L'ultimo dei broletti

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L’ULTIMO DEI BROLETTI

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1228 Realizzazione portico coperto 1228 Realizzazione portico coperto 1228 Realizzazione portico coperto 1228 Realizzazione portico coperto 1228 Realizzazione 1228 Realizzazione 1228 portico Realizzazione coperto portico coperto portico coperto

1562 Realizzazione di due setti per suddividere il grande salore 1771-73 Realizzazione del sopralzo teresiano, 1856 Chiusura 1856 Chiusura a vetri 1856del Chiusura aadibito portico, vetri del aad progetto vetri portico, del portico, progetto progetto Palazzo archivio notarile, di Terzaghi di Terzaghi di Terzaghi solaio portico Rifacimento

1901 Riapertura del portico 195?-1961 Dismissione dell’archivio notarile, rimozione scansie ligne 2000 Realizzazione 2000 Realizzazione 2000 scala Realizzazione esterna scala esterna scala esterna autoportante autoportante su progetto autoportante su progetto di Dezzi su progetto di Dezzi di Dezzi BardeschiBardeschi Bardeschi

1233 Ultimazione 1233 Ultimazione 1233 del palazzo Ultimazione delcon palazzo ladel sala palazzo con la sala con la sala principaleprincipale sopraelevata principale sopraelevata sopraelevata

1771-73 Realizzazione del sopralzo 1856 Chiusura a vetri del portico, 1856 Chiusura a vetri del progetto portico, progetto teresiano, di Terzaghi di Terzaghi 1856 Chiusura aPalazzo vetri deladibito portico, adprogetto archivio notarile, 1856 di Chiusura a vetri del portico, progetto Terzaghi Rifacimento solaio portico di Terzaghi 1878 Apertura 1878 Apertura di 1878 viale Mercanti Apertura di viale Mercanti edi viale Mercanti e e conseguente conseguente abbassamento conseguente abbassamento della abbassamento piazza della piazza della piazza

2000 Realizzazione scala esterna 195?-1961 dell’archivio 2000 Realizzazione scalaDismissione esterna autoportante su progetto discala Dezzi notarile, rimozione scansie ligne autoportante su progetto di Dezzi 2000 Realizzazione esterna 2000 Realizzazione scala esterna Bardeschi Bardeschi su progetto di Dezzi autoportante autoportante su progetto di Dezzi Bardeschi Oggi Allestimento Oggi Allestimento Oggi del salone Allestimento del per salone mostre delper salone mostre per mostre Bardeschi fotografiche fotografiche fotografiche

1233 Ultimazione del palazzo la sala 1233 Ultimazione del con palazzo con la sala principale sopraelevata principale sopraelevata 1233 Ultimazione del palazzo con la sala 1233 principale Ultimazione del palazzo con la sala sopraelevata principale sopraelevata 1562 Realizzazione 1562 Realizzazione 1562 di due Realizzazione setti di due per setti di due persetti per suddividere suddividere il grande suddividere ilsalore grandeilsalore grande salore

1562 Realizz 1562 suddividere sudd 1562 1562 sudd Reali suddivider 177 tere Pal Rifa

1878 Apertura di viale Mercanti e 1878 Apertura di viale Mercanti e conseguente abbassamento piazza conseguente abbassamento della 1878 Apertura di vialedella Mercanti e piazza 1878 conseguente Apertura di viale Mercanti e abbassamento della piazza conseguente abbassamento della piazza 1901 Riapertura 1901 Riapertura del 1901 portico Riapertura del portico del portico

1901 Riap 1 1 1901 R

Oggi Allestimento del salone mostre Oggi Allestimento delper salone per mostre fotografiche fotografiche Oggi Allestimento del salone per mostre Oggi fotografiche Allestimento del salone per mostre fotografiche

del salone per mostre

Andreola|Ciceri|Croci Candiani|Suigo

195? nota


INDICE


0. 1.

1.1. 1.2. 1.3. 1.4. 1.5. 1.6. 1.7. 1.8. 1.9. 1.9.1. 1.9.2. 1.9.3. 1.10. 1.11.

2. 3.

Premessa Relazione critica Paradossale cambiamento di posizione del Palazzo all’interno della città Genesi del Palazzo della Ragione Eventi fino al 1700 Il sopralzo teresiano La Diatriba Rapporto tra usi, spazi e immagine del complesso del Palazzo della ragione Conversione a monumento del Palazzo della Ragione e gli sventramenti del centro di Milano Il Novecento e le proposte di restauro e di ripristino L’intervento di conservazione Le analisi strutturali Ismes e Lorenzo Jurina Il progetto di conservazione di Marco Dezzi Bardeschi Lo studio dei modi d’uso Attualità: le ultime vicende riguardanti il Palazzo Conclusioni Regesto Bibliografia

pag. 4 pag. 7 pag. 8 pag. 14 pag. 15 pag. 16 pag. 18 pag. 20 pag. 22 pag. 24 pag. 30 pag. 32 pag. 36 pag. 37 pag. 40 pag. 42 pag. 44 pag. 56


Il lavoro di analisi critica condotto consiste in una ricostruzione della storia e delle vicende di un monumento milanese, il Palazzo della Ragione. Fin dalle prime fasi di ricerca di informazioni e materiali si è cercato di costruire un racconto che non fosse una raccolta di notizie e fatti riguardanti l’edificio in esame ma un ragionamento critico delle vicende storiche, delle loro cause e delle loro conseguenze. Si è ritenuto opportuno redigere un regesto di tutte le informazioni raccolte in ordine cronologico in modo da fornire una visione globale di tutte le modifiche e gli interventi non solo sul Palazzo ma anche sulla Piazza dei Mercanti e sugli edifici che si affacciano su di essa. Inoltre vengono riportati alcuni dei principali avvenimenti storici e politici legati alle dinamiche dell’edificio e più in generale alla città di Milano. A partire da questa base sono state individuate una serie di tematiche molto varie che sono state trattate e approfondite. Ne è scaturito un testo, un racconto critico e personale delle trasformazioni e delle vicende che hanno segnato la storia del Broletto. I temi spaziano dalle questioni di natura politica e sociale, fino a concentrarsi su contenuti urbani, architettonici, funzionali ed estetici. Una delle tematiche che si è deciso di approfondire essendo legata alle trasformazioni e alle due diverse proposte di restauro/conservazione che si

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sono succedute è la componente statica e strutturale del Palazzo. L’edificio nel corso del Novecento è oggetto di diverse proposte di restauro che si sono cercate di analizzare all’interno di un contesto più ampio che tenesse conto dei risvolti teorici della disciplina, delle tappe e personalità che più l’hanno contraddistinta e del confronto con gli altri esempi di broletto delle principali città lombarde. Fin dall’inizio è emersa l’importanza di calare le vicende strettamente legate al Palazzo della Ragione nella complessità del contesto urbano non limitandolo strettamente alla Piazza dei Mercanti ma osservando le dinamiche e le trasformazioni in un quadro più allargato che comprendesse il centro di Milano e la città stessa. La complessità maggiore ha riguardato la correlazione e i principi di causa-effetto tra i diversi temi individuati. Si è inoltre ritenuto fondamentale l’inserimento all’interno della relazione di una documentazione iconografica e fotografica utile ad avvalorare alcune deduzioni e a far scaturire nuovi temi attraverso il confronto diretto tra le diverse fonti: disegni, illustrazioni, dipinti e fotografie. Nell’ultima parte della relazione viene analizzata la situazione odierna e si propongono una serie di ragionamenti e suggestioni sulle dinamiche future e proposte d’uso_


PREMESSA



RELAZIONE CRITICA


PARADOSSALE CAMBIAMENTO DI POSIZIONE DEL PALAZZO ALL’INTERNO DELLA CITTÀ Il tema essenziale che emerge dall’ analisi del rapporto del Palazzo della ragione con il suo contesto è come questo, paradossalmente, nel corso della storia, cambi posizione all’interno della città in relazione alle trasformazioni del suo intorno. Il ruolo del Palazzo della ragione è mutato nel tempo a pari passo con la sua funzione politica, civile, urbana e iconica. Le prime cartografie della città di Milano di inizio ‘500 rappresentano il Broletto come elemento centrale all’interno del tessuto della città. Da un’attenta analisi è stato possibile ricostruire i percorsi principali che dalle sei porte della città conducono al centro di Milano. Al contrario non è possibile definire con estrema esattezza i limiti di questo “centro”: impossibile identificarlo con il Duomo, ultimato troppo lentamente e troppo tardi per essere considerato nel corso della storia punto fermo e polo centrale del tessuto urbano Milanese. Lo stesso discorso può essere fatto per Piazza San Sepolcro, semplicemente collocata nel punto di incontro del cardo e il decumano della città romana. Piazza dei Mercanti invece ha un ruolo sicuramente determinante nella costruzione del nucleo della Milano più antica. Non semplicemente un edificio ma un complesso: questo si configura più come una “corte”, una piazza di piccole dimensioni che vede come protagonista, in posizione centrale, il portico aperto. Questo ambiente viene chiuso rispetto alla città da dei volumi alti, che lo rendono uno spazio esclusivo e raccolto. Si tratta di uno spazio tipicamente “medioevale”, che in molte rappresentazioni (in riferimento alle libere interpretazioni della città e non alle carte esatte redatte per le imposte e questioni amministrative) viene quasi paragonato ad un castello. Il Podestà Aliprando Fava Da Brescia, nel promettere alla città la costruzione del nuovo palazzo (che sarà poi il primo elemento del “Broletto nuovo”), afferma di voler far erigere anche una cinta muraria che lo contornasse e lo difendesse citando le mura della città.

Inoltre, lo stesso podestà, fa riferimento al voler creare sei aperture, tante quante i sestrieri della città, per poter consentire l’accesso diretto allo spazio pubblico della piazza a tutte le contrade di Milano, e poter partecipare così alle riunioni comunali che avrebbero deciso le sorti della città. All’inaugurazione del nuovo Palazzo, avvenuta cinque anni dopo sotto il podestà Oldrado da Tresseno, vennero inaugurate anche cinque delle sei porte pensate inizialmente. La configurazione della città cinquecentesca stessa, quindi, suggerisce l’importanza della posizione del Palazzo proprio per l’utilizzo per cui era stata pensata. Chiara è la relazione tra questo primo programma per il tessuto urbano e lo spazio della Piazza dei Mercanti, che vede quest’ ultima come un elemento cardine, emblema delle politiche comunali della Milano dell’epoca. Lo spazio straordinario e anche il più peculiare del Broletto come tipo è identificato con il portico, la Loggia dei Mercanti. Dall’utilizzo quotidiano e dagli elementi che nel corso dei secoli si sono confrontati e sovrapposti a tale architettura è possibile descrivere il rapporto dello spazio descritto dal Palazzo con la città Da sempre Milano ha cercato di trovare un utilizzo concreto e funzionale allo spazio porticato nel momento in cui i valori politici e civici per cui questo è stato costruito sono venuti a mancare o non sono stati più riconosciuti e sentiti come contemporanei. E’ sbagliato interpretare quanto detto pensando che la Loggia dei Mercanti fosse uno spazio inutilizzato o spesso vuoto, al contrario, basti citare le vicende e gli scontri tra le istituzioni comunali e i mercanti, vi sono state esercitate per molto tempo attività economiche temporanee il cui livello di organizzazione sembrerebbe arretrato dalla precarietà degli spazi in cui sono stati svolti. La tendenza di collocare spazi commerciali temporanei e botteghe sotto la loggia dei Mercanti persiste dalla sua costituione fino al 1780, anno in cui la loggia viene completamente sgomberata per ospitare carrozze e cavalli. ll carattere mercantile dell’area di Santa Tecla trova sfogo anche sotto il Portico del Palazzo della ragione, ma il tentativo di inserire botteghe entro la maglia delle istituzioni è stato spesso scoraggiato e frustrato. Il principio con cui il porticato è stato occupato è stato semplicemente

note 1. riferimento alle teorie architettoniche di Aris, esposte nel suo libro “ Silezi eloquenti” 8

Facciata del Palazzo della ragione risalente al 1882, vista dall’attuale via Mercanti

Facciata del Duomo di Milano del XVIII secolo, vista da piazza Duomo

Il rebecchino prima della sua demolizione. Questo edificio è considerato emblema delle operazioni di sventramento a Milano (1870)

Rappresentazione cinquecentesca delcomplesso del Palazzo della Ragione

Mappa della Milano dei primi anni dell’Ottocento


quello di saturare e sfruttare il più possibile lo spazio coperto, la stessa logica utilizzata nell’area di sepoltura della vicina Santa Tecla, dove gli animali e le bestie del mercato delle carni nel Cinquecento passavano ancora per la navata del Duomo. E’ però la chiusura del portico il primo vero intervento a stabilire un nuovo tipo di relazione della loggia dei Mercanti con il suo intorno: non è più un’unica piazza, diventano due, non vi è più una soluzione di continuità di spazi e il Palazzo della ragione diventa, da elemento centrale di giunzione, un volume che semplicemente separa lo spazio creando inevitabilmente un retro, caratterizzato da una maggiore introversione e da una più scarsa affluenza di persone. L’intervento viene progettato dall’ingegner Terzaghi nel 1856, si tratta di una variazione della planimetria del complesso molto importante, in quanto non tiene più conto della funzione pubblica del portico. Nel 1881, al termine dei lavori, vengono aperti 52 uffici di recapito e 24 sedili da dare in affitto a commercianti. L’appalto dell’uso del portico , sottratto alla vita collettiva, è una conferma del progressivo abbandono dei punti chiave della città dell’ Antico Regime. In operazioni come questa la loggia dei mercanti perde gradualmente quello che è il suo reale valore originario, che spesso è stato inutilmente ricercato per essere ripristinato lavorando però unicamente su questioni stilistiche; il motivo di tale ripristino è stato giustificato infatti solo da una filosofia sull’estetica del monumento urbano e da, anche all’epoca obsoleti, riferimenti alle teorie del restauro. Nel 1737, dopo la serie di modifiche del Cinquecento, molte fonti testimoniano che la città non sembra preoccuparsi del Palazzo e dell’adeguamento della sua immagine. Il Palazzo della ragione viene sempre meno considerato, apprezzato e sentito dai milanesi come uno spazio essenziale nel tessuto della città. Negli ultimi anni del Settecento infatti, a seguito dell’invasione francese, si susseguono profondi sconvolgimenti, che dall’assetto della proprietà trapassano sul volto urbano. Il 22 dicembre la Repubblica Cisalpina cede il dominio pubblico della Casa del Podestà (con annesse botteghe sottostanti), la Loggia degli Osii, il piano nobile delle Scuole Palatine e l’osteria

della Foppa al cittadino De Magistris, già proprietario di alcuni immobili adiacenti al complesso. In questo periodo scade il valore del complesso del Palazzo della ragione, che viene venduto, smembrato e scomposto, negando il legame che le varie parti hanno ulteriormente acquisito in seguito ad interventi sui prospetti esterni. Sempre in questi anni il Collegio dei Giurieconsulti viene soppresso e vengono eseguite una serie di operazioni agli elementi iconografici collocati in facciata, basti citare la conversione della Tiara del tutto tondo di Pio IV in berretto frigio per opera di Luigi Canonica, o anche la fine travagliata della statua di Filippo II. Le sale della ex sede sono state poi adibite a deposito per il fondo di Religione - una seconda proposta di un privato ne avrebbe fatto la sede di un teatro di marionette. Gli interventi del regno italico segnano una certa ripresa per gli edifici del centro storico di Milano. Già nel periodo napoleonico vengono ordinati una serie di programmi per riportare splendore e visibilità alle sedi rappresentative del potere amministrativo e in particolare riaffermare il ruolo della Piazza come centro di amministrazione della giustizia. Celebre è il caso della facciata del Duomo: inaccettabile che un simile cantiere della città non avesse ancora un fronte, che viene commissionato in questi anni da Napoleone stesso. Questa ripresa ha però vita breve e poco dopo continua ad alimentarsi il drammatico declino del Palazzo della ragione. Infatti, di fronte alla necessità di nuovi locali, Palazzo Clerici offre spazi più generosi, e così gli uffici del Palazzo si trasformano in spazi di risulta, residui, concentrando le sedi dei principali organi istituzionali altrove. In ultimo la galleria e la nuova piazza del Duomo segnano definitivamente la fine del Broletto come corte chiusa sconvolgendo un assetto plurisecolare. La distruzione della corte chiusa è stata causata dalla disattenzione e disaffezione per il Palazzo della ragione e la sua storia. Si ha assistito ad un impoverimento che progressivamente ha cancellato l’identità dell’edificio: il mutare delle destinazioni, i minuti lavori intrapresi, gli spazi interni sempre più indifferenziati e spogli, ottenendo mezzi adattamenti depauperando

note 2. termine che fa riferimento alle questioni sollevate dal dibattito sull’intervento di restauro volto al ripristino e alle teorie del principale esponente di questo pensiero, Violet Le Duc. Con questo termine si indicano temi di carattere estetico sull’immagine dell’edificio restaurato in relazione alla sua appartenenza storica. 9


l’esistenza senza imprimergli una diversa e coerente organizzazione. A questo declino si contrappone uno sviluppo e un interesse sempre più elevato per gli spazi del duomo: il suo carattere strettamente commerciale diviene ora una peculiarità di tutta la città, che lo considera il motore economico della nuova Milano. Il contesto moderno di tale rivoluzione è un centro cittadino concepito come emporio, che punta alla massima estensione dei prospetti su strada da poter destinare al commercio. La naturale conseguenza di tale fenomeno consiste nel decentramento dello spazio del portico, destinato a rimanere una quinta stradale di via dei Mercanti. La sobrietà e il vuoto (che conserva comunque un carattere estremamente interessante e potenziale come spazio urbano) quasi disturbano con fastidiose dissonanze la continuità di negozi e mostre commerciali sul fronte. Uno dei punti previsti per lo sviluppo di questa nuova centralità è la connessione tra la Porta Comana e il Cordusio verso la porta di Peschiera Vecchia e la Piazza del Duomo, lo spazio della piazza verso il Palazzo dei Giurieconsulti verrebbe dunque declassato ad una zona di transito tagliando in due l’antico complesso. Nel 1867 hanno inizio i lavori per il ribassamento di parte dell’antica piazza, il Palazzo della ragione si innalza così su di un podio, isolato, distaccato a forza dal suolo urbano che tanto aveva avuto parte nel suo progetto originario. Lo spazio della loggia del Palazzo della ragione non è l’unica vittima del programma del cantiere per la nuova piazza Duomo: per aprire il varco utile per creare la giunzione tra duomo e cordusio si è resa necessaria la demolizione totale del Palazzo di Provvisione, cade anche il portone della Peschiera Vecchia (che al contrario di altri si identificava come uno dei simboli della storia commerciale di Milano), viene demolita interamente anche la Casa del Podestà, lasciando scoperto su piazza Duomo il prospetto orientale. Per lo stesso principio di uniformità dei fronti delle nuove piazze nel 1888 viene cancellato ogni traccia di costruito cinquecentesco oltre il portone di Santa Margherita. Nel 1877 si assiste all’apertura e inaugurazione della nuova via Mercanti. La piazza Cordusio viene inaugurata con il nome di “Piazza Ellittica”, nome mai

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utilizzato dai milanesi, che obbligarono il comune a ripristinare il vecchio toponimo. Cordusio è in origine una delle contrade che consentivano l’accesso al cuore del centro cittadino (unendo la contrada del Brocchetto con quella del Broletto). La sua particolare conformazione a gomito, e lo slargo che genera dopo la curva, la vede diventare poi un “largo” e non più una semplice via. E’ proprio questa dimensione a suggerire la nuova identità donata dal cantiere per la piazza del Duomo. Questa è in realtà ora identificata più come un nodo viabilistico che come piazza, o comunque lo è nettamente meno di quella sacrificata durante i lavori per la comunque necessaria apertura del passaggio per il Duomo. Questa trasformazione, per quanto violenta, è comunque indispensabile per la crescita moderna della città, che predispone la sua struttura urbana per accogliere un’espansione vertiginosa e una grande affluenza di persone. Il Palazzo della ragione ora contribuisce a disegnare, con il suo palinsesto, il prospetto di via dei Mercanti, verso cui ha un accesso dalla quota ribassata del passaggio pedonale. E’ assurdo, per un portico, avere di per sè, necessità di un accesso che possa superare una quota di una misura poco rilevante ma non agilmente accessibile. Il “retro” (perchè ad oggi di un retro si tratta) è invece più libero e stabilisce un rapporto più sereno con il suolo dell’attuale piazza dei Mercanti, per sua natura più introversa. Lo spazio che definiva la qualità ed il valore di questa architettura è stato, nel corso della sua triste storia, inizialmente ignorato e poi incompreso e non capito. In questo caso l’attenzione è stata troppo incentrata sul contenitore e non sul contenuto, che è, in fin dei conti, lo spazio, il vuoto, determinato dalla forma architettonica.

Nella pagina a fianco: iconografia rappresentante la Porta della Pescheria Vecchia Nelle pagine seguenti: confronto tra le cartografie storiche di Milano, rispettivamente del 1814, 1500 circa, XVI secolo, 1877




6.


GENESI PALAZZO DELLA RAGIONE Nel 1228 il Consiglio dei Novecento, ovvero il consiglio generale della città di Milano, decreta la costruzione di un nuovo Broletto che possa diventare il centro della vita pubblica della città. Il podestà Aliprando Fava da Brescia provvede a sequestrare e far demolire gli edifici per liberare l’area necessaria per la costruzione del palazzo della Ragione. Il termine “broletto” deriva da Brolo, che nell’Alto Medioevo indicava un prato recintato o una piazza alberata, dove esercitare la giustizia. Inizialmente dell’edificio si erige solamente il portico coperto da destinare a luogo per assemblee, arbitraggi e ordinanze. L’impianto planimetrico del Broletto nuovo è quello di una piazza chiusa da una serie di edifici che vengono realizzati nei successivi anni e al centro della piazza l’edificio principale ovvero il palazzo della Ragione. L’accesso alla piazza è garantito da cinque porte che “sfondano“ in cinque punti la cortina edificata. Il portico realizzato in mattoni e pietra è costituito da due ordini di archi a tutto sesto sul lato corto, il lato lungo invece è caratterizzato da cinque ordini di archi a tutto sesto più due a sesto acuto posti in corrispondenza delle testate. Questi ultimi sono stati realizzati in previsione della realizzazione della parte superiore del palazzo. Infatti la loro conformazione geometrica consente di distribuire meglio i carichi, contrastando le spinte laterali. Il terreno su cui è realizzato il palazzo è un terreno di riporto data la necessaria bonifica fatta al terreno paludoso del luogo, per questo motivo e in previsione del sovraccarico della sala superiore l’imposta delle fondazioni si trova a una profondità di 6m. Nel 1233, come descritto da una targa presente sulla facciata del palazzo, il podestà Oldrando da Tressèno fa realizzare la grande sala sopra al portico. La copertura della sala è realizzata con una serie di grandi capriate lignee. L’imponente ambiente sopraelevato diviene sede del Consiglio generale e di vari giuristi dell’epoca. Nel portico sottostante invece si riunisce l’Università dei mercanti. “Il Palazzo fu detto delle Ragioni perché qui note

si rendeva al popolo ragione, civile e penale, da parte dei giudici”1. Tutti gli edifici prospicenti la piazza, edificati successivamente (vedi regesto), divengono sede di attività della quotidianità: nella loggia degli Osii si proclavamano sentenze, nel portico di Beccaro o della Ferrata si effettuano le aste dei beni dei falliti, il portico di Azzone divenne la sede dei banchieri).

DECENTRAMENTO DEL POTERE E SUCCESSIVO ABBANDONO DEL PALAZZO A metà del 1300 con l’affermarsi della signoria dei Visconti il luogo del potere si sposta dal Palazzo della Ragionenella residenza del Signore ovvero il Broletto Vecchio (che sorge nell’area delll’attuale Palazzo Reale). Per questo motivo il consiglio dei Novecento pur continuando a riunirsi nel palazzo della Ragione, per oltre un secolo vede ridotti i propri ambiti di competenza. Questo diminuzione di interesse verso il Palazzo della Ragione fa sì che tra il 1300 e il 1400 non si trovino grandi notizie riguardanti l’edificio, soprattutto su come si va costituendo lo scalone d’accesso sul lato ovest che conduce alla grande Sala dei Giudici. Dalle poche notizie reperite, si può constatare che nel 1433 l’Università dei Mercanti ottiene l’autorizzazione per costruire, vicino all’abside della chiesa san Michele al Gallo, la camera per le proprie adunate. Su quel suolo però c’è il cimitero dell’attigua chiesa quindi la sala viene realizzata sopra ad un portico. A fianco c’è il portico dei cambiavalute, questi due complessi vengono unificati da Giovanni Solari di Pietro e poi “reinventati” dai restauratori nei primi anni del 1900 diventando la casa dei Panigarola, l’attuale punto d’accesso del al Palazzo. Agli inizi del ‘500 i poteri del Comune si accentrano in una sempre più ristretta oligarchia. Il Palazzo di conseguenza diviene sempre meno fondamentale per la città. Con Filippo II d’Asburgo infine, il consiglio generale, diventato ormai troppo ristretto per il salone del Palazzo della Ragione, si trasferisce nel Tribunale di Provvisione. Il Palazzo assume ls funzione di pretorio.

1. citazione slide didattiche realizzate da Marco Dezzi Bardeschi 14

Veduta del Palazzo della Ragione e dei circostanti edifici della piazza dei Mercanti del 1590

Pianta e sezione del Palazzo, in evidenza le stanze ricavate dalla suddivisione del salone del primo piano nel 1562 (destra) e nel 1582 (sinistra)

Una delle prime viste raffiguranti il Palazzo della Ragione datata 1740, in copertura, gli abbaini inseriti nei lavori del 1746.


EVENTI FINO AL 1700 Prima del 1562, viene realizzata una soffitta adibita ad archivio per i sottostanti uffici dei giudici, sfruttando le catene delle capriate esistenti su cui vengono posate delle tavole lignee. Sempre per esigenze funzionali, vengono realizzati due setti interni al grande salone: nel 1562 la prima campata della sala rivolta verso il Duomo viene separata da un setto per costituire due camere per interrogatori. Nel 1582 anche la campata opposta viene divisa da un setto, si ricavano così le stanze per i Giudici delle strade e delle vettovaglie. Nell’ampia area di salone rimanente troviamo i seggi del Podestà, il Vicario Pretorio, i giudici del Gallo e del Cavallo (simboli rappresentati la vigilanza e la celerità della giustizia), i Consoli di Giustizia, i Giudici Regi, un Magistrato, il Giudice dei Dazi. Questo grande spazio, adibito a uso misto, viene suddiviso principalmente usando elementi d’arredo, individuando spazi per ogni personaggio senza considerarne molto bene le specifiche mansioni.

mensole in legno d’appoggio alle travi Agli inizi del ‘700 la struttura di copertura si trova nuovamente in pessime condizioni, per questo nel 1726 verrà ricostruita l’intera struttura delle capriate. Durante questo intervento vengono messi i capichiave alle catene delle capriate, si comincia così a cercare di intervenire sul dilagante problema della stabilità del palazzo, legato allo spanciamento dei muri longitudinali. In tale occasione vengono realizzati gli abbaini per illuminare l’archivio presente nel sottotetto. Durante lo stesso anno gli artisti Giuseppe Gallo e Gabrio Bracieri eseguono alcuni affreschi nel salone che sono tuttora visibili.

Sezione trasversale del Palazzo della Ragione che mostra la ricostruzione della copertura del 1726, in evidenza anche la sezione del solaio

Rappresentazione dell’intervento del 1726 con sezione del solaio. In evidenza i capichiave inseriti alle capriate in sostituzione alle mensole

Nella seconda metà del ‘500 in una generale ottica di disinteresse per la manutenzione dell’edificio, viene fatto qualche modesto lavoro di sostituzione dei serramenti e di riparazione delle pavimentazioni, inoltre si puntellano i soffitti. Qualche anno più tardi, intorno al 1590, il palazzo “incombe rovina”2, per tutto il 1500, 1600 ed oltre c’è una costante necessità di opere di manutenzione. Tra gli interventi fatti si può annoverare quello del rifacimento del pavimento del salone fatto nel 1647. Nel 1684 il Giudice Cavallo chiede di ricavare altri locali per sue necessità ma non gli viene dato il permesso. La controproposta che gli viene fatta è quella di sfruttare gli ambienti usati come archivio posti in soffitta, collegandoli alla sala con una scala metallica, questa proposta viene accettata ma sarà realizzata solo nel 1689. In questo periodo si incomincia a riscontrare un elevato stato di degrado delle capriate di copertura dell’edificio, per questo nel 1617 vengono fatte opere di presidio. Successivamente nel 1691 avviene la ricostruzione della cornice esterna dato che la testa delle travi delle capriate, ammorsate nel muro, è marcia. Vengono anche rifatte le note

2. estratto da Albero Grimoldi, Il Palazzo della Ragione, Arcadia, Milano,1983

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IL SOPRALZO TERESIANO IL CAMBIO FUNZIONALE DA PRETORIO AD ARCHIVIO NOTARILE. Dal 1233, anno che segna la fine della costruzione del Palazzo della Ragione, l’edificio ha subito numerosi interventi per adeguare lo spazio alle funzioni che si sono susseguite al suo interno; mentre ha conservato, all’esterno una propria unità stilistica risalente al periodo medioevale. Nel 1771 il Palazzo perde la funzione di Pretorio, che aveva dall’inizio della seconda metà del Cinquecento, in seguito al trasferimento del Consiglio dei Novecento nel Tribunale di Provvisione, e diventa la sede del nuovo Archivio Notarile. Maria Teresa d’Austria sancisce, infatti, che tutti gli atti notarili della città debbano essere conservati in un unico deposito e non più dai singoli notai. Altri protagonisti di questo mutamento sono il Cancelliere di Corte e Stato Austriaco, Welzel Anton, Principe di Kaunitz e Carlo Gottardo Firmian, Ministro Plenipotenziario, la massima autorità all’interno del governo milanese. La prima richiesta di adibire il Salone ad Archivio Notarile arriva da un organo dell’amministrazione statale, il Collegio Fiscale o Collegio dei Causidici. È infatti il direttore di quest’ultimo, Nicola Pecci ad avanzare la prima proposta il 12 giugno 1770. Dal momento della sua istituzione l’Archivio acquista progressivamente filze e rubriche dei notai defunti che avevano rogato nel territorio della città e del ducato di Milano. L’ente diventa proprietaria anche degli atti prodotti dall’Ufficio del Governatore degli statuti, soppresso nel 1787, dove erano conservati tutti gli atti delle autorità civili e quelli di natura pubblica dei privati, localizzato all’interno di quella che oggi viene definita Casa del Panigarola. Il 7 gennaio 1771 viene emanato dal governo austriaco il Cesareo Dispaccio con il quale viene istituito l’Archivio Notarile e si indica il Palazzo della Ragione come sua sede. Secondo Firmian, un colpo d’autorità sarebbe bastato per obbligare i Giudici Civici alla cessione del salone non avendo questi alcun diritto di proprietà sulla fabbrica. Il cancelliere cerca invece di costruire attorno alla nuova istituzione dell’Archivio un sistema di interessi e di consensi nelle maggiori istituzioni cittadine coinvolte. L’atteggiamento di

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Kaunitz sembra improntato a un più ampio respiro, a una concezione più tollerante e trasparente, meno dispotica. La costituzione dell’Archivio Notarile è indicativa di un assetto generale tra le istituzioni e i rapporti sociali: l’eliminazione dei privilegi detenuti dai notai sino a quel momento è un chiaro segno della volontà di eliminare le disuguaglianze aumentando la presenza dello stato assolutista all’interno della vita civile. Il passaggio di funzione si verifica nell’indifferenza dell’opinione pubblica. Le Giudicature Civiche non rappresentavano più per l’aristocrazia milanese fonte di prestigio e strumento di controllo quanto lo erano state nel Cinquecento e nel Seicento. La sede dei Giudici di Palazzo e del Terzo delle Strade viene spostata all’interno delle Scuole Palatine e in seguito al Tribunale di Provvisione. Le dimensioni del Salone sono ormai sproporzionate per le effettive esigenze delle Giudicature e l’oligarchia cittadina e gli organi istituzionali non sembrano più preoccupati di ricercare delle sedi di prestigio quali il salone del Palazzo della Ragione, fonte di enormi spese di manutenzione. L’unica opposizione alla nascita dell’archivio si manifesta tra i notai, obbligati a consegnare gli atti in loro possesso.

Medaglia celebrativa della fondazione dell’Archivio notarile, coniata nel 1775. Sono raffigurati il busto di Maria Teresa imperatrice d’Austria e una veduta del Palazzo della Ragione.

Viene criticato anche il sito scelto, considerato ad alto rischio d’incendio a causa dei solai lignei del portico e della copertura del salone.

LA FABBRICA: RISVOLTI FUNZIONALI, STATICI ED ESTETICI

Viene incaricato del progetto l’Architetto della Fabbrica del Duomo Francesco Croce. Il progetto, come altri in quel contesto storico e politico, prevedeva un rimaneggiamento ottenuto con il numero minimo di interventi e con la minima spesa possibile. Una delle prime esigenze, espressamente richiesta dal Cancelliere Kaunitz, era che l’edificio fosse salvaguardato dalla possibilità di incendi, data la presenza al suo interno di grandi quantità di materiale cartaceo di grande importanza documentale. La proposta di Croce è rimuovere i soffitti lignei dell’interno dell’aula e nel portico e sostituirli con volte in cotto a protezione

Rara fotografia della scaffalatura dell’Archivio notarile.

Piano primo degli edifici di Piazza dei Mercanti in un disegno posteriore al 1812.


della sovrastante orditura lignea del tetto. Questo comporta che la quota del piano di calpestio dell’aula risulti più bassa rispetto a quella della pavimentazione precedente, essendo il solaio voltato di uno spessore minore rispetto a quello ordito in carpenteria lignea. Questo permette di guadagnare ulteriore spazio utile per l’archiviazione degli atti notarili. Una delle modifiche più importanti è l’edificazione all’interno del Salone di una serie di pilastri in corrispondenza di quelli centrali già presenti nel portico. La loro funzione, oltre a quella di andare a reggere parte delle scaffalature dell’archivio, è di essere l’appoggio per le volte in cotto della copertura dell’aula. Altra preoccupazione del progettista è legata alle dinamiche statiche e strutturali del Palazzo. I pilastri, infatti, consentono di evitare una copertura con un’unica volta che sarebbe forse andata a pesare eccessivamente sulle murature duecentesche già fortemente strapiombanti. Sempre per ridurre i carichi gravanti sulle pareti preesistenti, Francesco Croce opta per ridurre lo spessore delle murature del sopralzo ad esclusione delle porzioni in corrispondenza dei pilastri. Grazie a sottili spostamenti le murature settecentesche, pur gravando sull’edificio preesistente, tendono a ricondurre i carichi verso il nocciolo centrale d’inerzia invertendo la tendenza delle pareti perimetrali a strapiombare. Una serie di archi di scarico, a livello del soffitto del portico, paralleli ai muri perimetrali e appoggiati sull’imposta degli archi trasversali, serve a ripartire il carico dell’immensa scaffalatura. Inoltre la scatola muraria e le volte vengono legate e rinforzate da un triplice ordine di catene di ferro. Il sopralzo è caratterizzato da finestroni ellittici di grandi dimensioni per l’illuminazione del salone essendo state murate dall’interno le trifore medioevali. Le facciate vengono uniformate con uno strato di intonaco utile, oltre a dare un’immagine unitaria alla fabbrica, a proteggere le murature settecentesche di qualità inferiore rispetto al cotto duecentesco. Sempre per questioni estetiche di unitarietà vengono scalpellati gli archetti pensili del cornicione medioevale e semplificate le decorazioni delle trifore. Gli elementi più rilevanti dell’addizione, le volte a cupolotto impostate su

campate rettangolari e i finestroni ellittici, appartenevano al linguaggio del primo Settecento. La semplificazione generale degli ornamenti è in linea con il pensiero di quel tempo che promuove la soppressione degli ordini, delle membrature, degli elementi di decoro codificati. Di particolare interesse è l’opinione di Kaunitz stesso in una lettera datata 7 novembre 1774 al ministro plenipotenziario Firmian in cui si lamenta per la scelta di Croce di chiudere le trifore gotiche e commenta i lavori eseguiti: “Dal disegno si può concepire un’idea vantaggiosa non solo della vastità dell’aula, ma anche della sua disposizione interna. In quanto all’esterno sarebbe stato desiderabile, che per lasciar una maggiore simmetria alla facciata di quest’antico Palazzo, non si fossero condannate affatto le finestre, tuttorchè del gusto Gotico, col levarne ogni vestiggio, ciò che non può far torto ad una fabbrica, e darle un’aria di priggione: bastava chiudere le finestre dal di dentro con un muro e conservarne le vetriate al di fuori, come si usa in simili occorrenze”1. I lavori per il sopralzo procedono estremamente spediti. Il 17 aprile 1771 Firmian autorizza il pagamento dei legnami e di altri materiali e l’8 maggio 1773 il ministro milanese comunica al Cancelliere austriaco Kautniz che i lavori nella fabbrica sono ultimati già da parecchi mesi.

Confronto dell’edificio nella sua conformazione antecedente e successiva al sopralzo del 1771.

Stampa del 1803 dove viene rappresentato il portico del palazzo ricoperto da un finto bugnato a intonaco. Il portico è riparo per le carrozze dei giudici dei tribunali instalalti nella piazza.

Porzione di una mappa catastale con “Il circondario di Porta Comasina“ e una veduta immaginaria del Palazzo come somma di elementi in parte anteriori e in parte posteriori al sopralzo. 1784 ca.

note

1. Archivio Storico Milano, Uffici Regi, Parte Antica, cart.261: Firmian a Kaunitz, 7 novembre 1774, in Grimoldi A., 1983, I luoghi dell’autorità cittadina del centro di Milano, Il Palazzo della Ragione, Arcadia, Milano. 17


LA DIATRIBA DISPUTA SULLA LEGITTIMA PROPRIETÀ DEL BROLETTO NUOVO E USI DEL PORTICO SULLA PIAZZA Nel portico sotto il Palzzo della Ragione e nella piazza diviene consuetudine effettuare il mercato. In poco tempo l’intera area è interamente occupata da bancarelle e piccoli chioschi in legno detti “habitacula“ utilizzati per l’attività di commercio. La Badia dei mercanti (o Università dei mercanti) non ricevendo alcun profitto dai piccoli venditori abusivi che componevano il mercato si trova costretta a provvedere alla situazione. Nel 1481 i mercanti chiedono al Duca Gian Galeazzo II Sforza di far sgomberare il Broletto dai commercianti abusivi, in nome di una lontana consuetudine che vede spettante a loro il portico del Palazzo della Ragione, inoltre è la stessa Badia dei mercanti che provvede alle spese di pulizia della piazza. Il Duca accoglie la loro richiesta facendo sgomberare le bancarelle, assegnando all’Università dei Mercanti l’uso esclusivo della piazza e del portico e decreta inoltre che nessun altro possa usare quegli spazi. Il Comune si schiera in opposizione alla sentenza emessa dal Duca in quanto ritiene che lui non abbia l’autorità per farlo. In questo momento, dopo l’emissione del decreto del Duca, inizia una controversia riguardante la giurisdizione sul broletto che si protrarrà poi per secoli, vedendo contrapposti, da una parte i mercanti, dall’altra il comune che si ritiene il legittimo propietario del Palazzo. Col passare degli anni la piazza torna ad essere occupata dalle bancarelle e nel 1502, con una disposizione simile a quella del 1481, Luigi XII decreta con i “nuovi statuti“ l’assegnazione ai mercanti della piazza e della metà portico rivolta verso la Loggia degli Osii e lo sgombero dei piccoli commercianti nella metà portico alle spalle della piazza. Per questa concessione i mercanti a loro spese fanno restaurare la metà portico rivolta verso la Loggia degli Osii. In un’altra situazione poi, sono nuovamente i mercanti a sovvenzionare alcune opere di miglioria che nel 1520 riguardano la selciatura del portico.

Poco dopo la metà del 1500 la porzione di portico rivolta verso il campanile (torre di Napo) viene invasa da piccoli commercianti privati che ottengono l’area in concessione dai mercanti. Per questo il comune, nel 1569, provvede a sequestrare questo spazio in quanto ai mercanti non dovrebbe essere possibile dare in concessione questa porzione di portico dato che non appartiene loro. Nel 1580 urge provvedere alla selciatura della piazza e il Comune a corto di denaro ricorre all’Università dei Mercanti che accetta la proposta in cambio della liberazione dai banchi di vendita abusivi che sono tornati nuovamente ad invadere la piazza (nella porzione di pertinenza dei mercanti). Questo, oltre ad essere un ulteriore compromesso che rafforza sempre più la corporazione dei mercanti, è un chiaro segnale di come l’aristocrazia in questo periodo cerchi di risparmiare denaro, non curandosi di realizzare o risistemare gli edifici rappresentativi della città. Infatti, come ricorda Ettore Verga, dirigente dell’archivio storico civico intorno al 1900,

“non è solo per colpa della peste del 1576 che viene abbandonata l’idea di realizzare una basilica (tribunale) al posto dell’attuale Palazzo della Ragione” Nel 1613 la situazione è nuovamente stravolta; la piazza è completamente occupata da venditori che hanno questi spazi in affitto dai mercanti. Per questo il Tribunale della Provvisione vuole liberare la piazza ma i mercanti fanno ricorso al senato impugnando la concessione di Gian Galeazzo Sforza.1

“essi che chiesero quella concessione perché la piazza fosse sgomberata ora se ne vogliono servire per ottener lo scopo contrario” Sedici anni più tardi il Senato delibera la nullità dell’appello dei mercanti provvedendo allo sgombero della piazza.

note 1. Verga Ettore - La controversia tra il municipio di Milano e la Camera di commercio intorno alla proprietà della piazza Mercanti e del portico del Palazzo della rgaione 1481-1880 -1900 18


Nel 1722 si presenta la stessa controversia del 1613 ma con le due parti che sostengono la tesi opposta. Anche in questa occasione si arriva ad una convenzione per lo sgombero delle bancarelle. Qualche tempo più tardi, non si conosce di preciso in quale anno ma sicuramente prima del 1726, l’università dei Mercanti, non curante del più grande problema legato alla copertura, che incombe in rovina, fa affrescare le navate del portico e fanno collocare una statua in gesso del governatore Conte di Colloredo che li aveva sostenuti nel 1722. Questo occasione ci suggerisce nuovamente le divergenze che ci sono riguardo alla giurisdizione sul Palazzo tra la Badia dei Mercanti e il comune. I mercanti, essendo i principali fruitori del portico e ritenendosi proprietari dello stesso, cercano di “mantenerlo” anche con interventi meramenti estetici. Dall’altra parte, il comune, nonostante il disaccordo con in mercanti riguardo alla proprietà del portico è ben contento che la corporazione contribuisca a riqualificarlo data la scarsità di risorse economiche a dua disposizione.

Ragione. Il progetto di Terzaghi si consolida poi nel 1881 quando si costruiscono 52 uffici di recapito e 24 sedili da dare in affitto a commercianti. La demolizione della casa del Podestà e della porta di Pescheria Vecchia nel 1867 e il collegamento diretto con la nuova viabilità cittadina comportano l’abbassamento dell’antico livello della piazza Mercanti. Questa variazione del livello della piazza rispetto a quella del portico comprometterà la fruizione di quest’ultimo anche dopo l’eliminazione degli elementi di chiusura del portico. Infatti se prima la loggia era un elemento centrale alla piazza che lavorava in continuità con essa, ora è diventata un elemento di margine della ridotta piazza Mercanti e ha per di più perso questa continuità legata alla differenza di quote. Infine, la Loggia perderà difinitivamente la sua funzione commerciale nel 1901, con la scadenza della concessione per l’utilizzo del portico da parte della ditta Sanvallo e Prestini.

Negli anni successivi la questione legata alla presenza dei banchi di vendita si ripresenta più volte. Solo nel 1786 il piccolo commercio che tendeva a saturare il grande ambiente del portico viene escluso dal Palazzo. Lo spazio del portico viene adibito ad ospitare le carrozze dei giudici che fanno parte dei tribunali installatisi nella piazza. Dopo la rimozione delle carrozze tornano a proliferare le botteghe fino al 1834 quando il portico viene ripavimentato a spese del comune che ne riafferma la proprietà. Lo spazio poi viene adibito a luogo di riunione dei mercanti. Nel 1787 viene soppressa l’Università dei Mercanti e nasce la Camera di Commercio. Nel 1852 su iniziativa della Camera di Commercio nasce un primo progetto che prevede la chiusura del portico, questo viene poi declinato e si procede a chiudere il portico del Palazzo dei Giureconsulti per adibirlo a uso di Borsa. Quattro anni più tardi (nel 1856) su progetto dell’ingegere Enrico Terzaghi viene realizzata la chiusura in ferro e vetro delle arcate del portico del Palazzo della

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RAPPORTO TRA USI, SPAZI E IMMAGINE DEL COMPLESSO DELPALAZZO DELLA RAGIONE Ad un periodo di continui mutamenti e trasformazioni funzionali del Palazzo corrisponde, dal punto di vista architettonico, un’ omogeneità generale degli spazi interni al complesso del Palazzo della Ragione. Molti spazi non risultano in alcun modo distinti gli uni dagli altri se non per gli arredi e le decorazioni parietali. Gli scaloni del Palazzo della Ragione sono vere e proprie strade interne, lo spazio si presenta come un complesso di saloni e cappelle, differenziati solo minimamente dalle dimensioni, senza guardare agli usi e le funzioni. Contemporaneamente il palazzo della Ragione, dopo le trasformazioni della seconda metà del Seicento, viene riconosciuto come parte di un quadro edilizio disegnato sulle esigenze e comportamenti delle magistrature e gli istituti milanesi. In un certo senso, questa configurazione, racconta le dinamiche degli enti esponenti di un potere giuridico che è al tempo stesso esecutivo e giudiziario e che nel corso del secoli rivede spesso la sua struttura, articolandosi sempre più. Si può dedurre quindi che l’unico principio rappresentativo dell’edificio, considerato dalle istituzioni, era quello epidermico. L’apparente unitarietà dell’edificio restituita dalla facciata, è un aspetto costantemente ricercato nelle varie “reinterpretazioni” della sua immagine. Principio, a dire il vero, ancora molto attuale. Nel panorama architettonico contemporaneo, in seguito ad una serie di innovazioni tecnologiche e costruttive che hanno rivoluzionato le dimensioni e proporzioni degli spazi, il disegno della pelle, dell’ involucro dell’ edificio, diventa componente fondamentale del progetto architettonico. Questa infatti viene trattata quasi autonomamente dagli interni, poichè, nell’ edificio metropolitano di ultima generazione, la profondità e le dimensioni dell’ edificio generano un distacco tra il disegno degli ambienti interni e dell’involucro. La rappresentatività e l’immagine del progetto affidata alla facciata, riflette spesso un principio puramente estetico che è però sintomatatico di un valore urbano che vuole essere attribuito. Di poco si stacca il principio di una facciata ordinata e regolare: note

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Il Palazzo della Ragione sembra essere formato per deposito e stratificazione, crescendo per un principio additivo, tenendo come unica regola l’apparente unità dei corpi edilizi e delle facciate. Questa intenzione è costantemente leggibile nelle volontà e modifiche delle istituzioni nel corso della storia del palinsesto, a dimostrazione della centralità del Palazzo all’interno della città. Nell’esempio del Palazzo dei Giurieconsulti l’unità dei fili di gronda e il disegno dei prospetti esterni verso la Piazza coprono una serie di volumi compenetranti ma al tempo stesso fortemente differenziati, autonomi, raggruppati secondo un principio additivo che solo la facciata rappresenta (coscientemente) come unità. Sul corpo del Palazzo è evidente la ricerca di un mitico passato del medioevo comunale, tentativo della borghesia unificata di ritrovare le proprie origini, in maniera però molto cauta e attenta a non cancellare del tutto le testimonianze della propria storia. Sembra però che questo tipo di atteggiamento diventi più forte e più visibile nel momenti di maggior incertezza sul ruolo civico e politico del Palazzo. Spesso, erroneamente, si affida alla facciata il compito di ridefinire, e concordare da nuovo, un carattere all’edificio. Per questo motivo il sopralzo teresiano ha sollevato tante critiche e polemiche, il Palinsesto del Palazzo della Ragione raccoglie caratteri estremamente vari e anche discordati dal punto di vista “stilistico”1 oltre ache forme ed elementi che, molto facilmente, possono non non trovare consenso e apprezzamento da gran parte dei cittadini affezionati a un’immagine più classica della propia città. Non è immediata la comprensione della sua storia e del suo valore per la città a causa della disomogeneità dei suoi caratteri architettonici, che costituiscono in realtà la sua vera ricchezza.

1. termine che fa riferimento alle questioni sollevate dal dibattito sull’intervento di restauro volto al ripristino e alle teorie del principale esponente di questo pensiero, Violet Le Duc. Con questo termine si indicano temi di carattere estetico sull’immagine dell’edificio restaurato in relazione alla sua appartenenza storica.

Torre Agbar di Jean Nouvel a Barcellona. Emblema del principio dell’architettura epidermico

Casa della Musica di Porto, progetto di OMA. Esempio in cui le proporzioni dell’edificio non consentono più una relazione tra spazio interno e involucro

Nella pagina a fianco: rappresentazioni fotografiche del prospetto della Casa del Panigarola, nel 1966 priva di intonaco (sopra), e ai giorni nostri (sotto)



CONVERSIONE A MONUMENTO DEL PALAZZO DELLA RAGIONE E GLI “SVENTRAMENTI” DEL CENTRO DI MILANO Il rapporto tra l’ambiente e l’ormai “Monumento” Palazzo della Ragione risulta ora molto articolato e solleva una serie di questioni relative al mutamento della sua importanza all’interno del contesto urbano e civile. È necessario inquadrare meglio questo concetto: il centro di Milano è attualmente un’area di continua dilatazione, dove il prevalere delle attività commerciali e direzionali ha cancellato la densità e la stratificazione , quindi la sovrapposizione di funzionalità che compongono l’essenza della vita urbana. A tale questione si lega il concetto di Monumento sopra citato, gli edifici del centro di Milano (come anche quelli di molti altri centro città italiani ed europei) sono lo specchio di questo impoverimento, così si è persa l’originale complessità e diversità per costruito che originariamnte definiva il fulcro della vita cittadina di Milano. Come già anticipato, il caso di Milano è molto particolare, in quanto il carattere del suo attuale centro (riconosciuto in piazza Duomo) è sempre stato di tipo commerciale, ed è poi il carattere che ha invaso in maniera incontrollata tutte le aree limitrofe a macchia d’olio. I due caratteri, quello odierno e quello della Milano seicentesca, sono molto diversi, quasi opposti. Fino alla fine dell’Ottocento il carattere mercantile era però limitato ai piani terra, nell’elevato degli edifici trovavano posto residenze umili e popolari e l’apparenza della vecchia piazza conteneva molti più elementi vernacolari. Si trattava comunque un carattere mercantile molto legato ad un contesto popolare, lontano dal carattere formale e monumentale che è stato poi attribuito alla Piazza Duomo. Esempio della logica per la riconfigurazione del centro della città, è l’eliminazione del Rebecchino, il coperto dei Figini, la demolizione di tutto il costruito cinquecentesco oltre laporta di Santa Margherita e degli edifici della contrada delle Farine; la cui presenza non risultava più coerente con la nuova immagine della città restituita dalle facciate, o banalmente disegnavano spazi di dimensioni troppo ridotte che non consentivano il passaggio

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di grandi flussi o comunque causavano problemi alla viabilità. Nell’Ottocento il tipo edilizio prefigura inoltre le destinazioni d’uso e le fissa permanentemente nel tempo, facendole leggere nella pianta come nell’alzato, questo contribuirebbe nella costruzione di una diversa e più imponente dimensione della città, motivo per cui edifici come il Palazzo della Ragione non riescono a conformarsi ai nuovi programmi per la città Il piano Beruto, come anche i lavori di sventramento programmati nell’Ottocento, ha rivoluzionato le dimensioni e il carattere del centro storico di Milano attribuendogli un aspetto più monumentale che potesse rappresentare degnamente la nuova Milano, principale polo economico e industriale di Italia. La costruzione della Galleria Vittorio Emauele è uno dei fatti emblematici Sappiamo poi che la storia dell’attuale centro si discosta da quelle che son sempre state le sedi del potere giuridico e istituzionale della città, che invece risultano ora esattamente svuotati del loro carattere tanto quanto gli edifici residenziali, che in questi anni hanno acquisito il valore economico inaccessibile a molti. In questo contesto si verificano con facilità casi di speculazione edilizia, in cui l’immobile viene acquistato per il suo valore commerciale come investimento, e non viene poi realmente abitato. Questo è più un fenomeno che caratterizza nuovi pezzi di città di recentissima costruzione e a vocazione quasi unicamente residenziale, come nel caso di Porta Nuova o alcuni quartieri residenziali di élite di Londra, in cui si osservano le estreme conseguenze delle dinamiche della Gentrification (questo fenomeno si manifesta nel centro di Milano con dimensioni molto più contenute, il riferimento sta semplicemente ad indicare in maniera generale la situazione odierna residenziale nel contesto preso in analisi). Anche questa situazione genera un paradosso: lo sventramento si contrappone al principio di “valore storico” del costruito, in quanto in realtà la tendenza è quella di trovare un’uniformità estetica e solenne agli spazi urbani. In questo senso Milano dà una delle più particolari ed elastiche interpretazioni delle tesi di Gustavo Giovannoni:

“Potrà darsi che qualche edificio di pregio vada perduto nella distruzione generale... Gli edifici non valgono soltanto in sè,


ma anche perl’ambiente che li contorna... Non è conveniente rispettarli a metà, e metterli a disagio...” scriveva Cesare Albertini, estensore del Piano Regolatore del 1934 1. Allo sventramento viene poi abbinata una destinazione d’uso che solitamente esprime il disagio della rivoluzione dell’edificio. La destinazione d’uso a Museo è certamente una delle più emblematiche. Lo spazio dell’edificio in tal modo diventa un’estensione della facciata all’interno dell’edificio, l’involucro diventa una scatola pensata come contenitore d’arte. Il Palazzo della Ragione è attualmente impiegato come spazio museale ed esiste un progetto che lo renderebbe permanentemente museo per esposizioni fotografiche contemporanee. In quest’ottica risulta molto sensata la critica all’uso odierno del Palazzo della Ragione da parte di Marco Dezzi Bardeschi, che ne ha curatol’ultimo intervento di conservazione datato 1978 - 1984. La destinazione d’suo museale viene resa ancora meno adatto e indifferente allo spazio architettonico in cui si trova dall’oggetto dell’esposizione, la fotografia. E’ certamente piacevole e necessario avere all’interno della città uno spazio per discutere ed esporre i traguardi e i temi della fotografia contemporanea, ma nell’età odierna perde senso il dover stampare ed esporre immagini, per la maggiorparte delle volte digitali, in particolare nell’ottica del progetto espositivo.

note

1. Cfr. Cesare Albertini, Distruzione e diradamento in “La Casa”,1928

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L’INVENZIONE DEL “BROLETTO” I broletti che troviamo oggi nelle città lombarde sono uno dei prodotti architettonici più singolari del revival storicista otto/novecentesco. I broletto è, durante l’età comunale, la sede delle magistrature, spesso nei pressi dei luoghi del potere ecclesiastico (il Palazzo del Vescovo, la cattedrale) per poi emanciparsene e diventare sede del governo laico. ORIGINI L’impianto dugentesco nasce per rispondere alle esigenze politiche delle assemblee, che richiedevano un grande spazio libero in cui riunirsi, ma mal si adattava alle necessità delle istituzioni che nascono dal superamento del periodo dei comuni. Col tempo la grande aula interna viene frammentata e riorganizzata per adattarla alle esigenze funzionali; anche i prospetti vengono trasformati e adattati ai gusti del tempo. IL REVIVAL Alla fine dell’Ottocento, si assiste alla riscoperta, in tutti i campi artistici, dell’età comunale, un periodo in cui si cercava la propria identità nazionale. Le odi del Berchet o i quadri di Hayez sono in poesia e in pittura, il corrispettivo di ciò che succederà in campo edilizio. In architettura, vengono recuperati stilemi medievaleggianti e si inventa un’esuberante idea di medioevo caratterizzato dalla presenza di merlature, bassorilievi in cotto e mattoni a vista, il cosiddetto stile lombardo. Gli apparati decorativi dei nuovi interventi edilizi vengono disegnati seguendo questa idea, ma l’influenza del medioevo non si arresta alla nuove costruzioni. Architetti e intellettuali vanno a cercare all’interno dei monumenti cittadini le fasi medievali, per riscoprirle e liberarle tutti gli interventi successivi che Beltrami descrive“deturpazioni che mascherano i tesori dell’architettura”. Gli apparati decorativi, soprattutto barocchi, vengono distrutti, per riportare gli edifici, allo stato che gli architetti dello stile lombardo avevano del medioevo. Il broletto, in quanto sede del potere comunale, era uno degli spazi ideologicamente più importanti e come

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tale doveva presentare un linguaggio “adeguato”. Per raggiungere questo obiettivo era necessario andare a eliminare tutti quegli interventi ritenuti falsificatori della purezza originaria del manufatto, e naturalmente privarlo di tutte le funzioni altre che nei secoli si erano sviluppate in quegli spazi, operando più per citazioni che in base a uno studio approfondito. Interventi di questo tipo vengono fatti nei broletti di Monza, Piacenza, Como.

Una delle prime viste raffiguranti il Palazzo della Ragione datata 1740, in copertura, gli abbaini inseriti nei lavori del 1726.

IL NOVECENTO E LE PROPOSTE DI RESTURO DI RIPRISTINO PREMESSA A fine Ottocento, emergono i primi dibattiti sul futuro del Palazzo della Ragione. Gruppi di intellettuali cominciano a proporre di riportare il broletto alla “sua originale, primitiva forma”, con lo scopo di riscoprire il suo aspetto duecentesco. Vengono presentati vari progetti, tutti caratterizzati dalla volontà di esaltare, e reinventare il carattere medievale dell’edificio. Il sopralzo teresiano, visto come una falsificazione, un iperfetazione inutile, diventa il bersaglio di una serie di campagne che ne chiedono a gran voce la demolizione. È interessante notare, confrontando le proposte di progetto con le stampe che mostrano il Broletto prima del sopralzo, come in realtà la fedeltà al manufatto medievale originario, tanto propugnata per cominciare i restauri, non fosse affatto l’obiettivo dei progettisti. Le polemiche sul decoro urbano e le condizioni statiche precarie del Palazzo sono utilizzate come scusa per perseguire la propria idea, cioè l’ esaltazione di tutto ciò che proveniva dall’età comunale, vista come epoca di libertà e splendore. Anche nell’opinione pubblica diventa sempre più viva la volontà di ripristinare il Palazzo Comunale eliminando il sopralzo, e spostando l’Archivio Notarile. Solo negli anni ‘60, dopo decenni di polemiche e verifiche, si decreterà il trasferimento dell’archivio, a cui seguirà “solo” la distruzione delle scansie lignee seicentesche e non la demolizione dell’aggiunta, anche se questa ipotesi, nonostante le carte del restauro, non verrà mai del tutto abbandonata (1967, progetto dell’architetto Sergio Paolo si prevede ancora la distruzione del sopralzo).

Tavola raffigurante alcune tra le proposte del progetto del 1862 di Ghizzolini

Palazzo della ragione di Mantova in una cartolina del 1937

Palazzo della ragione di Mantova dopo l’intervento del 1940


“Di rado un tipo edilizio

- il broletto nda - si è prestato a esprimere e riassumere con altrettanta efficacia il tentativo di cancellare, nell’architettura, ogni distanza fra presente e passato, al duplice e contraddittorio fine di fare dell’architettura stessa, un mero strumento ideologico, e al tempo stesso di rivendicarne la totale autonomia dai possibili usi, dalle mutevoli interpretazioni, di farne, in una parola, l’artefice di astratti, extrastorici monumenti.” Alberto Grimoldi


Progetto ing. Perrone datato 1914

Progetto 1965-67, Progetto dell’ufficio tecnico comunale

INIZIO NOVECENTO Nel 1901 la scadenza della concessione per l’uso del portico della ditta Sanvallo e Prestini, porta alla presentazione di una serie di soluzioni sui possibili sviluppi del Palazzo della Ragione. In particolare si distinguono tre punti di vista all’interno del dibattito: -l’ufficio regionale(di cui Beltrami è direttore), che si batte per i lavori di ripristino di un improbabile stato originario, lavori che prevedevano necessariamente la distruzione del sopralzo teresiano; -l’Archivio Notarile e in particolare l’archivista Pietro Arganini, che difende con fermezza e decisione lo stato di fatto e , anche se con carattere più marginale nel dibattito -l’Associazione Granaria, che vorrebbe perpetuare l’uso commerciale del portico (progetto di S. Locati). Nel 1905 la comparsa di alcune lesioni su alcuni pilastri del Palazzo della ragione, viene presa come prova definitiRa della necessità di intervenire sulla struttura. La causa del dissesto che viene individuata è il carico eccessivo costituito dal sopralzo e dal contenuto dell’archivio. Il dissesto statico,problema evidente a tutti e che richiedeva sicuramente una soluzione, viene usato però come scusa per perseguire scelte ideologiche prese in precedenza. Beltrami ne approffitta per sensibilizzare la popolazione, evocando lo spettro del crollo

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del campanile di San Marco avvenuto nel 1902, in cui era presente anche in quel caso un sopralzo aggiunto in seguito. Seguono proposte per spostare l’archivio in altri sedi, presso Santa Maria delle Grazie o all’Archivio di Stato. Arganini, l’archivista, preoccupato dell’imparzialità dei giudizi decide di ingaggiare altri tecnici (MazzocchiF. Pugno e A. Sayno), per avere perizie esterne da confrontare con quelle presentate dagli uffici comunali. Dai rilievi dell’alzato fatto da Pugno e Sayno si evidenzia una: -forte inclinazione verticale culminante con la cornice dugentesca -la convessità verso l’alto dell’intero prospetto constatando che le problematiche deformative preesistevano al sopralzo, che anzi tenta di porre rimedio ai dissesti statici, (secondo quanto riportato nella relazione e sul “Monitore tecnico” 9, 1907). Viene inoltre rilevato come l’inserimento dei pluviali all’interno della muratura avesse ridotto la sezione utile dei pilastri, e vengono inserite nelle fondazioni delle spie di gesso nelle fondazioni, che ancora intatte, raccontano la sostanziale stabilità del quadro fessurativo (anche se un altra spiegazione potrebbe essere trovata nella cattiva messa in opera delle spie). Nonostante la presentazione di queste


perizie all’archivio comunale, i tecnici municipali continuano a essere preoccupati della stabilità dell’edificio e danno il via a una serie di soluzioni empirche, senza sostanzialmente individuare e porre rimedio alle problematiche a monte.

ghiera della trifora verso piazza Duomo; Arganini, preoccupato che questi lavori siano il preludio di un restauro di ripristino che avrebbe avuto come conseguenza la distruzione dell’archivio si oppone e ottiene l’interruzione dei lavori.

Dopo l’apertura della piazza (nel 1868 viene demolita la Porta della Pescheria Vecchia e creata via Mercanti) e l’abbassamento della quota di calpestio attorno al palazzo, vengono proposte una serie di soluzioni per portare anche il piano del portico alla stessa quota della strada. Nessuno di questi progetti viene approvato e il portico del Palazzo della Ragione rimane, così come lo vediamo oggi, isolato su un podio rispetto a tutto ciò che lo circonda, perdendo definitivamente la continuita con il sistema urbana entro il quale era nato.

Nel 1911 viene registrato un nuovo grave dissesto statico: l’apertura dei giunti di bordo del secondo arco di via Mercanti verso piazza Duomo . Le conclusioni proposte dai periti comunali sono però completamente differenti dalla realtà della fabbrica e le soluzioni sono ancora una volta, empiriche e senza calcolo. Soprattutto è evidente come in queste proposte, non si cercasse di trovare soluzioni per mantenere il sopralzo ma come tutto fosse un pretesto per eliminarlo. Inoltre le analisi effettuate si rivelano molto invasive rispetto alle aggiunte seicentesche, viste come false e quindi sacrificabili.

Tra il 1907 e il 1910 vengono eseguiti dall’ufficio comunale (direttore G. Moretti) interventi sul basamento: vengono individuate le scale di accesso e la chiusura degli archi con pile di granito collegate da catene di ferro. Il portico, quindi, oltre a essere sollevato rispetto alla città, è isolato utleriormente rispetto a ciò che lo circonda, avendo ormai solo un accesso in corrispondenza da via mercanti e una scalinata continua verso la piazza. L’ufficio comunale, inoltre, inizia il rifacimento della cornice dugentesca e la

Sopra: Progetto per il salone del palazzo della ragione dell’ing. Perrone, 1914

Nel 1912 il sindaco emette un ingiunzione di sgombero dei locali dell’archivio, che Arganini ignora, inoltre identifica le cause del dissesto del 1911 nei cattivi lavori di consolidamento dei pilastri effettuato dal comunee e dimostrando come si fosse gia tentato in passato di tamponarlo (vengono trovati cunei di legno tra i mattoni) . Arganini si rifiuta sia di rimuovere le scansie seicentesche sopra l’arco dissestato, visto che in realtà in quel punto i carichi venivano scaricati direttamente sui pilastri grazie

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a un arco di scarico, sia di fare entrare gli operai in archivio, temendo possibili danni ai documenti dell’archivio, testimonianze storiche ben più preziose e importanti per la città rispetto alle artefatte architetture storiciste proposte nei progetti. Il Comune inoltre propone inoltre l’eliminazione delle volte in laterizio sul portico, che comunque alleggerivano il carico sul solaio, per effettuare ulteriori analisi, anche in questo caso Arganini si rivela scettico e riesce a fare bloccare i lavori. Viene quindi stilato un piano di consolidamento alternativo che prevedeva: -la rimozione del paramento esterno sopra la quota di pavimento dell’archivio - incassatura del muro di una prima putrella fino alla mezzaria dei pilastri laterali, con rimozione degli scaffali nella zona interessata e putrellatura della volta, apertura foro per seconda putrella e collegamento tra le due con un viti - risanamento della muratura -stilatura dei giunti mediante iniezioni di malta cementizia . Nel 1914 viene presentata il progetto dell’Ingegner Perrone, rappresentativo di ciò che il comune avrebbe voluto fare del Palazzo della Ragione, un involucro svuotato da ogni funzione e privato delle aggiunte posteriori al periodo comunale, un progetto il cui punto centrale non era tanto assicurare la permanenza del monumento quanto di adeguarlo al gusto del tempo. Nella cultura ufficiale la demolizione è data per assodata , tant’è che nei disegni di progetto di concorso per la sistemazione di piazza Duomo, Portaluppi e Semenza rappresentano così il Palazzo nei fotomontaggi. Con lo scoppio della prima guerra mondiale il dibattito sul Palazzo della Ragione cade in secondo piano anche se Beltrami tenta di riportare in auge la questione, scagliandosi con gli spettacoli cinematografici organizzati nella loggia, manifestazione tra l’altro molto più di altre proposte riportava il portico alla condizione originaria di luogo in cui la popolazione poteva riunirsi.

USI Nel 1942 viene organizzata nel portico la mostra dell’arte e del lavoro giovanile (A.Ferreri, L.Fratino, V.Gandolfi,

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L.Zuccoli), una tenso struttura metallica su cio vengono agganciate i pannelli espositiva, e che sfutta molto bene la spazialità del portico. La Rinascente, la cui sede in piazza Duomo viene distrutta dai bombardamenti degli alleati, occuperà gli spazi di portico e parte di piazza mercanti per allestirvi una sede temporanea dal 1944 al 1951. Nel 1952 vengono collocate su progetto di Renzo Gerla le lapidi dei morti per la Resistenza. Negli anni ‘50 si registrano cadute di laterizi e intonaci dal sopralzo teresiano per scarsa manutenzione e nel 1956 il Genio Civile ripara il cornicione con una strollatura in cls e forati. Nel 1959 cominciano i lavori di scavo per la Metro 1 nei pressi del Palazzo della Ragione, i pilastri verso via dei mercanti vengono sottofondati con pali Radice di 12 m, il portico viene puntellato e le arcate temporaneamente murate. Anche questo intervento, è pretesto per cercare di eliminare il sopralzo: P. Locatelli, professore di scienze delle costruzioni al Politecnico, e il sopvraitendente L. Corna invitano a rimuovere l’archivio e distruggere il sopralzo ,senza però addurre motivazionitecnico-scientifiche plausibili. Sempre nel ‘59 comincia lo sgombero dell’Archivio, che verrà spostato nella torre del Palazzo di Giustizia, mentre le scansie lignee, considerte di scarso valore verranno completamente distrutte. Allo sgombero, che terminerà nel 1961 , non seguirà un’altra funzione, e il salone e i suoi affreschi vennero abbandonati a loro stessi. Nel 1967, vengono effettuati lavori di restauro all’interno di Casa della Panigarola che interessano in parte anche il Palazzo dei Mercanti, dato che l’accesso al salone avviene necesariamente attraverso lo scalone che si trova all’interno della casa. Viene demolita la parete di ingresso in cima alla scala e smontata il portone del salone, viene rimosso il pavimento e le persiane del ponte di collegamento con il palazzo, su cui si va a intervenire anche sulle murature èer cercare le colonnine rappresentate nei disegni di Del Re. Tutti questi interventi comunque non danno luogo a una sistemazione corente, le finestre sono mal proporzionate e i materiali scelti non adatti, sembra che


ormai la demolizione del sopralzo teresiano sia solo questione di tempo. Nel 1965 infatti viene presentato un progetto a opera dell’ufficio tecnico, divisione edilizia monumentale che prevedeva l’eliminazione del sopralzo e in alcune varianti anche delle volte sulla loggia. Seppure spacciato come intervento per migliorare la statica dell’edificio(c’è comunque da chiedersi in che modo le volte della loggia mettessero in crisi l’intero sistema), non è chiaro come fosse possbile che ancora negli anni ‘60 , dopo tutte le carte del restauro, venissero proposte soluzioni del genere .

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L’INTERVENTO DI CONSERVAZIONE

“Sono convinto che un intervento corretto sul costruito debba procedere secondo un doppio registro; quello della conservazione (senza privilegi né selezione di parti) dell’accumulazione materica consegnateci in eredità dalla storia; e quello dell’innovazione, ossia del nuovo apporto che lasciamo impresso sulla fabbrica a testimonianza del nostro uso e del nostro passaggio” 1

Queste parole di Marco Dezzi Bardeschi pubblicate in un articolo della rivista Domus n.650 del 1984 sintetizzano i principi basilari dell’intervento conservativo condotto sul Palazzo della Ragione dal 1978. Nell’ottobre di quell’anno l’amministrazione comunale incarica l’architetto Marco Dezzi Bardeschi di redigere un progetto di conservazione per la fabbrica. Il progetto subentra a un’ipotesi elaborata dall’Ufficio Tecnico Comunale di Milano tra il 1965 e il 1967 che prevedeva l’abbattimento del sopralzo teresiano in favore di un “ritorno al primitivo splendore”. Quest’ultimo non ebbe seguito anche grazie all’opposizione del Consiglio della Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano, rappresentato dalla figura di Paolo Portoghesi. Il progetto proposto è la coraggiosa rinuncia a conciliare le contraddizioni insite nelle diverse stratificazioni delle fasi costruttive e nei differenti usi che si sono succeduti e la volontà di non ricostituire un preciso assetto storico. Il rispetto dell’esistente, dei suoi spazi e della sua consistenza materica è una scelta alternativa ai modelli dominanti: il Sopralzo Teresiano viene considerato parte integrante del Palazzo e una componente fondamentale nell’equilibrio statico dell’intera fabbrica. L’edificio viene visto come “singolare palinsesto sul quale in pratica tutte le generazioni hanno lasciato una propria traccia, e dunque considerato un monumento-documento”2. Viene preservata al massimo l’autenticità dell’edificio e nei diversi interventi vengono

preferite operazione di aggiunta rispetto a operazioni di sottrazione. I rari rifacimenti e le puntuali rimozioni sono finalizzate ad arrestare o prevenire ulteriori forme di degrado della compagine edilizia. Si può definire l’intervento un “cantiere sperimentale”: molte delle scelte prese dai progettisti non trovavano dei precedenti nella pratica conservativa. L’intervento sugli intonaci settecenteschi del sopralzo è il primo esempio di conservazione senza aggiunte o integrazioni in un edificio caratterizzato da una mole di tali dimensioni. Molte delle soluzioni trovate, ora interventi comunemente utilizzati nei progetti di conservazione, erano negli anni Ottanta primi esperimenti da verificare in situ.Si può parlare di micro-interventi puntuali di cura che rispondono a precise esigenze nelle diverse parti dell’edificio. La componente del progetto riguardante la statica e le caratteristiche strutturali del Palazzo è realizzata dal professor Lorenzo Jurina, in collaborazione con Paolo Bonaldi, Pier Paolo Rossi e ISMES (Istituto Sperimentale Modelli e Strutture). Dopo un’attenta indagine sperimentale e numerica volta a identificare i diversi stati di sollecitazione e i principali dissesti si sono ipotizzati interventi mirati non a prevenire imminenti disastri ma per arrestare o rallentare i lenti fenomeni di degrado. Il confronto tra le conclusioni di questi studi con quelli espressi nelle perizie comunali condotte nel XX secolo mette in luce come la statica nel secondo caso venga utilizzata come pretesto per l’abbattimento del sopralzo teresiano e come nel primo, invece sia un mezzo per identificare le reali problematiche e porvi rimedio in vista della conservazione del palinsesto esistente.

Il passaggio tra la Casa del Panigarola e il salone del Palazzo della Ragione.

La scala di Casa del Panigarola dopo i lavori del 1965/67.

L’intervento sul Palazzo della Ragione può essere scandito in due momenti: il progetto di conservazione e lo studio dei modi d’uso.

note 1.Dezzi Bardeschi M., 1984, Il mondo in azione: fabbriche di pietra, d’acqua e d’oro, “Domus”, n. 650. 2.Dezzi Bardeschi M., 1988, Milano: Restauro del Palazzo della Ragione, “Abitare”, n. 261. 30

Il salone del Palazzo prima dell’intervento.

L’angolo del Palazzo verso Cordusio prima dell’intervento.


La scala di Casa del Panigarola dopo i lavori del 1965/67.

La scala di Casa del Panigarola dopo i lavori del 1965/67.

La scala di Casa del Panigarola dopo i lavori del 1965/67.

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LE ANALISI STRUTTURALI ISMES E LORENZO JURINA Nel 1980 viene eseguita una “Campagna di indagini sperimentali e numeriche per determinare l’attuale stato di sollecitazione e diagnosticare le cause di degrado in previsione di un intervento di restauro conservativo. A seguito sono riportate un riassunto delle considerazioni emerse dal documento e dei metodi utilizzati per effetturare le verifiche in situ. È interessante confrontare le conclusioni e i pareri del documento con quelli espressi nelle perizie comunali, e di come la statica nel primo caso viene utilizzata per giustificare scelte ideologiche, prese a priori, e come nel secondo, invece sia un mezzo per cercare di scoprire la storia dell’edificio e preservarlo.

CENNI SULLA GEOMETRIA L’edificio occupa una superficie di 18x50,2m ed è costituito nella parte inferiore da un porticato in pietra con 3 ordini di 8 pilastri che poggiano su una base sopraelevata di circa 1 metro rispetto al piano stradale. Sui pilastri si impostano archi longitudinali i e trasversali in laterizio che sorreggono le volte a cupola. La muratura sovrastante presenta due zone distinte: la prima, interrotta da trifore parzialmente tamponate ad una quota di 14, 90 m con spessore di 90 cm e a seconda arretrata verso l’interno rispetto alla muratura sottostante è interrotta da finestre ellissoidali con spessore medio di 50 cm. Le volte a cupola superiori, poggiano su archi in mattoni , sono sostenute al centro da pilastri in muratura. Sopra le volte sono disposte le capriate le capriate in legno ad interasse di 3,75m. 4 ordini i catene in ferro trasversali collegano tra loro le murature e un ridotto numero di brevi catene longitudinali interessa il sopralzo teresiano

STRAPIOMBI DELLE MURATURE L’edificio, accanto a spostamenti locali delle pareti verso l’esterno, presenta un movimento globale di rotazione rigida in senso orario. A quota 14,70 (circa la quota tra l’intervento medievale e quello seicentesco) si hanno, sui lati lunghi, valori massimi notevoli, verso piazza Mercanti e via Mercanti di 13,7 verso Via Mercanti e di 12,6 m verso piazza Mercanti. La parete

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verso piazza duomo mostra una rotazione verso l’esterno e una traslazione del proprio piano verso via dei mercanti, l’altra facciata corta ha subito spostamenti nella direzione opposta. Nelle murature duecentesche gli strapiombi in generale aumentano salendo verso l’alto, nel sopralzo (da quota 14,90) la tendenza si inverte. È logico supporre che gli strapiombo alla quota di spiccato del sopralzo diano preesistenti all’epoca dell’aggiunta e che per mascherarli almeno in parte Croce nel 1771 abbia impostato il baricentro delle murature posteriori in arretrato di circa 10 cm rispetto a quelle del tredicesimo secolo, per creare una contropendenza. La distribuzione delle catene, inoltre, fa presupporre che alcune siano state messe in opera durante la prima fase per contrastare il progressivo sviluppo degli strapiombi.

IL SUOLO È verosimile considerare il quadro fessurativo come conseguenza del cedimento delle fondazioni dovuto a un carico eccessivo e alle scarse proprietà meccaniche del suolo. Dai sondaggi effettuati (punti 1 e 2) è emersa la presenza di uno strato di terra di riporto fino a -8m con presenza di breccia di mattoni, pietrisco e inclusioni torbose. Al di sotto di tale quota è presente il terreno vergine, ed in esso si alternano strati di sabbia con ghiaietto, con intercalazioni poco potenti di limo argilloso. Nel 1980 il livello della falda freatica è di -25m. A causa della natura incoerente dei campioni di carotaggi (punti a,b,c,d,e,f,g,h) non è stato possibile campionare i provini per prove di consolidazione e di resistenza al taglio. Dalle analisi granulometriche e di determinazione di contenuto di sostanze organiche si può ragionevolmente supporre che lo strato superficiale rappresenti un intervento di bonifica palustre. Le prove SPT hanno indicato caratteristiche meccaniche del terreno della zona di riporto notevolmente inferiori rispetto alla zona sottostante. Si evidenzia una zona più resistente verso Piazza Mercanti nell’angolo ovest dell’edificio. Nel prospetto verso Via dei Mercanti le caratteristiche rilevate nel terreno non variano troppo tra loro. La profondità dell’imposta dei plinti di fondazione è a -6,40 m rispetto al pavimento della loggia. Malgrado la notevole profondità raggiunta in fondazione, la natura cedevole


del terreno, la flessibilità delle arcate della loggia e la presenza di una maggiore area di appoggio delle fondazioni in prossimità delle testate hanno condotto a cedimenti differenziali della struttura. Il punto di massimo cedimento si trova in una zona centrale, leggermente spostato verso piazza Duomo, e l’edificio presenta un movimento di rotazione in senso orario dovuto a cedimenti più pronunciati sugli angoli Est e Ovest, come già rilevato dalla misura degli strapiombi. Per comprendere l’evolversi del quadro fessurativo in tempi più recenti, non bisogna dimenticare, accanto all’evoluzione dei carichi, le variazioni di livello registrate della falda freatica che, secondo rilievi effettuati su pozzi per l’approvvigionamento idrico, dal 1960 al 1980 passa mediamente da -9 a-29m. Durante lo scavo della metropolitana del 1959,i pilastri sul lato di via dei Mercanti, vengono sottofondati con micropali; la realizzazione della galleria della metro con diaframmi in cls introduce, inoltre una certa disomogeneità nelle fondazioni, il cui effetto è difficile da quantificare. Il traffico urbano e il passaggio dei convogli della metropolitana generano sensibili vibrazioni nei terreni attraversati in grado di provocare un marginale effetto costipante sugli strati sabbiosi. Il livello di vibrazione non raggiunge livelli di pericolosità per la struttura, e comunque rimane molto difficile stimarli con precisione. Secondo il confronto dei raccolti sembra che l’edificio abbia raggiunto una certa stabilità per quanto riguarda i cedimenti in fondazioni

fondazione, una causa unica e doppiamente simmetrica rispetto alla pianta. Le lesioni più rilevanti si riscontrano agli estremi delle facciate principali in corrispondenza delle penultime trifore: queste zone sono punti di discontinuità nelle rigidezze della struttura in quanto presenti sia pilastri di facciata di sezione maggiore che altrove che archi trasversali di collegamento. Nelle facciate trasversali, la lettura è più complessa in quanto sono presenti aperture aggiunte posteriormente. Le lesioni prevalentemente verticali, seguono le linee di controllo dei risarcimenti murari eseguiti nelle varie epoche e, probabilmente sono legate allo spanciamento delle facciate longitudinale che provoca in queste pareti più corte uno stato di diffusa trazione orizzontale. Le deformazioni e il quadro fessurativo della parte duecentesca è probabile siano state provocate già poco dopo la costruzione dalla spinta delle capriate del tetto, che dalla documentazione si deduce fossero degradate soprattutto alle stremità della catena lignea. Il tetto, molto spingente verrà rifatto nel 1715.

QUADRO FESSURATIVO Il quadro fessurativo di un certo rilievo è legato al cedimento delle fondazioni, che provocando spostamenti differenziali mettono in uno stato di sforzo notevole l’edificio. Inoltre Le lesioni interessano prevalentemente le zone prossime a discontinuità geometriche (davanzali delle trifore, le zone vicino alle reni e alle chiavi degli archi). La maggior parte delle lesioni è presente sulle pareti duecentesche ma alcune fessurazioni proseguono anche nel sopralzo. Esiste una notevole analogia tra il quadro fessurativo delle due facciate longitudinali e tra le due facciate corte. L’andamento prevalentemente inclinato delle lesioni dal basso-esterno verso l’alto-interno conferma l’ipotesi del cedimento differenziale in

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Nelle volte e negli archi superiori è osservabile un rilassamento in senso longitudinale causato dalla mancanza di catene in tale direzione, con fessure localizzate nella mezzeria degli archi e lesioni nelle volte concentriche ai pilastri di spina. Quest’ultime denunciano cedimenti differenziali anche in senso trasversale al palazzo, causate dai sovraccarichi dell’archivio notarile e al peso del tetto sui pilastri centrali (lesioni concentriche attorno ai pilastri delle volte superiori e alle lesioni diagonali in alcuni tamponamenti delle trifore). Durante la campagna di rilievo è stata prevista la messa in opera di oltre 200 posizioni fisse per monitorare l’estendersi del quadro fessurativo.

MATERIALI I pilastri della loggia sono costituiti da ceppo rustico, arenaria e ghiandone, e sono stati in parte manomessi nel 1910 con sono state sostituiti buona parte dei materiali a vista. Carotaggi orizzontali sui pilastri a profondità 60-70 cm hanno evidenziato la presenza di un riempimento in breccia di mattone sotto lo strato di pietra nobile. Segmenti di carota prelevati sottoposti a prove di trazione monoassiali hanno fornito valori di E=330 000 kg/cm2 e σL= 500 kg/cm2. Per la muratura è difficile ottenere informazioni affidabili con carotaggi, avendo escluso a priori l’eventualità di asportare ampi tratti di muratura per prove in laboratorio. Si è utilizzato un metodo di indagine ispirato al “Flat Jack Test” utilizzato nel campo della meccanica delle rocce, che si articola in due fasi: -Determinazione dello stato di sollecitazione, basato sulla variazione di stato tensionale in un punto della muratura causato da un taglio piano eseguito sulla parete asportando uno stato di malta interposto tra due corsi di mattoni. Il rilascio delle tensioni determina una chiusura del taglio rilevalbile attraverso misure di convergenza tra punti in posizioni simmetriche rispetto al taglio, eseguite mediante l’impiego di estensimetri meccanici di tipo rimovibile. All’interno del taglio viene inserito uno speciale martinetto piatto e la tensione viene gradualmente aumentata fino ad annullare la convergenza in precedenza misurata.

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La pressione all’interno del martinetto è pari alla sollecitazione preesistente nella muratura a meno di una costante che tiene conto del rapporto tra l’area del martinetto di carico e quella di taglio _Determinazione delle caratteristiche di deformabilità, in materiali omogenei la prova precedente vale anche per la determinazione delle caratteristiche di deformabilità. Altrimenti si può inserire un secondo martinetto parallelo al primo in modo di delimitare una parte di muratura di dimensioni apprezzabili (40x40x20 cm) su cui viene applicata una sollecitazione normale al piano di poa. Numerose basi di misura per estensimetro rimovibile permettono di ottenere un quadro completo di misure di deformabilità assiale e trasversale del campione. Questa tecnica garantisce un ripristino delle condizione originaria molto semplice (basta reintegrare la malta asportata) e il campione di muratura è indisturbato e ha dimensioni tali da garantirne la rappresentatività. Inoltre i martinetti possono essere lasciati nel taglio durante gli interventi di restauro per funzionare come celle di pressione, in modo da segnalare in maniera tempestiva ogni eventuale sovraccarico. I dati rilevati sono calcolati tramite un modello matematico, in maniera da ottenere l’andamento delle curve di livello fella funzione che indica la differenza tra spostamenti effettivi in situ e quelli calcolati numericamente con varie combinazioni dei moduli elastici di tentativo.

INDAGINE SULLO STATO DI SOLLECITAZIONE Il quadro tensionale è legato ai materiali utilizzati, la storia di carico e dei cedimenti, e alla formazione di fessure passanti e strapiombi che hanno modificato la geometria iniziale. Per schematizzare questi elementi viene elaborato un modello matematico ad elementi finiti per la discretizzazione in più di mille elementi piani isometrici e punti nodali. Nel modello viene introdotta anche la presenza delle fessure sulle pareti.


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IL PROGETTO DI CONSERVAZIONE DI MARCO DEZZI BARDESCHI Nel 1978 viene iniziata una campagna diagnostica caratterizzata dal ricorso a tecniche non distruttive per rilevare le principali fenomenologie di degrado e i dissesti statici. In seguito a questa fase di rilievo e analisi il progetto di conservazione si concretizza in un intervento sui materiali e in un consolidamento strutturale. Nello specifico all’interno del Salone vengono consolidati le diverse stratificazioni di intonaci e affreschi senza ricomposizioni o aggiunte. “Non ha senso appiattire i diversi spessori, ricomporre i brani d’intonaco, le lesioni in un’unica e edulcorata immagine”3. Le pareti interne del Palazzo sono caratterizzate dalla presenza molto visibile dei fori dove erano collocate le travi lignee che sorreggevano i ballatoi dell’archivio. Essi vengono regolarizzati attraverso l’inserimento di scatole bronzee al loro interno. Le travi ancora esistenti al di sotto dei finestroni ellittici vengono invece mantenute. Il pavimento originale del salone, caratterizzato dalla dicotomia tra l’assito in legno della prima campata dall’ingresso e la pavimentazione in lastre di cotto della porzione restante, viene mantenuto e consolidato dove possibile: la scelta di non lasciare in opera il precario tavolato ligneo della prima campata ha portato alla realizzazione di una pavimentazione a mosaico in ciottoli, metallo e pirite facilmente distinguibile dalle lastre in cotto sia per il disegno che per i colori accesi. Le opere sui serramenti lignei dei finestroni ellittici si rifanno a ordinarie tecniche di manutenzione e riparazione. L’intonaco esterno del sopralzo viene solamente consolidato e si decide di non colmare le lacune presenti dove emerge la muratura faccia-vista. Vengono ipotizzate numerose soluzioni essendo uno dei primi casi di conservazione in situ di un intonaco esistente, senza integrazioni, su un edificio di grandi dimensioni. L’intervento realizzato, volto a fare ri-aderire i distacchi e a ridurre al minimo le iniezioni di resine epossidiche , è l’inserimento di sottili chiodi in acciaio inossidabile nei punti di stacco per offrire all’intonaco un efficace supporto meccanico. L’uso di resine poliuretaniche è limitato alle porzioni di intonaco dove è ancora presente la stabilitura mentre le stuccature salva bordo vengono realizzate in malta di calce e in resina epossidica addizionata note

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a inerti nelle fessure più piccole. L’intonaco viene quindi trattato in modo puntuale con un’attenzione simile a quella riservata fino a quel momento solo ad affreschi o decorazioni pittoriche di pregio. Le stuccature con malta di cemento, eseguite dal 1956 al 1978, vengono rimosse solo dove esse non trascinavano con loro porzioni consistenti dell’intonaco originale. Dove rimosse queste vengono sostituite, in maniera più accurata, con malta di calce dalle caratteristiche e da un comportamento compatibile con l’intonaco settecentesco. Anche la parte sommitale della gronda viene ricostituita in malta di calce, inglobando i pezzi originali ed eliminando i rinzaffi cementizi. Per rimuovere la fitta patina di impurità che ricopre uniformemente i mattoni duecenteschi si prevede un lavaggio con acqua nebulizzata mentre per assicurare un minimo di continuità al piano vengono realizzate integrazioni minime con frammenti di mattone. Le fughe aperte, vincolo di ulteriori fenomeni di degrado, vengono colmate con malte di calce. Un trattamento differente si prevede per le porzioni di muratura settecentesca rimaste scoperte: esse vengono inibite fino a rifiuto con resina poliuretanica per costituire una superficie esterna compatta, essendo di qualità inferiore rispetto ai laterizi duecenteschi. I medesimi principi vengono applicati anche nella Casa del Panigarola. All’interno l’intervento di Dezzi Bardeschi cerca di arginare i maggiori danni provocati dagli interventi di pessima qualità degli anni Sessanta che avevano previsto il sistematico saccheggio e il rifacimento di solai, coperture e intonaci. Sono inoltre completate le opere di finitura, provvedendo alla riconfigurazione degli spazi interni. A livello strutturale vengono realizzate le opere di maggiore complessità. Grazie alla collaborazione di Lorenzo Jurina vengono ipotizzati interventi volti non a prevenire imminenti disastri ma per arrestare o rallentare i lenti fenomeni di degrado quali il disfacimento delle malte, il progredire degli strapiombi e delle lesioni. Vengono inoltre studiate delle soluzioni volte a garantire le condizioni di sicurezza in stati limite. Nello specifico vengono realizzati un sistema di pali-radice nelle fondazioni sottostanti, un consolidamento con micropali di ricucitura a ventaglio negli intradossi degli archi del portico e un ulteriore successione di catene di presidio alla base del sopralzo.

Planimetria dell’intervento.

Elaborato del progetto di conservazione del lato breve verso il Duomo

L’intervento di conservazione sull’intonaco settecentesco.

Frammenti di un affresco: l’importanza della stratificazione storica.

Il mosaico in ciottoli, metallo e pirite si distingue chiaramente dalla pavimentazione in cotto originaria.

1. Dezzi Bardeschi M., 1984, Il mondo in azione: fabbriche di pietra, d’acqua e d’oro, “Domus”, n. 650. 2. Dezzi Bardeschi M., 1988, Milano: Restauro del Palazzo della Ragione, “Abitare”, n. 261. 3. Grimoldi A., 1983, I luoghi dell’autorità cittadina del centro di Milano, Il Palazzo della Ragione, Arcadia, Milano, pag.164.


LO STUDIO DEI MODI D’USO Nella fase progettuale non era nota la futura destinazione d’uso del Palazzo e il progetto tende a prevedere una pluralità di destinazioni. Sempre legato alla logica della sovrapposizione, della stratificazione, si giustificano le necessarie aggiunte dovute a un ipotetico uso. Per Marco Dezzi Bardeschi 4

“perseguire l’obiettivo della massima persistenza di materia non vuol dire però pretendere di imbalsamare il contesto fisico e di congelarne l’inevitabile processo evolutivo. Non si può dare in concreto alcuna pratica di conservazione senza un uso dell’esistente.” Nello studio di ipotesi d’uso vengono previsti tre interventi principali: l’accesso e i servizi del Palazzo localizzati nella Casa del Panigarola; i sistemi impiantistici di riscaldamento, condizionamento e illuminazione del salone; un secondo sistema di risalita necessario da normativa per ospitare un numero considerevole di persone. Dezzi Bardeschi decide di collocare i servizi ausiliari al salone e gli impianti all’interno della Casa del Panigarola. Il progetto tiene conto sia degli interventi degli anni Sessanta e Settanta di scarsa qualità, molto eterogenei e degli elementi anteriori che rivelano come l’edificio sia il risultato di rappezzi e aggiunte, l’effetto dell’accostarsi di edifici scomparsi. La centrale termica viene prevista nel seminterrato mentre quella di condizionamento nel sottotetto. Le pareti abbattute negli interventi degli anni Sessanta vengono sostituite da intelaiature in ferro. Le pavimentazioni vengono realizzate ricorrendo a una texture in mosaico di ciottoli e pietre di fiume. Nel portico d’ingresso l’apertura necessaria di due prese d’aria di forma ellittica per lo scantinato ha dato lo spunto al progettista di prevedere una pavimentazione che disegna un doppio emblema araldico di serpenti intrecciati. Le canalizzazioni degli impianti penetrano all’interno del salone attraverso dei fori aperti nell’intervento del 1967-68 vicino al portone di ingresso. Tranne che per il lato verso Cordusio, in cui scorrono nella calda-

na al di sotto del tavolato ligneo, sono esterni alle murature e al pavimento. Il sistema di illuminazione è progettato con proiettori orientabili ancorati alle scatole bronzee e l’alimentazione dell’impianto corre lungo la risega che si forma tra le murature duecentesche e il sopralzo. Una seconda rete di impianti elettrici, la rete telefonica e le tubazioni dell’impianto di condizionamento e riscaldamento sono collocate in un involucro indipendente che corre lungo ii due lati maggiori, poggiato sul pavimento. Un arredo fisso che si sviluppa lungo le due pareti principali contiene la rete di distribuzione degli impianti di condizionamento del salone. Lungo i due lati, scandite dalla presenza di dodici esili piramidi in marmo, si alternano sedute, armadietti e terminali tecnologici. Il riferimento figurativo è un disegno cosmologico del XVII secolo di Athanasius Kircher. L’arredo fisso è pensato per adattarsi a differenti usi: luogo espositivo, sede di feste, cerimonie, riunioni di rappresentanza. La seconda scala d’accesso risulta necessaria per le disposizioni antincendio: la sala a causa delle sue dimensioni ed essendo un luogo pubblico non consentirebbe l’accesso contemporaneo a più di una cinquantina di persone. Per consentire l’accesso al Palazzo vengono riaperte la porta cinquecentesca e la finestra duecentesca nel fronte corto verso il Duomo, chiuse nel 1771 da Francesco Croce. La risalita viene progettata come un elemento autoportante cercando la smaterializzazione degli elementi di sostegno. La struttura è infatti composta da un unico sostegno in acciaio che attraverso un sistema di cavi regge l’impalcato dei pianerottoli e dei gradini di cristallo. La descrizione della scala risulta molto chiara nelle parole del progettista: “Rifiutando una soluzione che si riduca a una meccanica sequenza di gradini […] si è invece definito un itinerario ricco di diversioni dove i ripiani di sosta sono pause moltiplicate che invitano a guardarsi attorno, a suscitare punti di osservazione: lo scendere e il salire propongono così un’inedita ricognizione ravvicinata e confidenziale del fronte del palazzo […]”. La scala viene immaginata come “un’architettura tesa nell’aria […], come una fabulistica scala di vetro da castello incantato, che costituisce la ripresa e l’estensione dei molteplici marchingegni un tempo appesi a sporgere ad “apparecchiature” i fronti del Palazzo (aste, carrucole, rimandi, corbelli, canapi, ordigni,

La nuova pavimentazione del portico di ingresso di Casa del Panigarola.

Dettaglio della pavimentazione.

Gli elementi di arredo fisso con elementi di seduta e terminali tecnologici.

“L’uovo di Zoroastro” di Athanasius Kircher, riferimento per gli arredi fissi.

note 4. Dezzi Bardeschi M., 1988, Milano: Restauro del Palazzo della Ragione, “Abitare”, n. 261. 37


ingegni)”.5 Il progetto della scala di sicurezza sul lato verso Piazza Duomo si sviluppa in più fasi dal 1984. Le diverse soluzioni hanno in comune la ricerca della massima autonomia, leggerezza e trasparenza visiva della struttura. La prima soluzione ha ipotizzato una tensostruttura che fa da perno su un’unica asta baricentrica rispetto all’articolato percorso di discesa. A causa delle esitazioni della Sovrintendenza ai Beni Architettonici venne realizzata una scala “provvisoria” in tubolari da cantiere destinata a rimanere fino al 2000 quando viene realmente costruita l’architettura ancora oggi presente. Nel progetto definitivo del 1998 viene ridotta l’altezza del pennone e il numero dei cavi di sospensione a causa sempre delle esitazioni da parte della Sovrintendenza.

Disegno di progetto della prima proposta per la scala di sicurezza.

Disegni di progetto per il secondo progetto della scala di sicurezza.

note 5. Dezzi Bardeschi M., 1988, Milano: Restauro del Palazzo della Ragione, “Abitare”, n. 261. 38

Fotografie della costruzione e della scala di sicurezza terminata.


note

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ATTUALITÀ: LE ULTIME VICENDE RIGUARDANTI IL PALAZZO DELLA RAGIONE E LA LOGGIA DEI MERCANTI. Con la realizzazione della scala di sicurezza nella sua versione ufficiale nel 2000 si chiude definitivamente una lunga fase di lavori durati ventiquattro anni. Gli interventi del progetto di conservazione di Dezzi Bardeschi sono volti ad interrompere i principali fenomeni di degrado e a consolidare il palinsesto esistente nella sua totalità. Il delicato equilibrio raggiunto necessita di un costante monitoraggio e di interventi puntuali di manutenzione a causa del naturale deteriorarsi della materia. Il Palazzo viene adibito dopo l’intervento di conservazione a spazio mostre di natura molto differente. Spesso gli allestimenti progettati negano ogni relazione con il palinsesto e con la spazialità interna del salone. L’attuale mostra fotografica, in programma dal 23 settembre al 13 novembre 2016, è caratterizzata da un percorso “labirintico” che cela totalmente la pavimentazione originale e attraverso pannellature nasconde, fino a un’altezza considerevole, le pareti affrescate del salone. L’allestimento non valorizza la spazialità interna dell’edificio anche a causa della presenza, nella prima campata, della biglietteria e di un piccolo spazio di bookshop separati dal salone attraverso alti setti. In merito alle cattive condizioni e alla mancanza di interventi di manutenzione e monitoraggio del Palazzo, Dezzi Bardeschi ritiene che “l’edificio non necessita di grandi interventi ma semplicemente della manutenzione ordinaria, anzi, bisogna cercare di lasciare il più possibile intatto l’edificio, l’unico monumento-documento che rappresenta l’intera storia della collettività. Ho già segnalato che è fondamentale utilizzare il salone […]. Ho scritto più volte per sollecitare la manutenzione dell’edificio, che è della massima urgenza”1. Secondo l’architetto i tre principali interventi necessari sono la revisione degli impianti, che risalgono agli anni Ottanta, la costruzione di un ascensore e l’esecuzione di un monitoraggio degli intonaci per controllarne lo stato di conservazione. Questi intenti vengono concretizzati in un progetto che però non viene preso in considerazione dall’Amministrazione. L’ipotetico ascensore viene immaginato vetrato e localizzato a fianco alla scala in cristallo. Viene inoltre ipotizzata una biglietteria sempre lungo via dei Mercanti. Il progettista critica il persistennote

te disinteresse per l’edificio da parte delle istituzioni e l’attuale conformazione interna del Salone la cui “unità parlante […] risulta ora compromessa dall’inserimento di labirintiche pareti permanenti di supporto alle opere di fotografia”.2 La Loggia dei Mercanti è stata protagonista di molte proposte negli ultimi anni. Dal 1952 lo spazio del portico oltre ad essere un luogo di passaggio e di fruizione pubblica è un Sacrario alla Resistenza essendovi state collocate delle lastre commemorative ai Caduti e ai Deportati nei lager nazisti. Nel 2011 viene bandito un concorso di idee per un infopoint temporaneo in occasione dell’ Expo a Milano. Il sito scelto per questo luogo di accoglienza e informazione è il portico del Palazzo. Vengono chiamati cinque studi professionali di cui risulta vincitori lo studio Italo Rota: il progetto architettonico si basa sul rispetto nei confronti dell’antica preesistenza, che non viene in alcun modo toccata o modificata: il nuovo spazio, infatti, è costruito a partire da una pedana che si appoggia alla pavimentazione esistente distribuendo opportunamente i carichi. I diversi progetti vengono tutti criticati per la loro invasività e per la scelta di fondo della loro location: un infopoint o temporary store secondo diverse personalità potrebbe essere collocato in molti altri luoghi di Milano rivitalizzandoli e riqualificandoli. Un’altra proposta che desta notevoli critiche è la scelta da parte dell’Amministrazione Comunale di adibire il portico per una settimana, nel 2011, a passerella per sfilate di moda. L’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) si dichiara apertamente contraria all’iniziativa di usare come sfondo per le sfilate un luogo che ormai da sessant’anni ha assunto un ruolo simbolico di ricordo. È sempre l’ANPI a commissionare un progetto a Cini Boeri per rafforzare l’identità del portico come monumento alla Resistenza. Una prima ipotesi che prevedeva la chiusura a vetrate di tre campate del portico viene bocciata dalla Soprintendenza dei Beni Culturali per la sua invasività e per la facilità con cui l’intervento poteva snaturare l’identità del monumento e limitare l’accessibilità e la fruibilità della loggia. Viene quindi ipotizzata un’altra proposta che si concentra su elementi di seduta, di illuminazione e sulla collocazione di totem informativi sul tema della Resistenza che verrà in parte realizzata. Nel 2014 Paolo Farina, in collaborazione

1. Bravi M., 25 febbraio 2014, Piazza Mercanti, ignorato il progetto. ilgiornale.it/news/milano/piazza-mercanti-ignorato-progetto-995783.html 40

Allestimento di Marco Dezzi Bardeschi per la prima scaligera del Flauto Magico di Mozart (1995).

Mostra Touring, 2012

Mostra fotografica Giovanni Gastel: allestimento e biglietteria.


con Benedetta Cornaggia Medici, propone un parziale intervento conservativo per la fabbrica. Il progetto prevede il restauro dei finestroni ellittici settecenteschi, in avanzato stato di degrado e la rimozione dei teli di plastica a copertura dei vetri in pessime condizioni di conservazione. L’intervento sui delicati serramenti permetterebbe, al contempo, di agire sulla copertura, vincolo di infiltrazioni all’interno del salone. Inoltre vengono previsti interventi per eliminare alcune delle barriere architettoniche presenti. Viene proposto di reperire i fondi necessari, stimati in 800mila euro, non dal Comune ma da agenzie pubblicitarie che per i pochi mesi dell’intervento avrebbero coperto la spesa con gli introiti pubblicitari derivanti dall’utilizzo di un grande schermo posizionato sopra i ponteggi. Il 6 dicembre 2015 la Giunta comunale approva il progetto definitivo per il restauro conservativo del Palazzo della Ragione. Come affermato dall’attuale assessore alla Cultura del Comune di Milano, Filippo Del Corno, il salone assumerà una funzione specifica per la città diventando la sede espositiva ufficiale delle mostre fotografiche per Milano. Sono previsti interventi sulla facciata esterna e all’interno; lo scalone di Casa del Panigarola e il portico saranno adeguati per garantire l’accessibilità ai disabili. Il progetto, concordato con la Soprintendenza alle Belle Arti e Paesaggio, si articola in tre parti. La prima riguarda il portico che al momento sembra destare le maggiori preoccupazioni: si tratta di un consolidamento della struttura e delle volte. La seconda fase prevede il restauro della facciata del Palazzo verso Cordusio che servirà da progetto pilota per il risanamento delle altre tre facciate. L’importo stanziato per la prima fase e la seconda fase è di un milione di euro mentre per il consolidamento delle altre tre facciate e per l’adeguamento degli impianti, risalenti al 1984, si prevede un importo di 3,5 milioni di euro. A inizio novembre del 2016 il Palazzo, in seguito a un sopralluogo richiesto dai Lavori Pubblici, è stato in gran parte transennato all’interno del portico e lungo via Mercanti. Si temono infatti ulteriori distacchi degli intonaci e dei cornicioni, oggetto già di un superficiale intervento di manutenzione nel marzo-aprile del 2015. Al momento la scala di sicurezza, pensata per avere un forte legame con la città e con i fruitori del Palazzo, non risulta accessibile dal portico, sbarrata con assi di ponteggio e tubolari. La risalita per mezzo di questa ar-

chitettura e l’osservazione diretta e ravvicinata della consistenza materica del Palazzo e delle stratificazioni storiche, immaginate da Dezzi Bardeschi, sono negate da questa barriera.

Proposte per l’infopoint per Expo nella Loggia dei Mercanti (2011).

note

2. Verga R., Palazzo della Ragione, declino e accuse. Il Comune: «Sì al recupero», milano.corriere.it/notizie/cronaca/15febbraio28/palazzoragionedeclinoaccusecomunesirecupero.shtml 41


CONCLUSIONI In contrasto con le teorie ottocentesche sulla costruzione del nuovo centro di Milano, un ipotetico progetto di riuso dovrebbe tenere conto del reale valore del Broletto nuovo. Il Palazzo della ragione è l’unico superstite degli sventramenti di Milano che spogliano il centro della città della sua storia e della sua stratificazione. Il Palazzo sfugge alla logica che in quegli anni rivoluziona l’immagine delle sedi dell’antico potere comunale delle città, e si pone come ultimo testimone della Milano cancellata dagli sventramenti del XIX secolo. Il vero valore risiede nella stratificazione e nella varietà degli elementi del Palazzo della ragione più che nell’uniformità e solennità dei prospetti ottocenteschi che caratterizzano l’attuale centro cittadino. Attualmente la loggia dei Mercanti è vittima di una quasi totale non curanza e disinteresse nei confronti della sua manutenzione e del suo utilizzo. Questo spazio è stato negli anni dapprima ignorato e poi non compreso, non riuscì così a realizzarsi la grande potenzialità del Broletto, che sta nell’uso dei suoi spazi, e in particolare dell’elemento porticato che crea un contatto con il suolo pubblico. I tentativi di ripristino del carattere glorioso medioevale dell’edificio in relttà si sono solo basati su questioni estetiche inerenti la facciata e l’involucro del Palazzo, ignorando totalmente la potenzialità dello spazio porticato che non è più stato utilizzato, nè ha più ristabilito quella relazione particolare con il suolo che lo ha reso nei suoi primi anni di vita protagonista dello spazio urbano del centro di Milano. Archetti pensili, elementi decorativi riferiti allo stile lombardo e intonaci non hanno in realtà mai aggiunto alcun valore all’architettura del Palazzo (se non quello storico di testimonianza di una determinata cultura e di una certa filosofia del restauro). L’intervento necessario alla riabilitazione del Palazzo della Ragione, non dovrebbe concentrare la sua attenzione sull’involucro, sul contenitore, quanto piuttosto sullo spazio definito dall’architettura. Per il rilancio del palazzo della ragione non bisogna erroneamente considerare solo il salone del primo piano (come fatto,anche se minimamente, fino ad oggi), ma capire e

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rivalutare anche lo spazio della loggia, che è poi lo spazio che caratterizza il Broletto. La loggia nei secoli ha rivestito un ruolo molto più importante per la città rispetto all’aula superiore, perchè offriva alla popolazione uno spazio dove riunirsi. La mancata continuità tra la quota del suolo della città e lo spazio del porticato ha definito la “distruzione” dello spazio della loggia, questa ora è solo un diaframma poco accessibile che si apre su via Mercanti. E’ chiaramente impossibile, oltre che anacronistico, riportare il Broletto alla posizione centrale e di rilievo di un tempo, nonostante la sua importanza storica per la città e l’ingiusto trattamento subito nel corso della storia. Forse sarebbe sufficiente un intervento minimo per il riuso del Palazzo, che possa tenere in considerazione la già ricca stratificazione storica del palinsesto. Proprio per questo motivo l’intervento deve risultare riconoscibile all’interno del complesso, con un carattere compatibile ma nuovo. Il progetto di Marco Dezzi Bardeschi rispetta pienamente tale requisito, e si distingue per il suo carattere tipicamente autoriale. L’intervento è molto lontano dalla poetica del gesto dimesso5 che caratterizza interventi di restauro come quello di Liliana Grassi alla Ca’ Granda. L’intervento di Dezzi Bardeschi, per quanto interessante e affascinante, non è stata compresa dall’opinione pubblica e dalle autorità, che hanno aperto ormai da tempo un dibattito sulla demolizione della scala progettata per il Palazzo della ragione nel 2000, privando così il palinsesto di una delle sue preziose stratificazioni. Elemento di disturbo e problematica del Palazzo della Ragione dei tempi odierni è sicuramente la sua elevazione su di un podio, di un’altezza non sufficientemente significativa ma comunque non agilmente scavalcabile. L’edificio ha quindi bisogno di uno studio per il proprio accesso, situazione di per sè paradossale per uno spazio porticato aperto. Una soluzione potrebbe consistere semplicemente nell’ accostare delle gradinate lungo i contorni “chiusi” del porticato, in modo tale da rendere permeabile il suo perimetro. Sarà affidato allo studio dei particolari di questa scala il compito di donare


all’intervento un carattere chiaro e non ambiguo. Altro aspetto molte volte scontato ma importante è l’illuminazione dello spazio. Specie nelle ore notturne la mancanza di luce per il portico scoraggia le persone ad interessarsi al Palazzo e a viverne i suoi spazi. Al piano superiore, lo spazio del salone ben si presta all’attuale destinazione d’uso espositivo. L’attenzione dell’intervento si dovrebbe concentrare sul come l’allestimento si relaziona con il contesto nel quale viene installato. Non pochi visitatori pagano il biglietto della mostra anche solo per vedere da vicino il Palazzo. Le murature non dovrebbero quindi essere schermate, o basterebbe banalmente non rinchiudere il visitatore dentro un labirinto di percorsi artificiali, ma invece affrontare l’articolato contesto in cui l’allestimento viene realizzato e confrontarsi con esso. Anche la logica del “white box” si rivelerebbe sbagliata in tal contesto, poichè estranierebbe i visitatori dall’importante location. Un’ipotesi banale ma efficace sarebbe quella di sviluppare un’istallazione espositiva su più livelli, in modo da sfruttare l’altezza del Salone ma anche di avvicinarsi alle murature, alla copertura e agli oculi non osservabili dal basso. L’intervento ovviamente necessiterebbe una certa distanza dal muro del Palazzo, in modo tale da distinguersi da esso come elemento altro e successivo oltre che a permettere la lettura dell’intera spazialità. Risulterebbe ottimale consentire la presenza solo di installazioni temporanee, come già accade nella situazione odierna, poichè più capaci di attrarre pubblico e visitatori sempre nell’ottica di rendere lo spazio fruibile e quindi controllato e tutelato

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REGESTO


Questo regesto è stato redatto allo scopo di ordinare cronologicamente la storia e le evoluzioni principali del complesso del palazzo della Ragione, è stata prestata attenzione nel riportare e selezionare i fatti storici che si intrecciano con la storia del palinsesto e per evidenziare anche solo le posizioni anacronistiche di molte proposte di intervento per il Palazzo della Ragione

Legenda

- Casa del Podestà

- Scuole Palatine

- Loggia degli Osii

- Fatti storici rilevanti

- Tribunale della Provvisione

- Palazzo della ragione

- Casa del Panigarola

1228: per volontà del podestà Aliprando Fava da Brescia inizia l’edificazione del portico coperto del Palazzo della Ragione 1233: anno di ultimazione della primissima forma del Palazzo della Ragione 1251: il Podestà Giovanni Enrico da Riva fa costruire Casa del Podestà e le carceri. 1272: Napoleone della Torre fa realizzare la torre di Napo (Palazzo della Credenza di S. Ambrogio)

La piazza dei Mercanti assume sempre più l’aspetto di una vera e propria corte, un unico elemento che pone al suo centro il Palazzo della Ragione

1285: fondazione dell’ufficio degli statuti di Milano collocato in quella che sarà la “Casa dei Panigarola” sul lato nord della piazza 1316: Matteo Visconti fa erigere la Loggia degli Osii 1336: Azzone Visconti fa realizzare un edificio nell’area sulla quale verranno realizzate le scuole Palatine metà del 1300: con l’affermarsi della signoria dei Visconti il luogo del potere diventa la residenza del signore, il Broletto Vecchio 1351: il notaio dell’ufficio degli statuti di Milano membro della famiglia Panigarola riesce a rendere la sua carica ereditaria 1300 - 1400: non si hanno grandi notizie sul palazzo della Ragione, soprattutto su come si va costituendo lo scalone d’accesso sul lato ovest che conduce alla grande sala dei giudici 1433: l’Università dei Mercanti ottiene l’autorizzazione per costruire, vicino all’abside della chiesa san Michele al Gallo, la camera per le proprie adunate. Su quel suolo però c’è il cimitero dell’attigua chiesa quindi la sala viene realizzata sopra ad un portico 1481: Duca Gian Galeazzo II Sforza accoglie la richiesta della Badia dei Mercanti riguardante l’uso esclusivo da parte loro della piazza e del portico XVI secolo: inizio interventi urbanistici e stilistici del Seregni atti ad uniformare architettonicamente tutti gli edifici della Piazza inizi del 1500 i poteri del comune si accentrano in una sempre più ristretta oligarchia. 1502: i Mercanti a loro spese restaurano la metà del portico rivolta verso la loggia degli Osii per la concezione dell’uso esclusivo di questo Tra 1500 - 1600 Le magistrature acquistano più autorità a Milano, interesse per l’immagine di Piazza dei Mercanti 1518: Prima proposta per la nuova sede del Tribunale

Gli usi del palazzo e della piazza mutano in relazione ai cambiamenti della società

Crescita di interesse da parte delle autorità per la configurazione urbana della città e per l’aspetto dei suoi edifici rappresentativi. La ricostruzione di questa parte della piazza è emblematica delle ambizioni rappresentative delle autorità di questo pezzo di città


1520: i Mercanti provvedono alla selciatura del portico 1522: vengono emesse nuove ordinanze per liberare la piazza dai banchi di vendita 1559: La comunità fa costruire la nuova scala per uso pubblico 7 Luglio 1560: Bolla del papa per l’accordo e il finanziamento al Collegio 1561 costruzione del palazzo coincidente con l’ascesa del potere del patriziato che ne commissiona il progetto per manifestare anche nell’immagine urbana il mutato assetto del potere 9 Luglio 1561: Inizio costruzione delle cancelle, camera dei notai e archivio della magnifica comunità. I lavori vengono diretti da Francesco Cucchi da Lonate. Dopo una pausa invernale terminata il 2 Aprile 1562, il programma subisce un primo ampliamento

una stampa del 1610 conferma l’esistenza di due Gabelle e che quella situata verso peschiera vecchia veniva usata da “Li Signori Fermieri”

Prima del 1562: sfruttando le catene delle capriate esistenti si posano delle tavole realizzando una soffitta che viene adibita ad archivio 1562: la prima campata della sala rivolta verso il Duomo viene separata da un setto per costituire due locali 14 novembre 1562: realizzazione dell’ ampliamento del programma; per decisione del Collegio dei Notai e il Tribunale della Provvisione la parte Nord della piazza (quella rivolta verso il Cordusio) viene uniformata con la parete adiacente del Palazzo della Ragione. L’intervento consisteva nell’allinamento degli assi orizzontali e delle finestre al tipo già disegnato dal Seregni

Il lato ovest della piazza, fino allo scalone che porta al Palazzo della Ragione, viene sopraelevato fino al livello di gronda del Palazzo dei Giureconsulti

luglio 1565: richiesta la costruzione di una volta sopra la nuova scalinata 24 Gennaio 1566: Francesco Pirovano, ingegnere della città di Milano, elabora un progetto per la facciata interna rivolta verso la piazza, questo la rende completamente autonoma rispetto al complesso edilizio 1568: Alla casa del Podestà viene aggiunto un ballatoio di pietra per ovviare ai problemi di distribuzione dell’edificio in cui convivevano la carceri e la dimora del podestà 1568: disegno del portale della Cappella 12 Marzo 1568: Spostamento della Gabella del Sale nel palazzo della Ragione perchè da impedimento all’ ampliamento dei lavori 1569: il comune sequestra gli spazi del portico rivolti verso il campanile 1570: si pagano ancora le spese per la lavorazione della pietra di facciata del collegio dei notai 1576: viene abbandonata l’idea di realizzare una basilica che potesse costituire il tribunale per la peste ma soprattutto per la scarsa volontà da parte dell’aristocrazia milanese di investire denaro in questa opera 1580: I mercanti accettano di provvedere alla selciatura

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della piazza in cambio della liberazione dai banchi di vendita abusivi nella piazza 1581: risoluzione della disputa tra la Città di Milano e i Mercanti che vogliono riprendere possesso dell’uso del portico. I mercanti riottengono l’autorizzazione all’uso esclusivo del portico, ma devono sostenere le spese di manutenzione anche relative alle strade e le porte che portavano alla piazza

Questo è un chiaro segnale di come l’aristocrazia in quel periodo cercasse di risparmiare non curandosi di realizzare o risistemare gli edifici che la rappresentavano

1582: anche la campata opposta alla direzione del Duomo viene divisa da un setto (per opera di Giuseppe Meda), si ricavano così le stanze per i Giudici delle Strade e delle Vettovaglie

Queste due ripartizioni sono, in facciata, in corrispondenza delle due finestre ad arco acuto del portico. In realtà secondo “indagini sperimentali e numeriche sui dissesti sul Palazzo della Ragione di Milano” questa differenza di forma tra le prime arcate e le altre è dovuta ad una necessità statica in quanto alle estremità l’arco a sesto acuto riusciva meglio a scaricare le spinte laterali generate da tutti gli altri archi

1590: il palazzo “incombe rovina”, vengono quindi autorizzati i lavori più urgenti. In questa occasione il pittore Valerio Profondavalle esegue tavole e affreschi per l’ufficio del Giudice delle Vettovaglie 1594 - 1595: lavori nella sala dei Giureconsulti XVII secolo: degrado delle fabbriche medioevali superstiti al Broletto Nuovo 1604: La loggia degli Osii presenta delle fessurazioni alle colonne medioevali, queste vengono sostituite in questa data con colonne tuscaniche 11 agosto 1606: indetta la gara d’appalto che prevede la creazione di una nuova sala superiore alla sala da poco sistemata e la sottofondazione e la sostituzione del laterizio con il Ceppo milanese 1617: il Collegio dei Procuratori e dei Notai richiede l’apertura di una bottega di nuova realizzazione a proprio nome, per ornamento della città 1611: Alessandro Bisnati progetta e realizza il paramento della torre di Napo e il suo orologio modificando il progetto attribuito al Seregni ( nonostante una targhetta porta incisa la data 1601). Inserimento alla base dellatorre di una nicchia in cui viene successivamente collocata una statua di Federico II 1614: Decorazioni Provvisione

pittoriche

del

Tribunale

della

1617: vengono fatte opere di presidio visto l’evidente ed elvato stato di degrado delle capriate di copertura dell’edificio 1644: incendio del Portico di Azzone e delle scuole palatine collocate sopra di esso, ricostruite poi sommariamente da Carlo Buzzi 1647: viene rifatto il pavimento del salone 1652: I Fermieri lasciano il Broletto (nuovo?) per spostarsi nella nuova parte della città a Porta Tosa. Successivamente all’edificio della Gabella si accosta un fragile strato di case e botteghe, sopra di esse vengono collocate le carceri, che vengono connesse alla Casa del Podestà da un passaggio porticato.

Il complesso non è un edificio: è una concrezione continua a crescere che impedisce e ingombra la piazza

1652 - 1656: Rimosse definitivamente le costruzioni lignee addossate ai lati del Palazzo della Ragione

La demolizione di un panorama tanto discontinuoporta alla definizione di un nuovo allineamento nella piazza prima non percepibile

30 marzo 1656: il progettodi Carlo Buzzi per la Loggia degli Osii dimostra che dal punto di vista strutturale il cantiere continua ad utilizzare gli antichi elementi portanti

questa logica grava molto sulla statica degli edifici che risulta compromessa. La pareti vengono modificate unicamente secondo il volere della magistratura e degli istituti, attraverso i quali si esprimere l’oligarchia nobiliare


14 luglio 1660: approvati dal Vicario i disegni relativi l’espansione del Collegio dei Notai verso le strette delle Farine. Il prolungamento si configura come una cappella fiancheggiata da due sagrestie, invadendo lo spazio di una scala che portava a delle cantine. 1678: Anche le colonne tuscaniche della loggia degli Osii riportano gravi lesioni, vengono quindi sostituite con pilastri dalla sezione più ampia 1689: Viene realizzata scala metallica di collegamento all’archivio nel sottotetto 1691: ricostruzione della cornice esterna del palazzo della Ragione in quanto la testa delle travi delle capriate, ammorsate nel muro, è marcia; vengono anche rifatte le mensole in legno d’appoggio alle travi 1716: estinzione della famiglia dei Panigarola, l’omonimo edificio passa ai due monasteri di Santa aria Egiziaca e di S.Antonio da Padova Tra il 1722 e il 1726: l’università dei Mercanti (non curanti del più grande problema legato alla copertura) fa affrescare a Giuseppe Rossi le navate del portico e fanno mettere una statua in gesso del governatore Conte di Colloredo che li aveva sostenuti nel 1722 1726: gli artisti Giuseppe Gallo e Gabrio Bracieri eseguono alcuni affreschi nel salone tuttora leggibili 1726: ricostruita l’intera struttura delle capriate della copertura del Palazzo della Ragione 1726: Vengono realizzati i 19 abbaini per illuminare l’archivio presente nel sottotetto. 1726: vengono installati i capichiave alle catene delle capriate in quanto questi anni vi è il problema della stabilità del palazzo legato all’eccessivo strapiombo dei muri longitudinali. In tal occasione vengono aggiunti degli abbaini in copertura 1729: Gli impiegati delle poste ottengono il permesso di far erigere un festidio sopra la loggetta centrale della Loggia degli Osii su progetto dell’architetto della città (all’epoca Antonio Quadrio) 1738 - 1740: Il podestà Giuseppe Maria Aliprando abbandona la casa del podestà che viene affittata all’Osteria della Foppa

La casa del podestà non si presenta come un edificio aristocratico o una residenza elitaria

1757: l’affittuario Pietro Beretta dà alla Casa dei Panigarola l’aspetto tramandato fino ad oggi ampliando le aperture Fra il 1770 e il 1771: Il Broletto nuovo perde la funzione di Pretorio e diventa Archivio Notarile, il deposito di tutti gli atti notarili della città e del Ducato, fino ad allora conservati dai singoli notai

Il Palazzo muta radicalmente destinazione, consistenza, volto. Rivoluzione del suo valore della città.

7 gennaio 1771: prima richiesta per adibire il Salone del Palazzo della Ragione ad archivio. Nicola Pecci è all’epoca il direttore del Collegio fiscale (Collegio dei Causidici) consulta Kauniz e Firmian ed emana il Cesareo Dispaccio con il quale viene istituito l’Archivio Notarile e si indica il Palazzo della Ragione come sua sede. 1771: demolizione delle carcerie rifacimento dello 49


scalone 1771 al 1773: Lavori per l’edificazione del Sopralzo Teresiano 1786: il piccolo commercio che tendeva a saturare il grande ambiente del portico viene escluso dal Palazzo. Lo spazio del portico viene adibito ad ospitare le carrozze dei giudici che fanno parte dei tribunali installatisi nella piazza 1785 - 1791: profondi mutamenti nell’utilizzo della piazza e in tutti i suoi edifici 1786: Aggiunta ai tribunali il sottostante collegio dei notai, spostamento delle latrine dal piano superiore a quello inferiore (per questioni igieniche e di odori) 1786: Lo spazio del portico viene adibito ad ospitare le carrozze dei giudici 1787: viene soppressa l’Università dei Mercanti e nasce la Camera di Commercio 1788:Radicale trasformazione della chiesa di San Michele al Gallo, allivellata ai Fratelli Corneliani per l’istallazione di una macchina per la trasformazione dell’oro in foglie a beneficio di tutti gli orefici 22 dicembre 1797: La Repubblica Cisalpina cede il dominio utile della Casa del Podestà con le sottostanti botteghe, la Loggia degli Osii,il piano nobile delle Scuole Palatine e l’osteria della Foppa al cittadino De Magistris, già proprietario delle case situate dietrola Loggia degli, che si affacciano su via Orefici 1797: La parte sud della piazza torna a essere di proprietà pubblica, ritorno ad essere sede delle istituzioni 1797 circa: La casa del podestà e il Portico della Ferrata cambiano volto 16 giugno 1798: In segito alla vednita della sede del Tribunale di appello e la conseguente ridistribuzione degli spazi,la commissione civile rivendica dal ministero degli Interni una sede meno disagevole, a causa del suo affaccio sulla piazza molto frequentata e chissosa inizio 1800: il primo piano delle scuole Palatine viene tramezzato in più piani, vengono quindi private del loro vecchio accesso, la duplice rampa a tenaglia all’interno della loggia del sottostante Portico di Azzone 1809: l’architetto Pietro Giraldoni propone di sopralzare di un piano la casa sopra la Camera dei Mercanti e il portico adiacente. Viene tamponata una campata e mezza verso San Michele al Gallo e realizzato il sopralzo 1812: su progetto di Pietro Giraldoni viene trasformato il fondale del portico: la parte terminale dello scalone fino ad allora era stata aperta e preceduta da un minuscolo vano che verrà demolito. Inoltre viene eretto tra portico e scalone un muro aperto tra due finestre, tuttora esistente 1834: Sotto il portico, dopo la rimozione delle carrozze, tornano a proliferare lebotteghe fino a questa data, in cui il comune rivendica la proprietà di questo suolo ripavimentandolo. Lo spazio viene adibito a luogo per le riunioni dei maercanti 1852: la camera di commercio chiude il portico del palazzo dei Giureconsulti a vetro per adibirlo ad uso di

demolito il ballatoio della Casa del Podestà e ridisegno delle aprture di facciata sulla piazza (per progetto dell’architetto Gilardoni, responsabile della Piazza). Una scala ellittica sostituisce il dedalodi rampe


borsa 18 agosto 1855: a nome di un gruppo di commercianti Giovanni Noseda offre alla Camera di Commercio diecimila lire per la chiusura a vetri del portico 26 novembre 1856: la Camera di Commercio si rivolge all’Ingegner Enrico Terzaghi che elabora un progetto per la chiusura in ferro e vetro delle arcate del portico il 20 maggio 1857: La Congregazione Municipale approva definitivamente l’opera di chiusura del portico che verrà finanziata attraverso delle sottoscrizioni tra i mercanti del grano. 1861: concorso per la costruzione di piazza Duomo 1867: demolizone della casa del Podestà e della porta di Pescheria Vecchia insieme al collegamento diretto con la nuova viabilità cittadina comportano l’abbassamento dell’antico livello della piazza Mercanti. 1868: demolizione del Portone di Pescheria Vecchia, lasciando il fronte orientale della Casa del Podestà scoperto, collegamento diretto alla nuova viabilità cittadina via Carlo Alberto 1871 - 1914 quasi completamente ricostruito, del progetto originale rimangono solo brandelli di facciate. Nel dopoguerra le ultime modifiche agli interni, realizzato il nuovo salone da Paolo Mezzanotte 1870: in occasione del concorso Vittadini bandito dall’Accademia di Brera, si inizia la demolizione dell’intonaco che copre la porzione duecentesca.

Primo approccio al restauro del Palazzo della Ragione con metodi invasivi. L’iniziativa viene dal tema del concorso di quell’anno: “Restauro del Palazzo della Ragione”

1871: concorso Vittadini per il rifacimento del fronte orientale della Casa del Podestà, Borsani e Bisi vincitori 1877: Apertura di via Mercanti verso il Cordusio comporta la demolizione del Palazzo di Provvisione

Ribassamento della Piazza e apertura della via dei Mercati, declassamento di parte della piazza a luogo di transito.

maggio 1881 vengono costruiti 52 uffici di recapito e 24 sedili da dare in affitto a commercianti 1884: Prima versione del Piano Beruto, primo piano regolatore di Milano 1888: demolizione di tutto il costruito cinquecentesco oltre laporta di Santa Margherita 1889 l’Ingegner Giuseppe Chiodi realizza un elaborato meccanismo per i tendaggi dei finestroni ellittici sui lati brevi primi anni del1900: restauratori “reinventano” il complesso costituito dal portico dei cambiavalute e la camera per le adunate dei Mercanti (unificati precedentemente da Giovanni Solari di Pietro) costituendo la casa dei Panigarola 1901: scadenza ventennale della concessione (prolungata di un anno, sarebbe dovuta essere nel 1900, per dare più tempo ala riflessione circa il dopo) del portico alla ditta Sanvallo e Prestini Rimozione delle vetrate dal partico del Palazzo dellaRagione

nascita del dibattito sulla nuova funzione del portico

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1904: L’associazione Granaria presenta un progetto elaborato dall’ingegner Giovanni Orlandi. Questo prevede la limitazione lo spazio del portico dedicato alle contrattazioni economiche solo alle cinque campate centrali della navata verso piazza dei Mercanti. Il perimetro verrebbe sempre realizzato in ferro e vetro. Si propone il ribassamento del piano del portico e l’innalzamento di una parte della piazza 1904: rimozione dei pilastri dalla Loggia degli Osii 1905: lesioni su alcuni pilastri su Piazza dei Mercanti 23 agosto 1905: sopralluogo dove la commissione puntella secondo pilastro dadestra su piazza dei Mercanti 12 ottobre 1905: prima riunione per affrontare il tema del restauro sul Palazzo della Ragione. Presenti i rappresentanti del Comune, l’archivio notarile, la Camera di Commercio e Luca Beltrami 1907: Il Beltrami invita all’eliminazione del sopralzo teresiano 1907: pubblicazione opuscolo dall’Ufficio Comunale sugli “aspetti statici del Palazzo delle Pubbliche Ragioni di Milano” 1907: rilievo del Palazzo della Ragione a sei diverse altezze a opera del collegio dei periti 1907: rifacimento del Basamento del Palazzo della Ragione 1907 - 1910: interventi eseguiti al Palazzo della Ragione a risolvere i problemi statici - strutturali 1910: UR inizia il rifacimento della cornice dugentesca e della ghiera della trifora verso piazza del Duomo Arganini si oppone (primo passo verso la rimozione dell’archivio)prima verbalmente e poi attraverso il Pretore, che sospende i lavori. Creazione di un’altra commissione (Sacchi, Brusconi, Ferrini, Pugno, Annoni) per ricreare la cornice della trifora (utile anche a ricucire la muratura), alla fine non viene reintegrata 1911: tentativi infruttuosi (Beltrami, Brusconi, Gallotti) di fare costruire un nuovo archivio nel Luogo Pio Trivulzio 1912: I periti (Manfedini, Jorini, Pestagalli) “per il mito astratto dalla stabilità”, incuranti dei rapporti complessi legati all’uso dello spazio e delle reali cause, fanno emettere al sindaco un’ingiunzione di sgombero dell’archivio 1913: proposta di costruire un nuovo archivio in cls armato sull’area del convento barocco di san Girolamo (“distruggendo due monumenti in un colpo solo”) 1914: proposta progetto di restauro (ingegnere Perrone)_ edificio svuotato della sua funzione, eliminazioni volte (capriate lignee) e archivio teresiano 1914: la relazione dell’ingegnere Piero Bellini rivela la reale situazione statica / strutturale della Loggia degli Osii commentando il rifacimento di questa ad opera di Angelo Semaldi. La relazione, in seguito a studi e rilievi di cantiere, conferma l’uso degli elementi strutturali originali nei cantieri svolti precedentemente. 1915-1916-1920: proposte di restauro /concorsi per

Prima discussione ufficiale per parlare delrestauro del Palazzo della Ragione


spostare l’archivio /ripristino 1931: Carta di Atene 1931: Carta italiana del restauro 1938: Istruzioni per il restauro dei monumenti 1939: il Comune diventa proprietario del Palazzo della Ragione e mette a disposizione come sede dell’archivio notarile la torre del Palazzo di Giustizia 1942: “Mostra dell’arte e del lavoro giovanile” (A.Ferreri, L.Fratino, V.Gandolfi, L.Zuccoli) allestita nella loggia 1944-1951: la Rinascente occupa gli spazi di loggia(portico chiuso da vetri) e piazza dei mercanti (padiglione temporaneo) in seguito alla distruzione della sua sede nel 1943

Tensostruttura metallica su cui si agganciano i pannelli dell’esposizione (si ispirano alla sala standard della mostra dell’aereonautica alla 7° triennale)

1948: Danneggiamento della copertura del Palazzo della Ragione dovuta ad una cannonata delle 5 Giornate di Milano 1951: proposte per l’utilizzo della loggia ora libera . Collocazione statua equestre Bornabò Visconti di Pica, Progetto di Renzo Gerla poi realizzato: Lapidi ai caduti della Resistenza 1952: Collocazione nella loggia delle Lapidi ai caduti della Resistenza previste dal progetto di Renzo Gerla 1952: caduta di mattoni settecenteschi rimasti a vista dal sopralzo teresiano 1956: riparazione (Genio Civile) del cornicione: sostituzione del sottogronda con una strollatura in cls e mattoni forati

Degrado diffuso degli intonaci, in particolare sul sopralzo Teresiano

1959: Casci metropolitana M1 proposta di sottofondare i pilastri lungo Via Mercanti con pali Radice di 12 m e puntellare il portico 1959: inaugurazione della nuova sede dell’archivio (torre del palazzo di giustizia) e inizio sgombero della vecchia sede 1961: fine sgombero dell’archivio e conseguente abbandono al degrado del salone

il soprintendente (L.Corna) fa murare provvisoriamente le arcate del portico e invita a rimuovere l’archivio e distruggere il sopralzo (stessa richiesta fatta da consulente M1 P. Locatelli (professore di scienze delle costruzioni) non vengono addotte moivazioni plausibii di carattere tecnico-scientifico) sostituzione delle vetrate originali e messa in opera di listelli di abete per suddividere in campiture più piccole i serramenti

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1961: distruzione scansie lignee di abete settecentesche 1962: evidenziazione con segni in gesso per controllare lo sviluppo del quadro fessurativo 1964: Carta di Venezia

Scoperta durante i lavori di murature medievali vicino alla casa del Panigarola, necessità di modificare e fare riapprovare tutti i

1967: sventramento sede delle Banche Generali

questa fu progettata da Luca Beltrami, svetramento a opera di A. Cassi Ramelli, ex preside facoltà di architettura (per ostilità da parte degli studenti), che ha in proprietà anche la Casa del Panigarola adducendo motivazioni statiche viene: - demolita parte della facciata sostituita da tetto in coppi spiovente - cambiata la quota di piani e altezza finestre - arretrata la parete che delimita a sud la loggia d’ingresso allo scalone - traslocate le cornici di pietra dell’ex Badia dei Mercanti - distrutta la vecchia scala interna opposta alla parete tuttora esistente - rifatta la scala d’acceso , ora occupante metà della loggia - abbassamento del piano di ingresso per renderlo in continuità con la piazza - demolizione della parete di ingresso in cima allo scalone - smontaggio della porta in cima allo scalone ( nel Settecento quando la scala era aperta era il primo diaframma tra archivio e spazio pubblico) - Rimozione pavimento e persiane, ponte tra la casa e il palazzo - Rimozione della targa commemorativa della fondazione dell’archivio - Distruzione della parete di fronte (quale?) per cercare le colonne disegnate sulla stampa di Marc’Antonio Dal Re - Gli interventi non danno luogo a una sistemazione coerente (finestre mal proporzionate , materiali non adatti) e sembra che la distruzione dell’archivio sia inevitabile

1965 - 1967: presentazione progetto per la demolizione del sopralzo edito dall’ufficio tecnico comunale (in alcune ipotesi si pensa di sostituire anche le volte della loggia) 1969: Il sopraintendente Martelli delega la responsabilità sulle scelte inerenti il palazzo della ragione al Ministro della Pubblica Istruzione 1970: P. Locatelli afferma che le condizioni del Palazzo della Ragione sono “disastrose” e insiste sulla necessità di abbattere il sopralzo 1972: Carta italiana del restauro 1975: Carta di Amsterdam 1975: Dichiarazione di Amsterdam 1978: Affidamento dei lavori di conservazione a Dezzi Bardeschi. Lavori eseguiti dall’ufficio tecnico del comune sulla copertura e il sottotetto del Palazzo della Ragione 1979: I vigili del fuoco autorizzano il progetto a patto che venga costruta una scala di sicurezza 1980: Inizio delle indagini sperimentali dell’ISMES (indagini sperimentali modelli e strutture) per stabilire i lavori di consolidamento statico (condotti dal prof. Yurina) 1981: Inizio lavori di consolidamento statico 1981: Carta di Firenze dei giardini storici 1982: Ripresa dei lavori: consolidamento statico e conservazione di intonaci e infissi lignei 1985: Convenzione di Granada 1987: Dichiarazione di Washington 1987: Carta della conservazione e restauro degli oggetti d’arte e di cultura


1991: Carta di Firenze sui beni culturali europei 1998: Progetto definitivo della scala di sicurezza di Marco Dezzi Bardeschi 2000: Carta di Cracovia 2000: realizzazione della scala di sicurezza di Marco Dezzi Bardeschi 2011: viene bandito il concorso di idee per un infopoint temporaneo 2013: progetto di Cini Boeri per il monumento alla Resistenza. prima ipotesi viene bocciata dalla Soprintendenza. Viene realizzato un totem informativi. 2014: Proposta d’intervento conservativo a cura di Paolo Farina 2015: la Giunta comunale approva il progetto definitivo per il restauro conservativo, sono previsti interventi sulla facciata esterna e all’interno; lo scalone di Casa del Panigarola e il portico saranno adeguati per garantire l’accessibilità ai disabili. il salone assume funzione specifica diventando la sede espositiva ufficiale delle mostre fotografiche per Milano. 2016: Si temono distacchi degli intonaci e dei cornicioni, viene transennata parte del portico e via Mercanti

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FONTI BIBLIOGRAFICHE Bonaldi P., Jurina L., Rossi P., 1980, Indagini sperimentali e numeriche sui dissesti del Palazzo della Ragione di Milano, ISMES, Bergamo. Boriani M. (a cura di), 2008, Progettare per il costruito: dibattito teorico e progetti in Italia nella seconda metà del ventesimo secolo, Città Studi, Milano. Bucci F., 2003, Due interventi sul costruito. 1. Palazzo della Ragione, Milano: una scala di sicurezza, in “L’Architettura Cronache e Storia”, n 577. Dezzi Bardeschi M., 1984, Il mondo in azione: fabbriche di pietra, d’acqua e d’oro, “Domus”, n. 650. Dezzi Bardeschi M., 1988, Milano: Restauro del Palazzo della Ragione, “Abitare”, n. 261. Dezzi Bardeschi M., a cura di Locatelli V., 1991, Restauro: punto e a capo: frammenti per una (impossibile) teoria, F. Angeli, Milano. Dezzi Bardeschi M., 2001, Atlante Padano, Alinea, Firenze. Grillo P., 2001, Milano in età comunale (1183-1276). Istituzioni, società, economia, Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto. Grimoldi A., 1983, I luoghi dell’autorità cittadina del centro di Milano, Il Palazzo della Ragione, Arcadia, Milano. Grimoldi A., 1986, Conservazione e sistemazione del Palazzo della Ragione a Milano, “Abacus”, n.5. Guarisco G. (a cura di), 1989, Marco Dezzi Bardeschi: architetture di memoria. Album 1960-1990, Alinea, Bologna. “L’Architettura Cronache e Storia”, Redazionale, 1987, Quella sottile cerniera tra passato e futuro. M. Dezzi Bardeschi, La Biblioteca Classense a Ravenna. Il Palazzo della Ragione a Milano, n. 381. Rota C.M., giugno 1924, La via del Còmpito in Milano, in “Città di Milano”, pp. 169-172. Spinelli M., 1988, Uso dello spazio e vita urbana a Milano tra XII e XIII secolo: l’esempio delle botteghe di piazza Duomo, in “Paesaggi urbani dell’Italia padana nei secoli VIII-XIV”, Capelli, Bologna, pp. 253-273. Verga E., 1900, La controversia tra il municipio di Milano e la Camera di commercio intorno alla proprietà della piazza Mercanti e del portico del Palazzo della Ragione 1481-1880: relazione storica. Milano.

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BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

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