Giornale_delle_Giudicarie_novembre2020

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ANNO 18 - NOVEMBRE 2020- N. 11- MENSILE

LA RIFLESSIONE

L’emergenza democratica e autonomista di Paolo Mantovan direttore del“Trentino” È iniziata da poche settimane la vita dei Consigli comunali del Trentino con sindaci e consiglieri comunali eletti nelle recenti consultazioni elettorali del 20 settembre del 4 ottobre. Come abbiamo già ricordato in precedenza sul nostro Giornale vi sono stati molti comuni con un’unica lista: fatto ad un segno negativo per quelle che sono state da sempre le cellule della democrazia e della partecipazione dei cittadini alla vita della loro comunità locali. Si tratta di una situazione che impone a tutti un approfondimento sul perché di questa “disaffezione” nell’assunzione di responsabilità in istituzioni così importanti per la nostra vita comunitaria. Allo scopo di offrire elementi di riflessione in merito riportiamo di seguito un interessante articolo di Paolo Mantovani apparso il 25 ottobre sul giornale “Trentino” da lui diretto. Siamo in piena emergenza democratica e autonomista. L’abbiamo intuito alle recentissime elezioni comunali dove in 56 Comuni su 156 (più di un terzo) si è presentato un solo candidato sindaco con una sola lista. In questi Comuni, dove c’è un “partito unico”, di fatto, c’è anche un “podestà”, altro che sindaco. Opposizione zero. Confronto zero. Controllo zero. A pagina 13

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EUROPA

Coronavirus, serve l’impegno di tutti

La campana ha suonato per tutti di Paolo Magagnotti

A pag. 10 e seguenti Cultura

Giacomo Bonazza vince il Papaleoni

A PAGINA 20

Lotta alla pandemia

L’appello della Merkel A PAGINA 17

Dopo che in estate questo maledetto coronavirus ci aveva consentito un po’ di tregua, da qualche settimana ci ha nuovamente dichiarato guerra in maniera molto pesante, trovandoci tutti ancora senza adeguate armi di difesa. Tutta la nostra cara Europa è sotto attacco. Tutti ci preoccupiamo, quasi ora dopo ora, della situazione nella realtà a noi più vicina, dalla famiglia alla valle e dalla provincia all’intera nostra nazione.

A pagina 17

Attualità

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TURISMO Le Giudicarie in numeri Centro A pag.Specializzato 28 LA LETTERA. Utetd ...e tu in pericolo come A pag. 38 dormi?

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NOVEMBRE 2020

A cura della REDAZIONE

Rassegna Stampa

RASSEGNA STAMPA OTTOBRE 2020

DALLE GIUDICARIE DALLA PROVINCIA

Al bar Posta, caffè senza mascherina, 1 euro + 400 euro - Al bar Posta di Spiazzo Rendena, al banco è apparso un nuovo cartello che spiega tutto. Come lo Danilo Mussi è il nuovo Presidente del Centro Studi Judicaria - È stato nominato Presidente del Centro Studi Judicaria Danilo Mussi. Succede a Graziano Riccadonna. Il Centro Studi Judicaria nato nel 1982 per iniziativa dei Consorzi dei Comuni B.I.M. Sarca-Mincio-Garda di Tione e Chiese di Condino raccoglie, salvaguarda, valorizza gli elementi e l’insieme degli aspetti sociali ed umani che rappresentano la storia delle Giudicarie, con la costituzione di un centro di raccolta, di ricerca, di studio, di conservazione e di diffusione delle tradizioni e del patrimonio culturale locale. «La recente nomina a Presidente del Centro Studi Judicaria mi ha dato grande soddisfazione - ha dichiarato il neopresidente Mussi dopo la nomina - So che non sarà semplice gestire questa carica, ma la passione per la cultura e l’amore per questo territorio, con la collaborazione di tutto il nuovo Consiglio Direttivo, sono sicuro mi aiuteranno a continuare l’ottimo percorso fin qui portato avanti da tutti i miei illustri predecessori, non per ultimo il prof. Riccadonna che qui ringrazio per i consigli e la continua e sentita crescita culturale del Centro». 20 posti letto COVID nella Rsao di Tione Dei 100 posti letto destinati ad ospitare gli ospiti di altre Rsa che hanno contratto il virus, 20 saranno ricavati dai reparti della Rsao di Tione. Ai 20 disponibili nella struttura di Volano ne verranno aggiunti altri 60, inoltre ulteriori 20 posti letto sono stati individuati nella Rsao di Tione. E’ la decisione assunta dalla Giunta provinciale, su indicazione dell’assessore alla salute Stefania Segnana che commenta: “Purtroppo stiamo assistendo, soprattutto in questi ultimi giorni, a un aumento progressivo dei contagi, anche in alcune strutture residenziali. Per questo abbiamo stabilito di aumentare la disponibilità di posto letto dedicati al Covid, aggiungendo ulteriori 80 posti ai 20 che già

volete il caffé? Senza mascherina fanno 1 euro più 400 di multa. Con la mascherina invece un euro. E buona giornata a a tutti! c’erano a Volano e adibendo interamente le due strutture a questo fine. Accanto ai pazienti Rsa positivi – conclude l’assessore provinciale – i posti letto saranno utilizzati anche per assistere pazienti fragili positivi al virus dimessi dalle strutture ospedaliere o provenienti dal territorio, che richiedono cure temporanee in un contesto protetto”. La disponibilità di questi posti comporta un finanziamento di circa 550.000 euro, già coperti nell’ambito delle risorse 2020 del bilancio dell’Azienda sanitaria. Cessata la funzione di Rsa Covid, la struttura di Tione verrà convertita in un nucleo di cure intermedie. Ad entrambe le strutture verrà riconosciuto il finanziamento a partire dalla messa a disposizione della struttura e indipendentemente dall’occupazione del posto. Funivie Pinzolo SPA: “Il bilancio dell’anno scorso è più che positivo nonostante la chiusura anticipata degli impianti” - Un bilancio d’esercizio positivo nonostante la chiusura anticipata a causa Covid 19 quello esposto all’assemblea dei soci da Funivie Pinzolo Spa con 9.389.912,83 euro di proventi (+2,63% rispetto all’esercizio precedente) e un Risultato d’esercizio netto di 728.886 euro. L’esercizio 2019/2020 prospettava, fino da inizio marzo 2020, risultati record (incassi stagione invernale al 29 febbraio 2020 +24,78% rispetto all’anno precedente), dovuti ad una stagione partita nel migliore dei modi con abbondanti nevicate già a novembre che hanno permesso l’apertura da subito dell’asse del collegamento tra Pinzolo e Madonna di Campiglio (e l’accesso all’intera Skiarea Campiglio Dolomiti di Brenta Val di Sole Val Rendena). Nonostante la chiusura anticipata la società è riuscita a mantenere una buona marginalità di periodo, confermando un Ebitda in linea con quello dell’esercizio precedente che si era chiuso con il miglior risultato di sempre.

Sfoglia il Giornale delle Giudicarie su www.giornaledellegiudicarie.it Si ricorda che è possibile sfogliare il Giornale delle Giudicarie sul sito www. giornaledellegiudicarie.it aggiornato ogni mese con le notizie più importanti che accadono in Giudicarie.

Test antigenici rapidi per il virus SarsCov2 nelle farmacie Tra pochi giorni, nelle farmacie del Trentino potranno essere effettuati i test antigenici rapidi per la ricerca del virus Sars-Cov2. Nell’incontro che si è tenuto tra i vertici di Federfarma Trento, di Farmacie Comunali di Trento, e Società multiservizi di Rovereto, con l’assessore provinciale alla salute, politiche sociali, disabilità e famiglia Stefania Segnana, il direttore generale facente funzioni dell’Azienda sanitaria Pier Paolo Benetollo e il direttore del Dipartimento di prevenzione Antonio Ferro è stato trovato un accordo sugli aspetti contrattuali, in particolare nella definizione della componente economica e retributiva dell’operazione. Sono stati definiti inoltre i compiti di farmacisti e APSS. L’obiettivo del progetto sperimentale è quello di diffondere capillarmente su tutto il territorio provinciale l’esecuzione dei test antigenici rapidi, con oneri a carico del Servizio sanitario provinciale, presso le farmacie convenzionate che vogliano aderire alla iniziativa. Il progetto sperimentale di collaborazione, si configura come misura di sanità pubblica, rispondente all’esigenza di potenziare in modo capillare sul territorio, la crescente esigenza di diagnostica attraverso l’uso di test antigenici rapidi. L’esecuzione dell’esame è prenotato dall’utente, previa prescrizione (con ricetta dematerializzata) da parte del medico di medicina generale o pediatra di libera scelta. Nell’accordo saranno definiti i compiti di farmacisti e Apss; in particolare APSS dovrà provvedere alla formazione riguardante la manovra di esecuzione del tampone e la fornitura dei kit di processazione rapida del test antigenico. Ciascuna farmacia avrà invece il compito di garantire che i tamponi vengano eseguiti in luogo aperto adiacente alla farmacia ovvero all’interno della farmacia, ma con orari e spazi dedicati che consentano la separazione dal resto dell’utenza e le procedure di sanificazione. Taglio del nastro per la Breast Unit, centro multidisciplinare per la cura del tumore al seno In campo una rete per rispondere ad una patologia che colpisce ogni anno 500 donne. Qui la donna viene seguita da un’équipe di specialisti di diversa formazione, curata secondo standard avanzati e accompagnata per tutto il percorso terapeutico, dalla scoperta del tumore al seno, alla riabilitazione, ai controlli dopo la terapia. Con un’ attenzione non solo ai bisogni fisici ma anche a quelli psicologici. È la Breast Unit, il centro multidisciplinare per la cura del tumore al seno dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari inaugurato ufficialmente il 22 ottobre all’ospedale Santa Chiara di Trento alla presenza del direttore generale facente funzione di Apss Pier Paolo Benetollo, l’assessore provinciale alla salute, disabilità e famiglia Stefania Segnana, il direttore del servizio ospedaliero provinciale Giovanni Maria Guarrera, il direttore medico dell’ospedale Santa Chiara Mario Grattarola, la responsabile clinica e coordinatrice della Breast Unit Antonella Ferro, il direttore del dipartimento infrastrutture Debora Furlani e il responsabile della chirurgia plastica ricostruttiva e senologia Paolo Cristofolini. La Breast Unit rappresenta un innovativo modello organizzativo che unisce trasversalmente vari professionisti, strutture e ser-

vizi con l’obiettivo di rendere più efficace, omogeneo e snello il percorso clinico della paziente dalla diagnosi alla pianificazione individualizzata della cura, tenendo in considerazione anche gli aspetti di tipo riabilitativo, sia fisici sia psicologici, della persona nella sua globalità. Online il nuovo portale dei contratti pubblici È online il nuovo portale dei contratti pubblici. Vi si trovano le procedure di gara delle amministrazioni provinciali, gli aggiornamenti, la normativa e i servizi dedicati a chi opera in questo settore. Un nuovo portale (https://contrattipubblici.provincia. tn.it/) fortemente voluto per facilitare il lavoro quotidiano di chi opera nel settore dei contratti pubblici. In particolare gli operatori economici dalla homepage del sito potranno accedere direttamente al sistema di e-procurement provinciale e consultare liberamente tutti gli atti di programmazione, i bandi di gara, i dati e gli atti relativi ai contratti aggiudicati dalle amministrazioni provinciali. Per le pubbliche amministrazioni l’homepage riporta gli accessi ai servizi loro dedicati quali SICOPAT, “L’Esperto risponde”, alla formazione specifica in materia di contratti pubblici, alla modulistica e al sistema di e-procurement. Per tutti gli utenti sono resi disponibili e liberamente consultabili tutti gli atti normativi, regolamentari, le circolari e le linee guida di settore. Al via nuovi corsi di formazione per chi assiste un familiare anziano non autosufficiente Partiranno a breve due nuovi corsi di formazione gratuiti per persone che assistono un familiare anziano non autosufficiente (caregiver) che rientrano nel progetto CuraInsieme, promossi dalla Comunità delle Giudicarie e dalla Magnifica comunità degli altipiani cimbri insieme alla Fondazione Demarchi. Il percorso è frutto di una co-progettazione Provincia autonoma di Trento, Apss, Upipa, Consulta per la salute, Consolida e Fondazione Demarchi. Per ogni corso sono previsti 9 incontri di 2 ore ciascuno (di cui due laboratori) a cadenza settimanale. A supporto dei partecipanti saranno resi disponibili dei moduli on-line che anticipano i temi che saranno poi trattati e sviluppati negli incontri in aula. Tenendo conto della situazione attuale è stato anche aggiunto un modulo che tratta “Le misure di prevenzione del contagio da Covid e malattie infettive”. Festival della Famiglia: la 9° edizione si terrà online Anche il Festival della Famiglia si adegua alla pandemia: la 9° edizione dell’attesa kermesse, che quest’anno punterà l’attenzione proprio all’emergenza in corso, si terrà completamente online. Quest’anno al centro della manifestazione vi è infatti il tema “La società trasformata: verso un’economia della sostenibilità? Sfide e opportunità dopo la pandemia da Covid-19”, che verrà indagato attraverso un variegato programma di workshop e seminari fruibili in modalità online. L’evento inaugurale è previsto lunedì 30 novembre a partire dalle 14, il festival proseguirà fino a venerdì 4 dicembre 2020.

Giornale delle Giudicarie, distribuito dalla Cooperativa Lavoro Il Giornale delle Giudicarie viene distribuito dalla Cooperativa sociale Lavoro, con sede in località Copera a Zuclo. Per segnalare critiche, suggerimenti, disguidi nella spedizione è possibile chiamare il numero della cooperativa: 0465-326420 oppure quello del Giornale delle Giudicarie, 0465322934, oppure via mail all’indirizzo: redazionegdg@yahoo.it.


NOVEMBRE 2020 - pag. Maurizio Fuga

Ribalto

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NOVEMBRE 2020

Ruolo delle Pro Loco in Giudicarie

Anna Lisa Zambotti, presidente della Pro loco di Fiavè

“Da noi la Pro loco junior per garantire continuità e ricambio” Qual è il ruolo che hanno oggi, nel turismo contemporaneo, le Pro loco? Sono presidente di recente nomina e ammetto di non conoscere a fondo il mondo delle Pro loco in quanto non mi sono mai dedicata se non come partecipante a qualche manifestazione. Il turismo contemporaneo è in fase di trasformazione, condizionato da molteplici fattori tra loro interdipendenti che cambiano in relazione al contesto territoriale, alla vocazione turistica della zona e al determinato momento storico. Credo che le Pro loco debbano mantenere una loro collocazione identitaria e quindi non debbano modificare il proprio ruolo, fedeli al significato originario di pro loco, a sottolineare il rapporto stretto con il luogo, paese o comunità dove operano, e alla loro natura associativa, che comporta l’impegno a mantenere strette relazioni con i vari soggetti del territorio. Nei nostri paesi le Pro loco possono esprimere la loro efficacia partecipativa nell’ambito del turismo defi-

nito “di prossimità”, dove i “paesani” e i “turisti” sono compresenti non solo in ruoli di spettatori, ma in modo attivo nel conoscere e valorizzare le specificità del proprio territorio. La recente denominazione di Associazione di Promozione Sociale non modifica di fatto la struttura e la natura della Pro loco. Quali sono le criticità maggiori che si ritrovano ad affrontare? Se non si ravvisano a parer mio cambiamenti nel ruolo delle Pro loco, lo stesso non si può dire delle modalità e dei tempi con cui promuovono ed organizzano la propria attività; le restrizioni sociali dovute a pandemia a cui siamo costretti in questo difficile momento si riflettono sui rapporti e le relazioni tra persone che vivono nello stesso paese o territorio e di conseguenza ciò rende difficile interpretare la mission con lo spirito autentico che anima le Pro loco. Al di là della pandemia, siamo di fronte ad una crisi del volontariato che si fa sentire

non poco nelle Pro loco: è più facile avere al fianco persone desiderose di darsi da fare, di lavorare concretamente a montare palchi, spostare tavoli e panchine etc, ma è arduo riuscire a coinvolgere persone che si facciano carico della progettazione delle attività e soprattutto della cura dei tantissimi aspetti burocratici e delle norme che le Pro loco sono tenute ad applicare ed osservare. Il coinvolgimento di forze nuove, in particolare di giovani, è una questione aperta di tutto il settore

volontaristico. Com’è la situazione per la realtà che rappresenta e quali ricette propone per migliorarla? Il coinvolgimento e il reclutamento dei volontari rappresentano tutt’oggi una delle preoccupazioni maggiori legate alla sopravvivenza stessa delle Pro loco e comunque costituiscono una criticità costante che interessa tutte le realtà che fondano la propria esistenza sul volontariato a partire dal lavoro burocratico-amministrativo che la direzione deve condurre allo scopo di consentire lo svolgimento delle iniziative attraverso la

messa in campo di tante risorse umane preziosissime rappresentate dai soci e non solo, senza le quali manifestazioni come “La cena al lume di candela” non sarebbero possibili. Non mancano certo giovani volonterosi, ma la sfida è quella di coinvolgerne sempre di più: non esiste futuro senza di loro, in ogni campo. Il difficile è attivare i canali giusti per garantire la continuità ed un costante reclutamento. Per ovviare in parte a questo problema la nostra Pro loco ha attivato il gruppo della Pro loco junior che raggruppa ragazzi adolescenti che si affiancano ai “seniores” nelle varie manifestazioni. Quali immagina saranno le difficoltà di questo ritorno di casi di Covid-19 sul futuro dell’animazione del territorio di cui si occupano le Pro loco? Un effetto immediato del Covid-19, è stato l’annullamento delle attività per quasi tutto l’anno, vuoi perché la pandemia in primavera ci ha sorpreso tutti e anche le

Pro loco hanno dovuto fare i conti con il virus che si diffondeva e non consentiva le aggregazioni e lo stare insieme. Alla lunga ritengo che le Pro loco con possano esimersi dall’attività tenendo presenti le limitazioni e le misure di protezione e sicurezza. Le feste e le manifestazioni che creano assembramento sono impedite chissà per quanto tempo; serve quindi pensare, con uno sforzo di fantasia e creatività, ad iniziative che si concilino con le restrizioni da una parte e con l’esigenza di socialità dall’altra, per mantenere vivo il messaggio di vicinanza anche in momenti difficili come questo. Non ci rassegniamo al fatto, per esempio, che non ci sia la S. Lucia per i bambini, si sta pensando alla formula opportuna, attenti a quello che ci riserverà il futuro prossimo. L’idea di fondo è che nei vari progetti ognuno debba mettere qualcosa e chi partecipa deve sentirsi parte attiva e componente dello stesso insieme.

Roberto Marchetti, presidente della Pro loco di Borgo Lares

“Un territorio vivo mantiene i rapporti fra le persone solidi e veri” Qual è il ruolo che hanno oggi, nel turismo contemporaneo, le Pro loco? Indubbiamente un ruolo fondamentale e ce ne siamo accorti ancora di più quest’estate nella quale sono mancate quasi tutte le manifestazioni che animavano ogni settimana i nostri paesi. Oggi nel turismo contemporaneo - ancora più di ieri - le Pro loco sono importantissime dal punto di vista dell’ospitalità: il turista vuole sempre di più provare emozioni autentiche e nulla è più autentico di un’associazione - qual è la Pro loco - nata con il preciso intento di valorizzare e far vivere il proprio territorio e renderlo sempre più ospitale per coloro che intendono visitarlo. Inoltre mantenere un territorio “vivo” non solo è importante dal punto di vista turistico ma ritengo

consenta di mantenere solidi e veri quei rapporti tra le persone che contraddistinguono ancora i nostri piccoli paesi. Quali sono le criticità maggiori che si ritrovano ad affrontare? Ovviamente in questo momento il problema principale anche per le Pro loco è la pandemia. La maggior parte delle Pro loco sono organizzatrici di eventi che in alcuni casi coinvolgono anche migliaia di persone e in questo momento di divieto di assembramenti per molte realtà è venuto a mancare il proprio core business. Un’altra criticità che tutti conosciamo ormai da anni attiene all’aspetto della responsabilità che grava sugli organizzatori delle varie attività che vedono protagoniste le Pro

loco. Questo problema esiste ed alcune volte è il motivo che può far allontanare i volontari, ma purtroppo non ha soluzioni. Credo che l’unico modo per affrontarlo sia porre moltissima attenzione all’aspetto della sicurez-

za nell’allestimento delle manifestazioni ma anche tutelare gli organizzatori con apposite, e soprattutto serie, polizze assicurative. Il coinvolgimento di forze nuove, in particolare di giovani, è una questio-

ne aperta di tutto il settore volontaristico. Com’è la situazione per la realtà che rappresenta e quali ricette propone per migliorarla? Fortunatamente la situazione per quanto riguarda la Pro loco che rappresento è molto buona. La disponibilità dei giovani (ma non solo) a collaborare alle nostre iniziative è sempre stata molto alta e non ho dubbi che sarà così anche in futuro. Per questo motivo non ho particolari ricette per migliorarla. Forse la cosa più importante per mantenere alto il coinvolgimento e l’attrattività del mondo Pro Loco sia mantenere alto l’entusiasmo soprattutto da parte di coloro che - come si dice in gergo - “tirano il carro”. La passione da parte di quelli ”che ci sono sempre” deve in qualche modo

essere contagiosa per fare in modo che nuove leve si avvicinino ed entrino nel fantastico mondo delle Pro Loco. Quali immagina saranno le difficoltà di questo ritorno di casi di Covid-19 sul futuro dell’animazione del territorio di cui si occupano le Pro loco? Certamente anche per le Pro Loco le difficoltà sono molte. La situazione purtroppo non è facile ed è davvero complesso programmare l’attività. Voglio comunque rimanere ottimista e voglio credere che questo periodo per le Pro Loco sia solo un periodo di riposo un po’ forzato che serva un po’ anche per ricaricare le batterie e ripartire più entusiasti che mai non appena sarà permesso.


Ruolo delle Pro Loco in Giudicarie

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Daniele Butterini, presidente della Pro loco di Condino

“I volontari dovrebbero essere maggiormente tutelati e protetti” Qual è il ruolo che hanno oggi, nel turismo contemporaneo, le Pro loco? Le Pro Loco hanno un ruolo sempre più importante anche in relazione alla promozione del turismo locale. In passato gli eventi organizzati erano molto spesso fini a se stessi, seppur fondamentali per la vita sociale e culturale del paese. Oggi la sfida vuole esser quella di organizzare eventi che possano fungere da attrattiva anche per il turista oltre che per la popolazione locale: gli amici di Storo con il Festival della Polenta hanno dato un chiaro segnale in questo senso. Anche noi inserendo nei nostri programmi eventi come Borgovino e Borgo Christmas abbiamo cercato di andare in questa direzione. Queste due manifestazioni infatti hanno fatto da apripista per eventi futuri, in quanto abbiamo riscontrato nella popolazione parecchia partecipazione non tralasciando comunque le manifestazioni storiche e consolidate nella tradizione locale.

Nel futuro le risorse e i contributi dovranno essere sempre più indirizzati a questo tipo di manifestazioni, volte a promuovere il loco e non solo a creare un divertimento effimero e temporaneo. Quali sono le criticità maggiori che si ritrovano ad affrontare oggi? Inutile dire che col passare del tempo la burocrazia è diventata un tarlo di non poco peso. Il doversi districare con norme sempre più restrittive, permessi in continuo cambiamento complicano non poco il lavoro della Pro Loco e dei loro direttivi in particolare, che spesso devono vestire i panni del giurista o del contabile; Da qui la forte necessità unanime delle Pro Loco di ricevere dalle amministrazioni e dagli enti preposti il giusto ed adeguato supporto; molto si è fatto negli ultimi anni ma tanto ancora c’è da fare per sgravare e tutelare i presidenti dalle incombenze amministrative e dalle ormai troppo pesanti responsabilità civili e penali a cui sono sottoposti.

Le pro loco stanno diventando a tutti gli effetti delle proprie “aziende” le responsabilità sono aumentate a dismisura e spesso dove una volta prevaleva il buon senso oggi a comandare è la norma e la regola. Le nostre comunità vivono sul volontariato e sull’associazionismo. I volontari dovrebbero essere sgravati da responsabilità personali e ciò non avviene. Il coinvolgimento di forze nuove, in particolare di giovani, è una questione aperta di tutto il settore volontaristico. Com’è la situazione per la realtà che rappresenta e quali ricette

propone per migliorarla? Le “nuove leve” sono sempre una risorsa per le pro loco: queste portano “ossigeno” all’interno dei gruppi e ravvivano quell’entusiasmo che fisiologicamente e ciclicamente può avere delle flessioni nel corso degli anni. La difficoltà che si riscontra altresì nel coinvolgere nuovi componenti è renderli consapevoli che la Pro Loco, come le altre associazioni, è forte occasione di crescita e “arricchimento” personale sotto i più svariati profili; la promozione e l’organizzazione di eventi culturali in un clima di sinergia e lavoro di squadra diventano sempre

occasione di convivialità e divertimento. La voglia di mettersi in gioco è fondamentale. Inoltre la pro loco può essere una vera maestra di vita: stare in gruppo, rispettare delle regole, lavorare in team confrontarsi con altre idee per raggiungere un obbiettivo comune avvicina i giovani anche al mondo del lavoro. I “vecchi” devono essere bravi nel coinvolgere la nuova gioventù per creare un agglomerato compatto che lavora per un unico obbiettivo. Quali immagina saranno le difficoltà di questo ritorno di casi di Covid sul futuro dell’animazione del territorio di cui si occupano le Pro loco? La paura più grande è che con il passare del tempo alcune manifestazioni storiche vadano a sfumare. Sarà importante, appena tutto sarà finito, ricordare il passato con un occhio sempre volto al futuro. Alcune manifestazioni storiche come il torneo di scacchi e i cori autunnali hanno rag-

giunto il ventennio di vita. Come Pro loco abbiamo il dovere di riproporre questi appuntamenti. Speravamo che il 2020 fosse un anno di transizione ma purtroppo le ultime notizie in merito ai contagi non lasciano molte speranze anche per i primi mesi del 2021. In tal senso stiamo lavorando ugualmente per cercare modi alternativi di raggiungere la popolazione, in particolare i bambini: a dicembre santa Lucia era un appuntamento fisso che portava gioia avvolta nel mistero e la sacralità della Santa. L’impossibilità di creare assembramenti limita fortemente la possibilità di agire. Per questo motivo in collaborazione con Avis stiamo cercando di raggiungere ogni bambino in maniera singola. Quello che non deve mancare è la speranza che un giorno tutto tornerà alla normalità. Si tornerà a trovarsi a condividere momenti ed emozioni. Le Pro loco saranno fondamentali come tutte le altre associazioni che animano e fanno vivere il paese.

Modesto Povinelli, direttore della Pro loco di Carisolo

“Cogliere questo momento per reinventarci, riflettere e riposizionare le nostre attività” Qual è il ruolo che hanno oggi, nel turismo contemporaneo, le Pro loco? Le Pro loco hanno sempre avuto un ruolo importante nel turismo, dalla loro nascita fino ad oggi, e lo avranno anche in futuro. Questo perché la Pro loco è l’anello di congiunzione fra la Comunità che accoglie e il suo ospite, anzi il “villeggiante” che sceglie di passare una vacanza di svago e di riposo. Il valore e l’opportunità di sviluppo delle nostre associazioni sta proprio in questo, sta nella capacità di rimodulare le attività prendendo nella giusta considerazione i bisogni delle persone per creare un turismo di qualità, sostenibile e rispettoso dei luoghi e delle tradizioni. Il turista è sempre più interessato al luogo che sceglie per trascorrere le vacanze ed è affascinato dal sano volontariato che è ancora il pilastro di ogni Pro loco. La Pro loco quindi

non può sottrarsi dal ruolo di mediatore fra la necessità di offrire un eccellente servizio turistico e l’accrescimento della qualità della vita dei residenti. Quali sono le criticità maggiori che si ritrovano ad affrontare? La criticità maggiore che incontra la Pro loco oggi è nel reperire persone che abbiano il desiderio di mettersi a disposizione della collettività. Come ogni altra associazione, la Pro loco ha bisogno di persone con una visione, persone che comprendano che mettersi a disposizione oggi, vuol dire creare opportunità per tutti nel prossimo futuro. La spinta smisurata verso la globalizzazione ci costringe oggi a fermarci ed a pensare ad un modello di vita che guardi meno all’individualismo e più alla collettività. Non aiuta in questo compito la burocrazia, la pratica dello

scaricabarile messa in atto dagli enti pubblici che riversano sempre più responsabilità su Presidenti e Consigli direttivi delle Pro loco. Il coinvolgimento di forze nuove, in particolare di giovani, è una questione aperta di tutto il settore volontaristico. Com’è la situazione per la realtà che rappresenta e quali ricette propone per migliorarla? I giovani sono la forza di ogni società. Senza i giovani non c’è futuro. Da anni la Pro loco di

Carisolo si interroga su quest’aspetto. Personalmente ritengo che la società li abbia abbandonati, lasciati a sé ed alle proprie decisioni ed indecisioni. I giovani hanno bisogno di esempi concreti, hanno ancora bisogno di indicazioni, di incoraggiamento, di qualche pacca sulla spalla e di qualche sano rimprovero. È per questo che nel 2018 alcuni consiglieri e volontari hanno creato la mini Pro loco, una sezione fatta dai giovani per i giovani, che ha lo scopo principale di creare momenti nei quali ritrovarsi per ri-

scoprire la bellezza dello stare insieme. Fra i primi progetti intrapresi c’è quello del “Fagiolo Giallo di Carisolo”, il recupero della coltivazione di questo legume che veniva piantato nella campagna di Carisolo e utilizzato per il sostentamento delle famiglie. Il progetto ha permesso ai ragazzi di confrontarsi sulle difficoltà che si incontrano nel coltivare un prodotto, sulle soluzioni da adottare per raggiungere un traguardo. Si spera che coinvolgendo i ragazzi fin da piccoli, si riesca a far nascere in loro la voglia e la passione per il proprio paese. Quali immagina saranno le difficoltà di questo ritorno di casi di Covid sul futuro dell’animazione del territorio di cui si occupano le Pro loco? Covid-19 ha già avuto un grosso impatto sulla programmazione estiva delle attività del territorio. Non volevamo crede-

re alla possibilità di trascorrere un’estate senza le nostre manifestazioni. Per forza di cose ci siamo ricreduti e siamo pronti ad affrontare nello stesso modo anche l’inverno. Le difficoltà maggiori sono a mio avviso da ricercare nell’impossibilità di ritrovarsi, nell’impossibilità di sedersi intorno ai tavoli dei consigli d’amministrazione per confrontarci sui progetti da attuare. La mancanza di questo continuo esercizio, a volte impegnativo e stancante, potrebbe far perdere la voglia ai volontari di riprendere gli impegni una volta finita l’emergenza. Io però voglio essere propositivo; dobbiamo cogliere questo momento per reinventarci, ritagliarci il tempo per riflettere, ripensare e riposizionare le nostre attività, magari con il coraggio di tagliare qualche evento e puntare ad una maggior qualità delle proposte.


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Politica

NOVEMBRE 2020

Incerta la situazione al Parco e al BIM del Chiese

Gli scenari negli enti sovracomunali dopo il voto Infatti a distanza di 25 anni dall’introduzione dell’elezione diretta del sindaco e dell’accentramento di poteri nelle sue mani, sono molte le voci che sostengono la necessità di una modifica e dell’attribuzione di maggiori competenze ai consigli comunali. Modifiche che hanno come obbiettivo quello di ridare ai consigli il loro ruolo di confronto aperto e franco tra tutte le componenti sociali al fine di definire uno sviluppo condiviso delle Comunità e non rischiare, al contrario, che si riducano a sedi dove si ratificano con un alzata di mano decisioni che sono state prese altrove, dal sindaco o dalle giunte. D’altra parte c’è chi non pare preoccupato di questa situazione e considera che se non si sono presentate liste alternative e comunque la popolazione è andata a votare, significa che c’è un buon livello di soddisfazione rispetto all’operato degli amministratori locali. Nel post voto la composizione delle giunte comunali non ha portato alcun problema, essendo nominate direttamente dal sindaco; si parla al massimo di qualche “mal di pan-

A un mese di distanza dai risultati elettorali nei Comuni giudicariesi, si stanno delineando gli scenari per i prossimi cinque anni anche a livello sovracomuanle. La tornata elettorale, che eccezionalmente si è tenuta a settembre al posto di maggio a causa del coronavirus, ha visto la presenza di un’unica lista nella metà dei 23 Comuni giudicariesi che si sono recati al voto

(ricordiamo che Bondone è stato commissariato in quanto non si sono presentati candidati e a Tione si è votato lo scorso anno). La mancanza di dibattito, con una sola lista in campo, ha portato ad avviare una riflessione sul ruolo del consiglio comunale e di conseguenza sui poteri del sindaco, discussione che verrà approfondita nei prossimi mesi.

Monica Mattevi, sindaco di Stenico

Michele Cereghini, sindaco di Pinzolo

cia” da parte di qualcuno che ambiva ad entrare in giunta ma è stato lasciato fuori. In queste settimane l’attenzione è rivolta al rinnovo delle cariche sovracomunali, ma a differenza del passato, non si assisterà, per ora almeno, alla disputa più ambita per il ruolo di presidente della Comunità. Infatti, la recente legge provinciale ha previsto la nomina di un commissario straordinario per un massimo di nove mesi, periodo nel quale dovrebbe essere approvata l’ennesima legge

di riforma delle Comunità. Per quanto riguarda il BIM del Sarca si prevede, tranne sorprese dell’ultimo momento, l’ennesima conferma di Gianfranco Pederzolli, delegato dal Comune di Stenico. Più complessa la situazione al BIM del Chiese, dove gli aspiranti sono più d’uno, in un ruolo fondamentale per le strategie di sviluppo dell’intera Valle che l’ente promuove da quasi un trentennio ad iniziare dal Progetto Leader e dai Patti Territoriali. Il Comune di

Storo aveva lanciato, forse prematuramente, Davide Donati ex Direttore della Cassa Rurale Giudicarie, Valsabbia, Paganella, ma sembra non abbia avuto condivisione da parte degli altri Comuni della Valle. Personaggio sicuramente competente, paga forse l’assenza di un’esperienza amministrativa e, secondo alcuni, il suo carattere deciso. In alternativa sembra che il Comune di Storo abbia proposto il vicesindaco Claudio Cortella, ma ad oggi non c’è stato anco-

ra un riscontro da parte degli altri Comuni. Finora il presidente del BIM, quasi sempre, aveva una precedente esperienza da sindaco che consentiva una visione complessiva di tutte le dinamiche politiche e sociali della valle. Vedremo quali saranno gli sviluppi delle prossime settimane per un ruolo sicuramente fondamentale per il Chiese. Altra carica importante è quella di presidente del Parco Naturale Adamello Brenta, dove Joseph Masè, attuale presidente, non è stato

rieletto, per una manciata di voti, come sindaco di Giustino. La situazione in questo caso è ingarbugliata. Si vocifera del tentativo di Matteo Masè, già attuale assessore del Parco, di ambire alla presidenza ma con l’incognita del sostegno del suo Comune di Strembo. La situazione è in evoluzione e alla data attuale non ci sono ancora nomi forti in vista. Nelle Giudicarie Esteriori per la carica in scadenza della Presidenza dell’Assemblea Termale attualmente ricoperta Alberto Iori, ex Sindaco di Bleggio Superiore che non si è più candidato, sembra che vi sia convergenza su Monica Mattevi sindaco di Stenico. A livello provinciale da pochi giorni c’è stato il rinnovo degli organi del Consiglio delle Autonomie, massima espressione a livello provinciale dei Comuni trentini. In questo caso alla Presidenza è stato riconfermato Paride Gianmoena Sindaco di Ville di Fiemme e nel ruolo di Vicepresidente è stato eletto Michiele Cereghini Sindaco di Pinzolo. Nel Consiglio eletta anche Ketty Pellizzari Sindaca di Valdaone. (R.G.)

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Anno 18 n° 11 novembre 2020 Editore: Associazione “Il Giornale delle Giudicarie” via Circonvallazione, 74 - 38079 Tione di Trento Direttore responsabile: Paolo Magagnotti Coordinatore di Redazione: Denise Rocca Comitato di redazione: Elio Collizzolli, Matteo Ciaghi, Denise Rocca Hanno collaborato: Gianni Ambrosini, Adelino Amistadi, Mario Antolini Musòn, Enzo Ballardini, Giuliano Beltrami, Dario Beltramolli, Giacomo Bonazza, Alberto Carli, Massimo Ceccherini Podio, Francesca Cristoforetti, Chiara Garroni, Enrico Gasperi, Alfio Ghezzi, Marco Maestri, Mariachiara Rizzonelli, Tiziano Salvaterra, Alessandro Togni, Alberta Voltolini, Ettore Zampiccoli, Marco Zulberti, gli studenti dell’Istituto Guetti Per la pubblicità 3356628973 - 338 9357093 o scrivere a sponsorgdg@yahoo.it Il giornale è aperto a tutti. Per collaborare si può contattare la redazione (3286821545) o scrivere a: redazionegdg@yahoo.it Direzione, redazione via Circonvallazione, 74 - 38079 - Tione di Trento Stampato il 3 novembre 2020 da Athesia - Bolzano Autorizzazione del Tribunale di Trento n. 1129


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Primo piano

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Approvate le norme che regoleranno il settore, vitale per il Trentino

Rinnovo delle grandi derivazioni idroelettriche, una partita da 10 miliardi Una partita che, ad oggi, vale 250 milioni di euro annui di fatturato, 100 milioni di canoni di varia natura per Comuni, Comunità e Bim, e 16 milioni di euro in energia gratuita ceduta alla Provincia. Insomma, in gioco ci sono, proiettati sui 30 anni qualcosa come 10 miliardi di euro, cifra che ovviamente potrebbe ridursi o aumentare in base alle offerte per le gare e al valore dell’energia in futuro. Una somma ingentissima anche perché va considerato che oltre il 60% dell’energia viene prodotta nell’ambito dei Consorzi BIM del Sarca e del Chiese per la maggior parte su territorio giudicariese. L’importanza per le Giudicarie è testimoniata dalle entrate percepite in questi ultimi 10 anni: 7,3 milioni di euro annui per i Comuni del BIM del Sarca e 5,3 milioni annui per il BIM del Chiese. A ciò si aggiunge oltre 2 milioni di € di canoni aggiuntivi annui destinati alla Comunità delle Giudicarie. Il totale per i dieci anni ammonta ad € 145 milioni. Attualmente e fino alla fine del 2022 le centrali sono gestite per la quasi totalità da una società composta da Dolomiti Energia (società che vede tra i principali azionisti i Comuni di Trento e di Rovereto e la stessa Provincia) e da un fondo australiano che qualche anno fa era subentrato nella quota del 50% posseduta da Enel. Per scegliere i nuovi con-

di Enzo Ballardini Il Consiglio provinciale ha approvato nelle settimane scorse la legge riguardante il rinnovo delle 17 grandi derivazioni idroelettriche che scadranno alla fine del 2023, un provvedimento atteso da anni per l’importanza che la risorsa acqua rappresenta per il Trentino sia come valore ambientale sia in termini econo-

cessionari delle grandi derivazioni idroelettriche presenti in Trentino, il Consiglio provinciale ha approvato una specifica legge che regolerà il settore per i prossimi decenni. Il Vicepresidente Mario Tonina nel suo intervento in Consiglio provinciale ha evidenziato gli aspetti molto importanti della nuova legge, quali le modalità e procedure di assegnazione delle concessioni; norme procedurali e termini di indizione delle gare; criteri di ammissione e aggiudicazio-

mici e finanziari. Un patrimonio che si concretizza in 34 centrali di produzione idroelettrica, alle quali fanno capo opere e beni che saranno trasferiti alla Provincia suddivisi in 160 opere di presa, 22 invasi, fra cui 13 grandi dighe e 9 opere minori di ritenuta, e 306 km tra canali e gallerie.

privato sia per l’affidamento dell’attività idroelettrica). Il Criterio di aggiudicazione delle gare sarà quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa che punta sull’attribuzione di prevalenza agli aspetti di carattere economico, soprattutto in considerazione della tipologia di contratto da affidare che ha ad oggetto fondamentalmente l’utilizzo del patrimonio idroelettrico, utilizzo che va pertanto remunerato adeguatamente. Per quanto riguarda i Canoni, si comporranno di una parte per la Provincia relativa all’utilizzo delle acque pubbliche e degli impianti che entreranno nel patrimonio della Provincia, e una somma aggiuntiva per finanziamento misure ed interventi di miglioramento ambientale e di compensazione da destinare agli Enti locali, come avviene tuttora. Non meno importante l’aspetto ambientale. La Provincia fisserà i propri criteri ambientali nel piano delle acque e negli altri strumenti di programmazione, definisce e approva la verifica del prevalente interesse pubblico ad un diverso uso delle acque, predispone lo studio di valutazione ambientale per sottoporre a VIA le opere esistenti. Questi stessi criteri ambientali si tradurranno poi in vincoli e parametri nei bandi di gara, in misure di mitigazione e compensazione.

ne; requisiti finanziari, organizzativi e tecnici dei partecipanti; criteri per la determinazione dei canoni di concessione e per la valorizzazione del demanio e dei beni facenti parte del patrimonio idroelettrico; modalità di valutazione degli aspetti ambientali; determinazione delle misure di compensazione ambientale; criteri di determinazione del prezzo dell’energia; condizioni di fornitura dell’energia gratuita e relativa monetizzazione. Inoltre è previsto che allo Mario Tonina, Vicepresidente Pat

scadere delle concessioni i cosiddetti beni bagnati (condotte forzate, invasi, dighe, opere di presa, canali), entrano nel patrimonio provinciale gratuitamente, mentre gli altri beni, quelli asciutti (edifici centrali, turbine e generatori elettrici), potranno essere acquisiti dal concessionario entrante o dalla Provincia. La legge disciplina le modalità con cui avviene il passaggio di proprietà anche attraverso il rapporto di fine concessione che deve fornire tutti gli elementi idonei a

valutare lo stato economico, di funzionamento e di sicurezza di queste opere. Per quanto riguarda le modalità di assegnazione delle concessioni si attribuisce all’amministrazione provinciale la possibilità di scegliere alternativamente se: effettuare una gara per individuare il concessionario cui affidare la concessione oppure costituire una società mista pubblico – privata, alla quale affidare direttamente la concessione previo espletamento di una gara (sia per la scelta del socio

«La legge, sottolinea Mario Tonina con soddisfazione, sancisce che il patrimonio idroelettrico sarà un bene di tutti: da ciò ne deriverà la possibilità di una partecipazione popolare al finanziamento dell’acquisto del patrimonio idroelettrico. Questa legge rappresenta uno dei passaggi più importanti dell’attuale legislatura e ritengo che anche da qui si possa ripartire per definire un orizzonte di crescita sostenibile del Trentino, conformandone la vocazione ad essere laboratorio di buone prassi, di regole e di usi a cui spesso di guarda con ammirazione».


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Rubrica salute

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Sono ormai mesi che quotidianamente ci confrontiamo con le notizie relative al virus SARSCoV-2, che sappiamo far parte della famiglia dei Coronavirus. Sono dei piccoli globuli con delle punte proteiche una delle quali si chiama Spike e ha il compito di ancorarsi alle cellule dell’organismo per permettere l’ingresso del virus. A questo punto l’organismo risponde dopo un tempo di Incubazione con la risposta immunitaria, assolutamente individuale. Come individuali sono i sintomi che il Covid-19 provoca nel 30% dei casi : dolori muscolari, febbre, tosse, perdita dell’olfatto, rinite, difficoltà respiratorie anche molto gravi. Nel restante 70% la malattia decorre asintomatica. Si trasmette da persona a persona in modo diretto, indiretto (oggetti o superfici contaminate), per contatto stretto con persone infette attraverso le secrezioni della bocca e del naso (saliva, secrezioni respiratorie, goccioline droplet). Quando chi è infetto parla, tossisce o canta rilascia secrezioni cariche di virus dalla bocca e dal naso e queste se la distanza è inferiore a 1 metro possono entrare dalla bocca, dal naso o dagli occhi delle persone; possono depositarsi sulle superfici (fomiti), che se toccate possono contagiarci. Per questo è importante la mascherina (portata correttamente, coprendo bocca e naso), mantenere la distanza fisica, lavarsi le mani ripetutamente con acqua e sapone o con prodotti a base alcolica. Da non dimenticare: le goccioline droplet possono restare sospese nell’aria negli ambienti chiusi, affollati o poco ventilati. Si intuisce facilmente cosa vuol dire contatto stretto! La trasmissione del virus avviene da persone sintomatiche ma anche da persone non sintomatiche o prima che si manifestino i sintomi. Interrompere la “catena di trasmissione del virus” significa rispettare le in-

La formula MDM: Mascherina, Distanziamento, Mani pulite

Coronavirus, ancora fra noi di Gianni Ambrosini

“… esiste un ampio e crescente divario tra la condizione naturale degli individui e la loro possibilità di diventare individui di fatto, vale a dire diventare padroni del proprio destino e compiere le scelte realmente desiderate. E’ da questo abissale divario che derivano gli effluvi più velenosi che contaminano dicazioni della prevenzione : M. ( mascherina), D. (distanza), M. (mani pulite): MDM. Non serve chiudere le scuole: è dimostrato che le infezioni avvengono per la maggior parte fuori dall’ambito scolastico, in ambiente familiare. Non serve chiudere gli ambienti di spettacolo perché è gestibile il distanziamento fisico. Sono a rischio gli sport di contatto, anche perché la respirazione affannosa, generata dalla sforzo fisico, potenzia l’emissione delle secrezioni. Perché si fanno tanti test? Perché è importante identificare le persone positive asintomatiche per limitare il contagio. La quarantena è il solo mezzo attualmente efficace per limitarlo, dura solo 10 giorni e viene conclusa da un test negativo. È altresì importante scaricare l’App Immuni, di modo che si viene avvisati se si è venuti in contatto con un soggetto positivo. Come al solito girano sui social molte bufale: sul latte, i raggi UV, il peperoncino, le mosche, l’acqua e bicarbonato, gli oli essenziali delle piante, le zecche, l’ozono, l’acqua di casa, gli animali domestici, i 28 gradi. Non prestiamo attenzione a queste cose: i farmaci at-

tualmente usati per la cura della malattia Covid-19 e di cui è certa una qualche efficacia sono pochi e noti. I cortisonici, il Desametasone, una metanalisi pubblicata su JAMA, che ha raccolto i dati di 7 studi su 1.703 pazienti, ha evidenziato una riduzione di mortalità a 28 giorni. Un altro studio su 2.104 pazienti chiamato Recovery ha confermato la riduzione del tasso di mortalità a 28 giorni. Le Eparine a basso peso molecolare (EBPM) normalmente usate per ridurre il tromboembolismo venoso, riducono i parametri infiammatori e coagula-

la vita dell’uomo di oggi. Tale divario, tuttavia, non può essere colmato solo attraverso sforzi individuali, con i mezzi e le risorse disponibili nell’ambito della politica della vita autogestita. Ricomporlo è compito della Politica, con la P maiuscola…” (Z. Bauman)

tivi e vanno somministrate sia nella fase acuta sia nella fase avanzata quando il rischio trombotico peggiora per via dell’iperinfiammazione provocata dal Covid-19. Il plasma iperimmune, la trasfusione di anticorpi di pazienti guariti dall’infezione: le prove sulla sicurezza e sulla reale efficacia hanno un grado di certezza molto limitato. Sono usati e sono sotto attento studio gli antivirali: Remdesivir sembra ridurre la gravità della polmonite, l’Idrosiclorochina usato in passato nella fase acuta della pandemia in associazione all’Azitromi-

cina è sconsigliato dalla FDA e dall’AIFA perché poco efficace. Gli inibitori dell’infiammazione sono sotto studio e i dati dell’INT di Napoli sul Tocilizumab (TOCID-19 ), autorizzato dall’AIFA sono promettenti. Le terapie di supporto utilizzate e sicuramente efficaci sono l’ossigenoterapia, la ventilazione a pressione positiva non invasiva, la ventilazione meccanica mediante intubazione, in casi particolari l’ossigenazione extracorporea (ECMO), la posizione prona per ottenere una migliore espansione polmonare. Moltissimi sono

gli studi in corso ma la soluzione resta sempre il Vaccino la cui disponibilità l’avremo in primavera. La paura non deve guidare le nostre scelte; la gente si rivolge sempre di più agli ospedali e si assiste ad un aumento preoccupante dei cosi detti Ricoveri Sociali ; persone che non hanno chi possa assisterli a domicilio e chiedono di essere ricoverati. In aumento anche i call center per il tracciamento dei contatti. In un’agenda progressista che si impone la risoluzione del problema, il governo svolge un ruolo centrale confortato e guidato dai detentori della scienza. Il benessere generale segue strade che gli individui e i mercati da soli non possono perseguire. Perché un programma possa essere accettato con favore bisogna disabituarsi all’idea che il governo sia sempre e comunque invadente e inefficiente per sostituirla con l’idea che come tutte le istituzioni umane sia fallibile e possa essere migliorato con l’impegno e la collaborazione quotidiana di tutti. Citerei le parole di Stiglitz: «La convinzione che il governo sia il problema e non la soluzione è semplicemente sbagliato».


Messaggio Promozionale

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Resistenza alle intemperie e armonia con la tradizione architettonica locale La Casa Forestale di Palù situata a Madonna di Campiglio, nel comune di Tre Ville (TN) è un edificio di proprietà della Comunità delle Regole di Spinale e Manez, suddiviso in 4 unità abitative. L’edificio è stato realizzato fra il 2019 e il 2020 ed è frutto di demolizione e ricostruzione di un edificio esistente. L’aspetto architettonico, elegante e funzionale, risponde armoniosamente ai canoni dello stile costruttivo del luogo, inserendosi perfettamente nel contesto paesaggistico e urbano che lo circonda. Sviluppato su due piani fuori terra e una parte seminterrata che ospita le cantine, la centrale termica e le autorimesse, l’edificio è costruito in calcestruzzo e legno. Le scelte progettuali sono state orientate alla massima sostenibilità ambientale e al risparmio energetico, infatti è in corso di certificazione “ARCA

una armonica scalatura di toni con la tinteggiatura bicroma, in bianco e grigio, delle pareti intonacate. CasaClima Nature” con il livello Classe A di CasaClima e Il livello “Green” della certificazione ARCA. Quest’ultimo è il primo sistema di certificazione specifico ed esclusivo per edifici con struttura in legno. Per i rivestimenti esterni, i progettisti hanno sapien-

temente mixato tre tipologie di materiali – legno, intonaco e alluminio - che esaltano l’estetica variegata dei volumi e arricchiscono le superfici. Ad avvolgere e proteggere la copertura con struttura in legno, è stato scelto un elegante rive-

stimento in alluminio realizzato con le Scaglie 44 di grande formato della PREFA posate e installate a regola d’arte dalla ditta di lattoneria Bergspenglerei di Pellegrini Roberto. Il colore P.10 antracite delle Scaglie crea un piacevole contrasto con la tonalità calda del legno e,

Le Scaglie 44 di PREFA si fanno apprezzare per l’estrema leggerezza e per l’ampiezza della loro superficie, caratteristiche che rendono estremamente semplice e veloce la posa in opera. L’ottima lavorabilità del materiale, garantito 40 anni contro i rischi di ruggine, rot-

tura e congelamento, ha consentite di rispondere alle variegate esigenze del progetto, con la cura di ogni dettaglio. Le falde della Casa Forestale infatti presentano variegate pendenze, superfici ampie alternate a falde emergenti più piccole su un lato, e delle superfici verticali di chiusura. L’esclusivo sistema di fissaggio delle Scaglie Prefa e le proprietà del materiale, assicurano una elevatissima tenuta alla forza del vento, ai carichi di neve anche importanti, al gelo, a condizioni climatiche estreme. La copertura è completata con pluviali, camini e elementi di raccordo realizzati nella stessa tonalità antracite, con materiali PREFA. PREFA Italia Srl Via Negrelli, 23 – 39100 BOLZANO T. +39 0471 068680 - F: +39 0471 068690 office.it@prefa.com www.prefa.it


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Attualità

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Don Ivan Maffeis da Roma a Rovereto, don Sergio Nicolli torna nelle natie Giudicarie

Chiesa, nuove nomine: il rientro dei trentini di Denise Rocca Alla Cei don Ivan era arrivato nel 2009, dopo aver guidato come direttore il settimanale “Vita Trentina” e successivamente l’Ufficio Comunicazioni Sociali. Presso la Cei il suoo primo incarico è stato di direttore dell’Ufficio nazionale delle Comunicazioni sociali, poi è diventato portavoce , nel 2015 sottosegretario. Nel 2017 venne chiamato a far parte in qualità di consultore in Vaticano della Segreteria per le Comunicazioni sociali. In Trentino e in particolare nella sua Val Rendena, don Maffeis è sempre tornato nei fine settimana, a celebrare la Messa a Sant’Antonio di Mavignola. Ora a Rovereto sarà ancora più vicino a casa ed è facile intuire che ci sarà un nuovo legame fra le comunità cristiane della Rendena e della Vallagarina. E proprio da Rovereto, dopo dodici anni di cura delle anime lagarine, don Sergio Nicolli, originario di Sclemo, nel Banale, si trasferisce nelle sue Giudicarie Esteriori dove affiancherà don Gianni

L’arcivescovo Lauro Tisi nelle scorse settimane ha effettuato come è consuetudine in questo periodo le nuove nomine del clero diocesano: due novità importanti riguardano anche sacerdoti e fedeli giudicariesi. Don Ivan Maffeis, originario di Pinzolo, torna in Trentino dopo undici anni in Vaticano, mentre don Sergio Nicolli torna nelle sue Giudicarie Esteriori. Un sacerdote giornalista e comunicatore, don Maffeis, 57

Poli nell’impegnativo lavoro di curare i fedeli di 19 parrocchie. Ad unire, idealmente, don Maffeis e don Nicolli, oltre alle origini giudicariesi, anche l’esperienza in Vaticano: don Maffeis nell’ultimo anno nel suo ruolo di sottosegretario aveva anche la grande responsabilità di mantenere i rapporti fra

il governo Conte e la Cei, don Nicolli in passato è stato direttore dell’Ufficio Famiglia della Cei a Roma. Due esperienze importanti che hanno riverberi anche sul fare chiesa e comunità che i due preti porteranno nelle rispettive comunità. Sulla scorta dell’esperienza romana, sono tanti i progetti

anni e una bella esperienza di impegno in seno alla Conferenza Episcopale Italiana (Cei) in qualità di sottosegretario, profondamente legato al Trentino e alla sua valle natia, la Rendena. Torna in Trentino per occuparsi dell’unità pastorale di Rovereto, che unisce le chiese di San Marco e Sacra Famiglia a Trambileno e Vanza, e oggi anche Noriglio e Terragnolo.

per combattere la povertà, che fosse morale o economica, che don Nicolli ha avviato per le famiglie roveretane ed è con quello stesso spirito di attenzione alle relazioni fra le coppie e ai rapporti educativi fra genitori e figli che don Nicolli, a 75 primavere e con 50 anni di sacerdozio alle spalle, torna nella sua

valle natia. Entrambe figure molto energiche, don Maffeis e don Nicolli, nonostante la differenza di età, che vivono la fede e l’impegno nelle comunità con forte sintonia rispetto alle parole e al corso di riforme avviato da papa Francesco e particolarmente condiviso anche dall’arcivescovo Tisi. Due

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sacerdoti che nei loro incarichi hanno affrontato le sfide contemporanee, dalla crisi economica a quella spirituale e oggi a quella sanitaria, tutte portatrici di grande insicurezza, paura e incertezza verso il futuro, a fianco dei fedeli loro affidati in un ruolo di guida e accompagnamento sostenuto dai valori cristiani. Fra le nuove nomine che sono state fatte dall’arcivescovo Tisi anche quella di don Gianluca Leone, anche lui originario della Val Rendena, ordinato sacerdote lo scorso 12 settembre di cui abbiamo ricordato le celebrazioni anche nelle pagine del Giornale delle Giudicarie, che è stato confermato nel suo ruolo di cappellano dell’ospedale di Cles e come collaboratore della zona pastorale Valli del Noce.


Attualità

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Nominati i Commissari delle 14 Comunità di Valle Per le Giudicarie sarà l’ex presidente Giorgio Butterini La costituzione di questi Enti intermedi tra Provincia e Comuni risale ancora al lontano 1972 quando vennero costituiti i Comprensori. Da lì in avanti una serie infinita di riforme e cambiamenti, con due leggi che prevedevano l’elezione popolare dei rappresentanti ed altrettante controriforme che al contrario, contemplavano una designazione degli amministratori da parte dei Comuni. Nel 2006 i Comprensori vengono trasformati in Comunità di Valle e successivamente si cambia di nuovo, con la legge dell’Assessore Daldoss del 2016 che elimina l’elezione diretta e prevede un metodo elettorale da parte di un’assemblea di rappresentanti Comunali. Nel luglio scorso il Consiglio provinciale, tenendo conto delle imminenti elezioni Comunali e visto che la riforma non era stata ancora predisposta, ha pensato di commissariare le Comunità di Valle per

Per le 14 Comunità del Trentino si apre un nuovo capitolo: una fase transitoria, in vista della riforma generale che interesserà proprio gli enti intermedi. Su proposta dell’assessore agli enti locali, Mattia Gottardi, la Giunta provinciale ha nominato i Commissari che hanno il compito di esercitare tutte le funzioni del Presidente, del Comitato eseun periodo di 9 mesi in attesa di definirne la riforma sia per quanto riguarda le competenze sia per le modalità di elezione dei propri organi. Ricordiamo che tra le competenze principali delle Comunità figurano il settore del Sociale che verrà ulteriormente ampliato con la partenza della sperimentazione di “Spazio Argento”, le competenze riguardanti le mense scolastiche ed il diritto allo studio, il settore ambientale con la raccolta e smaltimento dei Rifiuti solidi urbani e applicazione della relativa tariffa, l’edilizia abitativa, l’assegnazione degli alloggi ITEA ed il contributo per gli affitti, alcuni lavori pubblici di interesse sovraccomunale

come la viabilità e le piste ciclabili e tutta una serie di competenze delegate dai Comuni come i trasporti turistici, bicibus, lavori socialmente utili, interventi nel campo della formazione e orientamento dei giovani. Ma la competenza più “politica” è quella che riguarda l’urbanistica con

cutivo e del Consiglio di Comunità, previste dalla legge provinciale e dallo statuto dei singoli enti. Uno degli obiettivi della coalizione di centro-destra che ha vinto le elezioni Provinciali del novembre 2017 era quello di riformare le Comunità, argomento non certo nuovo all’attenzione della politica provinciale.

il compito per le Comunità di approvare il Piano Territoriale che funge da cornice per il vari Piani Urbanistici Comunali. E proprio su questa competenza che si disputerà un acceso confronto tra chi vorrà togliere alle Comunità questa competenza e chi al contrario ritiene neces-

sario un ambito urbanistico sovraccomunale per una migliore programmazione del territorio in quanto gli ambiti comunali sono troppo piccoli e frammentati. Dopo le elezioni amministrative, ai sensi della recente legge provinciale, i Comitati esecutivi ed i Consigli di Comunità sono di fatto decaduti. Per questo motivo la Giunta ha verificato la disponibilità dei Presidenti uscenti ad assumere l’incarico di Commissario. Per la Comunità delle Giudicarie la Giunta Provinciale ha nominato l’ex Presidente Giorgio Butterini che ha retto l’incarico di Presidente per cinque anni dal 2015 ad 2020. Butterini aveva già ricoperto la carica di Sin-

daco di Condino dal 2005 al 2015 e Presidente del Bim dal 2010 al 2015 ed è stato recentemente eletto di nuovo Sindaco di Condino per i prossimi cinque anni. I 14 commissari che traghetteranno gli enti intermedi verso la loro completa riforma legislativa, rimarranno in carica per 6 mesi (l’eventuale proroga sarà al massimo di 3 mesi). Secondo la delibera di nomina, i commissari assumono anche la presidenza della commissione per la pianificazione territoriale e il paesaggio (Cpc). E’ auspicabile che il periodo di commissariamento sia il più breve possibile e che in questo periodo sia avvii un vero confronto in Consiglio provinciale e tra le forze politiche per trovare le soluzioni migliori, affinché attraverso una proficua collaborazione tra Comuni e Comunità si riesca ad erogare alla popolazione servizi migliori nei diversi settori di competenza. (R.G.)

LA RIFLESSIONE - di Paolo Mantovan, Direttore del “Trentino”

Continua dalla Prima Consigli comunali costruiti con un’unica squadra che è d’accordo su tutto. Che, presumibilmente, se è d’accordo, non vigila su nulla. 56 comuni su 156. Un’enormità. Non solo piccoli Comuni, anche centri consistenti. Questo giornale ( Il Trentino) ha deciso di intavolare sul tema un “caso della settimana” e, attraverso le sue interviste a sindaci e oppositori, ci ha disvelato questo Trentino che ci sta sfuggendo di mano, che si sta perdendo nelle brume della governabilità a tutti i costi e della partecipazione svanita. Svanita, sì. Non solo per effetto della crisi epocale della politica. Ma anche perché la legge elettorale che regola la vita dei nostri Comuni ha di fatto reso inconsistenti, inutili, superflui i consigli comunali. Perché la legge consegna a chi vince una maggioranza più che schiacciante: onnipotente. Con due terzi dei seggi è inutile discutere. E chi viene eletto in minoranza si sente frustrato. Sente che la sua opera di opposizione è sempre vana, che i compaesani gli chiederanno pure: “ma che ci vai a fare in consiglio comunale, se non ottieni nulla?”. E adesso sono state pure smantellate le Comunità di Valle: sono caduti tutti gli organi e la Provincia ha nominato un unico responsabile: il commissario. Ecco dove sta andando la nostra capacità di autogoverno: in mano ai podestà e ai commissari. Resta solo la Provincia, può bastare? No. Badate bene che il tema è gigantesco. Ne va della nostra autono-

L’emergenza democratica e autonomista mia futura. Cominciamo col dire che in un Comune se non si crea un confronto fra una maggioranza e un’opposizione si perde - ineluttabilmente – la dimensione del dialogo, del compromesso, della mediazione. Si perde. Senza se e senza ma. Il sindaco a sua volta va incontro a una doppia dimensione: quella dell’uomo ovunque, da cui tutto dipende che può tutto e, dall’altra parte, quella dell’uomo solo, sia politicamente che dal punto di vista esistenziale. Una sorta di “mostro”, che vale solo e soltanto per la sua piccola comunità del suo paese. Fuori è nessuno. E fuori non saprà trovare una dimensione di dialogo. Ciascuno sarà un solitario. Quante possibilità ci sono che una donna o un uomo - divenuti sindaci - abituati a decidere da soli riescano in un altro momento a divenire parte di una squadra? Pensate sia possibile costruire classe dirigente così? Con delle “monadi”? Se poi aggiungiamo nessuno, nel tempo, si assumerà l’incarico di rappresentare il pensiero di minoranza chi sarà mai in grado di

costruire una valida azione di controllo e di contrasto? Nessuno ovvio. E dove pensate che possa finire una terra, come il Trentino, che ha soltanto sette-otto centri importanti dove comunque la dimensione politica riesce a permeare la vita sociale e amministrativa? E se poi il Trentino è quella terra che ha in dote l’autonomia, come credete che potrà esercitarla se perderà (come sta perdendo) la capacità di autogovernarsi? Perché autogovernarsi non vuol dire che c’è uno – zar o imperatore, podestà o go-

vernatore – che ci amministra. Mi pare molto chiaro. Autogovernarsi è democrazia allo stato puro. Dove una comunità cerca la sua via al progresso e alla solidarietà. E non si può assolutamente pensare di riuscire a coltivare questi valori con un impianto di solipsisti che credono di essere i capoccia di una paese o di una valle. Ecco, adesso anche i Commissari al posto delle Comunità di Valle. Certo, si tratta di figure provvisorie, che servono per gestire i servizi delle Comunità nel tempo

in cui si giunge a una riforma istituzionale che riconsegni un volto all’amministrazione in valle. Ma qui ci giochiamo un’altra partita fondamentale. Le Comunità di Valle quando si erano trasformate in assemblee democraticamente elette, avevano avuto certamente il limite di essere pletoriche, con un eccesso di rappresentanti, ma avevano finalmente dato spazio all’identità di valle, alla capacità di fare squadra, avevano migliorato la sensibilità “autonomista” in senso lato. Poi sono state uccise e trasformate in una conferenza di sindaci e loro delegati. Adesso siamo persino al commissario. La crisi è conclamata. Andiamo verso l’incapacità di creare classe dirigente nei Comuni. E verso la riduzione ai minimi termini della dimensione demografica e autonomistica. Qui occorre una nuova legge elettorale dei Comuni e una nuova legge istituzionale che ridiano speranza al Trentino. Altrimenti perderemo le nostre connotazioni autonomistiche e verremo assorbiti in un “grande Veneto”.


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Attualità

NOVEMBRE 2020

“Montagna, scrigno da non perdere” il tema affrontato a Pieve di Bono

Trent’anni di IncontriTra/Montani “Montagna: uno scrigno da non perdere”. Titolo intrigante per la trentesima edizione degli Incontri Tra/ Montani, svoltasi a Pieve di Bono, negli spazi del centro scolastico, all’inizio di ottobre 2020. Ad organizzare era il Centro Studi Judicaria, e la manifestazione approdava in valle del Chiese per la terza volta. La prima fu nel 1992 (ancora a Pieve di Bono) per un tema culturalmente e storicamente interessante: “Il passaggio dal comune rurale al comune moderno”. La seconda volta fu nel 2005 a Condino su un argomento sociale ed economico: “Artigianato delle vallate alpine: occasione di sviluppo o finzione turistica?”. Incontri itineranti gli ITM, nati nel 1990 e cresciuti con appuntamenti itineranti di valle in valle, dal Piemonte al Friuli, passando per Lombardia, Veneto, Trentino, Alto Adige, Svizzera ed Austria, con due scappatelle sull’Appennino, nel Porrettano (là dove l’Emilia si confonde con la Toscana) e in Molise, terra di pastori e di migrazione. In trenta edizioni gli ar-

ne multidisciplinare sulla montagna”; sul “problema dello spopolamento. Prove di intervento e risultati”; sulla Lessinia, “nel complicato equilibrio tra l’uomo e la natura”; sul “manifesto dei Parchi nazionali italiani come parte integrante del Manifesto di Camaldoli”; sugli “esempi e sui giochi legali della speculazione in agricoltura”. Insomma, un concentrato di temi da far girare la testa.

gomenti toccati sono i più vari. Cogliendo fior da fiore: lingue, stregoneria, scuola nelle “terre alte”, cucina, turismo, comunicazione fra i passi, governance istituzionale delle comunità alpine, siti minerari, architettura, arte casearia. E quest’anno la montagna, uno scrigno da non perdere. Fra abbandono e tentativi di recupero Un giorno denso di relazioni, con un anticipo. Sul tavolo i temi più caldi del momento che riguardano la montagna. Anzitutto il “dopo Vaia”, la tempesta che nell’autunno del 2018 in

una notte spazzò via 45.525 ettari di alberi come birilli. Venti fino a 192 chilometri orari e una quantità d’acqua pari a quella che provocò l’alluvione del 1966. Fenomeno più unico che raro? Eh no, attenzione. Michele Nardelli (autore del libro “Il monito della ninfea”), e l’antropologo Annibale Salsa hanno ammonito a non prendere sotto gamba i cambiamenti climatici che stanno alla base di fenomeni sempre più ricorrenti. Come dire? Abbiamo smarrito il concetto del limite. L’Italia consuma 2,7 volte le risorse del proprio territorio, mentre a livello mondiale consumia-

mo 1,7 pianeti all’anno. I limiti sono ampiamente superati: in pratica non esiste più l’equilibrio tra la popolazione e le risorse disponibili. Di grande attualità anche i temi della giornata di riflessione: “La montagna: come evitare il rischio di rinselvatichimento”, “Il pascolo: per alpeggiare, non per speculare”; “Luna Park Alpi: è l’unico modo di fare turismo?”; “Il ritorno possibile: il caso Ostana (Cuneo)”. Accanto a queste relazioni, un nugolo di comunicazioni: sul “Reinserimento della pecora da latte nelle valli bergamasche per difendere il territorio montano tornando ad un antico mestiere”; su “un’esperienza di ritorno mitico del passato”; su “Uso e abuso della montagna”; sul “ruolo dei Parchi nella vita in montagna e loro rapporto con le comunità locali, tra conflitto e attrattività”; su Mountain Wilderness e i “Trentadue anni di battaglie e denuncia ma anche molte proposte per l’uso responsabile del territorio e nuova concezione di mobilità alpina”; sul “manifesto di Camaldoli. Verso una riflessio-

Fra storia e riflessione C’era una volta la montagna contadina. Ogni paese aveva le sue malghe, e in primavera si ripetevano i riti antichi. Il Comune affittava le malghe (comprese di caldera e macchinario per fare il burro) alla Società, che aveva un presidente e i malgari che venivano mandati a gestire la malga. Si stabiliva quanti capi mandare all’alpeggio in base alla superficie dei pascoli. Si cercavano gli operai e si metteva all’incanto (all’asta, per usare un termine moderno) quelli che portavano su la spesa, se andava bene con i muli, ma spesso a spalle, perché non sempre c’erano i soldi per comperare un mulo. Ma la montagna era abitata, almeno durante la bella stagione: basti pensare alle “ca’ da mont”, qualche migliaio nelle Giudicarie. “Casinèl”, stalla e prato. Oggi quelle baite sono state trasformate in case per la vacanza: spartane, ma abitabili, anche se solo i fine settimana o nei periodi di ferie di fabbriche ed uffici. Che la montagna sia meno abitata si vede dall’aumento del bosco: dal rischio di rinselvatichimento,

come si diceva nel convegno. In compenso il rito antico dell’affitto della malga alla compagnia di paesani si è andato trasformando in un grande affare. Non per niente si è sviluppato un “circuito vizioso”: gli allevatori (anche provenienti da fuori, ma spesso valligiani) si contendono l’affitto a suon di denaro perché avendo stalle grandi hanno bisogno di superfici ampie. I proprietari delle malghe sanno che gli allevatori portano a casa fior di denari in contributi pubblici (soldi dell’Europa e della Provincia), così alzano la base d’asta degli affitti, trasformando in pratica gli appalti in grandi partite di giro: i contributi pubblici partono verso gli allevatori, che li ritornano sotto forma di affitto ad altri enti pubblici. La montagna è anche altro: è “luna park” fatto di alberghi, impianti e piste, a testimoniare un rapporto sempre più difficile fra uomo e ambiente. E’ luogo non proprio ospitale perché offre poche occasioni di occupazione: troppo spesso negli ultimi anni ha vissuto chiusure di servizi (poste, negozi, ospedali...), tant’è che i giovani se ne vanno a lavorare in città o all’estero. Del rischio desertificazione ci si riempie la bocca, ma all’atto pratico... non si interviene. Il rischio abbandono è forte, anche se (per fortuna) non mancano i segnali positivi. Insomma, si trovano nelle Alpi e nell’Appennino esempi che narrano di un ritorno possibile. Sono mosche bianche, ma ci sono, ed il loro ronzio suona simpatico al nostro orecchio. Giuliano Beltrami


Attualità

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Michela Fioroni, responsabile del Servizio sociale della Comunità delle Giudicarie

Un buon libro, “Oggi p un tè caldo e il nostro nido.

Fabio, Francesca e Bruno, animatori della casa di riposo di Spiazzo

“Alla t

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Il Saltaro delle Giudicarie

NOVEMBRE 2020

Quel maledetto esserino transfrontaliero che fa l’europeo

Mica ci si può fermare per uno schifosissimo virus che ormai sta rompendo le palle a mezzo mondo. Cosa sarà mai? Un’influenza che prima o poi passerà, ma intanto non perdiamo tempo, diamoci da fare, morto più, morto in meno, l’Italia non può fermarsi per così poco. Sarà. Ma la storia del virus non è così semplice. Intanto perché con la situazione che peggiora, giorno per giorno, i morti non sono uno più, uno meno, ma cento, più o cento meno, e non è detto che prima di Natale le cose si complichino ancora di più. Anche perché abbiamo a che fare con un virus tutto particolare. Tanto per capirci il coronavirus, non è un virus qualsiasi, non è quella sferetta che molti giornali hanno descritto piena di protuberanze, un pò marziano, un po’ terrestre. Il coronavirus è un essere pensante, è pure munito di lenti e di cannocchiale, che punisce con una certa cattiveria chiunque osi mettere in dubbio, o sminuisca la sua pericolosità ed il suo potenziale pandemico. Credete a me. È una persona microbica, non c’è dubbio, ma estremamente permalosa, ostinata, supponente, arrogante che se la prende innanzi tutto con chi irride la sua forza ammorbante. Non sarebbe facile altrimenti spiegare la malefica vendetta che cala su tutti i grandi della terra che s’azzardano a trattare il coronavirus come lo scemo del villaggio che fa tanto rumore per nulla. A cominciare dallo strampalato Donald Trump, un simpatico (si fa per dire) pupazzone con mascella da chenwinggum e un ciuffo tutta birra e poco gel, che ha sottovalutato l’epidemia da virus, e che per ragioni economiche e sociali, pur senza negare la presenza del virus, ha differito ogni intervento contro la pandemia che giorno dopo giorno stava montando alla grande in ogni stato americano. Girava in campagna elettorale snobbando la mascherina e invitando i contagiati a curarsi con una buona dose giornaliera di varechina. Tant’è che verso metà novembre è risultato positivo al tampone e ricoverato d’urgenza all’ospedale, e la moglie, anch’essa infetta, a casa in quarantena. E non ci risulta che sia stato curato con pere di varechine, tutt’altro, ha chiamato a raccolta i migliori virologi

Per molti l’inverno è la stagione della neve, gioiscono gli sciatori, un po’ meno i contadini che devono abbandonare le loro baite di montagna e i vecchi che se ne devono stare chiusi in casa, ma questi contano poco, vuoi mettere le migliaia di sciatori che con didegli Usa e se l’è cavata a malapena. Il Presidente più potente del mondo ha dovuto cosi capitolare, umiliarsi di fronte ad un esserino che della sua forza militare e politica se n’è fatto un baffo. Per non dire dello “spatucià che pu spatucià non se podeva” Boris Johnson, che se ne andava in giro sputtanando il coronavirus e offrendosi ai selfie guancia a guancia con mezzo mondo, per poco non ci restava. Lui, che prima di ammalarsi, puntava tutto sull’immunità di gregge sulla sua isola, mandando il virus a quel paese. Ricoverato, ne è uscito guarito e con la cresta ( il ciuffo) fra le gambe, anche perché, per maggior sicurezza, sembra gli sia scappata anche la moglie. Così come è ancora vivo per sbaglio Jair Bolsonaro, presidente brasiliano,

abituato a comizi oceanici, senza mascherine e senza distanziamenti. Se l’è cavata per miracolo. Idem per Alexander Lukashenko, presidente della Bielorussia che definiva il coronavirus come una “psicosi” ed invitava ad andare al lavoro: “Il trattore guarirà tutti, i campi e l’aria buona faranno miracoli”, suggerendo la vodka come “il miglior farmaco antivirale”. Bestiale questo virus. Un esserino non male, rancoroso ed implacabile, non sbaglia un colpo. Con i politici in particolare. É arrabbiato perché i suddetti capi dei più grandi Stati del mondo, e mettiamoci anche Putin, che da una parte ha sminuito il virus (un russo su tre non crede nell’epidemia), ma dall’altra è in gara con la Cina e gli Usa per un vaccino quasi pronto (?), hanno “usato la pandemia di covid-

cembre porteranno in Trentino vagoni di soldi, e magari vagoni di virus, ma anche questi contano poco, l’importante è che le funivie funzionino e incassino, d’altronde la gente deve lavorare, l’economia deve funzionare. 19 per insegnare al mondo che “i politici possono avere un effetto più immediato rispetto ai virologi ed agli scienziati nell’affrontare una epidemia”. Su questo ci sarebbe da meditare, dato che alla fine questo sottovalutare le comunicazioni scientifiche, s’è rivelato tragico visti i numeri che giorno dopo giorno aumentano in ogni parte della terra. Il risultato di questa insensatezza è il seguente: la pandemia nel mondo ha superato 35 milioni di contagiati con quasi un milione di morti. Gli Usa si trovano al primo posto come contagiati (quasi 7 milioni di contagiati e più di 200 mila morti); al secondo posto il Brasile (circa 5 milioni di contagiati e 150 mila morti), poi la Russia con 1,3 milioni di contagiati e 50 mila morti, terzo paese più colpito. L’Inghilterra, quarto paese nella

classifica dei paesi più infetti con più di 400 mila contagiati circa 45 mila morti ed infine la Bielorussia, piccolo stato dell’Asia centrale, quasi 80 mila contagiati e più di mille morti. Di buono, si fa per dire, c’è che il nostro coronairus è internazionale, gira il mondo senza passaporto, non c’è nazione in cui non si sia insediato, preferendo il nord dove al freddo e al gelo trionfa, un cittadino europeo innanzi tutto, che sa esportare in tutto il mondo i suoi malefici prodotti. E l’Italia? Il coronavirus maledetto ha fatto le sue scelte, ma da notizie giunte in cielo, la lista è ancora lunga. Ha cominciato con il colpire Silvio Berlusconi. Il nostro dentierato ex primo ministro, colpevole di aver richiesto maggiore elasticità nell’applicazione delle regole dato che il coronavirus, secondo lui era un virus da poco, e non avrebbe fatto grandi danni, è stato anch’egli fulminato: ricoverato all’ospedale con a disposizione 12 medici specialistici e 24 infermiere un po’ più generiche, se l’è cavata anche con l’aiuto della zia suora volata in paradiso e che ormai da un decennio, lassù, sta pregando giorno e notte per riportare il nipote sulla buona strada che ha da tempo smarrito. Poi la storia di Flavio Briatore, una commedia, e poco altro. Un uomo ricco, arrogante, cinico, un uomo che risolve tutto sventolando il portafoglio ed il suo conto in banca. Nel corso delle ultime settimane s’è atteggiato a negazionista tutto d’un pezzo, contro l’uso delle mascherine, ha allestito un teatrino per ridicolizzare l’emergenza covid e le misure attuate dal Governo per contenerla, piangendo miseria per la chiusura forzata del suo Billionaire, una discoteca d’elite, come se avesse bisogno di un sussidio per un piatto di pasta, farfugliando scemenze sul virus che dorme di giorno e contagia di notte. Anche se poi i risultati sono diversi poichè sono una sessantina i dipendenti del suo Billionaire contagiati dal coronavirus e la situazione delle regione

sarda risulta una delle più difficili dell’intero Paese. E così l’esserino maledetto ha deciso d’intervenire. E i giornali non vedevano l’ora di darne la notizia, Briatore contaminato, ricoverato in condizioni serie, seppur non in terapia intensiva. Ma lui, no lui no, non può aver preso un virus inesistente, e così inizia la sequela delle smentite. “Ho solo un’infiammazione, niente in tutto...” ma poi il giorno dopo: “Non è infezione, ho la prostatite...” Ma i medici hanno confermato il contagio e la commedia è finita. Poi Briatore guarirà, non c’erano dubbi, nonostante il suo meschino e squallido negazionismo, può permettersi le cure migliori e i ricoveri di lusso. Se non altro, almeno per una volta nella vita speriamo abbia provato ciò che noi poveri mortali chiamiamo “pagare le conseguenze delle proprie azioni”. Ma poi ce ne sono stati altri, magari meno colpevoli, la Camera dei Deputati s’è mezza svuotata per l’alto numero dei contagi, ma anche personaggi delle più disparate categorie, seppur incolpevoli, da Ronaldo a Donnarumma, a Federica Pellegrini e a Valentino Rossi ci sono cascati. Il coronavirus, non c’è che dire, è equanime nel distribuire il suo dolore. Sono sfizie che il covid si permette, ogni tanto contagia anche personaggi di spicco, tanto per farsi un nome. Ma la vendetta non è finita, la lista è ancora lunga, i negazionisti insistono, ed Enrico Montesano, simpatico come attore, ma scipito come politico, stia attento è uno dei primi nella lista, in buona compagnia. Sembrano immuni Salvini e la Meloni. Salvini, si sa, ha le tasche piene di rosari e di santini, poi lui, che se ne intende, consiglia, eventualmente, l’idrossiclorina, una specie di varichina, se non peggio , e la Meloni? Sembra abbia un grande futuro, così il virus ha deciso d’aspettarla al varco...speriamo che alla fine il coronavirus non se la prenda anche con il vostro Saltaro per queste quattro righe tutte a suo favore. Non che sia un fanatico del virus, ma rispettoso si, facciamo tutti il nostro dovere, rispettiamo le regole, mettiamocela tutta e il coronavirus saprà ricompensarci tornando al suo Paese. Ma ce l’avrà, un Paese?


Europa

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La campana ha suonato per tutti Certamente seguiamo sui teleschermi televisivi quello che succede in altri Paesi europei, soprattutto quelli più vicini a noi, e in altre parti del mondo. Assistiamo purtroppo anche a duelli televisivi fra esperti in medicina e fra politici che non ci fanno certamente piacere, anzi, talvolta generano disgusto, e incertezza. Appelli all’unità e alla collaborazione espressi da altri saggi autorità rimangono purtroppo quasi sempre inascoltati. E’ amarezza che si aggiunge a già profondi e diffusi sentimenti di tristezza. Sono sempre stato convinto e conservo forte determinazione nel considerare anacronistiche quelle visioni nazionali che vorrebbero chiudere il proprio Paese entro i confini statali e togliere poteri a quell’Unione europea che dal Secondo dopoguerra stiamo faticosamente costruendo. Credo, tuttavia, che in questo momento, di fronte a simile tragedia che tocca tutti noi non risparmia nessuno, un sano sentimento di comunità nazionale che porti tutti a

di Paolo Magagnotti Dopo che in estate questo maledetto coronavirus ci aveva consentito un po’ di tregua, da qualche settimana ci ha nuovamente dichiarato guerra in maniera molto pesante, trovandoci tutti ancora senza adeguate armi di dife-

sa. Tutta la nostra cara Europa è sotto attacco. Tutti ci preoccupiamo, quasi ora dopo ora, della situazione nella realtà a noi più vicina, dalla famiglia alla valle e dalla provincia all’intera nostra nazione.

mettere in frigo per il tempo necessario posizioni politiche, ambizioni e interessi di varia natura per essere tutti concentrati contro un nemico che se non riusciremo a sconfiggere ci porterà ad essere tutti, sì, proprio tutti, perdenti. Non è uno spettacolo rassicurante, ad esempio, vedere i “conflitti” che vi sono fra Governo centrale e componenti subnazionali dello Stato, Regioni, Province autonome e città metropolitane. Certe prese di posizione da parte di presidenti di Regione e Province autonome non sono spesse volte per nulla convincenti. Anche se talvolta si potrebbe avere condivisione nel merito molte sono le perplessità che lascia la forma; forma che può anche divenire sostanza. Se si continua su questa strada temo che dopo la sconfitta, che ci auguriamo possa avvenire presto, del

no. Se vi è un problema da risolvere, se si avverte che c’è qualcosa che non va o che si dovrebbe modificare comportamento o strategia si cerchi trovare soluzioni prendendo in mano il te-

Covid-19, ci troveremo in un Paese con un’architettura istituzionale che nei rapporti tra Stato centrale e autonomie regionali sarà piuttosto sconnessa, e questo non giova a nessu-

lefono prima di andare a farsi vedere sul video, con presenze che non sempre sono prive di interesse per il consenso. Certo, il presente riferimento nazionale che abbiamo non genera

sempre entusiasmo, ma in questo tragico momento cerchiamo il dialogo il confronto costruttivo; arriverà anche il tempo in cui si potranno togliere dal fisico posizioni politiche, recriminazioni ed accusa per errori che si ritiene siano stati commessi. Tutto questo vale anche nella dimensione europea; quell’Unione europea alla quale i suoi Stati membri non hanno conferito importanti poteri in materia di sanità e che nonostante i suoi limiti in questo grave momento della nostra storia ha manifestato sta dimostrando concretamente una solidarietà che probabilmente passato qualche volta ha scricchiolato. Cerchiamo anche di comprendere e condividere in questi tempi difficili le difficoltà e le sofferenze degli altri popoli europei, dei nostri fratelli per richiamare il sentimento e le parole di papa Francesco. È, questo, un tempo che deve farci ritornare la memoria chi un tempo ci ricordava che la campana suona solo per me o per te, ma per tutti.

L’appello della cancelliera tedesca Lotta contro la pandemia, vale anche per noi Tutti i capi di Stato o di governo responsabili sono impegnati giorno e notte con i loro governi supporto degli esperti a fare il meglio per contenere la diffusione del terribile Covid-19 che dopo un apparente tregua estiva ha ripreso la battaglia contro la nostra salute. Noi tutti seguiamo con apprensione i decreti del nostro governo e le ordinanze delle nostre autorità locali per capire sapere che cosa fare, come dobbiamo comportarci per tenere lontano il nemico. Lo stesso fanno i rappresentanti personali europee. Desideriamo riportare qui un recente, accorato e incisivo messaggio diffuso dalla cancelliera della Repubblica federale tedesca signora Angela Merkel. Ecco il suo messaggio: «La pandemia si diffonde

nuovamente in modo rapido, anche più velocemente rispetto all’inizio, oltre sei mesi fa. L’estate relativamente rilassata è finita, ora ci attendono mesi difficili. Si deciderà nei prossimi giorni, nelle prossime settimane, come sarà il nostro inverno, come sarà il nostro Natale. Lo decideremo noi tutti, con le nostre azioni. Vorrei dirvi che cosa significa, a mio parere. Ora dobbiamo fare di tutto affinché il virus non si diffonda in modo incontrollabile. Ogni giorno è prezioso. Per questo motivo tutti i contatti di ciascuna persona contagiata devono essere informati per spezzare le catene dei contagi. Le autorità sanitarie stanno lavorando in modo eccellente. Ma nel caso in cui il numero dei contagi diventasse troppo alto, non riusci-

remmo più a gestirli. Che cosa può fare ciascuno di noi per far scendere nuovamente i numeri? Moltissimo. Per lo più, in modo molto semplice, mantenendo sempre la distanza minima di sicurezza, indossando dispositivi di protezione delle vie respiratorie, e rispettando le regole igienico-sanitarie. Ma ora dobbiamo fare un ulteriore passo. La scienza ce lo dice chiaramente. La diffusione del virus dipende direttamente dal numero di contatti, dagli incontri di ognuno di noi. Se ciascuno di noi ora riduce significativamente gli incontri al di fuori della famiglia per un po’ di tempo, allora si può riuscire a fermare e a invertire la tendenza all’aumento dei contagi. L’appello che rivolgo a voi oggi è proprio questo. Incontrate molte

meno persone, sia fuori casa che in casa. Vi chiedo: evitate qualsiasi viaggio che non sia realmente necessario. Qualsiasi festa che non

sia realmente necessaria. Vi chiedo di restare per quanto possibile a casa presso il vostro domicilio. So bene che è difficile e che in determi-

nati casi si tratta anche di una pesante rinuncia. Ma dobbiamo farlo solo temporaneamente. E in fondo lo facciamo per noi stessi. Per la nostra salute. E per la salute di tutti quelli per i quali possiamo fare in modo che non si ammalino. Lo facciamo per far sì che il nostro sistema sanitario non sia sopraffatto. E affinché le scuole e gli asili dei nostri figli restino aperti. Dobbiamo farlo per la nostra economia e per i nostri posti di lavoro. Che cosa ci ha portato la pandemia di relativamente buono durante la prima metà dell’anno? Siamo rimasti uniti e abbiamo rispettato le regole. Con rispetto e buon senso. Sono i mezzi più efficaci che abbiamo, al momento, contro la pandemia. Ora sono necessari più che mai. Vi ringrazio».


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Giovani

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A Casa Terre Comuni il seminario di Orizzontegiovani

Le politiche giovanili nazionali a Vigo Rendena Ha coinvolto importanti istituzioni come Almalaurea, Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, Rete Iter, IUSVE, gli Assessorati delle città di Milano, Torino, della Provincia autonoma di Trento, Fondazione Degasperi e Risiamo l’Italia, i giovani di Coldiretti, Confartigianato e Tortuga Think Tank. Tra gli interventi: il Viceministro Anna Ascani che ha portato il saluto del Governo e ha presentato le opportunità che il Recovery Fund potrebbe portare per i giovani, Elena Malaguti, tra le massime esperte italiane di resilienza, che ha evidenziato il legame tra resilienza delle nuove generazioni e delle comunità locali: l’una non si dà senza l’altra, l’approccio personale si sviluppa anche

Il 3 e 4 settembre a Casa Terre Comuni si è svolta la terza edizione del seminario nazionale della Rivista Giovani e comunità locali. Organizzazioni da tutta Italia si sono riunite per riflettere sulla questione “come costruire giovani resilienti in comunità resilienti?”. Sono alcuni anni, questo è il terzo, che il mondo delle politiche giovanili nazionali grazie agli stimoli positivi dell’ambiente circostante; il professor Enrico Giovannini – portavoce di ASviS, Alleanza Italia per lo Sviluppo Sostenibile – che ha indicato nel concetto di “sviluppo sostenibile e resilienza trasformativa” una prospettiva capace di inserire l’azione sui giovani e il rinforzo del loro ruolo in una più ampia visione di sviluppo futuro della nazione; il demografo Alessandro Rosina che ha sottolineato come ogni generazione da qui innanzi si troverà sempre a interpreta-

re in modo inedito il proprio essere nel mondo in quanto il mondo si è avviato in un processo di cambiamento incessante e sistematico. Le circostanze e le caratteristi-

passa per le Giudicarie fermandosi in quel di Vigo Rendena. Organizzato dalla rivista “Giovani e comunità locali” edita da Orizzontegiovani scs, si è svolto il il 3 e 4 settembre scorsi, a Casa Terre Comuni, il seminario nazionale “Resilienza e contesto: il cammino di giovani e comunità locali tra spazi di autonomia e vincoli strutturali “. che delle persone che avranno 60 anni nel 2050 non saranno le stesse di quelle che ne hanno 60 oggi. Infine il giornalista e scrittore Mario Calabresi che ha narrato

storie e aneddoti di vite resilienti. A seguire i partecipanti, riuniti in tre gruppi di lavoro, hanno analizzato il nesso giovani-resilienza con riferimento alle politiche

locali, all’apprendimento (formale e informale) e all’inserimento nel mondo produttivo. La sera fugace ma intensa esperienza alla malga Nambi in Val Algone per il tradizionale aperitivo in quota. È prevista a fine anno la pubblicazione degli atti del seminario che saranno scaricabili gratuitamente dal sito www.giovaniecomunitalocali.it

Summer School, per una cittadinanza attiva e responsabile nelle comunità locali Nell’edizione 2020 è stata attivata per la prima volta, in concomitanza al seminario, l’organizzazione della Summer School “Giovani e comunità locali” rivolta a giovani interessati ad approfondire tematiche legate all’assunzione di responsabilità civile e sociale nella vita di comunità locali. La Summer School si è svolta dal 29 agosto al 4 settembre presso la pensione Cernuschese di Borgo Lares ed ha visto la partecipazione di una ventina di giovani (indicativamente fra i 18 e i 35 anni) provenienti da tutta Italia e attivi nel mondo dell’animazione di comunità. Durante la settimana i giovani partecipanti hanno alternato diversi momenti seminariali ad attività e laboratori territoriali. Particolarmente

stimolante è stata la serata “talk show” in cui i giovani hanno dialogato con i partecipanti al seminario nazionale, in un’atmosfera caratterizzata da un mix di performance musicali e momenti di discussione e approfondimento sulle tematiche giovanili. Un’interessante e apprezzato esperimento di dialogo intergenerazionale in cui i partecipanti della Summer School e quelli del seminario hanno ragionato su parole chiave quali talento, inclusione, sogno e conflitto generazionale. Tra gli interventi della settimana si ricorda: la lectio magistralis dell’antropologo Annibale Salsa che si è occupato di approfondire il concetto di responsabilità civile in una comunità locale, la lezione del professor Tiziano Sal-

vaterra (Università di Trento) che ha svolto insieme ai ragazzi un laboratorio di analisi del territorio locale fornendo loro utili strumenti e metodologie e, infine, l’intervento del professor Umberto Martini (Università di Trento) focalizzato sul tema dello sviluppo sostenibile in comunità resilienti. La settimana di lavoro si è conclusa con la presentazione dei risultati durante l’evento conclusivo del seminario nazionale. Ne è emersa un’interessante riflessione sulla figura dell’animatore di comunità, di cui è stato stilato un identikit professionale, e più in generale una stimolante riflessione per favorire l’inserimento dei giovani nella vita delle comunità e valorizzarne carismi, conoscenze e competenze.

Castagne nel Chiese, meno ma più buone Ottima qualità e buona quantità infatti vanno a braccetto per la soddisfazione di tutti gli addetti ai lavori tra i quali i membri dell’assemblea dei castanicoltori della Valle del Chiese che, qualche settimana fa, si è incontrata, nel rispetto delle normative Covid-19, nelle accoglienti e spaziose sale della Cooperativa Agri 90 di Storo per fare il punto della situazione. La coltura delle castagne riguarda tutto il territorio sulla sponda destra del Fiume Chiese: partendo da nord (Valdaone) ed arrivando fino a pochi metri dal confine con la Lombardia (Riccomassimo). Una ventina di chilometri di vallata dove sono diverse le coltivazioni di castagne. «Quest’anno - spiega un castanicoltore dell’alto Chiese

Anno 2020, anno orribile. Da dimenticare per svariate ragioni (emergenza sanitaria e pandemia tutt’ora in atto su tutti). A salvarsi però, e non per - abbiamo riscontrato una buona qualità del prodotto. Quanto alla quantità siamo in leggera diminuzione rispetto agli anni precedenti. Va bene così però, sarebbe stato un problema se si fosse riscontrato il contrario». Dall’assemblea dei castanicoltori è emerso inoltre che «la stagione va bene e le piante sono in salute ed anche la colorazione delle foglie lascia ben sperare». Anche nel basso Chiese (da Condino verso sud), dove i marroni di Darzo sono ormai prodotto tipico e assai ricercato, si è riscontrata una soddisfacente produzione. «In questi ultimi anni

- affermano diversi castanicoltori – abbiamo potuto registrare una crescita della qualità del prodotto. Anche noi registriamo una leggere diminuzione in termini di

il classico rotto della cuffia, è la produzione della castagne in Valle del Chiese che, in questa prima parte di autunno, lascia ben sperare per il futuro.

quantità. Ma questo aspetto, soprattutto in tempi critici come quelli attuali, è un aspetto secondario e di minore importanza.» A causa infatti dell’emergen-

za sanitaria che è ritornata con forza nel vecchio continente sono state annullate, anche in ragione delle ultime disposizioni emesse dal governo nazionale, la maggior parte delle manifestazioni che solitamente si tengono nel periodo autunnale nei vari borghi della Valle del Chiese. Niente sagre, niente ritrovi aggregativi e sociali e quindi, niente castagne. «La pandemia - commentano in coro gli addetti ai lavori - ha inevitabilmente avuto una ricaduta negativa anche sulle castagne. Fino allo scorso anno si organizzavano decine e decine di eventi e manifestazioni dove le castagne

erano il “piatto tipico” di giornata. Quest’anno invece dobbiamo limitarci al consumo domestico». Ed è proprio su quest’ultimo aspetto che gli addetti ai lavori vogliono rivolgere un invito alla comunità. «Al giorno d’oggi, soprattutto nei grandi supermercati, troviamo castagne che arrivano da diverse località. Il nostro invito non può non essere quello di privilegiare, per quanto possibile, i prodotti della nostra zona la cui provenienza e qualità è fuori discussione». Insomma, a discapito di una quantità leggermente inferiore, le castagne della Valle del Chiese portano un pizzico di soddisfazione in un periodo in cui i segnali negativi vincono di gran lunga su quelli positivi. Marco Maestri


Economia

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Attualità

NOVEMBRE 2020 Si cercano volontari per gestire gli ingressi ordinati

Apsp Rosa dei Venti, riaperto il punto prelievi di Mariachiara Rizzonelli Si tratta di servizi alla persona molto importanti che direzione e consiglio di amministrazione della casa di soggiorno di Condino, convinti della loro assoluta necessità, tentano di offrire nuovamente alla popolazione anziana e non della Busa di Borgo Chiese-Castello, dopo mesi di assenza. Servizi che per ovvi motivi non vanno tuttavia a riproporre lo scenario a cui si era abituati prima della diffusione del cornavirus, ché il punto prelievi, benché sempre gestito dagli uffici e dallo staff di infermieri della struttura residenziale della Apsp Rosa dei Venti, è stato infatti organizzato al di fuori dell’edificio, alla Casa Sanitaria di Via Roma, dove sono ubicati anche gli ambulatori e gli altri servizi socio-sani-

Dopo otto mesi di chiusura hanno finalmente riaperto da qualche giorno il centro diurno e il punto prelievi gestiti dalla Apsp “Rosa dei Venti” di Condino. Una buona notizia nel pullulare di informazioni tari del luogo, mentre il centro diurno viene separato dal resto della struttura tramite una serie di pareti divisorie ed entrate completamente dedicate. «L’apertura al punto prelievi avviene tra le 7 e le 9 di ogni giovedì; per accedere vige l’obbligo della prenotazione al Cup, con un limite di 25 utenti ogni settimana. Nella situazione attuale abbiamo bisogno in realtà di volontari che ci aiutino ad inserire ordinatamente e in sicurezza le persone al punto di accesso: colgo qui l’occasione per estendere l’invito a quanti volessero offrire la propria disponibilità in questo senso» afferma il direttore della “Apsp Rosa dei

Venti” di Condino Matteo Radoani. Il centro diurno Per quanto riguarda il centro diurno in ottobre è stata organizzata una riunione della direzione con i famigliari degli utenti che solitamente lo frequentavano prima della chiusura per presentare le nuove modalità di realizzazione di questo servizio. Aperto lo scorso lunedì 19 (fino a quando le condizioni della pandemia lo renderanno possibile), il servizio viene erogato sui cinque giorni lavorativi della settimana con orario simile a quello antecedente la chiusura, ma con numero di posti ridotti

che gettano invece molte ombre sulla possibilità di tornare presto ad uno stile di vita più normale rispetto a quello che abbiamo vissuto con l’espandersi della pandemia di Covid-19 la primavera scorsa.

a 12 (prima erano 20), in relazione alla metratura degli spazi occupata dal centro. Il direttore Radoani ha spiegato come il modo di erogare questa prestazione con le vigenti limitazioni sia molto cambiato (non si possono incontrare gli altri ospiti, fare attività comuni e andare a Messa assieme come prima). Tuttavia, almeno chi necessita di lasciare i propri cari in cura ad enti esterni alla famiglia avrà la possibilità di ricevere una mano tesa in questo senso. Il centro diurno di fatto si trova al terzo piano del blocco A della struttura, dove, come detto, sono state create tutta una serie di pareti volte ad evitare

ogni contatto con gli ospiti residenziali e dove nella Sala teatro della Rosa dei Venti è stato anche ricavato lo spazio mensa per i nuovi fruitori del diurno. Anche la modalità di incontro in sicurezza dietro vetrata esterna per gli ospiti meno autonomi del plesso B, preannuncia Radoani, in vista della stagione fredda cambieranno: le visite verranno organizzate in un paio di sale all’interno dell’edificio dietro plexiglass come già per gli ospiti più autonomi del plesso A, sono in previsione dei lavori di costruzione di nuove pareti per compartimentare gli spazi necessari. «Frequento molto la struttura e devo dire che ho trovato

i nostri ospiti sereni - conclude il direttore Radoani - per ciò devo ringraziare l’operato dei nostri dipendenti che di fatto si stanno sostituendo come possono ai famigliari, dando assistenza e impegnandosi anche tanto sulla relazione. Più complicato, invece, a volte è il rapporto con i parenti esterni che chiedono soluzioni alternative. Ma il divieto d’ingresso in struttura è legge nazionale; vi sono poi linee guida che sono emanazione della Provincia di Trento. Tutte queste impongono limitazioni ma sono attuate, è da ricordare, nell’intento di preservare la salute dei nostri ospiti».

Premiato “Incursioni & Illuminazioni”, il volume edito dal Giornale delle Giudicarie

Giacomo Bonazza vince il XIII Premio G. Papaleoni nella sezione Saggistica Nel tardo pomeriggio del 17 ottobre a Villa De Biasi a Daone, storica sede della premiazione del Premio G. Papaleoni quest’anno arrivato alla XIII edizione, in una sala “gremita per metà” e “mascherata” per via delle allora vigenti disposizioni sanitarie, Giacomo Bonazza, articolista del Giornale delle Giudicarie che ha svelato ai giudicariesi le bellezze artistiche della vallata, è stato insignito del Premio G. Papaleoni per la sezione Saggistica. Una presentazione come detto “imbavagliata” e costretta ad un numero limitato dei presenti (circa una quarantina, debitamente distanziati) in osservanza delle vigenti disposizioni contro il coronavirus, ma che non ha lesinato nella qualità e nell’eco che questa manifestazione ha nel

panorama culturale del territorio. A fare gli onori di casa è stato Severino Papaleoni, che in qualità di presentatore ha introdotto l’evento e i saluti delle autorità intervenute (la sindaca di Valdaone Ketty Pellizzari, l’allora Presidente del Centro Studi Judicaria Graziano Riccadonna e l’assessore alla cultura del Comune di Tione Maria Rita Alterio) che hanno dichiarato il loro compiacimento nell’essere riusciti a garantire presenza e qualità ad un evento ormai diventato appuntamento fisso nel panorama culturale giudicariese. La presidente del Premio Papaleoni, Loreta Failoni, ha ulteriormente sottolineato l’eccezionalità del periodo nel quale questa edizione ha avuto luogo, che non ha inficiato comunque il grande im-

pegno e l’alto livello raggiunto dai partecipanti e dalle loro opere. Tra questi, siamo felici di poter annoverare il nostro collaboratore e amico Giacomo Bonazza: il vulcanico ed estroverso critico d’arte ricercatore giudicariese (residente in Vallagarina) e collaboratore del Giornale delle Giudicarie, ha ricevuto l’ambito riconoscimento messo in palio dal Centro Studi Judicaria per la sua opera “Incursioni&Illuminazon i. Appunti sull’arte nelle Giudicarie”. Edita e presentata dal Giornale delle Giudicarie nel maggio del 2019, l’opera si presenta come una antologia dei piccoli grandi tesori dell’arte custoditi nelle Giudicarie ed ingiustamente spesso troppo poco noti, già presentati sulle pagine del mensile nella ru-

brica “Arte” sotto forma di articoli di approfondimento artistico. Con la sua grande esperienza ed esuberanza, sempre presente e palpabile in ogni pagina del libro, Giacomo ci porta a conoscenza della storia dell’arte giudicariese passando attraverso i “mostri sacri” tra gli autori, quali la dinastia dei Baschenis o i locali Sergio Trenti, Luciano Carnessali e Carlo Sartori, ma anche toccando nomi ed opere meno note ma sorprendentemente interessanti. Complimenti a Giacomo per l’importante riconoscimento ricevuto per il proprio lavoro e complimenti ovviamente anche a tutti gli altri premiati nelle varie sezioni del Premio G. Papaleoni e a tutti gli autori e ricercatori partecipanti per il proprio impegno. (A.G.)


Azienda sanitaria

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Il freddo non ferma il “drive through” tampone di Tione L’accesso al drive through è possibile solo su appuntamento: è la centrale Covid a gestire le agende e a fornire ai singoli indicazioni sulle sedi, gli orari e le modalità di effettuazione del tampone. Gli utenti sono pregati di presentarsi puntuali all’appuntamento, spegnere la macchina durante l’attesa, tenere a portata la tessera sanitaria e abbassare la mascherina sotto il naso al momento dell’effettuazione del tampone. Nel caso di test rapido il risultato è disponibile entro un paio d’ore su TreC e FastTrec, mentre per il tampone molecolare

Prosegue senza sosta l’attività del drive through di Tione, lo spazio allestito dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari nel parcheggio della Comunità delle Giudicarie in via Gnesotti dove è possibile fare il tampone nasofaringeo in modalità «pit stop», senza scendere dalla macchina. Con l’arrivo del freddo è stato però necessario riorganizzare logisticamente gli spazi, con l’allesono necessarie indicativamente 72/96 ore. In attesa del risultato del tampone si deve rimanere in isolamento se si hanno dei sintomi; se invece il tampone è stato fatto per finalità di screening (ad esempio per effettuare un intervento chirurgico) non è necessario rimanere in isolamento. Si può accedere ai drive anche in moto, bici e a piedi (anche se que-

Influenza? #iomivaccino Sono iniziate anche nelle Valli Giudicarie le vaccinazioni antinfluenzali. La vaccinazione viene offerta gratuitamente a chi corre un maggior rischio di complicanze ovvero le persone con più di 60 anni, i bambini dai sei mesi ai sei anni, le donne in gravidanza e nel post partum, gli addetti ai servizi pubblici di primario interesse (ad esempio operatori sanitari, vigili del fuoco e forze dell’ordine, personale dei servizi socioeducativi, dell’infanzia e della scuola, personale del trasporto pubblico, della grande distribuzione e dettaglio di generi alimentari), le categorie a rischio (con patologie cardiache e respiratorie, insufficienza renale, diabete, tumori, immunodepressione etc.), i bambini e gli adolescenti a rischio sindrome di Reye, i familiari e i contatti di persone ad alto rischio, i donatori di sangue e chi lavora a contatto con animali. La vaccinazione è comunque raccomandata alle persone di tutte le età per semplificare la

stimento di tensostrutture e l’introduzione di alcune migliorie. Da alcuni giorni nei drive through vengono effettuati per la maggior parte test rapidi antigenici che permettono (solo in caso di persone sintomatiche) di avere il risultato nel giro di 15 minuti. La positività al test antigenico deve però essere confermata da un tampone molecolare (processato in laboratorio).

diagnosi e la gestione dei casi sospetti di Coronavirus. Influenza e Covid19 hanno infatti sintomi molto simili e chi è vaccinato evita di ammalarsi di influenza e semplifica la diagnosi della malattia da coronavirus. Dove vaccinarsi e come prenotare I bambini appartenenti alle categorie a rischio per patologia ricevono una lettera dall’Azienda provinciale per i servizi sanitari con l’appuntamento per la vaccinazione. Tutti gli altri bambini di età compresa tra i 6 mesi e i 6 anni vengono vaccinati dal pediatra di libera scelta (se il pediatra non aderisce alla campagna di vaccinazione è possibile vaccinarsi nei centri vaccinali dell’Apss), mentre il medico di medicina generale vaccina prioritariamente le persone con più di 65 anni. Per tutti gli altri, adulti a rischio e altre categorie, le antinfluenzali possono essere effettuate nel centro vaccinale di Apss a Tione, nella sede della nuova biblioteca in via Damiano

Chiesa 1, oppure nelle sedi vaccinali di Mezzolombardo, Arco, San Giovanni di Fassa (Sèn Jan), Taio, Cavalese, Cembra, Lavis, Malè e Borgo Valsugana. In alternativa è possibile recarsi nei drive through dell’Apss di Trento (piazzale palazzetto dello sport Trento sud), Pergine (parcheggio ospedale Villa Rosa) e Rovereto (parcheggio Follone). La vaccinazione va prenotata al Cup online (www. cup.apss.tn.it) accessibile dal sito di Apss (www. apss.tn.it) > prenotazione senza ricetta > vaccinazione antinfluenzale > selezionare sede e orario. Gli over 65 devono sempre fare riferimento al proprio medico di famiglia per prenotare la vaccinazione. Chi ha una prenotazione ai drive through si recherà con la propria auto nella sede prescelta e farà la vaccinazione restando seduto in macchina. Bisogna presentarsi muniti di mascherina, tessera sanitaria e con una maglia a maniche corte.

st’ultima modalità è sconsigliata); nel dubbio di essere positivi non è consentito raggiungere i drive con i mezzi pubblici. Non è possibile andare ai drive through per richiedere informazioni di qualsiasi tipo. Sul sito dell’Azienda provinciale per i servizi sanitari è disponibile una nuova sezione dedicata ai tamponi con tutte le informazioni sulle sedi dei drive through, le modalità di accesso, il link diretto al referto (TreC e FastTreC) e le risposte alle domande più frequenti (FAQ). www.apss.tn.it

INFLUENZA? #IOMIVACCINO

VACCINARSI È IMPORTANTE, QUEST’A NNO ANCORA DI PIÙ

Aiutaci a individuare i casi Covid-19 Quest’anno vaccinarsi è ancora più importante, perché insieme al virus dell’influenza circolerà anche il Coronavirus. Influenza e Covid-19 hanno sintomi molto simili: chi è vaccinato evita di ammalarsi di influenza e semplifica le attività per riconoscere e tenere sotto controllo il Coronavirus.

La vaccinazione gratuita si estende a nuove categorie: - persone con più di 60 anni - bambini da 6 mesi a 6 anni - donne in gravidanza e post partum - addetti ai servizi pubblici di primario interesse.

Rivolgiti al tuo medico o pediatra oppure agli ambulatori vaccinali dell’Azienda sanitaria

PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO


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Società

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A Castel Ivano, la casa di riposo della giudicariese Coop Assistenza di Giuliano Beltrami Il 2020 verrà ricordato per il Coronavirus, per il confinamento in casa, per la crisi sociale ed economica e... per la chiusura delle case di riposo, ultima ma non ultima stazione della via crucis. Le cronache sono state piene in questi mesi di notizie sulle rsa. Non è il caso di riaprire ferite dolorose. Ricordiamo solo la chiusura verso le visite dei parenti agli ospiti, e poi la chiusura pure nei confronti degli ospiti. Niente accessi: anziani a casa. E qui parte l’esperienza della Cooperativa Assistenza, che ha cercato una collaborazione con la casa di riposo (oggi si chiamano Aziende pubbliche di servizio alla persona, ma la sostanza non cambia) di Borgo Valsugana. Collaborazione suggellata da un protocollo d’intesa firmato in ottobre. La “Residenza San Vendemmiano” è innovativa. È destinata infatti ad accogliere anziani non autosufficienti per un breve periodo, così da consentire ai familiari che li tengono in casa un periodo di sollievo. “Proprio la riduzione dei serNel corso della seconda Conferenza del Parco fluvie del Sarca, lo scorso 24 settembre, sono state decise l’installazione di Porte Parco e la crezione di percorsi tematici per la fruizione delle sponde della Sarca e del patrimonio idrico e fluviale della vallata. Nelle seguenti località giudicariesi, per una spesa di 88 mila euro, saranno realizzate, entro febbraio 2021, otto Porte Parco: Comune di Pinzolo (località Pineta); Comune di Pinzolo, frazione Madonna di Campiglio (località Laghetto); Comune di Bocenago (Parco Ducoli);Comune di Pelugo (Parco Le Masere); Comune di Tione di Trento (località Sesena); Comune di Fiavè (piazza Chiesa); Comune di San Lorenzo Dorsino (località Promeghin); Comune di Stenico (Cascata). Un sistema organico di Porte Parco informativo e di promozione che è in continuità con quello già esistente nel basso Sarca. «Il progetto - si spiega dal parco fluviale - si inserisce in un disegno più ampio che comprende una serie di percorsi tematici, incardinati sull’asse della Sarca e dei

San Vendemmiano. No, non è terra giudicariese, ma dall’autunno 2020 vi si respira anche un po’ di aria delle Giudicarie. Siamo fra le montagne valsuganotte: a Castel Ivano, comune a quattro chilometri da Borgo. Qui una Cooperativa sociale di Tione (Assistenza, nata vizi socio-sanitari, con la chiusura dei nuovi accessi alle residenze per anziani, sia su posto definitivo che temporaneo, ha portato i caregivers a farsi carico in toto dell’assistenza al familiare”, sostengono i firmatari dell’intesa, Tiziano Colotti per la Cooperativa Assistenza e Mario Dal Sasso per la rsa di Borgo, che sottolineano l’importanza della collaborazione con l’assessore provinciale Stefania Segnana e soprattutto fra gli attori sociali coinvolti per individuare, e rendere operativa, una struttura dedicata all’assistenza temporanea dell’anziano. Con una formula peculiare: la collaborazione pubblico-privato sociale. «Abbiamo lavorato in modo positivo - commenta Tiziano Colotti - tanto che in tempi record è stata aperta la ‘Residenza’. Abbiamo affidato alle imprese artigiane della Valsugana orientale gli ingenti

ventuno anni fa da una costola di Ascoop per occuparsi, come dice il nome, di assistenza) ha comperato, ristrutturato e aperto una residenza per anziani. Una residenza particolare, in verità, attuale più che mai, considerato il periodo plumbeo nel quale stiamo viaggiando.

lavori di ristrutturazione e dato origine a più di trenta nuovi posti di lavoro». Pubblico-privato, formula da ripetere? «Diciamo - osserva Tiziano Colotti - che è una formula capace di coniugare i punti di forza del privato sociale (elasticità e velo-

cità di realizzazione) con quelli del pubblico (Know how e competenza nei servizi residenziali per anziani), riuscendo ad erogare, in tempi insperati, servizi all’avanguardia in linea con i nuovi bisogni degli anziani fragili e delle loro famiglie. La struttura, destinata ad

accogliere anziani non autosufficienti per un periodo di tempo determinato, persegue oltre al benessere dell’utente, anche quello del familiare, poiché sollevato dall’assistenza continua del proprio caro, con la tranquillità di lasciarlo in un ambiente protetto che se ne prende cura».

Un piccolo paradiso, San Vendemmiano, con misure di sicurezza anti Covid19, comfort, ampi spazi esterni, terrazze che si affacciano sulla valle, spazi interni accoglienti, e confortevoli stanze singole dotate di servizi igienici. Per accedere alla struttura si passa dalle Unità valutative multidisciplinari dell’Azienda sanitaria. La struttura accoglierà un massimo di venticinque ospiti provenienti dall’intero territorio regionale per un periodo di permanenza non superiore alle tre settimane, per rispondere al bisogno di un maggior numero di famiglie. È un modello ripetibile? Il giovane presidente Colotti non ha dubbi: «Abbiamo posto le basi per un futuro sviluppo di servizi evoluti e moderni rispondenti ai nuovi bisogni che verranno». Ciò che non dice, ma certamente pensa, riguarda l’auspicio che anche nelle Giudicarie (terra ricca di case di riposo e di Cooperative sociali) si possa approfondire la collaborazione fra pubblico e privato sociale.

Saranno 8 e indicheranno gli accessi privilegiati

Nei comuni giudicariesi le “Porte” del parco fluviale suoi affluenti più significativi, volti alla fruizione e alla valorizzazione integrata dei siti Natura 2000 e degli itinerari pedonali di fondovalle del territorio del parco fluviale». Le Porte Parco sono state individuate per segnalare i punti di accesso preferenziale al Parco. Le informazioni contenute sui pannelli abbracciano porzioni ampie di territorio, non strettamente legate ai confini amministrativi comunali, per una scelta di sobrietà e di ottimizzazione. L’allestimento di ogni Porta Parco prevede l’installazione di un tabellone in acciaio corten traforato, con posizio-

nate su ognuna delle due facce un pannello informativo, il tabellone si accompagna con sei sedute con struttura portante in acciaio corten e

piano in tonalite fiammata. All’occorrenza, una seduta può essere sostituita da una vela espositiva che permette di estendere ulteriori pannel-

li informativi. E poi ci sono i percorsi tematici, un tuffo ideale nelle acque giudicariesi per vivere il territorio a pelo d’acqua scoprendo la grande importanza di questo elemento all’interno dell’ecosistema locale e per la presenza umana. Sostenuti con 190 mila euro, si tratta di 10 percorsi tematici, con relativa cartellonistica, i cui lavori di realizzazione si avvieranno nella primavera 2021. Un percorso di visita per ogni area protetta più un’altra serie di percorsi che valorizzano i temi legati all’acqua, alla memoria storica e al paesaggio, distribuiti in tutti i comuni dell’alto

corso del fiume: Ontaneta di Caderzone; Percorso visita ZSC “Tione Villa Rendena”; Acque industriose; Storia e vita di un torrente; L’acqua di montagna; Lago di Ponte Pià; Valle dei Mulini; Forra del Limarò; Torbiera e palafitte di Fiavé; Torbiera Lomasona. Così come per le Porte Parco, anche il sistema dei percorsi è in continuità con quello già esistente nel basso corso del fiume, per creare un unico grande sistema di fruizione, inanellato da un percorso pedonale che idealmente possa far percorre tutte le valli della Sarca.


Attualità

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Gianluca Leone, 48 anni di Pinzolo, è stato ordinato sacerdote il 12 settembre in Duomo a Trento

“Buo L’arcivescovo Lauro Tisi: “Non c’è alcuna possibilità di vita se non si stringe la mano agli altri” di Alberta Voltolini

Foto Mariapia Bonapace

Don Gianluca -

Foto Mariapia Bonapace

A Paganica - cortesia Goffredo Palmerini


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Cooperando

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In base alle proiezioni Istat nel 2030 le persone over 65 in Trentino saranno 150.700; saliranno a 193.400 nel 2050 (di cui 113.300 con più di 75 anni). Sul tema degli anziani, in particolare quelli non autosufficienti la Provincia ha cominciato a riflettere già da qualche anno: Il Piano per la salute del Trentino 2015-2025, infatti, è stato pensato per contribuire al benessere dei cittadini attraverso l’innalzamento degli anni di vita in buona salute. Tra gli interventi strutturali e operativi previsti dalla Riforma del welfare anziani, incentrata sull’innovazione dei servizi e sulla prevenzione, la Provincia si sta impegnando nell’attivazione del nuovo modulo organizzativo “Spazio Argento”. Nel gennaio 2020 è stato approvato l’avvio delle sperimentazioni annuali in tre territori: Valle dell’Adige, Comunità delle Giudicarie e Comunità del Primiero. Tra gli scopi di questo periodo di prova c’è la necessità di comprendere meglio quali siano i bisogni concreti (dispositivi pratici e strumenti operativi) per garantire il successo del servizio, nella consapevolezza di doverlo riadattare in base alle caratteristiche del contesto territoriale in cui viene avviato. Lo stu-

Riforma del welfare anziani inTrentino, quattro strategie peril successo di Alberto Carli Euricse, il centro europeo di ricerca, con base a Trento, che si occupa di cooperazione ed economia sociale, ha analizzato le buone pratiche del Nord Italia e individuato quattro strategie per il futuro, a sostegno della riforma del welfare anziani in Trentino. Lo studio rappresenta una tappa importante a supporto dell’attivazione del nuovo modulo orgadio condotto da Euricse riflette sulle possibili linee di intervento per rendere più efficiente ed efficace il sistema di welfare anziani trentino, intercettando nel panorama nazionale le migliori pratiche dalle quali anche il territorio provinciale potrà attingere. Tra gli elementi caratterizzanti e riproducibili delle realtà analizzate, anche in linea con gli obiettivi identificati dalla Provincia di Trento, si trovano la coprogettazione con gli enti di terzo settore (cooperative sociali, associazioni di volontariato, imprese sociali, ecc,), l’integrazione tra servizi per la domici-

liarità, l’attivazione della cittadinanza e delle associazioni di volontariato, la continuità della presa in carico attraverso l’istituzione di figure come il “case manager”. Per capire se queste buone pra-

nizzativo Spazio Argento, la cui sperimentazione è in fase di avvio nella nostra Comunità delle Giudicarie questo mese di novembre. Lo studio nasce dalla necessità di una riforma del welfare anziani, considerato il mutevole contesto che stà attraversando e attraverserà la nostra società con riferimento all’invecchiamento.

tiche siano applicabili anche al territorio trentino, le ricercatrici hanno dato la parola alle cooperative sociali, tra i principali attori dei servizi domiciliari in Provincia. Sono emerse in conclusione quattro

strategie che dovrebbero trovare riscontro nello sviluppo di Spazio Argento. Coinvolgimento degli enti di Terzo settore, andando oltre il mero affidamento. - Flessibilità nell’analisi del bisogno e della sua evoluzione, offrendo risposte rapide ed adeguamenti dei budget. - Professionalizzazione ulteriore dell’offerta, attraverso la formazione di nuove figure pubbliche o del privato sociale. - Comunicazione aperta, rapida e condivisa verso i beneficiari dei servizi e degli enti erogatori. Anche se lo studio condotto da Euricse è stato realizzato con l’obiettivo

Riconoscimenti a Lukas Forer e al Soccorso Alpino di Pinzolo e Campiglio

Solidar

di produrre conoscenza scientifica, come ha sottolineato il direttore Riccardo Bodini, l’auspicio è che possa essere d’aiuto per supportare l’avvio della sperimentazione sul campo di un nuovo assetto dei servizi agli anziani. Tutti gli attori infatti, condividono la volontà di riformare l’attuale welfare anziani, ma ci sono timori sul ruolo che sarà concretamente riservato al terzo settore. I sistemi di welfare più innovativi a livello nazionale hanno posto al centro dei modelli organizzativi proprio gli elementi del confronto attivo e della co-progettazione. La riforma dovrebbe quindi trovare una rinnovata collocazione strategica al terzo settore, oltre a creare una riflessione condivisa sull’investimento in nuovi servizi e sulla realizzazione di un sistema integrato.


Cultura

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Don Marcello Farina: per i suoi 80 anni in regalo alla comunità un nuovo libro “Grandezza e fragilità dell’umano” è edito dalla Fondazione Guetti, primo volume della nuova collana di Vita Trentina ViTrenD di Denise Rocca

Di fragilità e grandezza ha predicato e insegnato per tutta la vita don Marcello, per questo il suo ultimo libro è un bel modo per avvicinarsi al pensiero del sacerdote giudicariese, ci si trovano i grandi maestri del suo cammino personale e quei temi che gli sono cari, che ha studiato e divulgato in tantissimi anni da insegnante, scrittore e oratore. Come è nello stile divulgativo che abbiamo imparato a conoscere di don Marcello il libro si costruisce dei pensieri di filosofi, testimoni e persone comuni - compaiono Lévinas, Bonhoeffer, Pierre Harmel, Max Weber, Maria Turoldo, Nietzsche, Hannah Arendt, Simone Weil, Maria Zambrano, papa Roncalli, San Francesco, il cantante Augusto Daolio e molti altri - che ritroviamo qui inseriti in un discorso lineare e alla portata di tutti, che è poi una

L’11 ottobre scorso don Marcello Farina ha festeggiato 80 anni e lo ha fatto a suo modo. Con una festa comunitaria, una Messa alla chiesa di S.Giustina di Balbido, dove celebra la liturgia ogni domenica, e la pubblicazione di un nuovo libro. L’essenza di una vita: fede, comunità e sapere. La Fondazione don Lorenzo Guetti gli ha fatto in dono questa nuova pubblidelle grandi virtù, l’accessibilità al lavoro di pensatori importanti del nostro tempo, dell’insegnamento e della predicazione di don Marcello. La copertina è già preziosa: si tratta di un particolare del quadro “L’angolo della tua fede” dell’artista bleggiano Gianni Rocca, che il pittore ha voluto donare per il libro. Un macinino nello stile inconfondibile di Rocca, che a don Marcello è piaciuto molto a rappresentare il contenuto del suo libro, per quel continuo “macinare idee” che lo caratterizza. Il volume è una

raccolta di discorsi, il che lo rende di facile lettura pur affrontando quei temi filosofici e di pensiero profondo a cui don Marcello ha abituato

cazione che raccoglie diversi saggi di don Marcello su una varietà di soggetti che sono quelli a lui più cari, famigliari a chi segue il sacerdote giudicariese da tanti anni, raccolti pensando a quel grande tema che è riassunto nel titolo: la fragilità dell’umano, tanto evidente in questo 2020 caratterizzato dal coronavirus, e la sua intrinseca grandezza.

i fedeli e le persone che ne seguono omelie e interventi: ogni capitolo è dedicato ad un soggetto diverso, saggi brevi dove si trova condensata la

riflessione di don Marcello e il pensiero di tanti filosofi e pensatori. Il libro è un po’ come le sue prediche: disarmante nella sua chiarezza, illuminante nella profondità dei concetti. In ogni capitolo si affronta un tema: la crisi, la terra, il corpo, la semplicità, i giovani, la giustizia, l’economia, la fede, la responsabilità. In ognuno dialogano fra loro i pensatori che don Marcello cita, a formare un ragionamento che accompagna alla riflessione e apre un mondo di significati. Non è comune dirlo di un’antologia di saggi, eppure è un libro per tutti: da prendere in mano e non leg-

gere per forza tutto d’un fiato, ma tenere sul comodino e aprire quando si è in cerca di un consiglio, una guida nelle difficoltà della quotidianità, un messaggio di speranza e ottimismo sul futuro in una giornata complessa. Nella seconda parte del volume sono raccolti anche gli interventi che sono stati fatti da don Marcello, dall’allora sindaco di Trento Alessandro Andreatta, Vincenzo Passerini ed Ester Abbattista in occasione della consegna dell’Aquila di San Venceslao a Farina, l’onorificenza più alta della città di Trento. Infine, completano il libro un profilo biografico dell’autore scritto dal direttore della Fndazione Guetti Michele Dorigatti e due interventi introduttivi del presidente della Fondazione Fabio Berasi e del direttore di Vita Trentina Diego Andreatta.

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Sicuramente qualche cosa di straordinario è successo e ne è prova la secolare frequentazione di quel luogo che i laici considerano magico, mentre i credenti santo e sacro. Non è una grotta ad ospitare l’immagine di Maria, né il colmo di un colle e neppure il cocuzzolo di una montagna, ma un larice immerso in un folto bosco. Nel bosco convivono le più molteplici forme di vita animali e vegetali con legami di interdipendenza in continua evoluzione. In esso la fantasia dell’uomo ha collocato presenze fantastiche di streghe, fate, gnomi, folletti, silvani. Il bosco è espressione di naturalità e rigenerazione, ma anche sinonimo di paura e mistero, di umanità e di cultura. Il bosco è un pullulare di vita, di crescite, di armonie. E’ luogo di lavoro, di frescura, di profumi, di suoni, di versi, di giochi di luci ed ombre, di volumi e forme. Nel bosco l’uomo ha anche riposto le sue ancestrali paure, i suoi fantasmi. Se esso ha sempre incantato e impaurito gli uomini, non può pertanto sorprendere che ivi si manifesti il sacro e che accada il miracolo. Ecco allora che per noi giudicariesi la Madonna del Làres è il nostro santuario, il santuario per eccellenza al quale ci riferiamo e con cui ci confidiamo ogni qualvolta la sorte ci riserva sofferenza o felicità. Per il

La Madòna dei Lares di Giovanni Bazzoli

N

oi la chiamiamo la Madòna dei Làres ma la sua vera denominazione è del Lares. Un bosco misto di larici e abeti rossi, un incontro tra natura e religiosità che ha eletto a Santuario Mariano un luogo come passato il 16 agosto, festa di San Rocco, era la data del più partecipato pellegrinaggio. Di buon mattino gruppi oranti partivano a piedi, scandendo rosari e canti. Dai paesi giudicariesi più distanti, muli, cavalli e asini, trainavano carri e carrette, su cui trovavano posto sopratutto anziani. La sacra radura, con al centro il sobrio tempio che conserva una fedele copia dell’originale quadro di Maria del Rosario, si popolava di persone. Nuclei familiari si accaparravano uno spazio dove stabilire il temporaneo domicilio e consumare il frugale pasto. Ma l’assoluta priorità dopo il segno della croce sul sagrato della chiesetta, era quello di raggiungere una piccola fontanella che elargisce l’acqua di una misteriosa sorgente.

Si intingono le mani e con grazia si bagnano gli occhi nell’acqua santa che preserva la vista. Nella giornata di San Rocco i pellegrini

tanti altri delle nostre montagne. Ci si potrebbe chiedere se il miracolo si sia veramente manifestato ed espresso nell’ostinato riportarsi del quadro raffigurante la Madonna con Gesù Bambino su di un larice.

giudicariesi, alternavano alla solenne liturgia momenti di sana ricreazione e fraterne relazioni. A metà pomeriggio iniziava il rito

del ritorno. Non più gruppi oranti ma un allegro vocio che ostentava soddisfazione. Anche in questi tempi di secolarizzazione la Ma-

dòna del Làres non ha perso la sua attrattiva. Essa attira credenti e non credenti. Per questi ultimi è probabilmente il silenzio del bosco o della selva. Sono quei larici, quegli abeti e quei faggi che si ergono maestosi e alteri a bordare la radura. Per i credenti, riconoscere nella bellezza del creato la presenza stessa di Dio. Per tutta l’estate e l’autunno inoltrato la chiesetta ospita settimanalmente un rosario e una S.Messa. Ardono notte e giorno sui davanzali delle due finestrelle protette da severe griglie numerosi ceri votivi. Molti fedeli a causa della pandemia sono obbligati a seguire la liturgia sul sagrato della chiesetta. Ogni sostegno è buono per alleviare la fatica di chi deve stare in piedi, una fioriera o un gradino. Mi inteneriva la vista di anziani ricurvi il cui volto esprimeva una compartecipazione alla liturgia degna di chi ha cercato e trovato una fede matura.

La storia miracolosa del Santuario Il Santuario della Madonna del Lares, situato nel Comune di Borgo Lares, è da secoli caro agli abitanti del posto e delle vallate circostanti. Immerso nella quiete del bosco e circondato da un ampio prato, offre uno scorcio suggestivo e uno spazio accogliente a quanti si avvicinano. La chiesetta è dedicata alla Madonna del Rosario; la denominazione “del Lares” si deve alla presenza di numerosi larici nella zona (“lares” in dialetto significa “larice”). Oggi la località è piuttosto isolata, ma un tempo vi passavano pastori, che portavano al pascolo il loro bestiame, e segantini, in quanto nella vicina Davre si trovava una segheria. Secondo la leggenda, un gruppo di passanti si imbatté per caso in un quadro, raffigurante la Vergine Maria con Gesù Bambino, appeso a un albero. Stupiti per l’insolita collocazione, ne diedero notizia in paese. Si scelse di portare l’icona presso doss Tompliz,

affinché fosse più visibile, ma essa scomparve per riapparire nel punto in cui era stata trovata. Questo fatto prodigioso, ripetutosi più volte, fu interpretato come espressione della volontà della Madonna, che lì voleva un edificio a lei dedicato. La chiesetta fu costruita nel 1770 e benedetta nel 1772, ma sappiamo dell’esistenza di un’edicola della Madonna del Rosario già nel 1686. Successivamente venne ampliata (1850), restaurata (1866-1869), benedetta (1871) e dedicata (1872). Il pronao risale agli anni Venti del secolo scorso. Il quadro originale è stato rubato nel 1971: quello che noi ammiriamo oggi, nella nicchia dell’altare, è una riproduzione realizzata da suor Marusa Rutter, Missionaria Comboniana. E’ raffigurata la Santa Vergine con Gesù Bambino in braccio, lei tiene nella mano destra una rosa, lui con la sinistra regge una sfera sulla quale è piantata una croce, sim-

bolo del potere di Cristo sul mondo. Accanto al quadro sono stati collocati quattro ex voto. In passato molti ex voto erano appesi ai muri della chiesa, alcuni sono stati rubati, altri portati altrove. Sulla volta è dipinta l’Assunzione di Maria Santissima al Cielo, nei medaglioni ai quattro angoli sono ritratti San Francesco Saverio, San Domenico, Sant’Antonio da Padova e Papa Pio IX. Molto cara a quanti salgono al santuario è la vicina fontanella, la cui acqua sgorga freddissima e mantiene la medesima temperatura durante tutto l’anno. Secondo la credenza popolare, quest’acqua fa bene agli occhi. In uno spiazzo poco distante sono stati disposti una cucina e dei tavoli per i momenti di convivialità, particolarmente apprezzati durante l’estate. Vittorio Maier

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Territorio

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La Cassa Rurale presenta il Bilancio sociale 2019/20 “Le iniziative riportate nel bilancio sociale sono il frutto di una scelta strategica per il BENE COMUNE dei nostri soci e delle nostre comunità con lo scopo di GENERARE VALORE per i nostri territori, PROMUOVERE IL CAMBIAMENTO e sostenere le associazioni, le imprese locali, le famiglie CREANDO OPPORTUNITÀ per i giovani” commenta il Presidente Armanini. Nella parte dedicata al CHI SIAMO viene presentata la nuova Cassa frutto della recente fusione. Dalla presentazione del logo, alla mappa del nuovo territorio, si passa poi alla presentazione della nuova compagine sociale che vede la presenza di oltre 17.000 soci, di cui il 41% donne ed il 57% uomini, mentre la maggioranza dei soci si colloca nella fascia d’età compresa tra i 26 ed i 60 anni. Non poteva mancare la sezione dedicata ai Gruppi Operativi Locali, gli organi composti da soci in rappresentanza di ognuno dei territori della Cassa Rurale con funzioni consultive che coadiuvano il Consiglio di Amministrazione nelle questioni inerenti la relazione con i soci, le associazioni ed il territorio. Nel bilancio si precisa che i gruppi G.O.L. esistenti (Busa di Tione, Chiese Bagolino e Vallesabbia) saranno integrati nei prossimi mesi con ulteriori membri in rappresentanza dei nuovi ambiti territoriali e sarà istituito un nuovo Gruppo Operativo Locale in rappresentanza del territorio Val Rendena. A chiusura di questa prima parte due pagine dedicate ai 250 collaboratori ed ai 44 sportelli. Ma il fulcro del Bilancio Sociale è contenuto nel capitolo “LE BUONE AZIONI PER LA CRESCITA DEL NOSTRO TERRITORIO” dove sono raccolte tutte le iniziative messe in campo nell’ultimo anno a favore di SOCI E FAMIGLIE, GIOVANI, ASSOCIAZIONI, IMPRESE DEL TERRITORIO, oltre ad un capitolo speciale relativo agli INTERVENTI COVID.

Quello presentato ai soci in occasione delle Assemblee Territoriali di novembre è il primo Bilancio Sociale della neonata Cassa Rurale Adamello Giudicarie Valsabbia Paganella. Tradizione, quella del bilancio sociale, che proviene dalla Ex Cr Giudicarie Valsabbia Paganella, che In “SOCI E FAMIGLIE” spiccano “Insieme Noi”, l’evento dedicato ai soci nel quale viene presentato il bilancio sociale dando voce ai protagonisti delle iniziative che ogni anno vengono messe in campo dalla Cassa rurale; “La Cassa dei Bambini”, iniziativa dedicata a figli e nipoti di soci che ha l’obiettivo di educare al risparmio coinvolgendo i bambini in attività di tipo ludico e laboratoriale; il Calendario dei Bambini l’iniziativa nata per

coinvolgere bambini e famiglie durante il periodo di lockdown. Nella parte dedicata ai GIOVANI sono riepilogate tutte le iniziative volte a favorire la conoscenza delle lingue straniere e lo svolgimento di esperienze all’estero come Casa Londra, In Europe, e le borse di studio per l’apprendimento delle lingue straniere; il “Progetto Orientamento” attraverso il quale, in sinergia con le scuole del territorio, la Cassa

negli ultimi anni aveva introdotto la pubblicazione di questo libricino (una settantina di pagine di piccolo formato) per far conoscere le numerose iniziative che la Cassa Rurale promuove nel corso dell’anno (da giugno a giugno) a beneficio del proprio territorio. vuole offrire un supporto a genitori e studenti per affrontare al meglio il momento della scelta sia in ambito scolastico che professionale; il “Prendiilvolo day”, la giornata dedicata ai giovani con l’obiettivo di avvicinarli alla Cassa Rurale e ascoltare i loro bisogni. Molte le iniziative che la Cassa promuove a favore delle ASSOCIAZIONI del territorio: oltre ai bandi per il sostegno all’attività ordinaria annuale ed a progetti specifici

sia di ordine materiale che in ambito formativo culturale e sociale, la Cassa promuove anche “Associazione in Formazione”, percorsi formativi con l’obiettivo di offrire alle associazioni strumenti conoscitivi utili per migliorare il loro operato. L’attenzione alle IMPRESE si manifesta non solo dal punto di vista bancario ma anche dal punto di vista formativo. Con i percorsi formativi “In Business” la Cassa intende fornire alle im-

prese strumenti per accrescere le competenze al fine di migliorare la capacità gestionale dell’impresa. Questa parte del Bilancio Sociale si conclude con le iniziative che la Cassa Rurale ha messo in campo a favore di ospedali, case di riposo e associazioni del territorio per far fronte all’emergenza Covid, mettendo a disposizione oltre 100.000 euro. Per rimanere informati sulle iniziative promosse dalla Cassa Rurale è possibile consultare i siti internet www.lacassarurale.it e www. prendiilvolo.it oppure il profilo Facebook “La Cassa Rurale” e Instagram “Prendiilvolo”.


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Le Giudicarie in numeri

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La spesa pensionistica nel 2018

a cura di Virginio Amistadi L’Istituto di statistica della provincia di Trento (ISPAT) ha recentemente pubblicato un rapporto sulla spesa pensionistica in Trentino relativa all’anno 2018 di cui riportiamo di seguito tratti salienti. Nel 2018 sono stati erogati 193.665 trattamenti pensionistici per una spesa complessiva pari a 2.719 milioni di euro, in aumento del 3,6% rispetto all’anno precedente con una incidenza sul Pil è pari al 13,2%. L’importo medio annuo delle pensioni erogate è di 14.041 euro ma i 140.469 beneficiari delle pensioni erogate, che rappresentano il 26,0% della popolazione residente, percepiscono un importo medio annuo di 19.358 euro.

Il significativo scostamento tra il numero di pensioni erogate è spiegabile in condirezione del fatto che il 31,6% dei pensionati trentini riceve più di un trattamento pensionistico: la maggioranza (24,8%) cumula diverse tipologie di pensione e il restante 6,8% è beneficiario di più pensioni della stessa tipologia. Meno di un terzo dei beneficiari (30,2%) dispone di un reddito da pensione inferiore ai 1.000 euro mensili. I trattamenti pensionistici delle donne, che rappresentano il 52,3% dei beneficiari, hanno valori medi e assoluti notevolmente inferiori a quelli degli uomini; il 41,3% delle donne riceve meno di mille euro al mese, a fronte di poco meno di un quinto (18,0%) degli uomini. Quasi quattro beneficiari su cinque

Beneficiari di trattamento pensionistico e importi medi per Comunità di Valle (2018) Comunità di Valle Numero beneficiari Importo medio annuo Territorio Val d’Adige 31.648 22.364 Vallagarina 24.043 19.374 Alto Garda e Ledro 12.754 19.086 Alta Valsugana e Bersntol 13.442 18.958 Val di Fiemme 5.132 18.487 Valle dei Laghi 2.750 18.265 Altipiani Cimbri 1.292 18.150 Primiero 2.715 18.106 Valle di Sole 4.206 18.002 Rotaliana-Königsberg 7.113 17.988 Comun General de Fascia 2.219 17.919 Giudicarie 10.178 17.905 Valsugana e Tesino 7.517 17.889 Val di Non 11.159 17.488 Valle di Cembra 2.881 17.401 Paganella 1.246 17.401 Provincia 140.295 19.364 Nota: 174 percettori di assegni pensionistici risiedono fuori provincia Fonte: INPS - Elaborazioni ISPAT Istituto di statistica della provincia di Trento Una cifra spaventosa di cui non si parla e che nessuno conosce, responsabile - fra le altre cose - del 15% delle emissioni di gas serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto). Un sistema tra l’altro a resa molto bassa, se pensiamo che meno del 2% delle calorie dei mangimi si converte in prodotto animale che finisce sulla nostra tavola! Eppure negli ultimi 50 anni il consumo di carne (manzo, pollo, maiale) si è impennato. Negli anni Sessanta il consumo medio a persona in Cina era inferiore a 5 chili all’anno, oggi è salito a 60. In Brasile invece è raddoppiato dal 1990 a oggi. Fa eccezione l’India, un Paese in crescita economica e demografica, dove la mucca rimane sacra: meno di 4 chili all’anno per abitante, quasi esclusivamente pollo. In Africa centrale e nel Sud Est asiatico invece non si superano i 10 chili l’anno. I grandi consumatori sono Australia, Stati Uniti, Argentina e Nuova Zelanda: oltre 100 chili all’anno per abitante (neonati compresi). In Europa, dove il consumo medio è di 90 kg, l’Italia è il Paese più vir-

(78,8%) hanno più di 64 anni, di cui poco più della metà (52,9%) ha un’età compresa tra 65 e 79 anni. Considerando il reddito medio da pensione sulla base della residenza del beneficiario si osserva una distribuzione non uniforme delle pensioni tra le varie zone del Trentino. Nel capoluogo, e in generale nel Territorio della Val d’Adige, si percepiscono i redditi da pensione più elevati. Per converso, la Comunità della Paganella assieme alla Comunità della Valle di Cembra risultano le aree con le pensioni medie più basse (17.401 euro). Nelle restanti Comunità, il reddito da pensione oscilla tra i 17.488 e i 19.374 euro medi annui; in 7 Comunità i pensionati ricevono meno di 18.000 euro annui.

Il rapporto completo è disponibile in formato pdf sul sito dell’Istituto di statistica della provincia di Trento all’indirizzo: http://www.statistica.provincia.tn.it/binary/pat_statistica_new/assistenza_prot e z i o n e _ s o c i a l e / L a S p e s a P e n s i o n i s t i c a I n Tr e n t i no2018.1602746486.pdf

Entro il 2050 il consumo di carne bovina aumenterà del 70%. Doveva essere ridotto del 50%

Ridurre la carne per il bene del pianeta a cura di Dario Beltramolli Perché la nostra salute e quella del Pianeta è sempre più in pericolo? Per comprenderlo, bisogna partire dalla terra, la fonte del nostro cibo. L’80% di tutti i terreni agricoli sono adibiti a pascolo o coltivati per produrre mangimi per gli allevamenti intensivi, come quelli americani per capirsi, che prevedono anche 100 mila capi in un unico recinto. Un sistema che sta eliminando foreste e aree incontaminate tuoso: 79 chili a testa. Cosa direbbero i nostri nonni che mangiavano carne pochissime volte all’anno se erano fortunati? Sta di fatto che nel mondo dal 1960 al oggi, cioè passando da 3 a 7,5 miliardi di persone, la produzione è quadruplicata. Se la previsione che nel 2050 saremo in 9,7 miliardi si dimostrasse esatta, questa crescita nei consumi sarebbe insostenibile. C’è poi la questione importantissima dell’acqua: un chilo di carne bovina necessita di 15.500 litri d’acqua, che diventano 4.500 per il pollame, 4.000 per i

legumi, e 320 per un chilo di verdura. Abbiamo la certezza che consumare meno carne rossa protegga la nostra salute (carcinoma del colon-retto, pancreas, stomaco e prostata, oltre a malattie cardiovascolari e diabete, subirebbero un drastico calo) e anche quella del pianeta. Per coprire il fabbisogno di proteine di tutti gli esseri umani basterebbe soltanto aumentare del 20% la produzione di legumi. Potremmo poi ottenere le calorie necessarie semplicemente coltivando più grano, riso e patate, che richiedono an-

e distruggendo la biodiversità. Gli animali vengono alimentati sempre meno con erba e sempre più con mais e ormoni della crescita, ma anche con farina di carne e antibiotici. Per fare solo un esempio, un tacchino che in natura può pesare 4-5 kg, in allevamento può arrivare a 25 kg. La realtà è che oggi 7,5 miliardi di persone macellano ogni anno 70 miliardi di animali. che un minor consumo di risorse idriche. Il mondo però sta andando da un’altra parte: secondo l’Onu, entro il 2050 il consumo di carne bovina aumenterà del 70%, proprio all’opposto dell’obiettivo che vorrebbe entro la stessa data una riduzione del consumo del 50%. Per invertire la tendenza bisogna però fare i conti con l’occupazione dell’industria della carne e la sua lunghissima filiera: allevamenti, macelli, trasformazione, confezionamento, trasporti, grande distribuzione, produttori di man-

gimi, veterinari, farmaci. L’occupazione che ognuno di questi settori garantisce è enorme, ed è difficile da quantificare. Esistono solo delle stime fornite da Eurostat: in Italia gli addetti al comparto bovino sono 257.000, con un mercato da 14 miliardi (Assocarni), mentre nell’Unione Europea gli occupati sono quasi 7 milioni. Come progettare un futuro sostenibile? Nessuno naturalmente ha voglia di trovarsi disoccupato per il bene del pianeta. Per ora l’idea prevalente è di rimuovere i sussidi eco-

nomici statali al settore zootecnico nei paesi più sviluppati e riconvertire i terreni adibiti alla produzione di mangimi. Questa riconversione potrebbe essere favorita da tutti noi consumatori: se cominciassimo a modificare le nostre abitudini alimentari con una dieta più sana basata su legumi e cereali, l’industria si adeguerebbe; il mercato infatti segue sempre la domanda. Siamo noi, con le nostre piccole scelte, ad orientarlo. Si dice che ciò che facciamo solo per noi stessi muoia con noi e che ciò che facciamo per gli altri e per il mondo resti e sia immortale. Potremmo semplicemente aggiungere che difendere la nostra libertà non significa solo fare ciò che ci piace, ma anche sapersi limitare per il bene dell’intero Pianeta.


Comunità delle Giudicarie Tale emergenza impone quindi di immaginare interventi e strumenti straordinari che vadano ad integrare i servizi già esistenti. Da qui è nata la proposta ai due BIM di costituire un Fondo di Solidarietà per sostenere la realizzazione di azioni e progetti di aiuto a favore delle persone e delle famiglie più in difficoltà. In un incontro tenutosi a inizio ottobre tra il Presidente della Comunità Giorgio Butterini, l’ Assessore alle Politiche sociali Michela Simoni e i presidenti dei due BIM Gianfranco Pederzolli e Severino Papaleoni, è stato definito un Protocollo d’intesa che prevede appunto la costituzione di un fondo denominato “Fondo di solidarietà delle Giudicarie 2020/2021” sostenuto al 50% dai due Bim del Sarca e del Chiese e per l’altro 50% dalla Comunità delle Giudicarie per

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Un fondo di solidarietà per le Giudicarie La Comunità di Valle e i BIM del Sarca e del Chiese istituiscono una riserva straordinaria per le emergenze sociali L’emergenza sanitaria che nei mesi scorsi ha investito anche il nostro territorio e il lungo periodo di lockdown hanno fatto emergere nella nostra popolazione nuove fragilità e bisogni che il Servizio sociale sta cercando di affrontare e tenere monitorati. Alla crescente difficoltà di sostenere spese essenziali per la sopravvivenza da parte di molti giudicariesi un importo complessivo di 74.000 euro. Il Fondo sarà gestito di-

si aggiungono bisogni sociali più complessi aggravati dalla situazione di isolamento imposta dalla pandemia; il profondo cambiamento delle relazioni che stiamo vivendo richiede un rinnovato impegno nel lavoro con la comunità e con tutti i soggetti attivi che ne fanno parte per coordinare e rafforzare le reti territoriali di aiuto e supporto.

rettamente dal Servizio sociale della Comunità di Valle attraverso l’ eroga-

Le iniziative che possono essere sostenute dal nuovo protocollo Progetti rivolti alla popolazione anziana e a chi se ne prende cura Gli anziani sono stati colpiti in modo importante dalla pandemia sanitaria. Il lookdown e le misure di tutela per le fascie più deboli hanno reso molto difficile la condizione dei tanti anziani soli creando un carico assistenziale molto gravoso per le famiglie. A questo si aggiunge la situazione di emergenza sanitaria vissuta in primavera dalle nostre Case di riposo con il conseguente blocco degli ingressi. Le necessità di assistenza continuativa di tipo residenziale stanno trovando una risposta solo parziale a partire da agosto con inserimenti in struttura graduali e limitati. La nuova ondata cui stiamo assistendo nelle ultime settimane potrebbe portare ad un nuovo blocco. Si prevedere, data la difficoltà di accedere alle strutture residenziali e semiresidenziali del territorio, la possibilità di integrare il supporto domiciliare per le situazioni più complesse, con rete familiare assente o in grave difficoltà. Si tratta di attivare a domicilio interventi di assistenza diretta all’anziano che coprano più ore al giorno da parte di personale oss, oppure attraverso l’affiancamento di operatori socio sanitari specializzati a personale privato (assistenti familiari). Si prevede inoltre un investimento formativo mirato a potenziare la competenza nella gestione dell’assistenza all’anziano da parte delle assistenti familiari (badanti). Progetti di sostegno per adulti all’abitare in autonomia Alcuni adulti del territorio, affaticati dal periodo di isolamento e venute meno anche alcune reti di volontariato di sostegno, avrebbero bisogno di poter contare su figure professionali di supporto alla loro vita in autonomia. Si prevede in collaborazione con il privato sociale l’attivazione di esperienze di abitare accompagnato rivolte a persone adulte del territorio con problemi di disabilità leggera, emargi-

nazione o salute mentale per favorire la permanenza delle persone nel loro contesto di vita, rafforzare la loro autonomia e garantire un supporto educativo nella loro quotidianità. Progetti di aiuti per ragazzi e giovani adulti Quest’anno è stato contrassegnato per molti ragazzi da un arresto non soltanto dell’offerta scolastica tradizionale ma anche di esperienze più pratiche cosiddette di “alternanza scuola lavoro/tirocini in azienda”. Alcuni ragazzi, raggiunti i sedici anni, hanno deciso di interrompere l’esperienza scolastica senza aver conseguito alcun titolo di studio. Altri anche di età inferiore mostrano importanti fragilità personali con comportamenti a rischio che possono diventare devianti e compromettere il loro percorso di crescita verso una maturità responsabile. Con alcuni attori significativi del territorio delle Giudicarie si è condivisa l’ipotesi di creare opportunità di impegno per questi ragazzi attraverso il coinvolgimento nella cura del territorio e l’assegnazione di una borsa lavoro. Questi percorsi potranno essere affiancati da proposte formative innovative di educazione ad una cittadinanza positiva, a stili di vita sani e ad un uso adeguato della tecnologia. Progetti di aiuto alla gestione del bilancio familiare Per molte famiglie o singoli le entrate economiche hanno subito una importante riduzione in questo periodo aggravando la difficoltà ad orientarsi nella gestione di risorse ridotte. Saranno organizzati percorsi formativi per imparare a gestire il bilancio familiare, conoscere strumenti pratici per risparmiare e monitorare le proprie spese con consapevolezza e crescente autonomia. I percorsi saranno costruiti in sinergia con altre risorse del territorio come il terzo settore, le banche e le cooperative di consumo.

zione di aiuti economici e attraverso il finanziamento di specifici progetti di aiuto. Il Protocollo prevede infatti due macroambiti di intervento. Verrà innanzitutto incrementato il sostegno economico alle persone e famiglie del territorio per dare risposta a bisogni essenziali quali bisogno alimentare, pagamento di bollette, affitti arretrati, spese di riscaldamento, acquisto farmaci e acquisto beni di prima necessità. Una quota del Fondo andrà invece a finanziare progetti sociali sperimentali di più ampio respiro in risposta a bisogni già presenti che si sono aggravati con l’emergenza coronavirus.

Michela Simoni già Assessore alle Politiche sociali

BANDO PER ASSEGNI DI STUDIO e FACILITAZIONI DI VIAGGIO Destinatari Studenti del primo e secondo ciclo di istruzione e formazione residenti nella Comunità delle Giudicarie . Che cosa sono Consistono in un contributo in denaro concesso dalla Comunità delle Giudicarie per la frequenza di scuole non presenti nel territorio giudicariese e per coloro che non possono fruire di un servizio di trasporto pubblico ai fini delle frequenza scolastica. Come fare a partecipare al bando 1. Prendere appuntamento con il Servizio Segreteria e Istruzione della Comunità delle Giudicarie  0465 339512 (scadenza 16 novembre 2020) 2. Presentarsi personalmente per la sottoscrizione della domanda (scadenza 14 dicembre 2020 ore 17.00) Il bando completo e ulteriori informazioni su www.comunitadellegiudicarie.it L’Ufficio Istruzione è a disposizione per ulteriori informazioni: da lunedì a venerdì dalle 9.00 alle 12.00. da lunedì a giovedì dalle 14.30 alle 17.00. Tione di Trento, 23 ottobre 2020 IL COMMISSARIO dott. Giorgio Butterini


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Scuola

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Le voci dei nostri studenti

Asl, Alternanza scuola-lavoro. Come si fa al Guetti

esto numero il “Giornale delle Giudicarie” riserva ogni mese una sua intera pagina al buto degli studenti dell’Istituto “Lorenzo Guetti”, dando loro spazio e voce. La one e tutta la redazione del Giornale attribuiscono molta importanza all’apporto di azioni, conoscenze, riflessioni e proposte che essi potranno offrire. Vi è nell’Istituto cezionale ricchezza di giovani menti che, contando su uno straordinario corpo ti, può esprimere, con conoscenza e creatività, importanti riflessioni e idee utili per a comunità giudicariese, e oltre. li studenti – che lasceremo riposare nel periodo estivo – potrà essere un utile zio per sentirsi maggiormente partecipi e protagonisti della vita culturale e economica della loro terra, sulla quale sapranno pure far riflettere i raggi di quegli nti europei e internazionali più ampi verso i quali desiderano proiettare il proprio . L’iniziativa potrà pure contribuire a realizzare un ulteriore raccordo fra la stessa

Si è parlato tanto di alternanza scuola-lavoro, la scuola secondo noi non deve essere chiusa, ma deve tenere una porta aperta verso il futuro, rappresentato in questo caso dal mondo del lavoro. Con un’intervista alle docenti referenti del progetto Asl - Cristina Maturi, Susanna Mittempergher, Rosa Russo - andiamo a vedere al Guetti come si svolge.

Cos’è l’alternanza scuolalavoro? «L’Asl è un’esperienza che ogni studente deve svolgere nel mondo del lavoro per un

numero di ore, dalla terza superiore fino alla quinta. È una modalità didattica che sviluppa abilità trasversali, unendo le competenze scolastiche con quelle del mondo del lavoro. Normalmente il monte ore è di 200 ore per i licei e 400 ore per tecnici, da svolgere per accedere all’esame di stato». Perché è importante? «È importante perché permette di creare un rapporto

tra scuola e territorio, in particolare con le aziende, permettendo loro di conoscere le potenzialità dei giovani e contribuire alla loro formazione. Un pregiudizio che vorremmo sfatare è quello che negli stage non si faccia nulla, anzi c’è molta sensibilità da parte delle aziende nel tentare di coinvolgere i ragazzi con esperienza sul campo». Qual è il ruolo della scuola in tutto questo?

Certificazioni, le possibilità durante la pandemia Le certificazioni nell’istituto Guetti sono sempre state un punto di forza della scuola, soprattutto nell’indirizzo in cui le lingue sono le protagoniste per il futuro di chi lo frequenta. Abbiamo intervistato la professoressa Alice Beltrami, insegnante nell’indirizzo linguistico, la quale ci ha aiutato a chiarire dei dubbi riguardanti lo svolgimento delle certificazioni in lingua tedesca, in questo particolare anno scolastico. In circostanze normali le certificazioni si svolgono in presenza, sotto la supervisione dell’insegnante interessato, in compagnia di un tutor esterno il cui giudizio è fondamentale per il superamento dell’esame. In questa situazione di emergenza sanitaria, la previsione della professoressa è fortunatamente che i cambiamenti saranno minimi, con l’eccezione che l’esame si terrà seguendo le procedure in totale sicurezza, precisando però il fatto che é possibile apprendere certe cose solo svolgendo lezione in presenza. La professoressa è stata particolarmente chiara: il motivo per cui è possibile procedere con le certificazioni in lingua tedesca è che la maggior parte di chi accede a questi esami fa parte dell’indirizzo linguistico e quindi non c’è il rischio di avere molti numeri e classi mescolate fra loro, cose che imporrebbero procedure sanitarie molto stringenti. Per quanto riguarda le certificazioni linguistiche in lingua inglese, abbiamo intervistato le referenti, professoresse Mirella Bertolini e Annalisa Titta, che hanno chiarito i cambiamenti decisi a causa dell’emergenza Covid-19. «Le certificazioni in lingua inglese - affermano - sono state introdotte nel nostro istituto nell’anno 1999-2000 come parte integrante del Progetto Lingue 2000 in ottemperanza alle disposizioni della Comunità Europea. L’attività ha sempre previsto la collaborazione tra docenti titolari e di madrelingua per l’attivazione dei corsi in preparazione all’esame da svolgersi in attività curricolari e/o extracurricolari. Siamo anche orgogliosi del fatto che la nostra scuola è autorizzata a far sostenere l’esame ai nostri studenti in istituto evitando loro di recarsi nella sede dell’ente certificatore a Trento». Organizzare le certificazioni richiede un notevole lavoro; si deve scegliere le sessioni, verificare le iscrizioni e rispet-

tare le scadenze, organizzare i corsi, organizzare le aule, infine individuare e formare colleghi con compiti di “invigilators”, “runners”, “usher” e “minders”. A causa del numero troppo elevato di partecipanti e le misure di prevenzione che non possono essere rispettate, il progetto non si svolgerà, se non per gli studenti già iscritti agli esami B1/PET e B2/FCE, i quali potranno sostenere l’esame nel mese di dicembre, preparandosi seguendo un corso online. Sicuramente si è dovuto rinunciare ad un’occasione formativa molto importante, dato che le certificazioni sono necessarie per poter migliorare le proprie competenza linguistiche e certificarle con un diploma. L’istituto, compresi studenti e docenti, non vedono alternative possibili per poter organizzare il progetto, se non a fine emergenza. Sara Nicolini, Sofia Surci, Eloisa Tisi

«La scuola incoraggia gli studenti a compilare uno schema di relazione, un diario di “bordo” quotidiano, organizza incontri con operatori, visite a strutture/aziende e interventi di esperti. Al momento molte di queste attività non sono proponibili in presenza causa Covid» Qual è la situazione attuale con questa epidemia? «Per le classi quarte e quinte le ore sono state ridotte a

90 per i licei e 150 per i tecnici, per cercare di favorire gli studenti, mentre le classi terze rientrano nel percorso normale. In mancanza di stage stiamo cercando di incentivare i progetti interni alla scuola, organizzati per avere le stesse finalità dell’alternanza, ma con modalità diverse; ovviamente il tutto fatto in sicurezza. Si potrebbe pensare all’alternativa in Meet, ma non sarà mai come vedersi

dal vivo». Quali sono le aspettative? «Noi siamo ottimiste! Pensiamo si riuscirà ad attuare nuovi progetti, basta riorganizzarsi. La diminuzione delle ore ci ha tranquillizzato e noi abbiamo tutta la volontà necessaria per far procedere il progetto anche in questa situazione!». Alba Pellizzari, Anna Floriani e Susanna Vaia

Scegliere il proprio futuro nell’anno del coronavirus Di recente ho avuto l’occasione di confrontarmi con la professoressa Giovanna Binelli, una docente dell’istituto che, insieme ad altri professori, si occupa di coordinare l’orientamento in entrata. In cosa consiste l’orientamento in entrata e come è cambiato quest’anno? «Il cambiamento sarà “radicale”. Abbiamo da sempre puntato a far entrare fisicamente al Guetti gli studenti che devono scegliere la scuola superiore più che a raccontare a parole la scuola, mentre quest’anno i ragazzi e le loro famiglie non potranno varcare la porta dell’istituto. L’orientamento in entrata sarà tutto proposto nella forma “a distanza”: saranno organizzati incontri tra studenti tutor e ragazzi degli istituti comprensivi e ci sarà la possibilità di prenotare uno sportello individuale con il docente referente di indirizzo qualora ci siano ancora dubbi rispetto la scelta da compiere. E’ inutile negarlo, questa modalità “in remoto” risulta essere assai limitante; riuscire a “bucare” lo schermo facendo sentire l’entusia-

smo e la passione che muove tutti, docenti e studenti, è l’obiettivo che ci proponiamo di raggiungere». Come crede che il cambiamento forzato che l’orientamento in entrata ha subito quest’anno influenzerà le scelte dei ragazzi di terza media? «Abbiamo fiducia che i ragazzi sapranno compiere una scelta corretta e rispondente ai loro talenti, interessi, doti e capacità. Essere orientatori è una grande responsabilità e in questa fase di incertezza lo è ancora di più: siamo infatti chiamati ad aiutare dei giovani a compiere una prima, importante, scelta per il loro domani. Ci sta a cuore realizzare un orientamento “consapevole”, prendere cioè metaforicamente per mano ogni ragazzo, perché possa davvero giungere a compiere una scelta adeguata alla propria personalità e alle sue attitudini. La nostra “fiducia” si spiega così: questi studenti sono già in cammino da diversi anni, hanno fatto tante esperienze e si confrontano spesso con la complessità». Alice Corradi

Accoglienza e inclusione ai tempi del coronavirus Tra i tanti progetti e attività proposte dall’Istituto Guetti, quella forse meno conosciuta è la modalità d’accoglienza didattica per gli studenti BES. Ad occuparsi di quest’ambito all’interno della nostra scuola è la prof.ssa Liliana Gallazzini. Professoressa Galazzini, ci spieghi cos’è la modalità di accoglienza didattica per i BES «I Bisogni Educativi Speciali fanno riferimento all’attenzione particolare richiesta da alunni e alunne in situazioni in cui il percorso scolastico può risultare difficoltoso o complesso per svariate ragioni.» Le diverse motivazioni si possono suddividere in tre principali tipologie. La fascia A riguarda i ragazzi con disabilità fisica o cognitiva certificata in base alla legge 104/92. I Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) costituiscono invece la fascia B e sono per esempio: dislessia, disgrafia, discalculia o disortografia. Mentre la fascia C concerne gli

scolari che presentano svantaggi legati a condizioni ambientali, culturali, linguistiche o socioeconomiche. Questa pluralità di azioni, modalità didattiche e misure compensative o dispensative -continua la docente- fanno in modo che ogni ragazzo affronti in maniera opportuna il suo percorso scolastico. Visto il contesto precario dell’anno scolastico appena concluso, ma anche quello da poco iniziato fortemente segnati dall’emergenza sanitaria, ci chiediamo Cosa ha funzionato bene e cosa è mancato durante il lockdown per questi ragazzi? «Sicuramente è stato più difficoltoso, soprattutto per organizzare e focalizzare le diverse attività. Non sempre si è riusciti a garantire un’attenzione mirata e delle risposte immediate. A volte sono mancati il dialogo, i piccoli gesti e la relazione umana. D’altra parte la modalità della didattica a distanza ha permesso ai ragazzi di

elaborare con più tranquillità e migliore gestione del tempo dello studio i materiali e le consegne caricate di volta in volta sulla piattaforma». L’obiettivo è quello di realizzare una scuola inclusiva, capace di accogliere le specificità di ognuno, proponendo modalità educative e didattiche funzionali a tutti, a prescindere dalle capacità, potenzialità e limiti di ciascuno. Ma non meno importante è il rapporto tra scuola e famiglia, vero? «Esattamente. Il nostro auspicio è quello di trovare il giusto dialogo e la collaborazione con i familiari per garantire maggior benessere e benefici agli studenti interessati. - Infine, conclude la docente- Un segnale forte ed importante è costituito dalla presenza sul territorio di associazioni di genitori che manifestano una costante attenzione verso i DSA». Matilde Armani


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All’inizio della

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di Denise Rocca

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Le radici degli Scalfi fra Bergamo e Trentino di Chiara Garroni


Attualità

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Il missionario comboniano di Agrone fu ucciso a Paulis, nel Congo Belga

Un ricordo di padre Remo Armani Il 6 novembre 1964 infatti, mentre si recava a Paulis (in Zaire, ex Congo Belga) per ritirare delle medicine, venne fatto prigioniero dai ribelli (dove era in corso una sommossa contro il governo) ed il 24 novembre 1964 venne da loro trucidato. Il suo corpo è stato gettato nel fiume e più ritrovato. Dopo aver frequentato ad Agrone le scuole elementari, Remo trasloca in seminario a Trento dove viene consacrato in cattedrale il 29 giugno 1941; il 6 giugno del 1941 fa il suo ingresso in paese dove celebra la prima messa. Da subito viene inviato come cooperatore a Grigno in Valsugana, poi sino alla fine della guerra parroco a Campi di Riva; dal 1946 al 1948 torna in Giudicarie come parroco a Carisolo dove decide di intraprendere

di Marco Maestri Lo scorso 27 settembre, nell’Arcipretale di Santa Giustina di Creto, in concomitanza della ripresa delle attività dell’oratorio, c’è stato il ricordo di Padre Remo Armani, missionario comboniano di Agrone, nato a Balbido il 7 ottobre 1917 ed ucciso a Paulis, nel Congo Belga, il

24 novembre 1964. Una triste vicenda quella che più oltre 50 anni fa ha coinvolto il sacerdote, originario di Agrone, che è stata raccontata alle decine di ragazzi che partecipano attivamente alle attività proposte dalla parrocchia.

la vita di missionario. Si aggrega ai Comboniani e nel 1950 parte per l’Africa, per la prima missione Kartum nel Sud del Sudan, dove rimase fino al 1962, quando viene espulso dal governo islamico per avere battezzato dei bambini cristiani. Ritorna ad Agrone e fa il parroco a Fai della Paganella, ma il 13 febbraio del 1964 sbarca di nuovo in Africa in Zaire ex Congo belga, missione a Ndeddu nel distretto di Dungu, dove troverà la morte lo stesso anno”. Sulla vicenda, qualche anno fa, è stato scritto anche un libro, scritto dal pronipote don Daniele Armani dal titolo “Noi re-

stiamo sul posto” ed edito da Vita Trentina. L’opera si compone di otto capitoli della biografia di padre Remo e ne ricorda i passaggi significati. Dalla nascita avvenuta a Balbido, dove i genitori Debora e Cornelio, si trovavano sfollati durante la grande guerra, al ritorno a Frugone (Agrone) dove passò la fanciullezza e frequentò le scuole elementari, prima di entrare in seminario. Iil trascorso da sacerdote a Campi di Riva ed il più tranquillo periodo vissuto a Carisolo. Proprio in alta Val Rendena Padre Remo decise di farsi missionario. Quindi dodici anni trascorsi in

Sud Sudan, nelle missioni di Jubu, Nandy, Tombora, Rimenenze e Yambio, costruendo chiese, scuole e ambulatori, ma dovendo anche fare i conti con la malaria, e di più ancora con i guerriglieri, durante la guerra tra il nord arabo islamico ed il sud nero animista. Infine, l’ottavo capitolo, è dedicato ai nove mesi trascorsi da padre Remo, in missione, nel nord del Congo, dove troverà la morte, ucciso perché bianco, dai ribelli “Simba” durante la guerra per l’indipendenza del paese. “Noi restiamo sul posto, capiti quello che vuole. Il Signore sa quello che fa e sa che ci siamo”, scrisse padre Remo.

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Premio Solidarietà alpina


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Arte

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Il programma iconografico scelto dal raffinato committente, in questo caso più attinente la sfera profana che quella sacra, riprende l’antico motivo del ciclo dei mesi, dei lavori dell’uomo ad essi sottesi, regolati dall’alternarsi delle stagioni, già molto diffuso nell’arte medievale (vedi le lunette dei portali delle chiese romaniche), che si fa sfondo ai sollazzi ed agli svaghi di una nobiltà ancora per poco illusa protagonista di un mondo feudale che sta per tramontare: è il gotico internazionale con le sue atmosfere da fiaba, con i suoi idilli, con le sue scene tratte dalla cultura cortese-cavalleresca, di un mondo idealizzato, che vuole esorcizzare la realtà ben più drammatica, se non tragica, che, al contrario, connota tutto il Trecento come età delle catastrofi, delle carestie, delle guerre, delle pestilenze. Lo stesso vescovo Liechtenstein, che al tempo dell’impresa decorativa di Torre Aquila, assoluto capolavoro del tardo gotico in Italia ed in Europa, sta governando il suo principato in discreta serenità, dopo aver ridato autorevolezza e credibilità alla sua istituzione, cadrà vittima a sua volta delle prevaricazioni fameliche del duca d’Austria e conte del Tirolo Ferderico IV Tascavuota, della rivolta cittadina capeggiata da Rodolfo Belenzani (1407), estesasi alle valli di Non e di Sole, a causa di una politica fiscale vessatoria, fino a giungere al suo malinconico esilio di Castel Sporo, presso Sporminore, dove troverà la morte, forse per avvelenamento, nell’estate del 1419: un epilogo davvero triste per colui che ci ha donato una delle testimonianze qualitativamente più significative della nostra storia artistica, un vero manifesto ante litteram della “joie de vivre”( gioia di vivere), conosciuto ben oltre i confini della piccola corte principesca di Trento. Ma ancora di più ci è caro questo prezioso lascito pittorico in quanto giudicariesi, perché il paesaggio invernale raffigurato nella prima scena (mese di gennaio) che apre il meraviglioso racconto colorato sulla parete est dello studiolo vescovile, vede al centro proprio il castello di Stenico, già fatto oggetto delle cure del solerte ecclesiastico con l’ampliamento della cortina muraria e l’introduzione delle finestre crociate guelfe, a forma quadrata, tipiche dell’architettura tardo medievale e primo rinascimentale. Si tratta, con molta probabilità, di uno dei primi paesaggi innevati nella storia della pittura occidentale: basti questo per rivendicarne un legittimo vanto! Bisogna aspettare un decennio per ammirare la miniatura dedicata al

Gennaio nel Ciclo dei Mesi di Torre Aquila a Trento

Giudicarie da fiaba di Giacomo Bonazza I Baschenis sono ancora di là da venire - sbarcheranno, si fa per dire, in Giudicarie una cinquantina d’anni più tardi - quando, sul finire del XIV secolo, intorno al 1400, l’aristocratico principe vescovo di Trento Giorgio di Liechtenstein (1360-1419), proveniente come tutti i presuli di quel tempo dall’area mitteleuropea, per la precisione da un territorio austro-moravo,

chiama dalle sue terre avite un valente pittore di origine boema di nome Venceslao, magister Wenceslaus, per decorare a fresco le pareti della sua dimora privata, ricavata dalla sopraelevazione della Torre Aquila, sulla Porta omonima, alle propaggini orientali del castello del Buonconsiglio, in posizione defilata ed aperta sulla campagna circostante.

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mese di febbraio dei Fratelli Limbourg, all’interno del “libro d’ore”(raccolta di preghiere) per il Duca di Berry (1412-1416), autentico capolavoro della pittura franco-fiamminga, dove si ripropone una scena di inverno contadino; ed oltre un secolo e mezzo per giungere ai “Cacciatori nella neve”(1565) di Pieter Bruegel il Vecchio, tela capitale del Rinascimento nordico! Certo, non è semplice riconoscere da subito nel nostro dipinto il maniero giudicariese, tantomeno il contesto paesistico che lo circonda, trattandosi ancora di un paesaggio idealizzato, liricamente trasfigurato, dove l’attenzione all’eleganza formale, decorativa, prevale sulla resa realistica, la profondità prospetti-

Foto 1, Ciclo dei mesi, Gennaio, particolare Foto 2, Ciclo dei mesi, Gennaio, particolare Foto 3, Trento, Castello del Buon Consiglio, Torre Aquila ca e la precisa collocazione spaziale, caratteristiche queste ultime della pittura che verrà. Dobbiamo a Nicolò Rasmo, eminente storico dell’arte trentino, aver identificato nel maestoso ed articolato edificio che domina la scena del mese di gennaio il castello di Stenico con le novità infrastrutturali apportate dal Liechtenstein. Intorno alla nobile costruzione si dispiegano le attività, ora giocose, della celeberrima battaglia a palle di neve fra due gruppi di aristocratici, ora più utilitaristiche, come quella venatoria dei due

cacciatori che compaiono nella parte alta dell’affresco; tutto immerso, comunque, in una atmosfera d’incanto e di serena armonia, condito dai deliziosi dettagli naturalistici riferiti alla vegetazione e alla fauna (i cani, le volpi nel boschetto, il tasso nascosto sotto un cespuglio), mutuati dai codici miniati e dai Tacuina Sanitatis di ascendenza lombarda (manuali medievali che descrivono le proprietà mediche delle erbe, ma pure straordinarie fonti iconografiche) in dotazione al colto prelato moravo. Pari ricercatezza si coglie

nelle movenze flessuose e gentili, e nelle delicatezze espressive dei giocatori a palle di neve, dall’abbigliamento prezioso e sofisticato, un mini compendio della moda femminile e maschile di epoca tardogotica. Ben altra esegesi meriterebbe ancora il ‘nostro’ affresco, sia sul piano stilistico che contenutistico, ma per fortuna non manca

la bibliografia in merito e di alto livello. A noi solo l’orgoglio di poter mostrare, mediato da una visione pittorica, un frammento di Giudicarie di incomparabile bellezza, non inferiore, nel suo piccolo, alle bellezze universali delle Dolomiti di Brenta o delle Palafitte di Fiavé, ambasciatrici del nostro territorio nel mondo.


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Castagne nel Chiese, meno ma più buone

BORGO LARES - Loc. Campo di Prati (Retta di Zuclo)


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Parlando giudicariese

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Senza trasformarla in un parcogiochi

Ripopolare tempestivamente la montagna Parlando con riferimento alle Giudicarie, è più che assodato che i sempre verdi pendii montani - carichi di boschi, di prati e di selve - non sono altro che il grandioso e ricco patrimonio lasciatoci in eredità dagli Avi che, per secoli e secoli, e di generazione in generazione, vi sono vissuti col loro bestiame e con la loro vigilante ed alacre presenza, nonché con tanta fatica ed abnegazione. Vivere in montagna non è facile; per di più nei secoli passati quando mancavano strade adeguate e mezzi di trasporto, e ci si trovava quasi fuori dal mondo e del tutto privi di mezzi di comunicazione anche dal punto di vista dei mass-media. Lo studioso Annibale Salsa - sempre presente in Giudicarie e legatissimo al nostro territorio, ed al quale ci si deve sentire quanto mai riconoscenti -, con la sua suadente parola continua a ripeterlo: l’economia di montagna non va considerata come l’economia che si vive in pianura dove si sono insediate le grandi città con stabilimenti e industrie ad alta valenza produttiva e con i conseguenti guadagni che sostanziano le basi economiche del mondo moderno. Egli sostiene che necessita una tempestiva, precisa ed adeguata intraprendenza per predisporre una legislazione europea riservata all’assetto di una montagna “abitata” perpetuamente (cioè tutto l’anno e continuata nel tempo) da gente che vi trovi il proprio sostentamento quotidiano. Può essere un esempio di riferimento il secolare “Maso chiuso” in Alto Adige che è rimasto intatto nella sua istituzione giuridicamente riconosciuta e debitamente difesa e sostenuta, affinché la persistente presenza di quelle lodevoli ed operose fattorie montane assicurino - attraverso la costante presenza operosa dell’uomo - l’essenzialità di una vegetazione coltivata a regola d’arte. Così la montagna resta montagna viva nella sua essenzialità ed a disposizione sia di chi vi trova sia la propria sussistenza familiare, sia dando modo all’intera società di poterne fruire e godere nell’equilibrio del Creato, che rimane a disposizione di tutti. Quando ero più giovane ed

di Mario Antolini Musón Non so mi stia inoltrando su un terreno già arato e, magari, con considerazioni fuori luogo; tuttavia mi permetto di evidenziare quanto mi sembra di percepire attraverso l’impressione che della montagna si chiacchiera troppo, senza riuscire a mettere mano aiutavo gli studenti universitari a stendere delle tesi di laurea sul “Maso chiuso”, dentro di me stavo illudendomi sulla possibilità che anche in Trentino potesse essere istituita la difesa delle “cà da mónt”: i tipici appezzamenti privati di mezza montagna, caratterizzati dalle inconfondibili ed essenziali pertinenze, ossia l’edificio murario coperto di “scàndole” (con la stalla per le mucche, il “quadro del fén” ed il “casinòt” dove cucinare e consumare i pasti), poi il “bàit del làt” (piccolo edificio con acqua per la conservazione del latte), più l’indispensabile appezzamento coltivato a il prato e tenuto alla perfezione grazie al letame a disposizione anno per anno, con l’aggiunta di una modesta porzione di bosco (“gaç”) per la raccolta della “fóia” (strame per le mucche). Quest’insieme di immancabili elementi (tutti ancora inspiegabilmente “proprietà private” inserite nella proprietà collettiva) costituivano la tradizionale e secolare presenza delle “cà da mónt” che facevano sì che gli allevatori (i “vachèr”) permanessero in montagna dalla primavera all’autunno, assicurando la cura e la manutenzione della montagna sotto tutti gli aspetti possibili. Questa situazione, protratta per secoli, ha fatto sì che la montagna fosse “abitata”, per cui la montagna era montagna, ed era mantenuta montagna da vivere, cosicché tutta la popolazione del paese alternava la propria esistenza fra le giornate in paese e le giornate in montagna (sàl mónt) facendo sì che tutta l’estensione montana risentisse della presenza di uomini e di donne di tutte le età, e fin da piccoli si cresceva con “él mónt entà ’l cò” (con la montagna in testa e nel cuore). Era davvero un “vivere la montagna” ed un “far vivere la montagna”. Il mio sogno o illusione, purtroppo, si è dileguato dopo gli anni Cinquanta del secolo scorso, quando l’allevamento bovino è stato abbandonato e le “cà da

mónt” sono state trasformate con le “cà sàl mónt”, ossia in vere e proprie ville di abitazione per trascorrervi brevi periodi di vacanza o di divertimento, abbandonando l’interesse per la montagna, che è rimasta abbandonata a se stessa con tutte le deleterie conseguenze che si hanno sotto gli occhi in questi ultimi decenni, con boschi non più curati, sentieri trascurati, e prati invasi dai cespugli, dal bosco che prende piede, e dalle piantagioni perfino finanziate con contributi. Una montagna che si sta distruggendo come montagna da vivere e da godere nella sua identità e completezza secondo made Natura. Con una certa qual mia soddisfazione, proprio in questi ultimi anni si nota un certo interesse al recupero delle malghe e degli alti pascoli montani mediante un modesto allevamento bovino che riporta periodicamente un cero numero di persone a frequentare la montagna, ma non si è ancora raggiunta la piena valorizzazione della montagna in se stessa con boschi e con selve “coltivati e coltivate” e mantenuti e mantenute in ordine ed a regola d’arte, e come ambiente da vivere nel suo essenziale potenziale insito da madre Natura. I sentieri e le carrarecce tradizionali sono state trasformate in strade asfaltate che lasciano correre i mezzi di trasporto che inquinano e danneggiano la sacralità dell’ambiente, rompendo il sacro silenzio della montagna; mentre, invece, la montagna andrebbe vissuta e non sfruttata e danneggiata.

all’unica cosa che credo sarebbe possibile fare, ed a cui si stenta a mettere mano per realizzarla: ossia ripopolare la montagna dando sostegno a chi è capace di scegliere di vivervi svolgendo le attività che vi si potrebbero e si dovrebbero fare.

* Se queste considerazioni possono avere una loro possibile e comprensibile validità per la montagna coperta da vegetazione, altrettanto si possono estendere alla parte improduttiva, costituita da rocce e ghiacciai. Coloro che vi si sono insediati per dare modo a uomini e donne di assaporare ragioni di vita inerpicandosi fra sentieri impervi ed assaporando interiormente ciò che il silenzio della montagna sa trasmettere, non vi si sono insediati per fare soldi a palate, ma soltanto con spirito di “servizio” a disponibilità dell’umanità in cerca di un “di più” che la quotidianità non sa dare nel fondovalle e nelle pianure. Non ho mai capito (e non lo comprendo ancora a cent’anni) perché coloro che si rendono disponibili a gestire rifugi ed edifici di conforto ai passi ed in alta quota debbano fare delle gare di appalto a suon di offerte in denaro per ottenerne la gestione. Per conto mio dovrebbe essere il contrario: dovrebbero essere sollecitati con sonanti contributi per il loro coraggio e la loro disponibilità di “rinserrarsi” ad alte quote, fuori e lontani dalla comunità, per mettersi a disposi-

zione nell’offrire conforto a coloro che vi passano o che chiedono qualche giorno di confortevole ospitalità. Mi ricordo le prime gite da ragazzo con la Sat. Ad ogni punto di ristoro (ai “passi” o ai “rifugi”) gli anziani ci obbligavano a sostarvi ed a consumare qualcosa di sostanzioso dicendoci: «Questi posti di ristoro vanno sostenti da chi vi passa, poiché se per caso non ci fossero più noi non potremmo più godere la montagna». Parole entratemi in testa a dieci anni e che ancora risuonano nella mia memoria a cent’anni, e che le sento nel valore della loro essenzialità. Infatti, coloro chi si insediano lassù ad alta quota (malghe, rifugi, piccoli e modesti villaggi di montagna o in qualsiasi altra forma) certamente lo fanno con sacrificio, rendendosi disponibili al prossimo, ragion per cui dovrebbero essere invogliati, aiutati e sorretti a rimanervi, poiché la montagna priva di persone “permanenti” (presenti tutto l’anno) non potrebbe che morire. Proprio ai pionieri ed a coloro che si sono dedicati ai rifugi, ed a qualsiasi altro insediamento montano, va riconosciuto il merito di aver salvaguardato ambienti irripetibili nella loro naturale bellezza, trasmettendo ad un numero innumerevole di persone la passione della montagna e come percorrerla, come saperla vivere e come gustarla. * Ultimamente, in certe località ed in certe zone di alta montagna, si sta “usufruendo” di specifiche località per manifestazioni che hanno il carattere della “temporaneità” e della “stagionali-

tà” (ossia del godi e fuggi, senza la residenza annuale in loco); pertanto iniziative ben lontane dal concetto di “vita in montagna e per la montagna”. Personalmente ho la percezione che si voglia usare la montagna per puro divertimento passeggero che non lascia nulla dietro di sé, così come in pianura si sono trasformati i campi coltivati a grano in “luna park” o in “balère”; ma io penso che si viva del frutto del grano coltivato e raccolto e non già del solo divertimento. Così io penso che stia avvenendo per la montagna. Far vivere la montagna non vuol dire trasformarla in un “parco dei divertimenti”; a mio modesto modo di vedere, questi debbono aver luogo in eventuali spazi a loro riservati che non intacchino la sacralità dei territori, “turbando” (rovinando) ambienti voluti da madre Natura per tutt’altre finalità esistenziali. Sono conscio di aver esposto considerazioni da vecchio barbogio centenario, come sono convinto, ovviamente, che non tutti possano o debbano condividere ciò che penso io e che mi sono permesso di scrivere. Tuttavia, durante il mio secolo di vita ho potuto constatare tante di quelle trasformazioni - e proprio in montagna e in Giudicarie - che stanno incidendo sulle condizioni della odierna quotidianità, apportandovi comodità e benefici economici, ma intaccando e rovinando le caratteristiche umane degli individui e dell’assetto del consorzio umano comunitario. Ciò che penso e mi sono sentito di stendere (di cui sono grato a questa testata di pubblicarlo) è reale e sentito: l’ho letto e riletto e meditato. Grato a chi avrà la bontà e la pazienza di leggerlo e soprattutto confortato da chi condividesse il mio pensiero e le mie riflessioni da vecchio giudicariese.


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Don Maffeis e Nicolli di Denise Rocca

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God bless America! (…e non solo)

La madre di tutti i duelli politici in tv tra candidati alla presidenza degli Stati Uniti risale al 1960. Kennedy contro Nixon. Ovvero: il giovane rampollo contro il repubblicano dalle umili origini. L’esito è noto a tutti. Vinse Kennedy, e non soltanto in virtù di argomentazioni maggiormente persuasive. Secondo gli analisti altri fattori si rilevarono determinanti: un migliore aspetto fisico, la postura più eretta, l’espressione del viso rilassata e sicura. Anche la scelta dell’abito si dimostrò vincente. Kennedy optò per un abito scuro che, sul fondale chiaro dello studio televisivo, ne definiva meglio spalle, torace, eleganza. Nixon si presentò con un abito color beigecacchetta, fisico ricurvo ed espressione truce. Quest’ultimo poi, non contento, prima della diretta commise un errore che lo affossò senza appello: rifiutò il make up ritenendolo poco virile. Dopo pochi minuti cominciò a grondare sudore, risultando ai telespettatori agitato, sgradevole, viscido. E l’America incoronò Kennedy, bello (e asciutto) come il sole. Quell’evento, un vero e proprio ‘mito fondante’ della comunicazione politica, ha reso consapevoli dell’importanza della cura dell’immagine personale, in grado di spostare preferenze sotto forma di punti percentuali. Da quel momento in poi qualsiasi personaggio politico non sarebbe più stato soltanto parole e programmi, ma anche volto, gesti, sguardi, capacità di tenuta durante un contraddittorio. Tutti fattori più o meno de-

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Tutti giù per terra Tutti giù per terra di Massimo Ceccherini Podio

cisivi nelle valutazioni degli elettori. Di tutto quanto sopra, i due contendenti alle elezioni presidenziali USA 2020 – 2024, Trump e Biden, sembra non ne abbiano tenuto minimamente conto, inscenando nelle ultime settimane un varietà degno del peggior avanspettacolo, fatto di posture scomposte, improbabili smorfie, insulti al limite del pecoreccio, e mascherine protettive messe e tolte come Chupa Chups dalla bocca. Siccome di questi tempi non si vive di solo Covid (non si può e non si deve), al suddetto show la stampa planetaria ha riservato abbondante spazio mediatico. Trump contro Biden. The Donald l’Aggressivo contro Joe detto ‘Sleepy’, l’Addormentato.

Di certo non è stato un duello tra cavalieri, ma un format più simile a quello della rissa, della zuffa alla Bud Spencer, con sganassoni, calci sul didietro e sedie spaccate sulla testa. Trump contro Biden. Vette di commedia fracassona che manco l’irresistibile duello monicelliano tra Brancaleone da Norcia e Teofilatto dei Leonzi. ‘Cedete lo passo’, ‘Cedete lo passo tu!’. E giù colpi di mazze, morsi, spintoni. Per un mese abbondante i due competitors ci sono andati giù pesante, come due rapper durante una battaglia a colpi di freestyle. La contesa si è aperta con la gag di quell’istrione di Trump che ha invocato per lo sfidante il test antidoping prima del dibattito. Con tali preliminari è chiaro che la mancata stretta di mano simbolica al primo faccia a faccia tenutosi a Cleveland sia stata accolta con sollievo dai contendenti. Il rispetto delle norme anti Covid ha liberato entrambi dall’imbarazzo di dover usare una cortesia assolutamente non sentita. La disputa sui diversi temi, dalla gestione della pandemia all’economia, dalla politica estera alle tasse, dalle proteste razziali al tema della sicurezza, non è mai stata adeguata nei contenuti, ma oscurata continuamente da sfottò e mali parole. Piccolo (e non esaustivo) elenco di epiteti e cortesie reciproche: ‘clown’, ‘bugiardo’, ‘nulla di intelligente in te’, ‘chiudi il becco!’, ‘incapace’, ‘fantoccio di Putin’. Il tutto intercalato da presunte accuse di evasione fiscale, da vittimismo da fake news, da rimproveri a questa o quella stampa faziosa. Nel mezzo della contesa Trump si è ammalato di Covid, poi è guarito e un secondo dopo da attore consumato ha strumentalizzato il fatto autodefinendosi ‘invincibile’. La Storia insegna che alimentare su di sé il mito del SuperUomo non è mai un grande affare. Al di là dell’esito finale, gli analisti sono stati concordi nel definire quest’ultima contesa elettorale americana la peggiore di sempre. E si sa, spesso il buongiorno si vede dal mattino. L’America ha il suo Presidente. Per i prossimi quattro anni. Che Dio benedica l’America. E anche il resto del pianeta, se Gli avanza tempo.


Opinioni a confronto BOTTA E RISPOSTA

vilgiat@yahoo.it

NOVEMBRE 2020 - pag.

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Covid-19, fra negazionisti e disfattisti

Senti Adelino, a quanto sembra siamo ancora nei guai. Il Covi-19 ci sta facendo impazzire, siamo in pieno ritorno che sembra essere ancor più nefasto della fase prima volta. Seguo ogni giorno le notizie dalla tv e seguo giornalmente i quotidiani nazionali e locali, e più ascolto e più leggo e meno ne capisco. Arrivano personaggi d’ogni sorta che dicono di tutto e il contrario di tutto, altri che addirittura negano l’esistenza stessa della pandemia in

cui siamo immersi fino al collo...e tu che ne dici? Alessandro Sono anch’io indignato per la fame di visibilità e notorietà che ha coinvolto gli scienziati, (insieme a politici, governatori, ecc…). Questa voglia spasmodica di mettersi in mostra che vede protagonisti docenti universitari, direttori di ospedali, e ricercatori vari. Una

popolazione fino ad ora sconosciuta, rinchiusa nei loro uffici o nel silenzio dei laboratori di ricerca o nel caos degli ospedali. Tutta gente che dovrebbe contribuire a chiarire la situazione in cui ci troviamo, magari dare qualche consiglio utile sul come comportarsi, darci speranza per il futuro. E invece li troviamo in balia di conduttori di spettacoli e talk show banali e scontati che mettendoli l’un l’altro di fronte giocano a chi

le spara più grosse creando in chi li ascolta confusione e smarrimento, tanto da non capirci più niente. Per fortuna, di contro, abbiamo ancora, soprattutto in Trentino, tanti professionisti del settore sanitario che invece danno l’anima per salvare, curare, e assistere chi ha bisogno e a cui possiamo fare riferimento per qualsiasi difficoltà, questi sì sono da ammirare e ringraziare. Per non dimenticare tutto il personale delle emergenze

quotidiane, volontari e non che si danno un gran daffare, cosi come le farmacie, le banche altrettanto importanti. Credo che alla fine la soluzione che ci da più possibilità di cavarsela sia quella di rispettare rigorosamente le regole governative: portare sempre e comunque le mascherine, lavarsi le mani, evitare “gazzarre” notturne, evitare ogni tipo di assembramento e sperare nel buon Dio. Di altro c’è ben poco da fare. (a.a.)

Papa Francesco e le unioni gay In questi giorni ha fatto molto clamore la notizia del riconoscimento delle unioni civili da parte di Papa Francesco. In molti l’hanno percepito come se il Papa avesse dato il via libera ai matrimoni omosessuali e a tutto ciò che ne consegue. Licia A dir il vero sono rimasto anch’io sorpreso, ma, dopo le dovute informazioni, credo si debbano chiarire le cose.

Il commento alla tappa Bassano - Madonna di Campiglio ha stravolto la geografia del Trentino. Da rimanere basiti. Le campagne di Calliano e Besenello ai piedi del Castello sono diventate la Piana rotaliana e la zona del teroldego e delle mele; il Bleggio si troverebbe nella valle dell’Avisio dove c’è il Banco della rasòn e dove sono stati celebrati i processi alle streghe (esilarante quanto raccontato poi su Santa Croce del Bleggio inquadrata in leggende ladine in un incomprensibile miscuglio di non sense) mentre i concorrenti salivano al passo del Durón, la zona da Tione a Pinzolo è stata chiamata solo “la Vallata” (sconosciute le Giudicarie, il termine Rendena si è sentito solo una volta quando hanno annunciato l’esistenza di un traguardo volante a “Caderzỏne terme in Rendena”) , non si è sentito nemmeno il nome di un paese, delle montagne d’intorno. Tutto anonimo. L’unica inquadratura di montagne verso il Carè Alto è accompagnata dalla descrizione Dolomiti....È sembrato di assistere ad un vero e proprio boicottaggio, per non parlare di sabotaggio nei confronti delle nostre comunità. E questa sarebbe pubblicità alle nostre zone? promozione turistica? Penso che da una diretta Rai ci si sarebbe potuto aspettare qualcosa di meglio. Pressappochismo, ignoranza, incompetenza hanno condito per alcune ore l’esposizione

Innanzi tutto Papa Francesco non ha equiparato il matrimonio fra uomo e donna alle unioni civili e men che meno ha voluto approvare pratiche come le adozioni gay o l’utero in affitto. Assolutamente no. Ma non si può chiudere gli occhi di fronte alle parole rivoluzionarie del Papa: aver affermato, seppur non ufficialmente, che anche gli omosessuali sono figli di Dio e hanno diritto ad avere una famiglia, rappresenta una svolta storica per la Chiesa.

E non a caso le parole hanno suscitato le più svariate reazioni nell’ambito del clero e delle autorità religiose. A dir il vero personalmente la cosa me l’aspettavo, non era la prima volta che Papa Francesco aveva detto la sua sull’omosessualità, ricordo in una circostanza, alla festa del cinema di Roma, disse testualmente: “...le persone omosessuali hanno diritto di essere una famiglia. Nessuno dovrebbe essere buttato fuori o reso infelice per que-

sto...” così come tornando da Rio de Janeiro confermò: “... se una persona è gay e cerca il Signore e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla...”, frasi che anticipavano la conclusione affermativa di questi giorni. Con il Papa anche importanti prelati da tempo si erano espressi a favore di leggi sui matrimoni gay, anche se di contro erano anche molti nelle alte sfere vaticane ad avere non poche perplessità, anche perché una simile

apertura mette in discussione secoli e secoli di teologia morale. Ma la Chiesa ha una tradizione millenaria ed una straordinaria capacità di modellare il proprio modo di essere ai mutamenti della società e delle sue sensibilità. E credo anche che le aperture del Papa su questi temi rappresentino una novità destinata a lasciare, sotto molti punti di vista, un segno profondo nella vita della Chiesa. (a.a.)

Viva il Giro d’Italia, ma…. del conduttore. Pressapochismo anche nella presentazione della diretta: Madonna di Campiglio è data in Provincia di Belluno. Ma come si è potuto arrivare a simile presa in giro!!! Purtroppo da noi tutto va bene, madama la Marchesa. Sarebbe auspicabile invece che i responsabili di tanta inefficienza venissero chiamati a rispondere, almeno per una volta. Penso non sia difficile in questo caso individuarli. Giuseppe Ciaghi

Roba da matti. Roba da non credere. Uno degli eventi più importanti voluto dalla Apt di Campiglio e dalla Provincia, costato una barca di soldi nostri, è finito scandalosamente nel ridicolo. C’è poco da aggiungere alla lettera di Giuseppe Ciaghi, uno dei più quotati ed attenti uomini di cultura delle Giudicarie. La condivido, ne sono altrettanto indignato, offeso come giudicariese che ancora non riesce a capacitarsi di come sia potuto succedere. Che il Giro solchi

le nostre valli e che il commentatore della Rai non sappia neanche dove si trova, è surreale, pazzesco. Non una parola sul lago di Toblino, sulle Terme di Comano, niente su Tione, e, peggio ancora, neanche una parola sulla val Rendena, come se il Giro si fosse inoltrato in una zona da dimenticare. Quella che doveva essere un’occasione portentosa per la diffusione delle immagini delle nostre eccellenze, della nostra storia e delle nostre attrattività turistiche a livello nazionale ed internazionale, s’è rivelata una debacle clamorosa che fatto più danni che altro,

non ultimo quello d’aver inserito, nella presentazione della diretta, Madonna di Campiglio situata in provincia di Belluno. Sabotaggio? Boicottaggio? Non vorrei che lo fosse davvero. Credo che a questo punto sia preciso compito dell’Assessorato Provinciale al Turismo avviare un’indagine per capire come realmente sono andate le cose, per poi procedere, con la compartecipazione della Comunità di Valle e dei Comuni Giudicariesi, ad una richiesta di rimborso dei danni, chiunque sia il responsabile. A cominciare dalla Rai che dovrà, e sarà il caso di esi-

gerlo, produrre e mettere in onda una serie di trasmissioni dedicate alle nostre valli per una stagione intera. E se la Rai facesse obiezioni, allora tutti insieme le si dovranno chiedere svariati milioni di euro da spendere in pubblicità su Sky. Se poi, come mi hanno riferito, il giorno dopo con il Giro in Alto Adige, il solito commentatore in diretta, abbia parlato di farina gialla di Storo, del Bleggio Lomaso e Banale e della Rendena, in un contesto del tutto fuori luogo con il collega che l’ha subito interrotto facendogli presente che quelle erano cose che si dovevano dire il giorno prima, nella tappa precedente, s’è completata la commedia vergognosa alle nostre spalle. Ahime! Forse che l’Assessorato al Turismo si sia distratto, che l’Apt sia stata in pausa pranzo, che il Sindaco di Pinzolo fosse magari impegnato a celebrare un matrimonio civile, non lo so...un poco mi dispiace per i nostri soldi buttati al vento...ma la Rai, la nostra Rai... è il caso di dirlo a voce alta: “ che figura di .....a!!!” Grazie Giuseppe, sempre sul pezzo! Adelino Amistadi


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