Photosfera Magazine N03 Agosto 2015

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PERIODICO DIGITALE

of the

sun

©over Photo | © Roberto Melotti

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The last light

Group

anno 1 - NUMERO 03 agosto 2015

GRATUITO

ALL’INTERNO...

INTERVISTA A SALVATORE MATARAZZO

I VINCITORI DI 500PXERS ITALIA ANDREA BURLA LANZAROTE

I SEGRETI DELLA COPERTINA carlo cafferini low key

contest fotografico

lara zanarini infrarosso gaspare silverii la via lattea


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Q

EDITORIALE

uesta uscita è leggermente diversa dalle altre, non ci sono le Best Selected. Purtroppo per motivi di spazio dovuti all'inserimento di due vincitori in più e degli articoli importanti piuttosto lunghi non mi è stato possibile mostrare le vostre foto più belle ma non disperate ci sarà un uscita dedicata solo alle Best Selected. Una rivista/catalogo delle migliori foto postate sul gruppo 500pxers ITALIA. I vincitori di questo numero sono Andrea Papaleo, Carlotta Ricci, Giuseppe Pelusio, Luca Benini, Roberto Aldrovandi, Roberto Moyola, Michele Rossetti e l'ormai onnipresente Roberto Melotti che si aggiudica nuovamente copertina e foto in doppia pagina. All'interno troverete un dettagliatissimo articolo sulla Via Lattea realizzato dal buon Gaspare Silverii, un altrettanto dettagliato articolo sulla fotografia ad Infrarossi scritto da Lara Zanarini. Troverete anche le foto di Andrea Burla sull'isola di Lanzarote, i Low Key di Carlo Cafferini e un intervista al bravissimo Salvatore Matarazzo. Potete utilizzare la seguente mail 500pxersita@ gmail.com per inviarci i vostri lavori provvisti di una descrizione, così da poter essere valutati ed eventualmente scelti per la pubblicazione. Potete usare la mail altresì per segnalare progetti che ritenete interessanti, consigli per migliorare il nostro lavoro ed eventuali proposte di collaborazione con Photosfera Magazine. A seguito di questi contatti ho il piacere di annunciarvi la collaborazione con Gian Paolo Daldello fotografo e stampatore Fine Art su carte pregiate. Chi vorrà una sua stampa non dovrà far altro che vincere il CONTEST di Photosfera Magazine e 500pxers ITALIA o più semplicemente fare visita alla sua pagina o sito. Il contest è mostrato sul retro di copertina e sul gruppo/pagina Facebook. A questo punto volevo ricordarvi che i selezionatori del gruppo sono cambiati, non c'è più Ilaria Paolini che ci ha dovuto lasciare per impegni lavorativi, ma abbiamo acquistato altri volontari, Domenico Condello, Marco Cacciatore e Valentino di Leo. a rivista Wild?? Gli impegni sono tanti e il tempo a disposizione pressochè nullo, ma non ci siamo scordati, io e Jacopo Rigotti stiamo ancora lavorandoci su, quest'inverno vi mostreremo finalmente il numero speciale. Per ringraziare l'amico Jacopo qui da sfondo all'editoriale c'è una delle sue bellissime foto!

L

Marco Izzo

Photo | © Jacopo Rigotti


SOMMARIO

CONTENUTI

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PHOTOSFERA MAGAZINE N°03                                   4-37 PORTFOLIO VINCITORI Gli 8 vincitori di 500Pxers Italia con una selezione dei loro scatti.

34 LA COPERTINA Roberto Melotti ci racconta la copertina.

38 intervista salvatore matarazzo Il fotografo di strada con il suo flash fuori camera.

44 fotografia infrarossi

»» p.4

Lara Zanarini ci spiega la fotografia IR.

50 Low key Carlo Cafferini ci svela la chiave bassa delle sue fotografie.

54 raccontando la via lattea

»» p.34

Gaspare Silverii, 10 pagine per riuscire a fotografare la Via Lattea. »» p.50

64 Lanzarote all'alba e al tramonto Reportage sul paesaggio incotaminato dell'isola vulcanica.

68 contest fotografico

SEGUICI SU... Group

»» p.54

»» p.44

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»» p.38

»» p.64

Staff. Amministratore e fondatore, realizzazione grafica : Marco Izzo Selezionatori 500pxers Italia : Elena PArdini domenico condello marco cacciatore valentino di leo


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LUCA BENINI

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otografa da relativamente poco tempo, circa quattro anni. La sua ricerca verte principalmente sul paesaggio. Per Luca il paesaggio non è semplicemente il “paesaggio geograf ico” anzi .. il paesaggio geograf ico è secondario rispetto al paesaggio immaginif ico, diventa attraverso luci e colori il paesaggio dell’emozione e dell’emozionale. La fotograf ia diventa una ricerca molto lontana dal fotogiornalismo. Diviene ricerca estetica e cromatica… la rappresentazione dell’emozione domina sulla rappresentazione geograf ica. Le immagini di Luca sono state esposte in mostre Personali e collettive a Cesena (Ghigo, Monti), Firenze (Artexpertise, Bottega Merlino) e Forlì (Ape Bianca) e hanno ricevuto molti riconoscimenti internazionali come WPO 2013 - 2014 - 2015 , Ipa , EpsonPano ecc.

https://500px.com/lucabenini https://www.facebook.com/ pages/Luca-Benini-Photography/137499273085436

©Luca Benini


PORTFOLIO

ŠLuca Benini

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©Luca Benini

©Luca Benini

©Luca Benini ©Luca Benini

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LUCA BENINI ©Luca Benini

©Luca Benini


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CARLOTTA RICCI

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ono nata il 13 luglio 1999 a Treviglio (Bg) e frequento il liceo scientif ico. La mia prima esperienza fotograf ica l’ho avuta in prima elementare, quando mio papà, per la gita al parco-zoo, mi diede una compatta digitale. dopo qualche anno mi son fatta regalare una Nikon Coolpix, e l’anno scorso la mia prima Ref lex (Nikon D3100). Ho scoperto, sempre l’anno scorso, 500px e mi ha aiutato tantissimo a perfezionare le mie foto, guardando le foto di altri fotograf i e seguendo anche i loro consigli. Sono autodidatta ma spero presto di frequentare un corso fotograf ico e chissà anche un workshop. Prediligo i ritratti al naturale ma comunque fotografo un po’ tutto. Ho quasi sempre la mia ref lex con me. Cerco sempre di fare foto che mi danno emozioni e spero che emozionino chi le guarda, anche perché grazie ai Social-Network ultimamente ho diverse soddisfazioni. Grazie per l’opportunità che mi avete dato. ©Carlotta Ricci https://500px.com/carlottafedericci


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©Carlotta Ricci

©Carlotta Ricci

©Carlotta Ricci

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CARLOTTA RICCI

©Carlotta Ricci

©Carlotta Ricci

©Carlotta Ricci

©Carlotta Ricci


©Carlotta Ricci

PORTFOLIO

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©Carlotta Ricci

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ANDREA PAPALEO

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ŠAndrea Papaleo


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ono nato a Tropea il 7 Novembre del 1987, vivo a Milano dopo aver terminato gli studi nella città di Genova. La mia passione per la fotograf ia è nata per puro caso, quando da ragazzo chiesi a mio padre una compatta come regalo di Natale. Ho sempre studiato i grandi artisti, come Adams oppure Cornish senza rinunciare però a trovare uno stile personale, cercando di sperimentare nuove tecniche tramite l’inf luenza di altri grandi fotograf i contemporanei. Nel 2012 con la nascita di mia f iglia Nicole, acquisto la mia prima ref lex, una Canon 5DMKII che mi ha fatto fare il salto di qualità sotto tutti gli aspetti. A Gennaio 2015 decido dunque di abbandonare Canon per seguire gli sviluppi tecnologici Sony. Il mio genere è principalmente paesaggistico, spaziando dalle alte e frastagliate vette delle Dolomiti f ino alle coste calabresi. Amo viaggiare e spero nel prossimo futuro di visitare tanti altri nuovi paesI cercando di coglierne l’essenza e l’emozione che trasmettono.

www.andrea-papaleo.it

https://500px.com/andreapapaleo

©Andrea Papaleo

©Andrea Papaleo

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ANDREA PAPALEO

©Andrea Papaleo

©Andrea Papaleo

©Andrea Papaleo


© A n d r e a P a15p a l e o

©Andrea Papaleo

©Andrea Papaleo

©Andrea Papaleo


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ROBERTO ALDROVANDI

©Roberto Aldrovandi

Mi Mi

p i a c e l a n at u r a e i m o n d i i n m i n i at u r a . p i a c e s ta r e n e l v e r d e e lo n ta n o d a l l e c i t tà .

©Roberto Aldrovandi

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PORTFOLIO

ŠRoberto Aldrovandi

https://500px.com/radeski

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©Roberto Aldrovandi ©Roberto Aldrovandi

©Roberto Aldrovandi

©Roberto Aldrovandi


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©Roberto Aldrovandi

©Roberto Aldrovandi

©Roberto Aldrovandi

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GIUSEPPE PELUSIO https://www.facebook.com/pages/GPP-Giuseppe-Pelusio-Photo/1595581204046372?fref=ts

©Giuseppe Pelusio

https://500px.com/giuseppepelusio

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l pallino della fotograf ia mi è venuto per due ragioni: la nascita di mia f iglia lisa (come tutti i papà credo, volevo farle 1000 foto al giorno) e lo snowboard (faccio parte del Monkeypark Snowpark Piani di Bobbio e adoro tutti gli action sport), ma senza conoscere alcun tipo di tecnica... f ino a settembre dello scorso anno, poi...Boom Il mondo cambia!!! Su suggerimento di un amico,conosco i miei maestri di fotograf ia Stefano Sansoni e Diego Alfaroli (in arte AlfaSans) quelli che ora def inisco i miei Guru. Inizialmente ero riluttante a paesaggi e ritratti, volevo solo fare foto sportive e invece...f inito il primo corso provo a fare il mio primo scatto (l' Adda di Trezzo) e inizio a piacermi la cosa, spinto da mia Moglie faccio il primo WS di glamour e wow.. Mi piace anche catturare espressioni luci ambiente e naturali, allora ne faccio un' altro a Venezia con i miei "compagni di fotograf ia" e viene fuori una delle mie foto preferite (un salto a Burano) Da qui in avanti è una droga, appena ne ho l'occasione scatto. Che dire di più...io dico sempre che le cose più belle nascono per gioco...e io continuo giocare !!! Auguro a tutti buona Luce e se qualcuno volesse vedere altri miei scatti li trova qui... ©Giuseppe Pelusio


PORTFOLIO

ŠGiuseppe Pelusio

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GIUSEPPE PELUSIO

©Giuseppe Pelusio

©Giuseppe Pelusio


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©Giuseppe Pelusio

©Giuseppe Pelusio

©Giuseppe Pelusio

©Giuseppe Pelusio

©Giuseppe Pelusio

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ROBERTO MOYOLA

IL GRAN PARADISO

Incastonati tra Piemonte e Valle d’Aosta, poco sopra il famoso valico, si trovano diversi laghetti in cui ammirare i magici colori del tramonto che investono la calotta glaciale del Gran Paradiso, l’unico massiccio montuoso culminante a oltre 4000 metri interamente in territorio italiano. Il più grande tra questi specchi d’acqua è il Lago Rosset... prevedete una bella nottata in tenda e non ve ne pentirete!!

© Roberto Moyola


Alpi Selvagge

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ono molti i luoghi magici per chi ama S la montagna ed è appassionato di paesaggi. Tra i molteplici scorci che ci rega-

la l’alta quota io spesso sento che la mia escursione sarà completa solo se raggiungo un lago alpino. Per questo ho cercato di raccogliere i migliori sul mio nuovo volume ALPI SELVAGGE. Tra le varie proposte del libro propongo qui un paio di location che prima o poi dovete visitare!!

S hop . clickalps . com

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ROBERTO MOYOLA

IL GRUPPO DEL MONTE BIANCO

Merita sicuramente una gita oltre confine, sulle alture di Chamonix, il panorama di cui si gode dai Lacs de Cheserys. Probabilmente il più bel balcone panoramico per ammirare le più alte vette alpine e, grazie alla presenza di numerosi laghetti e un rifugio, si avrà la possibilità di variare tra alba, tramonto, notturna e luce dura!! Il mio consiglio, tra tutti i luoghi delle Alpi, ricade sicuramente su questa zona del Parco dell’Argentiere!


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Š Roberto Moyola


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MICHELE ROSSETTI

LAGO AVIOLO


Il Lago Aviolo è un bacino lacustre semi-artificiale in quanto chiuso a valle piccola diga, quasi invisibile essendo alta un metro o poco più. E’ situato nel Parco dell’Adamello, nei pressi dell’omonimo rifugio. Nelle sue acque si riflettono la parete nord del Monte Baitone (m. 3300) e il versante est del Monte Aviolo (m. 2881). Il sentiero n. 21 parte accanto ad una bacheca e ad una stanga gialla che chiude l’accesso alla funivia. Un segnavia indica il Rifugio Occhi e il bivio con il sentiero n. 1 a ore 1.30. Il periodo migliore per visitarlo è quello Primaverile per le sue fioriture e quello autunnale per i colori attorno al laghetto.

©Michele Rossetti

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MICHELE ROSSETTI

LAGO ENTOVA ©Michele Rossetti


Il lago si trova a 1862 metri sopra S. Giuseppe presso l’alpe Entova (m. 1917). Lo si può raggiungere da S. Giuseppe con strada sterrata (20 minuti) o con sentiero (1 ora) attraverso splendidi boschi. Raggiunto l’alpeggio si scende leggermente, con comodo sentiero al lago, che è racchiuso da un lato da splendidi boschi di pino mugo e dall’altro da bellissimi pascoli. Dall’alpe Entova prosegue un sentiero che dopo un’ora raggiunge il rifugio Longoni (m. 2450) da cui si ha una ampia visuale di tutta la vallata e in particolare sul Monte Disgrazia (m. 3678).

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rOBERTO mELOTTI

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COPERTINA 34

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E D I T O R’ S C H O I C E

©over Photo | © Roberto Melotti The last light of the sun Nikon D810 Nikon AF-S 70-200 F/4 @ 200mm F/4 1/320 sec ISO 280

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i sono tanti tipi di foto naturalistiche. Ci sono quelle fortunose e inaspettate, realizzate grazie ad un evento favorito dalla sorte. Ci sono poi quelle pianificate, dove l’evento è voluto ed atteso e tutti i dettagli sono programmati in anticipo. Ci sono infine le foto volute e cercate, ma nelle quali l’evento è comunque incerto. La foto in copertina, ritraente il Campanellino (Leucojum vernum) in controluce con il sole sullo sfondo, appartiene proprio a quest’ultimo tipo. Era da molto tempo che avevo in mente una foto simile, ma purtroppo tutta una serie di elementi sfavorevoli mi avevano sempre negato lo scatto desiderato. Il fattore che più di ogni altro mi aveva sempre messo in difficoltà era centrare il sole al tramonto proprio alle spalle del fiore. Il sole, infatti, deve essere bassissimo sull’orizzonte e non è facile inquadrare senza avere elementi di disturbo. Finalmente, all’ennesima uscita fotografica, ho trovato il fiore giusto nella posizione giusta! Il soggetto, infatti, si trovava ai margini di un fossato con un versante alberato sullo sfondo giusto verso ovest, dove tramonta il sole, per cui avrei potuto scattare con il sole leggermente più in alto. I rami degli alberi, poi, mi avrebbero potuto creare qualche effetto interessante sullo sfuocato. Ho preparato l’attrezzatura, composta da una Nikon D810 e il Nikon 70-200/4. Ho usato lo zoom in questione a 200mm e non il Nikon micro 105/2,8 perché non riuscivo ad avvicinarmi troppo al soggetto per via del fosso, e comunque la foto voluta non sarebbe stata una vera macro, ma appunto una foto ambientata con anche il sole nel fotogramma. Ho aperto tutto il diaframma a f/4 per massimizzare lo sfuocato e ho impostato il flash con compensazione a -1 stop giusto per aprire un po’ le ombre del soggetto senza però avere un effetto palese della sua presenza. Ho quindi sottoesposto l’intera inquadratura di 0,7 stop per avere un maggior controllo sui bianchi del fiore e sulla luce del sole. Infine, subito prima di scattare, con un erogatore spray ho spruzzato qualche gocciolina d’acqua sul fiore e sul gambo per dare un po’ più di risalto al soggetto.


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rOBERTO mELOTTI

©Roberto Melotti


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L’intervista a salvatore Matarazzo

Quando ti sei avvicinato al mondo della fotografia? Da bambino mio padre lavorava al reparto Scientifica della Polizia e, quando sviluppava le foto, spesso mi portava con sé. Rimasi subito affascinato dai “rituali” della camera oscura e iniziai a leggere tutti i libri di fotografia di mio padre. Poi le prime esperienze con la macchina fotografica. Non ero molto forte a scuola e al secondo anno delle scuole superiori decisi di mollare e di mettermi a lavorare come falegname. Questo mi permise di frequentare dei corsi di fotografia, di ritocco e di post produzione. Dopo qualche anno riuscii ad entrare come fotoreporter nella redazione locale del quotidiano “Il Tirreno”. Lavoro che ho svolto per 15 anni ma che oggi la crisi ha reso molto duro, direi impraticabile; così ho scelto di dedicarmi alla professione di fotografo freelance. Adesso lavoro per alcune agenzie turistico immobiliari come fotografo di interni, faccio matrimoni, still life, e servizi di vario genere.

©Salvatore Matarazzo ©Salvatore Matarazzo

Photosfera Magazine | Agosto 2015


Cosa ti spinge a fare fotografia di strada? Amo le persone e il mio modo diretto di fare fotografia di strada mi fa stare a contatto con loro. Dopo il “flash” adoro fermarmi a scambiare qualche parola con i miei soggetti: una risata, un caffè, gli mostro il mio lavoro. Altri fotografi spesso mi chiedono se il flash non sia troppo invasivo nella fotografia di strada; niente di più lontano dalla verità: penso che il flash (se usato con educazione) non sia più o meno invasivo di altri metodi di fotografare in

©Salvatore Matarazzo

strada. I miei soggetti sanno di essere stati fotografati e hanno modo di dirmi: “Hey, cancella quella foto!” ma succede raramente. Alla maggior parte delle persone piace essere fotografata, le faccio sentire protagoniste, do’ loro importanza e, superato l’imbarazzo iniziale, questa cosa vedo che piace. Oltre a questo la Street Photography mi fa uscire dai soliti canoni fotografici lavorativi, dando pieno spazio alla mia cre-

atività. Così mantengo l’equilibrio fra il mio lavoro di fotografo e la 39 mia passione per la fotografia. Prima di fare street photography ho attraversato un periodo molto buio: facevo il mio lavoro ma senza creare nulla di mio; accontentavo i clienti e questo mi stava portando ad odiare quello che facevo. Adesso invece amo ogni aspetto della fotografia, grazie alla Street ho raggiunto un equilibrio.

©Salvatore Matarazzo


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salvatore matarazzo

©Salvatore Matarazzo 3.Hai preso ispirazione da qualche big della fotografia mondiale per il tuo stile? Adoro Weegee, Diane Arbus, Mark Cohen e Bruce Gilden, gli ultimi due influenzano particolarmente il mio lavoro nella tecnica, ma la mia ricerca è personale e credo che lo sia anche il mio modo di illuminare i visi con il flash, non mi piace usare il flash solo per illuminare, mi piace scolpire i volti con le luci e le ombre marcate che solo il flash può creare.

©Salvatore Matarazzo


street photographer

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©Salvatore Matarazzo

©Salvatore Matarazzo

©Salvatore Matarazzo

©Salvatore Matarazzo 4.Hai mai avuto problemi con la questo genere di foto?

5.Hai dei progetti in cantiere per il futuro?

La Street Photography, non è un genere semplice e spesso succede che un giorno sei al top e riesci a fare foto micidiali e il giorno dopo ti senti l’ultimo dei fotografi e non porti niente a casa. Per questo non esiste un flusso di lavoro costante, ma penso che sia proprio l’aspetto bello di questo genere: quando esci di casa, non sai cosa incontrerai e cosa andrai a fotografare e questo trasforma ogni uscita in un avventura fotografica. Un problema che incontro spesso soprattutto in Italia è che la Street Photography non riesce ad emergere rispetto ad altri generi fotografici, questo mi dispiace.

Ho il mio unico progetto “Street Photography Versilia” che credo porterò sempre avanti, se farò qualcosa di nuovo, sarà sempre correlato a questo... Non mi piacciono i progetti con un inizio ed una fine, li trovo pesanti, a meno che non si tratti di reportage. Adesso oltre ad SPV mi sto dedicando alla “Street MASKS Parade” un esperimento sociale dove ho ritratto in maniera divertente tutti i personaggi della politica della mia città e con i volti ho fatto delle maschere da scaricare gratuitamente attraverso il mio sito invitando le persone a fotografarsi con le maschere. Per questo progetto mi sono inspirato molto a Freud e ai tre luoghi psichici che formano la mente umana, credo che più avanti organizzerò un Flash Mob con queste maschere, ma per adesso i tempi sono ancora acerbi per stabilirlo con esattezza.


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salvatore matarazzo

ŠSalvatore Matarazzo

www.salvatorematarrazzo.com

www.750grain.com

www.inquadra.org

https://www.facebook.com/STREETPHOTOGRAPHYVERSILIA


street mask

V

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iareggio è la città della satira. Una satira genuina e pungente, che non guarda in faccia a nessuno. L’ultima campagna elettorale è stata molto dura e credo che, ora, sia arrivato il momento di riderci un po’ su. Così ho avuto l’idea di “Street Masks Parade”: una mostra senza confini né cavalletti, che utilizza la strada come “palcoscenico espositivo” e la fantasia di tutte le persone come “biglietto d’ingresso” per presentare, con ironia, i protagonisti delle ultime elezioni viareggine alla stregua di novelli super eroi. Ho scattato le foto durante e dopo la campagna elettorale, ne ho fatto delle maschere e ora le metto a disposizione di chiunque voglia indossarle. La maschera è un simbolo usato spesso nel cinema e nella letteratura: chi la indossa cambia la sua identità, diventa qualcun altro, di solito un personaggio sconosciuto dai favolosi poteri. Pensiamo a “The Mask – Da zero a mito” di Chuck Russell, per esempio. Con questo lavoro, invece, sto provando a rovesciare la prospettiva.


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L’infrarosso

“ fantasy , C on

lara zanarini

onirico , mistero , fascino ...”

uno spettro visivo diverso si possono fotografare i fantasmi ?

©Lara Zanarini

N o , nulla di tutto ciò , semplicemente l ’ infrarosso rivela l ’ invisibile !

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ignificato del termine tratto da Wikipedia: Infrared radiation - radiazione infrarossa (IR)è la radiazione elettromagnetica con banda di frequenza dello spettro elettromagnetico inferiore a quella della luce visibile, ma maggiore di quella delle onde radio, ovvero lunghezza d’onda compresa tra 700 nm e 1 mm (banda infrarossa). Il termine significa “sotto il rosso” (dal latino infra, “sotto”), perché il rosso è il colore visibile con la frequenza più bassa. Viene spesso associata con i concetti di “calore” e “radiazione termica”, poiché ogni oggetto con temperatura superiore allo zero assoluto (in pratica qualsiasi oggetto reale) emette spontaneamente radiazione in questa banda (per la legge di Wien aumentando la temperatura il picco di emissione si sposta sempre più verso il visibile finché l’oggetto non diviene incandescente). La radiazione infrarossa venne scoperta dall’astronomo inglese Sir Frederick William Herschel nel 1800, le prime pellicole a infrarossi furono poi state messe in commercio solo negli anni ‘30, da fabbriche come la Kodak e la Ilford. Ora questa radiazione è utilizzata in molti campi, alcuni tra i seguenti: -medicina, per preparati zoologici e botanici, fossili e sedimenti; - rilevazione dell’inquinamento; - documentare la salute delle piante; - astronomia, foto aeree e al suolo e perfino in guerra; - nel campo del restauro o di documenti illeggibili rovinati, falsati… (sia per il suo potere termico che per la sua proprietà di attraversare le vernici offuscate e determinati pigmenti che rendendo visibili gli strati sottostanti); - microfotografia; - High Tech - ecc... Comunque sia lo scopo finale dell’infrarosso, esso fornisce informazioni non ottenibili con altri mezzi, ed emergono continuamente nuove applicazioni che l’infrarosso e in grado di soddisfare. Le radiazioni elettromagnetiche (onde elettromagnetiche) vengono classificate in base alla frequenza o all’energia dei fotoni. All’aumentare della frequenza queste onde prendono il nome di: radioonde - microonde - infrarosso - luce visibile - ultravioletto - raggi x e raggi gamma. A seconda della loro energia, queste radiazioni provocano fenomeni di ionizzazione della materia che attraversano, variabile a seconda del tipo di materia attraversata, dal tipo di radiazione, e dell’e-

nergia. Il nostro occhio è in grado di percepire una piccolissima parte dello spettro elettromagnetico, definito quello della luce visibile (detta anche luce bianca). La luce bianca, irradiata appunto dai raggi solari è in grado di farci percepire il mondo come lo conosciamo grazie alle frequenze dei colori che il nostro occhio cattura. Le radiazioni elettromagnetiche che l’occhio umano percepisce sono comprese in un intervallo di lunghezze d’onda fra i 400 e i 700 nanometri circa. Al di là di questi limiti le radiazioni divengono a noi invisibili ma mantengono la capacità di interagire in vario modo con la materia (per assorbimento, riflessione, trasmissione etc.) proprio come avviene con la luce. Le radiazioni infrarosse hanno lunghezza d’onda superiore a quella delle radiazioni visibili (quelle che hanno lunghezza d’onda compresa fra 700 e 1000 nm, circa,vengono dette «infrarosso fotografico», mentre quelle che hanno lunghezza d’onda superiore a 1200 nm vengono dette «infrarosso termico» e sono usate per la termo visione) non vengono quindi percepite dall’occhio umano ma possono essere registrate con diverse apparecchiature che vanno dalla semplice macchina fotografica alle complicate apparecchiature per la riflettografia a raggi infrarossi. L’osservazione del loro comportamento richiede speciali tecniche che, nel caso dell’infrarosso più vicino alla luce visibile (fino a circa 900 nm.), possono essere impiegate per la fotografia. La zona dell’infrarosso è molto ampia ma si riesce ad acquisire fotograficamente solamente in un range spettrale definito “basso”, che va dai 700 nm ai 1000 nm, anche se, avendo un portafoglio molto appesantito e acquistando apparecchiature molto costose, si arriva anche nei pressi dell’infrarosso definito “alto”, pari a 1350 nm; La fotografia all’infrarosso si è sperimentata tramite due tipi di tecniche, la fotografia ambientale e quella dell’infrarosso riflessa, simili nel loro concetto base. Nella fotografia ambientale è il sole che fornisce alla scena da fotografare l’indispensabile illuminazione IR, nella fotografia riflessa, ad ovvia causa della mancanza di sufficiente illuminazione IR naturale, siamo noi che la apportiamo mediante l’utilizzo L.E.D capaci di generare tali emissioni spettrali.


©Lara Zanarini

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P h o t o s f e r a M a©g La az ri a n eZ |a nMaar gi ngii o 2 0 1 5


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©Lara Zanarini

uesti fotodiodi sono utilizzati, ad esempio, come illuminatori infrarossi per le telecamere notturne, ecc. In pratica si può affermare che la fotografia all’infrarosso consiste nella registrazione delle radiazioni infrarosse emesse in abbondanza dal sole o da altre sorgenti di luce artificiale e riflesse o assorbite dai corpi che le circondano. Le radiazioni riflesse o assorbite dai corpi non dipendono dalla temperatura dei corpi stessi, che può essere anche molto bassa, ma dalla loro struttura e composizione, cioè da caratteristiche che non sono rilevabili all’occhio umano.


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irme spettrali. Diversi tipi di superficie come l’acqua, il terreno 47 spoglio o la vegetazione riflettono la radiazione in maniera differente in vari canali. La radiazione riflessa in funzione della lunghezza d’onda viene chiamata firma spettrale della superficie. La vegetazione ha una riflessione molto elevata dell’infrarosso basso e una riflessione bassa nel canale rosso del visibile. Ciò consente di distinguere le aree di vegetazione dal terreno spoglio. La differenza di riflessione è grande per le aree di vegetazione e insignificante per il terreno spoglio. Anche le diverse composizioni minerali della superficie sono riportate nella firma spettrale. Generalmente l’acqua riflette solo nell’intervallo dello spettro del visibile. Dato che l’acqua non ha praticamente alcuna riflessione nell’intervallo dell’infrarosso vicino, essa si distingue molto dalle altre superfici. Quindi in immagini registrate nell’intervallo dell’infrarosso vicino, le superfici d’acqua saranno delimitate come aree scure (valori bassi dei pixel). Perchè la vegetazione nell’infrarosso è bianca? Vediamo la vegetazione bianca perché la macchina fotografica rileva le emissioni di IR, che sono fortissime sulla vegetazione grazie alla clorofilla che scorre nelle piante e funge da riflettore della radiazione IR, tutto quello che è verde e sue sfumature diventa bianco e grigio, con una incredibile luminosità. La firma spettrale delle piante verdi è molto caratteristica. La clorofilla in una pianta in crescita assorbe luce nel visibile, soprattutto rossa, che utilizza nella fotosintesi. La luce nell’infrarosso vicino, al contrario, viene riflessa molto efficacemente poiché non serve in alcun modo alla pianta. In questo modo le piante evitano un riscaldamento eccessivo e la perdita di linfa per evaporazione. La riflessione da parte della vegetazione nell’infrarosso varia considerevolmente.

©Alberto Ghizzi Panizza ©Alberto Ghizzi Panizza

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erché fotografare all’infrarosso? Le radiazioni infrarosse permettono di fotografare in condizioni si scarsa visibilità causate dalla foschia o da fumo (ad esempio) in quanto più trasparenti alle radiazioni nel campo dell’IR rispetto a quelle appartenenti alla luce visibile. Questa un’altra buona ragione per portarlo sempre con noi nelle uscite fotografiche oltre al fatto che si possono ottenere ottimi risultati nelle ore piene della giornata quando il sole alto non dà ottimi risultati nella fotografia classica. Con la fotografia IR si ottiene un’immagine in valori di chiaro e scuro costituita di sole radiazioni infrarosse, una buona base con contrasti elevati da poter convertire in ottimi BW.

Photosfera Magazine Maggio 2015


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ŠAlberto Ghizzi Panizza ŠIlaria Paolini

Photosfera Magazine | Maggio 2015


©Guido Boccarossa

©S imone F ormicola

© L u c a Ve s c e r a

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carlo cafferini

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low key

©Carlo Cafferini

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uante volte vi è capitato di vedere una scena interessante, un momento “memorabile”, e di aver scattato senza pensarci due volte, dimenticandovi però di impostare a dovere la vostra macchina fotografica e ritrovandovi così un’immagine buia e inutilizzabile? Magari dove il soggetto del vostro scatto si perde nell’oscurità dello sfondo e tutto il resto è in ombra, uno scatto che per molti sarebbe da buttare.

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ibaltando la situazione, è proprio quel tipo di immagine, buia e con pochi elementi di interesse, che più cerco di ottenere negli ultimi tempi quando esco a fotografare, perché penso che abbia in sè un potenziale enorme, basta saperlo cogliere prima di scattare e saperlo valorizzare in fase di post produzione. Mi affascina molto l’idea di provare a rappresentare la realtà quotidiana in un modo non convenzionale, disorientare l’osservatore presentando le cose di tutti i giorni, a cui magari non diamo particolare attenzione, in chiave minimalista e surreale, facendomi aiutare da particolari condizioni di luce.

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bito a Pisa da qualche anno e i Lungarni sono da sempre la mia fonte primaria di ispirazione per portare a casa qualche buona immagine. Le due sponde del fiume Arno distano circa un centinaio di metri l’una dall’altra e sono cinte da spallette di pietra, su cui sono posti i lampioni, alte circa un metro e mezzo ma anche più alte in alcuni punti, tanto che, posizionandosi su di un lato del fiume e guardando l’altra sponda, si assiste al passaggio delle sole teste delle persone, il che già di per sé costituisce un buon punto di partenza per ottenere un’immagine non convenzionale e fuori dall’ordinario. Verso la fine del giorno poi, quando il sole sta per abbassarsi dietro le case, colpisce alcuni punti del Lungarno in modo da illuminare solo la linea delle spallette, una “faccia” dei lampioni e le teste delle persone che camminano sull’argine del fiume. Armato di teleobiettivo per coprire la distanza mi sono posizionato su di una sponda del fiume e ho cominciato a fotografare questa particolare situazione di luce, e ad ogni nuova immagine sono rimasto sempre più rapito da questo mondo parallelo fatto di fantasmi senza volto o anime erranti, immerse nella quasi totale oscurità. Successivamente ho esportato questo stile anche in altri ambienti e in altre situazioni e ora, quando viaggio o faccio una gita fuori porta, cerco sempre di portare a casa, oltre alle immagini di architettura che rimangono le mie preferite, anche due o tre immagini di questo tipo.

©Carlo Cafferini

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livello di tecnica fotografica, diciamo che cerco il più possibile di ottenere quello che voglio già al momento dello scatto. Personalmente cerco di impostare tempi molto rapidi (per compensare il tremolio della mano, specie col teleobiettivo) ma apro comunque il più possibile il diaframma, per catturare la luce delle poche aree illuminate. Facendo una serie di prove uno può capire facilmente qual è il compromesso più soddisfacente per ottenere il risultato finale. In post produzione poi aumento i neri e i bianchi e il contrasto generale dell’immagine, per far sparire i dettagli superflui che toglierebbero un po’ di magia all’immagine, e il gioco è fatto. A volte mi è stata mossa l’obiezione che le parti in luce dell’immagine siano bruciate o abbiano poco dettaglio, ma questo è esattamente l’effetto che cerco di ottenere, cerco l’impatto grafico con bianco e nero puri, troppe sfumature di grigio e dettagli toglierebbero surrealismo all’immagine…in fondo stiamo pur sempre parlando di un mondo parallelo!

©Carlo Cafferini

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gaspare silverii

RACCONTANDO LA VIA LATTEA

In questa breve chiacchierata cercheremo di porre l’attenzione su alcune delle problematiche in cui possiamo imbatterci, cercando di capire (in maniera sufficientemente esplicativa, ma non dettagliata in quanto ciò sarà compito di future pubblicazioni personali) come affrontarle e, di caso in caso, risolverle od “aggirarle”. Precisazione Iniziale: la tecnica fa riferimento a fotografie notturne alla Via Lattea in assenza di sistemi di inseguimento.

conoscere la via lattea

I

n primis cerchiamo di dare delle nozioni, seppur limitate, sul “soggetto” che andremo a riprendere. La Via Lattea, così come chiamata dagli antichi Greci per il suo colore “Latteo”, è la nostra Galassia. Noi, ad esser precisi, ci troviamo in uno dei suo “bracci” essendo essa una galassia a Spirale. La Via Lattea che noi quindi andremo a fotografare, non sarà nient’altro che una vista in sezione laterale, dove la Terra, che risiede in una parte relativamente periferica della stessa, è il punto di osservazione. Come ben evidente e comprensibile, si avrà un nucleo (più denso e caldo) e delle zone periferiche (relativamente meno dense e più fredde). Da questo dipenderanno, almeno in parte, le sue forme e colori che noi percepiremo in fase di acquisizione. Quindi, rispetto al nostro punto di osservazione terrestre, la Via Lattea mostrerà la sua parte più “calda” approssimativamente verso SUD, nei pressi del Sagittario e dello Scorpione, e la sua parte fredda approssimativamente verso NORD, nei pressi di Andromeda e Cassiopea (le diciture “approssimativamente” dipendono da fattori astronomici che per semplicità non esporrò in questa sede). Il riferimento a delle costellazioni e ga-

lassie ben note e facilmente individuabili è espressamente voluto, non solo per facilitare l’individuazione della Via Lattea, ma anche per sottolineare il fatto che essa, Sua Maestà La Via Lattea, non sarà a nostra disposizione nel suo massimo splendore in qualsiasi periodo dell’anno solare, mostrandosi al meglio appunto quando le sopra citate costellazioni saranno visibili. Per farla breve (nei nostri “giorni”) sarà visionabile a partire da Marzo/Aprile fino ad Agosto/Settembre. ©Gaspare Silverii


la via lattea scouting e punto di ripresa

C

ome per ogni fotografia, il buon e volenteroso fotografo dovrà dedicare moltissimo tempo a questa fase propedeutica. Essa sarà talmente importante da determinare in maniera schiacciante l’esito della vostra avventura fotografica; notturna in questo caso. Abbiamo appena detto che dovremo puntare l’obbiettivo approssimativamente verso SUD, quindi il nostro soggetto dovrà essere riprendibile dalla sua “parte” a NORD guardando verso SUD. Ora dovremo sincerarci di vari aspetti: • fisica riprendibilità della scena, geograficamente parlando • fasi lunari • pre visualizzazione della composizione • inquinamento luminoso. Vi segnalo alcuni strumenti che potrebbero farvi comodo, dando risposta ai precedenti quesiti, e non solo.

Mappe Hi-Res Notte 2015 http://www.blue-marble.de/nightlights/2015 sopra

Mappe Terrestri • https://maps.google.it/ https://earth.google.com/ Mappe di Inquinamento Luminoso • http://www.avex-asso.org/dossiers/wordpress/?page_id=2822 • http://www.blue-marble.de/nightlights/2015 Simulatore Sole e Luna • http://www.mightygorgon.com/photo_tools/ sun_map.html Effemeridi Luna • http://www.marcomenichelli.it/luna.asp Simulatore Planetario per PC/MAC/LINUX • http://www.stellarium.org/it/ App Smartphone • http://www.photopills.com/ • http://www.sunsurveyor.com/ • http://photoephemeris.com/

Mappe Hi-Res Emissioni Sodio http://www.avex-asso.org/dossiers/wordpress/?page_id=2822 sotto

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FAS E D I R I P R E SA P E R I L PA E SAG G I O S I T UA Z I O N E D I D O P P I A E S P O S I Z I O N E

Una volta ef fettuato uno studio approfondito, come brevemente illustrato sopra, possiamo recarci sul posto e prepararci per una fase molto delicata: la fase di ripresa. E’ sempre consigliabile recarsi sul posto prima del tramonto, quando ciò sia possibile, in quanto si potrebbero presentare situazioni non preventivabili né da un simulatore né tanto meno dall’amico/guida di turno che, pur ben conoscendo il posto, potrebbe esser ignaro delle mutazioni causate da agenti atmosferici o altro. Essere sul posto adeguatamente in anticipo, oltre a darci modo di risolvere eventuali problematiche dovute all’approccio di scouting, ci darà anche modo di analizzare la scena e preparare la nostra composizione al meglio. Una volta composta l’inquadratura con estrema cura (cosa che reputo essere tra le qualità fondamentali di un buon fotografo), potremmo rimanere appostati aspettando il buio. Si, potremmo aspettare il buio ma… visto che ci siamo, potremmo sfruttare a nostro vantaggio la situazione. Come?!

FAS E D I R I P R E SA P E R L A V I A L AT T E A O S CAT TO S I N G O LO Questo è un argomento che alimenta sempre gran dibattiti. Esistono varie correnti di pensiero, di cui le seguenti sono le due principali: - scattare ad iso relativamente bassi per aver meno rumore e poi in post se necessario aumentare l’esposizione - scattare ad iso elevati (entro un certo range) e se necessario sottoesporre in post Cercheremo ora di capire le ragioni dell’una e dell’altra, lasciandovi ampio spazio per le vostre sperimentazioni, senza indicar vi (almeno per ora) quale io personalmente reputo sia la tecnica migliore. Nel primo caso c’è indubbiamente il vantaggio di scattare ad iso relativamente più bassi, il che si traduce non solo in minor rumore, ma anche in una gamma intrinsecamente più ampia, dipendente dall’elettronica del sensore che opera appunto ad iso più bassi. Fino ad ora sarebbe tutto perfetto, salvo il fatto di voler riesporre in un secondo momento “qualcosa” che in fase di ripresa sia venuto sottoesposto, introducendo o rivelando così del rumore. Il rumore presente nelle parti “scure” che si andranno a riesporre verrà evidenziato proprio perché il sensore ha una resa ottimale se utilizzato con un’esposizione a destra, ed inoltre ci sarà del rumore a causa dell’interpretazione software nella riesposizione. Nel secondo caso invece si utilizzeranno iso NATIVI, sensibilmente più alti di 1 o 2 stop rispetto alla precedente tecnica. Come prima cosa dobbiamo capire bene cosa si intende per “iso elevati entro un certo range” altrimenti risulterebbe vana tutta la trattazione. Si intende dire che si utilizzeranno degli iso nativi che introdurranno un rumore Δε contenuto rispetto al guadagno in stop; ov vero che f issata una determinata soglia i benef ici del guadagno in stop sugli iso siano maggiori rispetto agli svantaggi del rumore introdotto. NOTA: sarà molto importante valutare e f issare il minimo rapporto Segnale/Ru-

Semplice: ipotizzando di voler fare una doppia esposizione, una per il cielo ed una per il paesaggio, al posto di aspettare la completa oscurità ed esser costretti a fare pose molto lunghe di decine e decine di minuti, con iso non bassissimi e magari anche diaframma non chiuso in maniera ottimale, potremmo fare una foto subito dopo l’ora blu quando le luci inizieranno ad avere una coerenza “notturna”, ma avendo ancora una discreta luce che ci possa permettere di scattare ad iso bassi con un diaframma chiuso il giusto ed eventualmente solo qualche minuto di posa. Insomma, l’esser sul posto per tempo è molto importante per vari aspetti: per comporre al meglio, per semplif icare la messa a fuoco, e, non da ultimo, per avere una foto in cui il paesaggio risulti con meno rumore possibile. NOTA: ci sono tecniche quale lo stacking/media dei fotogrammi che ci permettono di avere un abbattimento del rumore semplicemente “mediando” un insieme di scatti ad iso elevati, tipo 6400, utilizzando un numero di frame pari alla potenza di 2.

ISO more consentito (propriamente chiamato S/N), def inendo il massimo rumore accettabile all’aumento di uno stop sugli iso. Fissare, per esempio, un Δε ≤ 1/4ε , porterà a valutare positivamente una sensibilità iso tale che per il suo rumore ε’ valga la relazione: ε’ ≤ ε + Δε dove ε’ è il rumore degli iso nativi +1 stop da valutare e ε il rumore degli iso nativi di riferimento reputati validi. In modo più semplice e diretto, quel che possiamo fare è prendere a riferimento alcuni test svolti da siti di riferimento come http://www.dpreview.com ed andare ad analizzare le cur ve di risposta per i RAW (aperti in ACR senza NR) del nostro modello di fotocamera. C’è da dire che questo andamento non è di tipo lineare, ed è fortemente dipendente sia dal sensore che dall’elettronica in uso. Infatti, prendendo in esame la cur va della Nikon D610 (attualmente in mio possesso), noteremo un andamento globalmente esponenziale, ma a tratti linearizzabile. La cur va sotto riportata rappresenta in maniera molto chiara la resa del nostro sensore in termini di rumore in funzione degli iso utilizzati. Per gli amanti dei numeri il nostro massimo Δε corrisponderà appunto al massimo Δ StandardDeviation tollerato. Guardando la cur va possiamo notare che questo sensore ha una resa pressoché lineare f ino ad 800iso, poi dagli 800iso f ino ai 1600iso la cur va è leggermente più ripida, ma non di molto, quindi potremmo approssimare ugualmente una buona linearità anche f ino ad i 1600iso. Questo starà a signif icare che per merito della sua linearità e di valori molto contenuti in termini di Deviazione Standard, f ino a 1600iso avremo una pulizia del f ile decisamente buona. Superati i 1600iso, invece, possiamo notare una prima “impennata” della cur va f ino ai 3200iso, e successivamente una


seconda dai 3200iso f ino ai 6400iso. Oltre i 6400 ov viamente non avrebbe senso tener da conto la cur va sia perché andremmo al di fuori degli iso nativi, sia perché evidentemente il rumore aumenterebbe in maniera veramente eccessiva.

- in alcuni casi la possibilità di fare un singolo 57 scatto sia per cielo che paesaggio - “minor sensibilità” al rumore in fase di sviluppo potendo ri-sottoesporre in camera chiara - “maggior dettaglio” catturato (seppur annidato nel rumore) che, sapientemente gestito, rappresenta un vantaggio Bene, ci ritroviamo pertanto a dover decidere quale strada intraprendere. Per le nozioni f inora introdotte la trattazione analitica sarebbe troppo articolata e complessa, ma sarà argomento trattato in una fase successiva. Per ora introduciamo quelle che potrebbero essere le variabili in gioco, in modo che i più curiosi possano iniziare a farsi un’idea sulla situazione. Avremo quindi in ballo: - tecnologia del sensore e dsp - gamma dinamica - rumore alti iso - “qualità” del RAW - tecnologia software per lo sviluppo - work f low di sviluppo

Scartando quindi l’ipotesi di scattare a 1600iso dato che si stanno valutando le alte sensibilità, non rimane che stabilire se sono meglio i 3200iso o i 6400iso, ma non in termini di valore assoluti, dove palesemente ad iso più bassi la totalità delle volte si avrà meno rumore rispetto ad iso più alti, bensì invece in rapporto al guadagno in stop ottenuto. Possiamo quantif icare questo peggioramento del segnale da 3200iso a 6400iso: abbiamo una deviazione standard di circa 6,3 nel punto a 3200iso mentre di circa 9,7 nei 6400iso. Questo signif ica che per guadagnare 1 stop abbiamo un aumento di rumore in termini di deviazione standard pari a 9,76,3 = 3,4. Ora dobbiamo capire se questo Δε=3,4 sia accettabile o meno. Numericamente: sapendo che a 3200iso abbiamo un ε= 6, 3 e che guadagnare 1 stop implica un aumento di Δε=3,4 (valore perf ino superiore al 50% del rumore presente sino ai 3200iso), ricaviamo che a 6400iso ci sarà un incremento del rumore di circa il 30% rispetto a quello a 3200iso; più precisamente Δε percentuale = 3,4⁄9,7 × 100 ≈ 35% Precedentemente si è ipotizzato che Δε ≤ 1⁄4ε Ne deriva quindi un Δε massimo accettabile pari a Δε percentuale ≤ 25% che quindi esclude l’utilizzo dei 6400iso. Intuitivamente: basta osser vare come la pendenza della cur va salga ripidamente rispetto ai precedenti stop, quindi è di facile intuizione la minor appetibilità di salire sopra i 3200iso se non strettamente necessario. Dopo questa doverosa e non molto rigorosa premessa, consideriamo di voler scattare con ISO sensibilmente più elevati. Questo implica, dualmente al primo caso, l’avere un maggior rumore ed una diminuzione della gamma dinamica e cromatica.

Se fino ad ora per la ripresa del paesaggio non abbiamo avuto nessun vincolo particolare, adesso, a prescindere che si stia scattando una foto esclusivamente per il cielo da utilizzare nel precedente scatto del paesaggio optando per una tecnica con doppia esposizione, oppure che si stia scattando una foto a singola esposizione, dovremmo rispettare una regola che ci permetta di avere delle stelle “apparentemente” ferme. Tmax ≈ 300⁄focale equivalente a 35mm Questa è una formula che, se rispettata, ci restituisce una stella discretamente puntiforme, accettando per buona una sua puntiformità di qualche pixel. Senza entrare troppo nel merito per semplificarne la trattazione, diciamo che questa formula, in verità, è dipendente sia dalla densità del sensore utilizzato ρ = Mpx⁄S, che dall’orientamento del punto di ripresa e da altri piccoli fattori. Inoltre è valida per ottiche “standard” purché non fisheye, dato che quest’ultime, a parità di focale dichiarata, hanno un campo visivo in gradi molto superiore e quindi potremmo spingerci ben oltre il limite della suddetta formula. Per l’appunto, quando avremo un’ottica di tipo fisheye, sarà più consono ragionare in termini di campo visivo ripreso espresso in gradi, piuttosto che della focale in millimetri che perderebbe ogni suo valore. Più precisamente, evitando tuttavia una trattazione rigorosamente matematica, la regola che si potrebbe seguire è la seguente: Tmax ≈ POV ° × 0,2 dove il “POV°” sarà il relativo angolo di ripresa espresso in gradi, dichiarato dal costruttore della lente. NOTA: è molto importante che nel momento in cui si voglia verificare la puntiformità della stella, sul monitor della nostra camera o successivamente al pc, si faccia riferimento ad una stella che sia più al centro possibile del fotogramma scartando completamente l’idea di valutare le stelle verso i bordi nel nostro fotogramma; questo perché, come vedremo successivamente, le nostre ottiche non son esenti da difetti, di cui uno tra i più fastidiosi per un fotografo notturno è il coma, che tende ad “allungare” o “stirare” le stelle in prossimità appunto dei bordi del fotogramma ovvero della lente.

Sembrerebbe quindi non risultarne nessun benef icio… eppur non è così. Infatti avremo: - esposizione sensibilmente più a destra

TEMPI


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DIAFRAMMA

La scelta del diaframma è una scelta che apparentemente potrebbe sembrar banale o addirittura scontata, ma vedremo ben presto che non è proprio così. In genere la scelta di un diaframma molto aperto (o tutto aperto, TA) è di certo vantaggioso in termini di stop di luce guadagnati, peccato però che abbiamo a che fare con degli schemi ottici non esenti da difetti ed oltretutto con sorgenti puntiformi quali le stelle che di certo non sono di aiuto. Difatti le sollecitazioni ottiche in presenza di una sorgente puntiforme sono notevoli e maggiori che in altri casi, quindi succede spesso (eccetto rari casi) che si debba scendere a compromessi per avere una buona stellata, chiudendo il diaframma quanto basta per tenere a bada le principali aberrazioni che potrebbero dare fastidio. Le aberrazioni di un sistema ottico sono le dif ferenze tra l'immagine che si sta riprendendo e quella rappresentata per mezzo del sistema stesso. Generalmente le aberrazioni sono maggiormente presenti ai bordi del sistema ottico, a causa delle leggi f isiche a cui la luce deve sottostare nell’attraversare gli elementi del sistema, aventi geometrie specif iche e particolari. Inoltre dipendono molto dalle tecnologie e dai materiali utilizzati nella realizzazione del sistema ottico. In def initiva esse si traducono in scarsa nitidezza, deformazioni dell'immagine, dif ferenze tra le immagini corrispondenti ai diversi colori, non uniformità della luminosità. Tralasciando ora l’inf inità delle tipologie di aberrazioni, dato che non voglio tediar vi con una lezione di f isica né tantomeno di ottica, nel caso specif ico le aberrazioni di nostro interesse sono: - vignettatura o caduta di luce - aberrazione cromatica (assiale e laterale) - aberrazione da coma - aberrazione da astigmatismo La vignettatura o caduta di luce per ora sarà tralasciata in quanto non indispensabile per la trattazione del caso, ed anche perché vedremo più avanti come risolvere questo problema tramite Flat Reali o Sintetici e non semplicemente con la “Rimozione Vignettatura” presente in ACR/LR. Di certo dobbiamo sapere che essa sarà maggiore quanto più ci si trovi vicino alla TA. E’ facile intuire come l’alone attorno all'oggetto osser vato generalmente sarà rosso da una parte e blu dall'altra, essendo queste due lunghezze d’onda poste agli estremi dello spettro della luce visibile, e sono quindi quelle per le quali la dif ferenza di rifrazione è più accentuata. Fortunatamente possiamo correggerla facilmente con un click sul riquadro apposito in ACR/LR “Rimuovi Aberrazione cromatica”. Le aberrazioni da coma… ecco, ora iniziamo ad entrare dav vero nel merito di alcuni aspetti a cui dovremmo prestare molta attenzione, sia per la scelta della nostra ottica che per il suo miglior utilizzo. Questo fenomeno, il cui nome richiama il termine cometa, si manifesta

come la formazione di un’immagine allungata in direzione radiale; e nel caso di sorgente puntiforme ed eventualmente anche spostata lateralmente (rispetto punto di ripresa), ci darà un ef fetto proprio come se fosse una cometa.

E’ facile intuire come sia deleterio per la nostra esperienza avere un fenomeno simile nel caso di ripresa di oggetti puntiformi come le stelle. Per contrastare questo difetto della lente saremo quindi costretti a chiudere il diaframma f ino a trovare un giusto compromesso tra coma residuo e perdita di luminosità in base al tipo di ripresa che dovremo ef fettuare. Nel caso di un Nikkor 50mm 1,4G, per esempio, dovremo chiudere f ino a f 2 circa (dipende da quanto si voglia esser pignoli), mentre per un Nikkor 20mm 1,8G potremmo scattare anche a TA (enorme pregio di questa lente). Le aberrazioni da astigmatismo invece formano due immagini di una sorgente puntiforme (o molto piccola) una più vicina ed una più lontana dalla lente: la prima allungata come la coma verso l’asse della lente, l’altra tangenziale perpendicolare alla prima.

Sia la coma che l’astigmatismo si verif icano solo per fasci inclinati; quindi non esistono al centro del campo immagine e vengono anche dette per questo motivo “aberrazioni extra-assiali”. Per il diaframma in def initiva consiglio di valutare la scelta in base al tipo di ripresa ed alla propria ottica, , non trascurando la coma che si presenta ai bordi della stessa, rendendo le stelle delle vere e proprie “comete”. Queste sono problematiche ottiche intrinseche in ogni tipo di lente, delle volte attenuabili semplicemente chiudendo un po’ il diaframma, altre invece tramite l’ausilio dei software. Non vi nego che con il Nikkor 20mm 1,8 scatto tranquillamente a TA.


PA R A LU C E

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In maniera molto istintiva verrebbe da pensare che il paraluce in una situazione come la nostra, ov vero notturna, potrebbe esser inutile se non addirittura scomodo; ebbene non è propriamente così. Il paraluce in queste condizioni può esserci di aiuto come prevenzione dei fenomeni di condensa; di certo non fa miracoli, ma (senza che ci si addentri nella dinamica dei f luidi) contribuisce a contrastare questo ef fetto. Altra cosa fondamentale è cercare di

toccare il meno possibile l’ottica una volta posizionata la nostra macchina, limitandoci a premere i tasti su di essa, tenendo le nostre mani il più lontano possibile dall’ottica stessa e/o dal suo vetro anteriore. Questo perché noi siamo intrinsecamente dei soggetti carichi di umidità, e la rilasciamo in maniera costante. Quindi si fa presto a capire perché sia meglio non star lì a giocare.

In ambito più astronomico che fotograf ico notturno, sono ben note le fasce anti condensa. Queste non sono altro che delle fasce di tessuto (spesso sintetico) con all’ interno una sorta di rete di resistenze che, opportunamente alimentate, dissipano per ef fetto Joule parte della loro potenza sotto forma di calore, andando a riscaldare la nostra ottica/telescopio ed aumentando di conseguenza il punto di rugiada o condensa. Questo però implica dover avere con se sia la fascia che una batteria carica per poter usare il sistema, sempre che il freddo non ci abbia scaricato la batteria o la fascia non presenti qualche problema. E se volessimo uno strumento simile senza la necessità né di resistenze né di batterie? Presto detto, presto fatto: • prendiamo un telo in nylon o un polsino/cavigliera da tennis di quelli sintetici (evitiamo quelli in spugna o cotone che possono inzupparsi di umidità) • assicuriamoci che sia suf f icientemente grande per la nostra ottica e che calzi comodamente, oppure nel caso facciamone uno noi su misura • come elemento riscaldante utilizzeremo quei dispositivi scaldamani che potete trovare anche da decathlon • fate un’apertura e inf ilate dentro lo scaldamani Il gioco è fatto! Ora anche la vostra ottica non soffrirà più il “freddo”! Altra piccola accortezza è quella di lasciare accesa la vostra ref lex f in quando siete nella sessione di scatto. Spesso vedo accender e spegnere le macchine quasi tra uno scatto e l’altro… ov vio che questa sia una sorta di provocazione, ma poi del resto nemmeno tanto distante da quanto accade nella realtà. Quando siete in condizioni di freddo e/o umidità tener accesa la camera aiuta la circuiteria a mantenere una temperatura leggermente più alta e quasi costante, il tutto a benef icio della vostra strumentazione. Siate pur tranquilli che le vostre batterie in standby non si consumeranno molto di più che avendo la macchina spenta. In una situazione di bassa temperatura, il freddo sarà causa di una “perdita” di carica ed agirebbe sulla batteria a prescindere se in funzione o meno; anzi, paradossalmente, se in funzione potrebbe preser vare meglio la carica in quanto il sistema tenderebbe a mantenere una temperatura leggermente più elevata.

Altra cosa importante è quella di non spegnere la camera appena si risale in auto se al di fuori vi è una temperatura molto bassa; questo perché in auto vi sarà sicuramente una temperatura più alta ma anche un tasso di umidità molto maggiore, consideranto lo spazio ridotto e le persone presenti al suo interno. Spegnendo immediatamente la camera contribuiremo alla formazione di condensa non solo sul vetro esterno della lente, cosa a volte impossibile da evitare ma tutto sommato innocua per la nostra attrezzatura, ma anche all’interno della nostra attrezzatura. Benché il fenomeno potrebbe in parte essere meno evidente in sistemi tropicalizzati (meno evidente ma non esente dato che la tropicalizzazione non implica l’assenza di umidità dell’aria stessa all’interno dei componenti), in macchine più modeste si potrebbero av vertire dei blocchi alla loro riaccensione proprio per una formazione di condensa interna che potrebbe disturbare o in alcuni casi anche danneggiare la circuiteria interna. Queste piccole accortezze potrebbero aiutar vi a prevenire scomodi imprevisti. Quando si sceglie il punto di ripresa dobbiamo esser ben consapevoli che il suolo è un’enorme produttore di vapore. Esso rilascia costantemente, anche se in maniera del tutto irregolare, una gran quantità di umidità; quindi la scelta dovrà esser fatta in maniera oculata, evitando di essere prossimi al terreno, dato che tale vicinanza potrebbe inf luire negativamente sulla nostra esperienza.Spesso ci si ritrova a fare lunghe escursioni, ma anche in quelle più brevi il discorso cambia poco, portando sulla schiena per lungo tempo lo zaino con la nostra attrezzatura. Inevitabilmente dopo un bella camminata anch’esso sarà sudato e pieno di umidità. Bene… e dove andrà a f inire tutta questa umidità? Ov vio: anche sulla/nella nostra attrezzatura. Nel caso in cui poi volessimo tirare fuori il materiale, a maggior ragione in presenza di basse temperature, ecco fatto un ottimo cocktail per avere formazione di condensa. Una semplice accortezza potrebbe essere quella di trasportare la nostra attrezzatura chiusa in sacchetti di plastica in modo che eviteremo che si impregnino di umidità da noi rilasciata prima di estrarli dal sacchetto aspetteremo che l’attrezzatura si acclimati alla nuova temperatura ambiente due piccoli passi che però in alcune situazioni potrebbero essere dav vero di aiuto.

C O N D E N SA / U M I D I TÀ


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E R R O R I D I SV I LU P P O E P O ST P R O D U Z I O N E

Premesso che questa non è né la giusta sede né il mezzo opportuno per af frontare correttamente l’argomento, mi limiterò nel dire quali sono i maggiori e più frequenti errori, che pregiudicano in maniera drastica lo sviluppo e quindi il risultato f inale dei vostri sacrif ici. • WB • Lettura dell’istogramma • Contrasto • Saturazione e Vividezza senza aver corretto precedentemente l’immagine • Chiarezza e Nitidezza in LR/ACR • Uso Pennelli (BANDITO) noi siam fotograf i non “pittori” • Uso improprio delle maschere “a volo” • Uso di ef fetti simil Orton senza opportune maschere • Gestione del rumore

Ogni punto meriterebbe una trattazione approfondita, cosa che sarà fatta, ma per ora ci limiteremo a dei brevi cenni su alcuni dei sopra citati punti. WB (bilanciamento del bianco) Il WB, questo sconosciuto, è decisamente tra gli aspetti più interessanti da trattare ma anche tra i più delicati. Per ora ci limiteremo a dire che un cielo non potrà essere né verde né magenta, né ciano né blu, quantomeno in situazioni ritenute “normali”. Lettura dell’istogramma E’ semplice capire che se si sta ef fettuando una ripresa notturna, di rado potremmo avere un istogramma con un’esposizione a destra (ETR). Infatti esso presenterà una buona porzione “scura”, dovuta sia alla scena notturna stessa che al fatto che il cielo presenta una leggerissima, ed anche molto delimitata, componente luminosa, costituita dalle stelle. Questo però non signif ica non prestare attenzione, in quanto il clipping sulla chiusura dei neri è sempre in agguato e potrebbe crearci problemi non risolvibili se non presi per tempo sul Raw. Altra cosa sulla quale prestare attenzione è il clipping delle luci (o meglio dei bianchi) che in alcuni casi potrebbe portare allo “sbiancamento” delle stelle (in quanto bruciate) con conseguente perdita di informazioni circa il loro colore. L’esposizione invece generalmente va gestita in base alla situazione del paesaggio che avremo di fronte. Contrasto Avere, in fase di importazione da LR/ACR in PS, un f ile di partenza eccessivamente contrastato è uno degli errori basilari che spesso si commetto. Le radici di questa af fermazione vanno ricercate nei criteri di sviluppo massimamente piatto (DML). Saturazione e Vividezza Dato per scontato che si conosca l’ef fetto di questi due parametri, e assolto il discorso che vi siano varie tecniche più o meno valide per ottenere circa lo stesso ef fetto, rimane da notare che una foto non precedentemente corretta delle sue dominanti, presenterà le stesse in maniera più evidente se si utilizzano questi comandi/tecniche di saturazione, e la cosa è decisamente critica.

Chiarezza e Nitidezza in LR/ACR Sono due parametri potentissimi… ma dav vero grossolani. Fan dei casini immani e ove ser visse uno sharpen si procederà come ultima fase in PS con le dovute accortezze. Uso dei Pennelli Vi risulta per caso di aver la dote di “spennellare” in maniera perfetta e ridisegnare ogni piccola nebulosa? E non pensiate che tavolette graf iche o una buona mano vi salvino… E’ umanamente impossibile. Quindi, anche se si sarà delicati al punto di nascondere all’occhio la pennellata, confrontando poi lo stesso f ile sviluppato con pennelli e una sua versione senza noterete un abisso di dif ferenza sia in termini di profondità, che di dettaglio. I pannelli qualora fossero necessari (io non li utilizzo nemmeno per questo) possono esser usati per moderare l’inquinamento luminoso o il recupero di alcune zone non interessate da dettagli f ini come quelli di una Via Lattea. Gestione del Rumore Spesso ci si fossilizza sullo studio di tecniche avanzatissime per la riduzione del rumore, quando invece dovremmo innanzitutto cercare di eseguire uno sviluppo corretto e pulito, che “danneggi” il meno possibile il nostro f ile. Dopo di ciò, che ben vengano tutte le tecniche del caso, e ce ne sono innumerevoli.

SVILUPPO IN 60 SECONDI

Qui riporto in maniera semplice ed esplicativa quello che può essere uno sviluppo applicando alcune tecniche semplici ma molto efficaci: Scatto Singolo: Nikon D610 + Nikkor 20mm 1,8 6400iso 20sec f 1,8

©Gaspare Silverii


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SVILUPPO IN 15 MINUTI Qui riporto in maniera semplice ed esplicativa quello che può essere uno sviluppo applicando alcune tecniche avanzate ma in un tempo ragionevole: Scatto Singolo: Nikon D610 + Nikkor 20mm 1,8 EXIF: 1600iso 20sec f 1,8

©Gaspare Silverii Per ora si conclude qui questa breve e non esaustiva introduzione dove, se fosse stata cosa gradita ed in attesa del seguito, vi invito a seguirmi sulla mia pagina: A presto e BUON A LUCE!

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Photosfera Magazine | Agosto 2015


©Gaspare Silverii ©Gaspare Silverii


©Mattia Dattaro

©Luca Sanna ©Luca Sanna

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ANDREA BURLA

Lanzarote alla luce dell’alba e del tramonto

©Andrea Burla A Novembre 2014 ho organizzato un viaggio fotograf ico alle Isole Canarie, più precisamente sull’isola di Lanzarote. Sono sempre stato af fascinato da questo arcipelago situato nell’Oceano Atlantico che dista soltanto poche centinaia di km dalle coste africane, sette isole, tutte di origine vulcanica, un vero paradiso dove l’amante della fotograf ia sia essa naturalistica o paesaggistica trova sicuro appagamento. Ho scelto Lanzarote perché documentandomi ho appreso che è una delle meno battute a livello turistico, forse per via dell’intensa attività vulcanica che nel 1700 devastò completamente la superf icie dell'isola costringendo le popolazioni ad una faticosa ed intensa opera di ricostruzione che dura ancora oggi. Noleggiando una macchina la si può praticamente girare tutta in una giornata sfruttando anche la possibilità, non secondaria, di eseguire nello stesso giorno riprese all’alba ed al tramonto. All’arrivo, accolto da un clima mite e favorevole, mi sono subito messo al lavoro cercando di scovare i migliori punti di ripresa. Gli scorci sono bellissimi ovunque e sono veramente tanti, si ha quasi l’imbarazzo della scelta, ad aumentare il fascino contribuisce la presenza della lava solidif icata che si estende dall’interno dell’Isola e per quasi tutto il perimetro f ino all’Oceano Atlantico creando forti contrasti alla f lebile e colorata luce dell’alba e del tramonto.

Per le riprese mi sono af f idato completamente al nuovo sistema mirrorless di Fujif ilm, ed ho utilizzato due corpi: Fujif ilm X T1 e Fujif ilm X-Pro, come ottiche ho essenzialmente usato il Fujinon XF14mm f 2.8 R, al quale, a seconda delle situazioni ho abbinato il sistema di f iltri a lastra della Lee, big stopper, little stopper e diversi f iltri graduati GND. ©Andrea Burla


©Andrea Burla ©Andrea Burla

©Andrea Burla


©Andrea Burla ©Andrea Burla


©Andrea Burla ©Andrea Burla


italia 7/09/15 - 31/10/15 TEMA: B&N Sono accettate tutte le foto in bianco e nero. Realizzate con qualsiasi mezzo fotografico.

7/09/15 - 31/10/15 TEMA: RITRATTI Sono accettate tutte le foto rappresentanti ritratti di persone. Le foto in bianco e nero non verranno prese in considerazione in questo contest. PREMIO OFFERTO DA WWW.GIANPAOLODALDELLO.COM I vincitori del contest riceveranno la fotografia della loro immagine stampata in "Fine Art" in formato A2 da Gian Paolo Daldello - GD Fine Art Print - www.gianpaolodaldello.com con certificato di autenticità hologram system by Hahnemühle. L'immagine in bianco&nero verrà stampata su Canson Baryta Photographique 310 mentre quella a colori su Canson Rag Photographique 310 o su Canson Edition Etching Rag 310. Ciascuna delle 2 stampe verrà trattata con un diverso protettivo (anti-UV, anti-umidità e D-Max enhancer). Le stampe verranno spedite direttamente all'indirizzo fornito dai relativi vincitori. Le foto andranno caricate in un apposito album presente sul gruppo Facebook 500Pxers ITALIA. Il vincitore verrà scelto dai selezionatori del gruppo e verranno presi in considerazione in percentuale anche i like ricevuti. La foto può essere caricata direttamente da HD o da altri social. Al vincitore si richiederà la foto in alta risoluzione per la realizzazione della stampa Fine Art.


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