Racconti Belli n°2 Veris leta facies

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Racconti Belli

VERIS L ETA FACIES

due uno

La Grana Edizioni


Immagine di Copertina: Federico “Galex� Galeotti www.federicogaleotti.com

impaginazione e grafica: Pietro Rotelli www.pietrorotelli.com


Racconti Belli due Tutti i diritti @ degli autori I edizione Gennaio 2020 La Grana Edizioni


Veris Leta FAcies

Oggi mi chiamo Wallace, ma il mio nome non conta. Lo cambio quando mi fa comodo, come cambio il mio aspetto e il mio passaporto. Mi piacciono le mascherate, fin da piccolo. Retaggio di mio padre, che aveva ambizioni da attore shakespeariano. Invece passò la vita a fare il guitto di provincia e finì la sua carriera con un numero di mariachi in un losco bar di Tijuana, per divertire i gringos ubriachi tra una puttana e l’altra. Anch’io lavoro per i gringos, ma non mi posso lamentare. Mi pagano bene per le mie interpretazioni. Mi pagano perché non si sappia chi sia l’attore principale e, soprattutto, chi ha prodotto lo spettacolo. Ero giovane quando ho cominciato questo lavoro: la prima volta mi sono introdotto nell’entourage di Carlos Santiago, un presidente


latinoamericano troppo democratico, e l’ho lasciato riverso sul pavimento, con in mano la pistola che gli aveva regalato Fidel Castro. Un “suicidio” perfetto. Avevo vent’anni ed è stata la prima e ultima volta che ho lavorato con la mia vera faccia. Sono nato a sud del confine, il loro confine, ma ho imparato presto a imitare qualsiasi accento. Nessuno sa chi sono, nemmeno quelli per cui lavoro. Prima rispondevo a un annuncio sul giornale, oggi ricevo e-mail in cifra sulla mia casella personale. Per la CIA sono “Phebus”, un nome in codice che io stesso ho scelto. Il dio della bellezza e del castigo. C’è una certa bellezza nei miei castighi, questo è certo. E posso dire, alla mia età, di essere piuttosto bello. Quello che non avevo di natura, me lo sono comprato grazie ai miei primi pagamenti e a qualche chirurgo plastico compiacente. Ora sono un bell’uomo di cinquant’anni, ma all’occorrenza posso diventare più giovane o più vecchio. Oggi sono più giovane: la parte lo richiede. Oggi sono un quarantenne biondo, con gli occhi chiari dietro agli occhiali che mi danno un tocco da intellettuale. Oggi sono un nordamericano che nuota, gioca a tennis e viene a spendere i suoi dollari in una città in cui tutti parlano spagnolo pensando che io non li capisca. Sono uno yanqui allo stato puro. Ed è per questo che gli piaccio. Piaccio al presidente Valdéz, un uomo di paglia della CIA che mi crede un industriale di successo venuto a distribuire bustarelle per costruire qualche fabbrica e sfruttare la manodopera locale. Tutto, s’intende, nel supremo interesse del Paese e della sua crescita economica. In fondo, lui è come mio padre: fa il suo numero da mariachi per divertire i gringos tra una puttana e l’altra. Ma questo mariachi non deve cambiare


repertorio. Valdéz deve continuare a cantare le canzoni scritte per lui a Langley, Virginia: la sede centrale della CIA. Altrimenti i gringos si spazientiscono e gli tolgono le mance. Loro lo hanno creato. Loro lo possono distruggere. Mario Valdéz sta sbagliando canzone da sei mesi. E questo ai miei capi non va giù. Per un po’ lo hanno tollerato, ma ora basta. Non si scherza con la Compagnia, altrimenti la Compagnia manda un’e-mail a Phebus. E Phebus va davanti allo specchio e cambia faccia, si prepara un nuovo passaporto, prende un aereo e lo va a trovare. Per mettere a posto le cose. Stasera sono ospite al Palacio. C’è una festa di Carnevale, nella quale il presidente si traveste: indossa la sua uniforme più bella, con le medaglie più lucide, quelle che non ha conquistato su alcun campo di battaglia. Questa notte il presidente avrà la sua lezione. Mi piace essere qui. Il tempo è migliore, rispetto al nord. Sembra sempre primavera. Io sono l’inverno, ma non lo saprà nessuno e domattina il sole tornerà a splendere. Per tutti, tranne uno. Sanno fare i conti, a Langley, Virginia. Fino a sei mesi fa era tutto rose e fiori. Fino al matrimonio con Leta. Leta Valdéz. Non si sa da dove sia venuta, probabilmente faceva la puttana in una della case in cui il presidente passava le sue notti. In questo Paese la prostituzione è legale e una percentuale degli utili va al residente della CIA, che ogni fine-settimana raccoglie le chiacchiere di letto sui ministri dalle ragazze sul suo libro-paga. Tutto è sotto controllo.


Tranne quella mina vagante di Leta Valdéz. Questa volta non c’è bisogno che Phebus elimini il presidente: si farebbe troppa fatica a trovarne un altro che funzioni altrettanto bene. No. A loro basta rimuovere la donna. Così lei la smetterà di ficcargli in testa strane idee, come per esempio lasciare mano libera ai sindacati. Bell’affare: loro lo pagano per mantenere l’ordine e lui invece permette che gli operai facciano sciopero e riducano la produzione. Nessuno è perfetto, nemmeno questa Evita Perón dei poveri che si chiama Leta Valdéz. Puttana era, puttana rimane. Mi è bastato incrociare il suo sguardo vicino alla piscina dell’Hotel Presidente, l’unico albergo degno di questo nome nella capitale. Si vede che le manca qualcosa: un uomo vero. Lo stagionato Valdéz non la soddisfa più. Non in quel senso, almeno. E adesso che Leta ha imparato cosa significhino il potere e il denaro, vuole riprendersi ciò a cui ha dovuto rinunciare. Senza impegno, una botta e via. Per esempio con un nordamericano di bell’aspetto che domani sarà da un’altra parte, a corrompere qualcun altro. Di fronte a certi stimoli, gli ideali svaniscono come neve a primavera. E qui è sempre primavera. Tiro la pesante tenda di velluto. Fuori il presidente, sotto i riflettori, nemmeno si chiede tra quali lenzuola si sia cacciata la sua infida Lady Macbeth. Mi tolgo la giacca bianca dello smoking e slaccio la fascia. Non ho bisogno di armi, userò le mani. Voglio che la morte di questa donna risulti un delitto passionale: si è portata a letto qualcuno che l’ha uccisa. Domani il presidente soffocherà lo scandalo, ma le voci sul conto di sua moglie saranno sufficienti. L’eroina del


popolo era solo una puttana. Forse, in un ultimo sussulto di sentimenti, il presidente ordinerà di arrestarmi. Ma non farà in tempo. Domattina, quando prenderò l’aereo, avrò un’altra faccia, un altro nome e un altro passaporto. Phebus si lascerà alle spalle un ulteriore lavoro pulito e ben retribuito. Lei mi aspetta nel letto. È molto bella e non credo che resisterò alla tentazione di farmela, prima di ammazzarla. Dopotutto, perché sprecarla? In fondo è gratis e di prima qualità. Mi spoglio e mi sdraio accanto a lei. Lei mi scivola sopra, seducente. “Sapevo che saresti arrivato. Ti aspettavo”, mormora. Riapro gli occhi. “So chi sei”, aggiunge. “So che sei tu.” Non so da dove abbia preso il coltello a serramanico, forse lo aveva preparato sotto il cuscino. Non faccio quasi in tempo a vederlo, lo sento penetrare nella carne, molto vicino al cuore. “Quando c’è qualche problema è te che chiamano”, continua. “Quando qualcuno muore e non è stato nessuno, sei sempre tu. Per questo ho sposato Valdéz. Per questo l’ho fatto diventare ciò che è diventato. Sapevo che avrebbero mandato te.” Non riesco quasi a respirare, ma seguo ancora i miei pensieri. Chi è questa donna? Che cosa vuole da me? Sento a fatica la sua voce. “Sono mesi che le cameriere controllano i bagagli degli stranieri all’Hotel Presidente. Nella tua valigia hanno trovato una parrucca, lenti a contatto e un altro passaporto. Ed eri troppo interessato a me, quando mi hai


vista…” Continua a parlare di qualcosa del mio passato, sempre più lontana, sempre più ovattata. La morte del presidente Carlos Santiago, il mio primo lavoro per la CIA, la mia prima eliminazione, tanto tempo fa. Che cosa può saperne, lei? Avrà poco più di trent’anni, all’epoca doveva essere appena nata. Come era appena nata la figlia del presidente Santiago. Come si chiamava? Conosco la risposta. “Leta…”


Lʼautore Andrea Carlo Cappi è nato a Milano nel 1964 e vive tra l’Italia e la Spagna. Scrittore, traduttore ed editor, ha pubblicato oltre cinquanta titoli tra romanzi, raccolte di racconti, saggi e fumetti, e ha co-sceneggiato, per RadioRai, il serial “Mata Hari”. È noto per il suo vasto ciclo thriller che comprende le serie “Nightshade” e “Medina”, entrambe in ripubblicazione da Oakmond, “Black”, stampato da Cordero e in ebook da Algama, “Agente Nightshade”, in edicola ed ebook per Segretissimo Mondadori, firmato con lo pseudonimo di François Torrent, e una nuova serie di romanzi brevi nella collana “Spy Game” editi in ebook da Delos Digital. Ha creato i personaggi del Cacciatore di Libri e di padre Stanislawsky, protagonisti di numerosi racconti romanzi brevi, e la saga horror-erotica Danse Macabre (Excalibur). Con “I romanzi di Martin Mystère”, usciti per Bonelli, ha vinto i premi Italia 2018 e Atlantide 2019. È autore di romanzi originali con Diabolik & Eva Kant e del saggio “Fenomenologia di Diabolik”. Con Ermione ha firmato il fantanoir “LUV” (DrawUp) e con Paolo Brera il romanzo storico “La spia del Risorgimento”..


progetto editoriale di

elio marracci elio.marra@gmail.com


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