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Buon Natale E
Paolo Russo passione in musica
Doppia Cittadinanza: cambia la legge
Welfare in Italia
CONTROESODO e DIRITTI DEI GIOVANI
felice 2016
SOMMARIO
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editoriale di grazia mirabelli
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istituto italiano di cultura programma
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"alma double" speciale intervista a paolo russo SCENARI MUSICALI di Maria D’Andrea
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Nr. 4
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nessuno tocchi le pensioni d'oro. vivere all'estero di silvia favasuli
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ricordatevi di scrivere il testamento! rubrica legale di sandra moll
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stato sociale casa nostra POLITICHE SOCIALI di Giulia Cananzi e Nicoletta Masetto
i bislacchi. Omaggio a fellini cinema di Giulia de marco
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VIVERE UN SOGNO SENZA TEMPO NELLE VILLE sul lago di Como e a Bellagio SPAZI E CULTURA di Giancarlo Alviani
expo 2015: ne è valsa la pena? attualità di giancarlo alviani
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attualità
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dante alighieri Programma primo semestre 2016
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indirizzi utili almanacco
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il trenino del renon VIAGGIARE di Lucia Rota Andersen
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comites doppia cittadinanza nuova legge
"La redazione invita i lettori ad inviare contributi ed idee per la rivista. Una volta vagliatone la rilevanza, saremo ben lieti di pubblicarli"
Adesso puoi ricevere le due riviste IL PONTE ed ITALIA- JATAK a casa tua con l’abbonamento annuale di kr.250,- da versare sul conto Jyske Bank Reg.nr. 5010 kontonr. 0001505266
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“Jeg laver mine oste med passion og
passione
kærlighed, lige til dig.”
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NR. 12 │ DECEMBER 2015 W W W. I TA L I A - J ATA K.DK
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ponte // direttore
in questo numero
grazia mirabelli Art Direction Barbara Lütken foto copertina Katrine Bach-Hansen hanno collaborato Maria D’Andrea Giulia De Marco Giancarlo Alviani Lucia Rota Andersen Silvia Favasuli Sandra Moll Giulia Cananzi Nicoletta Masetto Giulia de Marco DESIGN & web MCB2 ADVERTISING redazione Rivista italiana in Danimarca c/o Grazia Mirabelli Howitzvej 62-1th 2000 Frederiksberg email: info@ilponte.dk www.ilponte.dk banca danske bank reg.nr. 4280 kontonr. 0016922889
Le opinioni espresse in ogni singolo articolo sono da attribuirsi esclusivamente all’autore dell’articolo, che se ne assume la responsabilità, e non rifflettono necessariamente il punto di vista della redazione. La redazione non è responsabile di eventuali cambiamenti nelle date e negli orari degli eventi annunciati.
Caro lettore, anche questo numero della rivista è stato interamente realizzato con collaborazioni a titolo gratuito. Sostieni il nostro lavoro con un abbonamento di supporto, questo ci permetterà di assicurare un futuro all’unica rivista in lingua italiana pubblicata in Danimarca IL PONTE kr.150 annuali Danske Bank Reg.nr. 4280 kontonr. 0016922889
Cari lettori, recenti dati ISTAT parlano di 100.000 giovani che hanno lasciato l’Italia negli ultimi 5 anni per cercare al difuori del nostro Paese nuove opportunità di lavoro e di vita. Sono dati in crescita, nel 2015 abbiamo visto ancora tanti di loro arrivare anche qui in Danimarca. Si tratta di giovani spesso qualificati, tra i 20 ed i 35 anni, che pur amando l’Italia non riescono a intravedere all’interno dei confini nazionali una prospettiva di futuro stabile. Persone che lecitamente ambiscono ad un lavoro adeguato alla propria formazione, ma che denunciano la mancanza di un processo selettivo, trasparente e meritocratico in Italia. L’Italia non è un Paese per giovani, -dicono- all’estero si scommette sulle idee, e se vali puoi ottenere posizioni di responsabilità a qualsiasi età, a prescindere dall’anagrafe. Di questo si parla ampiamente nel libro edito da Italian Kingdom uscito proprio in questi giorni in territorio londinese. Cronache di vita vissuta altrove che si intrecciano. La partenza, l’arrivo, l’integrazione. Tre facce di una stessa medaglia che appartengono ad un’unica realtà, ciascuna con il proprio carico emotivo. Il libro che si intitola Italian Kingdom – Volume Uno, con testi che saranno disponibili anche in inglese e in spagnolo, avrà la prefazione di Barbara Serra, affermata giornalista di Al Jazeera English, che ha vissuto parte della propria adolescenza proprio qui in Danimarca. Centocinquanta expats italiani a Londra, attivi soprattutto nel mondo della comunicazione e della creatività, racconteranno la loro quotidianità, le sfide e i desideri. Temi non lontani da giovani come loro, approdati qui in Danimarca. Un approccio nuovo ad una tematica che nuova non è, e che attraverso la voce dei protagonisti, ripropone il disagio che accompagna la speranza e la consapevolezza di potercela fare, fondando tutto solo sulle proprie capacità. Per il 2016 ormai alle porte auguriamo a tutti questi giovani di farcela realmente. Gli auguriamo anche di poter diventare sempre meno a dover scegliere di partire. E perché no, anche di poter rientrare con la stessa dignità di vita che hanno trovato all’estero, se veramente è questo ciò che desiderano. Buon Natale e felice 2016 a voi tutti!
Istituto Italiano di Cultura
Gjørlingsvej 11 – 2900 Hellerup – tel. 3962 0696 www.iiccopenaghen.esteri.it
Fra i vari eventi in programma, vi segnaliamo stavolta in particolare: RICERCATORI ITALIANI IN DANIMARCA
La stoffa degli italiani
Un approccio interdisciplinare allo studio della tessitura antica Giovedì 25 febbraio - ore 19.30
La tessitura antica, nei suoi aspetti materiali e tecnologici, ha lasciato tracce così profonde nelle culture e società del passato da configurarsi come un àmbito aperto all’intreccio tra differenti discipline di ricerca. L’archeologa Romina Laurito, l’antropologa Flavia Carraro ed il filologo Giovanni Fanfani presentano il loro lavoro presso il Centre for Textile Research (Università di Copenhagen). La produzione tessile nel mondo antico viene esplorata attraverso l’evidenza archeologica, il processo tecnico e le metafore letterarie. La conferenza sarà in inglese. L’Istituto offrirà un rinfresco con specialià italiane a conclusione della serata
Maniscalco-Bigoni-Solborg
concerto di presentazione del disco omonimo, uscito nel 2015 per l’etichetta del collettivo danese ILK Giovedì 17 marzo - ore 19.30
Emanuele Maniscalco (pianoforte) Francesco Bigoni (sax tenore, clarinetto) Mark Solborg (chitarra) Il compositore Carlo Boccadoro ne parla cosi’ su Internazionale: “Musica senza compromessi, che alterna momenti rarefatti ad altri di più acceso lirismo, sempre sotto il segno di un’essenzialità di scrittura che evita fortunatamente qualsiasi tipo di autocompiacimento o sbrodolatura virtuosistica. La bravura dei tre musicisti è evidente dal primo ascolto e risplende ancora di più in quelli successivi”. L’Istituto offrirà un bicchiere di vino a tutti i partecipanti a conclusione del concerto Il programma completo e aggiornato è consultabile sul nostro sito: www.iiccopenaghen.esteri.it (sotto 'Gli Eventi' › 'Calendario' )
Se non diversamente indicato, gli eventi hanno luogo nella sede dell’Istituto Orario di apertura: lunedì e martedì 9-17; mercoledì e giovedì 9-16; venerdì 9 -15. Orario di apertura della biblioteca: tutti i giorni dalle 12 alle 14.
lare costa 250 corone. Info: www.iiccopenaghen.esteri.it (sotto 'L’istituto' › 'Diventare soci').
Come diventare soci dell’Istituto: la tessera con validità per l’anno so-
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Aiutateci ad informarvi puntualmente e al meglio! Scrivete a segreteria.iiccopenaghen@esteri.it per ricevere le newsletter sulle nostre attività per e-mail. Il Ponte dicembre 2015 tryk.indd 1
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FOTO: Nicola Fasano
Mi sono trovato a volte in situazioni dove l’essere italiano veniva visto come carattere etnico, un po’ come dire africano o sudamericano… Non ricordo una situazione dove ci fosse una vera integrazione, o almeno non è stato sempre facile percepirla.
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in te r v is ta a
pa o l o russo
Paolo Russo, artista italiano originario di Pescara, vive a Copenaghen da 19 anni. Qui ha avuto modo di integrarsi e di sperimentare la cultura danese, anche e soprattutto da un punto di vista musicale, istaurando una interazione con il proprio bagaglio culturale. Il suo percorso, sia artistico che personale, lo ha reso un punto di riferimento per molti appassionati di jazz e non solo. Siamo curiosi di sapere quanto c’è di affine fra questi due mondi, parlare con lui dell'incontro di due stili...”
di Maria D’Andrea E’ il 17 agosto e ad ospitarci è un accogliente giardino, denso di profumi estivi. Parliamo subito del mio brano preferito: Vivian’s milonga. “Vivian’s milonga. Pubblicata nel 2007, è un brano per Pianoforte e Bandoneòn. Il titolo dell’album, Double Anima è un gioco di parole nato dal produttore italiano (Alfred Arnold, nda). C’è un dualismo che nasce anche dal mio percorso musicale che attraversa la musica classica, il pop e il jazz, e che si proietta anche negli strumenti che suono, il pianoforte e il bandoneòn”.
Paolo, secondo la tua esperienza in questo paese, quanto c’è di interazione effettiva tra musica italiana e musica danese, tra i musicisti italiani e i musicisti danesi? R. All’arrivo non avevo le idee chiare su come poter sviluppare la mia musica, ma quando ti trasferisci a 26 anni in un paese nuovo per la prima volta, ti rendi conto che la lingua è certamente un primo ostacolo. Poi, tutto questo vento, il clima, la luce fanno la differenza. Tutto ciò influisce nettamente nelle relazioni tra esseri umani. In Italia c’è sicuramente più interazione, anche se poi spesso questa interazione tende a sfociare nell’invadenza, nella cattiva educazione.
Qui certamente sono più riservati e, se da un lato, questo si traduce in un senso positivo di riservatezza dove non c’è invasione del campo altrui, dall’altro si traduce però nella scarsità di interazione. Parlami di più di questo aspetto… Quando vivevo in Italia eravamo abituati ad interagire e unire le forze. La situazione dell’Italia meridionale, in particolare, fomentava l’arte di arrangiarsi e pertanto tutto ciò che era in più andava preso e messo da parte, anche ovviamente per condividerlo poi con altri. Qui invece sembra tutto molto diverso. In Danimarca si ha la sensazione che non ci si debba occupare di altre persone in quanto, sotto questo aspetto, lo stato risulta estremamente presente. C’è una
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sorta di chiusura in merito. Tuttavia la mia situazione è abbastanza singolare: lavoro come freelance, e sono inserito nell’ambiente musicale al punto tale che posso permettermi, ma dopo tanti anni però, di poter scegliere in maniera selettiva le collaborazioni e le attività da svolgere. Ci sono arrivato con il tempo e con tanti sacrifici. Non è che qui arrivi e metti in pratica il tuo progetto così solo perché sei un musicista. Cosa consiglieresti allora a chi, come te, ha il sogno di affermarsi nel campo musicale? La prima cosa da fare sicuramente è andare a scuola. Del resto è quello che ho fatto anche io. Qui c’è una scuola ottima, il conservatorio di musica ritmica, Rytmisk Musikkonservatorium. Ho frequentato 5 anni di corso da solista per pianoforte. Una scuola piuttosto selettiva. Su 350 applicanti da tutta Europa, ricordo, ne presero 34 il primo anno e a terminare il corso dopo 5 anni fummo solo in 20. Non che la scuola fosse particolarmente difficile, a me è apparsa per certi versi addirittura facile, ma avevo già il mio bagaglio culturale alle spalle e la mia formazione musicale accademica, seppur diversa. Quali sono le difficoltà maggiori? Probabilmente le difficoltà maggiori sono di carattere ambientale, di integrazione sociale. Il modo di relazionarsi sia con gli insegnanti che con i compagni qui in Danimarca è infatti completamente diverso rispetto all’Italia. Qui c’è una forte predisposizione all’alcool quindi il fine settimana si beve tanto, si vivono momenti di esaltazione scoordinati. Questo comporta che il lunedì rientrando al lavoro o in classe ci si è completamente dimenticati dei progetti ideati magari di venerdì sera
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pa o l o russo
Da piccolino avevo una immagine ricorrente di queste donne vestite di bianco in mezzo ai campi, con queste case con il tetto di paglia a punta che stendevano i panni in giardino e i bambini piccoli che gli correvano intorno. a cena. In Italia invece l’alcool è inteso come una bottiglia di vino, e serve per accompagnare il pasto, quindi la cena o il pranzo e i migliori progetti, le grandi idee vengono fuori spesso a cena davanti una bottiglia di vino o un boccale di birra. E il lunedì seguente non solo ci si ricorda del progetto o dell’idea ma si inizia anche a lavorarci insieme per metterlo in pratica. Parliamo di te come musicista. Eclettico, hai spaziato… non ti sei soffermato subito su un genere, non sei per così dire “catalogabile”. Arrangiatore, compositore, pianista, fisarmonicista… No! No! attenzione io suono il Bandoneòn e non la fisarmonica. E’ un'altra cosa! Si tratta di due strumenti che ad occhi inesperti sembrano simili, ma che in realtà non lo sono per niente, pur appartenendo alla stessa famiglia, quella dei mantici. La struttura del Bandoneòn è molto antica, nasce nel 1854 in Germania come strumento che doveva sostituire l’organo nelle campagne, dove le chiese non disponevano di fondi sufficienti per comprare un organo. In quale genere musicale hai trovato più spazio qui in Danimarca, considerando il tuo eclettismo? Hai un passato anche nel pop… o sbaglio? Sì, non ti sbagli. In Italia ho collaborato con Mimmo Locasciulli, Goran
Kuzminac, ho anche collaborato per un po’ con Irene Grandi prima che diventasse famosa, e a Firenze ho conosciuto anche Simona Bencini dei Dirotta su Cuba, però ho capito subito che quello non era il mio mondo. Ricordo con affetto e ilarità l’episodio di quando ho comunicato a Mimmo la mia intenzione di andare a New York. Parliamo del ‘95. Lui rimase di sasso, al punto che mi presentò nel seguente concerto, a Milano, come il traditore che se ne andava a New York mentre il pubblico urlava “bravo! Fai bene!”. In realtà, quando sono arrivato qui in Danimarca ero giovane e per ben sei mesi perlustrai il territorio, cercai di capire come funzionasse qui il mondo della musica. Perché proprio la Danimarca e perché proprio Copenaghen? Da piccolino avevo una immagine ricorrente di queste donne vestite di bianco in mezzo ai campi, con queste case con il tetto di paglia a punta che stendevano i panni in giardino e i bambini piccoli che gli correvano intorno. Questa era visione ricorrente, come una sorta di richiamo… In realtà in Italia non è che si ricevessero molte informazioni su Copenaghen, o peggio sui paesi scandinavi. Avevo già avuto una esperienza di circa 20 giorni nel periodo di dicembre, ma nonostante il
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freddo e il buio questo posto mi aveva affascinato. Sono rientrato in Italia dopo venti giorni e ho pianificato il trasferimento definitivo. Hai riscontrato qualche differenza nel pubblico danese rispetto a quello italiano durante i tuoi concerti? Innanzitutto i danesi sono molto attenti. C’è molta partecipazione. Sono precisi, prendono posto al concerto in perfetto orario ed aspettano che tu finisca il concerto per applaudire. In Italia normalmente un concerto annunciato alle 21 genericamente inizia alle 22,15. In Danimarca non ci sono squilli di cellulare in sala, e se capita è davvero una eccezione. Forse in Italia manca un po’ questo tipo di cultura, di educazione alla musica. Magari c’è a teatro o all’opera, magari si ha più rispetto per la musica classica, ma per il jazz non c’è proprio questa attenzione. Si suona il jazz ancora nei pub mentre la gente mangia o parla. Questa è una enorme differenza. Copenaghen, non bisogna dimenticarlo, è stata una delle sedi più importanti per il jazz in Europa. Negli anni ‘60 e ‘70 ha richiamato a sé molti jazzisti americani, creando quella che è la storia del jazz in Danimarca. Questo scambio Danimarca - Italia a livello musicale dove si incontra? C’è la possibilità di simbiosi, di armonia reale o c’è sempre e comunque una linea di distacco netta, visibile, tra l’educazione musicale danese e quella italiana? In realtà sono due cose diverse, l’educazione musicale e la musica. A mio avviso, l’educazione musicale qui in Danimarca, è piuttosto pragmatica. E’ certamente molto efficace a livello di preparazione generale dei concetti di base, ma pecca poi nell’approfondimento. Non ho trovato qui il rapporto studente insegnante, né come allievo, né come docente, che invece si instaura abitualmente in Italia.
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C’è anche un’assenza di disciplina, molta tolleranza dei ritardi o delle assenze, e anche dei comportamenti in classe. Ricordo di alcuni miei compagni di corso che venivano in ritardo alle lezioni ed entravano in aula mangiando un panino. Ma era considerato normale. Fui talmente sconvolto da questo tipo di atteggiamento che, al quarto anno di conservatorio, dopo aver assistito a varie scene simili da parte di altri allievi, … ho scritto un documento di cui ho fatto stampare 300 copie, nel quale indicavo le regole del vivere civile e i motivi che spingevano a rispettare quelle regole, all’interno della scuola. Una sorta di vademecum per ricordare che la scuola gratis è un privilegio che non hanno tutti (nda). Quindi non si parla solo di aspetto musicale ma proprio sociale, educativo, diversi. Questo significa che non si può avere una reale commistione proprio perché le culture sono differenti? Mi sono trovato a volte in situazioni dove l’essere italiano veniva visto come carattere etnico, un po’ come dire africano o sudamericano… Non ricordo una situazione dove ci fosse una vera integrazione, o almeno non è stato sempre facile percepirla. Personalmente non l’ho mai vissuta, tuttavia, come una cosa negativa. Hai esordito suonando l’organo. Quanto ti ha dato l’esperienza di Etta Cameron? Il preside della scuola in cui lei insegnava, mi chiese di partecipare al concerto diretto da Etta Cameron. Dopo il concerto, ricordo bene, Etta mi chiese a bruciapelo se suonassi anche l’organo. Non lo suonavo ma colsi l’occasione. Studiai tutti i suoi brani e sostituii il suo organista per qualche concerto. Tuttavia questo non mi permetteva di mantenermi in Danimarca. A differenza degli altri studenti infatti, essendo italiano non percepivo alcun sussidio,
quindi mi dovevo dare da fare. Da lì ad una settimana, però, il pianista di Etta si ritira, l’organista ufficiale passa al piano ed Etta mi chiede di diventare titolare fisso nell’orchestra come organista. Da qui la mia carriera ha preso una piega completamente diversa. Di colpo avevo raggiunto quello che volevo: suonare con bravi musicisti, avere visibilità, girare i paesi scandinavi, ma anche migliorare la mia condizione economica. Dal ‘97 fino al 2009 ho suonato con lei. Una esperienza davvero bellissima. 300 concerti si può dire, o forse di più… E poi? Ho realizzato progetti diversi. Forse il primo in assoluto, è quello che ha dato luce poi al mio album Alchemy (Alchemy, Splasch Records 2004), dando forma ad una sorta di alchimia, derivante da una ricerca un po’ deviata, una summa di quanto avevo appreso in quel momento. Un album iniziato nel 2002 ed uscito nel 2004. Un disco che segna forse una metamorfosi, un passaggio di testimone dove solamente 3 brani sono suonati con il Bandoneòn. Lo suonavo solo da 6 mesi, mentre il piano era ancora il mio strumento principale. Paolo Russo studia costantemente il Bandoneòn, e ancora oggi, l’entusiasmo e la passione per questo strumento lo conducono periodicamente nei paesi Sudamericani, in Argentina soprattutto, per apprendere dai più grandi maestri locali. La sua musica è prima di tutto una ricerca costante di sonorità, di tecnica ma anche e soprattutto di nuovi contenuti. La sua eclettica e creativa indole rende il Bandoneon un vero e proprio prolungamento della sua anima, una esternazione armonica e coerente con la sua concezione di vita.
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I Bislacchi. Omaggio a Fellini
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di Giulia De Marco
Il palco dell’Istituto Italiano di Cultura ha recentemente regalato al pubblico italiano e danese l’occasione di celebrare Federico Fellini, grazie al superbo spettacolo I Bislacchi: Omaggio a Fellini, della compagnia di danza Artemis, di Monica Casadei. Lo spettacolo è suddiviso in due parti: prima, la proiezione introduttiva del film “il Lungo Viaggio”. Con uno script di Tonino Guerra, moltissimi dei disegni di Fellini (che, come ben sappiamo, nasce in principio come disegnatore e fumettista, e mai lascerà la matita) prendono vita in un’animazione a colori di molti dei suoi personaggi e tematiche ricorrenti. Tutti a bordo del Rex, il leggendario transatlantico di Amarcord, che tra processioni di suore che diventano uccellini, e uccellini che diventano onde, ci porta in un’isola della fantasia, dove sogni e visioni hanno finalmente diritto di vita ed espressione. Le curve, le pellicce, gli sguardi, i personaggi, Cabiria, la Gradisca, Giulietta, i ricordi, l’erotismo e le fantasie si animano tutti assieme, mentre il regista da lontano, da spettatore, osserva: come un vero regista. Il quotidiano e lo straordinario trovano finalmente uno spazio per poter convivere assieme, per esprimere
al meglio quell’essenza profonda dell’universo felliniano, e cioè scoprire lo straordinario del quotidiano. Con Fellini, ruoli e categorie sono molto spesso messi in discussione. Infatti, al loro ingresso in scena, sono i sei ballerini ad essere sorpresi e ammirati dal pubblico in sala, come se fosse quello il vero spettacolo. Coloratissimi e strambi, sono personaggi, macchiette, caratteri: il macho aggressivo e forzuto, la soubrette primadonna, la goffa impacciata, etc., che di volta in volta, in ogni piccolo quadro dello
spettacolo, interpretano varie situazioni, mantenendo sempre e comunque l’atteggiamento dei bislacchi che in fondo sono. Pernacchie, fischi, strida, salti e capriole, come se uscissero nelle nuvolette a fumetti accanto alle bocche, ma non con la calma distaccata con cui le reazioni vengono fumettizate in 8 ½: sul palco dei Bislacchi la finzione diventa reale, e i fumetti vivono come se fossero veri.
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Perché è questa la vera meraviglia della danza: diventa possibile quel che non lo è: storcersi, esprimersi, rallentarsi, trasformarsi, volare: senza bisogno della pellicola, senza bisogno di finzione, la realtà diventa sogno. Il protagonista è il corpo, elemento così importante nell’universo felliniano. I gesti e i movimenti non sono virtuosistici, ma significativi: racchiudono tutta l’estetica della vita quotidiana, che seppur con grazia, viene estremizzata dal buffo e dal grottesco del circo, del saltimbanco, che è lo spettacolo più evidentemente, violentemente spettacolare che c’è. Monica Casadei, coi suoi Bislacchi, coglie appieno la vera essenza dell’universo felliniano, e riesce, con grande maestria, a farlo piroettare oltre l’appiattimento dello schermo, regalandogli la terza dimensione: riesce a rendere carne la materia real-onirica dei film. Cinema, danza, musica: in questo delizioso spettacolo le arti si parlano tra di loro, per poter lavorare assieme, e parlano a noi, collaborando unite nel rendere viva l’essenza più vera di Fellini, che è il sogno, la realtà dell’immaginazione.
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Expo 2015:
La notte ad Expo
ne è valsa la pena? I pareri sono discordanti. Rispetto alle aspettative i benefici economici sembrano molto ridotti. E Roma 2024 merita una riflessione. Il Ponte intervista in esclusiva il prof. Didier Paul Massiani della Facoltà di Economia di Cà Foscari.
di Giancarlo Alviani Expo Milano 2015, ovvero l’Esposizione Universale che l’Italia ha ospitato dal primo maggio al 31 ottobre 2015, può considerarsi il più grande evento - in un’area espositiva di 1,1 milioni di metri quadri - mai realizzato sull’alimentazione e la nutrizione. Per sei mesi Milano si è trasformata in una vetrina mondiale in cui i 140 Paesi partecipanti hanno mostrato il meglio delle proprie tecnologie cercando di dare una risposta concreta ad una domanda vitale: è possibile garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri? Una colossale esposizione di padiglioni dalle più ardite fantasie architettoniche, contenitori di “concetti” che intendevano coinvolgere attivamente tutti attorno a un tema decisivo: “Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita”. Questo è il difficile claim dell’Expo, un evento non culturale ma popolare, che però non ha certamente
né salvato il mondo né, tantomeno, ha cambiato Milano. Ma sono soprattutto i numeri, in termini di visitatori e di costi, a dividere oggi politici, economisti, persone comuni e osservatori internazionali sul bilancio finale di Expo. Come capire se l’esposizione internazionale ha generato concreti benefici e recuperato i propri costi organizzativi? Il Ponte lo ha chiesto all’ateneo veneziano di Cà Foscari intervistando il prof. Didier Paul Massiani. GA: Il volume di affari stimato e auspicato prima dell'inizio di EXPO fu fissato in 30 miliardi di euro, valore che corrisponderebbe a ben due punti percentuali di Prodotto Interno Lordo. Rispetto alle aspettative, però, i benefici economici sembrano molto ridotti. Previsione eccessivamente ottimista? DPM: Si leggono cifre discordanti su questo aspetto. L’impatto sul valore aggiunto in uno studio, ad oggi, è descritto come pari a 30 miliardi, in un altro a 10. Questo perché gli studi non sono conformi. Nel suo complesso
la cifra di 30 miliardi di euro però mi sembra esagerata. Viene considerata in questa cifra anche un’infrastruttura: la linea 5 della Metropolitana. Come se essa fosse stata creata solo per Expo. In realtà è stata solo conclusa prima per l’apertura di Expo, ma anche senza Expo Milano l’avrebbe prima o poi avuta comunque. Le stime che facciamo invece nei nostri studi oscillano tra i 3 e 4 miliardi e sono pulite da valori addizionali. 1.3 miliardi di valore aggiunto addizionale mi pare cifra abbastanza reale, da confrontare con i 4 miliardi di previsione. Credo che una domanda di vero interesse potrebbe essere invece: quale beneficio ci sarebbe stato per la collettività se queste risorse per Expo fossero state usate diversamente? GA: Un altro aspetto è l'indotto dei visitatori. Le previsioni prospettavano, infatti, importanti ricadute in termini di spesa dei visitatori, soprattutto per il biglietto di ingresso. In altre occasioni lei ha spiegato che ci sono però numerosi visitatori che avevano già deciso di venire in Italia e hanno scelto
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Uno degli ingressi
PavilionZero di andare a Expo, trovandosi già qui. Insomma, non sono venuti apposta. Questo non corrisponde quindi ad un indotto esclusivo generato da Expo. DPM: Forse è la Lombardia quella che ha guadagnato di più da Expo in termine di visite. Innegabile si siano registrati flussi di visitatori da altre regioni verso la Lombardia. Valori quindi non addizionali per Expo, ma per la Lombardia. C’è un ulteriore aspetto da considerare quando si legge che ad Expo sono entrati 21,5 milioni di visitatori. In questo dato sono probabilmente considerati i lavoratori che hanno operato in Expo per tutto il periodo, i volontari che vi hanno partecipato, gli ospiti, ecc. GA: A che cifra ammonta il costo complessivo dell’organizzazione? Il Padiglione Italia, ad esempio, è costato 92 milioni di euro e la copertura del Castello Sforzesco a Milano (Expo Gate) è costata 7 milioni di euro. Cifre importanti di cui tenere conto nel formare un bilancio complessivo tra entrate ed uscite.
Uno dei tanti momenti di spettacolo
Padiglione dell'Angola DPM: Il tema su quanto sia costato Expo è in sé una questione banale, ma la risposta non è banale. Ci sono costi “nascosti” che non appariranno mai in un bilancio. Penso ai costi per la sicurezza ma soprattutto alle esenzioni fiscali applicate ad Expo, agevolazioni e decurtazioni governative. Valori che forse non saranno nemmeno misurati. Una stima difficile quindi. Si potrebbe fare un bilancio per l’ente che ha gestito l’expo, per le amministrazioni pubbliche che hanno finanziato expo, ma non si possono valutare tutti i costi di Expo. Quanto è costato e per chi? Non possiamo neppure limitarci a considerare il costo delle infrastrutture come prospettate in fase di candidatura, perché in corso di realizzazione il progetto è cambiato in parte. GA: Il clima di diffidenza e critica generati dai ritardi e dalle difficoltà organizzative riscontrate prima dell’apertura dell’Esposizione Universale milanese hanno in qualche modo condizionato e inficiato le prospettive di ritorno economico per
Dettaglio Marocco
Un padiglione Expo o questo non costituisce un indicatore di rilievo, visto che alla fine EXPO si è svolto e le nazioni hanno partecipato? DPM: L’eco degli scandali iniziali ha avuto sì un impatto internazionalmente negativo, ma ci sono stati poi i fatti di efficienza che hanno prodotto un effetto positivo. La notizia dei fatti di corruzione emersi ad inizio anno non ha peggiorato l’immagine dell’Italia che è stata spesso colpita in altre occasioni da situazioni simili. Expo è stata invece un’occasione per sfatare un luogo comune dell’Italia. Si è diffuso presto un sentimento di interesse e soddisfazione per la nostra bravura a completare i lavori e a farlo molto bene, allontanando le ombre iniziali. La tangibile efficienza ha coperto gli scandali. Mi permetta di concludere con una battuta: in fondo anche la storia ci insegna che in Grecia i giochi di Olimpia riscuotevano ad ogni edizione un enorme successo finale, peccato solo per l’intollerabile e diffusa corruzione che ne falsava completamente i risultati.
FOTO: Tiberio Sorvillo
Renon FOTO: Karin Bauer
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Il Trenino del
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di Lucia Rota Andersen Foto: ©associazione turistica Renon
Dal 9 agosto ogni domenica alle 10.35 Rai 3 ha mandato in onda “Fuori Binario”, una serie televisiva di 10 puntate. Una trasmissione molto simpatica! Un viaggio in un’Italia fuori dai soliti itinerari, lungo linee ferroviarie minori o secondarie per esplorare i territori e i suoi abitanti. Un racconto del Paese a più voci, una polifonia L’Altopiano del Renon su rotaia, è un territorio verde e per cogliere soleggiato che si sviluppa lo spirito sopra la città di Bolzano del tempo nei luoghi a 1154 m. Qui, nel cuore e negli del Sud Tirolo, si possono uomini che apprezzare vasti prati, li abitano campi curati, bellissimi La quinta scorci sulle bizzarre cime puntata è montuose delle Dolomiti che dedicata a sembrano vicinissime. “Il trenino del Renon” Il trenino fu inaugurato nel 1907. Oggi da Bolzano si prende la funivia fino a Soprabolzano da dove si può continuare in trenino. Il percorso è di 6,8 km, la velocità di 30 km/h, il tempo di percorso di 16 min. Il biglietto costa 6 euro andata e ritorno. Lo prendiamo anche noi. L’Altopiano del Renon è un territorio verde e soleggiato che si sviluppa sopra la città di Bolzano a 1154 m. Qui, nel cuore del Sud Tirolo, si possono apprezzare vasti prati,
campi curati, bellissimi scorci sulle bizzarre cime montuose delle Dolomiti che sembrano vicinissime. Bello fare dell’agriturismo, pernottando in un maso. Si conoscerà da vicino la vita contadina con le sue tradizioni. La famiglia contadina, ancora legata ad antiche usanze, rappresenta un’aerea di vera quiete e tranquillità. Prima di lasciare Soprabolzano e prendere il trenino incontriamo il sig. Mair, accompagnato da un simpatico ed affettuoso bestione, un alpaca. Dal 1990 lui e la moglie allevano cavalli e dal 1996 lama ed alpaca. Il loro maso si chiama Kaiserhof. Comprende una trattoria, appartamenti per le vacanze, parco giochi, orto, frutteto… .Il sig. Mair produce e vende i suoi prodotti compreso lo speck, organizza passeggiate con i cavalli e visite guidate, come quella con i lama alle Piramidi di Terra. Facciamo tappa a Maria Assunta, dove villeggianti bolzanini, spesso nobili, venivano per respirare aria pura. I loro discendenti partecipano tuttora alle processioni, indossando un mantello bianco dal collare rosso o nero e si riuniscono a festeggiare nella sede del Vecchio Poligono del 1777 che contiene 120 bersagli donati alla Nobile Società. Ecco Stella. Uno scultore che vi abita ne spiega il nome. “È il sole che il 21 marzo e il 21 settembre sembra una stella che brilla tra le gole dello Sciliar, bellissimo
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gruppo dolomitico“ Raggiungiamo Collalbo. Prima andiamo all’Hotel BemelmansPost dove veniva spesso Freud. Qui venne redatto il primo dei quattro testi di “Totem und Tabu”: L’orrore dell’incesto”. Qui Martha e Sigmund festeggiarono le loro nozze d’argento. Vicino all’hotel il cartello: “Freud Promenade” indica una passeggiata di un’ora e mezzo fino a Soprabolzano. Preferiamo andare invece a “Le piramidi di Monte di Mezzo”, pinnacoli di terra sovrastati da un masso create dall’erosione dovuta alla pioggia e allo sciogliersi della neve. E’ una visita da non perdere e per la bellezza e per la particolarità. La puntata di Fuori Binario “il trenino del Renon” su Rai 3 termina con un saluto musicale. Due musicisti suonano un corno lungo che hanno fatto usando la corteccia di un abete rosso. Sentitelo anche voi. È un arrivederci. Nel 2014 un gruppo di soci della Dante di Copenaghen ha fatto un bellissimo viaggio nell’Alto Adige. Il 23 maggio con la Funivia e il trenino siamo entrati nel Renon. Abbiamo visitato i luoghi visti da Sigmund Freud e ammirato il panorama delle “Piramidi” Nel 2016, dal 2 al 10 luglio, la Dante di Århus ritornerà nel Renon con Thomas Harder e Nils Arne Sørensen. la natura e la cultura regaleranno un periodo indimenticabile ai partecipanti.
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COMITES Doppia Cittadinanza
A seguito della nuova legislazione danese riguardo la doppia cittadinanza, è possibile dal 1 settembre 2015 richiedere la cittadinanza danese senza dover rinunciare alla propria. Il tema della doppia cittadinanza è molto sentito in Danimarca, ed è stato per anni dibattuto dal Parlamento danese. Il 28 ottobre 2015 il Com.It.Es Danimarca ha organizzato, presso l´Istituto Italiano di Cultura, una serata informativa sulla doppia cittadinanza. L’argomento è molto rilevante per la comunità italiana risiedente in Danimarca e in particolare per gli italiani che vivono e lavorano in Danimarca da lungo tempo. L´obbligo di rinuncia alla propria nazionalità è stato per molti la ragione principale per non richiedere la cittadinanza danese, nonostante il possesso dei requisiti necessari. Alla serata hanno partecipato i seguenti ospiti: Anne Marie Dalgaard – Segretario generale (Generalsekretær) - Danes Worldwide Josephine Kjøller – Esperto legale (Jurist) - Danes Worldwide Giovanni Mugnaini – Consolato Italiano in Danimarca Qui di seguito sono riportate le informazioni principali presentate durante la serata. E’ necessario in ogni caso consultare il sito del Consolato Italiano in Danimarca, dell’Ambasciata Italiana in Danimarca e del Ministero della Giustizia danese (Justitsministeriet ) per avere notizie e informazioni aggiornate. Ottenimento della cittadinanza danese
L´ottenimento della cittadinanza danese per i cittadini italiani è un lungo percorso ed è necessario possedere tutti i requisiti prima di presentare la domanda. I requisiti sono i seguenti: • Permesso di soggiorno permanente. Residenza in Danimarca ininterrotta da almeno 9 anni (può ridursi a 6-8 anni in caso di matrimonio con coniuge danese) • Prøve i dansk 3 (in alcuni casi, anni di studio in scuole e università danesi possono essere sufficienti. Per ulteriori informazioni consultare il Bilag 3 della Cirkulæreskrivelse om naturalisation nr. 9253 del 06/06/2013 https://www.retsinformation.dk/ Forms/R0710.aspx?id=152087 • Aver superato la indfødsretsprøve (possibilità 2 volte l´anno, iscrizione almeno 10 settimane prima della prova, costo 1265 DKK) • Indipendenza economica da almeno 4 anni e mezzo degli ultimi 5 anni (è sufficiente anche se a garantire il mantenimento è il coniuge) • La domanda per i figli si può presentare contemporaneamente allegando un documento che ne attesti la patria potestà • Il costo per presentare la domanda è di 1200 DKK (non rimborsabili in caso di rifiuto della richiesta) • Importante: alla presentazione della domanda presso l´ufficio di polizia occorre mostrare anche gli originali di tutti documenti richiesti Rinuncia della cittadinanza italiana In seguito alla denuncia da parte dell'Italia della Convenzione di Strasburgo sulla riduzione dei casi di cittadinanza plurima, a decorrere dal 4 giugno 2010, i
cittadini italiani che hanno acquistato la cittadinanza danese hanno conservato anche quella italiana. Anche nel caso in cui avessero formalmente rinunciato alla cittadinanza italiana. Ottenimento della cittadinanza italiana da parte di cittadini danesi http://www.esteri.it/mae/it/italiani_nel_ mondo/serviziconsolari/cittadinanza.html Vi invitiamo a consultare il sito del Com. It.Es (www.comites.dk) dove potrete trovare le informazioni presentate da “Danes worldwide” e i link delle istituzioni italiane e danesi che si occupano delle procedure relative alla richiesta e all’ottenimento della doppia cittadinanza. La normativa relativa alla doppia cittadinanza verrà molto probabilmente inasprita nelle prossime settimane. È pertanto necessario consultare i media danesi per poter avere informazioni aggiornate in tempo reale. Link utili: http://www.uibm.dk/images/Nyhedsfiler/ Aftale-om-indfoedsret.pdf http://www.uibm.dk/nyt/8-nyheder/61pressemeddelelse-regeringen-landerbred-aftale-om-statsborgerskab http://www.uibm.dk/kontakt Potete inoltre iscrivervi alla pagina facebook del Com.It.Es Danimarca in modo da ricevere informazioni e inviti ai nostri eventi. (https://www.facebook.com/ elezioniComitesDk/
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Un Decreto Legislativo abroga la legge Controesodo del 2010 e costringe a un regime peggiorativo chi è rimpatriato
Nessuno tocchi le pensioni d'oro. Ma calpestiamo i diritti acquisiti dei piĂš giovani
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scadenze. Intenzione di per sé lodevole.
di Silvia Favasuli Succede così, nell’Italia renziana del 2015. A gennaio si approva la proroga biennale di una norma, e nove mesi dopo, a settembre, con un decreto nato tra le pieghe di una legge delega, la si cancella. Poco importa se a farne le spese sono le centinaia di expat che grazie a quella legge sono rientrati in Italia. Sono - relativamente - giovani, e quindi chissenefrega. Si fosse trattato dei diritti acquisiti di pensionati d'oro, si sarebbero sollevate bufere. Stiamo parlando della Legge Controesodo, la numero 238 del 2010, che offriva incentivi fiscali per tre anni a laureati italiani che avessero maturato una significativa esperienza di lavoro o di studio all'estero. Purché fossero disposti a tornare e a restare in Italia per almeno cinque anni. Un progetto bipartisan, nato per riportare a casa competenze, menti aperte, profili internazionali con cui svecchiare questa Italia e farla ripartire. Un progetto a costo zero per le casse dello Stato.
Lo fa attraverso il Decreto Legislativo 14 settembre 2015, che ha come tema “Disposizioni recanti misure per la crescita e l'internazionalizzazione delle imprese”. All'articolo 16, si delinea il nuovo “Regime speciale per lavoratori impatriati”. Occorre aver vissuto cinque anni all'estero (e non più due) e aver svolto attività o studi di particolare rilevanza (si rimanda per questo alla vecchia legge Controesodo). Lo scudo fiscale sarà valido per cinque anni dal rientro (e non più tre) ma meno vantaggioso: si pagano tasse sul 70% del reddito di lavoro dipendente e non più sul 30% (se maschio) e 20% (se donna) come nel vecchio regime. Infine, si introduce l’obbligo a restare in Italia per due anni anziché cinque e si toglie il limite di età, prima fissato a 40 anni.
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aveva deciso di tornare sulla base di quei vecchi criteri, confermati solo nove mesi prima, ora è costretto a rivedere calcoli e progetti di vita. E a farlo nel giro di tre mesi, visto che le nuove regole – recita sempre l'articolo 16 del Decreto 15 settembre 2015 – saranno adottate con le disposizioni dettate da un decreto del ministro dell'Economia e delle Finanze, da emanarsi entro novanta giorni. «Che fiducia si può avere in uno Stato che a gennaio promette una cosa e dopo soli 9 mesi si rimangia completamente la parola data?» Ma purtroppo, non è così che si incentivano i giovani o meno giovani a tornare. Non con un paese che continua a muoversi in modo troppo poco razionale, poco pianificato e per nulla prevedibile.
A questo punto c'è un problema da risolvere: le nuove regole saranno valide dal 7 ottobre 2015, l'entrata in vigore del provvedimento. Ma nel frattempo, continua a vivere anche la vecchia legge Controesodo, prorogata, appunto a gennaio fino a dicembre 2017.
Un gruppo di controesodati ha avviato online una petizione. Coloro che già beneficiavano della 238 al momento di entrata in vigore del Decreto Legislativo 14 settembre 2015, chiedono di poter mantenere il vecchio regime fino alla sua naturale scadenza, il 2017.
A gennaio 2015, dicevamo, la legge 238 viene prorogata di due anni (decreto Milleproroghe), estendendo la sua validità fino al 2017. Il che significa permettere a controesodati rientrati da un anno di giovare dell'intera triennale riduzione di tasse. O, per chi sarebbe tornato nel frattempo, di beneficiarne almeno in parte.
Non è così che si incentivano i giovani o meno giovani a tornare. Non con un paese che continua a muoversi in modo troppo poco razionale, pianificato e prevedibile. In che modo si risolve la coesistenza? Aggiungendo due comma che abrogano la proroga di gennaio: la 238/2010 di fatto cessa di esistere.
Finché non si arriva a settembre. Il governo decide di mettere mano alla legge, cambiarne in parte i criteri e di renderla continuativa, senza più
E cosa succede a chi già beneficiava del vecchio regime? Gli si impone il nuovo corso, anche se peggiorativo sul piano della riduzione fiscale. Insomma, chi
«Che fiducia si può avere in uno Stato che a gennaio promette una cosa e dopo soli 9 mesi si rimangia completamente la parola data?», si chiede questo gruppo di «professionisti, studenti, ricercatori, diplomati Master, imprenditori» rimpatriati. «Come può lo Stato pensare che i cittadini possano ora tornare in Italia senza avere il timore che magari l'anno prossimo si ricambino di nuovo le carte in tavola e, con un colpo di penna, si cancellino i benefici?». Già, come può?
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Ricordatevi di scrivere il testamento! di Sandra Moll
Già in precedenza ho ricordato ai lettori del “Ponte” l’importanza di scrivere un testamento, specialmente nel caso in cui un italiano residente in Danimarca ha beni immobili in Italia o ha conservato la cittadinanza italiana pur risiedendo in Danimarca. Dopo l’entrata in vigore della direttiva nr. 650/2012 dal 17.08.2015 il bisogno di fare testamento è diventato imperativo. Infatti, tale direttiva statuisce che in caso di morte è la legge del Paese dove il defunto aveva residenza al momento della morte, a meno che il defunto non abbia stabilito diversamente. Una persona può fare testamento e decidere che la legge che regola la sua successione è la legge del paese dove il testatore era cittadino al momento della scrittura del testamento o della morte.
In caso in cui una persona sia cittadina in più stati deve scegliere la legge competente per la divisione successoria tra le leggi degli stati dove è cittadino. Pertanto è molto importante prendere una decisione di modo da scegliere la legge che è la più vantaggiosa nel caso concreto. Non è possibile in questa sede prendere in esame tutte le leggi degli stati ove un lettore può essere cittadino né è possibile dare dei consigli concreti. In generale si può dire che la scelta della legge danese favorisce più il coniuge superstite, in quanto questo –in alcuni casi ben determinati – può ereditare tutto (in assenza di figli) o può ricevere l’eredità indivisa nel caso in cui i coniugi siano sposati in regime di comunione dei beni e abbiano figli in comune. La legge italiana favorisce invece la famiglia d’origine del testatore, in quanto nel caso in cui il testatore muoia coniugato ma senza figli, un terzo del suo
patrimonio spetta ai genitori oppure ai suoi fratelli nel caso in cui i genitori siano premorti. In due casi è essenziale lo scrivere il testamento: 1. Nel caso in cui si viva con una persona senza avere contratto matrimonio: in questo caso il compagno o la compagna non sono eredi necessari e pertanto possono solo ereditare nel caso in cui vi sia un testamento a loro favore. 2. Nel caso di coppie omosessuali. In Italia, infatti, il matrimonio può solo essere contratto tra due persone di sesso diverso, mentre in Danimarca il matrimonio può essere anche contratto tra persone dello stesso sesso. Nel caso in cui una delle parti sia di origine italiana per fare in modo che il coniuge erediti occorre assolutamente fare testamento ove è scelta la legge danese. In ogni caso si raccomanda di parlare con un avvocato che può consigliare la soluzione più adeguata alla situazione concreta in cui si trova il testatore.
Assistenza legale italiani in Danimarca
Sandra Moll
Avvocato Avvocato in Italia e in Danimarca Rapporti giuridici con l’Italia Il NOSTRO STUDIO LEGALE offre un’ampia e qualificata assistenza per qualsiasi problema di carattere giuridico in materia di diritto italo-danese. Potete sempre rivolgervi al nostro studio in lingua italiana.
Siamo anche a Roma e a Milano
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di Giulia Cananzi e Nicoletta Masetto Il Messaggero di sant’Antonio
La giovane mamma ha una bimba di pochi mesi e a breve dovrà tornare al lavoro. Cominciano per lei i problemi di armonizzazione tra la vita lavorativa e la famiglia, che purtroppo ancora molte donne risolvono lasciando il posto, visto che lo stipendio non coprirebbe i costi della babysitter. Lei invece bussa alle porte della Città Essenziale, un consorzio di cooperative (vedi riquadro a pag. 37) che, dopo aver valutato la sua situazione, le propone un piccolo asilo nido. La donna potrà scegliere l’orario più adatto alle sue esigenze e i costi saranno parametrati sul tempo e sulla condizione economica della famiglia.
Stato sociale casa nostra È vero che lo Stato sociale non è più sostenibile per l’Italia? Che è una zavorra per uscire dalla crisi? E che ormai ha fatto il suo tempo e non serve più? A queste e altre domande rispondono alcuni tra i più grandi esperti di welfare in Italia.
Se la bimba si ammalerà, una delle operatrici che già la seguono andrà a casa per gestire l’emergenza. Non solo, l’asilo nido offre alla madre la possibilità di trovare la spesa fatta, al momento di andare a prendere la piccola. Sembra d’essere a Copenaghen e invece siamo a Matera, in Basilicata, nel cuore del profondo Sud. E quello che abbiamo appena descritto è un nuovo modello, si dice in gergo, «di welfare», cioè un sistema di servizi che mette in rete tutte le risorse disponibili nel territorio, da quelle pubbliche a quelle private, per rispondere alle necessità e alle difficoltà delle persone e delle famiglie e aumentare il benessere sociale. L’Italia è un po’ così, ogni tanto ci stupisce esponendo qualche gioiello solitario, qualche territorio socialmente più avanzato, qualche sperimentazione pubblica eccezionale, accanto a vaste lande dove la protezione sociale è al lumicino e le persone in difficoltà – famiglie povere, anziani non autosufficienti,
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giovani disoccupati – sono appese in molti casi alla generosità familiare o a quella delle Caritas e del volontariato. «Colpa della crisi» sentenziano alcuni, esponendo il luogo comune più tipico, secondo il quale lo Stato sociale non possiamo proprio più permettercelo: è un lusso da Paese nordico. E poi il nostro sistema è corrotto, sprecone, inefficiente, insomma una zavorra. Così capita che ci si rassegna, non si combatte neppure più contro i tagli alle spese sociali, si arriva a perdere la coscienza che lo Stato sociale è un bene da difendere, una grande conquista, la barriera protettiva a una sfera importante dei nostri diritti, i cosiddetti «diritti sociali», come li definiva il sociologo Thomas Marshall negli anni ’50, distinguendoli da quelli civili e politici. Quei diritti cioè che, sanciti dalla Costituzione, permettono condizioni di vita dignitose per tutti. Insomma, intorno al welfare c’è poca consapevolezza e ci sono tanti pregiudizi. Proviamo a sfatarli uno a uno, con l’aiuto di alcuni dei più importanti esperti del settore in Italia. Che cos’è il welfare? A prima vista questa parola inglese sembra un termine da addetti ai lavori. Letteralmente vuol dire «benessere». Si è iniziato a usarla nel dopoguerra, in ambiente anglosassone, per designare quel tipo di Stato che sottrae alcuni bisogni essenziali all’area del mercato. «Ciò significa – spiega la sociologa Chiara Saraceno – che indipendentemente dalle mie risorse personali io ho accesso ad alcuni diritti fondamentali, per esempio a essere curato, all’istruzione fino a un certo grado, ad andare in pensione a una certa età, ad avere una tutela in caso di maternità o una protezione in caso di disoccupazione. Questi diritti cambiano nel tempo e non sono tutelati nello stesso modo da tutti i Paesi avanzati».
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Perché molti italiani considerano il welfare una spesa improduttiva? «Intanto – risponde Saraceno – perché si crede erroneamente che sia qualcosa destinato solo ai poveri e ai casi sociali. Quando invece è una rete di sicurezza per tutti». Poi c’è la tendenza ad avere una concezione privata del benessere, come se esso dipendesse solo da fattori personali: una buona famiglia, parenti solidali, un buon lavoro, ecc. «Credo – continua Saraceno – che per molti italiani il welfare improduttivo siano i servizi ai bambini, agli anziani o alle famiglie in difficoltà, pochi sono coscienti che welfare sono anche le pensioni». Mancano, insomma, sia la visione d’insieme che la consapevolezza che «più si tagliano i servizi sociali, più il peso delle persone vulnerabili ricadrà sulle famiglie». Una miopia ancora più pericolosa in un’epoca in cui il lavoro non è più garantito, il rischio povertà è più alto e la popolazione è sempre più vecchia e bisognosa di cure. La convinzione comune è che alleggerire il welfare ci aiuterebbe a uscire dalla crisi. «Innanzitutto va chiarito che la crisi non è stata provocata dal welfare – sbotta Saraceno con una punta di stizza –. Le bolle speculative, la mancata competitività delle imprese, la globalizzazione non hanno nulla a che fare con esso. Anzi, ci sono Stati forti che hanno welfare forti». Questa equazione «più welfare più crisi», secondo la sociologa, non è solo italiana ma si è ormai imposta a livello europeo: «Le varie “troike” e “austerity” hanno individuato nel welfare l’ambito in cui effettuare i tagli. Quindi proprio nel momento in cui la vulnerabilità delle persone aumentava, si è detto che bisognava ridurlo drasticamente. L’irrigidimento è stato più forte per quei Paesi che
avevano un sistema più debole, cioè i Paesi mediterranei, gli stessi a cui poco tempo prima si chiedeva di migliorare e aggiornare il proprio welfare. Un paradosso!». Si è comunque fuori strada se si pensa che i diritti non abbiano una contropartita, chiarisce Maurizio Ferrera: «Il diritto altro non è che un potere garantito alla persona da uno Stato che se ne prende la responsabilità e lo tutela – ha spiegato durante una conferenza al Festival dell’economia di Trento –. Ogni diritto però comporta un dovere. Per esempio, il diritto di uno ad andare in pensione comporta il dovere degli altri a partecipare al finanziamento di quella pensione». L’altro caposaldo dei diritti sociali è che hanno alla base una redistribuzione: «Sono organizzati – continua Ferrera – sotto forma di assicurazione sociale obbligatoria, per cui alcune persone incorrono nel rischio e ricevono più di quanto hanno dato, mentre altre pagano più di quello che riceveranno». Come a dire che i diritti sociali non sono gratuiti, né scontati, il problema semmai è capire se il modo di tutelarli è equo e adeguato ai tempi. È vero che non ci sono più soldi per il welfare e che l’Italia è uno dei Paesi che spende di più? Nonostante la crisi abbia allargato i bisogni e la «coperta sociale» sia più corta, «affermare che non ci sono soldi è sbagliato. Il maggior problema del welfare italiano è il modo in cui spendiamo le risorse disponibili» chiarisce Tiziano Vecchiato. In effetti, la spesa sociale dell’Italia (circa 30 per cento del Pil) non si discosta di molto dalla media europea (circa il 28 per cento nel 2012). Ma se si va ad analizzare in dettaglio si vede che il 60-70 per cento delle risorse è speso in pensioni (50 per cento la media
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Ue), un’altra buona percentuale in sanità, e la minima parte in servizi alle persone e alle famiglie. Che significa questo in concreto? Che c’è una fetta di persone iper garantita – affermano concordi gli esperti – che è la fascia dei più anziani, e un’altra fetta, costituita per lo più da giovani, donne e bambini, con poche o nessuna garanzia. Questo squilibrio ormai sotto gli occhi di tutti è un altro colpo di coda contro il welfare, a cui si aggiungono i vari scandali di sperpero della cosa pubblica. Ma sappiamo davvero come siamo arrivati a questo punto? «Il nostro sistema di welfare, come d’altronde quello dei sistemi mediterranei – spiega Saraceno – è nato su base categoriale e legato al mondo del lavoro. Ogni categoria di lavoratori aveva il suo sistema di protezione. Ciò ha però portato i politici a individuare a scopo clientelare la categoria da proteggere. E così oggi si arriva all’assurdo che se sei un lavoratore dipendente e sei capiente (cioè puoi pagare le tasse) hai diritto agli assegni familiari quando ti nasce un figlio, al contrario se sei un disoccupato non hai diritto a nulla. Altro esempio: se fai parte di una categoria forte come i ciechi hai diritto a una congrua protezione, ma se sei un paraplegico no». Un sistema così agevola la corruzione e i furbi: «Se io non appartengo a nessuna categoria – continua la sociologa – e non ho diritto a nulla farò “carte false” per rientrare in una categoria protetta». C’è bisogno di ricalibrare il sistema, renderlo più equo ed efficace, più adatto ai nuovi bisogni. Cosa che in concreto significa spostare risorse e introdurre
nuove regole. Ma come la mettiamo con i diritti acquisiti? «Un diritto è acquisito e va salvaguardato finché c’è un bisogno che lo giustifica» spiega Vecchiato, altrimenti è assistenzialismo passivo e inutile. Nell’ultimo rapporto della Fondazione Zancan è stato evidenziato che circa un miliardo di euro di spesa per prestazioni assistenziali (cioè pensioni sociali e integrazioni al minino delle pensioni) è destinato a pensionati di famiglie benestanti. «Non sarebbe più giusto assegnare queste risorse ai pensionati poveri o, meglio ancora, ai bambini poveri?». Osservazione non di poco conto, visto che i piccoli in povertà assoluta sono oggi 1 milione e 400 mila (2013), mentre erano la metà nel 2009. Saraceno conferma che quello dei diritti acquisiti è un discorso delicato: «In molti casi c’è da chiedersi se siano diritti o privilegi». Ferrera rincara la dose: «Ancora oggi ci sono 240 mila pensioni in pagamento a beneficiari che l’hanno avuta prima dei 45 anni d’età. Fino alla riforma Dini (1995) le donne andavano in pensione a 55 anni e gli uomini a 60, ma la media reale era 53 anni anche per gli uomini, grazie ai pensionamenti di anzianità». Oggi la situazione dei figli è lontana anni luce da quella dei padri, con l’aggravante di un mercato del lavoro sempre più instabile e del rischio povertà sempre più elevato. Il problema dunque non è il welfare state e non sono neppure i soldi. Anzi, mai come oggi c’è bisogno di Stato sociale. Come invertire la rotta, riorganizzare il sistema, renderlo più giusto ed efficiente? L’argomento è di quelli che scottano per il mondo della politica, dove è più facile dare un contentino economico a pioggia,
mettere toppe e qualche rinforzo, più che riformare un intero sistema e scontentare qualcuno. Ma le ricette in realtà già ci sono. «Cambiare mentalità, spostarsi da un sistema categoriale a uno universale – afferma Saraceno – è una delle prime svolte». In parole più semplici, significa prevedere diritti uguali per tutti a parità di condizione e difficoltà, a prescindere dalla categoria di appartenenza, tenendo conto dei nuovi rischi legati ai cambiamenti sociali ed economici. Fondamentale, interviene Vecchiato, è anche cambiare il modo di spendere le risorse disponibili: «L’Italia ricorre a troppi “trasferimenti monetari” e troppo pochi “servizi” alle persone e alle famiglie». Ciò significa che è più facile, perché politicamente redditizio, ricevere una piccola somma a fronte di un problema, piuttosto che aver accesso a servizi professionali come assistenza ad anziani, a disabili e a bambini, cosa che quella piccola somma mai potrebbe garantire. «I trasferimenti non riducono in modo significativo la povertà – continua l’esperto –, mentre è ormai dimostrato che i servizi danno un aiuto concreto e professionale, rispondono meglio ai bisogni e creano occupazione» Insomma, il segreto è passare dal welfare inteso come costo al welfare inteso come investimento sociale, più efficace, più equo, più solidale. Un welfare che non sia più la cenerentola della spesa statale, ma un volano di sviluppo economico e sociale.
CONTATTARE: LUIGI FARINA - P.R. MEURS-GERKEN
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V IV ERE UN SO GNO SENZ A TEMP O NELLE VILLE
sul lago di Como e a Bellagio Meta ideale per un viaggio nel lusso, un week end di relax, una parentesi intimista nell'atmosfera della bella epoque
di Gianlcarlo Alviani
Grandi letterati, facoltosi viaggiatori, intellettuali, artisti, nobili, baroni dell'industria sono solo alcuni dei protagonisti d'inizio secolo per i quali vennero realizzate le Ville sul Lago di Como e a Bellagio. La classe dominante europea, aristocratici e borghesi, iniziò subito ad amare questi luoghi e il voluttuoso stile che vi trovava la sua più
sfrenata espressione. Le facciate bianche di sapore neoclassico su cui scivola una certa freschezza di motivi naturalistici si fondono lungo le linee sinuose dei giardini verdi fronte lago ai protomi, ai pinnacoli, ai fastigi dei timpani, ai doppi balconi in ferro, fino ai pluviali delle più opulente magioni enfatizzate da aggressive teste zoomorfe o stucchi a motivi floreali stilizzati; Questo ambiente lacustre offre le sue magioni, templi di eleganza e stile, alle voluttuose richieste di lusso della borghesia contemporanea e dei divi della
settima arte. Il centro storico è salotto della vita urbana per una passeggiata e per prendersi una pausa dalle morbide attività nelle sontuose stanze delle ville. In molte di queste ville la luce piove dal soffitto attraverso un velario di vetri colorati, il ferro battuto e persino il marmo si arricciano ad imitare le onde e gli spruzzi dell'acqua di lago. Molte residenze accedono ad una propria Darsena, terrazza privilegiata per incontrare le acque placide e pacifiche del lago. Alcune
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hanno la forma delle balconate eleganti dei bastimenti da crociera. Spesso sedi privilegiate per colazioni al sole e per serate romantiche. Lontano dalle folle di turisti, qui si consumano i riti dell'ozio lacustre. Nei saloni di ingresso alle pareti, affreschi, stucchi, formelle di maiolica, laminature dorate, specchi. I morbidi tendaggi si librano sinuosi, mossi occasionalmente dalla brezza e dal vento. Le residenze più sobrie non rinunciano internamente a far vibrare la loro architettura grazie alla commistione di floreale e colore bianco, anche dove il rigore della sobrietà fu l'orientamento di stile degli anni immediatamente dopo
la guerra. Il visitatore si arrende così al fascino dell'esotismo, quando l'esplosione di forme e colori, dove l'elemento floreale richiama le geometrie dei giardini esterni, si trasforma in una schiuma di riccioli che travolge lo sguardo. Qui putti e splendide figure femminili galleggiano nell'oro e nei fiori, pervasi dal profumo di siepi e frutti. La vita al lago diviene così esperienza vezzosa e lucente, dove sovente riservati wedding planners e registi cinematografici si recano alla ricerca di ispirazione e atmosfere per le loro messe in scena. E' il lago il regno nascosto di questa terra che funge da isola di tranquillità e discrezione. Un mondo ricercati, dove l'arte si crea e si
diffonde. Come un vortice che trascina l'oggi nel domani, in flusso senza fine. È qui che la mente ritrova ristoro dopo il lungo travaglio della giornata. Su queste rive, dove artisti han trovato l'ispirazione per rendere immortali opere altrimenti non note, rivive il sogno del rinascimento umano. La natura è fonte di ispirazione: l'uomo ne trae la forza più originale per portare la bellezza nelle arti d'intelletto. Le ville del Lago di Como e Bellagio ne sono un esempio che trionfa nel mondo.
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presso l’Istituto Italiano Gjørlingsvej 11, He
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ALESSANDRO RAFFAELL
VERSILIA NASCOSTA
La sedia della felicità, Carlo Mazzacurati di Giulia de Marco È ormai da qualche mese che l’Italia viene proiettata sullo schermo del Cinema Gloria, grazie alla collaborazione dell’Istituto Italiano di Cultura, Rai Cinema, Det Danske Filminstitut e il Comune di Copenaghen. La rassegna Grazie Gloria ha già mostrato e percorso tappe importanti della cultura e dell’identità italiana. Il 16 dicembre sarà il turno di La sedia della felicità, l’ultimo film di Carlo Mazzacurati, del 2014, vincitore del Gran Premio Torino del Torino Film Festival 2013. Il film è inspirato dal romanzo russo Le dodici sedie, di Il'Jà Il'F ed Evgenij Petrov. È l’avventura in cui Bruna e Dino si trovano per caso immischiati: la ricerca di una di un set di otto sedie sparse per l’Italia. Nella sedia fortunata è nascosto un tesoro, l’unica speranza e possibilità per i due ragazzi di sistemare le loro vite disastrate.
A LA NUOVA EUROP
Inizia così una serie di peripezie attraverso una miriade di personaggi variegatissima, per lo più interpretati da brevi camei di attori celebri, che Senza titolo-4 incarnano ogni tipo di lavoro: fiorai, estetiste, maghi ciarlatani, ristoratori cinesi e contadini. Situazioni assurde e verissime metteranno alla prova la pazienza e la perseveranza di Bruna e Dino, che, alla fine dell’incredibile ricerca, riusciranno a trovare la vera ricchezza. Questo film racconta l’Italia quotidiana, che fatica ad arrivare a fine mese pur lavorando sodo tutti i giorni, l’Italia dei divorzi, degli immigrati e dei videopoker, delle pescherie, dei preti e delle televendite; quell’Italia che più di tutti crede nelle favole, e che ha più di tutti il diritto di sognare, di sperare che un giorno troverà un tesoro nascosto e che la vita diventerà finalmente facile, felice.
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VERSILIA NASCOSTA
A EDIZIONE ANCOR
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Giovedì 29 ottobre presso l’Istituto Italiano di Cultura è stato presentato il libro “Versilia nascosta” di Alessandro Raffaelli. Il libro può essere acquistato rivolgendosi direttamente alla curatrice, Simonetta Battista, o presso la libreria italiana ITALO LIBRI, Ved Klosteret 4, kl.2100 København Ø, aperta il sabato dalle 11 alle 16. Il ricavato sarà interamente destinato all’iniziativa di beneficenza promossa dai familiari di Alessandro a Viareggio, per donare in suo ricordo apparecchiature sanitarie a scuole ed altri enti locali.
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Gennaio
Dante Alighieri Programma primo semestre 2016 Presentazione della cultura e dell’enogastronomia della Romagna Matteo Cameli chef e titolare con la famiglia dell’hotel Al Vecchio Convento e presidente dell’associazione culturale”Academy Olmo”a Portico di Romagna terrá una conferenza assistito dal sommelier Per Åsander. Farà seguito un buffet con vini e prodotti locali. In italiano con mini traduzione in danese. Costo della serata: 70 dk per i soci 100 per i non soci. Iscrizioni entro il 15 gennaio con versamento sul cc.2102 6277 427 565 Nordea ; scrivere nome e cognome. In collaborazione con IIC
Lunedì 25 alle 19.30 Istituto Italiano di Cultura Gjørlingsvej 11 Hellerup Febbraio Note tra …le stelle Claudio Passilongo, compositore, arrangiatore e pianista ha ideato questo
spettacolo. Si tratta di una raffinata
rielaborazione pianistica di alcune tra le più belle colonne sonore firmate dai più grandi compositori italiani per il cinema quali Nicola Piovani, Ennio Moricone e Nino Rota. Antonella de Chiara,violinista d’eccezione ci accompagnerà in questo viaggio. In collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura.
Mercoledì 10 alle 19.30 Istituto Italiano di Cultura Gjørlingsvej 11 Hellerup Marzo
Papi, plebei e pellegrini - Roma attraverso i Giubilei Pierino Åsander è un grande conoscitore dell’Italia. Mette in luce il duplice aspetto, sacro e profano del grande evento del cattolicesimo rintracciando misteri e curiosità offrendo un affresco vivace di settecento anni di storia. Alla scadenza periodica la città mostra un volto nuovo e si fa specchio del mondo che cambia, anche quello cattolico. In italiano con mini traduzione in danese. In collaborazione con IIC.
Mercoledì 2 alle 19.30 Istituto Italiano di Cultura Gjørlingsvej 11 Hellerup
Dante Alighieri c/o Pinuccia Panzeri Rosenfeldts allé 8, 2820 Gentofte, www.dante-alighieri.dk dantealighieri@mail.tele.dk tlf.39650903 (Pinuccia), 30344381 (Finn, segretario), www.facebook.com/SocietàDantealighieriCopenaghen. Quota 2016 175kr (100 per studenti; 250 kr per nuclei familiari di due persone) . Conto bancario: 2102 8896 568 583 Nordea (ricordate di comunicare il vostro nome e cognome). I soci Dante possono associarsi all’IIC al prezzo scontato di 150 kr. I non soci pagano un contributo di 30 kr se la conferenza si tiene alla Medborgerhuset di Frederiksberg. Ringraziamo l’Istituto Italiano di Cultura , la Studieskolen, la FoF di Gentofte, La Dante di Århus e il Ponte per la collaborazione.
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INDIRIZZI UTILI // Vice Consolato d’Italia Ambasciata d’Italia Magni Arge, Vagar Airport Gammel Vartov Vej 7 FO-380 Soervagur 2900 Hellerup +45 39 62 68 77 - fax 39 62 25 99 lun.-gio. 8.00 - 10.00 tel.+298 341000-fax +298 341000 info.copenaghen@esteri.it magni@atlantic.fo www.ambcopenaghen.esteri.it
Ass. Comm. Italo-Danese c/o Adv.P.R. Meurs-Gerken Studio Legale Amaliegade No 42 Amaliegade 42 1256 K
Trentini nel Mondo - Circolo di Copenaghen c/o Grazia Barberi Nielsen Henrik Ibsens Vej, 36 - 1 TH 1813 Frederiksberg - Copenhagen e-mail: grazianielsen@gmail.com website: www.trentininelmondo.it
Cancelleria Consolare Østergade 24 scala B, 2. piano 1100 Copenaghen K 39 18 34 44 - fax 39 27 01 06 lun-ven 10-12.15, lunedì anche 1416.15 e giovedì 14.00-15.30 consult. tel. tutti i giorni 12.15-13.15 consolato.copenaghen@esteri.it
Vice Consolato d’Italia Giovanni Volpi Vingaardsgade 25 - 9000 Ålborg 98 11 37 55 - fax 98 16 15 51 giovanni@sangiovanni.dk Cell. 40638050
Società Dante Alighieri c/o Pinuccia Panzeri Rosenfeldts Allé 8 - 2820 Gentofte 35 34 43 81 (segretario) dantealighieri@mail.tele.dk www.dante-alighieri.dk
CLUB ITALIA c/o Benthe Volpi Hobrovej 3 9000 Ålborg 98 13 60 40 volpi@stofanet.dk
Istituto Italiano di Cultura Gjørlingsvej 11 - 2900 Hellerup lun/mar. 9 - 17, mer/giov. 9 - 16 venerdì 9 - 15 39 62 06 96 - fax 39 62 88 73 iiccopenaghen@esteri.it www.iiccopenaghen.esteri.it
Associazione "Camera di Commercio italiana in Danimarca" Søndergade 32, 3.sal 8000 Aarhus C - Danimarca E-mail: info@danitacom.org www.danitacom.org Tel.: +45 20 44 94 15
Società Dante Alighieri c/o Institut for Sprog, Litteratur og Kultur - afd. for Klassisk og Romansk Aarhus Universitet, Nobelparken Jens Ch.Skous Vej 5, bgn 463 8000 Aarhus /www.dante-alighieri.dk
A.I.R.-Ass. Italiana Ristoratori Ristorante S. Giovanni Vesterbro 46 9000 Aalborg 98 11 37 55 a-i-r@a-i-r.dk - www.a-i-r.dk
Corrispondente consolare Francesco Ulisse Ansgargade 3 - 5000 Odense 66 12 03 88 - 28 11 03 88
Patronato INCA lun. 15.30-17.00 (su appuntamento) c/o Istituto Italiano di Cultura Gjørlingsvej 11, 2900 Hellerup tel. 60649928 (per tel. mar. 16.00-18.00) chiarapetreni@gmail.com
Società Dante Alighieri Grønnigen 9 5230 Odense M 28110388 flemming.bolding@skolekom.dk www.dante-alighieri.dk
iL PONTE Rivista italiana in Danimarca c/o Grazia Mirabelli Howitzvej 62-1th - 2000 Frederiksberg www.ilponte.dk info@ilponte.dk
Corrispondente consolare Henning Holmen Møller Lille Torv 6 8000 Aarhus C 86 12 14 00 - fax 86 12 14 05 hhm@danitacom.org
Agenzia per la promozione all'estero e 'internazionalizzazione delle imprese italiane Sezione per la promozione degli scambi dell'Ambasciata www.ice.gov.it copenaghen@ice.it
comites Comitato Pro-Scuola Presidente Veronica Cadossi Presidente Gennaro A. Grosso comitatoproscuola_dk@hotmail.com www.comites.dk
Focolar Furlan c/o Antonio Rosa Grøndalsvej, 52-2000 Frederiksberg tel. 38 10 78 72
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