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A PAGINA
La Maroca, per le feste di Natale, s’è vestita a nuovo. S’è conciata come una zingara degli anni Quaranta. Da capo a piedi con “traverse” tutte d’un pezzo da parere una barca più larga che lunga, davvero un bel vedere per gli ospiti mezzi orbi che frequentano da sempre la sua locanda. Non sono cambiati i suoi servizi, le consuete parolacce e le consuete bevande fatte di vino annacquato e grappe distillate dalle vinacce fetide della cantina del Celeste in quel di Mezzocorona. La clientela è sempre la stessa con qualche bell’imbusto nullafacente in più che, date le feste, si è sentito in dovere di aggregarsi alla storica “ghenga”, fedele da secoli, dell’osteria della Maroca. Ed è proprio quello screanzato di Fiorani che sta lamentando la scarsa presenza di donne decenti in quell’osteria :”Ecco perché non vengo quasi mai dalla Maroca, qui si ritorna indietro di cinquantanni...quattro vecchi sbevazzanti che se la raccontano e un’ostessa d’altri tempi che li sta ad ascoltare...” E gli risponde piccato l’Abele: “Ehi...furbetto...se i quattro vecchietti sbevazzanti ti danno fastidio, te ne puoi andare, noi facciamo a meno di boriosi come te...cambia tavolo...o vai a fare qualcosa che è una vita che ti fai mantenere...” L’Isacco s’infuria, ma tace. Prende le sue difese l’Osvaldo: “Forse ha ragione l’Isacco, c’è una donna sola e ce la dobbiamo dividere in dieci, neanche fosse la Brigitte Bardot...” “All’osteria mica si va in cerca di donne, qui si viene per trovare gli amici e parlare del più e del meno, di come vanne le cose, di come gira il mondo...” “Già, ha ragione il Palmiro, senza esagerare perchè quasi tutti voi siete forse arrivati a Trento e non oltre...ma anche le giudicarie fanno parte del mondo, quindi dice bene il Palmiro...” rimette le cose a posto l’Arcadio. “Mi avete stufato, se non vi garbo chiudete gli occhi, interviene infuriata la Maroca, e apriteli fra qualche minuto, oggi ho una bella sorpresa natalizia, in questi giorni di calca, ho ingaggiato una donna che vi farà perdere la testa...Paradisa! Paradisa, fatti vedere, vieni fuori...” E la Paradisa apparve alla platea attonita della clientela della Maroca. “Eccola...avete ancora da dire qualcosa? Se non vi piace la Paradisa, non so cosa farci...nel nostro paese non c’è di meglio….” conclude la Maroca. E la Paradisa, alta un paio di metri, con gambe lunghe ed incurvate come le stanghe del carro dell’Abele, e due “tette” degne della razza Frisona, lì per lì fa un certo effetto, ma poi apre la bocca e sfoggia il suo sorriso unico al mondo, fatto a rastrelliera, un dente si e uno no, con due canini laterali pronti ad azzannare chi in qualche modo non l’avesse apprezzata. Orpo, che donna! Ma la Maroca, nel frattempo s’era distratta, era entrato un nuovo cliente, un omone ben fatto e dal sorriso smagliante, nero di pelle, vestito alla buona, che chiese un caffè. La Maroca s’era incantata. Non si muoveva dal banco, era in adorazione, un bel giovanotto così , nella sua osteria non l’aveva mai visto. Sentendosi trascurata ci pensò la Paradisa a servire il caffè, la Maroca era tutta occupata nel misurare l’atletico cliente. Ah..i neri erano la sua passione. Li vedeva passare davanti al suo portone e lei li avrebbe seguiti sino in Africa, tanto le piacevano. Ma quello screanzato, bevuto il caffè, se n’era andato senza salutare. La Maroca c’è rimasta male. Avrebbe voluto chiedergli un sacco di cose, invitarlo in casa, sul canapè... niente se n’era andato. “Non rattristarti, Maroca, ormai l’Italia è piena di migranti neri, già qui da noi ne girano una trentina, prima o poi troverai la tua anima gemella...” prova a consolarla l’Ernesto. E la Maroca delusa, scomparve e buona notte. E così la discussione si fece seria. Come sempre ci pensa il Sindaco (ex) Filippo ad introdurre l’argomento: “Ha ragione l’Ernesto, ormai in Italia, nelle fabbriche lavorano un sacco di extracomunitari. Ho letto che ogni anno le imprese, soprattutto quelle del nord, assumono 50.000 migranti per far fronte a tutti quei lavori che gli italiani non vogliono più fare perché considerati faticosi e poco redditizi...” “Hai ragione, interviene il Palmiro, anche in Trentino, così come in gran parte della Padania, non ci sarebbe più latte né formaggio se a mungere le vacche non ci fossero gli indiani, ed ancor meno potremmo mangiare pomodori e la loro conserva se a raccogliere i pomodori non vi fossero gli africani….” “E’ dura la terra, è bassa la terra...” sospira desolato l’Arcadio. “Ma allora come faremo ad andare avanti quando anche gli extracomunitari, o i loro figli,si saranno stancati di sgobbare in campagna, sudare alle catene di montaggio, fare i vaccari, e lavare piatti nei ristoranti?” “E già ci sono i primi segnali…, dice ancora il sindaco Filippo, fino a qualche anno fa, quando vedevi una macchina con la vecchia targa, eri sicuro che al volante c’era un marocchino o un keniota. Adesso già cominciano a girare con auto modeste, ma nuove di zecca. Se le cose andranno avanti così presto potranno permettersi la casa con i doppi servizi, il frigorifero, la televisione e tutte le cose che noi occidentali siamo abituati ad avere considerandole fonte di benessere e di serenità. Ma...ma… Dopodichè è lecito aspettarsi che anche loro cominceranno a rifiutare i lavori servili, i lavori disonorevoli, quelli che comportano troppa fatica e poca resa….”E allora?” Fu la domanda unanime. “ E ancora il Sindaco. “Non preoccupatevi, poveri diavoli da importare ce ne saranno sempre. Il problema sarà dove metterli dato che l’Italia è già sovraffollata….” E allora che si farà? Fra qualche decennio potrebbero diventare i padroni dell’Italia...” Domanda all’unisono. E il Sindaco: “Lì per lì non saprei...secondo me ci sono due strade. O fare come Valletta, presidente della Fiat negli anni Cinquanta, che trovandosi nella necessità di avere operai, li trovò a buon mercato reclutandoli nel sud d’Italia. E quando lo informarono che questi nostri migranti erano in gran parte sotto i ponti, rispose: “Io offro loro un posto di lavoro, dove vanno a dormire non è affar mio!” “Ma allora questi fra vent’anni saranno tutti comunisti...se ne rende conto?” obiettarono alcuni collaboratori. “Certo che me ne rendo conto, rispose, però, vedete, io fra vent’anni non ci sarò più e si arrangeranno quelli che verranno dopo di me... C’è poi una seconda strada che è quella che ogni tanto ne discuto con gli amici. Bisognerebbe tornare ad insegnare ai nostri figli il valore della fatica e, coerentemente, riconoscere agli italiani ancora disposti a sgobbare in campagna, nelle stalle, alla catena di montaggio ecc.ecc, lo stesso stipendio dei giornalisti e dei vari fighetti e soubrette della Tv. Lo so che questo è impensabile. Allora smettiamola di lamentarci delle invasioni dei migranti e prepariamoci a soffrire, ma superiamo il “noi e loro”. Ricordiamoci peraltro che tutti siano esseri umani, con uguale dignità. Prima o poi torneremo sulla retta via. Ne saremo costretti.
Loro e noi? No, tutti assieme sulla retta via
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