Le buone azioni che contano Le buone azioni per la crescita del nostro territorio
Le buone azioni che danno valore al tuo futuro
Giudi iudicarie
il
iornale delle
MAGGIO 2020 - pag.
EDITORIALE
Buon Compleanno GdG di Adelino Amistadi
In tempi di coronavirus, con centinaia di morti, (e non è finita), e il nostro Paese in grosse difficoltà economiche, capite bene che qui al Giornale delle Giudicarie c’è poca voglia di festeggiare il 18°anno di vita della nostra pubblicazione. Ci limiteremo a poche righe per riconfermare la ferma volontà di proseguire nella nostra bella avventura che proprio nei tempi tragici che stiamo vivendo, si è confermata basilare per un’informazione corretta e aggiornata di quanto sta succedendo anche nei nostri paesi delle Giudicarie. Diciotto anni in una vita non sono tanti, fanno parte ancora della spensierata giovinezza, ma per un giornale locale che regge la sua esistenza sull’autofinanziamento, potendo contare solo sugli inserzionisti, non sono, ve lo assicuriamo, una passeggiata. Fin dall’inizio la nostra è stata una sfida sia dal punto di vista culturale che economico. Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito e portato nelle oltre 15 mila famiglie delle nostre valli, reggendosi in gran parte sul volontariato intellettuale (redazione) e manageriale (gestione). Solo gli oneri di edizione (addetti alla distribuzione e stampa) sono remunerati. Questo sforzo e il grande impegno dei nostri collaboratori ci hanno però regalato la nostra indipendenza non dovendo rispondere a chicchessia, se non alla nostra etica e ai nostri lettori. E di questo siamo molto orgogliosi. A pag. 16
Le buone azioni che contano
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Mensile di informazione e di approfondimento
che danno valore
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ANNO 18 - MAGGIO 2020- N. 5 - MENSILE
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FONDATO NEL 2002 - Distribuito da
Ora il problema è far ripartire l’economia e salvare il lavoro
Un futuro determinato dal Covid-19 Alle pagine 4 e seguenti
La reazione del mondo economico nella tavola rotonda del GdG
EUROPA
Un bivio che non perdonerà sbagli di Paolo Magagnotti Più volte nella vita ci si trova davanti a bivi i quali impongono decisioni che in un verso o nell’altro segnano il nostro futuro. Questo può accadere a singole persone, a famiglie, a imprese economiche come a Stati o organizzazioni a vario livello aventi responsabilità per persone o popoli interi. Decisioni impegnative gravide di conseguenze sono spesso richieste quando si è colpiti da crisi che sconvolgono schemi e modi di vita che si ritenevano consolidati.
A pagina 15
Economia
I cento borghi trentini
A PAGINA 17
Salute
Si spera nel vaccino A PAGINA 8
TERRITORIO Le Giudicarie in numeri A pag. 28 PANDEMIA La testimonianza di Mario Romanelli A pag. 31 TERRITORIO Malghe a peso d’oro A pag. 23
Arte
Santi a portata di gente
A PAGINA 34
Trentino
Cambio di strategia per il sistema sanitario
A PAG. 19
ESTATE Le proposte culturali della Valle del Chiese A pag 34 PORTO FRANCO Orsi sì, orsi no A pag. 8 GIOVANI InPrendi, sei giovani per sei idee d’azienda A pag 17
PER LA VOSTRA PUBBLICITÀ SUL GIORNALE DELLE GIUDICARIE sponsorgdg@yahoo.it - 3356628973 - 338 9357093
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Rassegna Stampa
MAGGIO 2020
A cura della REDAZIONE
RASSEGNA STAMPA APRILE 2020 presso le rispettive abitazioni.
DALLE GIUDICARIE DALLA PROVINCIA Catturato M49: l’orso è stato trasportato al Casteller Verso le 21.30 di martedì 28 aprile l’orso M49 è stato catturato dagli uomini del Corpo Forestale del Trentino sui monti sopra Tione nelle Giudicarie ed è stato trasportato al Casteller presso la nota struttura a suo tempo realizzata per la gestione degli esemplari problematici. L’animale, del peso di 167 kg ed in buone condizioni fisiche, è stato catturato mediante una trappola tubo; il trasporto è avvenuto seguendo la prassi, ossia con l’animale sveglio e sotto il costante controllo veterinario. Giunto presso l’area del Casteller l’orso è stato immesso nell’area di preambientamento (tana e recinto interno). Questo per consentire un suo inserimento nell’area faunistica per gradi, passando dall’area dove si trova attualmente all’intero recinto, che - ricordiamo - ospita in questo momento anche un altro esemplare (DJ3, femmina adulta). Bolbeno, incendio nella notte. Salvato un uomo di 46 anni grazie all’immediato arrivo dei vigili del fuoco - È finito bene, fortunatamente, ma poteva trasformarsi in una tragedia l’incendio sviluppatosi il 6 maggio a Bolbeno. L’immediato arrivo dei soccorsi ha permesso il salvataggio di un uomo invalido, bloccato dall’incendio della sua abitazione. E’ stato raggiunto ed estratto dalla casa attraverso una finestra. Ad andare a fuoco alcuni oggetti e del materiale depositato nell’atrio della casa. I due appartamenti della palazzina sono stati invasi dal fumo. L’uomo è stato trasferito al Santa Chiara di Trento per accertamenti, in condizioni comunque buone. Davide Donati lascia la Rurale alla vigilia della grande fusione - È dei giorni scorsi la notizia che Davide Donati, 58 anni, 31 dei quali passati in Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella, 25 da direttore, ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni. Dimissioni che arrivano proprio mentre La Cassa Rurale sta realizzando la fusione con l’Adamello. «Negli ultimi tempi – ha spiegato il direttore – si sono verificate le condizioni per unire le 2 Casse giudicariesi superstiti, noi e la Adamello Brenta, un passaggio in cui ho sempre creduto e che forse si sarebbe potuto realizzare prima. Il progetto si è evoluto rapidamente ed è in dirittura d’arrivo. Tuttavia dal 2016 sono andato incontro a numerosi problemi di natura cardiaca che mi hanno imposto anche 2 interventi, l’ultimo a gennaio. A fronte di ciò mi sono trovato a dover scegliere se restare sulla breccia per arrivare alla vetta della fusione oppure se fare un passo indietro e conservare la salute. È stata una decisione sofferta ma ho scelto la seconda via. Lascio quella che considero una mia creatura e che proprio l’anno passato ha chiuso il miglior bilancio di sempre. Il mio orgoglio più grande è aver cresciuto una squadra di giovani che ho visto raggiungere livelli di umanità e professionalità straordinari. Il vero patrimonio di una cassa rurale sono le persone». Storo, ventenne in auto con la fidanzata nel bagagliaio. La coppia sanzionata dai carabinieri - I Carabinieri della Stazione di Storo, durante un servizio sulla s.p. 69, hanno proceduto al controllo di una autovettura in transito. Unico all’interno dell’abitacolo, il conducente, un ventenne della zona, che di prassi, ha dovuto esibire patente di guida e libretto di circolazione dell’autovettura, oltre l’autocertificazione del motivo di spostamento. Il giovane si è da subito agitato e le giustificazioni sono apparse confuse e poco convincenti, per cui i militari hanno deciso di approfondire il controllo, trovandosi di fronte ad una classica scena da commedia cinematografica, quando il ragazzo ha aperto, con non poca titubanza, il bagagliaio dell’autovettura. Dal portabagagli, è uscita una ragazza, sempre della zona, vistosamente anchilosata e non meno imbarazzata. Alla richiesta di spiegazioni, i due ragazzi, visibilmente mortificati, si sono scusati per l’accaduto, spiegando di essere fidanzati e aver architettato l’espediente per eludere i controlli, col solo scopo di poter passare maggiore tempo insieme. A malincuore i Carabinieri si sono visti costretti a sanzionarli e a rimandare i fidanzati
Diocesi di Trento: dal 18 maggio riprendono anche le messe - Dal 30 aprile erano state riaperte nella Diocesi di Trento le chiese per la sola preghiera personale. Da lunedì 18 maggio 2020 riprenderanno anche le celebrazioni liturgiche con il popolo, come previsto dal Protocollo sottoscritto a Palazzo Chigi tra CEI e Governo italiano. La ripresa avverrà compatibilmente con la possibilità di applicare tutte le misure precauzionali previste dal documento, nel rispetto della normativa sanitaria disposta per il contenimento e la gestione dell’emergenza Coronavirus. La nuova stalla a Pelugo, un campo di battaglia tra maggioranza e minoranza - Sta facendo discutere il progetto di realizzazione di una stalla della ditta Scarazzini Luca ex novo in quel di Pelugo. A sollevare la questione la minoranza comunale guidata dall’ex sindaco Stefano Galli che sostanzialmente indica come non necessaria né compatibile con l’ambiente la realizzazione di una nuova stalla su un terreno agricolo pregiato quando vi è la possibilità di ristrutturare oppure demolire e ricostruire la vecchia stalla. Il timore della minoranza è che si vada a realizzare un allevamento zootecnico di tipo industriale che rischia di alterare negativamente lo sviluppo agricolo, ambientale, sociale e turistico di un’intera valle. Di tutt’altro avviso la maggioranza che ha concesso in deroga la realizzazione della stalla. «Si tratta di un intervento di riqualificazione e ristrutturazione funzionale di un’azienda agricola a carattere zootecnico presentato da un imprenditore locale che desidera sviluppare la propria attività, risolvendone in primis le criticità, per consentire ai propri figli di lavorare all’interno dell’azienda di famiglia. Prevede la realizzazione di una nuova stalla da affiancare, a nord, all’edificio esistente ormai del tutto inadeguato rispetto alle moderne metodologie di allevamento con stabulazione libera del bestiame a causa della scarsità di spazi, illuminazione ed areazione che va a discapito del benessere animale. Una scelta dettata dalla volontà di mantenere un unico polo zootecnico e solo in parte condizionata dal fatto di non disporre dell’intero immobile già presente, che promuove un utilizzo razionale degli spazi anche attraverso la riqualificazione del vecchio edificio».
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Al via la riforma del turismo. Per l’era post-Covid 19 nuove competenze alle APT È stato adottato dalla Giunta il disegno di legge proposto dall’assessore Failoni. L’impostazione dell’intera legge di riforma è caratterizzata da un approccio che assegna la centralità al turista, inteso come ospite del Trentino. Da qui discende l’architettura del sistema di marketing turistico che è dunque strutturata su più funzioni, tra loro integrate, svolte da: Aziende per il Turismo, responsabili della qualità dell’esperienza turistica e dell’ospitalità e della fidelizzazione del turista, nei rispettivi ambiti territoriali; Agenzie territoriali d’area, responsabili dell’ideazione e della costruzione del prodotto turistico interambito nelle rispettive aree territoriali; Trentino Marketing, con funzioni di promozione territoriale e marketing turistico del Trentino; Provincia autonoma di Trento, ente regolatore dell’intero sistema con ruolo strategico, di indirizzo, pianificazione, programmazione e coordinamento. Le Apt cambiano e dal punto di vista gestionale si rinforza l’impronta privatistica, forma giuridica che consente l’azione agile e con minori vincoli che tradizionalmente riguardano le amministrazioni o gli organismi pubblici. Le APT continueranno ad essere organismi di diritto privato, costituiti in forma societaria, come nella precedente legislazione. Questa scelta ha due implicazioni fondamentali: almeno il 51 per cento delle risorse finanziarie devono provenire da fonti private, utilizzabili per attività anche di carattere privatistico e commerciale, e regolate da una contabilità separata; il restante 49 per cento delle risorse - la quota può scendere nel caso le aziende recuperino sul territorio maggiori finanziamenti privati - sarà erogato dalla Provincia. Per quel che riguarda la definizione degli ambiti in cui opera ciascuna APT, la legge prevede una ridefinizione degli ambiti attuali attraverso l’ottimizzazione delle loro dimensioni. A tal proposito il territorio trentino diventa interamente a valenza turistica e pertanto non esisteranno più zone fuori ambito. Nascono poi quattro nuove Aree territoriali individuate sulla base dell’omogeneità di prodotto turistico e la prossimità geografica - l’Area Dolomiti, l’Area Dolomiti di Brenta, l’Area Garda Trentino e l’Area Città, Laghi e Altipiani – alle quali sono assegnati i diversi ambiti turistici. Ad ogni Area territoriale risponde un’Agenza territoriale d’Area, soggetto a cui spetterà l’ideazione e la costruzione del prodotto turistico interambito nelle rispettive aree territoriali.
Il Trento Film Festival c’è: dal 27 agosto al 2 settembre la 68. edizione. Già online i film delle passate edizioni Con una lettera aperta a firma del presidente Mauro Leveghi e del direttore Luana Bisesti, in occasione della Giornata della Terra | Earth Day il Trento Film Festival comunica le nuove date: la 68esima edizione si terrà dal 27 agosto al 2 settembre 2020. L’emergenza sanitaria in corso imporrà nuove narrazioni e nuovi strumenti, che sono in corso di valutazione, per continuare a raccontare le culture di montagna, il senso del limite come ripensamento dei nostri modelli di vita e di sviluppo, il rapporto tra uomo e natura. È intanto on line la piattaforma di streaming #Casabase , un nuovo strumento che il Trento Film Festival mette a disposizione del suo pubblico, per guardare da casa alcuni film e documentari dalle passate edizioni del festival, gratuitamente, nelle esclusive versioni sottotitolate in italiano. Multiservizi: estesi ai pubblici esercizi i contributi per le località particolarmente svantaggiate Anche i bar, e i ristoranti con bar aperto al pubblico, multiservizi, situati in località ad almeno 800 m e con un numero di abitanti non superiore a 100 e non inferiore a 5, potranno accedere al contributo annuale erogato dalla Provincia autonoma di Trento nell’ambito degli interventi per favorire l’insediamento e la permanenza delle attività economiche in montagna. Lo ha deciso oggi la Giunta provinciale, su proposta dell’assessore all’artigianato, commercio, promozione, sport e turismo Roberto Failoni. Il contributo ammonta a 5.000 euro all’anno a fronte di un’attività multiservizi che si svolge tutto l’anno. L’intervento, attivato due anni fa, era previsto solo per gli esercizi commerciali che svolgono l’attività di vendita di generi alimentari. Con questa delibera è stato deciso di estendere la possibilità di ottenere il contributo per la permanenza anche ai pubblici esercizi che offrono attività multiservizi in località particolarmente svantaggiate. I nuovi criteri saranno applicati per le domande presentate a partire dal 10 gennaio 2021 relativamente all’attività 2020, ma per i pubblici esercizi che hanno i requisiti richiesti è prevista una proroga e la presentazione delle domande di contributo per l’eventuale attività svolta nel 2019, è possibile già quest’anno, fino al 15 maggio 2020.
Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo. Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.
MAGGIO 2020 - pag. Maurizio Fuga
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Ora il problema è far ripartire l’economia e salvare il lavoro
Inizia la Fase 2, un futuro determinato dal Covid-19 Ma il virus non è sconfitto, il rischio di un nuovo lockdown è reale La scuola è rimasta ai blocchi di partenza, a barcamenarsi fra lezioni online e pensare al rientro autunnale, una serie di esercenti sono ancora chiusi (mentre scriviamo, parrucchieri ed estetisti sperano nella data del 18 maggio per ricominciare a lavorare, al più tardi al 1 giugno). I cantieri sono ripartiti, per primi; bar, pasticcerie e gelaterie hanno aperto al minimo, ovvero con il permesso che un espresso, una pallina di gelato o un trancio di pizza al taglio si possano consumare all’aperto, in strada, a passeggio. Le aziende stanno ricominciando pure loro, ma nel caos della mancanza di protocolli chiari da seguire per essere certi di lavorare in sicurezza. Un rientro e un ritorno a scenari familiari di una quotidianità fatta di lavoro, movimenti e incontri tutt’altro che perfetto. Ma non si poteva fare altro: né continuare a vivere a metà, chiusi in casa, né permettersi di continuare a non
produrre, riaprire, ricevere stipendi pieni e non l’aiuto della cassa integrazione. La crisi economica, appena ripresi dallo stordimento causato dallo shock e dal dolore per le tante vitti-
Denise Rocca La fase 2, a mozzichi e bocconi, a suon di decreti governativi e provinciali, con tanta confusione, è partita. Una Fase 2 a diverse velocità, perché il virus non è sparito, anzi, rimane identico a prima, a quando due mesi fa si è deciso che l’unico modo per bloccare la pandemia in corso era chiudersi
in casa ed evitare al massimo i contatti con gli altri. Ragion per cui oggi, ancora privi di vaccino o di medicinali adeguati a risolvere le crisi, quindi con le stesse armi che avevamo due mesi fa, si è ricominciato a vivere ma solo a metà, a velocità diverse. scientifica ma ha cure ben più difficili da trovare. Il virus non è sparito. Per nulla. E sarebbe da tenere bene a mente quando con addosso la mascherina si ricominciano a incontrare amici e conoscenti fermandosi a fare due chiacchiere: la tentazione di riavvicinarsi, la distrazione di confidare troppo nella protezione (per l’altro, ricordiamolo, non per noi) delle mascherine chirurgiche, la voglia di rivedere famigliari lontani, sono altissime. E altrettanto pericolose. Ci si è ripresi un pezzetto di vita, si è ricominciato a far marciare l’economia, piano piano, con tutti i limiti del caso, ma il rischio di vedere di nuovo au-
me del Covid-19, fa paura quanto il virus. E aspettare ancora a riaprire le attività avrebbe significato passare da un’emergenza all’altra, con la seconda che non si sconfigge con una scoperta
mentare i numeri dei contagiati lo si è preso perché l’economia, e con essa che ne è la base tutto l’impianto delle nostre vite, non poteva reggere di stare chiuso dentro quattro mura ancora per molto tempo. Ora che timidamente abbiamo iniziato la Fase 2, vediamo di non doverci chiudere in casa nuovamente, di non rischiare un altro lockdown avendo troppa fretta di riprenderci tutto e subito: viaggi, amici, aperitivi, gite, picnic, cene. Tutto può aspettare ancora un po’, perché un nuovo stop potrebbe essere il colpo mortale per l’economia. La nostra è ancora una libertà condizionata, non dai decreti governativi e provinciali, ma dalla responsabilità che l’allentamento del lockdown ha consegnato nelle mani dei cittadini e delle loro scelte individuali, di sapere che lo scontro con il Covid non è vinto ancora e ogni azione conta.
COVID 19 IN GIUDICARIE, I NUMERI UFFICIALÒI AGGIORNATI AL 10 MAGGIO 2020 COMUNE CONTAGI NUMERO % POP. DIMESSI DECEDUTI ABITANTI CONTAGIATA PIEVE DI BONO-PREZZO 86 1439 6.0 4 11 BORGO CHIESE 111 1992 5.6 2 10 BLEGGIO SUPERIORE 75 1534 4.9 3 5 MASSIMENO 4 140 2.9 1 0 SPIAZZO 31 1252 2.5 0 6 STORO 112 4577 2.4 7 6 VALDAONE 28 1149 2.4 1 1 CADERZONE TERME 15 685 2.2 0 1 PINZOLO 66 3043 2.2 7 6 SELLA GIUDICARIE 65 2920 2.2 4 1 GIUSTINO 15 738 2.0 0 0 CARISOLO 17 964 1.8 1 0 CASTEL CONDINO 4 221 1.8 0 0 PORTE DI RENDENA 32 1799 1.8 3 1 TIONE DI TRENTO 63 3677 1.7 8 2 COMANO TERME 45 2943 1.5 2 4 STREMBO 8 591 1.4 0 0 TRE VILLE 20 1386 1.4 1 2 BORGO LARES 9 711 1.3 0 0 STENICO 16 1201 1.3 0 2 BONDONE 7 659 1.1 0 1 BOCENAGO 4 386 1.0 2 0 FIAVÈ 11 1071 1.0 1 0 SAN LORENZO DORSINO 10 1568 0.64 1 1 PELUGO 1 400 0.25 1 0 Totale 855 37046 2,31 49 60
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A Tione, un centinaio i ricoverati per il virus. Il grande lavoro degli operatori sanitari
Ospe Circa 500 i positivi in Giudicarie, l’80% curati a casa Denise Rocca
Al 31 marzo, erano 57 le vittime per Covid nelle case per anziani
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Rimarrà un presidio Covid-19
Ospedale, nulla sarà come prima I nuovi protocolli di sicurezza impongono una diminuzione delle visite “Andiamo avanti a piccoli passi per riuscire ad aprire il maggior numero di attività possibili, ma non saranno come prima - spiega il direttore della Medicina Interna e del Pronto Soccorso Egidio Dipede - perché dobbiamo renderci conto di una cosa fondamentale: non stiamo entrando in questa Fase 2 perché il virus se n’è andato con il caldo o perché abbiamo una cura o un vaccino, ma solo perché abbiamo evitato che i contagi continuassero chiudendoci tutti in casa. Fermando il mondo e le nostre vite, un po’ come se fossimo stati messi in congelatore: abbiamo evitato il contagio e siamo arrivati ad avere il risultato attuale. Sono i rapporti fra persone che determinano il diffondersi del virus, ora che li stiamo riprendendo avremo un ritorno dei contagi, bisognerà fare il possibile per evitare di dover prendere una decisione drastica come imporre nuovamente un lockdown”. Le regole sono cambiate, si diceva: “La mascherina è un dress code, non esiste il discorso la tiro su solo quando incontro qualcuno, magari la metto ma solo se vado in centro se vado a fare un giro in montagna no, o altri discorsi simili - prosegue Dipede - è un dispositivo che dobbiamo usare . E dobbiamo continuare a lavarci le mani spesso,
T
di Denise Rocca
orneremo alla normalità, al mondo come lo conoscevamo prima che una pandemia lo travolgesse? No, a dire il vero. Anche se potrebbe comunque andare tutto bene, come ci si augurava ancora agli inizi di questi due mesi che hanno stravolto la vita di tutti, solo se tutti, per quando usciamo e rientriamo. Su questo i guanti sono un po’ fuorvianti da un certo punto di vista per i cittadini non operatori sanitari, perché ci si dimentica di averli e si finisce per toccarsi comunque naso e bocca. Forse potrebbe essere più efficace ricordarsi di lavarsi le mani e curare l’igiene in maniera assolutamente rigida, ripetuta e costante”. Queste sono le nuove regole della nostra vita ora, molto diverse dal “prima”. E l’ospedale di Tione, al pari delle nostre
davvero , staremo alle regole. Ma non si tornerà indietro nel tempo - almeno fino a che non ci sarà un vaccino o una cura –, le regole sono cambiate e prima ne prendiamo atto, prima faremo andare bene le cose. E l’ospedale di Tione non fa eccezione.
vite, non tornerà come prima, anche se Traumatologia e Chirurgia hanno riaperto il 3 maggio e alcuni interventi programmati si è ricominciato a farli. “Normalmente in un ambulatorio avevamo delle persone in sala d’attesa per diverse visite specialistiche- esemplifica Dipede -, oggi se riapriamo l’attività
ambulatoriale dovremo distanziare le visite perché servono dei tempi di sanificazione dell’ambiente dopo ogni paziente e per evitare che ci sia gente in sala d’attesa ritrovandosi in una situazione di assembramento. Va da sé, che si ridurrà il numero di viste giornaliere che potremo fare, si dovrà scegliere a
monte quali sono le attività indispensabili e per quali possiamo evitare di far venire la persona nella struttura ospedaliera. E questo è solo un piccolo esempio di quale riorganizzazione serva per affrontare il futuro”. Anche i tempi del pronto soccorso saranno più lunghi, oggi si fa un tampone prima di procedere al ricovero in Medicina e così accade anche prima di un intervento ortopedico o chirurgico. “Avremo un ospedale con numeri più bassi - prosegue Dipede - una parte della struttura dovrà rimanere pronta in caso di un nuovo scoppio dell’epidemia. La novità che abbiamo introdotto per assistere i pazienti cronici è la telemedicina, al telefono o in videochiamata. Rimarranno comunque delle visite che sarà necessario fare di persona, ma dovremo imparare tutti - gli specialisti ospedalieri, i medici di base e i pazienti - a a filtrare le necessità più importanti, valutare cosa deve essere trattato in struttura e cosa può essere gestito in maniera diversa”.
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La rete di assistenza anche a domicilio
La crisi della fragilità durante il Covid-19
Michela Simoni: “La Fase 2 un’occasione per ripensare, in una logica di comunità, il ruolo del Servizio sociale” di Denise Rocca Cosa hanno significato questi due mesi per il settore sociale? Tutti i servizi e gli interventi di tipo socio-assistenziale richiedono, oltre alle specifiche competenze, un lavoro di relazione con le persone e le famiglie che esprimono un bisogno di aiuto. Pensiamo ad esempio ai servizi domiciliari per anziani non del tutto autosufficienti, agli interventi educativi per i minori, ai centri socio-educativi per persone disabili. La grave crisi sanitaria che stiamo attraversando, con i provvedimenti di distanziamento sociale imposti a tutta la popolazione, ha comportato limitazioni forti alle possibilità di intervento del Servizio sociale e di tutto il Terzo settore che opera in Giudicarie in collaborazione con il Servizio sociale della Comunità. I centri diurni per disabili e minori sono stati chiusi aumentando il peso della cura e dell’assistenza in carico alle famiglie; il servizio domiciliare è stato ridotto alle situazioni di maggiore difficoltà spesso anche su richiesta degli stessi utenti. È stato quindi necessario ripensare con grande velocità e flessibilità l’organizzazione del lavoro delle Assistenti sociali e del Servizio nel suo complesso per garantire risposta alle situazioni più gravi e il monitoraggio co-
L’emergenza coronavirus è stata anche un’emergenza sociale: dalle difficoltà individuali più prevedibili dell’isolamento e del distanziamento sociale e fisico, all’aggravamento di situazioni di difficoltà che erano già
stante, seppure a distanza, di tutte le persone seguite. In questo è stato fondamentale il contributo delle Cooperative e associazioni del privato sociale che attraverso i loro operatori, coordinati dalle Assistenti sociali, hanno garantito il rapporto con le famiglie attraverso telefonate, videochiamate, progetti educativi per i bambini, supporto nell’organizzazione familiare dei figli e nello svolgimento dei compiti scolastici. Più in generale questa necessità di reinventarsi a tutti i livelli della rete di welfare ha messo in luce il valore di condividere le competenze e lavorare ancora di più sull’integrazio-
ne di tutti i soggetti, pubblici e privati che operano sul territorio: Servizio sociale, Azienda sanitaria, cooperative sociali, scuola, volontariato. L’obiettivo è quello di una presa in carico diffusa delle situazioni di fragilità. Chi ha subito con più difficoltà le restrizioni legate al contenimento della pandemia? Sicuramente le persone anziane sole e prive di rete familiare, i bambini costretti in casa, le famiglie con disabili ma anche le tante persone che si sono ritrovate senza una sicurezza economica e con grande preoccupazione per il futuro.
presenti e sono state acuite da una situazione imprevedibile, unica e drammatica. L’assessore alle politiche sociali della Comunità delle Giudicarie Michela Simoni racconta questi due mesi di Covid e guarda al futuro.
Sono emerse nuove necessità o problemi? In questa fase di emergenza sono esplose le difficoltà legate all’imperativo #iorestoacasa che ha messo in difficoltà soprattutto le persone anziane e sole senza dimenticare chi è stato colpito direttamente dalla malattia o dall’obbligo di quarantena. Molte le richieste di consegna a domicilio di spesa e farmaci, arrivate in Comunità di valle al numero verde per l’emergenza attivato su tutto il territorio provinciale ma anche le richieste di supporto psicologico e di ritiro porta a porta dei rifiuti. È stato possibile rispondere a tutti questi bisogni molto concreti
grazie alla riorganizzazione dei nostri servizi e alla rete di supporto messa in campo dalle Amministrazioni comunali per le consegne a domicilio che ha visto anche il coinvolgimento di molte realtà del volontariato. Altro fronte che ha richiesto un forte impegno organizzativo è stato il supporto nella raccolta delle domande per il bonus alimentare e la loro valutazione per garantire una risposta immediata alle tante famiglie che si sono trovate in uno stato di emergenza anche economica. Preoccupa anche per il futuro la situazione di chi non potrà riprendere a breve il lavoro a causa della chiusura prolungata di alcuni settori di attività; pensiamo ad esempio ai piccoli imprenditori e ai lavoratori del turismo e del commercio. Qual è la Fase 2 del Servizio sociale? Adesso iniziamo questa fase2 con il sollievo di poter finalmente far ripartire alcuni interventi e servizi che sono stati necessariamente sospesi e ricominciare a garantire un supporto concreto a tante persone e famiglie. Sappiamo però che que-
sta nuova normalità non sarà quella di prima; tutto deve essere riorganizzato tenendo alta l’attenzione rispetto all’andamento dell’epidemia e ai rischi di nuovi contagi. I servizi di assistenza domiciliare ritornano gradualmente a regime mantenendo il rispetto delle norme di igiene e sicurezza; le attività con bambini e in generale con tutte le persone coinvolte in progetti sociali devono svolgersi in modo individualizzato o in piccoli gruppi. I trasporti verso i centri diurni per disabili e per minori devono adeguarsi alle regole del distanziamento. Ovviamente la tutela della salute impone anche un diverso utilizzo degli spazi per le attività e la sanificazioni degli ambienti. Cambia anche la relazione che assistenti sociali, educatori e Oss instaureranno con le persone. La vicinanza relazionale deve essere ripensata oltre ai filtri imposti da guanti e mascherine. Questa nuova fase con tutte le sue difficoltà potrebbe diventare l’occasione per ripensare, in una logica di comunità, il ruolo del Servizio sociale, per superare alcuni approcci tradizionali e forse rassicuranti del passato e individuare con fiducia nuove risposte ai nuovi bisogni che stanno emergendo.
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Rubrica salute
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Covid-19, il ritorno alla normalità dipende tanto da noi Il vaccino è la soluzione. Senza intoppi, si spera di averlo entro fine anno di Gianni Ambrosini E nel frattempo? Prima di passare ad illustrare quanto si sta facendo, occorre ancora una volta ribadire che “tutto” dipende dalle nostre scelte individuali, “tutto” dipende dalle misure di contenimento raccomandate. Il virus non vive da solo, per replicarsi ha bisogno di noi e per trasmettersi ha bisogno delle nostre interazioni sociali. Noi possiamo fermare la pandemia. Facciamo il punto sulle mascherine. Servono a proteggere gli altri dalle nostre secrezioni: dalle goccioline di saliva che emettiamo quando parliamo o tossiamo o starnutiamo che potrebbero essere cariche di virus. Se parliamo, la trasmissione può avvenire fino ad un metro, se facciamo un colpo di tosse le goccioline viaggiano a cento km /h e arrivano fino a 5 metri e se facciamo uno starnuto viaggiano a 180 km /h e arrivano fino a 8 metri. È intuitivo che la trasmissione può avvenire per contatto indiretto se parliamo, tossiamo o starnutiamo e siamo senza mascherina o per contatto diretto se tocchiamo una superficie o un oggetto o qualcos’altro che è stato inquinato in precedenza. Quindi seconda attenzione : bisogna lavarsi le mani se pensiamo di aver toccato qualcosa in modo improprio. Se malauguratamente dovessero comparire i sintomi dell’infezione, che non si manifestano subito ma a distanza di tempo dal contagio, utilizziamo i canali
Il 30 gennaio, quando una coppia di due cinesi è stata ricoverata allo Spallanzani di Roma e il 18 febbraio, quando a Codogno è stato diagnosticato il primo caso di trasmissione secondaria di Covid 19, sono due date alle nostre spalle. A che punto siamo oggi? È chiaro che la soluzione del problema la darà il vaccino; come pure è indubbio che i tempi per la sua messa a punto sono tempi tecnici abbastanza lunghi, che dipendono da tre fattori : la messa a punto di comunicazione che sono già operativi da tempo e che ci guideranno nei percorsi di cura. Quali sono i presidi che normalmente vengono usati nella cura per l’infezione da Covid-19 ? A seconda della gravità del quadro clinico le terapie cambiano. Inoltre sono in atto in tutto il mondo a tutt’oggi quasi 300 studi per la cura del Covid-19, con approcci terapeutici completamente innovativi. Nella pratica corrente si utilizzano farmaci e presidi già usati in passato per altre malattie virali; vedi SARS, HIV o Ebola. Il virus per vivere deve far entrare nelle cellule il suo corredo genetico e per entrare si lega ad una serratura della cellula che si chiama ACE2 tramite una chiave chiamata proteina S. Una volta entrato nella cellula fa tutto un percorso collegato a reazioni chimiche ben note e alla fine ne esce rigenerato. I farmaci che si usano per il controllo della malattia agiscono ai vari livelli di queste reazioni. In questo modo c’è la possibilità di guarire o rendere meno aggressiva la malattia. La Clorochina e la Idrossiclorochina, due antimalarici già usati per la cura di malattie infiammatorie, bloccano l’in-
terazione fra la proteina S e la serratura ACE2 riducendo l’entrata dei virus nelle cellule. In uno studio cinese su 100 pazienti e in un altro simile a Marsiglia si è avuta una attenuazione importante della gravità della malattia. Un antibiotico chiamato Azitromicina viene di solito associato ad uno dei due farmaci antimalarici. Un altro farmaco, prescritto per evitare che si abbiano complicanze vascolari gravi quando per un qualsiasi problema bisogna stare fermi a letto in convalescenza , chiamato Enoxaparina, viene usato nella fase precoce della malattia. Si è visto che la gravità della polmonite da Covid-19 , la complicanza
della strategia di produzione - ma grazie ai progressi della scienza siamo già molto avanti (sono già in atto alcune sperimentazioni)-; la collaborazione fra i vari sperimentatori che mai come questa volta c’è ed è di altissimo livello; da ultimo, vista l’urgenza, le autorità regolatorie potrebbero accelerare sui tempi della sperimentazione clinica. Senza intoppi per fine anno potremmo farcela ad avere il vaccino.
più temuta dell’infezione, che porta a dover essere ricoverati in Rianimazione e ad essere intubati, viene aggravata dalla formazione di piccoli trombi nei vasi polmonari. Il sangue non circola più e di conseguenza l’ossigeno non si distribuisce ai tessuti se non si è aiutati dalle macchine. La Enoxaparina impedisce questo fenomeno specie se viene somministrata precocemente con un effetto migliorativo della respirazione polmonare, perché mantiene il sangue fluido. Lopinavir/Ritonavir sono usati invece per la cura dell’HIV e nell’infezione da COVID 19 possono ridurre la percentuale di pazienti che hanno necessità di essere in-
tubati. Un altro farmaco già usato per la cura dell’Ebola è il Remdesivir; viene prescritto nella fase avanzata della malattia ma non è autorizzato dagli organi regolatori e viene perciò usato solo in via compassionevole. Va citato anche il Tocilizumab perché funziona molto bene quando si scatena quella che con termine tecnico si chiama “tempesta citochimica”. Il sistema immunitario produce delle sostanze che si chiamano Interleuchine, se ne conoscono ben 16 diverse; sono importanti per la modulazione delle nostre difese immunitarie. In presenza del Covid- 19 si scatena una reazione così esagerata, sostenuta dalla Interleuchina-6 (IL-6), tale da danneggiare organi importanti come il polmone. Il Tocilizumab, usato anche nella cura dell’artrite reumatoide , ha dato buoni risultati nel ridurre questa reazione nei pazienti cinesi ed è in studio anche presso l’Ospedale Cotugno di Napoli. Domande a cui bisogna ancora rispondere sono le seguenti : vi sono altri farmaci che hanno dimostrato di dare risultati oltre quelli citati ? No, al momento non vene sono. Vi sono però molti studi in corso di cui si aspet-
e 45 Oltr i di ann e nza erie o p s u e al t lità a u ! q izio serv
tano risultati importanti. La terapia con Idroxiclorochina e Azitromicina deve essere sempre prescritta , anche se non vi sono studi su un grosso numero di pazienti? Direi di si. L’Enoxaparina per il meccanismo che la caratterizza deve essere presa in considerazione se vi sono segni di rischio? Anche qui direi di si. Il Remdesivir va sempre preso in considerazione in presenza di un quadro polmonare importante. Come pure l’immunoterapia con Tocilzumab e/o Lopinavir/Ritonavir , se gli indici di infiammazione sono molto elevati. Viene comunque sempre garantita la miglior terapia di supporto associata alle scelte che abbiamo citato. Altre certezze sono che le donne si ammalano meno degli uomini e che i bambini e i giovani adulti quasi mai. La spiegazione plausibile per i bambini e i giovani: potrebbe dipendere dal sistema immunitario ancora in evoluzione. Ma non c’è accordo, è solo un’ipotesi. Visto che non sappiamo qual è il futuro che ci aspetta non sarebbe male se ci impegnassimo ancora di più per mettere in atto un distanziamento fisico e non un distanziamento sociale.
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Azienda sanitaria
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Ai tempi del Coronavirus
L’ospedale di Tione in prima linea nella gestione dell’emergenza L’ospedale di Tione si è trovato ad affrontare un notevole incremento di pazienti in arrivo al pronto soccorso e nel giro di 24 ore ha riorganizzato radicalmente la propria struttura: grazie al contributo di tutti gli operatori è stato possibile realizzare due reparti Covid e dedicare un accesso del pronto soccorso separato per i positivi. Al pronto soccorso è stata allestita un’area dedicata con 14 posti letto dove i «casi sospetti» potevano aspettare in totale sicurezza l’esito del tampone. Un’intera ala dell’ospedale è stata di fatto dedicata ai pazienti Covid garantendo così un isolamento efficace e una
Tutto è cominciato con il Covid hospital di Rovereto. Poi il repentino aumento dei contagi ha imposto una riorganizzazione degli ospedali coinvolgendo tutte le strutture ospedaliere trentine per recuperare spazi per il trattamento dei pazienti Covid e renmaggior sicurezza per gli operatori. L’attività chirurgica è stata sospesa – pur riservando alle urgenze un accesso agli ospedali di Trento e Rovereto – e i 16 letti dell’area chirurgica sono stati utilizzati per i pazienti Covid. Con grande spirito di adattamento il personale di chirurgia si è messo a disposizione del neo reparto Covid. Sono stati poi ricavati ulteriori 17 letti nel reparto di medicina, dove sono stati installati 12 sup-
porti ventilatori non invasivi grazie al continuo lavoro dei medici e degli infermieri della medicina sostenuti quotidianamente dai medici e dagli infermieri dell’anestesia. In questo periodo di emergenza l’ospedale di Tione ha gestito oltre 120 pazienti positivi. La situazione in questi ultimi giorni è decisamente migliorata e si è passati da una media di cinque-sei ricoveri al giorno di positivi al virus ad uno
dere disponibile il maggior numero possibile di posti letto per le terapie intensive. Anche gli ospedali di valle sono stati quindi coinvolti in questo non semplice processo di riconversione, che era comunque previsto e programmato.
al giorno. Il reparto di medicina si sta riorganizzando per un rien-
Test sierologici a Pieve di Bono-Prezzo e Borgo Chiese Non daranno una «patente di immunità» al Covid-19, ma forniranno dati epidemiologici importanti per ricostruire a posteriori l’andamento del contagio e capirne meglio l’evoluzione futura. Nelle prime due settimane di maggio sono stati effettuati i prelievi per i test sierologici sulla popolazione di Pieve di Bono-Prezzo e Borgo Chiese, due dei cinque comuni trentini maggiormente colpiti dal coronavirus. L’adesione della popolazione è stata volontaria e in totale sono state coinvolte oltre 3400 persone. ll progetto di sorveglianza attiva è stato avviato dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari in accordo con la Provincia autonoma di Trento e la supervisione dell’Istituto superiore di sanità, che avrà il compito di analizzare i campioni raccolti. Nello studio complessivo è stata coinvolta la popolazione dei cinque Comuni del nostro territorio in cui è stata evidenziata una più alta prevalenza di infezioni da Covid-19 dall’inizio della pandemia. I Comuni coinvolti hanno tutti una prevalenza di positivi superiore al 2% (al 31 marzo): Borgo Chiese
(2,83%), Campitello di Fassa (3,23%), Canazei (3,34%), Pieve di Bono-Prezzo (2,21%) e Vermiglio (2,56%). L’adesione all’indagine è stata volontaria e i cittadini coinvolti hanno compilato anche un questionario che ha consentito di evidenziare la presenza di sintomi riconducibili al Covid-19 nell’ultimo mese. In questi casi è stato effettuato anche il tampone nasofaringeo. L’obiettivo principale dello studio è quindi quello di stimare la presenza di anticorpi anti SarsCoV2 nella popolazione di tutte le età ad eccezione dei bambini sotto i 10 anni nell’intera area
coinvolta, per Comune, per età e per sesso. Obiettivo secondario è testare, in un campione di popolazione, la concordanza dei risultati sierologici con quelli effettuati sui tamponi di pazienti con sintomi. Infine, lo studio prevede la possibilità di effettuare un secondo prelievo a distanza di tempo che permetterà di fare ulteriori valutazioni relativamente ai comportamenti degli anticorpi contro Sars-CoV2. «Abbiamo proposto alla popolazione di Pieve di Bono e Borgo Chiese – ha sottolineato il direttore generale di Apss Paolo Bordon – di partecipare su base volontaria a questa indagine epidemiologica attraverso i test sierologici che consentirà di capire quali azioni di sanità pubblica intraprendere per contenere l’epidemia. Voglio evidenziare che il test sierologico non ha carattere diagnostico e non va interpretato come una «patente di immunità» al Covid-19; andranno sempre rispettate le misure precauzionali come il lavaggio frequente delle mani, il distanziamento sociale e l’uso delle mascherine».
tro alla normalità, anche in considerazione del notevole aumento
di accessi in pronto soccorso legati a malattie non correlate al Covid. È ancora presto però per un rientro complessivo alla normalità, perché ci sono ancora numerosi pazienti positivi; del resto le valli Giudicarie e il Chiese sono state tra le zone del Trentino particolarmente colpite dal virus e tra i cinque comuni trentini con il maggior numero di casi ci sono Borgo Chiese e Pieve di BonoPrezzo. La speranza è di tornare quanto prima alla normalità, con il ripristino dell’attività chirurgica-ortopedica programmata e la ripresa dell’attività specialistica ambulatoriale.
Grazie alla generosità e alla solidarietà delle Valli Giudicarie!
Continuano le donazioni da parte di enti e singoli cittadini ai nostri ospedali impegnati a fronteggiare l’emergenza Coronavirus. Sono tante anche quelle giunte dalla comunità delle Giudicarie, fino a metà aprile, una testimonianza concreta di vicinanza, sostegno e solidarietà, un contributo prezioso che, in queste particolari giornate contrassegnate dall’incertezza fa emergere un’unica grande certezza: solo tutti insieme uniti e coesi riusciremo a superare questa difficile prova. L’Azienda provinciale per i servizi sanitari ringrazia di cuore tutti per la generosità dimostrata; un grazie particolare va alla Bocciofila Giudicarie esteriori, perché con la loro donazione è stato possibile acquistare 285 mascherine FFP2 da destinare agli operatori sanitari dell’ospedale di Tione, alla Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella, al Rotary Club Madonna di Campiglio e alla Ditta Novurania SpA che hanno donato rispettivamente sei ventilatori, venti visiere trasparenti di protezione e un ventilatore domiciliare con relativi accessori. Ogni contributo è un dono prezioso, grazie per i vostri 20.709 euro donati!
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Tavola Rotonda
MAGGIO 2020 L’opinione di Achille Onorati, patron di Onorati Scavi
Edilizia, dopo lo stop forzato ora si temono le insolvenze Nei cantieri protocolli di sicurezza e pasti a domicilio Questi due mesi di Covid19, come sono passati e come li avete affrontati professionalmente? La nostra ditta è rimasta chiusa dal 14 marzo al 14 aprile, pur potendo proseguire l’attività di ritiro e recupero dei rifiuti da demolizione, in quanto consentita dai decreti, abbiamo preferito chiudere tutte le nostre sedi come azione responsabile nei confronti della salute collettiva. Ci siamo impegnati per soddisfare le richieste dei cantieri di pubblica utilità, molti dei quali, pur potendo proseguire le proprie attività, hanno condiviso volontariamente il “lockdown” fino ad aprile inoltrato. Successivamente, in seguito all’ordinanza del Presidente Fugatti del 13 aprile, in quanto “attività all’aperto”, abbiamo ripreso gradualmente le nostre attività, mettendo in essere le procedure a tutela di collaboratori, clienti e fornitori. Le settimane di “lockdown” sono state utili alla preparazione per la riapertura, fornendoci il tempo di reperire i dispositivi Questi due mesi di Covid-19, come sono passati e come li avete affrontati professionalmente? Il nostro approccio è stato quello di massima tutela della salute e della sicurezza delle nostre persone. Pertanto, anche se dal punto di vista giuridico eravamo in possesso dei famosi o famigerati codici Ateco che ci avrebbero permesso di lavorare, abbiamo preferito chiudere quasi tutta la produzione mentre per gli impiegati e tutte le figure che potevano lavorare da remoto abbiamo adottato lo smart-working. Dal punto di vista economico, quanto ha danneggiato il settore questa pandemia e come lo influenzerà per il resto dell’anno? Il nostro gruppo non si può dire che non sia toccato dal Coronavirus perché gli sconvolgimenti del sistema economico colpiscono anche noi. Il nostro settore di collocamento, cioè quello della robotica e dell’automazione, ha risentito molto per effetto delle restrizioni nelle attività produttive e per le prospettive di sviluppo e gli investimenti, quantomeno nel breve periodo, sono stati bloccati. Per quanto riguarda il nostro core business, ovvero il settore siderurgico, la fermata improvvisa degli impianti, in un periodo di attività a pieno regime, mette in difficoltà i nostri clienti e logicamente anche noi. Sarà importante capire il comportamento del settore e di tutta la filiera, dalla ripartenza
di protezione individuale e i prodotti per la sanificazione e permettendoci di adattare i protocolli alle esigenze delle nostre attività ragionando sulle criticità che avrebbero potuto manifestarsi alla riapertura. Dal punto di vista economico, quanto ha danneggiato il settore questa pandemia e come lo influenzerà per il resto dell’anno? Dal punto di vista economico, per quanto riguarda le nostre attività, la chiusura ha portato ad una riduzione di fatturato di ben oltre il 50% nei mesi di marzo ed aprile. Fortunatamente, nonostante le difficoltà di gestione, in Trentino il nostro settore è stato tra i primi a “rimettersi in moto”, permettendoci di limitare il danno subìto. Siamo fiduciosi per il futuro e speriamo che i lavori in corso prima dell’emergenza siano portati a termine con l’impegno di tutti. La cosa che più preoccupa sono le possibili insolvenze nei prossimi mesi. Da parte nostra, visto il difficile
Achille Onorati momento che tocca ogni settore, stiamo cercando e cercheremo nei prossimi mesi di adempiere alle scadenze e di essere flessibili, nei limiti delle possibilità, con chi dovesse affrontare particolari difficoltà, confidando che, anche alla luce degli aiuti provinciali, il nostro settore riesca a superare questo difficile momento, temiamo infatti che le difficoltà potrebbero emergere a partire dal prossimo anno quando verranno meno le risorse per l’avvio di nuovi lavori, anche pubblici. Misure di sicurezza per il
rientro. L’attenzione del pubblico sarà altissima. Cosa sta predisponendo? È arrivato un sostegno, economico o organizzativo, delle associazioni di categoria e dell’amministrazione? Durante le settimane di chiusura, abbiamo da subito cercato, seppur non senza difficoltà, di reperire una prima fornitura di mascherine, guanti monouso e prodotti igienizzanti in modo da farci trovare pronti in caso di riapertura. Nelle nostre sedi sono stati predisposti idonei percorsi e cartellonistica esplicativa con istruzioni
operative che consentano di ridurre al minimo il contatto con clienti e fornitori. Ogni mezzo è stato, inoltre, dotato di igienizzante mani e di un prodotto per la sanificazione quotidiana. Sulla base del protocollo condiviso è stato integrato il DVR, con rischi e procedure che si adattano alle realtà delle nostre attività. Le indicazioni operative sono state concordate con RSPP, Medico Competente e RLS e successivamente condivise con tutti i dipendenti; esse disciplinano i comportamenti da tenere sia in azienda che presso i cantieri o durante le consegne. Per quanto riguarda i sostegni economici, al momento siamo a conoscenza della possibilità di sospendere le rate dei mutui, di richiedere la cassa integrazione per i dipendenti e di finanziamenti con garanzia provinciale. Tuttavia, riteniamo che si debbano innescare misure rapide per aumentare la liquidità delle aziende che nei prossimi mesi si troveranno ad affrontare scadenze importanti con i fornitori a
seguito di ingenti carenze di fatturato. Per rilanciare il settore e il servizio che offrite, avete pensato a qualche iniziativa particolare? A differenza di altri settori più colpiti che necessitano di una riorganizzazione parziale o totale per poter proseguire le proprie attività (vedi ristorazione, ricettivo, ecc.), il nostro settore richiede solo un grande impegno ed attenzione nello svolgimento di quei gesti che per i nostri lavoratori sono la quotidianità ma che dovranno essere fatti con costante attenzione alla salute propria e degli altri. Da parte nostra stiamo cercando di organizzare le nostre attività in modo da ridurre il più possibile il contatto tra le persone. Per esempio, sfruttando la possibilità del servizio pasti a domicilio; soluzione che ci piacerebbe mantenere anche a seguito della riapertura dei ristoranti in modo da non dover gravare sulla già ridotta disponibilità dei posti a sedere negli stessi.
BM Group: “Consapevoli di quanto la combinazione uomo tecnologia sia la chiave per rimanere sul mercato”
Gruppi internazionali, il Covid ha colpito anche loro a fine anno, per rendersi conto meglio dell’entità del danno. I settori della carta e del tessile hanno continuato la produzione e questo per noi è positivo, come per altro il settore delle rinnovabili, soprattutto l’ambito del fotovoltaico e idroelettrico che sono rimasti sostanzialmente immuni. Certo, l’andamento delle quotazioni del petrolio, nel lungo periodo, temiamo possano portare a scelte strategiche meno votate alle energie rinnovabili. Questa è una nostra forza: essere un gruppo diversificato e internazionale ci ha permesso di parare meglio l’urto del Covid-19. Il nostro impegno è massimo: dobbiamo adeguare la nostra offerta ai mercati di riferimento; modificare, se necessario, il nostro approccio; continuare a perseguire l’obiettivo di produrre innovazione. Nel giro di due settimane abbiamo realizzato un programma di otto webinar tecnici che si terranno nel mese di maggio e che saranno un’opportunità per fare formazione e consu-
lenza ai nostri clienti. Oggi più che mai siamo consapevoli di quanto la combinazione tra uomo e tecnologia sia la chiave per rimanere sul mercato, garantendo la sicurezza ai lavoratori e la qualità del prodotto. Misure di sicurezza per il rientro. L’attenzione del pubblico sarà altissima. Cosa sta predisponendo? È arrivato un sostegno, economico o organizzativo, delle associazioni di categoria e dell’amministrazione? La priorità è la sicurezza. Il rientro graduale, organizzato in ogni dettaglio, la disponibilità dei dispositivi di sicurezza e le procedure che la nostra azienda ha adottato ci rendono tranquilli. Ad oggi non è possibile parlare di sicurezza al 100%: qualche nuovo caso c’è ancora e dobbiamo essere vigili e pronti. Dal punto di vista del sostegno non possiamo ancora dire quale esso sia e dare una valutazione; infatti le misure adottate dal governo, in particolare per l’accesso al credito,
non hanno ancora procedure chiare e definite. Nei prossimi mesi vedremo il risultato: certo che in questo momento sarebbe necessario fornire liquidità alle imprese, ma come al solito l’eccessiva burocrazia ostacola questi processi che dovrebbero essere snelliti, altrimenti temo che molte aziende che non ce la faranno a risollevarsi. Dal nostro canto abbiamo fatto il possibile per mantenere l’occupazione e tutelare il nostro personale. Per i nostri addetti che sono stati interessati dai provvedimenti di cassa integrazione Covid abbiamo deciso di integrare come azienda lo stipendio al 100%, cosa che non è obbligatoria e non comune, in modo che non vi sia una ricaduta negativa sulle retribuzioni, soprattutto in un territorio come il nostro che, come sappiamo, ha già sofferto parecchio negli ultimi anni in termini occupazionali. Siamo un’azienda basata sulle persone; sono loro la nostra forza e ci teniamo in modo particolare a far si che sentano tutti motivati e partecipi.
Per rilanciare il settore e il servizio che offrite, avete pensato a qualche iniziativa particolare? Le soluzioni robotiche, la meccatronica e l’automazione in generale sono il futuro dell’industria. Per ciascun cliente di ogni Paese che serviamo, in tutto il mondo, stiamo pensando a formule specifiche per ciascuno, così come a sinergie per continuare nella ricerca e sviluppo tecnologico. Continueremo, come sempre, ad investire sulla formazione e sulla collaborazione con scuole e
università. Appena possibile andremo dai clienti per raccogliere le loro richieste, confermeremo la nostra partecipazione agli eventi in autunno, dove presenteremo le nostre soluzioni e alle conferenze internazionali, in cui saremo relatori e testimoni di tante storie di successo. Cito per ultimo, ma non per importanza, il progetto della nuova sede e relativo trasloco, per il quale il nostro team di lavoro sta facendo davvero uno sforzo notevole per recuperare le settimane di inattività.
Tavola Rotonda Questi due mesi di Covid-19, come sono passati e come li avete affrontati professionalmente? All’inizio un pò spaesato, sembrava una vacanza inaspettata. I primi giorni veramente con i motori spenti, cervello compreso. Mi sono goduto la famiglia per giornate intere, cosa abbastanza rara per chi fa il mio lavoro. Con il passare delle settimane la preoccupazione è cresciuta soprattutto, ed è così tutt’oggi, per la mancanza di certezze. Poi si è iniziato a proporre idee e progettare strategie per la ripartenza con incontri in video conferenza, seguendo corsi online e con collaborazioni con consulenti privati. Dal punto di vista economico, quanto ha danneggiato il settore questa pandemia e come lo influenzerà per il resto dell’anno? Credo che, problema sanitario a parte, il quale pur nell’emergenza è stato affrontato con grande operatività e sensibilità dalla nostra organizzazione sanitaria, la vera problematica sarà proprio quella economica da ora in poi. Una chiusura totale, così prolungata, impensabile in ogni scenario e impossibile da mettere in conto, arrivata anche in un momento non proprio florido per aziende come quelle del settore ristorativo/alberghiero/turistico in generale della nostra Questi due mesi di Covid-19, come sono passati e come li avete affrontati professionalmente? Questi due mesi di Covid19 sono stati molto duri in quanto purtroppo nessuno si sarebbe aspettato uno sconvolgimento così grande. Questa situazione mi ha fatto tirare fuori gli artigli e dopo la paura iniziale ho cercato di rimboccarmi le maniche tenendomi costantemente aggiornata sulle possibili modalità di apertura, protocolli di sicurezza, con numerosi corsi d’aggiornamento online per l’estetica base, estetica avanzata e benessere. Ho cercato di mantenere un costante contatto con tutti i miei clienti e le mie dipendenti tramite i social con la creazione di gruppi e la pubblicazione di video dove spiegavo l’importanza dell’utilizzo corretto di creme e come continuare a casa i trattamenti che erano già stati effettuati nel mio centro estetico per venire incontro alle numerose domande che i clienti mi facevano. Dal punto di vista economico, quanto ha danneggiato il settore questa pandemia e come lo influenzerà per il resto dell’anno? Ha creato tantissimi danni basti pensare che per più di due mesi siamo stati costretti a tenere chiuso il
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Daniele Bertolini, imprenditore della ristorazione, lancia l’allarme per l’estate
Ristoranti e bar, la sicurezza è il punto strategico per il futuro “Qualità significa fare bene le cose quando nessuno ti guarda”
zona, complica notevolmente la situazione. Per alcuni che rischiano di non riaprire ma anche per aziende come la mia, in buona salute ma con pesanti investimenti fatti recentemente e da mutualizzare. Penso che dal punto di vista economico non abbiamo ancora fatto i conti con quello che è successo e dovremo affrontare un totale cambiamento di regole/sistema in generale e la prossima stagione estiva sarà un grande scoglio da superare . Misure di sicurezza per il rientro. L’attenzione del pubblico sarà altissima. Cosa sta predisponendo? È arrivato un sostegno, economico o organizzativo, delle associazioni di categoria e dell’amministrazione? Le amministrazioni a vario titolo e le associazioni di ca-
nel suo sito ha messo una frase di quelle ad effetto che fa capire bene il suo stile, la prendo in prestito e la uso anch’io perché credo comunichi bene il significato di quello che vorrei dire: qualità significa fare bene le cose quando nessuno ti guarda.
Daniele Bertolini tegoria, per quello che era nelle loro possibilità, hanno dato il loro sostegno, stiamo aspettando in queste ore che arrivino indicazioni precise soprattutto per la parte strutturale delle attività e speriamo ci siano anche degli interventi concreti compreso un sostegno economico e agevolazioni al credito. La sicurezza sarà veramente il punto strategico per il futuro: le nostra attività dovranno
lanciare alla clientela un grande messaggio di rassicurazione che non sia solo uno slogan ma che si traduca in tanti accorgimenti, piccoli e grandi, per far sì che il “mangiare fuori casa” possa ritornare ad essere un piacere, magari da consumare in compagnia, e questo sia consumando all’interno dei ristoranti sia con i vari servizi di catering-domicilio-takeaway. Un amico in questo periodo
Per rilanciare il settore e il servizio che offrite, avete pensato a qualche iniziativa particolare? La situazione lavorativa di questo periodo ha impresso una notevole accelerata all’idea, già in essere della Contea, di offrire un’ulteriore proposta di ristorazione, rivolta con particolare attenzione alle aziende che hanno necessità di dare servizio mensa ai propri dipendenti/ collaboratori o ai singoli che abbiamo esigenze di organizzazione della giornata diverse da quelle in uso fino a poco tempo
fa. Oltre naturalmente alle proposte che già oggi si possono trovare al self-service o al ristorante nella nostra struttura, l’offerta sarà arricchita nella parte gastronomica e organizzata per offrire un servizio specifico di mensa aziendale con consegna a domicilio direttamente sul posto di lavoro, in orario stabilito e con tutte le precauzioni/attrezzature necessarie, oppure in modalità takeaway veloce e sano. Rafforzeremo quella che è una delle nostre mission aziendali, cioè rifornirci da produttori locali e sviluppare menù e piatti con prodotti della nostra terra e di qualità. Stiamo preparando una proposta di servizio catering anche per clienti privati o piccoli gruppi, per dare la possibilità di tornare ad avere momenti conviviali anche nelle case private, in sicurezza.
Conseguenze economiche per tutto l’anno
Centri estetici e parrucchieri si attrezzano per riaprire La testimonianza di Cinzia Filosi, titolare di Estetica Cinzia a Tione centro estetico e quindi gli incassi si sono praticamente azzerati, inoltre gli aiuti che lo stato ha erogato sono stati pochi ed inadeguati lasciando il nostro settore, e non solo il nostro naturalmente, con numerosi problemi da affrontare. Ho mantenuto un contatto con alcune mie colleghe estetiste e anche loro, come me, per quanto riguarda la riapertura del centro estetico hanno molti dubbi, incertezze e ansia. Temo che anche per il resto dell’anno la situazione sarà complicata e per tutto il 2020 purtroppo vedremo le conseguenze economiche negative di questa crisi sanitaria. Misure di sicurezza per il rientro. L’attenzione del pubblico sarà altissima. Cosa sta predisponendo? È arrivato un sostegno, economico o organizza-
tivo, delle associazioni di categoria e dell’amministrazione? Per quanto riguarda il rientro alla vita lavorativa, malgrado non ci siano ancora linee guida precise da seguire dallo Stato, ci atteniamo alle disposizioni dateci dalle associazioni di categoria che ci supportano consigliandoci su come predisporre le misure di sicurezza. Io per la mia attività ho già acquistato guanti, mascherine, gel mani disinfettanti igienizzanti, visiere, protezioni in plexiglass, disinfettanti ambienti e termometro per diminuire al minimo il rischio di contagio e proteggere al meglio sia noi operatrici che tutti i nostri clienti. Noi comunque, tanti di questi accorgimenti li usavamo anche prima, infatti siamo tra i centri estetici
che utilizzano, da circa 13 anni l’autoclave per eliminare ogni rischio di infezione all’interno del centro estetico e per tutelare la nostra salute e quella dei nostri clienti. Per rilanciare il settore e il servizio che offrite, avete pensato a qualche iniziativa particolare? Si ho pensato e sviluppato molte idee e programmi benessere. Grazie a tanti corsi d’aggiornamento che ho fatto in questo periodo Covid19 ho potuto studiare un metodo molto efficace: un programma olistico, adatto a tutti, per riequilibrare e disintossicare il nostro corpo che come obiettivo ha quello di eliminare le tossine accumulate dallo scarso movimento fatto durante il periodo di lockdown. Penso che però la cosa fondamentale in questo momento sia
Cinzia Filosi il rispetto delle norme di sicurezza e un cliente che da noi si sente tranquillo, sicuro e coccolato credo sarà soddisfatto del nostro servizio e troverà anche una
parte del benessere perduto in questo periodo. Però non voglio svelare tutte le sorprese, veniteci a trovare da Estetica Cinzia.
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Tavola Rotonda
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Questi due mesi di Covid-19, come sono passati e come li avete affrontati professionalmente? Sono stati mesi difficili, l’attività agrituristica si è bloccata totalmente, ed è stato tutto improvviso, anche non coordinato con partenza molto confusa,questa emergenza Covid-19 è arrivata senza informazioni corrette e mai noi avremmo potuto capire la forza e la gravità della situazione. Noi come settore agrituristico abbiamo consigliato di chiudere, ancora prima del decreto nazionale di chiusura totale a livello italiano, perché le notizie che arrivano dalle regioni vicine, Lombardia in primis ci faceva capire che qualcosa di straordinario stava arrivando, e il senso di responsabilità e la paura di contagio ci aveva spinti ad essere cauti, per capire meglio e gestire l’evolversi della situazione. Metterei comunque in evidenza che l’attività verso il pubblico si è fermata, ma l’amministrazione,la manutenzione e i costi fissi, (luce, gas,,tasse), non si sono fermati di pari passo, quindi niente entrate ma comunque spese. Ci siamo anche trovati da imprenditori a dover gestire l’eccezionalità della situazione in base a quello che giornalmente cambiava anche con restrizioni e decreti gli uomini si possono fermare restando a casa, “le aziende non si possono spegnere”. Nel momento grave si è comunque proseguito con i lavori agricoli, che nonostante tutto non si possono fermare. Per esempio, la zootecnia non può fermarsi, gli animali mangiano e producono tutti i giorni e la natura avanza con la primavera quindi i prati devono essere lavorati e le colture
Per gli agriturismi perso oltre il 30% delle entrate annuali
Manuel Cosi, “Con la dovuta attenzione, ma abbiamo bisogno di ripartire” Mesi a venire difficili, il 40% del turismo del comparto viene dall’estero e mancherà
frutticole seguite. Ma anche qui la difficoltà di gestione dei prodotti freschi e i cali di consumi hanno fatto vivere difficoltà e ci hanno obbligato a riorganizzazioni forzate di gestione del lavoro. Altro tasto dolente che si trova a vivere in più nell’attività agrituristica sono i rapporti con i collaboratori: è vero che le aziende agrituristiche sono per lo più familiari, ma l’attività crea posti di lavoro, lavoratori che però in questo caso sono stati messi forzatamente in fermo con le difficoltà di soddisfare gli impegni che un imprenditore ha nei loro confronti: garantire salari e lavoro, oltre che l’imbarazzo di non poter garantire nuove assunzioni a lavoratori che per la maggior parte sono come una “seconda famiglia“. Dal punto di vista economico, quanto ha danneggiato il settore questa pandemia e come lo influenzerà per il resto dell’anno? I danni economici penso sia difficile calcolarli, perché le mancate entrate dei mesi passati possono essere viste paragonando gli stessi mesi degli anni precedenti e sono più facilmente calcolabili,
Manuel Cosi ma oltre ai mesi di fermo lavoro, ci saranno i prossimi mesi in cui il problema si ripercuoterà. Una delle motivazioni sarà la mancanza del turismo proveniente dai paesi esteri: l’agriturismo a livello provinciale vive per il 40% di estero, ma anche per il calo di presenze nei mesi a venire anche del turismo di prossimità. Speriamo comunque che appena avremo il via per cominciare a lavorare, l’ospite capisca che le attività agrituristiche trentine, da sempre gestite su piccoli numeri e con un turismo slow, e le nostre montagne sono ambiente sicuro, e dia fiducia alle nostre attività. Naturalmente le 500 aziende agrituristiche trentine già
solo in questi 2 mesi hanno perso entrate per più del 30% delle entrate annuali, visto che fine inverno e inizio primavera sono periodi interessanti per le varie località turistiche e quindi anche per gli agritur . Misure di sicurezza per il rientro. L’attenzione del pubblico sarà altissima. Cosa sta predisponendo? È arrivato un sostegno, economico o organizzativo, delle associazioni di categoria e dell’amministrazione? Per il rientro già da tempo ci stiamo confrontando su Tavoli di lavoro di tipo agricolo e turistico, e si stanno predisponendo protocolli
per garantire la sicurezza sia per gli operatori che per gli ospiti. Tutte le misure generali (distanziamento, sanificazione delle persone e dei luoghi di lavoro), ma ancora di più sarà importante formare il personale e informare l’ospite, senza appesantire burocraticamente le aziende, ma responsabilizzando un po’ tutti per il beneficio di tutti. Ribadisco che comunque sono tranquillo per la gestione professionale delle nostre attività. Il lavoro di coordinamento tra Provincia ed associazioni di categoria dei vari comparti è stato tanto e un buon operato di squadra darà i suoi frutti. Il sostegno economico è una delle criticità. A livello nazionale sono state proposte e pubblicizzate delle azioni, (cassa integrazione, contributi per i lavoratori autonomi ecc), comunque insufficienti e troppo lente nella concretizzazione. Ci si sente abbandonati e c’è ancora poca chiarezza. Dilazionare pagamenti, far slittare le scadenze e i prestiti agevolati non risolvono il problema economico sono un palliativo nell’emergenza. Possono aiutare, ma servono fondi da investire a fondo perduto e
presto piani di investimento in agricoltura e sul turismo. Sappiamo che a livello provinciale invece ci sono già alcune misure che vanno in questa direzione, anche questi aiuti non risolveranno i problemi, ma daranno un’iniezione di fiducia e un sollievo. Per rilanciare il settore e il servizio che offrite, avete pensato a qualche iniziativa particolare? Sicuramente, anche perché chi si ferma è perduto! Come Associazione Agriturismo Trentino stiamo già lavorando a una proposta di comunicazione attiva e promozione del nostro settore per una ripartenza dove si possa mettere in evidenza le positività del nostro settore e del nostro territorio di montagna, con i laghi, la gestione della sicurezza e la serietà che ha sempre contraddistinto la nostra Provincia. In più siamo in continuo contatto con i nostri soci con comunicazioni il più precise possibili per aiutare in modo concreto e coordinato la riorganizzazione. Adesso, con la dovuta attenzione, ma abbiamo bisogno di ripartire.
Il racconto di Giuliana Gallucci di Benetton
Negozianti impegnati nei corsi online per la sicurezza “Non è mai mancato il calore dei nostri clienti” Questi due mesi di Covid-19, come sono passati e come li avete affrontati professionalmente? L’emergenza sanitaria che ha colpito il nostro Paese è stata una doccia fredda. Dapprima descritta come una semplice influenza mentre poi si è rilevata una pandemia. Il timore di mettere in pericolo la nostra salute e quella delle dipendenti ci ha spinte a chiudere i negozi poche ore prima che il governo annunciasse il lockdown. Questi mesi li abbiamo affrontati con incertezza e preoccupazione.
Dal punto di vista economico, quanto ha danneggiato il settore questa pandemia e come lo influenzerà per il resto dell’anno? Il settore dell’abbigliamento e del commercio in generale, sono stati colpiti in maniera profonda, e questa ferita, crediamo, non si rimarginerà velocemente. Tenere per due mesi chiusa un’attività, è togliere ossigeno all’attività stessa, ma sulla salute non ci si può permettere di scherzare. Sicuramente il covid-19 ha cambiato e cambierà il nostro stile di
vita in modo radicale. Misure di sicurezza per il rientro. L’attenzione del pubblico sarà altissima. Cosa sta predisponendo? È arrivato un sostegno, economico o organizzativo, delle associazioni di categoria e dell’amministrazione? Da un punto di vista organizzativo stiamo predisponendo, anche grazie all’azienda madre, una serie di accorgimenti per tutelare sia i clienti, le dipendenti e noi stesse per poter lavorare in sicurezza. Per quanto riguarda i so-
stegni economici, la Provincia e lo Stato stanno mettendo a disposizione aiuti, che vedremo come quanto e quando si concretizzeranno. Le associazioni di categoria inviano, quasi giornalmente, informative e corsi online per poter ripartire in sicurezza. Per rilanciare il settore e il servizio che offrite, avete pensato a qualche iniziativa particolare? Le iniziative, su richiesta dei clienti stessi, in questi mesi sono state consegne a domicilio nei modi
adeguati. Quello che non è mancato da parte loro, sono stati il “calore” nei nostri confronti e questo ci ha dato lo stimolo nella continuazione dell’impe-
gno pur tra mille difficoltà. Per il futuro, ci sarà necessità di adeguarsi punto per punto all’evolversi della situazione.
Attualità
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“Immuni” la nuova app percombattere il Covid 19 di Enzo Ballardini
Tra le misure che il Governo ha in programma per la lotta al Corona Virus nella fase di riapertura delle attività economiche e sociali, c’è un’applicazione per lo smartphone chiamata ”Immuni”. Ad oggi il quadro non sembra definito e sono ancora tanti i nodi da sciogliere. Fra le poche certezze c’è il fatto che l’App sarà disponibile per cellulari che hanno sistemi operativi Apple (iOS) e Google (Android): sarà gratuita e non obbligatoria e funzionerà tramite lo standard del Bluetooth Low Energy, una tecnologia wireless progettata per nuove applicazioni emergenziali. Si tratta di un bluetooth a bassissimo consumo energetico adatto a essere utilizzato per settori come quello dell’assistenza sanitaria e che quindi non richiede che sia attivato il Gps o che il telefono sia sempre “attivo” consumando così la batteria. Come funziona. Una volta scaricata l’App e attivato il bluetooth, l’applicazione comincia a generare dei codici identificativi casuali e temporanei che verranno registrati dagli altri smartphone che utilizzano l’App quando si trovano in prossimità. Questi dati vengono “memorizzati” sullo smartphone solo se la durata del contatto sarà di almeno 15 minuti e a distanza ravvicinata. In teo-
ria in caso di contagio, una volta raccolti da un server e previa autorizzazione del contagiato, i dati permetteranno di risalire a tutti gli identificativi dei cellulari delle persone con cui quell’utente è entrata in contatto e valutare il rischio di contagio. A differenza di altre applicazioni utilizzate ad esempio in Corea, Immuni non spia i nostri spostamenti e non ci geo localizza, ma rileva solo la vicinanza di altre persone con smartphone e questa caratteristica è molto importante per preservare la privacy di ognuno di noi. Mancando tutta una serie di informazioni di dettaglio è fin ora impossibile dare una valutazione a questo strumento informatico. Destano sorpresa molte prese di posizioni che vengono da più parti che criticano questa nuova App in maniera pregiudiziale richiamando problematiche relative alla privacy. Noi tutti scarichiamo decine di App sul nostro smarthpone e senza accorgerci diamo a loro una lunga serie di dati personali che permettono una conoscenza approfondita dei nostri spostamenti, dei nostri gusti, dei nostri desideri.
Questa nuova App doveva essere lanciata all’inizio di maggio ma a causa di vari ritardi e contrasti sembra sarà attivabile solo verso la fine del mese o ancora più tardi. Ma lo facciamo inconsciamente senza pensarci e così cediamo una parte della nostra libertà. Confesso di essere rimasto sorpreso qualche anno fa quando aprendo l’App Google Maps e scorrendo la cronologia mi sono accorto che ogni mio spostamento era stato registrato da questa App e i miei dati erano stati registrati su qualche computer in giro per il mondo, tutto ciò a mia insaputa in quanto l’App è impostata in questo modo. Così tutte le applicazioni che noi scarichiamo registrano tutti i nostri spostamenti, le nostre ricerche, i nostri commenti, i nostri gusti, i nostri pagamenti, i nostri acquisti, e moltissimo altro ancora. Senza accorgerci siamo schedati da qualcuno che conosce ogni aspetto della nostra vita. Mi sorprende molto che queste persone che sui social quali Facebook raccontano tutte le loro “storie” con centinaia di foto, commenti e valutazioni, siano magari le prime a criticare un’App che è studiata per garantire la massima privacy e ha come obiettivo di cercare di limitare la diffusione di questo pericolosissimo virus. Sinceramente
a me interessa sapere se nell’ultima settimana sono entrato in contatto vicino e prolungato con una persona che poi si è rilevata infettata dal virus. Questo consente a tutti di fare accertamenti più approfonditi per conoscere le vie di diffusione del contagio e consente quindi di limitare in futuro ulteriori contatti. Per essere più efficacie l’App dovrebbe essere utilizzata da almeno il 50 - 60% della popolazione. Sono percentuali molto elevate e quindi difficili da raggiungere. Quando si avranno maggiori informazioni si potrà capire meglio quali sono le caratteristiche ed il funzionamento di questa nuova applicazione che dovrebbe contribuire alla lotta contro questo temibile virus e quindi alla tutela della nostra salute. Speriamo che dopo tante applicazioni, molte volte inutili, questa possa contribuire a combattere realmente la diffusione del Covid 19, ma molto come sempre dipenderà dal nostro comportamento in primis e poi dalla nostra capacità di valutare bene le informazioni che ci pervengono da ogni dove.
L’iniziativa editoriale della cooperativa OrizzonteGiovani
Una nuova rivista che parla di mondo giovanile La rivista “Giovani e Comunità Locali” nasce per comprendere come il territorio può aiutare le nuove generazioni a trovare il proprio spazio, per analizzare i percorsi di inserimento del giovane nella vita adulta della comunità e per mettere in luce i vari tentativi che le comunità e gli enti locali sperimentano per includere e supportare le nuove generazioni Il progetto editoriale è un’iniziativa della cooperativa di comunità OrizzoneGiovani di Tione, in partenariato con alcuni centri di ricerca nazionali attivi nell’ambito degli studi sui giovani e sui servizi ad essi
dedicati. Si tratta di una rivista scientifica quadrimestrale che intende stimolare e promuovere la conoscenza, la riflessione e il dibattito sulle nuove generazioni a livello regionale e nazionale, mettendo in relazione i giovani stessi, il mondo accademico e i centri di ricerca specializzati, le istituzioni locali e nazionali, il vasto mondo dell’associazionismo culturale giovanile e tutti coloro che a diverso titolo si interessano alle nuove generazioni. Il Comitato Scientifico coordinato da Tiziano Salvaterra coinvolge profondi conoscitori delle tematiche giovanili apprezzati a li-
vello nazionale ed europeo come il prof. Carlo Buzzi dell’Università di Trento, il prof. Arduino Saltin dell’Università IUSVE di Venezia, Giovanni Campagnoli presidente di Politiche Giovanili, Piergiorgio Reggio presidente della fondazione De Marchi, Paolo Tomasin consulente della Banca Mondiale in tema di giovani e sviluppo locale. Accanto alla rivista il progetto Giovani e Comunità Locali organizza altre iniziative fra cui un convegno nazionale annuale, giunto alla terza edizione, rivolto a coloro che sono interessati a dialogare e ragionare su come avvicinarsi al mondo
giovanile e come aiutarlo ad inserirsi nella vita delle comunità locali; un campus estivo rivolto a giovani interessati ad inserirsi nella società civile con ruoli di responsabilità; seminari territoriali a livello nazionale, in
stretta collaborazione con le numerose esperienze con le quali la rivista è in contatto. Nei primi numeri (vi è in stampa il terzo in queste settimane) la rivista ha proposto articoli e riflessioni sull’evoluzione della condizione giovanile in Italia ed in Europa, sulle problematiche legate alla mobilità di un giovane nel percorso verso il mondo degli adulti alla ricerca di opportunità che permettano di valorizzare i carismi personali e realizzare i sogni professionali e di vita. Inoltre si è occupata del mondo “Neet”, acronimo inglese che indica coloro che non studiano e non lavorano, fenomeno in forte
crescita anche nelle nostre realtà di periferia. Si è occupata di proporre una prima riflessione sul rapporto giovani e resilienza, il tema del convegno di quest’anno, oltre alla presentazione di buone esperienze locali di supporto al mondo giovanile, l’illustrazione di studi e ricerche condotte a livello regionale, nazionale ed internazionale nell’ambito del mondo degli adolescenti e dei giovani. La rivista viene prodotta sia online (www. giovaniecomunitalocali.it) con accesso libero, che in forma cartacea (chi è interessato la può chiedere gratuitamente a direzione@oriz zontegiovani.it)
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Il Saltaro delle Giudicarie
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Lo dice chiaramente la circolare giunta ai Saltari d’ogni parte del Trentino. Ho capito, tutti chiusi in casa, ma quel loockdown, non lo posso soffrire. Se scrivete, usate l’italiano che è la lingua nostra, dei nostri avi, quel loockdown, tanto usato in Tv e sui giornali mi sa tanto di macabro, credo che porti sfiga, lasciamolo agli inglesi con quel loro premier Johnson che voleva fare il furbetto, dalle sue parti, voleva lasciar libero il virus, che si infettino tutti, tanto a morire sono solo i vecchi e tutto sommato non è neanche male, liberiamo gli ospedali e cosi potremo salvare tutti gli altri e bene ha fatto il virus a fregarlo, l’ha colpito e ci son voluti tutti i ferri di bottega per rimetterlo in sesto, se l’è cavata per miracolo, e gli sta bene, Ma la lezione l’ha capita ed ora sembra molto più mansueto. Aboliamo il loockdown, e cerchiamo di allentare le maglie della clausura. La gente è stufa, vuole uscire, vuol lavorare, vuol tornare alla normalità. Ma non sarà facile, s’è cominciato con la Fase2, si cominciano ad aprire alcune porte, ma non molte, occorre la massima prudenza. Ed è tutto da ridere, i nostri politici sono impagabili, sono fortissimi, fin l’altro giorno invocavano la chiusura di tutto e di tutti, oggi che è cambiato ben poco, invocano l’apertura, pronti, se i contagi torneranno a salire, a chiedere di nuovo la chiusura. Saltimbanchi che in una tragedia come quella che stiamo vivendo non dovrebbero avere diritto di parola. Sciacalli più che altro. La circolare che ci è giunta dall’Empireo è chiara, sarà nostro compito monitorare la vita domestica dei chiusi in casa, capirne lo status psico-fisico, al fine di prendere provvedimenti in cielo e in terra per rimediare a situazioni degradate. “Fate le cose bene, e tranquilli, il virus non perderà tempo con voi, lui vuole sostanza, carne stantia o fresca che sia, non s’accontenta di voi spiritelli eterei che non siete nè carne né pesce ...” Agli ordini Capitano! C’è solo da obbedire. Che Dio ce la mandi buona! Andiamo al lavoro. Le osterie sono chiuse, le piazze sono deserte, le chiese chiuse a chiave, persino i cimiteri sono vietati. Solo come un cane, alato s’intende, gironzolo fra i monti, le valli e i paesi che mi sono cari da sempre, senza cogliere un sorriso, un cenno di saluto, mi sento triste da morire. Tutti, ma tutti, in clausura. Io, nella mia vita secolare, ho sempre considerato la clausura roba da suore, e spesso mi chiedevo cosa facessero tutto il giorno chiuse in quattro mura. Pur elencando preghiere, cibarie, l’orto e poche altre cose, la clausura doveva essere un luogo di noia. Santa, magari,
In clausura da virus Nell’alto dei cieli non si sbaglia un colpo. S’è deciso di tenere sotto controllo l’intero pianeta terrestre per evitare la fine del mondo. Non è il momento, la fine verrà quando verrà, non può deciderla un virus del cacchio, quello bisogna contenerlo, farlo sparire il più presto possibile. Sembra che le cose vadano meglio, ma quando si parla di virus non si sa
ma noia per gran parte del giorno. Cosa poteva esserci di diverso per i miei conterranei costretti alla clausura, gente in gran parte fatta di gaudenti, libertini e buontemponi. Spiare nelle case è ormai il mio mestiere. E vi posso raccontare come vanno le cose nella clausura di questi tempi impestati dal corona virus, il virus maledetto. I più fregati risultano i giovincelli. Ragazzi che avevano stappato birre e champagne per le vacanze che non s’aspettavano. Che avevano prenotato passeggiate amorevoli con baci ed abbracci, la clausura presto s’è rivelata un imbroglio non da poco. E così hanno cambiato programma. Dormono al mattino fino a tardi, spesso disturbati dagli incubi scolastici, poi al pomeriggio si dedicano alla Tv, anche se la Tv comincia a rompere con quei programmi sul virus, fatti di
spacconi, mentitori e virologi da strapazzo che dicono il tutto e il contrario di tutto. Allora si ritirano in camera a meditare, e su cosa? Poco o niente. Sono disorientati e non riescono a stabilizzarsi. Alla sera tutto è buio, cominciano a fantasticare, ma poi si arrendono e ricominciano a studiare. Ma allora tanto vale andare a scuola, altro che vacanze, almeno ci sono i compagni per far qualche risata e i professori da prendere in giro. Uffa! Si, meglio la scuola! Quelli della maturità sono i più ansiosi: magari salta l’esame, tutti promossi come in tempo di guerra. Negli uffici pubblici intanto si sperimenta, tutto d’un colpo, un modo diverso di lavorare. Chi deve e chi può se ne sta a casa, ma dopo un pò gli prende la nostalgia degli sguardi furbetti della collega, i sorrisi della regina delle zitelle, le quattro
mai come potrà finire, se poi è un virus cinese, apriti o cielo, il tutto diventa un mistero. Intanto continua la clausura dei cittadini, tutti in casa, obbedire e sperare che prima o poi le maglie della libertà si possano allargare. Basta loockdown, parola bastarda che arriva d’oltremanica, per dirci che dobbiamo stare chiusi in casa.
chiacchiere di fronte alla macchina del caffè, è tutta un’altra cosa. Chi poi rimane in sede misura le distanze, sobbalza ai colpi di tosse, robe da ipocondriaci. C’è chi apre la porta con i gomiti, e chi le chiude con un ginocchio, chi ha il disinfettante a portata di mano e chi ormai ha le mani screpolate a furia di lavarle. All’uscita ci si saluta con un cenno e poco più, le mani si tengono al loro posto, ci si saluta come di fronte al Papa, chinando il capo, basta e avanza. Non che si smetta di chiacchierare. Il telefono risulta occupato per tutta la giornata a chi telefona da fuori, al diavolo l’utente, al telefono si recuperano i momenti di libera interlocuzione d’uso durante le pause e oltre, nei tempi della normalità. Le riunioni sono poche e ben controllate per non correre rischi. Con le finestre aperte anche
se fuori fa un freddo cane. Lontani dai tavoli come ad un convegno di alcolisti anonimi, anche se dopo, per scrivere si avvicinano con prudenza. Anni di vicinanza, di conviviale convivenza diventano un ricordo. Anni di gomito a gomito non si dimenticano facilmente. In famiglia le cose non vanno tanto meglio. I figli, si sa, fanno quel che vogliono, ai genitori resta solo da parare il loro montante nervosismo. La mamma coglie l’occasione per rimettere un po’ a posto le robe di famiglia, compreso lavare le cose che da mesi aspettano d’essere lavate, lucidare, spolverare, con ogni tanto qualche sbirciatina alla TV sentimentale, quattro lacrime e poi sotto, una madre ha sempre mille cose da fare. Il padre, di solito, non fa un tubo, anzi qualcosa fa anche lui: si mette di buon mattino alla finestra e comincia con la se-
quela delle lagnanze condite da sproloqui, bestemmie ed imprecazioni contro il mondo intero e contro i cinesi in particolare. C’è addirittura chi da ragione al presidente Trump, bisognerebbe usare la candeggina, iniettarsela e il virus, tac, sparisce. Per fortuna che le mogli sagge sono pronte ad impedire simili scempiaggini, ma scommetto che prima o poi qualcuno riuscirà a iniettarsela e se ne andrà all’altro mondo. E gli esperti daranno la colpa al corona virus. Dove poi ci sono i nonni in casa, lì non ci sono alternative. O si hanno nipotini da accudire e allora il nonno anziano è tanta manna. Oppure è un nonno da proteggere e quello sta sicuro che si proclamerà sano come un pesce pronto ad uscire per andare all’osteria (chiusa) a bere un bicchiere, che “el se ciava anche el Cines”, e ci vuole tutta la famiglia in armi per impedirgli la fuga. Purtroppo chi era abituato ad una vita frenetica, amicizie, bagordi, amoracci ed amorini, gli si stringe il cuore a vedersi rinchiuso, solo e abbandonato dalla vita sociale. Arriva qualche e-mail, i messaggi alla lunga diventano noiosi: “Ciao, come stai...noi tutti bene, lo speriamo anche per te...”. E’ sempre quella e non cambia mai. Alla sera si aspettano buone notizie dal Tg. “Sarà andata meglio oggi? Cambierà qualcosa? Saranno calati i morti? Quanti sono i contagiati nel nostro comune? Sono cresciuti?” Ma le cose sembrano non cambiare mai. Viviamo nell’eterna speranze che le cose possano andare meglio, ed ogni giorno c’è qualcuno che si diverte a annunciare al mondo intero che le cose andranno così fino all’anno prossimo. Non ci si capisce più niente. Il vostro Saltaro è più confuso che mai. Ma la sua saggezza è secolare: “Nel mio girovagare durante mille secoli ne ho viste di peggio...Ogni volta si paventava la fine del mondo. Il mondo c’è ancora, anche se basta un microscopico virus per metterlo in subbuglio. Passerà anche questa… così mi hanno assicurato nell’alto nei cieli...E scommetto che dopo il fi-fio di questi tempi, passata la buriana saremo tutti più buoni, più solidali, più generosi e saremo tutti molto più contenti...”. Parola di Saltaro.
Europa Nel caso del dramma del coronavirus nel quale il mondo intero è immerso le scelte non saranno certamente facili, ma più urgenti e responsabili che mai. È chiaro che dovrà trattarsi di concertazione che richiedono la partecipazione di più attori perché da soli si potrà solamente rimanere soli e persi. Visto che tutti, come popoli e nazioni siamo stati colpiti, tutti dovremo renderci conto della inderogabile necessità di aiutarci reciprocamente sulla base del rapporto sussidiarietà-solidarietà, due principi senza tempo che costituiscono pietre miliari della società. La sussidiarietà richiede certamente a ognuno di noi, ad ogni Stato, ad ogni nazione di utilizzare al massimo le proprie forze per riprendere il cammino verso il futuro secondo il principio “omne agens agendo perficitur”. La gravità dell’attuale situazione e di tanti scenari futuri richiederà indubbiamente l’agire da parte di entità che solo nell’unione di più forze possono fronteggiare le emergenze e, nell’interesse di tutti, mettere a disposizione con quegli strumenti di cui le piccole o deboli realtà non possono disporre. Ed ecco che qui deve intervenire l’insostituibile esercizio della solidarietà. Attore fondamentale, insostituibile garante per tutti noi, popoli europei, e degli stessi equilibri mondiali dovrà essere l’Unione europea. Quell’Unione europea la quale, nata come Comunità all’inizio degli anni Cinquanta ha messo sulla
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Un bivio che non perdonerà sbagli di Paolo Magagnotti
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strada giusta al bivio di fronte al quale si è trovata l’Europa dopo due conflitti mondiali, garantendo milioni di europei benessere e, soprattutto, pace! Proprio di questi giorni, il 9 maggio è stato ricordato il 70º anniversario della storica dichiarazione con la quale il 9 maggio 1950 il ministro degli Esteri francese Robert Schuman, con la proposta di” porre la produzione globale franco-tedesca di carbone dell’acciaio sotto un’ Alta Autorità comune, in una organizzazione aperta la partecipazione degli altri paesi europei”, accese la scintilla che mise in moto il processo di degrado europea. Fin dalle prime parole della sua dichiarazione Schuman sottolineò peraltro che l’unità europea sarebbe stata possibile solo “sulla base di realizzazioni
concrete che dovranno creare, anzitutto, una solidarietà di fatto”. Molti sono stati gli atti che, soprattutto nei primi anni del processo di integrazione europea sono stati segnati dalla solidarietà. Nel ultimi tempi purtroppo molti, troppi Stati dell’Unione europea hanno dimenticato principio e sostanza della solidarietà, perseguendo un miope percorso sopranista. Oggi, la ferita del coronavirus, con le cicatrici difficilmente rimarginabili di tutte le società non lascerà scampo non perdonerà quei Paesi europei che volessero continuare l’egoistico percorso nazionale in una Unione dalla quale attendere solo soldi, che difficilmente potranno arrivare. Abbiamo assistito purtroppo ad una triste e pericolosa divaricazione fra Nord e Sud; voglio spe-
rare che tale fatto non lasci segni, emotivi oltre che economici, nel prossimo futuro. Il comportamento avuto da Istituzioni europee e da vari Stati membri all’inizio della tragedia coronavirus ha molto amareggiato e, elemento preoccupante, accentuato la disaffezione di molti cittadini nei confronti dello stesso Progetto europeo. Negli ultimi giorni, tuttavia, vi sono stati segnali e atti i quali hanno marcato una modifica della rotta iniziale, con l’imbocco di una strada sicura e solidale, anche se non dobbiamo escludere tornanti con arresti di marcia dovuti alla indisponibilità di qualche Stato di fornire il carburante necessario per proseguire nel viaggio intrapreso. Questa volta non vi sarà scampo: o che i Paesi si convincono, e
convincono i loro popoli, che solo un’ Unione europea, forte, coesa e solidale può salvarci dalle conseguenze virali di questo tragico momento storico o che, sbagliando la strada dopo il presente bivio, vi sarà solo la via delle profonde incertezze che potranno anche portare, oltre che a stenti, a conflitti molto gravi. Nelle preoccupazione per scenari futuri non possono mancare le attenzioni alle minacce più che incombenti che possono provenire da forze esterne all’Unione europea tutt’altro che interessate ad un unità dei popoli europei. Minacce attive e passive. Abbiamo un’America del presidente Trump che l’Europa l’ha, o la sta dimenticando. Una Cina che con la Via della Seta ricca di punti oscuri, ma con altrettanti obiettivi evidenti,
puntuale Europa solo come mercato cinese. Una Russia di Putin che fra silenzi, subdole azioni e amoreggiamenti con Paesi sovietici dell’Europa centro-orientale mira a minare l’unità europea. A tutto questo aggiungiamo il fatto che con il pretesto del coronavirus vi sono in Europa e nel mondo intero preoccupanti segni di contagioso autoritarismo che si alimenta anche con una allarmante limitazione della libertà di stampa. Di fronte al rischio di difficili scenari che, posti al bivio, possiamo intravedere, dovremmo tutti cercare di riflettere e compiere tutto ciò che è nelle nostre possibilità per influenzare i decisori politi affinché non si concentrino sulle prossime elezioni ma con il coraggio e la lungimiranza con cui hanno agito i Padri fondatori dell’Unione europea quando si sono trovati al bivio lasciato dalle guerre scelgano la via più sicura per il loro popoli.
tori molte apprensioni e preoccupazioni, che, per le responsabilità che hanno, coinvolgono anche gli amministratori della cosa pubblica.
cientamento energetico e alla produzione di energia sostenibile (per questo bando occorrerà tener conto delle novità che il governo nazionale ha allo studio per evitare sovrapposizioni), il “Bando AGRICOLTURA”, per continuare a incentivare il recupero ed il riutilizzo di territorio, e il “Bando BORSE DI STUDIO E PREMI DI MERITO” per sostenere la formazione dei giovani. Non sarà invece riproposto il bando “casa” perché a cadenza biennale.
rigenti scolastici, abbiamo condiviso l’idea di aiutare le famiglie del territorio Bim che non hanno dotazioni informatiche, o le hanno inadeguate, con un “Bando per ACQUISTO DOTAZIONE INFORMATICA”.
re il settore (hotel, alberghi, ristoranti, bar, B&B ecc.). Sarà approvato l’aggiornamento del Regolamento per la concessione dei contributi a sostegno delle attività proposte dalle tante associazioni e gruppi del territorio, pur nella consapevolezza che sarà un anno straordinario, nel corso del quale l’incognita della situazione limiterà molto il quadro delle consuete proposte. Ma anche la vitalità del volontariato è un valore sociale di grande importanza, e, per quanto e fin dove sarà possibile, il Bim farà la sua parte. Le difficoltà generate dalla crisi dovuta alla pandemia hanno poi messo a nudo altri problemi, per i quali serviranno realismo, creatività, lungimiranza, ma anche concretezza. Per alcuni erano già stati attivati progetti, i quali però hanno richiesto tempi così lunghi, da non essere ancora arrivati alla soluzione. Tra i problemi grossi su cui lavorare c’è sicuramente il tema delle connessioni, perché la Valle è indietro. L’avvento dello smart working diffuso e della di-
dattica a distanza di questi ultimi due mesi, mette il bisogno sotto gli occhi tutti i giorni. Diventerà fondamentale avere connessioni adeguate, perché è prevedibile che le condizioni lo richiederanno sempre di più. La fibra ottica pertanto sarà tra gli impegni a cui dedicare energia. Servirà una forte azione politica congiunta e condivisa per uscire da questa ulteriore forma di “perifericità” del Chiese. Un tema fondamentale del futuro sarà la diffusione del digitale. Andrà assolutamente promossa una progressiva attivazione di processi di digitalizzazione atti a snellire e semplificare il più possibile la burocrazia e i rapporti tra Amministrazioni pubbliche e cittadini. Le possibilità sono già tante e la richiesta sarà sempre più insistente. L’ufficio sovracomunale per il digitale, istituito lo scorso anno tra il Bim del Chiese e i Comuni chiesani, avrà un ruolo importante. Un lavoro non da poco, da programmare bene, ma che sarà di vitale importanza per lo sviluppo della Valle del Chiese.
Più volte nella vita ci si trova davanti a bivi i quali impongono decisioni che in un verso o nell’altro segnano il nostro futuro. Questo può accadere a singole persone, a famiglie, a imprese economiche come a Stati o organizzazioni a va-
rio livello aventi responsabilità per persone o popoli interi. Decisioni impegnative gravide di conseguenze sono spesso richieste quando si è colpiti da crisi che sconvolgono schemi e modi di vita che si ritenevano consolidati.
Bim del Chiese, i nuovi bandi in sostegno al territorio La pandemia del Covit-19 ha colpito duro. L’intero settore sanitario provinciale con tutti i suoi operatori ha affrontato una prova che ha richiesto un impegno davvero straordinario. Insieme agli altri BIM del Trentino, il Bim del Chiese ha condiviso l’idea di assegnare un importante contributo straordinario complessivo di 500 mila euro all’Azienda Sanitaria, che ha operato e sta ancora lavorando duramente per fronteggiare l’emergenza. Per il Chiese l’impegno sarà di 95 mila euro pari al 19%. La Valle del Chiese è stata una delle più colpite. Quasi tutti i Comuni chiesani hanno segnato nelle loro agende numeri alti di cittadini contagiati, e purtroppo, anche di deceduti. Anche le tre Case di riposo non sono state risparmiate. Il Bim è in contatto con i loro amministratori, che sappiamo molto impegnati, per valutare eventuali forme di aiuto. Come dappertutto l’economia si è fermata anche nel Chiese, e la ripresa, che sarà dura, desta negli imprenditori e nei lavora-
Per il 2020, un anno così imprevisto, straordinario ed inedito causa Covid19, il compito del BIM si esplicherà su due piani, uno, quello di continuare a proporre azioni di sostegno e di sviluppo al territorio e, due, quello di ideare e progettare strategie per affrontare la ripresa che richiederà molta energia, attivando o partecipando a tavoli di lavoro con i sindaci, altri attori del territorio e agenti di sviluppo, e le associazioni di categoria. Per quanto riguarda il piano della continuità, sulla base dei positivi riscontri ottenuti negli anni scorsi, saranno riproposti i bandi del Bim, che oltre a contribuire al miglioramento delle condizioni di vita, assicurano anche un certo impulso e sostegno all’economia locale. Saranno riproposti tre bandi, il “Bando ENERGIA”, che contribuisce all’effi-
Per ciò che attiene ai Bandi Bim, e nell’ottica di iniziare a dare sostegno alle necessità conseguenti ai danni per Covit-19, sono previste due novità. “La chiusura delle scuole ha trovato impreparate molte famiglie per la fruizione della didattica a distanza - ha dichiarato il presidente Papaleoni. Abbiamo pertanto valutato fondamentale che a tutti gli alunni e studenti del primo e secondo ciclo sia data la possibilità di avvalersi dell’esercizio del diritto allo studio. Quindi, sentiti i di-
In un quadro più generale, tutta l’economia locale risentirà del peso della crisi post pandemia. C’è piena consapevolezza che si dovranno fare attente valutazioni sull’utilizzo delle risorse in base alle effettive necessità e priorità che emergeranno dalle progressive analisi post crisi, assicurando adeguata attenzione a tutti i comparti. Ma non è difficile prevedere che il comparto del turismo, per poter riaprire con qualche speranza di parziale successo per la prossima stagione, dovrà affrontare spese suppletive per garantire sicurezza e tutela ai clienti (locali o turisti che siano) in applicazione dei protocolli che saranno emanati. È allo studio un “Bando per l’adeguamento delle strutture alle novità post Covit-19” per sostene-
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Cooperando
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In quarantena si è riscoperta l’importanza dei negozi di vicinato
Ne abbiamo parlato con Roberto Simoni, da giungo 2019 presidente di Sait, il consorzio delle Cooperative di Consumo Trentine fondato nel 1899, che ad oggi conta 77 Famiglie Cooperative sul territorio trentino, oltre 400 punti vendita, 110.000 soci e da lavoro a 2.400 persone. Quale è stato il ruolo dei piccoli negozi in questo periodo di Emergenza? I piccoli negozi di vicinato, dal punto di vista puramente aziendale e reddituale, non sono affatto appetibili, infatti durante gli anni la loro gestione è stata sempre più affidata alla Cooperazione di consumo e gli imprenditori privati e le grandi catene distributive non si sono mai dimostrati interessati minimamente alla loro gestione. La sostenibilità economica, unico baluardo che consente di garantire loro la sopravvivenza in futuro è quasi sempre affidata a tenaci e determinati amministratori, che prestano la loro attività a titolo, quasi sempre, di volontariato, alla capacità competitiva del Consorzio Sait ed al contributo pubblico annualmente assegnato alle realtà multi– servizi (cooperativi e non). Nel drammatico periodo che stiamo vivendo, la valenza commerciale e sociale di questi importanti presidi delle nostre comunità si è rivelata in tutta la sua importanza, anche nel ruolo determinante di contribuire al contenimento dell’epidemia, consentendo ai cittadini di rimanere a casa e disporre di un negozio di prossimità, da raggiungere, in tanti
La rivincita dei piccoli di Alberto Carli I negozi di vicinato sono una risorsa preziosa, soprattutto in questi tempi di emergenza sanitaria e limitazioni agli spostamenti. La loro dimensione “territoriale” ha reso possibile una maggiore aderenza alle nuove necessità, hanno dimostrato spirito di casi, a piedi. Le vendite si sono impennate repentinamente (anche con percentuali superiori al 50% in alcuni casi) ma certo che la ridotta organizzazione, anche in termini di personale e con strutture di limitate dimensioni, ha messo a dura prova la tenuta stessa di questi negozi e la capacità dei collaboratori di far fronte al nuovo ed imprevisto contesto. Grazie alla determinazione ed attaccamento al lavoro ed alle loro comunità di questi nostri preziosi collaboratori, continua Simoni, ed al grande sforzo di coordinamento e di approvvigionamento del Consorzio, oggi siamo in grado di dire, con prudenza, che abbiamo retto l’immane onda d’urto e abbiamo risposto in pieno alle aspettative di soci, clienti e autorità pubbliche. Quali sono state le azioni messe in campo per agevolare i soci e i clienti? Per senso di responsabilità e per interpretare al meglio in nostro ruolo sociale, ab-
biamo agevolato in tutti i modi i nostri clienti, attivando la consegna a domicilio, in modo capillare e gratuito e garantendo la consegna in giornata (fatto salvo qualche raro caso). Questo servizio, da qualche concorrente pubblicizzato, ma quasi da nessuno realizzato in modo analogo, ha privilegiato anziani, persone deboli e disagiate e soggetti in quarantena causa epidemia. In molti casi il servizio è stato attivato anche grazie al sostegno di associazioni no profit locali e singoli volontari che hanno dato la loro disponibilità e che non finiremo mai di ringraziare. Abbiamo poi incrementato la spinta promozionale dei nostri prodotti in offerta, rendendo conveniente fare la spesa nei nostri negozi, aldilà degli obblighi normativi, ampliando la gamma di prodotti in promozione nei piccoli negozi, nonostante le ridotte dimensioni ed in alcuni casi abbiamo incrementato le referenze per consentire ai
iniziativa, avviato interventi operativi e soprattutto non hanno smesso di coltivare la speranza. Da anni la Cooperazione di consumo trentina è costantemente impegnata a difendere l’esistenza dei punti vendita di vicinato.
consumatori di trovare tutti i prodotti di base. Particolare attenzione alla promozione e valorizzazione dei prodotti trentini, molti proposti a prezzi scontati, per sostenere la nostra economia provinciale e per rispondere alle sollecitazioni della Provincia Autonoma. Nel periodo dell’epidemia, rispetto allo scorso esercizio, abbiamo aumentato del 40% la percentuale di prodotti trentini venduti al pubblico e durante i mesi di marzo e aprile, circa il 40% dei prodotti venduti è stato acquistato in promozione
con sconti del 20 – 30 – 40 per cento. Abbiamo poi aderito a numerose iniziative sociali e di sostegno al territorio. Non da ultimo., è stata posta massima attenzione, con sforzi incredibili per reperire il materiale necessario, alla salute dei nostri collaboratori ed ai nostri clienti, elaborando rigide misure contenitive e seguendo scrupolosamente tutte le normative e i suggerimenti. Come vi state preparando per il futuro? Terminato questo periodo
di massima emergenza, dovremmo organizzare al meglio le prossime stagioni turistiche, assai incerte e che procurano a tutti grandi preoccupazioni e poi dovremo dedicarci con scrupolo e programmazione a rivitalizzare ed in alcuni casi a ristrutturare quei punti vendita che sono stati fondamentali, ma che messi a lavorare in condizioni di stress hanno manifestato carenze strutturali, che dovranno essere risolte. La strategia di sistema dovrà prevedere un rilancio e una nuova valorizzazione di questi piccoli, ma essenziali negozi di vicinato. Lo dobbiamo alla nostra storia, a chi prima di noi ne ha consentito il mantenimento in vita ed a tutti i nostri soci che in passato hanno, per spirito di appartenenza alla loro comunità ed ai valori del nostro movimento, deciso di utilizzare i nostri punti vendita per gli acquisti giornalieri. Speriamo che le persone che ci hanno conosciuto in questo periodo e hanno usufruito dei nostri servizi, rimangano clienti e magari soci, anche per il futuro. Il nostro impegno e dei nostri collaboratori, sarà sempre massimo, perché questo auspicio possa concretizzarsi.
EDITORIALE di Adelino Amistadi
Continua dalla Prima Il nostro progetto editoriale nacque nel 2002 ed uscì con il primo numero nel maggio di quello stesso anno. L’idea era quella di creare un giornale che si facesse portavoce della nostra comunità giudicariese, nel bene e nel male. Nei 18 anni trascorsi le cose in Giudicarie sono di molto migliorate e abbiamo la presunzione di affermare che qualche merito lo possiamo vantare anche noi, con la nostra presenza e con le nostre battaglie. Ne siamo fieri. Perchè abbiamo la convinzione d’aver fatto 18 anni di intenso lavoro per la nostra terra e riteniamo che la nostra opera non debba chiudere, non certo per interessi di bottega, ma al solo scopo di continuare a fornire alla nostra gente un’informazione tempestiva e veritiera oltre ad un importante strumento per l’informazione commerciale delle nostre aziende artigiane e commerciali. GdG è, ormai, un amico fedele di cui ci si può fidare, che entra mensilmente nelle nostre case, con discrezione, per essere letto, commentato e condiviso. Del traguardo raggiunto possiamo menarne vanto e ci da coraggio e maggior de-
Buon compleanno GdG terminazione nel proseguire con la nostra avventura. In fondo non abbiamo mai avuto grosse pretese se non di esprimere liberamente il nostro pensiero sulle vicende giudicariesi senza alcun condizionamento. Il Giornale delle Giudicarie desidera solo essere un coraggioso paladino a difesa della nostra comunità. Ne è convinto anche il gruppo di volontari che ci sostiene, abbiamo più di trenta eroici collaboratori, fra le migliori penne delle nostre valli, attenti e responsabili. Facciamo capo ad una “Associazione Culturale GdG” che ci garantisce la parte burocratica ed economica, siamo onorati di poter ancora contare, quale Direttore Responsabile, su Paolo Magagnotti, presidente dei Giornalisti Cattolici Europei, rigoroso sorvegliante dei nostri scritti, e su Denise Rocca, giornalista, instancabile, quale capo redattrice che organizza e
coordina il gruppo dei redattori, da sempre spinto solo dalla passione e dalla vocazione dell’ascoltare e dello scrivere. Con altrettanto orgoglio ribadiamo che il Giornale delle Giudicarie non ha mai avuto un centesi-
mo di finanziamento o sussidio da qualsivoglia parte, è sempre stato autoprodotto e diffuso gratuitamente in tutte le case delle nostre valli. La nostra vita è in mano alla generosità degli sponsor sempre più numerosi e soddisfatti dopo aver constatato che la pubblicità sul GdG è sicuramente la più adatta alla diffusione ai loro target e la più redditizia in termini di riscontro. Cogliamo l’occasione di ringraziarli anche a nome di tutti i nostri lettori. Il nostro commerciale Elio Collizzolli, intrepido pubblicitario, è sempre a loro disposizione. Abbiamo da tempo segni inequivocabili del nostro forte radicamento sul territorio delle Giudicarie, chi ci legge potrà talvolta anche non essere d’accordo con noi, ma non può fare a meno della nostra presenza mensile in casa propria. Ce lo confermano le proteste e le richieste di invio
di chi, in questi tempi difficoltosi anche per la diffusione porta a porta, non l’avesse ricevuto. Il Giornale delle Giudicarie è ormai il giornale di ogni giudicariese perché da 18 anni è il giornale della sua terra, della sua tradizione, di ieri e del domani, il compagno fidato della sua vita. Sì, crediamo di aver dato qualcosa d’importante alla nostra terra. Vogliamo credere d’aver contribuito alla sua crescita. Vogliamo continuare a farlo. Per gli anni a venire. E, prima di chiudere, vorremmo fare un invito . Chi avesse voglia di scrivere, di collaborare senza particolari impegni, la nostra porta è sempre aperta. Tutti possono essere cronisti volontari, in un’ottica di fare qualcosa che sia utile a qualcuno. Un grazie a tutti voi che ci seguite e a tutti noi che teniamo duro. Grazie di cuore!!! (a.a.)
Economia Ma quale progetto può partire per i nostri territori montani costretti a recuperare reddito su altri fronti con una prospettiva di una forte contrazione economica? Sicuramente di fronte a questa drammatica epidemia che impedisce di capire come sarà la vita dopo che questa sarà contenuta e sconfitta è necessario, pensare a quali potranno essere i flussi interni ed esterni e come invita Martini anche a un nuovo modello in cui avranno sicuramente un ruolo i territori “non- turistici”, impostando un modello che privilegerà la tranquillità e l’isolamento, in tante piccole strutture ricettive, i piccoli numeri, rispetto alla concentrazione e alla massa odierna Una montagna che torni a essere a misura d’uomo con piccoli paesi dove vivono comunità che possiedono una loro precisa identità di usi, costumi e di “stile di vita”. Paesi dove la piazza si popola durante le feste e le sere estive, dove il campanile ricorda lo scorrere del tempo e le ore del giorno, dove la politica è gestione del proprio territorio fatta a dimensione locale con le proprie regole secolari e non con quelle decise nei palazzoni di vetro nelle tante capitali. Sicuramente il tessuto geoeconomico della nostra regione composto di cento valli, cento fiumi e mille paesi, con frazioni, ville, rustici e malghe, arroccate anche sulle montagne più remote, si
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La proposta: inserire i paesi in un progetto organico di sviluppo
I cento borghi trentini di Marco Zulberti Turismo, trasporti e commercio stanno subendo un blocco delle attività che costringeranno la classe politica a tagli draconiani nella spesa, non solo corrente, ma anche agli investimenti. Questi settori per l’economia regionale trentina incidono per circa 4.2 mld di Euro (Ispat 2017), una cifra che rappresenta il 27% del prodotto regiopresta al recupero della montagna, del lago, della valle, del torrente “non turistici” e di proporli come nuovo modello non solo turistico ma anche di nuova socialità. Un’idea sarebbe quella d’inserire i paesi trentini in un progetto d’investimenti organico facendoli diventare “I 100 borghi”. Selezionarne cento con caratteristiche medio piccole simili: per abitanti, massimo 700, per aspetto urbanistico che possiedano e una chiesa, una piazza, un nucleo abitato delimitato e ben identificabile, e che poi sia oggetto d’investimenti per ristrutturarne gli edifici ma con regole simili per tutti che siano ispirate allo stile montano trentino. Intonaci esterni delle case
uniforme, un piano colore alla montana bianco e non colorato alla ligure, un utilizzo massiccio del legno sia esterno per tetti, finestre, e terrazze, che interno per mobilio, porte e pavimenti. Paesi che siano nello stesso tempo anche moderni non solo “plastic free” ma anche collegati con i moderni sistemi telematici e con internet veloce con una pulizia estrema nel paesaggio, eliminando il traffico automobilistico interno, togliendo l’inquinamento visivo provocato dalle migliaia di cartelli stradali, e incentivando forme di commercio a filiera corta, e libera iniziativa agricola e artigianale. I cento borghi trentini nei territori non turistici ci sono. Sono lì. Semi abbandonati. Alcuni
nale annuale, numeri che costringeranno la classe politica a tagli draconiani nella spesa non solo corrente ma anche agli investimenti. L’impatto purtroppo non dipenderà solo dalla durata del “lock down” ma anche dai cambiamenti nei comportamenti che per un certo periodo adotteranno sia la clientela italiana che straniera. sprofondati nelle nuove istituzioni comunali in completo spegnimento e di cui hanno cancellato anche il nome secolare. Ma ha ragione Martini quando indica come i territori minori possono diventare una ricchezza. E’ una tendenza che negli ultimi anni abbiamo già visto con la crescita degli “agritour” e il turismo alternativo. Lo abbiamo già visto con i successi dei mercatini di Tenno, di Rango, o di Quartinago in Val del Chiese, che attirano perché permettono di respirare una dimensione naturale antica verso questa epidemia sembra risvegliare in modo ancora più forte. In parte già l’umanità avvertiva questa “voglia di comunità”, di identità, di centralità per la
sfera più naturale e biologica della vita umana, il proprio lavoro, la propria famiglia, la propria comunità. Il Trentino Alto Adige dovrebbe investire sulla cura dei propri borghi facendoli diventare luoghi reali dove vivere, lavorare e trascorrere la propria vecchiaia in serenità, dove non sono più importanti gli eventi adrenalinici ma il loro contrario come la semplice attività giornaliera di gestire le proprie case e affetti familiari. Ma come progettare e poi finanziare un progetto turistico diffuso su tutto il territorio regionale in un periodo in cui ci sarà da riorganizzare tutto il settore sanitario? Dovrebbe rinunciare ai progetti faraonici tutti concentra-
ti sulla Valle dell’Adige come il NOT, l’interramento della Ferrovia a Trento e la variante di Rovereto dai costi esorbitanti pari a 3 Mld di Euro e invece essere usati per un progetto di rinascita diffuso, sulla scia della mitica legge. 44 che concedeva a fondo perduto fondi per il recupero dei centri storici. Se in questo momento si deve far ripartire gli investimenti si deve farlo con progetti che abbraccino l’intero bacino regionale in modo che i benefici ricadano anche nelle valli più remote. Se da una parte l’accordo europeo sul MES in via di definizione in queste ore potrebbe essere sfruttato per la riorganizzazione del settore sanitario con il ripristino dei geriatrici e la vera natura delle case di riposo che devono essere effettivamente di “riposo” e non di “sofferenza”, dall’altra proprio questa qualità della serenità diventare il marchio di qualità della vita nella montagna trentina.
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Dal 1962 sul territorio
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Attualità
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“Questa emergenza ha incrementato positivamente l’affiatamento tra tutti noi, creando sinergia permettendoci di superare questa situazione nel migliore dei modi - dichiara il comandante dei vigili del fuoco di Condino Roberto Pizzini -. Gli abitanti di Condino hanno reagito molto bene, rispettando le regole. La situazione sta migliorando, ma non possiamo permetterci di violare i divieti, altrimenti tutto quello che abbiamo fatto sarebbe stato inutile”. Le forze dell’ordine hanno continuato il loro lavoro, con la responsabilità di far rispettare le restrizione, preziose per la salute di tutti. “Impegnativa è stata sicuramente l’attività di controllo disposta dal Questore per i comuni di Borgo Chiese e Pieve di Bono Prezzo - sottolinea il comandante della Polizia locale Valle del Chiese Stefano Bertuzzi - anche a causa dell’assenza di parte del personale perché ammalato anch’esso a causa del Covid 19. Il momento più brutto, il ricovero in terapia intensiva del marito di una delle colleghe”. Lo spiega anche il comandante dei carabinieri Giovanni Granieri: “Il ruolo dei carabinieri, anche durante l’emergenza CoVid-19, non ha subito cambiamenti: siamo sempre dalla parte del cittadino, sia sotto il punto di vista della sicurezza sanitaria con l’ingrato ma doveroso incarico di far attuare le misure di contenimento per la diffusione del virus e sia quello della sicurezza sociale. A tal fine per ottimizzare le risorse, il Cdo prov.le, ha previsto l’apertura delle nostre caserme al minimo indispensabile, in modo da poter offrire un servizio aderente alla attuale realtà, aumentando la vicinanza ai cittadini, in particolare quelli maggiormente deboli e più a rischio”. La disponibilità e solidarietà nel paesi
Tamponi sierologici e dati in miglioramento
Borgo Chiese pronto a risollevarsi di Mariachiara Rizzonelli Sono stati davvero duri questi due mesi di epidemia a Borgo Chiese. Difficili da ogni punto di vista, fisico, psicologico e sociale. Molte persone si sono ammalate, molte sono rimaste per lungo tempo in quarantena, e un numero piuttosto alto di esse è deceduto portando il paese a vivere quello che sembrava un incubo quotidiano. Qui vogliamo parlare dell’immenso lavoro e delle mille azioè il tratto più significativo, la cosa positiva che si può trovare anche in questo dramma. Spiega il sindaco Claudio Pucci: “Da subito quando si sono dati i primi casi ho avuto disponibilità sia dalla farmacia che dei negozi di alimentari locali a portare a casa i farmaci e gli alimenti, un sostegno dei cittadini a favore dei propri concittadini. Poi la disponibilità di tanti volontari come i Vigili del Fuoco Volontari delle tre comunità, le forze dell’ordine, il corpo dei forestali, gli alpini, la Pro Loco, la croce rossa, l’associazione carabinieri in congedo. Insomma quel buon tessuto sociale che caratterizza il Trentino in questa situazione di emergenza ha potuto mostrare ancora una volta le proprie qualità a servizio della comunità. Ha aiutato anche sentire una Provincia impegnata su più fronti quotidianamente e molto attenta alle necessità
locali”. Gli alpini infatti nel pieno dell’emergenza hanno garantito il ritiro della pensione da parte delle persone anziane in sicurezza per sé e per l’impiegata dell’ufficio postale (approntando sedie per l’attesa fuori dalla sede della Posta in linea composta e distanziata) e, nella persona del capogruppo Marco Bodio, hanno collaborato con il sindaco nella creazione di Telegram “Borgo Chiese Informa”, nuovo canale social per la comunicazione in tempo reale di importanti informazioni da fornire alla popolazione. I giovani della Pro Loco si sono prontamente messi a disposizione dei negozianti
ni portate avanti da amministrazione, medici, operatori sanitari, forze dell’ordine, gruppi di volontariato, farmacia locale, negozianti e gente comune (l’aiuto tra vicinato di casa è stato encomiabile) che ha fatto e sta facendo il massimo per navigare sull’onda di questa infausta epidemia. Al di là di tutto il male è questo che si è sentito con forza in questo periodo a Borgo Chiese.
che faticano nelle consegne degli alimentari a domicilio, mentre i volontari della Croce Rossa Gruppo Valle del Chiese di stanza a Condino non solo hanno garantito il trasporto dei malati in ospedale, ma anche la costante consegna di pacchi viveri a persone segnalate dall’assistenza sociale della Comunità di Valle e un aiuto nel ritiro dei questionari forniti dalla Provincia di Trento distribuiti precedentemente casa per casa dai Vigili del Fuoco. “Le persone anziane, in forte percentuale a Brione, hanno affrontato con il giusto timore questa epidemia - racconta il comandante dei vigili del fuoco volontari
di Brione Giacomo Visigalli supportate da chi poteva muoversi per gli acquisti di generi alimentari e medicinali. Voglio ringraziare i negozi locali e la Farmacia per aver istituito il servizio di consegna a domicilio, molto utile per i Brionesi”. La quotidianità è cambiata anche al lavoro: “Abbiamo dovuto riorganizzare le procedure per gli interventi – afferma il comandante dei Vigili del fuoco volontari di Cimego Erik Gnosini - essendo sempre stati operativi sul nostro territorio, introducendo procedure base procedure particolari (di vestizione e svestizione) e per interventi senza e con la presenza di persone (potenzialmente pericolose). In montagna, l’assenza dell’uomo ha lasciato campo libero alla natura. “Gli animali - spiega l’ispettore comandante della stazione forestale di Borgo Chiese Franco Salvaterra - hanno approfittato della libertà di movimento. Si avvistano caprioli in branco in tutti i prati di montagna ed i cinghiali hanno ampiamente devastato indisturbati prati e pascoli in ogni dove”.
L’ultimo bastione ad essere colpito a Borgo Chiese è stata proprio la APSP Rosa dei Venti. Non poteva essere altrimenti in un comune tanto toccato come il nostro, ma si sta lavorando con lodevole spirito di sacrificio da parte di tutti per evitare nuovi contagi e curare chi è ammalato. “La cosa più bella è il comportamento dei nostri operatori, dei medici, degli infermieri e di tutto il personale in questa situazione: nessuno si è tirato indietro pur sapendo di mettere a repentaglio se stesso, tanto che alcuni fra di loro si sono ammalati. Attraverso lo strumento della comunicazione via tablet hanno poi allacciato dei rapporti bellissimi con i famigliari degli ospiti. Chiedevano di tenere loro la mano nei momenti più bui; qui da noi nessuno è stato lasciato solo” racconta il direttore della struttura Matteo Radoani. Per fortuna nell’ultimo periodo sembra comunque che la pressione dell’epidemia da covid-19 stia finalmente lentamente allentando. “Invito i cittadini di Borgo Chiese a non perdere la fiducia che il continuare sulla strada del rispetto delle indicazioni date presto ci porterà ad uscire da questa situazione di emergenza. I contagi nelle ultime settimane non sembrano essere aumentati, se non in ambiti già conosciuti; questo fa ben sperare” conclude il sindaco Claudio Pucci.
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Porto Franco
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Un cambio di strategia per il sistema sanitario trentino L’analisi di Marco Ioppi, presidente dell’Ordine dei medici
dottor Ioppi abbiamo chiesto una valutazione ed alcune sue opinioni su quanto accaduto e che, purtroppo, non è ancora finito. Ad oggi ci pare che il Trentino, sia per quanto riguarda i decessi che per il numero di contagi, non sia in una situazione di assoluta tranquillità. Se poi teniamo conto del rapporto decessipopolazione siamo vicini ai livelli della Lombardia. Anche nel confronto con l’Alto Adige il Trentino presenta dati più preoccupanti. A suo giudizio come si può spiegare questa situazione? I dati che riferiscono ai decessi mettono in evidenza una realtà drammatica, incredibile per il sistema sanitario trentino. Emerge un quadro preoccupante che da subito avrebbe imposto un cambio di strategia, come l’Ordine aveva prontamente chiesto. Invece purtroppo si è perso tempo prezioso e non si sono messe in atto tempestivamente le misure di contenimento del virus nel Trentino rispetto alle regioni vicine in cui dilagava il contagio. Anzi quando il resto d’Italia chiudeva, il Trentino apriva ai turisti con il tutto pieno nelle stazioni invernali, quando gli altri chiudevano le scuole noi le aprivamo, si volevano i parenti nelle RSA e si tergiversava a mettere in sicurezza le strutture ospedaliere. Si preferiva proseguire con l’attività sanitaria ordinaria per non provocare allarme e paura nella popolazione quasi non si volesse prendere atto della tragedia che stava per capitarci addosso. E dire che i nostri colleghi della Lombardia ci imploravano di adoperarci perché non capitasse anche da noi quello di “tremendo” (così si pronunciavano) stava per succedere da loro. Il Trentino ha sciupato il vantaggio di tempo di ben 10 giorni, che aveva sul Veneto e la Lombardia, e la sua organizzazione ha dimostrato drammaticamente limiti evidenti. Ancora oggi non si vede purtroppo un piano strategico che abbia come scopo l’individuazione dei portatori del virus, compresi quelli asintomatici, isoli il contagio e ne tracci la diffusione. E non si comprende perché non lo si faccia, considerate le condizioni favorevoli che offre il nostro territorio, la scarsa densità antropica, la ridotta
di Ettore Zampiccoli Marco Ioppi è presidente dell’Ordine dei medici e degli odontoiatri da sei anni. Pur non essendo stato formalmente convolto nella task force creata dalla Provincia e dall’Azienda sanitaria, l’Ordine ha vigilato via via fornendo consigli e proponendo interventi ritenuti urgenti ed indispensabili. Tra l’altro ha messo in guardia sull’urgenza di una terapia pianificata con l’uso dei tamponi, prima che questi venis-
sero adottati con una certa continuità. Ha sollecitato interventi sulle Case di riposo, dove il Corona virus, ha fatto strage di anziani, ha avvertito sull’opportunità di talune terapie e medicinali in grado di frenare la malattia, ha lanciato la proposta di sistemare le persone in quarantena non nelle famiglia ma negli hotel. Sono state insomma sia per i medici che per l’Ordine giornate e settimane di grande tensione. Al protezioni, a mani nude, con le scarpe di cartone e senza elemento” - come ebbe a dire il nostro presidente nazionale - ha pagato un alto contributo in sacrifici e in morti questa sua generosità e oggi l’ipocrisia di chi si riempie la bocca con Lodi e ringraziamenti per questi eroi suona di offesa.
intensità sociale senza parlare del vantaggio che ci dà l’autonomia gestionale e di budget. Ci limitiamo a dare conto ritualmente di quello che succede con dati e percentuali quasi che dietro questi numeri non ci fossero volti, persone, tanti, troppi morti. Ad oggi 27 aprile il tasso di mortalità grezzo (per 100.000 residenti) del Trentino è di 75.22, a Bolzano il 50.83, il 27.4 nel Veneto e il 44.6 a livello nazionale. Dati impietosi per una provincia indicata sempre come esempio virtuoso in sanità. Ritiene che le misure di prevenzione adottate siano state tempestive e sufficienti o forse si poteva fare di più? La nostra è una assistenza, che è stata costruita per curare le patologie del singolo, ha perso la connotazione di sanità pubblica. Non eravamo preparati alle epidemie come se non esistessero più quando invece purtroppo ci sono e regolarmente affliggono l’umanità. Noi medici per primi abbiamo da recitare il mea colpa per non aver avvertito con la dovuta fermezza i decisori politici, per non essere riusciti a fermare il continuo definanziamento della sanità, per non condannare con determinazione anche le recenti proposte di “ efficentamento”. Ci siamo trovati con pochi posti letto di terapia intensiva (5 ogni 100.000 abitanti contro i 30 della Germania), con una medicina del territorio impoverita e l’assoluta mancanza nei depositi di dispositivi di protezione individuale (mascherine ecc.), i laboratori smantellati privi di reattivi e
magazzini vuoti di attrezzature medicali tipo saturimetri e ventilatori. Oltre ad aver ritardato a mettere in campo le misure che potevano ridurre la diffusione del contagio, non abbiamo creduto nei tamponi da estendere innanzitutto a tutti gli operatori sanitari. Proteggere loro aveva ed ha il significato di difendere chi ci può curare ed evitare che a loro volta possano diventare super diffusori del virus. Il personale sanitario ha risposto con generosità e impegno nonostante non sia stato protetto da chi lo doveva fare. “Mandato allo sbaraglio senza
Alla luce di quanto avvenuto Lei pensa che il sistema ospedaliero e sanitario del Trentino debba essere rivisto? La pandemia non lascerà il mondo come era prima e anche il sistema sanitario dovrà reinventarsi. Oltre al grande sforzo di adeguamento del sistema ospedaliero fatto che ovviamente non dovrà essere smantellato bisognerà diventare autonomi per quanto riguarda dispositivi di sicurezza e materiali medicali. Bisogna puntare sulla diagnosi con l’isolamento del virus e quindi sulla estensione a tappeto dei tamponi e dei test sierologici, Quella che dovrà essere ri-
progettata e valorizzata dovrà essere soprattutto la medicina territoriale con una maggior presa in carico del paziente a domicilio e un minor ricorso al ricovero ospedaliero. Tante complicanze dell’invenzione da Covid 19, temibili e letali, forse, si potevano e si possono evitare se i medici di medicina generale hanno la possibilità di prescrivere farmaci senza vincoli burocratici e la disponibilità di strumentazioni. Fondamentale sarà l’aiuto che darà la telemedicina per mettere in rete i servizi ed evitare quei contatti che possono favorire la diffusione del virus. Parliamo del ruolo dei medici e mi riferisco qui soprattutto ai medici di base. In un ripensamento della medicina del territorio quale potrebbe essere il loro ruolo? La medicina del territorio quindi dovrà subire una vera e propria rivalutazione e i tanti medici giovani che si
apprestano a sostituire quelli che usciranno dal sistema fanno bene sperare per il loro entusiasmo e la loro preparazione. Sarebbe pura utopia se ci aspettassimo un cambiamento del sistema solo con le loro forze. Abbiamo bisogno dell’apporto di tutti. Ogni cittadino si deve sentire protagonista di un servizio sanitario, che deve essere sentito come patrimonio di tutti, da proteggere e da utilizzare come bene prezioso solo quando vi è necessità, che non va sprecato perché possa dare a tutti quelli di cui ognuno di noi ha veramente bisogno. A suo avviso come hanno reagito i cittadini trentini, c’è stato senso di responsabilità e collaborazione col sistema medico-ospedaliero? La risposta dei cittadini è stata molto matura e responsabile. Si è assistito ad un crollo dell’utilizzo delle strutture ospedaliere come per esempio di Pronto Soccorso addirittura in alcuni casi del 60% e un ricorso agli ambulatori del MMG ( medico medicina generale ) solo per le effettive necessità. Anche questo ci deve fare riflettere e deve stimolare ad un uso appropriato delle risorse perché possano bastare per tutti.
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Le voci dei nostri studenti
Pagine a cura di Antonella Moratelli
Dalla redazione del Guetti, i posti del cuore per ricominciare a uscire di casa
Arrivare in cima
to numero il “Giornale delle Giudicarie” riserva ogni mese una sua intera pagina al o degli studenti dell’Istituto “Lorenzo Guetti”, dando loro spazio e voce. La e e tutta la redazione del Giornale attribuiscono molta importanza all’apporto di ioni, conoscenze, riflessioni e proposte che essi potranno offrire. Vi è nell’Istituto zionale ricchezza di giovani menti che, contando su uno straordinario corpo può esprimere, con conoscenza e creatività, importanti riflessioni e idee utili per omunità giudicariese, e oltre. studenti – che lasceremo riposare nel periodo estivo – potrà essere un utile o per sentirsi maggiormente partecipi e protagonisti della vita culturale e onomica della loro terra, sulla quale sapranno pure far riflettere i raggi di quegli europei e internazionali più ampi verso i quali desiderano proiettare il proprio ’iniziativa potrà pure contribuire a realizzare un ulteriore raccordo fra la stessa
In questi giorni di quarantena mi sono spesso sorpresa a guardare fuori dalla finestra e ammirare le nostre magnifiche montagne, pensando con nostalgia a tutte le escursioni, le fatiche, le risate e i paesaggi mozzafiato che le nostre Giudicarie ci offrono. Anche se amo ogni montagna, ho un partico-
lare legame con la cima di Lavanech, la mia prima cima. A quell’epoca ero piuttosto piccola, quindi, anche se il monte non è particolarmente alto, mi è sembrato veramente di aver compiuto un’impresa titanica. Ricordo perfettamente l’emozione di camminare lungo la cresta per raggiungere le croci e la felicità immensa che ho provato mentre scrivevo il mio nome sul quaderno che conservava i nomi e i pensieri di tutti coloro che prima di me erano arrivati in cima. Non vedo l’ora di poter tornare a camminare sui sentieri, di raggiungere cime e rifugi, di ammirare animali e paesaggi e di sentire quella felicità e quella libertà che solo le montagne sanno regalare. Alice Corradi
Una passeggiata sospesa tra realtà e fantasia In questi giorni di quarantena l’unica maniera per uscire di casa è usare la fantasia, ricordando i nostri posti del cuore, in cui vorremmo trovarci. Il mio posto del cuore, quello in cui non vedo l’ora di tornare non appena tutto questo sarà finito, è la passeggiata che va dal BAS (Bosco Arte Stenico) alle cascate di Stenico. Facendo questa passeggiata si passa dall’ammirare delle bellissime sculture interamente naturali al passeggiare su ponti sospesi sopra i ruscelli. Questo posto è sempre stato per me molto importante; fin da bambina, quando andavamo lì a fare le passeggiate con la scuola, a piantare gli alberi, o solo a riconoscere i diversi tipi di vegetazione, mi sembrava che quel bosco racchiudesse qualcosa di magico, come se da un momento all’altro potesse saltar fuori qualche animale, una volpe magari, o addirittura qualche elfo. Ancora adesso, quando voglio stare un po’ da sola,
il silenzio di quei posti mi rilassa, mi fa pensare, mi fa stare in pace con me stessa… Non vedo l’ora di
tornare là, per provare ancora una volta sensazioni uniche. Alba Pellizzari
Un monte di emozioni Un luogo in cui vorrei trovarmi ora è il monte di mio nonno materno. La baita si trova a pochi metri di distanza dal Santuario della Madonna del Lares, una piccola chiesetta situata circa a 3 km a monte dall’abitato di Bolbeno; è detto “del lares” perché edificato al centro di una piccola radura delimitata da larici. Fin da piccola trascorro le mie estati in questo luogo, insieme alla mia famiglia, il mio nonno, le mie zie e zii e tutti i miei cugini. La baita non è molto grande, ma questo per noi non è un problema, perché quello che a noi interessa è stare in compagnia. A noi piace recarci al Santuario e magari fermarci a giocare o semplicemente a chiacchierare.
Molto spesso andiamo anche a fare lunghe passeggiate nei boschi o ci fermiamo al fiume. D’estate trascorriamo qui tutti i giorni insieme tra risate, giochi e festa. Alcune sere ci fermiamo a cena e allora allunghiamo la giornata con musica e camminate serali. Avendo passato qui tutta la mia infanzia, un sacco di ricordi, emozioni e risate sono racchiuse in questa piccola baita; infatti resterà sempre un luogo importante nel mio cuore. In questo momento vorrei trovarmi lì con tutta la mia famiglia, nella nostra semplicità e quotidianità, che per noi erano perfette. Anna Floriani
Camminando nella storia SMaLL, acronimo che sta per “San Martino Lundo Lomaso”, un antico insediamento fortificato dei Longobardi, isolato da ogni centro abitato, in un’oasi di pace e verde. Arrivarci è molto semplice; basterà infatti arrivare a Lundo, seguire la strada per Malga Vigo e poi proseguire per il sentiero, come indicato dalla segnaletica alla fine del paese. Il sentiero è semplice, gran parte del percorso è un saliscendi tranquillo, invece l’ultimo tratto è in salita, con una pendenza abbastanza elevata. Proseguendo si inizieranno a vedere i ruderi in calcare grigio-bianco che spunta-
no dall’erba e che ci riportano a un altro tempo. Entrando nella cinta muraria, si raggiunge la sommità del dosso dove si trovano i resti della chiesetta romanica di San Martino. Ma la vista non si ferma lì, spostando lo sguardo verso la vallata ci sarà la splendida visione del Monte Misone e del Monte Cogorna, del Monte San Martino del Bleggio e delle Dolomiti di Brenta, per poi scendere verso la piana del Lomaso e del Bleggio. Questo è il mio luogo del cuore; qui andrò il giorno in cui potremo di nuovo aprirci al mondo e alle sue bellezze. Susanna Vaia
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In equilibrio La Valle di Daone nel cuore sulla mia bicicletta Se penso al fatto che l’anno scorso, in questo periodo, per me era un continuo susseguirsi di giri in bici e uscite, che andavano molto spesso anche solo da Spiazzo a Pinzolo, mi sento male. Apparentemente potrà sembrare banale, ma avere l’opportunità di allontanarmi da casa mi ha sempre aiutato ad avere un’idea, ma soprattutto una suddivisione equa del tempo da dedicare a quello che volevo e quello che invece dovevo fare. Adesso che mi è impossibile anche solo uscire di casa, ne sento la mancanza più di ogni altra cosa, tanto che ogni volta che mi capita di far cadere l’oc-
Ognuno di noi ha un posto del cuore per il quale riserva uno spazio speciale nei propri ricordi e a cui è particolarmente legato. Il mio è la Valle di Daone, luogo in cui trascorro gran parte dell’anno fin da quando sono piccola nella casa dei nonni in località Limes. Questo ambiente offre scenari spettacolari come la Val di Fumo, vero e proprio paradiso terrestre di cui è impossibile non innamorarsi. Ci sono poi le diverse malghe e i laghi alpini tra i più noti: lago Campo, Malga Nudole, Diga di Boazzo e quella di Bissina. Inoltre, Valle di Daone è una grande palestra all’aria aperta ideale per il trekking, la mountain bike, l’arrampicata sui sassi (a cui è dedicato il Boulder Park “La Plana”), la pesca, la raccolta di funghi, le scalate
sulle cascate di ghiaccio, le ciaspolate, l’alpinismo e lo sci da fondo lungo la pista “Le Brume” in località Pracul, Limes e Vermongoi. Insomma, un regno incantevole consigliato fortemente agli appassionati di fotografia come me. In queste giornate tra le mura domestiche ogni tanto torno lì con la mente, con nostalgia, per ritrovare pace e ravvivare ricordi e emozioni che custodisco gelosamente. Mi mancano i colori magnifici di ogni stagione, i profumi della natura incontaminata, i caprioli che gironzolano intorno a casa, lo scorrere del fiume e la tranquillità che domina l’intera Valle. Cara Valle di Daone, avrai sempre un pezzo del mio cuore! Matilde Armani
chio sul telaio, fermo e immobile da tanto tempo, sento la testa scoppiare. Perché, se avanzare veloce sulle ruote faceva sì che riuscissi a trovare quell’ordine che non ha mai fatto parte di me, ora che non posso muovermi, il cuore è come in sospeso. Ma, nonostante tutto, nonostante la nostalgia della normalità,continuo a sperare che, anche lontano dalla mia bici e dai miei giri in libertà, l’equilibrio del mio piccolo mondo al più presto possa tornare come prima del caos che lo ha stravolto. Sofia Surci
Un pezzo di cielo fra le montagne
Un’escursione in Val di Fumo Questo periodo di quarantena, mi ha fatto molto pensare, facendo riaffiorare in me vecchi ricordi d’infanzia, come ad esempio le gite in famiglia in Val di Fumo: la valle della mia infanzia. La Val di Fumo si estende lungo la parte superiore della Valle di Daone, tra le montagne del gruppo Adamello. Il sentiero si estende maggiormente con un basso dislivello, rendendolo percorribile anche per famiglie con bambini. Durante il cammino, si possono ammirare le acque limpide del fiume Chiese, che scorrono per gran parte del percorso. Inoltre il paesaggio è ricco di alberi e
pascoli, che rendono ancora più piacevoli le giornate trascorse in questo luogo. Ricordo che mi piaceva molto arrampicare sulle rocce che si trovavano lungo il percorso e con la mia famiglia sostavamo spesso tra i prati, per fare picnic e trascorrere tempo insieme e, nel caso di giornate soleggiate, facendo anche bagni nel fiume. Queste sono esperienze che spero di poter rivivere presto, andando,come di tradizione, con la mia famiglia oppure con degli amici, coi quali vorrei condividere tali meraviglie. Sara Nicolini
Ogni volta che io e la mia famiglia vogliamo fuggire dalla vita monotona di tutti i giorni, decidiamo di andare nella nostra piccola casa, in una località sopra Tione, chiamata Zeller. Lo chiamano monte, io la chiamo seconda casa; è come una copia di quella in cui passo tutti i giorni, solo che là, sul cosiddetto monte, ci siamo solo noi, siamo in pace e non abbiamo nessun peso delle responsabilità di tutti i giorni sulle spalle. Quella casa avrà circa 50 anni, quindi non ci sono televisione, wifi, né telefono fisso, ma comunque c’è sempre qualcosa
da fare o da ammirare. Il paesaggio che si estende davanti è solo cielo e montagne, ma questi elementi trasmettono molta pace e tanti ricordi: quando io e i miei cugini, da piccoli, andavamo alla ricerca di pigne nel bosco vicino per poi portarle dalla nostra nonna e vedere la sua faccia felice e soddisfatta nel vederci arrivare; o quando io e mia sorella ci arrampicavamo sulle rocce altissime vicino a casa...Ora, se le guardo, mi rendo conto di quanto fossi piccola, quando le definivo “altissime”. Eloisa Tisi
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La scuola in tempi di pandemia, fra vincoli e opportunità
La pandemia è una cosa grave, gravissima, importante, impegnativa, che va a condizionare la vita delle persone e delle comunità in una simbiosi che mostra come non sia possibile vivere da soli, ma che vi è bisogno dell’altro per superare le difficoltà anche se l’altro rischia di essere quello che ti condanna alla malattia, come hanno dimostrato con il loro impegno, e spesso con la loro vita, medici, infermieri, parroci. Ma il vero cambiamento è stata la “reclusione” per due mesi e le limitazioni chissà per quanto. Ci siamo accorti che questa non è vita, abbiamo scoperto la bellezza del lavoro, delle quattro chiacchiere al bar, anche di andare a scuola. Nelle difficoltà di una solitudine che dura giorni, settimane, abbiamo scoperto quanto la libertà sia preziosa nonostante la tecnologia ci metta virtualmente a contatto con tutto il mondo. La scuola ha sofferto, sta soffrendo il coronavirus specie quando deve prendere atto dell’impossibilità di scienziati, politici, tecnici di dare risposte su quando e come si ritorna sui banchi, facendo ricadere (un po’ al buio) sulle singole scuole, gli insegnati e le famiglie le gestione della formazione dei giovani e i legami che il mondo della scuola ha con molti ambiti della vita di una comunità, primo il lavoro. Per questo si parla poco di scuola nelle comunicazioni anche ufficiali e quando se ne parla si polarizzano le riflessioni o verso generalizzazioni poco comprensibili, oppure con soluzioni immediate (emotive) senza rendersi conto delle ripercussioni sulla vita delle persone e del contesto sociale. In questo quadro serve forse un po’ di calma e pazienza cercando, in un’analisi serena, di mettere a fuoco vincoli ed opportunità che l’esperienza covid19 ci sta facendo sperimentare, al fine di prepararci ai scenari possibili per il futuro. Con queste premesse mi permetto di proporre alcuni pensieri, nella speranza che aiutino il lettore a meglio discernere gli spazi in cui stiamo vivendo il
di Tiziano Salvaterra In tempi di pandemia il pericolo maggior è di semplificare le situazioni che invece sono molto complesse ed articolate. È un rito che si riscontra quotidianamente anche sui media, dove ogni categoria, soggetto, territorio, pensa di essere al centro del sistema e chiede benefici in prevalenza per sé, senza capire le conseguenze che ogni
scelta comporta su tutto il sistema ora ed in futuro. Personalmente non piace molto il linguaggio catastrofistico, apocalittico, utilizzato in questi mesi dove ognuno porta soluzioni e se ha responsabilità delibere, leggi, provvedimenti, generando una confusione istituzionale ed alimentando la paura nella gente.
tema scuola anche nelle nostre piccole comunità. La conoscenza è vita e deve essere un diritto garantito a tutti. La scuola manca a tutti : ai ragazzi che si rendono conto del tempo eccezionale, vissuto all’inizio con stupore ed entusiasmo che un po’ alla volta hanno ceduto il passo alla nostalgia ed alla solitudine; ai genitori che si trovano in difficoltà (perché si sentono impreparati) a fare da supporto alle lezioni virtuali; agli operatori presi dalla docenza on line che comunque rappresenta uno strumento didattico ma che impedisce la relazione viva, quella che si tocca con mano; alla comunità con tanti spazi vuoti fino a ieri vissuti da ragazzi che entrano ed escono dalle scuole, invadono le strade e le stazioni. La tecnologia ci aiuta ma non basta. Non vi è dubbio che la tecnologia ha dato una grande mano alla didattica in questi mesi e sicuramente lo darà in futuro. Anche i più scettici hanno dovuto arrendersi e costatare che gli strumenti multimediali sono di grande aiuto, che bisogna impegnarsi per saperli utilizzare a tutte le età. Ma ciò non basta; la conoscenza ed i processi educativi e formativi passano attraverso la relazione calda, il contatto con l’ambiente, la manipolazione dei materiali, l’esperienza critico-costruttivo del dialogo, le interazione fra tutti coloro che sono a diverso titolo coinvolti nel percorso formativo, dalla dirigenza, al corpo insegnati, al personale di supporto, al mondo della famiglia, agli studenti che sono il cuore ed il fine dell’azione formativa. I bisogni sono diversi a seconda del ciclo di vita. Questa esperienza ha anche insegnato come le attività educative-formative, pur nell’unitarietà di
intenti ed obiettivi legati alla crescita delle persone, presentano specificità diverse a seconda dell’età e del ciclo di vita. La prima infanzia fino alla scuola materna è diversa dalle scuole elementari che a sua volta sonio diverse dalla scuola media e cosi via per tutti gli altri gradi fino all’università. Servono modelli formativi diversificati, in grado di saper affrontare anche situazioni delicate e contingenti. Pertanto le risposte anche di riapertura non possono essere generalizzate proprio perché le condizioni strutturali, di servizio e di persone coinvolte sono diverse. Serve uno sforzo organizzativo e nella didattica che trova già delle sperimentazioni virtuose che vanno valorizzate senza paura del cambiamento. Sappiamo che i servizi all’infanzia sono fortemente legati alla vita familiare ed in un momento dove sono sconsigliati i rappor-
ti nonni-nipoti, la chiusura costringe le mamme a casa tornando indietro di decenni; nelle scuole elementari obiettivamente è difficile ( e forse anche non sempre adatta) la didattica a distanza, cosa che in parte vale anche per le scuole medie; nelle scuole professionali, basate su un processo che dall’applicazione porta ai concetti viene a mancare un presupposto base dell’apprendimento, i laboratori, per cui si rischia di trasformarle in una specie di scuola superiore snaturando la mission e l’identità; il mondo delle superiori forse è quello che soffre meno la situazione, interessando generazioni nate con il digitale in mano. Semmai il problema è di avere le condizioni per poterlo utilizzare cioè strumenti adeguati e una rete web che regga rispetto ad una accelerazione di richieste. L’imprevedibile
va ge-
stito e non subito. Questo è un tratto che abbraccia tutti; abbiamo sperimentato la fragilità di un sistema mondiale che pensava di essere sulla strada del governo completo del pianeta e si è trovato nudo di fronte alla reazioni della natura. Questo vale anche per il sistema educativo - formativo che si vede interrogato sull’attuale standardizzazione dei modi di fare scuola che hanno bisogno di essere adattati alle caratteristiche del territorio, garantendo autonomia e flessibilità pur nel rispetto di linee guida nazionali che garantiscono a tutti uguali opportunità; sulla possibilità di valorizzare tutti i talenti, specie di coloro che fanno fatica o non hanno le possibilità economiche per seguire i propri sogni; l’utilizzo della tecnologia come strumento e non come fine che non va demonizzato ma nemmeno considerato la risposta a tutti i problemi della scuola; i contenuti ed i programmi fermi, specie nei ciclo superiori, da troppo tempo. La pandemia ha evidenziato la necessità, manifestata anche dagli interessati, di preparare cittadini attivi, responsabili e solidali in grado di fare comunità, di stringersi nei momenti di difficoltà perché le leggi i decreti del Presidente
del Consiglio da soli non possono reggere a lungo; l’obbedienza senza la responsabilità nel tempo genera rivolta sociale e frantumazione. Ma l’obbedienza è un fattore giuridico che compete alla politica ed all’amministrazione, mentre la responsabilità è una dimensione etica che appartiene alla cultura delle comunità ed alla sensibilità personale. La scuola, fin dalla prima infanzia, deve aiutare le persone ad orientarsi nell’etica della responsabilità che non è automatica ma deve avere metodo, conoscenze, capacità critica e relazione con l’altro. Non è sufficiente la volontà dei singoli istituti (pur nobile) o di qualche docente (testimone) serve qualche cosa di strutturale, di programmatico, di normativo. Cosa accadrà quest’autunno? Nessuno ha una risposta certa. Credo tuttavia che si dovrà riprendere con le dovute preoccupazioni, ma anche con la fantasia di individuare nuove modalità di fare scuola, capaci di coniugare i vincoli dettati dalla sicurezza ma anche le esigenze delle famiglie ed il bisogno di recuperare il tempo che involontariamente si è perso in primavera. Agli istituti ed a tutti coloro che operano nella scuola bisognerà chiedere un surplus di impegno e di utilizzare tutte le competenze ( e sono tante) sia organizzative che didattiche, per sperimentare cose nuove nella consapevolezza che non si torna indietro, anzi ci dovrà essere una accelerazione nel cambiamento. Ed alle famiglie viene chiesto un ruolo attivo e propositivo di collaborazione e di partecipazione evitando critiche o proposte semplici poco adatte al governo di un sistema complesso. Non ci sarà la soluzione miracolistica che vale per tutti, ma tante piccole azioni di miglioramento che aiuteranno il sistema scolastico a fare un piccolo passo in avanti, nell’aiutare bambini, ragazzi, giovani a meglio comprendere questo nostro tempo affasciante ma anche tanto impegnativo.
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Cifre da capogiro per le strutture giudicariesi
L’affare delle malghe Un bel balzo, se si pensa che fino a qualche anno fa le tre malghe (che sono raggiungibili con parecchie difficoltà) venivano affittate insieme per la modica cifra di 6.000 euro. Poche settimane dopo è toccato alla Comunità delle Regole di Spinale e Manez mettere all’asta in rapida successione le malghe Boch, Fevri e Montagnoli. Per questioni logistiche riusciamo a parlare solo di Boch per dire che è stata aggiudicata all’azienda di Maurizio Polla (omonimo dell’ex sindaco di Caderzone), allevatore di qualità, che ha vinto l’appalto mettendo un euro sopra i 38.500 della base d’asta: 38.501 euro all’anno per due anni, raddoppiabili a quattro. Il che potrebbe significare per le casse delle Regole 150.000 euro fra il 2020 ed il 2023. Come mai questa corsa al rialzo dei prezzi? Non è casuale, ovviamente. Alla base c’è la convinzione dei proprietari delle malghe (Comuni, Regole, Asuc) che gli allevatori riescano a portare a casa fra premi, titoli ed incentivi (europei, nazionali e provinciali) le cifre sufficienti per pagare le malghe. “Se possono pagare, perché non farli pagare? Sarà ben meglio questa è la teoria - che quel denaro finisca nelle tasche di realtà pubbliche, piuttosto che ingrassare imprenditori privati”. Peraltro non tutte le ciambelle escono con il buco, come si dice. Nella vicina val di Sole, ad esempio, il Comune di Cavizzana ha appaltato malga Cortinga con la ricca base d’asta di 46.800 euro,
di Giuliano Beltrami Le malghe sono balzate agli onori delle cronache da qualche settimana, in particolare quelle della Rendena. Motivo: le gare d’appalto per l’affitto stagionale. Accade che i proprietari di malghe e pascoli si sono resi conto di avere dei piccoli tesori da sfruttare, e li sfruttano. Ha aperto le danze in marzo l’Asuc di Mortaso, che ha messo all’asta tre malghe: Casinèla Camac (andata all’Azienda agricola Ginòta di Pinzolo per 3.200 euro,
a fronte di una base d’asta di 2.000 euro); Val Germénega (aggiudicata all’Azienda Scarazzini di Pelugo per 16.600 euro a fronte di una base d’asta di 4.500); Val Siniciaga (assegnata all’Azienda agricola Maffei Fabio di Pinzolo per 9.200 euro contro una base d’asta di 4.500). In totale l’Asuc porta nelle proprie casse 29.000 euro.
il che (considerato che andava all’asta per sei anni) avrebbe portato in cassa 280.800 euro. A chi faceva notare l’esosità del prezzo, il sindaco rispondeva: “Non siamo strozzini. Abbiamo calcolato che si può fare, anche sulla base di esperienze a noi vicine”. Sta di fatto che la gara è andata deserta. La storia Per secoli la gestione delle malghe è stata una delle colonne su cui si reggeva l’economia alpina. In una società chiusa dentro gli angusti confini del paese o al massimo della valle la nomina dei capi-malga, la scelta degli operai, l’asta per la vendita del burro o per l’affidamento del trasporto della merce fra le malghe ed il paese rappresentavano eventi attesi. Andiamo addirittura oltre: costituivano una specie di rito da cui dipendevano fette di polenta che le famiglie potevano mettere in tavola. E la malga era un microcosmo con ruoli precisi e rispettati. Tanto per fare un esempio, prendiamo il basso Chiese, ma con termini diversi la situazione si ripeteva. C’erano il ‘vachèr’, il ‘sotvachèr’, il ‘fatüt’, il ‘maus’, il ‘casèr’ e lo ‘scocia’. “Quest’ultimo - ci raccontava un giorno un ex presidente di caseificio - faceva il fiorin e le puine, le ricotte che veni-
vano affumicate e messe all’asta”. Un altro rito era legato alla manutenzione della malga e della strada di accesso, che era affidata ai proprietari del bestiame, i quali (detta in soldoni) volontariamente provvedevano alla sistemazione. Altri tempi? Non c’è dubbio: altri tempi. La realtà In 20 anni dal 1990 al 2010 gli ettari a prato son passati in Trentino da 37.761 a 20.367, in favore di colture frutticole e orticole. In 40 anni prezzo del latte costante, ma aumento di costi. Risultato: riduzione delle piccole stalle a favore di quelle grandi; “pesce grosso che mangia il piccolo”. Senza sostegno pubblico le aziende zootecniche di montagna non riuscirebbero a coprire i costi strutturali, alimentari, ammini-
strativi e coatti e sarebbero tutte destinate a chiudere. Il carico bovino di riferimento per ettaro di superficie nelle condizioni ideali è pari a 4 capi adulti (UBA) per ettaro, sostenibile solo in pianura con lavorazioni meccanizzabili e stagioni lunghe e favorevoli. In montagna carichi di questo tipo creano forti squilibri, sia per gli approvvigionamenti di foraggi che per lo smaltimento delle deiezioni, esubero inquinante e male sopportato dall’opinione pubblica. Le misure di sostegno alla zootecnia Carico di UBA allevati per ettaro: 2,3 per il premio di sfalcio che in base a questo parametro può variare da 180 a 330 euro l’ettaro con importi superiori per il biologico; 1,6 UBA/ettaro massimi per il premio di alpeggio, pari a 70 o 90 Euro l’ettaro; 2,5 UBA/ettaro massimi per il premio
di salvaguardia della biodiversità (200 Euro a capo di razza Rendena); 4 UBA/ ettaro massimi per l’indennità a favore delle zone svantaggiate (massimo 600 UBA/ettaro), con degressione del valore al crescere delle aziende. L’ammontare globale di queste misure porta all’azienda un’entrata aggiuntiva per litro di latte stimabile in una forbice tra i 25 e i 40 centesimi al litro e i valori più alti in relazione al litro di latte sono riferibili alle aziende meno intensive e di dimensione medio-piccola. Ma la enorme superiorità in termini numerici delle aziende grandi e intensive domina facilmente su quelle di piccole dimensioni. Nelle nostre vallate le aziende con maggior disponibilità di terra e di mezzi tecnici lavorano al massimo 40/50 ettari a prato, talvolta con mandrie
molto sovradimensionate rispetto alle superfici disponibili e allevate in stalle “troppo grandi”. Ne consegue un ingente acquisto di foraggi dalla pianura e una sovrabbondante produzione di deiezioni. L’azienda con 160 UBA su 40 ettari di prato ha un carico aziendale di 4 UBA/ ettaro, quindi non potrebbe accedere a sostegni se non aumentando la superficie disponibile, obiettivo raggiunto affittando pascoli (malghe). Ogni bovino adulto alpeggiato fa aumentare di 0,4 ettari la superficie aziendale e quindi la disponibilità della malga e l’alpeggio di parte o di tutta la mandria concede all’azienda intensiva il diritto di accedere alle misure di sostegno. A conti fatti, la disponibilità della malga consente all’azienda di portarsi a casa oltre 140.000 euro l’anno in premi. I dati sono pubblici e rintracciabili in rete, perciò le Amministrazioni possono farsi valere nei confronti degli gli allevatori carenti di terra. Gli affitti tenuti alti diventano quindi una partita di giro dallo Stato alle Amministrazioni pubbliche, gioco favorito dagli allevatori che partecipano alle aste con cifre strabilianti. A questa partita di giro si prestano le aziende intensive con poca terra costrette ad alpeggiare.
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Borgo Lares
Attualità
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Medici di famiglia, rivoluzione da Covid-19 Quando e come ha capito che era arrivato qualcosa di diverso dalla solita influenza? Dal mese di gennaio si sono notate delle forme respiratorie persistenti che con il senno di poi potevano essere ascritte all’arrivo della nuova virosi. Dal 22 febbraio con i primi focolai virali a Codogno e Vo Euganeo, anche da noi abbiamo iniziato a filtrare le forme febbrili respiratorie influenzali, consigliando i malati febbrili a non venire in ambulatorio o ad andare al pronto soccorso, invitandoli a fare un triage telefonico con il proprio medico di medicina generale. Quando è scoppiata l’emergenza, come è cambiato il vostro lavoro? Il mio lavoro è radicalmente cambiato. Si è contratta molto l’attività ambulatoriale che si effettua solo su appuntamento e per casi selezionati, evitando di far incontrare i pazienti nella sala d’aspetto; sono stati sospesi gli ambulatori ad accesso libero, e la gran parte del tempo è stata occupata a mantenere un filo diretto telefonico con i malati e i loro familiari, monitorando i parametri rilevabili a domicilio (febbre, pressione arteriosa, frequenza cardiaca e respiratoria) e le modificazioni della tosse e del respiro, per anticipare il peggioramento clinico determinato dalla polmonite virale che inevitabilmente imponeva il ricorso al Pronto Soccorso , previa eventuale visita domiciliare non sempre necessaria, per gli accertamenti ematici e radiologici e l’esecuzione del tampone. Quali sono state all’inizio le vostre maggiori difficoltà? Le difficoltà iniziali sono state legate soprattutto alla altissima contagiosità del corona virus, per la quale visto il rischio di contrarre il virus e di diventare a propria volta diffusore di contagio, nel caso sospetto la visita domiciliare viene svolta secondo un protocollo che prevede l’uso di DPI (dispositivi di protezione individuale: mascherine filtranti, occhiali, camice
di Chiara Garroni Abbiamo sentito il dottor Ivan Mussi, il più anziano in termini di servizio dei medici di famiglia che lavorano a Tione, per avere la testimonianza di un professionista che si è trovato,
come i suoi colleghi, in prima linea nell’affrontare la pandemia di Covid19.
monouso e guanti) che non sempre all’inizio si avevano a disposizione. Lei è riuscito a trovare mascherini e dispositivi? Sì. Sulla scorta di quanto stava succedendo nella vicina Lombardia, con presidi fai da te (tute integrali in uso in agricoltura, guanti e mascherine filtranti idonee donatemi da un assistito) che nelle visite domiciliari hanno svolto la loro funzione, con il Kit messo a disposizione dal Distretto. Per fortuna rispetto ai colleghi lombardi (molti medici di medicina generale sono tra i numerosi medici deceduti tutt’oggi a causa del corona virus), ho avuto il tempo di prepararmi e non mi sono trovato ad affrontare i primi casi a mani nude. Come hanno reagito i suoi pazienti? Bene, gli assistiti che ho in carico hanno accettato di buon grado il monitoraggio telefonico remoto, hanno seguito i consigli terapeutici telefonici dati per monitorare il quadro clinico, hanno usato il saturimetro che prestavo per qualche giorno, per misurare la quantità di ossigeno nel sangue, e non si sono precipitati in ambulatorio o al Pronto Soccorso ai primi sintomi. Ed ora quali sono i problemi? Il disagio maggiore che tutt’ora persiste è legato al fatto che il medico di famiglia è deputato solo all’aspetto clinico della patologia, mentre l’ambito preventivo ed epidemiologico viene svolto dal servizio di igiene e prevenzione, che dispone la quarantena e gli isolamenti fiduciari, stabilisce a chi fare i tamponi di verifica, ecc. E’ complicato capire al telefono se uno ha una semplice influenza, allergia o Coronavirus? La difficoltà maggiore sta nel fatto che la virosi da corona virus si presenta con sintomi simil influenzali. I primi casi di corona virus
sono arrivati proprio nel periodo in cui l’ influenza non era ancora esaurita. Per cui per una corretta diagnosi si sarebbe dovuto fare un tampone per la ricerca del coronavirus a tutti i malati che presentavano sintomi influenzali . Ma ciò per esigenze logistiche non è stato possibile. La scelta fatta nella nostra provincia è stata quella di fare i tamponi solo ai casi gravi che giungevano in PS con verosimile polmonite. Sul territorio all’inizio sono stati fatti pochissimi tamponi mirati. Poi è cambiata la strategia? Dalla metà di marzo tutte le febbri sono state considerate Sospetto COVID , soprattutto se accompagnate a tosse secca, rinite, mal di gola, e con altri sintomi come riduzione dell’olfatto, del gusto, congiuntiviti. I casi sono stati segnalati ad un Centro di sorveglianza centrale che disponeva la quarantena dei malati e l’isolamento fiduciario dei contatti, delegando il Distretto locale alla ulteriore sorveglianza, con non pochi problemi logistici e di comunicazione reciproca connessi. Si capirà meglio in futuro con l’esperienza maturata se si poteva fare meglio . Ora siamo ancora nella fase del work in progress. Fra i suoi assistiti ha avuto molti malati di Covid?
Ed erano soprattutto anziani? La diagnosi corretta la si ha solo col tampone, io posso dire di avere avuto tra i miei assistiti una sessantina di casi sospetti Covid, la stragrande maggioranza trattata a domicilio. Ma io ho avuto pochi casi di anziani contagiati sul territorio. Ritengo che la vaccinazione anti influenzale che viene fatta da gran parte dei miei assistiti sopra i 65 anni , abbia svolto una funzione protettiva. Ha avuto paura? Naturalmente mai avrei pensato trent’anni fa al momento della laurea, che nel 2020 mi sarei trovato nelle condizioni dei medici che nel 600 curavano la peste di manzoniana memoria, a mani nude e senza terapia a lottare contro un nemico invisibile. La paura all’inizio ha fatto capolino ma era
soffocata dal sentimento di incredulità che stavamo collettivamente vivendo. Mi sono sentito nell’incertezza del vivere come quella che prova un soldato in trincea , ma mi consolavo pensando ai miei colleghi ospedalieri davvero sul fronte in prima linea. E’ stato contattato da persone con attacchi di ansia o depressione? In queste ultime settimane sono cresciute le forme di ansia e depressione nei soggetti più deboli e predisposti, legati alle restrizioni e alla preoccupazione per il futuro. Alla fobia da Covid hanno contribuito molto anche tutti i numerosi esperti che appaiono quotidianamente in televisione che affermano tutto e il suo contrario !!! Cosa chiederebbe ora ai responsabili della Sani-
tà? Penso che vada ripensata e rinforzata l’organizzazione della sanità sul territorio, creando una rete con nodi più solidi degli attuali . Al momento si lavora per comparti stagni , ognuno nel proprio ambito con difficoltà a comunicare tra i diversi servizi sparsi sul territorio, la medicina generale e la continuità assistenziale, i servizi di base, l’igiene e la prevenzione da anni sempre più sguarniti. Manca una regia che detti la linea , soprattutto nei momenti straordinari e di difficoltà come quello che stiamo attraversando. L’ospedale da questo punto di vista ha cambiato pelle in 24 ore , rispondendo rapidamente agli eventi. Ma lì è più facile perché da sempre c’è una gerarchia consolidata in reparti che facilita l’organizzazione. Come vede la fase 2 ? La fase 2 segnerà il periodo di convivenza con il virus. Si dovranno mantenere le distanze tra le persone soprattutto nei luoghi chiusi prevedendo all’occorrenza l’uso della mascherina. All’aperto la mascherina non serve se si mantengono le distanze interpersonali. Ma soprattutto sarà importante cambiare strategia. Il tampone per la ricerca del virus andrà fatto subito ai primi sintomi di contagio in modo da isolare il malato e i suoi contatti ed impedire la diffusione virale nella popolazione .
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Si tratta infatti di percorsi formativi gratuiti online rivolti ai membri delle associazioni di volontariato operanti sul territorio, con l’obiettivo di fornire loro un supporto formativo e strumenti conoscitivi utili per migliorare il loro operato. I corsi , attivati anche in collaborazione con la consorella Adamello, in una prima fase erano stati programmati nella classica modalità “fisica” e successivamente convertiti nella versione “on line”: la volontà è quella di continuare a fare “la Cassa Rurale” nonostante l’emergenza Covid, dando così anche un messaggio di incoraggiamento alle tante associazioni di volontariato del nostro territorio, perché possano trovare nuove modalità per continuare ad animare le nostre comunità. “Associazione in Formazione” offre 8 percorsi formativi, che approfondiscono diversi aspetti legati all’attività di un’associazione. Infatti, in considerazione dei provvedimenti adottati per il contenimento dell’emergenza sanitaria in corso, i percorsi formativi verranno svolti totalmente online. Per partecipare al webinar gli iscritti dovranno dunque disporre di un’adeguata connessione internet ed essere muniti di computer o tablet. Il corso Bandi E Finanziamenti Per Il No Profit offre una panoramica delle fonti di finanziamento esterne esistenti e un kit di strumenti pratici per cogliere efficacemente queste opportunità. Dall’altra parte un’associazione può anche attivare in autonomia una raccolta fondi, per questo il corso Costruire Una Raccolta Fondi Online fornisce un’analisi degli elementi e degli strumenti concreti per costruire e gestire una campagna di raccolta fondi online: sito web, attivazione
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Con la Cassa Rurale, formazione online per le associazioni del territorio “Associazione In Formazione” è il nome dell’iniziativa promossa dalla Cassa Rurale Giudicarie Valsabbia Paganella, che ancocampagne crowdfunding, social network, newsletter e 5xmille. Per fornire un supporto operativo in tema di organizzazione di eventi si propone il corso Organizzare Un Evento, che fornisce indicazioni su come pianificare gli aspetti logistici di un evento, coinvolgere la comunità e le realtà territoriali, definire il budget e monitorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati. Complementare al precedente è il corso Comunicare il volontariato, che si concentra sull’opportunità di comunicare l’attività di volontariato in maniera efficace, facendone emergere la distintività e la coerenza con gli obiettivi e i valori dell’associazione. A grande richiesta è stato previsto anche il corso di HACCP, che affronta sia dal lato teorico che pratico i temi della preparazione e della somministrazione di alimenti secondo gli standard di sicurezza delle attuali normative. Poiché il compito di stabilire il modo in cui questa formazione viene organizzata è affidato alle regioni, sono previste date diverse per le associazioni operanti in provincia di Trento e di Brescia. A fine corso sarà rilasciato a tutti i
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11 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 22 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00
4 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 7 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00
Panoramica delle fonti di finanziamento esistenti e kit di strumenti pratici per cogliere efficacemente queste opportunità
Pianificare la comunicazione della propria attività in maniera efficace, facendone emergere la distintività e la coerenza con gli obiettivi e i valori dell’associazione
Analisi degli strumenti per costruire e gestire una raccolta fondi online: sito web, siti per attivazione campagne web, social, newsletter, 5xmille
RIFORMA DEL TERZO SETTORE CORSO 1: 15 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 CORSO 2: 29 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 Norme in vigore, prossime novità, scadenze, procedure, sanzioni, aspetti fiscali, amministrativi e contabili alla luce della Riforma
PROVINCIA DI TRENTO
ORGANIZZARSI IN ASSOCIAZIONE E GESTIRE RIUNIONI E ATTIVITÀ
CORSO 1: 18-25 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00
14 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 26 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00
HACCP
CORSO 2: 12-19 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00
PROVINCIA DI BRESCIA CORSO 1: 18-19 MAGGIO dalle 18.00 alle 20.00
ORGANIZZARE UN EVENTO dalla A alla Z
CORSO 2: 8-9 GIUGNO 2020 dalle 18.00 alle 20.00
21 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 28 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00
Teoria e pratica della preparazione e della somministrazione di alimenti secondo gli standard di sicurezza delle attuali normative. Ai partecipanti sarà rilasciato un attestato di partecipazione
Pianificare gli aspetti logistici di un evento, coinvolgere la comunità e le realtà territoriali, definire il budget e monitorare il raggiungimento degli obiettivi prefissati
Dall’organizzazione di riunioni all’assegnazione di compiti interni e realizzazione delle attività, scopriremo strumenti e metodi pratici per gestire risorse, budget e scadenze
INTELLIGENZA EMOTIVA E COLLABORAZIONE INTERNA 27 MAGGIO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 3 GIUGNO 2020 dalle 18.00 alle 20.00 Allenare l’intelligenza emotiva per costruire relazioni di qualità può aiutarci ad agire in modo intenzionale e allineato agli obiettivi del gruppo, nel rispetto delle singole individualità
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partecipanti un attestato di frequenza. Altro corso dai temi molto attuali è quello su La Riforma Del Terzo Settore, che riassume norme in vigore, prossime novità, scadenze, procedure, sanzioni, aspetti fiscali, amministrativi e contabili alla luce della Riforma. Per quanto riguarda gli aspetti interni di gestione di un’associazione, si propone il corso Organizzarsi In Associazione e Gestire Riunioni e Attività che esamina le modalità di assegnazione dei compiti e realizzazione delle attività, fornendo strumenti e metodi pratici per gestire risorse, budget e scadenze. Ultimo, ma certo non per importanza, il corso Intelligenza Emotiva e Collaborazione Interna che mira ad allenare l’intelligenza emotiva dei volontari per aiutarli a costruire relazioni di qualità, agendo in modo intenzionale ed allineato agli obiettivi del gruppo, nel rispetto delle singole individualità. Per conoscere date, orari e per compilare il form di iscrizione ai percorsi formativi visita i siti www.lacassarurale.it e www.cradamello.it. Per qualsiasi altro dubbio l’Ufficio Relazioni resta a disposizione all’indirizzo mail relazioni@lacassarurale.it e ai numeri 0465 709 383/360.
Latte fresco, la vicenda arriva in Parlamento Sergio Paoli: “Un agguato alle piccole aziende locali che producono alta qualità” “Un agguato alle piccole aziende locali che producono latte di alta qualità, un prodotto che solo l’Italia ha e tutti ci invidiano. Le multinazionali provano ad approfittare di questo momento particolare per fare una cosa che da tempo vogliono fare, ovvero annientare le piccole produzioni arrivando ovunque”. È drastico e durissimo Sergio Paoli, direttore di Latte Trento, sulla proposta lanciata da Granarolo di allungare a dieci giorni (invece dei 6 attuali) la scadenza del latte fresco, giustificata dalla multinazionale per bloccare l’emorragia delle vendite del periodo Covid-19. “È ovvio che con bar, hotel e ristoranti chiusi le vendite del fresco siano crollate - ribadisce Paoli - noi abbiamo perso
il 35%, ma la gente tornerà a comperare fresco. Allungare la data di scadenza permetterà a tedeschi, francesi, austriaci di invadere il mercato avendo qualche giorno in più per raggiungere zone dove ora non riescono ad arrivare in sei giorni. Sarebbe il funerale di un prodotto di altissima qualità, che porta benessere a tante piccole aziende di montagna, un prodotto tradizionale che verrebbe snaturato completamente da sistemi di produzione che non hanno niente a che vedere con quelli che si usano oggi per produrre il latte fresco, vicinissimo per caratteristiche al latte crudo, lavorato pochissimo, molto genuino”. Mentre si alzano gli scudi in difesa del latte fresco come lo conosciamo oggi,
è approdata in Parlamento, all’attenzione della ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova, la proposta di Granarolo. «Il il dibattito si è acceso ora in modo forte per il calo del 25% della vendita di latte fresco - spiega l’onorevole Emanuela Rossini - ma il tema non è nuovo. La richiesta delle multinazionali se ne parla da un anno, considerando che per la legge 169 del 1989 l’Italia è l’unica che ha una scadenza così breve. L’Unione Europea lascia libera scelta ai produttori. Nel 2017 si è riusciti ad imporre l’esplicitazione dell’origine del latte, per tutelare prodotti locali e filiere produttive perché è un prodotto legato al territorio. Ho avuto occasione di parlare con la ministra Bellanova e lei mi ha con-
fermato che c’è un’istruttoria in atto al ministero per considerare la richiesta delle multinazionali capendo bene cosa c’è in ballo. In questo momento quindi siamo in questa fase di studio. Io ho raccolto la preoccupazione dei produttori trentini, altoatesini e veneti e il rischio di vedere compromessa la qualità del prodotto. C’è anche da dire che non c’è stato spreco del latte fresco invenduto, la stessa ministra ha confermato che sono stati investiti 6 milioni per i fabbisogni dei più bisognosi e tutto il latte fresco invenduto è andato in questa direzione. Bisogna mettere sul tavolo il rischio di perdere una qualità e un esclusività di un mercato territoriale come quello del latte fresco ed è quello che
mi sono impegnata a fare con i produttori locali». Quei quattro giorni in più richiesti dalla multinazionale le permetterebbero di raggiungere scaffali dove normalmente, in sei giorni, non riescono ad arrivare: una batosta per allevatori, piccole e medie aziende locali, oltre alla fine di un prodotto come il latte fresco di alta qualità che è una produzione squisitamente italiana. Così sicuramente la pensa il direttore di Latte Trento che ha lanciato l’allarme: “Si vuole chiamare latte fresco un prodotto che non lo è, sottoposto a temperature e lavorazioni che nulla hanno a che fare con il latte come viene prodotto dalle nostre stalle - argomenta Paoli nelle quali peraltro abbiamo avviato un percorso di
qualità elevatissimo. Per fare un esempio sono stati tolti i mangimi Ogm. Davanti ad un prodotto che è un alimento eccezionale, unico, che nessun Paese europeo può vantare, rischiamo di aprire le porte a prodotti mediocri provenienti da altri Paesi che al consumatore verrebbero presentati alla stregua del nostro. Un provvedimento del genere ucciderebbe una tradizione italiana e mi posso solo augurare che la ministra Bellanova capisca il grande pericolo che corre il latte fresco, a tutti gli effetti simbolo del made in Italy”. I produttori altoatesini e veneti si sono uniti a quelli trentini chiedendo a Bellanova di negare il suo assenso alla proposta di Granarolo. Denise Rocca
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Le Giudicarie in numeri
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Sanità. Posti letto, ricoveri, giorni di degenza a cura di Virginio Amistadi
In questo periodo siamo stati bombardati da informazioni e dati numerici relativi alla diffusione del di Covid19 che francamente, per quanto mi riguarda, hanno suscitato più di una perplessità. In nessun caso, nella storia dell’umanità sono state segregate in casa 3 miliardi di persone a fronte di 224.000 morti (WHO Report Report Ad ogni modo, esistono dati statistici ben strutturati che possono far comprendere la gravità del fenomeno Covid-19 dal punto di vista ospedaliero. Vista la natura locale di questa rubrica, faremo riferimento ai dati del Sistema Ospedaliero Trentino con un focus specifico sui dati dell’Ospedale di Tione. I dati utilizzati non comprendono tutta la parte relativa a personale medico e paramedico, attrezzature mediche, e organizzazione dei servizi ma rendono un’idea ben precisa delle variabili in gioco. I sistemi ospedalieri sono organizzati secondo parametri stringenti che negli anni hanno portato ad una ottimizzazione estrema delle risorse che vengono costantemente monitorate attraverso una serie di indicatori standardizzati. Alcuni risultano di facile comprensione; il numero di ricoveri, il numero di posti letto, la durata media della degenza. Altri sono più complessi e per la lettura delle tabelle proposte di seguito vanno spiegati. Il Tasso di utilizzo, indica le giornate di degenza effettivamente coperte rispetto alle giornate di degenza teoricamente possibili. L’intervallo di turnover è il periodo di tempo che intercorre tra la dimissione di un paziente e la successiva ammissione di un altro paziente. L’indice di rotazione annuo, indica il numero di pazienti che ruotano sullo stesso letto in un anno e rappresenta una misura dell’intensità d’uso di un posto letto. Nel 2018 i ricoveri complessivi in Provincia di
- 102). I morti di malaria solo nel 2018 sono stati 400.000. Questo non per sminuire la complessità del problema ma per evidenziare come le cifre in ballo siano ad oggi poco affidabili in quanto probabilmente non sono ancora stati formalizzati i criteri di raccolta e classificazione corretta dei casi.
invece ad un drastico taglio dei posti letto che in meno di 20 anni sono stati dimezzati da 122 a 61. A livello di indicatori il taglio è stato attuato probabilmente per allineare, correttamente, l’intervallo di turnover, passato da 3,6 a
tura). Il caso dell’Ospedale di Tione fa ben comprendere quali siano state le complessità organizzative, a livello di sistema per gestire un’emergenza medica come COVID19 quando nei territori periferici non esiste un numero
NUMERO RICOVERI, NUMERO POSTI LETTO, DEGENZA MEDIA, TASSO DI UTILIZZO DEI POSTI LETTO, PRESENZA MEDIA GIORNALIERA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO PER ANNO Anno Numero posti letto Numero ricoveri Degenza media Tasso di utilizzo Intervallo di Tasso di rotazione Presenza media dei posti letto turnover giornaliera 2000 2.887 102.283 8,1 79,0 2,2 35,4 2.280,4 2010 2.416 96.400 7,4 81,0 1,7 39,9 1.957,6 2018 2.143 81.258 7,9 82,5 1,7 37,9 1.768,8 Dati elaborati - Fonte: http://www.l4s.ispat.provincia.tn.it NUMERO RICOVERI, NUMERO POSTI LETTO, DEGENZA MEDIA, TASSO DI UTILIZZO DEI POSTI LETTO, PRESENZA MEDIA GIORNALIERA OSPEDALE DI TIONE DI TRENTO PER ANNO Anno Numero posti Numero rico- Degenza media Tasso di utilizzo Intervallo di Tasso di rotaPresenza media letto veri dei posti letto turnover zione giornaliera 2000 122 4.368 6,6 64,8 3,6 35,8 79,1 2010 84 3.481 5,5 62,5 3,3 41,4 52,5 2018 61 2.738 6,5 79,5 1,7 44,9 48,5 Dati elaborati - Fonte: http://www.l4s.ispat.provincia.tn.it Trento sono stati 81.258 con una presenza media giornaliera nelle strutture ospedaliere di 1.768 degenti. In meno di 20 anni si può notare come il numero di ricoveri annuo sia diminuito di circa 21.000 unità con una riduzione di 744 posti letto. Nello stesso periodo si è svolta una ottimizzazione spinta di tutti gli indicatori con un tasso di utilizzo dei posti letto dell’82,5%, una degenza media di 7,9 giorni e un turnover tra dimessi e ricoverati inferiore ai 2 giorni. Con questi livelli di ottimizzazione, sicuramente encomiabili e virtuosi, diventa estremamente difficile rispondere ad una emergenza medica che richiede cure ospedaliere intensive e tempi di permanenza prolungati quando fino a ieri un letto di ospedale rimaneva vuoto per meno di una giornata e mezza ed era occupato in media per meno di 8 giorni.
NUMERO RICOVERI, NUMERO POSTI LETTO, DEGENZA MEDIA, TASSO DI UTILIZZO DEI POSTI LETTO, PRESENZA MEDIA GIORNALIERA PER STRUTTURA OSPEDALIERA – ANNO 2018 Struttura ospedaliera Numero Numero Degenza Tasso di utilizzo Presenza posti letto ricoveri media dei posti letto media giornaliera Ospedale di Fiemme - Cavalese 70 3.361 5,4 70,9 49,6 Ospedale San Lorenzo - Borgo Valsugana 76 3.099 6,8 76,4 58,0 Ospedale Villa Rosa - Pergine Valsugana 68 776 26,1 81,5 55,4 Ospedale Santa Chiara - Trento 690 33.422 6,3 84,2 581,2 Ospedale San Camillo - Trento 125 3.187 7,6 52,8 66,0 Casa di cura Villa Bianca - Trento 69 2.017 3,1 25,1 17,3 Ospedale di Cles 79 4.682 5,4 87,7 69,3 Ospedale di Tione di Trento 61 2.738 6,5 79,5 48,5 Ospedale Alto Garda - Arco 95 3.117 8,6 77,1 73,2 Ospedale San Pancrazio - Arco 88 1.742 18,7 101,4 89,3 Casa di cura Regina - Arco 161 2.003 28,1 95,7 154,0 Casa di cura Eremo - Arco 153 2.754 18,6 91,5 140,0 Ospedale Santa Maria del Carmine - Rovereto 288 15.167 5,7 81,7 235,2 Casa di cura Solatrix - Rovereto 120 3.193 15,0 109,7 131,6 Totale 2.143 81.258 7,9 82,5 1.768,8 L’ ottimizzazione dei parametri di utilizzo delle strutture sanitarie provinciali ha avuto a livello di sistema un impatto significativo ma progressivo con un livello di of-
ferta sostanzialmente allineato alle esigenze. Nel dettaglio delle singole strutture, e in particolare per quanto riguarda l’ospedale di Tione, come tristemente noto, si è assistito
1,7 con il dato globale. Tutto perfetto. Resta il fatto che se la presenza media è di 48 persone, rimangono 13 posti utili (al netto delle specializzazioni disponibili nella strut-
sufficiente di posti letto e i pazienti infetti devono essere pericolosamente trasportati e smistati nelle diverse strutture con posti liberi.
Comunità delle Giudicarie
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Richiamo alla Provincia di Comunità e Sindaci al rispetto del Protocollo
Ospedale da valorizzare e rilanciare Gentile Assessore Segnana, Le scrivo questa “lettera aperta”, che è stata sottoscritta anche dai Sindaci delle Valli Giudicarie, nella qualità di Presidente del Consiglio per la Salute e in rappresentanza di tutta la popolazione dell’ambito, allo scopo di ricordare un percorso che questo territorio decise di intraprendere nel 2016, rispetto ai servizi sanitari presenti presso l’Ospedale di Tione e che oggi, a distanza di più di quattro anni, come più volte ho avuto occasione di rammentare nel corso di vari incontri, risulta ancora incompiuto. Il momento delicatissimo che stiamo attraversando impone un’ulteriore riflessione su quanto stabilito allora, sulla situazione contingente e sulle prospettive future. Mi rivolgo a Lei anche su mandato della Conferenza dei Sindaci, che si è riunita attraverso gli strumenti telematici lo scorso 4 maggio anche per esaminare le criticità della sanità giudicariese; gli amministratori locali sono infatti prossimi alla scadenza del mandato e desiderano tracciare un bilancio in riferimento ad uno dei temi più “sentiti” e dibattuti ovvero quello relativo alla qualità dei servizi offerti presso il nostro ospedale. Ciò accade anche in conseguenza del fatto che numerosissimi cittadini e molte risorse umane che operano all’interno della struttura si rivolgono a noi quotidianamente per manifestare forti preoccupazioni, accentuatesi sensibilmente anche in conseguenza dell’emergenza Covid. Forse mai come in questo momento si sono infatti rafforzati da ogni parte “l’attaccamento” e l’attenzione verso l’ospedale tionese che, insieme alle altre strutture sanitarie trentine, in condizioni tanto drammatiche, ha saputo esprimere tutte le proprie qualità, anche grazie all’impegno straordinario e incondizionato di medici, infermieri e personale ausiliario. Nel 2016 questo territorio decise, in totale controtendenza rispetto a ciò che accadde nel resto del Trentino, di accettare la chiusura del punto nascite: tale scelta venne maturata al termine di un intenso confronto per due motivazioni principali, che di seguito illustro. - Dopo aver compiuto un’attenta analisi tecnica, ci si convinse che un momento delicato come la nascita di un bambino dovesse avvenire all’interno di reparti in
Ritengo opportuno portare alla conoscenza della popolazione giudicariese la comunicazione inviata all’Assessore provinciale alla salute, Stefania Segnana e all’Azienda Provinciale per
grado di garantire i massimi standard di sicurezza per i neonati e per le mamme. Tengo a sottolineare che questo orientamento venne assunto, nonostante la raccolta di più di 23.000 firme a difesa dell’Unità operativa di maternità e prestando principalmente attenzione al parere autorevole di molti esponenti del mondo medico, che offrirono agli amministratori locali la possibilità di decidere sulla base di considerazioni rigorose e avvalorate scientificamente. - Da molti anni serpeggiava (e tuttora serpeggia, purtroppo) tra la popolazione, i rappresentanti istituzionali e anche tra i professionisti della sanità una sensazione di “abbandono” dell’ospedale, determinato da una programmazione non sempre convincente da parte della Politica e dell’Azienda sanitaria, che ha determinato un progressivo depauperamento del nosocomio, anche in riferimento a servizi fondamentali. Il potenziamento e la valorizzazione proprio di questi servizi costituí la base dell’accordo, sottoscritto dalla Provincia autonoma di Trento, dall’Azienda sanitaria e dalla Comunità di Valle. Sostanzialmente si chiese che le risorse storicamente destinate al punto nascite fossero indirizzate al consolidamento dei reparti imprescindibili dell’ospedale. I firmatari si impegnarono a realizzare nel breve e medio periodo un piano di azioni che, in estrema sintesi, contemplava: • la ristrutturazione e la riorganizzazione del pronto soccorso, elemento nevralgico per un’unità di medicina all’avanguardia, • la presenza degli anestesisti 24 ore su 24; • la dotazione di un organico idoneo alla piena funzionalità di un reparto di radiologia già dotato di ottime apparec-
chiature; • la presenza di personale e strutture in grado di garantire la chirurgia di base; • l’introduzione di un percorso nascite capace di offrire tutti i servizi necessari durante la gravidanza; • ultimo, ma naturalmente non in ordine di importanza, la piena valorizzazione dell’unità operativa di ortopedia, divenuta nel tempo autentico punto d’eccellenza dell’ospedale di Tione, che necessitava, tra il resto, anche dell’ampliamento degli spazi dedicati. Non è il caso di ripercorrere in questa sede tutte le problematiche registrate negli ultimi anni e che di fatto contravvennero a quanto sancito all’interno del protocollo, anche se parte degli interventi fu naturalmente realizzata. A titolo esemplificativo e per citare solo le situazioni più eclatanti, ricordiamo che, ad un certo punto, l’Azienda sanitaria decise di declassare il reparto di ortopedia da “struttura complessa” a “struttura semplice” (decisione poi ritrattata in conseguenza delle accese proteste da parte del sottoscritto e del territorio); che i lavori di ristrutturazione finalizzati all’espansione del reparto di ortopedia (per un importo di circa 300.000 euro) vennero rinviati in continuazione e che tuttora non sono iniziati; che l’organico dei medici anestesisti non è praticamente mai stato completato, esponendo gli utenti dell’ospedale ai rischi connessi a improvvise situazioni critiche nelle ore notturne. L’emergenza generata dal Coronavirus, tra il resto, ha rimarcato ulteriormente l’importanza di dotare il Trentino di strutture ospedaliere competitive e in grado di rispondere in maniera integrata e coordinata ai bisogni dei cittadini residenti
i Servizi Sanitari relativamente all’ospedale di di Tione. Il documento è stato condiviso e sottoscritto da tutti i Sindaci dei Comuni delle Giudicarie.
e delle centinaia di migliaia di persone che annualmente scelgono la nostra terra per trascorrervi dei periodi di riposo e relax; ora che ci si proietta nella delicata “fase 2”, che contempla anche la riconversione degli ospedali verso l’attività ordinaria, si rende ancora più necessaria una ricognizione rispetto alle strutture territoriali e all’organizzazione complessiva della sanità locale, tenuta nel breve e medio periodo ad adottare protocolli molto rigorosi per garantire la sicurezza dei pazienti contro possibili contagi, rimodulando talvolta anche gli spazi all’interno dei singoli reparti. Tutto ciò premesso, chiediamo all’Assessorato alla Salute della Provincia autonoma di Trento e all’Azienda provinciale per i servizi sanitari risposte concrete, tempestive e finalmente esaustive verso tutti gli impegni assunti in seno al sopracitato protocollo; richiediamo inoltre un’attenta analisi in riferimento a nuove istanze emerse negli ultimi anni, che riguardano sia aspetti strutturali che organizzativi: nello specifico, si rende necessaria
un’analisi della funzionalità di tutte le unità operative, anche in conseguenza degli adempimenti susseguenti al Covid. Desidereremmo che un’indagine di questo tipo fosse condotta partendo da un’imprescindibile fase di ascolto che coinvolga i rappresentanti di tutti i reparti ospedalieri, del territorio (come medici di base e infermieri) e gli amministratori locali, che negli ultimi anni in particolare si sono distinti per un’innegabile atteggiamento ispirato dal senso di responsabilità e da una “matura consapevolezza”. In merito all’organizzazione della struttura, l’occasione è utile anche per riportare alla Sua attenzione un’ulteriore istanza: da troppo tempo l’ospedale di Tione è privo di una figura dedicata in maniera esclusiva al coordinamento generale, che raccordi attività e reparti e che funga da punto di riferimento diretto per gli amministratori e per il territorio. Notoriamente, allo stato attuale è contemplata una Direzione medica a scavalco con l’ospedale di Arco,
quando due primariati (ortopedia e radiologia) sono invece “condivisi” con quello di Cles: una situazione che in un certo modo diventa il simbolo di un’organizzazione di complicata comprensione, oltre che di discutibile efficacia. Nel momento in cui risultasse difficile l’introduzione nel breve periodo di tale figura, suggeriamo la costituzione di un nucleo ristretto di coordinamento (anche chiedendo la collaborazione dei primari e delle altre figure apicali) deputato a individuare sintesi e soluzioni condivise al cospetto di accurati approfondimenti: questo team potrebbe certamente offrire le auspicate opportunità di crescita e costituire un elemento di dialogo costruttivo sia per l’Azienda che per il territorio. Sperando di averLe fornito interessanti spunti di riflessione, ma anche di aver apportato qualche utile suggerimento, desideriamo manifestare piena disponibilità per un confronto serio ed equilibrato, finalizzato a individuare delle soluzioni convincenti ai problemi evidenziati e stabilire azioni coerenti con le esigenze del territorio giudicariese. Come detto sopra, il presente documento è stata presentato ai Sindaci del nostro ambito lo scorso 4 maggio, i quali, condividendone integralmente i contenuti, all’unanimità, hanno chiesto di sottoscriverlo. In attesa di un cortese riscontro e ringraziando per l’attenzione dedicata, porgiamo i più distinti saluti. Il Presidente della Comunità di Valle Giorgio Butterini I Sindaci dei Comuni delle Giudicarie
Grazie di cuore Il Presidente della Comunità di Valle, i Sindaci dei Comuni giudicariesi e tutti gli Amministratori territoriali desiderano esprimere la loro vicinanza e il più sentito ringraziamento agli Operatori Sanitari e Assistenziali per lo straordinario contributo offerto nel periodo dell’emergenza Covid 19. L’attività di Medici, Infermieri, Operatori Socio Sanitari e Assistenziali, Personale Tecnico e Amministrativo e di tutti gli Operatori dell’Ospedale di Tione, dell’Azienda Sanitaria e delle A.P.S.P. - Case di Soggiorno per Anziani delle Giudicarie si è rivelata fondamentale e preziosa per andare incontro alle pressanti esigenze sanitarie della nostra popolazione. Un grazie di cuore per la Vostra professionalità e la Vostra generosità.
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Territorio
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Storia minuta dei campi attorno a Roncone
La scomparsa delle “Pèze” Parlo al passato perché oggi è difficile cogliere la curiosa geometria che le pèze di un tempo disegnavano. Molte sono le ragioni di questo deturpamento: il pascolamento, l’abbandono, l’avanzamento del cespuglieto. Mi commuovo pensando al passato quando su quei declivi, di buon mattino i falciatori disegnavano corpose andane, che al sopraggiungere del sole un familiare provvedeva a spargere. Un momento solenne era la raccolta del fieno in quelle aree. Per la una volta l’acclività diventava amica dell’uomo. Grossi cumuli di fieno rotolavano di forza propria, così che tutto il foraggio andava a costituire, a bordo della statale, una grossa andana. Veloce era poi il lavoro di confezionamento e caricamento del foraggio onde ridurre al massimo ogni interferenza sul traffico veicolare della statale. Prima dell’avvento dei motocarri e dei trattori, il trasporto del fieno di quegli arditi prati avveniva a mezzo traino animale. Con quest’ultimo vettore, si accedeva al paese tramite la strada, allora tutta sterrata: Pra di Bondo Roncone.
di Giovanni Bazzoli Il vocabolario del dialetto di Roncone definisce la parola “Pèza”: pezza o strofinaccio, ma anche riquadro di prato falciabile. Per quanto riguarda quest’ultina accezione tutti i ronconesi conoscevano le pèze da Bèt, le pèze de Paìngo, e le pèze dal Lach. Si tratta di quella fascia di prati ronconesi più appariscenti che L’accesso a Roncone, tramite via Grosta è stato possibile invece, limitatamente ai piccoli carichi, solo dopo la nuova pavimentazione a porfido che ha previsto, per i tratti più ripidi, la realizzazione di una fascia centrale di porfido a scaglie, noto come smolleri. E’ lodevole lo sforzo delle amministrazioni comunali per contrastare il declino della nostra praticoltura domestica. Essa è la componente insostituibile del paesaggio locale, già orfano dei campi di fondo valle e cioè dei seminativi a prevalente coltura pataticola che, analogamente alla pèze a prato, disegnavano una varietà di forme geometriche. Molti ripongono grande attesa in una rinnovata politica agricola che riponga al centro l’azienda agricola familiare. Una organizzazione socio economica che ha scritto splendide pagine di storia del paesaggio
agricolo, ma che ha dovuto cedere alle insidie della modernità. Nè possiamo pretendere che le imprese agricole professionali possano introdurre a fianco di processi produttivi inten-
carpivano lo sguardo di chi transitava sulla statale. Particolarmente suggestive erano quelle poste sotto il complesso monumentale della chiesa di Santo Stefano. Per la loro acclività invece erano famose quelle di Bèt, insidiose durante gli inverni, quando sovente il loro manto nevoso si scaricava nella statale.
sivi, processi ed organizzazioni estensive, come lo sfalcio a mano esteso su tutte le aree, comprese quelle a forte pendenza e ad elevata frammentazione, un forte sviluppo del
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pascolo aziendale e interventi di recupero di aree colonizzate dai cespugli e dai rovi. Per la verità dobbiamo stare attenti da non buttare come si suol dire il bambino con l’acqua spor-
ca. Infatti, vi sono fortunatamente anche nelle nostre comunità, degli esempi di organizzazioni aziendali all’insegna di un rinnovato rapporto impresa-territorio. Mi riferisco a quelle imprese attivate da giovani operatori, con organizzazioni che prevedono attività di trasformazione e commercializzazione dei prodotti e/o l’attivazione di interessanti attività connesse. Se questa è la situazione e se queste sono le prospettive, si deve convenire che gli interventi più significativi volti al recupero dei terreni e delle colture abbandonate, nelle aree perimetrali ai nostri paesi, debbo rientrare nei programmi e nei progetti delle amministrazioni comunali. Ma per recupero si deve intendere il ripristino di un cotico prativo e la sua successiva coltivazione attraverso sfalci periodici e non estemporanei o di pascolamenti con adeguati carichi di bestiame individuati in funzione dell’acclività e delle condizioni del cotico. In ogni caso quest’ultima tecnica di recupero o preservazione del prato deve prevenire ogni forma di sentieramento.
Attualità
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Storie di Covid: chi ce l’ha fatta
Non finirò mai di rimarcare e ammirare la lungimiranza e intraprendenza del primario dr. Dipede e di tutti i suoi collaboratori: medici, anestesisti, infermieri, tecnici, OSS, OSA, inservienti e di tutti gli altri collaboratori, che avvolti nelle loro tute protettive lavoravano alacremente non risparmiando una parola di coraggio e speranza a nessuno». A malattia sconfitta c’è spazio per ripercorrere le interminabili ore trascorse sul letto d’ospedale. «Dei primi 3 giorni - confida Romanelli - non so dire un granché visto il mio stato di salute: ricordo il mio compagno di camera, un arzillo vecchietto di oltre 90 anni affetto da Covid, il quale ha combattuto con tutte le sue energie per sconfiggere la malattia e purtroppo non ce l’ha fatta. Ricordo poi la seconda compagna di camera in trattamento con “casco della ventilazione” che voleva continuare ad uscire dal letto. Non penso che ce l’abbia fatta. A loro e a tutti coloro che non ci sono più va il mio ricordo più affettuoso ed una preghiera.» Dopo i giorni di ricovero è stato quindi dimesso per proseguire la convalescenza a domicilio. «Ho potuto proseguire la guarigione a casa grazie alle amorevoli cure domiciliari di mia moglie, un pochino di ossigeno e antibiotici di copertura. I sintomi dominanti erano la stanchezza, la disgeneusia (non sentire i sapori) e la non distinzione degli odori. Io e mia moglie (che probabilmente ha avuto una forma paucisintomatica della malattia) siamo stati in quarantena, isolati: ci portavano la spesa, il giornale e il pane sul cancello di casa. Ringrazio tutte le persone che ci hanno aiutato. Nel frattempo miglioravo, spazio attorno a casa per muovermi ne avevo: grande la soddisfazione quando sono riuscito a far visita alle mie api per controllare il loro andamento. Subito dopo mi sdraiavo sul divano e mi attaccavo all’ossigeno.» E poi? «Ogni giorno facevo piccoli miglioramenti, l’autonomia era limitata però ero vivo, riuscivo ad aiutare mio figlio Riccardo, che mi sta sostituendo come medico, nella parte burocratica. Studiavo questa maledetta malattia leggendo una letteratura non sempre, anzi quasi mai, esaustiva e a volte contraddittoria. Chiedevo a mio figlio notizie sulla situazione del contagio e dei pazienti ricoverati nelle varie rianimazioni e di quelli a domicilio: il quadro era molto serio e preoccupante.» Quando è arrivata l’ufficialità della guarigione. «Finalmente il giorno di Pasqua è arrivato il tanto atteso responso che il secondo tampone era negativo: non mi vergogno a dirlo, ma un pianto liberatorio ha seguito questa comunicazione accompagnato dalla gioia mia e di tutti i miei familiari. Il secondo tampone negativo significava che per questa volta Covid era stato sconfitto. Non eravamo più sequestrati in quarantena, mia moglie poteva andare a fare la spesa, io potevo andare in farmacia a ringraziare il dr. Ceschinelli per la comprensione e la collaborazione.» Ed ora? «Il mio percorso non è terminato: nei prossimi giorni dovrò sottopormi a controlli radiologici e di laboratorio e la mia convalescenza continua per essere in forma al mio rientro».
“Quando ho visto il secondo tampone negativo ho pianto” Il dottor Romanelli, medico di base a Pieve di Bono, positivo il 13 marzo scorso di Marco Maestri Dopo un mese di battaglia il Covid-19 è stato sconfitto: è questa la sfida vinta, con tenacia, dal dott. Mario Romanelli di Creto, medico condotto che da oltre trent’anni si prende cura delle persone della busa della Pieve, oltre che degli ospiti della locale casa di riposo. La tanto attesa notizia è arrivata nella serata di martedì 14 aprile quando il dott. Romanelli l’ha comunicato alla popolazione con un’emozionante messaggio divulgato dai sindaci dei Comuni di Pieve di Bono-Prezzo e Valdaone sui rispettivi canali whatsapp. Tutto è cominciato il 13 marzo quando il medico aveva
comunicato di aver contratto il virus. «Sembrava - racconta - una cosa tranquilla, un’influenza gestibile a domicilio e che mi permetteva di lavorare telefonicamente. Purtroppo il quadro clinico si è aggravato con importanti problemi respiratori che mi hanno costretto al ricovero e che però non hanno comportato una ventilazione assistita». Da qui quindi il ricovero all’ospedale di Tione per 9 lunghissimi giorni. «Me la sono cavata - prosegue Romanelli - grazie alla terapia istituita al Centro Covid che nel frattempo era stato creato all’Ospedale di Tione.
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Storie dal mondo
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Come mai la scelta della Colombia? Dopo aver conseguito nel 2013 la laurea il dilemma della vita. Lavoro o continuo a studiare? Optai per l’opzione tre: mi presi una “pausa volontariato” e volai in Perù per tre indimenticabili mesi. Poi la voglia di viaggiare era davvero tanta ma non potevo permettermi di viaggiare e non guadagnare. Mi sono messa alla ricerca di progetti remunerati e trovai un interessante progetto a Bogotà: in un mese passo i colloqui, preparo i documenti e parto. Ciao Rendena. Sono arrivata nel febbraio 2015, tramite l’associazione “Aiesec”. Il progetto si chiamava “Shape Colombia”, sponsorizzato direttamente dal comune di Bogotà e aveva l’obiettivo di rendere bilingui le nuove generazioni colombiane insegnando l’inglese. Che città hai trovato? Bogotà è divisa in quattro quartieri e in base a dove sei cambia radicalmente la realtà. Nord zona chic, gente ricca, strade pulite. Sud invece gente povera, immondizia, tasso di criminalità altissimo. Per questo Bogotà viene definita una città pericolosa: si parla di strati sociali, che da noi non esistono più dal medioevo. Qui, dopo averti chiesto dove vivi, la seconda domanda che ti fanno è “di che strato sociale sei?” Un pò arcaica come cosa.
Gaia Terzi, prof di inglese in Colombia
“Bogotà si sveglia alle 4 del mattino” di Marco Maestri “Risvegliarsi da sola in una città straniera è una delle sensazioni più piacevoli del mondo.” Non vi è detto probabilmente più corretto per riassumere l’esperienza di vita intrapresa, ormai quasi cinque anni fa, dalla giovane dottoressa di lingue Gaia Terzi di Spiazzo che, nel entrata a lavorare con loro. Ci sono diversi istituti di lingue dove la gente compra il suo corso di italiano, tedesco inglese, cinese, portoghese e studia. Com’è il livello scolastico colombiano? A dir poco migliorabile ma non per mancanza di preparazione dei professori. Il sistema fa acqua da tutte le parti: classi di 30 bambini, elementari con una professoressa sola che insegna
2015, tra le mille domande che la vita ti pone davanti al termine del periodo universitario ha avuto il coraggio di partire. Destinazione? L’altra parte del mondo, nel cuore dell’America del sud: Bogotà, capitale della Colombia, dove insegna lingue in un istituto scolastico.
Poi c’è da considerare che la retribuzione dei professori è bassissima e quindi ci sono pochi professori e troppi studenti. Infine, anche l’ambiente familiare influisce. Dipende dalle zone, ma al sud è probabile che ai genitori di Ginetto (nome di fantasia e se Ginetto è fortunato ad avere mamma e papà), non importa nulla sull’andamento scolastico del figlio, se fa i compiti o passa l’esame. così il bambino cresce bene e cambia la società. Quali sono le principali differenze nel vivere la vita quotidiana? Bogotà si sveglia alle 4 della mattina. Per andare al lavoro devi uscire almeno un’ora e mezza prima perché il bus arriva sicuramente tardi. File lunghissime quando sei in banca o al supermercato o in farmacia per mangiare un gelato. In farmacia per un gelato? Si nelle farmacie vendono i gelati, però la differenza principale è un’altra.
In che zona vivi tu? Con questo progetto noi, professori stranieri, siamo stati inviati nell’estremo sud. Il progetto era geniale e funzionava: gli studenti erano coinvolti e interessati. Immaginatevi uno studente di 6 anni che non ha mai visto uno straniero in vita sua: ti vede come un eroe, quindi si motiva. Ma dopo 2 anni il progetto è finito perché il governo ha investito soldi in altre cose. Concluso il progetto, che hai fatto? Ho iniziato a lavorare in un Istituto di lingue: l’amica di un’amica mi ha passato il contatto del gestore e sono
tutte le materie. Se la professoressa si ammala una settimana, nessuno la rimpiazza e gli studenti perdono una settimana di lezione.
Lo sviluppo del Paese com’è? Due mondi opposti. La Colombia ha tantissimo potenziale, ma regnano cor-
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ruzione e mafia. Occorre lavorare sulla mentalità e investire nell’educazione. Se tu lavori con la nuova generazione, insegni un’educazione e dei valori ideali e
Quale? Lo stile di vita. I colombiani, nonostante un sacco di problemi, sono sempre felici e socievoli. Non si stressano e questa cosa mi incanta. Ovvio che in alcuni momenti, da buona italiana,
mi viene da dire “però svegliati fuori, dai!”. Poi non sono tutti simpatici e carini, tanta gente se ne approfitta, o almeno cerca di farlo. Per esempio, il tassista a me fa pagare lo stesso viaggio il doppio che a un colombiano perché pensa che io straniera sia piena di dollari e non sappia le tariffe. All’inizio succedeva ma adesso non mi fregano più. La criminalità è diffusa, devi stare attento come in ogni altra città del mondo. Covid-19. Cosa ne pensi? Una cosa assurda, che pensi possa succedere solo in un film. La dimostrazione che alla fine siamo tutti uguali. Crisi del genere dimostrano il bene, che fortunatamente continua ad esistere, il male e pure la stupidità delle persone. In questi giorni ho letto e leggo commenti che dopo questo virus la gente non sarà più come prima ma non so quanto crederci. Mi spiego meglio: non so quanto passerà prima che tutto questo diventi un ricordo. Spero davvero che la gente possa cambiare la scala dei valori. Non serve stravolgerla ma, a prescindere da come andrà a finire con il virus, aggiustarla non sarebbe male: con meno pregiudizi e più solidarietà.
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Nel periodo della pandemia da covid-19
Il Consorzio Elettrico di Storo (CEDIS) a sostegno delle famiglie, della scuola e dei giovani studenti In queste settimane CEDIS, oltre a sostenere l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari, le Case di riposo e le Associazioni che operano in prima linea contro il Coronavirus sul territorio, ha raccolto la forte necessità di famiglie, studenti e lavoratori costretti a casa, in una sempre maggiore interazione con la rete internet. La rete di telecomunicazione è da sempre un fiore all’occhiello di CEDIS. “Abbiamo a disposizione la rete, intesa come infrastruttura in fibra ottica, tralicci, ripetitori e antenne, abbiamo le capacità tecniche e umane”, spiega il Presidente di CEDIS l’Ing. Giorgio ROSSI, “e così il Consiglio di Amministrazione ha deciso di attuare un’azione forte e importante, a sostegno della scuola (didattica a distanza, videolezioni, …)” e delle famiglie (smart working, internet, …). In sintesi: 1. Per tutti i nostri Utenti: abbiamo “aperto il rubinetto elettronico” di accesso alla rete, portando tutte le connessioni in fibra ottica a 200 Mb/s e le connessioni con le antenne TOP Cambium a 50Mb/s, senza nessuna variazione di prezzo e fino a fine del mese di luglio 2020; 2. Per i nuovi Utenti in fibra ottica: allaccio standard e attivazione gratuita, canone fortemente ridotto per i primi tre mesi • Socio con studente in famiglia: canone di 10€/ mese • Socio senza studente in famiglia e non Socio con studente: canone di 12€/mese • Non Socio: canone di 16€/mese 3. Per i nuovi Utenti su antenna TOP Cambium: allaccio standard e attivazione gratuita, offerta per i primi tre mesi • Famiglia con studente: canone 12€/mese • Famiglia senza studente: canone scontato del 50% Inoltre, in queste settimane, l’attività di CEDIS non si è mai fermata. In questo modo il Cedis ha potuto garantire, anche lavorando a distanza, i servizi di pubblica utilità, energia elettrica e telecomunicazioni, che da sempre vengono forniti a Soci e Utenti con alta qualità. Nelle prossime settimane, nel rispetto dei Decreti governativi e delle Ordinanze provinciali, stiamo programmando, una graduale riapertura degli Uffici, considerando sempre come primo impegno la salvaguardia della salute di Dipendenti, Collaboratori, Soci e Utenti. Per un primo periodo l’accesso del pubblico agli Uffici sarà esclusivamente su appuntamento e solo per le necessità più importanti.
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Arte
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Immagini dei santi Rocco e Sebastiano in Giudicarie
Giù dagli altari, i santi a portata di gente di Giacomo Bonazza
no: un bel esempio di pittura manierista, piena di sottile inquietudine espressa dal movimento sinuoso delle figure. Un’altra tela di buona fattura, di inizio Settecento, col medesimo soggetto, è quella collocata nella chiesa dei Santi Pietro e Paolo a Sclemo, opera del pittore bavarese Erasmo Antonio Obermüller, artista di certa eleganza barocca, vicino nel suo soggiorno trentino ai modi di Pietro Ricchi. Nella piccola chiesa cimiteriale di San Rocco a Fiavè si conserva la tela con i Santi Rocco, Bernardo di Chiaravalle e la Vergine col Bambino, datata 1627, del pittore veronese Giovanni Battista Pellizzari. Senza voler qui entrare nel repertorio agiografico dei Baschenis, dove Rocco e Sebastiano fanno parte di quelle figure seriali dei santi protettori cari ai frescanti di Averara, nondimeno si può glissare sullo stupendo affresco della Vergine in trono presso la chiesa pievana di Condino (1533), subito accanto all’altare di Sant’Anna, con i santi Rocco e Lucia tratteggiati in maniera mirabile da una mano felicemente “rinascimentale”. In campo scultoreo ci basti evidenziare, su tutte, le statue in legno policromo di san Rocco e San Sebastiano incastonate nell’ancona dorata dentro la cappella omonima della parrocchiale di Tione, capolavori cinquecenteschi di Maffeo e Andrea Olivieri, che fanno il paio con quelli altrettanto mirabili sull’altare maggiore della chiesa di Santa Lucia di Giustino.
foto 1: San Sebastiano (Sec. XVI), Andrea e Maffeo Olivieri - Altare di San Rocco, Pieve di Tione ( da: La Pieve di Tione /1997) foto 2: San Rocco (Sec. XVI), Andrea e Maffeo Olivieri -Altare di San Rocco, Pieve di Tione ( da: La Pieve di Tione/1997) foto 3: Madonna col Bambino, San Rocco e San Sebastiano (primi ‘700) , Erasmo Antonio Obermüller, Chiesa di Sclemo (da: Pubblicazione Museo Dioc. Tridentino/ ) foto 4: Madonna e Santi (ca.1731), Domenico Carpinoni, Chiesa di Pergnano (da: Beni Artisici e Storici - Quaderni del Trentino/P.A.T. 1991)
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nato a morte: denudato e legato ad un palo su colle Palatino il suo corpo viene trafitto da innumerevoli frecce che però non bastano a finirlo. Morirà dopo un ulteriore supplizio e la salma gettata nella Cloaca Maxima intorno al 304 d.C.. Il suo culto viene rilanciato dalla “Legenda Aurea” del frate e vescovo domenicano Jacopo da Varagine (XIII sec.), la straordinaria raccolta medievale di biografie di santi, piena di meraviglie e di miracoli, a cui attingono a piene mani gli artisti di ogni dove per raccontare le loro storie colorate. Le frecce a cui sopravvive Sebastiano diventano metafora degli strali pestilenziali che il santo attira su di sé in funzione salvifica e liberatoria, parando i colpi dell’ira divina a favore dell’umanità peccatrice. Della copiosa iconografia riguardante i santi sopracitati nelle chiese giudicariesi, è giocoforza in questa sede estrarne una piccola selezione che affianchi al pathos devozionale pure una certa qualità estetica, senza per questo voler sminuire di valore e di dignità le espressioni più semplici della pietà popolare. Sul piano pittorico merita senz’altro una segnalazione la preziosa pala del bergamasco Domenico Carpinoni, allievo di Palma il Giovane, nella chiesetta dei Santi Rocco e Sebastiano a Pergnano, nel Banale.Targata 1631, in seguito ad un voto in occasione della terribile peste di manzoniana memoria, la tela raffigura i santi taumaturghi ai piedi della Madonna col Bambi-
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poggia obiettivamente su esili riscontri storico-biografici, racconta di un giovane francese di nobile lignaggio che, rimasto orfano, dona tutto ai poveri e s’incammina verso Roma per pregare sulla tomba degli apostoli Pietro e Paolo, proprio al tempo della devastante peste nera (1348). Sul suo cammino soccorre gli appestati nell’ Italia centrale, finchè viene ricevuto in udienza da papa Urbano V(1367?) che ne rimane profondamente ammirato. ic Cl
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Proseguendo il nostro itinerario tra agiografia (vita dei santi) e relativa iconografia (rappresentazione figurata), in particolare riferita ai santi intercessori, ritornati di gran moda in questa drammatica fase che stiamo vivendo, giganteggia su tutte la figura di Rocco di Montpellier, l’umile pellegrino francese di metà Trecento, che assurge ad essere il santo più invocato, dal Medievo in poi, in tutto l’orbe cristiano contro il flagello della peste. La sua vicenda, che apw
Sulla strada del ritorno verso Montpellier, soffermandosi nelle città emiliane colpite dai ricorrenti contagi, si dedica alla cura dei più poveri e degli abbandonati, fino a contrarne il morbo a Piacenza. Ritiratosi in una capanna nei pressi di quella città, viene salvato grazie alle attenzioni miracolose di un cane che quotidianamente lo rifocilla con un pezzo di pane sottratto alla mensa del suo padrone. Dopo la guarigione prosegue nella sua azione caritatevole fino al triste epilogo del suo arresto per spionaggio e la sua morte in carcere a Voghera nella notte tra il 15 ed il 16 di agosto del 1376/1379. La fama del santo taumaturgo si irradia rapidissimamente. Non c’è contrada, anche nelle nostre vallate, che non ne testimoni il culto; la raffigurazione è quella arcinota del santo in abiti di pellegrino con il tabarro e il sanrocchino (la mantellina corta di tela ), il bordone, la conchiglia, la borraccia, e, attributi più specificatamente caratterizzanti, il fedele cagnolino accucciato ai suoi piedi con la pagnocca in bocca e il bubbone della peste sulla gamba. È molto probabile che ad alimentare l’iconografia del santo in terra giudicariese, contribuisca pure la “Vita de sancto Rocho”, del podestà veneziano di Brescia Franceco Diedo, stampata a Milano nel 1479, un best seller ante litteram, tra romanzesco e leggendario, che diventa fonte d’ispirazione per una serie cicli pittorici nelle chiese lombarde, in particolare del bresciano, l’ambito diocesano più sensibile alla diffusione del culto rocchiano. Bagolino, a onor del vero, è ancora ecclesiasticamente tridentina, quando dopo la peste del 1478 viene eretta la cappella di San Rocco, chiamando ad affrescare le pareti del presbiterio con le “Storie di san Rocco e san Sebastiano”, Giovanni Pietro da Cemmo, ottimo pittore camuno, dallo stile cortese e goticheggiante, che distende in quattordici coloratissimi episodi la vita del santo occitano. L’accostamento di Sebastiano a Rocco, protettori entrambi dal morbo pestilenziale, rappresenta un leitmotiv che percorrerà per alcuni secoli l’arte devozionale, almeno fino alla salita agli altari del grande Carlo Borromeo, il cardinale coraggioso che sfida la peste di Milano del 1576, chiamata appunto “peste di san Carlo”, e che a partire dal Seicento diventa tra gli intercessori più implorati e più raffigurati del pantheon cristiano in tempi di epidemie. Sebastiano è l’ufficiale romano, guardia del corpo dell’imperatore Diocleziano, che aiuta di nascosto i cristiani perseguitati finchè viene scoperto e condan-
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Memoria Lui per niente meravigliato mi disse che di quella roba ne era piena Rango e di recarmi a casa sua, dove sua moglie avrebbe avuto una cosa da farmi vedere”. Quale fu la sorpresa di Tomaso non solo di sapere che di frammenti colorati se ne trovavano a Rango già da tempo, ma soprattutto, quel pomeriggio, nel vedersi presentare da Erina, moglie di Bepi, una antica brocca, intera, utilizzata come portafiori (“La sorpresa fu indescrivibile, anche la pressione sanguigna credo sia passata a valori d’allarme quando mi consegnò la brocca per vederla!”). Questo oggetto era stato ritrovato trovato venti anni prima da Bepi durante un restauro, in una nicchia nascosta nei muri di una vecchia casa di Rango durante una ristrutturazione. Non brillava per la grazia e la perfezione delle forme, ma era una scoperta eccezionale: “Un oggetto praticamente inutilizzabile ma miracolosamente intero! Presentava due fenditure ai lati della pancia, il manico parzialmente staccato, la struttura parzialmente collassata dalla parte del manico e il labbro del versatoio attorcigliato e diviso in due parti. Una brocca che nessuno avrebbe venduto o acquistato, era praticamente inservibile! Probabilmente l’antico proprietario, che l’aveva a disposizione o lavorava lui stesso la terracotta, non la gettò nel mucchio del ‘butto’ (ovvero lo scarto N.d.R.) ma la depositò con cura all’interno di un muro in costruzione, proteggendola anche con dei sassi tutt’attorno. La sua casa forse era in costruzione a Rango e lui lasciò una traccia, come si fa ancora oggi mettendo
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Prosegue la storia del ritrovamento di Rango
Le ceramiche del Bleggio, la scoperta si amplia di Aldo Gottardi
Il dado era tratto. Una grande scoperta era stata fatta, Tomaso Iori lo sapeva ed ormai era nata in lui la ferma volontà di andare fino in fondo a questa faccenda, ovvero capire “da dove venivano” quelle terrecotte. Era emerso un importante tassello della storia locale, completamente ignoto a tutti. O almeno, non esattamente “ignoto”. Un
giorno Tomaso, che dal giorno dei primi ritrovamenti chiedeva a tutti i residenti informazioni, incontrò un suo conoscente, Giuseppe “Bepi” Caldera di Cavaione: “Era un grande lavoratore e ottimo muratore, e anche a lui raccontai ciò che avevo trovato e mostrai il catalogo con le immagini dei pezzi ritrovati. coppi per i tetti in terracotta (alcuni di questi tuttora conservati al Museo della Scuola di Rango); - tra i bambini del Bleggio esisteva da tempo immemorabile una particolare variante del gioco delle biglie, ovvero il “gioco delle crape”, nel quale i giocatori si sfidavano lanciando le proprie “crape” contro la parete di qualche edificio cercando di farla ricadere sopra o vicino a quella dell’avversario, conquistandola. Ma cos’erano le “crape”? Semplice, erano frammenti
della presenza dell’esercito francese e di intemperie eccezionali (…) furono acquistate 6000 tegole grandi e 1000 piccole dai luganesi Domenico Lion e Giuseppe Bertolla, nonché di altri minori quantitativi dalla fabbrica Ferrari di Rango”. Inoltre, anticamente Rango si trovava esattamente sulla principale arteria viaria che dalla “Busa di Tione” entrava nel Bleggio dal Passo Durone e da qui verso il Lago di Garda attraverso la strada del Dus e il Passo del Ballino, la cosiddetta “Strada Romana”. Per una qualsiasi attività questo era di importanza strategica per i propri commerci, oltre ad essere un incentivo per l’apertura di industrie nuove, che grazie alla strada potevano prosperare. Tanti piccoli indizi, quasi un grande puzzle sto-
La brocca ritrovata da Giusepe Caldera negli anni ‘70 a
Primo catalogo delle ceramiche ritrovate del 1997
I frammenti di terracotta usati per il gioco delle crape una bottiglia od un barattolo di vetro con dentro delle monete o qualche altro messaggio di ricordo nel cemento. Si trattava di uno scarto di fornace”. Il sospetto di Tomaso, da quel momento, trovava quindi un primo riscontro: anticamente a Rango si lavorava l’argilla e vi dovevano essere una o più fornaci che realizzavano manufatti di terracotta. In fondo, altri elementi supportavano questa tesi che non erano sfuggiti al ricercatore e che successive ri-
cerche e testimonianze dei locali gli confermavano: - il territorio del Bleggio Superiore è ricco di depositi argillosi. Rango stesso poggia su uno strato di argilla, che è la materia prima per la produzione di terrecotte; - lungo la vecchia strada che collega Rango al Passo del Durone, sulla sinistra, si trova una porzione di bosco che in toponomastica si chiama Credole che significherebbe “creta, argilla”, di cui anche questo luogo è ricco;
Scavo con evidenti depositi argillosi nella zona sud di Rango (foto del 1998) nord di Rango vi è un pendio a prato che in toponomastica è chiamato Fornas (in un atto di compravendita del 1847 compare come “alla Fornace”); - fino agli anni ’30 del No-
vecento aveva funzionato a Rango, in località Prà de Gesia (sopra il paese e poco al di sotto dell’attuale strada del Durone, prima del Passo), una copera ovvero una fornace per la produzione di
di terracotta colorata dei quali, misteriosamente, i terreni di Rango e Balbido parevano esserne pieni (all’indirizzo https://youtu. be/AtpseQ0Ge3M è possibile vedere la testimonianza di Severino Riccadonna, Rosetta Riccadonna e Lino Riccadonna al riguardo); - nel libro di Antonio Zieger “Castel Campo” (edito a Trento nel 1915) dedicato alla storia del maniero, a pag. 88 recita “fra il 1709 e 1710 furono eseguite radicali riparazioni a seguito
rico che andava, lentamente ma progressivamente, a prendere forma rendendo sempre più plausibile l’ipotesi di una fiorente industria di terrecotte nel Bleggio. Mancavano ancora però fonti, documentazioni e ritrovamenti “definitivi”. Gli sforzi di Tomaso sarebbero stati definitivamente ripagati, arrivando alla definitiva conferma di quanto da lui ipotizzato? Segue nel prossimo numero.
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Parlando giudicariese
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La scuola verso cambiamenti radicali L’itinerario scolastico nei secoli visto dalle Giudicarie
Quando si parla di Scuola, normalmente, si fa riferimento alla pedagogia, dando per scontato tutto ciò che riguarda l’edilizia, l’arredamento, le suppellettili ed i sussidi didattici: elementi, tuttavia, determinanti che possono accrescere le intrinseche potenzialità della Scuola. Va premesso che la Scuola, essenzialmente ed in maniera determinante, si poggia sulla “compresenza corporea” del docente e del discente, più la compresenza di discenti, in uno stesso luogo, ossia l’aula scolastica, in un vicendevole e continuo incontrarsi per mesi ed anni, durante i quali scoccano le scintille dell’educazione, dell’istruzione e della formazione. La validità della “compresenza” in classe, anche senza suppellettili e senza sussidi didattici, è tuttavia confermata dalla testimonianza delle vecchie scuole del secolo decimonono, nelle quali un solo maestro e una sola maestra sono riuscite a formare e ad istruire intere generazioni. Ciò premesso, vorrei mettere in evidenza l’importanza che ha assunto, nel tempo, la didattica che - per me - costituisce l’ossatura portante delle attività scolastiche, specie là dove si attua la “scuola attiva”. Infatti, nella maggioranza dei casi, nelle scuole le lezioni non dovrebbero
di Mario Antolini Musón L’evento che sta opprimendo e scuotendo l’umanità nei primi mesi del 2020, con l’isolamento dei “chiusi in casa”, ha messo a dura prova sia le famiglie che il mondo del lavoro ed, in particolare, il mondo della scuola. Sono stati chiusi i battenti degli edifici scolastici lasciando a casa loro sia i docenti da una parte che i discenti dall’altra, obbligati a raggiungersi ed a contattarsi soltanto grazie a strumenti telematici ed informatici. Purtroppo, come sempre, sono stalimitarsi alla sola lezione da ascoltare. Infatti, di per sé, la didattica viene definita: «È è una specificazione della pedagogia, ossia quella sezione del sapere pedagogico che ha per soggetto il metodo d’insegnamento». Di conseguenza l’insegnamento non dovrebbe limitarsi al solo parlare dalla cattedra, bensì occorrerebbe che si faccia uso dei “sussidi didattici” così definiti: «I sussidi didattici sono una particolare caratteristica della “Scuola Attiva”; essi costituiscono la base strumentale “intuitivo-attiva” dell’apprendimento scolastico. Possono essere utilizzati non solo nei primi gradi dell’istruzione ma anche in quelli più elevati delle scuole superiori». (Dizionario Enciclopedico di Pedagogia, S.A.I.E, Torino). In questa sede mi limito a rievocare i miei ricordi personali in riferimento a quanto sperimentato e conosciuto nelle Giudicarie, dove
Il Giornale delle Giudicarie mensile di informazione e approfondimento
Anno 18 n° 5 maggio 2020 Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Direttore responsabile: Paolo Magagnotti Coordinatore di Redazione: Denise Rocca Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Aldo Gottardi, Matteo Ciaghi, Denise Rocca Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Adelino Amistadi, Mario Antolini Musòn, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Dario Beltramolli, Giacomo Bonazza, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Francesca Cristoforetti, Chiara Garroni, Enrico Gasperi, Alfio Ghezzi, Marco Maestri, Mariachiara Rizzonelli, Tiziano Salvaterra, Alessandro Togni, Alberta Voltolini, Ettore Zampiccoli, Marco Zulberti, gli studenti dell’Istituto Guetti Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 12 maggio 2020 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129
la scuola obbligatoria parte dall’ordinamento dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria (1717-1780); dal 1800 si provvede ad istituire, anche in ogni più piccolo paese, le scuole elementari, delle quali io ho respirato l’ultimo alito, quando ho frequentato le scuole elementari (1926-31). Nella maggior parte dei paesi vi erano piccole aule, con banchi di legno e il boccettino dell’inchiostro; con poche suppellettili e ben miseri sussidi didattici: lavagna e gesso, cartelloni dell’alfabeto e degli animali esotici; nella borsa di pezza a tracollo l’astuccio per penne, pennini, matite, gomme e “fapunte”, più il libro di lettura (che durava anni da trasmettere a fratelli e sorelle), carta assorbente e quaderni a seconda della classe: numero 1, numero 2, numero 3, numero 4, numero 5 e quaderno a quadretti. Con l’avvento del Regno d’Italia, dopo il 1918, l’aggiunta del “sussidiario” con tutte le materie: aritmetica, storia, geografia, scienze, educazione civica. Il libro di lettura e il sussidiario erano gli stessi per tutta la penisola e si tramandavano di generazione in generazione. Nelle classi qualche lavagna nuova di ardesia ma gli stessi banchi di legno a più posti e sempre con la boccetta d’inchiostro. Questo per quanto ricordo fino al 1932. Nel dopoguerra, dal 1945 in poi, l’inizio di nuovi mercati per cui cambio di cancelleria, quaderni protocollo e raccoglitori, l’arrivo di stilografiche e biro, nuove lavagne, nuovi banchi, nuove carte geografiche, nuovi sussidi didattici. L’edilizia scolastica dava segni di rinnovamento; le aule scolastiche si ravvivano; si cominciavano ad avere le enciclopedie da consultare. I testi scolastici non erano più uguali per tutta al penisola e le case editrici ne sfornavano fin troppi, per cui insegnanti e genitori ogni anno alle prese per la scelta di nuovi testi che ogni anno cambiavano. Gli insegnanti alle prese con
ti quasi esclusi i meno fortunati che si trovano in abitazioni non confortevoli e privi degli adeguati strumenti telematici; anche in questa occasione si è evidenziato il triste fenomeno dei più poveri e dei disagiati che restano emarginati ed in difficoltà. Di fronte a questa situazione in campo scolastico, credo non sia fuori luogo il trattarne come argomento del mese su questo mensile di aggiornamento giudicariese.
sempre nuovi sussidi didattici dati o dalle invenzioni tecnologiche o dal proliferare dei mercati. Era arrivato anche il giornale a scuola, e con gli anni Settanta una svolta didattica di notevole importanza con l’arrivo degli “audiovisivi”: strumenti che davano alla didattica una svolta sostanziale: dischi, nastri, videocassette, musicassette, fonogrammi, pellicole cinematografiche, sequenze di immagini in movimento, con l’aggiunta dei ciclostili e poi dei fotocopiatori e l’inizio delle dispense in ogni ordine grado di scuole. La didattica aveva a disposizione sussidi didattici maggiormente incisivi, ma che andavano conosciuti e soprattutto che avevano bisogno di essere usati con competenza ed inseriti in una programmazione scolastica sempre meglio adeguata e ben definita. Per quanto sperimentato di persona, in fatto di didattica (che deve essere scelta ed usata soltanto a favore dei discenti) incidono fortemente le condizioni personali e conoscitive del ”discente” al quale la didattica si deve adeguare, facendo sì che il discente diventi sempre meglio capace di farne il debito uso. Quando andavo alle Elementari (192631) si usciva dalle case silenziose con in testa unicamente le parole: «Fa’ presto e fa’ il bravo» e si giungeva a scuola con le poche parole che ci si scambiava fra i compagni lungo la via. Quindi mente li-
bera da ogni intrallaccio esterno. Invece, successivamente, mi sono trovato (dal 1955 al 1980) con alunni già figli della radio, della televisione e del cinematografo; inoltre anche in famiglia si avevano, fin dal mattino, accese o radio o televisione e per, di più, con conversazioni continuate, e non si mangiava in silenzio come era toccato a me. Durante il mio periodo di insegnamento, mi sono sentito in dovere di adeguare la didattica al tener presente ciò che i miei scolari già conoscevano, in quanto parzialmente “informati” da quanto appreso, direttamente o indirettamente; perfino constatando che di ciò che loro avevano veduto e saputo dalla televisione io non ne ero affatto a conoscenza. Per i ragazzini non occorreva più il cartellone dell’elefante appeso alla lavagna per prenderne visione, già l’avevano conosciuto o al cinema o alla tv. Elemento essenziale della didattica, quindi, rimane la conoscenza della “posizione conoscitiva” del discente per trovare la giusta impostazione sia del programma che della retta scelta dei sussidi didattici. Ed eccoci al dunque. Ricordata la premessa della basilare importanza della compresenza docente/discente in aula, l’avvento straordinario che ha dovuto imporre la chiusura delle scuole pubbliche, ha portato in primo piano l’importanza dei mezzi informatici e telematici divenuti i “sus-
sidi didattici” di cui usufruire durante il periodo dei “chiusi in casa”. Per quanto posso intuire da vecchio insegnante, mi permetto credere che col rientro in classe dei discenti, i docenti non potranno più mettere in atto il loro insegnamento senza il debito uso degli strumenti che si sono trovati a poter e dover usare durante il periodo che io considero “di prova”. Penso che ci si sia resi conto che l’arrivo degli strumenti telematici ed informatici hanno letteralmente cambiato il modo di vivere della società e sono giunti perfino nelle mani dei bambini che stanno crescendo con videogiochi e telefonini in mano. Oso pensare che soprattutto il corpo docente di ogni ordine e grado, dovrebbe restare immedesimato in elaborazioni mentali e conoscitive legate agli strumenti che le ultime generazioni hanno in mano; specialmente quella parte di docenti di una certa età che non si sono premurati di rendersi capaci di apprendere l’uso di strumenti telematici e informativi che stavano e stanno cambiando l’umanità. Situazione che si era verificata, a suo tempo, con l’arrivo degli “audiovisivi” che avevano visto in lotta chi li voleva didatticamente usare e chi, invece, si rifiutava di volerli usare forse perché incapaci. Vanno, pertanto, prese in considerazione le esperienze fatte in questi mesi, durante i quali il coronavirus ha obbligato al distacco “corporeo” fra docenti e discenti, obbligandoli ad interloquire fra loro indirettamente, facendo didattica con sussidi didattici costituiti da strumenti telematici ed informatici ormai di uso comune (sempre tenendo conto dei disagiati, in situazioni abitative fatiscenti e privi degli strumenti adeguati). La situazione dei “chiusi in casa” lascia intravvedere un ritorno alla “compresenza” in aula, tuttavia didatticamente supportata dagli strumenti telematici ed informatici. Al momento è difficile intuire come la situazione sarà e come la si saprà affrontare. Certamente pedagogisti e pedagoghi - come da Rousseau (1700) a don Milani (1900) - sono sotto pressione e certamente troveranno le soluzioni possibili ed adeguate. È da augurarselo per il bene delle sempre nuove generazioni.
Territorio
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Proseguono i progetti sostenuti dalla Riserva di Biosfera UnescoAlpi Ledrensi e Judicaria A cura di Gianfranco Pederzolli Sono dieci le progettualità attualmente in fase di realizzazione sostenute dalla Riserva di Biosfera Alpi Ledrensi e Judicaria. Si tratta di progetti proposti da enti, associazioni e istituti di ricerca che operano nel dino Biologico di Bes. Infine è con piacere che ricordo anche l’esperienza dell’associazione Dolomiti Open, associazione sportiva nata con l’obiettivo di veicolare il concetto del patrimonio dedicato a tutti, attraverso progetti che raccolgono diversi valori come il rispetto delle diversità, l’attenzione e la valorizzazione del territorio, la condivisione dei beni comuni ed il profondo rispetto per l’ambiente. L’associazione ha realizzato il progetto “La Falesia dimenticata” che ha permesso il recupero di una parete di arrampicata nel comune di San Lorenzo Dorsino restituendola alla comunità. Oltre a questo progetto l’associazione dal 2015 promuove l’iniziativa “Brenta Open”, un evento celebrativo delle Dolomiti di Brenta, un Patrimonio Unesco di tutti e per tutti. A 5 anni e 5 edizioni di questo superbo evento, l’Associazione è in procinto di pubblicare un affascinante e coinvolgente libro fotografico che racconta gli anni di Brenta Open. L’obiettivo di questo fotolibro è di continuare sulla strada della sensibilizzazione sull’inclusività del territorio e della comunità, portando al centro l’individuo e le sue doti. Un libro che, attraverso le bellissime immagini del fotografo Filippo Frizzera e le testimonian-
ze di alcuni protagonisti, ci trasmette i valori importanti della passione, della condivisione, del carattere, della forza di volontà e dell’attenzione agli altri. Ad accompagnare gli scatti fotografici vi sono anche degli spezzoni
territorio della Riserva di Biosfera e che mirano al raggiungimento dei tre obiettivi strategici del programma “Uomo e Biosfera” di Unesco: la conservazione, lo sviluppo sostenibile e la ricerca scientifica/educazione. narrati dalle penne di Rosario Fichera, Annibale Salsa, Marcello Frizzera, Simone Elmi ed Alberto Benchimol. Il libro verrà pubblicato all’inizio di questa estate e la sua stampa sarà supportata anche dal BIM Sarca Min-
cio Garda, Ente coordinatore della Riserva di Biosfera. Alcune copie saranno disponibili nella sede del BIM, perciò chi interessato ad avere il libro potrà ritirarne una copia anche alla sede di Tione di Trento.
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Una parte importante di questi progetti si è occupata concretamente di sviluppo sostenibile, fra cui certamente ricadono tutte le iniziative connesse al turismo, settore che oggi più che mai necessita di nuove idee e stimoli per saper ripartire valorizzando sempre più i valori naturali, culturali e umani del territorio. In tal senso fa piacere la collaborazione avviata fra i vari enti turistici con il progetto “Destinazione Unesco” nel quale sono stati coinvolti numerosi operatori del settore. Un’altra parte importante dei progetti si è occupata di conservazione e ricerca scientifica, restituendo al territorio importanti dati e informazioni. In tal senso si è dimostrata fondamentale la collaborazione con prestigiosi centri di ricerca provinciali quali la Fondazione Edmund Mach e la Fondazione Bruno Kessler che hanno avviato progetti di ricerca nel campo dell’agricoltura, del monitoraggio della biodiversità negli ambienti acquatici e della mobilità sostenibile. Infine molti progetti sono stati realizzati da associazioni che, grazie alla passione dei loro volontari, hanno messo in campo numerose iniziative per il territorio. Fra queste ricordo i progetti dell’associazione Bosco Arte Stenico, di Giovane Judicaria e Comano Mountain Runners, ma anche le iniziative della condotta Slow Food Giudicarie e dell’associazione di promozione sociale il Giar-
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Tutti giù per terra
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Tana libera il virus (…ma una app ci salverà)
Non c’è niente di più triste di una primavera meravigliosa che non possiamo godere. Per quasi due mesi non abbiamo fatto altro che rievocarla, recuperando dal nostro archivio sensoriale profumi, suoni, immagini… files emozionali immagazzinati nel personale hard disk che è la nostra memoria. Ora siamo in RIPARTENZA, che in realtà vuol dire RESURREZIONE vera e propria! Milioni di Lazzaro finalmente riesumati dal proprio sepolcro domestico, dopo mesi di clausura a inalare odore di fritto e noia. Smetteremo di essere pesci nella boccia e criceti sulla ruota. Ora dovremo giocoforza trasformarci in velocissimi nuotatori se vorremo sfuggire allo tsunami che ci tallona e che rischia di travolgerci: la minaccia tangibilissima di una crisi economica inedita in epoca di pace. Il Cristianesimo, filosofia ottimistica per definizione, attribuisce al Tempo una ben precisa funzione e connotazione: il Passato è considerato il Male, il Presente è redenzione, il Futuro è salvezza. L’Uomo, ed è la Storia che parla, si è sempre mostrato incapace di imparare dai suoi Orrori, figuriamoci dagli errori. Non aspettiamoci dunque rivoluzioni comportamentali copernicane, risparmiamoci la retorica del ‘quando tutto sarà finito…’, della ‘solidarietà ritrovata’, del ‘nuovo Rinascimento dei valori’… Diffidiamo delle minchiate buoniste sul futuro come speranza dell’umanità. Evitiamo i dibattiti sulla benevola mutazione antropologica, come se il virus fosse un Prometeo venuto ad aprirci gli occhi, un novello Cristo capace di incidere e separare la linea del Tempo, di dividere la storia dell’Umanità in un Prima e in un Dopo Covid. Non illudiamoci. I buoni e i giusti continueranno ad esMartedì 7 aprile, è venuto a mancare il “maestro Geremia” di Fiavé, molto conosciuto nelle Giudicarie e in Trentino per i ruoli ricoperti per tanti anni come presidente della Federazione tamburello, e membro della commissione sentieri della Sat di Trento. Caro Geremia, non pensavo che ci avresti lasciato così in fretta. Ti ho incontrato, l’ultima volta, nei primi giorni di marzo, ed ora, sono già qui a ricordarti, perché vorrei che il tuo operato pubblico e sociale nella nostra Comunità di Fiavé, fosse conosciuto. Qualche mese fa, mi hai mostrato con orgoglio le ultime ricerche sui toponomi di Fiavé, sulla storia delle nostre associazioni sportive, sui giochi e i lavori di una volta, sugli “scotùm “, e sulle croci di confine tra le nostre frazioni. Eh si, nonostante la malattia, che hai combattuto fino alla fine, pensavi ancora a lasciare memoria della storia “popolare e recente” della nostra Comunità. La volontà di semi-
sere buoni e giusti. Gli stronzi saranno ancora più stronzi. Semplicemente. Dopo il tormentone invernale ‘Genitore uno Genitore due’ ecco quello di primavera: ‘Fase uno Fase due’. Ci fosse ancora il Festivalbar, Vittorio Salvetti-buonanima gongolerebbe (citazione per nostalgici). ‘Fase due’ vuol dire convivere con il
virus, riorganizzando la quotidianità su basi scientifiche e in assoluta sicurezza. E qui ci risiamo: per raggiungere l’obiettivo, il Governo si affida recidivo (come per i seggiolini antiabbandono) alla tecnologia, e lancia nelle nostre vite la app IMMUNI. L’Uomo che non si fida dell’Uomo, incapace di osservare semplici regole
Tutti giù per terra di Massimo Ceccherini Podio
di condotta individuale e di convivenza collettiva, e che delega la soluzione del problema al Bluetooth. Prescelta dal Governo tra più di 300, come un’odalisca di un harem smart e interconnesso, la app Immuni è in grado di geolocalizzare le persone contagiate, e avvisarci circa incontri, movimenti e posizione.
Passeremo il tempo con gli occhi ancor più incollati allo schermo, diffideremo di qualsiasi presenza bipede intorno a noi. Tanti hanno già annunciato che non la scaricheranno. ‘Violazione della privacy’ il motivo più gettonato. ‘Vogliono i nostri dati, vogliono sapere tutto di noi!’ dicono. E sono gli stessi che postano sui social h24 tutto di sé, che autorizzano l’uso di cookie su internet, che usano impronte digitali e screening facciali come sblocca schermo! Beata incoerenza… Altri invece sposano una delle mille tesi complottiste dei guru del web, evidentemente più convincenti di Giorgio Mastrota durante una televendita di materassi. La app come ultimo anello di un Grande Disegno Cospirativo teso alla conquista del mondo, messo in piedi dalle multinazionali del Farmaco, dagli squali della Finanza, dai Terrapiattisti, dai soliti ebrei, dal 5G, dalla mafia, dagli alieni, da Scientology, dall’INPS, dall’amministratore di condominio. Tutto torna buono pur di farci sentire tanti 007 con l’innaffiatoio in mano e i bigodini sulla testa. E nella spirale incontrollata di pareri via web di tuttologi h24, di palinsensti tv affollati da pseudo-scienziati laureatisi su Whatsapp e soubrettine che filosofeggiano, da sparacazzate che si ergono ad antropologi e infettivologi ad minchiam, da chiunque parli e straparli, la Grande Genialata l’ha detta Trump: iniezioni di disinfettante e ultravioletti per uccidere il virus. Roba che neanche un battutista alla Woody Allen o alla Bill Cosby dei tempi d’oro. Una bocca e un riporto rubati al cabaret. Ma con l’aggravante che non fa ridere per niente.
Ciao, maestro Geremia
nare conoscenze era incolmabile ed il tuo sogno era quello di vedere pubblicato le ultime ricerche. Ricordo, durante i miei mandati di sindaco, la tua generosa disponibilità e collaborazione. Ricordo anche, con molto piacere, la presentazione ad un
folto pubblico di amici, delle tue interessanti pubblicazioni “50 anni di attività venatoria” e le “Vie di comunicazione”, ed anche se eri un uomo schivo e disinteressato agli onori, ne eri rimasto proprio contento. Le pubblicazioni poc’anzi citati, e quella “Sui monti delle Giudicarie Esteriori”, realizzate con precisione e conoscenza profonda del territorio, ci accompagnano in itinerari che portano sui nostri straordinari gruppi montuosi e nella fitta rete viaria locale di sentieri e passeggiate. Ci raccontano, talvolta con umorismo, la storia dei nostri luoghi completa di notizie culturali, venatorie, botaniche, folkloristiche, detti e curiosità. Ti siamo grati di queste fon-
damentali testimonianze, che sono frutto dei tuoi ricordi vissuti, della grande passione per la caccia, per la montagna, per la fotografia dei paesaggi giudicariesi, della flora e della fauna, e che altrimenti sarebbero andate perse. Una banca dati della memoria della nostra Comunità, molto utile per noi e per le generazioni future. Ma tu non sei stato solo un bravo maestro per 32 anni, un appassionato cacciatore e studioso di storia locale, ma sei stato anche un amministratore pubblico responsabile, impegnato nell’amministrazione comunale per ben 15 anni, dal 1969 al 1984, come sindaco, vicesindaco e consigliere comunale, presidente della Pro loco, presidente e segretario del Gruppo tamburello, della
sportiva, della Sat, dello Sci Club, dei Cacciatori, e cofondatore del Gruppo Ricerca e Studi Giudicariese e del Centro Studi Judicaria. Tua anche l’idea condivisa con altri amici di realizzare negli anni ‘70 il rifugio Misone e di ristrutturare Malga Cogorna, ormai abbandonata. Soprattutto, sei stato un grande promotore entusiasta del nostro straordinario territorio e di diverse discipline sportive a Fiavé. Che dire, una vita vissuta nel volontariato, in mezzo alla gente, per il bene comune, portando prestigio ed onore alla nostra comunità. Per tutti questi motivi, nell’ottobre 2019, tramite il Direttivo dell’Associazione dei Sindaci Emeriti Trentini avevo proposto la segnalazione del
Tuo nome al Commissariato del Governo per la nomina a Cavalieri al Merito della Repubblica Italiana, ma ahimè Te ne sei andato prima di otternerlo. Avrei ancora tantissime cose da aggiungere perchè non si può esprimere in poco righe il ricordo di una persona come te, che ha dato così tanto a Fiavé, ma sicuramente organizzeremo iniziative per tener viva la tua memoria. Ora Geremia, come tanti altri tuoi amici ed amiche, voglio immaginarti “lassù”, sul nostro (di noi fiavetani), Monte Cogorna, che amavi tanto, nella quieta solitudine della tua “seconda casa” di Malga Cogorna, come dicevi sempre tu. Nicoletta Aloisi
Opinioni a confronto BOTTA E RISPOSTA
vilgiat@yahoo.it
Di solito riserbo le prime righe di questa mia rubrica ai suggerimenti dei miei amici che frequentavo (è il caso di dirlo) nei mesi scorsi, e prendevo spunto dai loro ragionamenti per dire la mia. Purtroppo i bar sono chiusi, ma credo d’interpretare anche il loro pensiero se scrivo alcune righe su qualcosa di miracoloso che il coronavirus, fra le tante tragedie, ci ha regalato. Mi riempio di commozione quando penso ai tanti operatori sanitari morti o comunque infettati nelle trincee della guerra contro il virus maledetto. Hanno dato la loro vita per persone che neanche conoscevano. Che non avevano mai visto. Si dirà che è il loro mestiere. Ma non è così. Ci sono anche molti medici pensionati che avrebbero potuto stare a casa tranquilli.
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Domani non scordiamoci gli eroi di oggi
Eppure si sono vestiti di bianco e con o senza mascherine si sono messi al servizio nelle corsie. Ben sapendo che essendo anziani correvano non pochi rischi. E non dimentico i molti sacerdoti che si sono infettati e sono morti per andare a somministrare i Sacramenti ai moribondi. Gli uni e gli altri morti per salvare chi il corpo e chi l’anima di sconosciuti. E come
Solidarietà nazionale, i politici si taglino gli stipendi! In questo momento drammatico si chiedono ai cittadini offerte in denaro per aiutare le varie strutture sanitarie e le associazioni che hanno bisogno di sostegno per poter sostenere il grande lavoro che sono chiamate a fare. Mi sarebbe piaciuta una campagna di solidarietà nazionale con in prima fila i nostri politici pronti a tagliare del cinquanta per cento il loro consistente compenso mensile, cosa ne dici? Paolo E chi non sarebbe d’accordo se i deputati, senatori, ed ancor più consiglieri provinciali, decidessero di ridursi, per questo periodo, i loro stipendi? Sarebbe un gran gesto di solidarietà che varrebbe mille discorsi e mille promesse. Dici bene quando ricordi che in questi giorni tantissimi cittadini di ogni categoria sociale hanno partecipato spontaneamente a raccolte di fondi, sarebbe giusto che i rappresentanti del popolo lautamente pagati, facessero altrettanto. Oltre tutto il Parlamento non lavora da mesi, e la loro decisione sarebbe giustificata dal fatto che da un paio di mesi fanno poco o niente. Ammesso che in un periodo normale facciano di più. Mi sono stupito in questi giorni che perfino il Parlamento bulgaro abbia preso una simile decisione. A Trento ci ha provato il consigliere Degasperi, ma tutti i suoi colleghi hanno fatto orecchi da mercante. Sono in queste opportunità mancate che si può testare l’importanza di avere una classe politica all’altezza. L’onestà e il senso di solidarietà sono qualità in ogni persona, tanto più se questa è chiamata a rappresentare il popolo. Giusto quindi chiedere ai nostri politici un gesto di solidarietà almeno in questo frangente così doloroso per la nostra gente. Ci ascolterà qualcuno? Purtroppo la nostra politica è frequentata da mercanti d’ogni tipo e le loro orecchie non sono particolarmente sensibili...speriamo! (a.a.)
dimenticare i nostri vigili del fuoco allertati giorno e notte per essere d’aiuto alle famiglie più in difficoltà, e alle forze dell’ordine ed alla polizia locale, che ci potranno anche infastidire con la loro severità, ma che fanno solo il loro dovere, quello di garantire la nostra sicurezza. Tutta gente che lavora con la mente e con il cuore. Quel qualcosa di miracoloso
a cui ho accennato sta tutto nel cambiamento che è avvenuto in gran parte di noi, nella nostra comunità. Un cambiamento in meglio. Un cambiamento che non dimenticheremo. Ecco perché ritengo sia nostro dovere ringraziare questi eroi che ci hanno lasciato una grande lezione di vita, eroi che non dovremo dimenticare quando tutto sarà tornato come prima. Accanto ai santi Martiri che abbiamo onorato nei secoli, ce ne sono di nuovi altrettanto grandi che onoreremo nei secoli futuri. E, se c’è Qualcuno lassù, e io credo che ci sia, spero li accolga con tutti gli onori che meritano e che possano darci una mano nel cercare di imitarli per essere degni del loro aiuto. Adelino Amistadi
Mascherine, che confusione! In questi ultimi giorni si fa un gran parlare di mascherine. A quanto pare è obbligatorio metterle sempre e comunque quando si esce di casa. La scelta fatta dai responsabili mi sembra ovvia. Giusta. Però intorno alle mascherine c’è fin dall’inizio una gran confusione: servono, non servono, ce ne sono a milioni, non le trovi neanche in farmacia, costano troppo, poi il governo le vuole a costi bassissimi (50 centesimi), ma quei prezzi nessuno vuole venderle...Ci sarà qualcuno che metterà fine a ‘sto casino? Tiziano
Credo che le mascherine dovranno accompagnare la nostra vita per un bel pezzo, si parla addirittura di un paio d’anni, a meno che non si trovi quanto prima un vaccino efficace. E quindi è importante averne a disposizione in quantità considerevoli. Ho fatto una ricerca in proposito. Sembra che noi, come al solito, all’inizio le abbiamo snobbate e le abbiamo comprate all’estero. Soprattutto dalla Cina, ma poi, chiuse le frontiere, basta mascherine. Per fortuna che molte nostre aziende si sono convertite producendole, ma con il prezzo stabilito dal governo smetteranno di confezionarle per non produrre in perdita. E così rischiamo di rimanerne senza di nuovo. Ora si sta discutendo sul prezzo imposto (0.50 euro) e spero proprio, con la necessità che ne abbiamo, che alla fine troveranno una via di mezzo e così le nostre imprese potranno tornare a fornici di queste benedette mascherine. Di cui, a quanto pare, non possiamo fare a meno. (a.a.)
Anziani in quarantena fino a Natale Caro Adelino, siamo più o meno della stessa età, giovani vecchi, tanto per capirci, e non ho ancora sentito un tuo parere sulle scandalose prese di posizione di qualche saputello, anche in Provincia, che vorrebbe gli anziani agli arresti domiciliari, chiusi in casa fino a Natale, aspettando magari che gran parte di loro passino a miglior vita. Si risparmierebbero un sacco di soldi e non sarebbero in molti a preoccuparsi. Salvo i parenti più stretti. Ormai noi anziani, compresi noi giovani vecchi, siamo considerati persone “fragili”, o “vulnerabili” ed è normale che il coronavirus ce l’abbia con noi...e tutto sommato sarebbe accettato dai più come il minor male...Io, però, non sono per niente d’accordo, sono offeso ed incazzato e per far rabbia ai non pochi cretini che la pensano così, sono deciso a resistere e a sopravvivere. Ettore Nei giorni scorsi è stata avanzata una proposta a livello nazionale, ma anche provinciale, con la quale si indicava come rimedio sicuro per bloccare il coronavirus dopo il passaggio della Fase 2: bloccare in casa gli anziani sino alla fine dell’anno. Secondo questi sapientoni, la proposta è suffragata dai dati statistici che evidenziano come gran parte dei decessi riguardi persone anziane. Quasi a sottintendere che gli anziani sono la causa dell’epidemia e non le vittime dovute a mancanza di prevenzione, di adeguate informazioni, di direttive e attrezzature idonee per il personale delle Rsa oltre che degli ospedali. E di certo non erano gli anziani che affollavano bar, negozi, ristoranti, piazze e quant’altro, loro erano in gran parte rinchiusi in stanze dove qualcuno, da fuori, ha portato il virus. E sarei curioso anche di capire il criterio con cui i nostri sapientoni intendono individuare l’anzianità. Ci sono settantenni/ottantenni che ogni giorno coltivano la terra, altri che fanno i falegnami, altri ancora i muratori, per svago o per necessità. Ci sono anziani che svolgono un ruolo fondamentale per le famiglie dei propri figli. Ci sono anziani con ruoli importanti in società, enti pubblici e privati, in cooperative. E ci sono giovani che invece non hanno nessuna voglia di impegnarsi e di fare altrettanto. La vecchiaia non è fragilità, è una stagione della vita, lo diventa se maltrattata e confinata magari in una casa di riposo. È ora di smetterla di usare il termine “anziano” tutte le volte che si cerca un capro espiatorio. Un anziano è un “adulto responsabile”, ricco di esperienze e di conoscenza. Poi sono anche convinto che l’età non fa sconti a nessuno, gli anziani possono essere anche più vulnerabili, ma non è certo un virus, per di più cinese, che decida quando è il nostro momento di andarsene. Ancor meno devono esserlo persone supponenti e impreparate che dimenticano che prima o poi toccherà anche a loro e magari rinnegheranno le sciocchezze con cui oggi si fanno grandi. E sia ben chiaro, noi non chiediamo niente, solo rispetto, e un po’ di riconoscenza: se oggi i nostri figli, i nostri nipoti godono di un certo benessere, credo sia anche un po’ merito nostro. Dopo il 4 maggio non vedo l’ora di andare a fare quattro passi, in barba a coloro che ci vorrebbero reclusi per sempre. Diamo gas al motore e avanti tutta, nessuno ci fermerà. (a.a.)
Seguendo il percorso all’interno delle tubature si scopre che la rete GNL di Liquigas raggiunge �������������������������������������������������������������� Il Gas Naturale Liquefatto (GNL)�����������������energia sostenibile����������� e ������������������������������������������������ FAI UNA SCELTA CONSAPEVOLE. DA OGGI A COMANO TERME PUOI* �������������������������������������������������������������
A causa dell’emergenza sanitaria in corso il nostro ufficio di Comano Terme è momentaneamente chiuso. Ma torneremo presto. Per info: www.liquigas.com
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MAGGIO 2020