Giornaledellegiudicarie_febbraio2021

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FEBBRAIO 2021 - pag.

Mensile di informazione e di approfondimento

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ANNO 19 - FEBBRAIO 2021- N. 2- MENSILE

L’EDITORIALE

Irresponsabilità sovrana! di Adelino Amistadi Quel che è successo in Parlamento ed in Senato, in particolare, nei giorni scorsi è stata di certo una delle rappresentazioni politiche più grottesche della nostra Repubblica. Una crisi di governo cervellotica, difficile da capire e da accettare in una situazione così drammatica in cui si trova il Paese. Non che la pandemia possa bloccare la democrazia, ci mancherebbe, ma sia Matteo Renzi che il presidente Conte ne escono, tutto sommato, ambedue messi male. L’uno per una scelta politica per niente avveduta, e il presidente Conte, a sua volta imprudente per aver deciso di affidarsi al voto in Senato ben sapendo di non avere i numeri necessari. Secondo gli ultimi sondaggi sulle intenzioni di voto, Italia Viva non arriva al 3%. Eppure è il suo leader Matteo Renzi a voler decidere le sorti del Governo, sono state le dimissioni dei ministri e sottosegretari di Italia Viva a costringere Conte ad andare alla conta. Le perplessità sulla crisi voluta da Renzi hanno riempito per tutta la settimana le pagine dei giornali. Le questioni sollevate riguardano il presente e il futuro del nostro Paese. L’Italia, come quasi tutta Europa, sta vivendo una grande crisi economica, sarebbe necessario un periodo di solidarietà fra tutte le forze politiche responsabili per arrivare ad una direzione condivisa sulle cose da fare e sulle cose da evitare. A Pagina 6

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FONDATO NEL 2002 - Distribuito da

Pandemia, stagione invernale al palo

A pagina 13

EUROPA

Addio al “ragno delle Dolomiti Cesare Maestri

I soldi dell’Europa e il rubinetto di Bruxelles di Paolo Magagnotti

A pag. 18 Scuola

Psicologia da coronavirus

A PAG. 10

Cultura

Dante e le nuove parole del Covid-19 A PAGINA 16

Nel mezzo della tremenda crisi politico-istituzionale nella quale in questi giorni il nostro Paese si trova immerso, sia a livello governativo sia nei partiti si è un’attesa, quasi spasmodica, dei soldi che dovrebbero arrivare dall’Unione europea per far fronte alla spaventosa crisi economica determinata dalla tragedia del coronavirus. A Pag.15

Turismo: Ambito Campiglio-lago d’Idro POLITICA Binelli, nuovo segretario Lega A pag. Centro Specializzato Materassi e Reti

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Opera

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FEBBRAIO 2021

A cura della REDAZIONE

Rassegna Stampa

RASSEGNA STAMPA GENNAIO 2021

DALLE GIUDICARIE DALLA PROVINCIA Chiuso lo storico quotidiano Il Trentino Dopo 75 anni di storia, è stato chiuso dall’editore Michl Ebner, che lo aveva acquistato pochi anni fa, il quotidiano il Trentino, con 18 giornalisti in cassa integrazione a zero ore. L’ultima edizione è andata in stampa il 16 gennaio. Resterà solo la versione digitale della testata, che si trova all’indirizzo www. giornaletrentino.it.

Il Circolo Fotografico Tionese è online. Il nuovo sito web come una “vetrina fotografica” per gli appassionati Presentato ufficialmente, nella recente videoconferenza dal presidente Marco Gualtieri, il nuovissimo sito del Circolo Fotografico Tionese, vuole essere un pun-

to d’incontro per tutti i soci, che proprio a causa di questa pandemia, non possono ritrovarsi in sede per commentare, visionando le proprie fotografie, scambiandosi opinioni in merito alle caratteristiche tecniche e compositive delle immagini. www.circolofotograficotionese.it

“Tragedia imminente a Ponte Caffaro. Da anni sollecitiamo la chiusura del ponte datato 1906” «Tragedia imminente, gli autisti delle corriere sono preoccupati. Sono anni che viene sollecitata la chiusura del ponte sul fiume Caffaro, il ponte che collega la sponda Trentina con quella di Brescia, tra Lodrone e Ponte Caffaro del comune di Bagolino. Gli autisti delle corriere che transitano su quel pezzo non dormono sogni tranquilli. Tutt’altro, anche se le corriere non transitano a pieno carico il mezzo pesante potrebbe sfondare e spezzare in due il ponte di ferro datato 1906, si sta sciogliendo come neve al sole». Lancia l’allarme Nicola Petrolli Segretario Uiltrasporti dicendosi pronto a bloccare il transito delle corriere per salvaguardare gli autisti ed anche i loro passeggeri. «Non ci interessa di chi è la responsabilità e la competenza di questo ponte degradato, sappiamo però che qualcuno può impedire il transito dei mezzi ed evitare tragedie assurde».

Da Milano a Pinzolo, per “massaggi” e cure termali, per andare al 5 stelle: multati Otto persone provenienti dalla Lombardia sono state fermate e sanzionate dalla Polizia locale della Valle del Chiese perché hanno mostrato autocertificazioni e certificati medici in cui si prescrivevano massaggi e trattamenti disintossicanti. Gli otto turisti erano diretti in un hotel a cinque stelle di Pinzolo e, hanno verificato gli agenti della Polizia locale, non hanno in realtà fruito di prestazioni mediche o erogazioni rientranti nei livelli essenziali di assistenza svolte presso centri autorizzati o da professionisti sanitari. Gli otto occupanti dei tre veicoli, al momento del controllo dichiaravano, compilando e sottoscrivendo l’autocertificazione, che lo spostamento per motivi di salute era iniziato dalla provincia di Milano ed aveva come destinazione Pinzolo. Non avrebbero potuto però essere lì e a nulla sono valsi i certificati medici, rivelatisi inutili dopo gli accertamenti condotti dalla Polizia locale. Gli otto turisti sono quindi quindi stati sanzionati con 533,33 euro.

Lo sciacallo dorato di Fiavé Proprio nella piana di Fiavé, vicino ai canneti del biotopo e ai boschi sovrastanti, è stato ripreso in una fototrappola a fine dicembre e ad inizio gennaio lo sciacallo dorato. Non erano mancati a giugno 2020 avvistamenti in zona di un “animale simile alla volpe, ma più grande” o la segnalazione a metà dicembre di “strani ululati” uditi al confine con la riserva di Bleggio Superiore. Ed ora è ufficiale: lo sciacallo dorato è arrivato anche nelle Giudicarie. Un altro record, basato esclusivamente su dati certi di presenza, che va ad aggiungersi agli altri 4 registrati in provincia di Trento nel periodo 2012-2019. Ora sta a vedere... riusciranno uomo e sciacallo a convivere?

L’Albergo Boniprati cambia proprietà e gestione: a Renzo e Gemma Tarolli subentra la Trentiner PIEVE DI BONO – PREZZO. Originariamente era una casa da mont in parte di famiglia ma nei primi anni 70 era divenuto l’albergo Boniprati. Lo scorso 23 dicembre i coniugi e contitolari Renzo e Gemma Tarolli di Castel Condino hanno sottoscritto il preliminare di vendita: saranno comunque ancora loro a gestirlo per qualche altro mese. A succedere ai Tarolli sarà ora la Trentiner & Associati, la cui realtà fa riferimento all’imprenditore condinese Herman Pizzini. Quest’ultimo sembra orientato a fare le cose per bene in modo da trasformarlo e rilanciarlo anche dal punto di vista d’immagine e turistico.

Sfoglia il Giornale delle Giudicarie su www.giornaledellegiudicarie.it Si ricorda che è possibile sfogliare il Giornale delle Giudicarie sul sito www. giornaledellegiudicarie.it aggiornato ogni mese con le notizie più importanti che accadono in Giudicarie.

Il governo impugna la legge provinciale sull’assegnazione delle derivazioni idroelettriche La legge provinciale n. 9/2020 ha modificato la normativa precedente in attuazione di quanto previsto dall’articolo 13 dello Statuto speciale, così come sostituito dall’articolo 1 della legge 205 del dicembre 2017, che riconosce alla Provincia una competenza primaria (da esercitare “nel rispetto dell’ordinamento dell’Unione europea e degli accordi internazionali, nonché dei principi fondamentali dell’ordinamento statale”), riguardante “le modalità e le procedure di assegnazione delle concessioni per grandi derivazioni d’acqua a scopo idroelettrico”. Ad oggi la quasi totalità delle leggi regionali emanate nei termini (ad esempio quelle della Lombardia e del Piemonte) sono state impugnate dal Governo innanzi la Corte Costituzionale per molti degli aspetti che contengono, riguardanti per lo più, a questioni legate alla tutela della concorrenza. Anche la legge provinciale è stata censurata per la lesione di questo principio. “Tuttavia – ha spiegato il vicepresidente della Provincia MarioTonina, il Trentino è in una posizione diversa, perché l’Autonomia speciale gli attribuisce sul tema una competenza primaria. Si tratta, come noto, di una competenza che ci è molto cara, che rivendichiamo con orgoglio e che vogliamo esercitare pienamente, considerata la storia che le centrali idroelettriche hanno alle spalle, l’impatto che hanno prodotto nelle nostre valli, l’importanza che tutt’oggi rivestono per i territori interessati, per le comunità e per i delicati equilibri ambientali in gioco. Il Trentino è pienamente in grado di gestire in maniera responsabile e avveduta questa straordinaria risorsa”. “Living memory”, primo festival della memoria. A Trento due sopravvissuti ad Auschwitz Si è aperto ufficialmente il 19 gennaio per concludersi il 27 gennaio “Living memory”, il primo Festival della Memoria creato dall’associazione “Terra del Fuoco Trentino”, in collaborazione con la Fondazione Museo storico e con il sostegno del Servizio attività culturali della Provincia autonoma di Trento. Contestualmente è stata inaugurata la mostra ufficiale del Museo di Auschwitz-Birkenau “German Nazi Death Camp Konzentrationslager Auschwitz” all’interno degli spazi dell’Officina dell’Autonomia in via Zanella 1/A a Trento, sede della Fondazione Museo storico. “Il Festival rappresenta un’esperienza unica per i nostri studenti

e per la cittadinanza tutta” ha osservato l’assessore provinciale all’istruzione e alla cultura Mirko Bisesti, che ha parlato dell’opportunità di offerta di “ascoltare i testimoni della tragedia dell’Olocausto e visitare virtualmente il campo di concentramento e centro di sterminio nazista di Auschwitz-Birkenau. Il Trentino intende in questo modo vivere la memoria come una vera esperienza, ricordando che nel mondo ancora oggi ci sono realtà che ripetono quelle nefandezze”. A22, si tenta di chiudere la partita del rinnovo della concessione Si è riunita l’11 gennaio l’assemblea dei soci della società Autostrada del Brennero spa. Al centro della discussione la norma approvata con la legge 176 del 18 dicembre scorso, che autorizza i soci pubblici di Autobrennero a esercitare il diritto di riscatto delle azioni detenute dai privati, presupposto necessario per addivenire finalmente al rinnovo della concessione, scaduta nel 2014. I soci privati detengono attualmente il 14,3% del capitale sociale. La norma rappresenta di fatto un’opportunità per chiudere finalmente la partita del rinnovo della concessione. I soci pubblici dovranno a loro volta ricevere il via libera dalle rispettive giunte e consigli al fine di dare mandato alla società di costituire una nuova società in house. Un passaggio, è stato detto, a sua volta delicato e dirimente, che va affrontato con la dovuta attenzione, nella consapevolezza che l’intero processo è governato dal principio della tutela dell’interesse pubblico degli attori territoriali coinvolti. L’assemblea ha dato mandato di richiedere tempestivamente al Governo un incontro per definire gli aspetti regolati dalla norma riguardanti la governance della società e il tema degli extra profitti. M49: il Consiglio di Stato ribadisce la legittimità delle ordinanze della Provincia M49 è un orso problematico e dunque la Provincia era legittimata ad adottare le ordinanze contingibili e urgenti che sono state emanate in relazione alla rimozione dell’animale. E’ quanto afferma una sentenza del Consiglio di Stato pubblicata oggi con la quale si respinge l’appello presentato dalla Lega Nazionale per la difesa del Cane contro una sentenza del TAR che aveva riconosciuto le ragioni della Provincia. Nuovo direttore cercasi per la fondazione Dolomiti Unesco ll consiglio di amministrazione della Fondazione Dolomiti UNESCOha ufficialmente aperto le selezioni per il conferimento di un incarico di natura dirigenziale della durata di tre anni per la figura professionale di Direttore della Fondazione Dolomiti UNESCO. Il bando - che scade il 10 febbraio 2021 - è consultabile al sito web della Fondazione Dolomiti UNESCO www.dolomitiunesco.info. La notizia delle dimissioni della dott.ssa Marcella Morandini dall’incarico di direttore della Fondazione è stata appresa nel mese di dicembre.

Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo. Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.


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FEBBRAIO 2021

Tavola Rotonda: un bilancio di metà legislatura

Vanesssa Masè, consigliera provinciale de “La Civica”

“Prioritario riorganizzare le politiche per l’infanzia” A metà legislatura, cosa ne dice del lavoro compiuto e dei risultati ottenuti dalla giunta da voi sostenuta? Questa giunta ha dovuto fare i conti fin dal suo insediamento con tutta una serie di eventi che non si erano mai verificati in passato, almeno non in tempi storicamente recenti. Si è passati dalla Tempesta Vaia a fine ottobre 2018 all’insorgenza della pandemia da Covid-19, tutt’ora in corso. Oltre quindi a fronteggiare due eventi di portata epocale, vi erano alcune situazioni passate che avrebbero presentato il conto proprio in questo periodo, penso soprattutto al progressivo esaurirsi dei gettiti arretrati in seguito all’Accordo di Milano, che nel 2022 sono stimati in circa 300 milioni di euro in meno e rappresentano una percentuale consistente del bilancio provinciale. Nonostante questi fattori dirompenti in termini finanziari, si stanno mantenendo una serie di impegni presi, tra cui il finanziamento di opere importanti quali ad esempio la circonvallazione di Pinzolo piuttosto che A metà legislatura, cosa ne dice del lavoro compiuto e dei risultati ottenuti dalla giunta da voi sostenuta? Questa legislatura, dal suo inizio, è stata caratterizzata da due eventi che hanno sconvolto il sistema Trentino e, di riflesso, il modo di operare della politica: prima Vaia e poi la Pandemia da Covid 19. Si tratta di situazioni che avrebbero messo in difficoltà qualunque maggioranza di governo, specie se appena insediata, ma credo di poter dire che siamo comunque riusciti ad ottenere dei risultati straordinari: penso alla gestione da manuale del post Vaia, alla riforma del turismo, all’apertura del corso di laurea in Medicina presso l’Università di Trento (provvidenziale in un momento come questo), alle partite finanziarie vinte con lo Stato (e di certo non grazie alla generosità della politica romana) o alla costituzione del fondo per i comuni in emergenza. Questi risultati, che dall’esterno possono sembrare poco importanti, devono essere contestualizzati in una situazione di emergenza che si protrae da inizio legislatura e che, per forza di cose, distrae le strutture provinciali e le risorse dalla normale amministrazione. Da ultimo poi ricordo il record di vaccinazioni eseguite grazie all’eccellente organizzazione del nostro sistema sanitario. Quali sono le difficoltà mag-

il rifacimento della galleria di Ponte Pià, opere attese dalle nostre comunità da decenni. Giova al proposito ricordare che, in questo secolo, la realizzazione fisica dell’opera è probabilmente la parte più semplice, ma il fatto di non vedere ancora gli escavatori all’opera non significa che non si stia lavorando con decisione per concretizzare l’obiettivo. Quali sono le difficoltà maggiori che avete incontrato come maggioranza, ma anche le maggiori soddisfazioni ottenute in questi primi due anni di legislatura? Le difficoltà sono ovviamente quelle che tutti vediamo quotidianamente su giornali e tv: stiamo vivendo una guerra che, anche se non vede eserciti armati, sta mettendo il mondo in ginocchio: nessuno era preparato a questo. Ciò nonostante, la Provincia autonoma di Trento ha messo in campo, prontamente, una serie di iniziative uniche in Italia: pensiamo ad esempio al “#restaacasapassoio”, per non parlare della grande iniziativa di aver riaperto i servizi per l’in-

fanzia nei mesi di giugno e luglio. Aver permesso ai bambini di poter ritrovare la loro socialità, dopo oltre 3 mesi di chiusura in casa, in un luogo sicuro e tra pari, è stata a mio avviso una scelta strabiliante, che ha saputo diminuire situazioni di criticità familiare, o ricomponendo lacerazioni psicologiche che a volte i genitori non sono stati in grado di comprendere o gestire. A livello personale, sono molto soddisfatta per l’intervento da me promosso in aiuto delle nostre aziende di autotrasporto, per garantirne la tenuta occupazionale in un contesto così difficile e in cui tutti

hanno potuto rendersi conto che senza autotrasportatori tutto si bloccherebbe. L’emergenza Coronavirus ha condizionato non poco il lavoro della giunta, ritiene che abbia saputo organizzarsi al meglio? Come, secondo lei, si dovrebbe proseguire? Gli eventi determinati dalla pandemia hanno costretto tutta la politica da quella mondiale fino al più piccolo paesino a riorganizzarsi e a trovare risposte adeguate alle situazioni. Tenendo presente che con lo “stato di emergenza” nazionale, il governo di fatto ha assommato a se molte decisioni,

la giunta ha dovuto fare i conti con una parziale esautorazione delle proprie prerogative, ma ciò nonostante sta gestendo, a mio avviso, nel modo migliore possibile questo momento che, ribadisco, nessuno era preparato a fronteggiare. Ma la salita non è finita: fronteggiata l’emergenza sarà necessario gestire la fase successiva di ricostruzione, con grande flessibilità e lungimiranza. Come oggi l’esecutivo decide regole e direzioni, ma è con la responsabilità di ciascuno che possiamo contenere l’epidemia, anche per il momento della ripresa è necessario un patto tra politica e comunità, tra pubblico e privato (che già tanti sacrifici ha dovuto sopportare), per riuscire a ripartire. Sperando che le cose tornino presto alla normalità, quali sono gli obbiettivi che ritenete importanti per portare a termine nel migliore dei modi la legislatura? Per quanto mi riguarda il mio obiettivo primario di legislatura è riuscire a realizzare una riorganizza-

zione delle politiche per lo 0-6: il Trentino ha competenza primaria sull’infanzia e, in un momento storico di grande difficoltà per le famiglie, è necessario che la Politica si concentri adeguatamente sul proprio futuro, che è rappresentato proprio dai bambini. Per quanto riguarda invece l’interesse generale, due sono i temi fondamentali: il primo, continuare nell’importante organizzazione della campagna vaccinale, pur chiedendo alla popolazione, che sta rispondendo in maniera estremamente favorevole, di comprendere che l’organizzazione di questa fase iniziale dipende unicamente dalle dosi messe a disposizione da Roma. L’altro, è quello di dare una risposta adeguata al nostro tessuto imprenditoriale, in particolare al settore turistico e tutto l’indotto ad esso collegato che rappresenta gran parte del sostentamento delle nostre valli, per sopravvivere e continuare a rimanere competitivi ed attrattivi. Ricordiamoci che esiste un dopo Covid: dobbiamo stringere i denti ancora un po’ perché la fine del tunnel esiste.

Ivano Job, consigliere provinciale della Lega

“Non sono le piste da sci a contagiare le persone, la ripartenza del settore è una priorità” giori che avete incontrato come maggioranza, ma anche le maggiori soddisfazioni ottenute in questi primi due anni di legislatura? Le difficoltà che abbiamo riscontrato credo siano le stesse che avrebbe qualsiasi nuova maggioranza politica che si inserisce in un periodo di governo ultraventennale di altre formazioni politiche. Il sistema era chiaramente improntato su un certo modo di lavorare e su dinamiche diverse, ma devo riconoscere che le strutture della Provincia sono composte di professionisti che lavorano per qualcosa e non contro qualcuno. La maggiore soddisfazione è invece quella di sentire i cittadini che, nonostante gli attacchi continui e il periodo di generale sfiducia nella politica, quando ti incontrano ti rinnovano la loro fiducia e ti dicono di andare avanti: è il segno che siamo sulla strada giusta. L’emergenza Coronavirus ha condizionato non poco il

lavoro della giunta, ritiene che abbia saputo organizzarsi al meglio? Come, secondo lei, si dovrebbe proseguire? Sono davvero convinto che la Giunta si sia mossa nel migliore dei modi, anche considerando che questa pandemia è stata un fulmine a ciel sereno e - in un certo senso - ha colto di sorpresa tutte le istituzioni del mondo. In Trentino non è mai stato negato il pericolo Covid - come invece è stato fatto da molti

altri - e la Provincia, assieme alla parte sanitaria, si è subito attivata per sopperire alle carenze che anche un sistema ben organizzato come il nostro dimostra in un inedito momento di sovraccarico. Basti pensare all’aumento dei posti in terapia intensiva, al potenziamento dei trasporti pubblici, all’efficace sistema di tracciamento, ai reparti Covid organizzati in tempi record o alla vicinanza che il presidente Fugatti ha dimostrato ogni giorno ai cittadini

con le sue dirette televisive e social. Mi piace poi ricordare che già a febbraio 2020, ben prima dell’esplosione della pandemia, la Giunta aveva disposto l’obbligo di quarantena per chi tornava dalla Cina o da zone a rischio contagio, ricevendo le peggiori critiche e attacchi: purtroppo la storia ci ha dato ragione. Ora credo sia importante lavorare per un ritorno alla normalità, nella convinzione che rispettando le regole anti contagio e predisponendo protocolli adeguati si possano svolgere in sicurezza tutte le attività: ad esempio i contagi di questo 2021 ci hanno dimostrato che non sono le piste da sci a contagiare le persone e quindi la ripartenza di questo settore deve diventare una priorità. I cittadini hanno capito la portata del virus e lo hanno dimostrato con il rispetto delle regole e il senso civico che li caratterizza: i trentini però vogliono lavorare e non si accontentano dei sussidi. Sperando che le cose tor-

nino presto alla normalità, quali sono gli obbiettivi che ritenete importanti per portare a termine nel migliore dei modi la legislatura? Credo che la priorità in questo momento sia la partita sui vaccini, che devono essere garantiti quanto prima a tutti i soggetti a rischio e ai lavoratori. La Provincia deve poi lavorare per garantire una ripartenza piena e ordinata, predisponendo gli strumenti – anche finanziari - per assicurare la tenuta del sistema economico e sociale. Questa pandemia ci poi fatto riscoprire l’importanza di un sistema sanitario efficiente e mi auguro che serva da lezione per le politiche sanitarie del futuro: fin da subito la Giunta Provinciale, nella persona dell’Assessore Segnana, ha manifestato il suo interesse per i presidi del nostro territorio, riaprendo i punti nascita e potenziando la rete ospedaliera. Spero si continui su questa strada.


Tavola Rotonda: un bilancio di metà legislatura

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Giorgio Tonini, consigliere provinciale del Partito Democratico

“C’è una conclamata assenza di prospettiva oltre la crisi” Siamo a meta legislatura, quale giudizio ritiene di poter esprimere sulla Giunta Fugatti nel suo complesso? Il mio è un giudizio di preoccupante inadeguatezza. Nel primo anno, la Giunta ha sostanzialmente delegato alla struttura burocraticoamministrativa la gestione della macchina provinciale, rinunciando ad una chiara intenzionalità politica e ad un esplicito programma riformatore. Il presidente Fugatti e la sua Giunta si sono limitati a giustapporre all’ordinaria amministrazione alcune misure simboliche di carattere perlopiù propagandistico, a cominciare dall’innalzamento delle barriere di accesso al welfare per gli immigrati, al ridimensionamento della solidarietà internazionale, al superamento delle gestioni associate dei comuni, ad una sterile contrapposizione tra centri urbani e montagna. Nell’ultimo anno, la Giunta ha dovuto fronteggiare la crisi sanitaria ed economica provocata dalla pandemia e si è concentrata sull’emergenza, con risultati altalenanti tra alti e bassi, ma ha completamente ignorato la prospettiva di medio termine, facendo correre al Trentino il serio pericolo di vedere ridiSiamo a metà legislatura, quale giudizio ritiene di poter esprimere sulla Giunta Fugatti nel suo complesso? Se valutiamo i fatti, il giudizio sulla giunta e sulla maggioranza in generale non può purtroppo essere buono. Governano come chi li ha preceduti, aggiungendoci un po’ di folklore di facciata a uso e consumo dei fan più sfegatati. Scarsa è stata finora la disponibilità ad ampliare gli spazi democratici per dar voce a cittadini e parti sociali. Un esempio emblematico in questo senso si ha se si guarda all’atteggiamento messo in campo di fronte alla crisi pandemica e ai suoi risvolti economici. Al di là degli impegni approvati dall’Aula non c’è ancora stata da parte della Giunta alcuna convocazione per associazioni di categoria, sindacati e terzo settore, al fine di avviare una discussione volta alla programmazione concertata delle strategie per far fronte agli effetti di breve periodo connessi alla crisi economica e sociale e per il rilancio dell’economia trentina, impiegando così con diligenza ed efficacia le risorse messe a disposizione dell’Unione Europea con il Recovery Fund. Il tempo per ravvedersi e modificare la prospettiva devastante di

mensionata la forza del suo tessuto economico, sociale e perfino autonomistico. In quali settori la Giunta, secondo lei, non è stata all’altezza dei suoi compiti? A mio modo di vedere il limite più grave dell’azione della Giunta Fugatti è stato proprio la conclamata e perfino rivendicata assenza di prospettiva dentro e oltre la crisi. Non possiamo programmare il futuro perché siamo in emergenza, ci ha sempre risposto il presidente. Ma è proprio nel pieno delle crisi che si deve al tempo stesso fronteggiare l’emergenza e attrezzarsi per il dopo-crisi. Certo che è difficile, ma solo chi ci riesce potrà uscire dalla crisi più forte e non più debole di come vi era entrato. E un’autonomia speciale che si limiti a tamponare le falle e rinunci a darsi una rotta, a programmare il futuro appiattendosi sul presente, è un’autonomia che nega se stessa. Nel pensare e progettare il futuro si sarebbe dovuto lavorare insieme all’Alto Adige e al Tirolo, rafforzando i legami regionali ed euroregionali. E invece, mai come in questa fase, il Trentino è apparso piccolo e solo, per usare le preoccupate paro-

le di Bruno Kessler. E le due province come due coniugi che vivono da “separati in casa”. Nel frattempo il mondo galoppa, l’Italia è ferma al palo e per la prima volta, a cinquant’anni dalla redazione del secondo Statuto, non riusciamo ad utilizzare l’autonomia per fare meglio e prima del resto d’Italia. Ritiene che l’emergenza Coronavirus sia stata affrontata nel modo giusto? Si poteva fare meglio? Su questo punto sono sempre stato solidale col presidente e con la Giunta. In astratto si sarebbe potuto fare meglio. Ma in concreto non abbiamo termini di paragone col passato, perché ci siamo trovati

dinanzi ad una sfida terribile e del tutto inedita. E tuttavia, a mio modo di vedere, su due versanti si sarebbe potuto (e si potrebbe ancora) adottare un metodo diverso. Il primo riguarda la gestione dei dati, che ha presentato elementi di confusione, in sé comprensibili, ma resi meno tollerabili da un atteggiamento da parte della Provincia inutilmente polemico e nervosamente difensivo. Se non c’è nulla da nascondere, si deve rispondere ai dubbi e agli interrogativi con rispetto e trasparenza, non accusando le voci critiche di fare il gioco dei nemici del Trentino. Il secondo riguarda la prospettiva del nostro sistema sanitario. La pandemia ha messo in evidenza, anche in

Trentino, limiti e criticità, che andrebbero indagati con apertura mentale e spirito costruttivo da parte di tutti. Proprio a tal fine da mesi proponiamo come minoranze la costituzione di una Commissione speciale del Consiglio provinciale che lavori sulle orme di quella su Vaia: non per cercare colpevoli e fare processi politici, ma per indagare problemi e cercare, insieme, soluzioni. Nella legge di bilancio 2021, la Giunta ha inserito la previsione di una riorganizzazione del modello sanitario provinciale. L’impressione che si ha è che si tratti più di una mossa di propaganda politica, un frutto tardivo della campagna elettorale di due anni fa, che di una ponderata azione riformatrice, da realizzarsi sulla base di un’attenta valutazione della situazione, col coinvolgimento di tutta la comunità, a cominciare dalle professioni sanitarie, dagli amministratori, dal Consiglio provinciale. A completamento della legislatura quali, secondo lei, sono gli obbiettivi che ancora si dovrebbero raggiungere? Scrivere insieme un programma per il Trentino post-crisi. Ripensare infrastrutture e ur-

banistica attorno al grande progetto di corridoio del Brennero. Sostenere, stimolare, incentivare le imprese innovative, capaci di conquistarsi uno spazio significativo nel mercato di domani, e accompagnare quelle obsolete a cessare la loro attività, salvaguardando con politiche attive del lavoro, i redditi dei lavoratori e il sapere imprenditoriale e professionale. Valorizzare gli asset provinciali e regionali, in una logica di sistema: dall’Autobrennero al gruppo CCB, dal Mediocredito all’Itas, dagli enti di sviluppo provinciale a quelli di ricerca e alla stessa Università, oggi arricchita dalla nuova, importante scuola di Medicina. Rinnovare in profondità la pubblica amministrazione, provinciale e comunale, utilizzando appieno le potenzialità delle tecnologie digitali per riorganizzare il lavoro attorno alla misurazione dei risultati, alla valutazione della produttività, al reclutamento di nuove professionalità. C’è tanto da fare, tanto su cui lavorare, insieme. Se non vogliamo che dalla crisi esca un Trentino più piccolo e solo, rassegnato ad un inesorabile declino.

Alex Marini, consigliere provinciale M5S

“Governano come chi li ha preceduti, aggiungendo un po’di folklore” una distribuzione a pioggia delle risorse al solo scopo di ottenere consenso, c’è ma non è più molto. Se vogliamo veramente ripensare il nostro modello di sviluppo secondo la transizione ecologica e l’innovazione digitale dobbiamo procedere in fretta ma chi governa la Provincia non pare proprio essere di quest’idea. In quali settori la Giunta, secondo lei, non è stata all’altezza dei suoi compiti? Ne dico solo 3 per evitare di dilungarmi troppo. Sanità, a discapito delle promesse elettorali la maggioranza non ha affatto cambiato l’impostazione dell’Azienda Sanitaria volta a penalizzare gli ospedali periferici a favore di quelli nei grandi centri urbani. Lavoro, come insegna il caso dell’azienda metalmeccanica Sicor, la giunta finge di mantenere equidistanza fra lavoratori e parti datoriali ma nei fatti

spalleggia le seconde anche quando mirano a fare unilateralmente a pezzi stipendi e diritti dei lavoratori. Tutela dell’ambiente, che invece di essere difeso come il più grande patrimonio dei trentini viene visto nell’ottica dello sfruttamento puro. Un paio di esempi in tal senso vengono proprio dalle Giudicarie, col rifiuto pervicace e reiterato di tutelare le acque del fiume Chiese puntando tutto sullo sfruttamento intensivo del corso

d’acqua in combutta con la Lombardia e sulla volontà di mettere a gara anche le piccole derivazioni idroelettriche fino a 3 MW, che per la maggior parte fino ad oggi hanno prodotto utilità sociale per le comunità delle nelle nostre valli ma che un domani potrebbero passare ai privati. Ritiene che l’emergenza Coronavirus sia stata affrontata nel modo giusto? Si poteva fare meglio?

Onestà intellettuale impone di premettere che durante una pandemia come quella affligge il mondo da almeno 1 anno governare non è facile. Qualsiasi cosa si scelga di fare si finirà con lo scontentare qualcuno. Chi ha responsabilità di governo però è chiamato a decidere in base all’interesse collettivo e non al proprio tornaconto elettorale. Proprio qui sta il punto riguardo alla pessima prova che la destra trentina ha dato di sé riguardo alla gestione della pandemia. A Trento si è ragionato all’insegna del piccolo calcolo elettorale e dello scaricabarile senza assicurare trasparenza e coinvolgere le forze politiche, le parti sociali e le professioni sanitarie. Sembra incredibile ma nonostante le richieste la Quarta commissione permanente del Consiglio, quella che si occupa di salute, non ha mai convocato una seduta per occuparsi in maniera

specifica dell’emergenza sanitaria. Nelle commissioni, della pandemia al massimo si è parlato solo in sede di trattazione di petizioni popolari e dei disegni di legge in materia finanziaria. C’è poi il mistero sul numero dei positivi al virus nella nostra Provincia, assai anomalo rispetto a quello di Bolzano, dove ci sono meno morti al giorno, meno ricoverati in ospedale e meno terapie intensive occupate ma, chissà come mai, i positivi in quarantena ogni 100 mila abitanti risultano essere quasi 6 volte più che da noi. Dati che fanno sospettare ci sia qualcosa che non torna nei numeri forniti dalla Provincia di Trento alle autorità sanitarie nazionali. Una situazione che pone interrogativi anche scabrosi, ma sulla quale purtroppo si potranno fare le opportune valutazioni solo a emergenza finita.


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Primo Piano

FEBBRAIO 2021 L’EDITORIALE - di Adelino Amistadi

Continua dalla Prima Idee chiare, lungimiranza e stabilità sono alla base di un progetto condiviso. Ma a quanto è parso non erano queste le priorità di Renzi. Ha cominciato col richiedere un rimpasto di governo, e il rimpasto erano sedie in più per i suoi, così come poi chiedeva un maggior coinvolgimento nel mare grande dei 209 miliardi del Recovery Fund. Tutto qui. Ma allora si rafforzano ancor più le perplessità sullo smarcamento dei renziani: era il caso di aprire una crisi di governo a fronte di migliaia di morti che quotidianamente aumentano? Era opportuno far traballare tutto mentre le attività commerciali sono alla frutta? E ancora che figura ci facciamo di fronte all’Europa che ha messo in campo iniziative di rilancio economiche mai viste prima? Era il caso di sfasciare una maggioranza che comunque stava governando al meglio un Paese disastrato? Oltre l’attuale maggioranza, si sa, c’è la destra che attende sulla sponda del fiume il cadavere del governo giallo-rosso. Una destra discutibile ed anch’essa divisa sul da farsi, ma pronta comunque ad elezioni subito. Ma né Renzi né gran parte del Parlamento sembrano essere favorevoli alla fine anticipata della legislatura, anche perché molti degli uscenti non sarebbero rieletti, se non altro per il taglio di

Irresponsabilità sovrana! oltre duecento deputati e senatori voluto dal referendum dello scorso anno, e Renzi con il suo partito potrebbe scomparire definitivamente. Ma allora perché Matteo Renzi insiste nell’attaccare il governo Conte, pur consapevole che la partita contro di lui è ormai persa? Perché Renzi, che non è uno sprovveduto, si è reso conto di due cose: la sua offensiva contro Conte non dispiace per niente a numerosi esponenti del PD e M5S, anche se questi preferiscono per ora stare nelle retrovie, ma prima o poi potrebbero farsi sentire e allora Renzi avrebbe tutto da guadagnare e giungere finalmente al suo vero obiettivo, che non è certo quello d’essere riconfermato senatore, ma aspira a ben altro: un incarico di prestigio preferibilmente internazionale che di sicuro potrebbe sedare la sua insoddisfazione permanente. Peccato che mentre Conte e Renzi giocano a farsi fuori l’un l’altro, nel Paese imperversi la seconda ondata della pandemia. Ma a quanto pare

non è una priorità. Peccato che stando ai dati ufficiali siano più di 80.000 i morti per il Covid-19 e che una persona su cento sia, a oggi, siero positiva. Peccato che ci sia una generazione di studenti che non riusciranno a portare a termine l’anno scolastico. Peccato che vi siano settori produttivi fermi da mesi e in balia delle colorazioni, tra chi resiste doverosamente e chi viola ogni normativa in totale impunità. Peccato che si parli così tanto di crisi di Governo e così poco delle crisi poco visibili che stanno consumando

le categorie più fragili della popolazione, fra cui gli anziani lasciati soli, i disoccupati, e tutte le persone toccate da altre malattie. Peccato che di tutto questo non se ne preoccupi nessuno. Certo lo scenario non è dei più edificanti, ma in un Paese dove si apre una crisi politica in mezzo ad una pandemia, c’è ben poco da sperare che le cose vadano meglio. Ne è convinto lo stesso Presidente Mattarella che non ha nessuna intenzione di cedere alle spallate della destra o alle ambizioni ormai sfumate di Renzi.

A questo punto, allora, è lecito chiedersi che ne sarà del Governo dell’Italia dopo le dimissioni di Conte? Conte sa benissimo che per costituire un governo Conte-3, come alcuni ipotizzano, inizierebbero a farsi sentire pregiudiziali d’ogni tipo, colpi bassi, sgambetti ed imboscate più o meno sotterranee, che lo costringerebbero a tirarsi da parte e tornare a fare l’avvocato. Da qui la sua resistenza nel non credere alle lusinghe di sirene poco affidabili. Comunque Conte è più furbo che santo. Le confuse ed ambigue richieste dei renziani non hanno sortito alcun effetto, se non quello di isolarli ulteriormente. L’opinione pubblica è rimasta confusa e basita dalle ultime gesta di Renzi, ormai sembra essersi convinta che l’intera vicenda debba rifarsi alla classica offensiva per ottenere posti e prebende di governo e sottogoverno. A ben vedere abbiamo assistito ad una crisi al buio e le crisi al buio si sa quando cominciano, ma non come finiscono. In queste ultime ore si prospet-

tano un sacco di alternative. Persino la riconciliazione con Renzi accontentato con qualche poltrona e avanti Savoia! C’ è invece chi insiste su un governo Conte ter, con l’entrata in maggioranza dei centristi, purché ci sia il dovuto rimpasto. I giochi sono tutti all’interno del centrosinistra estesi ai tanto richiesti “volonterosi”. Vedremo come andrà. Il voto anticipato, da tutti auspicato, ma da nessuno voluto, resta comunque sempre lì quasi fosse la chiave di Conte per uscirne illeso. Ad oggi non possiamo fare previsioni di alcun tipo, riprenderemo il discorso nel prossimo numero sperando che per allora le cose si siano sistemate e che finalmente possa lavorare un Governo forte, rinnovato e pronto per affrontare i drammatici problemi sia sanitari, ancor più economici che sono sul tappeto con idee chiare e prospettive sicure. Allora forse potremo incominciare un’altra storia. Ma, prepariamoci, ne vedremo ancora delle belle. Povera Italia.


Attualità

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Giorgio Marchetti e Walter Ferrazza in pole-position per la presidenza

Bim del Sarca e Parco, corsa all’elezione dei vertici I giochi per le nomine alla presidenza e ai posti di comando degli organi sovracomunali in Giudicarie stanno lentamente trovando una soluzione. In questi quattro mesi, dalle elezioni comunali di settembre, i sindaci e gli amministratori si sono confrontati, non senza difficoltà dovute alle restrizioni causate dal Covid-19, per cercare di individuare chi avrà l’onore e l’onere di guidare gli enti sovracomunali. Da queste contese si è sottratta, per ora, la Comunità in quanto con una legge provinciale del settembre scorso sono state commissariate fino all’estate prossima, con la nomina di Giorgio Butterini già Presidente in questi ultimi cinque anni. In questo periodo l’assessore Mattia Gottardi dovrà presentare una riforma, riguardante principalmente le modalità di elezioni degli organi della Comunità, attribuendo maggiori responsabilità ai Comuni, ai quali il nuovo ente intermedio dovrà riferirsi. Situazione interlocutoria anche al Consorzio Bim del Chiese, dove i sindaci hanno deciso di nominare, anche qui per un periodo temporaneo, il sindaco di Sella Giudicarie, Franco Bazzoli, con il compito di predisporre una proposta di modifica dello Statuto. In questi anni a giudizio dei Sindaci il nuovo statuto, approvato solo cinque anni fa, ha evidenziato diversi problemi. In particolare la mancanza di un consiglio direttivo e la presenza della sola assemblea, ha avuto come conseguenza la concentrazione delle decisioni nella figura del presidente e la scarsa possibilità di confronto con i membri dell’assemblea. L’ipotesi di modifica che il sindaco Bazzoli dovrà predisporre riguarderà quindi la previsione di un consiglio direttivo composto da un numero limitato di componenti, come accade nei Comuni con le giunte comunali. In questo modo il presidente potrà confrontarsi e delegare competenze ai membri del Consiglio direttivo e formulare proposte da sottoporre all’assemblea

Giorgio Marchetti maggiormente discusse e condivise. Solo dopo questa fase istituzionale, si apriranno i giochi per la presidenza per i prossimi anni, ruolo per il quale il Comune di Storo ha già avanzato la candidatura del vicesindaco Claudio Cortella. Novità di queste ultime settimane al Consorzio Bim del Sarca. Dopo un confronto serrato tra gli amministratori ed un braccio di ferro tra Gianfranco Pederzolli, Presidente da un ventennio e Giorgio Marchetti, sindaco di Borgo Lares, pare che sia stato trovato un accordo che porterà Marchetti alla presidenza con vicepresidente Pederzolli che continuerà a ricoprire le cariche all’interno della Federazione Nazionale dei Bim a Roma e seguirà l’attività del Parco Fluviale del Sarca che si è sviluppata in questi anni. Giorgio Marchetti, sindaco per un ventennio di Bolbeno e dal 2015 di Borgo Lares, vanta una grande esperienza nel settore, essendo stato presidente della Geas, la Società che si occupa della gestione dell’acqua in Giudicarie. Ruolo importantissimo per le nostre valli quello dei due enti imbriferi che dovranno gestire, nei prossimi anni, ingenti risorse derivate dallo sfruttamento delle risorse idroelettriche, da utilizzare

Walter Ferrezza

per contribuire al progresso economico e sociale delle popolazioni dei territori montani, come precisa la legge istitutiva del 53. Sull’utilizzo di queste entrate, fin dalla loro costituzione, si sono confrontate diverse opinioni, da chi considera i Bim come una sorta di banca per il finanziamento dei Comuni, a chi li vede come Enti che dovrebbero sviluppare azioni di sviluppo dell’economica locale, a chi infine vorrebbe limitare gli interventi al ripristino delle condizioni di naturalità dei fiumi compromesse proprio dallo sfruttamento idroelettrico. Per quanto riguarda il Parco Naturale Adamello

Brenta, com’è noto, con la riforma proposta dal vicepresidente della Provincia Mario Tonina, il Comitato scende dai 66 a 29 e precisamente:– 20 designati dai comuni in rappresentanza degli ambiti geografici di valle: 8 membri per la Val Rendena, 2 per la Valle del Chiese e dell’Arnò, 2 per le Giudicarie Centrali, 3 per le Giudicarie Esteriori, uno per la Paganella, 3 per la Val di Non e uno per la Val di Sole; – 2 designati congiuntamente dalle associazioni di protezione ambientale; – 1 membro designato da ciascuno dei seguenti enti: ASUC del territorio (congiuntamente), Regole di Spinale Manez, SAT, APT

del territorio (congiuntamente), Organizzazioni agricole (congiuntamente), Associazione Cacciatori, Associazioni dei pescatori (congiuntamente). Nelle designazioni è stata rispettata la quota di genere prevista dalla legge, che riserva almeno un quarto dei componenti al genere meno rappresentato. Le donne presenti in comitato saranno, infatti, otto. Questa è la nuova composizione del Comitato di gestione: AMBITI TERRITORIALE ED ENTI NUOVI MEMBRI DEL COMITATO VAL RENDENA (Carisolo, Pinzolo, Giustino, Massimeno, Bocenago, Cader-

zone, Strembo, Spiazzo, Pelugo, Porte di Rendena): Armani Cristian, Beltrami Virgilio, Chiappani Nicola, Collini Ilaria,Ferrazza Walter, Masè Paola,Moschetti Manrico,Povinelli Mauro GIUDICARIE CENTRALI (Tione di Trento, Tre Ville);Pangrazzi Paolo,Pedretti Renata. VALLI DEL CHIESE E DELL’ARNO (Sella Giudicarie, Valdaone):Pellizzari Alan,Molinari Giovanna. GIUDICARIE ESTERIORI (Comano Terme, San Lorenzo Dorsino, Stenico):Bosetti Ivan,Onorati Achille,Ladini Arianna. ALTOPIANO DELLA PAGANELLA (Molveno, Andalo, Cavedago, Spormaggiore):Donini Cornelia. VAL DI NON (Ville D’Anaunia, Contà, Denno, Campodenno, Cles, Sporminore):Marinelli Monica, Iob Damiano,Gramola Lorenzo. VAL DI SOLE (Dimaro Folgarida):Fedrizzi Matteo. REGOLE DI SPINALE E MANEZ: Bertolini Piero. S.A.T.:Frenez Marco. ASSOCIAZIONI PROTEZIONISTICHE: Merz Sergio, Tessadri Franco. ASSOCIAZIONI AGRICOLE: Waldner Darma. A.P.T.: Katzemberger Marco Luigi. ASSOCIAZIONI CACCIATORI: Botteri Piervito. ASSOCIAZIONI PESCATORI: Arnoldi Fabio. A.S.U.C.:Mochen Bruno. Nella prima riunione del Comitato di gestione verrà eletto il presidente e la giunta esecutiva, composta oltre al Presidente da sei membri del comitato scelti tra i rappresentanti dei comuni, delle ASUC e delle Regole di Spinale e Manéz. Per la carica di presidente il nome più gettonato è quello di Walter Ferrazza, sindaco di Bocenago dal 2010, assessore della Comunità nell’ultima legislatura e con una breve esperienza come sottosegretario per gli Affari Generali e le Autonomie nel governo Letta. Sul suo nome hanno evidenziato riserve le associazioni ambientaliste in quanto Ferrazza ha tra i suoi hobby quello della caccia.


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Rubrica salute

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Le età delle persone sono stratificate secondo valutazioni scientifiche e non più solo comportamentali, in parametri completamente diversi. Una persona di 70 anni oggi equivale per forza fisica a uno di 50 anni degli anni Ottanta. Siamo bambini fino a 15 anni, giovani dai 16 ai 24, giovani adulti dai 25 ai 34, adulti fino ai 54, tardo adulti fino ai 65, giovani anziani fino ai 74, anziani fino agli 84 e grandi anziani dagli 85 in poi. In ogni caso i rapporti fra le persone, le dinamiche familiari, le crisi generazionali hanno modificato i rapporti sociali in modo molto evidente. Se guardiamo delle vecchie foto le persone erano distribuite in modo verticale, cioè a dire che c’erano tanti bambini e tante persone di tutte le età; diversamente da ora dove le persone sono di meno e a volte facciamo fatica a distinguere le età dei fotografati. Si invecchia in modo biologicamente diverso e le distinzioni si fanno più per generazioni in base a tendenze sociologiche e comportamentali che per definizioni anagrafiche. È per la pandemia da Covid 19 che abbiamo di nuovo riscoperto il termine anziani e ci siamo focalizzati sulle patologie e sugli stili di vita e le conseguenze relative. A pensarci bene certe etichette sono più confacenti: ci sono i baby boomers, quelli di noi cresciuti nel miracolo economico degli anni sessanta e la generazione X degli anni settanta e i millenials degli anni Ottanta e la generazione Z, i nati a cavallo del secolo. La pandemia ha fatto emergere anche l’importanza dei ruoli delle persone. Le decisioni relative ai vaccini ne sono un esempio. Ne deriva un equilibrio mobile che dovrebbe influenzare la politica, ma non lo fa. I nonni nella rappresentazio-

In Giudicarie via allo Spazio Argento

Nonni, fra risorse e cambiamenti sociali di Gianni Ambrosini - oncologo “Nel corridoio di casa i quadri di famiglia erano appesi in bella mostra, senza una logica di esposizione. C’erano i nonni, i bisnonni e gli avi di cui nessuno ricordava con precisione ne sociale del termine non sono più le persone di una certa età, con problemi di salute, poco dinamiche, che devono per forza esprimere saggezza, sempre molto disponibili, a cui si può sempre ricorrere. Molti di noi si rifiutano di invecchiare, non accettano di passare il testimone, insorge una resistenza culturale che deriva anche dal carico di responsabilità che ancora si avverte. Quando insorge il conflitto generazionale il campo di battaglia si riempe di contendenti e la soluzione non è mai efficace; può essere solo momentanea e non porta all’alleanza che può essere rinsaldata nel tempo. I nonni quando fanno i nonni sono gli amici che ti offrono la spalla e non solo, ti sanno ascoltare ma non pretendono di darti per forza dei consigli e non ti impediscono di essere bambino, ragazzo, adolescente, adulto o compagno di giochi. Mi ricordo che da giovane universitario i soldi del papà erano strutturali, servivano per le spese correnti; quelli della

mamma erano la riserva, la sopravvivenza; quelli dei nonni erano “liberali” servivano per scialacquare. Ma la politica non ha saputo leggere il messaggio che scaturiva dalle esperienze del passato, si è incartata in stereotipi preconfezionati e ha ripetuto gli errori già commessi dalle generazioni precedenti, col rischio di trasmettere alle generazioni

i nomi. Io avevo interesse per nonno Giovanni, perché ne porto il nome. Era molto severo e deciso tanto che lo chiamavano tutti col cognome: Cardinale.”

che verranno un’eredità già compromessa. Ci è voluta una ragazzina di 17 anni per far scendere in piazza migliaia di persone in tutto il mondo per denunciare che non è solo il profitto la chimera del futuro, ma che bisogna inserire nella politica degli investimenti la parola sociale, la parola ambiente, la parola alleanza e rispetto fra le persone.

Il Giornale delle Giudicarie mensile di informazione e approfondimento

Anno 19 n° 2 febbraio 2021 Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Presidente: Oreste Bottaro Direttore responsabile: Paolo Magagnotti Coordinatore di Redazione: Denise Rocca Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Matteo Ciaghi, Denise Rocca Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Adelino Amistadi, Mario Antolini Musòn, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Dario Beltramolli, Giacomo Bonazza, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Francesca Cristoforetti, Chiara Garroni, Enrico Gasperi, Marco Maestri, Mariachiara Rizzonelli, Tiziano Salvaterra, Alessandro Togni, Ettore Zampiccoli, gli studenti dell’Istituto Guetti Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 29 gennaio 2021 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129

Durante il lockdown abbiamo anche imparato come il termine “congiunti” possa delineare delle famiglie allargate, perché le relazioni non istituzionalizzate possono coinvolgere gli affetti a tutte le età. È molto difficile definire oggi la famiglia che non può essere vista come una bandiera della società, secondo canoni naturali. Il mondo cambia di continuo come cambiano le ideologie e i modelli culturali che riguardano anche le famiglie e i suoi componenti e i Nonni ne sono la parte più interessante. La famiglia è “fluida”perché la sua composizione può variare molto rapidamente o naturalmente nel tempo; è un “impasto sociale” di durata variabile o di lunga durata, ottenuto con ricette sempre nuove. E a pensarci bene il collante più importante sono molte volte i nonni. Pensiamo ai conflitti il più delle volte generati dalle aspettative genitoriali, chi li risolve o fa da parafulmine? Il nonno! È chiaro che a volte i nonni sono dei riferimenti di tipo ideale, rappresentano gli affetti più cari e i simboli più fermi, proprio in funzione della loro precarietà e la pandemia da Covid19 lo ha ben dimostrato. Sui comodini delle persone ricoverate i riferimenti più toccanti della famiglia erano le foto dei nipoti. Ma a ben riflettere

sono la forza silenziosa che orienta molte delle scelte della società; ci sono 150 nonni ogni 100 giovani, le scelte di costume, i palinsesti televisivi molte volte sono orientati dai nonni, i consumi lo stesso, l’economia anche. Quante famiglie riescono ad arrivare a fine mese perché c’è l’aiuto, la pensione dei nonni; in Italia il 49% contro la media europea del 24%. Quante famiglie sopravvivono perché i nonni ci sono sempre. Un’osservazione che i pedagogisti come Novara hanno segnalato più volte: i bambini coi nonni giocano “da bambini”cosa che non fanno coi genitori che li caricano di aspettative. Lo possiamo definire un patto sociale di emergenza ma non certo una strategia per il futuro. Bisognerebbe pensare ad una programmazione sul lungo periodo che tenesse conto delle evenienze che la vita molte volte ci chiede di affrontare. La pandemia ci ha fatto scoprire, anche se non ce n’era bisogno, il valore dei nonni. E ci viene da chiedere se lo stato si prende cura a sufficienza dei suoi cittadini più cari quando insorgono i bisogni. Il 2 novembre u.s. la Comunità delle Giudicarie, assieme alla Comunità del Primiero e al Comune di Trento ha dato avvio al “progetto Spazio Argento” per la presa in carico della popolazione anziana. L’obiettivo è quello di fare il punto sulle risorse esistenti i bisogni del territorio, accompagnare l’anziano fragile e la sua famiglia nel percorso di invecchiamento, promuovere il supporto sanitario, garantire un aiuto alle situazioni problematiche. “Una società merita la qualifica di “civile” se sviluppa gli anticorpi contro la cultura della scarto, se riconosce il valore intangibile della vita umana - ha detto papa Francesco - se la solidarietà è fattivamente praticata e salvaguardata come fondamento della convivenza”.


Azienda sanitaria

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Aumenta il personale in azienda sanitaria, oltre 2.500 unità

Assunti nove infermieri tra ospedale di Tione, cure primarie e psichiatria Nel dettaglio, sono sette i nuovi assunti all’ospedale di Tione, due all’Unità operativa cure primarie Alto Garda, Ledro e Giudicarie e uno all’Unità operativa di psichiatria Alto Garda, Ledro e Giudicarie. Le assunzioni sono frutto in gran parte di un concorso pubblico indetto a dicembre 2019 e la cui graduatoria è stata approvata lo scorso novembre, dopo alcuni rallentamenti nelle procedure di selezione dovute alle normative anti Covid previste anche per i concorsi pubblici. Le prove preselettive si sarebbero dovute svolgere ad aprile 2020 ma a causa dell’emergenza coronavirus sono state rinviate e poi sospese in applicazione della normativa nazionale. In questa fase di sospensione è stata comunque

Nonostante le difficoltà legate a questo periodo pandemico l’Azienda provinciale per i servizi sanitari ha voluto fortemente investire sulla stabilità delle professioni sanitarie. Il direttore geneapprovata una graduatoria per soli titoli da cui si è attinto per le prime assunzioni necessarie a fronteggiare l’emergenza. A maggio sono stati riaperti i termini per la presentazione delle domande, cosicché hanno avuto l’opportunità di iscriversi anche i nuovi laureati in infermieristica. Si è proceduto poi con le prove scritte e pratiche in estate e con gli orali tra settembre e ottobre. La graduatoria è stata poi approvata a metà novembre. Notevole lo sforzo logistico e organizzativo sul fronte delle selezioni: si è trattato di uno dei con-

rale di Apss Pier Paolo Benetollo ha disposto l’assunzione a tempo indeterminato per 154 infermieri che lavoreranno in diverse strutture di Apss, sia ospedaliere, sia territoriali.

corsi più numerosi mai organizzati dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari. In totale sono 154 gli infermieri assunti: 80 lavorano già in Apss con contratti a tempo determinato e saranno stabilizzati, 27 arriveranno con gradualità dalle Apsp (in modo da consentirne la sostituzione in quelle sedi essenziali) e 47 sono nuovi assunti. Nel dettaglio, sono 112 gli infermieri che lavoreranno nei sette presidi ospedalieri trentini. Sono invece 27 gli infermieri assunti nelle Unità operative cure primarie dei vari ambiti territoriali e all’ospedale Villa

Visita sportiva attività agonistica: come chiedere rimborso I minori di 18 anni e le persone con disabilità residenti in Trentino che si rivolgono a strutture o specialisti privati per la visita medica sportiva per l’attività agonistica possono essere rimborsati dal Servizio sanitario provinciale. Sono rimborsate le visite effettuate dal 1° luglio 2020 in poi per un limite massimo di 50 euro. Possono essere rimborsate anche le visite fatte nelle strutture accreditate per la medicina sportiva mentre sono escluse le visite in libera professione intramoenia (cioè quelle effettuate a pagamento nelle strutture dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari). Il limite massimo rimborsabile è da intendersi per la valutazione medico sportiva completa degli accertamenti diagnostici e strumentali previsti dalla normativa e dai protocolli (es. compreso prova da sforzo, ECG a riposo, etc …).

La domanda di rimborso va fatta inviando una e-mail a ufficioprestazioni tione@apss.tn.it allegando tutta la documentazione: • modulo compilato (https://bit.ly/ 3a4thDF) • copia certificazione visita medico sportiva • copia documentazione fiscale quietanzata • copia del documento di identità. La domanda deve essere presentata entro e non oltre sei mesi dalla data della visita. È possibile consegnare la domanda anche direttamente all’Ufficio prestazioni di Tione dopo aver preso appuntamento al numero 0465 331 401

Rosa di Pergine; otto i neoassunti nelle varie articolazioni territoriali dell’Unità operativa di psichiatria. Facendo una rapida analisi delle assunzioni di personale infermieristico dipendente nell’ultimo anno, notiamo un deciso incremento: a gennaio 2020 il personale di Apss a tempo indeterminato e determinato contava 2503,86 unità equivalenti, 2536,80 ad agosto, 2560,63 a novembre 2020 e 2569,93 a gennaio 2021. A questi vanno aggiunti una ventina di incarichi sulla base delle normative Covid.

Vaccinazioni anti Covid per gli over 80 Conto alla rovescia per il vaccino anti Covid degli over 80. Come previsto a febbraio si parte con la vaccinazione della popolazione più fragile e anziana, quella più duramente colpita dal Covid sia nella prima sia nella seconda ondata della pandemia. Dopo gli operatori sanitari e gli ospiti delle residenze per anziani, vaccinati tra dicembre e gennaio, è ora la volta dei circa 35mila trentini con più di 80 anni, iniziando dai più anziani (nella prima fase gli ultranovantenni). La vaccinazione andrà prenotata al CUP online (https://cup.apss.tn.it) oppure tramite il portale TreC o l’App TreC_FSE ed effettuata nel Centro vaccinale di Tione. Chi non è in grado di spostarsi per raggiungere il centro vaccinale perché non deambulante o allettato potrà fare riferimento al proprio medico di medicina generale che lo segnalerà per essere vaccinato in un momento successivo. Dopo la vaccinazione degli ultra 80enni si procederà gradualmente con le altre categorie fragili (over 70 e malati cronici), sulla base delle tempistiche di consegna da parte delle aziende farmaceutiche.


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Scuola

FEBBRAIO 2021 Manuela Filosi è la psicologa dell’Istituto Guetti di Tione

Studenti, pandemia e scuola: gli aspetti psicologici La socializzazione di fatto è mancata. Pur essendo infatti molto tecnologici e pur capitando che qualche volta che anche quando si ritrovano siano concentrati sul proprio cellulare, hanno però sentito la mancanza della relazione in presenza, sia con i docenti, sia con i compagni e con gli amici nell’ambiente esterno alla scuola (manca il contatto, la battuta al volo, o, nel caso dei docenti, la richiesta di una spiegazione ulteriore)”. E’ vero anche che, rispetto a quanto successo nella scorsa primavera, quando la pandemia si è abbattuta sulla scuola in maniera imprevista e imprevedibile con i professori che avevano dovuto improvvisarsi a propria volta nel proprio lavoro (allora non c’era ancora grande coscienza di quanto fosse tollerabile rimanere in lezione a distanza), ora l’insegnamento è maggiormente pianificato e curato. E ha adottato sistemi che vanno maggiormente incontro alle esigenze dei ragazzi (ogni ora di lezione è computata su un totale di quaranta minuti). “Preferiscono la Didattica a distanza gli studenti con maggiori problemi di attenzione o qualche disturbo specifico, per cui dicono di riuscire a seguire un po’ meglio le lezioni da soli in camera loro piuttosto che in classe, dove le tentazioni di distrarsi, come qualche compagno che li chiama

di Mariachiara Rizzonelli “Tra i ragazzi non c’è stata una reazione unanime a pandemia e didattica a distanza; chi ha reagito in un modo, chi nell’altro. Adesso però sono davvero un po’ tutti affaticati. Rispetto a primavera, quand’eravamo tutti impauriti e nessuno sognava di ribellarsi alle norme, adesso tendono a scantinare un po’ di più”, o disturba, sono maggiori. In questo caso il rendimento da casa spesso aumenta”, sottolinea Filosi. Che ricorda che se la Dad viene amata comunque da tutti per vantaggi banali come ‘Mi alzo solo cinque minuti prima che inizi la videolezione (e magari una sbirciatina agli appunti durante una prova riesco a darla)’ “, la didattica in presenza al 50% però viene vista come ideale perché vi sono settimane in cui gli studenti riescono a godere di un po’ più di riposo e altre in cui possono rivedere i propri compagni. Ma hanno paura di contagiarsi i ragazzi? “Normalmente poca - risponde la psicologa -. Piuttosto esprimono preoccupazione per i nonni che con loro rincrescimento riescono a vedere poco o nulla. Tuttavia, ribadisce, da ricerche nazionali ed internazionali risulta che i disturbi psicologici, legati all’alimentazione o che comportano ansia e rabbia incontenibile sono aumentati anche in loro. Ciò è dovuto al grande stato di stress che i ragazzi sperimentano attorno sé”. Molto incidono le tante notizie allarmanti che da mesi ormai i media diffondono. Chi tende a seguire troppe informa-

zioni tende ad angosciarsi: “L’ideale sarebbe scegliere un paio di momenti alla giornata in cui informarsi, magari mattina e sera, non prima di andare a dormire e nemmeno seguendo continuamente i social; il rischio è di caricarsi di notizie negative, che, a volte in contrasto tra di loro finiscono per sconcertare” consiglia Filosi. Gli adulti per parte propria devono impegnarsi a monitorare i ragazzi, notando eventuali

così la psicologa giudicariese che lavora all’interno dell’Istituto di Istruzione “Lorenzo Guetti” di Tione, Manuela Filosi, si esprime sulla condizione psicologica dei giovani in questo anno così particolare per la scuola. “Tendenzialmente - ribadisce ancora - gli studenti preferiscono la didattica in presenza.

cambiamenti. A volte i ragazzi possono diventare particolarmente silenziosi e cupi o ritirarsi su internet o appunto sui social. Un rischio quest’ultimo che corrono soprattutto le ragazze dove Instagram e Tik Tok richiedono di essere secondo canoni che puntano molto sulla femminilità e la sessualizzazione (si è vincenti se si risulta sexy). I maschi invece sono più in pericolo per quanto riguarda l’abuso di videogiochi, ed

eventualmente l’uso della pornografia. “Qualche ragazzo sta sul computer fino alle tre o quattro di mattina, dormendo magari due o tre ore e poi andando a scuola molto affaticato o, tornando a dormire subito dopo la lezione in Dad. Si tratta del fenomeno del ‘Vamping’, perché si comportano un po’ come i vampiri. Tutto ciò porta a mancanza di concentrazione, irritabilità, instabilità, fino alla depressione”. Ragione

per cui è bene invitare i ragazzi invece ad avere un ritmo sonno-veglia più regolare, fare qualche passeggiata o dedicarsi agli sport o hobby praticabili anche in questo momento. E anche a vedere gli amici, sempre con le accortezze del caso (mascherina, numero limitato, distanze e magari all’aperto), così da aiutarli ad avere una vita il più normale possibile. Gli adulti infine debbono vigilare per quanto possono anche sui propri comportamenti. L’incertezza è il filo rosso che regna nel campo del lavoro e in ogni altro campo in questo periodo. Ciò porta grande tensione all’interno delle famiglie, che vedono spesso aumentare la litigiosità dei propri componenti. Questo però destabilizza i ragazzi: “Io posso sopportare qualsiasi evento se le figure adulte attorno a me sono sicure”. Accade qualcosa di simile anche a scuola? “Per adesso i docenti, come chi pratica le professioni sanitarie, sono stati molto concentrati sul dover reagire e fare del proprio meglio; questa cosa li ha aiutati molto. Ci si aspetta che semmai il crollo sarà più avanti, anche se non è un periodo facile per loro”.


Scuola

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La ricerca etnografica presentata in occasione della Giornata guettiana

Con la testa e con il cuore di Veronica Ronchi

Qual è questa metodologia? È l’intervista semi-strutturata, ossia una modalità ideale di interrogazione del testimone che si appoggia solo parzialmente a una predefinita serie di domande. Questa indagine - a differenza di altri metodi più asettici come il questionario a risposte multiple, che riveste sempre meno interesse in chi lo compila - lascia agli intervistati il modo di fare emergere problemi, criticità e sofferenze così come essi ne fanno quotidianamente esperienza e di esprimerli nei propri stessi termini e promette una risposta positiva anche per il solo fatto che le occasioni in cui le persone possono parlare con lunghezza del proprio lavo-

Nell’autunno del 2019 la Fondazione Don Guetti e nello specifico il Tavolo intercooperativo mi hanno chiesto di intraprendere, in qualità di storica dell’economia e dell’impresa, un lavoro di analisi culturale con alcune imprese cooperative. Una sfida che ho accettato con grande piacere, dato il fascino che

da sempre riveste per me l’etnografia aziendale ossia l’osservazione, la descrizione e l’interpretazione della cultura o meglio delle culture dell’organizzazione. Parlo di culture e dunque di identità perché questi concetti vanno sempre pensati come multipli e sfaccettati, non essendo mai univoci e lineari.

Culla del movimento cooperativo trentino, le Giudicarie Esteriori rimangono ancora oggi una terra intrisa di economia sociale. Attraverso un’analisi etnografica, che ha coinvolto venti lavoratori di diverse realtà cooperative del territorio, questo libro propone un viaggio nei cambiamenti attraversati negli ultimi decenni partendo da una domanda fondamentale: cosa significa essere cooperatori oggi?

Veronica Ronchi

RICERCA

Veronica Ronchi

Con la testa e con il cuore

Veronica Ronchi è Senior Researcher e Project Manager presso la Fondazione Eni Enrico Mattei. È stata per 12 anni ricercatore e docente universitario in diverse discipline legate alla storia dell’economia. La sua attività di ricerca si è concentrata prevalentemente sulla storia economica dell’America Latina e sulla storia d’impresa e dei sistemi d’impresa. Autore di numerose pubblicazioni, ha affiancato all’attività accademica ricerche di etnografia aziendale per grandi istituzioni e gruppi imprenditoriali.

Foto di copertina di

ISBN: 9788895060675

Luca Marcantoni

Con la testa e con il cuore

L’etnografia contempla le strategie di costruzione di questa molteplicità e i processi storici che sono alla base della loro costruzione. Lo scopo principale della ricerca - sulla quale è stato modellato il libro “Con la testa e con il cuore”, uscito pochi giorni fa per edizioni VitrenD e Fondazione don Lorenzo Guetti - è stato quello di entrare all’interno della vita e del lavoro di un gruppo di persone appartenenti a diverse famiglie professionali nell’ambito dell’economia cooperativa delle Giudicarie Esteriori. Come sempre accade nell’ambito dell’etnografia, uno scopo non secondario è quello di sensibilizzazione la pluralità dei punti di vista in gioco e di consentire a tutti gli intervistati, lavoratori e lavoratrici, di parlare con uno stesso linguaggio attraverso la stessa metodologia.

I lavoratori e le lavoratrici nelle imprese cooperative delle Giudicarie Esteriori. Una ricerca etnografica.

euro 12,00

ro a un ascoltatore attento e interessato sono tutto meno che frequenti. La struttura del libro passa attraverso diverse scelte organizzative e interpretative che hanno consentito di dare alle stampe un testo che riesce ad intarsiare dati quantitativi sull’economia cooperativa italiana e trentina, in particolare quella delle Giudicarie, con la visione che i protagonisti di questo processo hanno sul proprio presente e sul proprio passato. Una scelta originale,

perché ad essere coinvolti in questa analisi non sono stati i dirigenti, quanto piuttosto coloro che la cooperazione la vivono sempre da vicino, nell’operare tutti i giorni, ossia i lavoratori e le lavoratrici. I settori cooperativi coinvolti nell’indagine sono stati cinque, tra i quali la cooperazione di consumo, la cooperazione di credito, il consorzio elettrico, la cooperazione agricola e l’azienda di promozione turistica.

Le interviste hanno coinvolto un totale di 20 persone, tra cui 11 donne e 9 uomini di età compresa tra i 25 e i 65 anni. Di queste 20 persone, 18 hanno acconsentito alla ripresa video della loro intervista che, unitamente al volume, è oggetto del documentario omonimo. L’idea di utilizzare le interviste come strumenti di conoscenza e sollecitazione di riflessione da parte del testimone sul contesto organizzativo si fonda sulla convinzione che tali testi-

monianze possano costituire un buono strumento per descrivere e spiegare i comportamenti effettivi delle persone nell’organizzazione, le loro convinzioni dichiarate e quelle lasciate implicite, ma anche per verificare che cosa garantisce oppure manca di garantire la coerenza fra esperienza e pensiero delle persone e la non divaricazione fra le persone stesse e i ruoli rivestiti da ciascuno nelle rispettive posizioni. Innanzi tutto perché il soggetto si manifesta

nella durata e nel lavoro della memoria; la persona, e soprattutto la coscienza della persona, si formano e si trasformano nel tempo, nel cambiamento e nelle alternanze dell’esistenza (non solo nel successo, ma anche nello scacco, nella sproporzione delle forze allo scopo, nella fallibilità). In secondo luogo perché l’identità della persona è sempre equitemporalità di passato, presente e futuro, che nella identità della coscienza convivono. Il materiale raccolto ha presentato caratteristiche spesso singolari e rivelatrici, che sono state messe insieme riuscendo a svelare le prospettive dei protagonisti della cooperazione, facendo leva sulla loro capacità di autoriflessione che ha fatto emergere cosa significa essere cooperatori oggi, cosa vuol dire vivere quel preciso contesto, con una importante storia sulle spalle in un luogo simbolo della cooperazione trentina. Nelle pagine di “Con la testa e con il cuore” risulta così maggiormente chiaro in quale rapporto si trova oggi il lavoratore con la cooperazione, ma soprattutto chi è il cooperatore, qual è la persona che emerge dall’individuo, come e perché l’impresa cooperativa è ancora un’impresa capace di valorizzare e soddisfare questi soggetti al lavoro, sottraendoli da emigrazione, precariato e marginalità. Valori del passato, valori della contemporaneità, prospettive dello ieri e dell’oggi, il futuro della cooperazione: tutti elementi visti da chi vi lavora quotidianamente.


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Il Saltaro delle Giudicarie

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Ma anche lui, di solito sempre ben informato, ha canato alla grande. Il SALTARO è tutt’altra cosa. Il Saltaro, credetemi, è puro spirito che si tramanda da generazione in generazione, è l’armonia della nostra terra, è il vento che ha sempre accompagnato la nostra convivenza, è la coscienza collettiva delle nostre valli, è una musica suonata a più mani, come in un concerto, ove accanto al direttore d’orchestra s’ingegnano maestri dell’arte canzonatoria e censori degli altrui peccati, politici e non, sempre in buona fede, senza paura, senza soggezione di chicchessia, sempre tesi alla difesa della nostra cultura e della nostra storia quotidiana. Che poi il Saltaro dia fastidio a qualcuno, è normale. Di solito son personaggi dalla coda di paglia da non prendere in considerazione. Magari qualche cane randagio cerca d’azzannarmi, ma la mia eterea presenza non dà loro soddisfazione. Ma è grande la mia soddisfazione quando la nostra gente, in mille modi, apprezza il mio operato, mi esorta a continuare, garantendomi la loro vicinanza. Ingiurie e sberleffi sono per me medaglie d’oro da appendere al petto nel presentarmi al cospetto di san Tobia, patrono dei Saltari, nell’alto dei cieli: vuol dire che ero nel giusto e che ho fatto al meglio il mio dovere. Si sa che i Santi hanno quasi sempre raggiunto la vetta del cielo dopo essere stati ingiuriati, derisi, e martirizzati, questo è il mio destino, e che il buon Dio m’assista. Ma occupiamoci di cose più importanti, il covid-19 continua la sua avanzata anche se nel Trentino le cose sembrano funzionare, merito dei responsabili e dell’assessora alla Sanità Segnana Stefania che ha saputo rianimare gli ospedali periferici dando loro fiducia e soprattutto riportandoli ad essere punti di riferimento per la nostre valli, abolendo quella mania “zeniana” dell’accentramento ad ogni costo e del progressivo svuotamento dei luoghi di cura periferici. Bene l’ass. Segnana e bene il presidente Fugatti che la sostiene. A dir il vero la Giunta è impegnata giorno e notte con questo maledetto virus che sta facendo impazzire un po’ tutti. Adesso poi è incominciata la vaccinazione che potrebbe portarci quanto prima un po’ di speranza. Ma c’è qualcuno che nella situazione drammatica in cui siamo si diverte a proporre cose strampalate. La consigliera Lucia Coppola, in piena pandemia, ne viene fuori proponendo al Consiglio provinciale di finanziare le spese sanitarie per gli uomini che vogliono cambiare sesso. Oibò! Non ci aveva mai pensato nessuno, questa sì che è una trovata che contribuirà non poco al futuro della nostra Provincia. Per fortuna che la proposta sembra non essere stata presa sul serio. Non meglio le cose vanno a Roma dove il sen. Rosato, fedelissimo di Renzi, ha chiesto l’aumento dell’indennità per

Un po’di cose strampalate Il vostro Saltaro è triste, gli capita ogni tanto, e subito qualcuno ne approfitta per metterne in dubbio la sua “mission” secolare di indefesso custode, severo censore e protettore dall’alto dei cieli. É mio compito stare sempre sul pezzo, sulle questioni del momento, quelle che sono all’ordine del giorno nei bar, nelle sale d’aspetto, nei sagrati delle nostre chiese e sulle panche delle nostre piazze. Ovvio. La gente giudicariese ha di che lamentarsi, il vostro Saltaro s’indigna, la nostra gente sorride e il vostro Saltaro fa festa. E’ un po’ il mio mestiere di sempre quello di essere il portavoce di chi non

i Parlamentari, da 12.000 euro a 15.000 euro mensili più tutti i privilegi conosciuti e no. Calma, non si possono offendere i Senatori...preghiamo perché si ravveda o altrimenti vada fuori dalle palle la Patria non ha bisogno di gente simile! Non meno avveduta la nuova responsabile della Sanità lombarda, Letizia Moratti, che invece vorrebbe i vaccini distribuiti in base al Pil: porca vacca! Prima i ricchi, i molto ricchi come lei e poi i poveri diavoli come noi, non c’è male, era meglio il suo predecessore, era perlomeno più simpatico. E sempre

a proposito di vaccinazioni Fraschini, consigliere comunale di Pavia, se la prende con i vecchietti: “Ormai questo piagnisteo sulle vittime penso che abbia stufato. Sono nove mesi che non pensiamo ad altro, per salvare poche migliaia di “vecchietti” stiamo rovinando la vita di un sacco di giovani...” Seguace di Toti, governatore della Liguria, che aveva giudicato gli anziani “improduttivi” e quindi non prioritaria l’ attenzione sanitaria nei loro confronti. A Bolzano invece, ci si occupa di tutt’altre cose. Kurt Pankeri consigliere comunale della

ha voce, l’urlo per le cose che non vanno, il censore delle ingiustizie, delle stramberie, delle arroganze degli potenti, della supponenza dei politici, il custode delle nostre tradizioni, il vostro protettore che veglia da secoli su di voi e nei secoli seguirà la nostra terra e la nostra storia. Poi, c’è sempre qualcuno che vorrebbe saperne di più, scoprire chi sia effettivamente il Saltaro, chi si nasconda dietro quel nome fra i più citati nella storia delle Giudicarie. E cosi ognuno ha la sua da dire, come se il Saltaro fosse uno di noi in carne ed ossa. Ultimamente c’è chi ha sparato un nome, non è la prima volta.

Lega, di quelli duri alla Bossi, ha definito in un suo intervento “finocchi” sia i “gay” che le “lesbiche”, senza peraltro pentirsene nonostante le vibrate proteste dell’intero Consiglio. E per finire in gloria dimostrando quanto sia vario il mondo, strampalate le sue vicende, e stravaganti gran parte dei suoi abitanti, in cielo s’è raccontato divertiti di Antonio O., contadino che al termine di una giornata di lavoro nel suo vigneto, si era appartato tra i filari per fare pipi. Notato dalle forza dell’ordine, è stato subito multato per “atti

contrari alla pubblica decenza”. L’uomo ha contestato il verbale e il giudice dopo due anni gli ha dato ragione. Quando un contadino rimane in campagna tutta la giornata, questo non dispone di un servizio igienico, per questo motivo è tollerato l’espletamento di bisogni fisiologici “all’aperto” anzi, è una vera e propria consuetudine. Le forze dell’ordine da sole non c’erano arrivate, ma anche il giudice ha impiegato un paio d’anni a venirne a capo. Non c’è male. E per finire in gloria, sotto Natale s’è fatta risentire l’ex assessora provinciale alla

cultura Margherita Cogo con una uscita delle sue sul quotidiano locale. Aggirandosi per le vie di Milano, l’ex consigliera provinciale rimane folgorata dalle luminarie milanesi definendole “geniali”, mentre trova reazionarie e paternalistiche quelle trentine, perché scritte in dialetto, e quindi non comprensibili a tutti, quindi discriminanti. E’ proprio vero che la volpe perde il pelo ma non il vizio !!! Il vostro Saltaro vi saluta convinto d’aver messo alcune cose in chiaro, con altre avervi indignato ed altre ancora fatto sorridere. Va bene così. Alla prossima!


Turismo

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Impianti di risalita: continua la chiusura fino al 15 febbraio secondo quanto stabilito dal Dpcm

Apertura a febbraio? Nessuna certezza Gli spostamenti tra regioni sono vietati, ma è possibile raggiungere le seconde case L’unica apertura possibile è quella indirizzata agli atleti professionisti e non professionisti, riconosciuti di interesse nazionale dal Coni (Comitato olimpico nazionale italiano), dal Cip (Comitato italiano paralimpico) e/o dalle rispettive federazioni per permettere la preparazione degli atleti finalizzata allo svolgimento di competizioni sportive nazionali e internazionali o lo svolgimento di tali competizioni. L’utilizzo è permesso anche in occasione delle prove di abilitazione all’esercizio della professione di maestro di sci. Per gli appassionati delle discese sugli sci, dunque, sia residenti che turisti, non vi è alcuna possibilità di accesso e i comprensori sciistici, come mai capitato nella loro storia, ad esclusione dei periodi bellici, rimangono ineluttabilmente chiusi. Inoltre, anche la mobilità tra regioni (e province autonome) rimane molto limitata impedendo, di fatto, gli arrivi degli ospiti nelle (poche) strutture alberghiere aperte. Gli unici spostamenti consentiti devono riguardare, necessariamente, motivi di lavoro,

La stagione dello sci è ancora ai blocchi di partenza, in attesa di un inverno turistico finora mai iniziato e sul quale incombono deboli prospettive per il prossimo futuro. L’ultimo Dpcm (Decreto Presidente del Consiglio dei ministri) del 16 gennaio scorso ha ulteriormente

prorogato la chiusura degli impianti di risalita di tutta Italia fino al 15 febbraio. Le condizioni della neve, caduta in abbondanza, sono eccezionali, ma per contenere la diffusione della pandemia, funivie, telecabine, seggiovie e skilift sono inaccessibili.

salute o stato di necessità, ma è consentito il raggiungimento delle seconde case e degli appartamenti in affitto (con contratti già in essere prima del 16 gennaio 2021), anche fuori dalla provincia o regione di residenza. Ma cosa succederà allo scoccare del 15 febbraio? Un nuovo Dpcm potrà stabilire l’apertura degli impianti di risalita previa l’adozione di apposite linee guida (ingressi contingentati, prenotazioni on line, sistemi digitali per la prenotazione presso i ristoranti sulle piste, gestione delle code con garanzia di distanziamento, sanificazione delle telecabine, etc.) proposte dalla Conferenza delle regioni e delle province autonome e validate dal Comitato tecnico-scientifico (Cts); misure, queste, rivolte a evitare aggregazioni di persone e, in genere, assembramenti. Pochi giorni fa, il 22 gennaio, dal Dolomiti Superski (il Consorzio

di prevenzione e protezione collettiva e individuali” da parte del Cts, ma poco dopo Valeria Ghezzi, presidente nazionale di Anef (Associazione nazionale esercen-

sciistico che si estende da Cortina d’Ampezzo al Trentino orientale fino all’Alto Adige) è stata diffusa una nota che confermava l’approvazione delle “misure

ti funiviari), già smorzava gli entusiasmi dichiarando (sul quotidiano “La Stampa”): «È un’indiscrezione che arriva dalla politica. Al momento c’è solo un ver-

bale con delle osservazioni, ma non è un documento ufficiale di approvazione. Io non ho ancora avuto notizia in tal senso. Anzi, mi risulta che lo sci in questo momento non sia nelle priorità del Cts». La possibile partenza della stagione turistica invernale è, in sintesi, ancora da decidere e dettata dalla curva dei contagi e dalla capacità del virus di diffondersi. Ad oggi nessun impianto (a parte il Doss del SabionPinzolo aperto per dare la possibilità alle squadre agonistiche di allenarsi) della Skiarea Campiglio Dolomiti di Brenta è stato messo in funzione, azzerando gli incassi delle società funiviarie. Quasi tutti gli hotel sono chiusi e migliaia di persone sono rimaste senza lavoro: dagli stagionali impiegati presso gli impianti di risalita, i negozi, i bari, i ristoranti e gli alberghi fino ai maestri di sci che, in quest’inverno 2020/2021, non sono mai scesi in pista a causa della pandemia da Sars-Cov19 che, a distanza di quasi un anno, ancora non molla la sua drammatica stretta sull’umanità.

La “grande nevicata”: settant’anni dopo

Nel centro di Campiglio si replica il magico scatto realizzato da Giovanni Battista Luconi (Bisti) nel febbraio 1951 Passato e presente. Febbraio 1951: la seconda guerra mondiale si era conclusa da pochi anni e a Madonna di Campiglio, sommersa dalla neve nell’inverno più nevoso del Novecento (24 i metri di coltre bianca arrivata dal cielo), si guardava con speranza e positività al futuro. Gennaio 2021: il mondo sta lottando contro una subdola pandemia e a Madonna di Campiglio la vita è sospesa nel tempo dell’incertezza, ma sempre vissuta con l’ottimismo per il tempo che verrà. “Quando arrivò l’inverno 1950/51 – come si legge e si vede nelle splendide pagine di “Nevicate, disgeli, fatti e personaggi” (autore Paolo Luconi Bisti, Antolini Editore, 2004) – il “Bisti”, fo-

tografo di Venezia, era arrivato a Campiglio da poco più di un paio d’anni. Fu una fortuna: durante quell’indimenticabile inverno Campiglio fu letteralmente sommersa dalla neve. La strada per Pinzolo rimase chiusa 47 giorni. Un evento tanto unico (mai più ripetuto) quanto effimero

come la sostanza che lo creò, la neve appunto. Con la sua inseparabile Leica 35 mm il “Bisti” lo fermò per sempre, cogliendo alcune tra le più straordinarie immagini mai realizzate della località, in breve diventate a tutti gli effetti una parte imprescindibile del suo patrimonio storico. Una

fra tutte: il Fino Serafini – maestro di sci e nota guida alpina – che scende dal tetto dello Chalet Ferrari”. Complice la grande nevicata di questa prima parte dell’inverno, con oltre 6 metri di neve finora caduta (ad oggi, al rifugio Graffer si misu-

rano al suolo 2 metri e 7 centimetri di neve, in centro a Campiglio 1 metro e 60 centimetri), si è colta l’occasione per documentare la straordinarietà delle nevicate susseguitesi una dopo l’altra attraverso la riproposta della stessa fotografia, scattata settant’anni dopo.

Sul tetto dello chalet della famiglia Zanon-Ferrari, Fino Serafini, con i suoi sci di legno e una discesa tanto lineare quanto semplice, ha lasciato il posto a tre giovani professionisti del freestyle e della tavola: Luca Girardi, Alessandro Bonapace e Andrea Conci. In piazza Righi, non c’è più Giovanni Battista Luconi (il “Bisti”), il fotografo di Venezia arrivato a Madonna di Campiglio nel secondo dopoguerra, ma una nuova generazione di fotografi e videomaker che immortala i giovani riders saltare dal tetto dello Chalet Ferrari sui metri di soffice neve accumulatasi nella piazza al centro della località. La neve è sempre magica, ieri come oggi.


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Territorio

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Ponte Pià e il collegamento con il bresciano i nodi cruciali

Viabilità, le Giudicarie orfane di strade di Giuliano Beltrami Se chiudi Ponte Pià dove vai? Sul Durone. Peccato che 41 anni dopo l’inaugurazione abbia ancora un chilometrino stretto fra il ponte allargato dopo Zuclo, sul versante verso Tione, quindi interdetto ai mezzi pesanti. E ci si è messa pure la Trentino Trasporti, che ha risolto la questione alla radice: ha tagliato sic et simpliciter le corse fra Tione e Ponte Arche. Ciò significa che chi prendeva il pullman da Madonna di Campiglio o da Bondone (per citare i luoghi più lontani dal centro) doveva arrivare con la propria automobile o con quella dei parenti fino a Ponte Arche e prendere la corriera fino alla città. Stabilito che chi viaggia in corriera lo fa perché non ha la macchina, la soluzione studiata dalla Trentino Trasporti si risolve in una interruzione di servizio bella e buona. I commenti del popolo erano talmente saggi da risultare perfino banali: “Ma perché non hanno pensato perlomeno ad istituire delle corse con un minibus per attraversare il passo del Durone?”. Già, perché non ci hanno pensato? Così tre quarti delle Giudicarie (circa 29.000 abitanti su 37.000) per giorni se volevano andare a Trento in pullman non potevano. “Ponte Pià verrà sistemata in tempi rapidi”, ha garantito alla stampa il vi-

La neve. Adorata e attesa dagli operatori turistici. Beffarda, è arrivata abbondante quando gli impianti sono chiusi. In compenso, ha avuto il merito (demerito, considerate le conseguenze immediate) di risollevare il problema della viabilità nelle Giudicacepresidente della Giunta provinciale Mario Tonina, secondo cui “nel tratto della galleria di Ponte Pià abbiamo impegnato venti milioni di euro, che non saranno solo per la galleria, ma per mettere in sicurezza i tratti che in questi giorni hanno creato problemi”. Ma è solo questa la fonte delle sofferenze stradali delle Giudicarie? Magari! Parlare della viabilità giudicariese significa raccontare decine di incontri a tutti i livelli, con interventi di personaggi di peso nazionale (pensiamo a Flaminio Piccoli per il Trentino, a Gianni Prandini per il Bresciano), di peso provinciale (vari presidenti ed assessori che si sono succeduti, da Mario Malossini a Vigilio Nicolini, da Tarcisio Andreolli a Lorenzo Dellai), per scendere ai presidenti di Comprensorio ed ai sindaci. Convegni, proposte, progetti preliminari. C’è un po’ di tutto nel “museo delle promesse”. Ma tale è rimasto, se si escludono alcuni interventi degli ultimi cinquanta (sì, cinquanta) anni. Citiamo il Limarò? Citiamo il Corè? Citiamo anche la galleria di Ponte Pià e la tangenziale di Caderzone? Infine

vogliamo citare la variante di Pieve di Bono? Interventi significativi, ma spot, senza un piano organico. Nel frattempo la Valsugana (già gratificata dalla ferrovia) conquistava per lunghi tratti le quattro corsie, la Val di Fiemme la variante di fondovalle, la val di Non (anch’essa dotata di ferrovia) guadagnava migliorie notevoli, come la Val di Sole. E le Giudicarie? L’abbiamo detto: tanti progetti, sulla carta. Inizio del terzo millennio: fu presentato il percorso fra Breguzzo ed il confine con Brescia. Viene un groppo allo stomaco rivedendo articoli di diciotto anni fa. Settembre 2002: “Cammina il progetto di variante alla Statale 237 del Caffaro, nel territorio della valle del

rie. Due chiusure della Tione-Ponte Arche per caduta slavine hanno spiegato (ma non ce n’era bisogno) che la zona di Ponte Pià rappresenta un’emergenza irrisolta da decenni. Com’è irrisolto il nodo della supplenza.

Chiese”. Il Comitato provinciale per l’Ambiente, presieduto dalla dirigente Paola Matonti, aveva approvato la valutazione di impatto Ambientale. Si pensi ai nomi che ritornano. Rileggendo quelle note, si scopriva che l’ingegner Raffaele De Col (incaricato dalla Giunta provinciale delle grandi opere) aveva predisposto tre soluzioni di progetto. Volete un saggio delle ipotesi? Solo un saggio, ché lo spazio è quello che è. Breguzzo: rotatoria qualche centinaio di metri a nord del paese; viadotto alto 26 metri e lungo 157 a scavalcare l’Arnò; galleria sotto i boschi in destra orografica fino a Fiana, a est di Bondo; viadotto alto 11 e lungo 130 metri. Galleria artificiale lunga 100 metri per attraversa-

re Pra. di Bondo. Complicato l’attraversamento di Roncone, si arrivava a Pieve di Bono, con un’avvertenza: “Il tratto ritenuto più urgente è quello di Pieve di Bono, il quale dovrebbe partire per primo, piuttosto in fretta”. Ripetiamo per i distratti: settembre 2002. Settembre 2018: esattamente sedici anni dopo, è arrivato in fondo il primo e unico tratto. Domanda: hanno torto i chiesani a sentirsi presi per i fondelli? E il bresciano? La Giunta Fugatti ha messo fra le priorità viabilistiche la circonvallazione di Pinzolo, di cui si parla da tempi remoti. Giusto, in considerazione dell’afflusso turistico che nei momenti di punta asfissia letteralmente il centro del paesone rendenero. Ma una domanda è d’obbligo: e la radice? Se i problemi vanno risolti alla radice bisogna pensare al tratto bresciano della mulattiera. Era il 2006 (guarda caso prima delle elezioni politiche) quando fu inaugurato l’ultimo pezzo di variante della valle Sabbia: quello che arriva a Ponte Re, prima di Nozza di Vestone. Sull’onda dell’entusiasmo si pensò immediatamente

al tratto Ponte Re-Idro, diviso in due fasi: Ponte ReVestone nord e Vestone nord-Idro. 8 febbraio 2008 (tenere a mente le date): i presidenti delle Province di Trento e di Brescia firmano il protocollo d’intesa per quel tratto di strada: costo iniziale 76,8 milioni di euro da spendersi fifty fifty fra le due Province. Il costo è poi schizzato a 150 milioni. Entusiasmo alle stelle quel mattino, con proclami conseguenti: affidamento lavori entro il 2009, conclusione lavori entro tre anni. Perché, come disse un’autorità presente, “L’opera non riguarda solo le imprese che devono trasportare le loro merci verso sud, ma anche lo sviluppo turistico”. Sono passati esattamente dodici anni, e una paglia che sia una non è stata mossa. Anzi, peggio: il progetto è stato diviso in due. Si farà solo la Vestone nord-Idro, costo una cinquantina di milioni, stralciando lo scavalcamento di Nozza e Vestone, troppo caro. Ripetiamo la domanda, allargando lo spettro: hanno ragione i giudicariesi a sentirsi presi per i fondelli? Per la cronaca, l’8 febbraio è San Girolamo Emiliani, patrono degli orfani. Mai patrono fu più azzeccato, considerato che siamo orfani anche noi, sia pure di strade. Non certo di proclami. Quelli non mancano mai.

San Lorenzo – Molveno, nuovo progetto per la messa in sicurezza

Il Servizio opere stradali e ferroviarie della Provincia ha approvato il progetto esecutivo per la sistemazione della statale di Nembia, il tratto della SS 421 che collega i comuni di San Lorenzo Dorsino e Molveno dove i crolli di materiale roccioso sono costanti. Lo scorso anno il tratto di Nembia era stato interessato da alcune frane all’uscita dell’ultima galleria

verso Molveno, che ne avevano consigliato la chiusura per alcuni mesi, l’ultima scarica di massi è avvenuta il 23 gennaio, e la strada è stata nuovamente chiusa. La novità è che è arrivato il nuovo progetto di messa in sicurezza, redatto dall’ingegner Paolo Nicolussi Paolaz, del Servizio provinciale: prevede una spesa di 2 milioni e 100 mila euro, di cui 1 mi-

lione e 464 mila per lavori, e servirà a mettere al riparo da ogni pericolo veicoli, i tanti pendolati e ciclisti che percorrono la strada, molto panoramica visto che costeggia i laghi. La statalle e la sua sicurezza sono uno dei tanti annosi problemi della viabilità giudicariese: nonostante sia stata realizzata la galleria “Nembia”, la tratta ha ancora diverse strozzature oltre

a essere soggetta a frequenti frane e smottamenti. Il collegamento diventa ancora più importante ora che a livello turistico San Lorenzo Dorsino ha deciso di unirsi all’Apt della Paganella, nell’ambito della riforma del turismo voluta dall’assessore Roberto Failoni ed è ancora più strategica per lo sviluppo turistico della zona.


Europa La realtà non è proprio così. I soldi certamente ci sono, ci saranno e potranno essere messi a disposizione anche dell’Italia, che nelle previsioni è la maggiore beneficiaria, in quanto al momento della decisione da parte delle Istituzioni europee risultava la più colpita dalla pandemia. I circa 209 miliardi del “Recovery Fund” sono stati messi a disposizione dell’Italia nell’ambito del programma “New Generation EU”, un programma di ampio respiro e di robuste dotazioni finanziarie promosso dalla Commissione europea allo scopo di aiutare le realtà colpite dal Covid-9 per far fronte a situazioni contingenti e supportare una ripresa economica che possa portare le comunità nazionali e locali a migliori condizioni di vita. Non è tuttavia questo l’unico obiettivo del programma europeo; esso richiede che gli investimenti vengano fatti pensando anche alle future generazioni, soprattutto a quella generazione di giovani che nel dopo pandemia si troverà ad affrontare un percorso di vita di eccezionale gravità moltissime difficoltà; una generazione che dovrà confrontarsi con particolari debiti che le lasceremo. E’ tuttavia necessario essere coscienti che la concessio-

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I soldi dell’Europa e il rubinetto di Bruxelles di Paolo Magagnotti Nel mezzo della tremenda crisi politico-istituzionale nella quale in questi giorni il nostro Paese si trova immerso, sia a livello governativo sia nei partiti si è un’attesa, quasi spasmodica, dei soldi che dovrebbero arrivare dall’Unione europea per far fronte alla spaventosa crisi economica determinata dalla tragedia del coronavirus. Anche forze

politiche che della negazione del progetto di unità europea fanno la loro bandiera, proponendo in alternativa ai soldi europei debito pubblico sostenuto dai “patrioti” italiani, non mancano occasione per “implorare” Bruxelles ad aprire i rubinetti, sperando che tanti euro possono defluire come acqua alla fontana.

ne degli aiuti finanziari da parte di Bruxelles è doverosamente condizionata al fatto che gli investimenti dimostrino di essere efficaci per rendere la ripresa possibile e non risultino solamente in elargizioni di carattere assistenziale. Va inoltre aggiunto che i progetti da realizzare con i finanziamenti provenienti dall’Unione europea dovranno pure consentire sinergie con altre realtà europee allo scopo di creare un testo che favorisca sviluppo e crescita nell’intera cornice dell’Unione europea. Talvolta si sente affermare che Bruxelles deve concedere i soldi senza dare indicazioni su come questi debbano essere investiti in

finanziariamente, per creare le condizioni affinché tutti i soggetti interessati, dalle singole persone, alle associazioni, ai comuni e agli Stati nazionali possano sviluppare al meglio le proprie potenzialità, utilizzando nella maniera più ampia possibile proprie energie e risorse. Certo, qualora si creino per varie ragioni situazioni di particolari difficoltà - è il caso della presente pandemia -per cui uno Stato da solo non riesce a far fronte in maniera adeguata alle proprie esigenze è necessario e doveroso che altre entità superiori e con maggiore forza , in questo caso l’Unione europea intervenga in termini sussidiari in aiuto a chi da

quanto le autorità nazionali e regionali conoscono meglio di Bruxelles le esigenze del Paese e come queste devono essere soddisfatte. Una logica, insomma, per la quale si chiede a qualcuno soldi pubblici dicendo che poi il modo in cui si spendono non ha importanza. Questo è un criterio inaccettabile. sostenuto in taluni Paesi membri dell’Europa centrale, come Repubblica ceca, l’Ungheria e Polonia. L’Unione europea sotto il profilo dello sviluppo socioeconomico non è nata per essere un bancomat o solo un salvagente. Le istituzioni europee debbono preparare progetti e programmi, sostenendoli anche

solo non ce la fa. Questo è un principio di carattere generale che fa riferimento alla sussidiarietà, il quale è stato inserito nel trattato di Maastricht del 1992 e che è alla base dell’intero agire comunitario. Il principio di sussidiarietà è intimamente connesso al principio di solidarietà, e nella loro interazione si sostanziano il fondamento della società. Nel caso del programma “New Generation EU”, nello stanziare un’ingente quantità di mezzi, che peraltro dovranno essere resi disponibili attraverso una raccolta fondi a livello internazionale con la condivisione delle responsabilità da parte di tutti i Paesi membri dell’Unione, le Istituzioni

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europee hanno fissato dei criteri di carattere generale ai quali gli Stati membri che ricevono i finanziamenti devono riferirsi nel predisporre e presentare alla Commissione europea i vari progetti. Tra questi criteri, vi è, ad esempio la digitalizzazione e la green economy, temi che sono evidentemente di grande attualità e che nessun Stato può permettersi trascurare. È peraltro anche comprensibile che nella concessione degli aiuti, siano essi a fondo perduto o a tasso agevolato, si tenga pure in considerazione serietà ed affidabilità di chi li deve ricevere. Speriamo che in Italia si creino nuove condizioni affinché anche tali requisiti possano essere soddisfatti. I soldi ci sono. Spetta a chi li richiede dimostrare di avere progetti validi e di essere nelle condizioni di saperli gestire bene. Il rubinetto del Bruxelles non si apre comunque sia.


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Cultura

FEBBRAIO 2021 Nel 2021 si celebra il poeta della Divina Commedia

A 700 anni dalla morte di Dante, a creare parole nuove è la pandemia di Chiara Garroni Le mascherine erano senz’altro i travestimenti dei bambini a carnevale, oggi ovviamente sono quei pezzetti di tela che ci si mette per forza sul naso e sulla bocca per evitare la diffusione del virus, e nessuno pensa al carnevale, che per ora è stato cancellato. “Sono stato tamponato” vorrà dire che mi sono venuti addosso quando ero incolonnato in macchina o mi sono sottoposto a tampone per verificare il mio stato di salute? Ho sempre pensato che la quarantena fosse di 40 giorni, ma mi sbagliavo, ora cambia ogni due per tre, ed al momento non so quanto dura, in ogni caso preferirei non doverla fare. Virale vorrà dire che un fenomeno sociale od artistico si diffonde velocemente o che siamo caduti nella malattia? Come stai? Così così, avremmo detto un tempo, ora diciamo “sono paucisintomatico”. Lasciamo perdere i congiunti o i banchi a rotelle per carità di patria, e pensiamo che i medici e gli infermieri sono praticamente diventati dei militari: al fronte, in trincea, in prima linea, eroi. Infine si è diffuso un vocabolo che ben difficilmente gli anni scorsi veniva usato, almeno nella normalità delle conversazioni: resilienza. E’ la capacità di trasformare in punti di forza le proprie debolezze. Tutti noi ora dobbiamo cercare di essere resilienti, ed io prendo lo spunto da qui per trovare qualcosa di buono, di sicuro, in questo periodo tanto pieno di problemi, difficoltà ed incertezze. In questo 2021, una cosa sulla quale si possa contare con sicurezza è un avvenimento universale, che tocca tutti quelli che parlano italiano: sono 700 anni che è morto Dante Alighieri. Se vi chiedete a cosa possa servire parlare di Dante e della sua Commedia proprio in questi momenti, mi sembra di poter dire che serve a dare speranza. Le opere letterarie ci danno infatti la consapevolezza di non essere soli, che qualcuno a distanza di secoli da noi ha provato lo stesso

Pensate a come è cambiato, in pochi mesi, il nostro linguaggio. Stiamo dando significati del tutto diversi a parole od espressioni che fino ad un anno fa usavamo in modo addirittura contrario rispetto ad oggi. Quando dicevamo “sono positivo”, intendeva-

terribile smarrimento e lo ha superato. Tutto questo ci spinge a lottare, a non abbandonarci alla paura di fronte alle “fiere”, in balia di una nave senza nocchier in gran tempesta, perché prima o poi, ce lo assicura Dante, torneremo a riveder le stelle. Il 14 settembre 2021 saranno trascorsi settecento anni dalla morte del padre della lingua italiana, ma Il mondo artistico e culturale italiano ha già iniziato fin dal settembre scorso a rendergli omaggio con una serie di iniziative, prima fra tutte la visita del presidente Mattarella alla tomba di Dante a Raven-

na, che proseguiranno per tutto l’anno, interamente dedicate a ricordare il suo genio immortale, la sua capacità di trasformare il linguaggio da semplice mezzo di comunicazione a elemento fondativo della cultura italiana. In questi ultimi mesi sono usciti tantissimi libri su Dante, in TV hanno trasmesso documentari ed interventi sul padre della nostra lingua, e su Youtube si trovano conferenze ed interviste di famosi intellettuali su Dante, le sue opere, il suo tempo, la sua lingua, il suo esilio, la sua vita. Vi invito a cercali, alcuni sono dav-

mo di essere ottimisti rispetto ad una situazione o ad una aspettativa, ora se dicessimo così, saremmo subito allontanati come untori, dato che significherebbe che potremmo infettare chi ci sta davanti.

vero coinvolgenti ed interessanti. E si scoprono anche aspetti poco conosciuti, ad esempio Dante nel 1912 fu scelto come testimonial delle macchine da scrivere Olivetti, o che è stato protagonista di fumetti, o citato in canzoni. Anche in Trentino sono stati organizzati eventi di divulgazione e riflessione su Dante ed i suoi rapporti col nostro territorio. Ad esempio la associazione Castelli del Trentino ha dato vita ad alcune conferenze a riguardo. I temi, fra gli altri: le opere dedicate a Dante da parte di artisti trentini, la sua teologia,

la rappresentazione della Divina Commedia nell’arte, ed il testo tradotto in tedesco. Naturalmente si parlerà del monumento a Dante posto davanti alla stazione del capoluogo trentino, e del suo significato anche politico. In realtà a causa delle restrizioni dovute al covid gli incontri non si sono potuti realizzare in presenza, ma online. In un recente articolo di Renzo Francescotti sul quotidiano Trentino, si mette in evidenza come il sostantivo dialettale “stiz”, ed il verbo “stizzar”, corrispondenti all’italiano attizzare, derivano da un termine che Dante utilizza nel Canto 13 dell’Inferno: “Come d’un stizzo verde ch’arso sia/ da l’un dei capi, che da l’altro geme/ e cigola per vento che va via”. Il nostro modo di parlare è ancora pieno di termini ideati da Dante, e probabilmente non ce rendiamo conto. Ne riporto alcuni esempi: galeotto fu il li-

bro e chi lo scrisse, stai fresco, non mi tange, il Belpaese, senza infamia e senza lode. Ed ancora: cosa fatta capo ha, fatti non foste a viver come bruti, lasciate ogni speranza voi ch’entrate e la bocca sollevò dal fiero pasto. Purtroppo questo maledetto virus obbligherà alla modalità online la gran parte delle iniziative commemorative, che toccano tantissime città e luoghi, o direttamente frequentati dal poeta, o menzionati nel suo capolavoro. Naturalmente le due città più coinvolte sono Firenze e Ravenna, e sui siti dei rispettivi Comuni e musei potete trovare un mare di notizie. Cercatele, e troverete piacevole immergervi nella grandezza di Dante, che ha avuto la capacità di toccare temi, pensieri e stati d’animo che appartengono ad ogni tempo ed alla condizione umana. Anche la nostra, anche adesso.


Attualità

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I 270 kg di salamin della scorsa edizione, sono stati donati

Tione. Senza carnevale, comunque sorprese per tutti Oltre a questo siamo riusciti a dare un aiuto economico ai carristi che non avevano potuto sfilare ma che comunque avevano creato delle fantastiche strutture nei mesi precedenti: con loro vogliamo mantenere quel filo invisibile che ci lega perché sono un importantissima parte di questa splendida manifestazione. Non possiamo non ricordare l’aiuto economico ricevuto da tutti gli enti pubblici e privati e dall’amministrazione comunale di Tione che si è dimostrata ancora più presente e disponibile, non solo sul lato economico ma anche morale e personale, nei confronti del comitato organizzatore. Per quest’anno, vista l’impossibilita di creare assembramenti di persone

di Maurizio Iseppi Dopo l’interruzione dello scorso febbraio il comitato carnevale giudicariese si è organizzato per poter riproporre una manifestazione ad aprile che, come sappiamo, non si è potuta svolgere. I salamin,circa 270 kg, che non abbiamo

potuto distribuire lo scorso carnevale sono stati donati in estate alle case di riposo delle giudicarie, all’Rsao e all’ospedale di Tione, mentre alcuni succhi di frutta sono stati donati all’Anfass di Tione.

sarà purtroppo impossibile organizzare qualsiasi manifestazione del Gran Carnevale Giudicariese. Se sarà possibile più avanti nel corso dell’anno sicuramente organizzeremo qualcosa ma per ora non si può proprio. Comunque anche per quest’anno non mancheremo di fare visita all’asilo con la nostra Regina che consegnerà un regalo ai bambini. Consegneremo un regalo anche agli ospiti dell’Rsao, ai quali siamo molto legati da anni, e agli ospiti dell’Anfass, con la quale vorremmo creare una collaborazione futura quando

finalmente saremo liberi di ritrovarci. Ci muoveremo sui social network e ci organizzeremo per preparare una piccola sorpresa per tutti gli abitanti di Tione: ci sembra giusto ci sia una presenza del comitato, ma soprattutto del Gran Carnevale Giudicariese, anche se non fisica, nel nostro paese nonostante il fatto che i festeggiamenti non saranno come siamo abituati a conoscerli. Torneremo a tirare coriandoli, sfilare, ammirare carri e gruppi mascherati mangiando la nostra amata polenta e salamin e a rivivere le emozioni che fanno del carnevale la festa più bella dell’anno amata dalle persone di ogni età. Il carnevale è di chi lo ama, e questo nessuno ce lo potrà togliere!

Il 26 e 27 giugno, a Tione, il primo Fly Fishing festival

La pesca a mosca diventa un evento All’idea si stava lavorando già dallo scorso anno sulla scorta dei buoni risultati che il settore della pesca garantiva al Consorzio Giudicarie Centrali, ora è arrivata a maturazione: il prossimo 26 e 27 giugno, a Tione, si svolgerà il primo Fly Fishing Festival, evento green dedicato alla pesca a mosca. La manifestazione combina l’esperienza fieristica di ExpoRiva Caccia Pesca Ambiente e il successo della nicchia turistica legata alla pesca nella giudicarie centrali: due giorni organizzati al bocciodromo di Tione, con una parte interna dedicata ad espositori altamente specializzati e una serie di eventi all’aperto dedicati alla pesca no-kill. Ampio spazio sarà riservato alle iniziative outdoor - con prove pratiche, dimostrazioni live e momenti formativi - che si concentreranno lungo il tratto del fiume Sarca vicino a

Tione, destinazione leader in Italia per la pesca a mosca, coinvolgendo anche il lago di Nembia e il fiume Chiese. Ad organizzare la manifestazione sono Riva del Garda Fierecongressi S.p.A., il Comune Tione, l’Associazione Pescatori Dilettanti Alto Sarca, il

Consorzio per il Turismo Giudicarie Centrali e l’Apt Campiglio Pinzolo Val Rendena. « Il vantaggio distintivo di Fly Fishing Festival è quello di poter contare su una rete autorevole costituita da istituzioni, enti e associazioni che condividono una visio-

ne e un progetto comune dedicato al settore ittico - spiega Roberto Zamboni, vicesindaco di Tione e assessore alle foreste, usi civici e patrimonio montano, sport e turismo - l’impegno sinergico è quello di proporre a un pubblico italiano e internazionale

di appassionati un evento nuovo dove pesca, sostenibilità e territorio rappresentano il fil rouge di un’offerta commerciale capace di combinare specializzazione e divertimento in un contesto ambientale ideale e suggestivo». A rivelare qualche dettaglio

in più della filosofia che anima la manifestazione è Alessandra Albarelli, direttrice generale di Riva del Garda Fierecongressi: «Centrale all’interno del lavoro di progettazione del Festival è stata la figura del pescatore, il suo importante legame con la natura e l’attenzione che rivolge alla tutela per l’ambiente. Il nuovo format che desideriamo presentare nel 2021 ha l’obiettivo di andare oltre la classica esposizione di attrezzature per la pesca, a favore di un’esperienza più estesa ed emozionante dallo spirito green, resa possibile anche grazie al carattere diffuso dell’evento. Fondamentali saranno in questo senso le diverse attività outdoor, le aree dedicate a test e prove, oltre a progetti che andremo a realizzare nell’immediato futuro con big player ed esperti del settore». (D.R.)


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Il ricordo

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Nato a Trento il 2 ottobre 1929, conosciuto con l’appellativo di “ragno delle Dolomiti” Cesare Maestri – guida alpina, maestro di sci, giornalista e scrittore – è considerato uno tra i più forti alpinisti solitari del mondo; caposcuola e massimo esponente della arrampicata artificiale. «Come arrampica Cesare Maestri?» aveva chiesto un giornalista a Marino Stenico. «Arrampica come un ragno». Un appellattivo che divenne il segno distintivo di Maestri. Fra i primi alpinisti al mondo a realizzare in solitaria vie di estrema difficoltà come la Soldà alla Marmolada; è stato il primo a scendere in arrampicata libera vie di VI grado (via delle Guide al Crozzon) senza l’ausilio di assicurazioni. Al suo attivo Maestri conta oltre tremila ascensioni, un terzo delle quali realizzate in solitaria, e circa cento vie nuove aperte con compagni e da solo in Africa, Argentina e sulle Dolomiti. Nel ’56 scese in solitaria la via delle guide sul Crozzon di Brenta, gettando nel vuoto la corda «perché non doveva servirgli». Tra gli exploit della carriera alpinistica di Cesare meritano un rilievo particolare le innumerevoli performance inedite: ha salito la normale del Basso in 17 minuti scendendo per la Preuss in nove e mezzo; dopo aver realizzato la prima solitaria della via Dibona sul Croz dell’Altissimo ( V+, 1000 metri) l’ha ripetuta in due ore. La direttissima sulla “parete rossa” della Roda di Vael – classificata VI grado A4 – è stata realizzata da Maestri e Baldessari nel 1960, dopo 177 ore in parete, sette bivacchi, 350 chiodi normali e 60 a pressione. L’anno successivo Maestri – ancora per primo al mondo – ha ripetuto la via in discesa adottando soluzioni alpinistiche innovative. Tra le innumerevoli imprese ha firmato la solitaria della Solleder sulla Nord Ovest della Civetta nel 1952, la Soldà alla Sud Ovest della Marmolada (una delle più dure vie dolomitiche d’anteguerra) e la prima salita solitaria della via delle Guide sul Crozzon di Brenta nel 1953, la via Oppio sul Croz dell’Altissimo nel 1955 e – sulla stessa montagna – in discesa la via Detassis nel 1956. Nel settembre del 1953 Cesare ha compiuto la traversata del Brenta lungo tredici cime (Cima d’Ambiez, Cima Tosa, Cima Margherita, Brenta Bassa, Brenta Alta, Campanile Basso, Campanile Alto, Sfulmini, Torre di Brenta, Cima degli Armi, Cima Molveno, Spallone dei Massodi, Cima Brenta) per un totale di 6.200 metri di dislivello con passaggi di V grado, in due sole giornate. Cesare ha diretto varie

Un uomo che ha scritto la storia dell’alpinismo

Se ne è andato Cesare Maestri il “ragno delle Dolomiti” Se ne è andato all’età di 91 anni Cesare Maestri, una delle figure che hanno scritto la storia dell’alpinismo. Un uomo di successo, dalla forte personalità. Un uomo apprezzato, amato, invidiato,

spedizioni alpinistiche in Africa e in Argentina; ha conquistato il Cerro Torre, una delle vette più difficili al mondo. Per meriti alpinistici il CAI gli ha conferito l’onorificenza di “socio onorario”. Per meriti umanitari e sportivi gli sono state conferite le onorificenze di Cavaliere della Repubblica, dell’Ordine del Cardo, e una medaglia di bronzo al Valore Civile. Nel 2011 gli è stata conferita la Targa d’Argento per la Solidarietà Alpina a Pinzolo. Trento, la sua città natale, lo ha premiato con la massima onorificenza cittadina. Membro del gruppo scrittori della montagna, ha pubblicato diversi libri di successo come “Lo spigolo dell’infinito” (1956), “Arrampicare è il mio mestiere” (1964), “A scuola di roccia” (1970), “Il ragno delle Dolomiti” (1973), “2000 metri

attaccato. Un grande uomo, determinato, disponibile, generoso, che ha parlato al mondo attraverso i suoi racconti, i suoi libri, ma ancor più con le sue memorabili e straordinarie imprese.

si addiceva: quella del protagonista sempre e comunque, ammirato, invidiato, discusso, ma sempre rispettato.Nel 2002, anno internazionale della montagna, ha tentato senza successo di scalare il Shisha Pangma in Tibet (quota 8014) per portare sulla vetta una bandiera multicolore con la scritta “pace”. Cesare se ne è andato ma rimarranno indelebili le sue tracce sulle montagne, le sue imprese nel mondo dell’alpinismo, le sue parole, i suoi consigli e il suo carisma per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo. Un abbraccio ai familiari e a chi gli ha voluto bene.

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della nostra vita” (1974) e “Se la vita continua” (1996). Collabora tutt’ora con varie testate locali e internazionali. Tra gli ultimi riconoscimenti ottenuti, il premio

“Una vita per lo Sport” conferitogli dalla Città di Parma; la cittadinanza onoraria della località di San Leo e la qualifica di “socio onorario” del Film Festival della

montagna di Trento. Per Cesare la montagna è stata al contempo ragione di vita e mezzo di realizzazione sociale, dove poter interpretare la parte che più gli

(Le notizie della biografia di Cesare Maestri sono state tratte dal libro Epopea delle Guide di Montagna in Val Rendena - di Paolo Luconi Bisti e Matteo Ciaghi)


Il ricordo La stessa frase la ripeté due anni fa al Festival della montagna di Trento, quando gli venne conferito un riconoscimento. Fu quella la sua ultima apparizione pubblica. Quella frase, o battuta se volete, riassume il percorso di Cesare: grande alpinista conosciuto in tutto il mondo, invecchiato con grande dignità. Ora ci ha lasciato ed i giornali hanno già ricordato il suo profilo di alpinista, citando le sue scalate, i suoi successi, il suo modo di affrontare la montagna, sulla quale ha lasciato impronte che non saranno cancellate. Io vorrei ricordarlo attraverso alcuni passaggi, che dimostrano quanto poliedrica e creativa fosse la sua personalità. Innanzitutto ricordando che era dottore a tutti gli effetti, anche se lui (al contrario di Valentino Rossi) non ne faceva motivo di esibizione. Cesare Maestri diventa dottore honoris causa il 12 maggio del 2012 all’università di Verona. Il suo relatore fu il prof. Alessandro Pastore, docente studioso di montagna. Quello che ebbe l’idea di proporre al ministero la sua laurea e ne istruì la pratica fu il prof. Bruno Sanguanini, già docente nelle università di Trento, Verona, Trieste. Al di là delle scalate e dei primati il suo curriculum vitae poteva

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Ricordando Cesare Maestri

In nome della legge la dichiaro dottore di Ettore Zampiccoli Nei tre anni trascorsi all’Apt di Madonna di Campiglio Cesare Maestri lo incontravo spesso. Passavo davanti al suo negozio “Le cose buone di Cesare Maestri“ e si imbastivano due chiacchiere. Si parvantare opere letterarie con parecchi libri pubblicati e di successo, una grande opera pubblicistica e giornalistica, riconoscimenti scientifici. Insomma materiali più che sufficienti per proclamarlo dottore in scienze motorie e sportive. Chi ha assistito a quella cerimonia afferma che quando il rettore lo proclamò dottor Maestri un po’ emozionato lo era. C’erano a festeggiarlo conoscenti e tante guide e uomini di montagna. Nell’ambito dell’alpinismo in Italia è stato l’unico dottore honoris causa. Ma c’è un altro aspetto che io vorrei ricordare: la sua generosa disponibilità ad essere

in qualsiasi momento promoter del turismo di Cam-

lava di turismo, si parlava di montagna e di alpinismo. Una volta, parlando appunto di alpinismo, mi disse: Ricordati che il bravo alpinista è quello che invecchia “.

piglio e del Trentino. Tanti anni fa all’Apt del Trentino

ci si chiedeva come promuovere la montagna estiva fra i giovani. Ne parlammo con Cesare ed in due e due quattro ecco l’idea: per parecchie settimane, accompagnato dal giornalista dell’Apt Carlo Guardini, girò quasi tutti i capoluoghi delle regioni italiane. Incontrava i giovani, studenti e non, in teatri sempre pieni: incantava i giovani raccontando la montagna, la sua bellezza ma anche i rischi, poi foto, autografi. Del periodo trascorso all’Apt di Campiglio mi piace ricordare anche le celebrazioni per ricordare i 150 anni della prima ascesa al Campanil Basso. Con l’allora presiden-

te dell’Apt, Riccardo Maturi, gli parlammo chiedendo la sua collaborazione. Lui propose di organizzare “ la più lunga cordata del mondo “. Si mise al lavoro e invitò a Campiglio i migliori alpinisti del momento. Poi in una domenica estiva con lui in testa qualche decina di scalatori salì sul Campanil Basso : una cordata unica e spettacolare. Un grande successo soprattutto a livello mediatico. Fu anche l’occasione per un incontro con nomi famosi dell’alpinismo italiano. Ho ricordato questo episodio per dire che il turismo di Campiglio e del Trentino deve parecchio anche a lui, alle sue imprese, al suo nome, al suo carattere aperto, alla sua naturale simpatia e alla sua disponibilità a lavorare per la sua terra, per il suo paese. Grazie Cesare.

Maestri: « Essere Guida alpina significa avere un profondo senso di sacralità verso la vita di chi, con estrema fiducia, si affida a noi» Cesare Maestri è conosciuto nel monto come alpinista, meno come Guida alpina. Amava molto la sua professione. Riprendiamo un suo scritto pubblicato da L’Eco delle Dolomiti nel 2005 in occasione dell’inaugurazione del Museo delle Guide di Madonna di Campiglio nel quale, ripercorrendo la storia della nascita delle Guide, da la sua visione e lancia un messaggio che lascia trapelare tutto l’amore per la montagna e per questa professione e il rispetto “assoluto della incolumità e della sicurezza del proprio compagno”. «A Chamonix, nel 1821, si costituì ufficialmente la prima società di guide alpine al mondo. Ma già questa professione intesa nel suo moderno significato, ebbe inizio qualche anno prima del 1786, anno in cui viene conquistato il Monte Bianco. La conquista del “Tetto d’Europa” richiamò sulle Alpi e sulle Dolomiti scienziati, esploratori e molti curiosi. I più erano nobili e ricchi, provenienti dalla Germania, dall’Inghilterra e dall’Italia erano carichi di entusiasmo e di coraggio, ma non conoscevano le insidie delle montagne che volevano esplorare. Arriva-

ti nei villaggi abbarbicati ai piedi delle montagne cercarono aiuto nella gente del posto. Scelsero i cacciatori più esperti e più coraggiosi perché conoscevano ogni sentiero, ogni anfratto, ogni canalone, ogni aspetto delle montagne e queste loro doti divennero l’unico punto di riferimento al quale affidarsi con sicurezza. All’inizio questi montanari, agili come camosci, forti come gli orsi e liberi come le aquile, furono ingaggiati come portatori di zaini e provvigioni. Il loro compito però non si limitava ad arrancare carichi come muli lungo valli impervie, su per pareti verticali e attraverso ghiacciai insidiosi. Questi uomini però non si limitavano a faticare sotto il peso di scarponi e provvigioni. Dando prova di orgoglio, destrezza, volontà e profonda conoscenza della montagna affrontavano e risolvevano da capo cordata i passaggi più ardui, i tratti più impegnativi, anche se, arrivati qualche metro sotto la vetta, si fermavano ossequiosi e togliendosi umilmente il cappello, inchinandosi un poco, lasciavano il passo ai loro “Signori” dandogli l’onore di arrivare per primi sulla vetta. Ben presto però questi

umili portatori di zaini si resero conto del proprio valore e rifiutando il ruolo di comparse pretesero che venisse loro riconosciuta l’importanza di essere riconosciuti “primi di cordata” riscattando così il lavoro della guida alpina che è quello di condurre con maestria e sicurezza una cordata. Dal momento di quel riscatto le guide alpine divennero indiscussi protagonisti dell’alpinismo e come tali legarono i loro nomi alla conquista di tutte le più prestigiose montagne della terra. Certamente le origini di questa professione sono da attribuirsi a un comprensibile bisogno di denaro perché un sicuro ingaggio di un ricco esploratore significava una certa sicurezza economica che permetteva di comprarsi una mucca o ti salvava dal dolore di dovere emigrare. Considerando che non ci sono mai state guide ricche è chiaro che alla base di questa scelta c’è sempre stato un grande amore per la montagna e per l’avventura. Nella vita di una guida alpina ci sono momenti di grandi soddisfazioni e di gioie intense che ripagano largamente tutti i rischi, i pericoli e le responsabilità che caratterizzano una professione che difficilmente

ha eguali. Vale la pena di rileggere quanto scrisse la celebre guida di Cormayeur Emile Rey verso la metà dell’ottocento: “… non è il guadagno che mi spinge sulle vette, è la grande passione che ho per la montagna. Ho sempre considerato la mercede come cosa secondaria della mia vita di guida.” In duecento anni le guide alpine, famose o sconosciute siano esse state, hanno scritto con il loro comportamento, quel codice d’onore che ancora oggi è l’imperativo della categoria, tramandandolo di generazione in generazione per ricordare, a chi intraprende la professione, quali sono gli oneri e i doveri da rispettare. Oggi la professione della guida alpina è coordinata da un Collegio Nazionale che tutela e salvaguarda tutti gli aspetti giuridici e sociali della categoria. In questo momento di globalizzazione nel quale, per necessità o per velleitarismo, ci si improvvisa con troppa facilità, la categoria delle Guide Alpine rischia di essere sopraffatta da persone incapaci e impreparate che non conoscono né la montagna, né il modo di affrontarla, né i pericoli che essa nasconde.

Ho amato e amo questa professione e per questo motivo soffro nel vederla abbassata al rango di soluzione temporanea per disoccupati in attesa di un espediente che risolva un’estate o un “facile” guadagno. E questa mia sofferenza si fa ancora più grande se penso che essere guida alpina mi ha dato la possibilità di espletarmi in seno a questa società permettendomi di vivere una vita dignitosa, intensa, carica di emozioni e di grandi responsabilità dove la montagna ha assunto l’importanza che ha il banco di lavoro per l’operaio, la tela per il pittore, uno strumento per un musicista e un teatro per un artista. Essere guida alpina significa sapere che nostre saranno le fatiche più pesanti, i sacrifici più duri, i rischi più gravi, come nostra sarà la responsabilità di dover prendere in un attimo drastiche decisione assumendone fino in fondo le responsabilità conseguenti. Essere guida significa ancora avere nel proprio DNA un profondo senso di sacralità verso la vita di chi, con estrema fiducia, si affiderà a noi, soprattutto significa avere il più grande rispetto di quell’impegno morale e giuridico, preso insieme

al “libretto di Guida” che impone il rispetto assoluto della incolumità e della sicurezza del proprio compagno. E proprio per onorare questa meravigliosa professione è nato il “Museo delle Guide” a Madonna di Campiglio, che raccogliendo i nostri cimeli vorrei tramandasse alle future generazioni quanto le guide alpine hanno fatto per la nascita e lo sviluppo della nostra terra che deve alla tenacia e all’impegno di questi professionisti la sua fama mondiale. Essere guida alpina vuol dire essere delegati alla difesa, non solo di chi si lega con noi, ma anche alla salvaguardia dell’ambiente che è un bene comune del quale noi guide ci siamo fatti garanti e difensori. Il nostro museo vorrebbe ricordare le “famiglie storiche” che hanno fatto la storia d Madonna di Campiglio e che hanno reso vive le Dolomiti di Brenta, dai Dallagiacoma ai Gasperi, dai Vidi agli Alimonta, dai Serafini ai Detassis…, vorrebbe dimostrare il nostro impegno, le nostre preoccupazioni ma anche la nostra fiducia nei giovani che ci sostituiranno».


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Alimentazione

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di Giuliano Beltrami

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Attualità

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Alla Rsa locale, è attiva dal 17 gennaio

Una stanza degli abbracci a Spiazzo di Massimo Ceccherini Podio Dopo tanto tempo, gli ospiti della casa di riposo San Vigilio Fondazione Bonazza di Spiazzo Rendena possono riabbracciare parenti e affetti più cari. Un segnale di rinascita. Un piccolo grande passo di ritorno (per quanto possibile) alla normalità affettiva, in un periodo maledetto che ha fatto del distanziamento fisico un’imprescindibile quanto dolorosa regola di vita. Il 17 gennaio presso la succitata RSA è stata allestita una ‘stanza degli abbracci’. Si tratta di una struttura gonfiabile protettiva anti Covid-19 che all’interno permette il contatto fisico tra ospite e visitatore esterno. Una speciale barriera trasparente in nylon, sottile ma robusta, posta all’interno della stanza la divide in due moduli separati, uno per il residente e l’altro per il familiare, assicurandone la separazione. La barriera inoltre è dotata di due manichette in cui infilare le braccia. In questo modo, il

Abbracciare è il più semplice gesto d’amore che si possa fare a chi si vuol bene. Semplice perché non richiede parole, solo calore umano. Il calore di mani che si stringono, di carezze che scivolano su visi spesso dialogo ravvicinato e il contatto fisico altrimenti non permessi risultano possibili in totale sicurezza sanitaria e rispetto delle norme anti contagio. La struttura, a forma di tunnel e della misura di 3 metri per 3, è collocata in un apposito locale riscaldato ed igienizzato. La ‘stanza’, che è la prima ad essere stata installata in una RSA del Comprensorio Giudicarie, è stata acquistata grazie a un contributo straordinario di circa 4.500,00 € concesso dal Comune di Spiazzo, che ha così finanziato il 100% della spesa. ‘L’idea di finanziare l’acquisto della ‘stanza degli abbracci’ – afferma il sindaco di Spiazzo Barbara Chesi - è nata dall’impossibilità di fare ciò che l’amministrazione comunale faceva ogni anno durante il

Natale: visitare la struttura, salutare gli ospiti, stringere loro le mani, portare un regalo. Il distanziamento ha rappresentato e continua a rappresentare per tutti un grande limite e una grande sofferenza. Soprattutto per gli anziani, a cui si è voluta dare la possibilità di avere un tipo di contatto il più simile possibile a quello che

desiderosi di conforto, consolazione, forza. Ciò di cui hanno bisogno soprattutto le persone anziane, che più di tutti portano nel corpo e nell’anima i segni profondi di quest’ultimo durissimo anno.

è il contatto in tempi di non pandemia’. Per quasi un anno, a causa del perdurare dell’emergenza, gli anziani della struttura hanno vissuto uno stato di isolamento prolungato, senza poter ricevere una carezza e un bacio dai loro cari. Infatti da marzo 2020 in base al DPCM gli ospiti non potevano riceve-

re visite, mentre da giugno il contatto era solo visivo in un locale provvisto di plexiglas divisorio e purificatore d’aria. Grande entusiasmo da parte di tutti, ospiti e familiari in primis ma anche degli operatori che ogni giorno lavorano con zelo e tanta umanità a contatto con gli anziani e con patologie di notevole complessità clinico assistenziale. ‘Non sono solo le malattie fisiche a necessitare di cure ma anche la parte emotiva - afferma convinto il Direttore della struttura dott. Roberto Povoli. - Nel contempo siamo consapevoli che non basta la sola terapia farmacologica per dare benessere alle persone. Un abbraccio ha il significato di vicinanza, accudimento e ciò porta gioia e consolazione. Ritenevamo dunque significati-

vo far riallacciare una fisicità emotiva tra gli ospiti e i loro cari.’ Già, non dimentichiamo che gli anziani, spesso marginalizzati in società, costituiscono invece un’enorme risorsa emozionale e pedagogica da tutelare ad ogni costo, veri veicoli di trasmissione di valori ai più giovani. Le visite sono già calendarizzate, dal lunedì al sabato, con orari 9.00-12.00 e 14.30-17.30. Un operatore è sempre presenta alla visita, che si svolge in un locale provvisto della stanza degli abbracci e di una zona per contatto visivo con plexiglas. Al termine di ciascuna visita, che dura 30 minuti (15 nella stanza abbracci e 15 dedicati al contatto visivo), la stanza degli abbracci viene sanificata secondo le indicazioni del produttore. Questa modalità di calendarizzazione permette almeno una visita alla settimana ad ogni ospite presente in struttura.

Nel 2020 125 abbattimenti

Cinghiali, il contenimento in Valle del Chiese I cinghiali sono animali autoctoni o vengono da fuori? Il dibattito è aperto da una trentina d’anni, cioè da quando questi animali (terribilmente prolifici) sono stati immessi abusivamente nel basso Chiese da cacciatori in cerca di emozioni e di carne. “Se sono stati immessi – si obietterà – vuol dire che non sono autoctoni”. Giusto. In realtà, nell’infinito dibattito di questi trent’anni abbiamo scoperto che sono autoctoni, o almeno che sono ritenuti autoctoni dalle autorità, perché ci furono secoli in cui anche qui vivevano i cinghiali. Verrebbe da dire che anche le ostriche potrebbero essere autoctone quando c’era il mare da queste parti. Ma lasciamo andare. A forza di polemiche, la Provincia ha dato il via libera al controllo, un termi-

ne gentile per indicare l’uccisione di massa. Ha dato il via libera in autunno, partendo da un paio di presupposti: primo, “si registra sul territorio provinciale un elevato caso di gravi danni alle colture agricole e ai pascoli”; secondo, “è necessario assicurare che l’attività del controllo del cinghiale sia comunque effettuata, al fine di contenere la popolazione del suide e così rispondere alle esigenze di prevenzione rispetto alla peste suina africana, grave patologia costantemente in espansione sul territorio europeo anche in relazione alla presenza dei cinghiali selvatici”. Così recita l’ordinanza del presidente della Provincia Maurizio Fugatti. Sarà che la volontà di liberare il territorio è forte, tuttavia secondo le statistiche nel 2020 se ne sono uccisi

meno che nel 2019. L’anno scorso, per intenderci, nella valle del Chiese (il teatro principale delle scorribande dei cinghiali) ne sono stati ammazzati 125: meno dell’anno prima, quando le vittime erano state 133. Facendo la fotografia degli

abbattimenti, il risultato è il seguente, declinato in ordine alfabetico, per non far torto a nessuno. Primo paese, Bondo in cima alla valle: nel 2019 non c’erano state vittime (intendiamo vittime certificate dalla statistica e dal controllo pub-

blico), mentre nel 2020 ne è stato ammazzato uno. Subito dopo, seguendo l’ordine, in fondo alla valle arriva Bondone: il dato ufficiale ci dice che nel 2019 se ne uccisero 6, a fronte di uno solo nel 2020. Sul territorio di Brione i numeri sono diversi: nel 2020 sono stati giustiziati 10 capi, esattamente il doppio dell’anno prima. Anche a Castel Condino siamo in aumento, sia pure esiguo: 6 del 2020 contro i 5 del 2019. A Cimego i cacciatori ci hanno messo più impegno: 8 morti nel 2020, contro i 5 del 2019. Sul territorio di Condino l’impegno è stato ancora maggiore se consideriamo i 26 cinghiali uccisi nel 2020 contro i 16 dell’anno prima. A Daone rileviamo l’ultimo dato positivo: 13 animali ammazzati nell’anno della pandemia contro i 4 del 2019.

A stupire è il dato della riserva di Storo, che va pesantemente contro corrente rispetto al resto della valle: nel 2019 sono stati fatti fuori (possiamo usare un termine tanto crudo?) 92 capi, mentre l’anno prima la riduzione sostanziale parla di appena 60 morti. Questa la fotografia. Intanto i cinghiali continuano a fare i loro disastri. Nel corso degli anni le polemiche, come detto, sono sbocciate come i fiori a primavera. Non si contano le lettere di protesta, le petizioni, le minacce (perfino quelle) di sciopero del voto se le cose non si fossero sistemate. Nulla. Per non parlare delle difese messe in campo: c’è stato perfino chi ha installato un cannone (certo, non uno della guerra) che sparava un colpo ogni mezz’ora. Unico risultato? Chi si spaventava? I paesani. (g.b.)


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Scuola

FEBBRAIO 2021

Le voci dei nostri studenti

Dal Guetti, ricordi e ideali

esto numero il “Giornale delle Giudicarie” riserva ogni mese una sua intera pagina al buto degli studenti dell’Istituto “Lorenzo Guetti”, dando loro spazio e voce. La one e tutta la redazione del Giornale attribuiscono molta importanza all’apporto di azioni, conoscenze, riflessioni e proposte che essi potranno offrire. Vi è nell’Istituto cezionale ricchezza di giovani menti che, contando su uno straordinario corpo ti, può esprimere, con conoscenza e creatività, importanti riflessioni e idee utili per a comunità giudicariese, e oltre. li studenti – che lasceremo riposare nel periodo estivo – potrà essere un utile zio per sentirsi maggiormente partecipi e protagonisti della vita culturale e economica della loro terra, sulla quale sapranno pure far riflettere i raggi di quegli nti europei e internazionali più ampi verso i quali desiderano proiettare il proprio . L’iniziativa potrà pure contribuire a realizzare un ulteriore raccordo fra la stessa

a cura della prof. Antonella Moratelli

Fra voglia di dimenticare e necessità di ricordare

Ci siamo addormentati in un mondo e ci siamo svegliati in un altro. Siamo entrati in una realtà che non avremmo mai pensato di vivere, che non avremmo mai voluto vivere. È strano pensare che siamo in un periodo storico che verrà ricordato nei prossimi secoli sui libri di scuola, come uno spartiacque tra un pre e post pandemia. Nel bel mezzo di questa situazione abbiamo fretta che tutto torni come prima, ma anche la speranza che niente sarà più come una volta. Come sarà, allora, questa famigerata uscita dall’emergenza? Riusciremo davvero ad essere migliori? La parentesi della pandemia è ancora aperta, ma quando si chiuderà è giusto non cancellarla. Non ci dimenticheremo così facilmente di ciò che abbiamo passato perché si sa, certi vissuti non ti abbandonano mai, come un marchio o un tatuaggio indelebile che segna per sempre la tua vita. Ed è giusto non scordare, in rispetto delle vittime del

Coronavirus e dei loro familiari, ma anche per assicurarci di aver imparato effettivamente qualcosa. Tutto è stato modificato in maniera più o meno significativa. Quanto sia cambiato ciò che ci circonda ancora non riusciamo a valutarlo visto che le conseguenze e i costi economici, relazionali, psicologici si potranno verificare solo a lungo andare. Ma ho paura che quando ci sentiremo di nuovo al sicuro, sarà forte la volontà di voler scordare, di cercare di tornare il più rapidamente possibile ad una normalità pre-Covid, di lasciarci scappare l’opportunità di crescita e miglioramento della nostra società che questi mesi ci hanno offerto. Per evitare questo enorme rischio, dobbiamo ricordare e mettere in pratica le consapevolezze acquisite. Iniziamo ad immaginare come sarà dopo, sulla base di ciò che abbiamo affrontato, per non farci trovare nuovamente impreparati. Matilde Armani

Il negazionismo, da combattere su tutti i fronti

Il 27 gennaio di ogni anno il mondo intero è invitato a ricordare. La giornata della Memoria deve suscitare in ciascuno l’orrore di ciò che è successo e ricordare serve proprio a mantenere vivo l’orrore, affinché quel dramma non si ripeta. Esiste purtroppo chi questo orrore nega che sia esistito e usa questa giornata non per ricordarlo, ma per esaltarlo. Il negazionismo dei grandi (e piccoli) eventi storici: una piaga che è sempre esistita e, almeno per ora, non sembra placarsi, anzi. Durante l’anno da poco conclusosi, questi soggetti (perché mi rifiuto di definirli persone) hanno avuto manforte anche da chi nega l’esistenza del Covid e/o la sua pericolosità. Li abbiamo visti insieme in improponibili cortei in tutta Europa: irrispettosi di qualsiasi norma anti-covid, per non parlare di quelle della pubblica decenza con i loro discorsi aberranti. La cosa che preoccupa molto è che questi fantomatici gruppi si mettono contro le istituzioni, trovando a volte sostegno in quanti si oppongono a chi è chiamato in questo momento ad assumersi l’onere dell’organizzazione sanitaria e politica.

L’Europa, che ha lottato per permettere a tutti di esprimere liberamente la propria opinione, si trova a fare i conti sempre più spesso con fenomeni estremisti che usano arroganza, e purtroppo anche ignoranza, per manifestare comportamenti ed espressioni francamente inaccettabili. Chi ogni giorno mette a repentaglio la propria salute e quella dei propri familiari per aiutare chi lotta con il Covid, avrà qualcuno che si ricorderà di loro quando tutto questo sarà finito? A marzo medici e infermieri erano i nostri eroi, adesso devono fare i conti con insulti, atti vandalici e allontanamento dalla società, solo perché testimoni diretti di ciò che accade negli ospedali. Sono diventati i nemici principali dei negazionisti, di quelli che la mascherina “no grazie”, di quelli che “io resto aperto” perché il Covid non è pericoloso come ci raccontano. E’ ovvio: non mi permetto lontanamente di mettere Shoah e Covid sullo stesso piano, ma l’importanza della memoria ha la stessa valenza. Nella speranza che questo sia un fenomeno passeggero, ricordiamo quello che è successo per non ricadere nel baratro. Alessia Chinetti

Ricordi di pandemia “Il passato, a ricordarsene, è più bello del presente, come il futuro a immaginarlo. Perché? Perché solo il presente ha la sua vera forma nella concezione umana; è la sola immagine del vero; e tutto il vero è brutto!” così Giacomo Leopardi riassumeva, all’interno dello Zibaldone, il suo pensiero sul passato. Egli riteneva infatti che, attraverso il ricordo, si potesse provare un’illusione del piacere che l’uomo va cercando. Forse però, mentre cercava di dare un senso alla sua esistenza, non ha pensato che questa regola non vale proprio per ogni periodo storico e, a mio avviso, quello che stiamo attraversando rientra nella seconda categoria. Infatti, di tanto in tanto mi capita di fermarmi e pensare al futuro, o meglio, al passato che ricorderemo nel futuro. Spesso mi

Memoria, un giorno solo non basta Il 27 gennaio è la Giornata della memoria, ricorrenza nella quale si ricordano tutte le vittime del nazismo. Oggi è molto importante ricordare; è importante ricordare che non dobbiamo rimanere più indifferenti davanti ad episodi di odio, discriminazione o violenza, perchè ogni volta che saremo protagonisti o complici di una discriminazione, rimanendo indifferenti, non risulteremo mai migliori dei nostri antenati. Ecco perché è importante continuare a ricordare, per non ripetere gli sbagli del passato. Ma basta solamente una giornata per farlo? Davvero dedicare un solo giorno per ricordare queste vittime basterà a farci capire quanto sia importante non ripetere gli errori commessi nel corso della nostra storia? Prendiamo come esempio la scuola, luogo in cui gli studenti sviluppano la loro mentalità e assimilano giorno dopo giorno informazioni per poter, un giorno, affrontare il mondo esterno nel modo migliore. A scuola, il 27 gennaio, si appendono cartelli e manifesti in ricordo delle vittime del genocidio nazista e in classe si aprono dibattiti riguardo questo argomento, come è giusto che sia; il problema è che dopo qualche giorno, i cartelli e i manifesti vengono tolti e non se ne sente più parlare fino all’anniversario successivo. Questo è il problema, il fatto che se ne parli solo per qualche giorno e poi tutto sparisca, come se nulla fosse successo. Per questo, ancora

Voltiamo pagina, ma non dimentichiamo “Dovremmo imparare dalla storia”; frase molto saggia e che si dovrebbe tenere sempre davanti a noi, come un faro che ci guida, specialmente se quello che la storia ci dovrebbe insegnare fosse il non ripetere errori ed orrori del passato. A volte però sembra più facile cancellare tutto ciò che è scomodo, specialmente se si tratta di qualcosa che apparentemente sembra niente più di un’immagine o un paragrafo stampato su un libro. Ma se guardiamo attentamente quelle immagini, ecco che prendono vita e sembra ci dicano che le sofferenze e le atrocità non devono essere dimenticate: il nostro dovere di non dimenticare.

Anche la situazione presente potrebbe darci questo monito, una volta realizzato che i numeri in continuo aumento che sentiamo al telegiornale sono direttamente proporzionali alle sirene e a quelle luci blu intermittenti che capita di sentire e vedere ogni giorno. Sono successe tante, troppe cose e questa prima pandemia nel”mondo moderno” non potrà essere dimenticata. Proprio per questo motivo sarebbe bello se riuscissimo a voltare pagina, ma senza dimenticare tutto ciò che è accaduto. Per confermare l’importanza della memoria ci siamo soffermate su una delle giornate più importanti che ogni anno viene celebrata:

chiedo cosa ricorderemo di questo periodo. Forse l’ansia, forse il tempo passato da soli a fare i conti con noi stessi, forse quella nuova ricetta imparata durante la primavera 2020 o forse la canzone che ci ha tenuto compagnia durante i mesi di solitudine, mentre guardavamo il mondo sbocciare fuori dalla finestra. Ciò che è sicuro è che questo periodo lascerà in ognuno un ricordo indelebile: per alcuni sarà un ricordo sofferente e per altri no; alcuni ricorderanno con piacere il tempo trascorso in casa mentre altri lo ricorderanno come una sorta di prigionia, ma, nonostante i punti di vista differenti, sono sicura che nessuno, ricordando questo periodo, proverà l’illusione del piacere che andiamo cercando. Alice Corradi

la giornata della memoria. Di ciò che viene ricordato il 27 gennaio rimangono pochissimi testimoni diretti; finchè avranno forza e vita per raccontare, tutti noi avremo l’opportunità di ascoltare, ma siamo anche consapevoli che spesso capita di pensare sempre meno agli avvenimenti del passato. L’auspicio è che, a lungo andare, l’esistenza di giornate apposite, il ricordo di questa o altre celebrazioni,diventi essenziale per far sì che non si dimentichi. Nel futuro dovremo ricordare anche questo ultimo anno che abbiamo vissuto in modo così tragico. Eloisa Tisi e Sofia Surci

oggi ci sono discriminazioni ed episodi di violenza, perché non si dà la giusta importanza al ricordo. È importante che questo avvenimento in particolare, ma anche tanti altri avvenimenti avvenuti nella storia, siano ricordati ogni giorno, bisogna ricordare. Sarà importante ricordare anche quello che ci è accaduto in questo lungo anno di pandemia; non solo un giorno, ma sempre, affinchè nulla sia accaduto invano. Sara Nicolini

La memoria corta delle persone E’ risaputo che la memoria dell’uomo è a breve termine e che appena un problema viene risolto sembra non sia mai esistito. Un esempio lampante lo abbiamo vissuto durante l’estate 2020 quando, non appena ci è stato dato il “via libera”, ci siamo improvvisamente dimenticati degli sforzi fatti da tutti durante il lockdown per cercare di diminuire i contagi del Covid. Tutti i morti, le quarantene, le mascherine, il distanziamento, tutto inutile: siamo passati dagli striscioni appesi sui balconi con scritto “Andrà tutto bene”, al dire “Il Covid non esiste, è solo un’influenza”. E’ stato davvero facile per molte persone dimenticare la sofferenza e la difficoltà derivate da questa pandemia; nell’immaginario comune le regole da rispettare per la nostra sicurezza sono state presto ritenute pretesti dei politici per rinchiuderci in casa, dimenticando che il lavoro della politica è quello di raggiungere il bene comune. Come la memoria del Covid è sparita in fretta, rischia di andarsene altrettanto velocemente la memoria di ciò che è accaduto nel passato, anche riguardo ad eventi molto importanti, soprattutto se il tempo trascorso è ormai molto e i sopravvissuti sono sempre meno. Alba Pellizzari, Susanna Vaia e Anna Floriani


Arte Il ponte metallico che viene costruito sulla Sarca nel primo dopoguerra, in alternativa al meno agevole e arcaico Ponte Ballandino (o Ponte Romano), per raccordare il Banale alla strada del Limarò, voluta dal governo austriaco a metà dell’ Ottocento, rappresenta per quei tempi un’opera ingegneristica tra le più imponenti ed innovative del Trentino, un biglietto da visita davvero prestigioso per chi entra in territorio giudicarese dalla Valle dei Laghi; con un po’ di enfasi, una sorta di Torre Eiffel nostrana, per il richiamo strutturale ai moduli dell’ingegnere francese, peraltro grande progettista, qualche decennio prima, di ponti ad arco in ferro e viadotti ferroviari che anticipano il suo capolavoro parigino del 1889. Di quel primo ponte, sospeso a 68 metri d’altezza sulla forra del Limarò, dopo la sua ricostruzione in cemento armato avvenuta nel 1956 per problemi statici dovuti all’incremento del traffico pesante in occasione dei lavori idroelettrici in quel di Molveno, sono rimasti i parapetti in ferro con le decorazioni floreali dell’architetto roveretano Giorgio Wenter Marini e i quattro delfini in pietra all’imbocco del ponte dello stesso autore, eleganti sopravvivenze artistiche di un’epoca in cui il gusto del bello ancora cerca di innervare la sfera industriale e le sue infrastrutture severe. Wenter Marini (1890-1973) è una delle personalità artistiche più significative del Novecento trentino e proprio le Giudicarie diventano la palestra dei suoi primi lavori, all’indomani della laurea in ingegneriaarchitettura conseguita a Monaco di Baviera nel 1914. Fresco di diploma viene chiamato a Stenico, dopo il terribile incendio del 4 maggio 1914 che distrugge una trentina di case col tetto in paglia, per il restauro del paese così duramente colpito; è in questo contesto che matura la sua peculiare sensibilità costruttiva volta alla difesa della tradizione locale, alla salvaguardia del “carattere montano” dell’architettura rurale nostrana, alla “preservazione”della sua “identità alpina”: qualcosa di più di un semplice approccio tecnico-conservativo, che ha a che fare con la preventiva ricerca di un “genius loci” (spirito del luogo), punto di partenza imprescindibile per qualunque avventura progettuale rispettosa del territorio e delle persone che lo abitano. Riferito a questa breve ma fonda-

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L’architetto e il ponte Giorgio Wenter Marini in Giudicarie di Giacomo Bonazza Quando cento anni fa nelle Officine dei F.lli Lancini di Milano, si assembla la struttura a traliccio in ferro del primo Ponte dei Servi, inaugurato ufficialmente nel 1923, orgoglio di un’intera valle che si avvia alla modernità, nemmeno lontanamente si pensa che quella “meraviglia” tecnologica possa trasformarsi, nel giro di un secolo, nel simbolo, suo malgrado, di una delle esperienze più dolorose e tragiche della vicenda umana. Ironia

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della sorte, si denomina “Officina dei Sogni” pure l’associazione di Stenico che in questi ultimi anni ha promosso il progetto “Il Ponte di Speranza”, nell’ottica di una riqualificazione del manufatto in senso turistico, culturale e sociale, quasi a volerlo riscattare dall’immagine maledetta a cui sembra condannato, proponendone una sua fruizione estetica e paesaggistica, nel segno della bellezza travolgente e selvaggia di quei luoghi.

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1 - Ponte dei Servi (1923) 2 - Giorgio Wenter Marini: foto dell’artista 3 - G. Wenter Marini: Il ponte del Cugol - litografia (1924) 4 - Marini: Casupole nella neve nel Banale - olio e tempera (1920/1921) - da “Giorgio Wenter Marini” M. Scudiero - 1991 5 - G. Wenter Marini: Pinzolo - xilografia (1920)

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mentale esperienza del giovane architetto nei due mesi trascorsi a Stenico, prima della sua fuga in Italia allo scoppio della guerra, annota Maurizio Scudiero nella sua monografia del 1991:“Studia le rovine e visita i dintorni per cogliere lo “spirito ”dell’architettura di quei luoghi. Pur tenendo conto delle disposizioni superiori,

a volte interviene mettendoci del suo, per evitare errori e scempi, per rispettare la tradizione locale. Inserisce architravi in legno dove sono previste in muratura; sostituisce scale e ballatoi in ferro battuto con quelli traforati in legno, tipici dell’area alpina; apre grandi timpani nei fienili per una corretta aereazione, e modifica a

seconda delle esigenze le misure predeterminate delle sporgenze di gronda. Ottiene così l’immediata approvazione degli abitanti, e dopo qualche perplessità, anche quella dei tecnici, che riesce a convincere del sentimento autoctono della nuova Stenico”. Dopo la guerra, il rientro a Trento con ruoli importanti nell’Amministrazione Provinciale, rivolti in particolare alla

ricostruzione dei paesi danneggiati dalla guerra e la nomina, da parte del vescovo Endrici, a Consigliere dell’ “Opera di Soccorso delle Chiese Rovinate dalla Guerra”, dove di nuovo ha la possibilità di applicare i principi base della sua filosofia urbanistica sperimentati a Stenico, divenendo con Ettore Sottsas senior i maggiori protagonisti della neonata architettura alpina.

Proprio negli anni Venti del Novecento si colloca la seconda fase del Wenter Marini “giudicariese”, non solo architetto ma pure pittore ed incisore di vaglia, a dimostrazione di una versatilità artistica non comune; anche lui esce dalle fila della mitica Scuola Reale Elisabettina di Rovereto, dove all’inizio del Novecento viene sfornato il meglio dell’arte trentina, da Depero a Garbari, da Bonazza a Melotti, dentro un circuito di assoluto respiro europeo. Di lì le suggestioni della sua pittura che attinge dalle avanguardie viennesi e monacensi, tra Secessioni, espressionismi e allegorismi storici. È a questo tipo di modelli iconografici che si ispirano le bellissime xilografie di “Tetti in paglia a Stenico” (1917) e quelle raccolte in un calendario, datato 1920, dove compaiono, tra le altre, la Casa del Comune di Campo Maggiore, la parrocchiale di Santa Giustina di Creto ed uno scorcio di Pinzolo. Il 1923 vede Wenter Marini impegnato nella decorazione a graffito della facciata della chiesa di Dasindo e la costruzione dell’arca di Giovanni Prati per ricoverarne le spoglie traslate da Torino. Del 1924 la la litografia “Il ponte del Cugol”, nello scenario dell’antica fucina di Stenico, e l’olio “Vicolo rustico-Lomaso” che fa il pari con “Casupole nella neve nel Banale” dello stesso periodo. Dopo i disegni predisposti per l’abbellimento delle spallette del Ponte dei Servi, sopra menzionati, nel 1925 è il turno di due delicati acquarelli a supporto di altrettanti progetti per quel ponte, dove ne vengono prospettate una versione in pietra ed una in cemento armato, sempre all’insegna di una armonica compenetrazione fra paesaggio e architettura.


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Associazioni

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Ed ecco il primo punto del programma: accoglienza. Arrivano persone in difficoltà della valle che possono sedersi a tavola a mangiare, o hanno bisogno di lavarsi, oppure semplicemente cercano di parlare, di sentire che qualcuno ascolta i loro problemi. Ma accoglienza vuol dire anche ricevere persone che vengono da fuori per fare un’esperienza comunitaria. C’è chi passa qui due o tre giorni, chi una settimana e chi un anno. E chi è qui da tre anni come l’ingegnere di Como. Sono storie belle, di persone belle (ci sia consentito), pulite dentro, vogliose di darsi agli altri e di stare insieme agli altri. C’è la ragazza della Valtellina che decide di studiare stando qua, e c’è la fisioterapista della pianura, che ha pensato di trasferirsi a Giustino per un tempo... che deciderà quanto lungo sarà. Nell’estate 2020, bastonata dalla pandemia, Oriella e Paolo, con la figlia Maria, hanno organizzato i “cento giorni della carità”. Hanno vissuto in questo microcosmo quaranta persone ogni giorno per cento giorni. Non sempre quelli: c’è chi è stato una settimana e chi un mese. Solo quaranta alla volta per mantenere le distanze e rispettare le norme anti Covid. Accoglienza significa pure prendersi cura del ragazzino sospeso da scuola: accoglierlo, fargli sentire il calore della vicinanza, seguirlo. Solidarietà è la seconda parola magica. Anche questa si è persa nelle viscere della terra. No, non si è persa la parola (ché di parole siamo ricchi), ma spesso, troppo spesso, si è persa nei fatti. Casa Vite Intrecciate la pratica. Basta passare qualche ora insieme ai suoi abitanti per rendersene conto. Ecco la signora che viene a cercare un paio di scarpe per il suo bambino. E le trova, perché c’è sempre qualcuno che porta. Ed ecco che la famiglia in difficoltà viene a prendere da mangiare. Pronti: pasta, insa-

A Giustino, un posto sicuro dove stare con e per gli altri

Accoglienza, solidarietà, gratuità: le parole di Vite Intrecciate di Giuliano Beltrami Accoglienza, solidarietà, gratuità. Ecco tre termini che vengono ripescati dal pozzo nero in cui sono finiti nella cosiddetta civiltà del benessere, per essere riportati nel posto in cui meritano di essere collocati: alla luce del sole, così che tutti possano vederli. Giustino, alta valle Rendena. Era l’11 maggio del 2015 quando Paolo e Oriella, coppia storica dell’Operazione Mato Grosso, ricevettero un dono che

lata, un pezzo di formaggio, due salami ed un paio di vasetti di marmellata. Il sorriso di quel padre di famiglia che ha appena ricevuto il “dono” è la più grande gratificazione per Casa Vite Intrecciate.

Il lavoro E’ cresciuta in sei anni la Casa grazie al contributo di coloro che decidono di stare qua per pochi giorni, per un anno o a tempo indeterminato. Vengono tutti impiegati nei lavori più vari: pulire strade

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aspettavano da anni e che non sapevano per quanti anni avrebbero potuto tenere: l’ex agritur, espropriato per far passare una strada che non è ancora passata. Sono trascorsi quasi sei anni e in quella casa rosa circondata dai prati è cresciuta una comunità che nel nome ha un programma: Casa Vite Intrecciate. Sì, perché qui le vite si intrecciano per camminare insieme.

e sentieri per i Comuni, sistemare le tracce delle funivie, lavorare per i privati nei giardini e sulle scarpate, preparare la legna da vendere, curare gli orti per avere i prodotti da vendere o da regalare. Vendere per avere i fondi da spedire nelle missioni del Sudamerica in cui sono impegnati molti giudicariesi. Regalare a chi ne ha bisogno e viene a chiederli. E poi ci sono gli animali. Vacche, un toro, pecore, capre, maiali, galline,

conigli: una vera fattoria. Qui si producono formaggi, salumi, biscotti, marmellate... Incuriosiva guardare sotto Natale il catalogo delle loro marmellate, dai gusti più fantasiosi: fragole e lavanda, pere e cioccolato, prugne selvatiche e cannella, tarassaco... Che facciamo? Diventiamo commercianti? Domanda maliziosa. “Nemmeno per sogno”, si schermiscono i volontari della Casa. “In realtà va a

finire che i clienti diventano amici, perché capiscono il nostro messaggio, che è all’insegna della solidarietà e della gratuità”. La gratuità Credere nella Provvidenza. Utopia? “No – rispondono i protagonisti delle Vite Intrecciate – perché se dai agli altri, prima o poi ricevi”. A volte ricevi anche qualche schiaffone, obiettiamo, nel senso delle delusioni, delle incomprensioni, delle diffidenze. D’altronde viviamo nel mondo delle invidie, dove si pensa sempre che ad un’azione debba corrispondere un guadagno. “Non ci interessa”, replicano gli abitanti della Casa di Giustino, missionari a tutto tondo. Ci fu un tempo in cui il Mato Grosso era conosciuto come l’organizzazione che raccoglieva il ferro per mandare i soldi in Perù. Arrivava il volantino: “Domenica prossima i volontari dell’Operazione Mato Grosso passeranno a raccogliere...”. Con la Casa Vite Intrecciate si è andati oltre. Si pensa ancora ai tanti volontari che operano nei Paesi impoveriti dell’America Latina, questo sì, perché laggiù si vivono situazioni di assoluta emergenza. “Si muore letteralmente di fame”, ci raccontano. Ma si è puntato sul lavoro “nel territorio in cui viviamo ogni giorno: organizziamo servizi per i giovani, per le famiglie svantaggiate. Siamo in rapporto con le assistenti sociali. Ci piacerebbe qualche attenzione in più da parte della politica, ma ce la faremo ugualmente”. L’occhio rivolto al Sudamerica è sempre aperto, perché “la povertà vera non è avere poco, ma è non avere niente”.


Economia

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Al vertice dell’azienda di famiglia, impegnata anche nell’amministrazione

Storie imprenditoriali, Mirella Girardini di Chiara Garroni E proprio la famiglia di origine, col papà Gaetano che da semplice fabbro creò una impresa di produzione e riparazione di stampi, ha dato a Mirella l’opportunità di diventare lei stessa imprenditrice, assieme ai fratelli Attilio ed Elena. Come era Mirella da bambina? Fin da piccolina andavo da sola a fare la spesa alla cooperativa di Preore ma il ricordo indelebile è il tempo dedicato al gioco ed alle amiche. Dopo la scuola dell’obbligo, ho frequentato l’Istituto Professionale per il Commercio di Trento, e pernottavo nel collegio delle Canossiane. Tutti i fine settimana tornavo a casa a Preore, dove stavo benissimo, e sarei tornata a casa tutte le sere se fosse stato possibile. Tuttora vivo lì. Comunque gli anni a Trento mi hanno lasciato qualche bella amicizia, tuttora sento regolarmente Graziella e Renata della val di Non. Primo lavoro subito nella ditta di famiglia? No, all’inizio ho lavorato per alcuni anni nello studio commercialista di Luciana Antolini, dove ho imparato tanto, e poi il papà mi chiese di tornare nell’azienda di famiglia che nel frattempo si stava ingrandendo. Dunque ho cominciato il lavoro alla Girardini, assieme ai miei due fratelli, Attilio ed Elena, con cui ho sempre collaborato in armonia, grazie al totale rispetto dei ruoli di tutti: la parte tecnica al fratello, quella amministrativa alla sorella e a me. Le tappe fondamentali della azienda? Nel 1982 l’azienda si espanse, col nuovo stabilimento a Tione in zona Vat, nel ’93 con l’acquisizione di un fornitore specializzato si creò un nuovo e moderno reparto di verniciatura a polveri, e continuamente con nuovi macchinari si è perfezionata la produzione, ma il grande salto di qualità avvenne nel 2004, con l’apertura di un impianto

Se fossero tutte in gamba come lei, non si sarebbe mai parlato di quote rosa, introdotte con la logica delle buone intenzioni, ma di fatto in contrasto con capacità e competenza. Questo è quello che ho pensato mentre parlavo con Mirella Girardini, im-

prenditrice di successo e presidente del consiglio comunale di Tione. Una donna “in carriera” dunque, ma che non ha affatto rinunciato alla famiglia, con un marito, due figli e due nipotini, ed un terzo in arrivo.

in Polonia, la Italmetal Sp.z. o o. Cosa vi spinse ad un passo così fondamentale? In questo modo si è migliorata l’offerta verso importanti clienti, su tutti la Whirpool, che aveva chiesto disponibilità ai propri fornitori di seguirli nella produzione in Polonia. Accettata la sfida, ci furono i primi contatti nel ’99, tramite un commercialista trentino che lavorava là. Una zona povera, con tanti disoccupati dopo la caduta del comunismo, e con la ricerca di persone da formare. Così alcuni polacchi vennero a Tione, ed impararono il lavoro, e dopo partì l’impianto che ora dà lavoro a 350 persone. Lo stabilimento polacco è seguito assiduamente da Attilio. La produzione è più o meno la stessa, costruzione stampi, stampaggio e assemblaggio, nei settori dei veicoli a motore ed elettrodomestici. Ci sono molte differenze fra la Polonia e noi? Non direi, in Polonia lo stile di vita non è molto diverso da quello trentino, probabilmente per la diffusione della cultura cattolica. In Italia tanti collaboratori, ai quali sono molto riconoscente, si sono affezionati all’azienda: c’è chi lavora con noi da oltre 40 anni. In Polonia non c’è un legame affettivo così marcato con le aziende. Quale aspetto è più complicato? E come è la gente? Per le aziende italiane la burocrazia è il male peggiore, è troppo soffocante, toglie spazio ed incide negativamente sui costi. La burocrazia è molto stringente anche in Polonia, ma là è più semplice ottenere risposte dall’Ente pubblico. Buona ed interessante è la scolarità delle persone, ottima la propensione ad imparare l’italiano, che

già molti conoscevano. Mio figlio grande, Loris, si è trasferito là a lavorare, ed ha sposato una ragazza polacca, per cui ora ho nipotini per metà polacchi, e il rammarico è quello di vederli poco. L’altro figlio, Roberto, lavora in azienda come anche i figli dei miei fratelli, dunque sono orgogliosa di poter affermare che la Girardini SRL vede la terza generazione già in campo. Grossi problemi con le restrizioni covid? No, in Polonia non abbiamo mai chiuso, a Tione una decina di giorni in marzo, ma poi sempre aperti, ed il lieve calo di produzione della primavera è stato presto recuperato, ed a fine anno abbiamo registrato un lieve incremento del fatturato. Passiamo al suo impegno in politica. Come è iniziato? Nel 2005 mi candidai nella lista di Pino Stefenelli, ma non fui eletta, entrai l’ultimo scorcio di legi-

slatura per subentrare ad un collega di minoranza che uscì dal consiglio. La volta dopo mi candidai con Mattia Gottardi, e con lui sindaco divenni assessore alle politiche sociali.

nicipio, succedeva spesso di vedere la gente per strada e la ascoltavo lì, magari davanti ad un caffè al bar. Molto positivo anche il rapporto con gli altri consiglieri, e col personale del Comune.

Le è piaciuto quel ruolo? Molto, mi piace relazionarmi con le persone, sono sempre stata disponibile ad ascoltare tutti, e non ho mai avuto un orario di ricevimento in mu-

Le è spiaciuto che Mattia Gottardi abbia lasciato Tione per andare in Provincia? No, anzi l’ho sostenuto fin da subito. E lo reputo un ottimo assessore provinciale. Direi che lui a

Trento ha fatto la differenza per Tione, ha portato vantaggi, e non solo per i contributi economici. Ora è presidente del consiglio comunale, le manca il ruolo di assessore? Un po’ sì, ma posso dire di trovarmi altrettanto bene con tutti gli altri consiglieri, in una situazione un po’ diversa da prima, visto che c’era solo un candidato sindaco, e non c’è il gruppo di opposizione. Penso che la disaffezione che c’è in molti paesi in cui si fa fatica a trovare candidati sindaci sia il timore di accollarsi un ruolo molto impegnativo che implica responsabilità ed i rischi giudiziari sono spesso dietro l’angolo. Per fortuna a Tione c’è Diego Viviani, un ottimo segretario, una garanzia. Mi dice se c’è qualcosa che desiderava fare nella vita e non ha fatto? Può sembrare strano ma mi sarebbe piaciuto diventare pilota di rally, e me lo avevano anche chiesto, o pilota di elicottero. Mi piace tanto guidare, mi rilassa, percorro anche lunghi viaggi da sola. E poi mi sarebbe piaciuto anche fare il medico. Ma questa è una constatazione di oggi. Al momento della scelta del mio futuro non ho avuto tentennamenti: ho scelto l’azienda di famiglia, e l’ho fatto con grande soddisfazione, non ho rimpianti.


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Le Giudicarie in numeri

FEBBRAIO 2021

Le temperature nell’inverno 2019-2020 a cura di Virginio Amistadi Giunti oramai nel cuore dell’inverno 2020/2021, proponiamo i dati relativi all’anno 2019/2020 elaborati da Meteotrentino e raccolti all’interno del report “Analisi climatica dell’inverno 20292020”. L’interesse di questo report, oltre a fornirci un punto di riferimento per capire l’evoluzione climatica del nostro territorio nel corso degli anni, ci fornisce un esempio di che cosa significhi raccogliere dati statistici relativi ad una tematica, per sua natura misurabile, in modo serio e rigoroso seguendo una precisa metodologia scientifica.

La descrizione dei fenomeni naturali, in questo caso la temperatura ma in ambito demografico potremmo utilizzare lo stesso criterio per nascite e mortalità, non passa attraverso l’utilizzo di valori assoluti ma attraverso un confronto tra distribuzioni medie raccolte nel corso di molti anni all’interno di quelle che vengono definite come serie storiche. Questo perché l’evoluzione degli eventi naturali richiede tempi che travalicano la capacità individuale di percepire il cambiamento. I dati osservati per la nostra provincia mostrano come l’inverno 2019/20 sia risultato molto caldo con temperature di 2,5-3°C superiori alla media del periodo di riferimento 1961-1990. Nella stazione di rilevamento di Tione, attiva dal 1975, la temperatura media ha su-

perato di 1,6 °C il dato relativo al periodo di riferimento 1981-2010. In tabella, viene riportata, per ogni stazione, la posizione della temperatura media dello scorso inverno in una ideale classifica contenente tutte le temperature medie riscontrate dall’inizio delle rilevazioni. Dalla tabella si nota come in tutte le stazioni di rilevamento le temperature medie riscontrate si posizionino ai primi posti rispetto a tutte le rilevazioni svolte negli anni precedenti. In particolare, si è trattato del secondo inverno più caldo dal 1920 a Trento Laste, dal 1925 a Lavarone e dal 1935 a Rovereto. Anche a Tione l’inverno 2019/2020 è risultato il secondo più caldo su 45 anni di rilevazione.

TEMPERATURA MEDIA INVERNALE OSSERVATA PER ALCUNE STAZIONI DI RIFERIMENTO CON RELATIVE ANOMALIE CLIMATICHE E RANK Stazione Quota Anno Media Confronto periodo Confronto periodo Posizione rispetto inizio stagionale [°C 1961-1990 1981-2010 alle rilevazioni precedenti Pieve Tesino 775 1955 2,8 +2,5 1,8 3 ° in 65 anni Lavarone 1155 1925 2,4 +3,1 2,6 2° in 95 anni Trento (Laste) 312 1920 5,2 +3 2,6 2° in 100anni Cavalese 958 1935 2,4 +2,8 2,3 4° in 85 anni Tione 533 1975 3 -+1,6 2° in 45 anni Rovereto 203 1935 5,3 +2,5 2,3 2° in 85 anni Predazzo 1000 1931 1,9 +2,5 1,6 8° in 89 anni Da notare come i valori minimi delle medie stagionali risalgano oramai ai primi anni Sessanta mentre i più alti sono concentrati negli ultimi 15 anni fatta eccezione per le stazioni di Cavalese e Predazzo. TEMPERATURA MEDIA INVERNALE OSSERVATA PER ALCUNE STAZIONI DI RIFERIMENTO – EVENTI ESTREMI MASSIMI E MINIMI Stazione Media stagionale [°C] Valore massimo Valore minimo Pieve Tesino Lavarone Trento (Laste) Cavalese Tione Rovereto Predazzo

[°C] 3.5 2.9 5.4 2.8 3.4 5.4 3.1

Anno 2007 2007 2007 1989 2007 2015 1989

[°C] -3.1 -4.0 -1.3 -3.8 -1.3 -0.3 -6.6

Anno 1963 1963 1929 1963 1991 1963 1963

Tratto da: Analisi Climatica dell’inverno 2019-2020. Meteotrentino Report.

Rango, al Museo della scuola Dante e l’orologio a verga e foliot Il Museo della Scuola di Rango compie 20 anni. È un anno del tutto particolare, quello dei 700 anni dalla morte di Dante (1321 – 2021), a cui la piccola Istituzione bleggiana è particolarmente legata proprio per il rapporto che il poeta aveva col tempo e con uno strumento particolare: l’orologio medioevale a verga e foliot. Per festeggiare questo traguardo il museo propone per la 18° Experimenta Didactica il tema “Dante e l’orologio meccanico medievale a verga e foliot 1321 – 2021”. L’orologio medievale con funzionamento «a verga e foliot» fornisce un esempio di come sia possibile inquadrare gli studi

scientifici in una dimensione storica e comprendere il valore della documentazione iconografica, letteraria, tecnica e artistica. Si tratta di una mostra con visita guidata su funzionamento e realizzazione dell’orologio medioevale. Verranno offerte tutte le indicazioni storiche e le citazioni dello strumento all’interno della Divina Commedia. Inoltre, vengono forniti esempi di rappresentazioni artistiche presenti in documentazioni storiche, in Trentino e altrove, di questo speciale orologio. Gli «Experimenta Didactica», iniziati nel 2001, seguono una filosofia peculiare, in controtendenza con una società che spin-

ge all’accumulo col fine del consumo, anche in ambito culturale: quella del recupero. Recupero dei materiali considerati di scarto, per ripercorrere la storia locale o realizzare esperimenti. Recupero delle conoscenze, seminate nella letteratura e nella storia della scienza. Recupero del patrimonio artistico dei piccoli borghi, come Rango. La cultura è patrimonio, ma anche tecnica: per questo al recupero segue un insegnamento non solo frontale, bensì interattivo, partecipativo, pratico. In tal modo concittadini di ogni età possono riscoprire il fascino dei principi scientifici, e al contempo artisti ed opere del proprio territo-

rio. Il “Museo Scuola Rango” e Tomaso Iori, fondatore e curatore, sono reperibili anche su Youtube con video delle mostre passate, oltre che su Facebook, Pinterest e ISSUU. All’evento partecipano anche gli alunni della 3^Ba Istituto Tecnico Industriale “G. Marconi” di Dalmine (BG), assieme alla loro insegnate, la professoressa Chiara Gambardella. Sono previste anche delle serate con gli esperti Beniamino Danese e Andrea Zasa. La mostra, corredata da supporti multimediali, è destinata, oltre che ai cittadini interessati, soprattutto alle classi e agli studenti di ogni età.


Cooperando Nuovi strumenti e nuovi linguaggi, dunque, nuove intelligenze e nuovi modi dell’apprendere sono alcune delle vaste praterie di opportunità aperte nell’educare nel mondo attuale – che i bambini già ben sanno esplorare nel loro essere naturalmente pionieri del possibile; d’altra parte, si necessita fortemente di non perdere e rivitalizzare i saperi legati alla destrezza, alle abilità manuali, a quell’artigianato creativo dove corpo e mente si fondono in sinergia (quando le condizioni esterne lo consentano!). Educare a saper stare in relazione, prima di tutto, come condizione essenziale per lo sviluppo di qualsiasi conoscenza. In un mondo in cui ragionare sul significato dell’educare pone di fronte a grandi sfide, quelle rappresentate dalla complessità e dalla diversità, in cui sempre più è necessario personalizzare l’apprendimento e lavorare sull’inclusione di tutte le differenze, la didattica stessa si sta trasformando lasciando – seppure con fatica – la vecchia impostazione trasmissiva verso nuove forme di insegnamento più attive ed esperienziali. In

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Verso un insegnamento esperienziale

Una scuola che cambia di Alberto Carli A partire dall’inizio del nuovo millennio il prorompente ingresso delle tecnologie digitali nelle nostre vite ha senza dubbio rivoluzionato il nostro modo di stare, agire nel mondo, vivere le relazioni interpersonali. Ha persino modificato i modi stessi dell’apprendere e, se è vero (come attestato da recenti ricerche) che un bambino oggi impara ad usare un tablet ancor prima di prendere in mano una penquesta non facile transizione, che incontra molte resistenze ma nella quale svariate esperienze e le stesse “Indicazioni nazionali” sono un riferimento pregnante, le tecnologie a servizio di insegnanti e educatori devono essere all’altezza delle sfide. Soprattutto per i più piccoli! Per loro infatti questo equivale a sfruttare ed elaborare la presenza dei media digitali e dei relativi linguaggi: innestandosi e potenziando in continuità le attività mirate a tutti i traguardi per

lo sviluppo delle competenze, fornendo un valido supporto per l’inclusione

na…ne vedremo delle belle. D’altro canto, e ancor più lo possiamo riscontrare oggi in questa situazione di pandemia globale che ci ha costretti – dalle Hawaii a Singapore, da Milano a New York – a convivere con un innaturale distanziamento nelle relazioni umane, comprendiamo quanto sia essenziale il contatto, la presenza viva e vitale di un gesto, di uno sguardo, la sensorialità.

e le fragilità educative, contribuendo all’urgenza di promuovere una me-

dia education a partire dall’infanzia. Come fare? Attraverso ambienti di apprendimento ben progettati anche negli aspetti estetici e sensoriali, in cui oggetti e materiali sono studiati per integrarsi in continuità con gli spazi della scuola. Se educare nel nuovo millennio è anzitutto fornire ai bambini strumenti e opportunità creative (non il “cosa” ma il “come”), affiancando nuovi strumenti e linguaggi a quelli “tradizionali” attraverso i quali si possano svolgere esperienze

di apprendimento significative; se è necessario riportare l’enfasi su quello che costitutivamente è la vocazione dell’insegnamento nell’educare alla relazione, alla convivenza fertile e civile in uno spazio, alla ricerca condivisa di risposte di senso (cosa che oggi si richiama anche, a seconda dei contesti, come: promozione delle “life-skills”, delle “soft-skills”, delle “competenze del 21° secolo”): il modello della narrazione digitale in piccoli gruppi cooperativi puo’ rappresentare un mezzo ad elevata e comprovata efficacia, adattabile ai più svariati contesti applicativi, ricco di opportunità e risorse per innovare la didattica – in risposta alle importanti sfide di oggi.

All’Upt di Tione si diventa personal shopper con lo Ied di Milano Per gli studenti la consegna degli attestati Upt Tione ha voluto dare un impulso internazionale alla sua rinnovata organizzazione scolastica anche implementando i suoi rapporti con l’Istituto europeo del design (I.E.D) di Milano. Gli studenti delle classi terza “Operatore ai Servizi di Vendita” e quarta “Tecnico Commerciale delle Vendite” della scuola tionese hanno seguito lezioni online - organizzate in esclusiva per loro - per approfondire tematiche riguardante lo stile, le tendenze nel settore dell’abbigliamento e approcciare i ruoli di personal Shopper e Professional Organizer, figure professionali emergenti, al pari del manager di e-commerce e del social media manager, e certamente richieste dal mercato di lavoro. Coordinatrice del prestigioso corso per Upt

Tione è stata la docente Ketty Tomio, mentre l’insegnante che ha guidato gli allievi da Milano è Anna Maria Lamanna, un nome autorevole con significative esperienze professionali presso diverse aziende del fashion presenti nel panorama sia nazionale che internazionale e che, in qualità di Fashion Coordinator si occupa trasversalmente di tutto ciò che riguarda l’ideazione, la realizzazione, la vendita e la comunicazione del prodotto. Con gli studenti di Upt ha affrontato argomenti riguardanti trasversalmente il cosiddetto Image Consulting e Personal Shopper. Quello de “Personal shopper” è un ruolo sempre più richiesto nel mondo del lavoro, infatti negli ultimi anni si è registrato un vero e proprio boom

per questa professione. In sostanza il “Personal Shopper” cura l’immagine dei clienti, suggerendo gli acquisti migliori in fatto di abbigliamento e accessori per realizzare lo stile che meglio rispecchia i loro desideri e le loro necessità. Questa

conoscenza è la base per riuscire a creare relazioni solide e profonde con i propri clienti e per trovare il look giusto che li valorizzi e li faccia sentire a loro agio. Gli studenti hanno quindi approfondito lo studio delle forme del corpo per

studiare in maniera completa la vestibilità delle diverse persone e poi si sono approcciati al cosiddetto “Camouflage”: una tendenza che vede il ritorno del pattern mimetico su capi e accessori, perfetti per costruire look daywear dallo stile

casual ma molto chic. “Certamente - spiega Paolo Zanlucchi, direttore di Upt Tione - si tratta di un attestato che andrà ad arricchire il curriculum degli allievi, un’esperienza significativa di studio con una realtà conosciuta in tutto il mondo. Formazione e aggiornamento continuano ad essere fondamentali per i nostri ragazzi! Una preparazione che parte anche da una didattica del saper fare, che è in grado di insegnare anche il design applicato e quanto previsto per un addetto alle vendite al passo con i tempi, in tutte le sue declinazioni, per progettare e innovare prodotti e servizi grazie ad un approccio pratico e multidisciplinare, per essere studenti preparati oggi e professionisti competenti domani.


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Sociale

FEBBRAIO 2021 Non solo pacchi spesa, ma anche aiuti per le bollette, il gasolio, il mutuo

Pandemia, alla Caritas aumentano le richieste di sostegno In un anno particolarmente difficile per tutti, che ha reso ancora più dura la vita di quelle famiglie che vivono magari su un unico reddito che è andato perduto dalle tante chiusure forzose di aziende, bar, ristoranti e negozi dovute alla pandemia, le associazioni che si occupano di sostenere i più deboli si sono trovate ad aumentare moltissimo il loro lavoro. In Giudicarie, Cartias Tione lavora sul territorio, in collaborazione con le altre realtà di Caritas, fornendo beni di prima necessità e ha riscontrato un peggioramento della vita delle famiglie giudicariesi. “Caritas Tione, collabora con Caritas Rendena e con Caritas Condino - spiegano la loro quotidianità da Caritas Tione -. Ci serviamo di sedici persone per quanto riguarda l’alimentare e otto persone che si occupano della raccolta e distribuzione dei vestiti, in collaborazione con i volontari del Centro Aiuto alla Vita. Per quanto riguarda l’alimentare abbiamo un furgone che il lunedì, mercoledì e venerdì parte alle 06,30 del mattino e passa per i negozi da Tione a Madonna di Campiglio, poi scarica a Tione e quindi passa per i negozi da Tione a Storo. Nel mentre un paio di persone controllano la qualità ed espongono il raccolto che altri volontari distribuiscono il pomeriggio dalle 14,00 alle 15,30 circa. Il martedì e sabato mattina passiamo i negozi di Ponte Arche San Lorenzo e Molveno i cui prodotti distribuiamo rispettivamente mercoledì e lunedì. Il lunedì prepariamo pure cinque cartoni di alimentari per cinque famiglie che tramite il diacono di Condino vengono consegnati a Condino”. Oltre al “fresco” vengono consegnate alle famiglie anche le borse del “secco”, ovvero i prodotti a lunga conservazione che vengono fornite solamente a quelle famiglie indicate dal servizio delle assistenti sociali della Comunità delle Giudicarie. Oltre ai viveri, vengono ridistribuiti anche i vestiti e c’è un Centro di Ascolto per valutare i bisogni economici delle famiglie che in tempo di pandemia si sono estesi anche all’impossibilità di pagare rate del mutuo, bollette, gasolio per il riscaldamento: “I vestiti vengono raccolti il primo e quarto mercoledì del mese - spiegano i volontari - e distribuiti il primo e quarto giovedì del mese. Inoltre il martedì pomeriggio apriamo la nostra sede dove due operatori tengono il cosiddetto Centro di Ascolto, per valutare i bisogni economici delle varie famiglie o persone. Sono parecchi che chiedono aiuti in denaro per affitti, medicine, bollette luce, gas e gasolio. Specialmente in quest’anno di pandemia siamo intervenuti con aiuti economici fino all’impossibile in quanto famiglie che avevano raggiunto la loro indipendenza si sono improvvisamente trovate senza lavoro, pensiamo al settore alberghiero e alle funivie. Pertanto sono aumentate le famiglie e i singoli nel bisogno. Crediamo che se riprendesse il turismo come prima probabilmente anche le fa-

miglie riprenderebbero il loro lavoro. Ci sono inoltre persone con difficoltà cognitive o dipendenze, alcol e gioco principalmente, che hanno bisogno di sostegno”. Le amministrazioni, testimoniano i volontari di Cartias Tione, sono abbastanza collaborative quando vengono messe al corrente delle varie situazioni riguardanti loro cittadini, a volte però, specialmente le piccole, non sono in grado di conoscere i bisogni dei loro residenti. Silvio Maier

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Territorio

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Situazioni di pericolo valanghe La pendenza dei versanti quando supera il 50%, l’intensità delle nevicate, la debole coesione degli strati nevosi, l’esposizione dei versanti, la pioggia, il vento e la temperatura dell’aria sono gli elementi naturali più importanti da tenere presenti nel programmare una gita sci-alpinistica o l’escursionismo invernale. Per praticare tali attività alpine in relativa sicurezza, ricordando che soprattutto in montagna il rischio zero non esiste, è fondamentale conoscere le caratteristiche del terreno che si intende attraversare, il tipo di vegetazione che lo ricopre e verificare in loco la stabilità del manto nevoso ad ogni variazione di pendenza, quota ed esposizione del versante. Ne consegue che per localizzare le zone soggette al pericolo di valanghe occorre saper valutare il grado di compattezza del manto nevoso con la procedura dell’esame stratigrafico e della prova di resistenza, poiché la neve che si deposita in successivi strati difformi per struttura e coesione, subisce una continua evoluzione metamorfica dei cristalli, che può essere costruttiva o distruttiva secondo le situazioni nivometeorologiche locali e le caratteristiche territoriali. Scelta degli itinerari Nella scelta degli itinerari escursionistici invernali si deve tenere presente l’esposizione dei versanti, la pendenza e la loro copertura vegetale rilevabili consultando la carta topografica a scala 1:25000. La vegetazione compatta erbacea e arbustiva, che si interpone fra il terreno e la neve, crea un cuscinetto nel quale, dopo un prolungato periodo di freddo intenso, i cristalli posti alla base si ricostruiscono in forme lamellari, striate molto instabili, formando uno strato fragile

Fascino e pericoli della montagna innevata di Elio Caola

Le consistenti nevicate modificano profondamente il paesaggio alpino rendendolo suggestivo ed invitante per gli appassionati dell’alpinismo fatto con gli sci e con le racchette da neve, ma difficile e insidioso in particolare per coloro che lo praticano senza avere sufficienti nozioni della nivometeorologia e dei fattori che concorrono a renderlo pericoloso per le valanghe. Per intraprendere una gita in montagna innevata

che cede anche al sovraccarico di una sola persona. Si tratta della insidiosa “brina di fondo“ che scompare con la fusione della neve. Attenzione va posta ai versanti sovrastanti il percorso dai quali possono staccarsi delle valanghe provocate

da crolli di cornici di neve ventata, dal collasso da soleggiamento, dal transito di animali o da imprudenti sciatori. Il Bollettino Valanghe Nella fase di preparazione della gita sci-alpinistica o

seguendo itinerari dove il pericolo di valanghe spontanee o provocate sia ragionevolmente da escludere, è necessario avere un’ottima esperienza nel campo dell’ambiente alpino invernale, in particolare sulla prevenzione dei pericoli, sull’autosoccorso in valanga e saper valutare in loco la stabilità del manto nevoso con l’esame cristallografico degli strati che lo compongono.

escursionistica con le racchette da neve è importante consultare il Bollettino Valanghe locale che dà informazioni sintetiche riguardanti il grado di pericolo di valanghe e le aree potenzialmente rischiose. E’ un messaggio – avvertimento,

orientativo per grandi aree, che non indica le singole località valanghive, ma evidenzia le caratteristiche nivologiche e morfologiche delle situazioni potenziali dell’instabilità della neve e il loro grado di pericolosità del distacco di valanghe.

Sulla base di tali avvertimenti si deve verificare in loco la coesione della neve con l’esame stratigrafico e la prova di resistenza allo slittamento del manto nevoso. Prudenza e ponderazione I dati statistici degli incidenti da valanga evidenziano che la maggioranza delle vittime erano esperti sciatori-alpinisti e professionisti della montagna. La Guida Alpina Toni Gobbi, innovatore dello sci- alpinismo, che della montagna aveva fatto una scelta di vita , ammoniva a “fare attenzione nel frequentare la montagna innevata“. Purtroppo nell’inverno del 1970, alla guida di una comitiva sul Sassopiatto in Alto Adige, rimase vittima di una valanga. Il famoso nivologo svizzero Andre Roch diceva che la valanga non sa che tu sei un esperto. Per fare gite sci-alpinistiche e praticare l’escursionismo invernale in relativa sicurezza occorre essere ben preparati e comportarsi con molta prudenza e ponderazione in modo che una bella giornata sugli sci improvvisamente non diventi un triste fatto di cronaca. *Promotore della AINEVA, (Associazione Interregionale Neve e Valanghe) e Membre Actif della ANENA (Associazione Nazionale francese per lo Studio della Neve e delle Valanghe).

Atleti in pista al centro sci Borgo Lares Anche in tempo di pandemia da Covid-19 il Centro sci Borgo Lares è aperto (non al pubblico) per poter offrire il servizio agli utenti autorizzati all’utilizzo degli impianti sciistici dalle norme per il contrasto alla pandemia. In particolare si tratta di atleti e allenatori di sci club partecipanti a circuiti Fisi e studenti e istruttori del Liceo della montagna di Tione. È uno sforzo importante finalizzato a offrire un servizio in un momento molto delicato, applicando in maniera molto rigorosa le recenti norme

emanate con i vari DPCM, a partire da precise norme di sanificazione fino ad un rigoroso controllo degli accessi. L’impianto è stato aperto dal 19.12.2020 con aperture mattutine, pomeridiane e serali/notturne, molto “diluite” al fine di evitare un’eccessiva concentrazione di atleti visto l’obbligo di evitare assembramenti. Sono oltre 300 gli atleti che hanno finora utilizzato (e apprezzato) il nostro impianto, appartenenti anche a Sci Club provenienti anche da fuori regione (tra i quali basti citare lo Sci Club Pa-

denghe e lo Sci Club Alto Mincio), ai quali bisogna aggiungere circa 80 allievi del Liceo della montagna più allenatori e istruttori; superano già quota 40.000 i passaggi finora registrati allo skilift. Come Pro loco Bolbeno, ente gestore del Centro Sci Borgo Lares, siamo particolarmente orgogliosi di poter offrire questo servizio in un momento così delicato, nel quale abbiamo comunque agevolato chi proviene dagli oltre quaranta comuni convenzionati e le istituzioni scolastiche. (r.m.)


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Risorse importanti a favore di progetti condivisi e sostenuti dalla Comunità

Fund Raising di Comunità: il nuovo bando de “La Cassa Rurale” Presupposto fondamentale per il finanziamento è che i promotori siano in grado di coinvolgere a sostegno del progetto la comunità destinataria (cittadini, associazioni e imprese) attraverso l’attivazione di una campagna di raccolta fondi: il “Fund Raising”. “Con questo nuovo bando “La Cassa Rurale” intende essere oltre che ente sostenitore di progetti innovativi anche stimolo per generare sviluppo territoriale attraverso il coinvolgimento e la partecipazione attiva dell’Intera Comunità per il perseguimento del Bene Comune – commenta la Presidente Monia Bonenti - Credo che essere parte di una Comunità significhi anche questo ovvero sentirsi partecipi e legati da un percorso comune: è nel sostegno vicendevole e nel rafforzamento del legame tra le persone, anche attraverso la condivisione e il perseguimento di obiettivi, che si rafforza il senso di esser parte di una Comunità.” Le risorse messe a disposizione ammontano ad Euro 60.000 con le quali saranno sostenuti da 3 a 6 progetti con un contributo che potrà variare da 10.000 a 20.000 euro per singola iniziativa. Per partecipare al bando è necessario che in fase di domanda l’ente o associazione presenti, oltre al dettaglio delle attività, anche il piano finanziario in cui dovrà essere specificatamente indicato l’importo che si prevede di raccogliere attraverso la campagna di “Fund Raising”. Per ottenere il contributo l’ente/associazione promotore dovrà “raccogliere” almeno 10.000 euro coinvolgendo un numero di donatori privati parametrato al numero di abitanti della comunità alla quale si rivolge il progetto.

Da sempre impegnata nel sostegno del territorio, “La Cassa Rurale” apre questo 2021 con un nuovo bando rivolto ad enti ed associazioni. Si tratta del “Bando Fund Raising di Comunità” che ha come obiettivo quello di sostenere progetti importanti: sono tali quei progetti che non solo prevedono l’impiego La Cassa Rurale mette quindi a disposizione dei progetti selezionati un contributo pari alla somma che si preve-

de di raccogliere con la campagna di “Fund Raising”. L’ammontare del contributo sarà confermato sulla base del-

di rilevanti risorse finanziarie (spesa minima euro 80.000) ma contemporaneamente siano in grado di creare valore per la comunità riuscendo a produrre, sul territorio di competenza della Cassa Rurale, un positivo ed elevato impatto in ambito culturale, turistico e sociale. la rendicontazione di quanto effettivamente raccolto. La Presidente Monia Bonenti precisa come

“meta-obiettivo di questo bando è quello di fare in modo che enti ed associazioni possano iniziare a familiarizza-

re con lo strumento del “fundraising”, maturando la consapevolezza che la raccolta fondi è una modalità di finanziamento che non può essere improvvisata ma necessita di attenta pianificazione a partire dalle modalità di comunicazione”.

Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella

Bando Fund Raising di Comunità Raddoppia la tua donazione

Bando per il sostegno di progetti ad elevato impatto in ambito culturale, turistico e sociale.

ASSOCIAZIONE

COMUNITÀ

Promuove il progetto e attiva la campagna di raccolta fondi

LA CASSA RURALE

Sostiene il progetto attraverso le donazioni

Oltre al “Bando Fund Raising di Comunità” entro fine marzo sul sito della Cassa Rurale sarà pubblicato il nuovo “Bando Attività”, volto a sostenere l’attività ordinaria delle nostre associazioni. In estate saranno inoltre riproposti i Bandi a sostegno sostegno di investimenti materiali e di progetti formativi, culturali e sociali.

Raddoppia la donazione della comunità con un contributo tra € 10.000 e € 20.000

Sono previsti degli incontri di consulenza individuale per un supporto sulle modalità di presentazione della domanda e di realizzazione della campagna di raccolta fondi. Segnala il tuo interesse a partecipare inviando una mail a relazioni@lacassarurale.it entro e non oltre il 15/03/2021.

Termine di presentazione delle domande: 30 aprile 2021 Bando e modulistica sono disponibili sul sito www.lacassarurale.it Per maggiori informazioni è possibile contattare l’Ufficio Relazioni via mail all’indirizzo relazioni@lacassarurale.it oppure telefonicamente ai numeri 0465 709 383 - 0465 709 360.

Poiché volontà della Cassa Rurale è anche quella di sostenere gli enti e le associazioni sia nella fase di costruzione del progetto - inteso come fattibilità - che in quella di stesura/presentazione della domanda e di pianificazione della raccolta fondi, sarà messo a disposizione di chi ne faccia richiesta una consulenza individuale personalizzata e gratuitamente fornita da professionisti del settore. Le domande per partecipare al bando dovranno essere inoltrate entro il prossimo 30 aprile 2020. Sul sito della Cassa Rurale www.lacassarurale. it, nella sezione dedicata alle associazioni, è pubblicato il regolamento completo con l’indicazione dei requisiti richiesti e la documentazione necessaria. Per maggiori informazioni è possibile contattare “l’Ufficio Relazioni” inviando una mail all’indirizzo relazioni@lacassarurale. it oppure telefonando ai numeri 0465 709 383 – 0465 709 360.


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Associazioni

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Una scelta controcorrente, un segno di distinzione. Il primo maestro (ispiratore e tra i fondatori) fu Basilio Mosca, vero animatore dei primi decenni di storia del Coro Azzurro che guidò dal 1950 al 1983. Maestro di musica, uomo di rara e raffinata cultura Basilio ha segnato la storia del sodalizio con entusiasmo e forza di dedizione. Nel 1983 gli subentra Angelo Armani che ha sua volta ha passato il testimone dal 2011 all’attuale maestro Cornelio Armani. Alla presidenza si succedono invece Fabio Baldracchi (1957-1977), Fedele Taffelli (1977-2000), Dino Ceschinelli (2000-2019) e Sergio Rota, attuale presidente e corista. Terminato, il seppur breve, excursus su presidenti e maestri ricordiamo il debutto del Coro Azzurro di Strada che avvenne il 16 luglio 1950, sagra della Madonna del Carmine. Da quel giorno il Coro Azzurro ha partecipato a centinaia di manifestazioni corali. Fra le tante che hanno lasciato “segni” permanenti nella sensibilità individuale e nella memoria collettiva la partecipazione ai numerosi congressi della SAT. A partire dalla fine degli anni ’70 il Coro Azzurro compie un altro salto di qualità piuttosto significativo. Si ricordano in quel periodo gli incontri con la “gemellata” Musikkappelle di Oberhausen (Baviera), i concerti con il coro Gesangverein “Germania” di Heucheheim e soprattutto quello con il complesso cui il coro si ispira e con il quale intrattiene da sempre un rapporto di grande amicizia, il celebre Coro della SAT. Numerosi i concerti, molte le trasferte anche all’estero (America, Ungheria, Repubblica Ceca, Irlanda e Germania solo per citarne alcune). Nella sua storia il Coro Azzurro ha dato un forte contributo alla riscoperta del canto popolare, ha lavorato per riannodare i legami con gli emigranti ed ha infine svolto un ruolo fondamentale nella ideazione, organizzazione ed allestimento della Sagra del Folclore di Pieve di Bono, l’innovativa tre giorni estiva che per anni ha rappresentato il riferimento culturale, musicale, ricreativo e di aggregazione della valle del Chiese e delle intere Giudicarie. “L’attività percorsa ininterrottamente da ben settant’anni - commenta l’attuale presidente e corista Sergio Rota - costituisce un caposaldo della vita sociale nella nostra comunità e si è potuta realizzare grazie al susseguirsi di appassionati coristi, di capaci e autorevoli maestri e, altrettanto, di presidenti che ne hanno dedicato il loro autorevole impegno. Il libro scritto in occasione del settantesimo compleanno è un bel racconto della nostra storia, integrato da interventi e approfondimenti tecnici firmati da competenti musicisti e armonizzatori e mi auguro sia coinvolgente e di piacevole interesse. Vorrei

“Entorno al foch se canta” il titolo del volume dedicato alla corale

I 70 anni del Coro Azzurro in un libro di Marco Maestri “Entorno al foch se canta”. È questo il titolo del volume storico, pubblicato negli ultimi giorni del 2020, che racchiude le emozioni vissute (e fatte vivere) in settant’anni dal Coro Azzurro di Strada. 70 anni raccontati con canti, storie e leggende dell’associazione canora nata nel 1950 nel piccolo borgo

ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla stesura di questo volume con una citazione di merito a Daniela Mosca (attuale vice-presi-

dente) che si è prodigata in maniera particolare, anche grazie alla passione per il canto popolare tramandata dall’indimenticabile papà

della Valle del Chiese grazie alla passione per il canto popolare di un gruppo di giovani. La prima presidente del sodalizio canoro della Pieve fu Anna Nicolini: che fosse una donna, la presidente di un coro maschile, allora nel 1950, apparve ai più come una stranezza.

Basilio, nel recuperare il materiale storico inserito nella pubblicazione.” Il libro “Entorno Al Foch se canta” è una full immersion nella sto-

ria del sodalizio canoro della Pieve intervallata da alcuni interventi di personaggi vicini all’associazione. E poi oltre 190 pagine a colori di

immagini, incisi musicali, racconti di coristi, maestri e presidenti arricchiti da diverse nozioni sul canto popolare.


Territorio È così iniziato il lungo iter amministrativo per il recupero dello stabile ora lasciato all’incuria ed in totale stato di deperimento. Il giudicariese consigliere provinciale Alex Marini, essendo venuto a conoscenza della situazione, si è fatto carico delle iniziative per chiedere formalmente il recupero dello stabile. Ha ottenuto l’adesione di altri Consiglieri provinciali per sollecitare gli organi nazionali a Roma ad adottare gli atti di competenza per investire le risorse necessarie per recuperare il complesso immobiliare. L’iniziativa, a mio modesto parere, offe la motivata opportunità di ricordare la storia di un edificio che va considerato “storico” quale testimone non solo dell’attività giudiziaria in esso esplicata, ma come punto di riferimento per degli eventi risultati di una rilevanza sia politica che amministrativa. Le note che seguono sono state rese possibili grazie alla cortese disponibilità della documentazione messami a disposizione da Gilberto Nabacino e dal consigliere Marini.

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Un edificio dai 200 anni di storia

L’occhio puntato sulla ex-Pretura di Tione di Mario Antolini Muson Nel mese di novembre del 2019 il Sindaco di Tione, Eugenio Antolini, a nome del Comune inoltrava alla “Agenzia del Demanio” la risposta alla proposta di permuta dell’immobile demaniale denominato ex-Pretura, presente in Piazza Brévine (ora piazza Guido Boni), dichiarando l’indisponibilità di risorse finanziarie per il

suo recupero e di potenziali destinazioni di tipo pubblico. La Direzione regionale del Demanio, con il parere favorevole dell’amministrazione comunale, ha pertanto iniziato a valutare l’utilizzo dell’immobile come sede della stazione della Guardia di Finanza, Comando Tenenza e Stazione Soccorso Alpino.

* Va tenuto presente che col 1803 viene abolito il Principato vescovile di Trento e che nel 1805 son dichiarate e proibite le Regole/Statuti medievali e vengono istituiti i Comuni, cosicché già nel 1808 il Giudizio Distrettuale ingiunge al Comune di Tione di allestire i locali necessari per il Giudizio stesso. Per far fronte a questa esigenza si pensa di usufruire la così detta “casa comunale” in Brévine, ricavandone le sedi della Giudicatura, della Gendarmeria, delle Carceri e dei Custodi. Dal 1808 in poi, nei documenti a disposizione si continua a parlare di edifici per sedi di uffici amministrativi, sempre in piazza di Brévine, lungo i primi due decenni dell’800, cosicché si può dedurre che l’edificio preso oggi in considerazione abbia visto le fondamenta duecento anni fa, fra il 1810 e il 1820 e giungendo alla volumetria attuale dei

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tre piani mediante gli interventi che si sono susseguite sia nel secolo XIX° che XX°. Il fatto storico più rilevante - documentato dalle lapidi che tuttora si trovano sulla facciata - è stato lasciato scritto dal generale Tullio Marchetti con il coinvolgimento delle Giudicarie nel risorgimento italiano e l’istituzione del “Governo provvisorio di Tione” da parte dei Corpi Franchi giunti dalla Lombardia l’11 aprile 1848 con il proclama istitutivo che si conclude

con “Viva Pio IX e viva l’Italia libera” e con l’antenna sacra impiantata al centro della piazza Brévine con gli ancora visibili tre ciottoli bianchi del selciato che ne mantengono il segno. Ma non si trattò che di un fugace episodio che durò solo pochissimo tempo. Il consigliere tirolese, Giovanni Batista Chimelli, che presiedeva il Distretto Giudiziale, venne fatto prigioniero dagli Italiani e tradotto in catene a Brescia; poi liberato non sopravvisse alla sofferenza patita.

Poi tutto tornò alla normalità, e l’edificio continuò ad essere occupato dagli Uffici dell’imperial Regio Capitanato austroungarico prima (fino al 1918) e poi del Regno e della Repubblica italiana, fra i quali la sede del Distretto giudiziario, il Catasto, il Libro Fondiario, l’Ufficio del Registro, l’Ufficio tributario, la Pretura. Purtroppo nessuno ha tenuto l’elenco degli Ufficiali giudiziari, dei Pretori, dei dirigenti e degli impiegati che in due secoli si sono alternati a far funzionare, per il bene

comune, tutto ciò che era di competenza per il bene della società. Le Giudicarie hanno seguito in ordine e nella tranquillità gli ultimi duecento anni grazie alla presenza di organismi che, nel silenzio, hanno svolto tutte le mansioni gestite da operatori impegnati e capaci. Per più di un secolo la Piazza Brévine, data la presenza di quell’edificio, che era di importanza sociale alla massima potenza, divenne il centro delle Giudicarie e su quelle scale vi passarono quasi tutti i Giudicariesi.

Ma successivamente, sin dal 1900 e soprattutto nella seconda metà del secolo ventesimo col sopraggiungere prima della Regione e poi della Provincia autonoma, per i vari uffici pubblici (sia statali che provinciali) si scelsero altre sedi e si eressero altri nuovi edifici, cosicché per gli uffici pubblici prima del Capitanato austroungarico e poi tutti gli uffici pubblici comunali e provinciali si trasferirono da Brévine (per secoli a se stante e autonomo) nelle altre frazioni di Tione. In pochi decenni l’edificio, sempre denominato Pretura, venne “vuotato” e lasciato in mano alle intemperie senza che nessuno se ne prendesse cura, poiché del “demanio” e, quindi, neppure il Comune se ne poteva o se ne doveva occupare. Ora è fatiscente e se non si interviene non potrà che cadere in rovina. Credo che sia di unanime soddisfazione (specie per i Tionesi) l’apprendere che ce ne se interessa proponendo le debite soluzioni, poiché l’attuale abbandono (anche soltanto urbanisticamente parlando) è a tutto scapito dell’arredo urbano di Brévine che - anche nel ricordo dell’importanza storica - merita ben altra attenzione e cura.


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Memoria

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La storia dei giudicariesi Vittorio Cima e Albino Masè

Le foibe e la guerra partigiana nel triestino Per noi giudicariesi potrebbe forse sembrare un argomento a noi lontano, eppure nel terribile periodo a cavallo tra il 1943 e la fine della Seconda guerra mondiale, nella zona tra l’attuale provincia di Trieste, la Slovenia, la penisola istriana, tra le migliaia di vittime di quei giorni ci furono anche due ragazzi originari della Val Rendena. Si tratta di Vittorio Cima (proveniente da Bocenago) e di Albino Masè (di Strembo). Il primo, appartenente alla Milizia Ferroviaria di Trieste, il 5 maggio 1945 fu arrestato insieme ad altri tre commilitoni dai partigiani jugoslavi della Difesa Popolare di Opicina e, dopo un veloce processo-farsa per furto di “un maialetto”, fu condotto fuori città, fatto spogliare e insieme agli altri due ucciso con un colpo di pistola alla nuca e gettato nella foiba di Rupingrande. La sua salma sarà recuperata il 30 agosto 1947. Di Albino Masè la fine è più “misteriosa” e ce la racconta suo fratello Tullio, che in quei terribili giorni militava insieme al fratello come partigiano nel CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) di Trieste. Tullio Masè, novanta anni di età superati “da un po’”, si presenta con grande energia: animato da un lato dal desiderio di capire cosa sia successo al fratello disperso, probabilmente caduto alla fine di settembre del 1944 durante una azione partigiana contro truppe nazifasciste nella Selva di Tarnova, nel carso sloveno, e dall’altro alzare la propria voce di testimone di quei momenti sopra tutte le altre che troppo spesso cercano di distorcere la storia della quale lui è stato testimone. Lui c’era e in quei giorni ha combattuto. Ha vissuto sulla propria pelle il cambiamento dal primo periodo in cui partigiani italiani e jugoslavi combatterono assieme contro il controllo nazifascista, fino a quando, alla fine della guerra, i partigiani comunisti jugoslavi diedero il via a una vera e proprie epurazione di soggetti ritenuti pericolosi alla loro rivoluzione/guerra di liberazione della nazione jugoslava. In questi “soggetti pericolosi” rientrava-

di Aldo Gottardi La seconda guerra mondiale è stato uno dei più atroci eventi che hanno interessato un secolo già di per sé turbolento come il Novecento. Negli anni del conflitto e nel periodo immediatamente successivo si è assistito ad orrori e violenze inauditi, per i quali ogni regola morale sembrava essere scomparsa. Tra i tanti episodi di violenza accaduti in questo periodo, uno in particolare

no non solo soldati, politici e collaboratori del governo nazifascista, ma anche membri italiani dei CLN, partigiani italiani che rifiutavano di mettersi agli ordini del IX° Korpus (unità dell’esercito di liberazione jugoslavo composto da partigiani sloveni) ed autonomisti fiumani. Nel lungo periodo che va dall’autunno del 1943 al maggio 1945, durante cioè la guerra di liberazione jugoslava del territorio sloveno, istriano e triestino le foibe, pozzi carsici profondi decine di metri, tra l’altro già adoperate in passato come discariche, furono utilizzate per farvi sparire i cadaveri dei presunti nemici ed oppositori alla rivoluzione dopo averli sommariamente processati e giustiziati con un colpo alla nuca. Tullio Masè, insieme a recenti ricerche sul tema che scrupolosamente ha raccolto negli anni, risponde quindi ad alcune domande e chiarisce molti elementi di questo drammatico elemento della storia del Novecento.

- Le foibe rientravano in un progetto di “pulizia etnica” da parte degli jugoslavi contro gli italiani? “No. Spesso è accostato il termine ‘foibe’ a ‘genocidio’ o ‘pulizia etnica’ ma è un errore. Le uccisioni perpetrate dai partigiani jugoslavi, alle quali seguivano l’‘infoibamento’ dei cadaveri, erano atti di violenza politica estrema nei confronti sia di nemici da epurare sia della popolazione da intimidire e da ‘costringere’ a collaborare alla lotta di liberazione territoriale. Le foibe potrebbero essere lette, in certi termini, anche come una sorta di ‘regolamento di conti’ dopo le violenze e le umiliazioni del periodo di occupazione fascista, ma anche in questo caso sarebbe una visione troppo parziale della vicenda.” - E’ sbagliato quindi dire che gli italiani di quei luoghi furono perseguitati solo in quanto italiani? “Sì, dire così potrebbe indurre in errore e confondere. Gli italiani furono

per lungo tempo è stato relegato ai margini della narrazione storica, per poi essere “riscoperto” e, purtroppo, spesso utilizzato in chiave ideologico/politica dall’uno o dall’altro schieramento, distorcendone i reali connotati storici. Stiamo parlando delle foibe e in generale della guerra di liberazione della zona triestinoslovena, sul confine orientale.

perseguitati non in quanto di etnia italiana, ma come nazionalisti italiani o potenziali ostacoli allo spostamento del confine al Tagliamento con relativa annessione del Friuli Venezia Giulia alla Repubblica Jugoslava.” - Quindi non c’è un diretto rapporto tra le foibe e quello che sarebbe diventato l’esodo degli italiani dalla Dalmazia, dall’Istria e da Fiume verso l’Italia? “No. Le foibe non erano uno strumento per spingere le popolazioni italiane alla fuga: non si trattava di pulizia etnica, ma di epurazione politica. Il regime comunista jugoslavo non desiderava distruggere la presenza italiana in quelle terre, ma anzi le poteva tollerare (tanto che si parlava propagandisticamente di ‘politica della fratellanza’ per indicare la parità sociale di italiani e slavi nella Jugoslavia liberata). Quello che non si tollerava e che anzi si voleva sradicare era l’italianità intesa come nazionalismo o volontà au-

tonomiste italiane. Contro queste si rivolgeva la violenza dei partigiani. L’esodo degli italiani da quelle terre quindi fu un evento del tutto scollegato dal fenomeno delle foibe.” - Le foibe spesso sono state utilizzate anche come strumento politico ed ideologico da partiti di tutti i “colori”. Alla luce delle rigorose ricerche attuali è possibile quantificare i morti che vi finirono precipitati? E sono vere alcune testimonianze relative a donne e bambini uccisi in questo modo e condannati gettati ancora vivi in questi pozzi? “Come spesso accade, a seconda che sia l’una o l’altra ‘campana’ a raccontare i fatti, i morti aumentano o calano a seconda. E’ comunque difficile dare una cifra esatta, sia perché una ricerca speleologica completa delle foibe è impossibile sia perché le fonti di quel periodo sono scarse e spesso contraddittorie. Sulla base di recenti studi, una stima complessiva

delle vittime fra le 3000 e le 4000 sembra tuttavia abbastanza ragionevole. Per quanto riguarda la seconda domanda, purtroppo poteva succedere che qualcuno potesse essere gettato nella foiba ancora vivo, specie nel caso in cui fosse sopravvissuto alla fucilazione, che spesso avveniva proprio sull’orlo del pozzo. Non era però la regola: le foibe nascevano come un metodo per disfarsi dei cadaveri. Sull’uccisione di donne e bambini, si ha notizia di alcune donne e bambini uccisi e gettati nelle foibe in quanto mogli e figli di esponenti fascisti. Un nome è diventato famoso sul fenomeno delle foibe, che è quello di Norma Cossetto: una ventitreenne di Visinada (comune dell’entroterra istriano) che nell’autunno del 1943 fu arrestata dai partigiani jugoslavi al posto del padre, un dirigente locale del Partito Nazionale Fascista, e poi seviziata e uccisa nella foiba di Villa Surani insieme ad altri prigionieri. Nel suo caso, come in molti altri, si trattava di violenze o vendette trasversali, da collegare al clima di odio politico dell’epoca: basti immaginare nel complesso della Seconda guerra mondiale quello che hanno dovuto patire i civili di ogni nazione.” Difficile ridurre entro i limiti degli spazi di un articolo i ricordi e le testimonianze che Tullio Masè potrebbe dare: una lunga vita che ha attraversato i momenti più avventurosi e drammatici della storia italiana ed europea, nella quale ha oltretutto perso il fratello. Un fratello sul quale vorrebbe fare più luce. Non gli basta infatti la parola “disperso”: vuole saperne di più. E’ questa allora la sua attuale ricerca, quella cioè di ricostruire gli ultimi giorni del fratello Albino e di ritrovarne il luogo di sepoltura. In bocca al lupo, allora, per questo importante e significativo lavoro.


Sport

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Ettore Pellizzari rieletto in Figc per il sesto mandato È stato rieletto in un periodo molto difficile a causa della pandemia da Covid-19 che ha colpito tutti i settori, compreso quello del calcio. Faremo tutto il possibile per riprendere le attività in sicurezza, quindi tenere le società “vive”, rassicurare, che vengano date le informazioni anche sulla ripresa dell’attività agonistica che è stata interrotta una prima volta l’8 marzo 2020, e questa volta il 25 ottobre scorso. Questa enorme tragedia si riflette su tante vite purtroppo ma anche sul piano sportivo e danneggia con l’inattività tanti giovani che attraverso lo sport trovano uno strumento di formazione. Quanti tesserati e quante società conta il Trentino? Con la crisi economica del 2008 a livello nazionale i numeri sono diminuiti. In Trentino, grazie a tanti supporti e al volontariato non è stato così. Fino alla stagione 2019-2020 il tesseramento era cresciuto molto rispetto agli anni precedenti. Abbiamo oltre 160 società, più di 17 mila tesserati calciatori e oltre 3 mila volontari, oltre mille allenatori e trecento arbitri. Siamo il primo Comitato in Italia in proporzione alla popolazione: un calciatore tesserato ogni 33 abitanti. Quali sono le squadre emergenti in Trentino? Noi abbiamo un’attività orizzontale molto radicata, non abbiamo una grande tradizione dal punto di vista delle categorie di Serie A, B, C. Le ultime squadre che in Serie C sono state il Trento e il Mezzocorona. Noi miriamo più che altro alla diffusione dello sport del calcio, alle categorie giovanili e dilettanti. Abbiamo invece delle squadre a livello nazionale che sono il Trento Calcio Femminile, l’Olympia Rovereto Calcio a 5, l’Isera Femminile Calcio a 5. C’è stata una forte rimonta del calcio femminile negli ultimi anni, che ne pensa? Sì, noi abbiamo due squadre in Serie C nazionale

di Francesca Cristoforetti Rieletto il 9 gennaio 2021 dall’Assemblea Elettiva, Ettore Pellizzari è nuovamente presidente del Comitato Provinciale Autonomo di Trento della Federazione Italiana Giuoco Calcio (FIGC) – Lega Nazionale Dilettanti (LND), carica che ricopre dal 1999, collezionando così sei mandati consecutivi, anche se per i primi tre, dal 1999 al 2012 è stato alla presidenza del

che sono il Trento Calcio Femminile e l’Isera. Dopo il Mondiale del 2019 abbiamo avuto un aumento considerevole nei tesseramenti delle bambine che possono giocare in forma promiscua con i maschi fino ai Giovanissimi, ma poi trovano più difficoltà a collocarsi a livello di squadre che sono poche. C’è adesione delle ragazze al calcio? Le ragazze hanno una grande passione per il calcio. Nel settore giovanile lo scorso anno 20192020 avevamo quasi 300 ragazze e circa 150 dilettanti. Tra il 2018-2019 e il 2019-2020 le tesserate erano aumentate del 30 percento. Quest’anno nel settore giovanile siamo sulle 200 ragazze, mentre il numero delle dilettanti è rimasto uguale. Poi abbiamo una decina di squadre di calcio a 5 femminile, di cui anche l’Alta Giudicarie. Ci sarebbe una grande voglia

Comitato Provinciale, ancora non denominato Autonomo. La sua storia nell’organizzazione calcistica inizia già nel 1994, quando viene nominato dalla FIGC presidente regionale Trentino-Alto Adige del Settore Giovanile e Scolastico. Nel 2021 presenta la sua candidatura come vicepresidente vicario della LND nazionale.

Se dovesse riassumere ai lettori la sua carriera, da dove è partito Lei? Sono partito dalla piazza lastricata a Daone, giocando a calcio sul porfido e sbucciandomi tante ginocchia con i miei amici. Ho incominciato a giocare a calcio nella Federazione solo a 16-17 anni, allora in Val Giudicarie il settore giovanile non esisteva. A livello dilettantistico ho giocato fino a 34 anni. Nel 1970 però ho subito un grave incidente di gioco e sono stato fermo quasi due anni. Dopo ho allenato per tredici anni la Vis Fornace, poi dal 1985 il Trento, dove ho avuto la fortuna di vincere il primo scudetto nel 1988 con la squadra under 19 del Trento, la Berretti. Allo stesso tempo facevo l’allenatore in seconda della prima squadra che allora era in Serie C. Ho allenato poi in Serie D, la Benacense e il Bolzano e dai primi anni ‘90 sono entrato in Federazione, chiamato anche grazie a due titoli nazionali sulle spalle.

di espansione e confidiamo nel futuro. Sul calcio femminile alcuni tabù e stereotipi sono caduti anche se ce ne sono ancora, però rispetto a qualche anno fa alcune barriere sono state abbattute. A livello nazionale è stato designato come vicepresidente vicario della LND a fianco del presidente uscente Cosimo Sibilia, che si ricandiderà. È la prima volta che si propone? Sì, è la prima volta. In verità da alcuni anni sono vicepresidente nazionale del Settore Giovanile e Scolastico, ma quella è una carica di nomina. Invece questa sarebbe una carica elettiva con maggiori responsabilità. Quando ha deciso di candidarsi per questo ruolo e perché? In questi anni ho rinsaldato rapporti di collaborazione con tanti Comitati Regionali. Di questi 23 Comitati ho percepito

Il 6 febbraio ci sarà l’Assemblea Ordinaria Elettiva a Roma. Se venisse eletto cosa accadrebbe al CPA di Trento? Se dovessi venire eletto come vicepresidente vicario dovrei dimettermi dalla carica di presidente del CPA di Trento, in quanto due cariche elettive sono incompatibili. A Trento il mio vicepresidente vicario che per norma sostituisce il presidente anche in caso di indisponibilità definitiva, come nel mio caso, ha il compito di reggere il Comitato per 90 giorni, periodo in cui deve convocare una nuova Assemblea Elettiva che rieleggerà il presidente.

consenso e sintonia e 19 su 23 mi hanno designato quale candidato unico alla carica di vicepresidente vicario. Non è stata una candidatura che ho lanciato io, sono stato

gratificato quando l’area Nord all’unanimità mi propose al resto d’Italia come vicepresidente. Il resto delle regioni, quasi tutte, hanno aderito.

Crede che il mondo calcistico sia cambiato rispetto a quando è entrato Lei? Sì, è cambiato assolutamente. Con il passare del tempo purtroppo sono aumentate le responsabilità, la burocrazia, i gravami a carico del volontariato. Per fortuna però la grande passione per lo sport e per il gioco del calcio, direi, è rimasta inalterata.


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Parlando giudicariese

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In un secolo “sorprese” a non finire… ed ora?

1921-2021: in Giudicarie trasformazioni inimmaginabili di Mario Antolini Musón Tra le trasformazioni più evidenti ci sarebbero la differenza tra i burroni lungo le forre del Limarò e di Ponte Pià e le gallerie di oggi; tra i vecchi stabilimenti delle Terme di Comano e le moderne architetture in continua evoluzione in sponda sinistra della Sarca; la differenza tra la vecchia entrata in Tione dal Bassarnò lungo via Trento e Brévine e l’attuale rotonda che immette sulla circonvallazione con l’entrata nella borgata mediante via Damiano Chiesa con tanto di autostazione; la netta differenza tra i tortuosi tornanti di Agrone a sud dei forti di Lardaro lungo la statale e la nuova circonvallazione di Pieve di Bono; e ancora le differenze tra le coltivazioni del Piàn d’Onéda di Storo e gli attuali capannoni industriali; tra la conca agricola di Pinzolo e Carisolo e l’attuale urbanizzazione alberghiera ed abitativa; tra i primi e rari alberghi di Madonna di Campiglio serviti dalla vecchia strada fatta costruire a sue spese da Gianbattista Righi di Strembo e gli impianti funiviari della ormai affermata stazione turistica internazionale; tra le Sette Ville di San Lorenzo nel Banale e gli alberghi a Castel Mani e agli impianti di Promeghìn. E, inoltre, le differenze tra le ghiaiose statali col fondo “de gèra” strette e anguste protette da solitari e rari paracarri a l’attuale viabilità sempre più a servizio degli oltre 120 centri abitati, ciascuno dei quali - anche il più modesto - è passato dagli edifici con stalle e i tetti di paglia e di scàndole alle moderne abitazioni che hanno stravolto il paesaggio ed offerto agli abitanti un tenore di vita assai più confortevole. Per non fare il dovuto e debito riferimento all’edilizia scolastica, passata dalle modeste pluriclassi anche nei villaggi più dispersi e senza strade di accesso, agli attuali centri scolastici e alle Scuole Medie diffusi e diffuse su tutto il territorio, nonché alle Scuole Superiori a Tione a disposizione di tutto il comprensorio. Mentre tutto quanto elencato non è stato che un progressivo miglioramento, soltanto la montagna dei vachér (allevatori) e dei boscaioli ha subito una trasformazione in senso negativo, avendo perso la sua vitalità operati-

In Giudicarie ho vissuto, in prima persona, quasi tutto il secolo ventesimo. Compiuti i cent’anni, nel trascorrere già il 101° anno di vita, mi trovo a ripassare il mio vissuto e mi accorgo che tutto ciò che ho visto susseguirsi di decennio in decennio nelle Giudicarie dinanzi ai mei occhi, da nord a sud e da ovest ad est, non è stato altro che il progressivo realizzarsi di risposte a quanto risultava necessario per soddisfare le impellenti necessità del momento e, quasi mai, come qualcosa di previsto e di ben programmato con antiveggenza organizzativa secondo un preciso e dettagliato studio di sviluppo territo-

riale. Secondo il mio modesto parere, tutto è andato realizzandosi seguendo le esigenze e le sollecitazioni del momento (sia nel pubblico che nel privato) sfruttando le possibilità del periodo, sia dal punto di vista organizzativo che economico. Sarebbe interessante avere a disposizione una carrellata di fotografie su ciò che è stato fotografato negli anni Venti del secolo scorso e quello che è possibile fotografare oggi, negli anni Venti del terzo Millennio: la trasformazione apparirebbe netta, più che evidente. Penso che ci sarebbe proprio da sbarrare gli occhi, specie se si avessero a disposizione fotografie dall’alto.

va ed economica a seguito del progressivo abbandono dell’allevamento e della cura razionale ed oculata dei boschi e delle selve conseguenti a politiche cieche e inadeguate; un progressivo abbandono dovuto, in modo particolare, al richiamo di attività lavorative ben più remunerate con riflessi pure nella diminuzione dei secolari flussi migratori. Notata, invece, la differenza nelle zone montane, ad alta quota, prive di vegetazione dove si è sviluppato il turismo alpinistico, come sui ghiacciai del Gruppo Adamello-Presanella e sulle dolomiti del Gruppo di Brenta; un alpinismo sempre più accen-

tuato, favorito dal benessere che, nei due dopoguerra, si è andato diffondendo sia a livello locale, che nazionale, europeo e mondiale con l’aggiunta della pratica dello sci. In cent’anni, lo stesso territorio con due facce che evidenziano l’indubbio sviluppo sociale e abitativo, con una popolazione che è rimasta tra i 32.000 e i 35.000 abitanti, pure caratterizzata dallo spostarsi dei convalligiani dai centri abitati minori verso i centri maggiori e dall’inarrestabile arrivo di nuovi cittadini sia dalle regioni italiane che dall’estero. Si è accentuato,

soprattutto, lo sviluppo dei centri maggiori, come dei due nuovi centri abitativi di Ponte Arche (dal 1841) e di Madonna di Campiglio (dal 1882). Non essendo un esperto in materia non so dire della situazione economica, sia nella sua globalità, sia per categorie e settori di lavoro. Uno dei segni di miglioramento economico si potrebbe cogliere dallo sviluppo abitativo, sintomo di una evidente crescita in un accentuato benessere, che ha caratterizzato e sta caratterizzando l’intero comprensorio a tutti i livelli sociali. *

Dopo questo sguardo retrospettivo, mi permetto di poter esprimere una mia ultima illusione di vecchio innamorato delle Giudicarie. Sono convinto che sarebbe augurabile il procedere non più soltanto rincorrendo le inalienabili necessità del momento come si è fatto sino ad oggi, ma predisponendo uno sviluppo razionale e finalizzato al bene comune dell’intero territorio, sul quale la popolazione rimarrà ormai stazionaria tra i 35.000 ed i 38.000 abitanti. Le Giudicarie, nel Mille, hanno iniziato la loro storia con le Sette Pievi collegare tra loro da aspri e tortuosi collegamenti stradali. Attualmente, le Giudicarie del terzo Millennio, grazie alle

nuove vie di comunicazione e ai moderni mezzi di trasporto, si trovano nella possibilità di impostare il loro “comune stare insieme” in un’unica entità socializzata. Negli anni Cinquanta del secolo scorso, nell’ambito del gruppo di amici che frequentavano Nino Scaglia di Storo, quando dirigeva la storica rivista “Rocca Pagana”, si ipotizzava la “Repubblica delle Giudicarie” addirittura chiedendo la separazione da Trento e l’aggregazione alla provincia di Brescia. Certamente una cosa impossibile sotto qualsiasi punto di vista, ma una prospettiva ipotetica e immaginativa, quasi provocatoria, quale conseguenza della constatazione che le Giudicarie non venivano prese nella debita considerazione dai poteri politico-amministrativi del Centro insediati a Trento, Innsbruck, Roma: Principato Vescovile, Conti del Tirolo, Provincia, Regno e Repubblica italiana. Si aggiunge la constatazione che, lungo il corso dei secoli, le popolazioni giudicariesi non hanno mai avuto diretti contatti sociali ed economici con le altre vallate del Trentino e della pianura padana (come lo è tuttora). Alla luce di queste considerazioni, mi illudo di sognare una serie di punti programmatici da realizzarsi nei prossimi cent’anni, dal 2021 al 2121, per esempio come:

1. Potenziare l’autonomia amministrativa mediante una “Comunità delle Giudicarie” giuridicamente riconosciuta nelle sue potenzialità di gestione in autonomia. 2. Realizzare una più che adeguata rete viaria sulle direttrici: 1) Brescia-Càffaro-Tione-Campiglio-Val di Sole; 2) Giudicarie-Trento; 3) Riva del Garda-Ballino-Ponte ArcheBanale-Val di Non; 4) Vale del Chiese-Val di Ledro-Riva del Garda. 3. Ideare elementi visivi caratteristici, tipici e distintivi del territorio per l’intero comprensorio. sia nella segnalazione stradale sia negli elementi urbanistici distintivi, sia nell’architettura degli edifici (costruzioni, tetti, colori et similia). 4. Programmare il turismo in modo unitario, inteso ad offrire le potenzialità presenti sul nostro territorio: dal ghiacciaio e dalla dolomia al verde pennellato nelle cento valli; dalla tipica geologia alla fauna esemplare; dal fascino dello sci ai benefici termali; dal paesaggio dei laghi alpini ad alta quota allo scrosciare dei torrenti sui fondovalle. Organizzativamente magari strutture di verse, ma ogni istituzione promuova l’intero ed unificante territorio: le Giudicarie. 5. Costituire organismi unitari ai quali fare costantemente riferimento nei vari settori sociocomunitari: sanità, scuola, ricettività, commercio, industria e artigianato, agricoltura e allevamento, volontariato. I Giudicariesi devono finalmente sapersi e volersi incontrare fra loro e doversi parlare, comprendersi e camminare insieme. Ringraziando dell’ospitalità su queste colonne, chiedo scusa dell’eventuale intrusione, ma ho ancora un desiderio da esprimere. Vorrei permettermi di suggerire di sostituire le ormai usate dizioni “Giudicarie e Rendena” e “Valli Giudicarie”, per lanciare il termine unificante di “LE GIUDICARIE”, parallelamente alle affermate enunciazioni geografiche di altri territori consimili, come: “Il Monferrato”, “Il Chianti”, “Le Langhe”, “La Romagna”, “Il Tesino”, “La Brianza”, “La Maremma”, “il Salento” ed altre ancora. Possano, questi miei “sogni al vento” o semplici illusioni essere benevolmente accettati come un mio personale testamento emotivo, almeno per temporanea soddisfazione di un vecchio che si sente… ormai in già prossima partenza.


Comunità delle Giudicarie Per assicurare uniformità di accesso al sussidio, le Comunità e i Comuni hanno, infatti, concordato l’applicazione di requisiti omogenei per il suo riconoscimento, e - in sinergia con il Consorzio dei Comuni Trentini, la Provincia autonoma di Trento e Trentino digitale s.p.a. hanno adottato un portale unico per la presentazione, in forma digitale, delle istanze da parte dei cittadini. “Le Comunità hanno il dovere di offrire il proprio contributo organizzativo ai comuni e al territorio per far sì che le risorse stanziate raggiungano in tempi ristretti le famiglie più bisognose. In quest’ottica si sono intensificati gli sforzi per definire un modello efficace e uniforme per tutto l’ambito provinciale. Il nostro Servizio sociale e l’Ente in generale si stanno prodigando, sin dall’inizio dell’emergenza, per offrire sostegno soprattutto ai soggetti più deboli e per promuovere azioni straordinarie a servizio dei cittadini” ha affermato il Commissario della Comunità delle Giudicarie Giorgio Butterini.

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Attivato un portale unico per presentare la domanda

Una nuova campagna del bonus alimentare Gestito dalla Comunità permetterà un sostegno immediato a chi non beneficia di altri ammortizzatori sociali Dal 26 gennaio al 10 febbraio 2021 è nuovamente possibile, per i nuclei familiari maggiormente colpiti dagli effetti economici del coronavirus, richiedere il bonus alimentare. L’iniziativa, finanziata con risorse stanziate dallo Stato, è ora gestita, anche in Provincia di Trento, dagli Enti locali, attraverso le Comunità di valle ed i Comuni di Trento e Rovereto.

“E’ il risultato importante di un lavoro in sinergia tra Comuni e Comunità. – sottolinea Paride Gianmoena, Presidente dei Comuni Trentini – In questo momento di difficoltà siamo impegnati a garantire una doverosa protezione sociale alle fasce più deboli, puntando anche sul coordinamento delle iniziative con l’obiettivo di dare risposte veloci ai cittadini e alle famiglie.

I criteri di accesso al bonus sono stati individuati nell’ottica di assicurare prioritariamente un sostegno a chi non abbia modo di beneficiare di altri ammortizzatori sociali. Potranno quindi accedere immediatamente al bonus i nuclei familiari che, al 31 dicembre 2020 avevano una disponibilità di denaro liquido, su conti correnti o altre forme di deposito, inferiore a 1.500- Euro, e che rientrino in uno dei seguenti casi: CASO A: tutti i componenti del nucleo, in età lavorativa e abili al lavoro, sono in stato di disoccupazione, e nessuno ha percepito, o prevede di percepire nel gennaio 2021, entrate da pensioni di capitale, d’impresa, o diversi, oppure derivante dalla locazione o dall’affitto di immobili, conseguente a rapporti già esistenti al momento della domanda, oppure per ammortizzatori sociali o per prestazioni sociali finalizzate a contrastare situazioni di disagio economico. CASO B: nessun membro del nucleo familiare ha percepito, nel dicembre 2020, un’entrata per redditi di lavoro dipendente, da pensione, di lavoro autonomo, di capitale o d’impresa, per redditi diversi, oppure derivante dalla locazione o dall’affitto di immobili, oppure per ammortizzatori sociali o per prestazioni sociali, finalizzate a contrastare situazioni di disagio economico. (CASO C). Potranno inol-

tre fare domanda di bonus, ma la loro richiesta sarà accolta soltanto subordinatamente a quelle dei nuclei che ricadono nei CASI A e B, coloro che, al momento di presentazione della domanda, siano titolari di altre prestazioni sociali, finalizzate a contrastare situazioni di disagio economico, fermo restando il requisito della disponibilità di denaro al 31.12.2020 inferiore a 1.500 Euro L’importo del bonus alimentare, stimato in funzione di un orizzonte temporale orientativamente pari a quattro settimane, è riconosciuto in misura pari a 150,00- Euro, per nuclei familiari costituiti da una persona, 250,00Euro, per nuclei familiari costituiti da due persone, 350,00- Euro, per nuclei familiari costituiti da tre persone, 500,00- Euro, per nuclei familiari costituiti da quattro persone e più. Il beneficio sarà erogato mediante accredito su conto corrente intestato o cointestato al richiedente; soltanto qualora il richie-

dente non disponga di un conto corrente, o abbia un conto corrente in passivo, l’erogazione del beneficio sarà assicurata mediante forme alternative di pagamento, individuate da ciascuna Comunità. L’erogazione del bonus avverà, orientativamente, entro 2-3 settimane dal termine per la raccolta delle domande. La domanda potrà essere presentata, anche avvalendosi di un delegato, attraverso una procedura online, raggiungibile attraverso i siti internet delle Comunità e dei Comuni di Trento e Rovereto. Una procedura totalmente digitale, dematerializzata e veloce, che presenta le Comunità ed i Comuni uniti da un unico “linguaggio digitale” nei confronti del cittadino. Garantisce l’accesso ai servizi di interesse, attraverso un’applicazione web particolarmente efficiente ed intuitiva, realizzata seguendo le linee guida di AGID in tema di servizi digitali. In caso di difficoltà nella compilazione della domanda online, il cittadino potrà comunque rivolgersi ai Servizi sociali competenti per il proprio comune di residenza, presso la Comunità di valle, o i Comuni di Rovereto e Trento (anche per Aldeno, Cimone e Garniga Terme). Sul sito delle Comunità e dei Comuni citati è, inoltre, possibile, visualizzare in dettaglio i criteri di accesso al bonus. I residenti nella Comunità delle Giudicarie potranno contattare dal lunedì al venerdì dalle 9.00 alle 12.00 il numero di telefono 0465.339523 per un supporto nella compilazione.


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Tutti giù per terra

FEBBRAIO 2021

Scarpe diem ‘Puntuale come le tasse’ si diceva un tempo. Più appropriato oggi dire ‘come i bonus fiscali di gennaio’, ribaltando una volta per tutte la percezione diffusa dello Stato, da avido esattore in munifico elargitore. Anche per il 2021 infatti fiocca sugli italiani una copiosa nevicata di incentivi. Tradizione consolidata da decenni, appuntamento fisso come il Panettone a Natale, la Colomba a Pasqua e i testimoni di Geova al citofono la domenica mattina (in epoca pre-covid… ovvio). Dal bonus bagno al bonus occhiali, dagli incentivi alla rottamazione dell’auto al bonus tv, dal bonus mobili al nuovo ‘kit digitalizzazione’, una sorta di cintura di Batman che tutto comprende: smartphone in comodato, internet gratis per un anno, abbonamento online a due organi di stampa e l’app IO per il cashback. Caffè e ammazzacaffè esclusi. In una società utilitarista in cui non si muove foglia se non a pagamento, la gente adotta comportamenti virtuosi solo se lautamente incentivata. Tutto è monetizzabile. E allora ecco che (forse) l’unico modo possibile per convincere gli OMOFOBI alla tolleranza, i NEGAZIONISTI all’affermazione, i NO-VAX alla vaccinazione, i RAZZISTI all’inclusione, i SESSISTI al rispetto di genere e gli IDIOTI alla ragione potrebbe essere quello di concedere ‘incentivi monetari’. Una sorta di ‘bonus civiltà’. Tu fa’ il bravo e ti scarichi una parte del costo sul 730. E per l’anno dopo, il solito decreto milleproroghe e si

riparte. Gennaio è il mese dell’abitudine reiterata, della consuetudine rassicurante. Sempre (o quasi) uguale a sé stesso. A ‘sto giro invece, gennaio ci ha offerto una bella botta di eventi imprevedibili. I miei primi tre, in ordine sparso. Primo: l’assalto al Congresso di Washington. Una

frangia scomposta di sostenitori di Trump, capeggiati da un biker barbuto e da un aspirante attore vestito da Minotauro. Figure folcloristiche, macchiette bizzarre che incarnano l’americanità più hollywoodiana, ma che nessuno si sarebbe aspettato di vedere saccheggiare il Campidoglio, tempio e faro della demo-

Tutti giù per terra di Massimo Ceccherini Podio

crazia moderna. E ci son scappati, tra ironie e meme sul web, 5 morti. Che richiedono rispetto. Secondo: l’uomo più ricco del mondo è Elon Musk, che rompe il dominio decennale della coppia Bill Gates (Microsoft) – Jeff Bezos (Amazon), l’equivalente della diarchia pallonara Messi – Ronaldo.

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Co-fondatore di PayPal, patron di Tesla e visionario presidente di SolarCity con la fissa dello spazio, Musk ha dichiarato di voler fondare città su Marte e di volerci metter su casa. Personaggio sui generis, basti pensare a come ha chiamato il suo ultimo figlio: ‘X AE A-XII’. Più che un nome una password. Terzo: Palazzo Chigi come il Campidoglio, preso in ostaggio non da orde di assalitori famelici ma dall’ego capriccioso di un piccolo leader politico che fattura il 2% di consenso. Matteo Renzi, bischero recidivo, stavolta le SCARPE le ha fatte a Conte che (anche lui come Gianni Letta buonanima) ha abboccato come una CARPA al suadente richiamo di ‘stai serenoo…’. In politica si sa, è importante cogliere l’attimo. Un ‘CARPE DIEM’ che consiste nel saper intercettare, meglio ancora anticipare, le istanze del Paese. E intervenire al momento giusto, con rapidità ed efficacia. Per il bene collettivo. L’ex rottamatore ha colto invece il suo PERSONALE

‘carpe diem’, aprendo una crisi di governo alla faccia degli affanni e del dolore degli italiani, dimostrando reale distanza dal Paese reale, zero sensibilità verso coloro che hanno sofferto e soffrono difficoltà economiche e lutti. Ora o mai più, e ha colto l’occasione dei 200 e passa miliardi del Recovery Fund per sbuffare e sbraitare. E nel bel mezzo della partita, offeso perché ti ritrovi a fare il medianaccio quando invece ti credi meglie e’ Pelè, ha preso il pallone, manco fosse il suo, e se ne è tornato a casa. Rivendicare il proprio spazio politico, si dice. Ora o mai più. Carpe diem. Quindi caro Matteo, se la tua ossessione è conquistare SPAZIO politico, lasciati dare un consiglio. Contatta Elon Musk. Prenota il tuo viaggio spaziale. Acquista un biglietto per Marte. E se costa troppo, non crucciarti… saremo ben lieti di finanziarlo con una parte del Mes. Lì, sul pianeta rosso, di spazio ne trovi quanto ne vuoi.


Opinioni a confronto BOTTA E RISPOSTA

vilgiat@yahoo.it

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Assalto al Campidoglio negli Usa, c’è da riflettere anche in Italia

Caro amico, siamo stati molto colpiti dalle ultime vicende americane, Trump che incita i suoi alla ribellione, l’assalto al Campidoglio di Washington, i ribelli che entrano armati e prendono possesso dell’aula del Parlamento, le forze dell’ordine che arrivano in ritardo, tutte cose che mai avremmo immaginato che capitassero nell’America della democrazia e della solidarietà. Credo che quanto successo sia l’unico merito (si fa per dire!) che viene riconosciuto a Trump che è così riuscito a riportare la società americana sulla strada del populismo e del razzismo esasperato, una strada che non sarà facile da stoppare dato i milioni e milioni di elettori che Trump ha saputo comunque conquistare. Sarà opportuno anche per noi italiani riflettere sull’intera vicenda per evitare che insidie e pericolose provocazioni mettano a rischio la nostra, seppur consolidata, democrazia...che ne dici? Gli amici del bar E pensare che gli Stati Uniti, fino a qualche tempo fa, rivendicavano il diritto di essere considerati i “poliziotti del mondo” e persino i “depositari della democrazia”. Da tempo ovunque l’esercito americano è intervenuto in qualche parte del mondo, lo ha sempre fatto in nome della difesa della democrazia o per portare la democrazia in Paesi occupati dalla dittatura. Era ovvio, un po’

per tutti noi, che gli Stati Uniti agissero, per definizione, nell’interesse dell’umanità e comunque dell’Occidente, anche a costo di violare i confini di altri Stati e, talvolta, anche le regole del diritto internazionale. Ultimamente però erano sorti non pochi dubbi su alcune scorribande internazionali che con la democrazia avevano poco a che fare. Fino a giungere all’era Trump che ha messo in risalto l’animo più retrogrado e razzista ancora molto vivo e vegeto in gran parte del popolo americano. La chiamata di Trump alla sommossa e all’assedio del Campidoglio, sede

del Parlamento, per tentare di imporre, anche con le minacce, la propria persona e il proprio potere, indipendentemente dell’esito a lui sfavorevole delle votazioni presidenziali, ha confermato che Trump ha un concetto molto labile della democrazia e non poteva accettare che ci fosse la maggioranza degli americani che non lo riteneva adeguato a guidare gli Stati Uniti, così di fronte alla sconfitta, Trump ha cercato in ogni modo di ribaltare il risultato elettorale, sapendo comunque di poter contare su un ancora ampio consenso. Ma alla fine gli è andata male, mercole-

Aldo

dì 20 gennaio il suo successore Biden ha fatto giuramento ed è diventato a tutti gli effetti il nuovo Presidente degli Stati Uniti. Trump alla fine ha rinunciato ad ulteriori proteste e se n’è andato in Florida a progettare il suo futuro senza presenziare all’insediamento del nuovo Presidente. L’ultimo sgarbo a Biden non poteva mancare. Alla fine, però, sono convinto che quel che è accaduto nelle nei tragici momenti dell’assalto al Campidoglio sarà destinato a lasciare il segno per molto tempo. Intanto sembrano godere i tanto disprezzati regimi dittatoriali in giro per il mondo

che all’unisono proclamano il fallimento della democrazia occidentale. L’Iran, ma ancor più Putin, per non parlare dei leader della Cina “post comunista”, tutti ormai convinti che gli Stati Uniti, in fatto di democrazia, non abbaino niente da insegnare a nessuno. E credo che questo sia il grande guaio, la grande responsabilità di Trump nei suoi ultimi giorni alla Casa Bianca: aver rafforzato in un colpo solo tutti i nemici dell’America e dell’Occidente. Adelino Amistadi

Cristiani perseguitati, poca attenzione Leggevo in questi giorni notizie sempre più drammatiche sulla strage di cristiani che sta avvenendo in tutto il mondo nel silenzio quasi assoluto dei media italiani, carta stampata e non. Cristiani uccisi per la propria fede o perseguitati da fanatici di altre religioni hanno raggiunto numeri impressionanti e nessuno dice niente. Agnese

340 milioni nel mondo che sono perseguitati a causa della propria fede. Un cristiano ogni otto. 4.761 cristiani uccisi in un anno per quello che sono e per quello in cui credono. Una media di 13 vittime al giorno. Senza contare che nell’ultimo anno sono state 4.488 le chiese distrutte. Lo riferisce l’associazione “Porte Aperte” nel suo ultimo rapporto.

Vaccini, duello generazionale Si è avviata, anche con qualche difficoltà la campagna di vaccinazione contro il covid-19. Secondo la indicazioni governative credo sia fuori discussione assegnare la priorità a tutto il personale che opera nella sanità e a tutti gli altri servizi di sicurezza, poi però le indicazioni indicano gli anziani come soggetti deboli e quindi vanno vaccinati per primi. Io invece sono dell’idea che la priorità dovrebbe essere riservata ai giovani, ai lavoratori con famiglia, agli insegnanti e agli studenti...E’ vero che gli anziani sono più a rischio, ma possono difendersi meglio dai contagi, essendo liberi da impegni possono gestire meglio la loro vita e il loro tempo libero.

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Preciso, io ormai faccio parte della categoria degli anziani, ma prometto di rispondere senza partigianeria e con assoluta obbiettività e buona fede. Cominciamo col dire che con il vaccino si vuole aiutare chi è maggiormente esposto al virus ed alle sue conseguenze: e queste, credo non ci siano dubbi, sono le persone anziane. I giovani sono naturalmente protetti, anche quando sono contagiati di solito risultano asintomatici, comunque se la cavano senza particolari conseguenze. Da loro dobbiamo pretendere molta più attenzione alle norme di sicurezza a cui tutti i cittadini sono tenuti. Ancora si vedono in Tv piazze strapiene di giovani, senza mascherina, che gozzovigliano come se

nulla fosse. La priorità del vaccino dev’essere garantita in primis a chi è costretto a stare in prima linea nella lotta al coronavirus, ossia a tutti i sanitari, medici, infermieri ed operatori vari degli ospedali e delle case di riposo, e a chi a causa della pandemia corre maggiori rischi, appunto gli anziani. Teniamo presente che gli anziani hanno già pagato per il Covid-19 e non poco. Le vittime del virus, più di ottantamila, in Italia, sono in larghissima maggioranza over 78-80. Tanti son già stati i morti. Abbiamo il dovere come società di metterci rimedio, per riconoscenza e solidarietà. Il vaccino è importante anche per questo.(a.a.)

Eppure, nonostante la drammaticità della situazione, nessuno ne parla, non ci sono cortei nelle città, né striscioni di protesta, né indignazioni collettive a cui siamo abituati anche per questioni molto meno drammatiche. La Nigeria è lo Stato eletto terra di massacri effettuati dalla violenza islamica. Ma anche l’Uganda e gran parte dei paesi africani con

forte influenza islamica. In alcuni Stati come l Afghanistan, ma anche la Somalia e la Libia la fede cristiana viene vissuta nelle catacombe e se scoperti si rischia la morte. Anche la Cina è entrata nei venti Paesi che perseguitano di più i cristiani, i cinesi vorrebbero “cinicizzare” il cristianesimo a loro uso e consumo. Ma anche la Turchia ha distrutto 25 villaggi cristiani

nel nord dell’Iraq nello scorso anno. Fra i fattori di persecuzione in testa c’è l’islam radicale “che vuole riportare il mondo sotto la casa dell’islam con azioni violente o meno”. Intanto nell’Occidente cristiano (post-cristiano?) si processa l’islamofobia, ma non ci interessa poco o niente della reale e drammatica cristianofobia. (a.a.)

Che brutto quel “compagno”, meglio “consorte”! Caro Adelino, sono una persona all’antica forse, ho imparato quel poco d’italiano che so dalla maestra Tamanini che era molto precisa ed esigente nel suo insegnamento. E da lei ho imparato anche il significato delle parole. Tutto bene per svariati decenni. Ma ultimamente le cose sono cambiate e mi soffermo su una parola oggi molto di moda: compagno (o compagna). A suo tempo mi hanno insegnato che la parola in questione viene utilizzata con riferimenti tipo: compagno di scuola, di giochi, di lavoro, d’avventura, tutte persone con le quali si condividono momenti della vita, ma non legami sentimentali, perché un po’ tutte queste persone alla fine del lavoro, del gioco, della scuola, se ne tornano a casa loro e chiusa lì. La parola compagno non esprime amore o affetto. Io sono convinto che il termine più adatto a due persone che decidono di vivere insieme perché innamorate sia quello di “consorte”, cioè colui o colei che decide di convivere la vita, la propria

sorte e quindi esprime un sentimento. Non mi sembra adatta neanche convivente, perché anche qui non c’entrano i sentimenti. Marcello

Credo che la maestra Tamanini c’entri poco, lei la sa lunga ed è di certo uomo colto. Non ci avevo mai pensato, ma ora che me l’ha proposto debbo dire che il suo ragionamento non fa una grinza. Io lo condivido. Il linguaggio, però, continua a cambiare e anche rapidamente. Dobbiamo adeguarci. Mi sovviene un’altra parola riscoperta in questo tempo di pandemia, la parola “congiunto”, usata per indicare i famigliari stretti in presenza dei quali non è necessario indossare la mascherina. Alla fine che siano compagni, consorti, mariti e mogli, o congiunti, l’importante è che si vogliano bene. Creda a me. (a.a.)


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