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iamo attualmente sempre più consapevoli delle interdipendenze( economiche politiche istituzionali … ), come altresì siamo sempre più coscienti del fatto che offrire a tutti gli stessi “saperi”, nello stesso tempo, con le stesse modalità e con linguaggi uniformi, lungi dall’assicurare “pari opportunità” finiscono per perpetuare fenomeni di diseguaglianze e segregazioni sociali. L’espressione EDUCAZIONE INTERCULTURALE richiede, immediatamente, l’assunzione di un approccio direttivo “fenomenologico – reticolare”,(col) legato a tempi, risorse e persone in inter-azione dinamica . Nel “qui ed ora” il valore aggiunto dell’istituzione formativa può avvenire solo grazie al riconoscimento e alla valorizzazione del valore aggiunto dalla diversità personale e culturale di tutti gli attori direttamente o indirettamente coinvolti nell’ ambiente educativo. Dalla c.m. 205 del 1990 alle attuali linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, il legislatore ha delineato uno quadro normativo Indicativo (e giammai prescrittivo) per una Via italiana dell’educazione interculturale. Ma, al di là delle “buone pratiche”, la scuola risulta spesso impreparata ad assicurare l’inclusione, ossia il successo formativo di tutti e di ciascuno. Il regolamento dell’autonomia è infatti funzionale nella misura in cui la istituzione scolastica è in grado di assicurare una pianificazione e una gestione dell’offerta formativa , capace di assumere la
diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola. Giacché ad oggi ogni bambino,
ogni ragazzo può diventare un’urgenza, laddove la scuola non sa rispondere ai suoi personali bisogni, alla sua particolare “forma mentis” , ossia all’intera vita di un individuo che non chiede altro che un percorso per di-
ventare se stesso (E. FROMM).
Occorre, quindi, promuovere una “comunità professionale” (attraverso la Formazione in servizio), che assuma il cambiamento come dato euristico fisiologico di una società in
continuo orientare la”, che “tirocinio
movimento. Chi “dirige” dovrà le inter-azioni verso un “fare scuoconcepisca l’autonomia come un formativo”, volto al raggiungimen-
to di avvertibili traguardi di sviluppo in ordine all’identità e alle competenze di tutti “. Biso-
gna fare in modo che quello che Weich definisce come “Il flusso di esperienze individuali” , operi in vista di uno scopo comune, in quanto non è più sufficiente il rispetto degli adempimenti formali . C’è bisogno, infatti, di dirigere le competenze docenti verso la ricerca di un senso. In altre parole il personale scolastico deve agire in un contesto capace di costruire significati (SENSMAKING) condivisi, in ragione dei quali vale la pena impegnarsi . LA MISSION di una “personalizzazione inclusiva” diventa quindi l’elemento stabile motivazionale a supporto del cambiamento. Da quanto detto si capirà perché è irrinunciabile sostituire alle anacronistiche logiche chiuse, autoreferenziali, inefficienti ed inefficaci logiche flessibili, aperte alle sfide, al confronto, al soddisfacimento degli stakeholder . La leadership visionaria non potrà, naturalmente limitare il suo raggio d’azione al contesto scolastico, senza tener conto del territorio contiguo, ma anche dei tanti contesti formali ed informali che influenzano il percorso di formazione. Né può limitare il suo campo temporale ad un ciclo , ma operare per la continuità di un apprendimento per tutta la vita. Coordinando sinergicamente una rete di “alleanze” sensibili” al tema dell’intercultura, dalla personalizzazione alla globalizzazione, si dovrà “dirigere” un servizio dove nessuno
rimanga indietro e dove nessuno si senta escluso. Individuato il “nucleo fondante” si potrà co-
costruire un’identità scolastica progettuale generando il cambiamento attraverso : • La formazione in servizio e per il servizio • L’accoglienza • Laboratori e ambienti a misura • Individuazione di uno spazio d’incontro
•
Valutazione .
dattiche e obiettivi che “incontrano” e facilitano il percorso formativo del singolo e del gruppo. E’ chiaro che non basta inserire una persona in un contesto scolastico per poter asserire di aver equamente garantito i suoi diritti, occorre “sostenere” e programmare la
personalizzazione dei piani di studi.
Sul primo punto si è già accennato prima , ora a conferma del dato strutturale del fenomeno multiculturale, negli ultimi anni diverse iniziative, soprattutto a carattere regionale, hanno promosso attività formative sul tema interculturale, non solo per i docenti e il personale ata , ma anche per gli stessi dirigenti. Come a dire che solo attraverso un governance che promuove e dissemina il valore aggiunto della differenza si può sostenere e indirizzare il collegio docente ad aggiornarsi sul tema in questione. Una buona gestione delle risorse umane deve, infatti, promuovere proprio la formazione in servizio del personale , in quanto nucleo operativo della scuola . E se inizialmente la formazione docente sarà soprattutto finalizzata alla condivisione etica del valore della diversità e del cambiamento, in secondo tempo, ma anche congiuntamente, è bene attrezzarsi per rispondere ad esigenze locali, al fine di personalizzare i piani di studio . Formarsi in servizio comporta non solo condividere la meta a lungo termine, ma anche acquisire più strumenti per interpretare e rispondere prontamente al contesto, individuando le aree d’intervento prioritarie. Tra quest’ultime c’è sicuramente quella dell’accoglienza. Il “Gruppo di lavoro e il Protocollo d’accoglienza”, risultano entrambi cruciali per l’immediato inserimento e la mediazione culturale, ma anche per valutare e definire metodologie di-
A tale scopo sarà ineluttabile, per il singolo alunno e per il gruppo, allestire e progettare un ambiente a misura dei bisogni e delle capacità emerse da una prima analisi. Non sempre appare necessario nella scuola, ma è bene che l’istituzione scolastica sia attrezzata, anche con la collaborazione di mediatori, per offrire l’insegnamento dell’italiano come seconda lingua, giacché l’alfabetizzazione in L2 è funzionale, anche soprattutto per alunni immigrati di prima generazione, inizialmente per comunicare e successivamente per studiare. E’ indispensabile, inoltre, promuovere la pratica laboratoriale, la peer education, l’uso delle T.I.C come anche sportelli d’ascolto e momenti di dialogo per permettere a differenti “utenti” del servizio (alunni famigli cittadini in generale) di trovare sempre un “canale su cui sintonizzarsi”. Siccome la pedagogia interculturale non è un chance di apprendimento solo per gli alunni stranieri, ma anche e al contempo per gli autoctoni, è bene progettare un “spazio d’incontro”, dove , i diritti, le garanzie formali possano trovare garanzie sostanziali, dettati costituzionali. Una grande opportunità normativa ci è indicata da Cittadinanza e Costituzione (L.169\08). Infatti, in un contesto educativo altamente complesso rappresenta una dimensione integrata e trasversale dell’intero percorso di insegnamento\apprendimento. Uno spazio d’incontro, quello indicato dal legislatore, che potrebbe diventare lo sfondo progettuale per pianificare la personalizzazione del curricolo, ma anche per accordarsi con altre scuole (accordi di rete, gemellaggi…), per accogliere e collaborare con la famiglia e il territorio (enti, associazioni, comune, volon-
tariato), in sintesi per “crescere insieme e uscire dalla crisi”. Nel DPR 22 giugno 2009, n. 122 è sancito il ruolo determinante del processo di valutazione, in quanto “ha per oggetto il processo di apprendimento, il comportamento e il rendimento scolastico complessivo degli alunni. La valutazione concorre, con la sua finalità anche formativa e attraverso l’individuazione delle potenzialità e delle carenze di ciascun alunno, ai processi di autovalutazione degli alunni medesimi, al miglioramento dei livelli di conoscenza e al successo formativo, anche in coerenza con l’obiettivo dell’apprendimento permanente di cui alla strategia di Lisbona nel settore dell’istruzione e formazione”. E’ chiaro che il valore aggiunto dell’istituzione sarà possibile principalmente grazie alla scelta di una metodologia valutativa veramente formativa, che sappia rilevare i punti deboli e i punti forti del singolo e del sistema, in vista dei risultati migliori. E da aggiungere inoltre che poiché il dirigente, i docenti e la scuola tutta stanno “cambiando” è doveroso predisporre anche per l’istituzione stessa (nelle sue dimensioni individuali e collegiale) un percorso di autovalutazione che indichi se sia una scuola che persegue mediocri, buoni od ottimi livelli . Dirigere nel cambiamento e per il cambiamento in una società ormai da troppo tempo in crisi è una grande e gravosa sfida, ma è una sfida imperativa, perché se è vero che tutto muta solida appare la nostra “missione”. L’autonomia è una grossa opportunità ma va praticata, sperimentata, monitorata, in contesti di vita che rischiano l’anomia. Il risultato inclusivo, in sintesi, dipende dal grado in cui un istituzione scolastica è in grado di garantire uno “spazio aperto” alle differenze, non sclerotizzandosi su modalità statiche , in quanto… “La mente che si apre ad una nuova idea non ritorna mai all’idea precedente” A. Einstein.
Samanta De Nardis
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hi oggi guarda al “pianeta scuola” non può certo negare come a scuola proprio bene non tutti si sta, alunni e docenti e quanti viviamo intorno a questa grande sfida che è l’educazione dei giovani. Troppo spesso ormai si sente parlare e si registrano disagio, stress, abbandono, condotte oppositive e provocatorie, scarsa resistenza all’impegno, incapacità comunicativa, devianze, burn-out per tanti docenti, Ma dall’altra parte si guarda oggi alla scuola come il “luogo” privilegiato per assolvere al compito di incidere sugli stili di vita e sui comportamenti di salute della popolazione giovanile; le stesse Organizzazioni Internazionali per la Salute identificano la scuola come l’istituzione in cui i docenti possono osservare e monitorare il percorso di crescita e il modello di salute e di benessere sul quale il singolo soggetto sta costruendo il suo futuro concetto e valore di salute destinato a divenire la realtà del domani, costruire dunque il benessere per oggi e per il domani. Le situazioni di disagio scolastico si esprimono ovviamente nella maggioranza dei casi in termini di difficoltà di apprendimento o di problemi di comportamento. Il “non star bene a scuola” dell'allievo interpella i docenti che spesso come immediata reazione pongono in crisi il loro operato, si sentono in difficoltà, sperimentano a volte di impotenza e incapacità a risolvere il problema che si manifesta in classe. Alla descrizione, di ciò che non va a scuola, fanno poi seguito un insieme di ipotesi, supposizioni, spiegazioni che riguardano, nella stragrande maggioranza dei casi, fattori extra-scolastici quali difficoltà familiari, problemi di integrazione sociale o culturale, difficoltà economiche, ecc. ! Il malessere della società inevitabilmente entra in classe! Quante le situazioni in cui al disagio identificato e attribuito all'allievo corrisponde una condizione di malessere nel docente: insoddisfazione, delusione, scoraggiamento, sentimento di impotenza o di incompetenza, di solitudine o talvolta di “abbandono” da parte dei responsabili della scuola, tutte condizioni che amplificano la fatica; che possono provocare uno stato di esaurimento, talvolta di burn-out. Se l’allievo non sta bene a scuola, neanche il docente può trovarvi benessere. Dunque la relazione tra le due
realtà è imprescindibile e affrontare i problemi dell’uno è affrontare e risolvere quelli dell’altro. E allora costruire benessere è a vantaggio di entrambi i soggetti coinvolti , a vantaggio di tutta la società. D’altronde , oltre la complessità di variabili personali e situazionali, le ricerche evidenziano sempre più e meglio anche nel benessere dei docenti un fattore fondamentale per il sereno inserimento scolastico e la crescita armonica degli allievi ; il benessere, oltre che ricadere in senso positivo sulla personalità del docente, è anche fattore di successo e di efficacia educativa. Il benessere dunque e la ricerca di esso, è un valore trasversale della realtà scolastica che interroga docenti, alunni e quanti coinvolti nell’azione educativa oggi. Ma come favorire un clima di benessere a scuola? L'individuazione di “ciò che non va bene a scuola” è la prima inevitabile tappa per pensare e poi costruire nuove modalità interazionali tra i protagonisti del disagio scolastico: allievi, docenti, docenti di sostegno, dirigenti, genitori ed eventuali specialisti esterni. E’ a scuola che i ragazzi trascorrono la gran parte della loro vita, in particolare gli anni in cui possono instaurarsi comportamenti a rischio o possono stabilizzarsi atteggiamenti devianti. A scuola il giovane soggetto in evoluzione è al centro di un sistema intersecato di assi di pensiero e modelli di comportamento, in questo periodo di vita gli si offrono le maggiori opportunità di essere educato al mantenimento dello stato di salute globale e alla pratica di corretti stili di vita. La scuola è il luogo di apprendimento per eccellenza dove integrare conoscenze e capacità, dove passano messaggi di educazione e di promozione della Salute che, seppur comunicati in classe, possono essere rafforzati all’interno del clima scolastico in generale. In una scuola che promuove salute, gli insegnanti e il contesto svolgono un ruolo chiave quali modelli di riferimento per gli studenti e le loro famiglie, rafforzando e coinvolgendo i discenti nel conseguimento di obiettivi orientati alla salute e al benessere. Per lo sviluppo di modelli educativi orientati al potenziamento di atteggiamenti e capacità individuali, fin dagli anni ’80, si è tentato di fondare i
programmi di Educazione Sanitaria, sull’adozione di modelli e metodologie che accrescessero i risultati in termini di efficacia. Tali metodologie di azione si sono orientate a sviluppare nello studente abilità ( skills) e atteggiamenti che lo mettano in grado di fare autonomamente scelte di salute sane . Con il termine life-skills, l’OMS indica tutte quelle abilità e competenze che è necessario apprendere in età evolutiva per mettersi in relazione con gli altri e affrontare i problemi , le pressioni e gli stress della vita. La mancanza di tali abilità socio-emotive, può causare l’instaurarsi di comportamenti negativi e a rischio come risposta della persona alla pressione esercitata dagli stress. Queste abilità si traducono come capacità di prendere decisioni, risolvere problemi, sviluppo di senso critico, capacità di comunicazione efficace, competenze relazionali interpersonali, empatia, gestione delle proprie emozioni, controllo dello stress. L’innovazione di queste metodologie si basa sulla centralità del soggetto piuttosto che sul solo contenuto da trattare: questo passaggio dalla Educazione Sanitaria alla Promozione della Salute e al benessere è riferibile ad azioni educative centrate su elementi positivi che possono favorire la salute, primi fra tutti l’autoefficacia e l’autostima, finalizzati a facilitare il benessere fisico e psicologico di gruppi ed individui.
Fondamentale in merito la Teoria sociale di Bandura : “L’individuo agisce selettivamente e trasformativamente sull’ambiente, ma è anche selezionato e modellato dall’ambiente, dalle condizioni che il contesto predispone al corso delle sue azioni e alle pressioni che esso esercita sulle sue decisioni………Il meccanismo di autoregolazione più importante è il senso di “autoefficacia” che permette all’individuo di essere agente attivo della propria vita e ,quindi, assumersi la responsabilità di costruire, selezionare ed organizzare gli eventi della vita per poter raggiungere i propri obiettivi. L’individuo diventa agente attivo quando è in grado di riflettere sulla propria esperienza, monitorando il processo di crescita, correggendo le proprie condotte disfunzionali e adattandoli alle richieste dell’ambiente……..” Fondamentale dunque la creazione di “ambienti favorevoli” per la salute e il benessere. La scuola deve intervenire e investire nelle varie aree: alimentazione, attività fisica, dipendenze, comunicazione, ecc, concertando azioni e interventi che siano in grado di impattare sull’organizzazione scolastica e sull’ambiente oltre che sull’educazione ai comportamenti salutari. Vanno individuate e privilegiate le metodologie educative che favoriscono la partecipazione attiva degli studenti e orientano al cambiamento degli atteggiamenti. Sicuramente oggi si impone un’ educazione alla salute e al benessere. La scuola può intervenire attraverso una varietà di interventi e modalità: l’educazione socio-affettiva relazionale, l’apprendimento cooperativo, il peer tutoring, il ricorso alla metacognizione. E’ opinione sempre più diffusa che la scuola possa e debba svolgere una funzione importante per promuovere benessere divenendo fattore protettivo per gli alunni e le persone che la frequentano , docenti compresi ovviamente. Le variabili soggettive e personali dell’autostima, della soddisfazione personale , delle relazioni e degli investimenti sul futuro possano trovare soddisfazione ed accrescimento. In tal senso la scuola costruisce più che protegge l’individuo e gli permette di crescere e divenire sufficientemente equilibrato cioè di stare bene con se stesso, e gli altri, adattarsi all’ambiente senza perdere le caratteristiche della sua indivi-
dualità in una costante interazione individuoambiente rendendo la persona in grado di riconoscere le proprie e altrui risorse per poterle poi concretamente mettere a frutto. In una prospettiva di valorizzazione della persona, bisogna sollecitare negli alunni il giusto senso di sicurezza e assertività che tanto influenza specialmente nell’adolescenza il funzionamento adattivo psico sociale che consente di fronteggiare situazioni nuove e costruire capacità relazionali . La scuola ha il compito di svolgere un importante funzione di lotta al disagio e alla dispersione; per questo vanno incrementate attraverso la metodologia della ricerca-azione le competenze degli attori del sistema scolastico per sviluppare percorsi di benessere, possedere strumenti adeguati per gestire le classi alla luce di dei bisogni formativi rilevati attraverso promozione e potenziamento per esempio dell’attività motoria e sportiva a scuola per essere sportivi e non violenti; potenziare tale attività migliora l’equilibrio generale Educare a rispettare l’ambiente per una migliore qualità della vita, valorizzare i momenti di aggregazione anche extra scolastici. Prevenire per esempio e in concreto incidenti stradali attraverso conoscenza delle regole di guida e il potenziamento dell’educazione stradale; educare ad evitare il rischio estremo in genere. Restituire agli allievi una responsabilità attiva nel proprio processo di apprendimento e di buona integrazione nel contesto scolastico; utilizzare le risorse del gruppo-classe, soprattutto nelle situazioni con problemi di comportamento. Guidare a saper condividere le difficoltà, le paure, i sentimenti di vergogna o di umiliazione per non dover più fingere per “salvare la faccia”. Nelle relazioni con i genitori, favorire una certa “impermeabilità delle frontiere” fra scuola e famiglia, pur garantendo un'informazione rigorosa ed esplicita sulle attese e sulle esigenze della scuola nei confronti degli allievi. Per star bene a scuola è utile garantire anche ai ragazzi difficili, quelli che vivono situazioni familiari e sociali dolorose e precarie, “un'identità di allievo capace di apprendere” e non soltanto di ragazzo che appartiene ad una famiglia o a una comunità problematica. La scuola è un contesto potenzialmente sano, che dovrebbe poter permettere ad ogni allievo di vive-
re esperienze correttrici di certi disagi. In termini di risorse per i docenti, misure come la supervisione (meglio se in gruppo) o l'intervisione possono essere molto efficaci e utili per identificare certe dinamiche, ripetitive e sterili, nelle quali ci si può trovare ad un determinato momento. Il sostegno dei colleghi e la possibilità di condividere con loro difficoltà ma anche competenze, aiuta a ritrovare fiducia nelle proprie capacità a gestire situazioni problematiche. Gli attori chiamati a svolgere questo lavoro a scuola sono ovviamente i docenti, in quanto protagonisti principali, a contatto diretto con gli allievi. Condizione imprescindibile è la necessità di una formazione costante e specifica portata avanti in modo rigoroso, se si vuol vivere con benessere lo straordinario compito di formare i giovani e consentire loro di vivere il benessere.
Celina Mastrandrea
Ufficio Studi UCIIM
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a scuola odierna può essere considerata un organismo complesso (Complex organization) per la diversità degli ambiti di azione: pedagogico-didattico, sociologico-territoriale, amministrativogestionale, normativo-giuridico, ma anche per la sua fisionomia articolata di sistema sociale aperto. E’ una microsocietà, centro propulsivo di relazioni umane che si intrecciano a diversi livelli: interistituzionale (con altre scuole), intergruppale (Consigli di classe, collegio dei docenti, Consiglio di Istituto), interpersonale (docenti, studenti, dirigente), in un contesto creato per stimolare e sostenere la costruzione di conoscenze, abilità, motivazioni e atteggiamenti, in una prospettiva di apertura al territorio. In tale spazio di azione secondo la psicologia sociale l’apprendimento, determinato proprio grazie alle interazioni tra allievi, oggetti del sapere e docenti non è più solo un contenitore di stimoli, risposte e processi cognitivi, ma un elemento che pervade gli individui e ne determina la condotta in modo non meccanicistico. Le dinamiche relazionali che si vengono a creare nell’ambito della scuola sono differenziate perché derivanti dalle continue occasioni di scambi interpersonali: quotidianamente le attività scolastiche rappresentano opportunità di interazioni tra i vari soggetti/attori che consentono la crescita morale e culturale degli studenti e l’offerta di servizi legati ad un medesimo fine e bene comune. Se nella precedente stagione della scuola/ apparato ogni addetto ai lavori sapeva cosa fare alla luce dell’esperienza pregressa, maturata nel tempo senza la necessità di una interdipendenza sistemica, ma secondo il concetto di servizio standard con una sequenza lineare e ripetitiva, con la nuova immagine della scuola strutturata, sistemica e funzionale gli scenari cambiano radicalmente per cui ognuno deve saper lavorare in team, confrontandosi continuamente con gli altri nelle varie attività fun-
zionali al successo formativo, sulla base di scelte che scaturiscono dalle disposizioni innovative. Il Dirigente Scolastico, come garante del raggiungimento dei risultati, cioè del servizio d’istruzione secondo criteri di efficacia ed efficienza formative (art.4 dlgs 165/2001), nonché del principio di buon andamento e di imparzialità (art. 97 Cost.) deve favorire l’instaurarsi di un clima positivo, ideale per la comunità di apprendimento che, come organo monocratico, è tenuto a gestire. Presupposto per mantenere il clima sereno è che tutti i soggetti coinvolti rispettino gli strumenti necessari per la convivenza e per la partecipazione nella scuola: il regolamento di istituto, che costituisce un vademecum di norme di funzionamento interno, il patto di corresponsabilità (DPR 235/2007) finalizzato a definire diritti e doveri in stretta collaborazione con le famiglie, lo statuto delle studentesse e degli studenti (DPR n.249/1998, modificato dal DPR235/2007) che disciplina i loro doveri e garantisce l’esercizio dei loro diritti, la Carta dei servizi (DPCM 7/6/1995), documento di trasparenza della condotta dell’istituto scolastico. La condivisione di tali norme comuni, soprattutto per i giovani studenti, consente non solo di conoscere le norme per una convivenza ordinata, ma anche di valutare le opportunità offerte dall’istituzione, secondo i principi della libertà di scelta educativa delle famiglie e i criteri di valorizzazione delle risorse. Il principio della democrazia partecipativa è stato introdotto dai Decreti Delegati (1974), con l’ingresso dei genitori nella gestione della scuola, anche se la loro partecipazione è stata animata nel tempo da motivi e da sentimenti diversi: (entusiasmo, critica, indifferenza), a seconda dell’influenza degli indirizzi ideologici, avvertendo scossoni e ribaltamenti continui, in base all’alternanza di innovazioni e abrogazioni attraverso cui il sistema scolastico ha cercato di migliorare e di rafforzarsi.
Negli ultimi anni con la diffusione del concetto di “società educativa” e soprattutto sulla base dell’autonomia didattica ed organizzativa (DPR 275/1999) si avverte uno slancio verso una partecipazione più attenta alle esigenze degli studenti in relazione alla collaborazione con il territorio attraverso l’obbligo di elaborazione del POF, strumento principale di comunicazione della scuola verso gli utenti. Le attività degli OOCC sono svolte a favore di un servizio atteso da erogare all’utenza e al territorio di riferimento in modo sostanziale, di percezione e di immagine nel migliore modo possibile. Tra tutti gli organismi di partecipazione il Consiglio di istituto e la giunta esecutiva sono quelli che assumono un ruolo importante nella vita di un istituto in quanto definiscono le scelte generali di gestione e amministrazione dell’istituto, con compiti specifici di approvazione di accordi con altre scuole, oltre ad adottare il POF e il regolamento interno e a deliberare acquisti di attrezzature. Il consiglio d’Istituto inoltre può essere considerato significativo in quanto rappresentativo di tutte le componenti della comunità scolastica e per la sua natura di indirizzo politico, spesso può evidenziare all’interno contrasti, chiaro segnale della dinamicità delle relazioni di un’organizzazione complessa. La scuola che cambia pare talvolta disattenta alle opportunità di partecipazione, che pur restando valide ed importanti finiscono con il cedere il passo a problematiche diverse, per questo in questi ultimi tempi è stata ipotizzata l’istituzione di una Consulta dei genitori per soddisfare le esigenze di essere davvero genitori a scuola. Le relazioni sindacali di istituto costituiscono un momento importante per la gestione di tutto il personale e per il miglioramento dell’offerta formativa di ogni istituto scolastico. Tenendo sempre in considerazione la complessità dello scenario in cui interagiscono i diversi attori istituzionali si possono verificare
facilmente delle “invasioni di campo”. Certamente alla base della gestione ci deve essere la valorizzazione delle risorse e il riconoscimento dei servizi prestati, dosati con il giusto equilibrio da parte del Dirigente Scolastico che ha esplicitato con chiarezza i criteri della sua vision agli OOCC. Il Dirigente Scolastico, in collaborazione con gli OOCC e con le figure di sistema tiene presenti le proposte, adottando protocolli procedurali opportunamente condivisi, di intesa, di concertazione per la previsione delle giuste prassi e l’espletamento dei relativi incontri. In un periodo di crisi e di recessione economica il Dirigente Scolastico deve fare delle scelte mirate a premiare il merito dei docenti per soddisfare e rendere fattibile il successo formativo di tutti gli studenti. L’obiettivo del sistema delle relazioni sindacali è quello di contemperare l’interesse dei dipendenti al miglioramento delle condizioni di lavoro e alla crescita professionale con l’esigenza di incrementare l’efficacia e l’efficienza dei servizi. La contrattazione è un processo complesso che ha come obiettivo l’acquisizione del massimo consenso possibile: se manca il consenso della RSU (o della maggioranza dei suoi membri) e della maggioranza in termini di rappresentatività delle OOSS partecipanti alla trattativa, le norme vigenti non danno alcuna sicurezza al Dirigente Scolastico. Pertanto egli non deve mai arrivare all’aperto conflitto, soprattutto perché le materie di contrattazione integrativa (art. 6 c.2 CCNL) sono piuttosto delicate, come l’utilizzazione del personale docente e ATA e i criteri per la ripartizione del FI. Nella vita della scuola, a parte le dinamiche di carattere democratico si può individuare una forma di interazione ricorrente, sicuramente la più vivace, il conflitto, soprattutto nelle relazioni interpersonali, in cui ognuno deve prendere una posizione con la contro-
parte. Esso è inteso come un’opposizione (latente o manifesta) che permette al singolo o ad un gruppo di non sentirsi completamente succube in un rapporto e viene interpretato come un aspetto che fa parte di quei dualismi di cui la società ha bisogno per evolversi, secondo la metafora della vita, esplicitata da Simmel, nella quale le due differenziazioni “polari” (ad es. successo/insuccesso, forza/ incapacità) sono parti integranti ed entrambe positive per i mutamenti che comportano. Le organizzazioni sono luoghi privilegiati di conflitti di diverso tipo, vista la spiccata qualità relazionale tra gli individui, così nella scuola si possono individuare contrasti in ambito collegiale, derivanti da attacchi al modo di decisione o dalla mancanza di condivisione delle finalità, tra docenti per apparente stima, tra alunni e docenti, per incapacità di mantenere distinti i ruoli, tra alunni, per intolleranza, e tra docenti e dirigente se non è stato attuato uno stile direttivo di tipo equilibrato e non si è stabilito un clima di libertà responsabile.
Il Dirigente Scolastico e la regia delle relazioni e dei conflitti La regia per neutralizzare i contrasti spetta soprattutto al Dirigente Scolastico che all’interno dell’istituzione deve far evolvere le situazioni di conflitto verso chiari obiettivi di trasformazione, mutando lo scontro in un incontro che sfoci in qualche tipo di collaborazione, esplicitando così un ruolo aperto in modo dia-
lettico. In tutti i casi egli dovrebbe trattare il conflitto per migliorare il benessere del sistema, degli individui e dei gruppi che lo compongono con un controllo cosiddetto “conflittuale conservativo” (CCC), mediante il quale il senso di colpa sarebbe sopportato e modificato in un atteggiamento produttivo. Così, paradossalmente il conflitto rileva aspetti positivi nel senso che diventa una forza unificatrice nelle relazioni, in quanto intensifica la mobilitazione dell’energia psichica ad essere più efficace nel raggiungimento degli obiettivi, stimola al mutamento e all’attività, aumenta l’identità da parte delle componenti implicate. Il Dirigente Scolastico, nella sua veste di capo di istituto e di responsabile dello stesso, in virtù della normativa ( art. 25 dlgs.165/2001) rappresenta colui che per primo spinge le azioni verso i buoni risultati dell’istituzione, orientando il lavoro sul campo alla salvaguardia dell’identità culturale dell’istituto. Certamente non può svolgere il suo compito da solo, ma la collaborazione di due docenti che sceglie sulla base di stima e fiducia ( e ai quali può conferire deleghe motivate su alcuni compiti) consente un supporto diretto nelle sue azioni, come pure l’apporto dello staff aiuta a monitorare i pareri diffusi e conoscere gli umori che circolano nei corridoi e che potrebbero costituire fonte di malesseri crescenti. In generale il Dirigente Scolastico deve subito esplicitare il suo stile di “comportamento”: in senso assoluto non esiste uno stile migliore, ma è importante scegliere quello adatto alle varie situazioni. L’ideale sarebbe quello democratico, perché motivare i componenti di uno staff e farli partecipare al processo decisionale aiuta a fare in modo che gli obiettivi di ciascuno coincidano con quelli dell’istituzione scolastica. Nel rapporto con i docenti il Dirigente Scolastico dovrà contribuire con un’azione mirata e costante a permeare con il buon esempio gli
stati d’animo che di volta in volta dovranno ricaricarsi o frenarsi nei momenti di difficoltà o di attrito. Efficace può risultare l’analisi transazionale come strumento per i problemi comuni tra i soggetti coinvolti, legati al dialogo emotivo. Infatti l’ascolto è l’elemento vincente sul quale il Dirigente Scolastico deve improntare il suo lavoro di regista nelle dinamiche quotidiane: è fondamentale che egli raccolga le più ampie informazioni possibili, ascolti i pareri, gestisca insieme le ansie, compia un’accurata anamnesi e un’attenta diagnosi, mantenendo il principio di realtà in termini di fattibilità, piuttosto che di impedimenti. Compito principale del Dirigente Scolastico attento alle dinamiche relazionali è, a mio avviso, quello di innescare sentimenti di umiltà, umanità con la giusta dose di umorismo (la teoria delle tre U di Maliadò), per creare una riserva di positività che liberi quanto ci sia di meglio in ogni individuo e in caso di attrito momentaneo lasciare un po’ di tempo per ridimensionare la questione e riprendere in seguito il dialogo con un atteggiamento proattivo. Una qualità fondamentale del Dirigente Scolastico è quella che studi recenti di psicologia hanno descritto come “resilienza”, ossia come capacità reattiva di affrontare efficacemente le avversità e a riprendere slancio proprio da queste, ad esempio nei contrasti all’interno del Consiglio di Istituto, dove egli assume una posizione super partes, fornendo un’impronta di armonia e chiarezza, nell’intento di garantire una gestione unitaria. Tuttavia, a fronte di una leadership “situazionale” che, per quanto intelligente, si risolve solo nella capacità di gestire l’ordinaria amministrazione, oggi si richiede una leadership “trasformazionale”, di un dirigente che sappia pilotare il cambiamento attraverso le sue inevitabili turbolenze. Ogni mutamento e ogni innovazione passano attraverso il conflitto, tra status quo e speranza
futura: il cambiamento è una costante di stato, così come “l’essere mutanti” a rapide trasformazioni è una necessità. Il capitale intellettuale, come ricchezza nascosta dell’organizzazione che punta sull’identità individuale e collettiva, la creatività, la flessibilità e l’empatia sistemica che si sostanzia di rispetto, pietas e impegno morale diventano quel valore aggiunto di cui la scuola non può fare a meno. Solo se si pensa che il futuro sia migliore dello status quo è possibile un cambiamento reale che perciò passa tra il conflitto tra oggi e domani.
Domenica Ripepi Consigliere UCIIM Lazio
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a realizzazione degli obiettivi didattici e il raggiungimento delle arcinote competenze su più livelli e in più ambiti passano - anche questo è spesso e particolarmente ribadito, almeno teoricamente - assieme e attraverso uno scambio interculturale delle conoscenze e della socializzazione, tanto più in un periodo storico così dinamico e di movimenti migratori che caratterizza la nostra Europa.
Ma è davvero facile realizzare un cammino del genere partendo dalla professionalità dei docenti? Lo abbiamo chiesto a un'inseinsegnante della scuola europea 3 di Bruxelles, Carmela Dominguez. Dominguez Da quando sono arrivata qui - ci dice - nel tempo mi sono resa conto che nel frenetico ritmo della scuola gli sforzi e le occasioni di arricchimento interculturale sono tantissimi. L'elemento che più la colpisce in un'offerta didattica simile? La cosa più importante che ho acquisito è questa: non esiste un unico percorso nella maniera d'insegnare, non c'è mai un solo punto di vista. Per esempio? Lo stile della scuola spagnola sembra simile a quello francese: il professore ha la conoscenza, la trasmette ai ragazzi e poi verifica se questi l'hanno acquisita oppure no. La scuola del Nord è più partecipativa: promuove maggiormente sia il lavoro personale che l'attività di gruppo. È diversa la disposizione delle classi, il modo di giudicare, valutare e certificare... Che cosa una "scuola" può dare a un'altra? Se la scuola spagnola deve esportare qualcosa, a mio avviso bisogna puntare sulla vicinanza allo studente: certo, la disciplina in un contesto più amichevole potrebbe risultare più
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difficile, però, secondo me si genera un clima più propizio all'apprendimento. Come insegnante, però, devo imparare ad assegnare dei compiti più attivi in modo da rendere l'allievo protagonista del proprio processo di apprendimento. Fra le varie sezioni di diversa nazionalità presenti nella scuola europea quali attività si rivelano di primaria importanza al fine di un'intercultura reale ed effettiva fra i docenti? Per quanto concerne la relazione fra le differenti sezioni rivestono un'importanza cruciale le attività congiunte: pasti, feste, giornate di formazione, corsi di ballo (Zumba per esempio) o Pilates, viaggi e luoghi di condivisione come aule, sala professori, mensa. E fra gli studenti? Per gli studenti mi sembra proprio che si realizzi attraverso un apprendimento delle lingue in un contesto reale ed è perfetto. In generale, gli alunni di per sé hanno maggiore facilità ad apprendere le lingue come pure a comprendere comportamenti diversi vista la loro differente struttura mentale. Già a partire dalle classi IV e V (biennio delle nostre superiori di II grado, ndr) si moltiplicano le relazioni fra studenti di diverse sezioni, tra amici e compagni... Per concludere... La scuola europea nei suoi aspetti rappresenta un'esperienza straordinaria tanto per gli insegnanti che per gli studenti. È chiaro che uno deve essere disponibile a recepire e soprattutto a dare.
Giovanni Zambito, Bruxelles
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cherzava (ma non troppo) Honoré de Balzac quando scriveva in uno dei suoi romanzi più noti. Il Cugino Pons (1847):” Nessuno osa dire addio a un’abitudine. Molti suicidi si sono fermati sulla soglia della morte per il ricordo del caffè dove andavano tutte le sere a fare la loro partita di domino”. E a proposito di caffè, un altro autore francese, di poco posteriore a Balzac, Georges Courteline, aggiungeva:” Si cambia più facilmente religione che caffè”. L’abitudine è una rete che avviluppa mente, cuore, mani, rendendoci alla fine schiavi e inerti. E’ ciò che ribadirebbe il poeta cileno Pablo Neruda (1904(190473) nel testo che sopra abbiamo citato e gli è stato attribuito, anche se pare che l’autrice fosse in realtà Martha Medeiros. Stessi percorsi, stessi ritmi, stesso colore, stesse persone: è una litania che rende grigia la vita e che impedisce il fremito della ricerca, della novità e del rischio. Certo, la frenesia del cambiamento a tutti i costi è una sindrome altrettanto pericolosa, ma lo è anche la routine che diventa dipendenza. Non per nulla la realtà morale fondamentale delle religioni è la conversione, che presuppone appunto un mutare strada, un invertire la rotta di una deriva, un “cambiare mentalità”, come dice il termine greco evangelico metanoia, usato proprio per indicare una simile svolta spirituale. Significativa è l’ultima frase di Neruda: non si deve temere di dialogare neanche con chi è estraneo. L’incontro dei volti diversi è principio di arricchimento interiore, è sorgente di novità e di solidarietà. (Tratto dal libro di G. Ravasi “Le parole del mattino”)
Forse vi starete domandando cosa c’entra l’abitudine con il benessere, io invece credo che sia interessante parlare di ciò che impedisce il raggiungimento del benessere, oggi. E’ quasi
Lentamente muore chi diventa schiavo dell’abitudine, ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi, chi non cambia mai la marcia, chi non osa mai rischiare o cambiare il colore dei suoi vestiti, chi non parla mai a chi non conosce. Pablo Neruda-Martha Medeiros scontato che in ogni ambiente si parli di esso, anche se prevalentemente si pensa al benessere fisico. Siamo tutti palestrati, oggi è di gran moda lo joga per trovare il benessere, sembra che il mondo occidentale abbia scoperto il valore della meditazione solo grazie alla joga. Stiamo rischiando di perdere il profondo significato degli insegnamenti di Gesù Cristo, perché anche la nostra fede rischia di cadere nell’abitudine. Vi sembro polemica o catastrofica, forse, ma il contatto quotidiano con i ragazzi mi fa constatare quanto anche in famiglia non si educhi più all’amore di Dio e, pensate, i ragazzi che frequentano le parrocchie non fanno Religione a scuola, può essere colpa di noi insegnanti che valiamo poco, forse, ma non siamo caduti troppo nell’abitudine dell’andare a Messa, nell’abitudine di crederci credenti?. Se pensate che abbia fatto delle ingiuste “accuse” potete consolarvi con la “meditazione” dei seguenti Salmi: 3; 26; 55; Isaia 53, 3-12
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In questo numero di gennaio 2013, invece di proporre una esperienza realizzata, vorrei proporvi una esperienza da realizzare. Si tratta del Concorso del Movimento per la Vita, alla quale aderisce anche l’UCIIM. In fondo a questo numero trovate tutto il dossier preparato dal Movimento per partecipare al Concorso. Inoltre vi allego la sitografia di riferimento. Il sito del Concorso Europeo: http://www.concorsoeuropeo.org/ Il sito del Movimento per la Vita: http://www.mpv.org/
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La Parola che cura, la Parola che orienta: “L’arte educativa di Gesù” Gesù” L’azione formativa promossa dall’UCIIM - Lazio ha la finalità di identificare strumenti e metodologie che hanno l’obiettivo di accrescere le competenze relazionali e metodologiche dei docenti di Religione Cattolica in vista della nascita di una comunità di pratica professionale. Vogliamo dar vita ad un luogo che sia una “esperienza di condivisione di conoscenze e di esperienze professionali” sull’insegnamento della Religione Cattolica, dove ciascun insegnante ha la possibilità di apprendere e fare Comunità nel web e avere specifici momenti di formazione. L’idea di fondo della comunità di pratica è tanto semplice quanto efficace: se ho un problema, chiedo aiuto a chi probabilmente lo ha già affrontato (un collega o un gruppo di colleghi); se mi viene data una soluzione e la comprendo, ho imparato una cosa nuova; se non mi viene data, provo a cercarla insieme ad altri che hanno (o potrebbero avere in futuro) il mio stesso problema. Gli obiettivi : rafforzare la percezione di Sé e del proprio ruolo, del lavoro svolto e le modalità di relazionarsi con gli altri siano essi studenti, dirigente scolastico, colleghi; concentrarsi sulla missione professionale ed acquisire strumenti capaci di ridurre lo stress e a contenere situazioni di disagio; motivare i docenti sul tema dell’educazione integrando l’esperienza personale, il magistero dei vescovi italiani, l’insegnamento di Gesualdo Nosengo. I contenuti Il corso di formazione intende cogliere aspetti centrali nell’azione educativa della scuola, in particolare si sofferma sul “ruolo di docente”, sulle difficoltà e le risorse personali e comunitarie, sulla “qualità dell’azione educativa”. Ampio spazio è offerto alla percezione dei compiti da svolgere e attuare per realizzare la “missione” di educatore propria di ogni docente. Accanto al percorso denso di contenuti sono offerti testi (documenti e scritti di educatori cattolici) che permettono la maturazione e la riflessione personale e tra docenti, oltre all’acquisizione di conoscenze e competenze specifiche. Il corso di formazione si svolge in modalità “blended learning” con momenti formativi in aula (12 ore) e on line (24ore) con la piattaforma e-learning, per un totale di 36 ore di formazione
Laboratorio
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1) Una lettura del vivere la professione docen- 1. Analisi dei compiti: sono un insegnante; te di IRC 2. La vocazione educativa: “essere” docente. 2) La “missione educativa”: gli obiettivi di sviluppo professionale
1. Cultura e insegnamento dell’IRC; 2. Il senso della missione educativa; 3. La responsabilità dell’educare
3) La “Visione” dell’IRC: imparare ad identifi- 1. Emmaus: la ricerca di un modello care le risorse, le opportunità senza dimenti2. Urgenze e priorità; care le debolezze. 3. Dio il primo educatore del suo popolo; 4) La “progettazione” : capacità di mediazio- 1. Interrogare e lasciarsi interrogare; ne tra istanze educative e interessi 2. Chiesa madre e maestra; 5) Lo “stile educativo”: ideazione del percorso 1. La vita dello spirito; di sviluppo personale e professionale 2. Verso il modello “Gesù di Nazareth” 6) La “valutazione”: uno sguardo che va verso 1. Avvio della comunità di prativa. il futuro
I percorsi formativi e i laboratori verranno attivati se si raggiuge il numero minimo di 12 allievi (nelle singole diocesi e nelle zone UCIIM) Per partecipare inviare un e-mail a: uciimlazio@gmail.com oppure irc@uciim.lazio.it. Le quote di partecipazione sono: Iscritti all’UCIIM 60,00 e Non iscritti all’UCIIM € 90,00 (È compresa la quota associativa per l’anno 2013) Comitato scientifico: Prof.ssa Maria Rita Tarquini (docente di laboratorio/aula), Prof. Luca Utili (docente e-learning), Prof. Massimo Angeloni (Direttore del Corso) La scheda di iscrizione si trova sul sito http://www.uciim.lazio.it L’UCIIM È SOGGETTO QUALIFICATO DAL MIUR PER LA FORMAZIONE DM 177/2000 e DM 05.07.2005, Prot. n. 1229
Spesso i docenti si trovano a gestire le costanti e quotidiane relazioni sia formali che informali tra colleghi e con gli studenti; spesso gli incontri di team, i collegi dei docenti, le assemblee, le lezioni in classe ... risultano fonti di tensioni e conflitti che vanno ad incidere negativamente sia sul clima scolastico, sia sulla qualità dei processi di insegnamento/apprendimento. I più recenti studi di sociologia e ricerca sociale hanno evidenziato come le organizzazioni moderne, ad esempio la scuola, riescono a migliorare il proprio funzionamento, creando un clima efficace, quando sono capaci di costruire e promuovere climi collaborativi L'UCIIM Lazio propone un workshop teso all'empowerment, promuovendo le potenzialità e una maggiore consapevolezza della relazione interpersonale. "La relazione tra le persone definisce e caratterizza, in maniera fondamentale, la qualità dell'esperienza in contesti diversi"
Modalità del workshop Il workshop si svilupperà in 5 incontri quindicinali presso la sede in Via Crescenzio 25 dalle 15.00 alle 18.00
Gli incontri saranno da 3 ore ciascuno
Direttore del corso:
Le date sono:
Dott.ssa Antonella Tirelli
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5—19 marzo 3—16 aprile Per informazioni e prenotazioni: uciimlazio@gmail.com oppure contattare la Prof.ssa Maria Vittoria Cavallari 3387623278
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Corso di formazione on line per l’utilizzo della piattaforma MOODLE in ambito didattico Finalità:
Le risorse
L’UCIIM Lazio si prone di offrire una formazione che vada dall’ideazione all’implementazione di corsi da utilizzare come integrazione o come supporto alla didattica in classe, con strumenti opensource (gratuiti e liberi), al fine di promuovere quelle competenze sempre più richieste sia dal mondo istituzionale della Scuola sia dalle esigenze culturali e sociali degli alunni.
Le attività
Obiettivi: 1.
Esplorare le principali potenzialità didattiche della piattaforma MOODLE
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Conoscere e usare le principali risorse e attività Costituire un gruppo di lavoro che utilizzi e verifichi le potenzialità di MOODLE per integrare la didattica curricolare ed extracurricolare Utilizzare MOODLE come ambiente di spe-
Programma: Filosofia di Moodle - Instrutional design: la progettazione della formazione on line Sito e community di riferimento La struttura di Moodle: parti. componenti e blocchi Tipologie di corsi: relazionali, argomenti, settimanali Organizzazione di un corso: utenti e ruoli
Ogni corsista sarà poi docente in un corso costruito per i propri colleghi al fine di mettere in pratica e riflettere sulle strategie adottate. Saranno previsti anche approfondimenti sull’uso degli SCORM e di alcuni software autori.
Il corso è rivolto a tutti i soci UCIIM in regola con l’adesione all’Associazione per l’anno 2013. Chi non fosse già iscritto lo può fare contestualmente, all’iscrizione al corso. Il costo del corso per i soci è di 85 Euro, per i non soci diventa 120, compresa la quota di adesione.
Ogni socio che presenta un nuovo socio ha uno sconto di 35 euro. Tempi: Il corso durerà 5 mesi: da marzo a luglio 2013. 2013 Le iscrizioni devono pervenire entro il 15 febbraio 2013 a uciimlazio@gmail.it Ogni partecipante al corso inoltre ha uno sconto del 30% sull’acquisto di un servizio di hosting presso Ergonet.it per avere un dominio personale su cui istallare Moodle o un sito personale (Il valore va da 10.80 euro fino 21.60 euro e anche più…)
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Grafica: A. Biotti — foto: T. E. Persico — Testi: Equipe Giovani MpV. © 2012. Movimento per la Vita italiano
Supplemento a SiallaVita, ottobre 2012. direttore responsabile Pier Giorgio Liverani. Registrazione n. 255 del 19.6.1978 - Tribunale di Milano. Redazione e amministrazione: Lungo Tevere dei Vallati 2, 00186 Roma, tel. 06.6830.1121 - fax 06.686.5725 - siallavita@mpv.org
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