Educational

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NUMERO // 2 SETTEMBRE 2016


NUMERO // 2 SETTEMBRE 2016 www. MATHETICA.it www. PERFORMAT.it

COMITATO PROMOTORE FABIO BOCCI CESARE FREGOLA DANIELA OLMETTI PEJA ANGELA PIU ANNA EMANUELA TANGOLO PATRIZIA VINELLA CURATORI DANIELA BARTOLOMEI SIMONA LAINO ELEDIA MARIA MANGIA

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EDITORIALE // Cesare Fregola Diventare counsellor analitico transazionale del campo educativo // Silvia Alonzo Le spinte vanno in vacanza // Ilenia Impedovo

COMITATO DI REDAZIONE DANIELA BARTOLOMEI TERESA CARLETTI SIMONA LAINO ULRIKA WIDEN MARINA MONACO SILVIA ROMANO I COLLABORATORI DI QUESTO NUMERO SILVIA ALONZO DANIELA BARTOLOMEI TERESA CARLETTI BENEDETTA COSMI MARTINA DE CASTRO EZILDE DI FONZO LUCA DIONISI ILENIA IMPEDOVO SIMONA LAINO ELEDIA MANGIA SILVIA ROMANO ULRIKA WIDEN UMBERTO ZONA

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Consapevolezza del proprio repertorio di spinte nei processi di comunicazione didattica come risorsa per lo sviluppo della relazione tra il sé e l’altro // Luca Dionisi

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In giro tra alcuni dei sistemi educativi. Un tour tra i banchi di scuola // Benedetta Cosmi

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Creatività, iperattività e ok-ness // Ulrika Widen

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Analisi Transazionale e intelligenze multiple // Ezilde Di Fonzo

PROGETTO GRAFICO PAOLO GIOVANNELLI

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Tra intelligenze multiple e intelligenza moltitudinaria // Martina De Castro e Umberto Zona

MATHETICA EDUCATIONAL PERFORMAT SEDE DI ROMA

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A scuola con le carezze. Esperienze di percorsi di formazione // Teresa Carletti, Eledia Mangia e Silvia Romano

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Costruire un castello per costruire sogni. Esperienze di percorsi di formazione // Daniela Bartolomei e Simona Laino

Corso Trieste, 10 00198 Roma

edu@mathetica.it d.bartolomei@performat.it

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EDITORIALE DI CESARE FREGOLA

Continua la nostra avventura pioneristica con il progetto EducATional. In questo ultimo anno 10 nuovi allievi hanno intrapreso il percorso di formazione come Counsellor a indirizzo Analitico Transazionale di campo Educativo. Un altro gruppo ha concluso il proprio percorso e altri stanno completando la formazione come CTA analista transazionale certificato in Campo Educativo. continua>>


Parafrasando le parole di Mark Twain: “Il segreto per andare avanti è iniziare”, la motivazione del nostro lavoro trova energia vitale proprio nell’orgoglio di continuare a condividere esperienze e saperi che si trasformano in conoscenze e interagiscono con i talenti degli allievi e con le loro passioni, e saperi che sono generativi di nuovi o rinnovati schemi di pensiero e di azione, capaci di dare spazio a strutture affettive e a campi fertili di humus e di creatività. Il nostro auspicio è che questo lavoro, realizzato con rigore metodologico da una pluralità di voci e professionalità differenti, si proponga come un’occasione di spunto e riflessione, di stimolo e scoperta, esplorazione, un nuovo modo di relazionarsi con esperienze individuali, storie e narrazioni che si condividono. Con questo numero di EducATional prende avvio un viaggio tra vissuti della quotidianità scolastica letti, in particolare, ma non solo, con le lenti dell’A.T., e affrontati con competenze e strumenti transitando tra i banchi dei sistemi educativi e passando per gli approfondimenti sulla dimensione dell’intelligenza sociale. Il focus di questo numero è l’apprendimento per tutta la vita e una riflessione su come l’Analisi Transazionale possa influenzare in maniera intenzionale i processi di apprendimento. SILVIA ALONZO: il suo articolo è una piacevole e delicata condivisione di un sogno nel cassetto: diventare Counsellor Analitico Transazionale del Campo Educativo. Grazie alla tenacia e all’ impegno il suo sogno è diventato un progetto che si realizza. ILENIA IMPEDOVO: il suo lavoro riporta un’unità didattica sviluppata in una scuola dell’infanzia dove sia gli alunni che le insegnanti sono stati introdotti alla conoscenza delle Spinte Emotive e alla loro sperimentazione nella risoluzione di compiti anche complessi.

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“IL SEGRETO PER ANDARE AVANTI È INIZIARE” LUCA DIONISI: il focus del suo lavoro è la consapevolezza delle Spinte Emotive nei processi di comunicazione didattica e come questa può rappresentare una risorsa per lo sviluppo della relazione tra sé e l’altro e la costruzione del senso di appartenenza sociale con degli alunni di una scuola dell’Infanzia. BENEDETTA COSMI: il suo articolo conduce il lettore in un viaggio virtuale tra i banchi di tre “mondi”: la scuola Finlandese, una scuola che “dà fiducia e rende responsabili” i propri allievi; il sistema scolastico dell’Indonesia, che incoraggia e coltiva le doti dei propri studenti; una scuola a Singapore che consente di conoscere “la combinazione di rigore e supporto” che gli allievi ritrovano nei percorsi.


Mark Twain

EZILDE DI FONZO: leggendo il suo articolo il lettore può ritrovare l’esperienza scolastica di un’insegnante della scuola primaria che sa integrare le competenze analitico transazionali mediante le quali ha potuto riorientare e rendere più efficace il proprio intervento educativo e didattico in classe. MARTINA DE CASTRO E UMBERTO ZONA: l’articolo si sviluppa intorno al lavoro di ricerca svolto negli ultimi anni presso il Corso di laurea di Scienze della Formazione Primaria di Roma Tre sulla dimensione

sociale dell’intelligenza, approfondendo i costrutti delle intelligenze multiple e dell’intelligenza moltitudinaria. TERESA CARLETTI, M. ELEDIA MANGIA, SILVIA ROMANO: questo articolo a tre mani riporta l’esperienza di un corso di formazione che ha visto coinvolti i docenti appartenenti a una rete di quattro Istituti Comprensivi del territorio abruzzese, con l’obiettivo di costruire ambienti di apprendimento efficaci e sensibilizzare i docenti ai principali assunti dell’A.T. DANIELA BARTOLOMEI, SIMONA LAINO: l’articolo analizza le dinamiche relazionali emerse nella conduzione di un laboratorio, approfondendo sia il punto di vista dei formatori che quello dei partecipnati in un’ottica di co-costruzione degli apprendimenti per una crescita personale e professionale reciproca.

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ULRIKA WIDEN: l’articolo presenta un’esperienza di arte-terapia di gruppo che ha visto coinvolto un adolescente con diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività, segnalato da docenti e genitori a causa dei suoi comportamenti sociali poco funzionali e dello scarso rendimento scolastico.

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DIVENTARE COUNSELLOR ANALITICO TRANSAZIONALE DEL CAMPO EDUCATIVO LA MIA IDEA E REALIZZAZIONE DI UN SOGNO

DI SILVIA ALONZO

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hi scrive è una persona con una caratteristica un pò particolare, sono affetta da tetra paresi spastica dovuta ad una sofferenza neonatale, disabilità motoria che mi impedisce di camminare con le mie gambe, per questo uso una sedia a rotelle, molti la chiamano cosi, io preferisco carrozzina. Non ho mai capito qual è il suo vero nome ma non importa, la mia sedia mi permette di vivere la mia vita normalmente.

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In questa mia elaborazione mi propongo di descrivere il sogno non come attività psichica notturna, bensì vorrei affrontare l’argomento di come si realizza un sogno, sogno inteso come sogno nel cassetto. Passo per passo indicherò come trasformare un sogno in un progetto, e quali sono gli elementi da valutare per assicurarne la realizzazione. Sembra scontato ma in effetti ci sono persone che hanno rinunciato a sognare, perché magari qualcuno gli ha detto “scendi dalle nuvole, torna con i piedi per terra, i sogni sono irrealizzabili, la realtà e ben altro, non illuderti, bisogna adattarsi… ”. Oppure altri che, invece, ci hanno provato a realizzare un sogno, ma non ci sono riusciti, e così hanno smesso di sognare. Beh, sognare è innanzitutto una capacità innata, che va coltivata e sviluppata. Tutti i bambini ne sono capaci. Tutti i bambini sognano. Solo crescendo piano piano molti di loro, spesso soggiogati da adulti insoddisfatti e pessimisti, perdono questa capacità mettendola in cantina. Beh, se sei uno di quelli allora ti consiglio di ritirarla fuori, spolverarla e alimentarla. Il sogno è l’oggetto del sognare. Utilizzando una metafora: sognare è l’auto che guidiamo, il sogno la meta che vogliamo raggiungere, sono entrambi importanti e necessari. Possiamo avere un’auto potentissima ma non sapere dove andare, oppure una meta ben definita ma essere a piedi. In entrambi i casi non riusciremmo a realizzare i sogni. Dobbiamo perciò prenderci cura dell’auto e della meta, della capacità di sognare e del sogno. Il primo passo sembra ovvio: definire il proprio sogno. Bene, incominciamo. Definiamo la meta: qual è il mio sogno? Diventare scrittore? Trovare un lavoro che mi piace? Recitare in un film? Vincere al superenalotto? Definisci il tuo, senza timori, lascia libera la tua fantasia, non ti preoccupare della realtà, non metterti degli ostacoli. Non ora. Qualcuno ci prova a definire il sogno, ma un attimo dopo si dice “no, non è realizzabile!” e quindi smette.

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Beh, l’immaginazione non ha confini, è questo il bello. Lascia la mente libera di sognare e chiediti: qual è il mio sogno? Cosa voglio realizzare nella vita che mi renderebbe felice, realizzato e orgoglioso di me stesso? Cosa mi farebbe stare veramente bene e in armonia con il mio essere? Nella mia idea di sogno c’è qualcosa di impalpabile ma nello stesso tempo che si rende reale nella voglia e nella capacità di sognare, di lasciare libero spazio al desiderio, alla voglia di essere, di realizzarsi nell’ umiltà… il sogno è libera espressione della nostra fantasia, al contempo, la fantasia diventa realtà se ci immergiamo in questo sogno con gioia, speranza,voglia di crederci e sperimentarci come persone uniche ed irripetibili, il cui valore si rende presente nella genuinità del mantenere sempre e comunque il nostro Bambino Libero che ci da la possibilità, come dicono gli analisti transazionali, di essere liberi, di saper fare, saper essere e saper divenire. Bene, in questo saper divenire io non mi sono mai stancata di sognare, di crederci, la mia forza e la mia risorsa sono proprio questo. L’essere una persona capace di guardare la realtà con gli occhi della gioia, della speranza, della voglia di crescere, una crescita che mi porta soddisfazione ed emozione. Ecco, io vivo nell’emozione. Quest’ultima per me è l’essenza della vita, perché se ci fermiamo a dire cosa è stato e non andiamo avanti con emozione, rimaniamo insulsi. Io mi sento una persona felice di essere quella che sono, di essere stata quella che ero e di diventare ciò che sarò. Ognuno di noi è artefice del proprio destino, trovo fondamentale prendere in mano la propria vita e farne un capolavoro. La mia vita è solo l’inizio di un lungo cammino che vedo come un continuo crescere… la mia strada la conoscevo da sempre, ora sta prendendo una forma sempre più bella, io sto dentro un sogno, che ora ha un colore e un sapore ma che prima nella mia mente lo coloravo e lo assaporavo senza sosta


“OGNUNO DI NOI È ARTEFICE DEL PROPRIO DESTINO, TROVO FONDAMENTALE PRENDERE IN MANO LA PROPRIA VITA E FARNE UN CAPOLAVORO”

La gioia, la tristezza, la rabbia e la paura sono emozioni e come tali vanno vissute, in quanto, soltanto vivendole a pieno si è realmente intimi e autentici con se stessi e con gli altri, si entra in quella posizione meravigliosa che Berne definisce di “Evviva”. Nel mio percorso di vita e di counsellor sento questo Evviva anche solo nel non stancarmi mai di usare espressioni come: “che bello”. Nel mio scrivere sento tanta emozione, un’emozione indescrivibile che mi sto regalando e voglio regalare anche a voi che leggete... Cosa dire ancora, non stancatevi mai di credere nelle persone che siete e nei sogni che avete…

BIOGRAFIA SILVIA ALONZO: orientatrice al lavoro di persone con disabilità presso l’Università degli Studi Roma Tre, studentessa al secondo anno di master in Counselling Analitico Transazionale a indirizzo educativo presso la sede Performat di Roma. BIBLIOGRAFIA MURGATROYD S., Il counselling nelle relazione d’aiuto, Sovera Edizioni, Roma, 2008 CARKHUFF R., L’arte di aiutare, Erikson, Trento, 1994 BERNE E., Analisi transazionale e psicoterapia, Astrolabio, Roma, 1971 EDUCATIONAL // NUMERO.2 // WWW.MATHETICA.IT // WWW.PERFORMAT.IT

e con gioia, senza mai dire ora ho fatto questo e basta. Non esiste il basta per me, esiste il: “ ho voglia di…”. Voglio diventare counsellor analitico transazionale perché ci ho sempre creduto, ho ascoltato me stessa e le persone al mio fianco, che mi hanno supportato nel capire che io ero e sono portata per questo… con tutto il cuore dico che non mi basterà diventare counsellor… mi piacerebbe diventare anche analista transazionale per assaporare sempre meglio il gusto gioioso ed emozionante di entrare in contatto intimo e vero con se stessi e con l’altro. Sognare significa anche vivere ogni istante nella spontaneità , sia nelle vicende liete sia in quelle tristi della vita.

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LE SPINTE VANNO IN VACANZA

BREVE VIAGGIO ALLA SCOPERTA DELLE SPINTE EMOTIVE CHE INTERVENGONO NELLA RISOLUZIONE DI UN TASK

DI ILENIA IMPEDOVO

S

ono una studentessa che frequenta il 5° anno del CdL in Scienze della Formazione Primaria presso l’Università di Roma Tre, con la passione per l’insegnamento e soprattutto quella per l’apprendimento, e durante il mio percorso di formazione ho avuto la fortuna conoscere l’Analisi Transazionale e sperimentare a scuola i suoi tanti spunti educativi.

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Armata di tanta volontà e al tempo stesso della curiosità che mi contraddistingue da sempre, ho deciso di elaborare un’unità didattica dalla durata di venti ore sulla tematica delle Spinte Emotive, con precise finalità e obiettivi, alla quale è stato necessario anteporre un’osservazione strutturata dalla durata di altre venti ore. Per gli insegnanti la finalità programmata è stata quella di avviarli allo sviluppo di competenze analitico transazionali a scuola, e nello specifico il riconoscere le spinte in azione nei bambini durante l’esecuzione di un task, grazie alla conoscenza e all’utilizzo del Questionario per le Spinte Emotive nella scuola dell’Infanzia. Parallelamente, per i bambini gli obiettivi sono stati quelli di scoprire le spinte emotive attraverso una dimensione ludica e quello di conoscere e mettere in pratica diversi modi di rapportarsi all’esecuzione di un compito. La scuola che mi ha accolto è stata La Maisonnette, sede Monte Oppio, Roma, una scuola privata e paritaria trilingue, nella quale ho trovato ben presto l’approvazione al mio progetto grazie all’interesse mostratomi da parte della brillante coordinatrice scolastica la quale si è occupata di dare informazioni in merito alla mia persona e al mio progetto sia

alle insegnanti che ai genitori. La classe affidatami è stata quella dei Coccodrilli, una classe omogenea di 4 anni, composta da 17 alunni, 11 femmine e 6 maschi, dove i bambini facevano lezione al mattino in lingua inglese e francese, e il pomeriggio in italiano. Il progetto da me svolto è stato condotto interamente in italiano, ma ha risentito della presenza del fattore multilinguistico nella scelta dei personaggi che hanno accompagnato i bambini alla scoperta delle spinte emotive. Il progetto, dal titolo “Le Spinte vanno in vacanza”, è composto da 4 step fondamentali: 1. Somministrazione Questionario per le Spin-

te Emotive nella scuola dell’Infanzia affiancato dall’utilizzo delle griglie per l’osservazione strutturata (20h); 2. Presentazione dei cinque personaggi che de-

scrivono le cinque Spinte Emotive (7h e 30m) 3. Realizzazione degli espedienti-tranello per i 5

personaggi (10h); 4. Le due attività conclusive per il saluto e la ve-

rifica finale: “L’invito a casa: esprimere preferenze per un personaggio” e “Prepariamo le valige ai nostri ospiti”. (2h e 30m). Grazie all’osservazione diretta in classe e alla somministrazione del questionario, sono riuscita ad ottenere il prospetto delle Spinte Emotive per i bambini della classe, dal quale è emersa una distribuzione dei bambini abbastanza omogenea fra le spinte Sii Perfetto, Sforzati, Compiaci e Sbrigati, mentre un numero inferiore riguardava la spinta Sii Forte. Successivamente ho introdotto i personaggi attraverso la tematica del viaggio: ai bambini è stato raccontato dell’arrivo a Roma di 5 amici delle mae-

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La mia esperienza con questa intuitiva teoria nasce all’incirca quattro anni fa, dopo averne ritrovato un accenno nel programma di Didattica Generale, e, da allora, continua ad alimentare quello che mi piace definire “un meraviglioso cammino”, il quale ha previsto e prevede tutt’oggi un preciso e corposo iter di formazione personale. Concordando con Protagora, il quale affermava che “La pratica senza teoria è cieca, così come cieca è la teoria senza pratica”, ho colto al volo l’occasione del tirocinio diretto, offerto dal mio corso di laurea, per verificare personalmente alcuni dei temi portanti della teoria analitico transazionale, come quello delle Spinte Emotive.

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stre, di differente nazionalità (in accordo con l’elemento multiculturale che caratterizza la scuola). Questi personaggi avrebbero soggiornato per alcuni giorni nella capitale italiana, e si sarebbero recati volentieri anche a scuola per conoscere i bambini. La presentazione del personaggio avveniva attraverso l’utilizzo di un file power point proiettato su un telo: utilizzando una modalità interattiva, i bambini si calavano nelle vesti di veri giornalisti, in primo luogo allestendo la classe come se fosse una vera sala stampa e in secondo luogo ponendo delle domande guidate agli ospiti.

LORD PERFECTION

Ogni ospite aveva un nome e un abbigliamento affine alla spinta che rappresentava, e inoltre dava informazioni in merito al suo paese di provenienza, alla casa e quartiere, al mezzo di trasporto preferito, agli oggetti dei quali non poteva far a meno, degli hobby e del proprio lavoro. SFORZE’

I PERSONAGGI PRESENTATI SONO STATI CINQUE: Lord Perfection, a rappresentare la spinta SII PERFETTO. È un architetto appartenente all’alta borghesia londinese, con la passione per l’ordine sia a lavoro che a casa, con la sua bella limousine, caratterizzato da una lente di ingrandimento all’occhiello, un metro in una mano e nell’altra il suo cappello portafortuna; Peintre Sforzè, a rappresentare la spinta SFORZATI. È un pittore parigino, molto stanco del suo lavoro e dei continui insuccessi delle sue tele, vive in un appartamento al 20° piano di un grattacielo e ha una bici d’epoca;

SEGNURINA DOLCE ROSA

Segnurina Dolce Rosa, a rappresentare la spinta COMPIACI. È una bella pediatra napoletana, vive in una casa rosa e bianca molto accogliente, indossa una collana con ciondolo a forma di cuore e ha caramelle da donare a tutti i bambini; Don Movimiento, a rappresentare la spinta SBRIGATI. È un tuttofare spagnolo, sempre pronto a correre sui suoi

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DON MOVIMIENTO


pattini o con la sua Ferrari; Kapitan Strong, a rappresentare la spinta SII FORTE. È un militare dell’esercito, ha una folta barba e un casco, il suo viso è misterioso, vive in una casa ghiacciata e ha la passione per le maschere che

1. inserire un particolare sul foglio dato dall’inse-

gnante raffigurante l’anfiteatro romano in bianco e nero, e poi colorare il tutto; 2. incollare il foglio sul cartoncino e ritagliare le

tessere rispettando le linee tracciate sul foglio; 3. riunire le tessere per ottenere l’immagine ini-

ziale.

coprono il volto. Completata la presentazione dei personaggi, i bambini erano coinvolti nello svolgimento degli Espedienti Tranello, e cioè nella risoluzione di alcuni task (presentati sotto forma di attività ludiche) che mettevano rispettivamente sotto sforzo le spinte di ogni bambino.

•• SFORZATI: disegno di un arcobaleno con l’uso della porporina;

Ogni espediente tranello, dalla durata di 2 ore, comprendeva i primi 15 minuti di ricapitolazione collettiva delle caratteristiche del personaggio in questione e in particolare dei suoi punti deboli e di forza rispetto al modo di affrontare la vita; la restante ora e mezza era dedicata allo svolgimento del task, durante il quale venivano forniti ai bambini in un primo momento messaggi disfunzionali alla spinta e in un secondo dei permessi. Un esempio di espediente tranello è quello per la spinta Sii Perfetto: il Puzzle del Colosseo. I bambini dovevano rispettare le tre sequenze di azioni: ESPEDIENTE SII PERFETTO

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KAPITAN STRONG

Dalla somministrazione alternata di messaggi disfunzionali alla spinta (come ad esempio “Sii preciso, non uscire dai bordi, aggiusta questo disegno”) a permessi (come ad esempio una maggiore rassicurazione nel poter procedere nelle fasi rimandando la colorazione in un secondo momento) è emerso una differenza sostanziale nei comportamenti dei bambini rispetto al compito: i bambini con spinta sii perfetto nella prima fase mostravano un ritardo nello svolgimento delle singole fasi del task, mentre nella seconda un’ottimizzazione del tempo e un consenso ad utilizzare maggiori opzioni di risoluzione del task. Stessa cosa è avvenuta per tutte le altre spinte che hanno rispettivamente previsto le seguenti attività:

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ESPEDIENTE SFORZATI

•• COMPIACI: la collana o il bracciale per il compagno; •• SBRIGATI: la gara lento-veloce; •• SII FORTE: la maschera per giocare a come mi sento. I risultati primi ottenuti dall’intero progetto sono rintracciabili su due livelli distinti, da una parte risul-

quelli di conoscenza e comprensione e in particolare il riconoscimento dei personaggi di una storia, descrizione caratteristiche del prototipo comportamentale e associazione di oggetti al prototipo comportamentale corrispondente. Questi risultati sono stati raggiunti totalmente dall’88% dei bambini. In un secondo momento luogo, invece, si possono individuare i risultati ottenuti grazie all’utilizzo da parte dell’insegnante delle conoscenze analitico transazionale, ed in particolare delle Spinte Emotive: •• bambini con spinta emotiva prevalente SII PERFETTO hanno mostrato un’ottimizzazione dei tempi di esecuzione del task; •• i bambini con spinta emotiva prevalente SFORZATI hanno mostrato una riattivazione a seguito di brevi pause durante l’esecuzione del task e il raggiungimento di sotto-obiettivi del task; •• bambini con spinta emotiva prevalente COMPIACI hanno mostrato una maggiore autonomia nell’esecuzione del task e una minor considerazione dell’opinione del compagno; •• bambini con spinta emotiva prevalente SBRIGATI hanno mostrato di esser in grado di riorganizzare mentalmente le fasi del task in maniera organica e funzionale;

ESPEDIENTE SII FORTE

tati dei bambini e dall’altro quelli degli insegnanti. Per i bambini i risultati possono esser suddivisi ulteriormente in due categorie: In primo luogo quelli raggiungibili anche senza l’utilizzo dell’Analisi Transazionale, come ad esempio

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•• bambini con spinta emotiva prevalente SII FORTE hanno mostrato di esser in grado di manifestare le proprie idee e di accettare l’aiuto da parte dei compagni. Un esempio particolare è stato quello di una bambina con spinta prevalente Sii perfetto con un punteggio pari a 4 in entrata e 2,5 in uscita, dove i risultati positivi hanno avuto ulteriore conferma anche a termine del progetto. L’insegnante ad inizio progetto aveva manifesta-


Le spinte che hanno manifestato una maggiore resistenza alle indicazioni delle insegnanti, ai permessi, sono state in ordine di intensità: SII FORTE, SII PERFETTO E COMPIACI. In particolare per il SII PERFETTO E IL COMPIACI c’è stato bisogno di una ripetizione maggiore dei permessi; mentre per il SII FORTE c’è stato un caso di totale rifiuto al cambiamento: il bambino in questione ha deciso di non rispettare entrambe le consegne, sia quella che prevedeva il completamento di un suo disegno da parte di un suo compagno, sia quella in cui doveva manifestare e condividere il sentimento provato rispetto all’attività precedente e al motivo del rifiuto. Per gli insegnanti presenti in classe durante tutte le ore del progetto, i risultati sono stati i seguenti: •• ottenimento di una nuova chiave di lettura e conoscenza dei bambini della propria classe;

•• rivalutazione di alcuni comportamenti dei bambini alla luce di una presa di consapevolezza delle spinte; •• elaborazione di interventi diversificati che hanno tenuto in considerazione le spinte del bambino a cui si rivolgevano. Proprio dagli esiti positivi ottenuti e dalla volontà di replicare un simile progetto, è nata l’esigenza di estendere la conoscenza di esso anche agli altri docenti presenti nella scuola, attraverso un incontro di ricapitolazione. Da tale confronto è emersa la disponibilità degli insegnanti verso tale tematica, ma anche una serie di perplessità rispetto alla conoscenza di questa nuova teoria. Una domanda, in particolare, apre a nuovi stimoli e riflessioni: “Quali concetti dell’ Analisi Transazionale sarebbe utile che conoscesse un insegnante così da essere competente nello sviluppare progetti simili, lavorare sulle competenze emotive ed affettive degli studenti al fine di avere anche una ricaduta positiva sulle performance scolastiche?”

BIOGRAFIA ILENIA IMPEDOVO: studentessa al quinto anno presso il CdL in Scienze della Formazione Primaria di Roma Tre, Nuovo Ordinamento. BIBLIOGRAFIA FREGOLA C., Two empirical research projects into the impact of teaching the concept of drivers to preschool children in Italy; IJTAR, vol.6, No 2, 2015 FREGOLA C., (2014), Mathematical Calculation, Procedure Drivers in: Action in the learning Environment, Percorsi di Analisi Transazionale, Vol.1, Numero 1, Oct 2014 pp 113 -140. STEWART, IAN et JOINES, V., ‘’L’Analisi Transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani’’; Garzanti, Milano, 2000.

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to il suo timore in merito al fatto che la bambina non riuscisse a comprendere a pieno le consegne grafiche perché ogni volta che iniziava a disegnare cancellava molte volte, si innervosiva e molto spesso strappava il foglio richiedendone un altro. Dopo aver fatto notare all’insegnante la spinta prevalente della bambina, la docente ha tentato di approcciarsi in maniera differente, consentendole un uso limitato della gomma, essendo più decisa nel metterle a disposizione un solo foglio, inoltre le è stata più vicino incoraggiandola a procedere nel disegno e più volte le ha ripetuto quanto fosse brava nel disegnare, ricordandole alcuni dei suoi lavori migliori. La bambina, da me osservata in alcune ore successive al progetto, ha mostrato un migliore atteggiamento nei confronti delle consegne grafiche: non manifestava più alcun senso di nervosismo, l’utilizzo della gomma era fortemente diminuito e non c’era stato alcuna richiesta di un ulteriore foglio, inoltre il suo tempo per completare l’attività era quasi dimezzato.

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CONSAPEVOLEZZA DEL PROPRIO REPERTORIO DI SPINTE NEI PROCESSI DI COMUNICAZIONE DIDATTICA COME RISORSA PER LO SVILUPPO DELLA RELAZIONE TRA IL SÈ E L’ALTRO COME SI COSTRUISCE IL SENSO DI APPARTENENZA SOCIALE

DI LUCA DIONISI

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el 2014 ho pianificato per una sezione omogenea della Scuola dell’Infanzia un progetto educativo – didattico strutturato attorno alla seguente ipotesi: può un programma di sessanta ore modificare i profili comportamentali di 26 bambini (13 femmine e 13 maschi) di cinque anni?

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Il progetto educativo – didattico approntato si proponeva di permettere agli alunni di intercettare processi quali emozioni, sentimenti e stati d’animo che intervengono nella fase di esecuzione di un task, al fine di migliorarne la relazione con le Spinte Emotive, ovvero i comportamenti che intervengono durante la risoluzione di un compito e che, in quanto automatismi, sfuggono alla consapevolezza del bambino. Ogni Spinta Emotiva interviene per mantenere il bambino in una posizione di okness rispetto all’altro: di conseguenza l’intero intervento didattico ha condotto i bambini verso l’acquisizione di nuove competenze affettive. Lo studente in grado di riconoscere le proprie Spinte Emotive sarà uno studente strategico e imparando a gestirle riuscirà ad essere efficace ed efficiente: sarà dunque in grado di raggiungere l’obiettivo prefissato con economia di tempo e di energie.

IL PROGETTO SI È ARTICOLATO IN QUATTRO FASI: LA PRIMA, IN AZZURRO. LA SECONDA, IN VERDE. LA TERZA, IN GIALLO. LA QUARTA, IN ROSSO

Studio del campione Somministrazione del questionario Realizzazione del percorso educativo - didattico Progettazione del percorso educativo - didattico Osservazione strutturata Osservazione libera Contratto educativo con gli alunni: finalità, obiettivi generali e specifici, strutturazione della relazione Curvatura dell’ Analisi transazionale in campo educativo

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Verifica e valutazione degli obiettivi specifici

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Nel corso della PRIMA FASE ho definito le principali finalità del progetto: A. Favorire l’acquisizione e lo sviluppo di competenze affettive; B. Incoraggiare un approccio di tipo assertivo nella relazione con l’altro. E gli Obiettivi Generali, uno per ogni Unità Didattica: •• Individuare le caratteristiche di cinque prototipi comportamentali diversi [Conoscenza dei personaggi e Comprensione delle caratteristiche di ogni Spinta Emotiva]; •• Manifestare una preferenza per uno specifico prototipo comportamentale [Valutazione di come sotto stress si manifestano le Spinte Emotive e Comprensione dei messaggi interni legati a ogni Spinta Emotiva]; •• Identificare uno dei prototipi comportamentali che caratterizzano la sua personalità [Identificazione in una delle Spinte Emotive e Comprensione dei messaggi antidoto legati a ogni Spinta Emotiva] Terminata questa prima parte sono entrato in classe per la prima volta e ho iniziato la seconda fase, con la diretta supervisione della Prof.ssa Daniela Olmetti Peja e del Prof. Cesare Fregola. La SECONDA FASE, della durata di venti (più sei) ore, è stata incentrata sull’Osservazione Libera e Strutturata: terminate le prime sei ore (Osservazione Libera), ho iniziato a osservare i comportamenti dei miei alunni tramite check list[1] in rapporto 1:3-4 per [1]  La check list è sulla base della tabella in Moiso C., Novellino M, Stati dell’Io. Le basi teoriche della Analisi Transazionale Integrata, Roma, Astrolabio Ubaldini, 1982, pp. 118-9

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le rimanenti quattordici ore (Osservazione Strutturata). In seguito, per la durata di sei ore, ho analizzato le strategie utilizzate dai bambini tramite un Questionario per le Spinte Emotive[2] per essere esclusivamente utilizzato nella Scuola dell’Infanzia. La TERZA FASE, di sessanta (e più) ore, è stata organizzata intorno alla progettazione e realizzazione del progetto e ho creato tre Unità Didattiche strettamente collegate tra loro: PRIMA UNITÀ DIDATTICA: “Breve Guida Galattica per piccoli autostoppisti”, è stata incentrata sulla conoscenza dei cinque prototipi comportamentali e sulla comprensione delle caratteristiche di ogni Spinta Emotiva - in questa fase l’insegnante stimola e fa il contratto con gli alunni. Le prime due ore sono state incentrate su delle attività di motivazione all’apprendimento e, oltre a proporre delle prove per la verifica dei prerequisiti relativi alle emozioni primarie, ho proposto di costruire un piccolo razzo con materiali di riciclo. Nelle successive quindici ore, organizzate intorno alle attività principali della prima Unità Didattica, ho invece proposto lo stesso modulo di tre ore ripetuto per cinque volte, ovvero per ogni Spinta Emotiva: •• Presentazione del nome del personaggio e del suo pianeta d’origine (Sii Perfetto: Mister Misurin; Sforzati: Fortunello; Compiaci: Occhidolci; Sbrigati: Tuttofare Nientefa; Sii Forte: Mbé);

[2]  Il questionario è stato elaborato da me e dal collega Alessandro Alaimo da quello presentato in Fregola C., Olmetti Peja D., Superare un esame. Come trasformare ansia, emotività e studio in risorse strategiche, Napoli, EdiSES, 2007, p. 92 – rielaborato dagli autori dal questionario presentato in Klein M., Autoanalisi Transazionale. Per scoprire la nostra vera personalità, Roma, Astrolabio Ubaldini , 1983, pp. 84 – 86


•• Caratteristiche rappresentanti simbolici dei pregi (Sii Perfetto: calcolatrice, lente d’ingrandimento e righello; Sforzati: quadrifoglio, montagna, punto interrogativo; Compiaci: cuore, mazzo di fiori, pacco regalo; Sbrigati: fulmine, scarpe alate, orologio; Sii Forte: coppa, bilanciere, cravatta); •• Messaggio interno introiettato dal genitore (messaggio controcopione) – (Sii Perfetto: “Dovresti fare meglio”; Sforzati: “Devi fare di più”; Compiaci: “Non sei abbastanza bravo”/”Fai sentire bene gli altri”; Sbrigati: “Non lo porterai mai a termine”; Sii Forte: “Non puoi fargli sapere che sei debole”); •• Rappresentazione del racconto dal vivo e con burattini/teatrino (da parte dei bambini); •• Rappresentazione della scena preferita del racconto, con degli strumenti che di volta in volta sono differenti e permettono agli alunni di fare una prima esperienza con le caratteristiche delle Spinte Emotive (Sii Perfetto: pastelli colorati per la precisione; Sforzati: acquerello per l’imprecisione; Compiaci: tempere colorate per l’adattabilità; Sbrigati: matite per la velocità; Sii Forte: pastelli a cera per la perseveranza). Nelle successive due ore ho proposto delle prove a stimolo chiuso e a risposta chiusa per verificare a valutare il grado di raggiungimento dei seguenti Obiettivi Specifici (programmati secondo la Tassonomia di Bloom):

alle caratteristiche di uno specifico prototipo comportamentale; •• ANALISI: Individuare almeno un’analogia o una differenza tra i prototipi comportamentali; •• SINTESI: Rappresentare uno dei protagonisti e le sue tre caratteristiche. Nel corso di questa prima Unità Didattica il bambino conosce e comprende cinque tipi di comportamento (didattico e non) e inizia a riconoscere in essi alcuni aspetti del proprio comportamento. SECONDA UNITÀ DIDATTICA: “Una serie di sfortunati eventi”, è stata incentrata sulla scelta e sulla valutazione dei prototipi comportamentali e sul confronto con i messaggi interni legati a ogni Spinta Emotiva – in questa fase l’insegnante coinvolge, orienta e focalizza. Nelle prime otto ore ho proposto delle attività incentrate sulla motivazione all’apprendimento: con gli alunni ho creato la Breve Guida Galattica per piccoli autostoppisti, che abbiamo utilizzato per tutto il progetto come strumento didattico, e ho in seguito proposto attività di gioco standard – come l’esplorazione di un nuovo pianeta ho l’incontro con un sesto personaggio, responsabile della proposta di attività individuali ai cinque personaggi. Le seguenti dieci ore sono state incentrate su attività individuali correlate a ogni Spinta Emotiva e ho predisposto un modulo di due ore da ripetere per ogni prototipo comportamentale:

•• CONOSCENZA: Identificare i cinque personaggi presentati dall’insegnante;

•• Situazione stimolo attivatrice di funzioni specifiche delle Spinte Emotive che attiva una situazione di stress (Sii Perfetto: costruzione di un puzzle; Sforzati: produzione di sale colorato; Compiaci: creazione di braccialetti per il compagno di banco; Sbrigati: costruzione del Catch the fly; Sii Forte: creazione di un graffito);

•• COMPRENSIONE: Associare ogni personaggio

•• Attivazione delle Spinte Emotive (maggior pro-

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•• Presentazione oggetti del personaggio e del pianeta (scelta e posizionamento oggetti), ovvero descrizione generale di personaggi e territori d’origine – che riflettono le loro stesse caratteristiche;

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babilità in caso di aumento dello stress) – fino alla metà delle attività ho comunicato ai miei alunni esclusivamente secondo i messaggi interni legati a ogni Spinta Emotiva; •• Sviluppo consapevole dei prototipi comportamentali. Nelle ultime due ore ho proposto delle prove a stimolo chiuso e a risposta chiusa per verificare a valutare il grado di raggiungimento dei seguenti Obiettivi Specifici (programmati secondo la Tassonomia di Bloom): •• ANALISI: Individuare un aspetto positivo e un aspetto negativo per ogni prototipo comportamentale; •• SINTESI: Rappresentare un personaggio caratterizzato da tre aspetti positivi; e tre aspetti negativi dei prototipi comportamentali; •• VALUTAZIONE: Formulare un giudizio su ogni prototipo comportamentale sulla base dell’analisi di aspetti negativi e positivi. Nel corso di questa seconda Unità Didattica il bambino osserva i suoi compagni e sviluppa consapevolezza rispetto alle cinque Spinte Emotive e alle proprie strategie di apprendimento. TERZA UNITÀ DIDATTICA: “Verso l’infinito e oltre: andata e ritorno”, è stata incentrata sull’identificazione in almeno un prototipo comportamentale e sul confronto con i messaggi antidoto (autorizzazioni verbali) legati a ogni Spinta Emotiva – in questa fase l’insegnante favorisce la collaborazione ed eroga transazioni rispetto alle Spinte Emotive. Le prime due ore sono state incentrate su delle attività di motivazione all’apprendimento e ho proposto alcune semplici attività di gioco, tra cui la creazione di un segnalibro per la Breve Guida Galattica

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per piccoli autostoppisti con materiali di riciclo. Le successive dieci ore sono state incentrate su attività di gruppo correlate a ogni Spinta Emotiva e ho predisposto un modulo di due ore da ripetere per ogni prototipo comportamentale: •• Costituzione di cinque gruppi OMOGENEI per Spinta Emotiva (sulla base dei dati raccolti nel corso dell’Osservazione Strutturata e tramite il Questionario sulle Spinte Emotive per la Scuola dell’Infanzia); •• Ideazione, progettazione, realizzazione di attività in gruppi omogenei (Sii Perfetto: creazione del passaporto dei cinque personaggi; Sforzati: creazione di cinque mappe intergalattiche; Compiaci: creazione di souvenir; Sbrigati: creazione di vestiti da mettere in valigia; Sii Forte: creazione di biscotti e viveri da portare in viaggio); •• Osservazione caratteristiche funzionali e disfunzionali delle S.E.. Le seguenti sei ore sono state incentrate sul premio che volevo dare ai ragazzi per l’impegno mostrato e sono quindi da intendere principalmente come attività per la motivazione all’apprendimento. Nel corso di queste ore la costruzione di una mongolfiera ha coinvolto sia gli insegnanti sia il grande gruppo – che per la prima volta dall’inizio del progetto presta le proprie fatiche nella collaborazione con tutti gli altri. Nelle ultime due ore ho proposto delle prove a stimolo chiuso e a risposta chiusa per verificare a valutare il grado di raggiungimento dei seguenti Obiettivi Specifici (programmati secondo la Tassonomia di Bloom): •• Organizzazione: Associare un personaggio proposto dall’insegnante al corrispondente prototipo comportamentale;


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•• Caratterizzazione: Identificare uno dei prototipi comportamentali che contraddistinguono la sua personalità; •• Caratterizzazione: Rappresentare un ambiente contraddistinto dalle caratteristiche di uno dei suoi prototipi comportamentali. Nel corso di questa terza e ultima Unità Didattica il bambino si identifica nella propria Spinta Emotiva e ne conosce sia le dinamiche comportamentali disfunzionali che funzionali all’apprendimento: dall’osservazione del prodotto finale sono riscontrabili le caratteristiche funzionali e disfunzionali di ogni Spinta Emotiva. La QUARTA FASE, di circa venti ore, è stata incentrata sulla somministrazione del Questionario sulle Spinte Emotive al termine del progetto educativo – didattico e sullo studio del nuovo campione effettivo. I valori delle Spinte Emotive maggiori di 3 (il punteggio soglia, oltre il quale le Spinte Emotive caratterizzano maggiormente le strategie educative

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degli alunni di fronte a una situazione di stress) si sono abbassati per tutti i prototipi comportamentali, fatta eccezione per la Spinta Compiaci. Considerando ad esempio il valore 3, sulla colonna di sinistra, nel primo caso (prima del progetto) e nel secondo caso (dopo il progetto) risulta immediato constatare quante e quali Spinte Emotive siano diminuite nel loro valore al di sotto del punteggio soglia. Al termine del progetto, in generale, l’ipotesi iniziale “Può un progetto educativo – didattico di 60 ore modificare profili comportamentali di 26 bambini [13 femmine e 13 maschi] di 5 anni?” può dunque essere accolta. Dallo studio del caso e dall’analisi dei dati emerge che gli alunni hanno imparato a gestire con più attenzione le proprie strategie quando viene proposta loro un’attività e i valori delle Spinte Emotive sono sempre di meno oltre i valori soglia. Il progetto è stato premiato con una pubblicazione internazionale sulla rivista IJTAR[3] e presentato in [3]  Research Project B: Drivers in Primary School Children, in


numerosi convegni. Inoltre, nel corso del 2015, il LUCA DIONISI: insegnante di sostegno e curriculare progetto è stato adattato dal sottoscritto anche per della scuola primaria e dell’infanzia. la Scuola Primaria. BIBLIOGRAFIA ANALITICO TRANSAZIONALE CARR. T., The 5 TA Drivers. Your Driver Questionnaire BIOGRAFIA Results: A Comprehensive Look at the Five Unconscious Drivers, 2014 [http://tracey-carr. co.uk/the-5-ta-drivers/] DIONISI L., ALAIMO A., Two empirical research projects in: FREGOLA C., (2015.c), Two empirical research projects into the impact of teaching the concept of drivers to preschool children in Italy, International Journal of Transactional Analysis Research Vol. 6 No 2 July 2015, www.ijtar.org. FREGOLA C., Mathematical calculation procedures and drivers in action in the learning environment, Passaporto Sbrigati in Percorsi di Analisi Transazionale, Vol.1., N.1, Oct. 2014 KLEIN M., Autoanalisi Transazionale. Per scoprire la nostra vera personalità, Astrolabio Ubaldini, Roma 1983 MOISO C., NOVELLINO M, Stati dell’Io. Le basi teoriche della Analisi Transazionale Integrata, Astrolabio Ubaldini, Roma, 1982 STEWART I., JOINES V., L’Analisi Transazionale. Guida alla psicologia dei rapporti umani, Garzanti, Milano, 1990

Passaporto Sii Perfetto

C. Fregola, Two empirical research projects into the impact of teaching the concept of drivers to preschool children in Italy, International Journal of Transactional Analysis Research, Vol. 6, n° 2, July 2015

BIBLIOGRAFIA PSICOPEDAGOGICA FREGOLA C., OLMETTI PEJA D., Superare un esame. Come trasformare ansia, emotività e studio in risorse strategiche, EdiSES, Napoli, 2007 LUCISANO P., SALERNI A., Metodologia della ricerca in educazione e formazione, Carocci, Roma, 2002 MONTUSCHI F., Competenza affettiva e apprendimento, La Scuola, Brescia, 1993 MONTUSCHI F., Fare ed essere. Il prezzo della gratuità nell’educazione, Cittadella, Assisi, 1997 OLMETTI PEJA D., Teorie e tecniche dell’osservazione in classe, Giunti, Firenze, 1998

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Passaporto Compiaci

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IN GIRO TRA ALCUNI DEI SISTEMI EDUCATIVI UN TOUR TRA I BANCHI DI SCUOLA DI BENEDETTA COSMI

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IL MONDO DEL LAVORO È CAMBIATO, PER LA GLOBALIZZAZIONE, LA CRISI, LE TECNOLOGIE, I TEMPI, ALTRI FATTORI; E QUESTO COME STA CAMBIANDO LA SCUOLA?

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e fabbriche diventano 4.0, gli uffici lasciano il posto agli open space. Le quattro mura compaiono per i nomadi digitali. I lavoratori e le aziende scelgono sempre di più i coworking. Il posto fisso, che nelle altre parti del mondo era già una eccezione, si perde. Il Jobs Act in Italia ha trasformato il “tempo indeterminato”, nel suo significato semantico: come insegnano le maestre quando spiegano gli articoli, “il” e “un”. Se prima il contratto voleva dire praticamente fino alla pensione, oggi potrebbe voler dire: tre anni, due, quattro, dieci, chi lo sa. Appunto, indeterminato. Solo uno dei contratti, con una delle aziende, nell’arco della vita. Negli anni 70 l’Italia conosceva il divorzio, il matrimonio non era più indissolubile davanti lo Stato. Si può dire che con il nuovo secolo l’Italia ha conosciuto il precariato nei rapporti di lavoro. In questo panorama difficoltoso vi sono diversi sistemi educativi, anche nell’Europa della moneta unica.Don Milani e i ragazzi di Barbiana già negli anni 50/60 accusavano gli insegnanti di non aver mai letto il contratto dei metalmeccanici, che pure coinvolgeva allora mezzo milione di famiglie.

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“Nel suo programma di italiano ci stava meglio il contratto dei metalmeccanici. Lei signora l’ha letto? Non si vergogna? E’ la vita di mezzo milione di famiglie”. L’ennesimo pugno allo stomaco che sintetizza i nostri tempi: “Quelli che vanno alle magistrali vengono umiliati come ragazzini mentre vivono da anni (fin da piccoli) da adulti e adulti severi”. ...Ecco allora la scuola che “tiene” intrappolati a restare piccoli, anziché crescere come intellettuali liberi, coraggiosi, o lavoratori consapevoli. Voliamo “a scuola in Finlandia. Guardi com’è fatto il banco e capisci tutto”. Siamo all’ingresso dell’istituto superiore Lauttakylän lukio, a Huittinen, in Finlandia, seguiamo dove si posa lo sguardo di trenta studenti italiani. “Io mi sento a casa in una scuola dove, appena entri, a destra l’appendi casco e soprabito e di fronte trovi le poltrone e un tavolinetto verso la vetrata. E questa è una scuola. Finlandese”. Eleonora non resiste: “I lavandini nei corridoi? Ma in tutti i piani? Ah: in tutte le aule!”. Il preside Timo annuisce e spiega che i bagni, invece, si trovano solo al pian terreno”. La dirigente Agnese Ivana Sandrin, liceo artistico Osvaldo Licini di Ascoli Piceno, si rende subito conto di essere davanti un dato di fatto: “La didattica dura 75 minuti e seguono sempre 15 minuti di pausa. Positivo, non c’è più bisogno di uscire durante la lezione, come avviene in Italia, interrompendo e perdendo tempo”. Cosa succede in queste pause? Vediamo cinque ragazze che stanno riorganizzando gli appunti sedute in quello stesso tavolinetto che tanto ha colpito i nostri trenta studenti all’ingresso. Dice la professoressa Matilde Di Silvestre: “Molto del nostro tempo è speso a controllare i ragazzi, in aula e nei cambi dell’ora, nella ricreazione. In Finlandia vige una legislazione evidentemente diversa sulla responsabilità penale dei docenti”. Oppure, precisa la professoressa Caty Gaspari, “è una scuola, quella finlandese, che rende completamente responsabili gli adolescenti del loro percorso scolastico”. Restano sorpresi i nostri ragazzi nel constatare

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l’approccio diverso, cresce il desiderio di una scuola come quella finlandese: che chiede fiducia e la dà. Una scuola che accoglie, in ambienti confortevoli, studiati: “Colori differenti per ciascun piano, tendaggio abbinato, con il kit di pulizia in ogni classe”. C’è l’aula di storia, con i presidenti e i ritratti dei premi Nobel alle pareti, ci sono le aule di chimica. Ogni spazio è dotato di tecnologie avanzate, le aule di lingue ed informatica sempre in funzione, anche durante il periodo degli esami. Infatti le scuole della Finlandia hanno 75 insegnamenti in tre anni, dove molti sono a scelta degli studenti, con cinque periodi di studio, di 6 o 7 settimane, anziché i quadrimestri. Al termine dei quali seguono le verifiche. Se uno studente non supera una materia può riprovare poche settimane dopo, per due volte. “E alla terza?”, chiede Sara al preside. “Alla terza ripetono il corso e al termine delle 7 settimane sosterranno la prova”. I ragazzi sono sempre più stupiti: “Nessuna bocciatura allora, basso abbandono scolastico, non servono assenze per evitare i compiti e le interrogazioni, quel professore o quell’insegnamento, niente mal di pancia improvvisi, la paura di andare a scuola, niente terribili compiti in classe annunciati solo tre giorni prima”. Inoltre in Finlandia è stabilita un’interruzione funzionale per permettere agli allievi di studiare: si situa tra il periodo di lezioni e il periodo di verifica. Anche tra un corso e l’altro vi possono essere buchi di ore. E’ il caso di Eeli, al primo anno, che ne approfitta per studiare francese in una delle aule attrezzate in cui la incontriamo. Debora esclama: “Nulla è lasciato al caso. In ogni aula i banchi hanno angoli diversi in base ai bisogni, sono affascinanti quelli pentagonali, che creano nuove forme e nuovi gruppi per favorire la collaborazione. Se dovessi scegliere un oggetto da portare in Italia, porterei questo: il banco. E’ la sintesi di questa scuola, dove tutto è pulito e funziona”.


Sorride: “C’è persino l’appendi borsa”. Scatta una voglia nei ragazzi: migliorare anche se stessi, i propri ambienti. “Abbiamo una proposta per il nostro liceo, è il nostro tempo, progettiamo insieme partendo dagli spazi per renderli più gradevoli, meglio organizzati, abbiamo capito che dipende anche da noi”. L’esperienza della visita in Finlandia sta segnando gli studenti e i docenti. Sono arrivati per uno stage – dice Sami Malinen rettore del West Finland College, al più antico istituto finlandese, nato nel 1892 – per sperimentare il canto e la drammatizzazione in lingua inglese. Non erano ancora del tutto consapevoli che sarebbero stati coinvolti in un confronto con

scuola indonesiana, tra le risaie dell’isola indonesiana di Bali. E’ il 22 agosto, sono finite già da un mese le vacanze estive, alcuni ragazzi spazzano fuori i cancelli, verso la passeggiata turistica Campuhan Ridge Walk, nel villaggio di Ubud. Fa caldo, gli studenti indossano comunque le loro divise scolastiche. Hanno anche la cravatta. Sono ragazzi di scuola media, dai 12 anni ai 16 anni. Il loro ciclo di istruzione prevede infatti sei anni di scuola elementare, cinque anni di scuola media e due di scuola superiore. Ci sono tantissimi motorini, ne è piena la zona, Bali si può dire sia un’isola di scooter. Tra le risaie, uomini chinati al lavoro. Probabilmente sono i genitori dei ragazzi che vedo. Ma Ubud è un quartiere

uno dei sistemi di eccellenza europeo. L’Europa, appunto. L’attenzione degli studenti si focalizza su una pagina di un giornale, un’infografica che confronta le età necessarie per candidarsi alle prossime elezioni. Un tema di confronto, che nasce all’interno di un’aula scolastica, tra gli studenti italiani e gli studenti finlandesi. Mentre gli studenti italiani si sorprendono di una scuola che “dà fiducia e rende responsabili”, scoprono inoltre che i loro coetanei possono candidarsi a 18 anni mentre loro, i ragazzi italiani, dovranno aspettare ben altre due elezioni per poter ambire ad esercitare lo stesso diritto. Infatti l’Italia, in compagnia delle sole Grecia e Cipro, fissa a 25 anni la soglia di partecipazioneCosa vi lascia la Finlandia? “Torneremo, nelle nostre aule scolastiche, come alunni e cittadini più consapevoli”. DENPASAR (INDONESIA) – Mi trovo davanti una

artistico, con gli abitanti contadini di giorno e di sera sono pittori. Bali è una realtà basata sull’agricoltura e il turismo, così molti studenti proseguiranno gli studi negli istituiti alberghieri. L’indomani sono con tre studentesse di un’altra scuola media balinese, per un’intervista incrociata, perché ovviamente noi intervistiamo loro, ma (…sorpresa!) loro hanno una maglietta bianca con il simbolo azzurro della loro scuola e la scritta Journalist. Loro intervistano noi, per il magazine scolastico. Una cosa seria. Un giornale con le sue regole e un duro lavoro: adesso loro sono tre inviate speciali presso uno dei templi indù dell’unica isola dell’Indonesia nella quale la popolazione professi questa religione. Nel santuario si sta svolgendo un rito collettivo per i defunti. Sono tre studentesse sorridenti, vest ite in modo congruo al luogo sacro, con un sor-

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MI RACCONTANO CHE LA DIDATTICA TENDE MOLTO AD INCORAGGIARE LO STUDENTE A CAPIRE QUALI SONO LE SUE DOTI E A COLTIVARLE, C’È UN ENTE STATALE CHE SI OCCUPA DI VALUTARE LE DOMANDE DI BORSA DI STUDIO CHE PERMETTERÀ AI PIÙ MERITEVOLI DI PROSEGUIRE ALL’UNIVERSITÀ

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riso entusiasta e una macchina fotografica Canon al collo. Mi mostrano le immagini scattate durante una celebrazione scolastica nel loro istituto. C’è un palco nell’aula magna, sembrano le nostre. Mi raccontano che la didattica tende molto ad incoraggiare lo studente a capire quali sono le sue doti e a coltivarle, c’è un ente statale che si occupa di valutare le domande di borsa di studio che permetterà ai più meritevoli di proseguire all’università. C’è anche una guida, che è un padre di due ragazzi: la figlia studia da infermiera, il fratello frequenta anche la scuola media, quindi ha abbandonato la divisa rossa della scuola elementare per quella blu. Il papà orgoglioso aggiunge: il genitore viene convocato a scuola alla fine del semestre, per una cerimonia pubblica di consegna delle pagelle. Il padre dello studente che si è impegnato viene fatto sedere davanti, in fondo chi ha un figlio dal cattivo rendimento. “Io sono nel mezzo e puntiamo a migliorare”. FINLANDIA, LE RIPETIZIONI PAGATE DALLO STATO 13 GIUGNO 2014[1] di Benedetta Cosmi Proseguiamo il racconto della via finlandese alla scuola, che abbiamo sperimentato visitando il Paese nordico (ce ne siamo occupati il 22 maggio, parlando del banco e di come sia possibile non bocciare, non sorvegliare). È Aki Tornber del Ministero dell’Educazione e della Cultura, ad aspettarci e a spiegare: “Da anni abbiamo previsto la figura degli insegnanti di supporto agli studi. Hanno lo stesso contratto degli altri. Gli studenti sono messi nelle condizioni di chiedere aiuto e di concepirla come una fase obbligata, normale. [1]  LA RACCOLTA DI ALCUNI DEI CASI DI RICERCA SONO SUL BLOG FOREIGN AFFAIRS DEL CORRIERE DELLA SERA. LE DATE RIPORTATE SONO RELATIVE AI GIORNI DI PUBBLICAZIONE

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Nessuno lo vive in modo sconveniente ai fini della valutazione. Il ministero, gli enti municipali e le scuole prevedono, e pagano appositi docenti con tale funzione, con tale esclusiva funzione. Docenti a disposizione per vari istituti che affiancano i ragazzi oltre le ore di lezione”. Spazzato via, dunque, il business d’oro delle lezioni in «nero»: un settore da 850 milioni di euro all’anno, tutti senza ricevuta. Il problema riguarda l’evasione fiscale, certo, ma, d’altro canto – ci dimostra ancora la Finlandia – è fondamentalmente pedagogico. Guardando a come gli altri Paesi affrontano le difficoltà di apprendimento degli studenti, ci accorgiamo che non esiste il “buco” tra la scuola della mattina e i compiti del pomeriggio. L’interesse è unico: che lo studente capisca e impari ciò che deve capire ed imparare. Tornber aggiunge: “Non ha costi maggiori questa scelta, anzi tengo a dire che il sistema finlandese senza spendere particolari cifre, perché comunque siamo nella media, e dedicando in aula il minimo numero di ore, perché comunque siamo i secondi con il più basso numero di ore in classe, abbiamo i risultati fra i migliori Paesi dell’Ocse”. Perché la finlandia ha scelto di puntare sulla scuola? “perché se un problema c’è, non è nella scuola. sta nella famiglia. allora stanziamo fondi per ore extra giornaliere o serali, per quando i genitori lavorano, così i ragazzi possono arrivare prima dell’orario scolastico standard o andare via dopo, una situazione che riguarda i bambini dai 6 agli 8 anni. oppure vi sono gli happy club free, con gruppi scientifici ecc. per i ragazzi dai 9 ai 13 anni”. La scuola finlandese ogni cinque anni presenta piani di “ristrutturazione” e gli obiettivi del prossimo prevedono: “Portare la scuola all’aperto, nei musei, per un insegnamento attivo e integrato col luogo della materia che si insegna, se è scienze, se è arte, ma soprattutto farle interagire tra loro”.


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LE CARATTERISTICHE PRINCIPALI DEL SISTEMA DI ISTRUZIONE DI SINGAPORE SONO LA COMBINAZIONE DI “RIGORE E SUPPORTO”.

Seguendo questo metodo, l’Italia offrirebbe naturalmente le migliori opportunità per “la città come aula”. Torno al West Finland College Performing Arts Academy dove mi aspettano i trenta ragazzi ascolani che sono per studiare con i loro insegnanti italiani e finlandesi, le arti. Ecco la domanda, inevitabile: ma la scuola italiana è messa nelle condizioni di fare altrettanto? Magari ospitando studenti di tutto quale il difetto della loro scuola risponde: “Molti deil mondo a studiare nelle proprie città e nelle proprie gli insegnamenti a scuola sono focalizzati sull’inseaule, le arti? Ne avrebbe titolo. gnare fatti, in matematica e in scienze e gli studenti tendono a memorizzare molto. In ogni caso sono IL RIGORE DI SINGAPORE molto strutturati nel loro modo di pensare ma non 10 APRILE 2014 molto creativi. E infatti c’è chi sostiene che il nostro DI BENEDETTA COSMI sistema crei buoni amministratori ma non buoni imprenditori”. Una vista della città Stato di Singapore, dove la poOgni trimestre i risultati degli esami sono pubpolazione è composta da malesi, indiani e, in mag- blici, a partire dall’infanzia, e le aziende e l’amminigioranza, cinesi. strazione pubblica scelgono i più bravi. I migliori stuIl modello di scuola che fa di Singapore il più denti vengono presi dalla pubblica amministrazione copiato, in assoluto, “programma di matematica e che paga loro gli studi. Il sistema di valutazione è scienze”, ha delle peculiarità che non si riscontrano standardizzato per essere “oggettivo” e le prove sono negli altri Paesi, i cui risultati nelle comparazioni in- molte durante l’anno, per abituare gli studenti ad ternazionali sono altrettanto soddisfacenti. essere esaminati e a muoversi in un contesto comA Singapore la pedagogia, per esempio, non è petitivo. ritenuta come una componente del nucleo di disciSe superano con successo gli esami di livello pline principali di specializzazione. A (a 18 anni) possono ottenere una borsa di stuLe caratteristiche principali del sistema di istru- dio. Il governo pagherà le spese scolastiche, vitto e zione di Singapore sono la combinazione di “rigore e alloggio. Dopo che si laureano all’estero e tornano supporto”. Il rigore è anche in un impegno esplicito a Singapore, dovranno lavorare per il governo per ala reclutare nell’insegnamento solamente matricole meno sei anni. Iniziano con una paga minima ma lo che fanno parte del 30% di studenti con la media stipendio può aumentare molto rapidamente. più elevata alla maturità. Solamente un ottavo di questo gruppo è ammesso alla formazione degli insegnanti dopo aver subito un’ intervista rigorosa; si esige per esempio che soltanto i laureati in mate- BIOGRAFIA matica possano insegnare matematica e non sono BENEDETTA COSMI, giornalista professionista e autorizzati ad insegnare, per esempio, il mandarino. scrittrice, ha pubblicato sul tema scuola, giovani Tutti gli insegnanti della scuola primaria, invece, de- e lavoro, è stata nel 2014 firma sul Corriere della vono essere specializzati in un insieme di discipline Sera del blog Foreign Affairs, l’articolo di punta è A come la cultura scientifica o la lettura. scuola in Finlandia, guardi com’è fatto il banco e Ma se si chiede ad un abitante di Singapore, un capisci tutto, (è stato condiviso dal Corriere.it sui professionista ingegnere quale considera il pregio e social network 46mila volte).

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CREATIVITÀ, IPERATTIVITÀ E OK-NESS di ULRIKA WIDEN

INTRODUZIONE Nell’articolo presenterò un’esperienza di arteterapia di gruppo in cui è stato inserito un ragazzo con diagnosi di Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività (DDAI), comunemente noto con l’acronimo inglese ADHD (Attention Deficit and Hyperactivity Disorder). L’arteterapia è un approccio terapeutico e educativo che aiuta le persone a entrare in contatto con le proprie emozioni, diventandone consapevoli ed esprimendole attraverso il materiale artistico. L’idea di base è di risvegliare e dare attenzione e importanza alla propria vita interiore, stimolando curiosità e creatività, senza nessun tipo di giudizio sul risultato estetico finale. L’ADHD è un disturbo dello sviluppo neuropsichico dell’età pediatrica, che si manifesta di solito entro i primi sette anni. I sintomi caratteristici riguar-

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dano l’iperattività: il bambino corre, salta su tavoli e sedie, è irrequieto, manca di concentrazione, ha difficoltà ad ascoltare ed è distratto. I ragazzi con ADHD in genere parlano di continuo e rispondono alle domande in modo irruento. Il rendimento scolastico è di solito scarso. L’approccio terapeutico è complesso e prevede interventi di natura psicologica e educativa, e la somministrazione (molto discussa) di farmaci come il metilfenidato. DANIEL E IL SETTING Daniel è un ragazzo di 12 anni, nato in un paese dell’Europa orientale e venuto in Italia quando aveva sette anni. È alto per la sua età, magro, con i capelli biondi leggermente ricci e gli occhi color castano chiaro. Siccome Daniel si mostra molto irrequieto e di-


Quando il ragazzo si presenta per partecipare al gruppo non sembra contento. Parla poco e ha uno sguardo serio e assente. Gli era stata proposta la possibilità di partecipare al gruppo di arteterapia, che conduco in un’associazione che offre sostegno scolastico a Milano, per avere un’occasione di socializzazione protetta con altri ragazzi e uno spazio in cui godere di un’attenzione dedicata. Il mio compito non è comunque di intervenire direttamente sul disturbo di Daniel, ma di favorire un processo di empowerment per tutti i partecipanti. Nel gruppo di Daniel ci sono altri cinque ragazzi della sua stessa età. C’è chi partecipa al gruppo perché è stato bocciato e non si è fatto amicizie nella nuova classe, chi è in Italia da poco e non parla ancora bene la lingua, e altre situazioni simili. I RAGAZZI SONO STATI SCELTI PER AVERE UNA POSSIBILITÀ DI VIVERE UN’ESPERIENZA DI GRUPPO IN CUI PROMUOVERE UN’ECONOMIA DI CAREZZE POSITIVA (STEINER, 1971). I PARTECIPANTI HANNO IN COMUNE IL FATTO DI ESSERE SPESSO OGGETTO DI CRITICHE A SCUOLA ED EVIDENZIANO UNA BASSA AUTOSTIMA. IL LAVORO È IMPOSTATO IN MODO PARTICOLARE SUL RICONOSCIMENTO E SUPERAMENTO DELLE SVALUTAZIONI (SCHIFF, 1975), SUL CONTATTO CON LE EMOZIONI (CONSAPEVOLEZZA) E PER OFFRIRE AI RAGAZZI UN SENSO DI APPARTENENZA, ATTRAVERSO IL LAVORO CONCRETO DI UN GRUPPO DI LAVORO CREATIVO.

STRATEGIE GENERALI NEL LAVORO CON L’ADHD Ogni ragazzo ha una propria personalità, che lo differenzia dagli altri e lo rende speciale e unico. Un ragazzo diagnosticato con ADHD, come Daniel, ha bisogno di molto sostegno dal mondo intorno a lui, perché tende a essere escluso dal suo ambiente sociale e a incontrare difficoltà in molti contestidella vita, prima di tutto in quello scolastico. Prima di lavorare con questi ragazzi bisogna perciò tener presente i molti aspetti che entrano in gioco nel disturbo: elementi emotivo-razionali, difficoltà nel rapporto con i genitori e con i fratelli, difficoltà in altri contesti sociali e a scuola. L’approccio terapeutico o educativo richiede dunque flessibilità, e necessita di essere adattato al singolo ragazzo. In linea generale, è utile impostare il lavoro sullo sviluppo delle abilità di riflessione e di autocontrollo. Quando si progetta un intervento con un ragazzo o una ragazza con qualche forma di iperattività bisognerebbe, secondo Daffi e Prandolini (2013), ridurre la tensione collegata all’esecuzione dei compiti. Bisogna anche ridurre il senso di inefficacia e impotenza manifestata dal ragazzo (convinto di non essere capace di portare a termine il compito). Poi il lavoro va impostato per aumentare il livello di soddisfazione generale e per l’autonomia dell’alunno nella ricerca e nell’utilizzo di aiuti in grado di sostenerlo nelle attività, per aumentare la qualità delle performance dello studente, in riferimento agli obiettivi formativi stabiliti dalla scuola o dallo studente stesso. GLI INCONTRI L’intervento prevede 10 incontri ciascuno della durata di due ore: la prima mezz’ora è dedicata alla merenda e ad accogliere i partecipanti, e quindi a un momento di consegna del lavoro; segue un’ora di disegno libero, individuale, sul tema della giornata. Alla fine dell’incontro, l’ultima mezz’ora è dedicata a riordinare i materiali e a condividere in gruppo i momenti vissuti durante il lavoro. Gli ultimi tre incontri del ciclo sono dedicati alla

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sattento sia a scuola che in altri contesti sociali, i genitori, su suggerimento del preside della scuola a seguito delle segnalazioni dei docenti, l’hanno fatto visitare presso l’UONPIA (Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza), dove fu fatta diagnosi di ADHD. La situazione familiare di Daniel è difficile: i genitori si sono separati da poco e litigano sulla gestione del figlio. Non è chiaro quanto questo fatto avesse influenzato il suo stato di benessere generale. Sta di fatto che quando l’ho incontrato la prima volta non riusciva a concentrarsi a scuola, i risultati erano pessimi e il rapporto con i compagni altrettanto.

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creazione di una storia creata dal gruppo e presentata in un fumetto. All’inizio, Daniel non vuole stare alle regole del gruppo. Una di queste è che per ogni incontro si possono al massimo fare tre disegni. Lui comincia a farne uno, poi lo butta, procede con un altro e lo butta, e così va avanti. All’inizio lo lascio fare per vedere se smette spontaneamente, ma continua a disegnare e buttare i disegni, nonostante io ripeta la regola. Dopo un po’ decido di sorprenderlo andando a riprendere i suoi lavori dalla spazzatura. Decido così di dare carezze positive dicendo che a me i suoi disegni piacciono e non voglio vederli trattare male. Sembra contento, non dice niente e sorride. Dopo alcuni incontri durante i quali Daniel continua a buttare i disegni, e io a recuperarli, si stufa

LA POSSIBILITÀ DI INTERVENIRE SULLE EMOZIONI DEI PROTAGONISTI DIVENTA UNA METAFORA DELLA POSSIBILITÀ DI AGIRE SUI VISSUTI EMOTIVI DEI PARTECIPANTI STESSI: IN QUALCHE MODO LE EMOZIONI DIVENTANO MATERIALE TANGIBILE E GESTIBILE di questo gioco. Gironzola per la stanza, fa dispetti ai compagni che disegnano tranquillamente, e salta sui banchi. I compagni sono disturbati dal suo comportamento, protestano e lo allontanano fisicamente. In alcuni momenti la mia energia è spesa per tener Daniel lontano dagli altri partecipanti ed evitare litigi. Nella sala c’è una grande lavagna e gli propongo allora di scrivere qualcosa, per distrarlo. Accetta il mio invito e si dà da fare: chiede ai compagni cosa scrivere, loro suggeriscono frasi divertenti, lui scrive, poi disegna qualcosa, poi cancella tutto, e così va

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avanti per un po’ d’incontri. In questo modo comincia a comunicare con gli altri: pur rimanendo molto attivo, inizia un processo di sintonizzazione con i compagni. Nella fase conclusiva del lavoro, che consiste nell’inventare la storia insieme, i ragazzi prendono i disegni liberi fatti negli incontri precedenti e li collegano tra loro inventando un racconto con una trama compiuta. Daniel continua ad avere un ruolo attivo all’interno del gruppo. Siamo arrivati all’individuazione delle emozioni: i ragazzi sono invitati a comprendere e descrivere gli stati d’animo che vivono i personaggi della storia, immedesimandosi in loro, in una sorta di esercizio di empatia. La possibilità di intervenire sulle emozioni dei protagonisti diventa una metafora della possibilità di agire sui vissuti emotivi dei partecipanti stessi: in qualche modo le emozioni diventano materiale tangibile e gestibile. In questo processo Daniel mostra sentimenti di rabbia e di tristezza. Nella ricerca del senso della storia è importante che tutti i ragazzi collaborino, si ascoltino tra di loro e che ognuno trovi un momento per esprimersi. In questa fase, è fondamentale facilitare il processo mediando tra i partecipanti e promuovendo dinamiche di gruppo positive, e gestire chi, come Daniel, tende a prendere molto spazio. In questo fumetto, intitolato “Chi è OK?”, I disegni di Daniel (recuperati dal cestino) sono in basso a sinistra, in bianco e nero. Le parole sono sue, rappresentano una risposta alla mia reazione di salvare i suoi personaggi. Le parole non sono positive, ma lui è molto soddisfatto del lavoro, contento di aver dato il suo contributo: abbiamo trovato un modo di inserire i suoi disegni nel racconto e Daniel si sente parte del gruppo. La conclusione del racconto, e del percorso di arteterapia, è molto positiva a mio avviso, a dispetto del fatto che le parole dei personaggi sembrino negative, perché sono sincere. Non ci sono segni di iperadattamento, ma spontaneità e sincerità. Pen-


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so che un’affermazione che dicesse che siamo tutti Ok non sarebbe stata accettata dai ragazzi, sarebbe probabilmente apparsa loro come artefatta, ma il punto di domanda alla fine lascia spazio per nuove possibili risposte. SUGGERIMENTI PER AFFRONTARE CASI DI ADHD Lavorando con ragazzi come Daniel è importante ricordarsi che chi soffre di ADHD non è “un problema”, è prima di tutto una persona con una individualità propria e ben definita, e con molti punti di forza che meritano di essere valorizzati. Un atteggiamento positivo nei loro confronti è decisivo perché gli interventi, sia terapeutici sia psico-assistenziali ed educativi, abbiano successo. Smith, Robinson e Segal (2015) mettono in evidenza i tipici punti di forza dei bambini e dei ragazzi con ADHD: possono essere meravigliosamente creativi e fantasiosi; se è vero che spesso sognano a occhi aperti e hanno dieci pensieri diversi contemporaneamente, questo fa sì che possano diventare maestri nel problem-solving, fonte d’idee, o artisti innovativi. I ragazzi con ADHD possono distrarsi facilmente, ma a volte notano quello che gli altri non vedono. Siccome i ragazzi con ADHD spesso vedono tante opzioni contemporaneamente, non si fissano su una soltanto ma rimangono aperti a soluzioni diverse. Gli autori ci fanno notare che I ragazzi con ADHD di solito non sono noiosi, hanno molti interessi e spesso personalità vivaci. Per dirla in breve, se non vi fanno esasperare (e anche a volte quando lo fanno), si rivelano molto divertenti! Quando questi ragazzi sono motivati lavorano sodo e sono determinati al successo. Bisogna essere consapevoli del fatto che potrebbe essere difficile distrarli dal compito in cui sono coinvolti, soprattutto se l’attività è interattiva. Suggerimenti concreti su come lavorare con loro, e che possiamo condividere con colleghi, insegnanti e familiari, li troviamo nel testo di Rovetto

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(2015) espressi nel seguente paragrafo: “Suddividete il lavoro in piccole parti. Laddove possibile offrite la possibilità di scelta. Consentite brevi pause di attività fisica tra i vari periodi di lavoro. Mettete limiti temporali per incoraggiare e gratificare l’esecuzione del compito. Agevolate lo sviluppo delle capacità sociali, Incoraggiate comportamenti specifici. (…) Strutturate l’ambiente in modo da ridurre la presenza di stimoli distraenti. Separateli da compagni che possono favorire un comportamenti inappropriato. Mettete in evidenza le informazioni importanti. Usate una serie di modalità di comunicazione interessanti, importanti ed efficaci (uditive, visive, gestuali, ecc.) Siate coerenti. Collaborate con tutti i colleghi di diversa preparazione per sviluppare un programma comportamentale e cognitivo personalizzato. Insegnate modi di comunicazione assertivi. Incoraggiate un’adeguata espressione di pensieri e sentimenti. Fornite feedback e rinforzi positivi per ogni progresso”. Molte manifestazioni di disattenzione di un bambino con l’ADHD non sono associate a una mancanza di attenzione, ma a una sintonizzazione dell’attenzione su stimoli diversi da quelli che vorrebbe l’adulto. “Per esempio, un ragazzino che segue il volo degli uccelli durante la spiegazione dell’insegnante sta usando l’attenzione, solo che essa è rivolta agli uccelli piuttosto che alla lezione, per cui sarebbe più opportuno parlare di un diverso orientamento dell’attenzione selettiva, non corrispondente alle aspettative del contesto, piuttosto che di un disturbo di attenzione.” (Cornoldi 1999) CONCLUSIONE Per quanto possa apparire faticoso lavorare con ragazzi come Daniel, e spesso lo sia davvero, è in genere possibile trovare uno spazio per il loro modo irrequieto di stare all’interno del gruppo. Nel caso presentato, il gruppo ha comunque accettato Daniel e i suoi “capricci”, e questo ci aiuta


BIOGRAFIA ULRIKA WIDÉN: laureata in Psicologia, Arteterapeuta, Counsellor Analista Transazionale, Didatta e Supervisore in formazione (PTSTA-C). Vive a Milano dove lavora come libero professionista. Inoltre insegna a Epochè Institute a Roma e Assisi ed è Deputy Project Manager per il progetto TAPA (Transactional Profyciency Awards) del IDTA (Institute of Developmental Transactional Analysis) Inghilterra e fa parte del Consiglio Direttivo di ITACA (International Transactional Analysts for Childhood and Adolescence).

BIBLIOGRAFIA CORNOLDI C. Le difficoltà di apprendimento a scuola. Far fatica a leggere, commettere errori nello scrivere, non capire la matematica,cosa fare. Il Mulino, Bologna, 1999. DAFFI E PRANDOLINI, ADHD e compiti a casa Strumenti e strategie per bambini con difficoltà di pianificazione, di organizzazione e fragilità di attenzione. Edizioni Centro Studi Erickson S.p.A Trento, 2013. ROVETTO F. Psicologia clinica, psichiatria, psicofarmacologia. Uno spazio d’integrazione. Ed.Franco Angeli, Milano, 2015.

SCHIFF, J. L.: Cathexis Reader, Transactional Analysis Treatment of Psychosis, New York: Harper and Row, 1975. SMITH M., ROBINSON L. E SEGAL J. nel ADHD, Help Guide: Helpguide.org: http://www.helpguide.org/articles/add-adhd/ attention-deficit-disorder-adhd-in-children.htm (consultato il 1/6/2016). STEINER C.M. The Stroke Economy, Transactional Analysis Journal, Volume 1 No 3, 1971.

ANCHE SE UNA PERSONA NON SEMPRE RIESCE A STARE NELLE NORME INDICATE, NON SMETTE DI ESSERE OK, E PUÒ ESSERE UNA SFIDA AFFASCINANTE PER GLI OPERATORI TROVARE MODI CREATIVI PER AIUTARLI A SENTIRE LA PROPRIA OKNESS

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anche a comprendere come i gruppi spesso abbiano notevoli risorse nell’accogliere e gestire questi ragazzi, quando sono efficacemente aiutati a farlo. Daniel si è sentito accettato, ha trovato il suo modo di inserirsi nel gruppo e alla fine siamo riusciti a concludere il processo arteterapeutico in modo soddisfacente. Vale la pena credere in questi ragazzi, nelle loro peculiarità e nella loro originalità, che spesso diventano anche uno stimolo alla nostra stessa creatività, per prenderci cura efficacemente di loro. Anche se una persona non sempre riesce a stare nelle norme indicate, non smette di essere Ok, e può essere una sfida affascinante per gli operatori trovare modi creativi per aiutarli a sentire la propria Okness.

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ANALISI TRANSAZIONALE E INTELLIGENZE MULTIPLE A SCUOLA PER UNA DIDATTICA INCENTRATA SUL SOGGETTO

DI EZILDE DI FONZO

I

l lavoro che presenterò di seguito è stato svolto nell’anno scolastico 2014/15 in una classe terza della scuola primaria dell’Istituto Comprensivo G. Galilei di Brendola, in provincia di Vicenza. Tale lavoro è frutto del duplice ruolo, insegnante di sostegno e counsellor educativo secondario, che svolgo in classe. C ome insegnante di sostegno il mio ruolo è quello di condividere, con tutti i colleghi, i compiti professionali e le responsabilità sull’intera classe, inoltre devo possedere conoscenze teoriche sulle problematiche pedagogiche e psicologiche. Le competenze analitico transazionale in campo educativo hanno rappresentato un valido supporto alla mia funzione di docente.Spesso si tende a considerare l’insegnante di sostegno come l’unico titolare dell’insegnamento dell’alunno disabile. In realtà tutti i docenti sono chiamati insieme a costruire un progetto formativo coerente attraverso la strategia del team teaching (insegnamento a squadre dove i docenti interagiscono e integrano le loro competenze). Tale lavoro, impegnativo e complesso in quanto mette in azione una fitta rete di dinamiche relazionali, può portare al conflitto. L’Analisi Transazionale è uno strumento utile anche per la gestione di tali situazioni conflittuali, in quanto mi consente di capire le dinamiche che gui-

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dano le relazioni tra me e gli altri, consentendomi di gestire la complessità con la guida dell’Adulto. La classe presa in considerazione è composta da 18 alunni di cui 9 maschi e 9 femmine. Al suo interno sono presenti un alunno diversamente abile, un alunno DSA e 4 alunni stranieri di seconda generazione. Essendo per me una nuova realtà, in quanto era il primo anno di insegnamento in quell’Istituto, e avendo pensato di lavorare sulle relazioni degli alunni, decido di non farmeli descrivere dalle colleghe per evitare di essere in qualche modo influenzata dai loro pensieri e stabilisco un tempo di due settimane da dedicare all’osservazione sistematica dei comportamenti della classe sia durante le lezioni sia, e soprattutto, durante la ricreazione e le attività in palestra. Per conoscere un alunno è fondamentale guardarlo, ma tale azione non è semplice in quanto richiede intenzionalità. Nel suo agire l’alunno manifesta le sue necessità quindi l’insegnante con l’osservazione identifica le difficoltà, i problemi e i bisogni. Dopo una prima osservazione diretta, finalizzata a conoscere i soggetti del gruppo classe, passo ad una osservazione mirata per capire le relazioni tra pari.La finalità del mio lavoro, quale insegnante di sostegno, è quella di rendere più efficace l’appren-


L’ANALISI TRANSAZIONALE È UNO STRUMENTO UTILE ANCHE PER LA GESTIONE DI TALI SITUAZIONI CONFLITTUALI, IN QUANTO MI CONSENTE DI CAPIRE LE DINAMICHE CHE GUIDANO LE RELAZIONI TRA ME E GLI ALTRI, CONSENTENDOMI DI GESTIRE LA COMPLESSITÀ CON LA GUIDA DELL’ADULTO. dimento dell’alunno diversamente abile. I processi di apprendimento avvengono in prevalenza nell’ambito di un contesto relazionale e la qualità di tale contesto influenza la qualità e la quantità delle esperienze di apprendimento. Quindi, dato che l’apprendimento è legato ad una serie di fattori, tra cui quello affettivo-relazionale, nasce da qui l’interesse ad approfondire le dinamiche relazionali all’interno della classe.

Quindi ciò che emerge, per quanto riguarda l’alunno diversamente abile, è che: •• La relazione con i compagni è spesso conflittuale; •• Non ha raggiunto un grado soddisfacente di autonomia;

L’osservazione è finalizzata anche alla realizzazione del progetto educativo. Dopo aver definito l’obiettivo ci si può focalizzare su cosa si vuole osservare per evitare la genericità. Ciò che ho potuto notare da questa mia attività di osservazione è che a volte il clima non è proprio sereno, ci sono delle rivalità (soprattutto tra alunni maschi) e invidie (tra le bambine) che danno spazio a delle incomprensioni e litigi che richiedono spesso l’intervento dell’insegnante. Attraverso le osservazioni noto anche che l’alunno diversamente abile non ha raggiunto un grado soddisfacente di autonomia per quegli aspetti che riguardano la cura della persona e del materiale scolastico. Non è in grado di allacciarsi le scarpe, non si soffia il naso se non c’è qualcuno che gli dice di farlo, i libri e i quaderni sono stropicciati e strappati, le matite e le gomme spezzate. Durante le attività ripete spesso di non essere capace perché è uno stupido poi senza prestare molta attenzione alle mie spiegazioni e indicazioni, esegue la consegna in modo frettoloso sbagliando il più delle volte.

Bisogna lavorare su questi tre obiettivi per il raggiungimento della finalità che è quella di rendere efficace l’apprendimento. Per il raggiungimento degli obiettivi, come insegnante, ho progettato interventi quali il sociogramma di Moreno e il questionario sulle Intelligenze Multiple. Il sociogramma di Moreno è un metodo di osservazione indiretta usato particolarmente nelle scienze dell’educazione e nelle analisi sociali. Il questionario sociometrico serve per analizzare la posizione di un individuo all’interno di un gruppo, fornire informazioni sulla situazione del gruppo e individuare i leader e gli emarginati. Si deve a Gardner la teoria delle intelligenze multiple, secondo la quale in tutti gli individui sono presenti vari potenziali intellettivi che fanno riferimento a determinate aree del cervello e che corrispondono a specifiche modalità di utilizzo della mente. Come insegnante con competenze analitico transazionale in campo educativo, invece, ho osservato gli Stati dell’Io, le Transazioni e le Spinte. Nella maggior parte delle situazioni prese in

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•• Ha poca autostima.

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esame ho notato che lo Stato dell’Io nel quale l’alunno si trova più spesso è quella del Bambino nelle sue varie sfaccettature. Con la somministrazione del questionario di egogramma ho potuto confermare la mia ipotesi. Inoltre il gioco che tende a mettere in atto con gli insegnanti e con i compagni è “Povero me”. Il suo tornaconto è: lo sapevo, ce l’hanno tutti con me. In queste situazioni ho osservato oltre alle parole anche i gesti e le espressioni facciali per ipotizzare la sua spinta prevalente e ho notato che, nelle relazioni con i pari, su 10 casi presi in esame 8 volte è entrato nella Spinta Sforzati, mentre durante le attività didattiche ci è stata un’alternanza tra la Spinta Sforzati e Sbrigati. Somministrando il questionario risulta che la SPINTA prevalente è: Sforzati e a seguire un punteggio pari nelle Spinte Sbrigati e Sii Forte. Dal punto di vista pedagogico, il raggiungimento dell’obiettivo dell’autonomia nei diversi contesti di vita (famiglia, scuola, società) è il fine ultimo di qualsiasi progetto educativo per la sua effettiva rilevanza sociale e il suo miglioramento della qualità della vita. Sviluppare le autonomie in termini pedagogici significa rendere il soggetto sempre meno dipendente dall’adulto per la soddisfazione dei propri bisogni e dei propri desideri. In AT invece l’autonomia è legata al concetto dicopione e il soggetto è autonomo quando possiede consapevolezza, spontaneità e intimità. Per quanto riguarda l’autostima, invece, come insegnante di sostegno sono consapevole del fatto che soggetti con problematiche di apprendimento presentano spesso capacità labili di attenzione e concentrazione, poca tolleranza alle frustrazioni e scarsa stima di sé e quindi utilizzo una didattica me-

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tacognitiva che tenda a sviluppare un atteggiamento strategico per la risoluzione di problem solving. Come insegnante con competenze da counsellor analitico transazionale del campo educativo ipotizzo che la continua difficoltà dell’alunno nel tollerare le frustrazioni, il suo bisogno continuo di approvazione e di accettazione da parte degli altri derivino dal fatto che lui si percepisca Non OK. Facendo un’analisi approfondita delle varie situazioni che si sono verificate, la mia idea è che metta in atto una svalutazione e più precisamente una svalutazione[1] delle capacità personali. La

svalutazione è il meccanismo che regge il rapporto simbiotico perché se una persona nega a priori la sua capacità, non farà niente per affrontare la realtà in maniera attiva, ma attende sempre che qualcun altro lo faccia per lui. La svalutazione ci pone in una condizione di passività nei confronti della soluzione del problema. [1]  La svalutazione è il meccanismo che mantiene la relazione simbiotica, si manifesta tramite comportamenti passivi ed è giustificata dalla grandiosità.


I PROCESSI DI APPRENDIMENTO AVVENGONO IN PREVALENZA NELL’AMBITO DI UN CONTESTO RELAZIONALE E LA QUALITÀ DI TALE CONTESTO INFLUENZA LA QUALITÀ E LA QUANTITÀ DELLE ESPERIENZE DI APPRENDIMENTO. QUINDI, DATO CHE L’APPRENDIMENTO È LEGATO AD UNA SERIE DI FATTORI, TRA CUI QUELLO AFFETTIVO-RELAZIONALE, NASCE DA QUI L’INTERESSE AD APPROFONDIRE LE DINAMICHE RELAZIONALI ALL’INTERNO DELLA CLASSE. lui che si sente martire, presentandosi socialmente come una vittima, mentre a livello psicologico è un Persecutore. La sua posizione di vita è Io non sono OK, tu sei OK [3]. Essa rappresenta gli atteggiamenti fonda[2]  In una simbiosi due persone si comportano come se avessero bisogno l’uno dell’altra per formare una persona intera e la loro relazione si caratterizza per un mancato investimento di energia attiva a tutti e tre i loro stati dell’io. [3]  Per individuare la posizione di vita di una persona ci si può riferire a uno schema chiamato “l’OK Corral” dal suo autore, Ken Ernst. I primi vissuti di un individuo hanno un ruolo decisivo nella scelta della posizione esistenziale di base che egli assume riguardo a se stesso e agli altri, per la propria vita. Le posizioni esistenziali che si possono assumere sono quattro: Io sono OK e

mentali che una persona assume rispetto al valore essenziale che percepisce in sé e negli altri.A questo punto, individuato il problema, individuate le parti interessate, posso passare alla formulazione del contratto[4]. Data la molteplicità dei soggetti coinvolti e dei diversi ruoli da loro ricoperti è necessario formulare più di un contratto perché con ciascuno di loro si punterà al raggiungimento di un obiettivo specifico. 1° contratto a più mani con le mie colleghe e con l’operatrice sanitaria per chiarire gli obiettivi e progettare delle azioni per conseguirli; 2° contratto bilaterale con la mamma per ottenere un cambiamento significativo che porti l’alunno al raggiungimento dell’OK-ness.; 3° contratto a più mani con la classe per raggiungere l’obiettivo di migliorare le relazioni con i pari; 4° contratto bilaterale con l’alunno in quanto il cambiamento avviene solo se parte dalla persona, attivando il suo Adulto. Chiariti gli obiettivi sopra citati, con le mie colleghe, si è ipotizzato che il loro raggiungimento sarebbe stato possibile nel medio e nel lungo termine attraverso le seguenti azioni: 1° OBIETTIVO LAVORARE SULL’INTERA CLASSE SOMMINISTRANDO •• Il sociogramma di Moreno per analizzare le relazioni sociali all’interno del gruppo. È utile anche tu sei OK; Io sono OK e tu non sei OK; Io non sono OK e tu non sei OK; Io non sono OK e tu sei OK. [4]  Secondo Berne un contratto è un esplicito impegno bilaterale per un ben definito corso d’azione. Secondo James e Jongeward un contratto è un impegno Adulto di effettuare un cambiamento preso con se stessi e/o qualcun altro.

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Esistono quattro comportamenti passivi che sono: l’astensione, l’iperadattamento, l’agitazione e l’incapacità o violenza. Il comportamento passivo messo in atto dall’alunno è l’agitazione in quanto lui svaluta la sua capacità di agire per risolvere un problema e incanala la sua energia su un’attività agitata e ripetitiva ma inutile e quindi non sente che sta pensando. Probabilmente il suo rapporto con la mamma è di tipo simbiotico[2] . Il suo ruolo è quello definito da K. Mellor ed E. Schiff “Il Giusto Rattristato”, ossia co-

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per evidenziare la posizione di ognuno nel gruppo e, quindi, comprendere più facilmente quale debba essere la nostra azione per sviluppare un maggior equilibrio interno e per aiutare alcuni bambini a risolvere i loro problemi di socializzazione.

•• Tenendo conto dei risultati dei due questionari, creare, nel corso dell’anno scolastico, dei gruppi di lavoro che puntino a migliorare le relazioni ma anche l’apprendimento. 2° E 3° OBIETTIVO

•• Per costruire il sociogramma ho posto alla classe quattro item chiedendo di esprimere la propria scelta e il proprio rifiuto nei confronti degli altri componenti, rispetto alle seguenti domande:

•• Progettare delle attività che vadano a lavorare sulla motricità globale e fine. Per il raggiungimento di questo obiettivo è richiesta soprattutto la partecipazione dell’operatrice sanitaria:

1. Se dovessi fare un gioco a ricreazione, quali

sono i 3 compagni che vorresti in squadra con te? 2. Se dovessi fare un gioco a ricreazione, quali

sono i 3 compagni che non vorresti in squadra con te? 3. Se la maestra ti permettesse di scegliere il tuo

compagno di banco, con quale dei tuoi compagni ti piacerebbe stare? Indicane 3; 4. Se la maestra ti permettesse di scegliere il tuo

compagno di banco, con quale dei tuoi compagni non ti piacerebbe stare? Indicane 3 •• I primi due item mi hanno permesso di indagare il criterio affettivo, gli altri il criterio funzionale; •• Il questionario sulle Intelligenze Multiple di Gardner. Per poter realizzare un insegnamento incentrato sul soggetto è fondamentale, come sostiene lo stesso Gardner, tener presente che non tutte le persone possiedono le stesse abilità e profili mentali e che le cose da imparare sono tante mentre il tempo a disposizione è limitato, quindi bisogna effettuare delle scelte su cosa e come imparare. •• È necessario pertanto conoscere i punti di forza e gli stili di ogni alunno;

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•• Lavorare in modo congiunto con la famiglia attraverso gratificazioni e assegnazioni di compiti alla sua portata. Dalla somministrazione del questionario sulle Intelligenze Multiple è emerso che l’intelligenza prevalente, all’interno della classe, è quella Interpersonale seguita da quella Intrapersonale, Visuo-spaziale e Logico-matmatica. Per quanto riguarda l’alunno diversamente abile prevalgono, di poco sulle altre, l’Intelligenza Visuo-Spaziale, Corporeo-Cinestetica, Etica, Interpersonale e Intrapersonale. A questo punto sono state progettate una serie di attività laboratoriali a piccoli gruppi da svolgere in classe durante l’intero anno scolastico. Il criterio scelto per la composizione dei gruppi è stato quello di crearli in modo che fossero, dal punto di vista delle Intelligenze, eterogenei al loro interno ma omogenei tra di loro, inoltre si è tenuto conto del sociogramma cercando di mettere insieme le scelte e di includere un leader in ogni gruppo. Quest’ultima scelta è stata dettata dalla volontà di inserire l’alunno diversamente abile all’interno di un gruppo che fosse a lui funzionale dal punto di vista affettivo, per rendere la sua partecipazione il più efficiente possibile e meno impositiva. La considerazione, che mi sento di fare alla fine del lavoro, sull’interazione dei vari strumenti usati è che, molto probabilmente, le sue Spinte prevalenti


Tra le opzioni da agire c’è sicuramente quella di dare dei “permessi”, come antitesi alle spinte. Quindi l’insegnante attraverso il suo GA+ può incoraggiarlo a contrastare la spinta “Sii Forte” provando ad esprimere sentimenti e condividerli con gli altri, per la spinta “Sforzati” può dare il permesso di andare avanti con il lavoro e di non farsi fermare dall’idea di non essere capace, mentre per la spinta “Sbrigati” può essere utile fornire il permesso di concedersi il tempo necessario per svolgere il compito.

BIOGRAFIA EZILDE DI FONZO, insegnante della scuola primaria e dell’infanzia specializzata nel sostegno, Counsellor Professionista a indirizzo Analitico Transazionale in campo Educativo, CTA in formazione. BIBLIOGRAFIA ANALITICO TRANSAZIONALE BERNE E., A che gioco giochiamo, Bombiani, Milano, 1967 BERNE E., Analisi Transazionale e Psicoterapia,

Astrolabio, Roma, 1971 BERNE E., Ciao e poi?, Bombiani, Milano, 1978 BLOOM B. S., Caratteristiche umane e apprendimento scolastico, Armando, Roma, 2006 CARKHUFF R. R., L’arte di aiutare, Erickson, Trento, 1993 Codice Etico dell’EATA, ultima revisione dopo la riunione del consiglio, Santiago de Compostela, 2006 DONDI A., Lo Re E., Luoghi e modi del Counselling, Ed. La Vita Felice, Milano, 2010 HARRIS T., Io sono Ok, tu sei Ok, Rizzoli, Milano, 1974 JAMES M., JONGEWARD D., Nati per vincere, Paoline Roma, 1987 KLEIN M., Autoanalisi transazionale, Astrolabio, Roma, 1984 MOISO C., NOVELLINO M., Stati dell’Io, Astrolabio, Roma, 1982 RICARDI F., L’analisi Transazionale il sé e l’altro, Xenia, Milano, 1997 ROGERS C. R., Terapia centrata sul cliente, La meridiana, Firenze, 2008 STEWART J., JOINES V., L’analisi transazionale: guida ai rapporti umani, Garzanti, Milano, 1990 WHITE R., GILLILAND R. M., I meccanismi di difesa, Astrolabio, Roma 1977 BIBLIOGRAFIA PSICOPEDAGOGICA FREGOLA C., Riunioni efficaci a scuola, Erickson, Trento, 2010 FRUGGERI L., Diverse normalità, Carocci Editore, Roma, 2012 GARDNER H., Educazione e sviluppo della mente. Intelligenze multiple e apprendimento, Erickson, Trento, 2005 GARDNER H., Formae mentis. Saggio sulla pluralità dell’intelligenza, Feltrinelli, Milano, 20013 GARDNER H., Davis K., Generazione app, Feltrinelli, Milano, 2014 TRISCIUZZI L., FRATINI C., GALANTI M. A., Introduzione alla pedagogia speciale, Editori Laterza, Roma, 2008

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e il suo Stato dell’Io Bambino abbiano una ripercussione sulle sue Intelligenze. Le Intelligenze che hanno un punteggio più alto sono: Intelligenza Etica → correlato a uno Stato dell’Io Genitore Le Intelligenze Visuo-spaziale, Corporeo-cinestetica, Interpersonale e Intrapersonale → correlate a uno Stato dell’Io Bambino. Ho verificato che correlazione ci fosse tra Intelligenze e Spinte: si può notare che il massimo del punteggio non è stato raggiunto in nessuna Intelligenza e questo perché, forse, il suo Sforzati, il suo Sii Forte e il suo Sbrigati lo bloccano tenendolo impegnato a non sentire, ad affrettarsi e ad investire energie su attività dispersive e non produttive.

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TRA INTELLIGENZE MULTIPLE E INTELLIGENZA MOLTITUDINARIA PRIMI SPUNTI DI RICERCA DI MARTINA DE CASTRO E UMBERTO ZONA

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ell’ambito del lavoro di ricerca sulla dimensione sociale dell’intelligenza, svolto negli ultimi anni presso il Corso di laurea di Scienze della Formazione Primaria di Roma Tre, abbiamo utilizzato come sfondo integratore la teoria delle Intelligenze Multiple di Howard Gardner, dotata di una sua in-

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discutibile organicità e caratterizzata dall’introduzione di una serie di varianti innovative. In particolare, lo studioso americano si è sforzato di considerare le implicazioni pedagogiche delle intelligenze multiple all’interno di una teoria dell’apprendimento/ insegnamento organica, inserendo tali implicazioni in un modello che tiene conto delle specificità dei vari sistemi sociali e coniugando la prospettiva bio-


collettive e cooperative. Lo stesso Gardner sembra essere consapevole di questo gap e, non a caso, nei suoi scritti più recenti si è occupato sempre più frequentemente degli aspetti comunicativi e sociali connessi all’apprendimento, riservando all’universo tecnologico delle reti riflessioni spesso stimolanti. Come Gruppo di ricerca abbiamo affrontato il problema della proiezione sociale del sistema di in-

...LA TEORIA DELL’INTELLIGENZE MULTIPLE INIZIA A SOFFRIRE LA COMPLESSITÀ SISTEMICA DELLE SOCIETÀ CONTEMPORANEE, DELLA QUALE, PER ALCUNI VERSI, NON RIESCE A COGLIERE L’INFINITO NUMERO DI IMPLICAZIONI COLLETTIVE E COOPERATIVE

logica e psicologica con quella interculturale. Si è trattato di un grande passo avanti nel campo degli studi sull’intelligenza e le dinamiche dell’apprendimento ma, a distanza di molti anni dalla sua formulazione, la teoria dell’Intelligenze Multiple inizia a soffrire la complessità sistemica delle società contemporanee, della quale, per alcuni versi, non riesce a cogliere l’infinito numero di implicazioni

In particolare egli afferma nell’Etica II Def. VII, che se tutti gli individui che formano un gruppo agiscono con la medesima intenzione di produrre un certo effetto, allora essi devono essere considerati come un’unica entità. Questa considerazione è alla base del concetto di multitudo, un insieme di persone, cioè, che risultano individualmente potenziate dalla visione e dalla costruzione di una comunità: “Quella della moltitudine è un’individualità superiore, collettiva, per cui la mens ha il potere di concepire il più gran numero di cose e il suo corpo possiede il più gran numero di proprietà comuni con altri cor-

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telligenze gardneriano partendo da due autori che sul rapporto fra individuale e sociale ci hanno lasciato contributi di straordinaria rilevanza e attualità: Baruch Spinoza e Lev Vygotskij. Nel pensiero del grande filosofo seicentesco, ricorre spesso l’espressione multitudo.

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pi” [1]. Le parole di Spinoza ci aiutano a sottolineare un dato: se la massa può essere intesa come un’entità omogenea, indifferenziata, conforme e talvolta conformista, in cui il singolo si adatta a subire passivamente le dinamiche gruppali e quasi scompare, il costrutto di moltitudine, al contrario, promette di non annichilire l’individuo: il singolo, infatti, ha l’opportunità di esprimere quelle peculiarità che lo distinguono da tutti coloro che lo circondano, quelle differenze, intellettive, affettive, esperienziali, che arricchiscono e che permettono alla società di progredire. La moltitudine, potremmo dire, presuppone un duplice “percorso”: del singolo verso il gruppo ma, allo stesso tempo, del gruppo verso il singolo, mentre il movimento della massa è solitamente inteso come monodirezionale. Il singolo esce potenziato da questa dinamica cooperativa, piuttosto che annullarsi, e mantiene le sue peculiarità all’interno della “superMente e del superCorpo”. Potremmo rappresentare metaforicamente la moltitudine come l’insieme di organi, sistemi e apparati del corpo umano. Fisiologicamente, gli organi sono strutture complesse dotate di una funzione specifica; i sistemi sono costituiti da organi con lo stesso tessuto; gli apparati sono formati da organi costituiti da tessuti diversi, ma che svolgono “compiti” simili. Nella moltitudine, gli organi sono i singoli individui che svolgono diverse e specifiche funzioni; i sistemi sono costituiti da più individui che, svolgendo un medesimo compito e provenendo da un background culturale ed esperienziale simile, “formano un individuo due volte più potente dell’individuo singolo”. Gli apparati sono formati da individui che, sebbene contribuiscano al funzionamento del gruppo e svolgano compiti simili, sono assai diversi per affetti, credenze, idee, ma, nonostante ciò, “tutti [1]  Ciccarelli R., L’eternità nella scienza intuitiva e nel diritto della moltitudine, in Del Lucchese F., Morfino V. (a cura di), Sulla scienza intuitiva di Spinoza. Antologia, politica estetica, Edizioni Ghibli, Milano, 2003, p.51

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insieme cercano per sé l’utile comune”. Il pensiero di Spinoza – limitatamente al tema delle forme della conoscenza – suggerisce alcuni possibili punti di contatto con quello di Gardner: più precisamente, il filosofo presuppone l’esistenza di quattro livelli di conoscenza che sembrano anticipare le intelligenze multiple tratteggiate da Gardner. I primi due livelli di conoscenza spinoziana, basati sull’esperienza, evocano un apprendimento che avviene attraverso le intelligenze corporeo-cinestetica, spaziale, musicale, naturalistica, interpersonale e intrapersonale gardneriane, le quali forniscono dati sul mondo attraverso l’azione diretta, la ricerca attiva, la relazione con altri significativi. Gli ultimi due livelli, quello della ragione e dell’intuizione, invece, sembrano essere veicolati dalle intelligenze gardneriane più formali: quella linguistica e quella logico-matematica (in particolare da quest’ultima), che permettono di ambire a comprendere l’ordine matematico-geometrico che soggiace a tutte le cose. Nella moltitudine, ciascun individuo acquisisce conoscenza nel modo a lui più congeniale e ha, quindi, un certo profilo cognitivo che lo rappresenta, lo rende unico e non si annulla, ma diviene caratteristico del gruppo. L’intelligenza moltitudinaria, dunque, se da una parte comprende e ingloba le intelligenze interpersonale e intrapersonale gardneriane, dall’altra le supera, integrandole e fondendole. L’intelligenza interpersonale permette di vivere in comunità, di comprendere emozioni, sentimenti, desideri altrui, di cooperare per un obiettivo; l’intelligenza intrapersonale consente a ciascun individuo di indagare dentro se stesso e di comprendere ciò che lo rende felice o che lo turba, che provoca piacere o dolore, L’intelligenza moltitudinaria, insomma, permette di esprimere la propria unicità in un sistema pluralistico, fatto di relazioni, di cultura e opportunità diversificate di conoscenza, considerazione, quest’ultima, che richiama inevitabilmente la lezione di Vygotskij che, come è noto, ritiene che le capacità cognitive e le altre funzioni psichiche si manifestino in pri-


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ma istanza come funzioni “SE LA MASSA PUÒ ESSERE INTESA COME UN’ENTITÀ sociali – all’interno dell’in- OMOGENEA, INDIFFERENZIATA, CONFORME E terazione fra il soggetto e TALVOLTA CONFORMISTA, IN CUI IL SINGOLO SI l’ambiente – e solo in un ADATTA A SUBIRE PASSIVAMENTE LE DINAMICHE secondo momento si pa- GRUPPALI E QUASI SCOMPARE, IL COSTRUTTO DI lesino anche nel funziona- MOLTITUDINE, AL CONTRARIO, PROMETTE DI NON mento mentale autonomo ANNICHILIRE L’INDIVIDUO: IL SINGOLO, INFATTI, HA dell’individuo. L’innovazio- L’OPPORTUNITÀ DI ESPRIMERE QUELLE PECULIARITÀ ne introdotta da Vygotskij, CHE LO DISTINGUONO DA TUTTI COLORO CHE LO CIRCONDANO, QUELLE DIFFERENZE, INTELLETTIVE, che riprende la prospettiva AFFETTIVE, ESPERIENZIALI, CHE ARRICCHISCONO E di Marx e, in particolare, il CHE PERMETTONO ALLA SOCIETÀ DI PROGREDIRE.” concetto di general intellect, è proprio quella di collocare all’inizio del processo di a costituire un riferimento importante solo se calato sviluppo dell’individuo la relazione fra corpo/men- in una realtà sociale ad alto tasso di complessità, in te e società, nella prospettiva di un sapere socia- cui il rapporto fra individuale e sociale non può non le generale originato da una mente pubblica che si avere ripercussioni decisive sulla stessa determinaalimenta da una pluralità di fonti individuali. Anche zione del concetto di intelligenza. le neuroscienze sembrano confermare l’intuizione di Vygotskij. Il neurofisiologo Vittorio Gallese, teorico BIOGRAFIA dell’intersoggettività originaria e scopritore insieme MARTINA DE CASTRO e UMBERTO ZONA sono a Rizzolatti e Fogassi dei neuroni-specchio, sostiene membri del Laboratorio di Ricerca e Sviluppo che quando osserviamo un nostro simile compiere per l’Inclusione Scolastica e sociale e i Disability una determinata azione, attiviamo nel nostro cervel- Studies presso il Dipartimento di Scienze della lo le stesse cellule che vengono sollecitate quando Formazione dell’Università degli Studi Roma Tre. siamo noi a compiere quell’azione. Ciò accadrebbe perché l’uomo è un animale BIBLIOGRAFIA eminentemente sociale, la cui sopravvivenza è le- GARDNER H., Cinque chiavi per il futuro, Feltrinelli, gata alla capacità di comprendere le azioni altrui, Milano 2007 prerogativa senza la quale non sarebbe in grado di GARDNER H., Formae mentis, Feltrinelli, Milano interagire né di sviluppare forme di convivenza so- 1987 ciale. Il punto di contatto più evidente con le teorie SPEARMAN C.,The nature of intelligence and the vygotskijane è l’affermazione da parte di Gallese principles of cognition, Londra e New York 1923 dell’esistenza di uno spazio sub-personale e pre-in- STERNBERG R. J., SWERLING L. S., Le tre dividuale condiviso, che precede la costituzione del intelligenze. Come potenziare le capacità analitiche, singolo soggetto. Prima della formazione dell’Io vi creative e pratiche, Erickson, Trento 2002 sarebbe, in altri termini, un “noi”. SPINOZA B., Opere, Mondadori, Milano 2015 Sulla base di tali spunti stiamo conducendo STERNBERG R.J., Teorie dell’intelligenza, Bompiani, una serie di sperimentazioni, che contiamo di po- Milano 1985 ter documentare in maniera più esaustiva quanto VYGOTSKIJ L., Il processo cognitivo, Bollati prima, volte a testare la validità e l’attendibilità del Boringhieri, Torino 1987 costrutto di “Intelligenza moltitudinaria”, convinti VYGOTSKIJ L., Pensiero e linguaggio, Laterza, Romache l’impianto teorico di Gardner possa continuare Bari 1990

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A SCUOLA CON LE CAREZZE ESPERIENZE DI PERCORSI DI FORMAZIONE

DI TERESA CARLETTI, M. ELEDIA MANGIA, SILVIA ROMANO

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ei mesi di novembre e dicembre 2014 il nostro gruppo di lavoro è stato coinvolto nell’organizzare e gestire un corso di formazione destinato a circa cento docenti appartenenti ad una rete di quattro Istituti Comprensivi del

territorio abruzzese. Il corso rientrava nell’ambito della progettazione di Ricerca-Azione “Inclusione 2014” finanziato dall’U.S.R. per l’Abruzzo, ha coinvolto una rete di scuole della provincia de L’Aquila. Il corso di formazione sull’inclusione che è stato ideato e progettato nell’ottica dell’okness aveva l’obiettivo di costruire ambienti di apprendimento efficaci, approfondire i temi della prosocialità e dell’apprendimento cooperativo sensibilizzando i docenti con i principali assunti dell’A.T. Una volta considerate le richieste e gli obiettivi,

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il corso è stato strutturato in 3 fasi: organizzativa, operativa e laboratoriale. Nella fase organizzativa sono state analizzate le richieste della scuola e definita la rete dei ruoli coinvolti. È stato strutturato un corso di 10 ore suddiviso in quattro incontri: due incontri da tre ore ciascuno articolati in due laboratori gestiti e condotti esclusivamente dai formatori e due incontri di plenaria condotti dal Prof. Fregola. Successivamente sono stati predisposti i materiali per i laboratori e la ripartizione della gestione del corso dando vita così alla seconda fase del progetto: quella operativa. Sono stati strutturati quattro incontri, di cui due laboratoriali con i docenti sperimentatori e due di debrifing in plenaria con il collegio docenti. La metodologia utilizzata è stata interattiva e ha previsto due momenti di intervento: il primo è stato “frontale” al fine di fornire i contenuti e gli strumenti


utili. Il secondo è stato “laboratoriale” con attività di gruppo ed esercitazioni per avviare semplici sperimentazioni della metodologia. Si è trattato di un’esperienza in divenire che ha messo in gioco le capacità e le competenze del gruppo di formatori, prevedendo la formulazione di obiettivi non solo relativamente al corso che legati ai formatori. Se da una parte, infatti, gli obiettivi relativi al corso erano relativi al costruire ambienti di apprendimento efficaci, approfondire i temi della prosocialità e dell’inclusione, sperimentare attività di apprendimento collaborativo e sensibilizzare i docenti su alcuni assunti dell’A.T come il tema delle carezze e dell’ okness, gli obiettivi per i formatori sono stati: strutturare un corso di formazione rivolto ai docenti della scuola di infanzia primaria e secondaria di primo grado, articolare il corso prevedendo una fase introduttiva teorica seguita da due laboratori e da una fase sommativa, presentare alcuni assunti dell‘Analisi Transazionale, strutturare attività che permettessero di mettere in evidenza dinamiche re-

lazionali, utilizzare gli assunti dell’AT per suscitare consapevolezza nell’insegnante per aprire ad una relazione più efficace. Gli insegnanti hanno avuto modo di cimentarsi in attività pratiche nella terza fase, quella laboratoriale, con i laboratori delle Carezze e quello del Castello. Il primo è stato strutturato con l’obiettivo di approfondire alcuni contenuti disciplinari e integrare alcune abilità sociali utili al fine di realizzare ambienti di apprendimento che favorissero il miglioramento del clima sociale della classe, l’integrazione, la cooperazione e il benessere psico-sociale degli alunni. Il laboratorio ha previsto sia un lavoro individuale, durante il quale è stato introdotto il tema delle carezze in A.T. incoraggiando i partecipanti ad un momento di auto riflessione con i profili di carezze, che delle attività di gruppo durante le quali si è favorite lo scambio di carezze, l’elaborazione di una storia negoziata tra i vari componenti del gruppo e la costruzione di una Banca di Carezze. Il laboratorio del Castello è stato proposto con

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L’ATTIVITÀ LABORATORIALE IN SINTESI ••Presentazione carezze; ••Presentazione immagine stimolo “L’isola delle navi”; ••Sviluppo di una storia individuale; ••Riflessione sulle carezze date a sé stessi durante questa prima attività; ••Sviluppo di una storia di gruppo; ••Riflessioni sulle carezze date agli altri; ••Ascolto fiaba dei Caldomorbidi; ••Debriefing

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L’ATTIVITÀ IN SINTESI ••Suddivisione libera in gruppi; ••Organizzazione dei materiali; ••Suddivisione del lavoro; ••Prodotto finale; ••Plenaria in cui sono stati esplicitati quali dinamiche relazionali entrano in campo nei gruppi. l’obiettivo di lavorare in gruppo costituendo un team e mettere in relazione l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di un’attività. I docenti hanno lavorato disponendosi fin da subito in gruppi e sono stati impegnati nella gestione e nell’organizzazione di tempi e materiali di facile consumo come colla e cartoncini, avendo come meta finale l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di un castello in forma tridimensionale. Nella fase in plenaria sono stati poi esplicitati gli obiettivi dell’attività, volontariamente non dichiarati all’inizio ed ha rappresentato un momento di restituzione e ampliamento delle conoscenze trattate nel corso. Le competenze da counsellor analitico transazionale del campo educativo sono stati determinanti nell’influenzare lo sviluppo e la gestione del corso. L’Analisi Transazionale non è stata solo elemento di formazione per i docenti è stato anche uno strumento che ci a permesso di gestire la comunicazione e ci ha consentito di raggiungere gli obbiettivi prefissati dal coso di formazione in un clima paritetico e nell’ottica dell’okness. fornendoci altresì quegli strumenti che ci hanno permesso di costruire un ambiente di apprendimento che ha tenuto separato il livello organizzativo da quello relazionale e ci ha permesso di rimanere fuori da dinamiche comunicative poco funzionali, sia a livello organizza-

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tivo che relazionale. Tenendo in oltre sotto controllo quegli elementi legati alla complessità di abitare contemporaneamente più ruoli: quello di insegnanti, ognuna nel proprio contesto di vita, e contemporaneamente di docenti formatori all’interno di una rete costituita da quattro Istituti Comprensivi del territorio abruzzese. Punto di forza di questa esperienza è stata la realizzazione di una base sicura: abbiamo condiviso e collaborato al fine di costruire efficacemente il campo dell’apprendimento che si struttura all’interno di una struttura contrattuale. BIOGRAFIA TERESA CARLETTI, educatore, Laureata in Psicologia primo livello, Counsellor Professionista a indirizzo Analitico Transazionale in campo Educativo, CTA in formazione. MARIA ELEDIA MANGIA, insegnante della scuola primaria specializzata nel sostegno, Counsellor Professionista a indirizzo Analitico Transazionale in campo Educativo, CTA in formazione. SILVIA ROMANO, insegnante della scuola primaria, Counsellor Professionista a indirizzo Analitico Transazionale in campo Educativo, CTA in formazione.


BIBLIOGRAFIA ANALITICO TRANSAZIONALE BERNE E., Analisi Transazionale e Psicoterapia, Astrolabio, Roma, 1971 BLOOM B. S., Caratteristiche umane e apprendimento scolastico, Armando, Roma, 2006 JAMES M., JONGEWARD D., Nati per vincere, Paoline Roma, 1987 STEWART J., JOINES V., L’analisi transazionale: guida ai rapporti umani, Garzanti, Milano, 1990

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BIBLIOGRAFIA PSICOPEDAGOGICA FREGOLA C., Riunioni efficaci a scuola, Erickson, Trento, 2010. BLOOM B. S., Caratteristiche umane e apprendimento scolastico, Roma, Armando, 1979.

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COSTRUIRE UN CASTELLO PER COSTRUIRE SOGNI

DESCRIZIONE DI UN’ESPERIENZA DI FORMAZIONE

DI DANIELA BARTOLOMEI E SIMONA LAINO

L’articolo ha l’obiettivo di condividere l’esperienza maturata come formatrici durante il ciclo di incontri del corso di formazione dal titolo “Percorsi di approfondimento Indicazioni per il curricolo 2012-Scienze -Progetto di Inclusione 2014”, destinato a un gruppo di docenti di scuola primaria.

approfondendo sia il loro punto di vista sia quello dei formatori, in un’ottica di co-costruzione degli apprendimenti per una crescita personale e professionale reciproca. La durata dell’intervento è stata di 3 ore e ha coinvolto in veste di formatori 5 Counsellor analitico transazionali del campo educativo, alcuni dei quali Partendo dall’analisi delle esigenze formative dei docenti e una psicologa, e come fruitori del corso partecipanti sono stati progettati degli interventi sul insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria di tutte tema della gestione dei conflitti nei contesti educa- le Istituzioni Scolastiche facenti parte del progetto tivi, integrando le competenze educative tradizionali in rete. con le competenze analitico transazionali nella conE’ opportuno sottolineare alcuni aspetti legati duzione di due laboratori: “La Banca delle Carezze” alle componenti personali e professionali che hane “Il Castello”, all’interno dei quali i destinatari del no contribuito a far emergere dinamiche relazionali corso hanno avuto l’opportunità di conoscere e spe- che, nella fase iniziale, si sono configurate come una rimentare, in prima persona, l’efficacia e la potenza potenziale criticità. degli strumenti di analisi transazionale ampliando il In particolare i formatori nutrivano delle aspetproprio bagaglio di esperienze e conoscenze da po- tative legate: alla motivazione dei docenti parteciter utilizzare in classe e nei diversi contesti educativi. panti, alla metodologia laboratoriale proposta e alla poca conoscenza del ruolo del Counsellor, come Nello specifico saranno analizzate le dinami- esplicitato nello schema seguente. che relazionali emerse nella gestione del gruppo Questo insieme di aspettative ha generato inizialdei partecipanti durante il laboratorio del “Castello”, mente nei formatori sentimenti di “non ok-ness” ri-

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conducibili a una doppia contaminazione. A fronte dell’analisi di quanto stava accadendo, i formatori hanno potuto superare le criticità grazie alla

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funzione di contenimento e sostegno del gruppo, operando una decontaminazione e ridando il giusto valore a quello che stavano facendo; in particolar modo è stato utile sottolineare, tra colleghi, l’efficacia dell’attività esperienziale scelta come metodologia per veicolare la comprensione teorica. L’utilizzo della Carezza intrapsichica ha permesso al Bambino preoccupato dei formatori di sentirsi rassicurato e di esprimere al meglio le proprie risorse per poter avviare l’attività. Si è quindi passati alla fase operativa dell’incontro stipulando con i partecipanti un contratto

d’aula, fornendo loro tutte le informazioni sulla metodologia, gli obiettivi, i tempi e le modalità di svolgimento. Nello specifico sono stati esplicitati: •• gli obiettivi principali dell’incontro: mettere in relazione l’ideazione, la progettazione e la realizzazione di un’attività e lavorare in gruppo costituendo un team; •• la modalità di svolgimento del compito: lavorare in gruppo per ideare, progettare e realizzare un castello in forma tridimensionale; •• le risorse a loro disposizione: fogli bianchi sui quali disegnare e sviluppare il progetto, cartoncini colorati, forbici, colla, scotch, righello.. etc;

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•• I tempi per lo svolgimento dell’attività: un’ora di tempo. Successivamente è stato chiesto ai partecipanti di diversi in gruppi di massimo 10 persone dando il via all’attività. In questa fase si è resa esplicita, da parte dei partecipanti, una forte resistenza verso l’attività proposta che ha condizionato l’avvio del laboratorio. L’approccio metodologico scelto ha di fatto suscitato prevalentemente l’attivazione dello Stati dell’Io Bambino Ribelle (“Io vado nell’altro gruppo, non voglio stare con chi non conosco”) e Genitore Normativo (”Ma quindi ci dobbiamo mettere a ritagliare cartoncini?”). Queste reazioni hanno permesso ai formatori di ipotizzare che tali comportamenti potessero essere il risultato di aspettative deluse, nello specifico aspettative relative alle metodologie utilizzate, ai contenuti e al ruolo professionale dei formatori (vedi schema pagina successiva) Avendo chiare le motivazioni sottese alla reazione del gruppo dei fruitori, si è ritenuto opportuno attivare il Genitore Affettivo Positivo dei formatori per rassicurare e incoraggiare il Bambino impaurito dei partecipanti. Partecipante: “Io vado nell’altro gruppo, non voglio stare con chi non conosco” Formatore: “Se preferisci puoi cambiare gruppo” e l’attivazione dello stato dell’Io Adulto per riportare l’attenzione sul compito contenendo il Genitore Nor-


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mativo Negativo. Partecipante: “Non è prevista prima una parte teorica?” Formatore: ”L’attività è strutturata in questo modo: nella prima fase… L’ attivazione dell’Adulto Integrato dei formatori dunque, ha consentito di rassicurare, informare e contenere il gruppo, fornendo ai partecipanti: il Permesso di «mettersi in gioco», la Protezione all’interno di un ambiente di apprendimento accogliente la Potenza creando i presupposti per esprimere il meglio di sé Superata la fase di criticità, si è entrati nel vivo del laboratorio, i formatori hanno intrapreso le azioni di monitoraggio dei piccoli gruppi operando un’attenta osservazione focalizzata a individuare i cambiamenti dei diversi Stati dell’Io e la costruzione dei singoli gruppi di lavoro attraverso le fasi del modello teorico di Tuckman (vedi schema utima pagina) Durante il monitoraggio dei gruppi, si è rilevato un clima d’entusiasmo e partecipazione e una maggiore collaborazione tra i docenti e una crescente accuratezza nella creazione dei castelli; Al termine dei lavori, si è resa palese la soddisfazione per il lavoro fatto: poter osservare la ricaduta positiva che l’attività aveva creato nei gruppi in termini di partecipazione, collaborazione e coinvolgimento sia nelle interazioni tra colleghi sia nello svolgimento dell’attività stessa, ha rappresentato per il team dei formatori, un feedback importante rispetto all’efficacia del progetto proposto. Il laboratorio ha previsto una fase di chiusura in plenaria nella quale i gruppi hanno condiviso i lavori realizzati e hanno scambiato riflessioni e considerazioni sull’esperienza vissuta. I formatori hanno puntato il focus sulle dinamiche di gruppo avvenute durante lo svolgimento del compito (leadership, conflitti, cooperazione, collaborazione) invitando a riflettre sul fatto che le stesse dinamiche vengono vissute dagli alunni durante le

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attività in classe, fornendo loro il modello di Tuckman come cornice teorica di riferimento. L’utilizzo degli strumenti di analisi transazionale ha permesso pertanto ai formatori di gestire efficacemente le dinamiche di gruppo, consentendo di creare un clima relazionale funzionale al processo di apprendimento. La metodologia laboratoriale come ambiente di apprendimento inoltre ha favorito la possibilità di sperimentare e potenziare il senso di autoefficacia nei partecipanti. La nuova relazione instauratasi tra i formatori e i fruitori ha promosso il potenziamento delle risorse del gruppo portando un cambiamento nella qualità degli scambi comunicativi avvenuti durante l’attività. L’ alleanza didattica ha favorito la costruzione di una relazione finalizzata al cambiamento, all’apprendimento e allo sviluppo della fiducia nelle proprie potenzialità. Per realizzare l’alleanza, è stato fondamentale il riconoscimento e la risposta al messaggio psicologico data dai formatori e quindi


BIOGRAFIA DANIELA BARTOLOMEI insegnante di scuola dell’infanzia specializzata nel sostegno, Counsellor Professionista a indirizzo Analitico Transazionale in campo Educativo, CTA in formazione. SIMONA LAINO insegnante della scuola primaria specializzata nel sostegno, Counsellor Professionista a indirizzo Analitico Transazionale in campo Educativo, CTA in formazione. BIBLIOGRAFIA BERNE E., Analisi Transazionale e Psicoterapia. Un sistema di psichiatria sociale e individuale, Astrolabio, Roma, 1971

FREGOLA C., “Analisi Transazionale e processi educativi. Esplorazioni per curiosare nel Campo Educativo nella complessità sociale e culturale del nostro tempo”, in TANGOLO E., VINELLA P. (a cura di), Professione Counsellor. Competenze e prospettiva nel counselling analitico transazionale, Felice Editore, Pisa, 2011 MOISO C., NOVELLINO M., Stati dell’Io. Le basi teoriche dell’Analisi Transazionale Integrata, Astrolabio, Roma, 1982 STEWART J., JOINES V., L’analisi transazionale: guida ai rapporti umani, Garzanti, Milano, 2010 VINELLA P. Il counselling in Analisi Transazionale, in TANGOLO E., VINELLA P. (a cura di), Professione Counsellor. Competenze e prospettiva nel counselling analitico transazionale, Felice Editore, Pisa, 2011 VINELLA P. ,La comunicazione empatica in analisi transazionale, counselling in ambito educativo e psicopedagogico”, in MIGLIONICO A., Manuale di Comunicazione e Counselling, Centro Scienti co Editore, Torino, 2000

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l’ascolto del Bambino dei partecipanti, fornendo in tal modo una chiara disponibilità e accoglienza del livello non verbale della comunicazione che ha favorito la risposta empatica attraverso l’attivazione di tutti e tre gli Stati dell’Io alla richiesta di aiuto e di rassicurazione.

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