meno la centralità del luogo e dell’orario di lavoro, perché dovrebbero rimanere disparità così profonde nel welfare e nella flessibilità organizzativa?»

Quale mondo e mercato del lavoro si aspetta nel prossimo futuro? «Un mercato del lavoro indebolito purtroppo dalla crisi di domanda, mentre l’offerta di beni e servizi dovrebbe riprendere quota più rapidamente. La tendenza a un ruolo più invasivo degli stati, solo par-

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Intervista zialmente giustificato da necessità di giustizia sociale. L’accelerazione verso modalità di vendita, acquisto, informazione a distanza che richiedono un deciso cambiamento di organizzazione e di cultura nelle aziende. In definitiva, molte opportunità per chi svilup-

idee guida che ne rendano visibile la leadership. Il lavoro organizzato può essere una di queste, ma anche l’estensione del welfare contrattuale e un’attività di supporto molto vicina agli iscritti. È il momento di realizzare il vero “sindacato a km 0”, anche attraverso l’uso di tecnologie di connessione a distanza».

«I manager sono figure fondamentali per la ripartenza. Pensare che siano sufficienti protocolli o provvedimenti basati su codici Ateco è illusorio e pericoloso. Servono persone capaci di declinare in modo operativo norme generali. Serve un approccio diffuso di risk management, competenze e persone in grado di assumere responsabilità nuove e crescenti»

Un aiuto ancora più necessario per le tante aziende che in pochi mesi dovranno giocarsi il futuro? «La solidarietà e la coesione sociale sono valori necessari per ripartire e guardare al futuro con speranza. Il sindacato, senza rinunciare alla difesa degli interessi, può aprire una fase propositiva e di riforma vera del mondo del lavoro».

pa competenze digitali e innovative, molti rischi per chi non riesce a trarre beneficio da questo tipo di evoluzione del business». Come il sindacato può aiutare lavoratori, aziende, istituzioni ecc. ad adeguare il lavoro italiano alle nuove sfide? «Il sindacato ha un ruolo fondamentale in questa fase di trasformazione. Occorre però trovare le

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Come deve cambiare il ruolo dei manager? «I manager sono figure fondamentali per la ripartenza. Pensare che siano sufficienti i protocolli o i provvedimenti basati su codici Ateco è illusorio e pericoloso. Servono persone capaci di declinare in modo operativo e specifico norme generali, dettate dalla necessaria convivenza con il rischio epidemico. Serve un approccio diffuso di risk management, servono competenze e persone capaci di assumere responsabilità nuove e crescenti. Serve molta più managerialità e servono molti più manager, in altre parole».

E le istituzioni non dovrebbero ascoltare di più chi guida quotidianamente le aziende vivendo sulla propria pelle ciò che avviene sul mercato? «Non ascoltare abbastanza e soprattutto non mettere nelle condizioni di agire responsabilmente chi guida le aziende e le organizzazioni pubbliche è uno degli errori più gravi che il governo italiano sta compiendo. Una carenza che non si colma con la crescente produzione normativa, né con la costituzione di task force di esperti eterogenei, né con la firma di protocolli con i sindacati di operai e impiegati». Cosa dovrebbe cambiare a livello di dialogo e collaborazione tra tutti gli attori del mondo del lavoro? «In realtà stiamo vivendo una fase di bassa conflittualità tra i diversi attori, agevolata dal comune riconoscimento dell’emergenza. Ma le differenti visioni riemergeranno a breve, serve quindi una comune visione del futuro del lavoro. Occorre guardare ai diversi orizzonti del futuro e agire di conseguenza, in modo condiviso». Quale ruolo hanno i manager e chi come voi li rappresenta nel cambiamento in generale e, soprattutto, per quanto riguarda il lavoro? «Il lavoro manageriale è già profondamente cambiato negli ulti-


mi anni e in epoca di smart working si è forse completata una lunga fase di trasformazione. Ma i veri cambiamenti del lavoro si estendono a tutti i settori e a tutte le categorie: sono sempre i manager, pubblici e privati, che sono chiamati a realizzarli». Quale futuro per il sindacato in termini di servizio e di relazioni con iscritti e controparti? «Purtroppo le tante vertenze e le nuove che verranno porteranno in prima fila il ruolo antagonista delle parti sociali coinvolte. Il sindacato non può perdere la sua natura di rappresentanza e difesa degli interessi dei lavoratori. Ma non è più sufficiente. Il futuro, anzi i tre futuri (immediato, contemporaneo e di lungo termine), offriranno ancora un ruolo centrale per i sindacati capaci d’interpretare un ruolo progettuale e propositivo, centrato sul welfare contrattuale e sulle politiche attive, ma anche su una visione del lavoro (e della società) del futuro che metta al centro la persona, l’essere umano». E visto che lo Statuto dei lavoratori ha compiuto 50 anni, serve cambiarlo e/o declinarlo e applicarlo meglio? «Potrebbe essere il momento, dopo 50 anni, di riscriverlo. Serve una visione altrettanto di largo respiro e prospettica, come quella dei nostri predecessori. Una nor-

ma quadro generale che faccia piazza pulita delle troppe leggi proliferate nel frattempo e affidi alla capacità contrattuale delle parti sociali un ruolo centrale nella regolazione del lavoro». E quale senso, quale idea centrale dovrebbe ispirare questo lavoro di riscrittura? «L’idea del lavoro come vero contratto sociale, come strumento per la crescita delle persone e delle comunità. Dovrebbe mettere al centro lo sviluppo delle competenze, il diritto all’istruzione e alla formazione, in un continuum tra scuola, istruzione superiore e azienda. Dovrebbe riconoscere diritti realmente comuni a tutti i lavoratori, combattere il dumping sociale, superare l’idea del sussi-

«Potrebbe essere il momento, dopo 50 anni, di riscrivere uno Statuto per i lavoratori. Una norma quadro generale che faccia piazza pulita delle troppe leggi proliferate nel frattempo e affidi alla capacità contrattuale delle parti sociali un ruolo centrale nella regolazione del lavoro»

dio e puntare alla crescita qualitativa del lavoro. L’uscita da un periodo di grave crisi è il momento giusto per affrontare questi nodi irrisolti nel nostro Paese». 

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Diritto

COVID-19 E INFORTUNI SUL LAVORO: FACCIAMO IL PUNTO Disciplina applicabile, responsabilità civili e penali

Pasquale Dui avvocato specializzato in Diritto del lavoro

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1 Emergenza Covid-19

e infortuni sul lavoro L’emergenza coronavirus ha avuto qualche ricaduta nei sistemi di inquadramento del rischio assicurativo contro gli infortuni sul lavoro, con riferimento alla qualificazione di un rischio biologico, coperto dalla gestione Inail, nella prospettiva di adeguamento a questa infezione diffusa, che potrebbe, in futuro e potenzialmente, allargare a dismisura la platea dei soggetti coinvolti: dai lavoratori alla dirigenza, agli organi di gestione e controllo. Un infortunio biologico – tutelato dall’Inail – si verifica in ogni contatto con sangue o altro materiale biologico, derivato da puntura o ferita con aghi o altri oggetti taglienti, nonché da spruzzi o spandimenti su mucose o cute non integra, secondo le seguenti modalità di esposizione (linee guida Università di Bologna, medicina del lavoro, 2020): ferita o puntura con ago o tagliente contaminato; contaminazione di mucose (con-

giuntivale, nasale, orale); contaminazione di cute lesa (abrasioni, screpolature, dermatiti, ferite aperte ecc.).

2

Indennizzabilità dell’infezione Covid-19 come infortunio sul lavoro e responsabilità connesse L’art. 42 del decreto legge Cura Italia 18/2020, convertito con legge 27/2020, garantisce l’indennizzabilità dell’infezione Covid-19 contratta in occasione di lavoro. Alcune recenti istruzioni dell’Inail hanno determinato perplessità in quanto apparentemente rivolte a “confezionare” una presunta, generalizzata responsabilità del datore di lavoro – o dei dirigenti preposti con deleghe ad hoc – in caso di infortunio correlato a infezione Covid-19 (cfr., da ultimo, circolare Inail 22/2020 e già, precedentemente, circolare 13/2020). Una simile interpretazione è destituita di fondamento giuridico, come mi accingo a chiarire.


3 La disciplina

dell’infortunio sul lavoro in base al dpr 1124/1965, TU infortuni L’assicurazione gestita dall’Inail, operante in forza dell’applicazione al rapporto di lavoro del sistema di tutela di cui al Testo unico infortuni, esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile (art. 10 TU), ma la responsabilità permane a carico del datore (o di coloro che questi ha incaricato della direzione o sorveglianza del lavoro o, comunque, dei titolari di deleghe in materia infortunistica) in caso di configurabilità di reato perseguibile d’ufficio per il fatto dal quale l’infortunio è derivato. L’Inail, in questa eventualità, deve risarcire il lavoratore con l’erogazione delle indennità infortunistiche, ma ha un diritto di regresso/rivalsa nei confronti delle persone civilmente responsabili per le somme integralmente versate al lavoratore (art. 11 TU).

4 I presupposti

per l’esenzione da responsabilità del datore di lavoro o dei soggetti delegati Il sistema di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro esenta il datore di lavoro – e/o i soggetti delegati – da ogni responsabilità economica/civile, salvo il caso di reato perseguibile d’ufficio, accertato a suo carico o a carico dei soggetti delegati, a titolo di dolo o colpa: 1) sia per la violazione del generale obbligo di vigilanza di cui all’art. 2087 del codice civile; 2) sia per violazione delle disposizioni specifiche di cui al decreto legislativo 81/2008 in tema di salute e sicurezza sul lavoro; 3) sia (ancora e soprattutto, nel caso specifico) per l’inosservanza dei protocolli e delle linee guida Covid-19 di cui all’art. 1, comma 14, del decreto legge 33/2020.

5 La delega di funzioni in

materia di sicurezza sul lavoro: condizioni e limiti Come avviene normalmente, il datore di lavoro può avvalersi, sia nelle realtà aziendali strutturate e complesse, sia nelle organizzazioni più agili, dello strumento della delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro. Tutto ciò a condizione che la delega riguardi un ambito ben definito e non l’intera gestione aziendale, sia espressa ed effettiva, non equivoca, e investa un soggetto qualificato; che il delegato possieda tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate; che la delega attribuisca al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate e l’autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle stesse; che la delega sia accettata dal delegato per iscritto.

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Diritto È bene ricordare che il datore di lavoro delegante non è del tutto immune dai propri obblighi. Gravano su di lui, in caso di difetto, responsabilità per “culpa in eligendo e/o vigilando”. Infatti, la delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni a questo trasferite, nell’ambito del più generale principio di responsabilità “concorsuale”. Ne consegue che il datore di lavoro potrà essere sanzionato per “culpa in eligendo” nel caso in cui non abbia adeguatamente valutato i requisiti e le

capacità richieste in capo al delegato, e per “culpa in vigilando” allorquando venga accertata la mancata o inadeguata vigilanza sull’operato del delegato.

6 Nozione di “datore

di lavoro” ai fini della responsabilità in materia di infortuni sul lavoro Se il datore di lavoro è una persona giuridica, destinatario delle norme è il legale rappresentante dell’ente imprenditore, quale persona fisica attraverso la quale il

soggetto collettivo agisce nel campo delle relazioni intersoggettive, così che la sua responsabilità penale, in assenza di valida delega, è indipendente dallo svolgimento o meno di mansioni tecniche, attesa la sua qualità di preposto alla gestione societaria. Vale la pena di ricordare che, nelle società di capitali, gli obblighi inerenti alla prevenzione degli infortuni posti dalla legge a carico del datore di lavoro gravano indistintamente su tutti i componenti del consiglio di amministrazione, salvo il caso di delega validamente conferita della posizione di garanzia, nei termini sopra descritti. 

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L’OPINIONE DI...

Massimo Fiaschi, segretario generale Manageritalia Per l’Inail il datore di lavoro risponde penalmente e civilmente dei casi di contagio in azienda solo se viene accertata la violazione delle misure di contenimento del contagio. Un’interpretazione che si applica anche ai dirigenti, tuttavia è importante tutelarsi. Manageritalia chiede di rimuovere il contagio Covid-19 dalle ipotesi di responsabilità penale del datore di lavoro e quindi dei dirigenti, così come recentemente previsto dal piano per il rilancio presentato dalla task force guidata da Vittorio Colao. Vediamo cosa fare e come comportarsi

S

ul tema della responsabilità dei datori di lavoro e dei manager, si è pronunciato l’Inail nella circolare 22/2020. L’Istituto ha riconosciuto che in assenza di una comprovata violazione, da parte del datore di lavoro, delle misure di contenimento del rischio di contagio (di cui ai protocolli o alle linee guida art. 1, comma 14, del decreto legge 16 maggio 2020, n. 33) sarebbe molto arduo ipotizzare e dimostrare una sua colpa. Le argomentazioni contenute nella circolare suddetta dovrebbero tranquillizzare i datori di lavoro in regola, ma si tratta sempre di un documento di prassi che non ha pertanto un valore legislativo. Stiamo affrontando una situazione di emergenza che manca di “storicità” applicativa/interpretativa. Per tale motivo, il tema è stato affrontato anche nell’ambito dell’esame del decreto legge Liquidità. Le commissioni riunite Finanze e Attività produttive hanno approvato l’emendamento 29.0.2 (testo 2) Schullian volto a chiarire che, attraverso l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid, i datori di lavoro adem-

piono agli obblighi di cui all’art. 2087 del codice civile (obbligo di adozione di misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro). Sul medesimo tema, in occasione dell’audizione del ministro Gualtieri sul decreto legge Rilancio, l’on. Garavaglia (Lega) ha chiesto di valutare la possibilità di introdurre uno “scudo” totale sulla responsabilità dei datori di lavoro e dei dirigenti scolastici sulle infezioni da Covid-19. Nel frattempo, occorre essere attenti e prudenti, bisogna riconoscere le problematicità insite nell’attuale condizione ed effettuare un’appropriata valutazione dei rischi, anche facendo ricorso a un aiuto esterno, in modo da realizzare tutte le prescrizioni e raccomandazioni generali descritte nei protocolli sottoscritti fra le parti sociali e negli altri atti intervenuti successivamente, tenendo sempre presente che la tipologia di attività svolta trova rilevanza ai fini della valutazione dell’idoneità delle misure adottate. Cosa fare Pertanto, consigliamo di:  rivolgersi a esperti in materia, nell’ambito della complessiva at-

tenzione che è obbligo riservare alla sicurezza sui luoghi di lavoro e alla tutela della salute dei lavoratori;  formalizzare tutte le azioni svolte e le misure adottate, tenendone evidenza documentale e operativa, in modo da poter provare con facilità le azioni di contrasto e di controllo effettivamente messe in atto;  vigilare sempre sul rispetto delle regole e delle procedure che, una volta adottate, si deve aver cura di mantenere nel tempo;  non abbassare mai la guardia, gestire le problematiche con la giusta attenzione e non sottovalutare la situazione. Intanto anche Manageritalia, dato per certo l’impegno di ogni manager nel salvaguardare la sicurezza e il benessere dei lavoratori, continuerà a vigilare sull’argomento. Chiede siano applicati dal legislatore quei propositi volti a introdurre garanzie, penali e civili, contro ogni eventuale responsabilità diretta in capo al dirigente preposto all’adozione del piano aziendale di gestione dei rischi sanitari in caso di avvenuta applicazione delle misure a oggi note per contrastare il contagio sul posto di lavoro.

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Innovazione

MACHINE LEARNING: IL BUSINESS È SERVITO L’applicazione più importante dell’intelligenza artificiale avrà un ruolo chiave nei prossimi anni nell’accelerare lo sviluppo all’interno delle organizzazioni e creare nuove opportunità. Una fotografia a uso e consumo dei manager

Diego Gosmar vp international operations at Xenialab & XCALLY (Ingo)

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L’

INTELLIGENZA artificiale migliorerà così tanto ogni aspetto del nostro business e della nostra società che si prevede contribuirà ad aggiungere almeno 15 trilioni di dollari di pil all’economia mondiale entro il 2030. Inoltre, l’emergenza Covid-19 potrebbe accelerare ulteriormente l’adozione dell’AI, che giocherà un ruolo centrale sia nei processi sia nei modelli di business delle aziende. Oggi AI e machine learning vengono usati quasi come sinonimi. L’intelligenza artificiale è un termine generico associato a una serie di tecniche in grado di elaborare dati per fornire previsioni e decisioni. Il machine learning è una delle tecniche più potenti di intelligenza artificiale, in grado di gestire e analizzare in modo efficiente grandi quantità di dati, per fornire previsioni accurate, decisioni automatizzate e offrire vantaggi commerciali senza precedenti. Vista la quantità esponenziale di dati a cui le aziende hanno accesso, il machine learning diventerà la chiave per sfruttare proprio questa mole di dati a disposizione. I manager e i dipartimenti in-

novazione delle aziende dovrebbero comprendere meglio come il machine learning possa ottimizzare le loro operazioni e aumentare la produttività, con un occhio al futuro. Di certo la capacità di elaborare previsioni è una necessità che l’uomo sente fortemente fin dai tempi antichi: oggi abbiamo semplicemente un supporto computazionale esterno che ci consente di effettuare predizioni su larga scala con tantissimi dati a disposizione, in tempi e costi ragionevoli.


Settori e applicazioni Tutto questo può essere impiegato per elaborare immagini e riconoscere ad esempio virus o altre forme di patologie nel settore medicale, ma le applicazioni sono

davvero molteplici. Un altro esempio di servizio che oggi è concepibile nel mercato automotive consiste nella guida autonoma. È possibile, ad esempio, effettuare previsioni atmosferiche molto specifiche: per un’automobile a guida autonoma è utile rilevare quando il manto stradale passa dall’asciutto al bagnato con un margine di errore più piccolo possibile e non basarsi su una generica previsione meteo per l’intera regione. Il mondo della finance può adottare soluzioni di ma-

chine learning per effettuare previsioni accurate sui mercati, oppure come strumento di valutazione per l’erogazione di finanziamenti. Il settore dello sport adotta già og-

gi metodologie legate ad AI e machine learning per progettare strumenti che si adattano al meglio agli atleti offrendo prestazioni elevatissime. Nel mondo del golf – ad esempio – esistono bastoni come Epic Flash di Callaway, progettati utilizzando tecniche di intelligenza artificiale e machine learning. Per gli sciatori stanno uscendo applicazioni di AI come Carv, mirate ad affiancare il coaching in questa disciplina particolarmente impegnativa.

Customer care e marketing Un altro settore di estremo interesse per le applicazioni di AI e machine learning è tutto quello legato al customer care, che può beneficiare di tecnologie abilitanti a fornire un’esperienza ottimale ai clienti, andando a prevedere quali risorse coinvolgere nelle interazioni in funzione delle skill appropriate, oppure analizzando il contenuto di queste interazioni per valutare il sentiment dei clienti (speech

Il machine learning è una delle tecniche più potenti di intelligenza artificiale, in grado di gestire e analizzare in modo efficiente grandi quantità di dati, per fornire previsioni accurate, decisioni automatizzate e offrire vantaggi commerciali senza precedenti

analytics). Anche tutto il settore del marketing beneficia della possibilità di analizzare i dati degli utenti per effettuare previsioni su interessi e tendenze, così da indirizzare al meglio le comunicazioni.

La mente umana fa ancora la differenza Machine learning e AI aprono scenari affascinanti e opportunità per

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Innovazione

il nostro presente e futuro, ma non dimentichiamoci, tuttavia, che la nostra mente umana fa ancora la differenza, soprattutto in termini di creatività e consapevolezza: due caratteristiche ancora impossibili da simulare con realtà artificiali. Quanto sia importante continuare a utilizzare le nostre capacità umane insieme ai computer ce lo dice anche la storia. Nel 1962, il pilota John Glenn fu il primo astronauta americano in orbita intorno alla Terra grazie alla missione denominata Mercury-Atlas 6. I calcoli orbitali erano stati effettuati tramite uno dei primi calcolatori in uso presso la Nasa. Si narra

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che, poco prima del lancio, Glenn chiese alla matematica Katherine Johnson di effettuare nuovamente i calcoli a mano, perché alcuni risultati prodotti dall’elaboratore sulla traiettoria di ritorno non sembravano convincenti. Questo salvò probabilmente la vita all’astronauta, che riuscì a rientrare a Terra con i calcoli corretti senza rischiare di essere incenerito.

Dai titani del web alle startup Un altro elemento di attenzione è quello relativo alla capacità di interpretazione degli algoritmi di machine learning, caratteristica che è diventata importante per

fornire trasparenza agli utenti e indirizzare le tecnologie di AI a favore della privacy e della sicurezza. Non solo grandi aziende come Facebook, Google e Amazon sono attive nel settore AI e machine learning, ma l’ecosistema include opportunità di crescita per nuove realtà (startup o pmi). È il caso ad esempio di aziende come Clearbox.ai, startup dell’incubatore del Politecnico di Torino specializzata in soluzioni per l’explainability AI, piuttosto che Ghostwriter.ai, realtà che fornisce strumenti di creazione dei contenuti basati su AI per il supporto al digital marketing. 


Intervista

MODELLO GENOVA Il 28 aprile scorso è stata posata l’ultima campata del nuovo ponte, dopo 620 giorni da quel tragico 14 agosto 2018. Oggi si parla di Modello Genova, come esempio a cui guardare per attuare la ripresa del Paese. Di questo e altro abbiamo parlato con il sindaco della città e commissario per la ricostruzione del ponte Morandi Marco Bucci, un associato di Manageritalia Liguria di cui andiamo molto fieri. Enrico Pedretti Siamo al dunque, entro l’estate il ponte riapre. Sensazioni? «Il lavoro non è ancora finito. Certo, molto è stato fatto in questi mesi. Ma attenzione ad abbassare la guardia. Saremo davvero soddisfatti quando il ponte sarà concluso, il giorno in cui taglieremo il nastro e la prima macchina potrà nuovamente passarci sopra».

de in parallelo anziché in sequenza, come si fa di solito nella pubblica amministrazione. Certo, questo richiede anche una leadership forte e la possibilità di potersi affidare a persone capaci. Il Modello Genova è un modello per il Paese che ci dice che le cose, applicando cervello, tecniche e industria, si possono fare e si possono fare bene. Può essere certamente un modello da seguire per Quali sono stati i punti di forza di la gestione delle opere pubbliche una ricostruzione che ha un’im- in Italia, nel quale la burocrazia è portanza simbolica per la città e stata ridotta ai minimi termini». oggi ancor più per tutto il Paese? «È presto per tirare le conclusioNell’ottica di un’Italia che deve rini, la questione andrà analizzata partire, e idealmente ricostruire il più a fondo a lavori conclusi. Però suo ponte sul futuro, quali best i punti di forza che ci hanno porpractice trarre dalla vostra espetato fin qui sono quelli che raprienza? presentano il cosiddetto “Model- «Esattamente quello che dicevo lo Genova”. Non esiste un segre- prima. Unendo anche la capacità to: non è altro che il modello in di lavorare in parallelo. Ad uso nelle aziende private. Si affi- esempio, nel nostro cantiere abda la responsabilità totale di un biamo iniziato la ricostruzione progetto a un certo numero di quando ancora la demolizione persone, dando loro la possibilità era in corso. Questo modo di prodi compiere scelte di natura tec- cedere ci ha permesso di abbrenica in autonomia. E poi si proce- viare i tempi».

Marco Bucci, sindaco di Genova e commissario straordinario per la ricostruzione del ponte.

Se potesse tornare indietro, cosa non farebbe? «Come mi è già capitato di dire… forse avrei urlato meno». La città e il territorio come stanno vivendo questo doppio colpo, del ponte e del Covid-19? «La città ancora una volta ha dimostrato di essere forte, tenace, solidale e di questo vado davvero molto fiero. Ma certamente resterà, purtroppo, il gran numero di vittime che il Covid-19 ha fatto in questi mesi. A loro e a tutte le famiglie va il mio pensiero ed è an-

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Intervista che per loro che dobbiamo lottare per far tornare tutto alla normalità. Per quanto riguarda il ponte, c’è da tenere presente che il cantiere non si è mai fermato e che, anche in questo caso, abbiamo fatto scuola. Le misure anti-Covid applicate al cantiere del nuovo ponte di Genova sono diventate un sistema che il Rina, il maggior ente di certificazione italiano, ha certificato. Anche questo è diventato un modello. Si sono analizzate le diverse lavorazioni in essere nel cantiere e per ognuna si è stilato un elenco di procedure da mettere in atto perché gli operatori potessero avanzare in assoluta sicurezza. Com’è noto per il momento abbiamo avuto un solo caso in cantiere, per fortuna non grave,

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che ha portato all’isolamento di una squadra di una ventina di persone. Sono tutti tornati a lavorare regolarmente da circa un mese. Ma non abbassiamo la guardia: misurazione della temperatura, utilizzo di mascherine, gel per le mani, sanificazione degli spazi comuni e dei mezzi di cantiere sono solo alcuni degli esempi del sistema di prevenzione e protezione da Covid. Pensiamo di ispirarci ai protocolli di sicurezza certificati messi in atto dal Rina nel cantiere del nuovo viadotto per riaprire i nostri teatri, ad esempio, perché possano essere “Covid free”». Da dove siete ripartiti? «Direi che non ci siamo mai fermati. Già nella gestione dell’emergenza Covid abbiamo immaginato come rimettere in moto la città e farle superare la possibile crisi. Ho elaborato un piano per Genova che tocca diversi ambiti: l’ho consegnato al presidente Giuseppe Conte nella sua ultima visita in città il 28 aprile. Intanto

abbiamo sospeso o cancellato le imposte comunali per permettere alle imprese di ricominciare senza ulteriori affanni e alle famiglie di essere sgravati di altre spese; abbiamo aiutato il commercio a creare spazi per coinvolgere la clientela in sicurezza; ridisegnato in poche settimane la mobilità cittadina favorendo il più possibile la mobilità “green” tracciando chilometri di piste ciclabili: una scommessa per Genova». Lei è un manager, quanto tutto ciò è stato importante in questi durissimi anni e quanto lo può essere da qui in poi? «I tanti anni passati a lavorare in azienda in posizioni di vertice mi hanno fatto sviluppare doti di leadership in momenti di crisi come quelle che abbiamo vissuto negli ultimi anni. Il mercato globale ha passato periodi di emergenza proprio come questo. Ho sempre dovuto prendere delle scelte importanti, cercare di cambiare il passo e di aiutare la mia azienda.


Così ho fatto anche in questi anni da sindaco». Progetti per il futuro di Genova? Cosa farà “da grande” la città? «Da tre anni abbiamo una visione chiara sul futuro della città. Abbiamo l’ambizione di farla diventare la capitale del Mediterraneo e stiamo lavorando in questa direzione: sono state messe in piedi grandi trasformazioni urbanistiche come il Waterfront di Levante disegnato da Renzo Piano, c’è un progetto per la mobilità cittadina ambizioso che partirà a breve con l’estensione dei lavori dell’attuale linea della metropolitana. Poi il parco del ponte che sorgerà nell’area sottostante il nuovo viadotto e un’altra serie di interventi che puntano a rendere sempre di più Genova una realtà di riferimento per l’alta tecnologia». Come vede la situazione del Paese oggi? «Vedo un Paese che ha voglia di tornare a vivere e di non fermarsi

più. Persone che hanno voglia di riprendersi in mano la loro vita per il bene dell’Italia. Ma, dall’altra parte, vedo uno stato che non riesce a rispondere con efficacia alla domanda dei suoi cittadini». Cosa serve per riprenderci davvero il futuro? «Dobbiamo cambiare passo, andare più veloci. L’Italia ha delle eccellenze che altri paesi ci invidiano, ma, purtroppo, siamo vessati dalla burocrazia. Tutto si ferma davanti a questi cancelli messi dallo Stato, per una giusta causa, ma che dovrebbero cambiare. Il Modello Genova ha tracciato una strada e ha dimostrato che in Italia le cose si possono fare presto e bene. Dobbiamo trasformare lo straordinario in ordinario e sono sicuro che il nostro paese tornerebbe a essere tra le economie trainanti del mondo». Con Cida il 2 maggio abbiamo corso una maratona online attraverso le testimonianze di

quasi 400 manager, professionisti, comunicatori, esponenti della business community, delle istituzioni e della società e 124mila italiani che ci hanno seguito per ribadire di ripartire puntando su competenze, responsabilità e ruoli, quello dei manager in testa. Lei cosa pensa di questo obiettivo? «Sono d’accordo con voi su tutta la linea. Le più grandi aziende mondiali si affidano ai nostri manager, perché noi italiani riusciamo a dare quel tocco geniale che altri non hanno. L’Italia, come ho detto in precedenza, deve ripartire dalle sue eccellenze e i top manager sono una di queste». Quale potrebbe essere in questo senso il ruolo di Manageritalia, sia a livello nazionale che locale? «Manageritalia potrebbe essere il trait d’union tra i professionisti e le istituzioni, in un continuo confronto fra le parti. Sono sicuro che questo rapporto porterebbe a grandissimi risultati per tutti». 

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Turismo

INNOVAZIONE SOSTENIBILE Il progetto TurismiAmo di Manageritalia all’Hack for Travel. Una proposta per integrare tecnologie avanzate, come la realtà aumentata, con il turismo sostenibile e il destination management in ottica di rilancio di un settore in difficoltà

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Da sinistra: Linda Carobbi, Andrea Succi, Alex Kornfeind, Daniele Donnici, Giovanni Vannella, Gianmarco Boggio

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N MODO alternativo di trascorrere il long weekend del 1° maggio in periodo di lockdown? Hack for Travel, un evento 100% online pensato per rilanciare il settore del turismo italiano. Fra i più di 1.200 innovatori e operatori del settore iscritti erano presenti anche vari membri della Community Turismo di Manageritalia, che hanno partecipato suddivisi in 3 squadre, lavorando con tanta passione, energia e determinazione per uno scopo ben preciso: dare il proprio contributo per aiutare il settore diffondendo la cultura dell’ospitalità del nostro bellissimo Paese, colpito duramente dal virus. È stata una vera e propria marato-

na, intensa anche dal punto di vista fisico, che ha visto tutti noi profondamente impegnati nel tentativo di proporre soluzioni nuove e accattivanti (e possibilmente attuabili) per ripensare quell’importante colonna dell’economia del nostro Paese quale è il turismo.

Risposte a problemi urgenti all’insegna dell’innovazione La nostra squadra, la n. 3 di Manageritalia, coordinata dal team leader Andrea Succi, era composta da Gianmarco Boggio, Alex Kornfeind, Linda Carobbi, Giovanni Vannella e Daniele Donnici. Grazie alle competenze e alle esperienze di ognuno di noi e con continui confronti, spunti e riflessioni, anche notturne, abbiamo dato


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vita a “TurismiAmo”, un innovativo progetto dove integrare tecnologie avanzate, come la realtà aumentata, con il turismo sostenibile e il destination management. Le circostanze hanno indotto milioni di persone a visitare le nostre bellezze in modo virtuale. Come riuscire a renderle ancora più desiderate quando si potrà tornare a viaggiare senza restrizioni? Nessun problema: con la realtà aumentata portiamo le “esperienze” comodamente sul divano di casa, grazie agli oltre 100 milioni di punti pubblici nel mondo, addirittura creando dei veri e propri avatar (con immagine e somiglianza a nostro piacimento) che ci guidano all’interno delle destinazioni che abbiamo scelto di conoscere.

Gli avatar potranno condurre le persone a vivere “esperienze” di vario tipo: visitare una cantina e poi acquistarne il vino, entrare in una bottega artigiana e imparare a fianco dell’artista, esplorare le coltivazioni agricole dei produttori più sostenibili e rispettosi della

natura per poi comprare direttamente i loro ottimi prodotti agrifood e, ancora, verificare gli spazi dell’agriturismo o della struttura ricettiva dove andare a soggiornare. Il tutto senza muoversi da casa propria… per ora perché, grazie

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Turismo

alla narrazione così coinvolgente, aumenterà il desiderio di visitare di persona quei luoghi scegliendo una destinazione rispetto a un’altra e generando, in tal modo, un vantaggio competitivo, aspetto sostanziale per riprendere quote di mercato che altri territori e paesi lasceranno sul campo. Ma non solo: la tecnologia, per apportare reali benefici a un settore così profondamente “umano” come il turismo, deve essere affiancata da persone “reali” che organizzano le relazioni, le offerte e i prodotti esperienziali turistici. Grazie alle competenze di un team nazionale di destination manager sarà possibile formare nuove figure professionali quali il coordinatore turistico territoriale, elemento fondamentale per organizzare i programmi turistici

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in maniera aggregata e strutturata. Le relazioni (vera valuta del progetto) potranno essere così gestite con forme dirette di prenotazioni, riducendo, senza escluderlo, la ben nota dipendenza dalle Ota a favore dell’economia locale.

Sostenibilità per il territorio In buona sostanza, TurismiAmo si pone il virtuoso obiettivo di ridare lustro e visibilità agli artigiani e agli agricoltori per migliorare la qualità della vita delle comunità locali, che rappresentano oltre il 72% del nostro Paese. In piena ap-

plicazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 dell’Onu, il progetto intende promuovere concretamente l’innovazione sociale. E ora? Nel corso delle settimane successive al team si sono unite altre competenze importanti, provenienti dal settore del turismo accessibile e dalla consulenza strategica delle destinazioni, manager con esperienza maturata sul campo e orientata a misurare i risultati. Lo spirito con il quale ognuno di noi ha affrontato questa esperienza ha generato una bellissima energia, grazie alla quale abbiamo deciso di proseguire tutti assieme nello sviluppo del progetto. Una responsabilità che abbiamo scelto di assumerci per dare il nostro contributo alla creazione di nuovi modelli di sviluppo locale. Ora più che mai.  Questo il video su Youtube: https://bit.ly/TurismiAmo



Occupazione

MANAGERIALITÀ PER RIPARTIRE Manager a supporto di aziende che devono ripartire con slancio dopo l’emergenza Covid-19. Questo l’obiettivo del progetto “Imprese e manager: insieme per ripartire” di Manageritalia e Confcommercio con Cfmt, il Centro di formazione management del terziario

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ER USCIRE dalla difficile situazione e ripartire forti di un’iniezione di managerialità. Il progetto “Imprese e manager: insieme per ripartire” fornisce un supporto di dieci giorni di consulenza e affiancamento per aiutare l’azienda a ripartire con una marcia in più rigenerando prassi gestionali e modelli di business. Le aree di intervento in azienda e le specializzazioni del manager sono, infatti, trasformazione digitale, riorganizzazione interna, controllo di gestione e analisi degli indici di bilancio, analisi di mercato e sviluppo rete commerciale, filiere e reti d’impresa, e-commerce, passaggio generazionale, definizione e/o ridefinizione dell’idea e del modello di business e del business plan e utilizzo di finanziamenti provenienti da enti privati e/o pubblici. Per l’azienda (fino a 50 dipendenti e del terziario), un upgrade di elevata qualità, pragmatico, subito operativo e gratuito, perché finanziato dal Cfmt, Centro di formazione management del terziario. Per il manager iscritto a Manage-

ritalia la possibilità di valorizzare le proprie competenze in un contesto nuovo e altamente sfidante, accumulando esperienza e creando potenziali opportunità di lavoro, a fronte di un gettone omnicomprensivo di 6mila euro per al massimo dieci giorni di impegno. Vista la qualità delle professionalità in campo e l’entità del rimborso, una chiara azione di management social responsibility, che vede il manager offrire la sua professionalità per la ripresa delle aziende e quindi del Paese. Un modo anche per ribadire, promuovere e rafforzare l’importanza della presenza manageriale nelle nostre pmi e impiegare al meglio le risorse della collettività che annualmente confluiscono da aziende e dirigenti al Cfmt per fornire loro un upgrade culturale e formativo di altissimo livello, come riconosciuto dal mercato e dall’elevato utilizzo dei servizi del Centro di formazione. Un esempio di come due controparti – Manageritalia e Confcommercio –


nali di categoria aderenti a Confcommercio. Potranno candidarsi le aziende del commercio, dei servizi, dei trasporti/logistica e dell’intera filiera dell’ospitalità che hanno fino a un massimo di 50 dipendenti.

Il matching e l’avvio della collaborazione

possano collaborare, grazie a strumenti contrattuali, per dare valore ad aziende e manager, agli iscritti e al sistema Italia. La scintilla per riprendere con slancio e per dare ulteriore indirizzo e linfa a un rapporto, quello tra manager e imprese, che in Italia ha ancora tanta strada da fare per espandersi, cementarsi e divenire, come in tutte le economie più avanzate, il vero driver della competitività delle aziende, del sistema economico e del Paese.

Come essere protagonisti di Imprese e manager: insieme per ripartire Per i manager Per partecipare al progetto si deve:  avere una comprovata esperienza nelle aree di intervento manageriale oggetto del progetto ed essere associati a Manageritalia e in regola con la quota di iscrizione 2020;  presentare online regolare domanda, registrarsi o accedere

all’area riservata del sito di XLabor (la divisione di Manageritalia per il lavoro manageriale), che affianca il Cfmt, e aderire al progetto “Imprese e manager: insieme per ripartire” di Manageritalia, Cfmt e Confcommercio. Dopo un controllo della corrispondenza delle esperienze professionali, della regolarità dell’iscrizione a Manageritalia per l’anno in corso e un eventuale supporto informativo, XLabor trasmetterà il profilo alla commissione interna del Cfmt.

L’esito della candidatura La commissione deciderà, a suo insindacabile giudizio, se accettare o respingere la candidatura pervenuta. Il Cfmt provvederà a darne in ogni caso comunicazione al manager interessato.

Per le aziende  presentare regolare domanda presso le strutture provinciali di Confcommercio e delle Federazioni/Associazioni nazio-

L’incontro tra imprese e manager avverrà a cura di un’apposita commissione composta da cinque persone: il direttore di Cfmt, due rappresentanti di Confcommercio e due di Manageritalia. La commissione si riunirà una volta ogni due settimane, salvo diverse esigenze. Avrà il compito di validare le candidature pervenute da parte dei manager, iscrivendoli nelle aree di competenza proposte o in quelle ritenute più coerenti rispetto al curriculum del candidato. Valuterà le richieste delle aziende, inviate esclusivamente tramite le strutture di Confcommercio al Cfmt, decidendo a suo insindacabile giudizio se accettarle o respingerle. In caso di accettazione della proposta di consulenza, la commissione definirà tempi, modi e risorse da impegnare e all’azienda, la cui richiesta è stata accolta, sarà inviato da Cfmt un elenco di massimo quattro manager che, in base a quanto esposto nella loro scheda di competenze ed esperienze e nella scheda dei bisogni aziendali, potrebbero rispondere alle esigenze. 

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Leadership

IL NOSTRO RUOLO NELLA “NUOVA NORMALITÀ” La sfida è ridisegnare i confini del business nel mondo post-Covid attraverso una leadership alternativa

Valeria Cantoni Mamiani presidente di ArtsFor e fondatrice di Leading by Heart

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EMBRA che tutto sia cambiato, che si debba pensare a una nuova normalità in cui abbandonare molte abitudini del passato e abbracciare consuetudini più adatte ai tempi che attraversiamo e a quelli che si presenteranno alla porta nel cosiddetto postCovid. Ma come sarà la nuova normalità? E che economia sarà quella al termine della pandemia? E, se l’economia è la vita, e lo abbiamo ben visto in questi mesi di sofferenza fisica ed economica, come sarà questa vita? Dipenderà anche da come noi saremo in grado di costruirla, con la nostra responsabilità, consapevolezza, plasticità, curiosità, apertura, con le nostre capacità migliori a generare un’esistenza sostenibile per l’individuo e per la collettività, per l’essere umano e per la natura. «Perché questa crisi – come dice l’economista Luigino Bruni – è una crisi del modello di sviluppo occidentale del mondo, del capitalismo che ha affollato gli ipermercati e che ora rischia di farci correre più di prima per recuperare il tempo perduto». A meno che non si prenda coscienza

dei limiti di questo nostro abitare il mondo insieme, del significato profondo quanto reale di essere «comunità di destino», come dice Edgar Morin.

“Si è sempre fatto così”... non funziona più L’essere umano può essere causa e medicamento del male, così come lo può essere il sistema economico, che oggi è basato sull’estrazione (mineraria, finanziaria, sociale, culturale), o il modello sociale che oggi mette il consumatore al centro a scapito delle eguaglianze sociali, o il modello educativo radicato sull’educazione apparentemente per tutti ma che, chiuse le aule, mostra gli automatismi di un sistema che non si è mai più interrogato sul suo senso e dunque non si è mai rinnovato. Tutti questi elementi possono essere causa del male, ma anche lavorare insieme per risolvere il problema se solo iniziano a riflettere sul fallimento del loro “si è sempre fatto così”. Ma poi, l’espressione “si è sempre fatto così” oggi ha ancora un senso? Da dove iniziamo a dipanare il bandolo?


«Gli esseri umani sono instancabili cercatori di senso ovunque», scrive Bruni, co-fondatore della Scuola di economia civile, quasi un ossimoro fino a tre mesi fa, ma oggi un invito a tenere insieme la dimensione economica e quella civile, il profitto e il valore sociale, il guadagno e il dono, la gerarchia e la reciprocità, la macchina e l’essere umano.

Una marcia diversa nel tempo del disgelo In questi mesi di pandemia siamo tutti o quasi rimasti nelle nostre case e abbiamo avuto tempo per pensare, meditare, riflettere sul senso del nostro lavoro e di questa nostra società che fino al giorno prima andava velocissima, era finalizzata alla performance, alla funzionalità, all’efficienza, e che improvvisamente ha frenato, è divenuta diversamente efficiente, disfunzionale. Abbiamo messo tra parentesi la performance per un

tempo ad alcuni sembrato eterno e che ora sta lentamente riprendendo la marcia, ma con ritmi diversi, parecchie fatiche, dolore, paure, la tentazione di non uscire più dalla bolla della vita domestica o, al contrario, di fare fughe in avanti cercando aria di accelerazione. Molti non vogliono tornare ai ritmi di prima, hanno scoperto il piacere di lavorare in modo meno stressante, anche se tutti hanno trascorso le giornate davanti al computer, in videoconferenze continue. Dopo l’emergenza, dopo il letargo spettrale di marzo e aprile, i mesi seguenti sono il tempo del disgelo, ma anche il tempo in cui ci si chiede che senso abbia tutto questo, in cui fare i conti con noi stessi, – come partner, genitori, manager, amici, figli e figlie, vicini di casa – e guardare bene la qualità delle relazioni che siamo riusciti a tessere con tutti questi “altri significativi” in questi mesi sospesi.

La caduta dell’economia globale I manager sono schiacciati in una pressa tra il bisogno di avere risposte sopra di sé e il dovere di dare risposte sotto di sé, laddove le risposte oggi non ci sono. È il tempo delle domande, del mettere in questione alcune certezze acquisite, abitudini sedimentate, risposte scontate. Siamo fragili e vulnerabili, lo siamo sempre stati, ma ora lo sappiamo, questa è la grande conquista che ci rende più forti. Camminavamo fluttuando in un mondo che ci chiedeva di stare in equilibrio e non cadere in acqua. Siamo caduti, la nostra economia globale è caduta, l’idea di salute è caduta e anche quella di istruzione. In due mesi molti manager hanno dovuto prendere decisioni importanti di forte impatto che hanno cambiato in poche ore il modo di lavorare delle persone, con la consapevolezza che il virus ha impo-

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Leadership

Dialoghi ispirativi in tempi instabili Torna per la nona edizione il ciclo di incontri Cfmt “Pensieri Stupendi” in una nuova versione online. Un’edizione ancora più speciale per il tempo in cui siamo grazie all’incontro con quattro personalità che hanno fatto della consapevolezza, dell’attenzione e della cura il proprio centro di ricerca, di azione, di leadership, di professione. Valeria Cantoni Mamiani di ArtsFor incontra un economista di comunità, un filosofo, uno psichiatra e un avvocato penalista vignaiolo. Si è iniziato l’8 giugno con l’economista Luigino Bruni, con cui abbiamo parlato del nuovo capitalismo del XXI secolo tra competizione e reciprocità; il 3 luglio parleremo di “Funzionare o esistere in questa società così complessa?” con Miguel Benasayag, psicanalista e filosofo che vive in Francia da quando è stato liberato dalle prigioni argentine della dittatura; il 15 luglio Vittorio Lingiardi partirà dal suo libro Io, tu, noi: vivere con sé e gli altri per introdurre una nuova filosofia della cura nella quotidianità anche organizzativa; chiude l’avocato Guido Carlo Alleva, che ci racconterà la sua visione sulla trasmissione dell’esperienza con la doppia veste di penalista e agricoltore, abituato a coltivare, che siano talenti o vigne. Per informazioni e iscrizioni: bit.ly/pensieristupendi2020 Anna Scirea – anna.scirea@cfmt.it – 02 5406310

sto una grande frenata a tutti, in tutto il mondo, e che ora bisogna capire bene come ripartire e quale equilibrio trovare tra la salute e l’economia, tra il rispetto per la situazione dei clienti e il bisogno di fare fatturato. Di certo, le organizzazioni si sono reimpostate sotto la pressione dell’emergenza, hanno risposto a una necessità così come hanno fatto gli ospedali e le scuole, chi più chi meno, chi meglio chi in modo pessimo.

Come prepararsi al futuro? Ora che l’emergenza sta allentando la morsa, si tratta di prepararsi al

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futuro, perché non si può persistere nella bolla, a meno che non si voglia perseguire miraggi di decrescita che, come abbiamo visto, rende felici pochi e crea disastri irrimediabili nei più. Il lavoro ci fa sentire vivi e dunque l’economia è vita. Si tratta di capire, pensare, progettare, intuire, sapendo che nulla si può veramente prevedere e che dobbiamo essere in grado di adattarci a ogni imprevisto pur andando avanti, possibilmente meglio di prima e in modo più sostenibile. Si tratta di divenire antifragili, utilizzare questa situazione per migliorare, come persone, come team,

come organizzazioni, come sistema Paese. Oggi dire “come stai?” prima di una riunione non è più un gesto di cortesia formale e automatico, ma si porta dietro un valore simbolico di prossimità, reciprocità, condivisione, comunione che prima non era pensabile, non c’era tempo. Comporta una disponibilità ad ascoltare la risposta, che è sempre complessa e implica la disponibilità a donare il proprio tempo in cambio di una condivisione che è un vero e proprio bene relazionale. Oggi le persone con cui si lavora, ancora adesso a distanza, hanno bisogno di essere viste per quello che sono e non solo essere controllate per la loro funzione. Oggi la vita privata è intrecciata con il tempo del lavoro e tutto si fonde e ha bisogno di rispetto, di ascolto, di richieste ben formulate, di sostegno e fiducia, e deve lasciare andare il sospetto, il controllo, la pretesa se si vuole superare insieme questa situazione e non fare come Ulisse che è tornato a Itaca da solo.

Dire addio al mito dell’iper-efficienza Non basta più funzionare bene, essere efficienti, performanti, perché oggi c’è bisogno di avere persone disposte a non stare chiuse nella scatola del loro ruolo, che tendenzialmente è privo di qualcosa di nuovo, di originale, non funzionale. Abbiamo bisogno di persone che sappiano anche essere


non funzionali, che eccedano e pensino a come risolvere problemi ogni giorno nuovi con i mezzi che hanno a disposizione. È chiaro che il concetto di mondo Vuca (vulnerabile, incerto, complesso e ambiguo) in cui viviamo comporta l’impossibilità di avere il controllo tra cause ed effetti, che non sono più lineari perché un quarantenne che va in discoteca a Seul in cinque giorni può generare una pandemia nel mondo. Tutti impattano su tutti in un sistema di cui abbiamo scarsissimo controllo e in cui l’ambiguità ci invita a interpretare il futuro senza gli strumenti noti, senza la certezza delle prevedibilità, anche se abbiamo le macchine più intelligenti che ci leggono milioni di dati.

Leadership by heart Siamo umani, fallaci, imprevedibili, lacunosi e meravigliosamente eccedenti. Al contrario delle macchine, in un bar noi scambiamo beni relazionali e non ci limitiamo a gustare il caffè in sé. Abbiamo bisogno di toccarci, guardarci per intero (e non solo la parte che sta nello schermo), di stringere mani e guardare le nostre espressioni sul volto. Prima ancora di “come agire?”, ci si deve chiedere “con chi agire?”, “come divenire comunità che insieme affronta le nuove sfide”? Questo è possibile solo se si ripensa a tutti quei gesti, verbali e non verbali, che ci parlano di attenzione e di cura.

Chi più dei manager è oggi chiamato a prendersi cura e ad ascoltare per poter essere guida autorevole e non solo tecnicamente preparata, performante ed efficiente? Un giorno ci si guarda intorno e ci si accorge di aver creato molti cerchi nell’acqua, cerchi di cui non si ha controllo e che viaggiano da soli verso la periferia dello stagno. Acquisire la consapevolezza del proprio impatto sugli altri significa poter divenire un “leader by heart”, ossia una persona capace di imparare e trasmettere con il cuore e di saper vedere al di là della propria specifica azione o parola. Come si costruisce trasmissione, come si imposta la propria eredità manageriale consapevolmente? «Come convivere con l’idea di lasciare dietro di sé qualcosa dell’esperienza della propria vita, un qualche tratto, un frammento di saggezza, una guida, una virtù, una consolazione che viene trasmessa ad altri, conosciuti o ignari»?, scrive Irvin Yalom nel suo bellissimo Fissando il sole. Domande importanti per uno stile di management che pensa che essere “con” gli altri “in” un contesto che cambia sia più importante che essere “su” gli altri in un contesto deciso a tavolino. Il manager consapevole è vasto, allarga il proprio orizzonte e sa che le sue azioni e parole hanno un impatto imprevedibile al di là del suo orientamento al controllo.

Ispirato dalla passione, dalla curiosità, dalla generosità dello scambio, si affida, lascia andare e si autorizza a fidarsi di sé e degli altri. Guido Carlo Alleva, tra i più rinomati avvocati penalisti del nostro Paese, nei suoi 40 anni di carriera ha incontrato centinaia di manager, molti dei quali ha difeso, e ha oggi una visione articolata di

Siamo umani, fallaci, imprevedibili, lacunosi e meravigliosamente eccedenti. Al contrario delle macchine, in un bar noi scambiamo beni relazionali e non ci limitiamo a gustare il caffè in sé. Abbiamo bisogno di toccarci, guardarci per intero (e non solo la parte che sta nello schermo), di stringere mani e guardare le nostre espressioni sul volto

cosa significa essere consapevoli del proprio impatto come manager, come professionista e come coltivatore. Anche grazie alla passione per la terra, per il vino e per i giardini, Guido Alleva sa infatti che ci vuole tempo, costanza, perseveranza e umiltà, perché essere al servizio degli altri è un modo per fare comunità e non solo abitare nella collettività. 

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Formazione

INTERVISTA ALLA RESILIENZA Tutti ne parlano, tutti dicono che dobbiamo averla e praticarla, sempre e ancor più oggi, per superare lo shock dell’emergenza e riprendere a guardare avanti con forza. Parliamo della resilienza: per capirne di più le abbiamo posto qualche domanda

Ha risposto per la resilienza un “champion”, un esperto che insegna da anni a tantissimi manager, lavoratori e aziende a essere resilienti. È Carlo Romanelli, il primo trainer certificato già nel 2006 in Italia con la sua società Net Working da The Hardiness Institute. Nel 2018 fonda The European Hardiness Institute, con sede a Bologna.

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Chi sei? «Sono una caratteristica che è dentro di te. Sono la tua forza interiore. Il tuo coraggio esistenziale. Quel coraggio che ti permette di far fronte agli eventi difficili o avversi della tua vita e, se mi hai trattata bene, a volte di trarne vantaggio per te, ma non solo, anche per chi vive e lavora con te o per la tua organizzazione. Sono quella caratteristica che, hai presente, si manifesta quanto ti dicono che devi essere capace di “trasformare le minacce in opportunità”. Quante volte te lo sei sentito dire nella tua vita? Prova a rifletterci, probabilmente molto spesso. Ecco, allora, quando ci sei riuscito o riuscita, lo hai fatto grazie a me». Quando sei nata? «Sono sempre esistita, non ho una data di nascita, faccio parte

del processo evolutivo degli esseri umani, ma non solo, di tutti gli esseri viventi, anche delle piante. Lo sai, a proposito, che le piante hanno un loro “indice di resilienza” del quale dovresti tener conto quando le metti nel tuo giardino, se vuoi che sopravvivano alle condizioni del luogo in cui si trovano? Poi, tra gli anni 60 e 70 del 900, alcuni studiosi e ricercatori hanno iniziato a interessarsi a me in maniera più sistematica e scientifica. E nei primi anni 80 un professore di psicologia di origini italiane, emigrato dalla Sicilia negli Stati Uniti con la sua famiglia quando era bambino – Salvatore Maddi è il suo nome – ha deciso di dedicarmi tutta la sua vita e carriera. Così ha fondato all’Università di Irvine in California un istituto – The Hardiness Institute – che da allora si occupa esclusi-


vamente di me e, in decenni di lavoro, ha costruito strumenti diagnostici e protocolli di lavoro per aiutare tutti voi a diventare più resilienti». Quindi è un po’ il tuo pigmalione? «Sì, certo. Lui poi ha continuato a insegnare a Irvine e ad Harvard (dove è professore emerito di scienze psicologiche) e la sua assistente Deborah Khoshaba ha portato avanti il lavoro diventando la direttrice dell’istituto. Da allora The Hardiness Institute ha lavorato con le forze armate americane e le forze di polizia di diversi dipartimenti (ha contribuito a curare la sindrome da stress post-traumatico di migliaia di reduci e il burnout di diversi operatori del mondo della sanità), ma anche con atleti e atlete, nazionali e olimpici, e con migliaia di ma-

nager d’azienda e i loro team. L’obiettivo? Aiutarli ad essere in salute e performanti fronteggiando l’inevitabile logoramento dovuto alla necessità di fornire prestazioni elevate sotto stress continuo. Sono entrata in gioco anche con tante persone che hanno perso il lavoro e che hanno dovuto reinventarsi tutto o quasi». Interessante, ma quando hai cominciato ad essere conosciuta? «Ti posso dire che ho una “data di notorietà”. Purtroppo, sono uscita dal mondo degli “esperti” ed entrata a far parte del linguaggio comune il 7 luglio del 2005, giorno degli attentati alla metropolitana di Londra, quando l’allora sindaco in carica, Ken Livingstone, disse ai londinesi e al mondo intero “We have to be resilient”: vale a dire, “potrebbe riaccadere,

«Sono una caratteristica che è dentro di te. Sono la tua forza interiore. Il tuo coraggio esistenziale. Quel coraggio che ti permette di far fronte agli eventi difficili o avversi della tua vita e, se mi hai trattata bene, a volte di trarne vantaggio per te, ma non solo, anche per chi vive e lavora con te o per la tua organizzazione»

non possiamo escluderlo, ma non per questo dobbiamo rinunciare al nostro modo di vivere e alle nostre abitudini, anzi, dobbiamo ricorrere a tutte le nostre risorse per fare più attenzione, aiutarci e accrescere il nostro livello di sicu-

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Formazione rezza”. Ti è chiaro ora? Ti dice qualcosa?». Ma spiegami meglio, che cosa fai e a cosa servi? «Sono in un certo senso il tuo “sistema immunitario esistenziale” che incide sulla tua salute, sulle tue performance (in ogni ambito della vita) e sulla tua leadership personale, ma non quella che studi nei corsi, o almeno soltanto in

«Sono in un certo senso il tuo “sistema immunitario esistenziale” che incide sulla tua salute, sulle tue performance e sulla tua leadership personale, ma non quella che studi nei corsi, o almeno soltanto in parte. Sono quella che ti permette di mantenere la barra dritta e la testa alta nei momenti difficili, senza ignorarne la portata»

parte. Sono quella che ti permette di mantenere la barra dritta e la testa alta nei momenti difficili, senza ignorarne la portata. Sono un punto di riferimento autorevole per chi ti circonda, sia essa la tua famiglia, il tuo team di lavoro o le tue reti di sostegno, quelle che oggi chiami il tuo “network”. Quello vero, però, quello

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che conta per te e la tua vita. Incido sulla qualità della tua vita e, se sei fortunato o fortunata, perfino sulla tua longevità, anche professionale». Dove agisci? «Ricorda bene questa cosa: nessuno sa quanto è veramente resiliente fino a quando non ha bisogno di essere resiliente. È lì che ti accorgi di me e se mi hai allenato. Questo significa che non sono una componente statica della tua esistenza, bensì un processo dinamico che condiziona fortemente il modo in cui affronti gli eventi della tua vita nel suo scorrere quotidiano. Sono quindi un processo permanentemente in funzione, una forma di equilibrio dinamico che sta alla base della creazione delle energie che ti servono per far fronte agli eventi della vita, i piccoli eventi quotidiani che si sommano e che sono il tuo stress cronico, e i grandi eventi che ti cambiano l’esistenza, possibilmente senza farti logorare troppo nell’affrontarli. Questi, come ti dicevo, incidono sul tuo stato di salute psico-fisico, sulle tue prestazioni e sulla solidità della tua leadership personale». Come avviene? «Sono un processo biologico, sono io che, tramite le reazioni di stress, produco tutte quelle sostanze come il cortisolo, le endor-

fine, la dopamina, l’adrenalina, la noradrenalina e tante altre. Soprattutto, cerco di mantenere in equilibrio il loro dosaggio, quello che serve a te. Perché quando questo dosaggio sballa, cambia anche la tua resilienza e lì ti accorgi se mi hai aiutato nel tempo come io aiuto te. Sono la tua hardiness, cioè la tua “durezza”, non quella d’animo, ovviamente, bensì la tua capacità di resistenza agli eventi della vita senza farti sopraffare da essi». E perché sei un must-have? «E me lo chiedi? Prova ad affrontare gli eventi della vita senza di


me, i momenti difficili e le cose che non vorresti mai che accadessero, o le situazioni del tutto inattese ed eccezionali come quelle che vivi ora, proprio ora, e che richiedono una capacità di adattamento continuo nel migliore dei casi e mai visto prima nei casi eccezionali. Prova ad affrontare una carriera, una qualsiasi, a vivere una vita dentro un’organizzazione o passare tra organizzazioni diverse e le loro relazioni complesse e i sistemi decisionali senza farti logorare eccessivamente o troppo rapidamente e arrivare solido e in salute alla parte più adulta, matura della tua

vita. Sono un must-have perché sono io che ti aiuto ad affrontare i momenti difficili, impegnativi, le tue sfide, senza farti radere al suolo. Non sono una cosa che si indossa, sono una caratteristica che hai addosso, ma mi devi nutrire e mi devi voler bene». Quando entri in gioco? «Ogni volta che c’è necessità di adattamento e il tuo organismo deve reagire, entro in gioco io. Tu lo sai che la vita, in ogni suo aspetto, è adattamento continuo, quindi io gioco sempre per te. Sono il tuo sostegno al cambiamento, il sostegno vero, quello che sta dentro di te. Perché, ricordalo sempre, il cambiamento è ineluttabile, anche quando ci sembra di restare fermi e che tutto sia ok, ricorda che siamo minuscole particelle posate su un sassolino che viaggia nell’universo a 1.670 km/h ogni 24 ore e che gira intorno al sole alla velocità di 107.210 km/h, cioè 29,78 km al secondo, e abbiamo l’illusione di poter controllare e prevedere tutto, di guidare il cambiamento come parrebbe a ciascuno di noi. L’illusione di stabilità e controllo». E quindi? «Quando le cose ti sembra che vadano avanti in maniera tutto sommato lineare, ti accorgi meno di me, ma sono sempre lì con te. Entro in gioco davvero solo quan-

do cadi e ti rialzi, quando sai che devi andare avanti qualunque cosa accada. Sono quella che ti tende la mano in quei momenti. Anche quando sei stanco. Uno scrittore che amo, Arturo PérezReverte, ha scritto che “la lucidità è la condizione imprescindibile di ogni vero eroe stanco”: ecco, io ti aiuto a mantenere la lucidità e a fare le tue scelte anche quando sei stanco. Sono il tuo “Ijrashii”, quella sensazione che si prova quando si vede qualcuno in svantaggio superare un ostacolo, l’immensa forza d’animo di chi è fragile e vulnerabile e, ciononostante, raggiunge un traguardo. Entro in gioco quando è ora di “knowing in our gut”, di conoscere cosa c’è nella nostra pancia. Agisco quando hai paura di essere tagliato fuori dal traguardo, io ti spingo ad arrivarci». Come sfruttare le tue possibilità e svilupparti? «Mi devi allenare, costantemente, per tutta la vita, come se fossi un “integratore” utile per la tua esistenza e per il tuo equilibrio, seguendo dei protocolli di lavoro semplici ed efficaci, ma stringenti. Per esempio, devi fare movimento, devi diversificare i tuoi interessi per mantenere plastico il tuo cervello, devi imparare a rilassarti tramite mindfulness o altre tecniche, scegli quella che ti piace di più. Devi avere sempre obiettivi psicologicamente stimolanti e uti-

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Formazione li per te, devi imparare sempre qualcosa di nuovo mantenendo viva finché potrai la fiammella dell’apprendimento, devi seguire uno stile nutrizionale corretto e altre azioni previste nei protocolli validati scientificamente in 40 anni e più di lavoro e ricerca. Tutto questo lo trovi sistematizzato presso il The Hardiness Institute, al cui lavoro fanno riferimento, prima o poi, tutti coloro che nel

«Da un po’ di tempo sono sempre più indispensabile. Soprattutto per far fronte a un contesto mutevole, rapido… dove la gestione dell’errore, del non mollare mai, della proattività verso il nuovo e incerto è situazione quotidiana»

mondo si occupano seriamente di resilienza. L’hardiness è l’humus su cui si fonda la resilienza. Se non coltivi l’hardiness, la resilienza ne risente. E bada bene: non si tratta di cosa per invincibili o immortali, ma per lottatori. Anche difendere una propria idea o un proprio principio morale può richiedere molta resilienza». Quali progetti hai per il futuro? «Da un po’ di tempo, con l’avvio dell’economia globale e poi digi-

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tale che hanno innovazione, velocità e cambiamento al centro, sono sempre più indispensabile. Non tanto o solo per gestire situazioni negative, ma soprattutto per far fronte a un contesto mutevole, rapido… dove la gestione dell’errore, del non mollare mai, della proattività verso il nuovo e incerto è situazione quotidiana. Solo utilizzandomi i migliori sono tali e prosperano in questo nuovo e incerto habitat. Dove tutto cambia repentinamente, competenze, professionalità, insomma il lavoro che facciamo e sempre più spesso anche dove lo facciamo, con inevitabili periodi di disoccupazione per tanti. Oggi, poi, a fronte di quest’ultimo sconvolgimento epocale, divento come un vero must per tutti». E quindi? «Quindi, dovete tutti avermi sempre attiva, esercitarmi, sviluppare un continuo training quotidiano di formazione e pratica della mia essenza per voi stessi. E io cresco insieme a voi, delineando insieme sempre nuove modalità per essere capace di supportare questa vostra vita professionale e personale sempre più sfidante e interessante, ma anche, converrai, stressante. Per questo dovete tutti considerarmi seriamente, ancora troppi non mi conoscono, utilizzano e praticano per nulla. Troppi lo fanno in modo artigianale, senza avere un metodo, senza fare riferi-

mento alla continua evoluzione che chi mi studia e fa ricerca, aiuta persone e aziende a praticarmi al meglio. Con The European Hardiness Institute abbiamo lavorato con decine di organizzazioni e migliaia di persone al lavoro e fuori dal lavoro, aiutandole a dare tutto di sé nei momenti più difficili, ma anche a gestire al meglio quelli positivi. C’è una rete europea di persone di alto livello, preparate e in grado di agire sulla resilienza, individuale e organizzativa, prima di tutto per far fronte al troppo dilettantismo con cui spesso vengo trattata, visto che ormai la resilienza è di moda, ma rappresenta un pericolo per chi si affida ad apprendisti stregoni. Ci sono e stanno crescendo persone dentro le aziende che si formano quotidianamente con il metodo corretto e professionale per poter poi diventare autonome nello svilupparmi e ora più che mai sono una caratteristica indispensabile e di base, sono una hard skill, altro che soft. Insomma, se mi terrete nella dovuta considerazione e mi svilupperete seguendo chi è competente e non dilettante allo sbaraglio ne faremo delle belle. Ricorda infatti che io mi paleso solo quando c’è bisogno, ma in quei momenti, oggi sempre più frequenti, devi aver appreso e praticato, devi esserti in precedenza allenato o allenata seriamente, altrimenti io non mi attivo o mi attivo nei modi sbagliati e allora sono dolori». 



OSSERVATORIO LEGISLATIVO a cura di Manageritalia

RAPPORTO ONU: THE IMPACT OF COVID-19 ON WOMEN

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osservatorio

uest’anno si celebra il venticinquesimo anniversario della Piattaforma d’azione di Pechino per l’uguaglianza di genere. Con il diffondersi del Covid-19 anche i passi avanti ottenuti negli ultimi decenni rischiano di essere vanificati. La pandemia sta inasprendo le disuguaglianze preesistenti, esponendo le vulnerabilità dei sistemi sociali, politici ed economici, e rischia di provocare un effetto devastante sulla condizione femminile nel mondo, non solo nei paesi in via di sviluppo. Le donne, giovani e meno giovani, stanno pagando il prezzo più alto in termini economici, sociali e di riconoscimento dei diritti. Nel Rapporto redatto dall’Onu sono individuati cinque ambiti in cui la pandemia produrrà un impatto specifico sulle donne, aggravando le disuguaglianze di genere. In particolare, considera gli impatti nell’ambito economico, della salute, del lavoro di cura non retribuito, della violenza di genere e nei contesti di fragilità, conflitto o altre emergenze. Circa il 60% delle donne in tutto il mondo lavora nell’eco-

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nomia sommersa, guadagna meno degli uomini, ha minori capacità di risparmio e maggiori probabilità di cadere in uno stato di povertà. Con il crollo dei mercati e la chiusura delle aziende, milioni di posti di lavoro sono scomparsi. Contemporaneamente alla perdita di un’occupazione retribuita, è aumentata in modo esponenziale la quantità di ore non retribuite dedicate alla cura della famiglia, in particolare dei bambini, a casa per la chiusura delle scuole e degli anziani. Il documento illustra le linee di intervento per invertire questa tendenza e per garantire alle donne la possibilità di essere protagoniste e leader nella fase di ripresa. Per limitare l’impatto negativo sulla vita delle donne è necessario rimuovere le barriere che impediscono il loro pieno coinvolgimento nelle attività economiche, favorire la parità di retribuzione e le pari opportunità, i finanziamenti per le donne imprenditrici e i meccanismi per promuovere il lavoro autonomo delle donne, includendo sia la sfera pubblica che quella privata. Allo stesso modo, la riduzione dei divari di genere nel campo dell’istruzione e la garanzia che le donne rimangano e aumentino la loro partecipazione al mercato del lavoro formale avranno un ruolo significativo nel permettere all’economia una crescita forte, equa e sostenibile. Le disuguaglianze hanno reso tutti noi più vulnerabili all’impatto della crisi, si legge nelle conclusioni finali del documento, se scegliamo di ripetere le politiche passate non riusciremo a sfruttare questo momento per ricostruire società più uguali, inclusive e resilienti. L’Onu individua tre livelli di intervento: 1. centralità delle donne e delle organizzazioni femminili nella lotta alla pandemia e nei progetti di rilancio; 2. trasformare le iniquità del lavoro non retribuito (salute, famiglia ecc.) in una nuova economia di assistenza inclusiva che funzioni per tutti; 3. progettare piani di sviluppo socio-economici focalizzati sulla vita e sul futuro di donne e ragazze. Mettere le donne e le ragazze al centro delle economie mondiali sosterrà una ripresa più rapida e permetterà di conseguire gli obiettivi di sviluppo sostenibile. https://bit.ly/Documento-Onu


IL DECRETO RILANCIO

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l decreto legge 34/2020 “Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19”, è entrato in vigore il 19 maggio. In ordine di tempo rappresenta il terzo grande intervento varato dal governo per affrontare le conseguenze economiche dell’emergenza Covid-19, dopo il Cura Italia e il decreto Liquidità, e prevede un pacchetto di misure da 55 miliardi di indebitamento e 155 miliardi in termini di saldo netto da finanziare. Si tratta di un testo composto da ben 266 articoli che, oltre a rifinanziare molte delle misure del decreto Cura Italia, introduce nuovi interventi a sostegno del reddito e dell’occupazione per famiglie, lavoratori, imprese, interventi di natura fiscale, per il settore del turismo e su salute e sicurezza per uscire dalla crisi economica scaturita dalla pandemia. È online anche il focus di Anpal Servizi che approfondisce le principali misure messe in campo per il mercato del lavoro previste dal decreto Rilancio. Con il provvedimento si chiude definitivamente la questione relativa alle clausole di salvaguardia fiscali, a cominciare dai 20,1 miliardi di aumenti Iva del 2021, prevedendone la soppressione definitiva a partire dal 1° gennaio del 2021. https://bit.ly/Focus-ministero-del-Lavoro https://bit.ly/Focus-MEF –

https://bit.ly/Focus-Mibact

https://bit.ly/Focus-Anpal-Servizi

INPS: DIVIETO DI LICENZIAMENTO E DIRITTO ALLA NASPI

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l decreto legge Rilancio estende a cinque mesi il termine previsto dal decreto legge Cura Italia entro il quale sono vietati i licenziamenti individuali per giustificato motivo oggettivo e quelli collettivi e sono sospese le procedure in corso. Al riguardo, l’Inps, con il Messaggio n. 2261 del 1° giugno, ha precisato che è possibile accedere alla prestazione di disoccupazione Naspi per quei lavoratori che abbiano cessato involontariamente il rapporto di lavoro con la causale di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, nonostante il divieto previsto dall’art. 46 del decreto legge 18/2020. L’erogazione dell’indennità Naspi a favore di tali lavoratori licenziati, nonostante il divieto, sarà effettuata dall’Inps con riserva di ripetizione di quanto erogato nell’ipotesi in cui il lavoratore, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, dovesse essere reintegrato nel posto di lavoro. https://bit.ly/Messaggio-2261

DECRETO SCUOLA: APPROVATI PRIMA I DECRETI ATTUATIVI DELLA LEGGE

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l decreto legge 22 del 2020 che reca “Misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico e sullo svolgimento degli esami di Stato” fa un massiccio rinvio alle ordinanze del ministro dell’Istruzione che, paradossalmente, in alcuni casi hanno preceduto il decreto legge anziché seguirlo. È uno di quei casi, piuttosto rari, in cui la norma di attuazione precede la legge. Il provvedimento infatti doveva intervenire per disciplinare la valutazione finale degli studenti per tutti gli ordini e gradi di scuola, per l’ammissione degli studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado alla classe successiva, per il recupero degli apprendimenti degli studenti e per lo svolgimento degli esami di Stato conclusivi del primo e del secondo ciclo di istruzione. L’iter parlamentare tuttavia non ha consentito di approvare il testo prima dello svol-

gimento degli esami di terza media e in prossimità dello svolgimento dell’esame di maturità. Per l’esame di terza media un’ordinanza del ministero dell’Istruzione ha stabilito che gli studenti dovranno produrre un elaborato da discutere online con il consiglio di classe entro il 30 giugno. Per l’esame di maturità una seconda ordinanza ha statuito che l’esame avrà luogo dal 17 giugno in presenza con una sola prova orale alla quale saranno assegnati fino a 40 punti (gli altri 60 saranno attribuiti tramite crediti formativi). Il colloquio orale avrà durata massima di un’ora con una discussione su un elaborato concordato con lo studente, un testo di italiano e altri materiali disposti dai docenti. I commissari saranno tutti interni, la lode potrà essere conferita. Una terza ordinanza ha previsto i requisiti per

l’ammissione alla classe successiva degli studenti della scuola secondaria di primo e di secondo grado. Ci sarà un’ammissione generalizzata alle classi successive, ma le insufficienze rimarranno nel documento di valutazione e agli studenti verrà data una seconda possibilità di recupero all’inizio del prossimo anno scolastico. La non ammissione all’anno successivo sarà disposta solo quando lo studente non ha frequentato la prima parte dell’anno scolastico, oppure se lo studente abbia ricevuto provvedimenti disciplinari gravi. https://bit.ly/Ordin-Esame-terza-media https://bit.ly/Ordin-Esame-Maturità https://bit.ly/Ordin-Valutazioni

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Intervista

E-LEARNING, IL FUTURO È OGGI Per adattarci a un mondo diventato improvvisamente più volatile, incerto, complesso e ambiguo occorre “apprendere ad apprendere” continuamente, costruendo una nuova cultura della formazione e del lavoro incentrata sulla flessibilità. Una trasformazione che passa dalle organizzazioni e coinvolge in prima persona i manager. Ne parliamo con Franco Amicucci, formatore ed esperto di e-learning.

Franco Amicucci, presidente e fondatore di Skilla, è formatore ed esperto di e-learning.

Niccolò Gori Sassoli ricerca e innovazione Manageritalia

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Quali trasformazioni stanno avendo le conseguenze dell’emergenza Covid-19 sul mondo della formazione, in particolare su quella professionale, in Italia? «Il coronavirus ha imposto un’accelerazione improvvisa e impressionante: abbiamo compiuto in pochi giorni un’evoluzione che ipotizzavamo sarebbe avvenuta in cinque o dieci anni. Milioni di persone si sono trovate a sperimentare per la prima volta modalità di studio e apprendimento che fino a tre mesi fa erano appannaggio di una minoranza. Nelle scuole e nei luoghi di lavoro, docenti e discenti hanno iniziato a usare semplici strumenti per operare a distanza, accorgen-

dosi che la soglia di accesso ad alcune tecnologie è molto bassa. La formazione d’aula in ambito professionale non scomparirà ma sarà diversa, più breve ed esperienziale». Quali sono le conseguenze, positive e negative, di un cambiamento arrivato in modo così forzato e improvviso anziché programmato? «La consapevolezza di poter utilizzare la tecnologia per ridurre le distanze e rendere più flessibile e personalizzato l’apprendimento ha innescato trasformazioni ormai irreversibili. Poiché il cambiamento, se non ben gestito, rallenta l’innovazione, è impor-


tante guidare bene questi processi. In ambito professionale potremmo usare la didattica a distanza per abbattere radicalmente tempi e costi della formazione continua. Il principale rischio in questa fase è quello della banalizzazione e semplificazione: pensare che sia sufficiente registrare un video per fare didattica a distanza». Quali competenze servono oggi, agli individui e alla civiltà umana nel suo insieme, per affrontare il domani, che la pandemia ha rivelato essere più incerto e incontrollabile di quanto immaginavamo fino a poche settimane fa? «I concetti di Vuca – volatility, uncertainty, complexity and ambiguity – fino a ieri oggetto di studio, sono improvvisamente entrati nella nostra realtà. Siamo nel pieno di un’accelerazione di cui

fatichiamo a comprendere la portata. Viviamo una “singularity” paragonabile a quella rappresentata nelle opere di fantascienza. Per abitare nel “mondo nuovo” dobbiamo imparare un nuovo alfabeto, attivare e sperimentare nuove pratiche sociali, lasciarci alle spalle vecchi schemi e culture. Dobbiamo acquisire quella che Alvin Tofler definisce la competenza del disapprendere, il che comporta una duplice sfida. La prima è quella di focalizzarsi su alcune competenze chiave richieste dal nuovo contesto: resilienza, adattabilità agli ecosistemi fisici e digitali in cui siamo immersi, problem solving collaborativo, pensiero critico. La seconda è acquisire una nuova cultura della formazione non più basata sulla separazione tra tempo di studio, tempo di lavoro e tempo di vita, ma sulla logica dell’apprendi-

mento permanente, quotidiano, usando la molteplicità di strumenti e canali che rendono l’“apprendere ad apprendere” un processo costante». Cosa dobbiamo disimparare? «Stiamo capendo che l’apprendimento non è un processo lineare e cumulativo, misurato in anni di studio e ore di formazione, ovvero un “Chrónos formativo”, ma è un percorso basato su rotture e salti di paradigmi in cui saper disapprendere e creare dei vuoti è necessario per acquisire e fare spazio a nuove abilità, culture, modelli di riferimento che potremmo definire come un “Kairós dell’apprendimento”. Nella lunga lista di cose da disapprendere o, per meglio dire, destrutturare, insieme alle vecchie culture burocratiche e ai vecchi modelli organizzativi, è importante inserire

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Intervista tutto quello che rientra nello stile della rigidità cognitiva. Una rigidità che è un tratto anche psicologico di una generazione che ha fatto di modelli e stili di leadership rigidi un mantra. Dobbiamo invece aprire allo schema opposto, quello della flessibilità cognitiva, che permette un rapido

«L’apprendimento non è un processo lineare e cumulativo, misurato in anni di studio e ore di formazione, ma è un percorso basato su rotture e salti di paradigmi in cui saper disapprendere e creare dei vuoti è necessario per acquisire e fare spazio a nuove abilità, culture, modelli di riferimento»

adattamento di persone e organizzazioni a nuovi contesti, sfide, opportunità. Dobbiamo imparare ad apprendere dalle esperienze più significative che segnano la nostra evoluzione lungo il cammino della vita, dai successi e dagli errori, dalla capacità di fare domande alla nostra rete di relazioni e alla grande bibliotecaipertesto che è il web e poi saper filtrare le risposte, le informazioni e le conoscenze, dargli valore e rimetterle in circolazione». Come affrontare il sovraccarico cognitivo a cui siamo sottoposti? «Il lavoro intellettuale in contesti di relazione digitale rischia di rompere ogni minimo confine fra vita privata e vita lavorativa, con conseguenze importanti sul carico cognitivo e sullo stress. È urgente creare una nuova cultura affinché con il valore della flessibilità si affermi una nuova capacità di gestire la vita personale

nei tempi e negli spazi. Come accade nelle diete, di fronte all’enorme buffet che abbiamo di fronte dobbiamo imparare a eliminare qualcosa. Il sovraccarico cognitivo richiede la “dietetica delle informazioni”, cioè la capacità di focalizzarsi sulle informazioni chiave, di allenare l’intelligenza sintetica». L’improvviso e massivo ricorso allo smart working e all’e-learning ha evidenziato che la carenza di una specifica “cultura della cittadinanza digitale” in Italia è un’emergenza sociale. Come colmare il divario? «L’Italia è agli ultimi posti in Europa nell’ambito della cultura e delle competenze digitali. Siamo tra i Paesi più anziani del mondo e abbiamo una pubblica amministrazione diffidente verso l’innovazione. La dirigenza del Paese, a tutti i livelli, per fattori anagrafici e culturali, è carente sul piano del mindset e delle competenze digitali, mentre le giovani generazioni, mediamente più alfabetizzate digitalmente, non hanno per ora ruoli di potere significativo. Per invertire la rotta dovremo impegnarci per arrivare agli standard del DigComp, il quadro di riferimento per le competenze digitali dei cittadini europei». A proposito di mindset digitale e all’apprendimento continuo: come diffonderlo nel contesto ma-

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nageriale e imprenditoriale italiano? «L’esperienza di queste settimane rappresenta una grande full immersion formativa sul digitale vissuta in contemporanea e massivamente da tutto il management italiano. È iniziato il momento del debriefing. Cosa abbiamo appreso? Come sarà l’organizzazione del futuro? Dove investire affinché persone e organizzazioni siano più agili e performanti grazie alle tecnologie? Le nuove forme di lavoro che si stanno profilando, insieme all’accelerazione della digitalizzazione dei processi e della robotizzazione delle attività manifatturiere, richiedono una nuova visione manageriale incentrata sul valore della formazione, che deve diventare una funzione strategica. Dobbiamo configurare le organizzazioni come veri e propri ecosistemi di apprendimento continuo». Cosa possono fare i manager per orientare le attività imprenditoriali nella transizione verso modelli più sostenibili di produzione, distribuzione e consumo? «Una delle grandi sfide manageriali è orientare il business verso l’etica e la sostenibilità, non per seguire un imperativo morale, ma come precondizione per garantire l’esistenza stessa delle aziende. I manager dovrebbero esercitare due dimensioni della

DigComp: standard europeo delle competenze digitali

Leggi il DigComp 2.1

leadership spesso trascurate: la “lateral leadership”, cioè la capacità di creare reti virtuose, di intelligenza connettiva e collettiva con i colleghi, e la “leading up”, cioè il saper influenzare e guidare le proprietà aziendali e i consigli di amministrazione, che sono spesso azionisti non competenti». Quali passi concreti potrebbe fare Manageritalia per realizzare il suo auspicio affinché i corpi intermedi collaborino per indirizzare, guidare e monitorare la diffusione dello smart working? «I pilastri su cui fondare lo smart

Il DigComp è un rapporto realizzato dal Joint Research Centre (JRC) della Commissione europea contenente indicazioni utili a definire, partendo dalle evidenze scientifiche, le politiche europee in materia di competenze digitali. Pubblicato nel 2013 e aggiornato nel corso degli anni, è il quadro di riferimento su cui si costruisce la “cittadinanza digitale europea”, ovvero si innovano l’istruzione e la formazione professionale ai fini della crescita personale, dell’occupazione e dell’inclusione sociale.

working sono tre: il primo poggia sulla cultura del lavoro, partendo da quella manageriale; il secondo sulla diffusione di competenze specifiche per operare con efficacia a distanza; il terzo sulle dotazioni di infrastrutture digitali, dispositivi, connessioni e applicazioni. Manageritalia può diffondere la consapevolezza tra i suoi interlocutori sull’urgenza di investire, a ogni livello, per consolidare questi tre pilastri. Sul piano sindacale può intervenire nella contrattazione collettiva, per investire sulla formazione e offrire servizi specifici per l’apprendimento continuo». 

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Podcast ATOMI & BIT: innovazione da ascoltare! Manageritalia, in collaborazione con Andrea Latino, digital transformation consultant e fondatore del gruppo Void, lancia un nuovo canale di informazione e confronto sulla digital transformation. Un successo di audience e contenuti in grado di coinvolgere e stimolare il dibattito. Ecco qualche estratto

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AL 15 MAGGIO è in onda Atomi & Bit, l’iniziativa promossa da Manageritalia e un manager, con i manager, per i manager, che offre l’opportunità di ascoltare la viva voce dei più grandi business leader italiani. Durante le prime puntate di Atomi & Bit grandi manager e leader ci hanno raccontano delle loro sfide e dei processi che hanno adottato per vincerle, fornendo consigli utili per i colleghi da applicare nella propria realtà.

Siete curiosi di sapere qual è il segreto per non essere travolti dall’onda digitale, secondo un leader del mondo Fmcg? Massimo Ferro, cfo e direttore corporate strategy di Nestlé Italia, ci ha risposto così: «Devi posizionare i tuoi prodotti e i tuoi servizi in sistemi più allargati, quelli che vengono chiamati eco-system, per capire se in questi ci sono dei competitor, che sono delle minacce, oppure delle opportunità che puoi prendere per fare leva sul tuo prodotto per allargarlo in un settore leggermente diverso ma limitrofo a quello che fai. Cioè devi avere un po’ la capacità di vedere il mercato o quello che ti succede con occhi un po’ più ampi che solo il tuo prodotto, il tuo settore o la tua linea distributiva».

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E vi interessa sapere come definisce l’“essere digitale” un top manager di una new bank? Carlo Panella, head of direct banking and chief digital operations officer di illimity, ci risponde: «Essere digitali vuol dire riuscire a spostare la complessità al proprio interno, lasciando al cliente i processi semplici e immediati, processi che devono essere pensati andando a ridistribuire in parti diversi dell’organizzazione. Con organizzazione intendo dire organizzazione end-to-end, che comprende anche il cliente finale, per utilizzare al meglio il valore che ognuno può portare all’interno di questo processo». E continua il suo discorso spiegandoci: «Pensare in modo digitale è un po’ come quello che sta succedendo, ed è successo, con il passaggio dall’economia tradizionale alla sharing economy: non è più importante possedere un bene, ma poterlo utilizzare per il tempo che mi serve, quando mi serve e pagandolo per il valore che mi dà in quel momento».

O ancora, siete curiosi di scoprire come l’ad di un’azienda medicale l’ha portata da 600k di fatturato al primo bilancio a un network da oltre 20 centri? Luca Foresti, ceo del Centro Medico Sant’Agostino: «Dal 2010 sono arrivato a Sant’Agostino, ai tempi era una piccolissima azienda (...). Ho favorito un uso pervasivo della tecnologia, anche perché l’azienda che gestisco ha un posizionamento di mercato a tariffe molto accessibile, quindi l’unica possibilità per stare in piedi era di digitalizzare tutto il digitalizzabile. Altrimenti non saremmo mai riusciti a fare i prezzi che facevamo e ottenere i risultati che abbiamo avuto».

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URIOSI? Questi sono solo piccoli frammenti di ciò che viene raccontato durante i nostri podcast. Potete ascoltare gratuitamente le puntate attuali, passate e future a questo indirizzo https://anchor.fm/atomibit e sulle altre principali piattaforme gratuite di podcast. È anche possibile iscriversi per ricevere direttamente la notifica di quando, ogni venerdì, viene pubblicata una nuova puntata. Vi aspettiamo! #atomiebit GIUGNO 2020 - DIRIGENTE 55


Intervista

UN CERTIFICATO PER LE COMPETENZE La certificazione del Digital innovation manager può essere un asso nella manica per emergere in un mercato sfidante. L’opinione di Gabriella Guenzi, managing director di Cepas, società del Gruppo Bureau Veritas.

Gabriella Guenzi, managing director di Cepas, società del Gruppo Bureau Veritas.

Roberta Roncelli

Come sta evolvendo la certificazione a livello internazionale per le alte professionalità slegate da obblighi di legge? «Il mercato globale chiede professionalità al di là degli obblighi e, in un contesto internazionale sempre più sfidante, le certificazioni su base volontaria acquisiscono valore aggiunto per il professionista, che può dare garanzia di competenza mediante una certificazione di terza parte indipendente rilasciata da un brand noto a livello mondiale come il gruppo Bureau Veritas, di cui Cepas fa parte». In quali mercati e contesti la certificazione è oggi un must? «Ogni paese ha proprie caratteristiche, determinati fabbisogni e un tessuto sociale molto differente, quindi è difficile ragionare in via generale. Tuttavia, negli ultimi anni sono emerse alcune esigenze comuni da cui possono derivare specifici ambiti di intervento. Sicuramente il settore della privacy, so-

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prattutto dopo il complesso Gdpr del maggio 2018, è particolarmente coinvolto, poiché ha fatto emergere l’esigenza di avere all’interno di enti pubblici e privati figure preparate. Questo riguarda anche l’intero settore della sicurezza, in particolare dopo l’emergenza Covid-19. La certificazione può avere inoltre un ruolo da protagonista nella business continuity e nella corporate social responsibility: penso alle tematiche green e collegate all’economia circolare. Infine, naturalmente, l’innovazione. Quello che è doveroso sottolineare è l’esigenza trasversale che accomuna tutti i settori, indipendentemente dalle mode: la competitività si crea sulla qualità del capitale umano e sulla trasparenza degli enti che lo devono certificare, per valorizzare, con responsabilità e metodo, tutte le competenze, anche quelle acquisite spontaneamente». Quali sono i principi di una buona certificazione, ancor più in un con-


testo professionale in rapido e destrutturato cambiamento come quello attuale? «Imparzialità, indipendenza, correttezza e competenza. Nel delicato periodo storico riteniamo infatti che gli obiettivi possano essere raggiunti solo con serietà professionale e contestualizzando le esigenze, ma senza mai perdere una necessaria visione di insieme. Nella ripartenza, e in previsione dell’apertura di tutte le attività, formazione, competenza e capacità di ascolto hanno un ruolo cruciale: è necessario un nuovo modo di pensare e quindi di agire, grazie anche a una maggiore consapevolezza dei reali bisogni del Paese. Parlando di innovazione, ad esempio, in era di globalizzazione la politica industriale è tornata al centro dell’agenda di governo che, analizzando l’economia italiana, caratterizzata dalla piccola-media imprenditoria, intende sostenere i processi di trasformazione tecnologica e digitale attraverso il piano nazionale “Impresa 4.0”. In questo contesto, la certificazione di competenze erogata da un ente di terza parte indi-

pendente come Cepas, società del gruppo Bureau Veritas, rappresenta il punto di svolta grazie al quale si innesca un circolo virtuoso: la persona certificata ha un riconoscimento oggettivo, la possibilità di differenziarsi sul mercato e di emergere; le organizzazioni, dal loro canto, avvalendosi di personale certificato, si assicurano un vantaggio in termini di produttività e competitività; il cliente finale, infi-

ne, riceve garanzia di un servizio ottimale erogato da un professionista competente». Cosa vi rende un ente certificatore affidabile e riconosciuto a livello internazionale? «Il valore aggiunto di Cepas sta nel processo stesso di certificazione delle competenze, metodologia che prevede un percorso ben definito, strutturato in specifici requisiti

LA CERTIFICAZIONE DEI DIGITAL INNOVATION MANAGER Manageritalia, già protagonista del supporto agli incentivi del Mise con il voucher Innovation manager, crede tantissimo nella necessità di sviluppare questa professionalità e ancor più di aiutare la trasformazione digitale nell’economia italiana. Per questo, sempre con XLabor, la sua divisione per il mercato del lavoro manageriale, ha lanciato nei primi mesi dell’anno la certificazione del Digital innovation manager affidandola a un ente di certificazione terzo, prestigioso e internazionale, come Cepas, società del Gruppo Bureau Veritas. Un’iniziativa volta a valorizzare i professionisti presso la business community e quindi a favorire la loro collaborazione con le tantissime aziende che devono cogliere le opportunità della trasformazione digitale. Il processo di certificazione prevede un esame scritto e orale con condizioni economiche di maggior favore per gli associati Manageritalia. Per saperne di più: www.xlabor.it/manager/manager-x-lo-sviluppo Per informazioni e iscrizioni: XLabor - info@xlabor.it - tel. 02 92979470

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Intervista siti d’accesso, modalità d’esame e criteri di mantenimento. La certificazione delle persone è l’atto con cui una terza parte indipendente accreditata dichiara che un professionista, valutato secondo regole chiare e trasparenti, ha acquisito le competenze stabilite con la partecipazione delle “parti interessate” del mercato per operare con professionalità in un determinato settore di attività. Ricordo poi che

«La certificazione è l’atto con cui una terza parte indipendente accreditata dichiara che un professionista, valutato secondo regole chiare e trasparenti, ha acquisito le competenze per operare in un determinato settore di attività»

Cepas è accreditato dal 1996 dall’Ente nazionale di accreditamento Accredia ed è riconosciuto in Italia e in Europa. Accredia aderisce all’Accordo multilaterale Ea (Mla) ed è “full member” dell’International accreditation forum (Iaf). In breve, i certificati Cepas, ove coperti da accreditamento, sono validi a livello internazionale secondo gli accordi di mutuo riconoscimento. Cepas è infine unico “full member” italiano di Ipc (In-

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ternational personnel certification association): alcune nostre certificazioni sono per questo riconosciute in ambito europeo e internazionale da parte dei firmatari del Multilateral agreement di Ipc. Ciò conferisce un ulteriore valore aggiunto, oltre all’accreditamento». Cosa pensate della forte spinta che Manageritalia mette nella promozione della digitalizzazione dei manager, delle imprese, dell’economia e della società? «Manageritalia adotta strategie che conciliano obiettivi economici con quelli sociali, anche grazie a un network numeroso ed eterogeneo. Si fa portavoce di un interesse, quello del terziario, ma pone al centro ogni singolo professionista e quelle esigenze specifiche finalizzate al raggiungimento di una crescita globale a livello economico e non solo. Come Cepas riteniamo che diminuire il divario digitale, anche all’interno del nostro Paese, significhi prima di tutto iniziare un percorso volto a un cambio culturale e di pensiero: fare un nuovo disegno, costruire un progetto utile a tutte le parti interessate. Mai come in questo periodo siamo infatti obbligati a farlo e, per uscire dall’impasse, dobbiamo modificare regole e prospettive, stabilendo un nuovo paradigma. Manageritalia, attraverso le proprie attività e con una visione a lungo termine, è consapevole che, proprio ora, i professionisti comprendono l’importanza di avvalo-

rare la loro competenza come fonte di nuove opportunità». Il Digital innovation manager è uno dei fattori vincenti che noi mettiamo in campo per fare davvero la trasformazione digitale. Come l’aver portato in Italia la certificazione di questa figura grazie a voi può essere un plus? «Cepas e Bureau Veritas hanno risposto alla misura dei voucher Mise attraverso la certificazione delle competenze dedicata agli Innovation manager realizzata con la collaborazione di Manageritalia, organizzazione che mette al primo posto la digital trasformation in virtù di una crescita economica del Paese. Gli Innovation manager sono figure in grado di contribuire all’accelerazione tecnologica e digitale di un’azienda, guidandone il cambiamento e aumentandone la competitività. La misura dei voucher, dedicata alle micro imprese, alle pmi e alle reti d’impresa, ha riscontrato un grande successo. Nonostante sia un punto di partenza fondamentale, riteniamo sia necessario non fermarsi qui. Oltre agli incentivi attuali e futuri, è doveroso infatti supportare ulteriormente tutte le imprese valorizzando sempre più le figure professionali che traghettano le aziende verso il cambiamento. Con questa ratio nasce il progetto e da questo scambio tra professionisti esperti desideriamo che il nostro knowhow si arricchisca e assuma un valore concreto». 


Nuova Capitello

Chiama ASSIDIR al numero verde 800401345 Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Il prodotto Polizza Nuova Capitello “3176” è emesso da Aviva Vita S.p.A. Prima della sottoscrizione leggere attentamente il fascicolo informativo consultabile sul sito di Assidir.


benessere

PILLOLE DI BENESSERE

6 INDIRIZZI PER UNA VACANZA WELLNESS IN ITALIA

I

Il lockdown è ormai un brutto ricordo. Gli allenamenti tra le mura domestiche anche. C’è voglia di aria aperta, di evasione, di recuperare la forma fisica (quanti chili avete preso negli ultimi mesi?) e, soprattutto, alleviare lo stress accumulato in un periodo difficile per tutti. Se i viaggi all’estero hanno ancora limitazioni, perché non puntare su quanto il nostro Paese può offrire? L’Italia è tra le principali destinazioni wellness del mondo e c’è solo l’imbarazzo della scelta quando si parla di strutture e proposte in tal senso. Da nord a sud, abbiamo selezionato 6 indirizzi per esigenze diverse in grado di offrire trattamenti, escursioni e programmi detox per la remise en forme.

Per alleviare lo stress In Puglia, nella Valle d’Itria, Kali Yoga sorge in una struttura del 17esimo se-

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colo all’interno di un terreno di 4 ettari. Il pernottamento è predisposto nella masseria e nei trulli. https://kaliyoga.com/yoga-

trattamenti beauty e relax, una medispa per reimpostare la nostra dieta. https://www.fonteverdespa.com/ it/resort-spa-toscana/1-0.html

retreat-italy/

Per un soggiorno a base di yoga e meditazione, a 15 minuti da Lucca, il Borghino è sulle colline toscane, tra vigne e uliveti. https://www.borghino.com/

Per i bambini La parola d’ordine è family hotel, con aree e servizi per genitori con pargoli al seguito. Si può optare per lo Schneeberg Hotel o per l’Hotel Almina entrambi in Alto Adige.

Per perdere peso e tonificare il corpo

In Lombardia, sul Lago di Garda, al Lefay Resort un percorso tonificante per addome e cosce (il Gruppo Lefay ha aperto anche un’altra struttura sulle Dolomiti). https://lagodigarda.lefay

resorts.com/en

In Toscana al Fonteverde Spa, oltre a

http://schneeberg.it/ www.almina.it

Le due strutture sono concepite per intrattenere i bambini e proporre un menù benessere e sportivo formato famiglia. Non solo spa e aquapark, ma escursioni guidate e attività nella natura circostante.


ARTE Claudia Corti

JOAQUÍN SOROLLA: IL MAESTRO DIMENTICATO DELLA LUCE

Correndo lungo la spiaggia, 1908, Museo di Belle arti delle Asturie, Oviedo.

Q

arte

Quando nel 1909 la National Gallery di Londra gli dedicò una retrospettiva, la stampa lo definì uno dei più grandi artisti del mondo. Nel 2009, una mostra a lui dedicata al Prado di Madrid si chiuse con mezzo milione di visitatori, mentre la sua casa-museo a Madrid vede sfilare mediamente ogni anno circa duecentomila appassionati e curiosi. Eppure, fuori dai confini spagnoli, oggi, A.D. 2020... chi conosce Joaquín Sorolla? E pensare che il suo catalogo comprende circa 2.200 dipinti! Nato a Valencia nel 1863, orfano di entrambi i genitori fin dalla più tenera età, viene cresciuto dagli zii, i quali, di fronte al talento e all’attitudine artistica del ragazzo, si impegnano a fornirgli un’adeguata formazione. Da Valencia a Madrid, fino a Roma, dove ha modo di studiare l’arte classica. Ma a impressionarlo è Parigi, con le sue atmosfere, i cabaret, e soprattutto il movimento impressionista con la pittura en plein air e l’amore per la luce. È un colpo di fulmine in piena regola: il giovane artista ha finalmente trovato il linguaggio per esprimersi

al meglio. Tuttavia, la Spagna si mostra restia alle novità della pittura francese, probabilmente i tempi non sono ancora maturi per una Belle Époque iberica, i fermenti politici e le questioni sociali tengono banco, al punto che lo stesso Sorolla sarà costretto ad affermare, parlando con un amico: “In questo paese se vuoi farti notare devi dipingere morti”. Ma lui non ci sta! È nato a Valencia, proprio davanti al mare, quel mare in cui ha imparato a nuotare da bambino, di cui conosce le sfumature, i pericoli, ma soprattutto la gioia infantile dei giochi in acqua; e lo dipinge, quel mare. Lui, il pittore dell’estate, ci racconta un lato inedito della Spagna ancora impregnata del rigore controriformistico, quello delle vacanze. Scopriamo così che sulle spiagge di Valencia i bambini corrono e giocano nudi, le bambine

e le donne sono vestite con abiti leggerissimi, mentre gli uomini non amano particolarmente i giochi d’acqua e preferiscono leggere o chiacchierare seduti all’ombra di una tenda. È una pittura fatta di luce, di vento frizzante, di cappelli gialli di paglia, di vesti leggere, delle risate dei bambini in riva al mare e delle chiacchiere delle mamme che li osservano giocare. Fedele a questo suo ideale, non si piegherà mai alle avanguardie che irrompono con prepotenza sulla scena artistica europea. Della sua pittura si dirà alla sua morte, nel 1923, che è troppo facile per poter essere interessante, quasi da cartolina, e questo ne decreterà l’oblio. Eppure, a guardar bene, è proprio la gioia pura che traspare dai suoi dipinti a emozionare, quella spensieratezza estiva di cui abbiamo tanto bisogno dopo i venti di tempesta.

CURIOSITÀ Da bravo impressionista, si tiene molto lontano dal colore nero. Per realizzare i contrasti o le ombre utilizza il viola, colore che definiva “l’unica scoperta di importanza nel mondo dell’arte dopo Velasquez”.

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LIBRI Davide Mura

Il Purgatorio in chiave contemporanea Il capolavoro di Dante può raggiungere il lettore di oggi fuori dalle aule scolastiche? La risposta è affermativa. In libreria la seconda sfida di Franco Nembrini e Gabriele Dell’Otto, dopo il successo dell’Inferno. Il Purgatorio, la cantica del cambiamento, viene commentato da Nembrini con una parafrasi in italiano contemporaneo, in modo da rendere l’esperienza coinvolgente e attuale. Le illustrazioni “pop” di Dell’Otto, uno dei più importanti disegnatori del mondo, rendono il volume un’opera da ammirare e sfogliare. L’introduzione di Alessandro D’Avenia completa questo progetto ambizioso. Purgatorio, Dante Alighieri (commenti di Franco Nembrini, illustrazioni di Gabriele Dell’Otto, introduzione di Alessandro D’Avenia), Mondadori, pagg. 800,  28.

Il futuro del mare è nelle nostre mani La giovane biologa marina Mariasole Bianco ci presenta in questo volume la bellezza e la fragilità del mare, insieme alle storie di chi ogni giorno si batte per la salute degli oceani. L’80% delle specie viventi si trovano sott’acqua, le ricerche hanno portato alla luce appena il 5% dei tesori che le distese marine nascondono e le mappe dei fondali oceanici sono meno precise di quelle della Luna o di Marte. Gli oceani regolano il clima, producono la metà dell’ossigeno che respiriamo sulla Terra e assorbono un terzo dell’anidride carbonica prodotta dall’uomo: il loro futuro ora è seriamente minacciato dagli esseri umani, siamo arrivati a un punto critico, ma c’è ancora speranza se ciascuno fa la sua parte. Pianeta oceano, Mariasole Bianco, Rizzoli, pagg. 192,  17.

dall’ESTERO Il “mito” della personalità

libri

Lo psicologo e autore di bestseller Benjamin Hardy smentisce l’idea diffusa della personalità immutabile che, a suo dire, ci impedisce di apprendere ed essere propensi al cambiamento profondo. Approfondendo la ricerca psicologica su questi temi, Hardy punta in sostanza a farci ripensare al mito del “vero sé” da scoprire, mostrandoci come possiamo intenzionalmente creare i nostri sé desiderati e raggiungere obiettivi sorprendenti. Tra gli argomenti affrontati in questo brillante saggio: la fallacia dei test della personalità come quelli di Myers-Briggs e Enneagram, che per Hardy hanno la stessa validità scientifica degli oroscopi; perché non dovremmo mai essere il “precedente” nulla; perché definire noi stessi sulla base dei successi passati è altrettanto dannoso per la crescita, così come essere perseguitati dai fallimenti passati, come progettare la nostra identità attuale basata sul nostro sé futuro desiderato e prendere decisioni qui-e-ora attraverso la nostra nuova identità, riformulando esperienze traumatiche e dolorose in una nuova narrazione di noi stessi a supporto del nostro successo futuro. L’obiettivo ultimo del libro è quello di fornire al lettore gli strumenti per diventare abbastanza fiduciosi da definire lo scopo della nostra vita attraverso una serie di strategie ed esempi a cui ispirarsi. Personality isn’t permanent: break free from self-limiting beliefs and rewrite your story, Benjamin Hardy, Random House, pagg. 271, $ 27.

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LETTURE per MANAGER

...permanager

Marco Lucarelli

LE “GIORNATE TIPO” DI UN MANAGER DEL PERSONALE

I

I libri che parlano di risorse umane di solito ricadono in due categorie. La prima fornisce una versione da manuale che vede i gestori delle risorse umane impegnati nel conciliare la felicità dei dipendenti con la vision, gli obiettivi e i valori dell’azienda. L’altra descrive la stessa funzione come popolata da spietati tagliatori di teste, privi di umanità. Quest’ultimo filone, spesso romanzato, di solito vede il protagonista cadere in una profonda crisi esistenziale di fronte alla spietatezza del proprio mestiere e abbandonare il lavoro per riprendere in mano la propria vita. Il perché la figura del responsabile risorse umane abbia così tanto spazio all’interno della letteratura, manageriale e non, è di facile intuizione. È la persona che ha il potere di cambiarvi la vita, allontandovi dal vostro luogo di lavoro, negarvi o permettervi l’accesso a quella posizione tanto ambita e che per voi, per la vostra professione, per il vostro conto in banca, avrebbe significato un bel balzo in avanti. Questo libro di Denis Murano, Risorse inumane. Diario segreto di un direttore del personale, 148 pagine, Indipendent Publishing editore, si distacca dai due filoni precedenti, senza nascondersi dietro la descrizione della sola mansione ma narrando le “giornate tipo” di un manager del personale e delle persone che lavorano con lui, delle interazioni che quotidianamente ha con altre funzioni manageriali o con candidati che aspirano a entrare nell’organizzazione. Senza tralasciare aneddoti su consulenti, fornitori e trasferte di lavoro. Denis Murano, nome di fantasia dietro il quale si nasconde un manager delle risorse umane, ci racconta

in questo libro episodi realmente accaduti in una media azienda italiana: cosa si dicono i “mega-manager” durante le loro riunioni? E poi, cosa fanno davvero “quelli” delle risorse umane? Cosa pensano? Come lavorano? Cosa fanno tutto il giorno chiusi nei loro uffici? Questo è anche un racconto sul conformismo di manager incapaci e dei loro stipendi ingiustificati, ma a differenza di altri libri dissacratori verso il mondo delle aziende, questo libro non attacca i rituali del management con il solo obiettivo di sminuirlo. Certo, l’autore ci ricorda come spesso in posizioni di vertici aziendali ci siano persone che hanno raggiunto il successo per caso, per una sorta di alchimia, di situazioni che qualunque manuale di leadership farebbe fatica a riprodurre. Persone circondate dalle persone giuste al momento giusto e nelle giuste condizioni di mercato. Tutto qui. Questo libro, però, partendo dalla descrizione di “casi umani”, arriva a descrivere quello che il management, i capi, dovrebbero fare e che non fanno. Prima regola, attenersi a regole base del vivere civile come quella di trattare bene tutti, anche le persone più in basso nella gerarchia aziendale, quelle più operative. Attraverso il racconto della sua quotidianità, il protagonista ci illustra anche il suo stile di leadership, dove ogni persona deve sentirsi egualmente considerata. Se ha bisogno di parlare, lui gli dedica del tempo, ma attenzione alle persone lamentose, negative, quelle che criticano tutto e tutti. Potrà essere anche un genio, ma verrà allontanato dal team e dall’azienda perché l’autore ci ricorda che chi si lamenta è una tossina che giorno dopo giorno viene spruzzata sull’ambiente. E il nostro direttore del personale, questo non lo può proprio sopportare, siete avvertiti.

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LETTERE Daniela Fiorino daniela.fiorino@manageritalia.it

lettere

Covid-19 e responsabilità del dirigente La società che dirigo ha sede nel Lazio, regione dove il rischio contagio è ora notevolmente ridotto. I nostri dipendenti durante il lockdown hanno continuato a svolgere l’attività lavorativa in smart working, alcuni hanno anche usufruito del congedo parentale e dei permessi per l’assistenza disabili. Dal 18 maggio abbiamo ripreso a operare in sede, alternando la presenza fisica in ufficio con giornate da remoto, in modo da garantire il distanziamento. Abbiamo naturalmente predisposto tutti gli accorgimenti stabiliti dai protocolli, secondo le indicazioni forniteci dal nostro consulente per la sicurezza. Tuttavia, il dubbio che permane è come si possa essere sicuri al 100%, considerando che il personale potrebbe contagiarsi al di fuori della sede di lavoro, ed essere asintomatico. E cosa accade nel caso in cui il contagio avvenga durante il tragitto casa/ufficio, per chi non ha alternative all’uso dei mezzi pubblici? Chi ci tutela? P.P. – Roma L’infezione da Covid-19, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici, se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’Inail quale infortunio sul lavoro. Gli oneri degli eventi infortunistici del contagio non incidono sull’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico, ma sono posti a carico della gestione assicurativa nel suo complesso, a tariffa immutata, e quindi non comportano maggiori oneri per le imprese. La scelta operata dal legislatore è stata, infatti, quella dell’esclusione totale di qualsiasi incidenza degli infortuni da Covid-19 in occasione di lavoro sulla misura del premio pagato dal singolo datore di lavoro, ciò in quanto tali eventi sono stati a priori ritenuti frutto di fattori di rischio non direttamente e pienamente controllabili dal datore di lavoro al pari degli infortuni in itinere. Situazione in cui l’Istituto riconosce la tutela assicurativa al lavoratore infortunato nel tragitto casa-lavoro e viceversa, ma al datore di lavoro non viene imputata alcuna conseguenza per l’evento infortunistico.

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Ciò nonostante, il datore di lavoro non è esonerato dalla responsabilità in caso di contagio o, nella peggiore delle ipotesi, decesso del lavoratore, se non può dimostrare di aver adottato, e mantenuto nel tempo, tutte le disposizioni per garantire la tutela dei lavoratori previste nei protocolli sottoscritti dal governo con le organizzazioni sindacali e datoriali, che possiamo così sintetizzare: obbligo di informazione, rilevazione della temperatura, prevedere e attuare una serie di misure relative alla protezione individuale, igiene e sanificazione dei luoghi di lavoro, gestione di eventuali persone sintomatiche, sorveglianza sanitaria e aver cura di individuare e tutelare i cosiddetti “lavoratori fragili”, quelli a maggior rischio in caso di contagio, perché affetti da patologie pregresse. Ad eccezione di chi svolge attività lavorative considerate “a rischio”, il lavoratore che affermi di aver contratto il Covid-19 ha l’onere della prova, ma provare il nesso tra il contagio e l’attività lavorativa può essere arduo, considerando anche l’arco temporale (14 giorni) che intercorre tra il momento del contagio e quello del sorgere della malattia. Esistono, invece, particolari categorie di soggetti per i quali la sola attività lavorativa determina la presunzione di esposizione al contagio e l’inversione dell’onere probatorio sull’esclusione di responsabilità del datore. Ad esempio, il personale medico e i lavoratori esposti necessariamente alla vicinanza e contatto con il pubblico, agli addetti ai servizi di portineria/accoglienza e tutti quei profili che hanno contatti o si espongono alla vicinanza del pubblico. Per costoro occorrono ulteriori cautele specifiche rispetto agli obblighi di legge, anche valutando la variazione nella modalità del lavoro. L’Inail stesso riconosce come non sia possibile preten­dere negli ambienti di lavoro il rischio zero (circolare 22 del 20 maggio 2020), ma questa riflessione, unita all’intrinseca difficoltà di circoscrivere con certezza il luogo di contagio nel contesto lavorativo, non deve essere motivo di inosservanza o di allentamento – da parte del datore di lavoro, dei dirigenti delegati, dei responsabili alla sicurezza e dei lavoratori stessi – delle misure imposte dalle norme. Si tratta, infatti, prima che di un obbligo giuridico, di un dovere morale per tutti (datori e lavoratori) da rispettare e far rispettare secondo le norme dettate dall’ordinamento.


Inserto mensile di Dirigente n. 6 / 2020

a cura di Thomas Bialas

DIRIGIBILE Segnali di futuro visti dall’alto #64 02/ ARRIVA IL COVVORKING 04/ DEDENSIFICAZIONE URBANA 06/ COMMERCIO ANNO ZERO, AFFARI SAVE THE DATE: DAI TALK ONLINE, 9 LUG 2020

Al lavoro con la febbre? Ho la febbre e vado al lavoro. Ho la febbre e vado a scuola. Ho la febbre e vado in treno. Ho la febbre e vado in palestra. Ho la febbre e vado al ristorante. Ho la febbre e vado a fare la spesa. Prendo una Tachipirina, incurante degli effetti collaterali del paracetamolo (l’avvelenamento da sovradosaggio da paracetamolo è molto diffuso in Usa, per esempio), ed eccomi di nuovo in pista, efficiente e baldanzoso, si balla ragazzi! Mal di testa, nausea, cervicale, dolori mestruali o muscolari ma chi se ne frega, prendo una bella pillolina e riparto in quarta senza rinunciare a niente. Per anni siamo stati

bombardati da spot pubblicitari che incitavano all’attivismo, per, parafrasando lo spot Denim, ogni uomo (e donna) che non deve chiedere mai di fermarsi. Fermi tutti, questo accadeva ieri. Oggi il coronavirus ci ha fatto capire che quello stile di vita è insostenibile e probabilmente lo è sempre stato. Per vivere nel futuro, e nella futura normalità, forse dovremmo fare un salto nel passato. Quando ero piccolo e avevo la febbre mia madre mi obbligava a letto in un totale e pigro isolamento fatto di tanti giornaletti e brodi caldi. La convalescenza era la norma, così come il pieno recupero prima di

https://tinyurl.com/y6v7tkpa

tornare fuori, alla vita di tutti i giorni. Ecco, queste cose vanno recuperate. Benessere personale e aziendale sono fondamentali per la produttività, soprattutto ora. Si parla tanto in questo momento, e a ragion veduta, di burnout management e resilience management. Ma parlare non basta, bisogna anche agire. Il Covid-19 è stress test ma è anche (dovrebbe essere) un test per la resilienza organizzativa. Per adattarsi e sopravvivere a questi continui tsunami (sanitari o climatici) urge una vera visione olistica della salute individuale, ambientale e gestionale. E basta febbre in ufficio!


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––Future work Così lontano così (troppo) vicino

https://tinyurl.com/y8bgh5aq https://tinyurl.com/y8kxhljb https://tinyurl.com/rlowqfd https://www.doory.it/en/ https://doory.ch https://tinyurl.com/y73wfjnt

Lavora all’aperto, che il virus si diluisce negli ampi spazi ben areati. Allestisci un “six feet office”. Oppure inventati il Covvorking! Altrimenti resti confinato nell’inferno virtuale. A meno che il Covid-19 non sparisca per sempre come la Sars.

––Fatti una domanda Anzi tante Più domande ti fai più cose saprai, fare meglio. Ecco alcune questioni da sollevare per cambiare il lavoro che cambia con i virus. Come evitare che la gente si avvicini troppo sul posto di lavoro? Quando e in che condizioni possiamo lavorare da casa? Per quale motivo dobbiamo venire in ufficio? Come devono effettivamente essere strutturati (e disegnati) gli uffici per consentire una collaborazione ottimale in futuro? Come funziona la collaborazione se non siamo tutti seduti nello stesso posto? Come possono i manager garantire che il lavoro venga svolto correttamente se non possono guardare in faccia i loro collaboratori? Come far convivere il lavoro virtuale con quello reale? Ha ancora senso l’orario di lavoro fisso? E che dire della salute mentale dei dipendenti? Come conciliare il lavoro e l’assistenza all’infanzia e la cura di vecchi parenti?


DIRIGIBILE #64

––Caro collega Stammi alla larga

––Corona office style Arriva il Covvorking! Condividere gli spazi lavorativi con il coronavirus? Certo: se si può con i colleghi perché non anche con i virus? L’importante è rispettare la privacy di ciascuno. Voi volete isolarvi e lavorare in santa pace, lui un po’ meno. Quindi giuste distanze. Per esempio con i cosiddetti “six feet office”, una trovata della società immobiliare Cushman & Wakefield per riprogettare ben 10mila organizzazioni in Cina, oppure con apriporta, come quella di Doorty, che eliminano il contatto diretto con la maniglia, o ancora facendo calare dal soffitto campane di plexiglas che circondano la testa di ogni persona seduta al tavolo di riunione, insomma, una sorta di casco da parrucchiere ma di design. L’idea del creativo francese si chiama Plex’Eat e per il nostro ufficio potremmo ribattezzarla Plex’Meet. Fa ridere? Normale, di questi tempi si vede di tutto per provare a condividere lo spazio con i virus, compresi ascensori per posizionarsi con faccia alla parete e garantire un rassicurante clima breath free. Quello che è certo è che in futuro sperimenteremo molte forme ibride del lavorare insieme.

Anzi, stattene a casa. Lavora in remoto, lavora sulla nuvola (cloud). Conviene a tutti. Sì, ma come gestire tutto ciò? Per esempio ragionando in termini di QuaranTeam. Meno aggregazione e più segregazione ben programmata. Molte aziende lo stanno già facendo con un home office estremo. Twitter permette ora a tutti i dipendenti di lavorare da casa se lo desiderano, mentre per la casa automobilistica PSA il lavoro a distanza sta diventando addirittura il nuovo standard, tanto che in futuro sarà consentito ai dipendenti di venire in ufficio non più di un giorno e mezzo alla settimana, e solo per un buon motivo. Si preannunciano tempi di grandi rotazioni e turnover, magari secondo un modello di lavoro 3x2: un terzo del team viene in ufficio per due giorni alla volta presidiando gli spazi anche il sabato. De facto: il virus ha reso improvvisamente impossibili molte cose e quindi di colpo possibili molte cose che erano in lista d’attesa, per esempio modelli di lavoro agili ed extraflessibili basati sull’autonomia dei team e ovviamente su una digitalizzazione degna di questo nome.


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––Future City Grazie virus Il coronavirus ha messo a nudo l’insostenibilità delle nostra città: insalubri e inquinate. Basta città a misura d’auto. È tempo degli uomini e bici, perché la misura è colma.

––Dedensificazione urbana Tesoro, mi si sono ristrette le città

https://tinyurl.com/ydevpva4 https://tinyurl.com/y7gyxcfd https://tinyurl.com/ybtwtnqa https://tinyurl.com/ybumz9br https://www.walkscore.com https://tinyurl.com/y92aepy3 https://www.vanmoof.com/en-NL

Non sono un urbanista come Stefano Boeri ma condivido la sua tesi di città post Covid-19, o meglio no Covid, nel senso che non ne crea le condizioni favorevoli, in primis l’inquinamento e “l’insardinamento” (pigiati e accalcati come i pesciolini azzurri in scatola). Più spazio, diamine. “Via dalle città, nei vecchi borghi c’è il nostro futuro” grida il famoso architetto. Insomma, si tratta di abbandonare le zone più densamente abitate, soprattutto quando non si ha, come a Berlino, spazio a iosa, che poi è il vero distanziamento salutare. Tra l’altro, all’alta densità abitativa corrisponde quasi sempre anche l’alta densità di particolato (che veicola volentieri il contagio). Quindi ci trasferiremo tutti in campagna? Qualcuno sicuramente, per tutti gli altri la sfida è ripensare i settori della produzione, del trasporto, del consumo, del riscaldamento in ottica di transizione verso un nuovo tipo di città più intelligente (smart a chi piace l’inglese) e respirabile, dunque dedensificazione o perlomeno con un buon Walk e Bike Score che misurano in che percentuale gli spostamenti (per commissioni, lavoro o altro) sono “bike & walk friendly”.


DIRIGIBILE #64

––Togetherness Il terzo luogo Stare bene con gli altri. Quando non possiamo farlo tutto si affloscia: vitalità ma anche progettualità e redditività sul lavoro. Bar, ristoranti, biblioteche, palestre, campi da tennis, parchi, scuole, eventi e mostre. La vita sociale spazzata via dalla pandemia. Il terzo luogo spazzato via dalla pandemia. Il cosiddetto third place è un termine coniato dal sociologo urbano americano Ray Oldenburg e si riferisce a quei luoghi in cui le persone trascorrono del tempo tra casa (first place) e lavoro (second place). Sono luoghi in cui scambiamo idee, ci divertiamo e costruiamo relazioni. Per molti giovani molti terzi posti sono ora virtuali, ma quello reale resta insostituibile per generare creatività. Lo dimostrano bene gli spazi di di coworking e coliving, che di fatto fondono questi tre luoghi in un unico luogo stimolante. Non dobbiamo assolutamente farne a meno poiché il nostro benessere lavorativo dipende dal nostro stare bene con gli altri nel mondo reale. La digitalizzazione ci permette forse di lavorare, ma non di vivere. In questo periodo ci stiamo rendendo conto di quanto conti la qualità della socializzazione e dei relativi spazi. Il terzo luogo va riprogettato da istituzioni e imprese per ripristinare la convivialità (che è anche un bel saggio di Ivan Illich del 1973). E il virus? Sopravvalutato.

––Bike über alles Adesso pedala Prima di tutto bici, come direbbe il “Crozza Di Maio”, poi magari anche le auto. Il Covid-19 inizia a manifestare i primi sintomi positivi: ripensare le città. Berlino, Vienna e Bruxelles danno di questi tempi più spazio a pedoni e bici con percorsi temporanei chiusi al traffico motorizzato e, nel caso della capitale del Belgio, con l’intero centro storico chiuso alle auto per consentire il distanziamento e la vivibilità. Cose da tenere presenti anche in futuro guardando un po’ al passato. Chi è stato a Copenhagen lo sa. Chi ha visitato il quartiere Christiania lo sa. Chi ha visto (talvolta con stupore) pedalare mezza città lo sa. Qui la bici non è solo un mezzo ma uno status symbol, icona urbana (con)vincente e mezzo di trasporto ideale per le sfide che ci riserva il futuro. La bici come mezzo del futuro? Può sembrare una scelta curiosa, dal momento che non c’è molto di futuristico in una bicicletta che in fondo non si è evoluta molto in 100 anni. Vero, ma solo in parte. L’innovazione oggi è tanta e se la macchina era il mezzo di trasporto per il 20° secolo, la bicicletta potrebbe benissimo rivelarsi quello del 21°. Non è più tempo di fancy car ma di fancy bike. La bici come nuovo status symbol potrebbe incarnare la nuova generazione post Covid che corre leggera, creativa e connessa il cui simbolo è indubbiamente la bellissima VanMoof, la Tesla delle e-bike, da pedalare cantando con i Queen “I want to ride my bicycle…”.


06 / 07

––Future retail Commercio anno zero, affari

––Retail 4.0 Che partita ragazzi Quattro, dicasi quattro, pappine rifilate da un minuscolo virus. Praticamente sono tutti autogol. Siamo noi umani che abbiamo preparato il terreno di gioco, deforestando e devastando il pianeta e forse anche il nostro corpo. La cosa buffa, ma non troppo, è che circa il 50% del nostro patrimonio genetico proviene da virus. «Non sono nemici» chiarisce la famosa virologa tedesca Karin Mölling «ma motori dell’evoluzione». Qualcosa è andato storto nel modo in cui gestiamo le cose e certo il gioco ci è sfuggito di mano e a pagare duro è proprio il commercio in tutte le sue espressioni (dalla merceria alla catena di abbigliamento fino ai grandi alberghi). The European House Ambrosetti prevede per la distribuzione non alimentare una perdita di ricavi fino al 50% nel 2020 e la chiusura del 17-20% dei punti vendita. Meglio non chiedere cosa prevede Federalberghi. Solo l’online ride, ma non troppo, e soprattutto non tutti. Anche qui the winner takes it all. E non parliamo solo di Amazon. Ora il vero 4.0 porterà a un’accelerazione della digitalizzazione e automazione del commercio mai vista prima.

––Cercasi consumatori Volontariato per il retail L’idea è semplice: secondo gli ultimi dati Istat, il 9% della popolazione si dedica ad attività di volontariato per un totale di 5.500.000 persone. Un bel numero. Perché non trasformarli in volontari che consumano gratis con voucher distribuiti dallo stato ed equamente distribuiti su tutto il territorio nazionale? Anziché reddito di cittadinanza un bel reddito di sussistenza al commercio.


DIRIGIBILE #64

––La dieta a zone Rassodare i punti vendita 2030. Dopo una lunga e rigorosa dieta a zone il retail è tornato alla sua forma ideale. Un retail snello e scattante che rinuncia al peso superfluo. I consumatori post coronavirus, come ben sappiamo, sono già a dieta (forzata). Ma il retailer accorto può ragionare fin da subito in termini di fitness. Che significa: decrescita funzionale anziché crescita esponenziale. Ma non basta rimodellare il negozio e rassodare i prezzi. Una dieta terapeutica richiede metodo e costanza. Chi è a dieta assume poche calorie. Dunque, pochi dipendenti. Chi è a dieta fa molte rinunce e mantiene solo alcune funzioni vitali e strategiche per sopravvivere con un radicale focus sul corporate business e conseguente riduzione degli assortimenti e dei punti vendita. Chi è a dieta punta su uno stile di vita spartano e opera senza comunicazione, senza relazioni esterne, senza staff, senza ricerche di mercato, senza fronzoli tecnologici e via discorrendo. Chi è a dieta guarda con sospetto il commercio obeso. Quel gigantismo così sproporzionato e fuori luogo non solo ora con il virus che martella, ma da almeno vent’anni di endemica saturazione e calo dei consumi interni. Chi è a dieta talvolta opta per regimi drastici e radicali. La discountizzazione è una dieta molto hard e non sempre mantiene quello che promette. Ma, alla fine, chi è a dieta sopravvive? Forse, ma non è detto. Lo spettro del retail anoressico è in agguato.

––Errare per innovare Provare per credere, ancora Tentar non nuoce e provare non costa nulla. Non solo: chi osa rischia di sbagliare, mentre chi non osa rischia di fallire e basta.SCARICA: Navigando fra i siti di tendenze e innovazioni ciFUTURE si imbatte continui OF WORK in WHITE BOOK https://tinyurl.com/ybnmc3ry tentativi di innovazione. Ci sono innovazioni ponderate come l’omnicanalità dell’Esselunga, lockers refrigerati negli ospedali (vedi https:// tinyurl.com/ybq5jm76) e nei negozi di quartiere con servizi ibridi tra minuscolo commercio e ritiro degli ordini online (https://tinyurl.com/yaszs6jj). Ci sono quelle ispirate dalle buone cause (purposedriven innovators) come il primo negozio al mondo di pacchetti regalo per i rifugiati (https://choose. love) o la felpa autopulente per i senzatetto (https://www.unhoused.org), ci sono quelle datate come il primo mall virtuale della Nuova Zelanda (https://www.whakatanemall.co.nz), che di nuovo non ha proprio niente, e ci sono quelle disperate di cui però è meglio non parlare per non incorrere in fastidiose mail di protesta. Un cosa è certa. L’innovazione cambia registro. Il coronavirus spinge le aziende a una maggiore accettazione del rischio e accelerazione dell’innovazione anche entrando in altri settori e aree di business come ampiamente osservato: i produttori tessili diventano produttori di materiale sanitario, i makers 3D stampano ventilatori, i birrifici producono disinfettanti. E i retailers? Appunto, devono sperimentare nuove vie di sopravvivenza e riposizionamento.


08

FUTURETECH INVENZIONI SPECIALE COVID & INNOVAZIONI UN SOFFIO DI GENIO?

Un’idea per combattere l’asfissiante distanziamento sociale. Dopo la bambola gonfiabile (anche essa, dicono taluni, utile ai tempi del coronavirus) arriva la mascherina gonfiabile facile da indossare, soprattutto quando ci si ingozza di patatine e spritz. Vista la leggerezza, lo studio di architetti e designer italiani Margstudio non poteva che chiamarlo Soffio. Assomiglia un po’ troppo ad alcuni scudi da saldatore ma in effetti anche il virus brucia,

CHANNELNEWSASIA.COM

Contactless elevator. Fa ridere ma non dovrebbe. In fondo l’ascensore con pedaliera – a ogni pedale corrisponde un piano – è una vera innovazione da fase 2. https://www.youtube.com/watch?v=v4nCh8BB564

AA.COM.TR/EN/AFRICA

Anche il Ruanda nel suo piccolo ha ora cinque corpulenti robot anti-epidemia (ognuno con il suo bel nome sul metallico petto) che monitorano lo stato dei pazienti. https://www.youtube.com/watch?v=xHqRhbRxVxk

i polmoni. Sostanzialmente è un dispositivo di protezione realizzato con materiali assai leggeri e colorati. Una volta gonfiata, la maschera garantisce sufficiente spazio tra la parete del DPI e il volto da infilarci una coscia di pollo; lascia libere le orecchie e assicura una sufficiente barriera tra sé e gli altri commensali. Il costo di fabbrica è molto basso, circa 1 euro e quindi si presta come (anti)virale gadget aziendale. Geniale? https://www.margstudio.com

ADIDAS.IT

Marketing per una buona causa. L’Adidas lancia maschere riutilizzabili realizzate in materiale riciclato i cui profitti vengono in parte donati a Save The Children. https://www.youtube.com/watch?v=m_C93IaOriM

BUSINESSINSIDER.COM

Finalmente si ride di gusto con la trovata di marketing virale di Burger King. Enormi sombreri a corona per il distanziamento sociale mentre si addenta un panino. https://www.youtube.com/watch?v=Ag5r6XI787c

ALDIPRESSCENTRE.CO.UK

Per garantire il distanziamento sociale Aldi ora punta su un sofisticato sistema di semaforo automatizzato che gestisce l’ingresso nei propri negozi. https://www.youtube.com/watch?v=djwPJZ5D2qk

SUNDERLANDECHO.COM

Innovazione casalinga. Una mamma inglese ha progettato per il proprio figlio di 10 anni un divisorio con finestra in Perspex da usare in classe al proprio banco.


Associazioni S ervizi S anitĂ Contratto Previdenza Formazione

FASDAC

TAMPONI E TEST SIEROLOGICI PER IL CORONAVIRUS Cosa sono, come funzionano, a cosa servono? Facciamo il punto Marco Lignini

medico chirurgo, direttore scientifico sanitario del Fasdac

P

rima di illustrare i diversi test diagnostici per il Covid-19, è opportuno chiarire che quando ci si sottopone a un esame gli intenti possono essere diversi.

In pratica occorre comprendere quale tipo di test effettuare, quali sono i soggetti a cui va somministrato, la tempistica di esecuzione e ripetizione e il motivo per cui ci si sottopone a un test.

GIUGNO 2020 - DIRIGENTE 73


In generale, come è noto, esistono fondamentalmente due diversi tipi di test diagnostici: quello diretto, che svela o men o l a p re s e n z a d e l v i r u s nell’organismo (in buona sostanza ci fa sapere se la persona è infetta), e quello indiretto, che rivela se il paziente è venuto in contatto con il virus.

TEST DIRETTO

FASDAC

Il tampone nasofaringeo Con il termine “tampone” si intende il test molecolare effettuato per identificare il coronavirus nelle secrezioni nasofaringee. Con questo primo tipo di test è possibile fare la diagnosi di un’infezione in atto. Il test del Covid-19 viene effettuato su pazienti che già presentano i sintomi classici della malattia (febbre, stanchezza, tosse secca, difficoltà respiratorie ecc.) e nei soggetti che hanno avuto contatti con pazienti positivi nelle 48 ore precedenti l’inizio delle manifestazioni cliniche. Al riguardo, è importante sottolineare che solo il triage clinico (l’anamnesi con le domande poste dal personale sanitario e l’esame obiettivo), insieme all’utilizzo appropriato del test molecolare, porta a un’analisi più ponderata dei risultati e quindi a un percorso diagnostico terapeutico assistenziale ottimale per la gestione del paziente. Mentre per la conferma della positività al virus è ovviamente sufficiente un tampone, per la conferma definitiva di negativi-

74 DIRIGENTE - GIUGNO 2020

tà sono necessari due test da ripetere a distanza di 24 ore l’uno dall’altro. I test possono essere ripetuti più di due volte se sono negativi, ma persiste una sintomatologia clinica sospetta. Il tampone di solito risulta positivo già nella fase di incubazione, 2-3 giorni dal momento dell’infezione (“momento zero”) e quindi ben prima della comparsa della sintomatologia clinica; il tampone rimane positivo per tutta la durata della sintomatologia e oltre, per diversi giorni o settimane. Un paziente può dirsi guarito solo se due tamponi eseguiti a distanza di 24 ore l’uno dall’al-

tro sono negativi, se non presenta sintomatologia clinica e non prima di 14 giorni dall’inizio dei sintomi. Il motivo per cui il test viene ripetuto sempre una seconda volta è dovuto al fatto che la sua sensibilità è bassa.

Come si esegue Per l’esecuzione del test il personale sanitario preleva le secrezioni nasofaringee o orofaringee in profondità nel naso e nella gola tramite un tampone, una specie di cotton fioc più grande e lungo. Il tampone, contenente eventualmente il materiale genetico virale, è inviato in laboratorio, dove, at-


traverso una tecnica codificata, viene estratto l’Rna del virus e amplificato mediante una metodica detta RT-PCR (Reazione a catena della polimerasi a trascrittasi inversa). In commercio esistono già molti tipi di kit di diverse aziende che si occupano di analisi di laboratorio per effettuare questo test molecolare in modo affidabile. Il risultato del test molecolare è oggi disponibile mediamente in 4-6 ore.

TEST INDIRETTO In questa tipologia di test rientrano sia quello quantitativo che qualitativo.

Test sierologico quantitativo È un test di tipo indiretto perché svela nel siero di sangue la presenza di anticorpi IgM o IgG specifici contro il virus SARS-CoV-2. La positività del test dimostra che un individuo ha o ha avuto in passato un’infezione da coronavirus. L’infezione può essere sintomatica (cioè con la manifestazione di una malattia vera e propria) o asintomatica. È possibile anche ricercare un altro tipo di anticorpi, le IgA secretorie che si trovano nelle mucose del naso, e compaiono solo dopo pochi giorni dall’infe-

zione, ma questo tipo di analisi ancora non è di uso comune. Come si è detto, il momento in cui il paziente contrae l’infezione da Covid-19 è il momento zero. Nella fase di incubazione in cui non sono ancora comparsi i sintomi, il paziente non ha nel sangue anticorpi individuabili con test sierologici (periodo finestra con anticorpi negativi ma infezione in atto). Dalla seconda settimana compaiono sia i sintomi che gli anticorpi di tipo IgM – Indice di infezione recente – individuabili per circa 2 settimane dal test sierologico. Dalla terza settimana compaiono anche gli anticorpi IgG che possono rimanere elevati e individuabili per mesi. In base ai test sierologici è possibile classificare lo stadio dell’infezione (vedi tabella pagina seguente). Questi anticorpi sembrerebbero essere del tipo neutralizzante; l’organismo mantiene la memoria dell’infezione con le IgG, che possono essere rapidamente aumentate a ogni esposizione futura dello stesso antigene; per questo motivo le IgG sono responsabili della protezione a lungo termine contro i microrganismi. Il virus in questione è ancora poco conosciuto e questa sieroconversione da IgM a IgG non sembra seguire lo schema standard. Il tampone invece, come già detto, è positivo fin dai primi giorni dell’infezione, rimanendo positivo per circa un mese e oltre.

GIUGNO 2020 - DIRIGENTE 75


RISCONTRO DEGLI ANTICORPI IGM E IGG NEI TEST SIEROLOGICI IGM

FASDAC

IGG

STADIO DELL’INFEZIONE

NOTE

Non infetto Prima settimana di infezione

Periodo finestra

+

Infezione in atto

Conferma tampone

+

+

Infezione in atto in fase più avanzata

Conferma tampone

+

Infezione passata/Fase di guarigione

Conferma con 2 tamponi negativi a distanza di 24 ore

Metodologia CLIA ed ELISA, insieme per maggiore affidabilità In merito all’affidabilità del test sierologico, tutto dipende dalla sua specificità e dalla sua sensibilità e quindi è fortemente raccomandato l’utilizzo del test del tipo CLIA (Chemiluminescence immuno assay) e/o ELISA (Enzyme linked immuno sorbent assay), con una specificità maggiore del 95% e una sensibilità non inferiore al 90%. I tempi di refertazione sono mediamente di una giornata. L’uso dei due test insieme aumenta ancora di più la sensibilità e la specificità dei due test singoli. Si definisce “specificità” di un test la capacità di identificare correttamente i soggetti sani; si definisce “sensibilità” di un test la capacità di identificare correttamente i soggetti malati. Un test poco specifico e poco sensibile non è di nessuna utilità.

Test sierologico qualitativo rapido (rapid test cassette) È un test sempre di tipo indiret-

76 DIRIGENTE - GIUGNO 2020

to, che invece di un prelievo venoso necessita solo di una piccola quantità di sangue capillare prelevato dal polpastrello, riuscendo a identificare in pochi minuti gli anticorpi anti Covid-19 sia di tipo IgM (fase acuta dell’infezione) che di tipo IgG (fase più tardiva). Questo tipo di test ha una percentuale non trascurabile di errore, identificando falsi negativi (il test non trova anticorpi ma il paziente è infetto) e falsi positivi (il test trova anticorpi ma il paziente non è o non è stato infetto).

USO DEI TEST SIEROLOGICI Il principale uso dei test sierologici è quello di ricerca e valutazione epidemiologica della circolazione virale (diffusione della percentuale dell’infezione da virus nella popolazione). Da alcuni giorni è iniziata un’indagine dell’Istat sulla sieroprevalenza per le strategie di prevenzione e contenimento da adottare in futuro, con il

coinvolgimento di un vasto campione di 150mila persone su cui saranno eseguiti i test sierologici, in 2mila Comuni di tutta Italia. I test sierologici possono inoltre individuare pazienti asintomatici in gruppi di individui con focolai di contagio e infine aiutano a fare diagnosi di infezione nei casi di persone con test molecolare incerto.

CONCLUSIONI In ultima analisi, come affermato dal Ministero della Salute (circolare del 9 maggio 2020), i test sierologici non possono allo stato attuale dell’evoluzione tecnologica, sostituire il test molecolare basato sull’identificazione di Rna virale dai tamponi nasofaringei ai fini diagnostici. La stessa circolare ribadisce l’importanza che i test sierologici assumono ai fini epidemiologici per disporre di dati utili per le decisioni di politica sanitaria, anche con riflessi di tipo socioeconomico.


BORSE DI STUDIO, NOVITÀ E SCADENZE

O

gni anno il Fondo Mario Negri indice concorsi per l’assegnazione di borse di studio riservate ai figli di dirigenti iscritti che si sono distinti negli studi. I dirigenti devono risultare in attività presso aziende tenute alla contribuzione al Fondo o in prosecuzione volontaria o, ancora, fuori da queste aziende in data precedente a non oltre 12 mesi rispetto a quella di emanazione del bando di concorso, e comunque risultanti iscritti alla data di emanazione del bando. Oppure, ancora, cessati dal servizio anche oltre il termine di 12 mesi e comunque ancora iscritti al Fondo con un’anzianità contributiva di almeno 15 anni e che siano inoltre già pensionati nell’assicurazione generale obbligatoria, o iscritti al Fondo successivamente alla data di emanazione del bando ed entro il termine di presentazione delle domande o che godano delle prestazioni pensionistiche sotto forma di rendita (art. 18 dello Statuto, pensione di vecchiaia o pensione di invalidità e Rita). Sono ammesse le domande di iscrizione anche da parte di orfani di dirigenti che siano stati iscritti al Fondo. Le votazioni per

Novità

Ricordiamo che la documentazione richiesta per la partecipazione ai bandi dovrà essere trasmessa esclusivamente online mediante l’utilizzo della voce di menù “Domanda borse di studio” disponibile all’interno dell’area riservata del sito www.fondonegri.it.

Causa emergenza Covid-19, il consiglio di amministrazione del Fondo ha ritenuto opportuno posticipare al 15 ottobre 2020 il termine per la presentazione delle domande. Riguardo invece al bando emanato a suo tempo per il concorso borse di studio per studenti universitari per l’anno accademico 2018/2019, il Fondo ha inoltre deciso di considerare utili come sostenuti nella sessione invernale gli esami, compreso quello di laurea, svolti per l’anno accademico 2018/2019 entro il 31 luglio 2020. Le Associazioni territoriali di Manageritalia potranno fornire ogni assistenza per l’invio telematico della domanda di partecipazione.

Criteri di solidarietà

Scarica i bandi:

Inoltre, applicando un principio solidaristico esteso a tutti i concor-

l’ammissione sono previste in misura differenziata per tenere conto della particolare situazione di alcune tipologie di concorrenti (orfani di dirigenti o diversamente abili).

Modalità di invio della documentazione

FONDO MARIO NEGRI

Disponibili i bandi di concorso 2020 per le borse di studio “Mario Negri” e “Perio Michiara” riservate ai figli di dirigenti iscritti al Fondo. Causa Covid-19, posticipato al 15 ottobre il termine per la presentazione delle domande

renti con i requisiti richiesti, il Fondo ridurrà l’importo indicato in ciascun bando per consentire così l’assegnazione a tutti i concorrenti, senza limitazioni. Analogamente potrà essere aumentato nell’ipotesi contraria.

http://bit.ly/BorseStudioNegri2020

BORSE DI STUDIO ANNO SCOLASTICO/ACCADEMICO 2019/2020 Scadenza Perio Michiara - ultimo anno di scuola media inferiore

15 ottobre 2020

Mario Negri - per scuola media di secondo grado

15 ottobre 2020

Mario Negri - per i corsi universitari o equivalenti

30 settembre 2021

BORSE DI STUDIO E PREMI DI LAUREA ANNO ACCADEMICO 2018/2019 Scadenza Mario Negri - per i premi di laurea (corsi universitari o equivalenti per diplomi di laurea magistrale o ciclo unico

15 ottobre 2020

Mario Negri - corsi universitari o equivalenti

15 ottobre 2020

GIUGNO 2020 MAGGIO - DIRIGENTE 2016 77


CON MYCLINIC UN MEDICO A PORTATA DI CLICK A cosa serve e come utilizzare il nuovo servizio di assistenza sanitaria per tutta la famiglia, 24 ore su 24, 7 giorni su 7, su smartphone offerto da Manageritalia e Assidir

ASSIDIR

I

l brand Europ Assistance è noto in tutto il mondo. In particolare, per gli iscritti a Manageritalia, può essere definito come un compagno che ci sta sempre vicino, soprattutto quando ci si trova in viaggio con la famiglia. Da molti anni siamo abituati a trovare sul retro della card Manageritalia il logo rosso e blu di Europ Assistance e i numeri verde e rosso per le chiamate dall’Italia e dall’estero, che associa-

78 DIRIGENTE - GIUGNO 2020

mo a una risposta immediata e puntuale in caso di necessità di assistenza 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Dal mese scorso, però, Manageritalia e Assidir hanno voluto mettere a disposizione MyClinic. Un ulteriore, importante, servizio fornito sempre da Europ Assistance, normalmente a pagamento, oggi offerto senza aggravi di costi per gli associati. MyClinic è un vero e proprio ser-

vizio digitale che ci permette di valutare il nostro stato di salute, in autonomia o con l’assistenza di un medico generico o specialista, creare e archiviare una vera e propria cartella clinica personale, attivare la centrale operativa h24 di Europ Assistance.

Una risposta veloce alle nostre esigenze Per prima cosa, con MyClinic possiamo trasformare il nostro smartphone nella porta di accesso a un vero e proprio ambulatorio medico a nostra disposizione: accedendo alla nostra area personale di MyClinic potremo archiviare in modo semplice tutti i dati sulla nostra salute pregressa e attuale, allegare gli esiti di esami e referti, inserire le misurazioni dei nostri parametri (pressione, glicemia, frequenza cardiaca, peso, temperatura…), tenerne traccia storica e inserire i farmaci assunti. Per tutti sarà possibile creare quindi una vera e propria “cartella salute” nella quale caricare, consultare e scaricare con sicurezza, in qualunque momento, tutti i nostri dati. Dati che possono inoltre essere condivisi e messi a disposizione del medico durante un consulto. Trattandosi di dati sensibili di ca-


rattere personale, una delle cose più importanti per gli utenti è la loro sicurezza e integrità e in questo MyClinic ci offre le più ampie garanzie: è infatti sviluppata su tecnologia Microsoft Azure, i cui servizi cloud computing rispettano i più avanzati standard di sicurezza.

Come utilizzare MyClinic in caso di malessere Accedendo alla propria area personale è possibile, in totale autonomia, usufruire di un programma di autovalutazione che aiuterà a comprendere i nostri sintomi e indicherà le probabili cause e i possibili comportamenti da tenere. Tutto ciò grazie alla presenza di un algoritmo medico certificato che si basa su un sistema esperto di medicina algoritmica (MEDVIR® inside) riconosciuto come dispositivo medico di Classe I e, come tale, regolamentato dal marchio CE per i dispositivi medici. È questo un caso in cui la tecnologia della medicina a distanza, grazie a un algoritmo certificato sviluppato su oltre mille diagnostiche di pronto soccorso e medicina generale, consente di rendere semplice, affidabile e sicura un’attività solo qualche anno fa impensabile come l’autovalutazione dei sintomi. Qualora a seguito dei risultati dell’autovalutazione dei sintomi si ritenga necessario approfondire il proprio stato di salute, sempre nella propria area personale è possibile richiedere un “consulto medico generico” ai medici della struttura organizzativa attraverso chiamata vocale o

COME ATTIVARE MYCLINIC E FRUIRE DEI SERVIZI Usufruire dei servizi MyClinic, navigan- stra card Manageritalia (MIT0000…) e do nella piattaforma dedicata, è molto proseguire completando la registrazione semplice. con i necessari dati anagrafici. A fine compilazione, dopo la conferma Primo accesso dell’avvenuta attivazione, riceveremo una Al primo accesso sarà necessario provve- email con i dati (username e password) dere all’attivazione del servizio creando per accedere ai servizi e verremo dirottail nostro profilo personale all’interno del ti sulla home page della piattaforma. portale. Accessi successivi Per farlo, si deve entrare nella piattaforma MyClinic dedicata agli associati Ma- Una volta registrati, in qualsiasi momento desideriamo usufruire dei servizi è suffinageritalia attraverso il seguente link: https://bit.ly/Manageritalia-MyClinic ciente accedere alla home page del sito Il sistema MyClinic richiede quindi di di- MyClinic e, dopo essere entrati nell’area gitare il “codice di attivazione” costituito clienti, inserire le proprie email e pasdal codice personale presente sulla no- sword nei campi dedicati.

videochiamata. Oppure un approfondimento con uno specialista, richiedendo un “consulto con un pediatra, un ortopedico, un ginecologo, un cardiologo, un geriatra, un neurologo, uno psicologo e un nutrizionista” attraverso una chiamata vocale o una richiesta scritta inviata attraverso MyClinic. Dall’altra parte del filo, come si suol dire anche se in questo caso non ci sono fili telefonici ma smartphone e collegamenti video, è a disposizione una nutrita struttura di esperti di cui fanno parte medici e specialisti, di cui 20 presenti nella suddetta centrale operativa, e personale altamente specializzato e aggiornato che coordina la relazione cliente/medico. È inoltre presente un servizio di “Pill reminder” che consente di impostare in modo autonomo dei promemoria per i farmaci da assumere.

Passaporto sanitario in 10 lingue MyClinic è utilizzabile in tutto il mondo, anche lontano da casa. Per questo è molto utile avere sempre a disposizione la cartella salute dove archiviare e monitorare i parametri sanitari e il passaporto sanitario, con tutti i propri dati medici, tradotto in modo automatico in dieci lingue, per poter essere condiviso con i medici, ovunque ci si trovi. A questo punto non resta che “provare per credere”! Prodotti della Compagnia Europ Assistance Italia SpA. Messaggio pubblicitario con finalità promozionale. Prima della sottoscrizione leggere attentamente il set informativo disponibile sul sito www.assidir.it e su www.europassistance.it Il prodotto è emesso da Europ Assistance Italia SpA Società costituita nel 1968, capitale sociale € 12.000.000,00 i.v., sede sociale in Milano, Piazza Trento 8. Impresa iscritta alla Sezione I dell’Albo delle Imprese di assicurazione e riassicurazione al n. 1.00108. Impresa autorizzata all’esercizio delle assicurazioni con decreto del ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato n. 19569 del 2/6/1993 (G.U. dell’1/7/1993, n. 152), codice fiscale, numero di iscrizione nel Registro delle Imprese di Milano 80039790151, P.Iva 00776030157, tel. 02.58.38.41, indirizzo posta elettronica certificata (Pec) EuropAssistanceItaliaSpA@pec.europassistance.it. Società soggetta alla direzione e al coordinamento di Assicurazioni Generali SpA. Società appartenente al Gruppo Generali SpA, iscritto all’Albo dei Gruppi assicurativi.

GIUGNO 2020 - DIRIGENTE 79


CORSI DI FORMAZIONE In un periodo di così grandi trasformazioni, Cfmt propone una nuova offerta, totalmente personalizzabile, costruita intorno a 4 competenze trasversali, che punta a supportare la persona e la costruzione del suo percorso di apprendimento Personal Improvement

Team Empowerment Leading & Motivating People I nuovi modelli evolutivi nell’ambito della gestione dei collaboratori ONLINE

CFMT

ONLINE

15 luglio

ONLINE

Come on! Alla ricerca del come ci si adatta al nuovo futuro Incontri virtuali per manager reali

ONLINE

ONLINE

PER INFORMAZIONI: www.cfmt.it

Analisi e misurazione dei risultati L’importanza e le potenzialità della misurazione delle attività social media ONLINE

13 luglio

Influencer marketing Influencer marketing come strumento di comunicazione aziendale ONLINE

16 luglio

Modelli Excel per analizzare il PFN e la gestione finanziaria Esercitazioni e applicazioni pratiche

20 luglio

Business Development

9 luglio

Cruscotti Excel e formule per il controllo di gestione Esercitazioni e applicazioni pratiche

primo appuntamento 15 luglio

Online Elevator Pitch Saper prendere la parola e comunicare “straight to the point”

Organizational Performance

ONLINE

14 luglio

Ritorno alla Mindfulness Appuntamenti di sostegno alla pratica della consapevolezza

9 luglio

Non esiste un unico modo di essere leader L’efficacia della leadership all’interno della squadra ONLINE

ONLINE

9 e 16 luglio

Chi era Pigmalione? Ruolo e obiettivi di un coach Incrementare la fiducia nei nostri collaboratori e ottenere risultati eccellenti ONLINE

Talk like TED Raccontare per ispirare

6 luglio

DAI Talk La cross-emergenza ONLINE

21 luglio

20 luglio

MILANO

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ROMA

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La partecipazione ai corsi è gratuita e riservata ai dirigenti associati in regola con il versamento dei contributi.

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START: LA FORMAZIONE PERSONALIZZATA PER IL TUO DOMANI

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uoi costruire un percorso di apprendimento disegnato sulle tue esigenze? A seguito di un progetto di ricerca condotto da Cfmt, Liuc Business School e London Business School nasce Start, un questionario di autovalutazione che supporta i manager nell’identificare le competenze chiave del futuro. La ricerca ha identificato un elenco dei comportamenti che permettono ai manager del terziario di gestire in modo efficace il presente e di creare il futuro. Tali comportamenti nascono da un’analisi approfondita dei principali studi e ricerche sul tema a livello internazionale, integrati con interviste individuali a manager del settore terziario, con ruoli diversi e appartenenti ad aziende di diversa dimensione. Lo strumento, completamente webbased, rappresenta un ulteriore passo in avanti verso la totale personalizzazione del proprio percorso di formazione: conoscere le competenze del futuro, auto-valutarsi sull’importanza e sul possesso delle stesse, consente di formulare un quadro chiaro ed esaustivo sulle proprie aree di forza e sulle skill che necessitano di

ulteriori approfondimenti o aggiornamento. A seguito della compilazione del questionario, che richiede un massimo di 10 minuti, ogni utente riceverà un report customizzato e suddiviso in 4 macro-aree di competenza (Contesto esterno, Contesto interno, People e Se stessi): dall’analisi e dall’aggregazione dei dati emergeranno spunti e linee guida utili per la costruzione di un proprio piano di sviluppo cucito sulle esigenze di ogni singolo manager. Verranno suggerite iniziative formative e informative proposte da Cfmt, ma non solo: un’ampia panoramica di strumenti di lateral learning (articoli, video, pubblicazioni, libri e ricerche) completeranno il ricco scenario di proposte a supporto del proprio percorso di upskilling. Il report, che ogni associato riceve, può essere analizzato insieme a una persona dedicata del team Cfmt, per ricevere linee guida, indicazioni e ap-

profondimenti sulle attività proposte. Start nasce dalla consapevolezza che, in un mondo sempre più incerto e ambiguo, non si possa prescindere dall’apprendimento continuo: in un’aula, leggendo un articolo, partecipando a un webinar o ascoltando un podcast, la necessità di essere sempre aggiornati e farsi anticipatori del cambiamento non è più un’ipotesi lontana, ma un’esigenza quanto mai presente e imprescindibile. Un nuovo strumento che permetterà ai dirigenti associati, non solo di orientarsi nella vasta offerta formativa di Cfmt, completamente ridisegnata intorno a 4 competenze trasversali (Team empowerment, Organizational performance, Personal improvement e Business development), ma anche di costruire un percorso di apprendimento personalizzato sulle necessità della persona prima ancora del professionista.

INFORMAZIONI PER L’ACCESSO Per accedere al servizio, effettuare la login su http://www.cfmt.it/start In caso di problemi scrivere a survey@cfmt.it

GIUGNO 2020 - DIRIGENTE 81


Hanno collaborato a questo numero Thomas Bialas, futurologo, è responsabile del progetto Future Management Tools di Cfmt e curato(65) re dell’inserto Dirigibile.

MENSILE DI INFORMAZIONE E CULTURA DI MANAGERITALIA

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FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

Claudia Corti è guida turistica per le province di Milano, Pavia, Monza e Brianza.

Cosimo Finzi è amministratore delegato di AstraRicerche, società leader nelle indagini sociali e (9) negli scenari di mercato. Pasquale Dui è specializzato in diritto del lavoro, è professore a contratto di diritto del lavoro nell’U(22) niversità di Milano Bicocca e revisore legale. Diego Gosmar

è un manager appassionato di innovazione con oltre vent’anni di esperienza nel settore Ict. Oggi è vp internationl operations at Xenialab & XCALLY (Ingo). È co-autore del libro Asterisk - Il mondo VoIP Open Source, pubblicato da Apogeo e di Machine Learning. Il sesto chackra dell’intelligenza (26) artificiale (Amazon). Su www.gosmar.eu alcuni suoi interventi.

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Marco Lignini è medico chirurgo, direttore scientifico sanitario del Fasdac.

Marco Lucarelli lavora nella direzione strategy di una multinazionale Tlc dove si occupa di opera(63) tori virtuali. Valeria Cantoni Mamiani

è presidente di ArtsFor e fondatrice di Leading by Heart, la nuova scuola di management che sviluppa capacità di leadership empatiche, di ascolto e antifragili. Da oltre 20 anni crea percorsi di cambiamento e apprendimento organizzativo incentrati sullo sviluppo della persona

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nella sua integralità. Insegna all’Universita Cattolica dal 2007.

Maria Cristina Origlia è giornalista del Sole 24 Ore, esperta di cultura e innovazione manageriale. Ricopre con orgoglio il ruolo di vicepresidente del Forum della Meritocrazia, che collabora con (6) il Cfmt per la realizzazione di iniziative sul merito in azienda. Carlo Romanelli è fondatore e presidente di Net Working. Psicologo del lavoro ed esperto di stress management, è il primo HardiTrainer certificato in Italia dall’Hardiness Institute. È partner di Cfmt. È presidente di Manageritalia Executive Professional. (42)

Gianmarco Boggio, Linda Carobbi, Daniele Donnici, Alex Kornfeind, Andrea Succi, Giovanni Vannella sono associati Manageritalia e, su iniziativa della sua Community (32) Turismo, hanno partecipato all’Hack For Travel, evento per rilanciare il turismo italiano. 26

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FEDERAZIONE NAZIONALE DEI DIRIGENTI, QUADRI E PROFESSIONAL DEL COMMERCIO, TRASPORTI, TURISMO, SERVIZI, TERZIARIO AVANZATO

FONDO ASSISTENZA SANITARIA DIRIGENTI AZIENDE COMMERCIALI FONDO DI PREVIDENZA MARIO NEGRI CFMT - CENTRO DI FORMAZIONE MANAGEMENT DEL TERZIARIO ASSOCIAZIONE ANTONIO PASTORE

Editore: Manageritalia Servizi srl Direttore responsabile: Guido Carella Coordinamento: Roberta Roncelli Redazione: Davide Mura, Enrico Pedretti, Eliana Sambrotta Direzione, redazione, amministrazione: via Antonio Stoppani, 6 - 20129 Milano tel. 0229516028 - fax 0229516093 giornale@manageritalia.it www.manageritalia.it Le opinioni espresse dagli autori impegnano esclusivamente la loro responsabilità Concessionario pubblicità LAPIS srl viale Monte Nero, 56 - 20135 Milano tel. 0256567415 info@lapisadv.it - www.lapisadv.it

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da Manageritalia Daniela Fiorino, responsabile ufficio sindacale Manageri(64) talia. Niccolò Gori Sassoli, zione.

giornalista, ricerca e innova-

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Grafica THE GRAPHIC FORGE sas via Antonio Stoppani, 4 - 20129 Milano tel. 0229404920 - www.graphicforge.it Stampa ROTOLITO spa via Sondrio, 3 - 20096 Pioltello (Milano) tel. 0292195.1 - www.rotolito.com Registrazione Tribunale di Milano n. 142, del 24 aprile 1974 Associato all’USPI Unione stampa periodica italiana Accertamenti diffusione stampa

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La diffusione di giugno 2020 è di 37.082 copie



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