2017 01 03, orbecchi, la stampa, il senso della vita pdf elzeviro

Page 1

LA STAMPA MARTEDÌ 3 GENNAIO 2017

Due milioni di visitatori, record agli Uffizi

Suicida Fabio Aguzzi, il pittore della luce

La Galleria degli Uffizi ha superato per la prima volta nella sua storia i 2 milioni di visitatori in un anno: il conteggio del 2016, aggiornato al 31 dicembre, riporta un totale di 2.011.219 ingressi. L’exploit si spiega con il trend di crescita rilevato nel periodo autunnale e invernale, e non solo in alta stagione, oltre che con diverse iniziative del Mibact come le domeniche gratuite e i martedì a orario prolungato serale tra maggio e settembre. In crescita anche le altre gallerie statali legate al percorso degli Uffizi, cioè i musei di Palazzo Pitti e il Corridoio Vasariano.

È morto suicida la notte di San Silvestro il pittore Fabio Aguzzi, conosciuto anche come il poeta della luce, che, secondo quanto ripeteva lui stesso, era il suo tema preferito e la sua ossessione. L’artista, 63 anni, si è sparato un colpo di pistola alla tempia, seduto sul divano di casa sua a Vidigulfo nel Pavese. Sconosciuti i motivi del gesto. Aguzzi da alcuni anni aveva aperto un suo showroom a Brera, a Milano, e le sue opere sono esposte permanentemente in diversi musei come la Rarity Gallery di Mykonos e la Gono Gallery di Seul.

27

.

ANSA

di laurea) o come in un romanzo di Proust, un’epoca in cui le donne non morivano più di tisi, almeno non come prima, ma casomai di lupus. L’avanzamento temporale dell’ambientazione rispondeva a una duplice intenzione «critica», riportare La traviata alla sua condizione di opera «contemporanea» e, al tempo stesso, celebrare la sua «storicità», immergendola in un’atmosfera di sogno, comunicata dalle scene, meravigliosamente dipinte, di Lila De Nobili. Passione e sofferenza

L’eleganza della Callas, il suo modo di vivere la parte, di essere Violetta, era fenomenale. E la cantante, poi: le agilità di «Sempre libera degg’io» erano velocissime eppure nitidissime, cariche di eccitazione e insieme di affanno interno. Nel secondo atto, immersa in un paesaggio agreste che si rifaceva agli impressionisti, Violetta, i capelli neri sciolti sulla schiena, si buttava su un divano di vimini e cantava attraverso gli intrecci del legno. Non stava quasi mai in piedi, giusto all’inizio e alla fine del duetto con Germont; a più riprese, anzi, si gettava in ginocchio davanti al padre e, poi, ad Alfredo. Ma anche nel primo atto si alzava il meno possibile dal pouf, i suoi Alfredo [alla prima del 1955 Giuseppe Di Stefano, nelle repliche Giacinto Prandelli, alla ripresa dell’anno successivo Gianni Raimondi, ndr] essendo tutti piuttosto piccoli; lei invece, specialmente per l’epoca, era una donna alta. A me Renata Tebaldi piaceva molto, e ho sempre ritenuto la rivalità tra le due una montatura a fini pubblicitari. In certi momenti, la Violetta della Tebaldi era davvero affascinante, mi vengono in mente «Gran Dio, morir sì giovane» e, soprattutto, l’«Amami, Alfredo»: spiegava la voce, sovrastava l’orchestra e riversava sul pubblico un’onda di suoni mirabili. La Callas non poteva vantare la stessa rotondità e pienezza di timbro, ma il modo in cui, sempre nell’«Amami, Alfredo», rinforzava la voce procedendo verso l’acuto non era solo un effetto sonoro, traboccava di passione e sofferenza. Era un’artista misteriosa e sconvolta.

A Roma gli ebrei avevano la stoffa anche quella di Cristina di Svezia In un libro sulle antiche mappòt usate per avvolgere i rotoli della Torah i volti e le voci della comunità riprendono vita come in un film ARIELA PIATTELLI on ago e filo le donne del ghetto di Roma hanno liberato la creatività per lunghi secoli, quando agli ebrei era proibito ogni mestiere d’arte. Cucivano a mano, nelle loro case, perché il telaio era uno strumento troppo rumoroso. La storia delle famiglie ebraiche di Roma è scritta sulle mappòt (plurale di mappà), i drappi che rivestono la Torah (Pentateuco) e che le famiglie donavano alle sinagoghe per celebrare avvenimenti, ricorrenze, anniversari. Sono oltre 200 le mappòt custodite nel Museo Ebraico di Roma, che ne possiede la

C

ARALDO DE LUCA

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

collezione più grande al mondo: un tesoro unico, che rivela storie, nomi e destini su tessuti pregiati, dalla fine del ’500 a oggi. Alcuni giorni fa è stato presentato alla biblioteca degli Uffizi di Firenze il volume Antiche mappòt romane. Il prezioso archivio tessile del Museo Ebraico di Roma (ed. Campisano), a cura di Doretta Davanzo Poli, Olga Melasecchi e Amedeo Spagnoletto, che corona un grande progetto di Daniela Di Castro, la direttrice del Museo Ebraico scomparsa prematuramente nel 2010. «Ciò che emerge dalle mappòt romane è la fedeltà tenace a un’identità minacciata. Questi tessuti erano una forma di resilienza», spiega Alessan-

d’union, forse, fra i due. «Separato» il corpo della Callas, che sacrificò la propria voce alla riscoperta - tramite una pubblicizzatissima dieta - del proprio fisico. Ma «separata», dall’inizio, era pure quella voce impareggiabile, che nel «cielo» dei sovracuti cambiava timbro, rispetto agli inferi del registro basso. E forse proprio a questa doppiezza da sirena si deve il culto feroce che da sempre alla Callas - vero mito camp - tributa l’universo gay (lo analizza Marco Emanuele). «Mai eguale a se stessa», la definì nel ’55 Montale: vera bellezza cangiante, come quella da lui tradotta da Hopkins, la sua luce oscura ha illuminato un secolo.

a teoria dell’evoluzione ha ampliato la sua area di influenza sino a penetrare discipline apparentemente lontane dalle scienze naturali. In filosofia il suo influsso si è manifestato soprattutto nelle varie forme che si sono sviluppate all’interno del naturalismo filosofico contemporaneo, il programma di ricerca rilanciato, tra gli altri, da W. V. Quine. Una visione analoga era già presente in grandi pensatori del passato, come Hume e Spinoza, contraddistinta dall’idea che solo le forze naturali operino nel mondo. La scienza, per un filosofo naturalista, è pertanto indispen-

BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

Sopra la mappà donata da Tranquillo Corcos, nominato rabbino capo nel 1703, realizzata con una stoffa appartenuta alla regina di Svezia. Sotto la mappà donata nel 1749 dal padre di Anna Del Monte, una giovane rapita nel ghetto di Roma per convertirla al cristianesimo

L

dra Di Castro, direttrice del Museo Ebraico dal 2012. «Scorrendo il volume sembra di vivere un film in cui riprendono vita voci e personaggi di cui si percepiscono le preoccupazioni, ma soprattutto la profonda spiritualità». Un film «girato» con tecnologie all’avanguardia: il fotografo di opere d’arte Araldo De Luca ha inventato un carrello computerizzato per ottenere le immagini dei lunghi drappi. «Con il direttore degli Uffizi Eike Schmidt», annuncia Di Castro, «abbiamo deciso di fare una mostra delle mappòt nel 2018 proprio nel prestigioso museo di Firenze». Manufatti di tessuti pregiati con su ricamati gli stemmi delle famiglie, circondati da iscrizioni in

Elzeviro MAURILIO ORBECCHI

Il senso della vita e la teoria evoluzionista sabile anche per orientarsi nel mondo interiore che deve essere emendato dalle narrazioni mitologiche e religiose. Non stupisce quindi che un naturalista come Eugenio Lecaldano, tra i più noti filosofi morali italiani, tratti un tema come il senso della vita proprio

Donne del ghetto romano in una vecchia foto

ebraico, che comunicavano un avvenimento all’intera comunità, quando il Sefer, ovvero il rotolo della Torah, veniva innalzato, avvolto dalla mappà, in una sinagoga nel momento solenne della preghiera. «Nelle mappòt è scritta la storia di molte famiglie: le donavano alle sinagoghe in varie occasioni. Festività, eventi straordinari, nascite, festeggiamenti per un matrimonio, guarigioni da malattie, o in ricordo degli estinti», spiega la

curatrice del museo Olga Melasecchi. «Ognuno di questi manufatti “ricuce” una storia, e in alcuni casi, intrecciando vari dati, è possibile ricostruire vicende delle singole famiglie». Nel corso dello studio sono state fatte vere e proprie scoperte. Come quella sull’addobbamento per il Sefer donato da Tranquillo Corcos, che era stato nominato rabbino capo della comunità nel 1703: «Per l’addobbamento era stata utilizzata una preziosa stoffa apparte-

tenendo presente la teoria dell’evoluzione (Il senso della vita, il Mulino). L’evoluzione ci insegna che l’insorgenza della vita è ampiamente dovuta al caso, per cui un naturalista ritiene mal posta la questione. Non si tratta infatti di trovare qualcosa, ma di costruire una dimensione di significato a partire dalla realtà di un animale affettivo come Homo sapiens. Questa realtà non si esprime solo con la razionalità, ma soprattutto con gli affetti, le emozioni, i sentimenti e i desideri che muovono le persone, sviluppando una visione che ha ampie convergenze con la moderna psicologia basata sull’evoluzione. Il senso della vita può essere

costruito tenendo presente alcuni valori morali, ma non dovrebbe sfociare in risposte aprioristiche che denotano rigidità personale, come l’assunzione inautentica di comportamenti di gruppo o l’identificazione in un’identità collettiva, un’etnia, una nazione o una chiesa. A questi comportamenti viene contrapposta l’acquisizione di una soggettività flessibile, capace di aprirsi all’altro, che si interroghi sulle proprie emozioni per integrarle e migliorarsi in una completezza armonica. Una vita naturalisticamente sensata tende quindi anche al superamento delle razionalizzazioni inconsapevoli che annullano la propria individualità.

nuta a Cristina di Svezia. Daniela Di Castro riconobbe i simboli della famiglia reale, e infatti quel tessuto rivestiva l’interno della carrozza della regina». Poi c’è una mappà donata a una sinagoga nel 1749 dal padre di Anna Del Monte, la giovane rapita nel ghetto di Roma e rinchiusa della casa dei catecumeni con l’obiettivo, poi mancato, di convertirla al cristianesimo. «Il drappo, su cui è scritto il passo di Isaia “Sion verrà riscattata con il diritto e quelli che fanno ritorno con la giustizia”, celebra il ritorno a casa della ragazza che ha difeso la sua identità», racconta Amedeo Spagnoletto. «A volte con le ARALDO DE LUCA mappòt si celebravano eventi storici: ne abbiamo una che gli ebrei di Roma avevano deciso di donare alla comunità ebraica di Addis Abeba per il primo anno dell’impero italiano, ma questa non fu mai recapitata. Le mappòt erano uno strumento di comunicazione: con questi tessuti a quel tempo era possibile condividere informazioni, status e ispirare donazioni alle sinagoghe». La tradizione della mappà arriva dalla Spagna, ma a Roma assume caratteristiche uniche per l’uso dei tessuti e per l’arte del ricamo. «Le donne ebree del ghetto di Roma avevano maturato una competenza straordinaria nell’arte del ricamo e del cucito», spiega la storica dell’arte Doretta Davanzo Poli, «venivano addirittura impiegate nella cucitura dei tessuti destinati ai Pontefici, malgrado non fosse loro concesso. Era l’unico mezzo per esprimere creatività e fede dal profondo dell’anima. La loro arte del ricamo è unica, colorata, vistosa e in rilievo. L’attività di tessitura con filati coloratissimi, metalli nobili, quali oro e argento, viene realizzata con una tecnica che rende un effetto ottico straordinario, diverso da tutte le altre mappòt realizzate nel mondo. E la lavorazione a mano ha permesso a questi preziosi drappi di conservarsi e di arrivare ai giorni nostri». BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI

La costruzione del senso della vita non è statica, ma progressiva nella pluralità dei modi di essere. Non finisce se non col termine della vita e non va confusa con altri valori, come la felicità. Una vita può essere sensata pur se infelice. Come la scienza, anche la filosofia naturalista tende alla verità oggettiva, tanto che un’esistenza può trovare un senso progettando il suo divenire nel rifiuto di credenze illusorie e ingannevoli. Un modo di pensare che si inserisce in quell’unità della conoscenza, pur in discipline apparentemente lontane tra loro, che il biologo E. O. Wilson ha chiamato Consilience. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.